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LEZIONI DI NEUROCHIRURGIA

A.A. 2005 - 2006

Prof. Giulio Maira

Con i contributi di :
Prof. Carmelo Anile
Prof.ssa Gabriella Colicchio
Prof. Concezio Di Rocco
Prof. Mario Meglio

SOMMARIO
(cliccare sulla voce desiderata)
FISIOPATOLOGIA DEL SISTEMA INTRACRANICO

ERNIE CEREBRALI

IDROCEFALO

TERZO VENTRICOLOSTOMIA
DEMENZA ASSOCIATA AD IDROCEFALO NORMOTESO
DISTURBI CEREBROVASCOLARI ACUTI
ANEURISMI INTRACRANICI ED EMORRAGIA SUB-ARACNOIDEA (ESA)
CLINICA
EZIOLOGIA
DIAGNOSI
COMPLICANZE
TRATTAMENTO DI UNA ESA DA ROTTURA DI ANEURISMA INTRACRANICO
Filmato aneurisma
TERAPIA ENDOVASCOLARE DEGLI ANEURISMI INTRACRANICI.
Filmato terapia endovascolare,
MALFORMAZIONI ARTEROVENOSE (MAV)( O ANGIOMI ARTEROVENOSI)
CAVERNOMI
Filmato cavernoma
ADENOMI DELL'IPOFISI
DIAGNOSTICA RADIOLOGICA
DIAGNOSTICA ORMONALE
TERAPIA CHIRURGICA.
ENDOSCOPIA
RADIOTERAPIA
TERAPIA MEDICA
TUMORI CEREBRALI
EZIOLOGIA DEI TUMORI CEREBRALI:
TRATTAMENTO CHIRURGICO
RADIOTERAPIA INTRALESIONALE DI GLIOMI MALIGNI:
CEFALEA ASSOCIATA A PATOLOGIA ENDOCRANICA NON VASCOLARE.
CEFALEA NEI TUMORI ENDOCRANICI
MECCANISMI ALLA BASE DELLA CEFALEA:
CEFALEA ASSOCIATA A SELLA VUOTA.
TRAUMI CRANICI
LESIONI FOCALI
EMATOMI POST-TRAUMATICI
LESIONI DOVUTE ALLO SCUOTIMENTO DELLA MASSA CEREBRALE
TERAPIA CHIRURGICA
ALTERAZIONI DELLA COSCIENZA
SEGNI CLINICI DEL COMA
LE ERNIE DEL DISCO INTERVERTEBRALE
ERNIA DEL DISCO LOMBARE
ERNIA DEL DISCO CERVICALE
LA NEUROCHIRURGIA STEREOTASSICA NELLA MALATTIA DI PARKINSON
PATOGENESI DELLA MALATTIA DI PARKINSON:
SUBSTRATO FISIOPATOLOGICO DELLA MALATTIA DI PARKINSON
IL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA MALATTIA DI PARKINSON
NEUROCHIRURGIA STEREOTASSICA DEL NUCLEO SUBTALAMICO (NST)

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LA NEVRALGIA DEL TRIGEMINO


EZIOPATOGENESI
TERAPIA
RISULTATI DELLA CHIRURGIA
TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE EPILESSIE
NEUROCHIRURGIA DELLE EPILESSIE
PROCESSO DI EPILETTIZZAZIONE
EPIDEMIOLOGIA
FARMACORESISTENZA
INDICAZIONE ALLA CHIRURGIA
SELEZIONE DEI PAZIENTI
TRATTAMENTO CHIRURGICO

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AFFEZIONI CEREBROVASCOLARI DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE

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IN ET PEDIATRICA

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EMORRAGIE CEREBRALI PERINATALI.


MALFORMAZIONI VASCOLARI CEREBRALI
MALFORMAZIONI ARTEROVENOSE CEREBRALI
ANGIOMI CAVERNOSI
MALFORMAZIONI ARTEROVENOSE DELLA REGIONE DELLA VENA DI GALENO
SINDROME DI MOYAMOYA
ANOMALIE DI CONFORMAZIONE DEL CRANIO
NEOPLASIE DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE IN ET PEDIATRICA
NEOPLASIE DELLA FOSSA CRANICA POSTERIORE
Astrocitomi cerebellari
Astrocitomi fibrillari.
Medulloblastomi
Ependimomi
Gliomi del tronco encefalico
NEOPLASIE CEREBRALI SOVRATENTORIALI
Astrocitomi cerebrali
Ependimomi
Oligodendrogliomi
Papillomi dei plessi corioidei
NEOPLASIE DELLA REGIONE SELLARE E SOVRASELLARE
Gliomi ottico-ipotalamici
Craniofaringiomi
Tumori della regione pineale
TUMORI SPINALI
TRAUMI CRANICI E SPINALI
EPIDEMIOLOGIA
MECCANISMI PATOGENETICI DEI TRAUMI CRANIO-ENCEFALICI
PRINCIPALI TIPI DI LESIONE DA TRAUMA CRANIO-ENCEFALICO
Fratture craniche
Ematomi epidural
Ematoma subdurale
Emorragia subaracnoidea
Emorragia intraventricolare
Danno assonale diffuso0
Erniazioni cerebrali
La sindrome del bambino percosso
TRATTAMENTO
TRAUMI SPINALI
INDICE ANALITICO

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FISIOPATOLOGIA DEL SISTEMA INTRACRANICO

L' encefalo racchiuso, con il sangue a lui destinato ed il liquor che lo bagna, nella teca cranica e
nella dura madre encefalica.
Per comprendere le modificazioni che avvengono all'interno del nostro cranio tutte le volte
che si verifica un evento patogeno bisogna fornire alcuni dati sulla fisiopatologia del sistema
intracranico.

Il sistema intracranico un insieme anatomo-funzionale costituito da un contenente rigido e


da un contenuto incomprimibile: il parenchima cerebrale (80% del volume), il liquido cefalorachidiano (10%) ed i vasi con il sangue (10%). Le strutture intracraniche sono sottoposte ad una
pressione che, in condizioni di normalit, non supera i 15 cm di H2O o i 13 mm di Hg. In questo
sistema, per evitare aumenti deleteri della pressione, necessario che si mantenga un volume
costante (legge di Monro-Kellie).
L'apporto di una ulteriore componente volumetrica potr avvenire solo grazie ad una
modificazione reciproca degli elementi presenti volta a compensare lo squilibrio causato.
La disponibilit del sistema ad accogliere variazioni di volume detta compliance ed
legata alla esistenza di meccanismi di compenso intracranici. Il liquor cerebrospinale (10% del
volume intracranico) stato considerato finora il pi importante di questi, grazie alla possibilit di
spostamento dal settore craniale a quello spinale ed alla modificazione del rapporto tra produzione
ed assorbimento. La sua efficacia nello smorzare l'aumento di volume dipendente dalla velocit
con cui questo si determinera', essendo le
modificazioni liquorali relativamente "lente". Il
sangue (altro 10% del sistema intracranico)
rappresenta forse l'elemento a pi rapida
mobilizzazione, legato alla compressibilit del
letto vascolare venoso ed alla regolazione del
calibro vasale.
L'esistenza di questi compensi fa s che il
sistema intracranico non si comporti come un
sistema chiuso ma come un sistema semiaperto,
in cui, entro certi limiti, certe variazioni
volumetriche sono possibili senza ampie
variazioni di pressione.
Questa condizione rappresentata dal rapporto pressione/volume, esprimente le variazioni
pressorie del sistema in risposta a quelle volumetriche; pu essere rappresentata con una curva
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esponenziale in un grafico cartesiano individuato dalle variazioni di pressione sull'asse delle


ordinate e da quelle di volume sull'asse delle ascisse. Superato un determinato limite, dipendente
dalle caratteristiche biomeccaniche del sistema, mano a mano che aumenta il volume intracranico si
esaurisce la compliance cerebrale ed il sistema si sposta verso la parte destra della curva e si
trasforma in un sistema chiuso o rigido in cui i compensi a variazioni di volume non sono pi
possibili e piccole variazioni, anche fisiologiche, di volume possono determinare variazioni
pressorie tali da costituire un pericolo per la vita del paziente.
La conseguenza di aumenti pressori in un sistema chiuso, cio in un sistema che ha esaurito
tutti i suoi meccanismi di compenso, si tradurr inevitabilmente in due situazioni potenzialmente
drammatiche e responsabili dell'insorgenza di un grave deterioramento neurologico:
1)la riduzione della perfusione cerebrale ;
2) lo spostamento di masse cerebrali attraverso i sepimenti intracranici, le cosiddette ernie
cerebrali .
Gli eventi finali dovuti al progredire incontrastato di tali meccanismi patologici
determinano l'interruzione della circolazione ematica intracranica, il cosiddetto "tamponamento
cerebrale", o l'arresto cardio-respiratorio per compressione delle strutture tronco-encefaliche.
Una emorragia intracranica, o un rigonfiamento cerebrale post-traumatico, o un processo
occupante spazio, possono provocare la serie di eventi sopra riportati con riduzione della
compliance ed aumento della pressione intracranica. L'individuazione di una tale situazione
una chiara indicazione ad un intervento terapeutico, anche aggressivo, volto ad evitare che il
paziente muoia per il verificarsi delle circostanze di cui si parlato. Qualora l'esame clinico e
l'indagine morfologica eseguita mediante Tomografia Computerizzata, non consentano di
valutare esattamente e tempestivamente l'evoluzione dinamica di questo processo patogenetico,
esso pu essere colto pienamente attraverso il monitoraggio continuo della pressione
intracranica (PIC) effettuabile con diverse metodiche. Quelle da noi preferibilmente utilizzate
sono costituite dalla misurazione per via intraventricolare o per via subdurale.
La misurazione per via intraventricolare rimane ancora oggi, anche nella nostra esperienza,
il metodo piu' attendibile. I vantaggi, rispetto alle altre modalit, sono rappresentati principalmente
da:
- estrema affidabilit della misurazione;
- ottima visualizzazinone dell' onda di
pulsazione
liquorale con possibilit quindi di accurate
analisi
morfologiche;
- disponibilit di una via di deliquorazione
che pu permettere un veloce trattamento
dell'ipertensione endocranica.
- possibilit di dosaggi biochimici a fini
prognostici.
Gli svantaggi sono legati essenzialmente al rischio di inquinamento liquorale ed al trauma
parenchimale.I valori di pressione intracranica esprimono in ogni istante, sia con il valore assoluto
che con la morfologia dell'onda legata al ciclo cardiaco, la condizione statica e dinamica della
compliance cerebrale. I valori di PIC sono considerati normali se sotto i 15 cm H2O o i 13

mmHg.
L'aumento sia assoluto che relativo della PIC pu prontamente svelare l'insorgenza di un
edema cerebrale o di una lesione occupante spazio, favorendone cos un tempestivo trattamento.
In un grave trauma cranio-encefalico l'andamento della PIC ha una stretta correlazione con
la mortalit; l'ipertensione endocranica costituisce da sola la causa di morte in piu' del 50% dei
traumi cranici.
Per questa ragione da molti ritenuto necessario il monitoraggio della PIC nei pazienti in
coma da trauma cranio-encefalico al fine di riconoscere e trattare rapidamente l'ipertensione
endocranica. Una tale rilevazione utile soprattutto nel paziente curarizzato e barbiturizzato in cui
una valutazione neurologica pu non essere possibile. Un monitoraggio della pressione intracranica
necessario:
in tutti i casi di coma da lesione cerebrale quando, facendo riferimento alla Glascow Coma
Scale, il paziente si colloca in un punteggio =< 8.
in quei pazienti politraumatizzati, in una fase
ancora acuta e con rischio di sviluppare una
problematica intracranica ( presenza di piccole
falde di ematoma, lacero-contusioni, fratture
craniche, etc...), nei quali una patologia di altro
tipo, ad esempio toracica, imponga la respirazione
assistita e quindi la sedazione; in questo caso il
monitoraggio della pressione intracranica trova la
sua indicazione come metodica per segnalare lo
sviluppo di una patologia intracranica che
passerebbe altrimenti inosservata.
Il monitoraggio della pressione intracranica usato anche nel controllo post-operatorio dei
pazienti operati per patologia neurochirurgica, quando la durata dell'intervento o la
manipolazione di strutture delicate possono far temere il possibile sviluppo di una
condizione
di ipertensione endocranica.
Da segnalare, tuttavia, che molte altre scuole neurochirurgiche, pi sensibili ai
rischi di natura infettiva (calcolati mediamente intorno al 5%) ed agli oneri sia di lavoro che
economici che questa pratica richiede, preferiscono al monitoraggio della pressione intracranica
un'assiduo controllo neuroradiologico mediante TC seriate. A nostro parere tale procedura non
fornisce con la medesima tempestivit del monitoraggio della pressione intracranica tutte quelle
informazioni necessarie ad una corretta condotta terapeutica.
La conoscenza dei valori di pressione intracranica permette di adeguare la terapia alle
condizioni del sistema intracranico.
Comportamento terapeutico in funzione della PIC nei pazienti in coma:
- se PIC inferiore a 10 mmHg: ventilazione meccanica per evitare ipossiemia ed ipercapnia;
- se PIC tra 10 e 20 mmHg: diuretici osmotici e sottrazione liquorale, se si ha un catetere
intraventricolare;
- se PIC tra 20 e 40 mmHg: barbiturici (tiopentone sodico, 5 mg/kg in bolo seguito
dall'infusione di 2-4 mg/Kg/h, regolandosi sul valore della PIC). Da tenere presente come
l'uso di alte dosi di barbiturico pu essere gravato da pericolose complicanze quali
l'instabilit cardiocircolatoria, l'aumento delle infezioni e dei decubiti.
- In tutti i casi in cui, in presenza di un aumento della PIC, si evidenzia un processo occupante
spazio, indicata la rimozione della massa.
- In caso di aumento non controllabile della PIC si pu effettuare una "craniectomia
decompressiva".
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Qualora la PIC superi i valori di 40 mm Hg e non sia controllabile con le procedure sopra
riportate si proceder con altri interventi terapeutici pi aggressivi, quali la craniectomia
decompressiva associata a plastica durale, con ampliamento della superficie durale. Si visto
sperimentalmente come una condizione di ridotta compliance cerebrale indotta da un rigonfiamento
cerebrale possa essere migliorata da alcune procedure chirurgiche che intervengono modificando
l'involucro rigido e ci rimuovendo parte della teca cranica ed ampliando il contenitore durale.
L'efficacia di un tale atto terapeutico consiste non solo nell'aumentare lo spazio a disposizione del
contenuto intracranico, ma soprattutto nel ridurre la compressione sul sistema venoso modificando
quindi favorevolmente la capacit di compenso intracranico.
Questa procedura, gi in uso molti anni fa e
poi ritenuta superata con l'avvento della terapia
corticosteroidea e, soprattutto, dei diuretici osmotici,
pu essere l'atto finale di un intervento di evacuazione
di ematoma o porsi come intervento di elezione nel
caso di progressivo incremento della pressione
intracranica insensibile alle modalit terapeutiche pi
conservative. Tale atto chirurgico stato
recentemente da noi rivalorizzato in quanto in grado
di ripristinare la disponibilit del sistema intracranico
ad accogliere variazioni di volume, riducendo cos il
rischio di mortalit per ipertensione endocranica
maligna. In conclusione, la strategia diagnostica e terapeutica di un trauma cranico grave, cio
con GCS inferiore ad 8 o che richieda una assistenza ventilatoria meccanica, una volta esaurite
le indagini neuroradiologiche ed avviate le procedure di assistenza intensiva, deve comprendere le
seguenti procedure terapeutico-diagnostiche:
- monitoraggio, possibilmente intraventricolare, della PIC;
- trattamento dell'ipertensione endocranica con terapia farmacologica (mannitolo, cortisone,
ecc.)
- deliquorazione attraverso il catetere intraventricolare;
-evacuazione di eventuali raccolte ematiche intracraniche e/o ampia craniectomia decompressiva
mono o bilaterale, con plastica durale.
Da quanto detto si capisce l'importanza del monitoraggio della pressione intracranica nel
controllare l'evoluzione dello stato intracranico di un paziente in coma e nell'indicare le varie
opzioni terapeutiche.

ERNIE CEREBRALI
La mancanza di rigidit del cervello permette considerevoli meccanismi di distorsione.
Quando in un emisfero cerebrale o nello spazio pericefalico si forma un processo occupante spazio
che comprime l'encefalo, la massa cerebrale viene sospinta e si insinua nelle sepimentazioni che
delimitano i vari compartimenti dello spazio endocranico, cercando di occupare lo spazio del
compartimento vicino. Lo spostamento del cervello pu verificarsi in una serie differente di
sequenze, ognuna con segni clinici diversi, determinanti la formazione delle ernie cerebrali
responsabili di quadri clinici peculiari. Questi, descritti da Plum e Posner, dipendono largamente
dalla sede della lesione cerebrale.
Quando la lesione sopratentoriale, gli emisferi cerebrali sono spostati in basso, verso ed
attraverso lo hiatus tentoriale (ernie uncali o tentoriali). Se la lesione unilaterale, soprattutto se
nel lobo temporale, il brain stem spostato verso il lato opposto ed in basso. La parte mediale del
lobo temporale (uncus) spinta verso la linea mediana e sopra il bordo libero del tentorio. In questo
modo
si
determina
una
distorsione
del
terzo
nervo
cranico
omolaterale
(midriasi, perdita del riflesso fotomotore, ptosi palpebrale: vero segno di localizzazione della
lesione) e dell'arteria cerebrale posteriore. Se
l'erniazione progredisce, il mesencefalo viene
schiacciato contro il bordo libero controlaterale
del tentorio (emiplegia dallo stesso lato della
lesione espansiva: falso segno di localizzazione).
Quando la lesione sopratentoriale bilaterale o
mediana, l'erniazione attraverso il tentorio
simmetrica (ernia tentoriale centrale). Il
mesencefalo ed il diencefalo sono spinti in basso
nella fossa posteriore. Gli effetti clinici riflettono
una disfunzione del mesencefalo alto e diencefalo.
La coscienza progressivamente compromessa; i
movimenti oculari sono disturbati con perdita di
quelli verso l'alto e liberazione dei riflessi oculovestibolari dalla soppressione corticale; le risposte
motorie su entrambi i lati del corpo diventano
anormali.
Ernie tonsillari: si verificano per ematomi o processi occupanti spazio localizzati in fossa
cranica posteriore. Il cervelletto ed il tronco cerebrale sono forzati verso il forame magno. Il bulbo
allora compresso e la perfusione dell'intero "brain stem" in pericolo. Il risultato finale sar 'arresto
respiratorio e cardiocircolatorio.

IDROCEFALO
L'idrocefalo un accumulo abnorme di liquido cerebrospinale nei ventricoli e/o negli spazi
subaracnoidei. E' tipicamente associato a dilatazione dei ventricoli ed aumento della pressione
intracranica.
Il liquor un fluido chiaro, incolore, che riempie i ventricoli e gli spazi subaracnoidei attorno al
cervello ed al midollo spinale. Viene prodotto continuamente, principalmente dai plessi corioidei
dei ventricoli laterali, del terzo e del quarto ventricolo.
I plessi corioidei consistono di villi ognuno costituito da cellule epiteliali attorno ad un nucleo di
tessuto connettivo altamente
vascolarizzato. La produzione
di liquor avviene ad un ritmo
di 0.3 ml/min. (500 ml al
giorno). Il volume totale di
liquor in un bambino varia dai
65 ai 140 ml. Il liquor
normalmente fluisce attraverso
le vie mostrate nella figura ed
assorbito dai villi aracnoidei
delle granulazioni aracnoidee
del Pacchioni, diverticoli di
aracnoide che si invaginano
nel seno sagittale e nelle vene
corticali maggiori lungo il
seno. Il meccanismo attraverso
cui il liquor passa attraverso i
villi aracnoidei non chiaro,
tuttavia esistono alcune resistenze in quanto non vi assorbimento di liquor se la pressione di
questo inferiore a 6.8 mm H2O. La produzione e l'assorbimento di liquor normalmente sono in
equilibrio reciproco.
L'idrocefalo stato classificato come comunicante o non comunicante.
Il primo si riferisce a lesioni che ostruiscono gli spazi subaracnoidei, il secondo a lesioni che
ostruiscono il sistema ventricolare.
L'idrocefalo pu essere congenito, dovuto ad anormalit presenti fin dalla nascita quali: atresia
congenita del forame di Monro, stenosi dell'acquedotto, occlusione dei forami del IV ventricolo
(cisti di Dandy-Walker). L'idrocefalo pu anche essere acquisito, solitamente per la compressione
che un processo espansivo esercita sulle vie di deflusso liquorale. L'accumulo di liquor prodotto
dall'ostacolo al deflusso determina un aumento della pressione liquorale intracranica.
La diagnosi di idrocefalo viene effettuata mediante TC o RM. La sintomatologia caratterizzata da
una grave sindrome di ipertensione endocranica che, nei casi di ostruzione neoplastica, si associa ai
sintomi prodotti dal tumore. La terapia dell'idrocefalo consiste nel drenare il liquor dalla cavit
intracranica agli spazi extracranici, dove potr essere riassorbito. I siti pi utilizzati sono la cavit
addominale, l'atrio destro, la pleura. Esistono delle derivazioni liquorali intracraniche, quali la
derivazione di Torkildsen che porta il liquor dal ventricolo alla cisterna magna della fossa cranica
posteriore, superando l'ostacolo rappresentato dalla stenosi dell'acquedotto.
Da qualche anno, soprattutto in caso di stenosi dell'acquedotto, si effettua una perforazione del
pavimento del III ventricolo ( terzo ventricolostomia) con modalita' endoscopica, portando il liquor
direttamente fuori dal ventricolo.

Esempio di derivazione liquorale V-P nel bambino

Fig. 1

Fig. 3

Esempio di possibili ventricolostomie

Fig. 2

Fig. 4

Esempi di derivazione liquorale nell'adulto: 1) derivazione ventricolo-peritoneale; 2) derivazione spino-peritoneale;


3) derivazione di Torkildsen; 4) derivazione ventricolo-atriale.

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Terzo Ventricolostomia .
Nel 1922 Dandy propose questa procedura chirurgica per il trattamento dell'idrocefalo non
comunicante. Purtroppo senza la tecnica microchirurgica e le moderne tecniche di neuroanestesia, i
rischi erano a quei tempi altissimi. Per tale motivo, per il trattamento di tale patologia, prese sempre
di pi piede l'uso dei sistemi derivativi in silastic, i progenitori delle moderne derivazioni. Da allora
molte sono state le tecniche proposte per la terzo ventricolostomia: da quella a cielo aperto con
craniotomia ad opera di Stookey e Scarff (1936) a quella percutanea e
radiologicamente guidata di Hoffman (1976) a quella endoscopica di
Vries (1978). Anche se i criteri di selezione dei pazienti candidati alla
terzo ventricolostomia sono ancora oggi molto controversi e dibattuti,
appare comunque chiaro che l'idrocefalo non comunicante causato da
neoplasie della lamina quadrigemina o da stenosi dell'acquedotto, trova
nella terzo ventricolostomia endoscopica il trattamento di elezione.
Per l'intervento, il paziente viene posto supino, con la testa in posizione
verticale neutra. Un foro di trapano viene eseguito 1cm anteriormente
alla sutura coronaria e 3 cm dalla linea mediana per ottenere la migliore
traiettoria verso il pavimento del III ventricolo.

Vena settale
Forame di Monro

Plesso corioideo
Vena
talamostriata
Visualizzazione del forame di MONRO e del plesso corioideo

Dopo la coagulazione e l'apertura della dura madre, un endoscopio rigido introdotto a


raggiungere il ventricolo laterale, dove l'orientamento all'operatore viene dato dal plesso corioideo,
dalla vena talamostriata e dal setto pellucido. Il plesso corioideo conduce direttamente verso il
forame di Monro.
Una volta attraversato il forame di Monro si raggiunge il terzo ventricolo ed il suo
pavimento: a questo punto un foro viene praticato subito al di dietro del recesso infundibulare e
davanti alla biforcazione dell'arteria basilare. Questo vaso pu essere visto pulsare in trasparenza
attraverso il pavimento del III ventricolo. Il foro pu essere praticato o per via smussa usando una
sonda introdotta nel canale operativo dell'endoscopio, oppure utilizzando lo strumento di
coagulazione. Un piccolo palloncino viene introdotto sgonfio nel foro, viene poi gonfiato ed
estratto: tale procedura permette di allargare il foro in modo non traumatico fino a permettergli di
raggiungere il diametro ottimale che deve essere maggiore di 3mm.
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Tumore
Apertura nel pavimento del III ventricolo
RM paziente con tumore che occlude
l'acquedotto trattato con terzo ventricolostomia

Il danneggiamento dell'arteria basilare senza dubbio la complicanza pi grave che pu avvenire


durante la procedura endoscopica e pu portare nei casi pi gravi alla morte del paziente o pu
produrre la formazione di pseudoaneurismi. Comunque una buona visualizzazione dei vari punti di
repere endoventricolari rappresenta la condizione indispensabile per prevenire la maggior parte
delle complicanze che di solito non raggiungono l'8%.

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Demenza associata ad idrocefalo normoteso


Il termine "demenza idrocefalica" definisce una sindrome che colpisce gli adulti, che pu
instaurarsi come esito o evoluzione di fattori eziologici diversi, ad eziopatogenesi non ancora
completamente chiarita, caratterizzata dalla associazione dei seguenti segni:
1. deterioramento intellettivo (con riduzione della capacit di ragionamento, di
giudizio, di critica), accompagnato da alterazioni dell'andatura a tipo atassico e da
incontinenza (triade di Hakim-Adams).
2. idrocefalo, in genere di tipo comunicante, con pressione intracranica basale
contenuta entro limiti fisiologici.
3. andamento evolutivo.
Un elemento che caratterizza questa forma di demenza la possibilit di ottenere
un miglioramento clinico duraturo per mezzo di un intervento chirurgico di derivazione
liquorale (malgrado la pressione liquorale basale sia normale!).
Il merito di aver descritto l'insieme della sindrome va soprattutto ad Hakim e Adams, i quali,
nel 1965 proposero la denominazione di idrocefalo a pressione normale a proposito di tre
osservazioni divenute storiche. La loro descrizione della triade clinica rimane ancora ai nostri giorni
il riferimento di base nel "depistage" della malattia, anche se l'interpretazione fisiopatogenetica che
essi ne proposero da considerare superata. Le osservazioni relative a tale malattia risalgono a
molti anni fa:
Strauss 1932: idrocefalo in 4 casi di autopsia, dopo emorragia subaracnoidea, in
pazienti che non avevano avuto una storia di ipertensione endocranica ed i cui cervelli non
presentavano segni di atrofia.
Riddoch nel 1936 pubblica su "Brain" due casi di idrocefalo da tumore del III
ventricolo accompagnati da demenza e con pressione liquorale normale;
Strain e Perlmutter 1954: furono i primi a riconoscere tale alterazione in vivo ed a
tentarne con successo un trattamento chirurgico.
Foltz e Ward 1956: descrissero alcuni casi di idrocefalo comunicante associato a
demenza, con pressione liquorale normale, conseguenti ad emorragia subaracnoidea, e
sottolinearono il successo ottenuto con l'intervento.
Mc Hugh nel 1964 diede una decrizione dettagliata dei disturbi della marcia e dei
disturbi mentali cos come elementi di riflessione sia sui valori di pressione intracranica
che sulla possibilit di guarigione dopo shunt.
Rimane comunque d'attualit la descrizione clinica di Hakim e Adams, cos come la
possibilit di migliorare tali malati per mezzo di un intervento di derivazione liquorale.
Tuttavia, dopo gli entusiasmi iniziali, l'esperienza di tutti questi anni doveva dimostrare che
una tale evoluzione favorevole non costituisce la regola. Nella letteratura i risultati positivi vanno
dal 24% al 90%, con una media del 57%.
Il problema non individuare la triade clinica ma identificare quei pazienti con la triade
clinica che risponderanno allo shunt. Purtroppo nella pratica clinica una dilatazione ventricolare con
PIC normale associata alla classica triade si pu avere in molte altre condizioni: atrofia, infarti
multipli, m. di Alzheimer, encefalopatia ipertensiva, ecc., rendendo la differenziazione molto
difficile.

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Eziologia
Le cause che possono portare ad un idrocefalo normoteso nell'adulto sono molteplici:
. emorragia subaracnoidea da aneurisma intracranico;
. processi infiammatori, infettivi e non;
. trauma cranico;
. interventi neurochirurgici;
. tumori, soprattutto intraventricolari e soprasellari;
. stenosi non tumorale dell'acquedotto di Silvio;
. malformazione di Chiari tipo I;
. malformazione di Dandy-Walker;
. dolicomegabasilare;
. radioterapia.
Nella maggioranza dei casi, tuttavia, non si riconosce, una causa evidente.
Sul piano prognostico l'idrocefalo secondario riconosce una prognosi chirurgica
sensibilmente migliore che quella dell'idrocefalo cosiddetto idiopatico. La letteratura
concorde nel vedere nella esistenza di una eziologia riconoscibile un elemento predittivo
molto favorevole, con una percentuale di successi tra il 65 e l'80% contro meno del 50%
nel caso di idrocefalo idiopatico.

Analisi dei dati clinici


1) Disturbi del movimento.
I disturbi della marcia e della stazione eretta sono quelli che molto spesso motivano
la prima consultazione. Esiste spesso un'instabilit con retropulsione ed un allargamento
del poligono di sostentamento. La marcia si effettua a piccoli passi, incerti e rallentati. I
disturbi del movimento non si limitano a quelli della marcia; si tratta spesso di una forma
di aprassia globale. Questi disturbi sono l'elemento predominante della sintomatologia.
La loro presenza iniziale o predominante nella sindrome considerata un elemento
predittivo favorevole.
2) Disturbi psichici.
La sindrome demenziale uno dei punti chiave della sindrome e la sua diagnosi posa
sull'analisi clinica delle componenti essenziali del funzionamento mentale: linguaggio, memoria,
orientamento, capacit di giudizio, capacit di ragionamento.
La psicometria permette di quantificare il degrado mentale. I disturbi della memoria e di
ritenzione-apprendimento sono in primo piano nel quadro clinico; migliorano ma spesso non in
modo drammatico. Il deterioramento intellettuale globale meno frequente ed da considerare
elemento di cattiva prognosi. La presenza iniziale dei disturbi psichici sembra avere un significato
predittivo sfavorevole su un possibile recupero. In tali casi deve essere sospettata una concomitante
m. di Alzheimer.

14

3) Disturbi sfinterici.
Inizialmente si ha pollachiuria, poi urgenza sfinterica e poi l'incontinenza vera e
propria. I disturbi sfinterici traducono una disinibizione del detrursore per alterazione del
controllo sopraspinale della minzione.
Esplorazione morfologica.
Questa analisi oggi si basa essenzialmente sulla TC e sulla RM. Essa permette di
valutare l'entit dell'idrocefalo o qualitativamente o utilizzando alcuni indici obiettivi, di
valutare la presenza o assenza delle cisterne della base e di quella silviana, di valutare la
presenza o assenza dei solchi corticali. Permette inoltre di valutare alterazioni del
parenchima; importanti sono le ipodensit periventricolari e le lacune parenchimali. Le
prime sono ritenute espressione di un riassorbimento transependimale attivo di liquor; esse
illustrano nel corso dell'idrocefalo umano il fenomeno della rottura, o permeabilizzazione
della parete ependimale gi osservata nei lavori sperimentali. Spesso pu essere difficile distinguere
tra lesioni imputabili all'idrocefalo e quelle imputabili a lesioni parenchimatose primitive, con
barriera ependimale conservata, nelle quali logico riconoscere elementi prognosticamente
negativi.
Segni prognostici positivi sono:
. dilatazione ventricolare marcata,
. aspetto arrotondato a palloncino del terzo ventricolo
. ipodensit periventricolare,
. non visualizzazione dei solchi della convessit,
. assenza di segni di encefalopatia ipertensiva o degenerativa associata.
. carattere evolutivo.
Studio della pressione e della dinamica liquorale
Questo studio permette una migliore comprensione dei fenomeni fisiopatogenetici che
definiscono l'idrocefalo normoteso. Un elemento importante per lo sviluppo dell'idrocefalo e' la
presenza di un difetto di assorbimento liquorale il quale provocherebbe un accumulo di liquor ed
una modificazione fisica del sistema intracranico con perdita della compliance ed aumento del suo
reciproco, l'elastanza. In pratica il sistema intracranico perde la sua capacit di smorzare gli aumenti
di pressione associati ad un aumento del volume ematico
cerebrale. Quindi, tutte le volte in cui il nostro volume
intracranico aumenta, come durante la sistole cardiaca o gli
sforzi, o la fase REM del sonno, ecc., le pulsazioni
intracraniche sincrone con il polso cardiaco ed i valori di
pressione media raggiungono livelli patologici (vedi figura).
La pressione pulsatile liquorale, cio l'ampiezza delle
oscillazioni della pressione liquorale in rapporto al polso
arterioso sembra avere molta importanza nella patogenesi
dell'idrocefalo. Queste oscillazioni, se raggiungono una certa
Valori patologici della PIC
entit durante la fase REM del sonno, producono un continuo
durante
la fase REM del sonno
martellamento sulle pareti ventricolari con conseguente
dilatazione ventricolare.
Questa serie di eventi fra loro concatenati porta ad
15

una progressiva sofferenza neuronale cerebrale, e soprattutto di


quelle regioni pi vicine ai settori ventricolari dilatati. Di qui la
demenza idrocefalica.
Pre
Quindi, il valore della PIC basale in questi pazienti
solitamente entro i limiti normali, ma la valutazione
dell'ampiezza delle pulsazione e gli aumenti di pressione che si
verificano saltuariamente (REM, sforzi,ecc.) rendono questi
pazienti affetti da ipertensione endocranica, anche se non
Post
continua.L'intervento chirurgico di derivazione liquorale
supplisce artificialmente la perdita della capacit dei
meccanismi fisiologici di compensare le variazioni del volume
intracranico e quindi consente una ripresa funzionale (vedi
figura). Nel nostro istituto, fin dal 1973, sottoponiamo i
pazienti con probabile demenza idrocefalica a studio della
capacit di ssorbimento del liquor (studiata con il test di
Valori della PIC durante la fase
infusione costante per via spinale) e della pressione liquorale REM del sonno prima e dopo
diastolica e pulsatile (tramite catetere intraventricolare) in derivazione liquorale
condizioni basali ed in condizioni provocate (compressione
delle vene giugulari, infusione intraventricolare) e/o spontanee
(sonno REM) di innalzamento della stessa.
Caratteristicamente, nei pazienti che poi beneficiano dell'intervento chirurgico, abbiamo
osservato, pur con valori della pressione basale normali,
picchi di ipertensione endocranica con aumento della
pressione pulsatile ( vedi fasi REM del sonno).
Dinamica liquorale: la capacit di assorbimento
liquorale stata studiata utilizzando il test di infusione a
velocit costante per via spinale, che fornisce una misura
della riserva di assorbimento liquorale. In pratica si
determina una infusione di circa 1\2 cc/min di soluzione
fisiologica per via spinale e si valuta la variazione di
pressione che l'infusione determina. L'individuazione di
Limite normale
linea bianca
pazienti che avranno una buona risposta all'intervento si
Curva patologica
linea puntini rossi
basa sulla individuazione di un disturbo della dinamica Curva normale
linea puntini bianchi
liquorale e sulla registrazione di valori pressori patologici,
in occasione di registrazione prolungata della pressione intracranica. Ci spiega la buona risposta
all'intervento di derivazione liquorale malgrado il riscontro di una pressione liquorale basale
normale.
La terapia dell'idrocefalo consiste nell'effettuare una derivazione liquorale ventricolo peritoneale.
Gli elementi predittivi favorevoli per l'intervento chirurgico, la cui sola presenza permette di sperare
in un buon risultato, sono i seguenti:
. esistenza di una eziologia precisa
. assenza di disturbi psichici nel quadro clinico iniziale
. indici ventricolari positivi
. solchi corticali assenti
. valori di pressione intracranica durante registrazione prolungata e capacita' di assorbimento
liquorale alterati.
Elementi predittivi negativi:
. et superiore ai 75 anni
. presenza di un terreno vasculopatico e/o di una ipertensione arteriosa
16

. assenza di eziologia
. presenza di disturbi psichici iniziali o di un deterioramento psichico maggiore e polimodale
. assenza dei disturbi della marcia
. incontinenza con capacit vescicale normale
. indici ventricolari bassi
. presenza di lacune e solchi dilatati
L'indicazione chirurgica meno netta quando si evidenzia una deterioramento
mentale maggiore, quando i disturbi della marcia sono tardivi o quando la TC/RM mostra
una predominanza manifesta di lesioni tipo leuco-araiosi. Evoluzione terapeutica: possono
osservarsi due eventualit. Nei casi pi favorevoli si osserva una diminuzione spettacolare del
volume ventricolare, accompagnata da una ripermeabilizzazione dei solchi e della cisterna silviana
e da una attenuazione delle ipodensit periventricolari.

Preoperatoria

Postoperatoria

Esempio di TC cranio pre e post derivazione liquorale in paziente con grave idrocefalo (si noti la netta riduzione delle
cavit ventricolari). Il catetere visualizzato nella TC preoperatoria e' quello utilizzato per la registrazione della PIC.

In altri casi l'aspetto TC, malgrado un miglioramento clinico evidente, rimane immutato.
In tali la derivazione, creando una via di drenaggio supplementare di liquor, agisce trasformando un
idrocefalo clinicamente sintomatico in un idrocefalo asintomatico, con guarigione clinica ma non
anatomica.
Il tasso di complicazioni molto variabile: dal 10% al 40%.
Nella nostra casistica le complicazioni, prevalentemente ematomi sottodurali, sono
state osservate nel 12% dei casi operati; la mortalit assente.
La disponibilit attuale di valvole a pressione modulabile per mezzo di manovre
percutanee (tipo Sophysa) o a resistenza variabile (tipo Orbis-Sigma) potrebbe permettere
di superare queste difficolt e diminuire il rischio di reinterventi motivati da inadeguatezza
della valvola tradizionale a regolare il flusso di liquor secondo i bisogni idrodinamici
propri dei singoli malati.
Sulla base dei nostri risultati possiamo fare le seguenti considerazioni finali:
1) Innanzitutto si conferma che la derivazione liquorale pu portare ad ottimi risultati: la
demenza, e con essa i disturbi motori e l'incontinenza che l'accompagnano, pu scomparire;
i pazienti possono ritrovare un normale reinserimento nel loro contesto sociale e familiare.
17

2) Diagnosi differenziale: bisogna farla con le altre forme di demenza, presentanti dei tratti
clinici simili a quelli della DI e che possono associarsi ad un certo grado di dilatazione
ventricolare, le quali vengono riunite artificialmente nel gruppo delle atrofie cerebrali.
Tuttavia le frontiere nosologiche e anatomiche tra la demenza idrocefalica vera e
questi
diversi
processi
non
sono
sempre
nette.
Ricordiamo soprattutto la malattia di Alzheimer e l'encefalopatia vascolare. Pur
ammettendo che una componente idrodinamica pu esistere nell'evoluzione di questi
diversi processi, il loro profilo clinico si demarca nettamente rispetto a quello trovato negli
idrocefali per il carattere progressivo e polimodale della alterazione delle funzioni
superiori, assenza di disturbi della marcia che, se vi sono, hanno un carattere tardivo, e per
una incontinenza sfinterica che rivela una perdita di autocritica e non una disinibizione. La
diagnosi di queste malattie o di malattia di Pick, di Creutzfeld-Jakob, o della corea di
Huntington, deve escludere qualsiasi ricorso alla derivazione, anche se si evidenziano
segni di idrocefalo.
3) Il riscontro di valori pressori saltuariamente alterati durante una registrazione PIC o di
una alterazione della dinamica e dell'assorbimento liquorale, sono il miglior citerio per porre
l'indicazione all'intervento di derivazione liquorale.

18

DISTURBI CEREBROVASCOLARI ACUTI


Le malattie cerebrovascolari costituiscono un rilevante problema sociale. Rappresentano la
terza prevalente causa di morte e la principale causa di disabilita' nei paesi industrializzati.
Possiamo distinguere:
1) Lesioni che si manifestano in quanto producono emorragie spontanee.
2) Lesioni che si manifestano in quanto interferiscono con il normale flusso ematico
cerebrale.
3) Lesioni ischemiche
4) Possibilit di combinazione di questi due effetti.
Lesioni emorragiche:
Possiamo avere vari tipi di emorragie che possiamo schematizzare, a seconda della loro sede,
in:
Pericefaliche (ematomi subdurali o epidurali): queste sono in genere causate da un trauma
e pertanto non ne parliamo in questo contesto.
Subaracnoidee, cio legate alla presenza di sangue negli spazi subaracnoidei.
Intracerebrali.
Le due ultime forme di emorragia possono talvolta associarsi, ma per facilit di esposizione
verranno considerate separatamente, essendo esse legate, in genere, ad entit etiopatogenetiche
differenti.
Una seconda classificazione in merito alle emorragie intracraniche considera le forme legate
alla presenza di una malformazione vascolare endocranica e quelle non legate alla presenza di
una malformazione vascolare.
Presenza di malformazione vascolare endocranica:
. Aneurismi
. Malformazioni artero-venose (MAV)
. Cavernomi
Assenza di malformazione vascolare endocranica dimostrabile:
. Emorragie su base aterosclerotica ipertensiva
. Emorragie su base dismetabolica
. Emorragie idiopatiche.
In questa trattazione si affronteranno i disturbi cerebrovascolari emorragici.
Aneurismi intracranici ed Emorragia Sub-Aracnoidea (ESA)
Gli aneurismi sono dilatazioni circoscritte della parete arteriosa alla biforcazione dei vasi sanguigni
cerebrali.
La formazione di un aneurisma richiede la presenza di due tipi di
alterazioni e cio la combinazione di un difetto congenito (difetto
della tunica media) e di uno acquisito (frammentazione
degenerativa).

difetto congenito nella tunica media alla biforcazione dei


vasi cerebrali, soprattutto nell'angolo acuto della
biforcazione.
19

cambiamento della membrana elastica interna con iperplasia .

