Anda di halaman 1dari 26

LA PRATICA DELLAVER CURA

(LUIGINA MORTARI)

(riassunto libro integrato con slide

Tutti hanno necessit vitale di ricevere cura e di avere cura, in quanto lesistenza cura di
esistere.
SENZA RELAZIONI DI CURA LA VITA UMANA SMETTEREBBE DI FIORIRE.
Si parla di primariet ontologica della cura in quanto lavere cura che crea le possibilit dellesserci, si
pu definire come la categoria formativa dellesperienza. Lessere umano ha bisogno di essere
OGGETTO di cura (piano della passivit) ma anche di essere SOGGETTO di pratiche di cura (piano
dellattivit) Ha bisogno di essere soggetto di cure perch il ricevere cura, fin dalla nascita,
condizione necessaria per fare in modo che si dischiudano le possibilit dellessere ; e ha bisogno di
avere cura di s e degli altri per costruire delle direzioni di senso nella sua esistenza.
La cura il luogo dove ha inizio il senso dellesserci.
Ricevere cura vuol dire sentirsi accolti dagli altri nel mondo, avere cura significa invece coltivare quel
tessuto di relazioni che sono la matrice del proprio essere nel mondo.
La nostra societ non sa riconoscere il valore delle pratiche di cura e anzi, la svalutazione della cura
proprio tra le cause di una qualit della vita non sempre adeguata alle nostre attese.
Serve elaborare una teoria della cura che consenta di dare un rigoroso fondamento allidea che la cura
essenziale allesistenza cio alla tesi secondo la quale gli esseri umani sono esseri sociali, con una
tendenza propria a ricevere cura da altri e offrire cura agli altri.

CAPITOLO 1: LA PRIMARIETA DELLA CURA


- NECESSITA ONTOLOGICA DELLA CURA
Heidegger afferma che la cura pu essere nominata come un fenomeno ontologico esistenziale
fondamentale.
Il fatto originario dellesserci quello di trovarsi in un mondo e che questo trovarsi nel mondo avviene
in quel modo fondamentale dessere dellesserci. Lesserci sempre un trovarsi nel mondo, visto che
allesserci appartiene lessere nel mondo, il suo modo dessere in rapporto al mondo e il prendersi cura.
La cura il modo fondamentale dellessere di esserci:
ESSERCI: trovarsi nel mondo
ESSERE APERTI: dover divenire il proprio poter essere

CURARE: la relazione tra esserci e mondo.


IL TIPO DI FORMA CHE PRENDE LA NOSTRA VITA E CONNESSA STRETTAMENTE CON IL TIPO
DI CURA DI CUI NOI FACCIAMO ESPERIENZA.

I modi dellesserci:
LESSERCI come ABITARE (essere uomo vuol dire essere sulla terra e la relazione con essa si
definisce come abitare:dellabitare il tratto fondamentale la cura).
Esiste un modo incurante di esserci che labitare indifferente alle cose e agli altri, ma c anche un
abitare che si attualizza nel costruire che coltiva e nel costruire che edifica: questo abitare con laver
cura per le cose e per gli altri, si trova in relazione al divino.
Si pu abitare con ANONIMIA cio con in autenticit ci significa il non esistere secondo il proprio
poter essere pi proprio.
Si pu abitare per anche con AUTENTICITA la ripresa della scelta( io posso scegliere) scegliere
di scegliere, avendo cos cura del proprio divenire. Se si abita con autenticit vi la chiamata della
coscienza: laver cura del proprio esserci la chiamata a poter essere se stessi e la chiamata ad aver
cura del proprio divenire
I modi della cura rendono possibile la perfectio delluomo.

CURA COME RELAZIONE


La cura ha anche unimportanza relazionale: Proprio concependo la chiamata alla cura come un
fenomeno situato relazionalmente, lagire educativo trova il suo senso,in quanto leducatore diventa
colui che ha la responsabilit di preoccuparsi che laltro sia risvegliato alla ricerca dellautenticit
del suo esserci attraverso lofferta di esperienze che rendano possibile prima di tutto
comprendere e poi accogliere la chiamata.

- PESO DEL VIVERE(cura come affanno) E DESIDERIO DI TRASCENDENZA (cura


come desiderio di divenire quello che si pu essere)
Cura in latino sta a significare pensiero per qualcosa, interessarsi per/a qualcosa ma indica anche
inquietudine ed affanno.
Con questo termine Heidegger intende indicare quel modo di abitare il mondo che chiama luomo alla
responsabilit di scegliere tra diverse possibilit senza avere conoscenza degli esiti della scelta fatta.
PESO DEL VIVERE
Nella cultura occidentale al termine cura viene associato spesso un significato problematico, si indica
il farsi carico del peso dellesistere.
Questa interpretazione si fonda sul fatto che il venire al mondo immediatamente appesantito dalla
responsabilit di occuparsi di s. Lesistenza ci affatica ed in certi momenti pu provocare stanchezza
di ogni cosa ma specialmente di se stessi, ci affatica lesistenza stessa.
DESIDERIO DI TRASCENDENZA
Ma la vita umana attesta anche unaltra forma della cura: laver cura dellesistenza che proviene dal
desiderio di trascendenza che conseguenza dellaccettazione positiva della condizione ontologica della
mancanza propria delluomo. Oltre al prendersi cura di s esiste laver cura come premura di dare
compimento al proprio e altrui possibile divenire, ci proviene dallo stare in ascolto del proprio
desiderio e quello degli altri.
Seneca dice che la peggiore forma di incuria quella per cui non si ha cura del tempo della vita, la
materia della nostra vita il tempo
Linautenticit del dare forma al tempo si attua quando:: 1) si lascia che il nostro tempo prenda forma
anche se non si ha un progetto di vita e 2) si manca di rispondere alla chiamata di dare quindi una
forma intenzionale al proprio essere.
Se diamo forma intenzionale al nostro essere avremo Autenticit: laver cura che si muove nellordine
della trascendenza aver cura delle possibilit che rendono autentica la propria presenza nel mondo. E
AVERE CURA DELLESISTENZA.

- LA CURA COME ASSE PARADIGMATICO DELLA PRATICA EDUCATIVA


Avere cura dellesistenza significa stabilire un rapporto etico ed estetico con il proprio tempo
guardando fiduciosi al futuro, solo in questo modo si arriva a quella quiete del pensare che condizione
necessaria per vivere il presente dandogli un senso.
Questo cercare la giusta direzione richiede energie e desiderio di divenire pienamente il proprio poter
essere. (il desiderio il cercare le direzioni di senso capaci di rendere vera la nostra vita)
Pu succedere per che il desiderio di esistere si affievolisca o venga a mancare, ci si sente presi
dentro alla paura dessere che la paura del divenire imprevedibile ed imprevisto del mondo della vita.
Succede di sentirsi stanchi di tutto e di tutti, la lassitudine quel sentire in cui trova espressione il
rifiuto di esistere. Si prova il sentimento della lassitudine quando ci si sente stanchi di sopportare il
peso della cura della vita intera. Essa una risposta sottrattiva allimpegno di esistere (si assenti da
se stessi)
Si rende necessaria la cura di s.

Imparare ad avere cura di s imparare la passione per la ricerca di quell arte del vivere che
fondamentale per trovare per la propria esistenza la migliore forma possibile. Qui sta la ragione
dessere delleducazione: coltivare nel soggetto educativo la passione per la cura di s. Se la direzione
di senso delleducare sta nel valore per laltro, la pratica educativa si qualifica come azione adatta a
rendere laltro sensibile alla sua chiamata a esserci, cio a scegliere di scegliere perch vivere secondo
la scelta che si fatta da soli condizione necessaria per condurre una vita buona. Il processo
educativo deve essere interpretato secondo il paradigma della cura,per aiutare l altro a diventare
quello che pu essere dovrebbe discostarsi come pratica di cura dellaltro affinch diventi in grado di
prendersi cura di s. Leducazione il coltivare nel soggetto la passione per la cura di s.
TEORIA SOCRATICA DELLEDUCARE:
Cura come epimeleia, cio cura come risposta al desiderio di trascendenza. Nel Socrate platonico laver
cura ci che avvicina la condizione umana a quella divina.
NellApologia Socrate afferma che il compito delleducatore avere cura dei giovani per fare in moo
che essi apprendano la capacit di avere cura di s intesa come cura dellanima attraverso la ricerca
della saggezza e della verit.
NellAlcibiade Socrate prende in esame il concetto della cura di s inteso come obiettivo primario
formativo.

Etimologia di Educare. Questa parola si tende a ricollegarla al latino Educere cio trarre fuori,
invece pi corretto ricollegarla alla parola educare che vuol dire: allevare, nutrire, curare oltre che
educare, istruire e formare
S prendiamo in esame la parole Cultura essa sta a significare coltivare, dimorare, prendersi cura. Si
pu affermare che le azioni di cura sono allorigine di una civilt.
C una strettissima relazione tra cura ed educazione e di conseguenza assegna alla pratica di
cura un ruolo di base allinterno di una cultura.
Cura nellattuale paradigma pedagogico:
Affermare la primariet della cura significa sostenere che il processo di acculturazione trova grande
facilitazione se viene sviluppato in un contesto che riconosce la primariet della cura nel processo di
formazione.
E importante una traduzione simbolica della cura.

CAPITOLO 3: DALLA SOTTO-TEORIZZAZIONE AL RICONOSCIMENTO


SIMBOLICO
Se la cura non trova un riconoscimento simbolico la prima cosa ora da compiere portarla al centro del
discorso e fare in modo di farla uscire dallattuale condizione di scarsa teorizzazione.
Nella nostra cultura la cura qualcosa di molto vago, per questo motivo si deve avviare unanalisi
concettuale il pi possibile accurata.
Questa parola viene usata per indicare diversi tipi di attivit che vengono svolti in diversi contesti.
Pu essere agita in contesti pubblici o privati, pu essere o no retribuita, pu anche essere procurata in
maniera formale o informale.
Ogni ricerca nasce da una domanda, e la domanda la seguente: Come si configura, in educazione, una
buona pratica di cura? Bisogna capire che cosa essenziale nella pratica di cura.

