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DE BREVITATE VITAE CAP 1-2

CAPITOLO I
[1] La maggior parte degli uomini, o Paolino, si lamenta della malignit della natura,
perch nasciamo per un periodo esiguo di tempo, perch questi spazi del tempo a noi
concesso scorrono cos velocemente, cos rapidamente, al punto che, ad eccezione di
pochissimi, la vita abbandona tutti i rimanenti proprio mentre si preparano alla vita. E
non solo la massa e il volgo ignorante si lamentano di questo male comune, come
pensano: questo sentimento ha suscitato le lamentele anche di uomini famosi.
Di qui deriva quella famosa sentenza del pi grande dei medici: "La vita breve, larte
lunga";
[2] di qui la lite, per nulla conveniente ad un uomo saggio, di Aristotele che aveva a
che fare con la natura: "La natura era stata tanto indulgente di et agli animali, che li
faceva vivere per 5 o 10 generazioni, (ma) per luomo generato per cose cos
numerose e grandi ha fissato un termine tanto pi breve".
[3] Non abbiamo poco tempo, ma ne abbiamo perso molto. La vita abbastanza lunga
e stata data in abbondanza per la realizzazione di progetti molto importanti, se fosse
utilizzata bene nella sua interezza; ma quando scorre fra il lusso e la pigrizia, quando
(la vita) non viene impiegata in nessuna buona attivit, quando si avvicina il momento
estremo appunto, percepiamo che se n andata (la vita) che non avevamo capito che
se ne andava.
[4] E cos: non riceviamo una vita breve, ma labbiamo resa tale, e non siamo
bisognosi di essa, ma ricchi di essa. Come ricchezze notevoli e regali, quando sono
giunte nelle mani di un cattivo padrone, in un attimo si dissipano, mentre, sebbene
modeste, crescono con limpiego, se sono state affidate ad un buon amministratore:
cos la nostra vita, per chi lorganizza bene, ha una lunga durata.
CAPITOLO II
[1] Perch ci lamentiamo della natura? Essa si comportata con generosit: la vita
lunga, se sai farne un buon uso. Uno lo possiede unavidit insaziabile, un altro una
frenetica operosit in lavori inutili; uno fradicio di vino, un altro intorpidito dall
inerzia; uno lo sfinisce lambizione sempre preoccupata dai giudizi altrui, un altro il
desiderio frenetico di far commercio lo spinge per ogni terra, per ogni mare con la
speranza del guadagno; certi li tormenta il desiderio di far guerra, spesso intenti ai
pericoli altrui o ansiosi per i propri; ci sono quelli che lo sgradevole ossequio verso i
superiori consuma come una schiavit volontaria;
[2] molti li tiene occupati laspirazione della bellezza altrui o dalla preoccupazione
della propria; moltissimi, che non vanno dietro a nulla di preciso, vengono sospinti a
cambiare parere da una leggerezza volubile e instabile e scontenta di s; ad alcuni
non piace dove cui dirigere la rotta, ma il destino li sorprende mentre sono annoiati e
sbadigliano, al punto che non dubito sia vero quanto stato detto dal pi grande dei
poeti in forma di oracolo:
"E breve la parte della vita che viviamo". In ogni caso tutto il restante spazio non
vita, ma tempo.
[3] I vizi incalzano e circondano (gli uomini) da ogni parte e non gli permettono di
rialzarsi o di sollevare gli occhi di fronte al vero, ma li tengono immersi e inchiodati
nelle passioni. Non mai loro lecito ritornare a s; se a volte qualche tregua capita per
caso, come nel mare profondo, nel quale c agitazione anche dopo che caduto il
vento, ondeggiano, e non esiste pace per loro al riparo dalle passioni.
[4] Credi che io stia parlando di coloro i cui mali sono palesi? Guarda quelli, alla cui
felicit tutti accorrono: sono soffocati dai loro beni. Per quanti le ricchezze sono
pesanti! Il sangue di quanti leloquenza e la quotidiana preoccupazione di ostentare il
proprio ingegno ha cavato! Quanti sono pallidi per i continui piaceri! A quanti la folla
dei clienti accalcata non ha lasciato un nulla di libero! Passa insomma in rassegna
tutti costoro, dai pi umili ai pi potenti: questi chiama un alleato, questo assiste,
quello si trova in pericolo, quello difende, questo giudica, nessuno rivendica il
possesso di s, ci si logora l'uno per l'altro. Fai domande riguardo a costoro, i cui nomi