Il difetto congenito frequentemente interessa la


biforcazione delle arterie. Questi punti sono ulteriormente
danneggiati dalla pressione del sangue con la formazione di
piccoli aneurismi. Lo scarso sviluppo nella tunica media dei vasi
cerebrali intracranici e l'elevata pressione del sangue sono
responsabili della formazione degli aneurismi. La parete
dell'aneurisma ulteriormente stirata ed assottigliata nei punti di
potenziale rottura.
Fattori genetici giuocano pure un ruolo. Uno studio
autoptico esteso ha dimostrato che l'11% dei pazienti con aneurisma rotto o non rotto ha una storia
familiare di malattia cerebrovascolare in confronto al 4% dei controlli. Uno studio svedese di quasi
500 aneurismi consecutivamente trattati rivela una pi alta incidenza di familiari con ESA di quanto
atteso nella popolazione generale.
Gli aneurismi per, possono riconoscere anche altre cause: quelli arteriosclerotici sono
fusiformi e rappresentano circa l'1% dell'incidenza totale. Rari sono gli aneurismi dissecanti.
Gli aneurismi di origine infiammatoria o micotica sono osservati nello 0.4%-2.5% dei
casi; sono spesso multipli e si localizzano nelle regioni periferiche dell'albero vasale
(embolizzazione batterica).
La prevalenza di aneurismi nella popolazione generale (soprattutto serie autoptiche)
di 2-5%.
La prevalenza di aneurismi integri in serie angiografiche di 1-5% con aneurismi
multipli in almeno 20% (forse pi di 30%: piccoli aneurismi visti all'intervento non si vedono
all'angiografia).
Nel 5% gli aneurismi sono giganti (diametro tra 25 e 60 mm); in questi ultimi
frequente la formazione di trombi all'interno della sacca aneurismatica.
L'incidenza di ESA per anno, nei paesi occidentali di 10 per 100.000 abitanti (15 in
Finlandia e Giappone).
Nella Regione Piemonte nel 1998 furono ricoverati 8.5 pazienti ogni 100.000 abitanti
con diagnosi di ESA. Estrapolando i dati ai 58 milioni di italiani ci si attenderebbe una
incidenza di circa 5.000 nuovi ricoveri per ESA ogni anno (da considerare le ESA che non
giungono in Ospedale).
Fattori di rischio per la formazione dell' aneurisma :
Fumo
Ipertensione arteriosa
Sesso femminile
Maggiore rischio di rottura tra i 30 e i 70 anni con picco
tra 40 e 65 anni, con maggiore interessamento delle donne
rispetto agli uomini. Le arterie pi frequentemente interessate
dalla presenza di un aneurisma sono nell'ordine:
biforcazione della cerebrale media, comunicante anteriore,
carotide interna in corrispondenza dell'origine della comunicante
posteriore, sistema vertebro-basilare.

20

La forma pi semplice e piu' frequente con cui si


manifesta la rottura di un aneurisma lemorragia
subaracnoidea . Per la sua tipica manifestazione
clinica questo quadro morboso deve essere
riconosciuto senza difficolt dal medico non
specialista.
Emorragia subaracnoidea (ESA): caratterizzata
dallo spandimento di sangue negli spazi
subaracnoidei. L'ESA rappresenta il 12% di tutti gli
strokes.
Emorragia intraventricolare

Clinica:
nella sua forma pi semplice una ESA si manifesta con la comparsa di una cefalea ad
insorgenza improvvisa, di solito nucale, tipicamente dopo sforzo, spesso violenta. Alla cefalea
possono associarsi segni di irritazione meningea (rigor nucalis, dovuto alla contrattura
riflessa antalgica dei muscoli para-vertebrali), improvvisa perdita di coscienza (non sempre
presente), possibile secondario rapido instaurarsi di una sindrome di ipertensione endocranica
(edema papillare, nausea, vomito), segni neurologici a focolaio per compressione dei nervi
cranici passanti nelle cisterne in cui ha sede l'aneurisma (II, III, VI), o per compressione dei
nervi che attraversano il seno cavernoso.
Oltre ai classici segni clinici ve ne possono essere altri associati, quali: ipertensione
arteriosa, modificazioni transitorie del ritmo cardiaco e dell'EEG per aumento transitorio delle
catecolamine circolanti.
La sindrome sopra descritta espressione della semplice fuoriuscita di una modesta quantit
di sangue negli spazi subaracnoidei con pronta chiusura della breccia (per la
formazione di un solido coagulo, o per lo contrazione del vaso portatore della malformazione,
o per un aumento della pressione intracranica). Uno stravaso ematico pi cospicuo pu essere
causa di raccolte ematiche tali da esercitare anche un effetto massa, aggravando e complicando la
sindrome clinica di emorragia subaracnoidea. In tali casi le conseguenze saranno pi gravi:
- un ematoma intracerebrale (E),
- una emorragia intraventricolare (1/3 dei decessi),
- un idrocefalo ostruttivo acuto o subacuto,
- un ematoma subdurale (raro!).
dilatazione ventricolare

Eziologia
le malformazioni vascolari pi frequentemente responsabili di una ESA sono gli aneurismi
intracranici, i quali, interessando i grossi vasi arteriosi della base cranica nel tratto in cui decorrono
dentro gli spazi subaracnoidei (cisterne) contenenti il liquor, nel momento di una rottura
spandono il sangue negli spazi liquorali.
Ma, oltre agli aneurismi, altre possono essere le cause di una ESA. Possiamo schematicamente
elencare le cause di una ESA in questo modo:
21

- aneurismi intracranici: 61% dei casi,


- malformazioni artero-venose (MAV) cerebrali: 6%,
- malattie vascolari ipertensive ed aterosclerotiche: 15%,
- MAV cervicali + cause sconosciute: 18%.
Bisogna sospettare soprattutto un aneurisma nei soggetti sopra i 30 anni ed una MAV in
soggetti giovani, specie se sotto i 20 anni.
Dal 15 al 20% delle ESA sono "sine materia"; sono in genere meno gravi, comportano minori
complicazioni, hanno una migliore prognosi, recidivano eccezionalmente.
Diagnosi
La diagnosi di emorragia subaracnoidea si basa sui seguenti dati:
- quadro clinico tipico,
- TC (sede ed entit della emorragia, idrocefalo associato)
- eventuale rachicentesi per documentare la presenza di sangue nel liquor (ma solo in pazienti
perfettamente vigili, senza segni di lesione lateralizzata o sindrome di ipertensione endocranica, e
solo in particolari situazioni di non utilizzabilit della TC oppure di un esame TC non dirimente)
- angiografia (natura della malformazione, sede, morfologia, eventuale molteplicit delle
malformazioni, vasospasmo).
L'angiografia deve essere fatta in presenza di ogni ESA confermata da un esame TC o da
una rachicentesi. Deve essere fatta appena possibile e deve esplorare tutti gli assi arteriosi. Il
rischio angiografico pari allo 0.5% di mortalit e 1.5% di morbidit ed aumenta se vi una
condizione di vasospasmo.
Qualora, in presenza di una documentata ESA, l'esame angiografico risultasse
negativo, essenziale ripeterlo dopo 15-20 giorni nell'ipotesi che uno spasmo vasale o una
trombosi intra-aneurismatica abbiano impedito la visualizzazione di un aneurisma presente.
La risoluzione di questi fattori, a distanza di giorni, pu permettere l'evidenziazione
dell'aneurisma.In caso di ulteriore negativit utile una ripetizione dell'angiografia dopo 2
mesi.
- Un ruolo importante, nei casi angiograficamente negativi pu averlo la Risonanza
Magnetica (RM), che, con l'uso delle sequenze angiografiche, pu permettere di evidenziare
l'eventuale aneurisma senza ricorrere ad un ulteriore esame angiografico. L'angio-RM, esame
non invasivo, sta acquisendo un ruolo rilevante nella diagnosi occasionale di aneurismi non
rotti, fornendo immagini spesso sovrapponibili a quelle fornite dalla angiografia tradizionale.
TC di ultima generazione, capaci di fornire immagini tridimensionali, permettono di
riscontrare un aneurisma in modo pi anatomicamente delineato che con l'angiografia
tradizionale e senza iniezione di m.d.c.

Aneurisma

Angiografia

Angio-RM

22

TC tridimensionale

TC tridimensionale

Complicanze
una ESA pu essere gravata da complicanze molto serie:
Idrocefalo,
ischemia cerebrale tardiva,
risanguinamento.
Un idrocefalo pu complicare una ESA nel 15% dei casi; esso si instaura per blocco
della circolazione liquorale a livello delle cisterne della base o per ostruzione delle
granulazioni del Pacchioni.
Pu sopravvenire fin dalle prime ore e pu provocare una ipertensione endocranica
con seguente progressiva alterazione della coscienza che pu variare dalla sindrome confusionale
con agitazione fino al coma. Viene diagnosticato con una TC e deve essere trattato d'urgenza con
drenaggio liquorale esterno temporaneo (vantaggi: monitoraggio della pressione intracranica,
eliminazione di sangue endoventricolare) o con derivazione ventricolo-peritoneale stabile. Pu
associarsi ad ischemia cerebrale tardiva.
Ischemia cerebrale tardiva: compare tra la quinta e la dodicesima giornata ed dovuta al
vasospasmo, cio ad una contrazione riflessa dei vasi cerebrali. Questo pu avere una estensione
limitata alla sola sede dell'aneurisma o interessare una zona pi vasta dell'albero
vascolare.
Fattori dello spasmo: trauma meccanico da rottura (spasmo precoce, meno duraturo e
meno grave), liberazione di un fattore chimico (serotonina, prostaglandine F2 alfa, ecc...) per
lisi del coagulo (spasmo tardivo, 5-10 giorni dopo l'emorragia).
L'instaurarsi dello spasmo, se di entit cospicua e se diffuso a buona parte del circolo
di Willis, aggrava il quadro clinico riducendo il normale flusso ematico cerebrale. Pu conseguirne
una sindrome deficitaria focale o uno stato di alterazione del livello di coscienza.
La comparsa dello spasmo tardivo in rapporto all'entit dell'emorragia e dipende dal
grado di emolisi del sangue, che rimane bassa fino al terzo giorno per poi aumentare.
La probabilit che insorga proporzionale alla entit dello spandimento ematico
cisternale, il quale viene documentato dalla TC.
Il vasospasmo costituisce quindi una complicanza molto grave. Lo studio cooperativo
americano sugli aneurismi riporta l'incidenza di vasospasmo angiografico nel 50% dei casi,
con vasospasmo sintomatico nel 32% dei pazienti con aneurisma rotto. E' responsabile di 1/3
della mortalit e di 1/2 della morbidit permanente in questi pazienti.

23

Il trattamento preventivo del vasospasmo consiste:


1) nell'evitare alterazioni sistemiche controllando il bilancio idrico, la volemia e la pressione
ematica;
2) nell'impedire la contrattura della muscolatura vasale impedendo la penetrazione cellulare
degli ioni calcio attraverso i canali della membrana cellulare, per mezzo di agenti detti
calcioantagonisti (nimodipina);
3) nella rimozione del sangue subaracnoideo durante l'intervento chirurgico.
Il trattamento dellischemia da vasospasmo consiste in:
1) calcioantagonisti, ipervolemia, emodiluizione, ipertensione arteriosa indotta.
La nimodipina ( calcioantagonista) limita il peggioramento associato alla riduzione di
calibro vasale. L'espansione volemica efficace nel trattamento di un vasospasmo arterioso
sintomatico focalizzato. Il ruolo essenziale dell'emodiluizione e dell'ipertensione indotta
oramai accertato e questo trattamento deve essere utilizzato in tutti i casi di deficit
neurologico attribuibili ad un restringimento arterioso focalizzato. Bisogna aumentare la
massa ematica circolante fino ad innalzare la pressione venosa a 15 cm. H20 e innalzare la
pressione arteriosa di 20-40 mmHg..
Mannitolo, destrano, albumina e sangue, sono usati per aumentare il volume ematico e
migliorare la reologia del microcircolo.
Il vasospasmo viene evidenziato angiograficamente. Ma, oltre che angiograficamente, la
presenza e l'evoluzione del vasospasmo possono essere studiati con un sistema incruento
rappresentato dal "trans-cranial Doppler". Esiste una relazione stretta tra vasospasmo e
accelerazione della velocit di circolo misurata.
Il Risanguinamento: una delle maggiori cause di mortalit e morbidit dopo una
ESA da rottura di un aneurisma.
Rischio di risanguinamento:
il 4.8% dei pazienti risanguina entro le prime 24 ore dopo l'emorragia con rischio successivo
di 1.5% per giorno. Il rischio pari al 15-18% entro la 8-10 giornata. Entro il 1 mese
il rischio di risanguinamento del 35% con mortalit pari al 50%. In 6 mesi del 50% con
mortalit del 70%.
In seguito il rischio di sanguinamento diminuisce per essere del 3%/anno con
mortalit del 67%. Nel caso di aneurismi multipli, di cui solo uno trattato, il rischio di
emorragia dei non rotti un terzo del rischio di emorragia di aneurismi rotti non trattati (1%).
In genere gli effetti del risanguinamento sono pi gravi che dopo la prima emorragia.
Una P.A. diastolica alta si associa a maggiore rischio di risanguinamento.Seguendo il
corso naturale della emorragia subaracnoidea solo il 18% vive in buone condizioni dopo 10
anni.
Prognosi dell'emorragia subaracnoidea. L'emorragia subaracnoidea causa dell'1.2% di tutti
i decessi. Una percentuale variabile tra il 9% ed il 17% dei colpiti muore prima di raggiungere
l'ospedale. Un altro 8% vi giunge con una emorragia massiva. Di quelli che giungono in ospedale il
14% muore prima dell'intervento. Un altro 25% sviluppa gravi lesioni neurologiche. In totale il 43%
muore per la emorragia iniziale e di questi il 74% nelle prime 24 ore.
E' importante segnalare che tra i pazienti che hanno una emorragia mortale almeno il
50% presenta segni di allarme antecedenti, ai quali non viene data la giusta importanza
diagnostica.
24

Inoltre circa il 20% delle emorragie sono diagnosticate tardivamente e spesso in


occasione di una complicanza, il che accresce enormemente la morbidit e la mortalit.
La storia naturale per gli aneurismi sicuramente peggiore che per altre malattie
cerebrovascolari. E' sfavorevole nell' 82% dei casi.
La possibilit di interventire prima del secondo sanguinamento e quindi di prevenire
una delle pi temibili complicazioni comporta l'obbligo di riconoscere il quadro clinico e di
trasferire il paziente in ambiente idoneo per trattare tale patologia.
Trattamento di una ESA da rottura di aneurisma intracranico
Obbiettivi del trattamento:
1) Permettere al cervello di recuperare gli effetti dell'emorragia.
2) Prevenire un risanguinamento.
3) Ridurre l'insorgenza di vasospasmo.
4) Trattare i problemi insorti dopo l'emorragia (ischemia, edema, idrocefalo).
5) Escludere l'aneurisma con tecnica microchirurgica o endovascolare.
Trattamento farmacologico preoperatorio:
. sedazione,
. controllo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca,
. calcioantagonisti endovena per prevenire il vasospasmo,
. cortisone, diuretici osmotici (?)
Trattamento chirurgico:
il trattamento degli aneurismi consiste essenzialmente nella loro esclusione dal vaso portante
mediante tecniche microchirurgiche, senza provocare alterazioni dinamiche al vaso
principale, rimuovendo tutti i coaguli ematici cisternali accessibili. La esclusione
dell'aneurisma solitamente viene realizzata con clips metalliche amagnetiche (titanio).
Tempi dell'intervento:
- immediato, se il paziente asintomatico o vi un ematoma intracerebrale che di per se richiede
una evacuazione,
- ritardato, se sono presenti segni di vasospasmo o di ipertensione endocranica.

Filmato aneurisma
cliccare sull'icona
In favore di una chirurgia immediata sta il fatto che essa eliminail rischio grave del
risanguinamento e inoltre permette la prevenzione o la terapia del vasospasmo che richiedono un

25

aumento della volemia e della pressione arteriosa, presidi che aggravano il rischio di
risanguinamento se l'aneurisma non stato trattato.
In presenza di dati indicativi di vasospasmo in atto, l'intervento deve essere differito per il
rischio che il trauma chirurgico lo aggravi ulteriormente; bisogna inoltre considerare che la sede in
cui si trovano gli aneurismi profonda, in corrispondenza della base cranica e che raggiungere la
malformazione richiede spazi ottenibili solo mediante spatolamento del tessuto cerebrale. In
presenza di edema o sofferenza cerebrale ci non realizzabile se non con rischio di danneggiare il
tessuto cerebrale.

Cisterna Silviana

Cisterna ottico chiasmatica

Molti neurochirurghi preferirono operare gli aneurismi in fase cronica, per trovare un
cervello in migliori condizioni. Ma nell'attesa molti pazienti muoiono per il risanguinamento. Per
questo motivo, l'intervento precoce proposto sempre pi frequentemente ed i dati delle ultime
statistiche mostrano come i risultati chirurgici ottenuti con la chirurgia precoce migliorino
nettamente l'outcome globale.
Oggi si sempre pi convinti che la chirurgia precoce sia il miglior metodo per prevenire il
risanguinamento di un aneurisma cerebrale e fornisca migliori risultati. Un intervento precoce
altrettanto sicuro, in mani esperte ed in centri qualificati, di uno ritardato. L'intervento deve
essere assolutamente effettuato d'urgenza quando il quadro clinico, pur grave, sostenuto
dalla presenza di un ematoma intracerebrale; in questo caso la rimozione dell'ematoma, pi
che il clampaggio dell'aneurisma, in grado di ridurre il rischio di mortalit. Tutti gli aneurismi
identificati, se accessibili, debbono essere trattati chirurgicamente. Prognosi chirurgica: mortalit
2% e morbidit 5%.
Aneurisma

preoperatorio

Aneurisma

postoperatorio

preoperatorio

postoperatorio

Esempi di angiografie prima e dopo tratta mento chirurgico di aneurismi cerebrali

26

Terapia endovascolare degli aneurismi intracranici.


Importanti progressi sono stati compiuti, negli ultimi anni, in merito alla possibilit di escludere un
aneurisma intracranico mediante introduzione nella sacca aneurismatica, per via endovascolare, di
spirali metalliche che hanno lo scopo di escludere la malformazione dall'albero vascolare,
impedendo cos il rischio che la pressione ematica possa determinarne la rottura. Anche se non tutti
gli aneurismi sono trattabili con questa metodica, essa rappresenta un supporto utilissimo alla
chirurgia degli aneurismi e deve pertanto essere conosciuta e
praticata, in collaborazione con la neurochirurgia nei centri dove
si pratica la terapia delle malformazioni vascolari endocraniche.
Il trattamento endovascolare ha il vantaggio di offrire un
approccio meno invasivo, ma ha lo svantaggio di non essere
adeguata per tutti gli aneurismi, di non essere sempre efficace e
di non avere ancora un follow-up sufficientemente lungo per
affermare che i risultati ottenuti sono definitivi.
Filmato terapia endovascolare,
cliccare sull'icona
Malformazioni arterovenose (MAV)( o angiomi arterovenosi)
Sono caratterizzate dalla presenza di un gomitolo vascolare anomalo, nell'ambito del quale
si realizzano comunicazioni dirette tra arterie e vene, senza l'interposizione di arteriole e venule.
Il passaggio diretto di sangue dalle arterie alle vene, senza l'interposizione di resistenze
vasali date dal microcircolo, determina un furto di sangue dai territori vicini, con aumento di calibro
e numero dei vasi malformati; le vene sono dilatate, arterializzate e contengono sangue ad alta
pressione, con rischio di rottura ed emorragia grave.
I problemi clinici sono legati a:

furto di sangue continuo ai tessuti vicini per la minore resistenza che il territorio
angiomatoso offre, e quindi ipossia e disturbi neurologici conseguenti (per es. crisi
epilettiche, deficit funzionali);

emorragia per rottura dei vasi arteriosi o venosi distesi dal flusso sanguigno elevato.

Prognosi: il 50% d emorragia con 10-15% di mortalit. Frequente l'ematoma intracerebrale.


Incidenza di sanguinamento per anno: 2-3% con un incremento al 6% durante il primo anno
successivo ad una emorragia clinicamente evidente. Ogni emorragia clinicamente evidente
comporta un rischio di mortalit del 10% e di morbidit del 30%.
Mortalita': 10% dopo il primo sanguinamento, 13% dopo il secondo, 20% dopo il terzo.
Et a massimo rischio di emorragia, tra 11 e 35 anni.
Indicazioni al trattamento: emorragia, epilessia, cefalea intrattabile. Se non vi sono
controindicazioni di ordine generale si raccomanda la chirurgia per tutte le MAV piccole,
superficiali, localizzate in sedi funzionalmente non rilevanti.

27

In caso di emorragia vi una indicazione


assoluta
all'intervento
chirurgico.
Vi sono molte MAV che sono cos profonde o
cos estese che la loro rimozione comporta un
elevato rischio di lesione. In questi casi pu
essere opportuno ricorrere a terapie alternative.

Angiografia pre e post operatoria

Trattamento endovascolare:
Nuove prospettive nella terapia delle MAV sono oggi fornite dalle tecniche di
embolizzazione le quali si propongono di escludere i vasi afferenti al nido angiomatoso mediante
sostanze collanti introdotte per via endovascolare. Tale trattamento spesso costituisce il primo
tempo preparatorio ad un intervento chirurgico di asportazione della lesione vascolare quando
questa e' molto estesa.
Radiochirurgia: indicata per MAV non accessibili chirurgicamente, se di diametro inferiore
a 2 cm, e soprattutto in pazienti che non hanno presentato episodi emorragici oppure soltanto
piccole emorragie. L'efficacia della radiochirurgia si esplica nell'arco di due anni.
Per alcune MAV voluminose, talamiche, dei gangli della base, del tronco cerebrale,
l'osservazione e' spesso la strategia da preferire, specialmente in pazienti anziani o con
problematiche internistiche.
Cavernomi
Sono malformazioni caratterizzate emodinamicamente da flusso ematico relativamente
basso e dalla mancata evidenziazione con esame angiografico. A differenza dalle malformazioni
arterovenose classiche manca il tipico shunt arterovenoso e ci spiega il fatto che il flusso sia
ridotto e che la loro visualizzazione angiografica sia difficile. Il termine cavernoma puramente
descrittivo in quanto queste malformazioni sono caratterizzate da un aspetto sinusoidale e pertanto
"cavernoso". Queste lesioni non sono tumorali ma sono vere lesioni vascolari mancanti di una
rilevante componente arteriosa. Le malformazioni vascolari in genere sono presenti nello 0.1-4%
della popolazione generale. I cavernomi rappresentano il 8-15% delle malformazioni vascolari
intracraniche e spinali. Hanno in genere un aspetto di lesione solitaria, compatta, non capsulata ma
ben demarcata. Possono avere calcificazioni o depositi di emosiderina. Prima dell'avvento della RM
si pensava che fossero lesioni rare.
Riscontro autoptico:
"
RM :

0.4%
simile percentuale.

Sono multipli nel 7-24% dei pazienti. Pu esservi una incidenza familiare nei pazienti con
lesioni multiple per una sequenza autosomica dominante di ereditariet con espressione
incompleta. Vi inoltre una peculiare associazione con un'altra lesione, la malformazione
venosa, cio una anomala coalescenza di vene drenanti da una regione del cervello.
28

La dimensione media di 17 mm.. Hanno una localizzazione sopratentoriale nel 78-80%,


mentre nel 10-20% dei casi sono situati in fossa cranica posteriore, e nel 5-10% nel midollo
spinale. Sono frequenti nel tronco cerebrale o in sede sottocorticale presso la scissura
rolandica ed i gangli della base. Anche i nervi cranici possono essere interessati, soprattutto i
nervi e chiasma ottici.
I sintomi neurologici sono scarsi, e spesso i cavernomi sono evidenziati incidentalmente.
Possono essere sintomatici tra i 20 e 50 anni. Le manifestazioni cliniche sono legate a
microemorragie focali, espansione della lesione, franco sanguinamento (meno frequente). Il modo
pi frequente di manifestarsi costituito da epilessia ed emorragia (rispettivamente nel 40% e 25%
dei casi). Le emorragie possono essere silenti o massive. Il rischio di sanguinamento va da 0.25 a
0.7% anno. Percentuale di risanguinamento 1-2% anno. Sono rare le emorragie massive con
conseguenze catastrofiche. Una prima emorragia raramente invalidante ma comunemente
seguita da una significativamente pi alta incidenza di emorragie ricorrenti, che possono essere
incrementantemente invalidanti o letali.
Il trattamento chirurgico molto efficace in quanto permette la rimozione del cavernoma e
la evacuazione dell'eventuale ematoma.. La morbidit legata soprattutto alla sede in cui il
cavernoma situato. Pertanto la decisione di operare un cavernoma va presa considerando
soprattutto il rischio del danno da possibile sanguinamento ed il v rischio chirurgico in funzione
della sede della lesione. In linea di principio, i cavernomi sintomatici debbono essere operati, a
meno di serie controindicazioni allo intervento di carattere generale o legate alla sede anatomica.
Anche i cavernomi di riscontro occasionale tendono ad essere operati se localizzati in zone
facilmente accessibili.
Non sono stati visti effetti terapeutici dopo radioterapia,

Filmato cavernoma
cliccare sull'icona
Cavernoma

Esempi di RMN pre e post-operatoria in un paziente operato per cavernoma


dell'insula temporale sinistra responsabile di epilessia

29

ADENOMI DELL'IPOFISI
Introduzione
Gli adenomi dell'ipofisi sono i pi frequenti tumori della regione sellare e fra i pi
frequenti tumori endocranici (15% di tutti i tumori cerebrali primitivi operati). Presentano
un incidenza di circa 15 per 100.000 abitanti e una prevalenza in casi autoptici non selezionati del
25%. Il 3% sono su base ereditaria ( nel contesto di MEN 1). L'interesse relativo a tale patologia
risiede, oltre che nella loro elevata frequenza, nel fatto che nella maggior parte dei casi si tratta di
una patologia biologicamente benigna; la loro rimozione totale pu quindi associarsi ad una
guarigione definitiva. Malgrado ci, quando questi tumori sono lasciati crescere oltre i limiti
anatomici della sella turcica, possono acquisire un carattere di malignit locale infiltrando le
strutture che sono adiacenti, in particolare le meningi che circondano l'ipofisi, le strutture ossee ed il
seno cavernoso.
La possibilit di guarire i pazienti affetti da queste malattie direttamente legata ad una
diagnosi e ad un trattamento precoci. Gli sviluppi ottenuti in campo neuroradiologico (Tomografia
Computerizzata e Risonanza Magnetica) ed endocrinologico (dosaggi ematici degli ormoni pofisari)
hanno indubbiamente facilitato la diagnosi della patologia ipofisaria favorendone una terapia
precoce. Malgrado ci il riscontro di voluminosi adenomi infiltranti o con cospicua espansione
endocranica ancora esperienza comune.

Chiasma
ottico

Peduncolo ipofisario

Neuroipofisi

Adeno ipofisi
Regione ipotalamo ipofisaria normale

Microadenoma ipofisario

Voluminoso adenoma con espansione endocranica

Adenoma infiltrante il seno cavernoso

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Nella maggior parte dei casi, alterando il normale equilibrio ormonale del nostro organismo,
gli adenomi sono responsabili di malattie disendocrine. La prima descrizione di una sindrome
clinica dovuta ad un adenoma ipofisario fu fatta da Pierre Marie allorch nel 1886, studiando due
pazienti della clinica di Charcot, coni il termine di acromegalia per definire le manifestazioni pi
evidenti della loro malattia e cio l'ipertrofia delle estremit. Pioniere degli studi sulla patologia
ipofisaria e della chirurgia degli adenomi ipofisari stato Jules Hardy, neurochirurgo canadese, il
quale fu tra i primi a correlare determinate alterazioni ormonali con la presenza di un adenoma
ipofisario e ad operare pazienti portatori di microadenoma basando l'indicazione chirurgica
solamente sul quadro disendocrino, anche quando, non disponendo ancora di TC o RM, le
radiografie del cranio erano negative.
I progressi immunoistochimici e radioimmunologici hanno permesso di classificare
gli adenomi, in funzione della capacit o meno di secernere un ormone, in adenomi secernenti
(PRL, GH, ACTH, TSH, Gonadotropine) e non secernenti.
Gli adenomi secernenti inducono la comparsa di un quadro clinico correlato all'ormone
secreto (sindromi da amenorrea-galattorrea per la Prolattina, acromegalia o gigantismo per il GH,
malattia di Cushing per l'ACTH, ecc....). Se raggiungono dimensioni tali da comprimere le cellule
ipofisarie normali, al quadro della ipersecrezione patologica dell'ormone secreto dall'adenoma si
associa una iposecrezione delle altre tropine ipofisarie. Se l'adenoma non secernente, le
manifestazioni ormonali saranno soltanto quelle dell'ipopituitarismo.
Quando l'adenoma cresce tanto da superare i confini della sella turcica, comprime le
strutture nervose vicine. I segni neurologici conseguenti sono una emianopsia bitemporale per
compressione del chiasma ottico, oppure un deficit del III nervo cranico o, meno
frequentemente, del IV, VI e branca oftalmica del V per compressione o invasione del seno
cavernoso. Una ulteriore crescita pu determinare la comparsa di una sofferenza
diencefalica.
Classificazione
Nella nostra casistica di oltre 1500 casi operati, la divisione degli adenomi tra secernenti e
non secernenti mostra come i primi costituiscano la maggioranza della patologia (70% contro 30%).
Nell'ambito degli adenomi ipofisari secernenti quelli a Prolattina sono i pi frequenti (50%),
seguiti da quelli secernenti GH (37%), ed ACTH (12%). Rari gli adenomi secernenti TSH o FSHLH. Hardy e Vezina hanno proposto una classificazione anatomo-radiologica la quale
essenzialmente divide gli adenomi in infiltranti ("invasive") e non infiltranti("enclosed"); ognuno
dei due gruppi pu comprendere microadenomi (sotto i 10 mm di diametro) (Gr 0,I e III) o
macroadenomi (Gr II e IV).

31

I macroadenomi possono avere una espansione soprasellare simmetrica o asimmetrica. Nella


nostra serie i microadenomi, rappresentano il 40% ed i macroadenomi il 60%. Nel 30% dei casi
l'adenoma ha una significativa espansione endocranica con compressione del chiasma ottico. Come
si detto, gli adenomi ipofisari sono istologicamente tumori benigni. Tuttavia una infiltrazione
locale o diffusa dei tessuti adiacenti e' spesso presente. In assenza di criteri istologici di malignit,
l'invasione dell'osso o dei tessuti vicini da parte dell'adenoma pu essere presa come segno di
potenziale aggressivit. All'intervento abbiamo trovato una infiltrazione nel 32% di tutti i casi ed in
particolare nell'11% dei microadenomi e nel 45% dei macroadenomi.
Il 30% dei pazienti con adenoma comincia a presentare sintomi prima dei 20 anni.
In particolare il 42% degli adenomi a PRL ha sintomi prima dei 20 anni. Gli adenomi in
et infantile appaiono essere meno invasivi degli altri; solamente gli adenomi secernenti
GH sembrano avere, in questa fascia di et, una maggiore tendenza all'espansione
soprasellare ed alla invasivit.
Diagnostica radiologica
Spesso una diagnosi di adenoma ipofisario pu essere effettuata per mezzo di una
semplice radiografia del cranio.
Le alterazioni della regione sellare evidenziabili sono essenzialmente le seguenti:
- alterazioni strutturali: assottigliamento del dorso sellare, riduzione della mineralizzazione del
pavimento,
- alterazioni morfologiche: modificazione del profilo, doppio contorno, non visualizzazione della
sella turcica nel caso di voluminoso adenoma infiltrante ("sella fantasma").
Una migliore definizione di tali alterazioni pu essere ottenuta dallo studio tomografico
della sella turcica. La diagnosi sulla radiografia standard pi facile per gli adenomi PRL o GH
secernenti che per quelli secernenti ACTH. I primi nascono dalla parte latero-basale della
ghiandola; quindi, prendendo subito contatto con il pavimento sellare, producono precocemente
alterazioni della sella evidenziabili radiograficamente. I secondi nascono all'interno della ghiandola,
pertanto possono espandersi a spese dell'ipofisi stessa e, solo tardivamente, quando la sindrome
clinica pu essere gi avanzata, producono alterazioni sellari che solitamente consistono in un
ingrandimento omogeneo della cavit sellare.
Nuove prospettive diagnostiche si sono presentate con l'avvento della TC e, soprattutto,
della RM, soprattutto per la capacit di visualizzare esattamente l'adenoma,
precisandone l'estensione, i rapporti con le strutture neurovascolari adiacenti e l'eventuale
presenza ed entit di infiltrazione delle strutture parasellari, in particolare del seno cavernoso.
Quest'ultimo aspetto molto importante per la prognosi della malattia. La RM e la TC permettono
inoltre una diagnosi differenziale con l'altra patologia della regione sellare (meningiomi,
craniofaringioma, aneurismi, sella vuota, ecc....)
Di importanza clinica rilevante il quadro della sella vuota o
diverticolo aracnoideo endosellare, caratterizzato dalla evidenza
di ingrandimento sellare con discesa degli spazi aracnoidei dentro
la sella turcica. In alcuni casi, oltre alla alterazione anatomica, si
evidenzia una sindrome clinica caratterizzata dalla associazione di
segni di disordini endocrinologici (obesit, ipertricosi, amenorrea) e
segni di ipertensione endocranica (cefalea, disturbi visivi,
papilledema). Nel 25% dei casi con segni di ipertensione endocranica
pu essere presente una fistola liquorale con rinoliquorrea. Un
cronico od intermittente aumento della pressione endocranica gioca
un ruolo patogenetico nello sviluppo e nel mantenimento della sella
32

vuota. In una serie di pazienti da noi studiati per tale sintomatologia abbiamo riscontrato una
modificazione della pressione endocranica (PIC) nell87% dei casi, associato ad una scomparsa
della secrezione notturna di PRL. Tali pazienti furono sottoposti a shunt liquorale con scomparsa
dei sintomi neurologici e ripresa della secrezione notturna di PRL.
Da tenere presente, soprattutto nei malati con malattia di Cushing, la possibile associazione
tra sella vuota ed adenoma.
Diagnostica ormonale
Il dosaggio plasmatico dei vari ormoni ipofisari permette di individuare la presenza
di ipersecrezione o di iposecrezione. Senza entrare nel dettaglio della diagnostica ormonale ci si
soffermer soltanto sul significato del riscontro di livelli di prolattina elevati in una variet di
condizioni cliniche.
La prolattina l'unico ormone ipofisario la cui secrezione sottoposta ad un controllo
inibitorio da parte dell'ipotalamo (PIF: prolactin inhibitory factor, dopamina).
Pertanto una ipersecrezione della Prolattina, oltre che essere legato alla presenza di un
adenoma secernente PRL, pu essere dovuta anche ad una sofferenza della connessione
ipotalamo-ipofisaria con conseguente riduzione del PIF ed aumento della produzione di
PRL da parte di cellule normali.
Ci spiega perch livelli basali elevati di PRL (cio superiori a 20 ng/ml) siano
stati riscontrati oltre che nei pazienti portatori di adenoma PRL secernente anche in
presenza di una patologia diencefalo ipofisaria di altra natura (adenomi non secernenti,
craniofaringiomi,meningiomi, sella vuota, ecc.). Mentre nel primocaso (adenoma secernente
PRL) l'iperprolattinemia correlata alla capacit delle cellule tumorali di secernere prolattina
in modo autonomo (ed il valore di PRL direttamente proporzionale al volume dell'adenoma),
nel secondo caso essa legata alla diminuita secrezione o liberazione di PIF causato da un
danno sull'ipotalamo e/o sul peduncolo ipofisario da parte della massa tumorale. Ci sembra
rilevante segnalare il fatto che livelli basali di PRL al di sopra di 200 ng/ml siano stati riscontrati
solamente in pazienti con adenoma PRL-secernente, mentre nel caso di patologia non secernente
responsabile di un disturbo delle connessioni diencefalo-ipofisarie i tassi di prolattina
non superano mai i 200 ng/ml.

PRL inferiore a 20 ng/ml: secrezione normale

- PRL tra 21 e 200 ng/ml:


-

microadenomi PRL secernenti


compressione del peduncolo ipofisario (con riduzione della secrezione di PIF dopamina) da parte di una patologia non secernente della regione diencefaloipofisaria (meningioma,
craniofaringioma, adenoma non secernente, sella vuota, ecc...)

- PRL sopra 200 ng/ml:

macroadenomi secernenti PRL

33

Terapia chirurgica.
Gli adenomi ipofisari, quando sono responsabili di sindromi disendocrine o quando
sono voluminosi tanto da dare sintomi neurologici, debbono essere sottoposti a terapia
chirurgica.
Obiettivi della terapia chirurgica degli adenomi ipofisari sono i seguenti:
a)
b)

Rimozione della massa e ristabilimento delle normali funzioni neurologiche.


Eliminazione della endocrinopatia e recupero della normale funzione ipofisaria.

L' Approccio transfenoidale, cio per una via anteriore extracranica,


combinato con l'impiego del microscopio chirurgico, quello largamente
preferito per la terapia chirurgica degli adenomi. Come regola noi abbiamo
utilizzato questo approccio in tutti i casi di tumore esclusivamente
intrasellare o quando la sella era ampia per la presenza di un adenoma
intrasellare con una espansione soprasellare simmetrica.
I vantaggi che la via transfenoidale presenta sono:
- fornire un accesso pi rapido, diretto e sicuro alla sella,
- permettere una migliore differenziazione della
dall'adenoma,
- ottenere una migliore decompressione delle vie ottiche,
- ridurre i traumi ed il rischio per il paziente.

ipofisi

I risultati da noi raggiunti usando l'approccio transfenoidale sono i


seguenti:
a) rimozione del tumore: una asportazione totale fu ottenuta nel
96% dei pazienti con microadenoma e nell'80% dei pazienti con
macroadenoma.
b) funzione visiva: un miglioramento della funzione visiva fu
ottenuto nell'85% dei casi.
Solo l'1% dei pazienti peggior con l'intervento.
c) normalizzazione della ipersecrezione ormonale: una normalizzazione della ipersecrezione fu
ottenuta nel 90% dei microadenomi e nel 52% dei macroadenomi.
L'incidenza di recidive dopo asportazione apparentemente totale del 7%. Il
rischio di recidiva aumenta con la crescita del tumore e con la presenza di infiltrazione.
L'incidenza di recidive negli adenomi non infiltranti del 5%, mentre del 12% per gli
infiltranti.

34

Microadenoma

Preoperatoria

Macroadenoma

Postoperatoria

Preoperatoria

Postoperatoria

Esempio di trattamento chirurgico di un adenoma ipofisario.


1) prima della rimozione 2) dopo la rimozione

Endoscopia
Da qualche anno alla classica via di approccio transfenoidale si affiancato un approccio
endoscopico alla sella turcica, con i vantaggi di ridurre il trauma chirurgico e ampliare il campo di
visione.
Radioterapia
La radioterapia un altro tipo di terapia possibile per un adenoma ipofisario. Per la
benignit biologica di questa patologia, e la vicinanza di strutture nervose delicate, da prendere in
considerazione solo eccezionalmente. Dei nostri casi, furono sottoposti a tale terapia soltanto quelli
nei quali, dopo un primo o un secondo intervento, si ebbe l'evidenza di un aspetto ampiamente
invasivo, con scarsa possibilit di rimozione chirurgica e per i quali non si aveva una possibilit di
terapia medica. Oggi le possibilit offerte dalla "radiochirurgia" possono permetterci di curare
eventuali recidive di adenoma nel seno cavernoso.