CHE COSE LA CURA? La cura prima di tutto una PRATICA cio un agire che implica precise
disposizioni e mira a finalit precise.
Parlare di pratica vuole dire concepire la cura come unazione in cui prendono forma pensieri ed
emozioni orientati verso una finalit precisa. Bubeck afferma che la cura un attivit o pratica la cui
caratteristica quella di soddisfare i bisogni degli altri.
Ma se si afferma che la cura unattivit orientata a produrre benefici per laltro risulta riduttivo
concepirla come una pratica che troverebbe il suo senso solamente nel soddisfare bisogni, questa
affermazione implica che laltro soggetto sia sempre in una situazione di dipendenza da chi-ha-cura.
Esiste per una cura, la CURA EDUCATIVA, che si pu dire sia finalizzata a mettere laltro nelle
condizioni di provvedere da s ai suoi bisogni. La cura educativa orientata a promuovere la capacit di
avere cura di s per essere poi in grado di costituirsi come persone capaci di pratiche di cura per altri.
La cura in generale pu essere definita: Una pratica che intende procurare il benessere dellaltro e
metterlo nelle condizioni prima di decidere poi di provvedere da s al proprio ben-essere. ( per cercare
di fare a meno anche di noi educatori)
La cura costituisce uan risposta necessaria ad una condizione di forte dipendenza da altri, la cura una
necessit universale della condizione umana. E possibile definirla nei termini di un valore che
necessario a cui va riconosciuto il giusto valore.
Se viene a mancare il contatto relazionale tra i soggetti, qualsiasi pratica che vuole essere di cura in
realt smette di esserlo, visto che la cura nella sua essenza relazionale.
La cura richiede tempo, in quanto un dare tempo allaltro.
Per attualizzarsi la cura ha bisogno che chi-ha-cura e chi-riceve-cura interagiscano luno con laltro e
che tra i due chi-ha-cura eserciti le qualit che distinguono lessere umano: linguaggio, pensiero ed
emozioni che consentono di comprendere i veri bisogni dellaltro.
CONSEGUENZE DI CiO:
1) E difficile stabilire dei confini tra attivit di cura e attivit di non cura
2) E una cura anche nei confronti del mondo
3) E una cura come relazione diadica (a due)
La pratica di cura si realizza in una situazione diadica perch chi-ha-cura, ha cura della persona stessa
nella sua unicit.
Non si ha cura di molti nello stesso tempo, a di ogni persona considerata nel suo specifico profilo.
Mayeroff afferma che la cura sempre aver cura di unaltra persona e questo aver cura el suo
senso pi stretto, aiutarla a crescere e ad attualizzare se stessa.
Al centro della CURA viene posto laltro: il benessere intellettuale, emozionale spirituale e fisico di
chi-riceve-cura.
La concezione che sta alla base di queste definizioni di cura una visione della vita come di un tempo
che si sviluppa in una rete di relazioni di cura.
Se si volesse individuare una concettualizzazione provvisoria, si potrebbe individuare lessenza
della cura nellessere una pratica relazionale che impegna chi-ha-cura nel fornire energia e tempo
per soddisfare i bisogni dellaltro bisogni sia materiali che immateriali, in modo da creare le
condizioni che consentano allaltro di diventare il suo proprio poter essere sviluppando la capacit
di avere cura di s.
LA POLITICA DELLA CURA (nel senso di renderla a tutti)
Si intende qui, limpegno a coltivare quelle relazioni che possono contribuire alla costruzione di un
contesto informato dal principio di cura:
- tessere delle relazioni con le altre persone
- dare corpo ad azioni simboliche che sono in grado di mostrare il valore della cura.

Ora guardiamo allanalisi fenomenologia della cura: proprio perch una struttura originaria della
condizione umana, il fenomeno della cura si presenta complesso da analizzare.
La pratica di cura la si pu analizzare in base a:
1)
2)
3)
4)
5)
6)

Loggetto cui si dirige (prendersi cura/avere cura)


La direzione o scopo che la muove (necessit e trascendenza)
Latteggiamento relazionale che la sostiene (occuparsi/preoccuparsi)
La ragione generativa della responsabilit di cura ( CURE/CARE)
La qualit della relazione instaurata (simmetriche o asimmetriche)
Il tipo di riconoscimento di cui necessita. (gratuit-retribuzione)

1) PRENDERSI CURA ED AVERE CURA


Prendersi cura (oggetti) e avere cura( soggetti)
Verso gli oggetti: Besorge prendersi cura maneggiante e usante
Verso le persone: Fusorge: lincontro col con-esserci degli altri (relazione dessere che si genera
fra esserci ed esserci)
Prendersi cura e avere cura sono modi originari della cura.
La principale differenza tra il prendersi cura delle cose e laver cura per gli altri che la relazione con
le altre persone non quella della semplice presenza, ma una cura condivisa, una cura per un aver
cura. Mitsorge
AVER CURA:
In modo INAUTENTICO: Ci si rapporta agli altri secondo la logica della prensione
In modo AUTENTICO. Lasciando essere gli altri e le cose nella loro essenza.
2) NECESSITA E TRASCENDENZA
V un doppio significato di cura: cura come pena angosciosa e cura come premura e devozione
Cura come pena angosciosa: (Merimna)
E un modo obbligato della condizione umana, un doversi preoccupare Si parla della cura come lavoro
del vivere, cio quel lavoro connesso con la fatica e con la pena di soddisfare le esigenze primarie
dellesistenza. 8soddisfare i bisogni primari)
Cura come sollecitudine, attenzione, occupazione e scienza ( Epimleia)
Cura come cura i s. E la cura rispetto al proprio possibile divenire La perfectio delluomo
Anche la cura d s significa dedicarsi a dare forma etica ed estetica alla propria vita.
UNA BUONA RELAZIONE DI CURA DEVE INCLUDERE LEPIMELIA (PREMURA VERSO LALTRO)
Quello che in particolare interessa il discorso pedagogico quello connesso al termine Epimleia.
3) OCCUPARSI E PREOCCUPARSI
Da parte di chi-ha-cura soi possono individuare due diversi modi di vivere la relazione con laltro:
LOccuparsi e il Preoccuparsi.

LCCUPARSI: E il procurare cose necessarie a conservare e promuovere la qualit della vita senza un
investimento personale, ci come una serie di mansioni da svolgere.
Qui, chi svolge la pratica di cura, non si mette in gioco sul piano soggettivo. Il modo negativo
delloccuparsi quello in cui laltro trattato al pari di un oggetto.
Quando si interpreta una attivit solo in termini di adempimento di un lavoro, non si potrebbe parlare di
cura, in quanto manca la disposizione ad avere cura.
IL PREOCCUPARSI: Il preoccuparsi invece un prendersi a cuore. Vi un forte investimento personale
di chi-ha-cura sia sul piano del pensiero, sia sul paino emotivo per il coinvolgimento affettivo.
Il prendersi a cuore pu attuarsi in differenti modi: pu essere interpretato come avere premura ma
anche intenderlo come devozione o dedizione.
PREMURA il prendersi a cuore, unattenzione intensiva (dislocazione cognitiva ed affettiva: sono in
grado di mettermi dal suo punto di vistae non rimango concentrato su me stesso)verso
Importante: Certi autori al posto di usare il termine devozione parlano di premura

Devozione un termine usato oltre che da Heidegger anche da Winnicott il quale afferma che quando
una madre e normalmente devota sa fare molto bene il suo lavoro di cura.
La DEVOZIONE il percepire laltro come qualcosa di sacro che mi fa essere responsivo con gratuit
di fronte alla necessit di aiuto che manifesta.
La devozione sarebbe un atteggiamento dovuto al divino, quando si capaci di riconoscere il sacro
nellaltro, allora si genera devozione. Significa dedicare tempo e risorse allaltro, dirigere a lui o lei la
mia attenzione.
La devozione che si fonda sul pensare laltro come sacro generatrice della disposizione ad agire con
responsabilit, perch si sente lazione come cosa necessaria e no0n come un dovere.
Latteggiamento di devozione una componente essenziale della cura, quando essa viene meno allora
manca anche la cura.
Una buona cura una pratica che si attua in una serie di azioni nutrite da quellattenzione per laltro.
E quindi orientata sullaltro per promuovere il suo ben-essere.

4) CURE E CARE
La pratica dellaver cura assume diverse forme, a seconda dellintenzione che la muove.
BINOMI: CURE E CARE

Monitorare, proteggere, dedicare attenzione,. Facilita il fiorire


della vita.

Ripristinare lo stato di salute, porre rimedio e riparare.

Se pensiamo ad esempio, al lavoro del medico si pu dire che oltre a cercare di guarire il paziente si
deve nello stesso tempo prendere cura. Lo stesso accade nellambito educativo. Se ci sono difficolt
cerchiamo di risanare i problemi, aiutiamo laltro di fronte a questa situazione.. Tutto ci ci porta alla
REVERSIBILITA. (Se anche davanti a certe situazioni non si riesce a guarirle, ci si pu mettere
comunque in discussione)

5) RELAZIONI SIMMETRICHE E ASSIMETRICHE


E SIMMETRICA quando la responsabilit della cura distribuita nella diade relazionale, quindi si pu
dire che c reciprocit nella cura. Si pu prendere come esempio la relazione tra amici, qui ognuno si
prende cura dellaltro e viceversa c reciprocit distribuita in modo equo tra i due soggetti.
Si dice invece, ASSIMETRICA, quando la responsabilit della cura consapevolmente solamente da uno
dei due soggetti della relazione (non c quindi reciprocit relazionale della cura) Un soggetto ha pi
responsabilit nel prendersi cura.
In questa asimmetria il soggetto che si prende cura dellaltro ha responsabilit e ci implica anche un
certo potere.
Chi riceve cura si affida o si trova affidato a chi-ha-cura. E molto importante la reciprocit: chiriceve-cura offre sempre un feedback anche se non intenzionale. Io devo stare molto attento a ci che
mi viene restituito.

6) GRATUITA E RETRIBUZIONE

La cura qui vista come attivit lavorativa remunerata

Agisce secondo il principio dellAgap inteso come un senso di responsabilit per altri
Nel lavoro di cura esiste anche una dimensione di gratuit molto forte. Il lavoro educativo pieno di
questi momenti di gratuit ed essi danno da un punto di vista del guadagno personale molto. Danno un
guadagno che risulta difficile trovare in altri ambiti. Legato a tutto ci esistono per anche della
problematiche.
CURA COME SERVIZIOP E CURA COME VOCAZIONE:

Qui si capaci di premura e


dedizione. Vi un investimento
personale. E una dimensione che
sfugge alla logica calcolante del
mercato del lavoro.

Si parla pi di un occuparsi, eseguire delle attivit cos come richiesto (dalla legge, da un
organizzazione etc)
Queste due dimensioni ci permettono di avere un quadro generale su cosa significhi la cura.

DEFINIZIONE DI CURA (data dalla profe)


CURA-> Pratica che ha come finalit la possibilit che laltro realizzi la sua forma dessere e
raggiunge questo obiettivo offendo esperienze permeate da un atteggiamento/disposizione di
attenzione nei confronti dellaltro.

