La quarta novella della I Giornata e la sesta della II giornata del Decameron vedono
la Lunigiana come protagonista, o meglio, come scenario che accoglie le vicende
qui raccontate.1 Questo saggio prende spunto da un invito a partecipare alle
celebrazioni del settimo centenario dellarrivo di Dante in Lunigiana (settembre
2006) per discutere le due novelle del Decameron che si svolgono nel suggestivo
contesto di queste terre: I. 4 e II. 6. Le due novelle, a mio avviso, rivestono una
particolare importanza nellarchitettura del Decameron, e quindi nella poetica
di Boccaccio, perch permettono non solo di riconsiderare la conoscenza che
Boccaccio aveva della Lunigiana, ma di ripensare, negli stessi termini di poetica e
retorica, allepistola di frate Ilario a Uguccione della Faggiola che Boccaccio avrebbe
trascritto, o scritto, nel suo Zibaldone Mediceo-Laurenziano Codice 8 del Pluteo
XXIX (c. 65 numerazione Bandiniana e c. 67 della numerazione recente, Firenze,
Biblioteca Medicea Laurenziana). Nellepistola, come si sa, Boccaccio rievoca un
incontro avvenuto tra Dante e un frate Ilario, humilis monacus de Corvo, di cui
non si ha notizia certa,2 incontro che sarebbe avvenuto proprio in terra lunigianese
presso il monastero benedettino di Santa Croce del Corvo a Ameglia, da cui si gode
di una meravigliosa vista sul porto di Lerici, lo stesso monastero in cui, secondo
lipotesi di Vittore Branca, si sarebbe svolta la vicenda del giovane monaco di cui
si racconta in I. 4.3 Se si tratta del monastero di cui si fa menzione nellepistola
di Frate Ilario, si avrebbe, secondo alcuni,4 un motivo in pi per credere che la
lettera non lennesima invenzione del narratore, ma sia autentica e sia stata
solo trascritta da Boccaccio nei suoi Zibaldoni per documentare quellincontro che
avrebbe permesso a Dante di consegnare al frate otto canti dellInferno e anche di
spiegare la sua scelta linguistica per la Comeda.
Tuttavia, come per la vexata quaestio sul presunto viaggio che Dante avrebbe
fatto a Parigi, di cui si parla nel Trattatello (I redazione), proprio dopo essere stato in
Morosini Fu in Lunigiana 51
della novella qualche dubbio emerge sulla precisione storica degli eventi che fanno
da sfondo alla vicenda di Beritola.11 Branca, tuttavia, si ostina a voler considerare
confusione da parte di Boccaccio ci che andrebbe semplicemente attribuito alla sua
scelta, peraltro confermata da unattenta valutazione della poetica di Boccaccio, di
non seguire laccuratezza dei fatti storici ma la narratio fabulosa, ovvero un racconto
narrato come se fosse vero grazie a echi e accenni di riconoscibile storicit.
Lesordio di I. 4, invece, Fu in Lunigiana, paese non lontano da questo,
nonostante il preciso riferimento geografico alla terra lunigianese, pi che
incoraggiare unindagine di tipo storico e geografico serve a immettere la novella
immediatamente nellambito del cera una volta, scoraggiando qualsiasi tipo di
indagine se non quella retorico-letteraria. I luoghi del Boccaccio, difatti, inclusi
la Lunigiana e il monastero del Corvo in I. 4, sono solo il pretesto, come ricorda
giustamente Branca a proposito di una novella successiva a quella lunigianese,
il punto di partenza del suo racconto, quelle costruzioni novellistiche tra storia
e fantasia cos frequenti nel Decameron.12 Allo scopo di mostrare che lincipit
Fu in Lunigiana pu essere decisamente fuorviante e suggerire unintenzionale
rappresentazione di quella terra quando, in realt, la forza delle belle e pronte
risposte (I. 5. 4) ad interessare Boccaccio, si proporr una lettura parallela della
vicenda raccontata nella novella I. 4 e di una storia ad essa specularmente simile
raccontata nella seconda novella della IX Giornata che si svolge in un monastero
femminile milanese. Storia e Novella coincidono sempre e solo fino ad un certo
punto, ricorda ancora Branca, e penso al finale di certe novelle, sul fiabesco
andante come la II. 3 dove la compiacenza del favoloso si unisce allapparenza
storica.13 Per questo le due novelle lunigianesi e la stessa lettera di frate Ilario
suggeriscono che la Lunigiana si sia profilata al fervido immaginario di Boccaccio
come luogo di ispirazione letteraria per il passaggio e la cospicua presenza di
Dante in quelle terre. Nei primi mesi di ottobre del 1306 Dante non solo era
stato ospite presso i marchesi Malaspina Franceschino, Morello, e Corradino ma
divenne anche il loro procuratore.14 Si direbbe che la Lunigiana, dunque, cos
come pure Napoli e la costa amalfitana, luoghi che il certaldese conosceva e amava
profondamente, avesse il potere evocativo di ispirargli racconti di fittizia storicit.