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Terapia medica
Per alcuni tipi di adenomi dell'ipofisi esiste la possibilit di una terapia medica. In
particolare due farmaci hanno modificato l'approccio terapeutico a questa patologia. Essi
sono i farmaci dopaminergici e gli analoghi della somatostatina. I primi hanno efficacia
soprattutto sugli adenomi a prolattina (meno su quelli secernenti GH), i secondi sugli
adenomi secernenti GH.
Terapia farmacologica degli adenomi PRL secernenti
I farmaci dopaminergici hanno una buona efficacia nell'abbassare i livelli di PRL ma scarsa
nel provocare una riduzione volumetrica dell'adenoma. Il loro effetto maggiore sui macroadenomi
che sui micro. Una piccola percentuale di pazienti (5-10%) sono resistenti. Il trattamento deve
essere continuato indefinitamente in quanto la sospensione spesso determina una recidiva della
iperprolattinemia e ricrescita del tumore. Il risultato raggiunto molto spesso temporaneo e recede
dopo sospensione del farmaco. I farmaci dopaminergici vengono utilizzati come coadiuvanti della
terapia chirurgica, in quei pazienti in cui una asportazione totale del tumore non possibile.
La accresciuta disponibilit, negli ultimi anni, di farmaci in grado di controllare la
secrezione di prolattina e, in alcuni casi, la crescita dell'adenoma ha modificato il nostro
atteggiamento verso la operabilit di questa patologia. Il protocollo terapeutico da noi utilizzato il
seguente:
MICROADENOMI PRL-SECERNENTI

Terapia medica per 6 mesi: se i valori di PRL si normalizzano, se il paziente sopporta


l'assunzione del farmaco e se non vi crescita ulteriore del tumore, si prosegue la terapia
medica.
Indicazione all'intervento chirurgico nei seguenti casi
A) pazienti con provata inefficacia del farmaco o intolleranza verso lo stesso;
B) donne in et fertile con desiderio di gravidanza;
C) pazienti che non desiderano sottoporsi ad un trattamento farmacologico prolungato per
una patologia che ha elevate probabilit di guarigione con la chirurgia;

MACROADENOMI PRL-SECERNENTI
1) l'indicazione all'intervento chirurgico si ha in presenza di gravi disturbi visivi o di
ipertensione endocranica, in cui l'attesa del risultato della terapia medica pu essere
rischiosa, soprattutto in presenza di fenomeni emorragici o ampiamente necrotici dentro
l'adenoma;
2) nel caso di pazienti meno gravi la terapia farmacologica pu costituire il primo
tempo, per qualche settimana, di una terapia che poi si concluder con l'intervento se il
farmaco non sar capace di ridurre consistentemente il volume dell'adenoma o di
migliorare la sintomatologia clinica;
Terapia farmacologica degli adenomi GH secernenti:
E' importante tener presente che livelli elevati di GH costituiscono una causa di comparsa di
insufficienza respiratoria, cardiovascolare e cerebrovascolare. Pazienti con ipersecrezione di GH
hanno una aumentata mortalit di tre volte rispetto alla aspettativa media di vita per fascie di pari
et. Il 50% muore prima di avere raggiunto i 50 anni di et. Risultato della terapia con analoghi
della somatostatina (octreotide):
riduzione valori GH nell'80%;
36

normalizzazione nel 20%;


riduzione del volume del tumore nel 50%.
Effetti collaterali: calcoli alla cistifellea, diarrea e ridotta tolleranza al glucosio . La terapia
farmacologica con analoghi della somatostatina molto spesso rappresenta un primo tempo
preparatorio all'atto chirurgico. Questo farmaco, oltre che in fase preoperatoria o in alternativa alla
chirurgia, viene utilizzato nel controllare i livelli ormonali e la crescita del tumore nei casi di
asportazione non totale o di presenza di infiltrazione.

37

TUMORI CEREBRALI
La classificazione di tutti i tumori del sistema nervoso centrale, accolta dalla World Health
Organization nel 1990, si basa sulla premessa che ogni tipo di tumore il risultato della crescita
anormale di uno specifico tipo cellulare e quindi divide i tumori in relazione alle cellule o al tessuto
di origine.
Questo concetto era alla base anche della originale classificazione dei tumori cerebrali di
Bailey e Cushing (1926).
Le nomenclature usate riflettono questa scelta (per es. gli astrocitomi sono tumori derivati dagli
astrociti). Difficolt nascono quando il tumore consiste di pi di un tipo cellulare o quando il tipo
cellulare preminente non pu facilmente essere correlato con un tipo cellulare normale adulto;
oppure quando il tumore consiste di cellule relativamente primitive o
indifferenziate (per es. tumori primitivi neuroectodermici o tumori a cellule embrionali).
I tumori cerebrali sono divisi in nove categorie:
. T. neuroepiteliali
. T. dei nervi cranici e spinali
. T. delle meningi
. T. emopoietici
. T. delle cellule germinali
. T. dell'adenoipofisi
. Estensione locale intracranica di tumori regionali extracranici
. Cisti e lesioni similtumorali
. T. metastatici.
I tumori cerebrali possono essere intra o extra-assiali. I tumori intra-assiali sono localizzati
primariamente dentro il parenchima cerebrale o il sistema ventricolare, mentre i tumori extraassiali sono localizzati negli spazi subaracnoidei o meningei.
Differentemente da altri tumori del nostro corpo i tumori primitivi intracranici raramente
metastatizzano in altre regioni.
L'incidenza di tumori cerebrali autoptici di 1-2%.
L'incidenza annuale di nuovi tumori cerebrali
diagnosticati negli Stati Uniti approssimativamente di
18 per 100.000 persone. Di questi, 1/3 sono primitivi e
2/3 secondari. La mortalit di 5 per 100.000 persone
per anno. La mortalit pi alta per i maschi che per le
femmine ed aumenta con l'et fino a 70 anni per poi
declinare. Globalmente, i tumori cerebrali primitivi
rappresentano la terza o quarta causa pi frequente di
mortalit legata ad un tumore nelle persone adulte, e la
seconda causa di mortalit da tumore nei bambini.

38

L'incidenza relativa dei vari tipi cellulari varia con l'et e con il
sesso.
Negli adulti i gliomi maligni ed i meningiomi sono i pi comuni
tumori cerebrali primitivi, nei bambini i medulloblastomi ed i meno
maligni astrocitomi pilocitici sono pi diffusi. I gliomi
sono pi diffusi nei maschi mentre gli adenomi ipofisari ed i
meningiomi sono pi diffusi nelle donne.
Una incrementata incidenza di tumori cerebrali entro una singola
famiglia pu essere attribuita ad una delle facomatosi. Questa
predisposizione ereditaria dominante allo sviluppo di tumori del
sistema nervoso include la neurofibromatosi tipo 1 e tipo 2,la
sclerosi tuberosa e la malattia di von Hippel-Lindau.
Una caratteristica della facomatosi la multicentricit di tumori
extra-assiali, o la occorrenza di tipi tumorali differenti nella stessa
persona, come glioma dei nervi ottici o meningiomi in paziente con
neurofibromatosi.
La Neurofibromatosi la pi comune tra queste malattie e nella
Neurofibromatosi Tipo 1 tumori delle guaine nervose e gliomi
ottici, tumori del tronco e cerebellari, sono associati a macchie caff
e latte, neurofibromi cutanei e noduli di Lisch (amartomi dell'iride).
Nella Neurofibromatosi Tipo 2 si hanno neurinomi bilaterali del
nervo acustico, astrocitomi, meningiomi e schwannomi delle radici
spinali.
Nella Malattia di Von Hippel-Lindau si hanno emangioblastomi, pi comunemente del cervelletto,
del tronco dell'encefalo e del midollo, possono esservi inoltre angiomi retinici, cisti ed
adenocarcinomi pancreatici, cisti renali ed ipernefromi.
Nella Sclerosi Tuberosa astrocitomi subependimali a cellule giganti ed amartomi tuberosi della
corteccia cerebrale sono associati a ritardo mentale ed epilessia; vi sono stigmate cutanee
depigmentate, angiofibromi del volto e delle dita, fibrosi subependimale; rabdomiosarcomi del
cuore, amartomi della retina, dei polmoni e del rene.
Eziologia dei tumori cerebrali:
Il problema della eziologia dei tumori cerebrali di essenziale importanza. Gli ultimi 10
anni hanno portato un considerevole progresso nella comprensione delle basi genetiche della
tumorogenesi.
Le domande alle quali si cerca di rispondere sono le seguenti:
1) quale alterazione genetica fondamentale sottende lo sviluppo del tumore?
2) cosa causa queste alterazioni genetiche?
3) quale fattore ospite permette a queste alterazioni genetiche di manifestarsi come tumore?
Due tipi di cambiamenti nella espressione genetica sono stati individuati come eventi
primari: la perdita della espressione dei geni soppressori tumorali (TSGs) e la iperespressione
39

di oncogenesi o espressione di forme alterate di oncogenesi. Questi cambiamenti sono il risultato di


difetti genetici sotto forma di perdita cromosomiale o alterazioni del DNA, che possono essere
ereditarie o acquisite.Il termine TSG decrive geni la cui perdita o inattivazione associata a
tumorogenesi. Sono stati studiati TSG per i retinoblastomi e per la Neurofibromatosi tipo 2.
Studi di genetica molecolare stanno evidenziando altri TSG nello sviluppo degli astrocitomi.
La assenza di porzioni dei cromosomi 10 e 17 suggerisce che la perdita di queste regioni pu
contribuire alla tumorogenesi. La perdita del segmento del cromosoma 17 pu contribuire allo
sviluppo degli astrocitomi in contrapposizione ad altri tumori gliali, mentre la perdita del
frammento del cromosoma 10 favorirebbe la progressione del tumore astrocitario verso un
grado pi maligno. Gli oncogeni sono geni la cui espressione contribuisce alla origine e
mantenimento dello stato trasformato. La loro oncogenicit evidente nella abilit a trasformare
cellule in coltura in fenotipi pi neoplastici e nella loro capacit di produrre tumori in animali. Vi
evidenza del coinvolgimento di oncogeni nella genesi dei tumori del SNC. Le alterazioni in
espressione genetica soprariportate risultano da delezioni o mutazioni del DNA. Questi
cambiamenti possono risultare da errori nei normali processi cellulari endogeni. Molti, tuttavia,
sono causati da mutageni esogeni. Un agente mutagenico se induce alterazioni permanenti nel
DNA cellulare; carcinogenico se da queste mutazioni risulta un cancro. Vi sono tre tipi di
mutageni, ognuno dei quali stato implicato nella eziologia di tumori cerebrali: radianti, chimici e
virali.
Fattori Ospiti:
Le condizioni che fan s che vi sia una suscettibilit alla tumorogenesi sono molte. Vale la pena
citarne due: la prima lo stato proliferativo della cellula. Una cellula in divisione attiva pi
suscettibile di subire un danno nel DNA rispetto ad una quiescente. Una lesione cerebrale pu
fungere da stimolo alla tumorogenesi in quanto stimola la proliferazione con concomitante
vulnerabilit alla mutazione genetica (apertura di una finestra di vulnerabilit).
La seconda condizione lo stato immunitario del paziente. L'immunosoppressione iatrogena o
ereditaria o acquisita predispone allo sviluppo di tumori, anche cerebrali.
Tra i tumori cerebrali gli astrocitomi sono relativamente frequenti a causa dell'alto numero di
cellule gliali, alcune delle quali possono riprendere un ciclo riproduttivo anche nell'adulto.
I medulloblastomi sono pure molto frequenti perch i medulloblasti primitivi continuano a dividersi
per molte settimane dopo la nascita.
La distribuzione spaziale degli astrocitomi cerebrali riflette le stesse considerazioni. Gli astrocitomi
cerebrali tendono a nascere dagli strati germinali subependimali, dallo strato molecolare della
corteccia cerebrale o dal giro dentato; i medulloblstomi comunemente nascono dallo strato
granulare esterno della corteccia cerebellare.
Attraverso ripetuti cicli di divisione una cellula clonogenica produce una massa di cellule similari
ed il tumore espande in modo non invasivo. Poich le cellule tumorali ripetutamente rientrano nel
ciclo riproduttivo, il loro DNA altamente vulnerabile ad agenti mutageni addizionali con
comparsa di subpopolazioni clonogeniche a maggior crescita e progressione verso un grado pi alto
di malignit.
La instabilit genetica di cellule tumorali che si dividono rapidamente esita in una instabilit
fenotipica che di fondamentale importanza nella interazione del tumore e dell'ospite e che
porta alla selezione di subcloni tumorali sempre pi maligni.
Un elemento che favorisce la diffusione tumorale la invasivit per migrazione di cellule
individuali lungo tratti e superfici ventricolari corticali.
Una condizione che fornisce al tumore un vantaggio sull'ospite la immunosoppressione.
La risposta immunitaria dell'ospite mascherata da molti fattori. Barriera
emato-encefalica, assenza di sistema linfatico, assenza di espressione di antigeni specifici; gli

40

antigeni espressi sono eterogenei e rapidamente cangianti. Inoltre il tumore produce fattori
immunosoppressivi.
Descriviamo ora in rassegna le forme piu' diffuse di tumori cerebrali (in neretto sono
riportate le forme di maggiore interesse neurochirurgico).
Iniziamo dai tumori neuroepiteliali di cui i gliomi sono la forma piu' frequente.
1) Tumori astrocitari o gliomi: Sono tumori del SNC derivati da cellule che si ritiene siano
di origine gliale. Sono i tumori cerebrali pi frequenti. L'incidenza annuale e' di 5,4 per
100.000 abitanti; in Europa se ne calcolano 40.000 ogni anno. Negli adulti hanno una
localizzazione pi frequente nel cervello, mentre nei bambini solitamente sono nel tronco
cerebrale (soprattutto il ponte). Il cervelletto pi frequentemente interessato dagli
astrocitomi pilocitici.
Nel linguaggio comune il termine glioma comprende un misto eterogeneo di tumori la cui
biologia, trattamento e prognosi varia ampiamente.
La prima classificazione di questi tumori risale a Cushing e Bailey (1926) e fu fatta tenendo
conto della loro somiglianza istologica alla glia normale. Essi considerarono tre gruppi,
rispettivamente a gravit prognostica progressiva: astrocitomi, astroblastomi, spongioblastomi
( detti poi glioblastomi multiformi).
Nel 1949 Kernohan si bas sull'assunzione che queste lesioni tumorali rappresentassero una
famiglia di neoplasie con differenze nella entit della differenziazione astrocitica. Secondo la sua
classificazione il grado 1 contiene interamente astrociti fibrillari ben differenziati, i gradi 2-3-4
contengono progressivamente sempre meno di queste cellule. Nel 1970 la Organizzazione Mondiale
della Sanit stil una nuova classificazione, che comprende anche, come grado pi benigno,
l'astrocitoma pilocitico, non compreso nelle classificazioni precedenti in quanto entit differente
dagli astrocitomi fibrillari.
Abbiamo quindi i gradi seguenti:
- grado 1: astrocitoma pilocitico.
- grado 2: astrocitoma (fibrillare).
- grado 3: astrocitoma anaplastico.
- grado 4: glioblastoma multiforme.
La diagnostica dei gliomi cerebrali si basa
soprattutto sulla risonanza magnetica, che, con le
recenti acquisizioni tecnologiche, permette anche di
acquisire dati anche sulle caratteristiche di
benignita'
o
malignita'
della
neoplasia.
Astrocitomi pilocitici (grado 1).
Sono accomunati dal fatto di comparire
soprattutto nei bambini e di essere a lento
accrescimento. Hanno decorso benigno e poca
tendenza alla trasformazione maligna. Sono
chiamati "astrocitomi pilocitici giovanili". Sono
comunemente della linea mediana, interessando il
chiasma ottico, il terzo ventricolo ed il tronco
cerebrale, il verme cerebellare. Tumori pilocitici
sono inoltre negli emisferi cerebrali e cerebellari
41

sia negli adulti che nei bambini. Possono essere solidi o cistici. Sono spesso associati a
neurofibromatosi (40%). Possono essere curati dalla asportazione completa. Quelli del chiasma,
nervi ottici ed ipotalamo sono i pi difficili da trattare.
Astrocitoma Fibrillare: corrisponde ai cosiddetti
astrocitomi a basso grado o Grado II. E' pi frequente
nella IV decade di vita negli emisferi cerebrali. Lesioni
simili possono apparire nel "brain stem" dei bambini e
degli adulti. Costituisce il 5%-25% dei gliomi. Cresce
lentamente e l'epilessia spesso la prima modalit di
presentazione clinica. La diagnosi pu essere difficile in
quanto l'effetto massa assente e non prende contrasto
alla TC o RM.
Una caratteristica importante degli astrocitomi fibrillari che le loro componenti non sono
statiche, ma possono generare cellule citologicamente e biologicamente pi aggressive.
Da un lavoro del 1972 (Muller) risulta che su 72 astrocitomi ben differenziati diagnosticati
con biopsia, alla seconda operazione 62 erano divenuti astrocitomi anaplastici o glioblastomi.
In genere circa il 50%-80% delle ricrescite mostra evidenza di progressione ad un grado pi
alto. Questa tendenza al cambiamento maligno negli astrocitomi fibrillari significa che alcune
lesioni possono avere sia componenti ben differenziate che anaplastiche e ci deve essere
tenuto presente nella strategia terapeutica la quale deve mirare ad un target potenzialmente in
evoluzione.
Un'altra importante caratteristica degli astrocitomi fibrillari la prognosi, essendovi una
stretta relazione inversa tra et del paziente e sopravvivenza sia per le forme anaplastiche che
per quelle ben differenziate: i pazienti pi anziani hanno sopravvivenze pi corte.
La chirurgia il trattamento primario. L'intervento chirurgico si pone lo scopo di rimuovere
completamente o parzialmente la lesione in funzione della sua sede ed entit. Sono possibili anche
interventi ripetuti nel caso di ricrescite. Sopravvivenza operatoria fino a 5 anni o piu' nel 40 - 50%.
Astrocitoma anaplastico: localizzazione negli emisferi cerebrali. Compare nella 5-6 decade
o come tumore nuovo o come trasformazione maligna di un astrocitoma a basso grado. Rappresenta
circa il 30% dei gliomi con prevalenza di 1,7 per 100.000 abitanti. Ha una crescita rapida.
Terapia: chirurgia pi radioterapia ed eventuale chemioterapia. Sopravvivenza a 5 anni: 20%.
Glioblastoma multiforme: il pi comune tra i tumori cerebrali primitivi (30%) e tra i gliomi
(50%). Prevalenza di 4-5 per 100.000 abitanti. Frequente intorno ai 60 anni. Pu aversi anche
nel tronco cerebrale dei bambini. Raro nel midollo. E' la forma pi maligna con una
sopravvivenza massima dopo terapia aggressiva (chirurgia, radioterapia e chemioterapia) di
12-15 mesi,e sopravvivenza a 5 anni tra 1- 6 %. Si e' calcolato che il 28% dei glioblastomi
multiformi derivi da un precedente astrocitoma a basso grado.

42

SOPRAVVIVENZA MEDIA:
7.5 anni per l'astrocitoma (grado 2)
15 27 mesi l' astrocitoma anaplastico (grado 3)
6-12 mesi per il glioblastoma multiforme (grado 4)
Trattamento chirurgico
Scopi della rimozione chirurgica di un tumore cerebrale sono quello di rimuovere il rischio di
scompenso intracranico legato alla ipertensione endocranica e quello di asportare quanto pi
tessuto
tumorale

possibile
per
migliorare
la
prognosi
del
paziente.
Indicazione ad una rimozione chirurgica:
Per quel che riguarda i tumori cerebrali, data la delicatezza dell'organo cui ci si riferisce, un
intervento chirurgico proponibile quando la localizzazione della lesione tale da non far
prevedere l'insorgenza di danni neurologici gravi e duraturi.
I progressi tecnologici attuali ci permettono, grazie alla risonanza magnetica funzionale, alla
neuronavigazione, e al monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio, di effettuare una
asportazione quanto piu' abbondante possibile e con preservazione delle aree funzionalmente
importanti

43

Per tumori a basso grado la rimozione chirurgica ha lo scopo di rimuovere una massa e di
prevenire, in caso di astrocitoma fibrillare, la trasformazione in tumore di grado maggiore.
Pu essere considerata utile anche una asportazione abbondante e non totale tenuto conto
dalla lentezza di crescita della lesione residua.
La terapia chirurgica nelle forme
anaplastiche indicata solo nel caso in
cui la sede del tumore sia in zone
funzionalmente non rilevanti e
l'estensione sia tale da permettere di
programmare
una
asportazione
apparentemente totale della massa.
Una semplice decompressione, vista
la rapidit di crescita della neoplasia,
non comporta un effettivo vantaggio
prognostico.
Lasportazione (apparentemente) totale anchessa seguita dalla ricrescita della massa, ma assicura
un periodo libero da malattia in condizioni neurologiche buone. Nei casi in cui tecnicamente
possibile, anche il reintervento viene ritenuto importante per la sopravvivenza del paziente. Se la
ricrescita avviene in sedi accessibili chirurgicamente, pu essere ipotizzato un secondo o anche un
terzo intervento. Malgrado i limiti della chirurgia, indici di sopravvivenza per pazienti con differenti
tipi di tumori cerebrali sono direttamente proporzionali alla estensione della rimozione chirurgica.
Per quel che riguarda tumori gliali, la grande maggioranza delle relazioni indica che la
lunghezza della sopravvivenza direttamente proporzionale alla estensione della resezione,
anche in assenza di ulteriore terapia.

44

Inoltre la lunghezza della sopravvivenza dei pazienti operati e soggetti a radiazione o


chemioterapia inversamente proporzionale al volume del tumore residuo. In larghe serie di
pazienti con glioblastoma, analisi multivariate indicano che una resezione grossolanamente totale
uno dei pi significativi fattori prognostici per una sopravvivenza prolungata.
Nella serie della Mayo Clinic, la sopravvivenza a 5 anni di pazienti con astrocitoma a basso
grado che andarono incontro a semplice biopsia, a resezione limitata, o a completa resezione, era
rispettivamente di 32%, 44% e 61%.
Per 81 pazienti con oligodendroglioma, la sopravvivenza mediana e la sopravvivenza a 5
anni erano, rispettivamente di 12.6 anni e del 74% dopo rimozione totale, e di 4.9 anni e del 46%
dopo rimozione subtotale.
Oltre ad et ed istologia, la resezione chirurgica il singolo pi importante fattore
prognostico di sopravvivenza per pazienti con glioma cerebrale.
Nei casi di lesioni tumorali localizzate in sedi profonde o che richiedano approcci chirurgici
rischiosi pu essere utile effettuare una biopsia con metodica stereotassica, allo scopo di conoscere
esattamente la natura ed il grado del tumore, prima di stabilire la strategia pi adeguata.
Nel caso di tumori maligni la terapia chirurgica, non essendo curativa, deve essere integrata
da trattamenti di appoggio. La radioterapia , fino ad ora, il pi importante di questi
trattamenti. Pu essere effettuata con metodica tradizionale in molte sedute, oppure, se le
dimensioni del tumore non superano i 2 cm., pu essere effettuata una radiochirurgia
("gamma Knife" o Acceleratore lineare) consistente nella somministrazione di altissime dosi
concentrate nella sede del tumore. Una terza metodica di approccio radiante la "brachiterapia"
consistente nella introduzione all'interno della massa tumorale di grani di materiale radioattivo a
breve emittenza in modo da distruggere il tumore preservando il tessuto circostante. Quest'ultima
metodica si indirizza a lesioni non superiori ai 2 cm., e di morfologia regolare.
Radioterapia intralesionale di gliomi maligni:
Consiste nella somministrazione di larghe quantit di anticorpi monoclonali radiomarcati che
acquistano un potere tumoricida, grazie ai raggi beta citolitici dell'isotopo. Il target ideale per questi
anticorpi monoclonali sembra essere la Tenascina, glicoproteina oligomerica componente della
matrice extracellulare. I gliomi ed in particolare i glioblastomi esprimono alte quantit di Tenascina.
Al contrario essa molto scarsa nel SNC adulto.
Chemioterapia:
oggi sono disponibili farmaci efficaci che aumentano la sopravvivenza preservando le condizioni
neurologiche e generali del paziente.
2) Tumori oligodendrogliali: molto simili ai fibrillari. Possono avere forme pi o meno
maligne. La storia pu essere anche molto lunga (10 o 20 anni). Presentano calcificazioni nel
loro contesto. Hanno uno spettro di differenziazione come gli astrocitomi.
3) Ependimomi: Si distinguono due gruppi: gli ependimomi del cervello e del midollo
spinale e quelli mixopapillari del filum terminale. Vi la possibilit di una asportazione totale
con guarigione. L'outcome per gli ependimomi in contrasto con gli astrocitomi, non sembra
correlare con il grado tumorale, la localizzazione o l'estensione della resezione.
4) Medulloblastomi: neoplasia dei primi 20 anni di vita, anche se pu vedersi anche dopo.
E' soprattutto del verme cerebellare. Presenta una storia naturale di rapida progressione con
diffusione negli spazi subaracnoidei. Il trattamento chirurgico e radiante, con radioterapia

45

anche del midollo dove pu localizzarsi per diffusione subaracnoidea. Sopravvivenza a 5 anni
nel 50% dei pazienti.
5) Linfomi cerebrali primitivi: La maggior parte dei linfomi cerebrali sono linfomi
primitivi non Hodgkin. Rappresentano meno del 2% dei tumori cerebrali primitivi e lo 0.71.7% di tutti i linfomi non H. Nell'ultimo decennio sono aumentati di 3 volte, non solo per
AIDS o in soggetti immunodepressi, ma anche in soggetti immunocompetenti. Hanno un quadro
radiologico simile ai tumori maligni. Caratteristica importante la simmetria nel corpo calloso, nei
gangli della base o nelle regioni subependimali. La prognosi scarsa. Terapia con methotrexate.
Sensibilit variabile alla radioterapia che in alcuni casi pu essere molto efficace.
6) Emangioblastomi: lesione frequentemente curabile localizzata nel cervello e nel
cervelletto, ma anche nella retina, nel "brain stem", nelle meningi cerebrali e nel midollo
spinale. Pu far parte della malattia di von Hippel-Lindau in cui lesioni multiple sono la
regola. Pi frequente negli adulti. Nel cervelletto e nel midollo spesso associato a
voluminose cisti la cui parete costituita da tessuto normale, essendo la neoplasia limitata al
nodulo murale. La prognosi dopo asportazione chirurgica totale buona.
7) Tumori pineali: Pineoblastomi (pi maligni) nei bambini e pineocitomi (meno maligni)
negli adulti. Altri tumori della regione sono i teratomi, tumori con i tre strati germinali
(maturo, immaturo e maligno).
8) Meningiomi: Costituiscono dal 13 al 19% di tutti i tumori primitivi endocranici (2.3 casi
per 100.000 abitanti). La maggior parte sono benigni (oltre il 90%), ma possono recidivare.
L'incidenza di meningiomi atipici o maligni e' del 3%.
La maggiore incidenza osservata nelle donne, l'osservazione che questi tumori possano ingrandirsi e
diventare sintomatici durante una
Meningiomi della volta
gravidanza, l'osservazione non casuale
di associazione tra meningiomi e
tumori del seno, indicano che gli
ormoni femminili giocano un ruolo
nella crescita di questi tumori. La
maggior parte nasce da isole di cellule
meningoteliali
disseminate
normalmente nelle leptomeningi (base
Pre
Post
e volta cranica), tela corioidea e plesso
corioideo. Sono tumori benigni a lenta
crescita, responsabili di sindromi irritative o deficitarie, e, solo quando raggiungono dimensioni
considerevoli, di ipertensione endocranica. Le variet angioblastiche (emangiopericitomi), a
carattere pi invasivo, hanno diverse caratteristiche istologiche e sono ritenute entit differenti. In
comune con i meningiomi hanno la sede e l'aspetto macroscopico. I meningiomi della base cranica
presentano caratteri di particolare difficolt tecnica che abbiamo cercato di risolvere sia con l'uso
del LASER che combinando approcci chirurgici complessi.
9) Craniofaringiomi: tumori epiteliali ad origine da residui embrionari del dotto ipofiso-faringeo o
tasca di Rathke. Si sviluppano nella regione diencefalo-ipofisaria e possono essere responsabili di
sindromi ipopituitariche e diabete insipido, oltre che di disturbi campimetrici. La diagnosi
differenziale deve essere posta con gli adenomi ipofisari poich crescono, in pi di un terzo dei casi,
dentro la sella turcica. Per il loro frequente coinvolgimento della regione ipotalamica possono
costituire un problema chirurgico complesso.
46

10) Neurinomi del nervo acustico: tumori benigni che si sviluppano nell'angolo pontocerebellare, a partenza dal nervo vestibolare, in prossimit o dentro il meato acustico interno.
Nella loro crescita deformano e dislocano il nervo facciale, il tronco cerebrale ed il
cervelletto. La loro asportazione chirurgica deve essere estremamente accurata per non
danneggiare queste strutture. Altri neurinomi possono essere visti a livello spinale. Prognosi
chirurgica molto buona.
11) Displasia fibrosa: disordine ad eziologia non nota che si manifesta con un ispessimento
delle ossa della regione orbitaria e periorbitaria. I problemi sono pi estetici che neurologici,
tranne in quei casi in cui si produce un restringimento del forame del nervo ottico, con
conseguenti disturbi visivi.
12) Cordomi: neoplasie distruttive che nascono da resti cellulari della notocorda alle due
estremit scheletriche, clivus e sacro.
13) Istiocitosi X: lesione uni o multifocale dell'osso e/o di tessuti molli. Si pu manifestare
come lesione litica del cranio. E' una aberrazione non neoplastica del sistema immunitario con
proliferazione di cellule istiocitarie normali (cellule di Langerhans). La lesione isolata
definita granuloma eosinofilo. Le lesioni multiple sono spesso associate a diabete insipido e
costituiscono la sindrome di Hand-Schuller-Christian.
14) Cisti epidermoidi e dermoidi: le prime nascono soprattutto nelle cavit leptomeningee,
specialmente nell'angolo ponto-cerebellare. Le cisti dermoidi hanno una sede preferenziale
sulla linea mediana. Quando sono in fossa cranica posteriore possono avere un contatto con la
cute mediante un sottile istmo o seno dermico.
15) Tumori metastatici: frequenti dal polmone e dalla cute, meno da vescica, rene,
prostata. Sono molto edemigeni.

I meningiomi, i craniofaringiomi, gli adenomi ipofisari ed i neurimomi dell'acustico


sono fra i pi importanti tumori extra-assiali, cio non del parenchima cerebrale. Si tratta
solitamente di tumori benigni in cui le problematiche sono essenzialmente tecniche, pi
che biologiche, in quanto riuscire a raggiungere una asportazione totale significa ottenere,
nella grande maggioranza dei casi la guarigione. Il miglioramento progressivo nella
strumentazione chirurgica e nelle tecnologie a disposizione del neurochirurgo, cos come
lo sviluppo di approcci sempre pi sofisticati dal punto di vista neuroanatomico, hanno
permesso di ottenere sempre pi frequentemente rimozioni radicali di tali tumori
intracranici, con costo funzionale scarso o addirittura nullo per il paziente.

Corrispondenza tra tessuto, anaplasia cellulare e comportamento clinico maligno:


Per gli astrocitomi le caratteristiche istologiche influenzano la prognosi cos fortemente che
sono stati preparati schemi di grading con livelli multipli di malignit. Per gli ependimomi, la
distinzione tra tumore istologicamente maligno e benigno ha minore valore prognostico. Gli
adenomi ipofisari sono tumori ad istologia nella grande maggioranza dei casi senza atipie ma
con frequente carattere invasivo, che pu corrrispondere ad una vera malignit clinica. Per i
cordomi difficile prevedere sulla sola istologia se il comportamento biologico e clinico sar con
caratteri di benignit o di malignit.
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CEFALEA ASSOCIATA A PATOLOGIA ENDOCRANICA NON VASCOLARE.


Generalit
La cefalea uno dei sintomi pi frequentemente incontrati nella pratica medica, sia neurologica che
generale, e spesso quello che per primo allarma il paziente portatore di una patologia endocranica
non vascolare.
Per mezzo della sola anamnesi la natura di queste cefalee pu essere sospettata nella
grande maggioranza dei casi.
Gli elementi anamnestici rilevanti sono riportati nella Tabella 1.
Tabella 1:
esordio: traumi, infezioni, stress
durata: lunga, breve
andamento: non progressivo, ingravescente
carattere: episodico, continuo, notturno
fattori scatenanti (movimenti del capo, sforzi, ecc.)
localizzazione
familiarit
terapia pi efficace
perch ha scelto questo momento per consultare il medico?
E' particolarmente importante un'accurata considerazione delle modalit del suo inizio: se vi stato
un trauma cranico si pu sospettare un ematoma subdurale cronico; se vi stata un'infezione nelle
settimane o mesi precedenti, il sospetto pu andare all'ascesso cerebrale; se un cambiamento di
lavoro, o altro stress, ad un fatto funzionale.
Pu avere la durata di molti anni, senza o con scarso carattere di progressivit (lesione benigna),
oppure di pochi mesi. Una storia ingravescente suggerisce la possibilit di una lesione espansiva
intracranica, come un tumore cerebrale, un ematoma subdurale o un ascesso.
E' un fatto episodico, con intervalli di completo benessere, oppure continuamente affetto
dalla stessa cefalea? Il mal di testa pu svegliare il malato dal sonno? Una risposta affermativa
deve far sospettare una alterazione della pressione intracranica.
Anche il precisare se vi siano, e quali siano, farmaci in grado di fermare il dolore pu
essere importante per inquadrarne meglio le cause. Altri elementi da precisare sono la
localizzazione e la eventuale familiarit.
Ultima domanda, ma molto importante: perch il malato ha scelto questo particolare momento per
sentire la necessit di consultare un medico? Quest'ultima domanda pu mettere in risalto un
cambiamento importante nella sintomatologia, di cui il malato non aveva parlato.
Particolare attenzione deve essere rivolta alla individuazione e valorizzazione dei sintomi che
possono essere associati alla cefalea (epilessia, nevralgie, deficit di nervi cranici, disturbi
neuroendocrini, rinoliquorrea) molto spesso possono essere sfumati e quindi non valorizzati dal
paziente soprattutto quando una cefalea intensa assume un carattere dominante nel quadro clinico. Il
riconoscimento di fenomeni di natura comiziale orienta decisamente verso una causa organica. Il
coinvolgimento di nervi cranici ha un alto valore localizzatorio.
L'associazione di disturbi ormonali, che il paziente pu tendere a non associare alla cefalea, deve far
sospettare la presenza di una patologia ipofisaria, mentre la presenza di una rinoliquorrea (spesso
imputata ad una presunta sinusite) deve far sospettare un quadro di "pseudotumorcerebri" associato
a sella vuota. Molte altre possono essere le combinazioni tra cefalea e sindromi neurologiche

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sfumate. Dalla corretta interpretazione di queste ultime, la cefalea pu acquisire un valore


diagnostico rilevante.
L'insieme delle risposte ai quesiti sopra riportati genera nella mente del medico una serie
di congetture o di diagnosi possibili. Vi sono quindi le domande miranti a scoprire alcuni aspetti
pertinenti con il sospetto diagnostico che comincia a farsi strada ed esami da consigliare per
verificare la diagnosi pi probabile e finalmente arrivare ad un tentativo di diagnosi che appaia
essere la pi corretta. Una diagnosi dubitativa o ipotetica oggi, con il corredo di esami disponibili,
non pi accettabile. Spesso anche il fatto di dimostrare che non c' nulla di grave pu essere un
risultato per il paziente.
Segni d'ipertensione endocranica:
Quando si ha di fronte un paziente che soffre di una cefalea tale da indurlo a consultare un
medico la prima cosa da appurare se si tratti o no di un sintomo legato ad una situazione di
ipertensione endocranica.
Caratteri della cefalea nella ipertensione endocranica:
. sintomo iniziale
. prima intermittente poi continua con parossismi
. spesso mattutina ed alleviata dal vomito
. accentuata dalla tosse o da altre attivit che aumentano la pressione intracranica

Nell'ambito di un quadro di ipertensione endocranica infatti la cefalea raramente manca; spesso ne


costituisce il sintomo iniziale.
La cefalea dell'ipertensione endocranica tende ad avere un carattere pulsatile. Talvolta intermittente
diviene presto continua con parossismi scatenati dai movimenti della testa, sforzi o qualunque altra
causa che innalzi la pressione venosa (tosse, compressioni addominali). Pu essere frontale,
occipitale o diffusa. Nell''ambito di un quadro di ipertensione endocranica infatti la cefalea
raramente manca; spesso ne costituisce il sintomo iniziale. Il mal di testa associato ad ipertensione
intracranica spesso severo, risveglia al mattino ed alleviato dal vomito. La pressione intracranica
(PIC) aumenta fisiologicamente durante la notte, soprattutto durante le fasi REM del sonno, e pu
raggiungere livelli pericolosamente alti in pazienti con pressione intracranica basale elevata (valori
normali fino a 13 mmHg o 15 cm. H2O); questo pu essere alla base della frequente esacerbazione
durante la notte o al mattino.

Sintomi associati alla cefalea nell'ipertensione endocranica:


. vomito, spesso mattutino
. sonnolenza o torpore
. disturbi del visus
. paralisi del VI nervo cranico (diplopia)
. edema della papilla
. manometria liquorale positiva

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Anche per la sindrome d'ipertensione endocranica molta attenzione deve essere rivolta ai
sintomi associati. Il papilledema il solo sintomo attendibile di ipertensione intracraniaca, in
quanto l'unico direttamente correlato alla pressione del liquor. Tutti gli altri sintomi (paralisi
del VI, segni di ernia, ecc.) sono dovuti allo spostamento del tessuto cerebrale.
Le strutture sensibili al dolore dentro la scatola cranica sono l'arteria meningea media ed i
suoi rami, le arterie e la dura madre della base cranica, i seni durali e le vene a ponte.
Per capire quali siano i meccanismi che scatenano la cefalea in occasione di cambiamenti
della PIC utile analizzare i risultati ottenuti, in soggetti normali, in situazioni di variazione della
PIC. Una sottrazione di liquor produce costantemente, in soggetti in posizione eretta, cefalea;
questa compare in tutti i soggetti agli stessi livelli di riduzione della PIC e scompare riportando la
pressione ai valori iniziali.
Se invece si innalza la pressione liquorale fino a valori di 850 mm. H20 per 1-2 minuti, sia
iniettando soluzione salina che effettuando una manovra di Valsalva o di Queckensted, raramente
si provoca la comparsa di cefalea altrettanto importante. D'altra parte neanche l'aumento di
pressione osservato in occasione delle "plateau waves di Lundberg" (picchi di 60-70 mm. Hg) o
della fase REM del sonno, in condizioni normali, induce comparsa di cefalea grave.
Quindi, un aumento della pressione intracranica, anche a valori elevati, raramente causa di
cefalea.
Quando sottraiamo liquor determiniamo uno spostamento delle strutture intracraniche;
inoltre i vasi cerebrali, in particolare le vene, si dilatano per compensare la riduzione di volume
intracranico. E' proprio questa combinazione di dilatazione venosa, trazione sulle vene cerebrali
a ponte e stiramento delle arterie della base cranica a causare cefalea. Quando la PIC aumentata
diffusamente, senza spostamenti e trazioni, come nei casi di idrocefalo o pseudotumor cerebri, i
recettori del dolore sono poco stimolati e la cefalea meno rilevante rispetto ad aumenti pressori
associati a deformazione e stiramento delle strutture intracraniche, come avviene per i tumori.
Quindi nella sindrome di ipertensione endocranica il mal di testa non dovuto all'aumento della
PIC in quanto tale ma all'aumentata trazione o spostamento dei vasi sanguigni provocata dal
rigonfiamento cerebrale.
Nell'ambito di un quadro di ipertensione endocranica grave si possono verificare una serie
di fenomeni, pi direttamente connessi al rialzo pressorio, la cui evoluzione estrema induce la
comparsa dei segni classici della triade di Cushing (bradicardia, bradipnea, ipertensione
arteriosa), spesso espressione di un deterioramento dei meccanismi di compenso intracranico.
Cefalea nei tumori endocranici
Un tumore endocranico responsabile di un aumento della PIC che pu essere dovuta sia alla
presenza stessa della massa che a disturbi della circolazione liquorale ed alla stasi venosa.

Patogenesi dell'aumento della PIC nei tumori intracranici:


presenza della massa tumorale
ostacolo alla circolazione liquorale
stasi venosa

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La cefalea forse il sintomo pi frequente e spesso il pi precoce. Ha di solito carattere gravativo;


spesso continua, altre volte accessuale, specialmente all'inizio. Lacerante in alcuni casi, in altri pi
lieve con esacerbazioni accessuali. Qualche volta diffusa altre no; spesso corrisponde alla sede del
tumore, o per lo meno all'emisfero malato.
Mal di testa che inizia con queste caratteristiche dopo i 40 anni frequentemente il primo sintomo
di un tumore.
Meccanismi alla base della cefalea:

tensione alterata sulle vene maggiori e sui seni durali, vasi meningei, larghe arterie
intracraniche e vasi extracerebrali.
invasione diretta o compressione di nervi somatosensoriali cranici o vie afferenti simpatiche.