CAP 4: LA FENOMENOLOGIA DELLA CURA

Ad una visione chiara dellessenza della buona cura si arriva comparando i diversi casi presi in esame per
vedere similarit e differenze; per cogliere lessenza occorre individuare le qualit che ogni relazione
condivide con le altre simili. In una ricerca bisogna essere consapevoli che il risultato a cui si arriva
parziale, esso avr la forma di una concettualizzazione aperta ad altre definizioni e dinamica.
Si potrebbe definire la cura in modo densamente vago come una pratica che ha luogo in una relazione in
cui qualcuno si prende a cuore unaltra persona dedicandosi attraverso azioni cognitive, affettive,
materiali, sociali e politiche, alla promozione di una buona qualit della sua esistenza.
Il fenomeno della cura sempre di natura relazionale dal momento che lesserci ha una consistenza
relazionale.
Secondo Bubeck avere cura soddisfare i bisogni di una persona da parte di unaltra persona
dove linterazione faccia a faccia tra chi-ha-cura e chi la riceve costituisce un elemento cruciale.
A) FENOMENOLOGIA DELLAGIRE MATERNO.
Nella cultura occidentale la relazione materna stata concepita come un fenomeno naturale, biologico.
Con laffermarsi del pensiero femminista invece stata concettualizzata come un fenomeno culturale in
cui non solo si riproduce ma si crea anche cultura.
Da qui la relazione materna viene nominata come archetipo (modello) della relazione di cura. Questa
opzione teorica si basa su tre ragioni:
1) Ragione ontologica: La relazione materna si configura come la prima e fondamentale relazione di
cura.
2) Ragione antropologica: Nella nostra cultura la cura la si associa alla figura materna, visto che le
donne sono sempre state cloro che si occupano della cura.
3) Ragione psicologica: la scienza della psicologia affida alla cura materna un ruolo primario di
definizione ontologica, visto che all0inizio della vita il bimbo si alimenta del modo dessere della
madre, si nutre mon soltanto delle sue parole e dei suoi gesti, ma anche delle visioni della via
che stanno dietro a questi gesti.
La cura di cui una madre capace non soltanto garantisce la continuazione della vita di una comunit, ma
plasma la cultura e il linguaggio dei nuovi venuti.
La funzione materna non semplicemente riproduttiva, ma anche generatrice di cultura. Se si d per
vero che al centro delle preoccupazioni di una cultura ci debba essere il benessere dei nuovi arrivati,
cio di chi ha bisogno di cure, allora alla relazione materna va dato un ruolo centrale nella costruzione di
una cultura della cura.
Bisogna individuare lessenza di quello che si prefigura come il giusto avere cura; in questa ottica si
deve tenere conto del pensiero di Ruddick e anche il concetto elaborato da Winnicott di madre
adeguatamente buona e madre normalmente devota.
Se si esamina lagire della madre normalmente devota si possono individuare quegli aspetti che
qualificano una buona pratica di cura, quella che produce beneficio e giovamento in chi oggetto di
cura.
Per il piccolo iniziare ad essere, vuol dire essere insieme ad unaltra persona che gli offre il suo
appoggio, il sostegno che la madre fornisce al bambino necessario per facilitare lorganizzazione di
questultimo cos che arrivi a provare un senso di identit. La cura materna si pu esprimere in una
pluralit di comportamenti ma si esprime per lo pi nel sostenere (holding). Sostenere vuol dire
proteggerlo dalle offese fisiologiche, tenere conto della sensibilit cutanea del bimbo, implica anche il
tenere il passo con le piccole modificazioni che ogni giorno avvengono nel bambino in conseguenza al suo
sviluppo fisico e psicologico.
Se vengono a mancare queste prime cure si arriver ad avere delle angosce dellinfanzia e ha a che fare
con le difficolt che insidiano la salute psichica e fisica del soggetto. (la tesi di Winnicott che la

possibilit di poter sperimentare una buona cura nella prima infanzia costituisce la prima e
fondamentale forma di prevenzione del disturbo psichiatrico, infatti lorigine della schizofrenia
andrebbe ricercata nella carenza di adeguate cure nei primi periodi della vita)
Winnicott ritiene che la possibilit ad imparare ad avere cura di s sia proporzionale al tasso di buona
curache ha ricevuto nei primissimi anni di vita.
Ogni bambino ha la vitale necessit di poter fare affidamento su qualcuno che possa facilitare il suo
sviluppo, questo vuol dire che nel momento di massima dipendenza, ha bisogno assolutamente di ricevere
una normale devozione.
Una normale devozione si pu esprimere sia in azioni corporee sia in gesti di pensiero.Il neonato ha un
continuo bisogno di cure corporee, il modello di queste cure la capacit di tenere in braccio, sapere
tenere in braccio significa saper sostenere laltro.
Della cura materna un elemento costitutivo il sapere trattare in modo adeguato il corpo del bambino.
Quando ad esso si provoca un disagio corporeo si interrompe la percezione del piacere dessere e si
possono anche procurare esperienze di dolore che rimangono impresse nella carne. Visto che luomo
ununit inscindibile di mente e corpo, un buon accudimento di questultimo facilita lo sviluppo cognitivo
ed emozionale.
Oltre a curarsi del corpo del piccolo una madre normalmente devota pensa intensamente il suo bambino
e gli dedica i suoi pensieri. La madre quella adeguatamente buona quella capace di un vivo
adattamento ai bisogni del figlio, e per adattarsi deve essere in grado di usare empatia cio sentire
dentro di s lesperienza del bambino.
Questa capacit eccezionale di sentire il sentire dellaltro, secondo Winnicott, verrebbe preparata
durante la fase della gravidanza, in cui oltre ai cambiamenti corporei avverrebbe anche un cambiamento
nella postura cognitiva tale per cui la mamma si limiterebbe di ogni deformazione egocentrica
rendendosi capace di pensare in modo intenso al bambino. E sulla base della capacit empatica che la
madre in grado di cogliere i bisogni del figlio. La madre normalmente devota quella che, una volta
che ha compreso i vari bisogni, sa essere responsiva cio sa soddisfare questi bisogni in modo adeguato.
Questa responsivit, deve essere discreta la madre capace di cura non colei che anticipa i segnali del
bambino, ma quella che, seppure presente, in grado di lasciare quello spazio tra s e il bimbo che gli
consente di prendere liniziativa e dare espressione ai suoi bisogni. ESSERE RESPONSIVI VUOL DIRE
RISPONDERE ALLA CHIAMATA DELLALTRO.
La normale devozione in cui una buona cura si esprime quella della madre capace di offrire una
presenza costante ed attendibile ma discreta, perch il proporsi come punto di appoggio affidabile, ma
senza togliere allaltro lo spazio per respirare da solo, che facilita nel bimbo lo sviluppo della fiducia in
s e nel mondo.
Ruddick definisce sorveglianzaquella capacit da parte della madre di stare allerta continuamente per
proteggere il bambino. La sorveglianza una costante attenzione ma nascosta e velata in modo che il
piccolo, senza sentirsi controllato, possa percepire la disponibilit di una presenza affidabile.
Il sentirsi accolti quellesperienza che da al bambino l possibilit di essere, e da qui hanno origine
altre cose che hanno a che fare con lazione, il fare e lessere fatto per. Questa la base che a poco a
poco diventa per il bambino lesperienza di s.
A rendere complessa la pratica materna nella cura contribuisce anche la necessit di dovere di continuo
modificare la qualit della responsivit in base alle modifiche che si attuano nella personalit del
bambino nel corso del suo sviluppo.
La madre deve essere pronta ed attenta ai continui cambiamenti del figlio, il quale crescendo obbliga ad
una ridefinizione continua della qualit della relazione materna.
La cura materna complessa perch, durando nel tempo, chiede una continua ridefinizione di s nella
relazione, la competenza materna caratterizzata dalla capacit di attivare una responsivit sempre
modificabile.

E dellavere cura accettare lalterit e si pu affermare come componente costitutiva di una buona cura
lessere in grado di modulare s stessi sullalterit che diviene, perch laccettazione autentica
dellaltro chiede anche che si lavori su di s. La cura materna si profila nei termini di una complessa
azione culturale visto che la mamma contemporaneamente si trova chiamata a preservare la vita del
piccolo, a riparare delle eventuali ferite nel suo essere ed a promuovere il fiorire pieno delle sue
possibilit, tenendo conto anche delle richieste di socializzazione che avanza il gruppo sociale a cui si
appartiene.
Diventare mamma significa sentire la responsabilit di occuparsi del ben-essere sia fisico sia psichico
del bambino e di fornirgli una adeguata educazione a favorire la sua creativa integrazione nella societ;
quella materna per tutte queste ragioni, pu essere definita come la pi complessa forma di cura.
Tra i compiti della cura materna c anche quello di preparare il bambino ad entrare a fare parte della
societ, questo compito impegna la madre in un lavoro di relazioni continuo allesterno della famiglia
per facilitare lingresso del bimbo nel mondo.
Non esiste un sapere certo di fronte ai dilemmi che si sperimentano nella pratica di cura dei bambini,
non esistono delle ricette disponibili. Per questo motivo il lavoro di cura richiede un alto tasso di
pensiero riflessivo. Ruddick sottolinea il lavoro di elaborazione culturale richiesto ad una mamma indice
di quella forma di pensiero che il pensiero materno. (una madre che si prende cura dei figli
impegnata in una vera e propria disciplina) E tramite la riflessione sullesperienza che la madre
costruisce il sapere della cura, questo sapere tende rimanere nascosto.
Visto la notevole complessit del lavoro materno, e tenendo in considerazione che una madre ha a
disposizione un sapere approssimativo, risulta evidente la necessit di poter disporre del supporto di un
ambiente facilitante. E facilitante quellambiente in cui la mamma pu respirare il riconoscimento
simbolico nei confronti del suo lavoro, questo riconoscimento fa si che possa coltivare il giusto livello di
autostima necessario per fare fronte alla consapevolezza delle difficolt alle quali comporta il suo
ruolo.
La cura materna alimenta un groviglio complesso di emozioni che spesso sono tra loro contrastanti e che
in certi casi non semplice da sostenere da sola. La fatica della cura pu fare vivere dei sentimenti
negativi, che mettono in crisi lidea che la madre ha di s, in questi casi il poter condividere con altre
persone lesperienza vissuta utile per imparare ad accettare il reale e rispondere ad esso con
equilibrio emotivo. Una mamma che si trova da sola ad affrontare il compito di dare al nuovo arrivato le
prime cure a maggiore rischio di depressione. E importante che la madre si senta bene e viva
sentimenti positivi, dal momento che il bambino respira i sentimenti della ,madre. La capacit di avere
cura di altri richiede un lavoro faticoso di elaborazione dei propri vissuti emotivi, per imparare non
soltanto a tollerare il carico emotivo del lavoro di cura, ma anche ad usare i propri sentimenti per
comprendere meglio lesperienza e trovare direzioni di senso dl proprio agire.
Quando anche lumilt intesa come profonda consapevolezza dei limiti del proprio sapere e agire,
diventa essa una componente essenziale di una buona pratica di cura.
2) Fenomenologia della relazione amicale
Unaltra relazione archetipica di cura informale quella amicale. Si presenta come una relazione tra
pari che liberamente e in modo condiviso scelgono di coltivare il legame amicale. Rispetto alla relazione
materna quella amicale una relazione non costretta entro precise aspettative sociali e norme, gode
quindi di una certa libert. (la mancanza di questi vincoli ne fa un legame fragile che richiede una cura
continua).
Rispetto alla relazione materna e infermieristica, in quella amicale non si pone il problema di distinguere
il momento in cui si attua una buona cura, dove c amicizia, c buona cura: i due fenomeni non si
possono separare.