Dalla rappresentazione della citt di Napoli arriva unulteriore conferma di quanto
la Lunigiana abbia potuto costituire uno spazio topografico letterario, rievocata,
come la citt partenopea, attraverso il filtro della memoria biografica e letteraria:
la Napoli virgiliana e la Lunigiana dantesca.15 Da qui un racconto realistico, nel
senso di verosimile ma non necessariamente vero sul piano storico.
Per quanto riguarda il dilettevole, laltro pilastro delledificio poetico del
Decameron, Boccaccio ci ricorda per bocca di Dioneo, e pour cause, nella novella I.
4, lo scopo della brigata: per dovere a noi medesimi novellando piacere. Non un
caso che sia Dioneo a raccontare la novella I.4 e non un caso che sia proprio lui
a fare questo commento perch non solo il filosofo del piacere, come lo descrive
Morosini Fu in Lunigiana 53
Morosini Fu in Lunigiana 55
protagonista della prima novella Martellino il primo trasformista del corpo, che
con la sua natura proteiforme, d alla giornata limpronta dellapparire, per scelta o
costrizione, ci che non si , meccanismo che viene antifrasticamente rovesciato con
lultima novella della giornata mettendo in scena la comica disperazione del giudice
per il mancato riconoscimento della moglie: or non riconosci tu Riccardo tuo che
tama pi che se medesimo? Come pu questo esser? Son io cos trasfigurato?.20
Pampinea, del resto, ci aveva avvertiti circa il potere permutativo di Fortuna
che tutte le cose, [] secondo il suo occulto giudicio, [] senza alcuno conosciuto
ordine a noi, esser da lei permutate (II. 3. 4), ma il monastero non cambia la natura
di un individuo, i suoi desideri naturali e, a volte, lo stesso succede con il viaggio:
ci sono viaggi che modificano, come quello di Andreuccio e Landolfo Rufolo,
sempre nella seconda giornata, ma ce ne sono altri che lasciano assolutamente
impermeabili chi li vive e, se di metamorfosi si vuole parlare, essa avviene solo
esternamente, fisicamente, come nel caso di Beritola e anche del monaco (come
si sa, labito non fa il monaco), al quale la societ, la Chiesa, ha affidato un ruolo
che non pu modificarne la vera natura. Da una parte la sensualit del monaco il
vigore del quale n la freschezza dei digiuni n le vigilie potevano macerare (I. 4.
4), dallaltra Beritola che miseria e i digiuni avevano resa magra.21
Boccaccio non risparmia la sua ironia circa la vita innaturale dei religiosi nei
monasteri e, senza entrare nel merito della nota novella III. 1 che racconta del muto
Masetto e della IX. 2 che ci offre una rappresentazione tutta da ridere delle monache
che si muovono come un vero e proprio esercito compatto da una cella allaltra del
convento pur di veder spacciata la fedigrafa consorella, colta en flagrant dlit con il
suo amante, per quello che a loro non dato avere in cos fatta scuola, il monastero.