La presenza della cefalea tuttavia pu essere completamente mancante anche in presenza di una
grosso tumore, se questo si sviluppa in modo estremamente lento (es. meningiomi), o essere la spia
di una piccola lesione espansiva rapidamente evolutiva e causa di edema (es. metastasi). Per
comprendere come ci possa verificarsi bisogna rifarsi ai dati sulla fisiopatologia del sistema
intracranico e sulla "compliance" cerebrale, cio sulla disponibilit del sistema ad accogliere
variazioni di volume (vedi appunti su fisiopatologia del sistema intracranico).
Mano a mano che aumenta il volume intracranico si esaurisce la compliance ed aumenta la PIC. La
conseguenza sar oltre alla riduzione della perfusione cerebrale, lo spostamento di masse cerebrali
attraverso i sepimenti intracranici, le cosiddette ernie cerebrali. Ed il verificarsi di ci che provoca
la comparsa della cefalea. Quindi, quando un tumore cresce molto lentamente permette ai
meccanismi di compenso di agire smorzando gli effetti negativi di tale crescita; quando un tumore
ha una rapida crescita oppure si associa ad importante edema, lo scompenso volumetrico compare
prima e la sintomatologia da ipertensione endocranica pi precoce.
Molti tentativi sono stati fatti per costruire costellazioni di sintomi cefalalgici che correlino con una
massa intracranica. Raramente la correlazione stata possibile in assenza di dati clinici o
strumentali aggiuntivi.
Esistono tuttavia delle regole indicative che sono le seguenti:

se vi sindrome di ipertensione endocranica la cefalea si sovrappone alla sede del tumore in


circa un terzo dei pazienti.
il mal di testa da tumore senza ipertensione endocranica associata, si sovrappone alla sede
del tumore in circa due terzi dei casi.
in caso di tumore della fossa cranica posteriore la cefalea usualmente presente ed spesso
posteriore.
per i tumori sovratentoriali pu essere assente ma quando presente il primo sintomo in
1/3 dei casi ed frontale
il mal di testa nei tumori di solito intermittente ma quando diventa continuo il suo valore
nella localizzazione grandemente aumentato.
una cefalea legata alla tosse pu essere spia di un tumore per il resto asintomatico.
Esempi di cefalea nei vari tumori cerebrali

I tumori sovratentoriali possono presentare tardivamente il sintomo cefalea. E' comune con le masse
intraventricolari in cui il mal di testa pu essere ad insorgenza acuta, esplosivo, bitemporale o
frontale, e seguito da alterazioni della coscienza. Crisi parossistiche di cefalea molto violenta
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possono associarsi a cisti colloide del terzo ventricolo; in questo caso il cambiamento di posizione
della testa pu provocare, per la motilit del tumore all'interno del III ventricolo, un blocco acuto
dell'origine dell'acquedotto di Silvio.
I tumori infratentoriali, a differenza dei sopratentoriali, possono pi frequentemente causare mal di
testa come primo sintomo; fanno eccezione i piccoli neurinomi dell'VIII nervo cranico o i gliomi
del tronco. La cefalea pu essere dovuta a trazione sul tentorio, ma ci in genere provoca solo un
lieve sconforto. Nella grande maggioranza dei casi, causa della comparsa della cefalea
l'evoluzione in idrocefalo, per ostacolo al deflusso liquorale dal IV ventricolo. Allorch il tumore
espande e produce erniazione delle tonsille cerebellari si sviluppa un dolore occipitale pi grave,
pi marcato dal lato del tumore; questo dovuto ad una trazione sulle radici nervose cervicali alte
come
effetto
dell'erniazione
delle
tonsille.
Questo
dolore
deve
essere
considerato molto seriamente perch, essendo espressione di una erniazione tonsillare, segnala
una situazione ad alto rischio di improvviso collasso vascolare e respiratorio dovuto a compressione
del bulbo. Tutto ci pu essere precipitato da una sconsiderata sottrazione di liquor attraverso una
puntura lombare. Un grave mal di testa quindi di per s una controindicazione ad effettuare una
puntura lombare, a meno che non si sia dimostrato in modo certo che esso non legato ad una
ipertensione endocranica.
In conclusione un mal di testa ad insorgenza insidiosa e con progressione uniforme, peggiore al
mattino, accompagnato da una tendenza a tenere il capo ruotato e piegato da un lato o da dolore
suboccipitale localizzato, inquietante. Bisogna supporre, fino a prova contraria, che esista una
erniazione cerebellare.
Dolore simile pu essere riscontrato nei tumori cervicali alti o della cerniera atlanto-occipitale.
Il mal di testa un frequente sintomo nei tumori ipofisari. Il lieve ma costante dolore frontale
ritenuto essere dovuto alla trazione sulla dura, sensibile al dolore, del diaframma sellare o del seno
cavernoso. Un adenoma che infiltra il seno cavernoso tende a provocare un dolore orbitario
lateralizzato dalla parte dell'infiltrazione. Se un adenoma cresce eccessivamente possono associarsi
sintomi dovuti ad idrocefalo per ostacolo dei forami di Monroe.
La comparsa di cefalea violenta, acuta, accompagnata da dolore trigeminale o oftalmoplegia, in un
paziente con ingrandimento della sella turcica e storia precedente di disturbi endocrini, deve far
sospettare una emorragia all'interno di un adenoma ipofisario.
Cefalea associata a sella vuota.
L'ultimo aspetto di cui ci interessiamo relativo alla sindrome della "sella vuota" primitiva, cio
alla combinazione di segni di ipertensione endocranica (mal di testa, disturbi visivi, papilledema) e
disturbi disendocrini (obesit, ipertricosi, irregolarit mestruali, talvolta galattorrea), associati ad un
quadro radiologico di erniazione aracnoidea nella sella turcica.
L'ipertensione intracranica in tali casi pu raggiungere alti livelli senza che il paziente presenti
grossi problemi. Il mal di testa di solito lieve, sicuramente minore che nei pazienti con tumore, a
parit di PIC. Pu non esservi vomito ma esservi un grave papilledema tale da compromettere la
visione. L'andamento benigno legato alla uniformit del rigonfiamento ed allo scarso spostamento
cerebrale. Il 20% di tali casi presenta una rinoliquorrea spontanea associata. Da uno studio da noi
fatto relativo alla valutazione della dinamica e pressione liquorale in tali pazienti risulta che una
alterazione di questi parametri presente nell'85% dei casi, il che conferma la rilevanza della
elevata pressione intracranica nel corso di questa malattia.
Quando i valori di PIC e le alterazioni visive sono consistenti pu essere necessario sottoporre
questi pazienti ad intervento chirurgico di drenaggio liquorale ventricolo peritoneale, ottenendo cos
la scomparsa della sintomatologia da ipertensione endocranica.
Tra i pazienti con associata rinorrea, il 91% presenta una alterazione della pressione e della
dinamica liquorale; anche in questi casi il trattamento con un drenaggio liquorale fisso ventricoloperitoneale fa scomparire sia la cefalea che la fistola.
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Bisogna tenere presente per che una sella vuota pu associarsi ad un microadenoma, soprattutto
ACTH, e che la sella vuota mima il quadro clinico della malattia di Cushing; ma mentre in
quest'ultima il cortisolo elevato, nella sella vuota si ha un ipopituitarismo con abbassamento di
tutti i dati ormonali.
In conclusione, molteplici sono le patologie intracraniche non vascolari che possono causare la
comparsa di una cefalea. Una accurata indagine sulle caratteristiche di tale sintomo e, spesso, la
giusta interpretazione di sintomi associati, anche se non eclatanti, pu permettere una corretta
diagnosi.

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TRAUMI CRANICI

Nei paesi industrializzati la patologia traumatica rappresenta la quarta causa di mortalit


nella popolazione in generale e la prima al di sotto di 20 anni. Si calcola che vi siano 200 traumi
su 100.000 abitanti ogni anno con una mortalit di 15/100.000 abitanti; inoltre anche le sequele
possono essere molto gravi. Il 40% dei soggetti coinvolti in accidenti del traffico riporta trauma
cranico ed il 75% dei decessi per cause traumatiche sono dovute a lesioni cerebrali.
Il trauma cranico pu essere isolato o associato (in circa il 50% dei casi) a traumi di altri organi;
spesso proprio il trauma cranico a determinare gravemente la prognosi di tali malati ed a pesare
sulle sequele. La serie di eventi che si accompagna ad un trauma cranico in grado di scatenare un
coinvolgimento a cascata di altri organi ed apparati la cui alterazione di funzione ("insufficienza
multiparenchimale acuta") si ripercuote, in un drammatico circolo vizioso, sulle funzioni
cerebrali. I principali bersagli sono l'apparato respiratorio, quello cardiocircolatorio ed il rene. E'
intuitivo che un diretto coinvolgimento nel trauma di questi organi, come avviene nei politraumi,
aggrava ed accelera l'instaurarsi di questa grave condizione.
Un trauma cranico un fenomeno complesso nel quale molti fattori, ad insorgenza immediata o
tardiva, intervengono per produrre il risultato finale. Nell'esaminare le conseguenze lesive legate al
trauma cranico bisogna distinguere il danno cerebrale immediato dal danno cerebrale
secondario.
Per danno immediato intendiamo quello determinato da tutti quei processi patologici che insorgono
come risultato diretto ed immediato del trauma. Le lesioni secondarie, legate a processi morbosi
successivi all'evento traumatico, sono rappresentate principalmente da rigonfiamento cerebrale,
ernie cerebrali, alterazioni metaboliche, ischemia, emorragie, infezioni, idrocefalo, ecc.. Una delle
conseguenze piu' gravi di questa catena di eventi la comparsa di una grave ipertensione
endocranica che, aggravando pesantemente il danno cerebrale immediato, pu costituire il fattore
decisivo per la prognosi di tali pazienti. La prevenzione o l'interruzione di tali meccanismi
costituisce uno dei punti fondamentali su cui si deve agire per bloccare l'evoluzione infausta di un
trauma cranico. Il solo mezzo di migliorare la prognosi vitale e funzionale quindi quello di
prevenire la comparsa o di limitare l'estensione delle lesioni
cerebrali secondarie.
Possiamo schematicamente suddividere le lesioni legate al
danno cerebrale immediato in lesioni focali e lesioni dovute
allo
scuotimento
della
massa
cerebrale
(il
termine "commotio cerebri" stato introdotto da Ambrose
Parr nel 1500 per indicare lo scuotimento della massa
cerebrale in conseguenza di un agente traumatico).
Non tutti i traumi hanno queste due componenti in quanto
talvolta la lesione focale pu essere di per s di rilevanza tale
da portare a morte il paziente.
Analizziamo la dinamica e gli effetti patologici di un trauma in
cui entrambe le componenti giocano un ruolo importante.

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Lesioni focali
Poich lo scalpo schiacciato tra la teca e l'oggetto traumatizzante, la
lacerazione dello scalpo comune particolarmente l dove l'area di
contatto limitata. Se la teca sottostante viene deformata oltre un
punto di tolleranza ne risulta una frattura cranica. Questa sar
infossata o comminuta nel caso di zone di contatto limitate; sar pi
frequentemente lineare se la zona di contatto pi ampia e se la
dislocazione tecale pi diffusa. Un traumatizzato cranico con
lacero-contusione dello scalpo deve essere sottoposto ad esame Rx
del cranio, indipendentemente dal suo stato neurologico, per la
possibilit che vi sia associata una frattura cranica.
Durante la formazione della frattura si pu avere, per un tempo
brevissimo, diastasi anche marcata dei due labbri della rima di
frattura con rischio di lesioni vascolari, lacerazione della dura madre,
stiramento di nervi cranici.
Una frattura lineare pu essere responsabile di lesioni di nervi
cranici quando la linea di frattura interseca i punti in cui i nervi
attraversano la base cranica. Esse possono anche essere responsabili
di fistole liquorali quando alla lesione della base cranica si associa
anche una interruzione durale.

Una fistola liquorale costituisce una emergenza medica per l'elevato rischio di
complicazioni meningitiche (circa 11% dei casi, secondo la letteratura), e pertanto
comporta la necessit di chiudere la breccia anatomica che la determina.
Il problema delle fistole liquorali pu porre delle difficolt di trattamento in
quanto non sempre la sede della fistola pu essere precisata radiologicamente con
esattezza.
Il nostro atteggiamento quello di praticare un drenaggio liquorale lombare
per almeno 48 ore, con il paziente in decubito laterale ed in posizione orizzontale.
Solitamente tale procedura sufficiente per arrestare la fistola e favorire la
cicatrizzazione della soluzione di continuo. Questa procedura controindicata in
due circostanze: la prima rappresentata da tutte quelle situazioni di ipertensione
endocranica (edema cerebrale, ematomi, idrocefalo), nel qual caso il drenaggio
spinale potrebbe favorire un'ernia tonsillare con compressione del bulbo; la seconda
rappresentata dalla presenza di un pneumocefalo, nel qual caso la sottrazione
liquorale potrebbe favorire ulteriormente la penetrazione di aria nello spazio
intracranico aumentando il rischio di meningiti. Nella prima delle due circostanze si
pu procedere con un drenaggio dal ventricolo. Qualora la manovra di drenaggio
liquorale non permetta di raggiungere la guarigione, o qualora vi sia stato un
pneumocefalo, si procede riparando chirurgicamente la superficie ossea sede della
frattura. Uno shunt liquorale duraturo (solitamente una derivazione liquorale
ventricolo-peritoneale) ha possibilit di essere efficace soprattutto quando la fistola
sostenuta, oltre che da una soluzione di continuo degli involucri cranici, da
un'alterazione post-traumatica dell'assorbimento liquorale. Prima di procedere ad
intervento chirurgico ovviamente importante essere sicuri che non vi sia una
infezione in atto, come complicazione della fistola.

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Nei bambini sono possibili le cosiddette fratture sotto forma di depressione a pallina da ping-pong.
Inoltre, qualora si abbia una lacerazione durale sottostante, la fuoriuscita di liquor pu formare un
cefalo-idrocele post-traumatico. Il passaggio di liquor pu impedire la corretta saldatura della rima
di frattura che anzi tende ad ampliarsi: frattura evolutiva o growing fracture.
Comportamento in caso di frattura cranica :
- attenta sorveglianza clinica, ed eventuale terapia antiedema;
- Tomografia computerizzata (TC) cerebrale, se la frattura incrocia il decorso di una
arteria meningea o di un seno venoso, o se compaiono segni di sofferenza neurologica
(possibilit di ematoma);
- Rx stratigrafia o studio TC della base, se fistola liquorale o lesione di un nervo cranico.

La formazione di una frattura si pu accompagnare ad un danno encefalico, sia nella sede


dell'impatto che lungo la linea della frattura stessa o a distanza dalla sede dell'impatto.
Qualora lo schiacciamento del cranio sia considerevole, alla
frattura potr associarsi una contusione del cervello sottostante,
con edema dello stesso. Quando anche la pia madre sottostante e
la corteccia vengono interessante si ha un quadro di lacerazione
cerebrale che, oltre che causa di edema, pu essere causa di
emorragie intra o pericerebrali per rottura dei vasi corticali.
Analoghe zone di contusione si possono avere anche in zone
distanti, in cui si ha impatto cerebrale per lo spostamento della
massa e cio ai poli cerebrali.
L'importanza clinica delle lesioni focali risiede nella loro tendenza a determinare edema ed
emorragia, e nell'essere potenzialmente in grado di dare lesioni cerebrali secondarie. Quando vi
una comunicazione tra spazio endocranico ed ambiente esterno si parla di trauma aperto. In questi
casi si incrementa il rischio di infezioni e di epilessia post-traumatica
Ematomi post-traumatici
La complicanza pi drammatica di una frattura lineare l'ematoma epidurale (Fig. 1). Esso consiste
in una raccolta di sangue che si forma tra dura madre ed osso. Nella maggior parte dei casi
localizzata in regione temporo-parietale, zona ove la dura pi
staccabile dall'osso (zona di Marchant). Di solito localizzato ed ha il
massimo di spessore al disotto del punto di impatto traumatico e della
frattura cranica. Il sangue pu venire dalla lacerazione di una arteria
(spesso la meningea media) passante nella zone della frattura o di una
vena o di vasi diploici o di un seno durale. In funzione della causa
dell'ematoma, i sintomi possono essere immediati o comparire dopo
un "intervallo lucido". Essi sono caratterizzati dalla comparsa di un
quadro ingravescente di pertensione endocranica seguito dal
manifestarsi di una sindrome uncale (emiparesi controlaterale con
segni di compressione del III nervo cranico omolaterale e del tronco
cerebrale). Il paziente rapidamente va in uno stato di alterazione del
livello di coscienza con segni di decerebrazione, bradicardia ed Fig. 1: Esempio di ematoma
alterazioni respiratorie. La velocit con cui si instaura la sindrome epidurale acuto.
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clinica pu essere variabile con forme ad evoluzione acuta o acutissima e forme subacute con un
intervallo lucido lungo.
In presenza di ematoma da rottura di un vaso arterioso l'insorgenza del quadro clinico pi rapida e
la compromissione neurologica pi drammatica. Qualora la formazione dell'ematoma sia dovuta a
rottura di vasi venosi o di vene diploiche l'evoluzione pu essere pi lenta senza giungere al quadro
di coma. Il sospetto di ematoma epidurale acuto deve venire tutte le volte che un traumatizzato,
dopo un intervallo libero, presenti un qualunque segno di danno cerebrale, anche in assenza di
alterazioni della coscienza, o tutte le volte che un paziente in coma presenti un aggravamento della
stato di coma, con comparsa od accentuazione di segni neurologici focali.
La sua insorgenza indipendente dallo stato neurologico del paziente subito dopo il trauma. Quindi
un paziente che sviluppa un ematoma epidurale pu essere sveglio ed orientato e solo dopo un
intervallo lucido presentare un rapido peggioramento. Se trattato prcocemente, la prognosi di
solito eccellente perch il danno del cervello sottostante ancora limitato.
L'outcome direttamente proporzionale allo stato neurologico preoperatorio: per pazienti non in
coma la mortalit 0%, per pazienti confusi del 9%, per pazienti in coma
del 20%.
Un'ulteriore complicanza di un trauma cranico l'ematoma subdurale (fig.
2), falda ematica che si raccoglie tra dura ed aracnoide. E' molto pi
frequente dell'epidurale e si forma, nella maggior parte dei casi, per il
sanguinamento di un focolaio di lacerazione cerebrale o per la lacerazione
di una vena a ponte durante il movimento del cervello associato alla
accelerazione o decelerazione dell'impatto. L'ematoma subdurale da rottura
arteriosa rappresenta una situazione di emergenza assoluta. Anche per
questa forma di ematoma la presenza
dell'intervallo lucido tipica.
Fig. 2
Nel caso di sanguinamento venoso la
sintomatologia clinica pu comparire anche a
distanza di settimane o mesi dal trauma (ematoma subdurale cronico).
(Fig. 3)
Gli ematomi endocranici che vengono a complicare un trauma cranico si
comportano come processi occupanti spazio a rapida evoluzione. Si
accrescono rapidamente di volume e provocano una sindrome di
ipertensione endocranica con tutte le conseguenze che questa comporta
(deficit focali, alterazione della coscienza, ernie cerebrali, riduzione
Fig. 3
della perfusione cerebrale, ecc.).
Processi post-traumatici occupanti spazio
Oltre agli ematomi altri processi patologici occupanti spazio, spesso
sottovalutati, possono venire a complicare i traumi cranici. Essi
sono: il focolaio lacerocontusivo, l'igroma sottodurale, lo
pneumocefalo iperteso.
Focolaio lacero contusivo (Fig. 4): costituito da tessuto cerebrale
lacerato e necrotico per effetto di un trauma violento. Si sviluppa
sotto la zona dell'impatto o lungo una linea di frattura o per
fenomeno da contraccolpo. Nella zona lacerata e necrotica si
sviluppano zone di emorragia subaracnoidea o intracerebrale e zone
di edema. Edema si sviluppa anche attorno alla sede del focolaio.
Fig. 4

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Igroma sottodurale post-traumatico: consiste in una raccolta di liquor, di aspetto normale o


leggermente ematico o xantocromico, che si forma nello spazio subdurale. Pu essere acuto o
cronico. L'igroma acuto si provoca in seguito alla lacerazione traumatica dell'aracnoide per cui il
liquor si versa nello spazio subdurale. Se si forma un meccanismo a valvola il liquor pu
accumularsi in quantit superiore a quella che pu essere riassorbita. La raccolta aumenta e si
comporta come processo occupante spazio. L'igroma cronico pu essere la conseguenza di una
piccola emorragia subdurale asintomatica che irrita la dura madre provocando un trasudamento di
acqua ed albumina. Raccolta non liquorale ma ricca di proteine e dotata di una sottile membrana
parietale che manca nell'igroma acuto.

Fig. 5

Pneumocefalo post-traumatico (Fig. 5): consiste nella penetrazione di


aria nella scatola cranica. Si osserva di solito in conseguenza di fratture
frontali estese alle pareti dei seni frontali o alla regione della lamina
cribrosa che mettono in comunicazione l'interno della scatola cranica
con i seni paranasali o le fosse nasali. Pu osservarsi anche in fratture
della rocca petrosa. L'aria pu andare nello spazio extradurale ma se la
dura lacerata, come molto spesso avviene, penetra nello spazio
subdurale. Se vi anche lacerazione dell'aracnoide penetra negli spazi
liquorali. Di solito non richiede trattamenti, l'aria cessa di penetrare
spontaneamente e quella penetrata si riassorbe in pochi giorni. Qualora
per meccanismi a valvola l'aria aumenti in modo cospicuo la raccolta
pu costituire un processo occupante spazio. Spesso si associa a fistola
liquorale. Pu complicarsi con un fatto infettivo.

Lesioni dovute allo scuotimento della massa cerebrale


1) "Diffuse axonal injury" : interruzione di una miriade di assoni della sostanza bianca degli
emisferi cerebrali che si verifica in seguito ad accelerazioni e decelerazioni del capo, specie se
con componente rotatoria e che pu associarsi a danno vascolare e microemorragico. In genere
a questo meccanismo che si attribuisce uno stato di coma post-traumatico prolungato senza
masse occupanti spazio o insulti ischemici.
2) Commozione cerebrale.
Definizione di commozione adottata dal "Congress of Neurological Surgeons" nel 1966: sindrome
clinica caratterizzata da immediato e transitorio deterioramento delle funzioni neuronali,
quali alterazione della coscienza, visione, equilibrio, etc.
Essa pu essere:
- lieve : senza perdita di coscienza;
- moderata : perdita di coscienza non superiore ai 5', con amnesia retrograda;
- grave :incoscienza per pi di 5';
Quindi, la commozione cerebrale da intendere come unfenomeno graduato, con manifestazioni
cliniche transitorie e non necessariamente con perdita di coscienza. Tuttavia il carattere transitorio
delle sue manifestazioni cliniche non deve far considerare il fenomeno come interamente
reversibile. Una marcata enfasi stata posta sulla importanza di lesioni del brain stem nella
comparsa della commozione cerebrale. Tuttavia non da sottovalutare l'importanza del danno
corticale diffuso.

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Una serie di esperimenti relativi ai biomeccanismi del


trauma cranico hanno mostrato come, perch un
trauma provochi una commozione cerebrale, sia
necessaria una forza che abbia un giusto rapporto tra
massa ed accelerazione. Un cranio schiacciato non
subir
mai
una
commozione, anche se la forza pu essere tale da
uccidere, in quanto la accelerazione virtualmente
nulla mentre la massa teoricamente infinita. All'altro
estremo, una forza consistente in poca massa ed
enorme accelerazione pu penetrare ed attraversare il
cranio senza scuotimento. Una identica forza consistente di una massa pi larga e minore velocit
pu dare una notevole commozione. Gli effetti lesivi provocati da questo scuotimento del capo, e
che si traducono nelle manifestazioni cliniche della commozione cerebrale, interesseranno sia la
superficie che le strutture centroencefaliche e saranno intensificati nel punto di transizione di zone
cerebrali specie l dove queste transizioni sono demarcate da una protrusione durale o ossea. Come
conseguenza della motilit del cervello dentro il cranio i suoi poli subiscono le maggiori
deformazioni, che possono portare a fenomeni contusivi focali.
Il primo effetto sar sulle superfici corticali, specialmente le aree fronto-temporali in relazione alla
fossa cranica anteriore e media. La componente amnesica, dovuta al trauma temporale, sar la
testimone pi sensibile della lesione e della sua entit.
Uno studio sulla gradualit del fenomeno commotivo e sulle sue manifestazioni stato fatto
prendendo come modello i pugili. Numerosi spezzoni di pellicola fotografica sono stati proiettati al
rallentatore analizzando l'effetto di un colpo scuotente. Nello stesso tempo esperimenti sulla
commozione sono stati fatti sui ratti ed i risultati ottenuti sono stati raffrontati con quanto osservato
nei pugili. Sono stati grossolanamente demarcati 4 livelli. Nel livello 1 non si osservano evidenti
alterazioni di attivit somatiche, quali postura, velocit, movimenti, ma il pugile
momentaneamente disorientato ed ha una lieve perdita di memoria. Nel livello 2 vi una evidente
compromissione del controllo motorio-somatico; in questa fase il pugile viene contato e potr non
ricordare nulla dell'episodio. Il ratto sar incapace di ripercorrere il labirinto. Nel livello 3 l'attivit
motorio-somatica cessa ed il pugile si affloscia. Pu esservi una certa irregolarit transitoria della
respirazione, ma ancora pu riprendersi e vincere. Il ratto per molti minuti non sar capace di
percorrere il labirinto. Al livello 4 il pugile presenta un arresto respiratorio e vi pu anche
essere scomparsa del polso e caduta della P. A.
E' estremamente importante tener presente qust'ultimo punto per essere pronti a praticare un
massaggio cardiaco esterno o una assistenza respiratoria in occasione di un grave trauma cranico,
perch una tale manovra pu permettere di superare la fase grave della commozione, che pu durare
qualche minuto, evitando l'instaurarsi di lesioni secondarie.
Una preoccupante caratteristica notata nei ratti la incapacit ad apprendere un nuovo
esercizio per almeno un'ora dopo una commozione che abbia raggiunto i livelli 3 e 4.
Una commozione cerebrale grave con perdita di coscienza di pi di 5', da considerare a tutti
gli effetti, un grave trauma cranico e comporta il trasporto in ospedale per osservazione.
Le conoscenze ottenute recentemente sugli effetti prolungati della commozione cerebrale hanno
mostrato come vi sia una diminuita elaborazione dell'informazione e come l'effetto lesivo di una
commozione sia cumulativo. Da ricordare le encefalopatie traumatiche dei pugili.
Un trauma cranico grave determina una perdita di reattivit vascolare e ci sarebbe alla base di un
mancato incremento di flusso ematico cerebrale con incapacit di compensare la ipoventilazione.
Quindi il trauma rende il cervello incapace di adeguare il flusso ematico all'incremento di domanda
metabolica. Non potendosi verificare un aumento di flusso per incrementare il metabolismo
ossidativo, si determina un incremento nel metabolismo anaerobico. Questa situazione si definisce
ipossia ipossica. Lo stato di shock che pu instaurarsi subito o a breve distanza dal trauma,
59

aggravato da una concomitante anemia e soprattutto dalla ipossia dovuta ad insufficienza


respiratoria di origine periferica o centrale pu provocare lesioni da insufficienza circolatoria
acuta. Ci sottolinea la necessit di una assistenza rianimatoria immediata dopo un grave trauma.
Riassumendo, i quadri clinici legati ad un trauma cranico possono essere i seguenti:

commozione cerebrale,
deficit neurologici focali,
sindrome d'ipertensione endocranica,
alterazioni della coscienza.

L'encefalo del traumatizzato cranico esposto al rischio di ipossia, ischemia, acidosi


respiratoria. Una nozione importante da ricordare che nel traumatizzato cranico pu mancare
un rapporto diretto tra gravit delle lesioni delle parti molli, del cranio e dell'encefalo.
Comportamento in occasione di un trauma cranico grave:
E' stato calcolato che il 20% dei gravi traumatizzati muore, per inadeguato
trattamento, prima di raggiungere l'ospedale.
La precauzione pi immediata quella di ristabilire una ventilazione ed una
ossigenazione adeguate e di sostenere il circolo. Da ricordare che una componente
fondamentale della commozione una apnea transitoria. Pi grave la commozione, pi
grave l'apnea. Una apnea prolungata, per quanto detto prima, pu essere causa di morte
sulla scena dell'incidente.
Dopo aver provveduto alle cure respiratorie d'emergenza il paziente dovrebbe essere
rapidamente trasportato presso un centro ospedaliero attrezzato per una emergenza
neurochirurgica e dotato di TC. La sola indicazione per il trasporto all'ospedale pi
vicino uno stato di shock non risolvibile con provvedimenti d'emergenza. Una sosta non
motivata presso un ospedale intermedio da evitare. Durante il trasporto il paziente
dovrebbe essere mantenuto in respirazione con ossigeno al 100% finch non provato
con "gas analisi" che sufficiente una minore concentrazione.
L'uso di steroidi, in dosi equivalenti a 50 mg di desametazone, da dati di letteratura,
sembra ridurre la mortalit. Nel caso di peggioramento neurologico importante
instaurare anche un trattamento con mannitolo al 18% (boli di 100 cc.).
La TC la procedura di scelta nella valutazione di un paziente con trauma cranico ed
ha significativamente migliorato la prognosi in questi pazienti.
Deve essere effettuata:
nei pazienti che hanno avuto una grave commozione cerebrale,
in quelli che presentano un deficit neurologico focale o un quadro di ipertensione
endocranica,
in presenza di un "intervallo lucido",
in tutti i casi con alterazione della coscienza.
La TC potr mostrare la presenza di solo edema, di un ematoma epidurale, subdurale
o intracerebrale, di idrocefalo. Nel primo caso il trattamento sar medico; negli altri casi
si proceder ad una immediata evacuazione dell'ematoma o al drenaggio del liquor.

60

Terapia chirurgica
Nei traumi cranici una terapia chirurgica pu essere indicata qualora vi siano fratture infossate o
comminute con frammenti intraparenchimali oppure in presenza di ematomi.
Principi su cui si basa una terapia chirurgica di una emorragia intracranica: tutte le volte in cui
un ematoma esercita effetto massa significativo con alterazione della "compliance" cerebrale
indicato un trattamento evacuativo.
Per tutti gli ematomi acuti l'evacuazione comporta una craniotomia per rimuovere i coaguli e
coagulare il vaso lacerato.
Nel caso di ematomi cronici pu essere sufficiente l'effettuazione di uno o due fori di trapano con
drenaggio dell'ematoma oramai lisato. Una craniotomia pu essere necessaria qualora la presenza di
membrane spesse impedisca la riespansione cerebrale.
Alterazioni della coscienza
Il traumatismo cranioencefalico grave ha per espressione clinica il coma o la perdita della
coscienza, che traduce l'arresto della stimolazione degli emisferi cerebrali a partire dai recettori
periferici rappresentati dagli organi di senso. Le lesioni suscettibili di produrre un coma possono
essere nel tronco cerebrale o nel diencefalo, oppure negli emisferi cerebrali, incapaci di registrare ed
analizzare gli stimoli.
Coscienza: consapevolezza psicologica di se stessi e dell'ambiente. Pu essere definita come
uno stato di risposta psicologicamente comprensibile ad uno stimolo esterno o ad un bisogno
interno.
Schematicamente si distinguono due livelli nella coscienza: lo stato di veglia identificato
nella vigilanza (centri nel diencefalo e nel tronco cerebrale), ed il contenuto della coscienza
(corteccia cerebrale, sede delle attivit mentali).
Un comportamento pienamente cosciente implica una interazione fisiologica tra sistemi di veglia
localizzati nel brain stem normale e la popolazione neuronale degli emisferi cerebrali intatti.
Difetti nel meccanismo della coscienza:
Stupore o coma indicano una perdita, almeno temporanea della vigilanza e del contenuto della
coscienza.
- stupore: assenza di contatto con l' ambiente da cui il soggetto pu essere risvegliato con stimoli
vigorosi e ripetuti.
- coma: assenza di contatto senza possibilit di risveglio, assenza di ogni psicologicamente
comprensibile risposta a stimoli esterni o bisogni interni.
- mutismo acinetico (coma vigile) :dissociazione tra attegiamento vigile (preservato) e perdita
delle funzioni cognitive degli emisferi cerebrali.
Un danno della formazione reticolare del brain stem pu causare stupore o coma se bilaterale, se
localizzata tra il terzo inferiore del ponte ed il diencefalo posteriore, se ad insorgenza acuta. A
differenza del brain stem dove lesioni relativamente piccole possono dare coma, solo lesioni molto
estese degli emisferi cerebrali possono causare coma.

61

Segni clinici del coma


Plum e Posner, nel loro libro "Diagnosis of stupor and coma", proposero di definire gli stati
di coma sulla base della valutazione di una serie di funzioni, valutazione che avrebbe permesso
anche una determinazione della causa e della sede della lesione. Essi studiarono: le pupille, i
riflessi oculari, la risposta motoria, il pattern respiratorio. Fu valutata la variazione dei patterns
neurologici in funzione delle manifestazioni di lesioni rostro-caudali, dalla corteccia al bulbo.
1. Pattern respiratorio:
Lesioni emisferiche bilaterali o diencefaliche portano alla sequenza respiratoria instabile del
respiro periodico di Cheyne-Stokes.
Lesione del reticolo paramediano del mesencefalo e ponte rostrale determina una iperpnea regolare
e sostenuta detta iperventilazione centrale neurogena.
Lesioni al tegmento del ponte inferiore o al bulbo provocano il respiro apneustico o atassico.
2. Pupille:
Una lesione dell'ipotalamo anteriore provoca un blocco del simpatico e produce una miosi
pupillare con mantenuto riflesso alla luce.
Una lesione al tegmento diencefalico posteriore blocca la afferenza del riflesso alla luce, le
pupille sono larghe e, per l'assenza di uno stimolo tonico alla contrazione, fluttuano
spontaneamente.
Una lesione al III nervo cranico determina lesione delle fibre parasimpatiche efferenti e
dilatazione pupillare.
La distruzione dei nuclei del III n.c. nel mesencefalo quasi sempre bilaterale ed interferisce sia col
parasimpatico (nucleo di Edinger-Westphal) che con le fibre simpatiche discendenti, con il
risultato di pupille fisse in media posizione.
Una lesione tegmentale pontina se unilaterale distrugge una via simpatica discendente, se
bilaterale le interrompe entrambe e provoca costrizione pupillare.
3. Controllo oculomotorio:
Quando gli emisferi cerebrali funzionano perfettamente la loro funzione di sopprimere il
riflesso vestibolare-oculomotorio. Quando gli emisferi sono depressi o danneggiati emerge
vigoroso il riflesso oculovestibolare e produce movimenti oculari coniugati, purch il brain stem
sia intatto. Quindi un coma da lesione puramente emisferica accompagnato da vivace riflesso
oculovestibolare. Allorch si ha una lesione pontina o mesencefalica, poich le vie oculomotorie
giacciono vicino alla sostanza reticolare nel brain-stem, la alterazione della coscienza si associa
ad interferenza con il riflesso oculomotorio.
Le risposte oculomotorie sono testate facilmente in clinica. Per testare il riflesso oculoencefalico
l'esaminatore ruota bruscamente il capo del paziente verso i due lati; con una risposta non inibita,
cio quando si ha una lesione solo corticale, gli occhi ruotano in modo opposto alla rotazione del
capo ("occhi di bambola"), e poi tornano alla posizione originale. Uno stimolo pi vigoroso e
stabile costituito dalla irrigazione calorica della membrana del timpano: una piccola quantit di
acqua fredda evoca una risposta oculovestibolare. Un cervello intatto inibisce questa risposta e
mantiene gli occhi in centro, per cui si osservano solo piccole scosse rapide di nistagmo
controlaterali all'orecchio irrigato. Quando vi invece una lesione emisferica, gli occhi deviano

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tonicamente verso il lato irrigato. Con lesione anche del tronco il sistema fuori uso e nessun
movimento pu essere prodotto.
4. Comportamento motorio
Stimoli nocicettivi evocano caratteristiche risposte motorie. Lesioni degli emisferi sono spesso
accompagnate da una risposta in decorticazione: le estremit superiori si flettono e le inferiori si
estendono forzatamente. Se la lesione pi caudale, tra il diencefalo ed il ponte superiore, si ha la
risposta in decerebrazione: estensione e pronazione delle estremit superiori con estensione
ipsilaterale dell'arto inferiore. Se il danno del tegmento pontino si pu avere una flaccidit
generalizzata o flaccidit nelle estremit superiori con risposta in flessione nelle inferiori.
Livelli di sofferenza del tronco (da Plum e Posner)
Diencefalico
- decorticazione
- miosi pupillare
- riflesso fotomotore presente
- riflesso oculovestibolare normale
- respiro di Cheyne Stokes
Mesencefalo- pontino alto
- decerebrazione
- pupille intermedie
- riflesso fotomotore assente
- riflesso oculovestibolare disturbato
- iperventilazione-ipertermia
Pontino basso- bulbare alto
- decerebrazione o areattivit
- pupille intermedie areattive
- riflesso oculovestibolare abolito
- respiro regolare
- disturbi neurovegetativi
Mesencefalico laterale (Sindrome uncale)
- midriasi unilaterale
- emiplegia e poi decerebrazione omo e controlaterale
Glasgow Coma Scale
La pi consistente caratteristica del danno cerebrale che risulta da un trauma con
accelerazione/decelerazione una alterazione della coscienza. Una quantizzazione del livello di
coscienza non solo importante come indice della gravit del trauma cranico ma ne permette una
monitorizzazione successiva misurando la capacit di risposta a terapie. Il monitoraggio continuo
del livello di coscienza richiede un sistema che sia sovrapponibile anche quando realizzato da
63

osservatori differenti, che sia registrabile e visualizzabile in modo che persone diverse possano
immediatamente riconoscere non solo lo stato attuale del paziente ma anche come questo si correla
con le sue condizioni nelle ultime ore. La scala di valutazione che si usa (Glasgow scale) stata
ideata in modo da rispondere ai requisiti segnalati sopra. Essa permette inoltre di definire il grado e
tipo di coma in termini descrittivi, senza riferimenti a supposti luoghi anatomici di disfunzione. Si
basa sulla osservazione di tre fenomeni: apertura degli occhi,risposta motoria, performance verbale.
La assenza di questi tre fenomeni caratterizza lo stato di coma.
Glasgow coma scale
- apertura degli occhi: (E)
spontanea
su chiamata
dopo dolore
assente

4
3
2
1

- risposta motoria: (M)


al comando obbedisce
allo stimolo doloroso localizza
allontana
flessione anormale
risposta in estensione
assente

6
5
4
3
2
1

- risposta verbale: (V)


orientata
conversazione confusa
parole inappropriate
suoni incomprensibili
assente

5
4
3
2
1

Questa scala parte dalla definizione di coma come uno stato in cui non si ha risposta ai comandi,
non si parla e non si aprono gli occhi. I punteggi della scala vanno da un minimo di 3 (risposte
minime) ad un massimo di 15. Ogni combinazione che fornisce un punteggio fino a 7 indicativa di
uno stato di coma; nessuno dei pazienti con punteggio di 9 o pi pu essere definito in coma. Gli
stati di stupore, obnubilazione, sonnolenza, vanno da un punteggio di 8 a 13.
CLASSIFICAZIONE DEI TRAUMI CRANICI
- lieve:

GCS 13-15

- moderato:

GCS 9-12

- grave:

GCS <= 8 coma

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Ruolo della terapia profilattica con anticonvulsivanti : soggetto molto controverso. L'epilessia
post-traumatica si osserva in circa il 5% dei pazienti ricoverati con trauma chiuso e nel 15% di
quelli con grave trauma cranico. Tre fattori sono prognosticamente indicativi di alto rischio di
epilessia: accesso epilettico entro la prima settimana, ematoma intracerebrale, frattura infossata.
Uno studio in doppio cieco su 404 gravi truamatizzati trattati per un anno ha mostrato che la terapia
riduceva l'incidenza di crisi solo nella prima settimana, quindi sembrerebbe inutile proseguire il
trattamento dopo la prima settimana dal trauma.

65

LE ERNIE DEL DISCO INTERVERTEBRALE


Una patologia del disco intervertebrale pu riconoscere due condizioni
principali: la protrusione discale contenuta, l'erniazione discale non
contenuta. Nella protrusione discale contenuta si assiste ad una distorsione
della normale configurazione dell'anulus (il legamento fibro-elastico che
mantiene il disco nel suo spazio tra i corpi vertebrali),
con protrusione del disco oltre il bordo esterno del corpo vertebrale. La
distorsione pu essere localizzata in un punto o diffusa; in entrambi i casi
la struttura dell'anello fibroso rimane intatta. Per ernia del disco, invece, si
intende la rottura del legamento fibroso con fuoriuscita di parte del disco
intervertebrale dalla sua sede (fig. 1). Le sedi pi frequenti di ernie sono i
livelli vertebrali lombare e cervicale. Un'ernia discale pu essere causa di
problemi neurologici per compressione di radici nervose o del midollo
spinale.

Fig. 1

Ernia del disco lombare


Un'ernia del disco lombare si ha nell'1% della popolazione generale per
anno; quindi, ogni anno, 10.000 persone per milione di abitanti ne sono
colpite. La sua manifestazione clinica pi frequente rappresentata dalla
sciatica vertebrale o sciatalgia, caratterizzata da dolore irradiantesi dalla
regione lombare ai glutei ed alle gambe, lungo la loro parte posteriore o
laterale. In pratica, una sindrome dolorosa lungo il territorio del nervo
sciatico. Circa l'80% della popolazione in et adulta ha almeno una crisi di
lombalgia, complicata o no da sciatalgia, nel corso della vita.
La storia delle conoscenze sulla sciatica e sull'ernia del disco lombare ci
porta agli albori della medicina. Ippocrate di Koos nel 60 a.C., nel suo
"terzo libro delle malattie", lascia la prima descrizione clinica a noi giunta
del dolore sciatico, spiegandone la causa con la raccolta di umori nocivi. La
comprensione della vera natura di queste lesioni, e una delle prime
descrizioni del quadro clinico che consegue alla rottura del disco
intervertebrale, fu dovuta al contributo di tre chirurghi del Massachusetts
General Hospital di Boston e cio W.J. Mixter, J.S. Barr e C.S. Kubik. Il 21
giugno del 1932 fu operato da loro il primo paziente con diagnosi di ernia
del disco e nel 1934 pubblicarono la loro esperienza facendo s che la terapia
Fig. 2
dell'ernia del disco cominciasse la sua storia.
Le cinque vertebre lombari, sovrapposte l'una all'altra e separate dai rispettivi dischi, mantengono
un preciso rapporto con le strutture nervose, che a livello lombareassumono caratteristiche peculiari.
La parte pi bassa del midollo, il cono midollare, termina a livello vertebrale L1-2 e si continua in
basso con le radici nervose lombo-sacrali che costituiscono un insieme noto come "cauda equina".
Per ogni segmento vertebrale si ha l'emergenza di una radice nervosa la quale, dopo essere uscita
dal canale durale che raccoglie tutte le radici, lascia il canale spinale attraverso i forami di
coniugazione. Un'ernia del disco potr comprimere una radice nervosa in un qualunque punto del
suo decorso, dal sacco durale al forame di coniugazione, o dentro il forame stesso, determinando la
comparsa del quadro clinico tipico (fig. 2).