Aristotele espone nella categoria dellamicizia diverse tipologie di relazione: esiste un legame amicale
che nasce dalla reciproca ricerca di utilit, quello che nasce dal piacere della compagnia dellaltro, e
infine quello guidato dal desiderio di volere per lamico il massimo bene.
Qui si definisce lamicizia etica(o secondo virt) cio lamicizia nella sua forma primaria ed essenziale.
Nella primaria forma di amicizia il legame che con laltro si stabilisce si basa sulla considerazione
incondizionata per la sua persona. Si vuole il bene dellamico in s stesso e per s stesso. Lessenza
dellamicizia promuovere il ben-essere dellamico. Quelli che desiderano il bene dellamico per loro
stessi sono gli amici pi grandi ma sono anche i soli veri amici perch essi vogliono il bene dellaltro cos
come lo desiderano per s.
Anche nella relazione amicale un tratto essenziale della buona cura quel prendersi a cuore laltro per
quello che laltro in s stesso e in vista del suo massimo bene.
Bisogna essere capaci di benevolenza che comporta una vera sollecitudine per laltro. Significa benvolere cio volere bene che si esprime nellavere-dedizione per. La benevolenza componente
essenziale dellamicizia. (questa tesi la sosteneva pure Cicerone il quale ritiene che essere amici
significhi essere pi disposti a dare che a chiedere).
La relazione amicale come quella materna si nutre della logica del dono qui per il principio della
gratuit e reciproco. Lamicizia sta pi nellamare che nellessere amati. Quello che piacevole per un
amico fare il bene senza avere di mira qualcosa in cambio.
La benevolenza implica anche una disponibilit che ci rende pronti per laltro, essere disponibili con
costanza vuol dire essere attendibili; lessere pronti per il modo di essere proprio della devozione,
cio dellessere presenti con premura.
Nellamicizia occorre anche avere attenzione cio sapere dedicare tempo allaltro perch senza avere
disponibilit di tempo non si pu conoscere lamico e quindi aiutarlo a divenire il suo proprio modo di
essere.
Lattenzione implica anche capacit di ascolto, essere capaci di ascoltare vuol dire saper mettere da
parte le proprie preoccupazioni per fare posto al vissuto dellaltro. Chi ascolta capace di mettersi in
una posizione passiva.
Nella relazione di cura occorre anche delicatezza, il vissuto dellamico deve essere percepito come
materiale delicato da trattare con molta cura, la delicatezza per non rinuncia a reagire anche con
fermezza perch il vero dialogo, se da una parte richiede una profonda disponibilit cognitiva ed
emotiva, dallaltro lato non pu rinunciare ad uno scambio di dialogo franco e onesto. Il vero amico non
mente e non finge in quanto lamicizia pretende sincerit e franchezza.
Elemento essenziale della relazione amicale quindi la franchezza, il dire sincero quello di chi non si
nasconde, lamico agisce secondo il bene, non accetta di conseguenza le decisioni dellaltro se pensa che
siano sbagliate.
In questo modo franco di stare in relazione,si agisce secondo il principio del rispetto per laltro,perch
avere rispetto richiede di intervenire con lo scopo di mettere in movimento le sue capacit di
valutazione critica. Il parlare franco deve attuarsi senza per offendere laltro e ci possibile
facendo accadere la parola in una relazione di sentimenti positivi. Stare con laltro con franchezza
possibile quando la relazione di amicizia sostenuta da positivi sentimenti benevoli.
E necessaria anche la fiducia; Con-fidarsi ha il significato di stare con fiducia in relazione con laltro.
Lamico quella persona alla quale ci si pu affidare con piena fiducia, in grado di dare sollievo alle
nostre ansie comunicando quella serenit che sa fare sparire le nostre tristezze.
Cicerone afferma che lamicizia tenera e sensibile ci significa che lanima si allarga davanti alle
gioie dellamico e si restringe davanti alle sue tristezze. Essere in grado di aprirsi allaltro richiede
anche una forma di tenerezza cognitiva, cio la capacit di riuscire ad ammorbidire certe nostre
convinzioni e le teorie su cui ci affidiamo per rendere la mente disponibile al dire dellaltro e quindi in
grado di sapere accogliere il suo punto di vista secondo il principio della carit interpretativa che
chiede di ascoltare senza avere pregiudizi.
La relazione ha bisogno anche di empatia cio lapertura della nostra mente al vissuto dellaltro in modo
che possa risuonare dentro di noi. Lempatia nella sua essenza un Co-sentire.

La capacit empatica un tratto essenziale della relazione amicale. Tra i sentimenti che qualificano
lamicizia vi anche la generosit, intesa come la disponibilit a mettere a disposizione quello che
nostro, sia in termini materiali che di competenze, per aiutare laltro.
Lamicizia secondo Aristotele necessaria alla vita, senza amici nessuno sceglierebbe di vivere anche se
avesse tutti gli altri beni.
La relazione amicale a differenza di quella materna non rimane chiusa nel privato.essa presenta anche
una forte valenza politica .
La cura come si presenta nella relazione materna e in quella amicale una pratica impegnativa, richiede
che si impegnino molte energie fisiche, cognitive ed affettive.

La buona cura quella in cui per tutti e due i soggetti della relazione non c perdita di s ma
guadagno dessere, ci per possibile solo se chi-ha-cura si prende anche cura di s. Per poter
essere capaci di volere il bene dellaltro si deve amare soprattutto se stessi.
In ci consiste la virt etica: uscire dalla centratura su se stessi senza per smarrirsi nellaltro.
Fenomenologia della relazione infermieristica: La professione infermieristica considerata una
professione di cura perch necessita di altro oltre a quello che la scienza pu offrire. La pratica di
cura esercitata da chi svolge la professione infermieristica diversa dagli altri casi in quanto ha una
dimensione pubblica: ha luogo dentro alle istituzioni che definiscono i compiti dellaver cura con
precisione.
La relazione infermiera-paziente una relazione asimmetrica in cui chi ha cura svolge questo ruolo
come unattivit professionale e quindi remunerata. La cura infermieristica presenta delle somiglianze
con quella materna, visto che anche in questo caso chi riceve cura (bimbi adulti ecc) sono persone che si
trovano in una situazione di dipendenza, ma anche differenze sostanziali, perch il contesto della cura
qui regolato da precise procedure alle quali linfermiera deve attenersi.
Mentre in quella materna e amicale ci sono dei vincoli di affetto che legano le persone coinvolte, qui
lattivit di cura avviene tra soggetti che sono estranei gli uni agli altri e si vengono a trovare in
relazione per altre ragioni che non dipendono dalla loro volont.
Secondo la Brenner a caratterizzare una buona e gusta cura la capacit di sviluppare una
consapevolezza specifica rispetto ad ogni situazione o formulare una valutazione contestuale che non si
basa solo sui principi generali. La complessit del lavoro dellinfermiera legata non solamente al fatto
che si chiamati a fare fronte alla sofferenza dellaltro, ma anche al peso della decidibilit su quello
che meglio fare. Vengono richieste anche capacit di pensiero riflessivo che rendano possibile una
profonda comprensione della situazione da affrontare. (linfermiera che ha davanti il paziente avverte
come ogni caso sia unico). La competenza infermieristica non un sapere che si apprende tecnicamente,
ma si costruisce tramite lesperienza sulla base di costante riflessione sui casi affrontati.
Se si guarda dal punto di vista cognitivo, la disposizione alla riflessione costituisce un tratto basilare di
una buona pratica infermieristica.
Nellambito di questo sapere che deriva dallesperienza ruolo importante lo gioca la competenza
corporea, cio la capacit di usare il proprio corpo per attuare le terapie previste. E unintelligenza che
consente di usare le strumentazioni tecniche come se fossero estensioni del proprio corpo oppure di
usare le mani per sentire lo stato del paziente o anche il sapere riconoscere solo con uno sguardo il suo
stato emotivo.
Lesercizio della capacit riflessiva richiede che si sappia coltivare attenzione nei confronti del
paziente. Essa quella postura della mente che consente di comprendere laltro e di intervenire nel
momento giusto, lesperienza la condizione per costruire sapere a partire dallesperienza.
Una buona cura richiede unattenzione focalizzata sullesperienza vissuta del paziente.
Nella letteratura inglese sulla cura infermieristica si usa la distinzione tra Illness e disease.
DISEASE: Con questo termine si stanno ad indicare le disfunzioni a livello corporeo