Lanonimo canterino che ebbe il Decameron come modello per il suo Calonaco da
Siena, opera attribuita erroneamente al certaldese, ben colse il disagio di Boccaccio
verso i monasteri dove si annida il rammarico per una vita fatta di incontri e gioie
carnali, e ci offre un ritratto di una saggia e frustrata badessa che consiglia ad una
giovane donna sposata di lasciare il convento e ritornare da suo marito:
Vanne con lui, e ne sarai pregiata,
Pi che stare in cos fatta scuola
Che star non ci usa donna maritata
E la mand senza far pi parola
Pi volentieri che non vi fu menata.22
Ma soprattutto in Decameron V. 10 che si trova il manifesto dellaberrazione
della vita da monaca perch contro natura. In questa novella la moglie di Piero
di Vinciolo spiega che una donna sposata deve conseguire diletto e piacere come
natura vuole:
se io non avessi voluto essere al mondo, io mi sarei fatta monaca, e volendoci
essere, come io voglio e sono, se io aspetter diletto o piacer di costui, io
Decameron I. 4 e IX. 2
Morosini Fu in Lunigiana 57
desta lattenzione dellabate che si alza dal suo letto, e senza farsi vedere, si pone
sulluscio della cella del giovane ad ascoltare. Colto en flagrant dlit, il monaco oltre
modo fu dolente per la punizione che sarebbe seguita, ma pur, sanza del suo cruccio
niente mostrare alla giovane prestamente seco molte cose rivolse cercando se a lui
alcuna salutifera trovar ne potesse. E occorsagli una nuova malizia, la quale al fine
imaginato da lui dirittamente pervenne (I. 4. 9-10; corsivo mio). ben noto quanto
la novella I. 4 debba al genere del fabel e in che misura richiami anche versi del
fabliau De levesque qui bene lo con, come ci ricorda Carlo Muscetta (p.183), ma
Boccaccio problematizza il fabliau dedicando ben tre paragrafi (12-15) al dibattito
interiore dellabate, nellintento di mostrare lipocrisia e la presunta furbizia del
vecchio religioso che lo faranno cadere dritto nella trappola del giovane monaco.
Labate non sa se convocare tutti i monaci e mostrare loro la donna per evitare che
si critichi la punizione che ha riservato al monaco lussurioso, o accertarsi prima
dellidentit della giovane per evitarle un eventuale imbarazzo. Ma nel vedere la
giovane si svegliano gli stimoli della carne dellabate il quale sente subitamente non
meno cocenti gli stimoli della carne che sentiti avese il suo giovane monaco (I. 4. 5).
Quando labate dispone che il monaco venga messo in prigione questi gli risponde:
Messere, io non sono ancora tanto allOrdine di san Benedetto stato, che
io possa avere ogni particularit di quello apparata; e voi ancora non
mavavate monstrato che monaci si debban far dalle femine premiere come
da digiuni e dalle vigilie; ma ora che mostrato me lavete, vi prometto, se
questa mi perdonate, di mai pi in ci non peccare, anzi far sempre come
io a voi ho veduto fare. Labate che uomo accorto era, prestamente conobbe
costui non solamente aver pi di lui saputo, ma veduto ci che esso aveva
fatto. (I. 4. 21)
Si direbbe che la novella della badessa, per quella complessit e variet che
caratterizza il Decameron, riprenda volutamente il caso della novella lunigianese
con una importante variazione che si registra non tanto dal punto di vista
dellemissione, ma della recezione del bel motto: quando la monaca dice alla
badessa di avere la bont di annodarsi la cuffia, la superiora non recepisce a
differenza dellabate che capisce subito dove vuole arrivare il monaco con la sua
ingenua, del tutto ironica, pretesa di non conoscere le regole dellOrdine di San
Benedetto. Sia nella novella lunigianese che in quella milanese Boccaccio riprende
il motivo delle pronte e belle risposte e non a caso nellintrodurre la novella della
badessa la narratrice specifica che si tratter di Fortuna, anche se la novella viene
raccontata nellambito di una giornata dal tema libero come la nona: Carissime
donne, saviamente si seppe madonna Francesca, come detto , liberar dalla noia
sua, ma una giovane monaca, aiutandola la fortuna, s da un soprastante pericolo
leggiadramente parlando diliber (IX. 2. 3). Allinizio della novella successiva,
la IX. 3, il commento delle donne che tutte rendono grazie a Dio che la giovane
monaca aveva con lieta uscita tratta de morsi delle invidiose compagne (IX. 3. 2)
serve a ribadire che il vero antagonista della storia non la badessa, ma le monache
invidiose. Difatti, in entrambe le novelle, oltre limportanza dellemissione e
recezione del bel motto, si ironizza sul desiderio, tutto naturale, dellattrazione
verso laltro sesso che non a caso viene chiamato in I. 3 fiero proponimento, e che
n la societ n la Chiesa, a cui Boccaccio rimprovera lipocrisia, pu frenare. Di
fiere e fieri proponimenti (II. 6. 21) piena la seconda novella lunigianese e fiero,
nel senso di bestiale, parola chiave della novella sesta di Beritola.
