Anda di halaman 1dari 11
Mauro Rostagno Anatomia della rivolta 1 Questo intervento presuppone, da per acquisite almeno due cose: Vanalisi della scuola fatta dai compagni di Torino (Palazzo Campana) e Vanalisi delle lotte fatta dai compagni di Trento (Fi colt di Sociologia).| O meglio, quanto di esse non é rimasto solo scrit- tura ed é diventato anzi pratica sociale di massa. 2. Il primo dato persistente del movimento di massa che in questi ultimi mesi — anche in Italia — ha investito le strutture del sistema, é quello di aver saputo tener fermo il contrasto nella scuola, allargandolo successivamente ad altri settori della societa civile e po- litica. La lotta ha travalicato cosi — anche visivamente — i suoi li- miti di categoria, diventando lotta sociale. is Il movimento “ delle occupazioni” ha sviluppato una logica di “allargamento” del conflitto che non é stata solo geografica (da una sede locale a quasi tutte le sedi su scala nazionale) ma politica (entro Puniversita, si & passati dagli iscritti-frequentanti agli iscritti studenti-lavoratori; entro la scuola pit in generale, si é passati dagli universitari agli studenti medi superiori, scientifici-classici-tecnici-pro- fessionali, agli studenti serali, ecc.) (esternamente alla scuola, si & cominciato a investire gli strati socialmente oppressi, operai di fab- brica, soprattutto). 4, La logica “politica” delVallargamento dello scontro non & esterna al movimento, anzi ne procede necessariamente come svilup- po irrinunciabile delle premesse poste in atto nei mesi scorsi. Pre- ' Sia I'una che V’altra analisi sono riportate in questo numero di “ Problemi del Socialismo” nella sezione “ documenti”. 280 Mauro Rostagno messe riassumibili nello slogan “ potere studentesco ”, che al di 1a delle fumisterie, significava lotta generalizzata contro la scuola delle masse studentesche, al di la delle loro interne e artificiose suddivisioni (ad es.: universitari - medi superiori), La generalita politica dello stu- dente veniva colta nel suo essere oggetto passivo di manipolazione, figura sociale subordinata e priva — come tale — di ogni potere de- cisionale, di ogni eapacita reale di controllo sulla propria formazione, qualificazione, destino professionale. 5. Lotta contro la scuola, Contro ogni tipo di scuola. Quella attuale, ma anche quella riformata. Quella arretrata, ma anche quella avanzata. Non pit distinzioni tra scuola buona e scuola cattiva, tra professore buono e professore cattivo, tra autorita “tecnica” (cioe * giusta ”) e autoritarismo (eccessivo, da correggersi). Si vedeva final- mente con chiarezza che non c’é, non ci pud essere una scuola “ di- versa”, una scuola “migliore”. Se non nel sogno, che si rivela poi “incubo”, di un “ghetto d’oro nella societa di merda ”, In sintesi, lotta di massa contro la scuola sta a significare che l'emancipazione della scuola come quella dello studente passa attraverso ’emancipa- zione della societa e dunque della classe operaia e proletaria. Che la soluzione del problema non sta nelle riforme tecnocratiche né in compromessi politici, ma nello sviluppo della lotta, nel suo allarga- mento e nella sua radicalizzazione. 6. Il tipo nuovo di lotte di massa svela il tipo nuovo di sistema sociale entro cui esse vengono a muoversi. Sistema sociale che hha va- nificato — tendenzialmente — ogni autonomia parziale di sfere, ri- conducendole a un accentrato e rigido controllo unificato e pianifi- cato. Non pia “ distinzione” di strutture da sovrastrutture, di eco- nomia dalla politica, di vita publica da vita privata... Studio, lavoro, consumo, tempo libero, relazioni interpersonali... tutto rientra in uno schema di inputs-outputs, che consente conflitti, non tollera anta- gonismi. 