ILLNESS: Si indica qui, lesperienza soggettiva della malattia cio il modo in cui il paziente vive il suo
desease.
Per stabilire la malattia ci si occupa del disease cio dei sintomi della malattia ma essenziale anche
tenere in considerazione come la malattia viene vissuta dal paziente,. Prendersi cura (cure) della
malattia (disease) non automaticamente si traduce in cura (care) del vissuto della malattia, perch
rappresenta un fenomeno che coinvolge corpo e mente. Illness e desease sono conness, poich il modo di
vivere la malattia condiziona il modo di affrontare il processo terapeutico e gli effetti di questo
processo sullandamento della malattia condizionano il vissuto del paziente. Corpo e mente non sono
entit distinte perci capire il significato della malattia pu aiutare e facilitare il trattamento e la
cura.
Anche lascolto una forma di cura, per capace di cura solo quellascolto attivo che si attua in un
dialogo dalla valenza medicinale, pu essere necessario aiutare i paziente a rielaborare i significati che
ha dato al proprio vissuto per uscire da situazioni emotive che non portano avanti il processo
terapeutico. Aiutare ad affrontare la malattia vuole dire lavorare sulle interpretazioni che ciascuno
costruisce della propria situazione.
Il dialogo da inizio alla cura e accompagna il processo di guarigione. Si tratta di essere capaci i una
parola che cura, cio che aiuti il paziente a ristrutturare lorizzonte simbolico da cui lui interpreta la
malattia, cosi che possa trovare la speranza in un futuro buono. La parola medicinale quella che attiva
il fattore di guarigione interno al paziente.
Per entrare in contatto con il paziente stare in ascolto e pronunciare parole medicinali condizione
necessaria. Linstaurarsi di una relazione accade quando lintenzione dellinfermiera di comprendere
lesperienza vissuta dellaltro oltre che avvertita anche accolta con favore. Prestare attenzione ed
ascoltare con empatia significa essere presente allaltro rendendosi disponibile allaccadere di una
connessione comunicativa. Il coinvolgimento emotivo e cognitivo nella relazione con il paziente
costituisce la necessaria condizione perch il lavoro infermieristico si trasformi in una attivit di buona
cura. (il preoccuparsi). Un buon clima emotivo contribuisce in modo decisivo allevoluzione positiva del
processo terapeutico.
Bisogna chiarire il coinvolgimento emotivo:non centra nulla con il farsi carico del dolore del paziente,
significa mettere in campo il mondo dei sentimenti perch una buona relazione di cura chiede a chi ha
cura di alimentare il contesto di quei sentimenti positivi, come la fiducia e la speranza che aiutano a
vivere il tempo in cui si soffre. Occorre sentire dentro di s lo stato di estrema vulnerabilit nei
confronti dell'altro, quella fragilit del corpo che si traduce in fragilit dellanima. Essere capaci di
empatia vuole dire comprendere il modo in cui il malato vive la propria esperienza.Il malato costretto
a mettere s stesso nelle mani degli altri. Questo sentirsi privati di padronanza della propria vita pu
portare a una sofferenza tale da impedire di accettare gli interventi di cura a causa dellangoscia
prodotta dalla malattia. Linfermiera capace nella cura quella che sa maneggiare in senso umano le
strumentazioni tecniche, preparando il paziente ad affrontare le situazioni tramite spiegazioni sulluso
di queste tecnologie e dandogli il necessario tempo per adattarvisi. La salute non solo funzione della
tecnologia, perch necessita anche di una buona cura in cui linfermiere sia capace di attenzione
empatica nei confronti del paziente
Se linfermiere attiva un coinvolgimento soggettivamente significativo con il paziente per aumentare la
relazione di cura si pu parlare di interpretazione vocazionale di questa professione. Nella relazione
infermiere e paziente non c reciprocit, lo stato di sofferenza in cui il paziente si trova pu anche
dilagare nella relazione rendendo difficile la pratica della buona cura. Proprio perch la relazione di
cura unidirezionale da parte dellinfermiere lenergia per tenersi in una relazione significativa di cura
va trovata dentro di s e nelle relazioni con gli altri professionisti dellequipe. Il coinvolgimento deve
essere supportato da unattivit riflessiva intensa che si trova dentro a scambi relazionali con gli altri
colleghi.
Il coinvolgimento comporta oltre al rischio di eccessivo affaticamento fisico anche quello di burnout
emotivo. Anche chi ha cura vulnerabile, serve imparare a gestire la propria vulnerabilit per non

mettere a rischio la possibilit stessa della cura. Per questa ragione una buona cura richiede da parte di
chi la attua un buon livello di competenza emotiva sia rispetto al paziente, ma anche rispetto a s.
Rispetto a s la competenza emotiva consiste nel saper conoscere le proprie tensioni emotive per
essere in grado di poterle agire nella relazione, rispetto al malato questa competenza consiste nel
sapere avvertire la qualit del suo vissuto e poi nel trovare la giusta tonalit emotiva per costruire una
buona relazione dialogica.
Infine possiamo dire che la competenza che so pu definire di politica delle relazioni quella che
consente allinfermiera di costruire relazioni prima di tutto con i colleghi e tramite le reti tra pari, di
negoziare con il team medico e con il personale amministrativo per costruire una vera care community.

a) RAGIONE E SENSO DELLAVERE CURA


a) Presupposti ontologici della cultura della cura
b) Ragioni etiche della cultura della cura
a) La relazionalit: E nella relazione con laltro che andiamo tessendo il nostro essere. Il
singolare fin da subito il plurale. Lontologia della relazionalit si basa sul presupposto secondo
il quale la condizione originaria dellessere umano quella dellessere-con dellessere-insieme
Lessere umano non lo si pu concepire come un ente discreto:
1)il nostro esistere non pu prescindere dalle relazioni con altri.
2)(contemporaneamente) rimane radicalmente isolato
VISIONE INDIVIDUALISTICA:
La cura viene considerata un modo di agire auto-sacrificale: quando agisco per il bene dellaltro
sacrifico me stesso
VISIONE RELAZIONALE:
Quando io agisco per il ben-essere dellaltro io non sacrifico me stesso, perch il mio agire non nutre un
altro da me, ma qualcuno con cui sto in una relazione reciprocamente morfogenetica.
Lvinas afferma che gli esseri possono scambiarsi tutto reciprocamente, ma non lesistere Cos
lesistenza segnata da una radicale contraddizione: il nostro esistere non pu prescindere dalle
relazioni con altri, ma nello stesso tempo rimane isolato.
Si pu dire che lagire umano mosso dalla ricerca dell Eudaimonia cio di una buona qualit della vita.
Letica della cura interpreta la ricerca del ben-essere alla luce dellontologia della relazionalit: Se
ognuno di noi ha come obiettivo il ben-essere (il ben-esistere) e se la vita di ognuno di noi si nutre delle
relazioni con altri, non esiste allora un ben-essere concepibile in termini individualistici, quindi non si
pu concepire un bene che sia perseguibile da un individuo autosufficiente, in quanto il ben-essere
sempre un ben-essere con altri. Le relazioni che noi viviamo devono essere necessariamente strutturate
nella forma di relazioni di cura, visto che proprio in una rete di relazioni di cura che lindividuo singolo
trova le condizioni per una sana crescita e le premesse per il pieno fiorire delle sue possibilit.
La cura dellaltro diventa quindi indisgiungibile dalla cura di s.
La visione ontologica che da origine allaver cura nomina la condizione umana come la condizione del
mancare (mancare dessere) e dal dipendere da.. ( dipendere dagli altri per poter divenire il proprio
essere) Ognuno di noi nasce mancante di forma, ognuno ha il duro compito di dare compimento al
proprio essere, ma quello che fa della condizione umana uno stato fragile ed incerto che
nellattualizzare questo compito nessuno di noi autonomo, tutti dipendiamo dagli altri.

La qualit ontologia delluomo quella della mancanza dessere che ci rende dipendenti dagli
altri.Ognuno di noi sente il bisogno di nutrirsi delle relazioni con altri. Qui si trova tutta la nostra
vulnerabilit.
La cura costituisce la risposta di cui si sente la necessit ai bisogni connessi allo stato di
dipendenza.

b) RAGIONI ETICHE DELLA CULTURA DELLA CURA


La seconda questione che bisogna analizzare consiste nel capire cosa muove lessere di una persona a
prendersi a cuore l altro?
Mayeroff afferma che latteggiamento che allorigine della cura non un semplice avere interesse per
ci che accade allaltro, nemmeno un semplice sentimento, ma una forma di risposta alla necessit da
parte dellaltro di essere sostenuto nel proprio divenire.
Sentire la necessit di cura dellaltro come una chiamata inevitabile, e ad essa dare risposta con
sollecitudine.
Ci si pone ora unaltra questione: cosa fa sentire necessario agire con cura? Dalle evidenze raccolte nel
corso di ricerche empiriche si pu dire che chi sente dentro s la necessit di avere cura la sente
perch sa che l ne va del bene. Ne va del bene dellaltro e del bene di s. Ognuno di noi a lla ricerca di
ci che bene; quindi lidea di bene che fornisce la linea di orientamento del nostro agire.
Chi ha cura mette laltro al centro delle proprie preoccupazioni e quindi agisce in modo da facilitare l
laltro nella ricerca di ci che lo fa stare bene. Nussbaum ipotizza che la bellezza delleccellenza umana
consista proprio nella sua vulnerabilit. Prendersi a cuore laltro nella sua vulnerabilit vuol dire sapere
stare in presenza della condizione umana e accogliere quella che sar poi la chiamata etica del volto
dellaltro, rispondendo ad essa si situa il proprio esserci.
Si facilita quindi laltro nella ricerca di ci che lo fa stare bene.
Da ricordare che chi-ha-cura agisce per s ma anche per laltro nello stesso tempo.
In una visione ontologica relazionale, il ben-essere qualcosa che deriva da una relazione, e quindi
riguarda tutti e due i soggetti coinvolti. C un profondo piacere edere laltro stare bene. Si dice che il
ben-essere consiste pi nellagire che nel ricevere..
Cercare ci che fa bene: Perch la pratica di cura abbia un senso, deve essere mossa dal desiderio di
ci che fa bene alla vita. Prendersi a cuore una cosa/persona nella sua essenza vuol dire amarlo, voler
bene. Questo voler bene vuol dire donare lessenza.
Lespressione volere bene pu anche suscitare diffidenza, ma proprio il cercare ci che bene
inteso come il bene dellaltro, che lo salvaguardia. In ogni nostra azione vi una forma di potere, e in
quellagire come prendersi a cuore si attualizza quel potere del voler bene che consente allaltro di
essere.
Il sapere di potere pu anche portare ad un senso di onnipotenza, sentimento negativo che non fa
bene alla relazione. Per salvarsi da questi miti di onnipotenza, il sapersi soggetti a propria volta di
vulnerabilit e mancanti di essere cio portatori di unevitabile bisognosit dellaltro, ed essere
consapevoli che nella relazione con laltro sempre qualcosa ci viene, qualcosa di essenziale. Base per una
cura ontologicamente buona(quella che salva la relazione) riconoscersi mancanti e quindi bisognosi di
cura, riconoscere che noi stessi abbiamo bisogno dellaltro.
Si pu parlare di una mancanza accettata come postura cognitiva essenziale al generarsi di una buona
disposizione alla cura. E sapere che noi manchiamo di qualcosa che ci consente di avvertire il guadagno
dessere non previsto che deriva dallaver cura. Questo atteggiamento salva la pratica della cura dal
senso di onnipotenza e da misura al modo di interpretare il proprio ruolo nella relazione di cura.
Soltanto se si riconosce la propria mancanza si attiva una vera apertura allaltro, che quella condizione