Morosini Fu in Lunigiana 59
Morosini Fu in Lunigiana 61
non essendo ancora asciugato il latte dal suo petto, li allatta. Ormai le sembra aver
trovato compagnia pascendo erba e bevendo acqua, ogni tanto piange ricordandosi
del marito e dei figli e della sua vita precedente. Ormai si arresa a vivere e morire su
quellisola e ha fatto della cavriuola e i suoi due figli la sua famiglia, della caverna
il suo habitat. Non si pu sottovalutare il ruolo svolto dalla caverna nella vicenda
di Beritola perch essa fortemente simbolica di un ritorno alla Natura, lontano
dalle costrizioni imposte dalla societ (Cultura), quindi, tale ritorno dovrebbe
essere salutato come momento evenemenziale in cui lindividuo, Beritola, ritrova
se stesso. Eppure, sebbene Boccaccio con la novella interrotta di Filippo Balducci
nellIntroduzione della Giornata IV ci ricordi che non si pu ostacolare il corso della
Natura, la decisione di Beritola di ritirarsi nella caverna, gi nella Giornata II, viene, a
mio avviso, condannata. Con lavvenuta metamorfosi di Beritola allo stato animale,
Boccaccio pare presentare le pericolose conseguenze di uno smodato, e irrazionale,
vivere secondo Natura senza lausilio della Cultura. La caverna diventa, quindi, un
non luogo, uno spazio non sociale perch equivalente a un luogo di ferinit. Le
conseguenze di unesistenza in una caverna vengono condannate come era gi stato
condannato il monastero in I. 4, perch entrambi questi luoghi diventano spazi
simbolici di una topografia del desiderio che in entrambi i casi naturale, ma non
regolati dalla ragione. Il monastero reprime la Natura come la caverna reprime la
Cultura, la razionalit. Ci avviene quando i desideri naturali e gli istinti, di Beritola,
del giovane monaco, e anche dellabate, non vengono moderati dalla razionalit e
dal buon senso. A proposito di I. 4 Baratto giustamente commenta: si potrebbe
anzi dire che lavventura sensuale non neppure in primo piano, perch essa
pienamente accettata come un fatto naturale, ci che meno sorprende (p.230);
e si pu addirittura aggiungere che, a rappresentare ci che naturale non sono i
due luoghi chiusi al centro della vicenda di I. 4 e II. 6: il monastero e la caverna.26
Quanto diversa Beritola da Alatiel: anche Alatiel resta vittima di un naufragio, ma
al risveglio risoluta si d da fare. Del tutto simile il passo del risveglio delle due
donne dopo il grave incidente in cui sono occorse: Alatiel chiama uno a uno come
fa Beritola, non sentendosi rispondere comincia ad aver paura. Ma nondimeno,
strignendola necessit di consiglio, per ci che quivi tutta sola si vedeva, non
conoscendo o sappiendo dove si fosse, pure stimol tanto quelle che vive erano, che
su le fece levare (II. 7. 16). Quando vede la nave piena dacqua comincia a piangere
insieme alle altre. lunica volta che vediamo Alatiel piangere.