66

Sintomatologia clinica
La sciatica l'espressione dolorosa del conflitto tra materiale discale espulso e radice
nervosa che viene compressa. La radice interessata sar la quinta lombare (o L5), se l'ernia si
verifica a livello dello spazio tra la quarta e la quinta vertebra lombare, oppure la prima sacrale
(S1), se l'ernia si verifica a li vello dello spazio tra la quinta vertebra lombare e la prima sacrale. Il
modo di comparsa variabile. Il disturbo iniziale pu essere un dolore lombare peggiorato
dall'esercizio fisico e migliorato dal riposo, oppure un dolore
crampiforme ad insorgenza acuta in seguito ad un movimento brusco,
aggravato dal movimento. In una prima fase questa intomatologia pu
essere legata ad uno stiramento dell'anulus e del legamento longitudinale
posteriore, cio delle strutture che mantengono il disco nel suo spazio tra
le vertebre. Entro una o due settimane vi potr essere una riduzione del
dolore lombare, seguita da un progressivo aggravamento del dolore alla
natica ed alla parte posteriore o posterolaterale della coscia e della
gamba, accompagnata da addormentamento e formicolio nella parte del
piede innervata dalle fibre sensitive della radice interessata. Il dolore
caratteristicamente aggravato dal sedersi, alzarsi, camminare, tossire,
starnutire, stirarsi. E' ridotto dallo stare sdraiati, soprattutto sul lato non
interessato. La manifestazione della sofferenza radicolare, oltre che di
tipo irritativo (ipersensibilit dolorosa della radice), pu essere di tipo
Fig. 3
deficitario (riduzione della sensibilit o della forza). Il carattere tipico
della sintomatologia la sua topografia metamerica, espressione di una
sofferenza monoradicolare (fig. 3).
La radice L5 raccoglie l'innervazione sensitiva di una fascia cutanea che dal gluteo si estende alla
faccia posteriore della coscia, alla faccia laterale della gamba ed al collo del piede, fino alle prime
due dita. Il contingente motorio destinato soprattutto alla flessione dorsale del piede e dell'alluce;
pertanto, se la lesione della radice L5 grave, il paziente non potr piegare verso l'alto le dita del
piede, con difficolt nell'andatura. La radice S1, invece, innerva una fascia cutanea che si estende
dal gluteo alla faccia postero-esterna del polpaccio, passando per la faccia posteriore della coscia,
raggiungendo quindi il bordo esterno del piede e la sua faccia plantare fino alle ultime dita. Il
territorio motorio comprende il grande gluteo, il tricipite surale ed i flessori plantari del piede. Il
riflesso achilleo sotto la dipendenza quasi esclusiva di S1. Una
compressione di questa radice potr, quindi, associarsi a
compromissione della flessione plantare delle dita e ad assenza del
riflesso achilleo.
La sofferenza della radice L4, compressa dalle meno frequenti ernie
del disco tra la terza e la quarta vertebra lombare, sar responsabile
di cruralgia, caratterizzata da dolore all'inguine con estensione nella
parte anteriore della coscia e della gamba fino alla parte mediale
della caviglia, con riduzione o assenza del riflesso rotuleo.
Una sofferenza radicolare pu essere causata anche da fenomeni
Fig. 4
infiammatori interessanti il disco, le vertebre o i legamenti
paravertebrali. E' importante saper distinguere una sofferenza
radicolare da compressione da un dolore legato a fenomeni puramente infiammatori.
Strumenti diagnostici
La corretta valutazione clinica della distribuzione della sintomatologia e dei deficit associati
permette di sospettare la sede esatta dell'ernia.La diagnostica per immagini ha tuttavia un posto
preminente nella individuazione corretta del tipo di lesione responsabile del dolore e della sua sede.
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La Risonanza Magnetica (RM) (fig. 4) l'esame di elezione perch permette di visualizzare l'ernia,
il suo rapporto con la radice nervosa, e l'eventuale presenza di alterazioni associate quali un
restringimento del canale spinale, altre discopatie, ecc..
La Tomografia Computerizza (TC) mostra meno bene l'ernia ed il suo rapporto con la radice ma
visualizza meglio i fenomeni artrosici e permette di diagnosticare la causa di eventuali quadri
dolorosi non dovuti ad ernie ma piuttosto ad un restringimento dei forami di coniugazione, a
presenza di osteofiti, o ad altre patologie ossee. Il quadro completo degli esami strumentali
comprende anche l'Elettromiografia che definisce con precisione quale la radice interessata,
precisa l'entit della lesione, permette di stabilire una precisa relazione tra posizione dell'ernia e
radice sofferente, e consente una valutazione obiettiva dell'evoluzione del quadro clinico nel tempo.
Terapia
Una volta fatta la diagnosi e stabilito che il paziente ha un'ernia discale le possibilit terapeutiche
sono due: intervenire chirurgicamente rimuovendo l'ernia per ottenere una decompressione
meccanica della radice, o iniziare una terapia conservativa e valutare l'andamento delquadro clinico.
Molte volte, perlomeno nel 60-70% dei casi, un'ernia discale va incontro ad un processo di
guarigione spontanea. Questo pu dipendere da una riduzione dell'ernia, ricca di acqua, legata ad
un processo di disidratazione e di riassorbimento. Se il quadro clinico non tale da richiedere in
intervento immediato, l'attesa pu permettere di valutare se ci si trova di fronte ad un caso con
possibilit di guarigione spontanea o no. Il trattamento conservativo dovrebbe essere prolungato per
almeno 6 settimane ma per non pi di 2 mesi se non vi sono segni evidenti di miglioramento.
L'intervento chirurgico indicato di fronte ad un deficit motorio progressivo, a ricorrenti episodidi
sciatica, o ad inefficacia della terapia conservativa. Quest'ultima la pi frequente indicazione
all'intervento. I risultati della chirurgia dell'ernia del disco lombare sono migliorati con il
raffinamento delle tecniche chirurgiche ed il miglioramento della selezione dei malati, basata su una
accurata valutazione dei dati radiologici e clinici.
L'indicazione al trattamento chirurgico dell'ernia discale si fonda su due importanti elementi:
- la presenza di una sintomatologia clinica invalidante, con chiari segni obiettivi di
sofferenza radicolare,
- la documentazione neuroradiologica di una lesione discale congrua con la
sintomatologia presentata dal paziente.
Discectomia microchirurgica
Con l'introduzione del microscopio operatorio a questa patologia, nel 1970, Williams,
Yasargil e Caspar aprirono l'era della microdiscectomia per il trattamento chirurgico delle
ernie discali. L'applicazione del microscopio chirurgico alla chirurgia dell'ernia discale,
sia lombare che cervicale, oramai entrata nel bagaglio tecnico di molti neurochirurghi gi
da molti anni. Il miglioramento del controllo del campo chirurgico, grazie alla illuminazione
ottimale ed all'ingrandimento, limita considerevolmente il trauma chirurgico e permette
l'asportazione dell'ernia per via interlaminare, senza sacrificio di componenti ossee o articolari. I
vantaggi dati dall'illuminazione e dall'ingrandimento permettono, inoltre, una pi delicata
dissezione e manipolazione delle radici nervose ed una pi accurata identificazione ed asportazione
dei frammenti erniari. Tutto questo consente di ridurre le complicanze e di migliorare il decorso
postoperatorio.
La tecnica chirurgica consiste in una incisione cutanea lombare mediana di 2-3 cm.,
centrata sul livello dell'ernia; si effettua quindi un approccio unilaterale con scollamento dei
muscoli paravertebrali dal lato dell'ernia fino a raggiungere il legamento posto tra le due lamine
vertebrali (legamento giallo interlaminare); si apre completamente lo spazio interlaminare
68

rimuovendo il solo legamento giallo ed evitando una rimozione ossea; si individuano il sacco durale
e la radice nervosa compressa; si espone l'ernia spostando delicatamente la radice e si rimuove il
disco erniato; si rimuovono i frammenti di disco residui all'interno dello spazio intervertebrale, allo
scopo di ridurre la possibilit di avere una recidiva dell'ernia, e si controlla che la radice nel forame
sia ben decompressa, effettuando una foraminotomia se occorre; si effettua infine un'emostasi
accurata e si chiude, riempiendo lo spazio attorno alla radice con del grasso prelevato dal paziente,
per evitare accumulo di sangue che potrebbe indurre formazione di tessuto cicatriziale
esuberante. Il paziente viene tenuto a riposo per 24 ore dopodich comincia ad alzarsi ed a
camminare. L'uso del microscopio chirurgico a nostro avviso fondamentale in quanto permette
approcci chirurgici mirati al livello interessato, minori traumi sulle strutture osteo-ligamentose,
perfetto controllo dell'emostasi e adeguate rimozioni del materiale erniato, nel pi assoluto rispetto
delle strutture nervose e senza alcuna compromissione della stabilit del rachide.
Risultati
Per la rimozione di un'ernia del disco lombare, fin dal 1976 noi usiamo una tecnica microchirurgica
con approccio interlaminare. Nella nostra casistica, relativa a circa 1000 interventi, dopo tre mesi
dall'intervento l'85% dei pazienti ha dichiarato una completa scomparsa del dolore. Il 15% ha avuto
una significativa riduzione dei sintomi con risoluzione dei deficit neurologici, ma persistenza di
lieve dolenzia lombare o formicolio alla gamba, di solito migliorati nel giro di qualche mese.
Le complicanze di un intervento chirurgico per ernia lombare possono sono rappresentate da una
recidiva dell'ernia, da infiammazioni ed infezioni del disco (disciti), da peggioramento del deficit
neurologico. Uno studio che ha valutato l'incidenza di complicazioni nei pazienti operati con
tecnica microchirurgica rispetto a quelli operati senza microscopio riporta il 7.8% globale di
complicanze nei primi pazienti rispetto al 13.7% nei casi operati senza microscopio (Stolke et al.,
Spine 1989).
Le complicazioni osservate nei nostri pazienti furono le seguenti:
il 4% ebbe una recidiva dell'ernia, tra questi, due ebbero una doppia recidiva; tutti furono rioperati
con scomparsa del dolore.
alterazioni infiammatorie o infettive furono evidenziate in 4 pazienti (0.8%), in tre con
caratteristiche lievi ed in uno con segni di maggiore gravit.
due pazienti ebbero una lieve infezione sottocutanea, con formazione di essudato, e guarirono con
terapia antibiotica ed aspirazione.
Ernia del disco cervicale
La colonna cervicale una meraviglia di bioingegneria. Fornisce forza, flessibilit, supporto e
protezione al sistema nervoso. E' in costante movimento durante la giornata. Ma alterazioni del
disco cervicale, protrusioni discali, degenerazione artrosica, ipertrofia dei legamenti, infiammazioni
della regione, sono purtroppo diffusi nella popolazione adulta. La spondilosi cervicale un naturale
processo di invecchiamento. Il dolore al collo o alle braccia un sintomo comune nella popolazione
generale. Una evidenza radiografica di artrosi cervicale presente nel 20-25% della popolazione
all'et di 50 anni ed aumenta al 70-85% all'et di 65 anni. Una protrusione del disco cervicale
molto comune. L'erniazione di un frammento discale meno frequente che non a livello lombare. Il
rapporto tra interventi cervicali e lombari di 1 a 4.
Cos come avviene a livello lombare, anche il dolore da ernia del disco cervicale ha una elevata
tendenza alla guarigione spontanea. I frammenti discali erniati tendono a disseccarsi, a ridursi
volumetricamente, ad essere riassorbiti. Soltanto 1 paziente su 15 con problemi cervicali viene

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operato. Un'ernia cervicale, a differenza delle ernie lombari, pu provocare oltre ad una
compressione radicolare anche una compressione del midollo.
Un'ernia localizzata lateralmente comprime una
radice nervosa ed quindi causa di dolore brachiale.
Se l'erniazione avviene medialmente, oppure se
l'ernia laterale molto voluminosa, pu
determinarsi una compressione midollare, con
disturbi motori e sensitivi che possono interessare i
quattro arti o solo gli arti inferiori, e, talvolta, con
disturbi del controllo degli sfinteri vescicale ed
anale. Le pi comuni sindromi da compressione
radicolare sono quelle interessanti la sesta, la
settima, e l'ottava radice nervosa. La fig. 5 mostra la
Fig. 5
distribuzione dei territori cutanei innervati da queste
radici, corrispondenti alla diffusione del dolore. Con
una sofferenza della radice C6 pu, inoltre, essere assente il riflesso bicipitale, mentre con una
sofferenza della radice C7 si pu avere diminuzione o scomparsa del riflesso tricipitale.
Un dolore interessante solamente il collo, senza distribuzione brachiale, pi comunemente causato
da processi degenerativi del disco, associati a cambiamenti nelle vertebre adiacenti, quali artriti
delle faccette articolari, formazioni di osteofiti lungo i bordi dei corpi, ispessimento del legamento
giallo, degenerazione uncovertebrale. Tutti questi sono fenomeni comunemente associati
all'invecchiamento.
Terapia chirurgica
Fino al 1950 l'approccio posteriore era l'unico utilizzato per queste ernie. Bailey e Badgeley nel
1952, Robinson e Smith nel 1955 e Cloward nel 1957, proposero l'approccio anteriore, divenuto
molto seguito allorch negli anni '70 si cominci ad effettuarlo con l'aiuto del microscopio
operatorio. Nel nostro Istituto l'intervento di microdiscectomia cervicale per via anteriore praticato
dal 1976. Essendo la localizzazione del disco erniato anteriore
rispetto al midollo spinale, l'approccio dal davanti permette di
raggiungere l'ernia senza dover spostare il midollo, evitando
quindi i rischi legati a questa manovra. L'intervento viene
realizzato effettuando una piccola incisione cervicale
Fig. 6
anteriore, possibilmente sul decorso di una piega cutanea (fig.
6); si raggiunge il profilo anteriore delle vertebre seguendo
una strada tra esofago e trachea, medialmente, e muscoli
cervicali e carotide, lateralmente. Individuato lo spazio
intervertebrale interessato, si rimuove progressivamente il
disco fino a raggiungere il profilo vertebrale posteriore. Si
rimuove quindi l'ernia e si decomprimono la radice nervosa ed
il midollo spinale. Alla fine della discectomia, allo scopo di
evitare che la rimozione del disco possa modificare la distanza tra i corpi vertebrali e la curvatura
cervicale, si pu apporre nello spazio intervertebrale, al posto del disco rimosso, un frammento
osseo dello stesso paziente, prelevato dalla cresta iliaca, oppure un tassello artificiale di osso
sintetico o di metallo. Se all'ernia si associa una stenosi vertebrale significativa, l'intervento pu
essere effettuato per via posteriore, effettuando una laminectomia, cio una asportazione della
porzione posteriore delle vertebre, ampliando cos il canale spinale, e rimuovendo quindi l'ernia. I
risultati chirurgici che si ottengono sono favorevoli nel 97% dei casi. Le eventuali complicanze (3%
in totale) comprendono alterazioni della curvatura cervicale, estrusioni del tassello apposto tra le
vrtebre, sofferenza del midollo.
70

LA NEUROCHIRURGIA STEREOTASSICA NELLA MALATTIA DI PARKINSON

La Malattia di Parkinson (MdP) stata per la prima volta descritta da James Parkinson, in
"Essay on the Shaking Palsy", nel 1817, ma i suoi sintomi e le potenziali terapie erano gi
menzionati negli Ayurveda, il sistema medico praticato in India, gi dal 5000 a.C., e nel primo testo
medico Cinese, Nei Jing, apparso 2500 anni fa. La prevalenza della MdP nella popolazione generale
varia da 107 a 187 affetti ogni 100.000 abitanti. La Malattia di Parkinson un disordine
degenerativo progressivo del sistema motorio.
Patogenesi della Malattia di Parkinson:
Il caratteristico segno fisiopatologico della Malattia di Parkinson (MdP) la
depigmentazione della substantia nigra (sostanza nera; SN) dovuta alla progressiva perdita delle
cellule neuronali, che normalmente sintetizzano nella SN il neurotrasmettitore dopamina. Sono
inoltre presenti i corpi di Lewy (inclusioni eosinofile composte di neurofilamenti, sottounit della
tubulina, alfa-sinucleina e ubiquitina) e i corpi pallidi (composti da neurofilamenti frammisti a
granuli vacuolari).
Il meccanismo alla base della formazione dei corpi di Lewy e della morte cellulare nella
MdP non conosciuto. Studi anatomici hanno mostrato che la prima area danneggiata nella malattia
la pars compacta della SN ventrolaterale (sostanza nera-parte compatta; SNpc) con le sue fibre
che proiettano al putamen. Le modificazioni neurochimiche risultanti da questa neurodegenerazione
selettiva consistono soprattutto nella perdita di dopamina (DA), e si pu stimare che vengano persi
dal 60% all'85% dei neuroni nigrali e della DA striatale prima dello sviluppo della sintomatologia
parkinsoniana.
Alcuni fattori genetici ed ambientali sono stati associati ad un incremento del rischio di
sviluppare la malattia di Parkinson ma la maggior parte dei pazienti non ha fattori di rischio
riconoscibili.Un aumento del rischio di MdP associato a storia familiare di MdP, ad esposizione
ad insetticidi ed erbicidi, a residenza in ambiente rurale al momento della diagnosi, a consumo di
acqua di pozzo, noci e semi.
Studi condotti sui gemelli e su alcune famiglie che mostrano una particolare incidenza di
malattia di Parkinson, suggeriscono che la predisposizione genetica ha un certo peso nello sviluppo
della MdP, rimanendo tale relazione per solamente in ambito probabilistico.
Infatti, la malattia di Parkinson sembra avere un origine multifattoriale, derivante
dall'interazione di fattori di rischio genetici, ambientali e tossici, la gran parte dei quali ancora da
individuare.
Substrato fisiopatologico della Malattia di Parkinson
Di tutti i circuiti che passano attraverso i gangli della base, il circuito motorio il pi
importante nella fisiopatologia dei segni cardinali (acinesia/bradicinesia, rigidit, e tremore). Questo
loop motorio include le aree motorie precentrali (aree 4 e 6, area motoria supplementare) e i
campi sensoriali postcentrali (3a-b, 2,1) che proiettano al putamen in maniera somatotopica. La
sostanziale perdita dei neuroni pigmentati dopaminergici della substantia nigra pars compacta
conduce ad una profonda riduzione della normale inibizione della via nigro-striatale sui neuroni
GABA- encefalinergici, che aumentano la loro attivitit provocando un'eccessiva inibizione del GP
esterno (Obeso, 1997).

71

Il trattamento chirurgico della Malattia di Parkinson


Storia ed evoluzione della chirurgia dei disturbi del movimento
Il trattamento chirurgico dei disturbi del movimento evoluto costantemente durante il
ventesimo secolo, non solo per i progressi della tecnica neurochirurgica ma anche perch
migliorata la conoscenza sia anatomo-fisiologica che clinica della malattia. Questo ha quindi
comportatouna migliore selezione dei pazienti candidati al trattamento chirurgico.
I primi interventi neurochirurgici sui disturbi del movimento erano diretti verso il sistema
piramidale. Horsley (1890) riporta un caso di emiatetosi, il quale migliorato dopo la parziale
resezione della corteccia motoria. Anche altre proposte nel trattamento dei disturbi del movimento
erano basate sulla stessa idea, incluse lesioni della capsula interna descritte da Polenov (1928) e da
Browder (1948), la piramidotomia medullare descritta da Putnam e la peduncolotomia descritta da
Walker (1949) e Guiot (1949).
Russel Meyers (1940) stato il primo neurochirurgo a trattare i disturbi del movimento con
la lesione dei nuclei della base. Fenelon (1950) ha elettrocoagulato l'ansa lenticolare con
l'inserzione di una sonda tramite un foro di trapano frontale, come ha usato Meyers, con un
approccio transventricolare.
Nel 1953 Cooper accidentalmente ha leso l'arteria coroidea anteriore mentre eseguiva la
peduncolotomia in un paziente con tremore
parkinsoniano, e ha rilevato una riduzione
significativa del tremore. Nel 1954, lo
stesso Cooper, sulle basi di questa scoperta
accidentale, introdusse la tecnica di
lesionare i gangli della base iniettandovi
alcool o miscele di alcool e cellulosa
(chemiopallidectomia). Questa tecnica
stata successivamente perfezionata con
l'uso dell'elettrocoaugulazione ad alta
frequenza. Si possono attualmente usare
strumenti sofisticati per creare delle lesioni
ben definite e di grandezza prederminata,
controllando la temperatura, il voltaggio,
l'intensit di corrente e la resistenza dei tessuti durante la coaugulazione.
L'introduzione della tecnica stereotassica da parte di Horsley e Clarke, modificando quelle
utilizzate negli esperimenti su animali, ha permesso di perfezionare notevolmente la chirurgia dei
nuclei della base. La chirurgia stereotassica ha quindi avuto la sua massima espansione negli anni
sessanta con la pubblicazione di vari atlanti stereotassici: Spiegel e Wycis (1952), Talairach (1957),
Delmas (1959), Schaltenbrand (1977), i quali permettono la migliore definizione delle coordinate
tridimensionali delle strutture motorie delle quali sar modificata la funzione tramite la distruzione
locale. Successivamente un passo molto importante nello sviluppo della chirurgia della MdP fu
quando Haasler e Riechert presentarono eccellenti risultati sul tremore tramite la talamotomia
ventrolaterale. Si osserv infatti che la distruzione della parte posteriore dei nuclei ventrolaterali
del talamo (Ventrale intermedio o Vim, e Ventrale orale posteriore o Vop di Haasler) davano i
migliori risultati sul tremore, mentre la lesione della parte anteriore (Ventrale orale anteriore o Voa
di Hassler) aveva pi effetto sulla rigidit. Altri neurochirurghi (Mundinger) preferirono invece
lesionare l'area subtalamica della zona incerta, includendo anche i Campi H1 ed H2 di Forel. Smith,
nel 1967, dimostr che si poteva ottenere un miglioramento del tremore e della rigidit anche con
piccole lesioni del GP e dei Campi di Forel. Questo permise di dedurre che la lesione delle fibre
delle vie dento-rubro-talamiche e pallido-talamiche, o dei nuclei associati a questi sistemi di fibre
72

(che occupano una parte considerevole dei gangli della base), essenziale per il miglioramento del
tremore e delle rigidit.
Durante gli anni 1951-1969, prima dell'introduzione della levodopa, furono effettuati
numerosi interventi stereotassici per malattia di Parkinson, per un totale di circa 37.000 pazienti
(Speelman 1991). Se ne trassero le seguenti conclusioni: una corretta localizzazione della lesione
nel VL talamico o nella regione subtalamica poteva abolire il tremore e la rigidit nell'emilato
controlaterale in pi dell'80% dei pazienti (Selby, 1987), ed in circa il 70% si poteva ottenere anche
un discreto miglioramento dell'andatura e della destrezza manuale. Quest'ultimo risultato era
presumibilmente da attribuirsi al miglioramento della rigidit.
Con l'avvento della levodopa, la neurochirurgia dei gangli della base conobbe un rapido
declino; ma, con il presentarsi degli effetti collaterali della terapia (fluttuazione motorie,
movimenti involontari ed alcuni effetti collaterali di tipo psichiatrico), gli interventi di
neurochirurgia stereotassica vennero nuovamente proposti.
La neurochirurgia stereotassica per la Malattia di Parkinson vede oggi, da una parte, gli
interventidi lesione e, dall'altra, quelli di stimolazione, con le seguenti indicazioni:
Interventi di lesione:
- Talamotomia (Vim) per il tremore e le discinesie monofasiche;
- Pallidotomia per l'acinesia e la rigidit;
- Subtalamotomia o Campotomia (Campi H1 e H2 di Forel) per l'acinesia e la rigidit.
Interventi di stimolazione:
- Stimolazione del Vim sostanzialmente per il tremore monolaterale;
- Stimolazione del Gpi per i movimenti discinetici e le distonie;
- Stimolazione del NST per l'acinesia e la rigidit (in minor misura il tremore).
Deep brain stimulation (DBS):
Il principio della stimolazione, si basa sull'inibizione cronica della struttura bersaglio, che si
traduce in una modificazione funzionale dei circuiti di cui il target fa parte, conseguente
all'impianto stereotassico di un elettrodo su un target subcorticale.
La stimolazione elettrica dei nuclei sottocorticali era gi usata intraoperatoriamente nella
chirurgia ablativa per confermare l'esattezza del target prima della lesione. Alcuni ricercatori
trovarono empiricamente che la DBS ad alta frequenza del talamo produceva gli stessi effetti di
ablazione, ma tali effetti erano reversibili alla sospensione della stimolazione. Questa osservazione
spinse la maggior parte dei neurochirurghi ad impiantare stimolatori permanenti nelle stesse aree
cerebrali considerate precedentemente per la terapia ablativa.
I vantaggi di tale procedura sono:
- la reversibilit
- la possibilit di scegliere siti multipli offerti dall'elettrodo quadripolare
- la possibilit di correggere i parametri per ottenere il migliore risultato
- l'uso di una chirurgia bilaterale (la chirurgia lesionale bilaterale comportava gravi effetti
collaterali)

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Neurochirurgia stereotassica del nucleo subtalamico (NST)


L'iperattivit delle proiezioni del nucleo subtalamico al globo pallido mediale costituisce un
aspetto cruciale del parkinsonismo nei modelli animali di malattia di Parkinson. I recenti
esperimenti di blocco dell'output glutammatergico del NST al GPi o le lesioni del NST sostengono
questo concetto poich causano un drammatico miglioramento della sintomatologia parkinsoniana.
Benazzouz, nel 1993, aveva osservato che la stimolazione ad alta frequenza del NST delle scimmie
trattate con MPTP provocava un netto miglioramento della sintomatologia parkinsoniana
controlaterale al NST stimolato, specialmente la rigidit e la bradicinesia, senza provocare
discinesie (Benazzouz, 1993). Il gruppo del prof. Pollak ha cominciato nel 1993 le prime
stimolazioni bilaterali del NST nell'uomo (Limousin, 1993, 1995); essi hanno osservato un
miglioramento della rigidit e della bradicinesia. Anche il tremore viene spettacolarmente soppresso
dalla stimolazione subtalamica, come si verifica nella stimolazione del Vim.
Candidati all'impianto subtalamico sono essenzialmente i pazienti parkinsoniani con gravi
fenomeni on-off, severa acinesia e marcata rigidit, le cui fluttuazioni motorie non possono essere
migliorate dai vari aggiustamenti farmacologici. I risultati d'insieme sono rimarchevoli: la
stimolazione produce principalmente il miglioramento controlaterale del tremore, dell'acinesia, e
della rigidit. Inoltre c' un miglioramento indiretto delle ipercinesie indotte dalla terapia
antiparkinsoniana, in quanto possibile una sostanziale riduzione delle dosi della levodopa e dei
dopaminoagonisti. La stimolazione cronica, inoltre, non sembra avere effetti secondari negativi. Il
primo impianto subtalamico nel nostro istituto stato effettuato nel mese di giugno 1996; dal 1996
ad oggi sono stati sottoposti ad impianto bilaterale 30 pazienti affetti da malattia di Parkinson non
rispondenti alla terapia medica.

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Tecnica chirurgica

In anestesia locale
Posizionamento del casco stereotassico tipo Talairach
modificato nel nostro istituto per l'approccio polare.
localizzazione anatomica del bersaglio elaborata dalle
coordinate
ricavate
dalla
ventricolografia
intraoperatoria in condizioni stereotassiche, confrontata
anche con i dati della RM preoperatoria (ampiezza del
III ventricolo, atrofia corticale, etc.).
due fori di trapano simmetrici appena pre-coronarici ed
a circa 2.5 cm dalla linea mediana.
inserzione degli elettrodi quadripolari (Medtronic
3389), che vengono usati anche per la
macrostimolazione intraoperatoria (conferma del target
e verifica di eventuali effetti collaterali), la corretta
posizione anatomica viene confermata anche con un
controllo RX in telegrafia.
fissazione dell'elettrodo sulla teca cranica con microplacche metalliche in titanio e controllo
rx definitivo della posizione dell'elettrodo.

dopo una settimana nella quale vengono svolti i test della stimolazione, viene effettuato il
secondo intervento di interiorizzazione del sistema e il posizionamento sottoclaveare del
neurostimolatore (Kinetra 7428 (dual-channel)).

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RISULTATI:
Abbiamo osservato un netto miglioramento della rigidit (35.7%), dell'acinesia (32.7%) e
del tremore (64.5%). Il dosaggio giornaliero dei farmaci dopaminonergici, misurato in levodopaequivalenti, risultava ridotto del 69.3%. Quattro dei pazienti hanno sospeso la terapia farmacologica
immediatamente dopo l'impianto. La valutazione a lungo termine (fino a 60 mesi) dei parametri
motori e farmacologici ha mostrato una sostanziale stabilit del miglioramento dei vari item
considerati. Le complicanze pi frequenti che abbiamo osservato sono: transitorio aumento della
sessualit (4 pazienti), stati psicotici post-operatori che si sono risolti in meno di un'ora; ipofonia (8
pazienti); parestesie e discinesie.
CONCLUSIONE:
La stimolazione subtalamica cronica bilaterale un trattamento efficace a lungo termine nel
controllo dei principali segni clinici della malattia di Parkinson (tremore, rigidit e bradicinesia) e
nel controllo delle fluttuazioni motorie (condizioni di off e movimenti involontari invalidanti).
Infine, la tollerabilit, la reversibilit e la sicurezza di questa procedura chirurgica rafforzano
l'ipotesi che in un futuro prossimo la neurochirurgia possa rappresentare un trattamento di prima
scelta in un gruppo selezionato di pazienti con forme parkinsoniane molto gravi, e con effetti
collaterali da farmaci invalidanti.

76

LA NEVRALGIA DEL TRIGEMINO


La nevralgia del trigemino una condizione morbosa ben conosciuta con una incidenza
annuale valutata in 4 casi per 100.000 persone.
Il dolore generalmente inizia con tipici parossismi confinanti al territorio di distribuzione di una o
pi branche trigeminali e pu essere spontaneo o"triggato" da stimoli non nocicettivi (mangiare,
parlare, bere, etc.).
L'et di inizio solo raramente inferiore ai 50 anni. Il dolore tipicamente remittente, ma con gli
anni tende a divenire sempre pi frequente.
La diagnosi sostanzialmente clinica va suffragata da esami neuroradiologici e neurofisiologici: una
Risonanza Magnetica completata dalla iniezione di mezzo di contrasto si impone sempre per
escludere patologie compressive del nervo. E' stato ampiamente documentato come tumori
dell'angolo pontocerebellare possano manifestarsi con una sintomatologia di esordio di tipo
trigeminale del tutto identica a quella su descritta.
Eziopatogenesi
La causa della nevralgia del trigemino rappresentata da
un abnorme contatto (conflitto) tra una arteria cerebellare, in
genere la a. cerebellare supero anteriore, e la radice trigeminale
nelle immediate vicinanze del suo ingresso nel ponte (fig. 1).
Tale
"conflitto
neurovascolare"
diventa
patogeno
presumibilmente attraverso vari meccanismi; la sede del contatto,
particolarmente vulnerabile perch zona di transizione tra la
mielina centrale e la mielina periferica, diventerebbe zona di
origine di potenziali di azione generati localmente che, con il
passare del tempo, darebbero luogo ad una sorta di
"epilettizzazione" del nucleo sensitivo primario trigeminale.
Inoltre, nella zona di contatto, la demielinizzazione favorirebbe
la formazione di cortocircuiti fra fibre che portano sensibilit
diverse. Questo meccanismo patogenetico spiegherebbe la natura
parossistica del dolore, il fatto che le crisi possono essere
scatenate da stimoli di natura non dolorifica e la buona risposta
del dolore al trattamento con farmaci antiepilettici.
Terapia

Fig. 1: Immagine RMN (0.5 Tesla


Spin
Eco
T1
pesata
con
somministrazione ev di Gadolinio). Le
frecce indicano il decorso di una
megadolicobasilare nella cisterna
dell'angolo pontocerebellare sx (L) che
impronta il tronco e configura un
conflitto neurovascolare con la radice
trigeminale omolaterale.

La carbamazepina il farmaco pi efficace per il trattamento della nevralgia trigeminale e


molti pazienti lo usano con successo per tutta la vita. Sfortunatamente, circa la met dei pazienti col
tempo richiede dosi sempre maggiori del farmaco fino a non tollerarne gli effetti collaterali; a
questo punto diventa imperativa una terapia chirurgica.
Tra le varie manovre chirurgiche proposte per il trattamento della nevralgia del trigemino dobbiamo
considerare da un lato l'intervento di decompressione vascolare microchirurgica, che ha come scopo
la dissezione e l'allontanamento, dalla radice trigeminale, dell'arteria con essa in conflitto, e
dall'altro le metodiche sintomatiche, che si propongono di abolire il dolore senza pretendere di
rimuoverne la causa.
La decompressione vascolare microchirurgica richiede una piccola craniectomia dietro la mastoide,
subito sotto al seno traverso. Dopo l'apertura della dura si passa tra la superficie antero-superiore
del cervelletto ed il tentorio fino a raggiungerne il bordo libero e ad identificare il IV nervo cranico
(trocleare); si devia a questo punto verso l'avanti e si identifica la vena petrosa che viene coagulata e
77

sezionata. Si apre quindi la cisterna dell'angolo pontocerebellare, ottenendo l'esposizione della radice trigeminale
nella sua zona di ingresso nel ponte. Si identifica l'arteria, o
comunque la struttura vascolare che in conflitto anatomico
con la radice (fig. 2), e la si disseca per un tratto sufficiente a
mobilizzarla e ad allontanarla dal nervo. La recidiva del
conflitto viene evitata interponendo del materiale inerte non
riassorbibile (Teflon) tra il nervo e l'arteria.
La termocoagulazione selettiva controllata del ganglio di Fig. 2: Chiaro esempio di conflitto
neurovascolare
tra
la
radice
Gasser consiste nell'eseguire una lesione termica del ganglio trigeminale dx (freccia unica) con una
e della porzione immediatamente retrogangliare della radice ansa della arteria cerebellare anteriore
sensitiva (fig. 3). Per raggiungere questo scopo si usa una inferiore (AICA) (doppia freccia).
termosonda introdotta con metodica percutanea nel ganglio
stesso attraverso il forame ovale, sotto controllo
fluoroscopico e con il paziente in lieve narcosi. Per poter
eseguire una lesione selettiva, e cio limitata alla zona
interessata dal dolore, dopo aver introdotto la sonda si esegue
una stimolazione elettrica con frequenze di circa 50-80 Hz,
capaci di produrre parestesie nella zona di innervazione delle
fibre a immediato contatto con la sonda stessa.
Una volta identificata la sede in cui produrre la lesione, si Fig. 3: Assetto della Sala Operatoria
riscalda l'estremit della sonda fino a temperature che variano per un intervento percutaneo sul
trigeminale. Oltre al paziente
tra i 50 e gli 80 C per il tempo necessario a provocare una ganglio
visibile l'arco fluoroscopico per il
riduzione o abolizione della sensibilit termo-dolorifica e la controllo radioscopico intraoperatorio
conseguente scomparsa del dolore. La diversa sensibilit (sulla destra visibile il monitor).
termica delle fibre dolorifiche, dotate di guaina mielinica pi Sulla sinistra si riconosce il sistema di
sottile rispetto alle fibre propriocettive e tattili, consente, per stimolazione e/o termocoagulazione
lo meno sul piano teorico, di eseguire una lesione controllata del ganglio.
che porti alla scomparsa del dolore con una modesta
riduzione delle sensibilit non dolorifiche. Per poter avere la collaborazione del paziente, questo
intervento viene eseguito in anestesia locale e solo per l'introduzione della sonda viene praticata una
anestesia generale di brevissima durata senza intubazione.
La microcompressione percutanea del ganglio di Gasser
consiste nel produrre uno schiacciamento meccanico del
ganglio stesso utilizzando un catetere arterioso di Fogarty
(fig. 4) introdotto attraverso una apposita cannula posizionata
con metodica percutanea nella cisterna trigeminale. Il
posizionamento della cannula avviene con tecnica del tutto
analoga a quella descritta per il posizionamento della
termosonda durante la termocoagulazione e cio attraverso il
forame ovale e sotto controllo fluoroscopico. Il palloncino
all'estremit del Fogarty viene riempito con un volume di
0.75 cc di mezzo di contrasto per un tempo variabile da 1 a 6
minuti producendo in tal modo lo schiacciamento del
ganglio. Al termine, dopo aver rimosso il mezzo di contrasto
e quindi sgonfiato il palloncino, si rimuovono il Fogarty e la
sonda utilizzata per la sua introduzione.

Fig. 4: Strumentazione necessaria per


eseguire
una
microcompressione
percutanea del ganglio di Gasser:
sonda, catetere di Fogarty e siringa
con mezzo di contrasto.

78

Risultati della chirurgia


La decompressione vascolare consente di ottenere risultati eccellenti in oltre il 90% dei
pazienti. Il risultato ottenuto con questo intervento stabile nel tempo: infatti a distanza di
4 anni, nella nostra casistica, solo nel 14% dei pazienti l'intervento veniva giudicato inefficace.
La termocoagulazione ha risultati buoni o eccellenti in 80-90% dei pazienti, ma col tempo
la ripresa del dolore quasi la norma. Dopo 4 anni dall'intervento oltre la met dei pazienti
necessita di ulteriori terapie.
La microcompressione percutanea da risultati soddisfacenti nel 90% dei casi, ma la ricomparsa del
dolore piuttosto precoce: a 2 anni dall'intervento la maggior parte dei pazienti necessita di ulteriori
trattamenti.
Effetti collaterali sgradevoli sono decisamente frequenti con gli interventi di termocoagulazione e di
microcompressione. Essi sono rappresentati dalla ipoestesia, che in percentuale non trascurabile (520% nelle varie casistiche) si associa a disestesia, e dalla riduzione della forza con talora ipotonia e
atrofia dei muscoli masticatori dal lato operato.
Al contrario, solo raramente la microdecompressione vascolare seguita da effetti negativi
sul nervo trigemino; tra gli effetti collaterali va citata una possibile riduzione dell'udito dal lato
operato. Questo intervento ha quindi il vantaggio di offrire con maggiori probabilit un risultato
definitivo e di non dare deficit sensitivi trigeminali. Ovviamente, questo intervento che richiede una
craniectomia ed una anestesia generale di circa 2 ore presenta inevitabilmente rischi maggiori di
complicanze chirurgiche rispetto agli interventi percutanei.
Le indicazioni, i rischi ed i vantaggi di ogni intervento vanno discussi in dettaglio con il paziente,
ma in linea generale, nei pazienti pi giovani ed in buone condizioni generali, si predilige la
decompressione vascolare, mentre in quelli pi anziani o con problemi generali che aumentano il
rischio operatorio si preferisce la chirurgia percutanea.

79

TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE EPILESSIE


Premessa
La Neurochirurgia Funzionale si propone di correggere un "Disturbo di Funzione" tramite
un intervento chirurgico sul Sistema Nervoso. Fanno parte di tale settore: Epilessie, Dolore e
Disturbi del Movimento. Per le caratteristiche di "alterazione di Funzione da correggere" non
sempre ci troviamo di fronte ad una lesione anatomica ovvia, n necessariamente il target del nostro
intervento chirurgico coincide topograficamente con il substrato anatomico sede della "Funzione
alterata".
Per affrontare quindi il trattamento chirurgico delle patologie funzionali bisogna illustrarne
il processo patogeno alla base del disturbo che si vuole correggere, il substrato anatomico da esso
direttamente interessato o indirettamente coinvolto per esservi collegato attraverso strette vie di
connessioni ed/o attraverso funzioni di facilitazione o inibizione.
Neurochirurgia delle Epilessie
L'epilessia una affezione cronica, ad eziologia varia, caratterizzata dalla ripetizione di crisi
dovuta ad una scarica eccessiva dei neuroni cerebrali, qualunque siano i sintomi clinici o paraclinici
eventualmente associati. Una crisi epilettica unica e crisi epilettiche accidentali (come convulsioni
febbrili o eclampsia gravidica) non costituiscono una Epilessia, come neanche la ripetizione pi
o meno frequente di crisi epilettiche nel corso di una affezione acuta (non si parla di epilessia
encefalitica o uremica, ma di crisi epilettiche in corso di encefalite o di malattia di Bright)" OMS
'73.
Attualmente si preferisce parlare di Epilessie, sono state infatti classificate in primarie e
secondarie. Le primarie si ritengono dovute soprattutto ad una bassa soglia di epilettogenicit, in cui
il ruolo etiopatogenetico pi rilevante sostenuto soprattutto da componenti genetiche. Sono in
genere et-correlate e con andamento benigno tendente a risolversi nel tempo.
Le epilessie secondarie sono dovute invece ad una anomalia specifica dell'encefalo sia che
siano sintomatiche (evenienze in cui il dato eziologico noto) sia che siano criptogenetiche (ad
eziologia ignota).
Una volta eseguita la diagnosi di Epilessia sulla base delle crisi presentate dal paziente, sul
correlato elettroencefalografico (Elettroencefalogramma = Registrazione dell'attivit elettrica
cerebrale che pu presentare delle anomalie specifiche epilettiche sia in fase intercritica che in fase
critica), sullo studio per immagini e su eventuali altre indagini richieste dalle varie situazioni
cliniche, la terapia farmacologica indicata e porta alla scomparsa delle crisi nel 60-70% dei casi.
Esiste comunque una percentuale di pazienti in cui, nonostante una terapia farmacologica
adeguata e prolungata nel tempo, residuano crisi epilettiche handicappanti per la vita del paziente.
E' in questi casi che si pu porre l'indicazione alla terapia chirurgica delle Epilessie.
Da sottolineare che non parliamo qui dei casi in cui (spesso nelle Epilessie ad insorgenza
tardiva, in et adulta) le crisi epilettiche sono sostenute da patologie di per se trattabili
chirurgicamente, come una neoplasia o una malformazione vascolare.
Parliamo invece di una popolazione di pazienti affetti da Epilessia ad andamento cronico, ad
eziologia nota od anche ignota, in cui eventuali alterazioni strutturali, come ad esempio una
cicatrice, una malformazione della struttura corticale, una zona ischemica non siano riconducibili ad
una patologia neurochirurgica che porti comunque di per se ad un trattamento chirurgico.

