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Prolusione 2012

Non come un uomo Dio (Num. 23,19 LXX).


La critica teologica delle Scritture nei Padri della Chiesa.
Ventuno anni fa lallora rettore magnifico mi invit a tenere la prolusione allanno accademico e
come tema scelsi: Che un cammello passi per la cruna di un ago: riflessioni sulla esegesi antica e
moderna dell'Antico Testamento, un tema suggerito dallinterpretazione di un autore copto del
sesto secolo. Il cammello rappresent lAntico Testamento e farlo passare attraverso la cruna
dellago signific trovarne uninterpretazione accettabile con laiuto dellallegoria. Stasera desidero
tornare pi o meno allo stesso argomento, ma da un altro angolo di visione e dopo ventanni di
riflessione. Il titolo (La critica teologica) ovviamente ispirato dalla critica storica moderna. I padri
della chiesa non avrebbero parlato in questo modo. In realt, per, hanno condotto ci che , dal
nostro punto di vista, una critica teologica delle Scritture per neutralizzare e anche per rendere utili
testi difficili e problematici, soprattutto da un punto di vista cristiano. Dico critica-teologica nel
senso originale della parola teologia, il discorso sulla natura di Dio o di divinit, una parola greca
con una lunga storia prima di entrare nel lessico giudeo-cristiano.
Com ben saputo, nella storia dellinterpretazione cristiana tutte le strade conducono a o da
Origene di Alessandria. Conviene allora cominciare con un brano di Origene dalle Omelie su
Geremia dove, avendo citato Geremia 18, 7-11 che include la frase messa nella bocca di Dio, io mi
pentir del bene che avevo detto di fare loro, Origene osserva che sembra riprovevole e indegno,
non solo da parte di Dio ma anche delluomo saggio, il fatto di pentirsi e aggiunge Ma Dio, che
preconosce gli eventi futuri, non pu non decidere bene e poi pentirsene. Come dunque la Scrittura
gli fa dire: Mi pentir?1 . A questo punto Origene decide di allargare la discussione da un brano
particolare, dicendo: Ma vedi in che cosa veniamo istruiti su Dio in generale e introduce la
citazione non come un uomo Dio (Num. 23,19), fuori contesto certo, ma come affermazione
programmatica sulla natura delle Scritture. Allo stesso tempo nota che, secondo altri testi, Dio
come un uomo, citando Deut. 8,5: Poich il Signore tuo Dio ti ha castigato come un uomo
castigherebbe suo figlio. Queste due contrastanti affermazioni si possono spiegare, secondo
Origene, distinguendo tra i brani dove le Scritture discorrono di Dio in s stesso e cio non
mescolano la sua economia alle cose umane, e laddove la divina economia si intreccia alle cose
umane. In questultimo caso lui assume la mente, i costumi e il linguaggio umani. come, dice
Origene, quando noi parliamo a un bambino di due anni: balbettiamo in funzione del bambino,

Origene, Omelie su Geremia, tr. L. Mortari, (Collana di Testi Patristici 123) Roma 1995, p. 231.
1

perch, se conserviamo la dignit dellet adulta delluomo maturo e parliamo ai bambini senza
accondiscendere al loro linguaggio, non possibile che i bambini comprendano. 2 Poi sviluppa a
lungo lidea di linguaggio di bambini e fanciulli, notando come gli adulti cambiano perfino i nomi
delle cose per i bimbi piccoli. Le Scritture contengono allora, da un punto di vista teologica,
linguaggio infantile, e Origene sottolinea la parola, dicendo per dirlo in maniera pi enfatica, in
modo infantile.3 Poi, per rinforzare questaffermazione, cita Deut 1,31: Ti ha portato il Signore
tuo Dio, come se un uomo portasse suo figlio.4 Origene commenta:
Sembra che i traduttori dallebraico, non avendo trovato in greco unespressione equivalente,
labbiano coniata, come in molti altri casi, e abbiano reso la frase: Il Signore tuo Dio si
accomodato a te nel senso di: ha assunto i tuoi modi, come un uomo sempre assumer i modi secondo lesempio che ho dato - di suo figlio. Poich dunque noi siamo gente che si pente, quando
parla a noi che ci pentiamo Dio dice: Io mi pento, e quando ci minaccia non agisce da uno che