Viaggio e metamorfosi
Isotta trasmessa da Broul.27 Ormai la gentil donna Beritola diventata fiera. Non
a caso verr chiamata Cavriuola nel tentativo di Boccaccio di segnalare lavvenuta
trasformazione e lacquisizione di una nuova identit ferina. Dopo vari mesi arriva
una nave di pisani con Corrado dei Marchesi Malespini e una sua donna valorosa
e santa di ritorno da un pellegrinaggio nel regno di Puglia (San Michele, San Nicola
sul Gargano). Per passare malinconia, con la sua donna e qualche familiare e con
i suoi cani si fermano sullisola. Della donna, moglie di Corrado non si sa, e non
si verr a sapere, il nome. Si tratta, forse, di un personaggio femminile che funge
da alter ego a Beritola e alla sua vicenda. La moglie di Corrado, difatti, ci che
Beritola non pi: non un individuo con una sua precisa identit, ma moglie e
madre. Lei l come moglie, e Corrado, non a caso, ricorre alla sua solidariet di
moglie e madre per convincere Beritola a seguirli in Lunigiana, a Bocca di Magra
nel castello di Mulazzo, dove le avrebbero dato da mangiare e vestirsi. Corrado
conosceva Arrighetto e quando Beritola racconta pienamente ogni sua condizione
e accidente e il suo fiero proponimento loro aperse (21), piange di compassione.
A destare la curiosit di Corrado e la moglie, che guidati dal fiuto dei loro cani
sopraggiungono alla caverna, non tanto la sua pietosa storia quanto il suo aspetto
animale ormai donna bruna, magra e pelosa divenuta (II. 6. 21). La trasformazione
di Beritola avvenuta; ma solo il primo personaggio nella novella a subire una
metamorfosi, perch anche i suoi figli vivranno la stessa esperienza. Cosa ne stato
dei figli e della balia di Beritola? I corsari arrivati a Genova avevano venduto la
merce e per avventura la balia e i due figli di Beritola erano schiavi di Guasparrin.
La balia, sorella spirituale di Alatiel, pi in gamba di Beritola perch, per quanto
fosse dolente oltre modo della perdita della sua donna e della misera fortuna nella
quale se e i due fanciulli caduti vedea, si d da fare. Ella lungamente pianse. Ma
poi che vide le lagrime niente giovare e s esser serva con loro insieme. Ancora che
povera femina fosse, pure era savia e avveduta; per che, prima come pot il meglio
riconfortatasi, e appresso riguardandosi dove erano pervenuti, savis che se i due
fanciulli conosciuti fossono, per avventura potrebbero facilmente impedimento
ricevere (II. 6. 28-29; corsivo mio). Si noter che la balia, pur essendo una serva, viene
presentata da Boccaccio come un personaggio saggio che si adegua ai capricciosi
mutamenti di fortuna. Ella, difatti, sperava che, quando che sia, si potrebbe mutar
la fortuna e essi si potrebbono, se vivi fossero, nel perduto stato tornare (29;
corsivo mio). Una saggia decisione quella di non dire nulla fino a quando i tempi non
fossero stati propizi, come del resto sensata era stata la sua decisione di cambiare
il nome di Giuffredi in Giannotto da Procida per evitare ripercussioni da parte dei
Genovesi che erano favorevoli agli Angioini. La balia, come Alatiel, capisce che il
caso di cambiare nome e, come Alatiel quando capisce le vere intenzioni di Pericone,
con altezza danimo propose di calcare la miseria della sua fortuna (II. 7. 24).
