Denaro di Obizzo.
Cosi Vincenzo Bellini descriveva la prima moneta coniata dagli Estensi in Ferrara, che risultava
essere anche lunica coniata dal marchese Obizzo III. Non si conosce alcun diploma imperiale di
concessione del diritto di zecca alla casa dEste, pertanto verosimile che i signori ferraresi
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abbiano sfruttato quello concesso alla comunit di Ferrara .
LOgnibene riportava un documento che, in consonanza a quanto sostenuto da Fra Paolo da
Legnago nella Cronaca Estense, collocava nel 1346 la comparsa delle prime monete recanti
limpronta dei marchesi dEste 6: nel documento si legge che nel 1346 furono battuti in Ferrara li
Ferrarini, moneta che si spendea per denari nove e mezzo. Il Chronicon Estense indica invece
come data il 1347 7, mentre una cronaca anonima conservata nella Biblioteca Estense arriva
addirittura al 1348 8. Ad ogni modo, quale che sia la fonte che si vuole accreditare
maggiormente, linizio delle emissioni ferraresi sotto la signoria degli Estensi legato alliniziativa
di Obizzo III.
Le cronache suddette riferivano che si iniziava a battere un nominale detto ferrarino, il quale
recava impressa da una parte lAquila Estense nel mezzo, con intorno la legenda OPZ.
MARCHIO, dallaltra parte una lettera F gotica nel mezzo, iniziale del nome FERARIA, che
assieme allo stemma posto allintorno 9.
coniazione del tirolino, pari nel valore al grosso di Verona 17. Le imitazioni dellaquilino, da quella
pi antica di Treviso a quella pi recente di Parma, erano rimaste circoscritte al ventennio 1319 18
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1338
e il loro valore era pari a venti denari veronesi . Caratteristica comune alle varie
imitazioni era un piccolo stemma che tutte recavano inserito nel giro della leggenda del dritto o
del rovescio e che non era invece presente nelle emissioni di Merano.
Nel 1340 esistevano gi gli aquilini a Ferrara ed erano moneta nuova (ma non sempre con
nuova si intende coniata da poco), come riferisce il Codice dei Malefizii: quod Aquilini novi a
Kalendis Madii proximi venturi in antea non possint expendi in Civitate Ferrarie vel districtu nisi
pro argento fracto e nel 1341 de mandatu illustris et magnifici Domini Obizonis Marchionis
Estensis quod Aquilini novi non possint nec debeant expendi vel cambiari in Civitate
Ferrariae 20: dunque Obizzo III nel 1341 a prescrivere che non fossero pi accettati, forse in
seguito ad una svalutazione, gli aquilini, documentati in citt un anno prima. Di questo
provvedimento, peraltro temporaneo, recavano notizia anche le cronache, ma con altra data.
Evidentemente la tosatura di queste monete doveva essere talmente evidente da alterarne in
modo significativo il valore 21.
riportata dallOgnibene una grida del 1381 che stabiliva il rapporto tra aquilini, marchesani e
bagattini 22: laquilino era valutato 20 bagattini mentre il marchesano grosso emesso da Nicol II
corrispondeva a 24 bagattini. Secondo lErcolani Cocchi sarebbe da escludere che si trattasse
degli aquilini meranesi, i quali avevano conosciuto la massima diffusione circa un secolo prima e
a tal proposito ricorda che sono molte le zecche che fino agli anni 30 del XIV secolo emettevano
degli aquilini che possono aver circolato a Ferrara 23; tuttavia, la copiosa presenza di aquilini
meranesi nei ripostigli di inizio XIV secolo potrebbe far sospettare che si potesse trattare proprio
dei nominali di Merano 24, dei quali Ferrara si sarebbe limitata a battere il denaro, utilizzato come
frazione.
In occasione dellantico ritrovamento di un bagattino e di altre monete degli estensi occorso
durante la demolizione del Palazzo della Ragione a Ferrara, il Mayr pubblicava un opuscolo
interamente dedicato al bagattino di Obizzo. Dopo aver descritto la moneta, sosteneva che si
trattasse del bagattino della lira cos detta di aquilini, la qual lira fu moneta nominale, ma reale
nei suoi spezzati, cio nei soldi, quattrini e bagattini; che per sino adesso si era in forse se di
questi spezzati dal tempo divoratore se ne sieno salvati 25.
Risulta affascinante lipotesi secondo cui gli esemplari rimasti di Obizzo III sarebbero tutti dei
piccoli che si sarebbero affiancati a dei grossi, dei quali non rimasta traccia 26, ma riteniamo
pi probabile che i grossi fossero quelli di tipo meranese circolanti nellarea monetaria veneta,
allinterno della quale si erano sostituiti ai matapan veneziani.
Alla luce di quanto suddetto dunque, gli aquilini menzionati nelle fonti ferraresi ci sembrano poter
essere proprio quelli di Merano.
I denari falsi
Un discorso particolare va riservato ai falsi. Le cronache di Ferrara, riferendosi allanno 1358
narravano che A di X novembre forno sbandezati li Ferrarini, li quali feno fare lo marchexe
Obizo, li quali erano afalsadi et foe mandato a bruxare uno homo in Corbola per questa moneta
pizola falsa. E fo fato una Crida che ala pena de libre uenticinque niuno la refudasse dicta
moneda venetiana. Queste monete false erano dunque prodotte a Corbola luoco de Veneziani, a
sud di Adria e il falsario, scoperto, veniva bruciato sul rogo; i ferrarini venivano banditi dal
dominio dei Marchesi dEste e veniva stabilito che nessuno rifiutasse la moneta veneziana, di cui
veniva prescritto luso nelle comuni contrattazioni 27.