preconosce ma minaccia come se parlasse a dei lattanti [degli infanti].5


del tutto possibile che Origene abbia ragione quando dice che i traduttori della Settanta
abbiano coniata la parola la quale non si trova in tutta la letteratura greca precedente
disponibile a noi. La questione della possibilit che Dio si pentirebbe (o cambierebbe idea) era il
punto di partenza e cos Origene ha trovato o elaborato sulla base della parola tropos (modo) tutta
una teoria della divina accomodazione per spiegare la natura delle Scritture. Soltanto gli infanti
leggerebbero il testo alla lettera. Insomma Dio non come uomo e si possono trovare mille altri
passi che si addicono a questa frase, Quando dunque le Scritture discorrono di Dio () in
s stesso e cio non mescolano la sua economia alle cose umane. 6 Invece quando la divina

HomJer 18,6: ,

. Trad. L. Mortari, Origene, Omelie su Geremia (Testi patristici 123), Roma: Citt Nuova,
1995, p. 232. Per la datazione delle Omelie, si veda E. Norelli, Origene DizOrig, 301: 245-246 (Eusebio, A. Monaci
Castagno).
2

HomJer 18,6: ,

Qui la traduzione italiana di Origene (Mortari) disguida, perch il testo non contiene la frase come una nutrice che
in realt linterpretazione del traduttore del verbo greco tradotto invece nella versione italiana della
Settanta come ti ha porto il Signore Dio tuo il cibo. Ma Origene non ha letto il verbo nel suo
manoscritto di Deuteronomio, ma il verbo . Si tratta della differenza di una lettera, pe invece di phi
che produce la parola tropos (modo) invece di trophos (cibo) nel composito verbo . See B*. Missing
from
HomJer 18,6: , ,
(
), ( ) .
, ,
, .
5

HomJer 18,6:
, .

economia si intreccia alle cose umane lui assume il modo (tropos)7 umano, si accomoda al
linguaggio umano. La parola italiana accomodarsi (non nel senso comune, ma nel senso
teologico-etimologico) corrisponde esattamente alla parola greca . Tramite
unetimologia (o gioco di parole) Origene ha creato una teoria generale per spiegare (o
neutralizzare) tutti i testi delle Scritture che non si addicono alla vera natura di Dio. Si tratta allora
non soltanto di accondiscendenza () ma anche di accomodazione ( ).
Origene osserva che si trovano molti simili antropomorfismi () nelle Scritture come,
per esempio, Parla ai figli di Israele, forse ascolteranno e si pentiranno8 e aggiunge che Troverai
certamente altre migliaia di simili frasi, dette di Dio quando si accomoda alluomo. 9 Un caso
importante quando si parla del furore o dellira di Dio. Dice Origene: Se senti dire furore di Dio
e ira di lui (Deut. 29,23.24-27 ecc.), non credere che lira e il furore siano passioni di Dio: sono
dispensazioni () di linguaggio utili per convertire e migliorare un infante.10 [Cos sono
risolti almeno teoricamente molti brani problematici delle Scritture dove sono attribuiti a Dio
comportamenti o atteggiamenti che non convengono alla divina natura.]
Alcuni anni dopo Origene tornato sullargomento nelle sue opere Contra Celsum e il
Commento su Matteo.11 Nel Contra Celsum risponde pi dettagliatamente alla derisione di Celso
contro i brani delle Scritture che parlano appunto dellira di Dio, che attribuiscono passioni umani
alla divinit. Origene risponde con il paragone del modo di parlare utilizzato da adulti quando
parlano con i bambini. Di nuovo cita Deut. 1,31: Il Signore tuo Dio si accomodato a te, come un
uomo sempre assumer i modi di suo figlio. Il Logos assume i modi (tropoi) umani nellinteresse
degli uomini.12 Aggiunge:
Infatti, le masse non avevano bisogno di Dio che mettesse in scena in maniera adatta a se stesso
le affermazioni che sarebbero state rivolte a loro. Ma chi si cura delle spiegazione delle Scritture
divine, confrontando le cose dette spirituali con quelle denominate spirituali (1 Cor 2,13), scoprir in
base ad esse lintento delle affermazioni rivolte ai pi deboli e di quelle espresse ai pi solerti, che

HomJer 18,6: ,
.
7

Ger 33,2s. <> ,


.