vengono imparati a memoria, vedrai che questi si distinguono per questi segni: questo
servo di quello, questi di quell'altro, nessuno appartiene a se stesso.
[5] Quindi assai stolta lindignazione di alcuni: si lamentano della superbia dei
potenti per il fatto che non hanno avuto tempo per coloro quando volevano avvicinarli!
Qualcuno osa lamentarsi riguardo la superbia di un altro, lui che mai ha tempo per s?
Tuttavia via quello chiunque tu sia, anche se con latteggiamento insolente una volta ti
ha guardato in faccia, lui ha porto lorecchio alle tue parole, lui ti ha accolto al suo
fianco: tu non ti sei degnato di guardare dentro te stesso, di ascoltarti. Non c motivo
per cui tu debba attribuire a qualcuno questi compiti, poich, mentre tu eseguivi
queste cose, non volevi essere con un altro, ma non eri neppure in grado di stare con
te stesso.
T2
[1] Fa' cos, mio Lucilio: rivendica te a te stesso e raccogli e conserva il tempo che ti
era tolto, o che ti era sottratto, o che ti sfugge. Convinci te stesso che sia cos come ti
scrivo: un po' di tempo ci viene rubato, un po' ci viene sottratto e un po' ci sfugge. La
perdita di tempo che accade per negligenza infatti la pi turpe. E se stai bene
attento, gran parte della vita sfugge a chi compie il male, la pi grande parte a chi non
fa nulla, tutta la vita a chi fa altro.
[2] Chi mi dai che dia un qualche valore al tempo, che stima ogni giorno, che capisce
che muore ogni giorno? In questo infatti sbagliamo, nel fatto che vediamo la morte
davanti: gran parte di quella gi passata, la morte trattiene qualsiasi istante che
indietro. Fa quindi, mio Lucilio, ci che ti scrivo di fare, trattieni ogni istante; cos
accadr che tu dipenderai meno dall'incertezza del domani, se avrai messo le mani sul
presente.
[3] Mentre rinviamo gli impegni la vita scorre. Tutte le cose, o Lucilio, ci sono aliene,
solamente il tempo nostro; la natura ci mise in possesso solo di questa cosa, fugace
ed effimera, ma ne esclude chiunque lo voglia. E dunque c' tanta stupidit tra i
mortali, che sopportano che vengono loro imputate, quando le hanno ottenute, le cose
che sono minime e di poco conto e comunque compensabili; nessuno che abbia
ricevuto il tempo pensa di dovere alcunch, quando invece quello unico, poich
neppure una persona riconoscente pu restituirlo.
[4] Forse ti chiederai che cosa io faccia, per darti codesti insegnamenti. Confesser
con semplicit: ci accade a un lussurioso ma diligente, mi torna il conto della spesa.
Non posso dire di perdere niente, ma dir cosa e perch e in quale modo lo perder; ti
dir le cause della mia povert. Ma mi accade ci che accade alla maggior parte dei
ridotti alla povert non per proprio vizio. Tutti compatiscono, nessuno soccorre.
[5] Quindi cosa c? Non considero povero colui per il quale c abbastanza per quanto
poco resta: preferisco che tuttavia tu custodisca le tue cose, e comincerai nel tempo
opportuno. Infatti come sembr opportuno ai nostri antenati, la parsimonia nel fondo
tardi; infatti nel fondo non rimane solo la minor quantit, ma anche la peggior
qualit.