I falsi venivano prodotti con regolarit allepoca e gi si visto per Ferrara come fin dal periodo
comunale fossero abbondanti le produzioni dei falsari 28. Citiamo a tal proposito uno degli
esemplari analizzati allXRF 29, il quale in considerazione dellirrisoria quantit dargento
contenuta, pu facilmente essere identificato con una delle monete prodotte a Corbola.
Aspetti iconografici
Per quanto riguarda le scelte iconografiche, la rivoluzione adottata rispetto al tipo comunale, oltre
ad essere in linea con una variazione nel peso e nellintrinseco, potrebbe risentire sia del
cambiamento di regime politico ai vertici della citt, sia probabilmente delle vicende politiche
legate al rientro in Ferrara degli Estensi, dopo una breve parentesi durante la quale erano stati
cacciati dalla citt. Il nuovo denaro celebrava infatti il Signore, riportandone il nome e recando al
rovescio lemblema dellaquila estense, che potrebbe in tal caso essere anche un emblema della
casa dEste, oltre che un richiamo agli aquilini.
Note
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1332.
La figlia Alisia spos Guido da Polenta, figlio del signore di Ravenna; il figlio Aldobrandino
spos invece Beatrice figlia di Ricciardo da Camino.
Per questa introduzione storica si rimanda in generale a L. Chiappini, Gli Estensi, Milano
1967.
V. Bellini, Delle monete di Ferrara, Ferrara 1761, pp. 87-88.
L. Bellesia, Le monete di Ferrara: periodo comunale ed estense, San Marino 2000, p. 43.
G. Ognibene, I capitoli della zecca di Ferrara nel 1381, note e documenti, Atti e memorie
della Deputazione di Storia Patria delle Province Modenesi, 1895, p. 188.
1347 de mense martii publicata est moneta Ferrarinorum ut expenderetur in civitate
Ferrarie tempore dominis Marchionis Opizonis; G. Ognibene, cit., p. 188.
Del 1348 si cominci a battere la moneta chiamata Ferrarino che si spendeva in tutto il
dominio di Ferrara, et questo fu ad istanza del d. Signor Marchese Obizzo; G. Ognibene,
cit., p. 188.
G. Ognibene, cit., pag. 188 e V. Bellini, cit., p. 87.
E. Ercolani Cocchi, Roma Museo Nazionale Romano, collezione di Vittorio Emanuele III di
Savoia, zecca di Ferrara, I: et comunale ed estense, Bollettino di Numismatica, 1987, p.
21.
V. Bellini, cit., pp. 89-90.
E. Ercolani Cocchi, cit., p. 22.
A. Saccocci, Un aquilino inedito della zecca di Padova, Rivista italiana di numismatica e
scienze affini, LXXXIX, 1987, p. 157.
Pi precisamente ci si riferisce alle monete coniate dai fratelli Alberto II e Mainardo II, conti
del Tirolo e di Gorizia, a cominciare, si ritiene, dal 1258; O. Murari, Gli aquilini di tipo
meranese nelle zecche italiane, Quaderni ticinesi di numismatica e antichit classiche,
1980, p. 348.
Per una panoramica completa sulla produzione e circolazione delle monete meranesi si
rimanda a H. Rizzolli, Mnzgeschichte des alttirolischen Raumes im Mittelalter und Corpus
nummorum tirolensium mediaevalium, 1, Bolzano 1991, pp. 103-124.
Proprio con largento destinato a Venezia si coniarono queste monete. Merano infatti
riusciva ad appropriarsi del flusso di metallo bianco proveniente dalla Germania; A.
Saccocci, Alle radici delleuro, quando la moneta fa la storia, Treviso 2001, p. 126.
Aumentato cio a 20 denari piccoli veronesi, e non pi anonimo come laquilino, bens con
il nome del conte Mainardo. Sar pure questa una moneta di successo; O. Murari, cit., p.
349.
Aquilini furono coniati nelle zecche di Treviso, Padova, Vicenza, Verona, Mantova e
Parma, con unappendice a Mantova tra 1382 e 1407, quando Francesco I Gonzaga conia
laquilino di III tipo; A. Saccocci 1987, cit., pp. 157-158.
Le notizie sul valore intrinseco di queste monete sono ancora incerte ma pare che le
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imitazioni risentissero di una svalutazione del 10% rispetto agli aquilini originali di Merano,
e addirittura superiore dopo il 1329; O. Murari, cit., pp. 349-350.
E. Ercolani Cocchi, cit., p. 22.
Tra laltro anche Venezia aveva dovuto inviare delle disposizioni al Podest di Treviso tra
1353 e 1355 stabilendo un peso minimo di 1,16 grammi affinch laquilino potesse
circolare; A. Saccocci, Contributi di storia monetaria delle regioni adriatiche settentrionali
(sec. X-XV), Padova 2004, p. 149, n. 55.
G. Ognibene, cit., pp. 205-206.
O. Murari, cit., pp. 347-365.
A. Saccocci 2004, cit., pp. 12-22.
G. Mayr, Monete e medaglie onorarie ferraresi, Venezia 1835, p. 8.
E. Ercolani Cocchi, cit, p. 23.
G. Ognibene, cit, p. 189.
Si veda ad esempio il caso friulano di Sacuidic.
Si tratta di analisi condotte con il metodo della fluorescenza ai raggi X.