HomJer 18,6: .

HomJer 18,6: , .
<>

10

11

Nota sulla cronologia - Nautin e Norelli DizOrig - Origene e Matteo p. 270 (244-249).

CCels 4, 71,15: , .
(15)

12

spesso sono entrambe presenti nello stesso passo per chi sa intenderlo. 13

Origene insiste che lira di Dio di cui si parla nelle Scritture, non una reazione emozionale ma
un metodo per correggere i peccatori. Per illustrare questo metodo, che secondo lui la dottrina
della Bibbia, cita poi molti testi, Sal. 6,2; Ger. 10,24; 2 Sam. 24,1; 1 Cron. 21,1; Efes. 2,3.
Paragonando questi testi, dice Origene, si arriva alla conclusione che si tratta di correzione da parte
di Dio. Lui fa finta di essere adirato, come si fa con bambini per impressionarli (HomJer). Insiste
anche che ognuno porta su di s questa collera a causa dei suoi peccati e cita Rom. 2,4-5. E chiede
come mai lemozione (passione) della collera potrebbe essere correttiva? Inoltre, nota che il Logos
ci insegna a non adiraci in nessun modo nel Sal. 36,8: Cessa dallira e abbandona il furore come
anche nella Lettera ai Colossesi 3,8: Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione,
malizia, maldicenze, e parole oscene. Conclude che il Logos non avrebbe attribuito a Dio ci che
comanda a noi di abbandonare completamente. ovvio, dice, che bisogna interpretare
figurativamente tutte le dichiarazioni in merito allira di Dio come anche quelle che parlano del suo
sonno, citando Sal. 43,24 e 77,65.14 Conclude questa refutazione di Celso cos:
Pertanto, noi non attribuiamo passioni umane a Dio, n possediamo opinioni empie su di lui
n ingannandoci presentiamo spiegazioni 15 attorno a Lui a partire delle stesse Scritture paragonate
tra di loro. E quelli che, fra di noi, predicano la dottrina con intelligenza, non hanno altro intento
che quello di allontanare, per quanto possibile, dalla sciocchezza gli ascoltatori e renderli assennati.16

Nel suo Commento a Matteo, Origene riprende i due testi di Num. 23,19 (Dio non un uomo da
potersi smentire) e Deut 1,31 (Il Signore tuo Dio si accomodato a te, come un uomo sempre
assumer i modi di suo figlio), nel contesto della spiegazione della parabola delle nozze (Mt 22,2)
dove troviamo la frase: Il regno dei cieli simile ad un uomo, un re. Utilizzando una tecnica
interpretativa antica secondo la quale ogni parola abbia valore significativo, Origene prende come
punto di partenza la parola uomo, che sembra superfluo, perch il paragone della parabola con
un re. Ma nelle Scritture non ci sono parole superflue. Ogni parola conta ed presente per un

CCels 4, 71, l. 16:


.
(20)
, .
13

CCels 4,72,30: ,
, , ; (35)
, . N.B. Chadwick translates allegorically but Origen uses verb with
tropos probably deliberately to relate it to the other verb at the center of his theory: .
14

15

Fr. IV,72 Bader = citazione di Celso

CCels 4,72,45:


