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Foscolo-Monti

I due poeti citati nel titolo, Vincenzo Monti e Ugo Foscolo, sono senza dubbio tra i maggiori esponenti del
neoclassicismo italiano, anche se per caratteristiche personali e ideali, sono molto diversi tra loro; essi,
pi d'ogni altro poeta del neoclassicismo italiano, hanno esercitato un enorme fascino sulle generazioni
romantico-risorgimentali successive.
Quindi, sulla base di quanto ho scritto, possiamo definire i due poeti due classici del nostro Ottocento, ma
due classici molto diversi: Vincenzo Monti, tra i due, quello che vive meno intensamente, o almeno in
modo pi accademico il concetto di classicismo e di mitica grecit.
Il Monti attribuisce al concetto di classicismo una veste arcaica e ornamentale: egli, insomma, si rif a
episodi della mitologia greca per raccontare fatti di cronaca del suo tempo. Il Monti, secondo un gusto
diffuso del tempo, fa versi antichi su fatti di attualit. Si prenda, ad esempio, la sua opera "Ode al signor
di Montgolfier" in cui il poeta racconta, attraverso una precisa cronaca, il primo volo in mongolfiera e
paragona questa ardua impresa a quella degli Argonauti, accostando l'inventore del pallone aerostatico a
Giasone, a colui, cio che guid la spedizione, e i piloti della mongolfiera a Tifi.
Per il Foscolo, invece, classicismo e grecit non sono solo strumenti formali di ornamentazione e
abbellimento; per il Foscolo grecit Zacinto, l'infanzia perduta che contrasta con un presente di esilio,
ingiustizia, guerra e disordine.
Il Foscolo, insomma, mitizza il mondo greco e ne fa una sorgente di luce morale da contrapporre alla
propria, infelice condizione. Il motivo classico e il ritorno alla mitica grecit rappresentano uno degli
aspetti di fondo di tutta la produzione foscoliana, poich egli vive il classicismo e il ritorno alla grecit
rappresenta per il poeta un ritorno, un aggancio con la serenit dell'infanzia e degli affetti familiari; la
rottura e il distacco, (dovuti a motivi economici) dalla terra natale, rappresentano certamente un trauma
che avr una grande eco in tutta la sua produzione. Per il modo intenso con cui egli vive il classicismo,
Foscolo pu essere definito un precursore del romanticismo, e il suo neoclassicismo assume la valenza di
neoclassicismo-romantico, ritenuto dai pi il vero neoclassicismo italiano.
Il neoclassicismo del Monti, e di altri poeti, comunemente definito minore; Monti vuole ottenere dalla
letteratura solo la gloria, e per averla disposto a scendere a compromessi e scrivere secondo le
tendenze del momento, passando con grande facilit da uno schieramento all'altro: prima contro la
rivoluzione, poi a favore; prima contro Napoleone e poi a favore.
Mentre il Foscolo parla di valori come la patria e la fratellanza il Monti si limita ad essere solo un poeta
dell ' "orecchio e dell'immaginazione", senza alcun ideale da seguire.
Foscolo, a differenza del Monti, fu molto attivo anche in politica, e vi approd molto precocemente gi
dagli anni veneziani (179-1799,quando abbracci le idee democratiche e rivoluzionarie, influenzato da
suggestioni alfieriane.
Durante questo periodo compone un'ode a Napoleone, in cui, pi che aderire agli ideali giacobini, celebra
la ragione di Stato. Col trattato di Campoformio Napoleone cede Venezia agli austriaci provocando una
grande delusione nell'animo di Foscolo e di tanti patrioti italiani. Questa crisi degli ideali giacobini e la
delusione politica (di fronte all'andamento della Rivoluzione e alla presenza di Napoleone) sono
rappresentate nel romanzo "Ultime lettere di Jacopo Ortis", opera prima di Foscolo, che pi di ogni altra
rispecchia la coscienza dell'Italia di fine settecento.
In questo romanzo sono due i temi principali: la passione amorosa e la passione politica.
In entrambi il protagonista matura profonde delusioni che lo spingeranno a compiere il gesto estremo del
suicidio, nel quale molti patrioti videro un gesto di protesta eroica contro la "tirannide" del padre-padrone
Napoleone.
Nell'Ortis, quindi, chiaramente riscontrabile una forte componente di protesta contro la violenza
esercitata dalla politica napoleonica, che non lasciava spazio e che calpestava i sentimenti e gli
entusiasmi dei patrioti; in quest'opera avvertiamo, inoltre, la presenza di una sconsolata rassegnazione e

constatazione della presenza della violenza vista come una legge naturale, inequivocabile, che ha da
sempre dominato l'uomo e la sua indole.
Il protagonista, dunque, costatando, rassegnato, la presenza quasi meccanicistica della violenza nella
natura dell'uomo, decide di terminare e dare fine alle sue delusioni politiche con il suicidio, non riuscendo
a coltivare quelle illusioni che gli avrebbero permesso di continuare a vivere.

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