80

Processo di Epilettizzazione
Un evento patogeno, esemplificato nello schema
come unico e circoscritto, ma che pu agire
in settori diversi dell'encefalo, e di cui anamnesticamente
possiamo anche non avere traccia, pu intervenire durante lo
sviluppo fetale o nei diversi momenti della vita del paziente
(Schema 1). Le alterazioni prodotte dall'evento patogeno
causale sono di vario genere: strutturali, circolatorie,
metaboliche e possono dare esito sia a deficit neurologici
transitori o stabili sia dare inizio ad un processo epilettogeno
Schema 1
(Schema 2).
Il processo di epilettizzazione non completamente
conosciuto. Esso interessa i neuroni della sostanza grigia
dell'encefalo. Non specifico per natura: qualsiasi insulto
cerebrale pu provocare epilettizzazione.
Per lo stesso agente eziologico non tutti i soggetti
rispondono con l'epilettizzazione. Il tempo richiesto per il
sopraggiungere delle crisi epilettiche pu essere
variabilissimo fino anche a dieci anni dopo che la causa
patogena ha iniziato ad agire. Concorrono una serie di fattori
al divenire di tale processo: l'et del soggetto o il momento di
Schema 2
sviluppo fetale, la sede cerebrale da esso interessata, il
sovrapporsi nel tempo di altri processi patogeni ed infine la
"soglia epilettogena". Per "soglia epilettogena" si intende la predisposizione pi o meno marcata
dell'encefalo a reagire con l'epilettizzazione. Questa si ritiene determinata soprattutto da fattori
genetici; quindi, pur essendo le Epilessie secondarie dovute a processi patogeni ab-extrinseco, esse
sono comunque influenzate da una maggiore o minore tendenza del singolo soggetto alla
epilettizzazione.
Le Epilessie sono attualmente ritenute a genesi polifattoriale legate a: Soglia epilettogena,
fasce di et pi a rischio (primi anni di vita, adolescenza, terza et) sede cerebrale colpita (si ritiene
che le aree motorie primarie abbiano una intrinseca maggiore tendenza ad epilettizzare come anche
le regioni temporali mesiali).
Pur non essendoci un agente eziologico specifico, gli ascessi cerebrali hanno una pi elevata
tendenza ad esitare in Epilessia, mentre per le Epilessie post-traumatiche la percentuale tanto
maggiore quanto pi vasto il danno corticale effettuato.
A delineare ulteriormente la complessit del processo epilettogeno va ricordato che le
funzioni cerebrali, oltre ad avere delle aree specifiche che le esplicano, sono costantemente
modulate da meccanismi di controllo facilitanti o inibenti. Tali meccanismi, oltre ad agire sulle
epilettogenesi, spiegano in parte anche la fluttuazione della epilettizzazione (ciclo sonno-veglia) e
possono anche essere utilizzati a scopo terapeutico.
Epidemiologia
La prevalenza delle Epilessie circa 1%. Si stima che in Italia ci siano circa 40.000 casi di pazienti
resistenti alla farmacoterapia, tuttavia anche nei Paesi pi sviluppati la percentuale di casi sottoposti
al trattamento chirurgico molto piccola.

81

Farmacoresistenza
La proposta terapeutica chirurgica riservata ai pazienti con crisi epilettiche farmacoresistenti. Si
ritiene farmacoresistente quella popolazione di pazienti in cui una corretta terapia farmacologica
non abbia portato ad un soddisfacente controllo della crisi. Non esistono definizioni rigide di
farmacoresistenza, n un momento predeterminato della storia di malattia in cui si debba passare
dalla terapia medica alla indicazione alle indagini prechirurgiche.
Le indicazioni generali possono essere cos enunciate:
Adulti : persistenza di almeno due anni di crisi, nonostante una corretta terapia farmacologica
(mono o politerapia) con almeno tre dei farmaci antiepilettici "maggiori" somministrati a dosaggio
terapeutico ottimale.
Bambini : i criteri sono ancora in discussione. Da considerare un pi breve periodo di persistenza
delle crisi per l'interferenza sia delle crisi che della farmacoterapia sullo sviluppo cognitivo del
paziente.
Indicazione alla chirurgia
La chirurgia si propone la cura della malattia attraverso la rimozione del processo
epilettogeno portando alla scomparsa delle crisi. Come secondo scopo, la chirurgia pu giocare un
ruolo palliativo migliorando le condizioni del paziente col ridurre la frequenza e la gravit delle
crisi.
Per quanto concerne la gravit della Epilessia da trattare, necessario eseguire una attenta
valutazione dell'entit delle crisi e sul loro impatto sulla qualit di vita del paziente.
Tale valutazione va quindi specificamente riferita ad ogni singolo paziente, prendendo in
considerazione le sue personali caratteristiche ed il suo standard di vita. Come in tutte le indicazioni
chirurgiche, anche la chirurgia epilettologica necessita di un accurato bilancio preliminare fra i
possibili risultati ed i potenziali effetti collaterali. Lo scopo dell'atto chirurgico, infatti, rimane
quello di interferire sulle crisi senza produrre danni neurologici, cognitivi o neuropsicologici.
I migliori risultati chirurgici possono essere ottenuti nei pazienti con crisi epilettiche ad
esordio parziale in cui vengano rispettate tre condizioni:
1. Presenza di un focolaio epilettogeno unico, stabile e ben definito attraverso lo studio
elettroclinico concordante con i dati semeiologici.
2. Possibilit di una corretta e precisa localizzazione dell'area epilettogena attraverso l'iter
diagnostico prechirurgico
3. la rimozione chirurgica delle regioni interessate dal processo epilettogeno non aggiunga deficit al
paziente.
Selezione dei pazienti
Oltre ad una accertata farmacoresistenza, la valutazione dei candidati alla terapia chirurgica
delle Epilessie deve essere eseguita considerando tutti gli aspetti legati al processo di
epilettizzazione.
La storia clinica potr indicarci una familiarit per Epilessia, eventuali possibili fattori
eziologici, oltre alla descrizione dei sintomi subiettivi ed obiettivi delle crisi presentate dal paziente.
Il quadro semeiologico del paziente epilettico rappresentato dalla fenomenologia critica.

82

L' esame obiettivo neurologico intercritico pu indirizzarci verso un esito della patologia
causale che ha dato inizio al processo di epilettizzazione.
Una valutazione neuropsicologica pu fornire ulteriori dati ed indicare eventuali funzioni
cerebrali alterate e quindi indirettamente dare informazioni di sede e di lato del processo
epilettogeno (Schema 3).
E' la correlazione fra quadro clinico critico, e le
possibili regioni cerebrali coinvolte dalla scarica elettrica
abnorme, che costituisce la prima ipotesi diagnostica
localizzatoria del processo epilettogeno. Un esempio di tale
correlazione dato dal movimento clonico di un arto che
trova la sua sede anatomica di riferimento nelle Aree Motorie
Primarie controlaterali all'arto affetto dalla crisi clonica.
Alle iniziali ipotesi diagnostiche localizzatorie del
processo epilettogeno basate sulle possibili correlazioni fra
semeiologia critica clinica e sede cerebrale di origine della
Schema 3
scarica critica si aggiungono una serie di dati diagnostici volti
a confermare l'ipotesi localizzatoria iniziale ed a fornire
indicazioni utili a delineare la topografia delle aree epilettogene per disegnare un volume cerebrale
da asportare chirurgicamente. Lo studio neurofisiologico con registrazione Elettroencefalografica
(EEG) permetter la documentazione di attivit epilettica intercritica evidenziabile in veglia ed in
sonno.
Utilizzando una sincrona registrazione Video-EEG prolungata potranno essere registrate le
crisi del paziente per controllare la corrispondenza del dato anamnestico con l'osservazione attuale
delle crisi, interrogare ed eseguire un esame neurologico durante e dopo le crisi, evidenziare sintomi
critici non valorizzati dal paziente. La registrazione EEG concomitante ci permette di seguire
l'insorgenza e la diffusione della scarica critica nello spazio cerebrale. Lo studio per immagini
(Schema 4) permette di localizzare eventuali danni anatomici (Risonanza magnetica, Tomografia
assiale computerizzata, Rx cranio, Angiografia), alterazioni metaboliche (Tomografia ad Emissione
di Positroni), simmetrie e/o zone di alterata perfusione (Tomografia a Singola Emissione di
Positroni). Eseguite tali indagini, un primo bilancio diagnostico pu essere eseguito. Possiamo cio,
in presenza di una lesione anatomica circoscritta, determinare le relazioni fra la lesione strutturale e
l'Epilessia. In assenza di una chiara lesione strutturale e quando non esista una chiara correlazione
topografica fra lesione e supposta area epilettogena, ulteriori tecniche di indagine che utilizzano
procedure diagnostiche invasive sono richieste, allo scopo di definire precisamente la zona
epilettogena e di pianificare i limiti della resezione chirurgica.
Studi Neurofisiologici Invasivi: L'indicazione ad eseguire tali procedure invasive deve essere
definita sulla base delle caratteristiche individuali del paziente e soprattutto sulla semeiologia delle
crisi. A seconda dei casi, possono essere utilizzati elettrodi intracerebrali inseriti con Metodologia
Stereotassica o elettrodi poggiati sulla corteccia cerebrale previa craniotomia. Lo studio invasivo
volto ad indagare solo alcuni settori cerebrali ritenuti essere la sede del processo epilettogeno,
costituisce quindi una verifica della ipotesi diagnostica effettuata sulla base delle indagini
preliminari non invasive. L'iter diagnostico pre-chirurgico si prefigge di rispondere a diversi quesiti:
1. Il processo epilettogeno unico o multiplo
2. Quale lato interessa
3. Quali aree cerebrali coinvolge
4. Qual il volume cerebrale da asportare.
I mezzi diagnostici qui indicati possono fornirci le risposte a tali quesiti. La Risonanza Magnetica
Funzionale, fornendo indicazioni anatomo-funzionali, guida a delineare la topografia delle aree
83

cerebrali primarie che devono essere rispettate per non avere deficit funzionali post-chirurgici e
quindi a pianificare l'intervento ablativo.
Trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico "di prima scelta" quello ablativo, quello cio che, rimuovendo il
processo epilettogeno, si propone di ottenere la soppressione delle crisi. Questo possibile quando
il processo epilettogeno unico, il volume da ablare noto e la sua rimozione non compromette
funzioni primarie.
La chirurgia ablativa ottiene la soppressione delle crisi nel 65-85% dei casi. I migliori
risultati si ottengono nelle Epilessie temporali dell'emisfero non dominante (le epilessie temporali
rappresentano comunque la localizzazione di gran lunga pi frequente nelle epilessie parziali).
Risultati meno brillanti si ottengono nelle epilessie frontali e nelle pi rare epilessie occipitali.
Rimangono da trattare i casi di pazienti con focalit epilettogene multiple o anche monofocali in
aree cerebrali non asportabili. E' in questi casi che trova indicazione la chirurgia "Palliativa", quel
trattamento cio che non si propone di sopprimere tutte le crisi del paziente, ma di eliminarne il
numero e la violenza.
La Stimolazione elettrica del Nervo Vago o dei Nuclei Subtalamici riesce in alcuni casi ad
ottenere un miglioramento significativo della frequenza ed entit delle crisi. Non se ne conosce il
razionale, si ipotizza che la loro efficacia possa essere dovuta ad un "rafforzamento"dei meccanismi
di inibizione cerebrale.
La Callosotomia (separazione chirurgica dei due Emisferi cerebrali attraverso la sezione del
Corpo Calloso) pu ottenere la riduzione delle crisi toniche di caduta improvvisa e rovinosa spesso
presenti nelle Epilessie a focolai multipli frontali. Si ipotizza in questi casi una interferenza sulle vie
di diffusione delle scariche critiche e sulla facilitazione che i focolai multipli possono avere fra di
loro.
Bibliografia
Commission on classification and terminology of the International League Against Epilepsy.
Proposal for revised clinical and electroencephalographic classification of epileptic seizures.
Epilepsia, 1981; 22: 489-501.
Commission on classification and terminology of the International League Against Epilepsy.
Proposal for revised classification of epilepsies and epileptic syndromes. Epilepsia, 1989; 30: 389399.

84

AFFEZIONI CEREBROVASCOLARI DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE


IN ET PEDIATRICA
G. Tamburrini, C. Di Rocco, S.M. Tamburrini
Unit Operativa di Neurochirurgia Infantile, Universit Cattolica del Sacro Cuore, Roma.

INTRODUZIONE
Nel corso degli ultimi 20 anni numerosi progressi sono stati fatti in termini di diagnosi e trattamento
dei bambini affetti da lesioni cerebrovascolari. La disponibilit di indagini diagnostiche come la TC
o la RM e lo sviluppo di trattamenti complementari o alternativi all'intervento chirurgico (i.e
radiochirurgia ed interventistica endovascolare) consentono oggi di adeguare le scelte terapeutiche
al singolo caso con significativa riduzione di morbidit e mortalit .
Emorragie cerebrali perinatali.
Le emorragie intracraniche fetali o perinatali sono relativamente frequenti; fattori di rischio
sono la prematurit alla nascita; traumi diretti in corso di gravidanza o al momento del parto;
disturbi della coagulazione materna o fetale, raramente lesioni eteroformative o malformazioni
vascolari cerebrali Di comune osservazione nei nati pretermine sono le emorragie ad origine dalla
matrice erminale, il tessuto embrionario da cui originano le cellule cerebrali. Localizzata in sede
subependimale a livello dei ventricoli laterali , la matrice germinale, che va incontro a spontanea
regressione fra la 32 e la 34 settimana di et gestazionale, vascolarizzata in maniera estesa da
capillari immaturi la cui parete fragile e priva di sistemi di autoregolazione. La rottura di questi
capillari , ed in casi pi isolati del sistema venoso connesso, avviene in genere come conseguenza di
un evento ipossico (i.e. asfissia, pneumotorace, cardiopatie cianogene). L'incidenza di eventi
emorragici di circa il 30-40% nei nati fra la 28 e la 30 settimana di et gestazionale e si riduce
progressivamente fino a circa il 2% nei nati a termine. Il 90% delle emorragie del prematuro
avviene nella prima settimana di vita; di queste circa il 20% ha esordio nelle prime 12 ore.
L'emorragia esclusivamente intraventricolare nell'80% dei casi, estendendosi pi raramente (15%)
al parenchima cerebrale. A seconda delle sedi interessate Papile distingue 4 gradi riassunti nella
Tab. 1
Grado
Sede dell'emorragia e alterazioni associate
I
II

Emorragia
subependimale
Emorragia intraventricolare senza dilatazione
ventricolare secondaria

III

Emorragia intraventricolare con dilatazione


ventricolare secondaria

IV

Emorragia intraventricolare ed
intraparenchimale

Tab. 1: Classificazione delle emorragie della matrice germinale secondo Papile.

85

Circa il 70% dei bambini con emorragie a partenza dalla matrice germinale asintomatico. Tuttavia
sono descritti casi di esordio clinico acuto in cui segni di ipertensione endocranica (tensione della
fontanella anteriore, bradicardia, ipotensione, apnea) si associano ad una rapida modificazione dei
parametri ematologici (i.e. riduzione dei valori di ematocrito superiore al 10%) . Irritabilit, ridotta
attivit motoria , disturbi della motilit oculare caratterizzano le forme lentamente evolutive.
Il deposito di detriti cellulari e fibrina in corrispondenza delle granulazioni aracnoidee o (pi
raramente) l'ostruzione dell'acquedotto di Silvio da parte di fenomeni reattivo-cicatriziali pu
determinare un ostacolo al flusso liquorale e conseguentemente la progressiva dilatazione del
sistema ventricolare (20-50% dei pazienti). Pi frequente nei bambini con emorragie di grado III e
IV questo tipo di manifestazione ha il suo esordio fra la 1 e la 3 settimana dall'emorragia ed esita
in un idrocefalo persistente in circa il 15% dei casi. Per la sua scarsa invasivit e facilit di
esecuzione l'ecografia cerebrale transfontanellare rappresenta l'esame di scelta, sia per la diagnosi
che per la sorveglianza dell'evoluzione del coagulo e dell'eventuale dilatazione ventricolare
associata. La TC e la RM hanno maggiore importanza per la valutazione a lungo termine del
danno parenchimale.
Numerosi farmaci (fenobarbital, etamsilato, vit. E, indometacina) sono stati utilizzati ed alcuni sono
in fase di studio per la prevenzione delle emorragie intraventricolari del pretermine. I risultati pi
promettenti sono stati ottenuti con la somministrazione di indometacina ; non tuttavia provata la
sua efficacia nel ridurre gli esiti a distanza dell'insulto emorragico. L'utilit di farmaci fibrinolitici
iniettati nella cavit ventricolare per facilitare la lisi del coagulo e ridurre il rischio di idrocefalo
secondario tuttora da confermare. Diverse procedure sono state proposte per il trattamento
dell'idrocefalo. Nei bambini al di sotto dei 1800 gm. controindicato l'impianto di
un sistema derivativo definitivo, per la scarsa rappresentazione del tessuto adiposo sottocutaneo, la
frequente associazione con enterocoliti necrotizzanti e l'alta incidenza di infezioni del sistema stesso
(ridotte difese immunitarie). In tali casi punture lombari o ventricolari seriate sono state suggerite
da alcuni Autori; tuttavia le rachicentesi sono spesso tecnicamente difficoltose e le punture
ventricolari transfontanellari sono a rischio ripetuto di danno parenchimale cerebrale. La procedura
elettiva l'impianto di una diversione liquorale temporanea esterna o connessa ad un reservoir
sottocutaneo (nei casi in cui il tessuto sottocutaneo sia sufficientemente sviluppato), attraverso il
quale eseguire periodiche sottrazioni liquorali. Dopo chiarificazione liquorale (valore delle proteine
liquorali inferiore a 100 mg./dl.) , nei casi persistentemente evolutivi si procede ad impianto di una
derivazione ventricolo-peritoneale.
La prognosi correlata al grado di emorragia. La mortalit nei casi di emorragia di grado IV del
50-75%, con esiti a distanza nell'85-100% dei bambini sopravvissuti. Viceversa la prognosi dei
bambini con emorragie di grado I II sovrapponibile a quella di bambini prematuri che non hanno
sofferto di eventi emorragici cerebrali.
Malformazioni vascolari cerebrali
Le malformazioni vascolari cerebrali sono raramente diagnosticate in et pediatrica, nonstante la
loro natura spesso congenita; esse meritano tuttavia di una considerazione particolare, data la lunga
aspettativa di vita dei pazienti, la benignit biologica delle lesioni e la possibilit , in seguito a
sanguinamenti , di importanti danni secondari sul parenchima cerebrale infantile. Con significative
differenze fra loro fanno parte di queste lesioni: le malformazioni arterovenose (MAV) cerebrali; i
cavernomi le fistole arterovenose durali (FAVD); le malformazioni arterovenose della regione della
vena di Galeno.

86

Malformazioni arterovenose cerebrali


Le MAV cerebrali sono le pi frequenti malformazioni vascolari intracraniche in et pediatrica;
l'incidenza dello 0.014-0.028%.. L'eziopatogenesi non chiara. Secondo alcuni autori le anomalie
strutturali dei vasi coinvolti originerebbero prima che l'embrione raggiunga la lunghezza di 40 mm.,
ovvero prima che avvenga l'ispessimento parietale dei vasi ematici cerebrali. Secondo altri
originerebbero nel momento di trasformazione del circolo cerebrale embrionale nella sua forma
definitiva (stadio di evoluzione fra i 40 e gli 80 mm.). In entrambi i casi documentata la possibilit
che queste malformazioni vascolari vadano incontro a modificazioni della loro conformazione
originale anche dopo la nascita attraverso un aumento delle dimensioni e della tortuosit dei vasi
afferenti ed efferenti.
La classificazione pi seguita delle MAV cerebrali quella proposta da Spetzler e Martin, che
suddividono queste lesioni in 5 gradi considerando le dimensioni del "nidus", l'eloquenza delle aree
cerebrali coinvolte ed il tipo di drenaggio venoso (superficiale o profondo) (Tab. 2).
Caratteristiche

Punti

Dimensioni

Piccole (< 3cm)


Medie (3-6 cm.)
Grandi (> 6 cm.)

1
2
3

Importanza funzionale
delle aree cerebrali
adiacenti

Aree non eloquenti


Aree eloquenti

0
1

Drenaggio venoso

Superficiale
Profondo

0
1

Tab. 2: Classificazione delle MAV cerebrali secondo Spetzler e Martin


Il 70-85% dei pazienti giunge alla diagnosi in seguito ad un evento emorragico, proporzione questa
superiore a quanto osservato in et adulta (55.-75%). Maggiore anche il rischio di sanguinamento
annuale (3.2% vs. 2.2%) e la morbidit e
mortalit correlate (circa il 20%). Fra i fattori
che contribuiscono a rendere la prognosi di
queste malformazioni peggiore in et
pediatrica vi la pi alta incidenza di MAV dei
gangli della base e della fossa cranica
posteriore, sedi anatomicamente critiche per gli
effetti di un evento emorragico (Fig.1). Pi
frequenti sono anche le malformazioni
vascolari di piccole dimensioni correlate ad un
pi alto rischio emorragico; l'emorragia
infine di entit generalmente maggiore. Altre
modalit di presentazione clinica sono crisi
comiziali (20-67%) ed in misura limitata
episodi ischemici, segni di cardiopatia
congestizia o cefalea.
87

La TC consente di evidenziare la sede e la distribuzione dell'emorragia e la presenza di


calcificazioni; pi raramente l'esame pu documentare, dopo somministrazione di m.d.c., vasi
arteriosi dilatati ed anomalie del sistema di drenaggio venoso. La RM risulta utile soprattutto nei
casi in cui non si siano verificate emorragie a partenza dalla MAV e topograficamente per le lesioni
localizzate in prossimit delle pareti ventricolari od in fossa cranica posteriore. Per quanto con
sequenze angio-RM si possano ottenere informazioni sulla struttura della malformazione vascolare
l'angiografia digitale indispensabile per definirne l'architettura. E' indicato un esame di tutto il
circolo cerebrale, con sottrazione di immagini per dimostrare le singole afferenze ed efferenze
collegate al "nidus". Grazie al miglioramento della tecnica chirurgica ed all'utilizzo sempre pi
diffuso della terapia endovascolare e della radiochirurgia il numero di malformazioni arterovenose
cerebrali suscettibili di trattamento sensibilmente aumentato. Tuttavia circa il 10% rimane al di
fuori delle possibilit di una esclusione completa per il coinvolgimento nell'apporto vascolare di
aree vitali del SNC. L'intervento chirurgico va effettuato con procedura elettiva in tutti i casi in cui
le condizioni cliniche lo consentano. Nei pazienti critici con estese quote emorragiche ipotizzabile
un trattamento in due tempi , limitandosi in urgenza alla evacuazione decompressiva dell'ematoma e
procrastinando la terapia della MAV di 3-7 gg.; questo orientamento pu favorire da una parte la
dissoluzione dei coaguli ematici , dall'altra il miglioramento delle condizioni cliniche e regionali.
Circa il 70 % delle MAV possono essere trattate con la sola asportazione chirurgica in maniera
completa. La mortalit operatoria dello 0-8%; deficit neurologici gravi si osservano in circa il
20% dei pazienti ed esiti transitori in circa il 25% dei casi.
Il ruolo della terapia endovascolare pu considerarsi duplice. Da una parte rappresenta una modalit
terapeutica adiuvante spesso essenziale alla asportazione chirurgica. Dall'altra , soprattutto nelle
MAV ad alto flusso pu favorire il miglioramento della sintomatologia clinica del paziente
nell'attesa di definire le successive tappe terapeutiche. In casi selezionati la terapia endovascolare
pu rappresentare l'unica indicazione e consentire la esclusione della malformazione vascolare (1631%). La mortalit nelle casistiche pi ampie del 6%, con esiti neurologici gravi documentati in
circa il 7% dei pazienti. MAV di dimensioni pari od inferiori ai 3 cm. sono suscettibili di
trattamento radiochirurgico Le percentuali di cura riportate raggiungono l'80-95% a 3 aa..; scarse le
possibilit di successo nelle malformazioni vascolari di diametro superiore (50% per MAV> di 5
cm.).
Non inoltre documentato un effetto protettivo nei confronti del rischio emorragico annuale,
durante il periodo di azione necessario ad ottenere l'obliterazione della malformazione(circa 2 aa.) .
Esiti neurologici permanenti vengono riportati in circa il 5% dei pazienti, e transitori nel 3% dei
casi.La prognosi correlata oltre che alla complessit della MAV, all'entit della emorragia
cerebrale ed al grado di compromissione clinica alla diagnosi. A confronto di una sopravvivenza
pari a circa il 100% dei pazienti che arrivano alla diagnosi senza avere presentato nella storia clinica
eventi emorragici, il 30% diei soggetti in cui vi stato un episodio emorragico precedente presenta
esiti permanenti gravi .
Angiomi cavernosi
Gli angiomi cavernosi (o cavernomi) sono malformazioni vascolari costituite da un insieme di vasi
sinusoidali con aspetto moriforme in stretta correlazione tra di loro, senza interposizione di tessuto
nervoso. Prima dell'avvento della Risonanza Magnetica erano considerati rari e, data la negativit
degli esami angiografici, venivano inclusi fra le malformazioni vascolari criptiche. Grazie agli
esami RM queste lesioni vengono oggi riconosciute con maggiore facilit e sono emersi caratteri
distintivi nei bambini rispetto ai pazienti adulti. Complessivamente gli angiomi cavernosi
rappresentano l'8-16% di tutte le malformazioni vascolari, con un incidenza dello 0.5-0.7% nella
popolazione generale. Sempre pi numerose sono le descrizioni che riguardano la possibilit di un
aumento volumetrico di queste lesioni nel corso degli anni. Per quanto il meccanismo non sia
completamente chiaro probabile che alla crescita contribuiscano da una parte il rilascio di fattori
88

angiogenici da parte delle cellule che delimitano le pareti sinusoidali, dall'altra ripetute
microemorragie con successiva organizzazione del coagulo in sedi adiacenti del parenchima
cerebrale.
Accanto ad una presentazione sporadica sono state identificate forme familiari ; secondo Dubovsky
esiste in questi casi una alterazione genetica che interessa il cromosoma 7q. Nelle forme familiari
sono pi frequenti le localizzazioni multiple , riscontrate nel 50-73% dei pazienti (33% in assenza di
familiarit).
La distribuzione degli angiomi cavernosi rispecchia la prevalenza in dimensioni delle differenti
componenti del Sistema Nervoso Centrale: l'80% circa interessa il compartimento sovratentoriale, il
15% la fossa cranica posteriore, il 5% il midollo spinale. Il lobo frontale la sede pi frequente
(25%); comuni le forme temporali e parietali (15%). Clinicamente i cavernomi possono essere
silenti, manifestarsi con crisi comiziali con deficit focali o con sintomi da ipertensione endocranica.
L'esordio clinico pu essere acuto (i.e. dopo un episodio emorragico) o progressivo. Da una
revisione della letteratura evidente come in et pediatrica siano pi frequenti le emorragie
lesionali , che assumono spesso entit pi grave rispetto ai pazienti adulti. Alla TC i cavernomi
appaiono come masse spontaneamente iperdense, rotondeggianti, con "enhancement" diffuso ma
irregolare dopo iniezione di m.d.c. Tali caratteristiche tuttavia non sono esclusive degli angiomi
cavernosi. La diagnosi differenziale comprende
oligodendrogliomi, astrocitomi di grado elevato,
ascessi cerebrali e MAV criptiche. L'aspetto RM varia
a seconda dello stadio in cui avviene la diagnosi. Nel
caso di emorragie in fase subacuta la lesione appare
disomogeneamente iperintensa in T1 ed ipointensa in
T2 per la presenza di metemoglobina (Fig. 2).
Cavernomi diagnosticati a distanza da episodi
emorragici assumono un aspetto reticolare , con aree di
trombosi e di emorragia (segnale misto iper ed
ipointenso) circondate da zone di gliosi e da depositi di
emosiderina
(alone
ipointenso
in
tutte
le
sequenze).Lesioni che non hanno mai dato vita ad
emorragie sono difficilmente visibili sia nelle immagini
T1 che T2 mentre appaiono riconoscibili nelle
sequenze gradient-echo, come aree puntiformi
ipointense. L'utilit della angiografia digitale nel protocollo diagnostico degli angiomi cavernosi
attualmente discutibile. Di fatto le uniche immagini indicative riguardano la fase venosa, con il
frequente reperto di un angioma venoso satellite alla lesione; per il resto l'aspetto quello comune a
qualsiasi massa avascolare. Data anche l'invasivit di questo esame la diagnosi differenziale pu
essere coadiuvata dalle sequenze angio della Risonanza Magnetica, in grado di documentare apporti
arteriosi consistenti e pertanto di distinguere i cavernomi da altre malformazioni vascolari. La
rimozione chirurgica degli angiomi cavernosi indicata in tutti i pazienti in cui la lesione sia
sintomatica. Nei pazienti in cui la diagnosi sia stata incidentale, si dovranno mettere in bilancio il
rischio di sanguinamento annuo, che per i cavernomi dello 0.7-1.1% , con la sede della lesione e le
possibilit di danni secondari delle strutture cerebrali adiacenti.
La maggiore tendenza al sanguinamento di queste malformazioni in et pediatrica amplifica le
indicazioni terapeutiche; questo orientamento riguarda anche cavernomi in sedi anatomicamente a
rischio come il tronco dell'encefalo, in cui la possibilit di emorragie superiore rispetto ad altre
localizzazioni, ma soprattutto correlato ad una pi elevata morbidit . La radiochirurgia stata
proposta negli ultimi dieci anni come terapia alternativa all'intervento chirurgico per lesioni pi
complesse da rimuovere chirurgicamente. I risultati al momento sono deludenti: 1) non vi alcun
effetto protettivo nei confronti di episodi emorragici nel corso dei 2 anni necessari perch il
89

trattamento sia efficace; 2) la possibilit di successo in termini di riduzione in dimensioni della


malformazione vascolare ridotta (15-50%).
Fistole arterovenose durali
Le fistole arterovenose durali (FAVD) sono malformazioni vascolari costituite da shunts
arterovenosi all'interno della dura madre, con afferenze esclusivamente da rami meningei della
carotide esterna, interna e delle arterie vertebrali. Accanto all'apporto arterioso si distinguono dalle
MAV cerebrali per essere localizzate in sede extraparenchimale. Complessivamente costituiscono il
10-15% di tutte le malformazioni arterovenose intracraniche. Differenti fattori possono intervenire
nella patogenesi , da traumatismi cranici ad interventi chirurgici extra o intracranici, con un
meccanismo comune rappresentato dalla trombosi di un seno venoso durale; tuttavia, la diagnosi ,
peraltro rara , nei primi anni di vita fa presupporre che, almeno in alcuni casi vi siano alla base
anomalie nella regressione del complesso circolo embrionale intracranico. La classificazione
tuttora pi seguita delle FAVD quella proposta da Djindian e Merland nel 1978 e modificata da
Cognard nel 1993, che distingue le FAVD in base al tipo di drenaggio venoso (Tab. 3)
Tipo I
Tipo II

Il drenaggio venoso avviene all'interno del seno venoso


in cui situata la FAVD.
Il drenaggio venoso avviene all'interno del seno venoso
in cui situata la FAVD, ma con reflusso in un altro
seno durale (Tipo IIA) o in una vena corticale (Tipo
IIB).

Tipo III

Il drenaggio venoso avviene direttamente in una vena


corticale che a sua volta termina in un seno venoso
durale

Tipo IV

Il drenaggio venoso avviene all'interno di una vena


corticale ectasica
Il drenaggio venoso si effettua attraverso le vene
perimidollari.

Tipo V

Tab. 3 : Classificazione delle FAVD secondo Cognard.


La sintomatologia di esordio clinico varia a seconda del tipo di FAVD. Le FAVD di tipo I hanno
una evoluzione benigna e si manifestano generalmente con un soffio intracranico , talvolta associato
a cefalea o ad un senso di tensione retroauricolare. In alcuni casi sono totalmente asintomatiche. Il
soffio, sisto-diastolico pu essere ascoltato in sede retroauricolare e generalmente si riduce di
intensit dopo compressione manuale della carotide al collo o del decorso cervicale della arteria
occipitale. Le FAVD di tipo IIA si manifestano pi comunemente con sintomi da ipertensione
endocranica.; quelle di tipo IIB con sintomi focali o crisi comiziali; il 10% delle FAVD di tipo II si
manifesta con un episodio emorragico. L'incidenza di episodi emorragici aumenta progressivamente
nelle FAVD di tipo III (33%) e IV (70%). Le FAVD di tipo V, localizzate in prossimit del forame
magno possono evidenziarsi con sintomi da compressione del parenchima bulbare. La TC e la RM
documentano chiaramente , nei casi in cui sia presente, la trombosi dei seni venosi coinvolti
(marcata iperdensit alla TC senza m.d.c.; iperintensit di base e scomparsa del segnale di "vuoto da
flusso" nelle immagini T1 della RM). Possono inoltre documentarsi segni di sofferenza ischemica
del parenchima cerebrale circostante (caratteristico segnale iperintenso in T2) e chiaramente i
90

quadri di emorragia. L'ecodoppler carotideo e vertebrale , utili soprattutto nell'osservazione


longitudinale del paziente, dimostrano il punto dove maggiore l'aumento di flusso, suggerendo
cos la sede della fistola. La conferma diagnostica avviene comunque attraverso l'angiografia
digitale, con studio selettivo delle due arterie carotidi esterne ed interne e delle arterie vertebrali. Il
trattamento delle FAVD deve essere modellato sul tipo di malformazione vascolare e sulla
sintomatologia correlata.
Nel caso di FAVD che non presentino un drenaggio venoso corticale (tipo I e IIA), visto lo scarso
rischio emorragico ci si pu astenere da qualsiasi trattamento, o l dove il soffio sisto-diastolico sia
particolarmente fastidioso o vi siano segni di ipertensione endocranica, proporre la compressione
manuale delle carotidi al collo da parte del medesimo paziente (procedura associata ad una discreta
percentuale di successo nelle FAVD di tipo I) o la embolizzazione per via arteriosa della FAVD (di
facile eseguibilit, ripetibile e con elevata possibilit di risoluzione clinica). Le FAVD che
presentino
un
drenaggio
venoso
corticale
(IIB,
III,
IV)
o
perimidollare
(V) devono essere escluse in maniera completa, per l'elevato rischio di episodi emorragici. Per
quanto la modalit di trattamento elettiva sia quella endovascolare (per via arteriosa, venosa o
combinata), in casi complessi pu rendersi necessario un approccio multidisciplinare, valutando le
possibilit di un intervento chirurgico diretto e della radiochirurgia.
Malformazioni arterovenose della regione della vena di Galeno
Con il termine di malformazioni arterovenose della regione della vena di Galeno (MAVG) viene
descritto un gruppo eterogeneo di malformazioni arterovenose localizzate sulla linea mediana in
vicinanza dello splenio del corpo calloso , che hanno come efferenza terminale la vena di Galeno. Si
distinguono dalle FAVD e dalle MAV parenchimali per la loro localizzazione subaracnoidea.
Complessivamente rare , le MAVG sono le malformazioni vascolari pi frequentemente
diagnosticate in epoca prenatale , nei neonati e nei primi anni di vita. Yasargil le suddivide in 4 tipi
(Tab. 4).
Tipo I

Tipo II
Tipo III
Tipo IV

E' una fistola arterovenosa diretta fra rami distali della arteria
cerebrale anteriore (ACA), e/o della arteria cerebrale
posteriore (ACP) e la vena di Galeno (VG) (in passato erano
definite come "aneurismi della vena di Galeno")
E' una fistola arterovenosa fra arterie perforanti talamiche di
provenienza dala arteria basilare o dal segmento prossimale
della ACP e la VG
Sono forme miste che comprendono sia afferenze distali di
ACA e ACP che afferenze da rami perforanti.
Anche dette MAV plessiformi, in cui presente un "nidus"
angiomatoso intraparenchimale (IV-A) o cisternale (IV-B)
nella regione del mesencefalo o del talamo. Il drenaggio
venoso diretto nelle vene cerebrali interne e/o basilari, con
efferenza terminale nella VG.
Tab. 4: Classificazione delle MAVG secondo Yasargil

L'esordio clinico varia a seconda dell'et del paziente. Nei neonati, data la elevata velocit di flusso
della MAV sono frequenti le manifestazioni sistemiche, legate all'iperafflusso cardiaco ed alla
conseguente cardiopatia congestizia. Gravi sono i segni di sofferenza ischemica cerebrale. In questi
casi va intrapresa una terapia medica aggressiva a base di farmaci diuretici (furosemide 2-4 mg./Kg
/die) e inotropi (digossina : 30 mg./Kg. come dose di attacco seguita da 10 mg./Kg./die);
91

ciononostante la prognosi spesso sfavorevole. L'exitus (20%) avviene per scompenso cardiaco o
compromissione multisistemica (i.e. associazione fra cardiopatia congestizia e scompenso del
circolo epatorenale).
In bambini con pi I mese di vita invece la diagnosi avviene generalmente per l'evidenza di una
progressiva dilatazione del sistema ventricolare. In passato si riteneva che l'idrocefalo fosse
conseguente ad una stenosi dell'acquedotto di Silvio determinata dalla sede anatomica della MAV.
Attualmente documentata la perviet dell'acquedotto pressocch in tutti i casi e l'ipotesi pi
probabile quella che sia l'ipertensione venosa a determinare uno squilibrio della idrodinamica
cerebrale, cui contribuisce l'immaturit dei sistemi aracnoidali di riassorbimento liquorale.
Deficit focali , crisi comiziali o sintomi di ipertensione endocranica caratterizzano l'esordio in
pazienti al di sopra del I anno. Le indagini diagnostiche dimostrano lo sviluppo di circoli di
compenso e i segni della sofferenza cronica del parenchima cerebrale (calcificazioni, focolai
ischemici). Anche con le moderne tecniche microchirurgiche, la esclusione e rimozione diretta delle
MAVG sono gravate da una elevata mortalit (40%). Attualmente il trattamento di elezione
rappresentato da embolizzazioni multiple per via arteriosa, procedure che presentano una mortalit
contenuta (15%) ed una elevata possibilit di successo terapeutico (60 80% di esclusione completa
delle MAVG). Nei casi di esclusione subtotale il completamento della embolizzazione pu essere
effettuato gradualmente per via venosa.
Sindrome di Moyamoya
La sindrome di Moyamoya una affezione cerebrovascolare ischemica che si caratterizza per la
progressiva trombosi delle arterie carotidi interne intracraniche e del circolo di Willis. Vasi a
partenza dalla carotide interna a monte della stenosi danno origine ad un circolo arterioso di
compenso per le aree ischemiche. L'incidenza pi elevata di questa patologia riscontrata nella
popolazione giapponese (1/1000.000). Il 7-12% dei casi familiare. La frequente associazione con
anomalie congenite dell'apparato cardiocircolatorio ed urogenitale fa pensare ad un' origine
congenita della malattia; tuttavia il riscontro in pazienti sottoposti a radioterapia o soggetti
a malattie infettive ricorrenti depone per un contributo patogenetico ambientale. L'80% dei bambini
affetti dalla sindrome di Moyamoya presenta sintomi legati ad una sofferenza ischemica cerebrale.
Le manifestazioni cliniche possono essere transitorie (tipo TIA o RIND) o permanenti e sono
accentuate da fasi di pianto, sforzi, iperventilazione (riduzione dell `apporto ematico cerebrale).
Alla TC senza m.d.c. sono evidenti aree di sofferenza multiple con "enhancement" girale dopo
iniezione di contrasto. Le immagini RM pi caratteristiche sono quelle relative alla riduzione del
segnale di vuoto da flusso a livello delle carotidi interne e delle arterie cerebrali medie. Un
corrispettivo aumento della ipointensit vascolare in T1 visibile in sede talamica e dei
gangli della base. Il completamento dell'esame con sequenze angio RM consente di porre la
diagnosi con una specificit pari a circa il 90%. In pazienti paucisintomatici utile la
somministrazione di aspirina o di altri farmaci che riducono l'aggregazione piastrinica, cos come la
assunzione di farmaci calcio-antagonisti. Nei pazienti soggetti a ripetuti episodi ischemici indicato
il trattamento chirurgico che consiste nella rivascolarizzazione delle aree cerebrali sofferenti.
Diversi interventi sono stati proposti , dal by-pass extra-intracranico alla encefalomiosinangiosi
(posizionamento del muscolo temporale come sorgente di rivascolarizzazione a diretto contatto con
la superficie cerebrale) alla encefaloduroarteriosinangiosi (sutura della arteria temporale
superficiale, con un lembo di galea in corrispondenza di una incisione lineare della dura
madre). I risultati in termini di controllo clinico e rivascolarizzazione distale sono sovrapponibili
con miglioramento dei sintomi in oltre l'80% dei pazienti.