.
4
16

motivo. Spiega: Avrebbe potuto certo dire: il regno dei cieli simile a un re, senza laggiunta
uomo, ma poich presente altres il termine uomo, sar necessario spiegare anche questo.17
Poi Origene fa unallusione diretta a Filone di Alessandria dicendo: Uno prima di noi ha scritto dei
libri sullallegoria delle sacre leggi, e ha presentato sia testi dove si narra di Dio come se avesse
passioni umane, sia quei testi che ne mettono in risalto la divinit18 e poi cita i due testi di Numeri
e Deuteronomio. In realt anche Filone aveva utilizzato questi due testi per trattare la natura di Dio.
Su Filone torneremo dopo.
Origene continua dicendo che addurr le parabole, che chiamano Dio uomo come risposta
agli eterodossi che si pongono in contrasto col Dio della Legge, dei Profeti e della creazione a
motivo di ci che espresso in tale maniera nellantica Scrittura, unallusione chiara a Marcione, il
quale cento anni prima aveva attribuito le antiche scritture, cio, lAntico Testamento, ad un Dio
diverso dal Padre di Ges Cristo. Chiede Origene retoricamente: se Dio paragonato a un uomo
(nelle parabole), per quale ragione, in linea con queste parabole, voi non accettate che anche la
collera, lo sdegno, il pentirsi, il voltare faccia, lessere seduto o in piedi, il passeggiare di Dio, siano
una parabola? Insomma manca la coerenza teologica da parte dei seguaci di Marcione. Origene
pone ancora una domanda retorica: se, in conseguenza dellessere Dio chiamato uomo nella
parabola, non volete intendere in senso parabolico i passi della Scrittura che di lui riferiscono
passioni umane, allora diteci come mai nel Vangelo si chiami uomo il Dio delluniverso, dal
momento che (come supponete) si dice di lui, che non ha in s alcunch di umano.19 Allora il
cuore del problema teologico lattribuzione di passioni umane a Dio.
Ci manca il tempo per seguire tutta largomentazione di Origene, ma bisogna notare
lintroduzione in questo brano della parola tecnica, (tradotta passioni umane),
che si trova per la prima volta nelle opere di Filone. In queste due opere Origene rispondeva alla
critica losoca di Celso e alla critica eterodossa di Marcione e dei suoi seguaci, ma era anche
preoccupato per i semplici della chiesa e il pericolo per loro di attribuire passioni umane a Dio,
come si vede dal paragone con i latitanti (infanti) nelle Omelie su Geremia.

17 CommMt 17,17:
. , ,

CommMt 17,17: ,

18

CommMt 17,18: , ,
,
, ( ) . Trad. R. Scognamiglio.
Commento al vangelo di Matteo/3 (Testi patristici 157), Roma: Citt Nuova, 2001, p. 193.
19

Il problema dei semplici era infatti una preoccupazione maggiore di Origene e non soltanto
nellultimo periodo della sua vita quando predicava a Cesarea. Gi nella sua opera Peri Archon,
scritto quando era ancora ad Alessandria, nel quarto libro dedicato allinterpretazione delle
Scritture, aveva osservato: Anche i pi semplici di quelli che hanno la presunzione d'essere della
chiesa non reputano alcuno maggiore del demiurgo, e in ci fanno bene: ma di lui pensano tali cose
quali neppure si potrebbero pensare dell'uomo pi crudele e ingiusto.20 Secondo Origene la causa di
questa situazione, cio che hanno concezioni sbagliate empie e volgari sulla divinit non deriva da
altro che da incapacit di interpretare spiritualmente la scrittura, che viene accolta soltanto secondo il
senso letterale. Ma i semplici (chiamati anche i molti...)21 sono la stragrande maggioranza, come
anche oggi. Per Origene la soluzione era di insegnare e insistere sullinterpretazione spirituale, detta
anche interpretazione allegorica, anche se questa terminologia imprecisa a causa della variet nella
terminologia antica. Per capire il problema del letteralismo antico e moderno, mi sembra importante
distinguere tra la critica teologica impiegata da Origene (e molti altri prima e dopo di lui) e la soluzione
di interpretazione spirituale che non pi disponibile a noi, almeno non nella forma ingenua (naif) che
si trova nella chiesa antica. Linterpretazione spirituale era in realt una procedura assai complicata che
mirava allo scoperto del significato nascosto (cos credevano quasi tutti gli antichi), un significato
adatto a noi, al quale si raggiungeva utilizzando diverse regole.
Negli ultimi secoli, per, a causa della crescente coscienza storica, le presupposte dellantica
interpretazione sono state rese inoperabili. Per dare soltanto un esempio, noi sappiamo ora che
lebraico non era la lingua originale della razza umana e che le etimologie dei nomi ebraici, utilizzati
almeno da Filone in poi, per scoprire significati nascosti non corrispondono in realt a niente. Noi
sappiamo oramai che le lingue umane si sono sviluppati come un albero genealogico e abbiamo
raggiunto la conclusione che non c e non cera mai un significato nascosto in questi nomi. La esegesi
moderna mira a stabilire, non il significato nascosto adatto a noi, ma il significato originale storico.
Cos escluso la soluzione antica di trovare un significato nascosto accettabile per neutralizzare il
significato letterale inaccettabile. Ma rimane il problema teologico con questi testi, un problema
perenne o almeno un problema che durer per quanto i testi sono letti e utilizzati per guidare e regolare
e ispirare la vita umana. Non come un uomo Dio, ma in questi scritti antichi Dio dipinto come
un uomo (anthropomorphos) e con le passioni umane (anthropopathos). necessario distinguere
anche tra il vero problema teologico, cio come intendere la natura di Dio, e il problema pratico,
molto attuale, che il concetto di Dio utilizzato per giustificare un comportamento umano molto
20