1 La lotta contro la scuola @ gia — a questo livello — lotta contro tutto il sistema, proprio nella misura in cui quella “ parte” non é attaceata per essere riformata, funzionalizzata, ma al contrari & messa in discussione in quanto tale, Lotta senza possibilita di vi toria fino a che rimane tale, e cioé lotta di una “ parte” contro “il tutto”. Perché, e lo si @ visto bene, tutte le altre “ parti”, a questo punto, ti si rivoltano contro, Repressione e riformismo ti chiudono, ¢ non hai pitt scampo. Magistratura, Polizia, Executivo, Partiti, Mass. Media, Corpo Docente, Chiesa, Famiglia, ece. sono messe in movi mento, in difesa, appunto, non tanto della scuola, ma del sistema stesso, che attraverso la scuola @ stato messo in discussione. Con la critica delle armi e non solo coll’arma (sopportabile) della critica. Anatomia della rivolta 281 L’allargamento della lotta ad altre forze sociali eversive, la radi- calizzazione dei termini della lotta stessa sono due momenti neces- sari alla logica politica di massa che si @ messa in movimento. Diver- samente i manovratori della “macchina mondiale” (le classi domi- nanti dei paesi dominanti) (lo stato oligopolistico) avranno_partita vinta, e tutte le mediazioni usate (dalla famiglia alla polizia) fini- ranno per contenere la carica antagonistica globale sviluppata, entro i corretti argini di un duro conflitto parziale, di categoria. 8. Citazioni del presidente Moro (meditazione riassuntiva sui 7 punti precedenti) “ Accanto all’inquietudine c’é una ricerca di un approdo innovatore, costruttivo, e capace di far avanzare la nostra societa.” “Tutto un fermento di idee e di esperienze, sconcertante qualche volta, non privo di rischi, ma con i segni di una straordi- naria e accettabile validita” ...“Ogni posizione distruttiva e poten- zialmente violenta, destinata a sfociare prima o poi dal terreno della Scuola a quello dello Stato, non pud non essere severamente condan- nata”... C@ perd un ampio spazio di dialogo serio, “lasciando il pit possibile alle stesse forze della vita universitaria di pervenirvi attraverso una difficile opera di interna chiarificazione”. (da “Tl Giorno ”, 20 marzo °68). 9. Il carattere non riformistico delle lotte contro la scuola si @ finora caratterizzato fondamentalmente “per negazione.” Negande la validita di una battaglia per il diritto allo studio (la scuola di tutti é una scuola classista per tutti) (interclassismo nella scuola = interclas- sismo nella societi) (selezione sul merito anziché selezione sul censo. Classimo meritocratico) ecc. Negando validita a battaglie per la ri- forma della didattica, per la migliore qualificazione professionale, per una migliore condizione studentesca, ece.Negando insomma — alme- no verbalmente — ogni prospettiva di tipo sindacalistico, partecipa- zionistico, e dunque co-gestionale o auto-gestionale al movimento. (Nota. Con Yespressione “ negare validita” si intende solo affer- mare che queste battaglie non hanno significato strategico. Tattica- mente, esse possono essere recuperate per garantire lo sviluppo del movimento). 10. Nota metodologica. Quando parliamo di “movimento” o di “Jotte di massa contro la scuola” e tentiamo di definirne alcune ca- ratteristiche generali di tendenza, operiamo una scelta politica che discrimina non solo tra chi fa le lotte e chi non le fa, tra chi le co- struisce dall’interno e chi dall’esterno gli fa le prediche, ma sopratutto discrimina ’ dentro’ le lotte, tra quanto di nuovo in esse si va svi- luppando e quanto di vecchio (riformistico, conservatore, reazionario) (settoriale e corporativo) in esse permane. Abbiamo ben chiaro il ca- 282 Mauro Rostagno rattere di per sé ambiguo delle occupazioni, la presenza in esse di livelli differenziati. Ma tutto cid @ quanto gia apparteneva alla nostra preistoria, Lo lasciamo ad altri. ll. Altra nota di metodo. Se non