in cui ci si rende disponibili a vivere processi trasformativi senza scivolare nella trappola dellabbandono
di s o dellapprovazione dellaltro.
Mettere al centro laltro che ti interpella: Volere il bene il cuore delletica. Questo voler bene una
ricerca condivisa con laltro. Ci significa fare quello che si sente essere bene a partire dalla
prospettiva e dalla situazione dellaltro. Cercare ci che fa vivere bene il tempo della vita richiede di
incontrare laltro essendo consapevoli della parzialit del valore delle nostre credenze. Cercare insieme
quello che bene senza imporre la propria idea, vuol dire agire partendo da s sapendo ascoltare in
modo autentico laltro. Se si capaci di ascolto si deve anche saper mettere in discussione le proprie
convinzioni e prospettive quando si avvertono o nelle parole o nel modo dessere dellaltro impreviste
direzioni di senso. Cercare quello che bene costituisce il desiderio di ognuno di noi. Il desiderio di
bene desiderio che laltro trovi la sua dimensione di ben-essere in cui poter realizzare le possibilit
del suo proprio essere. La relazione etica quella che si attiva con una nutrita attenzione di direzioni di
valore. Lindifferenza nei confronti dellaltro la radice dellingiustizia. Lattenzione invece un
atteggiamento contrario allindifferenza, essa male, in quanto il non sentirsi considerati causa
sofferenza. Nella rottura dellindifferenza, che ha luogo quando si ha cura, si attua levento etico.
Elementi di criticit:
Non bisogna non tenere in considerazione la fatica del lavoro di cura. Chi-ha-cura chiamato a
spendere molte energie tanto da arrivare a sentirsi esaurito delle proprie risorse.
Una buona teoria della cura afferma che occuparsi del ben-essere di altri, appare come un attivit
generativa di senso, che produce positivi effetti sullaltro, solo se bilanciata per dalloccuparsi di s.
Distinzione tra service e care: Perch si possa parlare di pratiche di cura necessario non soltanto
che si tratti di una attivit che soddisfi i bisogni di un altro, ma che essi siano del tipo che una persona
da sola non in grado di soddisfare; se ci non dovesse accadere quando si sostituisce laltro in ci che
da solo potrebbe fare, si tratta solo di semplici prestazioni di attivit di servizio.
Proprio perch alla cura venga dato il giusto valore serve distinguere tra bisogni vitali e bisogni
accessori e considerare soltanto i primi oggetto che qualifica il lavoro di cura.
Un troppo consumo di s da parte di chi-ha-cura si verifica quando, oltre a soddisfare i bisogni
necessari, questi dedica il suo tempo a soddisfare ogni richiesta dellaltro, in questi casi ci si espone a
forme di impoverimento di s, se non di sfruttamento, che consumano senza restituire al soggetto
senso.
Se da una parte lo stato di vulnerabilit e dipendenza di chi riceve cura fa sentire chi-ha-cura
responsabile del benessere dellaltro al punto da rendersi vulnerabile a ogni richiesta, dallaltra parte
espone chi-ha-cura al rischio di dare una interpretazione alla propria posizione nei termini del potere e
non della responsabilit. Se la relazione di cura viene interpretata secondo la logica del potere, allora il
senso della cura viene meno. Maggiore lo stato di dipendenza di chi-riceve-cura, maggiori sono i rischi
di abuso cui sottoposto.

CAPITOLO 4: LESSENZA DELLAVER CURA


Occorre individuare lessenza della cura adeguatamente buona , bisogna individuare i modi esistentivi o
indicatori empirici della cura. , si tratta di definire i modi esistentivi che qualificano lavere cura in
modo giusto cio quella pratica di cura in cui si sa trovare la giusta misura nel rapporto con laltro.
a)
b)
c)
d)

RICETTIVITA
RESPONSIVITA
DISPONIBILITA COGNITIVA ED EMOTIVA
EMPATIA

e) ATTENZIONE
f) ASCOLTO +
g) PASSIVITA ATTIVA
h) RIFELSSIVITA
i) IL SENTIRE NELLA CURA
l)-> COMPETENZA TECNICA
m) AVERE CURA DI SE.

a) RICETTIVITA: Bisogna che laltro ci interpelli a partire da s. Questa condizione si realizza


quando chi-ha-cura assume una postura ricettiva. La ricettivit la capacit di fare posto
allaltro, fare posto ai suoi sentimenti e ai suoi pensieri.. Noddings identifica la disposizione
interiore che rende possibile la ricettivit in quel modo di sentire che chiama engrossment cio
il sentire profondamente il vissuto dellaltro. Per essere ricettivi bisogna attivare una profonda
capacit di ascolto. Essere ricettivi vuol dire fare posto allaltro. La ricettivit una
disposizione emotiva il primo passo per fare posto allaltro non consiste nellinterrogarsi sul suo
vissuto, ma nel mostrare una partecipe attenzione nei confronti del suo sentire, il modo
esistentivo di chi ha cura quello della quietezza piena di attenzione.
Chi ha cura dovrebbe essere capace di cogliere anche eventuali segnali che esprimono il desiderio di
sottrarsi alla relazione di cura. Adottare una postura ricettiva incrementa la vulnerabilit di chi ha
cura. Molt considerano per questa ragione, la ricettivit un atteggiamento pericoloso.Poich riflettere
su s stessi per comprendere la propria esperienza pu essere considerata una forma della cura di s,
si pu allora dire che la cura di s condizione necessaria per esporre in modo giusto la cura per altri.
b)-> RESPONSIVITA: Essere responsivi vuol dire sapere rispondere in modo adeguato agli appelli
dellaltro, una volta che si riusciti a comprendere la direzione di senso in cui muoversi per essere di
sostegno allaltro si avverte la tensione ad agire per promuovere il suo ben-essere. La responsivit
implica anche una dislocazione motivazionale consiste nel spostare lattenzione dalla propria realt a
quella dellaltro. La capacit di mettersi in relazione con laltro presuppone anche la capacit di
accogliere lappello dellaltro come si manifesta, mettendosi tra parentesi il proprio s. Ricettivit e
responsivit configurano un atteggiamento di accoglienza dellaltro, e proprio il sentirsi accolti ed
accettati consente lo sviluppo di un sentire emotivo positivo. La responsivit implica anche sollecitudine
cio prontezza nel rispondere al bisogno dellaltro. Essere responsivi il saper vedere ci che
necessario per il ben-essere dellaltro e agire di conseguenza con sollecitudine.
c) -> DISPONIBILITA EMOTIVA E COGNITIVA: E la disponibilit a mettere a disposizione le
proprie capacit e risorse personali nella relazione con laltro.
Noddings afferma che la cura una questione che riguarda pi la sfera emotiva che quella cognitiva. La
persona che sa mettersi in una posizione di cura non si interroga su quello che bisogna fare ma agisce in
base a quello che sente si parla per questo motivo di un modo affettivo ricettivo di stare nella
relazione. Diffida dal pensiero astratto che non si tiene concentrato sulla situazione vissuta da quella
persona in quel dato momento, ma si arrampica sulle analisi astratte. Noddings considera la relazione di
cura come non razionale. Mette in questione il pensiero astratto ma ne elimina il ruolo quando dice che
lattenzione allaltro pu anche richiedere di mettere da parte i giudizi per promuovere fiducia ed
impegno. Nel corso di ricerche empiriche condotte sulle buone pratiche di cura nel decidersi per la
responsabilit dellavere cura sempre in atto unazione cognitiva: quella che analizza la situazione e
sulla valutazione che poi effettua fonda la direzione della decisione da prendere. Ogni azione di cura
deve essere supportata da una riflessione che sappia vedere nellaltro se e quale tipo di cura necessita ,
e sappia esprimere quel pensare misurante che valuta cosa sia meglio fare per il suo ben-esserci.

Se non c u sentire fortemente partecipe non ci pu essere comprensione per laltro. Bisogna per
tenere in considerazione che la cura ha bisogno anche di pensiero per qualificarsi anche come agire
intelligente
Ogni azione di cura si presenta unica e singolare come unici e singolari sono gli essere umani,
lassunzione della responsabilit ad avere cura richiede unintelligenza dellagire che si esprime nel
valutare la situazione che si ha davanti.
Le pratiche di cura buone richiedono che si attivi una specifica competenza cognitiva in cui siano messe
in atto differenti abilit in relazione alle diverse fasi in cui si articola lazione d cura.
La cura richiede una elevata quota di pensiero. Pensare nellambito della cura necessario anche perch
si tratta anche di una pratica problematica. Visto che non si pu avere cura degli altri se non si ha cura
di s, ci possono essere delle situazioni in cui il modo di cura che si ha di s risulta inconciliabile con la
pratica di cura dellaltro che ci viene richiesta. In una buona pratica di cura la disponibilit si manifesta
in un sentire intelligente.
V sottolineato come la comprensione dellaltro sia destinata ad essere vaga oltre che provvisoria. Ci
perch la sua realt cambia senza soluzione di continuit. Proprio perch in una vera relazione di cura
c il rispetto per lalterit dellaltro, la dimensione affettiva non mai assimilativa, ma fa in modo che
laltro sia sempre laltro.

d)-> EMPATIA per Winnicott lempatia quel co-sentire che consente ad un soggetto di avvertire
laltro nel suo essere proprio. Quando si capaci di usare lempatia accade che lesperienza di altri,
diventi elemento della nostra esperienza. Per Stein lempatia la capacit di cogliere lesperienza
vissuta estranea e concepisce latto di cogliere come un accogliere lesperienza estranea che a me si
annuncia. Laltro rimane estraneo e da me distinto; empatizzare vuol dire sentire insieme:co-sentire.
Nella relazione empatica lapertura allaltro non mai fusione affettiva, ma un ascolto partecipe.
Essere capaci di empatia vuol dire saper stare con il pensare e con il sentire in prossimit dellaltro.
Questa interpretazione dellempatia vuole sottolineare il suo essere un atto di sentire pensoso (il saper
tenere laltro nella sua posizione di trascendenza rispetto a me). Il vero atto empatico si nutre
dellintuizione della trascendenza dellaltro. Il diverso grado di empatia (ci sono diversi gradi) in
relazione ala capacit del soggetto empatizzante di sentire il pi intensamente possibile il senso
dellesperienza dellaltro. L avere cura con premura e devozione quella pratica che sa nutrirsi dei
gradi pi alti della capacit empatica. Lempatia si pu quindi definire come una pratica di relazione e
proprio in quanto pratica che pu avere degli effetti trasformativi su chi la sperimenta,visto che vivere
lesperienza dellaltro trasforma me stesso nel pi profondo del mio essere.

e) ->ATTENZIONE
Perch la mia intenzione di avere cura dellaltro si traduca poi in adeguate azioni necessario dedicare
tempo alla comprensione del suo modo di essere, delle sue necessit e dei suoi desideri. Mayeroff parla
della conoscenza dellaltro come di una componente fondamentale della pratica di cura, visto che per
riuscire ad agire promovendo il divenire dellaltro secondo il suo essere proprio serve individuare le sue
potenzialit e i suoi punti deboli. Bisogna saper stare allessere proprio dellaltro, guadagnare un
adeguato livello di conoscenza dellaltro un lavoro che non termina mai La necessaria condizione per
acquisire quella conoscenza su cui si fonda la comprensione che si dedichi allaltro una intensa
attenzione.
Bisogna dare allaltro una attenzione sensibile come atteggiamento eticamente orientato non perdere
nulla del vissuto dellaltro.
Bisogna saper con-centrare il proprio sguardo sullaltro (postura allocentrica: rendere silenti le proprie
aspettative.
Sapere ascoltare vuol dire anche saper cogliere quando si deve agire.