PArchon 4,2,1. Tr. Simonetti.

21

A. Monaci Castagno, Semplici Origene Dizionario, Roma 2000, 440-443.


6

distruttivo. Coloro che hanno concezioni sbagliate empie e volgari sulla divinit, per usare le parole
di Origene, giustificano il loro proprio comportamento con la loro concezione di Dio. La lettera
uccide, secondo Origene, letteralmente e spiritualmente.22 Sbagliate concezioni di Dio
comprendono non solo nozioni relativamente innocenti come se Dio ha gli occhi, la bocca e parla
letteralmente, ma che lui arrabbiato, vendicativo, punisce fino alle terza e quarta generazioni
persone innocenti, conduce guerre e perfino annienta popoli interi, ora pi comunemente chiamato
genocidio. Non difficile per i semplici (oggi si chiamano letteralisti o fondamentalisti) di trovare
ispirazione dalla bibbia per queste concezioni sbagliate.
Origene non era il primo ad affrontare questo problema nelle Scritture. Gi Filone di
Alessandria, coetaneo di Ges Cristo e Paulo, aveva cercato di trovare nelle Scritture un senso
adatto a Dio (theoprepes) o degno di Dio (axios tou theou). Nella sua opera, Quod Deus sit
immutabilis, utilizza gli stessi testi che utilizz Origene per affrontare il problema della collera e
dellira di Dio. Filone scrive:
Tra le leggi, infatti, che consistono in precetti e divieti, quelle cio che sono leggi in senso proprio, ci
sono le due principali ed essenziali affermazioni relative alla Causa: luna che Dio non come un
uomo (Num. 23,19), laltra, invece, che come un uomo. Ma mentre la prima resa credibile da una
verit assolutamente sicura, la seconda introdotta solo per istruire la massa. Per questo si dice di Lui
anche: Come un uomo Egli educher Suo figlio (Deut. 8,5) Quindi per educare e ammonire che sono
state usate queste parole, non perch la natura di Dio sia veramente tale.23

Filone continua con una lunga critica dellantropomorfismo e dellantropopathismo, affermando la


trascendenza di Dio, e conclude che bisogna connettere ai due principi Dio come un uomo e
Dio non come un uomo altri due principi conseguenti e a essi affini: il timore e lamore.
Quindi, dice Filone a coloro che nel loro pensiero non attribuiscono allEssere n parti n passioni
umane, ma, come conviene a Dio (), Lo onorano soltanto per Lui stesso, la cosa pi
appropriata lamore: agli altri, invece, il timore. 24 Questi ultimi sono purtroppo la massa.
Filone impiega la terminologia di adatto (o conviene) a Dio () e degno di
Dio (axios tou theou) e termini simili, numerosissime volte per trovare un senso accettabile o per
evitare una lettura letteralista. Tra le interpretazioni pi belle di Filone che hanno influenzato la
teologia e la spiritualit cristiana la sua interpretazione della frase citt di Dio che si trova nel
Salmo 46,5 e altrove insieme con la nozione della presenza di Dio tra gli Ebrei come promessa nel
Lev 26,12: Io camminer in mezzo a voi e sar il vostro Dio. Secondo Filone si tratta dell
anima del saggio, nella quale detto che Dio si aggira come in una citt. La citt di Dio, dice
22

Si veda Simonetti, Omelie sulla Genesi, p. 214, n.33 (2 Cor 3,6), PArch 1,1,2; OmLev 7,5; OmGesuNav 20,5.