diamo una definizione dello studente, se qui politicamente sottovalutiamo sia la sua estrazione s0- ciale, sia la sua “ probabile” collocazione di classe futura, questo lo facciamo per rispecchiare quanto dalla lotta é emerso, cioé, appun- to la negazione politica determinata che lo studente ha fatto del suo “ passato” e del suo “ futuro *, non evitandone la problematica, ma appunto passandoci attraverso e superandola, affermando il “ presen- te” come storia da costruire. Lotta dello studente in quanto studente, laddove essere studente @ essere “ privi di potere ” “ manipolati” ecc., insomma essere figura sociale subalterna che si nega come tale, come studente e come subalterna, alla scuola e dunque al sistema (la fami- glia “prima”, lo stato di classe “ dopo”). L’avere le lotte di massa collocato il terreno della scuola come terreno proprio “ iniziale” di scontro di classe, ’'avere ricollocato la scuola come terreno di “ fron- tiera” e non di retrovia, ci permette oggi di affermare, non concet- tualmente, ma nella pratica sociale (lotta che trasforma Ja realta) che la definizione dello studente @ data dalla lotta studentesca. Ed essa tende oggi a essere sempre pit non lotta di categoria (corporativa) ma lotta sociale (generale), sempre pitt lotta non parziale (riformisti- ca) ma totale (eversiva). 12. Il problema della violenza. La durata dello scontro (ormai molti mesi), la sua estensione (da una sede a tutte le altre; dall’uni- versita alle superiori; dai frequentanti ai non frequentanti, come fuori- sede ¢ studenti-lavoratori...) il suo volume (erescente ogniqualvolta diventava pid aspro) la sua qualita (ove non si chiedono contropartite ma si mette in discussione tutto) la sua difficolta materiale (repres- sione familiare, scolastica, poliziesca, legislativa; salto dei presalari, delle borse di studio, dei finanziamenti familiari...) ecc. stanno a di- mostrare quanta rabbia si fosse accumulata sotto la pelle della gente, quanto ne avessero piene le scatole, insomma quanta carica eversiva potenziale attendesse Toccasione corretta per esplodere. Ovunque & stato scelto lo strumento espressivo pia duro, l'occupazione. Che da altra parte non é bastata allo sfogo, il quale ha sucessivamente inve- stito — e dissacrato — tutto quanto veniva a tiro (dalla mamma alla chiesa al partito al giornale al poliziotto al professore al passante occasionale...). Molti che credevamo fottuti, hanno trovato lo seatto politico necessario a iniziare il rovesciamento del proceso di ma polazione-controllo- stituzionalizzazione che fino allora avevano subi to, Hanno scoperto il carattere violento di quel proceso, e colla vio- lenza hanno risposto, con naturalezza eversiva. Alla violenza atmosfe- rica del sistema hanno risposto con la violenza della lotta illegale Anatomia della rivolta 283 organizzata, E dalla scuola hanno voluto risalire a tutto il resto. Non solo con mediazioni concettuali, ma con mediazioni pratiche. Unendo cultura e politica. Scoprendo che I’'unico modo di conoscere é la pra- tica sociale, la lotta che modifica la realta. 13. Dalfavarizia alla politica (’ Barbiana’). Avaro @ chi risolve un problema suo da solo, Ma V’avarizia non é solo immorale, é inef- fieace. Anche per questo l'abbandoni. Perché in fondo scopri che poi il problema non Io hai risolto, Perché il problema tuo era un problema collettivo e dunque la soluzione non poteva essere che collettiva. Sal- ta fuori la politica. Risolvere il problema che @ tuo come di altri, insieme a quegli altri. Scoprendo poi che altri, alcuni, te lo avevano posto. Come un gioco da giocare da solo, accettando le regole del gioco. Dunque non giochiamo, non accettiamo le regole, il gioco lo rovesciamo. Carmichael dice “ Non vogliamo mangiare alla vostra ta- vola, vogliamo rovesciarla”. La