92

Suggested readings
1. Choux M, Di Rocco C, Hockley A, Walker M. Pediatric Neurosurgery, Section 7: Vascular
lesions, epilepsy and functional surgery;
Churchil Livingstone ed. (London), 1999, pp. 653-715.
2. Levene MI, de Vries LS. Neonatal intracranial hemorrhage. In . Levene MI, Lilford RJ, Bennett
MJ, Punt J. Eds. Fetal and Neonatal
Neurology and Neurosurgery. Edinburgh: Livingstone, 1995: pp. 335-366.
3. Nakamura Y, Okudera T, Fukuda S, Hashimoto T. Germinal matrix hemorrhage of venous origin
in preterm neonates. Hum Pathol
1990; 21:1059-62
4. Lowe J, Papile LA Neurodevelopmental performance of very low-birth weight infants with mild
periventricular, intraventricular
hemorrhage. Am J Dis Child 1990; 144: 1242-45.
5. Di Rocco C, Tamburrini G, Rolo M. Cerebral arteriovenous malformations in children. Acta
Neurochir 2000; 142: 145-158.
6. Humphreys RP, Hoffman HJ, Drake JM, Rutka JT. Choices in the 1990s for the management of
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7. Lasjaunias P , Hui F, Zerah M et al. Cerebral arteriovenous malformations in children.
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9. Altschuller EM, Lunsford LD, Coffey RJ et al. Gamma knife radiosurgery for intracranial
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10. Di Rocco C, Iannelli A, Tamburrini G. Cavernomas of the central nervous system in children.
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11. Di Rocco C, Iannelli A, Tamburrini G. Cavernous angiomas of the brain stem in children.
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12. Robinson JR, Awad I, Little JR. Natural history of the cavernous angioma. J Neurosurg 1991;
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13. Dubowski J, Zabramski JM, Kurth J et al. A gene responsible for cavernous malformations of
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In : Schmideck HH, Sweet WH eds.:Operative Neurosurgical Techniques. 3rd edition .
Philadelphia: WB Saunders, 1995: pp 667694.
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19. Yonekawa Y, Goto Y, Ogata N. Moyamoya disease : diagnosis , treatment and recent
achievement. In : Barnett H, ed. Stroke:
Patophysiology, Diagnosis and Management, 2nd ed. Churchil Livingstone, 1992; 722.
Parole chiave:
Emorragia della matrice germinale; Emorragia cerebrale del pretermine; Malformazioni
arterovenose cerebrali; Angiomi cavernosi; Fistole arterovenose durali; Malformazioni arterovenose
della vena di Galeno; Sindrome di Moya-Moya.

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Craniostenosi

Prof. C. Di Rocco
ANOMALIE DI CONFORMAZIONE DEL CRANIO

Le anomalie di conformazione del cranio costituiscono un gruppo eterogeneo di condizioni


patologiche la cui causa principale pu essere ritrovata in un insufficiente sviluppo della massa
cerebrale(microcefalia, encefaloceli, cisti porencefaliche), in una ridotta pressione liquorale
(craniostenosi secondaria da eccessivo drenaggio del LCS in bambini operati per idrocefalo) o in
una precoce chiusura delle suture craniche (craniostenosi). Eccezionalmente, l'eziologia pu essere
meccanica, ad esempio, le deformazioni craniche indotte dall'applicazione di una forza compressiva
esterna, vedi: le deformazioni craniche delle popolazioni precolombiane.
Una corteccia cerebrale assottigliata, soprattutto per ipoplasia degli strati 2 e 3, risultante in
un encefalo di volume marcatamente ridotto, nonostante l'apparente preservazione dei nuclei della
base e del cervelletto, caratterizza la microcefalia vera, una condizione autosomica recessiva la cui
incidenza varia da 0.4 a 4 per 100.000 nascite. Oltre alle anomalie genetiche, ritrovabili nelle forme
familiari, vari fattori prenatali sono stati ipotizzati nella sua genesi, in particolare infezioni,
ischemie cerebrali, varie alterazioni metaboliche, protratti stati di denutrizione. Nei primi tre mesi di
vita, lo sviluppo neurologico pu sembrare normale e la diagnosi deve allora basarsi solo sulla
tipica riduzione di volume del neurocranio, sull'ispessimento marcato della volta ed in alcuni casi
sull'impianto basso dei padiglioni auricolari e sulla presenza di plicature cutanee dovute ad uno
scalpo in eccesso. Il ritardo mentale diviene evidente dopo il primo trimestre di vita.
L'incidenza globale delle craniostenosi stata calcolata intorno all'1 su 2.500
nascite.Schematicamente si distinguono le craniostenosi semplici o primarie, nelle quali la fusione
precoce di una o pi suture craniche un fenomeno che si presenta in forma isolata in un bambino
altrimenti normale, dalle craniostenosi complesse o secondarie, in cui l'anomalia dello sviluppo
cranico parte di sindromi malformative o dipende da fattori metabolici, embriologici,
endocrinologici e teratogenici.
La fisiopatogenesi delle craniostenosi ancora sconosciuta. Nella pratica clinica si tratta di
un doppio problema: la dismorfia cranica, che ne costituisce l'aspetto pi vistoso, e la possibile
sproporzione tra volume cranico e volume encefalico, che pu determinare, qualora non
precocemente corretta, un'alterazione dello sviluppo mentale e della funzione visiva.
Alcune decine di alterazioni cromosomiche sono state gi descritte e nuove alterazioni vengono via
via riconosciute soprattutto nelle forme sindromiche; tuttavia anche disordini mendeliani
monogenici sono stati individuati alla base sia delle craniostenosi semplici che di quelle complesse.
Le forme semplici sono quasi sempre sporadiche. Nelle forme familiari, il tipo di trasmissione pi
frequentemente dominante; nei vari membri familiari affetti l'espressione clinica pu essere diversa,
con varie suture interessate.
Un ruolo particolare nella genesi delle craniostenosi esercitato da alterazioni dei recettori
del fattore di crescita per i fibroblasti (FGFR); si tratta di una famiglia di almeno 9 proteine che si
legano a recettori di membrana del tipo tirosinasi. Nell'uomo sono stati individuati almeno 4
recettori: FGFR 1,2,3 e 4, i primi due dei quali espressi dalle cellule del blastema pre-cartilagineo
delle vertebre, della base del cranio, delle ossa lunghe e della mandibola.

95

Craniostenosi

Prof. C. Di Rocco

Forme non sindromiche (semplici o primarie)


Le forme non sindromiche , le cosiddette craniostenosi semplici o primarie sono
caratterizzateessenzialmente dall'"assenza" di una o pi suture della volta cranica e da una
deformazione cranica conseguente al diminuito sviluppo della teca ossea perpendicolarmente alla
sutura precocemente fusa ed all'accentuata crescita lungo l'asse della sutura stessa. Le pi comuni
classificazioni si basano appunto sulla sutura interessata e/o sul tipo di deformazione cranica
risultante.
Craniostenosi sagittale (scafocefalia):
la forma pi frequente di craniostenosi (circa la met dei casi) caratterizzata da un cranio
allungato e ristretto nel diametro trasverso ("a forma di barca"), con fronte bombata e marcata
protuberanza occipitale per precoce fusione della sutura sagittale. Sono state descritte forme
familiari (ma solo nel 2% dei casi). La predominanza per il sesso maschile netta.

La crescita compensatoria del cranio avviene a livello delle suture coronariche e lambdoidee. L'accentuazione
delle vene dello scalpo e il ristagno di LCS in regione frontale e occipitale rivelano l'alterata dinamica liquorale.

96

Immagini pre-operatorie e modificazioni post-operatorie. Da notare l'aumento del diametro trasverso del cranio.

La precoce fusione di una sutura coronarica determina una


riduzione omolaterale della fossa cranica anteriore ed un
variabile grado di scoliosi della base cranica e dello scheletro
facciale. L'anomala posizione del capo dovuta alla
malformazione crociata dei condili occipitali e delle masse laterali
dell'atlante. La correzione chirurgica (avanzamento frontoorbitario) corregge il difetto cosmetico ed solo in parte quello
funzionale.

Craniostenosi coronaria uni o


bilaterale (plagiocefalia anteriore,
brachicefalia):
la fusione precoce di una sutura
coronarica, che determina un
appiattimento con ipoplasia di una
met dell'osso frontale, una
diminuita profondit dell'orbita
corrispondente, uno spostamento
anteriore del padiglione auricolare
omolaterale ed una deviazione
controlaterale della piramide nasale
riscontrata in circa un quarto dei
casi di craniostenosi. I disturbi
funzionali principali sono a carico
della vista (strabismo), della
masticazione (per asimmetria del
mascellare e della mandibola) e
della posizione del capo (torcicollo,
per asimmetria della giunzione
craniovertebrale).
La forma bilaterale caratterizzata
dall'assenza dei disturbi funzionali
appena descritti, ma da un
rischio di ritardo mentale (specie
nel sesso femminile) e di diminuita
acuit visiva da compressione
delle strutture nervose secondaria
alla marcata ipoplasia della fossa
cranica anteriore. Nella forma
bilaterale, il diametro anteroposteriore
del
cranio

97

marcatamente ridotto, con crescita compensatoria laterale o verticale (acrobrachicefalia) in


direzione delle regioni di minore resistenza (fontanella anteriore, regione pterionale).

La fusione precoce di entrambe le suture coronariche determina una marcata riduzione del diametro anteroposteriore del cranio, compensato da un abnorme aumento di quello trasverso e da una cescita verticale del
cranio. La correzione chirurgica consiste in un avanzamento e modificazione di forma dei margini sovraorbitari
e dell'osso frontale

Craniostenosi metopica (trigonocefalia):


la chiusura precoce della sutura metopica che unisce i due emifrontali, E' un fenomeno che avviene
nelle prime fasi dell'embriogenesi e perci questo tipo di craniostenosi gi riconoscibile alla
nascita. Il sesso maschile interessato due volte pi di quello femminile. Il cranio
caratteristicamente deformato a triangolo, quando visto dall'alto, per una prominente (cresta) ossea
mediana, lungo la sutura metopica, e un'ipoplasia con retrocessione dei due emifrontali.
Le orbite sono appiattite con possibile esoftalmo secondario e anormalmente vicine (ipotelorismo).
E' frequente una plicatura mediale delle palpebre, tipo orientale (epicanto, plica mongolica). Anche
se in molti casi, la condizione isolata, un numero discreto di bambini presentano anomalie
associate della linea mediana (malformazioni cardiache, encefaloceli, alterazioni dei genitali esterni,
ano imperforato), che possono a volte configurare quadri sindromici specifici (ad esempio,
sindrome di Christian, tipo II).

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La fusione precoce della sutura metopica determina una riduzione di volume dalla fossa cranica anteriore, un
ipotelorismo, una deviazione verso l'altro delle rime orbitali ed una caratteristica cresta ossea lungo la sutura
metopica. Il compenso del ridotto volume cranico pu venire a livello dei parietali con aumento del diametro
trasverso del cranio o grazie ad un aumento verticale del cranio. La correzione chirurgica (rimozione,
rimodellamento e riapposizione pi avanzata dell'opercolo frontale) permette gi nell'immediata fase postoperatoria la normalizzazione volumetrica della fossa cranica anteriore e delle anomalie cosmetiche.

Craniostenosi lambdoidea (plagiocefalia posteriore, brachicefalia) :


la chiusura precoce delle suture lambdoidee un evento estremamente raro, osservato in meno del
2% delle craniostenosi. Nella grandissima maggioranza dei casi un appiattimento unilaterale
posteriore del cranio plagiocefalia posteriore - dipende da una deformazione meccanica del
cranio, estremamente plastico nei primi mesi di vita, secondaria al decubito supino durante il sonno.
A conferma di ci sta l'aumento in incidenza di questo tipo di craniostenosi registrato negli ultimi
anni in tutto il mondo a seguito delle raccomandazioni dei pediatri a favorire la posizione supina a
quella prona durante il sonno per diminuire il rischio della morte improvvisa in culla. La
plagiocefalia posteriore da decubito risponde favorevolmente a misure fisiche (modifica di
posizione nel sonno, esercizi di stiramento e rotazione del capo), richiedendo una correzione
chirurgica solo in casi particolarmente severi.

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Deformazione da posizione dell'osso occipitale(plagiocefalia posteriore posizionale) suscettibile di correzione con


la semplice applicazione di un elmetto compressivo sull'occipitale controlaterale, con uso di opportuna
fisioterapia e evitando il decubito sul lato appiattito.

Craniostenosi multipla (ossicefalia):


rara nel nostro Paese e relativamente frequente nei paesi del Nord-Africa, la fusione precoce delle
suture coronariche e lambdoidee associata ad una riduzione del diametro traverso del cranio, da
diminuita funzione della sutura sagittale, e ad una crescita compensatoria in direzione della
fontanella bregmatica una craniostenosi ad insorgenza relativamente tardiva (2-3 anno di vita).
Per questa caratteristica e per la combinazione di pi suture nel processo di chiusura precoce, da
molti Autori l'ossicefalia considerata l'evoluzione di una craniostenosi semplice mono o bisuturale
non adeguatamente trattata. Il rischio di compromissione mentale e visiva alto.

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Craniostenosi

Prof. C. Di Rocco

Forme sindromiche
L'associazione di malformazioni del cranio, dello scheletro facciale e, in casi specifici, delle ossa
degli arti relativamente frequente, configurando quadri sindromici ben codificati. Tra questi, i pi
noti sono la sindrome di Crouzon, di Apert, di Pleiffer e di Saethre-Chotzen.
Sindrome di Crouzon:
deriva dall'associazione di un craniostenosi e di una ipoplasia facciale. La craniostenosi di tipo
variabile, spesso non definita nei primi mesi di vita, anche se l'interessamento bilaterale della sutura
coronale l'evenienza pi frequente. In genere, la condizione ben riconoscibile verso il 2 anno di
vita e tende poi ad aggravarsi progressivamente. Le alterazioni morfologiche della faccia sono ben
definite: ipertelorismo, esorbitismo (da posizione arretrata del margine sovraorbitario, che pu
essere concavo in avanti, e di quello sottoorbitario, da ipoplasia del 1/3 medio della faccia),
inversione del morso dentario per prognatismo relativo della mandibola, palato ogivale, radice del
naso appiattita con stenosi delle coane secondarie. A livello cerebrale, comune esperienza il
riscontro di una dilatazione ventricolare e di una malformazione di Chiari, tipo I da ipoplasia della
fossa cranica posteriore. La trasmissione di tipo autosomico dominante, anche se le forme
sporadiche rappresentano il 50% dei casi. La penetranza alta, ma con espressione variabile. La
frequenza valutata tra 1/25.000 e 1/65.000 nascite. Le alterazioni generiche pi comuni riguardano
gli esoni IIIa e IIIc del gene FGFR2.

Sindrome di Crouzon: caratteristiche alterazioni facciali (ipo-orbitismo con esoftalmo, naso a becco di
pappagallo, prognatismo, retrusione del terzo medio del viso) e craniche (displasia della teca con craniolacunie e
creste ossee intracorticali, acrocefalia, riduzione del diametro sagittale della base). L'ipoplasia della fossa cranica
posteriore determina un'anomale posizione bassa delle tonsille cerebellari malformazioni di Chiari tipo I- ed
esercita un ruolo patogenetico nel concomitante idrocefalo

Sindrome di Apert.:
simile alla precedente, comporta oltre alle malformazioni cranio facciali una sindattilia di tipo
membranoso delle 4 estremit, che ne permette il riconoscimento gi alla nascita. La fusione
precoce delle suture coronariche l'elemento pi evidente, associato alla nascita alla
persistenza di una fontanella bregmatica molto ampia verso la quale si dirige la crescita
compensatoria del cranio, giustificando la definizione di acrocefalo-sindattilia. Il mascellare
ipoplasico, con un naso a becco e prognatismo relativo, presente ipertelorbitismo con protusione,
101

anche marcato dei globi oculari. L'idrocefalo associato comune, con ampi spazi subaracnoidei;
una discreta percentuale dei soggetti affetti presenta ritardo mentale moderato. La maggior parte dei
casi di tipo sporadico, anche se possibile una trasmissione di tipo autosomico dominante. La
frequenza intorno a 1/65.000 nascite. Le mutazioni pi frequenti sono state descritte su l'esone IIIa
del gene FGFR2.

Sindrome di Apert: sindattilia, acrocefalia, iporbitismo, rimeoculari deviate,anomalie nasali,importante


retrocessione del terzomedio della faccia eloro parziale regressione dopo correzione chirurgica.

Sindrome di Saethre-Chotzen:
caratterizzata anch'essa da una craniostenosi variabile, che pu interessare tutte le suture, con
prevalenza per di quella bicoronarica, risultante in un frontale ed in una radice nasale appiattiti.
Tipiche malformazioni associate sono l'impianto basso dei capelli, l'ipertelorismo con ptosi
palpebrale, anomalie dei padiglioni auricolari (orecchie piccole, rotonde con crux cymbae), le mani
corte con pollice largo (a volte duplicato) ma non deviato, la frequente sindattilia membranosa fra il
2 e 3 dito della mano e del piede. L'alluce di dimensioni maggiori del normale, con
deformazione valga. La trasmissione di tipo autosomico dominante. Il gene non ancora stato
identificato, anche se noto che l'alterazione genetica a carico del cromosoma 7 (7 p 21).
Sindrome di Pleiffer:
associa una brachicefalia, da precoce fusione delle suture
coronariche a sindattilia membranosa delle mani e dei piedi.
La diagnosi permessa dal riconoscimento di un
pollice e di un alluce marcatamente ingranditi e deviati verso
l'interno.
Nelle forme pi gravi, come del resto pu avvenire, anche se
meno frequentemente nelle sindromi di Crouzon e Apert, la
deformazione del cranio assume il carattere "a trifoglio" per
la crescita compensatoria del cranio in direzione verticale
verso la fontanella anteriore e laterale in direzione delle
fontanelle bregmatiche. Si tratta per lo pi di pazienti con
mutazione del gene FGFR2.L'idrocefalo frequente per la
Sindrome di Pfeiffer: cranio a
combinazione delle alterazioni ossee e di associate anomalie trifoglio
del circolo venoso posteriore, una combinazione di anomalie
che in alcuni casi possono determinare l'exitus precoce, specialmente in bambini con concomitante
marcate ipoplasia della faccia e delle vie respiratorie. La trasmissione del tipo autosomico
dominante, ma la maggior parte dei casi sono sporadici. L'alterazione genetica a carico del
102

cromosoma 8 (8p, dove si situa il gene FGFR1) o 10 (10p, esone IIIc, mutazione del FGFR2, come
nella Crouzon).

Sindrome di Pfeiffer tipo II: deformazione a trifoglio del cranio, iporbitismo con esoftalmo, eviazione dei globi
oculari e secondaria chemosi congiuntivale. Riduzione delle anomalie cosmetiche e funzionali dopo correzione
chirurgica.

Diagnosi e trattamento
La diagnosi delle craniostenosi essenzialmente clinica, basata sulla caratteristica morfologia delle
varie forme, quasi sempre gi riconoscibili alla nascita o nei primi mesi di vita. La diagnosi
differenziale soprattutto con le deformit craniche da posizione o da parto, queste ultime tendenti
alla scomparsa spontanea intorno al 4 mese di vita. Gli studi neuroradiologici sono indirizzati
soprattutto all'individuazione delle malformazioni associate, cerebrali e vascolari, e alla
pianificazione della correzione chirurgica. Nelle forme semplici il trattamento chirurgico si
identifica nella decompressione cranica, attraverso craniectomie lineari o craniotomie e nella ridirezione dei vettori di crescita, attraverso trasposizione dei vari opercoli ossei. Nelle forme
complesse, oltre a questo tipo di procedura, saranno richiesti interventi di tipo maxillo-facciale
opportunamente spaziati nel corso degli anni in relazione alle caratteristiche della crescita facciale.
Letture consigliate:
C. Di Rocco: Surgical management of craniosynostosis and craniofacial deformities. In H H
Schmidek (Editor): OPERATIVE NEUROSURGICAL TECHNIQUES, IV Edition, WB Saunders
Co, Philadelphia, 2000, pp.119-135
C.Di Rocco, F.Velardi: Syndromic craniofacial malformations. In American Society of Pediatric
Neurosurgeons: PEDIATRIC NEUROSURGERY, IV Edition, WB Saunders Co, Philadelphia,
2001, pp. 378-395

103

NEOPLASIE DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE IN ET PEDIATRICA


G. Tamburrini, C. Di Rocco
Unit Operativa di Neurochirurgia Infantile, Universit Cattolica del Sacro Cuore, Roma

INTRODUZIONE
Per quanto le caratteristiche istopatologiche delle neoplasie del Sistema Nervoso Centrale (SNC)
del bambino siano simili a quelle riscontrate in et adulta, l'incidenza delle varie forme neoplastiche
si differenzia ampiamente. I tumori del SNC dell'adulto pi frequenti sono l'astrocitoma anaplastico,
il glioblastoma, i meningiomi, le metastasi, i tumori ipofisari. Nei bambini gli astrocitomi tendono
ad essere istologicamente e biologicamente benigni, i meningiomi e gli adenomi sono rari, le
metastasi sporadiche. Contemporaneamente vi un numero considerevole di lesioni eteroformative,
comuni in et pediatrica e pressocch sconosciute negli adulti.
Un'altra differenza sostanziale riguarda la distribuzione anatomica delle neoplasie. Gli emisferi
cerebrali sono la sede preferenziale in et adulta, l dove il cervelletto e gli emisferi cerebrali
vengono interessati rispettivamente in circa un terzo dei casi in et pediatrica.
Classificazione
Numerosi sono i problemi di identificazione delle neoplasie cerebrali, particolarmente frequenti in
et pediatrica per il continuo evidenziarsi di nuove forme lesionali. Il modello di classificazione
istologica che verr seguito quello della World Health Organization (WHO). Questo sistema ,
unico per pazienti di tutte le et , definisce i tumori in base al tipo di cellule che prevalgono al suo
interno. Per quanto con dei limiti ( i.e impossibilit di assimilare neoplasie costituite da cellule
immature), rimane la classificazione dei tumori cerebrali pi completa a nostra disposizione ed
accettata a livello internazionale.
Abbiamo inoltre scelto di suddividere topograficamente le neoplasie del SNC trattate, per
l'influenza determinante che ha la sede anatomica sulle indicazioni terapeutiche.
Neoplasie della fossa cranica posteriore
Astrocitomi cerebellari
Gli astrocitomi cerebellari sono fra le neoplasie del SNC pi frequenti in et pediatrica.
Complessivamente rappresentano il 5-6% di tutti i gliomi, il 20% di tutte le neoplasie cerebrali ed il
30-40% dei tumori della fossa cranica posteriore del bambino. La massima incidenza di
manifestazione fra i 6 ed i 9 anni di vita. Distinguiamo: astrocitomi pilocitici (75%); astrocitomi
fibrillari (o diffusi: 15%) ed astrocitomi anaplastici (0.7-9.9%).
La maggior parte dei pazienti si presenta alla osservazione clinica con una lunga storia di episodi di
cefalea, vomito, alternati ad intervalli variabili di relativo benessere. Il quadro clinico pu essere
occasionalmente mascherato da eventi intercorrenti come traumi cranici di modesta entit o stati
febbrili. Spesso questi bambini sono valutati inizialmente da gastroenterologi per il vomito o da
neurologi e neuropsicologi per una incoordinazione nei movimenti e disturbi comportamentali.
Le manifestazioni cliniche degli astrocitomi cerebellari possono rimanere sfumate in molti casi,
nonostante il cospicuo idrocefalo che spesso si associa e le dimensioni considerevoli della
neoplasia, a causa della lenta crescita di questo tipo di tumori che consente lo stabilirsi di
meccanismi di compenso. All'esame obiettivo i bambini pi piccoli, che pi frequentemente hanno
neoplasie vermiane, presentano comunemente disturbi della deambulazione ; i soggetti pi grandi
viceversa manifestano disturbi cerebellari pi sfumati quali atassia del tronco, instabilit nella
stazione eretta, tremori ed incoordinazione degli arti superiori ed inferiori. All'esame del fondo
104

dell'occhio una papilla ottica a margini sfumati o un franco papilledema si osservano nell'80% dei
pazienti. Altri segni clinici relativamente frequenti sono: la diplopia da deficit del VI n.c. (20%), la
disartria, il nistagmo, acufeni ed ipoacusia, deficit degli ultimi nervi cranici, un atteggiamento
antalgico del collo . Segni piramidali od una ipostenia ai quattro arti sono invece infrequenti e
dovrebbero far pensare in prima ipotesi ad un coinvolgimento o ad una origine della lesione dal
tronco encefalico.
TC ed RM hanno una significativa specificit e consentono di porre correttamente il sospetto
diagnostico nella maggior parte dei casi.
Le forme pilocitiche possono presentarsi come: a) neoplasie cistiche con un nodulo murale solido;
b) tumori prevalentemente solidi e c) tumori "falsamente cistici", in cui la parete costituita da
cellule neoplastiche. La parte cistica del tumore appare ipodensa rispetto al tessuto cerebellare alla
TC ed ipointensa nelle immagini T1 alla RM; la parete assume contrasto nel caso in cui sia di natura
neoplastica (tumori "falsamente cistici"). Pi costante l'enhancement del nodulo murale,
generalmente localizzato in sede periferica. Le forme solide hanno segnale pi eterogeneo con
microcisti ed aree di necrosi tumorale. I margini della lesione appaiono irregolari con diffusa
impregnazione della componente cellulare dopo contrasto. All'intervento gli astrocitomi pilocitici si
presentano circoscritti e ben demarcati dal tessuto cerebellare sano. La componente nodulare
friabile ma facilmente sanguinante; il fluido cistico e di colorito giallognolo o brunastro per l'alto
contenuto proteico. Istologicamente prevalgono cellule monopolari o bipolari allungate i cui
processi si addensano in fasci perivascolari. Si alternano astrociti fibrillari con mitosi rare o assenti.
Tipiche sono le fibre di Rosenthal , corpi eosinofili granulari che corrispondono all'accumulo di
materiale proteinaceo all'interno dei processi cellulari.
Astrocitomi fibrillari.
Gli astrocitomi fibrillari sono diffusamente ipodensi alla TC (ipointensi in T1 alla RM) e si
distinguono per la pressocch totale assenza di "enhancement", presente in maniera irregolare solo
nelle forme anaplastiche. Hanno maggiore tendenza ad infiltrare il parenchima cerebellare; di
aspetto compatto e relativamente avascolare. mostrano scarse mitosi ed una prevalenza di astrociti
fibrillari e piloidi ; frequente anche in questo caso il riscontro di fibre di Rosenthal. Il test per la
GFAP (gliofibrillary acidic protein) nella maggioranza dei casi positivo. Aree ipercellulari,
polimorfismo nucleare ed aree di necrosi sono comuni nelle varianti anaplastiche.
L'asportazione chirurgica della neoplasia l'unico trattamento di verificata efficacia ed possibile
in maniera radicale in pi dei 2/3 dei casi . Dato tuttavia che sono descritti tempi di sopravvivenza
lunghi anche nei pazienti in cui vi siano residui lesionali, i benefici di un intervento aggressivo
vanno bilanciati con i rischi del trattamento stesso allo scopo di prevenire ove possibile un danno
dei nuclei dei nervi cranici e delle vie cerebellari. Elementi determinanti nella scelta sono
l'estensione ed i rapporti del tumore con il tronco encefalico.
Per ci che riguarda l'idrocefalo, che spesso si associa a neoplasie della fossa cranica posteriore,
attualmente riconosciuto che l'impianto di un sistema di diversione liquorale definitivo o
l'esecuzione di una terzoventricolostomia endoscopica sono necessari solo in circa il 15% dei
pazienti. In casi selezionati, al fine di favorire la procedura chirurgica di asportazione del tumore
viene impiantato peroperatoriamente un catetere ventricolare esterno, mantenuto nei primi giorni
postoperatori per il monitoraggio clinico del paziente.
La mortalit operatoria nelle casistiche attuali pari allo 0-1%. La morbidit per lo pi
correlata ai deficit neurologici presenti all'ingresso , che posssono presentare un peggioramento , in
genere transitorio; tuttavia l'esordio di disturbi come atassia nella marcia, deficits della
coniugazione dello sguardo, deficits del VII n.c. o dei nervi oculomotori sono stati descritti in circa
un terzo dei pazienti. Comune a tutti gli interventi per neoplasie della fossa cranica posteriore la
possibilit che dopo l'intervento questi bambini presentino un quadro di disartria, a volte con il
carattere di un mutismo; si tratta di un disturbo transitorio e la tendenza verso il recupero
105

spontaneo in un periodo che va da 1-2 settimane a 3-4 mesi. Non stato identificato un meccanismo
eziopatogenetico certo. E' verosimile che intervengano pi fattori; fra questi una disfunzione dei
circuiti dento-rubro-talamici sembra avere il ruolo prevalente.
Trattamenti integrativi non sono indicati in questi pazienti. Di fatto la terapia radiante, oltre a non
avere nessuna documentata efficacia, pu associarsi a complicanze tardive come la radionecrosi e la
progressione del residuo neoplastico. Anche per ci che riguarda l'utilizzo di farmaci
chemioterapici, non vi alcuna dimostrazione di verificata efficacia. Pertanto l'unica indicazione
clinica postoperatoria rimane quella di periodici esami neuroradiologici, il primo dei quali va
effettuato a tre mesi dall'intervento, periodo necessario per escludere artefatti legati a fenomeni
cicatriziali. Le successive indagini di controllo andranno programmate con periodicit semestrale
nei primi due anni dall'intervento e quindi annualmente per 5 anni. In assenza di segni di
recrudescenza della neoplasia ulteriori esami TC/RM andranno eseguiti ogni due anni fino ad un
tempo che corrisponda alla somma dell'et del bambino + 9 mesi (legge di Collins). La prognosi
favorevole con percentuali di sopravvivenza dopo asportazione chirurgica completa di circa il 90%
a 25 aa.. Nei casi di asportazione subtotale la definizione prognostica pi difficoltosa. Per quanto
vi siano numerose prove della possibilit di una stabilit a lungo termine del residuo neoplastico,
documentata una recrudescenza della neoplasia in circa il 70% dei casi. Il periodo di maggiore
rischio rappresentato dai primi 4 anni post-operatori, anche se il 40% delle recidive tumorali si
manifesta oltre i 5 anni dall'intervento.
Fanno eccezione a queste indicazioni di massima gli astrocitomi anaplastici, che vanno considerati
alla stregua delle corrispondenti lesioni sovratentoriali e necessitano pertanto di un trattamento
radio/chemioterapico adiuvante. Le possibilit di sopravvivenza a lungo termine sono limitate,
inferiori al 5% a 20 anni.
Medulloblastomi
I medulloblastomi sono neoplasie ad origine da cellule neuroectodermiche embrionali del verme o
dello strato granulare esterno della corteccia cerebellare. Sono fra i tumori del SNC pi comuni in
et pediatrica rappresentando il 15-20% di tutte le neoplasie intracraniche e circa un terzo di tutti i
processi eteroformativi della fossa cranica posteriore. L'et media alla diagnosi di 9 aa, con un
prevalente interessamento del sesso maschile. Non sono noti fattori specifici nella eziopatogenesi di
questa forma neoplastica; l'unica anomalia cromosomica riconosciuta la presenza di un
isocromosoma 17q nel 30% dei pazienti.
La storia clinica nella maggior parte dei casi breve (< di due mesi). Pazienti nel primo anno di
vita possono giungere alla diagnosi per una crescita anomala della circonferenza cranica. Nei
bambini al di sopra dell'anno sintomi legati ad un aumento della pressione endocranica (cefalea,
vomito, sonnolenza) ed un quadro di atassia nella stazione eretta e nella marcia rappresentano
l'esordio pi frequente (90% dei casi). Incoordinazione nei movimenti, o deficit dei nervi cranici
possono associarsi nel caso di estensioni o
localizzazioni predominanti a livello dell'emisfero
cerebellare o del tronco encefalico. Raramente l'esordio
clinico legato a emorragie intratumorali o diffusioni
metastatiche sub-aracnoidee della lesione.
Alla TC la lesione appare ben delimitata,
spontaneamente iperdensa, con marcato "enhancement"
dopo somministrazione di m.d.c. La sede pi frequente
quella del verme cerebellare e della regione del IV
ventricolo. Pi raramente la neoplasia localizzata in
sede emisferica cerebellare, appare isodensa e mostra Fig. 1: Immagine RM in T1 dopo m.d.c. di
un "enhancement" irregolare dopo somministrazione di medulloblastoma
m.d.c. con aree cistiche e di necrosi.
106

La RM, indagine necessaria per stabilire i rapporti con le strutture nervose adiacenti,
occasionalmente consente di dirimere il dubbio sulla invasione o meno del pavimento del IV
ventricolo (Fig. 1). Inoltre il segnale, caratteristicamente ipointenso nelle immagini T1 e T2 con
marcato "enhancement" dopo somministrazione di Gadolinio non specifico di questa patologia.
Data la possibilit di diffusione sub-aracnoidea di questi tumori, tutti i pazienti vanno sottoposti ad
uno studio RM dell'intero asse spinale.
Da un punto di vista istopatologico Rorke include i medulloblastomi fra le lesioni primitive
neuroectodermiche (che comprendono fra l'altro PNETs, ependimoblastomi, medulloepiteliomi).
Macroscopicamente questi tumori appaiono di colorito grigio-rosato, consistenza morbida,
omogenea e possono presentare aree cistiche ed emorragiche. Sono costituiti da cellule
neuroepiteliali indifferenziate con nucleo rotondeggiante e scarso citoplasma; numerose sono le
mitosi, mentre scarsa la componente stromale.
'intervento chirurgico rimane ad oggi il momento pi importante del trattamento multimodale dei
medulloblastomi. L'estensione della asportazione del tumore guidata dai rapporti con il pavimento
del IV ventricolo e limitata nei punti di invasione del tronco encefalico, con una possibilit di
asportazione "apparentemente completa in circa i 2/3 dei pazienti.
L' indicazione ad una radioterapia post-operatoria , comunemente inclusa nei protocolli terapeutici
(35-40 Gy, con boost sulla fossa cranica posteriore di 50-55 Gy e 25 Gy sul midollo spinale), va
bilanciata con la possibilit di significativi effetti collaterali in et pediatrica. Disturbi
neurocognitivi ed ormonali sono infatti frequenti, soprattutto nei bambini con meno di 3 anni di
vita. Per tale motivo la terapia radiante va ritardata ad almeno il 4-5 anno di vita.
Fra i progressi pi importanti realizzati nel trattamento del medulloblastoma sono da sottolineare
l'introduzione di cicli prolungati (fino a 8-24 mesi) di chemioterapia, che permettono un buon
controllo della malattia (soprattutto nei pazienti in cui l'asportazione chirurgica del tumore sia stata
completa) e l' iperfrazionamento delle dosi radianti somministrate (fino ad 1Gy due volte al giorno)
,modalit che comporta un minore danno associato del SNC , a parit di efficacia terapeutica.
Al termine del trattamento controlli clinici e neuroradiologici devono essere programmati ogni 3-4
mesi per i primi due anni, ogni 6 mesi nel terzo anno e quindi con frequenza annuale. Le casistiche
pi recenti, in cui il trattamento chirurgico stato integrato da un protocollo combinato chemio e
radioterapico riportano percentuali di sopravvivenza pari al 70-75% a 5 anni . I fattori che
influenzano la prognosi in maniera pi significativa sono l'estensione della asportazione chirurgica
e la presenza agli esami di "screening" di lesioni secondarie. Per ci che riguarda l'asportazione
chirurgica differenze sostanziali in termini di sopravvivenza vengono riportate se il residuo
neoplastico superiore in dimensioni a 1.5 cm. Nel caso di diffusione sub-aracnoidea il reperto di
metastasi focali rappresenta un fattore peggiorativo rispetto ad un esclusivo interessamento
liquorale.
Ependimomi
Gli ependimomi rappresentano la terza neoplasia pi frequente della fossa cranica posteriore in et
pediatrica (dopo gli astrocitomi ed i medulloblastomi). L'incidenza di queste forme neoplastiche
di 2.3/milione per anno; l'et media alla diagnosi di 5 aa. Il 60% origina dal pavimento del IV
ventricolo; il 30% origina in corrispondenza dei forami di Luschka; solo il 10 % origina nella
regione del tetto del IV ventricolo. Caratteristica l'estensione verso il forame di Magendie e la
superficie dorsale del midollo cervicale; ulteriori sedi di crescita sono l'angolo ponto-cerebellare il
ponte ed il bulbo.
Torcicollo, atassia, sintomi da ipertensione endocranica costituiscono l'esordio clinico prevalente;
deficits dei nervi cranici e dismetria sono frequenti nel caso di estensioni laterali della lesione. Alla
TC di base gli ependimomi appaiono isodensi al parenchima cerebrale e possono presentare

107

calcificazioni. Iso/Ipointensi nelle immagini T1 della RM ed iperintensi in T2 e "flair" mostrano un


"enhancement" eterogeneo dopo somministrazione e.v. di m.d.c.
Macroscopicamente gli ependimomi appaiono di colorito rossastro , consistenza morbida ed aspetto
nodulare, friabile; la vascolarizzazione diffusa li rende facilmente sanguinanti. L'aspetto istologico
pi caratteristico quello di catene cellulari rotondeggianti disposte intorno all'avventiza dei vasi a
formare le cosiddette pseudorosette. Disaccordo esiste sulla identificazione di vari gradi lesionali e
sulla definizione delle forme anaplastiche (ependimoblastomi). Gli ependimomi fossa cranica
posteriore hanno generalmente un aspetto bifasico con isole di cellule anaplastiche nel contesto di
neoplasie complessivamente benigne.
Il trattamento essenziale in questo tipo di lesioni l'asportazione chirurgica. Tuttavia a seguito
della frequente invasione di strutture vitali una exeresi completa possibile solo nel 50% dei casi.
Una terapia radiante integrativa, viene presa in considerazione in molti protocolli terapeutici; il suo
ruolo nei casi in cui l'asportazione chirurgica sia stata completa peraltro discusso. Anche il ruolo
della chemioterapia non definito.
La prognosi in genere sfavorevole con percentuali di controllo del tumore a cinque anni del 3038%. Le recidive locali sono infatti comuni ; in questi casi un nuovo intervento chirurgico rimane il
trattamento di elezione. I fattori che influenzano maggiormente la prognosi sono l'entit della
asportazione chirurgica l'et del paziente (prognosi pi favorevole in bambini al di sopra dell'anno
di vita).
Gliomi del tronco encefalico
Rappresentano l'8-15% di tutti i tumori intracranici e circa il 15% delle neoplasie della fossa cranica
posteriore in et pediatrica. La durata della storia clinica variabile, da pochi giorni a vari anni;
tuttavia, vista la prevalente localizzazione di queste lesioni nel ponte, l'esordio della sintomatologia
precede pi comunemente la diagnosi di pochi mesi.
Deficits dei nervi cranici caratterizzano l'esordio nel 50-90% dei pazienti; si associano segni
cerebellari (24-87%) ed una compromissione delle vie piramidali (42.8-80%). Disturbi respiratori
sono frequenti nel caso di tumori del passaggio cervico-midollare; il torcicollo anch'esso comune in
questi pazienti correlabile ad un'ernia delle tonsille cerebellari nel canale cervicale. L'ostruzione
delle vie di deflusso liquorale da parte del tumore pi frequente nel caso di gliomi del tetto
mesencefalico (80-100%) in cui l'idrocefalo rappresenta spesso l'unica evidenza clinica.
Alla TC di base i gliomi del tronco encefalico appaiono iso-ipodensi; ipointensi nelle immagini T1
della RM ed iperintensi in T2 mostrano "enhancement" dopo somministrazione di m.d.c. solo in un
terzo dei casi.
Sulla base delle caratteristiche neuroradiologiche distinguiamo come nella maggior parte delle
classificazionipresenti in letteratura tre tipologie: Tipo 1: gliomi intrinseci diffusi; Tipo 2: gliomi
intrinseci focali; Tipo 3: gliomi esofitici. Secondo alcuni Autori un gruppo a parte sarebbe
rappresentato dai gliomi della giunzione cervico-midollare.
Le lesioni di Tipo 1 sono le pi frequenti (50-55%) e quelle correlate alla prognosi pi sfavorevole.
In questi casi l'asportazione chirurgica non indicata per la estesa infiltrazione di strutture nervose
vitali; anche una biopsia (con tecnica stereotassica o a cielo aperto) non assume alcun significato
pratico vista la specificit dei dati RM. L'unica terapia possibile quella radiante, anch'essa peraltro
con risultati non incoraggianti (94% di mortalit a 10 aa.). Le lesioni di tipo II sono generalmente
benigne , ben delimitate dal parenchima circostante e pertanto suscettibili di una asportazione
chirurgica radicale. La diffusione delle tecniche di monitoraggio intraoperatorio delle vie motorie,
somestesiche ed uditive centrali ha consentito una significativa riduzione della morbidit operatoria.
I gliomi di tipo III sono anch'essi ben delimitabili dal parenchima circostante e rimuovibili
chirurgicamente con un rischio contenuto. Si tratta per lo pi di astrocitomi benigni per i quali
nessun trattamento integrativo indicato. Le neoplasie della giunzione cervico-midollare (Tipo IV)
considerate separatamente da alcuni Autori hanno caratteristiche simili a quelle delle neoplasie
108

intrinseche focali (Tipo 2); la sede peraltro comporta differenze in termini di un maggiore rischio di
morbidit operatoria.
Neoplasie cerebrali sovratentoriali
Astrocitomi cerebrali
Gli astrocitomi sono le neoplasie sovratentoriali pi
frequenti nel bambino. L'et di maggiore incidenza di
queste lesioni fra gli 8 ed i 12 anni di vita. Per il 50%
sono di natura benigna, in circa il 60% cistici; la parete
cavitaria tuttavia, a differenza delle corrispondenti forme
cerebellari prevalentemente (70%) di natura
neoplastica. Crisi comiziali costituiscono l'esordio clinico
pi tipico (40-60%) nelle localizzazioni emisferiche;
possono associarsi deficits neurologici focali o sintomi da
ipertensione endocranica. Alla TC di base gli astrocitomi
appaiono generalmente ipodensi; pi facilmente sono
identificabili alla RM. A differenza dei gliomi
diagnosticati in et adulta, l'intenso "enhancement" dopo
m.d.c. non indicativo di malignit (Fig. 2).
L'asportazione chirurgica rappresenta la modalit Fig. 2: Immagine assiale di Risonanza
terapeutica pi importante. La radioterapia indicata Magnetica in T1 dopo m.d.c. di
esclusivamente nelle forme anaplastiche; protocolli astrocitoma cistico parieto-occipitale
chemioterapici sono in fase di studio nei pazienti con
lesioni maligne e hanno probabilmente il loro ruolo pi
importante nei pazienti con meno di tre anni di vita. La prognosi condizionata dalla diagnosi
istologica e dalla entit della asportazine chirurgica. Astrocitomi benigni (pilocitici e grado II
WHO) si associano ad una sopravvivenza media a cinque anni del 60-70%. Nel caso di forme
anaplastiche (grado III WHO) la sopravvivenza a cinque anni del 20-40%, liddove nei pazienti
affetti da glioblastomi si riduce al 5-15%. La exeresi radicale del tumore migliora
significativamente la prognosi nel caso di astrocitomi benigni (83% di sopravvivenza oltre i 5 anni)
rispetto ad una asportazione parziale o ad una biopsia della lesione; non vi sono invece differenze
sostanziali fra asportazione totale e subtotale. Per quanto in misura minore anche nel caso di
astrocitomi anaplastici e glioblastomi l'entit della asportazione chirurgica modifica la prognosi
(45% di sopravvivenza a 5 aa. in pazienti sottoposti ad asportazione radicale del tumore e
radioterapia, rispetto al 20% circa a tre anni dopo semplice biopsia od asportazione parziale della
neoplasia e terapia radiante).
Ependimomi
A differenza delle corrispondenti neoplasie del IV ventricolo gli ependimomi sovratentoriali sono
relativamente infrequenti in et pediatrica. Originano da cellule ectopiche intraparenchimali
adiacenti alle pareti ventricolari ; nel 50% dei casi sono cistici. Deficit focali e sintomi da
ipertensione endocranica rappresentano l'esordio clinico pi frequente. Alla TC appaiono
iso/iperdensi e manifestano un significativo "enhancement" dopo somministrazione di m.d.c.
Calcificazioni sono comuni. Alla RM il segnale eterogeneo e sono ben identificabili i rapporti con
le strutture cerebrali adiacenti. La presenza di rosette ependimali, pseudorosette perivascolari e
blefaroblasti caratterizza l'aspetto istologico. Polimorfismi cellulari, mitosi, necrosi e
proliferazione endoteliale si riscontrano nelle varianti anaplastiche. Il trattamento consiste nella
109

asportazione chirurgica della neoplasia seguita da un ciclo di terapia radiante. Dubbio l'effetto
della chemioterapia. Rispetto alle forme sottotentoriali maggiore la tendenza alle recidive locali,
mentre inferiore l'incidenza di metastasi a distanza. Le percentuali di sopravvivenza riportate in
letteratura sono del 17-27% a cinque anni dopo la sola asportazione chirurgica e del 40-87% dopo
exeresi del tumore e radioterapia.