23

Quod Deus sit, 53.

24

Quod Deus sit, 69.


7

Filone, chiamata dagli Ebrei Gerusalemme, il cui nome, in traduzione, significa visione di pace.
Non cercare dunque, la citt dellEnte tra le regioni della terra, perch essa non fatta di legna o di
pietre, ma cercala nellanima pacifica e dalla vista acuta, che si propone come fine una vita pacifica
e contemplativa. In effetti, quale dimora si potrebbe trovare per Dio nel creato, pi venerabile e pi
santa della mente che anela alla contemplazione...25
Filone era anche lui erede della grande tradizione dellinterpretazione filosofica di Omero che
aveva impiegato la terminologia di ci che conviene a Dio per trovare un senso accettabile nelle
opere di Omero, una tradizione che risale almeno al filosofo Senofante, chiamato il primo teologo
dal grande studioso dellultimo secolo, Werner Jaeger.26 Secondo un frammento, Senofante aveva
detto:
Ma se i buoi, i cavalli e i leoni avessero mani o potessero dipingere e compiere quelle opere che
gli uomini compiono con le mani, i cavalli dipingerebbero immagini degli Dei simili ai cavalli, i
buoi simili ai buoi, e plasmerebbero i corpi degli Dei simili allaspetto che ha ciascuno di essi
(Diels-Kranz, 21 B 15) [Reale I, p. 111]

La soluzione per salvare i mitici omerici era anche per i difensori di Omero linterpretazione
allegorica. Lincontro tra le Scritture ed ellenismo nel giudaismo ellenistico era un incontro
teologicamente molto ricco e fruttuoso. Purtroppo il tempo disponibile non ci permetta di
sviluppare questargomento.
Conviene per dedicare pi attenzione a un termine del vocabolario critico a cui abbiamo gi
accennato, anthropopathos (). La parola non si trova prima di Filone. Sembra che
lavrebbe coniata lui come calco sul gi esistente anthropomorphos. Nellopera De sacrificiis Abelis
et Caini, Filone cita Esodo 13, 11-13 dove ricordato che Dio aveva giurato ai tuoi padri di dare
la terra dei Cananei agli Israeliti. Commenta Filone: Ma quando dice che Dio ha giurato, bisogna
vedere se questa espressione si mostra veramente conveniente a Lui, dal momento che moltissimi
pensano che non sia affatto appropriata ().27 Dopo aver spiegato perch non conviene a
Dio di giurare, Filone chiede perch lautore avrebbe rappresentato Dio che giura? La risposta: per
dimostrare alla creatura la sua debolezza e per consolarla. Segue un brano notevole:

De Somniis II, 250-251: ,


. | ,
<> [] .

25

26

See Werner Jaeger, The Theology of the Early Greek Philosophers. (The Gifford Lectures 1936; Oxford: Clarendon
Press, 1947) pp. 38ff.; Brisson, pp. 9-10. See also James Lescher, Xenophanes The Stanford Encyclopedia of
Philosophy (Fall 2008 Edition), Edward N. Zalta (ed.), http://plato.stanford.edu/archives/fall2008/entries/xenophanes/.
De sacrificiis 91: , ,

8

27

Noi, infatti, non possiamo far tesoro nella nostra anima, senza interruzione, del principio
fondamentale che esprime il valore della Causa, cio che Dio non come luomo (Num. 23,19),
per superare tutte le umane rappresentazioni; ma per lo pi partecipiamo della natura mortale, non
siamo capaci di concepire niente che ci trascenda, n abbiamo la forza di sollevarci al di sopra dei
nostri petti, ma ci ritiriamo nella nostra natura mortale come chiocciole nel guscio, o ci
rannicchiamo a palla come i ricci, e di ci che beato e immortale ci facciamo le stesse
rappresentazioni che abbiamo di noi stessi, pur evitando di dire che la Divinit ha forma umana, ma
caricandoci, nei fatti, dellempiet di attribuire alla Divinit passioni umane. Perci immaginiamo
mani e piedi, entrate e uscite, inimicizie, avversioni, ostilit, ire, parti e passioni che non
convengono alla Causa; 28