violenza era atomizzante. Non puoi rispondere colla violenza tua, ma collettiva. E l’unico modo per li- herarti. Scoprirti come un eguale verso aleuni, diseguale verso alt 4. Studente atomizzato - Assemblea generale. Tl passaggio dalla avarizia alla politica non é@ diretto. Né é mistico. Le lotte di massa hanno inventato la mediazione concreta del passaggio, non Tunica, certo, ma sperimentalmente, a quel livello, la pitt efficace: gli istituti intermedi di massa. Un modo per non passare direttamente dalla tua alienazione individuale di studente disperso e atomizzato alla aliena- zione collettiva delle assemblee generali, dove leaders carismatici o ileologici giocano a colpi di fiuto politico su gruppi strutturati ¢ pre- costituiti, e dove tu sei libero solo di alzare una mano per approvare cid che altri per te hanno pensato, analizzato e deciso. O, al limite, libero di non approvare. La logica delle assemblee @ la logica del “divieni cid che sei”. Non nega l’atomizzazione, la verifica, istituzio- nalizzandola. Controcorsi e commissioni. Dove finalmente la parola “ collettivo ” comincia ad avere un senso, dove le posizioni precostituite si sciol- gono nei contrasti interindividuali. Un modo concreto per cominciare a negarti come merce e a scoprirti come “compagno”: perché sei costretto a ragionare politicamente, a esporti individualmente. Stu- denti lavoratori, Studenti medi, Studenti serali, Classe Operaia. Fai riunioni con loro, organizzi con loro le loro lotte, fai picchettaggi davanti alle scuole e alle fabbriche, lotti con loro nelle piazze, conosci non intellettualmente i loro problemi, in quanto appunto i loro pro- blemi sono i tuoi: in senso molto concreto, anche; perché se non al- larghi la lotta anche a loro, la tua finisce per asfissia, scade nel rit formismo, sei costretto a cedere alle offerte di dialogo, alla logica delle contrattazioni e delle contropartite. Allargamento e radicalizzazione della tua lotta alla lotta di altri 284 Mauro Rostagno strati sociali cronicamente senza potere e controllo sulle decisioni che riguardano la loro vita. Ecco le parole d’ordine degli “ istituti politici intermedi”. La loro logica concreta. 15. Logica di sede - logica nazionale. Appunto perché gia allo inizio la lotta ha scelto la strada dellillegalita e della violenza (oc- cupazione) (scontro) essa é presto uscita dai suoi limiti di settore (la scuola) per investire lo Stato. Sono bastate poche settimane per far saltare la delega di potere con la quale la classe dominante aveva consegnato la gestione della scuola (una fetta della societa civile) a uma casta speciale, a una forza speciale repressiva: i professori, buro- crati statali. Essi si sono rivelati incapaci a gestire questa struttura in una situazione non ordinaria (di normalita o di conflitto riformisti- co). E lo Stato ha cominciato a riprendere in mano la baracca, non eliminando i professori ma “ usandoli” in diverso modo, e affiancan- dogli Magistratura, Polizia, Famiglia, Chiesa, Partiti, Mass-Media. Lo scontro ha travalicato il limite di sede. La controparte non é stata pitt locale, ma nazionale. Ha mutato faccia, arricchendosi in ar- ticolazioni. A questo punto, l’efficacia eversiva della lotta & cominciata a ve- ir meno. I] limite locale diventa limite di efficacia politica. Tl mo- vimento comincia a sfrangiarsi e a perdere in penetrazione. Saltano fuori “ ideologismi avveniristici” (la lotta per la lotta) e simmetrica- mente “ realismi pratici” (riforma della didattica, tasse, esami, voti, congestione, commissoini miste e paritetiche, facolta sperimentali, ece.). Fuga in avanti e assestamento regressivo iniziano a penetrare nel movimento, a serpeggiare tra i quadri. Si sviluppano divisioni interne alle leadership, e tra leadership e base attiva. Interventi “esterni” (Partiti, Federazioni giovanili) hanno presa maggiore. Rispuntano prospettive compromissorie. La battaglia di Val le Giulia, le repressioni torinesi, genovesi e pisane danno fiato artifi- Je e per pochi giorni. 