Si possono cogliere qui i primi segnali di quella geometria di corrispondenze
e richiami messa in atto da Boccaccio e sempre ben mimetizzata tra novelle e tra
Morosini Fu in Lunigiana 63
personaggi di una stessa novella per segnalare, nel caso specifico di II. 6, una
differenza tra Beritola e la sua balia verso la quale Boccaccio sembra avere pi
simpatia: da una parte c la signora che si riduce allo stato fiero e bruto essendo
poco savia e disperata, fa passare per figli suoi due caprioli, e dallaltra la balia
che fa passare per figli suoi i due ragazzi e Giannotto. Un altro personaggio nella
novella che prova a cambiare il proprio destino e mutare il corso di Fortuna il
figlio di Beritola che rifiuta di essere servo e avendo pi animo che a servo non
sapparteneva, sdegnando la vilt della servil condizione (II. 6. 32), decide di
scappare. Durante i suoi quattro anni di viaggio viene a sapere che il padre non
morto, ma prigioniero del re Carlo. Disperato, vagabondando, da Alessandria
perviene in Lunigiana e per ventura finisce al servizio di Corrado proprio nello
stesso castello dove risiede la madre, ma i due non si vedono, o meglio, non si
riconoscono, essendo essi cos diversi da come si erano lasciati. Il verbo , non a caso,
trasformare: tanto let di uno e dellaltro, gli avea trasformati (II. 6. 34). Cos alla
fine della novella quando i due si ritroveranno, il difficile riconoscimento avviene su
un repertorio di dati essenziali affidati alla memoria unica tra una madre e un figlio:
Beritola riconosce il figlio da occulta vert desta in lei alcuna ramemorazione de
puerili lineamenti del viso (II. 6. 66) e il figlio la riconosce dallodore materno: pur
nondimeno conobbe incontanente lodor materno (II. 6. 67).
Giuffredi si innamora della figlia di Corrado. I due vengono sorpresi e
arrestati e se non vengono uccisi solo grazie allintervento della moglie di Corrado
che, come abbiamo detto, qui senza nome e con un ruolo preciso: moglie e madre.
Ancora una prigionia, ancora trasformazioni fisiche per i nostri personaggi, perch
le continue lacrime e i digiuni trasformano i corpi dei due giovani: le carni di
Giannotto sono macerate e la Spina magra e pallida, debole quasi unaltra femina
che esser non soleva parea, e cos Giannotto un altro uomo (II. 6. 57). Arriva la
notizia in prigione che Pietro III dAragona in Sicilia e i francesi sono stati sbattutti
fuori. Corrado ne fa gran festa e anche Giuffredi. Una guardia si incuriosisce che un
fante abbia interesse per i fatti di Sicilia; si viene a sapere che figlio di Arrighetto,
perch Giuffredi, chiamato Giannotto da Procida, vorrebbe tornare in Sicilia nel
perduto stato tornare (29), come signore: io non Giannotto ma Giuffredi ho
nome; e non dubito punto, se io di qui fossi fuori, che tornando in Cicilia io non
vavessi ancora grandissimo luogo (II. 6. 46). Corrado pensa di dare sua figlia in
sposa a Giuffredi per salvare lonore della famiglia. Nel frattempo Giuffredi chiede
che anche il fratello venga liberato da schiavit presso Guasparrin Doria che, venuto
a conoscenza delle origini di Scacciato, gli promette in moglie la figlia.
Tutti vanno a Lerici, vicino al monastero, porto nel golfo di La Spezia non
lontano dal Magra (Purg., III. 49).