Sapere linconoscibilit dellaltro obbliga allumilt, che ci costringe a misurare ogni nostra azione di
cura destinata a rimanere mancante di qualcosa.

f)-> ASCOLTO: Nasce dalla considerazione e dal riguardo che noi abbiamo nei confronti dellaltro, per
cui noi dedichiamo del tempo ad ascoltarlo.
Essere ascoltati un bisogno che tutti noi abbiamo. Sentirsi ascoltati aiuta ad elaborare la propria
esperienza e nei momenti difficili, rende pi sopportabile il dolore. Il sentirsi ascoltati da altri,aiuta a
rendere pi sopportabile il dolore. Sapere ascoltare laltro con sensibile attenzione al suo esserci vuol
dire mettere laltro al centro. Conta capire ci che laltro esprime. Bisogna sapere vedere i casi nella
loro singolarit e unicit. (Vi il rischio che laltro rimanga lontano quando ci affidiamo alle
teorie)Ascoltare saper fare dentro di s uno spazio per laltro. Fare spazio per laltro si traduce
subito in accoglienza.

g)-> PASSIVITA ATTIVA:Avere cura per laltro vuol dire modellare la propria presenza in modo non
intrusivo e sintonizzato. Significa essere attenti al percorso di crescita dellaltro proteggerlo e
sostenerlo.
Una presenza non intrusiva consiste nel facilitare laltro con discrezione. Chi ha cura stabilisce con
laltro una relazione significativa ma anche discreta. Heidegger definisce questa modo di aver cura
autentico
Lavere cura autentico presuppone laltro nel suo essere esistentivo e lo mette nelle condizioni di essere
libero e consapevole per la sua cura.
Solo quando laver cura guidata dal riguardo e dallindulgenza si rivela una pratica che nellaltro
facilita il costituirsi della sua soggettivit. Avere riguardo vuol dire anche sapere attendere cio
lasciare allaltro il tempo di essere. Il contrario del saper attendere il pretendere. Saper attendere
offerta di spazi liberi e di tempi non vincolati. Mayeroff parla della pazienza per indicare la capacit di
rispettare i tempi dellaltro. Sapere stare ai tempi dellaltro condizione necessaria perch laltro
possa trovare i propri tempi. Dare tempo dare spazio allessere; chi sa avere cura per laltro agisce
sempre in modo discreto e con riguardo sapendo contenere i propri desideri. Il modo della presenza
discreta ricorda il maestro agostiniano il quale per svolgere la funzione educativa testimonia una
presenza il pi possibile discreta. Maestro chi guida laltro ad apprendere da s. Il maestro realizza a
pieno la sua funzione quando si fa da parte. Il lasciar essere non permissivismo e nemmeno
abdicazione delle proprie responsabilit ma un saper essere presenti secondo il modo della
responsabilit discreta, essere quindi capaci di una presenza che non invadente. Il mettersi in una
posizione passiva non vuol dire che io non agisco, ma scelgo quel modo di essere che lazione-non
agente. La vera relazione di cura quella capace di trascendenza, in cui un soggetto viene a rapportarsi
ad una realt distante dalla sua senza per che questa distanza distrugga la relazione, e senza che la
relazione annulli la distanza. (relazione metafisica) Abbiamo cura quando consideriamo il punto di vista
dellaltro, i suoi bisogni oggettivi e ci che lui sia spetta da noi.Laltro per deve sentirsi interpellato. Il
lasciare essere della cura non centra nulla con lindifferenza, ma deve modularsi come una presenza
discreta e nello stesso tempo dialogante. Chi ha cura deve costruire uno spazio relazionale, lasciando
essere laltro secondo i propri modi e interpellandolo, chiamandolo alla presenza.
Perch vi sia quello spazio in cui si pu divenire il proprio essere, necessario che ognuno di noi incontri
laltro secondo la sua essenza di essere. Lascolto dellaltro richiede solo temporaneamente
laccostamento delle proprie cornici di riferimento, perch cos, si realizzi quella ricettivit partecipe
che rende comprensibile laltro. Leducatore che sa avere giusta cura colui che non si sostituisce mai
allaltro, ma invita lallievo a farsi carico della domanda che fa da sfondo alleducare, e lo sollecita a
pensare cosa voglia dire avere cura di s. Chi-ha-cura, si costituisce come una presenza significativa
piena di assenza di s. Avere cura quindi un essere massimamente presenti nellassenza di s.

h)-> RIFLESSIVITA: La responsivit per qualificarsi in termini positivi, deve essere sostenuta
dallintenzione di individuare il migliore modo dia gire. La relazione di cura problematica anche perch
difficile riuscire a stabilire quale sia la misura giusta della partecipazione affettiva al vissuto dellaltro.
Serve la riflessivit perch i casi che noi ci troviamo ad affrontare sono sempre singolari ed unici in
quanto uniche e singolari sono le persone. Lavere cura bene chiede a chi-ha-.cura di interrogare di
continuo lesperienza che sta vivendo, coltivando un atteggiamento pensoso e riflessivo che consideri
sempre ogni situazione nella sua unicit.
Frequente il ricorso alla cosiddetta riflessione in azione cio a quel pensare pensoso che interviene
mentre si compie lazione, poich rende possibile identificare gli eventuali errori mentre il processo
dellazione ancora in atto quindi trasformabile. Tra i modi di essere che qualificano una buona cura
Mayeroff cita lonest intesa come quellagire mosso dallintenzione di rendere favorevole nellaltro il
suo benessere evitando quelle distorsioni provocate dal prevalere degli interessi di chi-ha-cura.
i)

IL SENTIRE NELLA CURA

raccontare l esperienza significa raccontare la tonalit emotiva con cui sono stati vissuti gli eventi. Non
esistono dunque un prendersi cura e un aver cura emotivamente neutri; essi sono sempre emotivamente
totalizzati.
Considerando il senso profondo che i sentimenti giocano nell evoluzione del processo ontogenetico,
poich hanno la possibilit di svelare la qualit del esserci, sarebbe carente quell analisi che non
prendesse in considerazione quelle forme del sentire che accompagnano la pratica dell aver cura.
Le pratiche di cura sono segnate da una forte e ambivalente intensit emotiva, dove si mescolano
tonalit emotive accettabili e tonalit che fanno soffrire, sentimenti vitali e passioni distruttive. Si pu
sperimentare il piacere dell aver cura perch restituisce senso al proprio esserci, ma si pu anche
sperimentare un senso di frustrazione o di rabbia perch ci si sente non valorizzati o peggio
sfruttati.Proprio perch gli affetti introducono un elevato tasso di rischio nelle relazioni, c chi
preferirebbe relazioni di cura emozionalmente neutre. Tuttavia questo non solo non sono possibili, ma
neppure desiderabili, perch l esperienza affettivamente neutra un esperienza povera.La possibilit
di mettere in una buona cura presuppone la disciplina della riflessione, che della vita emotiva cerchi un
adeguata comprensione. La riflessione utile non solo per generare comprensione, ma anche per dare
forma a quella postura cognitiva analitica e critica che consente di far fronte ai sentimenti disturbanti
e perturbanti, quelli che mettono a rischio la relazione.
Si ha esperienza di un sentire perturbante quando di fronte a certe reazioni di chi riceve cura ci si
lascia prendere dal risentimento, un sentire negativo che mette a rischio la possibilit stessa della
relazione di cura.
Non esiste scissura tra razionalit ed emotivit, i sentimenti sono costruzioni culturali, nel senso che il
loro prendere forma il modo in cui sono vissuti fenomeno culturalmente situato. Se dunque non sono
forza naturali ma forme della cultura, ci consentito agire sulla vira emotiva per comprenderla e fin
dove possibile plasmarla, agendo sulla struttura cognitiva incorporata nella vita emozionale.
Quindi quali sono le dimensioni emozionali che caratterizzano la pratica della cura adeguatamente
buona?

Una di queste la capacit di nutrire fiducia nell altro. Si tratta di u n sentimento essenziale per una
buona pratica di cura perch la condizione necessaria per non essere intrusivi e lasciar essere laltro.
Laver fiducia non un semplice sentire, ma si configura nei termini di una pratica, dal momento che chi
ha fiducia promuove situazioni esperienziali in cui l altro percepisce di essere riconosciuto nel suo
valore. Sono le esperienze del poter aver fiducia in altri che generano quel sentimento tensionale che
la fiducia nella vita.
Connesso alla fiducia il saper accettare l altro cos com. Sentirsi accettati da sicurezza e la
sicurezza un bisogno essenziale dell anima, poich solo sentendosi al sicuro si pu procedere verso
lulteriore.
Ma per aiutare l altro a procedere oltre, affinch possa attualizzare le proprie possibilit esistentive,
occorre nutrire la relazione di quel sentimento vitale che la speranza. La speranza in altro quel
sentimento che fa trovare a chi a cura soluzioni inedite alla problematicit dell esperienza di cura,
quella problematicit che spesso chiede il coraggio di andare oltre le soluzioni abituali azzardando l
inedito.
La speranza, per, come anche la fiducia, non cosa che si insegna, non si trasmette come si trasmette
un sapere codificato; si aiuta laltro ad aprirsi a questo sentimento quando lo si incarna, quando si
testimonia concretamente il coraggio di sapere.
Non meno importante per una buona azione di cura il sentimento della tenerezza, che non mero
sentimentalismo, ma la capacit di andare incontro all altro sapendo ammorbidire le nostre durezze
cognitive e le nostre rigidit emotive. La tenerezza il sentimento essenziale alla costruzione di spazi
relazionali capaci di accogliere laltro nella sua alterit.
Lavorare sulla sfera emozionale costituisce, dunque, un azione fondamentale per chi s impegna in
pratiche di cura e si rivela essenziale nell agire educativo, poich educare significa essere
costantemente chiamati a prendere decisioni nell ambito di situazioni di forte incertezza, rispetto alle
quali manca un sapere certo.
l)

COMPETENZA TECNICA: la passione per la competenza tecnica condizione essenziale per un


buon esercizio della cura. Per identificare quale si ala tecnica che dice l essenza dell arte dell
educare necessario prendere in esame quella che stata identificata come la sua direzione di
senso autentica: rendere laltro aperto alla chiamata alla cura.

m)

CAPITOLO 6: CURA ED ETICA

Etica della cura versus etica della giustizia: numerose ricerche sono arrivate a
fornire dati a supporto delle seguenti tesi: 1) esisterebbero due distinte prospettive etiche; 2) ci
sarebbe una corrispondenza tra la differenza delle etiche e la differenza di genere, poich
risulterebbe che i maschi tendono a risolvere i dilemmi etici dando voce alla prospettiva della
giustizia,ma in certi caso introducendo anche la prospettiva della cura, mentre le femmine sviluppano un

ragionamento un ragionamento morale centrato sulla cura, ma utilizzando in certi casi gli argomenti
tipici della cura della giustizia.
A partire da tali tesi, la filosofia morale ha incominciato a configurare due differenti etiche: letica
della giustizia e letica della cura. La prima delineata come un pensare astratto, tendente a formulare
principi del valore universale che hanno come riferimenti il concetto di essere umano autonomo,
indipendentemente dagli altri e massimamente impegnato a difendere i suoi diritti, la seconda si
presenta come un etica attenta alle situazioni particolari, mossa dall intenzione di promuovere il
benessere della singola persona senza preoccuparsi di formulare giudizi imparziali.