16. I Convegni nazionali di Milano e di Roma, Si tenta la rispo- sta politica. 10-11, 14-15 marzo. Quattro giorni di confronto politico tra quadri di lotta. In altra sede, prima o poi, dovremo dare una va- jutazione politica accurata di quelle giornate. Che, comunque, non @ schematizzabile in termini di “ fallimento ” o di “riuscita”. Né tanto- mento di “utile e franco dibattito ”. Quello che viene fuori con prepotenza @ il limite interno delle lotte, I] fatto che esse non sono riuscite ancora a sciogliere dentro di sé le incrostazioni ideologiche precedenti in modo soddisfacente. Al confronto delle esperienze si sovrappone spesso il confronto verbale, la presupposizione di schemi interpretativi strategici. E il confronto del Ie esperienze, quando esiste, non supera se non raramente il limite dell'episodico, del frammentario. Anatomia della rivolta 285 Il movimento mostra tutta la sua gamma interna, la differenza dei livelli politici toccati da sede a sede, da facolta a facolta, All’estrema politicizzazione si contrappone una lotta appena iniziata o ancora da iniziare. E luna situazione rimane spesso, di fronte all’altra, muta e sorda. Su un punto, tuttavia, la convergenza é totale. Che una prima fase delle lotte si é chiusa, e un’altra si va aprendo cogliendoci so- stanzialmente impreparati, senza chiavi interpretative efficaci. 17. Chiusa la fase del discorso e della lotta contro I’autoritarismo. Chinsa nel senso di ormai acquisita, non di rifiutata, negata. Ma, ap- punto, insufficiente al livello nuovo, al nuovo scontro contro [attacco statale_riformistico-repressivo. Occorre elaborare, inventare nuove forme di autodifesa e di attacco. Diventa spasmodica la necessita di trovare uno sbocco politico immediato che consenta di continuare la lotta, allargarla ad altre forze, inasprirla, e tutto questo non perdendo Ja base sociale mobilitata, non separando la leadership dal movimen- to, evitando i rischi simmetrici dell’opportunismo e dell’avventurismo. Appare chiaro il panorama in cui si é mossa la lotta, il limite “esterno” che essa ora si trova di fronte. E cioé il fatto di avere scatenato una lotta eversiva a partire da una forza sociale “ parziale ” (di matrice studentesca) quando le altre forze sociali (di matrice pro- letaria ¢ operaia) o non conducono tale lotta o non nella misura suf- ficiente o non in effieace sincronia con questa. Mentre le forze poli- tiche “ di opposizione” (partiti operai e sindacato) si rivelano sostan- zialmente incapaci a recepire la qualita di tale lotta, trasformandola in occasione di generalizzazione ¢ stimolo per le forze sociali poten- zialmente eversive. 18. La lotta studentesca di massa contro la scuola si trova cosi “sola”. Non @ riuscita a trascinarsi dietro (se non in misura irrile- vante), a coinvolgere nel processo eversivo né la classe operaia di fab- brica, né i lavoratori della terra, e neppure i partiti e i sindacati che a tali forze si rifanno, che a tale processo dichiarano di voler con- cludere. Il pci é intervenuto sovrapponendosi e sfasando, ma né spin- gendo in avanti, né allargando le lotte. Il pstup ha lasciato liberi i suoi quadri di muoversi, ma oltre ad aprire le pagine di “ Mondo Nuovo” al dibattito sulle lotte, non ha fatto altro. La cor ha bril- lato per la sua assenza, (Sui poco felici interventi locali & meglio sor- volare. Pisa ricordi). In sostanza, e al di 1a delle intenzioni, per linea politica e per dinamica organizzativa, essi si sono rivelati strumenti inadatti di in- tervento politico eversivo in questa fase e in questo tipo di lotte di massa. 