Pur essendo le due novelle lunigianesi cos diverse nei loro contenuti e pur
avendo come solo apparente dato in comune la Lunigiana, affrontano entrambe temi
di estrema importanza per la comprensione dellopera di Boccaccio. La Lunigiana
il luogo scelto dal Boccaccio per depositare due delle sue convinzioni poetiche pi
importanti, ma solo ed esclusivamente in virt di ragioni letterarie e biografiche
legate a Dante. Boccaccio non aveva bisogno di andare in Lunigiana per comporre
le sue novelle lunigianesi o per trascrivere la lettera di frate Ilario, ammesso che si
tratti di trascrizione e non di invenzione, perch la sua geografia sempre letteraria,
filtrata cio attraverso la memoria personale o letteraria. Tra laltro, dalle lettere
e accenni in varie sue opere, si coglie sempre una certa fatica a viaggiare.28 Nel
caso della Lunigiana, il monastero del Corvo o meglio laltura del Corvo, come si
gi detto, era molto conosciuto e Boccaccio sapeva dellaccoglienza ricevuta dal
maestro Dante in questi luoghi. Gli bastano questi pochi elementi estratti dalla
memoria personale, dati da astrarre per comporre una novella dellesilio, quella
di Beritola, il cui figlio partorito, e chiamato non a caso Scacciato, si rivelano dati
particolarmente eloquenti per una novella che si svolge in Lunigana. La novella II.
6, pi che la I. 4, conferma che la terra di Lunigiana, cos come pure Napoli e la
costa amalfitana, aveva il potere evocativo di ispirargli storie. Non un caso che
nella novella II. 6 sia proprio Corrado II Malaspina ad arrivare inaspettatamente in
soccorso di Beritola e portarla generosamente in uno dei suoi castelli. lomaggio
di Boccaccio alla magnanimit e cortesia di Corrado, pura reminiscenza letteraria e
biografica dellemulo di Dante e suo primo biografo che era a conoscenza dellelogio
fatto da Dante nel canto VIII del Purgatorio a quel magnanimo Corrado Malaspina
posto dal poeta nella valletta dei principi, e che come tale anche Boccaccio vuole
celebrare.29 Nella vicenda di Beritola si pu notare fino a che punto a Boccaccio non
interessasse la Lunigiana se non per la suggestione letteraria del viaggio dantesco in
quella terra, vicenda la cui eco presente nello svolgersi degli eventi di Beritola.
La Lunigiana lo spazio meramente letterario, un dato topografico che rientra
in una topografia del Mediterraneo che Boccaccio descrive con la cognizione di causa
mercantesca, con le conoscenze acquisite dallambiente di mercatura e dai suoi
stretti rapporti col regno Angioino. Non a caso, la Lunigiana, regione tra Toscana e
Liguria, che prende il nome dallantica Luni, accoglieva i castelli dei Malaspina con i
quali i mercanti fiorentini ebbero ottimi rapporti, come ci ricorda Branca rifacendosi
allo storico Robert Davidsohn, ma resta un puro dato evocativo, fantastico, nello
scenario altrettanto evocativo del Mediterraneo.30 Beritola e Alatiel attraversano
citt e porti del Mediterraneo restando impermeabili a qualsiasi cambiamento se
non quello fisico. Se il Mediterraneo il luogo dove lindividuo si confronta con se
stesso, Beritola si preclude questa possibilit e rinchiudendosi nella caverna sembra
restia ai cambiamenti. Ma la Lunigiana resta un puro dato evocativo, fantastico.
Boccaccio non indugia sui dettagli del teatro dellazione, descrizione di citt, di porti,
e il Mediterraneo, come la Lunigiana, fa da semplice scenario agli eventi. Anche
per la novella di Beritola si potrebbe dire quanto Giancarlo Mazzacurati scrive a
proposito di Alatiel: I luoghi sembrano (quasi sempre il gran teatro del Mediterraneo)
appartenere ancora a una topografia semileggendaria: non rappresentano fondali in
Morosini Fu in Lunigiana 65
sua pubblicazione.
1
Morosini Fu in Lunigiana 67
Frate Ilario.
biografico <www.disp.let.uniroma1.it/fileservices/
filesDISP/18_LONGO.pdf>.
6
13
14
15
16
17
7-24.
10
(p.202).
11
22
23
resources/Docs/Biblioteca/boccaccio_mediterraneo.pdf>.
18
24
19
25
26
28
29
1307.
30
31
(p.289).
32
danteschi, p.59.
Sul ruolo di Ilario nel Filocolo si veda Morosini, Ilario e
33
road(pp.88-91).
21
10.1179/026143409X409774