La somiglianza al detto di Senofante notevole. Filone continua insistendo sulla trascendenza di


Dio, notando che neppure lespressione come uomo (Deut. 1,31) si usa in senso proprio di Dio e
conclude: Tu, dunque, anima mia, separerai e toglierai tutto ci che creato, mortale, mutevole e
profano dalla tua concezione di Dio, lIncreato e Incorrutibile, Immutabile, Santo e Solo Beato.29
Filone impiega lespressione anthropopathes molte volte sempre nel senso negativo. Basta citarne
ancora una. Nellopera De plantatione, a proposito della frase Dio piant un giardino, Filone
polemizza contro una lettura letterale poi commenta: Ma queste empie concezioni mal si
accordano con la perfetta felicit e beatitudine che riguardano la Causa e sono proprie di chi se la
raffigura fisicamente e moralmente simile alluomo, allo scopo di contrastare due grandi virt: il
senso religioso e la santit.30 La frase moralmente simile alluomo traduce qui la parola greca
, una traduzione non letterale, ma che indica perfettamente il pericolo previsto da
Filone: quando Dio diventa moralmente simile alluomo, tutto perso. Non rimane limite al
comportamento degli uomini. Filone conclude: Bisogna dunque, passare allesegesi allegorica,
cara agli uomini che sanno vedere, una soluzione non pi disponibile a noi, come gi notato.31
Molti padri della chiesa hanno adottato questa terminologia di anthropopathes tra i quali
conviene menzionare, senza citarli, Clemente di Alessandria, Origene, Eusebio, Atanasio, Didimo,
Epifanio, Giovanni Damasceno nelloriente e Giovanni Cassiano nelloccidente. Bench la parola
28 De sacrificiis 94-96: ;

, (95.) (Num. 23, 19),
|
,
, (5)
, , , , (96.) ,
.
,

De sacrificiis 101-102: , ,
(102.) .

29

De plantatione 35: , ,
, (36.) ,
.

30

31

De plantatione 36:
9

anthropopathes non sia entrata in latino in uso comune, la critica teologica si pu vedere nellaltra
terminologia impiegata dai padri latini. Una citazione da Agostino serve per illustrare la procedura:
Ci che invece appare vergognoso di chi non esperto, sia che la Scrittura lo presenti come
soltanto detto, sia anche fatto da Dio o da qualche uomo di accreditata santit, tutto questo va inteso
come espresso in senso figurato, e questo significato nascosto va messo in chiaro per servire da
alimento allamore.32
Sebbene gli autori patristici non avessero a disposizione gli strumenti moderni dellanalisi
storico-critica, hanno svolto davvero unapprofondita critica teologica delle Scritture, soprattutto,
ma non solo, dellAntico Testamento. Non lavrebbero definita in questo modo, ma, da una
prospettiva moderna, lo stata. Lo strumento principale usato in questa critica stata una
concezione di Dio, della natura divina, derivata in parte dalla tradizione filosofica greca per quanto
riguarda lesclusione dalla natura divina di tratti antropomorfici e antropopatici, ma anche plasmata
dalla concezione di Dio come rivelato da Ges Cristo, un aspetto importante del quale era la
filantropia divina. Ci che non era conforme a questi tratti essenziali andava escluso dal significato
reale della Scrittura, e il testo andava interpretato in modo da fornire un significato che si
conformasse alla natura divina e che fosse utile.
Numerosissimi sono i testi che offrono una sfida in questo senso alla lettura cristiana, settanta
passi almeno nel libro dei Salmi, la lettura giornaliera di molti cristiani. Qui abbiamo spazio per un
esempio solo, ma un esempio comunemente ritenuto tra i pi problematici, cio il comando di
annichilare i diversi gruppi di Cananei che abitavano nella terra promessa agli Israeliti nei libri di
Deuteronomio e Giosu. 33 Origene non dubitava per un attimo che si deve senzaltro dire anche le
guerre combattute da Ges e le stragi di re e nemici sono ombra e tipo di realt celesti, cio delle
guerre che nostro Signore Ges Cristo combatte col suo esercito e i suoi ufficiali - cio le schiere
dei credenti e i loro capi - contro il diavolo e i suoi angeli.34 Molti autori moderni e non soltanto
fondamentalisti, insistono su una lettura letterale di queste guerre o difendano il comando di
annichilare le genti. Per esempio, il famoso archeologo e biblista, William F. Albright, ha scritto che
spesso sembra necessario che un popolo di tipo nettamente inferiore dovrebbe svanire prima di un
popolo con potenzialit superiori, poich vi un punto oltre il quale la miscela razziale non pu
andare senza disastri [a people of markedly inferior type should vanish before a people of