286 Mauro Rostagno 19. Ci troviamo cosi a ragionare e a lottare in una situazione caratterizzata dalla contestazione permanente portata avanti da una forza “ parziale” in assenza di altre forze rivoluzionarie organizzate in atto, in assenza di una strategia rivoluzionaria (¢ di una organiz- zazione ad essa adeguata). Il movimento @ cosi di fronte a un bivio. O proseguire, puntando, senza contropartite immediate, alla formazione di una forza rivolu- zionaria di tipo nuovo. Oppure rinunciare a tutto cid come obiettivo di fondo e puntare invece a strappare i] massimo ottenibile entro il quadro del rapporto di forze in atto. 20. E a questo punto decisivo, per il movimento, disporre — a jello di massa — di uma conoscenza politica approfondita, sia del liyello attuale del capitale, sia del livello attuale delle lotte operaie ¢ di classe. E tutto cid in un quadro non grettamente nazionale, ma internazionale ed europeo. Non fotografico, ma storie’ nel senso cioé di prospettico, che guarda e prevede in avanti. Complemento necessario a tutto cid é la verifica — da attuarsi a livello di massa — dell’attuale rapporto tra partito e classe, nel senso dell'efficacia dello strumento partito rispetto alle lotte di classe in atto. I] movimento deve uscire dall’iperuranio delle idee platoniche dove finora ha conservato questi “ concetti” (classe, partito, lotte di classe) per verificarli sul terreno della pratica sociale. Uscire cioé dal- Yastratta critica ideologica al “riformismo,” dalla talmudistica ripe- tizione invocativa delle “ lotte operaie ”. Né l'uno né Valtre sono dati una volta per tutti. L'imperialismo, la storia, ci passano dentro quo- tidianamente. Li trasformano. Le nuove metodologie politiche che lotte studentesche e lotte operaie di reparto, sul terreno europeo, han- no sviluppato nell’anno scorso ¢ vanno attualmente sviluppando, sono iI terreno politico di confronto cui — praticamente — dobbiamo riu- scire a sollecitarci, trascinandoci dietro le organizzazioni storiche tra- dizionali, confrontandole con esse, verificandone T’efficacia generaliz- zativa, la capacita di farle convergere in una ipotesi strategica di ro- vesciamento dello Stato. 2. Rischio di prefigurazione. B quello in cui cadiamo quando ‘entiamo di prefigurare Vavanguardia — a questo stadio, negli stadi fentiame ‘alle lotie studentesce c/o delle lotte operaie, in una ipotesi {tut Jonaria, Ripetere che la classe operaia ha un ruolo centrale ¢ reer im tale processo non & inesatto, & inutile. Non ci dice né tome, né quando, né con chi, Non ci dice cosa dobbiamo fare. E se te lo-dice, ce lo dice male (ad es., smetterla con le lotte studentesche, eee Gare il lavoro * vero”, che & quello operaio). Ripetere che la classe @ integrata, i partiti anche, e noi siamo i soli rivoluzionari 1a classe utile: & inesatto. E comunque, se fosse esatto, ci condurrebhe Anatomia della rivolta 287 solo alla sconfitta (che gia cominciamo a conoscere), senza dirci come facciamo a “disintegrare” la classe; come facciamo a costruire il partito, rivoluzionario, e che uso facciamo di questi esistenti e “ri- formisti ”. 22, Scontri e stasi. Finora il movimento ha mostrato come si avvia e conduce un processo di massa contestativo in un paese a ca- pitalismo avanzato, partendo da un settore “ parziale” e “ arretrato” della societa civile (proceso non a due tempi: uno democratico ¢ poi Valtro — dopo? — socialista). Che I'allargamento della base so- ciale ci produce inasprendo gli scontri e le parole d’ordine (non al contrario), seppure seguendo una logica induttiva; che il sistema non @ una macchina perfetta e invincibile che si pud solo ritoccare, anzi; & tanto pitt battibile quanto meno lo si vuol ritoccare; ecc. (gli ese- geti continuino). Cid che il movimento deve ancora mostrare é