1. Etica della cura ed etica della giustizia:pur riconoscendo che nella nostra cultura
sono rintracciabili due differenti orientamenti morali tuttavia una parte del pensiero morale femminile
ha argomentato che la divisione fra giustizia e cura artificiosa perch una teoria della cura richiede
una teoria della giustizia e viceversa. Quindi un buon approccio etico richiede che la prospettiva della
giustizia si sviluppi sinergicamente con quella cura.
Fino a quando la ricerca erica non si sar liberata dai presupposti liberali che privilegiano l
indipendenza e lautonomia per riconfigurarsi sulla base della cultura della cura, secondo la quale gli
esseri umani sono innanzitutto dipendenti da e vulnerabili, non ci potr essere un etica
autenticamente umana..
Comunque, necessario formulare una teoria fondata sulla cura sia dell etica sia della politica. Perch
questa teoria possa prendere forma condizione necessaria riconoscere che tutti, sia nella fase della
vita segnate da dipendenza sia in quella in cui aumenta la capacit di indipendenza,abbiamo bisogno di
cura e dunque, data la sua priorit ontologica, la cura deve avere un ruolo centrale nella formulazione
delle teorie etiche e di quelle politiche. Dal momento che il bisogno di cura un tratto permanente della
condizione umana, una societ che valorizzi l etica della cura sarebbe una societ pi umana.
Secondo Tronto una teoria della giustizia necessaria per discernere quali sono i bisogni pi urgenti e
quelli meno, anche se il tipo di teoria che sarebbe necessario per determinare i bisogni prioritari
probabilmente differente dagli argomenti offerti dalle correnti teorie della giustizia. Oltre al fatto
che discorsi di questo genere presuppongono che si faccia chiarezza su cosa s intenda per bisogni e
come bisogni opposti debbano essere valutati, ma allo stesso tempo mette in guardia del rischio che si
arrivi a una concettualizzazione dei bisogni in termini economici, rispetto ai quali le azioni di cura
diverrebbero merce commercializzabile.
Secondo Held la complessit del mondo umano a richiedere la compresenza dell erica della cura e dell
etica della giustizia. Cura e giustizia dovrebbero, dunque, essere considerate come due voci etiche
differenti ma non alternative, perch luna ha necessit dell altra e viceversa. Se letica pu essere
intesa come una riflessione sulle condizioni che rendono possibile una soddisfacente vita umana in una
comunit in cui gli essere umani hanno differenti prospettive su ci che qualifica una buon avita , allora
possibile concepire un etica della cura, dal momento che una pratica di cura adeguatamente buona
concorre alla promozione di una buona qualit della vita

3)- L eticit della cura: non necessario insistere sulla formulazione di un etica della cura,
ma si dovrebbe approfondire la cultura della cura. Questo non significa bypassare la questione etica, ma
affrontarla da un altra prospettiva.
E importante sottolineare che 1) la cura una pratica, lessenza della quale va cercata in una serie di
modi di essere in relazione con altri che non vanno affatto tradotti in dover essere e che 2) come ogni
pratica la cura orientata da modi di pensare emotivamente connotati, di conseguenza una questione
importante da affrontare consiste proprio nel capire l orizzonte di pensiero entro il quale si muove una
buona pratica di cura. Che costituito oltre che da assunzioni ontologiche anche da direzionalit
etiche.

Promuovere una vita buona: la primaria e basilare direzionalit etica che emerge e che
risulta essere la ragione generativa della disponibilit a rispondere alla chiamata della cura, costituita
dall intenzione di concorrere alla promozione di una buona qualit della vita dell altro. Poich la ricerca
di ci che bene costituisce la questione etica per eccellenza, si pu dire che la pratica di cura, nella
misura in cui mossa da questa direzionalit, una pratica eticamente informata.
Se poi, sempre ragionando in termini aristotelici, si assume come valido riferimento la tesi secondo cui
la giustizia quella virt che consiste nel tenere in massimo conto il bene dellaltro, allora non ci pu
essere opposizione fra la direzione etica della cura e quella della giustizia.

Per una formazione metafisica: vi un preciso concetto di competenza nell ambito ddella
cura, che, oltre a prevedere un abilit di tipo teorico, richiede anche una competenza metafisica che
consiste nella tensione a interrogare criticamente le questioni di fondo. E tale interrogazione non
andrebbe agita solo nella solitudine della propria coscienza, ma in un contesto intersoggettivo
dialogando con altri che possono confutare le nostre posizioni.

CAPITOLO 7: LA CURA COME PRATICA


La cura non un etica, ma una pratica eticamente informata. Ed informata dalla ricerca di ci che
bene, ossia di ci che aiuta a condurre una vita buona. E in funzione del riuscire a promuovere contesti
esperienziali che aiutano l altro a ben- esistere che si profilano tre direzionalit etiche in cui si
condensa l essenza dell eticit della cura:

Farsi responsabili: la disposizione etica della responsabilit si fonda sulla consapevolezza


ontologica dell esserci come mancanza, ossia sul sapere che ciascuno si trova in una condizione di
dipendenza perch mancante d essere, nel senso di mancante di quella forma compiuta che non
necessiterebbe di alcunch proveniente dall esterno dell individuo.
La responsabilit di chi ha cura va intesa come responsabilit di predisporre quei contesti esperienziali
che possono facilitare nell altro l assunzione della responsabilit della ricerca del proprio ben- esserci.
Poich lagire nella relazione fatto di azioni e di parole i cui effetti sono irreversibili, essere
responsabili significa vigilare su quello che si fa e su quello che si dice valutando attentamente se la
qualit dell agire indice di buona cura. Il difficile della responsabilit che questa vigilanza deve

accompagnare ogni momento del proprio agire, perch anche lazione pi insignificante o la parola meno
rilevante basta a mutare la direzione di senso di una relazione.
La disponibilit a intessere una relazione di cura si attiva quando si sente che l n va del bene che si va
cercando. E la passione per ci che fa star bene, ossia per ci che rende la vita degna di essere vissuta,
che catalizza la disposizione all azzardo dell azione di cura. L aprirsi all altro . che significa sporsi,
una disposizione etica e come tale si fonda su un ontologia, quella del sapersi mancanti d essere, sapere
che solo nella relazione con l altro andiamo tessendo il nostro essere.
Nell aver cura c bisogno di un intelligenza materna, capace di fecondare lesserci. E quella ragione
dove pensare e sentire vanno assieme; questa ragione che propulsiva di quell agire con cura che non
si converte ai criteri di giudizio della ragione calcolante, e che quindi ai pi sembra insensata.
Sentire nell altro la necessit di ricevere una qualche forma di cura e lasciare che la percezione di
questa necessit performi il nostro agire conseguente al pensare che nell agire con cura in gioco l
essenziale. Perch chi ha cura secondo la direzione del prendersi a cuore che cerca il bene sa dove sta l
essenziale. Agire sapendo che li in gioco l essenziale significa sapere che quella la cosa primaria da
fare e questo basta a dare senso al proprio agire, e il senso tutt uno con il piacere.
La concettualizzazione della cura come di un agire naturale viene spiegata con il fatto che il
comportamento etico della cura si esplicherebbe non in conseguenza dell apprendimento di norme, ma in
relazione alle esperienze vissute, nel senso che lessere capace di cura dipenderebbe dall avere a
propria volta ricevuto buone cure, perch solo apprendendo ci che significa ricevere cure si sarebbe in
grado di aver cura di altri di cui si ha esperienza diretta, per poi dilatare questo sapere in esperienze
di cura diffusa rivolta a soggetti di cui si ha esperienza indiretta.
E il contatto con testimoni autentici della cura, accompagnato da un educazione alla riflessione
costante sul senso di ci che accade, la condizione necessaria per sviluppare la capacit di aver cura, un
modo di essere che non ha dunque nulla di naturale ma socialmente costruito all interno di quelle che
possiamo definire comunit do pratiche di cura.

Avere rispetto: la cura sta in una relazione di co-dipendenza necessaria con il principio dell
avere rispetto per laltro, nel senso che se non c rispetto non ci pu essere una buona cura.
Nella pratica di cura il rispetto non un principio astratto il cui valore viene colto attraverso
argomentazioni logiche, ma del rispetto si sente la necessit perch dell altro si sa la vulnerabilit.
Laltro chiede di ricevere cura, ossia di essere oggetto di una considerazione accogliente e facilitante,
ma senza che questa accoglienza si tramuti in possesso, perch il volto dell altro, proprio perche tutela
la propria alterit, si sottrae al potere.
Nella relazione di cura laltro colui che resiste e chi ha cura colui che ha la responsabilit di
coltivare una contestualit relazionale dove la resistenza attiva dell altro non sia difensiva ma
dialogica.

Agire in modo donativo: uno scambio dessere. Impegnarsi in pratiche di cura significa
dedicare ad altri tempo ed energia: fisiche, ma anche emotive e cognitive. E donare il tempo donare
lessenza della vita.
Le persone che praticano la cura nel senso del prendersi a cure laltro con premura sanno dov l
essenziale, sanno che il senso dell esserci, il logos dell esperienza, sta nel donare il tempo. Ci che
caratterizza una relazione che si costituisce sull agire donativo la libert. Chi agisce si sente libero
di fare secondo il proprio desiderio, perch a muovere lagire donativo il desiderio di facilitare
esperienze che facciano bene e questo agire,nulla chiedendo in cambio, lascia all altro la libert di agire
a partire da s, magari anche rifiutando il dono. A generare la disponibilit all agire donativo non il
sentirsi vincolati a un astratto dovere essere, quanto, invece, il saper dove sta l essenziale. Dalle
ricerche condotte risulta determinante il sapere il valore vitale di ci che si fa, perch la visione della
vita che fa da sfondo all agire con cura ha il suo nucleo concettuale nell idea che la cura il lavoro che
sostiene la vita.

Anda mungkin juga menyukai