32

De Doctrina Christiana III, 12,18. Tr. ital. M. Simonetti, Fond. L. Valla, 1994, p. 195. Si veda anche M. Sheridan,
Digne deo, 2000.
33

See books of Lamb, Copan, Albright.

34

HomJos 12,1. Si veda Teodoreto, Questiones in Octateuchum, In Iosuam, Praef., 1.


10

superior potentialities, since there is a point beyond which racial mixture cannot go without
disaster].35 Inoltre ha giustificato il genocidio sulla base della decadenza morale degli abitanti
paragonati con gli Israeliti, i quali avevano un codice etico severo e superiore. Albright ha avuto
molti studenti che hanno anche scritto in modo simile e i loro libri hanno influenzato generazioni di
seminaristi sia cattolici che protestanti soprattutto, ma non soltanto, dove si insegna in lingua
inglese. La loro visione della storia della salvezza non esita a difendere la nozione di un Dio
adirato e vendicativo. Una visione, in cui sono demonizzate nazioni e popoli del passato, non pu
non influenzare il nostro mondo contemporaneo.
In conclusione, abbiamo visto diverse strategie per evitare il pericolo di una lettura letterale
nellepoca patristica. Nonostante lo sviluppo della coscienza storica negli ultimi secoli, ci sono due
aspetti fondamentali dellinterpretazione patristica che rimangono importanti oggi. Il primo la
convinzione che la Parola di Dio nel senso pi pieno sia Ges Cristo. In lui solo troviamo la
pienezza della rivelazione e tutti gli scritti precedenti devono essere misurati alla luce di questa
rivelazione della filantropia divina, lamore di Dio per il genere umano. Questa convinzione
fondamentale degli interpreti patristici riecheggia molto spesso nellEsortazione Apostolica di papa
Benedetto XVI, prima di tutto nellasserzione che il Logos indica originariamente il Verbo eterno,
ossia il Figlio unigenito, generato dal Padre prima di tutti i secoli e a Lui consustanziale,
proseguendo poi per sottolineare che nella Chiesa veneriamo grandemente le sacre Scritture, pur
non essendo la fede cristiana una religione del Libro: il cristianesimo la religione della Parola
di Dio, non di una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente. 36
Il secondo aspetto dellinterpretazione patristica che intendo sottolineare, e che consegue dal
primo, la necessit di una critica teologica della Scrittura. Il significato storico originario dei testi
non basta, soprattutto in unera di letture fondamentalistiche sempre pi diffuse, persino tra i
cattolici. Dobbiamo sempre domandare quanto i testi possano essere compresi dai cristiani, e questa
domanda coinvolge la teologia, il discorso sulla natura di Dio. Il testo letterale non normativo, ma
la teologia, non nel senso di cento anni fa, quando gli esegeti cercavano di liberarsi dal peso della
teologia scolastica, ma nel senso originale della parola, il discorso sulla natura di Dio. Forse la
soluzione pi semplice e adatta rimane quella di Origene: Dio parlava allora come un padre con i
suoi bambini.
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36

Albright 1957 (From the Stone Age to Christianity): 280-1. Whitelam, The Invention of Ancient Israel, p. 83.

Si veda anche CCC 108: La fede cristiana tuttavia non una religione del Libro. Il cristianesimo la religione della
Parola di Dio, di una parola cio che non una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente [San
Bernardo di Chiaravalle, Homilia super missus est, 4, 11: PL 183, 86B]. Perch le parole dei Libri Sacri non restino
lettera morta, necessario che Cristo, Parola eterna del Dio vivente, per mezzo dello Spirito Santo ci apra la mente
all'intelligenza delle Scritture ( Lc 24,45).
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MARK SHERIDAN, OSB

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