altro. Ed @ la cosa pit difficile. E cioé come un movimento di massa eversivo possa mantenersi tale nei suoi due aspetti — di eversione e di massa — conservandosi “ movimento”. Cioé, senza istituzionalizzarsi (E non ci si riferisce al rischio scioceo dell’istituzionalizzazione del “ partitino studentesco ”, che tanto farebbe comodo a Moro e a chi per lui). Cosa tutt’altro che facile, quando si pensi che la logica dello scontro strategico non & eterna, non ci possiamo campare sopra. Prima o poi, il nemico di classe e la “ concretezza” della massa ti impongono anche il confronto tattico, la necessita di gestire il movimento nella contrattazione, nella realizzazione, nella stasi della lotta aperta. Una lotta non la si pud aprire e poi non chiudere pid, fino al- alba dorata della rivoluzione, aspettando i giorni del vino e delle rose. Nel frattempo magari allargandola e radicalizzandola progressi- vamente. Non si pud per il semplice fatto che tra oggi e domani ¢’é in mezzo Vimperialismo, la tua doppia esistenza, la tua transitori figura. Per cui una lotta la devi aprire e poi chiudere e poi riaprire ancora ecc. ma ogni volta essendo pia forte, quantitativamente pit pesante, qualitativamente pitt efficace. E il momento pit delicato é quello della “ chiusura” (dello scontro pit che della lotta). Dove pud saltare il rapporto tra avanguardia e base attiva; dove — peggio — saltano tutte due, ingabbiate ad auto-gestire, a co-gestire, 0 comunque ad attivamente partecipare a quelle strutture che si voleva negate e distrutte. Come mantenersi e crescere come movimento — eversivo e di massa — sotto V’attacco riformistico-repressivo attuato su scala nazi nale, senza mollare sul terreno riformistico, senza schizzare in avanti nelPanticipazione (e dunque restando eversivo ma con poco movimento — galera — e niente massa — a studiare —): é il problema politico attuale per tutti i quadri attivi in lotta. 288 Mauro Rostagno 23, Una prospettiva. (° distruggere fuori-costruire dentro’). An- cora una volta, si tratta di scartare l’omogeneizzazione del movimento su un “obiettivo” attorno al quale far quadrato e andare fino in fondo. Sia che tale obiettivo sia integrabile — ottenibile, sia che no (né integrabile — né ottenibile). Sia che tale obiettivo sia “ interno” alla seuola, sia che no. Si tratta, invece, di mantenersi legati alla logica finora svilup- pata, logica che appunto “ saltava” gli obiettivi, passando immedi tamente dalla mobilitazione della rabbia individuale all’organizza- zione direttamente politica dello scontro. E dunque riscoprendo, den- tro quella logica, che quanto interessa al movimento non é la gestione (parziale o totale) della scuola, ma al contrario la gestione dell’auto- nomia politica (eversiva) del movimento stesso. Autonomia — appun- to — sia dalle strutture oppressive della scuola sia dalle strutture inefficaci_e burocratizzate del movimento studentesco tradizionale. Autonomia, quindi, a un livello pit generale — ma altrettanto di: retto — sia dallo Stato di classe, sia dal sistema dei partiti politici attuali. Tl movimento deve allora puntare alla gestione della crisi per. manente della scuola, nel senso fino ad oggi sviluppato, per cui “ crisi della scuola” Ja si ottiene e la si sviluppa creando quadri politici di movimento nei controcorsi ¢ nelle commissioni di lavoro, il che vuol dire, estendendo J’agitazione a una base sociale pitt vasta e diversa, investendo con un rapporto diretto le lotte operaie e contadine, pas sando dalla citta alla provincia, ecc. Per creare tutto questo, occorre aprire dentro la scuola degli spari (fisici e politici) (“gli spazi strutturali”) in cui poter lavorare politicamente, continuare controcorsi € commissioni (0 altre cose spe- timentali), interessare, coinvolgere, far crescere