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20/11/2014

La Scuola per i 150 anni dell'Unit d'Italia - Il problema del Mezzogiorno - Il divario di partenza

02|Il divario di partenza

Al momento dell'unificazione appare


chiaro
alla
classe
dirigente
risorgimentale quanto fino ad allora
era rimasto sostanzialmente ignoto: e
cio la grande diversit esistente tra il
Nord e il Sud della penisola. A questa
mancata
consapevolezza
aveva
contribuito tra laltro il fatto concreto
che
erano
stati
pochissimi
i
rappresentanti delle lites centrosettentrionali a visitare e conoscere i
luoghi
dellItalia
meridionale.
Rarissimi erano quelli che avevano
visitato
Napoli
e
nessuno,
praticamente, si era spinto pi a Sud.
Proprio questa condizione di partenza
spiega anche la sorpresa in un certo
senso vero e proprio sbigottimento
quando fu gioco forza prendere atto
Napoli nella prima met del secolo. Published under the superintendance of the
della realt. Il divario fra le due parti
Society for the Diffusion of Useful Knowledge. Published by Baldwin & Cradock,
della penisola preesisteva di molto al
March 1835 (London: Chapman & Hall, 1844)
1860, innanzitutto per ragioni storiche
e geografiche. Perlomeno a partire
dalla caduta dellimpero romano, Nord e Sud avevano avuto due storie diversissime.
Il Sud, interamente assorbito nellarea mediterranea, in particolare del Mediterraneo sud-orientale, era stato
politicamente unificato fin dal XIII secolo, ma sempre ad opera di conquistatori e dinastie extra italiane, a
cominciare dai normanni, in un Regno alla cui autorit centrale, a Napoli, non faceva da contrappeso nessuna
tradizione cittadina, nessun centro urbano di rilievo, ma solo un ceto di potenti feudatari durato fino alle soglie
del XIX secolo.
Grande era dunque la differenza rispetto a un Nord in facile comunicazione con lEuropa centrale, ricchissimo di
citt dotate di una forte tradizione di autonomia e sedi di unelevata conflittualit politica, interna e tra di loro:
conflittualit spesso distruttiva ma anche fonte di straordinaria crescita socio-culturale.
Dal punto di vista della conformazione geofisica, poi, al Sud prevalenza di un territorio montagnoso-collinare con
frequenti fenomeni franosi, scarse pianure spesso, per giunta, situate lungo le coste infestate da vaste zone
malariche, e poi corsi dacqua dal regime irregolarissimo, un clima spesso secco-arido. Lopposto al Nord, come
ben si sa, con una grande pianura in gran parte irrigua, attraversata da numerosi corsi dacqua. Questi caratteri
strutturali danno conto a sufficienza delle origini del divario esistente al momento dellUnit.
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Un divario che gi si delinea imponente nel tasso di analfabetismo, che nel 1871 era al Nord del 54,2% e al Sud di
ben l81%. In Sicilia erano analfabeti addirittura 93 abitanti su cento: in specie nella popolazione femminile
sapevano leggere e scrivere, in pratica, solo le donne appartenenti allaristocrazia o comunque alle classi pi
elevate. Il tasso di scolarit primaria, che in Lombardia e in Piemonte toccava gi il 90%, nel Sud era appena del
18%.
Un altro divario quanto mai
significativo era quello riguardante
le strade: secondo dati del 1863 la
Lombardia da sola possedeva una
rete stradale di complessivi 28 mila
chilometri a paragone dei 14 mila
dellintero Regno di Napoli, Sicilia
inclusa.
Quanto allo sviluppo economico in
generale, si calcola che sempre al
momento dellUnit il Pil del Nord
fosse circa due volte e mezzo quello
del Sud, mentre il valore della
produzione agricola, che era di 400
lire
per
ettaro
nellItalia
settentrionale, nel Regno delle Due
Sicilie superava di poco le 80.
Concorrevano a questo grande
divario di reddito vari fattori, tra
cui: lentit del patrimonio bovino
(che nel Nord rappresentava circa la
met di quello di tutta la penisola),
la qualit degli allevamenti gi in
parte notevole stabulati, le tecniche
avanzate di rotazione delle culture.
Eguale dislivello fortissimo nelle
principali
attivit
industriali
dellepoca. Nel numero delle
bacinelle per ricavare dai bozzoli il
G. Cannella - Milano ai primi dell'Ottocento: Corsia dei Servi - 1833 ca. - olio su tela filo di seta e nel numero dei fusi per
Collezione privata
la filatura del cotone il rapporto era
di circa uno a quattro a favore del Nord; solo il numero dei telai di lana era di appena poco pi del doppio. Il
Lombardo-Veneto da solo produceva nel 1858 pi seta greggia di tutta la Francia.
In tal modo, soprattutto grazie alla seta e ai formaggi, il tessuto agricolo settentrionale aveva gi dato luogo a
importanti circuiti di vendita allestero (da Lione a Taganrog in Crimea), sostenuti da attivissime case commerciali
e da una rete bancaria ricca di un gran numero di Casse di risparmio.
Nel Mezzogiorno, invece, case commerciali e istituti di credito erano totalmente assenti (solo Napoli e Palermo
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erano sede delle due banche di emissione) e ci aveva conseguenze decisive. Infatti, lagricoltura perlopi
cerealicola e oleo-vinicola meridionale realizzava s quote importanti di esportazioni (lolio doliva, usato per
lilluminazione, rappresentava la met del valore delle esportazioni) ma queste erano tutte gestite fin dal porto
dimbarco da case di commercio e di trasporto straniere, le quali si accaparravano cos il valore aggiunto del
prodotto esportato.
La stessa cosa valeva per il commercio desportazione del
vino della Sicilia e per il commercio dellunica materia
prima duso industriale, lo zolfo, sempre siciliano,
entrambi in mano a ditte inglesi.
In sostanza, quella del Sud rassomigliava per molti
aspetti, al momento dellUnit, a uneconomia di tipo
coloniale: i prodotti locali, coltivati nellentroterra,
arrivavano a cura dei commercianti stranieri nei porti
dimbarco e da qui, si avviavano su naviglio straniero, ai
mercati europei.
Insomma tra le economie delle due parti dItalia fatto
senzaltro importantissimo non cera quasi alcun
rapporto. Lo sviluppo dellItalia settentrionale era
avvenuto, infatti, in modo assolutamente indipendente
dalle esportazioni verso il Sud.
Del resto, considerando tutte le esportazioni degli Stati
preunitari, solo il 20% di esse avveniva prima del 1861
verso altri Stati italiani.