T4
1 Ogni giorno, ogni ora ci mostra che siamo un nulla e con qualche nuovo argomento
ricorda a noi dimentichi la nostra caducit, e mentre concepiamo progetti come se
fossimo eterni ci costringe a guardare alla morte. Chiedi che cosa significhi questa
premessa? Tu conosci Cornelio Senecione, cavaliere romano illustre e cortese: da
un'umile origine era arrivato in alto, destinato a ulteriori e facili successi. L'inizio di
una carriera pi difficile che il suo sviluppo.
2 Anche il denaro tarda molto ad arrivare, se uno povero: alla povert si rimane
attaccati, finch non si riesce a tirarsene fuori. Senecione ormai mirava ad arricchirsi e
a questo lo portavano due qualit validissime: la capacit di procurarsi il denaro e
quella di conservarlo; sarebbe bastata una sola delle due a renderlo ricco.
3 Quest'uomo molto frugale, che aveva cura tanto del patrimonio quanto del suo
corpo, mi aveva fatto visita al mattino, come d'abitudine, e aveva poi assistito per
l'intera giornata, fino a notte, un amico gravemente malato che giaceva a letto senza
speranza di guarigione; dopo aver cenato allegramente, colpito da un male
fulminante, l'angina, a stento sopravvisse fino all'alba rantolando con le vie
respiratorie bloccate. morto, dunque, pochissime ore dopo aver svolto tutte le
attivit proprie di un individuo sano e in forze.
4 Quell'uomo, che faceva girare il denaro per terra e per mare, che aveva partecipato
anche a pubblici appalti e non aveva tralasciato nessun tipo di guadagno, proprio
quando le cose si mettevano bene, proprio quando il denaro arrivava in abbondanza,
scomparso. Innesta ora i peri, Melibeo, disponi le viti in filari.
Come insensato disporre della propria vita, se non siamo padroni neppure del
domani! Come sono pazzi quelli che danno il via a progetti lontani nell'avvenire:
comprer, costruir, dar denaro in prestito, ne riscuoter, ricoprir cariche, e alla fine
passer in ozio, stanco e soddisfatto, la vecchiaia.
5 Credimi: tutto incerto, anche per gli uomini fortunati; nessuno deve ripromettersi
niente per il futuro; anche quello che abbiamo fra le mani ci sfugge e il caso tronca
l'ora stessa che stringiamo. Il tempo passa secondo una legge determinata, ma a noi
sconosciuta: e che mi importa se per la natura certo quello che per me incerto?
6 Ci proponiamo lunghi viaggi per mare e un ritorno in patria lontano nel tempo, dopo
aver vagato per lidi stranieri; imprese militari e tardive ricompense di fatiche
guerresche, amministrazioni di province e avanzamenti di carriera, di carica in carica,
mentre la morte ci sta accanto; e poich non ci pensiamo mai, se non quando tocca
agli altri, di tanto in tanto ci vengono messi davanti esempi della nostra mortalit, che,
per, durano in noi solo quanto il nostro stupore.
7 Ma niente pi sciocco che stupirsi che accada un giorno quanto pu accadere ogni
giorno. Il termine della nostra vita sta dove l'ha fissato l'inesorabile ineluttabilit del
destino; ma nessuno di noi sa quanto si trovi vicino alla fine; disponiamo, perci la
nostra anima come se fossimo arrivati al momento estremo. Non rinviamo niente;
chiudiamo ogni giorno il bilancio con la vita.