politicamente altri, fissando irreversibilmente, nel frattempo, i valori eversivi finora por- tati avanti. La scuola pud allora riprendere e continuare, Diversa, riformata, ece, non questo importa. Ma tutta ancora sulle spalle dei burocrati, consegnata alla loro gestione, Né pud essere diversamente, a meno di non rovesciare tutto quanto fatto finora. La gestione della scuola ai burocrati (professori, amministratori, ecc.). La gestione del movimen- to agli studenti. In mezzo non c’é spazio per partecipazionismi rifor- mistici, né per congestionalismi illuminati. Ma solo per la crisi della scuola ¢ lo sviluppo del movimento. Su 6 giorni (ad es.) 4 alla scuola, 2 al movimento. E non con illusioni coesistenziali, ma appunto senza quelle, coscienti che niente @ irreversibilmente ottenuto, e che dun- que tali “spazi” occorrera saperli imporre e conquistare, per poi ge- stirli e superarli, svilupparne capacita di generalizzazione. Anatomia della rivolta 289 24, Se non riusciremo a spaccare in due la scuola, a ricavarne due aree dove in una infilarci e imporci, da soli, lasciando tutto il resto agli altri (con noi, subalterni necessariamente, ma non partecipi illusi), sara allora molto difficile poter continuare, E i grossi problemi della costruzione di una lotta antistatuale lasceranno forse il posto ai problemi altrettanto grossi della costruzione di una lotta clandestina, Ma rischiando di confondere il problema della illegalité antistatuale (della violenza rivoluzionaria) con il problema della clandestinita il- legale (che & solo difensiva e con sfumature di blanquismo). L’una rivolta aggressivamente allo Stato tutto, I’altra difensivamente commi- surata a una sola delle sue articolazioni, 1a Magistratura repressiva. 25. Una caterva di problemi e di cose rilevanti @ stata lasciata fuori. E come Vinizio dell’intervento presupponeva certe letture ¢ una certa prassi, cosi questo termine provvisorio richiede integrazioni ne- cessarie. Almeno due. I] documento del compagno Rieser e quello dei compagni Bobbio-Viale. Non nella loro interezza, nelle parti loro pitt stimolanti. (Questo per le letture). (Per la Prassi, tutta una serie di esperienze di sede, in specie quelle dei rapporti con le lotte operaie, su cui significativamente, si 2 poveri di documenti, e — forse altret- tanto — di indicazioni metodologiche generalizzzabili). 26. Nota conclusiva. Intervenire per iscritto in questo tipo di lotte rompe sempre abbastanza le scatole. Soprattutto a chi scrive, In primo Iuogo, perché ormai crede molto di pii in un intervento dia- Jogico diretto in una commissione o in un controcorso che in uno seritto genericamente svolazzante sulle “masse” dei “lettori.” In se- condo luogo, perché V'intervento ti chiama a dire quel che personal- mente ti frulla in capo, e ormai in questo hai poca o nulla fiducia. In terzo Iuogo, perché la pratica sociale brucia continuamente quel che hai appena affermato, e dunque rischi non di apparire “ vecchio € superato” (paura tipica delle vedettes) ma piuttosto disturbante e inutile al movimento. In quarto Iuogo, perché ti 8 chiara la natura di “surrogato” che assume J’intervento scritto su una rivista estra- nea al movimento, quando appunto, di “cose” interne al movimento si ha pitt che mai bisogno. (L’editoriale non diventa mai “ politica” in questo modo). In quinto luogo. Questi mesi di lotta ci hanno in- segnato troppo bene a tenere distinti e a vedere pia che mai lontani il ticchettio della macchina da scrivere dal crepitio delle mitraglia- trici. (Che altri facilmente confonde). Consolazione: viviamo ancora il limbo dove la sola possibile & ancora Varme della critica, E eppena comincia_a_penetrare nelle “nase,” diventando forza sociale. chi sta “fuori” non_sembra. ’ eppur_si_muove.” ’ ae

Anda mungkin juga menyukai