Ritratto fotografico di Carlo Cattaneo

Nord e Sud, insomma, avevano due economie che avevano tra loro ben poche relazioni, diversissime e a provare
quanto lintero contesto settentrionale fosse, e si sentisse, lontano da quello meridionale basta il fatto che nella
pur vastissima opera di Carlo Cattaneo non sia possibile trovare, in pratica, una sola pagina riguardante il
Mezzogiorno.
Il che rappresenta lennesimo indizio contro la tesi secondo la quale lo sviluppo del Nord, dopo lUnit dItalia,
sarebbe avvenuto principalmente grazie allo sfruttamento del mercato meridionale.

Documenti
Un territorio depredato e unagricoltura senza investimenti
Lautore, un illuminato altissimo funzionario dellamministrazione borbonica, ci fa indirettamente vedere con
quale abissale svantaggio economico di partenza il Mezzogiorno dItalia si present allappuntamento con
lunificazione.
Carlo Afan de Rivera, Considerazioni su i mezzi da restituire il valore proprio ai doni che la natura ha
largamente conceduto al Regno delle Due Sicilie, Napoli 18332 , II, pp. 35-38, 40-45, 52-55, riprodotto in D. Mack
Smith, Il risorgimento italiano. Storia e testi, Bari, Laterza, 1968, pp. 152-155.
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Il sottosviluppo dellagricoltura siciliana


Il console francese a Palermo descrive nel 1834 le ragioni strutturali delle pessime condizioni agricole dellisola e
del suo scarso sviluppo manifatturiero.
Rapporto di De Sgur, in Le riforme di Ferdinando II in Sicilia nel giudizio dei diplomatici della monarchia di
luglio, a cura di A. Saitta, in Annuario dellIstituto Storico Italiano per lEt Moderna e Contemporanea, 1954,
VI, pp. 238-239, 241, 243, riprodotto in D. Mack Smith, Il risorgimento italiano. Storia e testi, Bari, Laterza,
1968, pp. 135-137.

Il dualismo economico
Le pagine di Luciano Cafagna, forse il pi acuto e il pi brillante tra i nostri storici delleconomia, illustrano in
modo convincente alcune delle ragioni che inducono a ritenere infondata la tesi di uno sviluppo economico
dellItalia settentrionale a spese dellItalia meridionale.
L. Cafagna, Dualismo e sviluppo nella storia dItalia, Venezia, Marsilio, 1989, pp. 190-193, 206-212.

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