8 Il difetto maggiore dell'esistenza di essere sempre incompiuta e che sempre se ne


rimanda una parte. Chi d ogni giorno l'ultima mano alla sua vita, non ha bisogno di
tempo; da questo bisogno nascono la paura e la brama del futuro che rode l'anima.
Non c' niente di pi triste che chiedersi quale esito avranno gli eventi futuri; se uno si
preoccupa di quanto gli resta da vivere o di come, agitato da una paura inguaribile.
9 Come sfuggire a questa inquietudine? In un solo modo: la nostra vita non deve
protendersi all'avvenire, deve raccogliersi in se stessa; chi non in grado di vivere il
presente, in balia del futuro. Ma quando ho pagato il debito che avevo con me
stesso, quando ho ben chiaro in testa che non c' differenza tra un giorno e un secolo,
posso guardare con distacco il susseguirsi dei giorni e degli eventi futuri e pensare
sorridendo al succedersi degli anni. Se uno saldo di fronte all'incerto, non pu
turbarlo la variet e l'incostanza dei casi della vita.

T14
2 E le due grandi sette degli Epicurei e degli stoici differiscono su questo punto, ma
entrambe mandano allozio. Epicuro dice: il saggio non si avviciner alle questioni
pubbliche, se qualcosa non lo impedir. Zenone dice: (il saggio) deve accedere alla
vita (cosa) pubblica, a meno che qualcosa non avr impedito.
3 Uno cerca di raggiungere la felicit di proposito, laltro a causa della situazione
(spinto da una necessit), daltra parte quella situazione si estende molto. Se la
repubblica pi corrotta di quanto sia possibile intervenire, se preda dei mali, il
saggio non si adopera inutilmente n si sacrificher per giovare a niente; se non avr
abbastanza autorit o virt n lo stato si riveler disposta ad accoglierlo, se la malattia
lo impedir, nel modo in cui una nave sfasciata non condotta in mare o come se
invalido non si arruolerebbe, cos non intraprender un viaggio che reputa impossibile.
4 Dunque anche colui per il quale tutto ancora in pregiudicato, prima di
sperimentare qualsiasi tempesta, pu fermarsi al sicuro e subito darsi allesercizio
delle virt e trascorrere una perfetta vita ritirata, cultore di quelle virt che possono
essere esercitate anche da chi vive in una quiete assoluta.
5 Questo dunque preteso dalluomo, affinch sia di aiuto agli uomini: se pu riuscire
(utile), (lo sia) per molti, se meno, per pochi, se ancora meno per i pi vicini, se meno
ancora per se stesso. Infatti qualora qualcuno lo ritenga utile stipuler un accordo in
comune. Allo stesso modo chi si rende peggiore nuoce non soltanto a s ma anche a
tutti coloro ai quali, se diventato migliore, avrebbe potuto giovare, cos tiene una
condotta retta verso s, per questo stesso motivo giova agli altri, poich prepara chi
giover loro.
[4,1] Abbiamo in mente due repubbliche: una grande e veramente pubblica dalla
quale sono riuniti gli dei e gli uomini, dove non osserviamo questo o quel muro, ma
misuriamo i confini della nostra citt con l'orizzonte, l'altra alla quale ci iscrive la
condizione del nascere; questa sar o degli Ateniesi o dei Cartaginesi o di qualunque
altra citt che non appartiene a tutti ma solo a pochi uomini. Alcuni si dedicano
contemporaneamente alla pi grande e alla pi piccola, altri pi alla maggiore, altri
ancora pi alla minore. [2] A questa grande repubblica noi possiamo venire meno
nell'ozio, anche se a dire il vero non so se sia meglio nell'ozio, a tal punto che
cerchiamo cosa sia la virt, se sia una o tante, se sia la natura di ognuno o
l'educazione ricevuta quella cosa che fa le persone buone; se sia una sola cosa che
abbraccia mari e terre o che sia mescolata ad essi, o se un dio abbia sparso molti corpi
dello stesso genere; se sia la materia dalla quale sono generate tutte le cose continua

e piena, o se divisa nella totalit delle cose e mischiata al vuoto; chi sia il dio, se
assista la sua opera stando inattivo, o vi ponga mano se labbracci dallesterno o sia
immanente al tutto; se sia il mondo immortale o se debba essere numerato tra le cose
caduche e che finiscono. Tra queste cose che sono contemplate, quale preferibile per
un dio? Non siano le sue opere senza testimoni.

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