Oligodendrogliomi
Rappresentano l'1-3% delle neoplasie cerebrali infantili. Sono lesioni a lenta crescita; il picco di
incidenza fra i 6 ed i 12 anni di vita. Prevalenti in sede frontale si manifestano clinicamente con
una lunga storia di crisi comiziali. Disturbi comportamentali sintomi da ipertensione endocranica
sono frequenti. La caratteristica TC pi comune la presenza di calcificazioni . Alla RM appaiono
irregolari sia nelle sequenze di base che dopo Gadolinio e.v. ; cisti tumorali sono un reperto usuale.
Il trattamento consiste nella asportazione chirurgica, spesso limitata dalle estese calcificazioni e
dalla infiltrazione del parenchima cerebrale circostante. La sopravvivenza documentata a 5 anni
del 75-85%.
Papillomi dei plessi corioidei
I papillomi dei plessi corioidei sono neoplasie cerebrali rare (0.4-0.6%). Nel 90% dei casi si
manifestano nei primi due anni di vita. I sintomi sono aspecifici e generalmente correlabili
all'idrocefalo, che in questi casi di natura mista ipersecretoria e ostruttiva. Alla TC appaiono come
lesioni lobulate, omogenee che assumono diffusamente m.d.c.. La RM consente di documentare in
maniera chiara la conformazione del tumore , i segni di pregresse emorragie e nelle sequenze ad alta
risoluzione l'apporto vascolare. Sequenze angiografiche rimangono tuttavia essenziali al fine anche
di definire le possibilit di una embolizzazione preoperatoria . Istologicamente distinguiamo lesioni
benigne (90%) ed anaplastiche (carcinomi: 10%). Le forme benigne sono molto simili
strutturalmente ai plessi corioidei ; distinguibile uno stroma fibrovascolare, ricoperto da uno
strato singolo di cellule epitelioidi colonnari o cubiche; ipercellularit, proliferazione vascolare,
infiltrazione delle pareti ventricolari e necrosi caratterizzano le forme anaplastiche.
Il trattamento consiste nella asportazione chirurgica del tumore. Emorragie intraoperatorie
possono essere di entit importante ed a rischio di vita nei pazienti al di sotto dell'anno di vita, in
cui il volume ematico lmitato. Nei casi in cui l'idrocefalo sia rapidamente evolutivo v considerato
l'impianto di un sistema di diversione liquorale preoperatorio. Il rischio principale correlato a questa
procedura lo sviluppo di un quadro di ascite, per il contenuto proteico elevato del liquor
cerebrospinale, in relazione alla presenza del tumore. La radioterapia indicata solo nei casi di
carcinoma dei plessi corioidei in pazienti la cui l'et del paziente sia superiore ai tre anni . Protocolli
chemioterapici sono anche in questo caso in fase di studio per bambini di et inferiore al fine di
dilazionare la terapia radiante, in maniera analoga a quanto definito per altre neoplasie maligne
dell'encefalo, ad esempio il medulloblastoma.
Neoplasie della regione sellare e sovrasellare
Gliomi ottico-ipotalamici
Complessivamente rari , i gliomi della regione ottico-ipotalamica sono relativamente frequenti in
et pediatrica (3-7% di tutti i tumori cerebrali). L'et media di esordio clinico fra i due ed i 6 anni
di vita. Il 10% si localizza in corrispondenza di uno solo dei due nervi ottici; il 35% interessa
entrambe i nervi ottici ed il chiasma ottico; un ulteriore 35% interessa esclusivamente il chiasma
110

ottico ed il 20 % localizzato prevalentemente a livello ipotalamico. Frequente l'associazione con


la Neurofibromatosi I (NF-I) (circa il 30% dei casi).
La storia clinica varia a seconda della localizzazione prevalente. I pazienti in cui siano interessati
esclusivamente i nervi ottici si presentano alla osservazione specialistica per un quadro di
esoftalmo. Il "visus" risulta compromesso in maniera pi o meno grave in tutti pazienti ; una atrofia
del disco ottico presente nel 60% dei casi. L dove sia coinvolto il chiasma ottico la perdita del
"visus" generalmente meno grave; il reperto di atrofia ottica tuttavia frequente. Anomalie
campimetriche sono comuni, ma spesso incongrue in relazione ad un' estensione spesso asimmetrica
del tumore. L'esame del campo visivo pu essere sostituito da una valutazione dei potenziali evocati
nei bambini pi piccoli, in cui non possibile ottenere una adeguata collaborazione. Neoplasie
ipotalamiche si manifestano anch'esse frequentemente con una riduzione della acuit visiva (2530%) e disturbi campimetrici sono rilevabili nel 30-40% dei casi. Sintomi da ipertensione
endocranica sono da correlarsi il pi delle volte ad un quadro di idrocefalo ostruttivo. Il 25% dei
pazienti si presenta con la tipica sindrome diencefalica (s. di Russell), caratterizzata da marcata
riduzione del grasso corporeo cui si contrappone normale crescita in altezza e massa muscolare.
Questi bambini, che manifestano un normale ritmo alimentare, appaiono iperattivi e spesso
disforici; il colorito pallido in assenza di alterazioni degli esami ematologici. Un incremento dei
valori di GH stato deputato fra le cause di queste manifestazioni cliniche. Altre alterazioni
endocrinologiche comuni sono: la pubert precoce, il diabete insipido, l'ipotiroidismo ed in rari casi
un panipopituitarismo.
Alla TC gliomi esclusivamente intraorbitari si evidenziano come un diffuso ispessimento dei nervi
ottici interessati, con decorso tortuoso, iperdensi nelle sequenze di base ma senza "enhancement"
dopo somministrazione di m.d.c. Le forme chiasmatiche si presentano iso-ipodense, frequentemente
cistiche, con piccole calcificazioni ed "enhancement" irregolare. La RM, esame diagnostico
essenziale, delinea il decorso di queste lesioni lungo le vie ottiche con segnale iso-iperintenso nelle
sequenze spin-echo ed iperintenso in T2. L'"enhancement" dopo somministrazione di Gadolinio
marcato, per quanto disomogeneo.
L'aspetto macroscopico di lesioni gelatinose, pi raramente di consistenza solida. Istologicamente
i gliomi delle vie ottiche appaiono costituiti in prevalenza da astrociti con lunghi processi fibrillari
(di qui il denominativo di astrocitomi pilocitici). Frequenti sono le fibre di Rosenthal e la positivit
alla GFAP; rare le mitosi. Neoplasie dele vie ottiche posteriori possono invadere lo spazio
subaracnoideo ed in questo caso associarsi ad una proliferazione reattiva di fibroblasti e cellule
meningoendotheliali.
Il trattamento dei gliomi delle vie ottiche condizionato dalla loro notevole variabilit di
evoluzione. Di fatto una crescita notevolmente limitata, con lunghi periodi di stabilit o persino la
regressione spontanea di queste lesioni descritta, in particolare nei pazienti affetti da NF-I.
Permane pertanto come prima indicazione in casi selezionati (asintomaticit o stabilit clinica,
associazione con NF-I) quella di un monitoraggio neuroradiologico seriato. Tumori confinati al
nervo ottico possono essere asportati chirurgicamente in maniera completa; la resezione del nervo
coinvolto pu essere presa in considerazione se vi una compromissione completa del "visus" e/o
un esoftalmo estremo che pone a rischio il globo oculare. Se il tumore interessa il chiasma ottico la
exeresi chirurgica limitata dalle possibilit di danno della regione ipotalamica; in questi pazienti
un intervento parziale pu comunque essere utile ai fini prognostici arrestando in alcuni casi la
crescita del tumore.
Un ulteriore punto di discussione il trattamento dell'idrocefalo comunemente associato a questo
tipo di patologie; data la frequenza di esclusione della comunicazione fra i due ventricoli laterali,
determinata dalla crescita della neoplasia, pu rendersi necessaria una diversione biventricolare o
monoventricolare con settostomia endoscopica.
Nonostante la natura benigna di queste neoplasie dimostrata l'efficacia dei farmaci chemioterapici
in circa il 50% dei casi con riduzioni in dimensioni del tumore fino al 40-50%. E' altres
documentata l'utilit della radioterapia come terapia adiuvante in circa il 40% dei pazienti (45 Gy in
111

25 dosi da 1.8 Gy). I numerosi effetti collaterali descritti in et pediatrica ne devono tuttavia
limitare l'uso a quelle lesioni che mostrino una recrudescenza nonostante la asportazione chirurgica
ed un trattamento chemioterapico, comunque esclusivamente al di sopra del terzo anno di vita.
La prognosi di queste lesioni come abbiamo accennato in precedenza imprevedibile; fattori che
apparentemente hanno una influenza favorevole sono oltre alla associazione con la NF-I, la non
invasione degli spazi aracnoidei, la natura fibrillare e la estensione limitata alle vie ottiche anteriori.
Craniofaringiomi
I craniofaringiomi sono neoplasie istologicamente benigne ad origine da residui cellulari embrionari
del dotto faringo-ipofisario. Il 50% di queste lesioni viene diagnosticato in et pediatrica. A seconda
della loro localizzazione distinguiamo: 1) tumori intrasellari; 2) tumori della regione infundibolotuberale; 3) tumori intraventricolari; 4) tumori estesi dal terzo ventricolo alla sella turcica. La
cefalea un sintomo d'esordio frequente nel caso di lesioni prevalentemente intraventricolari;
disturbi ormonali prevalgono nei pazienti con neoplasie della regione infundibolo-tuberale; in
particolare il diabete insipido ed un ritardo di crescita staturoponderale riguardano soprattutto
bambini in et prepuberale; ipogonadismo , obesit ed ipotiroidismo pazienti in et adolescenziale.
Deficit campimetrici e/o una compromissione del "visus" sono presenti alla diagnosi nel 60% dei
casi. Calcificazioni ed un ampliamento della sella turcica sono i dati riscontrabili agli esami Rx
"standard ". Alla TC questi stessi reperti e l'evidenza di componenti cistiche consentono di
differenziare i craniofaringiomi da altre neoplasie soprasellari. La RM , oltre ad essere diagnostica
anche per piccole lesioni in soggetti asintomatici, consente di stabilire i rapporti del tumore con le
regioni anatomiche adiacenti. Tutti i pazienti vanno sottoposti preoperatoriamente ad uno
"screening" ormonale completo (ACTH, cortisolo,T3,T4, GH, FSH, LH). I livelli di cortisolo
diurni e notturni sono fra gli elementi da considerare con maggiore attenzione; molti di questi
bambini hanno infatti scarse riserve di cortisolo sierico. Una valutazione oculistica e
neuropsicologica completano le indagini preoperatorie. Istologicamente documentata la esistenza
di un piano di gliosi fra il tumore e le regioni adiacenti (i.e. ipotalamo, tubercinereum), che ne
consente la separazione dal tessuto cerebrale sano. La parte cistica contiene cristalli colesterinici,
esito di sanguinamenti cronici intratumorali; cellule epiteliali squamose ne delimitano le pareti. La
porzione parenchimatosa costituita da cellule epiteliali separate da cellule stellate con accumuli di
cheratina.
L'exeresi chirurgica rappresenta il trattamento di elezione. La radicalit dell'asportazione del
tumore va messa in bilancio con il rischio di gravi disturbi endocrinologici, legati prevalentemente a
distrazione delle strutture ipotalamo-ipofisarie. La resezione del peduncolo ipofisario, suggerita da
alcuni Autori per ridurre le percentuali di recidiva neoplastica va considerata in quest'ottica. Il
diabete insipido fra le condizioni post-operatorie da fronteggiare pi frequentemente (trattamento:
desmopressina: 5-20 microg. ogni 12-24 ore).Terapie sostitutive cortisonica, tiroidea e , l dove
necessario, gonadotropica (bambini in et puberale) vanno dosate sulla base degli esami ormonali
post-operatori.
La terapia radiante pu essere efficace come trattamento adiuvante, ma il rischio di effetti collaterali
consistente (calcificazione dei gangli della base; sarcomi meningei e meningiomi secondari;
occlusione carotidea bilaterale). Sono in studio protocolli di radiochirurgia al fine di ridurre la
percentuale di complicanze nel caso di residui di piccolo diametro. Altri trattamenti utilizzati nelle
forme con netta prevalenza della componente cistica sono la iniezione di isotopi radioattivi o di
bleomicina all'interno della cisti stessa. Sono stati documentati effetti favorevoli di questi
trattamenti in termini di riduzione in diametro della neoplasia e fibrosi della parete tumorale.
L'incidenza delle recidive a 5 aa. e pari a circa il 30%. I fattori che influenzano maggiormente la
prognosi in senso positivo sono: et dei pazienti superiore ai 5 aa. ed un'asportazione chirurgica
radicale.

112

Tumori della regione pineale


I tumori della regione pineale rappresentano il 3-8% di tutte le neoplasie intracraniche in et
pediatrica. Possono essere distinti in tre gruppi: 1) tumori germinali che ne rappresentano circa il
50% (germinomi-65%-; tumori con differenziazione embrionaria-teratoma maturo ed immaturo-;
tumori con differenziazione extraembrionaria coriocarcinomi e tumori del sacco vitellino-); 2)
neoformazioni ad origine dalle cellule pineali vere e proprie (20% del totale: pinealomi e
pinealoblastomi); 3)tumori neuroectodermici (30%) che comprendono in netta prevalenza
astrocitomi e con minore frequenza ependimomi , oligodendrogliomi, papillomi dei plessi corioidei.
La storia clinica lentamente progressiva, con una durata media delle manifestazioni cliniche di
alcuni mesi. Sintomi da ipertensione endocranica (idrocefalo da stenosi dell'acquedotto)
rappresentano l'esordio pi frequente. La compressione della commissura posteriore e della
regione pretettale responsabile della compromissione dei movimenti coniugati dello sguardo (s. di
Parinaud), documentata alla diagnosi in circa il 50% dei casi. Disturbi ormonali sono anch'essi
comuni; in particolare il diabete insipido espressione di una diffusione della malattia alla porzione
anteriore dell'ipotalamo; la pubert precoce effetto della ipersecrezione di beta gonadotropina
corionica nei coriocarcinomi. Pi sporadici i disturbi della termoregolazione e del ritmo sonnoveglia.
A differenza dei pazienti adulti l' evidenza occasionale all'esame radiografico del cranio di
calcificazioni in regione pineale in pazienti al di sotto dei dieci anni di et deve indurre ad ulteriori
accertamenti (di fatto fisiologica solo nel 2% dei casi ). Con la TC possibile identificare la
lesione che appare spontaneamente iperdensa. Il comportamento dopo m.d.c. e l'evidenza o meno di
calcificazioni coadiuva la diagnosi differenziale fra le varie forme neoplastiche. La RM in questo
senso di maggiore aiuto consentendo di definire in maniera pi chiara i rapporti del tumore con il
tronco dell'encefalo ed il sistema venoso profondo. La presenza di markers sierici e liquorali
relativamente specifici rende il dosaggio di questi ultimi, elemento fondamentale del protocollo
diagnostico. Particolarmente indicativi sono un aumento della fosfatasi alcalina placentare nei
germinomi, dell'alfa fetoproteina nei tumori del sacco vitellino e della beta-gonadotropina corionica
nei coriocarcinomi.
La terapia di queste forme neoplastiche varia a seconda del sospetto diagnostico. Nei casi in cui le
immagini radiologiche, gli esami sierologici e quelli liquorali depongano per un germinoma il
trattamento di elezione la terapia radiante (35-50 Gy + profilassi spinale per 30-50 Gy), cui questo
tipo di lesioni altamente sensibile. Un atteggiamento conservativo con monitoraggio periodico
delle immagini RM pu essere osservato nel sospetto di astrocitomi del tetto mesencefalico ( detti
anche "gliomi indolenti") che hanno generalmente la tendenza ad una crescita molto lenta e spesso
stabilizzata nel tempo. Neoplasie proprie della ghiandola pineale ed i rimanenti tumori della linea
germinale si beneficiano di trattamenti combinati chirurgico, chemio e radioterapico. In particolare
nel caso di carcinomi embrionari, tumori del sacco vitellino e coriocarcinomi il principale
trattamento la chemioterapia in grado di ridurne il volume ma soprattutto di avere un effetto
sclerotizzante nei confronti dei vasi tumorali; tuttavia con il solo trattamento chemioterapico la
sopravvivenza ad 1 aa. limitata al 15%; su questa base l' intervento chirurgico seguito da un ciclo
di terapia radiante assumono un importante ruolo complementare. La exeresi chirurgica non
necessita di trattamenti complementari nel caso di pinealomi e teratomi maturi, liddove la chemio e
la radioterapia post-operatoria hanno indicazione come trattamenti adiuvanti nelle rispettive forme
anaplastiche (pinealoblastomi e teratomi immaturi). Anche la sopravvivenza direttamente
correlata alla diagnosi istologica. Per i germinomi, a 10 aa. viene riportata una sopravvivenza fino
all'85%, per i pinealomi a 5 anni del 100%; sfavorevole la prognosi dei bambini affetti dai
rimanenti tumori della linea germinale (15% di sopravvivenza a 5 aa.), pinealoblastomi (10% a 5
aa), teratomi immaturi (35% a 5 aa.).
113

Tumori spinali
I tumori spinali rappresentano il 4-10% delle neoplasie del Sistema Nervoso Centrale del bambino.
Pi frequentemente rispetto a quanto non accada in et adulta si localizzano a livello intramidollare
(35% vs. 20%). Di questi, circa il 35% rappresentato da astrocitomi, ed il 30% da ependimomi.
Per gran parte si tratta di tumori istologicamente benigni; solo il 20% ha caratteristiche
anaplastiche. Fra le lesioni intradurali-extramidollari pi frequenti sono gli ependimomi
mixopapillari del cono e le cisti dermoidi; rari i meningiomi, che in et pediatrica sono per lo pi di
natura atipica o maligna. Sarcomi e neuroblastomi prevalgono fra i tumori extradurali, che
rappresentano complessivamente il 25% di tutte le neoplasie spinali. L'esordio clinico in genere
rappresentato da rachialgia, soprattutto notturna, con estensione radicolare del dolore nel caso di
tumori extramidollari. L'ingravescenza del dolore durante le ore notturne legata ad una
congestione dei plessi venosi epidurali in posizione supina. Nei primi anni di vita la sintomatologia
pu essere misinterpretata per la difficolt di questi bambini a localizzare la sintomatologia
dolorosa; pazienti di pochi mesi possono apparire esclusivamente irritabili ed agitati quando
vengono mobilizzati; molti giungono alla diagnosi per un quadro di scoliosi, dopo cicli prolungati
di terapia antidolorifica su indicazione ortopedica.
Alla diagnosi disturbi motori sono obiettivabili in circa il 65% dei casi , manifestatisi inizialmente
con un ritardo nelle acquisizioni motorie per i pazienti pi piccoli e con una instabilit nella
stazione eretta e nella marcia nei bambini pi grandi; segni piramidali appaiono in epoca
relativamente precoce (tumori cervicotoracici). Disturbi sfinterici sono rari ad eccezione delle
localizzazioni a livello del cono midollare.
Differenze sussistono in base alla diagnosi; gli ependimomi infatti, per il loro sviluppo
prevalentemente centromidollare tendono a manifestarsi pi frequentemente con disestesie e
parestesie, rispetto agli astrocitomi in cui , per la tendenza ad infiltrare la sostanza grigia prevalgono
disturbi da compressione delle vie piramidali.
All'Rx uno slargamento del canale vertebrale , l'erosione dei canali radicolari, una deviazione
scoliotica della colonna vertebrale nel tratto interessato sono segni caratteristici, anche se non
sempre presenti.
La TC fornisce informazioni aspecifiche, documentando spesso solo i limiti di un aumento del
diametro della corda midollare, o la presenza di cavit cistiche non univocamente riconducibili alla
lesione neoplastica. Pi indicativo il reperto di un ampliamento dei canali radicolari nel caso di
tumori che originino dalle radici nervose. L'esame diagnostico per eccellenza tuttora la RM. Le
immagini T1 sono in grado di distinguere componenti cistiche da quelle solide e le loro
interrelazioni. Ulteriori dati vengono forniti dopo somministrazione e.v. di m.d.c (i.e. il diffuso
enhancement della porzione solida nel caso degli ependimomi).
L'intervento chirurgico rappresenta il trattamento di elezione di gran parte dei tumori spinali. I
rischi della procedura, in particolare per lesioni intramidollari, sono attualmente moderati dalla
possibilit di effettuare un monitoraggio neurofisiologico continuativo peroperatorio. Le regioni che
anatomicamente sono a maggior rischio sono il passaggio bulbo-cervicale ed il cono midollare, in
cui l'infiltrazione o compressione delle strutture nervose di pertinenza esclusiva della sostanza
grigia, pi facilmente suscettibile di un danno permanente. Un fattore ulteriore che influisce in
maniera specifica sulle possibilit di deficit post-operatori il grado di compromissione clinica alla
diagnosi; le capacit di recupero sono infatti direttamente proporzionali all'entit di conservazione
preoperatoria della funzione neurologica. Altre complicanze che possono seguire il
trattamento chirurgico sono deformit della colonna vertebrale, pi frequenti nei casi in cui non
vengano riapposte le lamine vertebrali rimosse e l'idrocefalo comune per patologie a carattere
anaplastico. Il ruolo della terapia radiante e della chemioterapia limitato nel caso dei tumori
intramidollari; le uniche indicazioni sono nel postoperatorio per neoplasie istologicamente maligne
(i.e. astrocitomi anaplastici). Diverso il quadro dei tumori epidurali, per lo pi espressione in et
pediatrica di neoplasie multicentriche. In questi pazienti la chemioterapia ( i.e. per i neuroblastomi)
114

e la terapia radiante (i.e. per i sarcomi) hanno una funzione essenziale; le indicazioni chirurgiche
sono ristrette a quei casi in cui per un rapido peggioramento clinico si renda necessario
decomprimere la corda midollare.
Suggested readings
1. Histological typing of tumors of the central nervous system. In: World Health Organization
International Histological Classification of Tumours. Berlin: Springer, 1993.
2. Rutka JT, Hoffman HJ, Duncan JA III. Astrocytomas of the posterior fossa. In : Cohen AR, ed.
Surgical disorders of the fourth ventricle. Cambridge, MA: Blackwell Science, 1996: 189-208.
3. Hayostek CJ, Shaw EG, Scheithauer B., et al. Astrocytomas of the cerebellum. A comparative
clinicopathological study of pylocitic and diffuse astrocytomas. Cancer 1993; 72:856-869.
4. Albright LA, Wisoff JH, Zeltzer PM et al. Effect of medulloblastoma resection on outcome in
children: a report from the Children's Cancer Group. Eur J Cancer 1994; 30A:1478-1483.
5. Duffner P, Horowitz M, Krischer J, et al. Postoperative chemotherapy and delayed radiation in
children less than three years of age with malignant brain tumors. N Engl J Med 1993; 328: 17251731.
6. Bricolo A, Turazzi S. Surgery for gliomas and other mass lesions of the brainstem. In: Symon L.
(ed.) Advances and technical standards in Neurosurgery. Vol. 22. New-York : Springer, 1995: 261341.
7. Constantini S., Epstein FJ. Surgical indication and technical consideration in the management of
benign brain stem gliomas. J Neurooncol 1996; 28: 193-205.
8. Hoffman HJ. Optic pathway and hypothalamic gliomas in children. In: Youmans JR, ed.
Neurological Surgery 5th ed. Philadelphia: WB Saunders, 1995: 2521-2528.
9. Di Rocco C, Caldarelli M, Tancredi A. Optic and hypothalamic gliomas: limits in surgical
indication and in the evaluation of long-term outcome. Child's Nerv Syst 1994; 10: 487.
10. Wisoff JH, Abbott R, Epstein F. Surgical management of exophyitic chiasmatic-hypothalamic
tumors of childhood. J Neurosurg 1990; 73 : 661-667.
11. Hoffman HJ, Da Silva M, Humphreys RP, Drake J, Smith M, Blaser S. Aggressive surgical
management of craniopharyngiomas in childhood. J Neurosurg 1992; 76: 47.
12. Cavazzuti V, Fischer EG, Welch K et al. Neurological and psychophysiological sequelae
following different treatments of craniopharyngioma in children. J Neurosurg 1983;59: 409.
13. Oi S, Matsumoto S. Controversy pertaining to therapeutic modalities for tumors of the pineal
region: a worldwide survey of different patient populations. Child's Nerv Syst 1992; 8: 332-336.
14. Lapras C, Patet JD, Mottolese C, Lapras Ch. Controversies, techniques and strategies for pineal
tumor surgery. In: Apuzzo MLJ, ed. Surgery of the third ventricle. Baltimore: Williams and
Wilkins, 1987: 649-663.
15. Constantini S, Houten J, Fried D, et al. Intramedullary spinal cord tumors below the age of
three. J Neurosurg 1996; 85: 1036-1043.
16. Choux M, Di Rocco C, Hockley A, Walker M. Pediatric Neurosurgery, Section 5: Tumors;
Churchill Livingstone ed. (London), 1999, pp. 395-613.
Parole chiave:
Astrocitoma cerebellare; Medulloblastoma; Ependimomi; Gliomi del tronco encefalico; Astrocitomi
cerebrali;
Oligodendrogliomi; Papillomi dei plessi corioidei; Gliomi ottico-ipotalamici;
Craniofaringiomi;Tumori della
regione pineale; Tumori spinali.

115

Prof. C.Di Rocco

TRAUMI CRANICI E SPINALI


Per trauma cranio-encefalico e spinale s'intende una complessa serie di alterazioni
anatomiche e fisiologiche del Sistema Nervoso Centrale (SNC) la cui causa materiale identificata
negli effetti di una forza esterna meccanica applicata alla teca cranica o spinale ed alle strutture in
esse contenute (Tabella 1). Le caratteristiche fisiche del contenuto intratecale, in parte solido ed in
parte liquido, cos come la conformazione anatomica del contenitore stesso - e precisamente, la
presenza di sepimenti durali (falce, tentorio) e l'irregolare superficie interna del cranio (creste ossee
del pavimento della fossa cranica anteriore, della fossa temporale e della faccia posteriore dell'osso
sfenoidale)- sono tali da condizionare di per s specifici tipi di danno traumatico. Ci' vale in
particolare per i traumi caratterizzati da brusche accelerazioni-decelerazioni del capo, che si
possono verificare anche in assenza di un impatto meccanico diretto e che si traducono in una
dislocazione dell'encefalo contro le pareti interne del cranio. La variabile resistenza della teca
cranio-spinale nei diversi gruppi di et e la variabile distribuzione delle componenti intratecali,
specificatamente la presenza di uno spazio subaracnoideo sulla superficie del tessuto nervoso,
attraversato da vene a ponte, le cui dimensioni si modificano nel corso degli anni, possono poi a
loro volta condizionare la severit del danno risultante dall'esposizione ad una forza meccanica
agendo come principale elemento ammortizzatore ma anche come agente di trasmissione della forza
stessa.
Epidemiologia
L'incidenza di eventi traumatici che coinvolgono il SNC viene di solito valutata utilizzando i
registri di morte, le schede di ricovero ospedaliero, i reperti dei vari dipartimenti di emergenza (ad
esempio, polizia stradale) o indagini condotte presso i medici di base o le famiglie. E' probabile
pero' che le cifre risultanti da tale tipo di studio riportino solo una frazione dell'incidenza reale dei
traumi cranio-encefalici e spinali, considerando la difficolt a considerare sotto un'unica definizione
eventi che possono variare da una semplice escoriazione del viso a condizioni patologiche,
responsabili di invalidit grave o di morte (Tabella 2). Inoltre, i risultati ottenuti sulla base di tale
tipo di investigazioni sono direttamente influenzati dalla scelta della fonte informativa, con una
tendenza a sopravvalutare i traumi gravi ed i decessi per gli studi che privilegiano le fonti
ospedaliere o al contrario i traumi lievi o moderati, se le informazioni vengono raccolte nelle scuole
o presso le famiglie. Differenze socio-economiche tra le varie aeree geografiche (accessibilit dei
luoghi di cura, caratteristiche del traffico e della rete viaria, livello culturale della popolazione,
programmi di educazione specifici, strategie di prevenzione primaria, quali l'uso delle cinture di
sicurezza, dei caschi, il disegno dell'ambiente di lavoro e della vita quotidiana) contribuiscono a
rendere difficile un'obiettiva valutazione epidemiologica.
Pur tenendo conto di queste limitazioni e pur notando che nella maggior parte dei casi si
tratta di traumi lievi o moderati, si pu comunque affermare che circa il 40% dei decessi da
incidente acuto sono attualmente dovuti a traumi cranio-encefalici ed, in minore misura, spinali e
che i traumi del SNC rappresentano la causa pi frequente di invalidit transitoria o permanente,
con costi sociali e economici estremamente elevati per necessit di ospedalizzazione, di cure
riabilitative e per la perdita di potenziale economico a queste connesse (Tabella 3). Il significato
sociale di questa patologia appare ancora pi evidente se si analizza la distribuzione per et, poich
la popolazione tra i 15-24 anni di et risulta essere quella prevalentemente interessata,
indipendentemente dalle varie aree geografiche considerate.
116

Gli incidenti del traffico costituiscono circa il 50% dei traumi del SNC, seguiti da quelli da
caduta, prevalenti nel bambino e nell'anziano, che corrispondono a circa il 20% dei casi. In
generale, un quinto degli eventi traumatici a carico del SNC avviene nella popolazione pediatrica,
soprattutto per cadute accidentali, insufficiente supervisione e maltrattamento nella prima infanzia,
per cadute durante l'attivit ricreativa, durante l'esercizio sportivo o per eventi legati al traffico
veicolare nella seconda infanzia e nell'adolescenza. Rispetto agli adulti, i traumi pediatrici sono
caratterizzati da una pi evidente prevalenza del sesso maschile, fenomeno che si osserva gi a
partire dal primo anno di vita.
Meccanismi patogenetici dei traumi cranio-encefalici
Il danno del tessuto cerebrale che deriva dall'applicazione di una forza meccanica
modulato da fattori meccano-strutturali dell'estremo cefalico, dello splancno- e del neurocranio, dei
tessuti di rivestimento e delle strutture contenute. La lesione traumatica si verifica quando la forza
meccanica - di contatto o inerziale- causa una deformazione superiore alla tolleranza strutturale di
una di queste componenti., in particolare del cranio, delle meningi, del parenchima nervoso e dei
vasi associati. La deformazione pu essere definita come l'effetto combinato di fenomeni
compressivi, tensili, di stiramento e di torsione, ognuno dei quali capace di influenzare un
determinato tessuto pi o meno efficacemente (vedi ad, esempio, la grande tolleranza dell'osso alla
compressione e la sua scarsa risposta elastica, la pratica incompressibilit del parenchima nervoso
rispetto alla sua limitata resistenza agli stiramenti e alla torsione o la grande compressibilit delle
strutture vascolari di fronte ad una marcata fragilit per gli stiramenti). La specificit di questi
fenomeni nei vari gruppi di et ed il loro intervento nei vari tipi di trauma sono responsabili
dell'entit della lesione che si realizza nel corso di un evento traumatico (Tabella 4). In questa
direzione, le differenze pi significative dei traumi pediatrici rispetto a quelli degli adulti riguardano
il gruppo di et sotto i 3 anni in relazione alla maggiore plasticit del cranio ed al minore grado di
mielinizzazione dell'encefalo. Ad esempio, le lesioni da contraccolpo, presenti nell'85-90% degli
adulti e con incidenze simili nei bambini da 4 a 16 anni, sono riscontrate solo nel 10% dei traumi
della prima infanzia. Il cranio elastico dei primi anni di vita permette senza danni secondari un certo
grado di movimento della massa encefalica al suo interno; la sua superficie interna priva di creste
ossee, cos da limitare le contusioni frontali e temporali tipiche lesioni da contraccolpo dell'adulto.
La stessa superficie corticale dell'encefalo infantile risulta essere meno compatta di quella
dell'adulto contribuendo almeno in parte ad attutire le lesioni da contraccolpo. D'altro canto, la
differente resistenza offerta dalla corteccia e dalla sostanza bianca nel cervello ancora non
completamente mielinizzato ai movimenti di trazione-dislocazione della massa encefalica
responsabile delle lacerazioni, che si possono osservare fino al V mese di vita nella sostanza
bianca, con andamento per lo pi parallelo alla soprastante corteccia, dopo traumi chiusi o violenti
scuotimenti del cranio. Analogamente, tipica lesione dell'infanzia, sempre dopo trauma chiuso, la
lesione dei gangli della base, non accompagnata da altri danni cerebrali, che si pu evidenziare
dopo cadute da breve altezza in soggetti che non presentano un'evidenza esterna di trauma n
fratture all'esame radiologico del cranio. Clinicamente questi tipo di lesione associato alla
comparsa, qualche decina di minuti dopo l'accidente traumatico, di un'emiparesi. La TAC indica
come substrato anatomico un'area ipodensa nella regione del corpo caudato, putamen, braccio
anteriore della capsula interna, che tende a persistere anche dopo la risoluzione del deficit
neurologico. Anche in questo caso il meccanismo patogenetico pu essere identificato nella
peculiare resistenza offerta dal parenchima infantile e dai relativi vasi cerebrali (arterie perforanti ad
origine dall'arteria cerebrale media) particolarmente sensibili alle trazioni da movimenti rotatori del
capo.
Sempre tipico del neonato e del bambino in tenera et il rigonfiamento cerebrale diffuso di
tipo vasogenico che si osserva dopo traumi chiusi. Pi che a fuoriuscita di fluido dai vasi
danneggiati, come si verifica nel pi comune edema post-traumatico, il rigonfiamento cerebrale
diffuso dipende da un'iperemia reattiva i cui meccanismi patogenetici non sono stati ancora chiariti
117

completamente.
Tipicamente, a seguito di un trauma anche lieve, il bambino, dopo un intervallo lucido di
normale vigilanza, presenta un progressivo deterioramento del livello di coscienza dovuto
all'aumento di volume dell'encefalo ed al conseguente incremento della pressione intracranica. Un
aggressivo trattamento di quest'ultima (medico, pi raramente chirurgico -craniectomia
decompressiva-) pu portare alla risoluzione senza sequelae del quadro clinico, differentemente da
quanto si osserva in bambini che vengono ricoverati gi in stato di coma o che presentano
un'ipertensione endocranica tardiva da edema, contusioni e lacerazioni cerebrali multiple. Sia il
rigonfiamento cerebrale che l'edema diffuso possono essere causa a loro volta di un danno cerebrale
secondario interferendo con il flusso ematico cerebrale, in particolare con quello dell'arteria
cerebrale posteriore il cui tronco pu essere compresso contro il bordo del tentorio.
Principali tipi di lesione da trauma cranio-encefalico
Fratture craniche:
si realizzano quando la forza applicata su una specifica regione della volta e/o
della base cranica ne determina una deformazione superiore alla sua specifica sua tolleranza. Se
l'area dell'oggetto contundente ha dimensioni ridotte e la forza dell'impatto sufficientemente
grande un frammento d'osso pu essere dislocato verso l'interno della scatola cranica - frattura
depressa, frattura infossata- ;pi comunemente per l'energia d'impatto si dissipa con interruzioni
lineari della continuit del tessuto osseo - fratture lineari- le cui linee di propagazione dipendono,
oltre che dall'entit della forza e dalla resistenza offerta dall'osso, dalle caratteristiche della regione
direttamente coinvolta e dai rapporti anatomici di questa con le suture craniche. Per la particolare
elasticit della teca del bambino in alcuni casi l'energia d'impatto si traduce solo con una
disgiunzione focale di una sutura, fenomeno che dal punto di vista clinico deve essere considerato
l'equivalente di una frattura vera e propria.
Anche se nella quasi totalit dei casi la presenza di una frattura si traduce nella richiesta di
ricovero in ambiente ospedaliero per un periodo di osservazione, solo nel 10% dei pazienti si
associano lesioni che richiedono un trattamento medico o chirurgico (contusioni, ematomi). Ci
pone evidentemente il problema del significato reale del riconoscimento di una frattura cranica e
quindi dello stesso esame radiologico del cranio di routine- ai fini assistenziali essendo in realt le
necessit terapeutiche determinate dalla insorgenza dei segni e dei sintomi della lesione neurologica
associata e non richiedendo di per s la frattura alcun tipo di trattamento, ad eccezione di quelle
infossate.
Nella grande maggioranza dei casi le fratture craniche lineari si arrestano a livello di una
sutura cranica. L'osso parietale interessato in circa il dei soggetti, con una prevalenza per il lato
destro. L'osso frontale relativamente poco coinvolto nei primi mesi di vita (circa il 5% dei casi)
con un progressivo aumento fino al 20% nella seconda infanzia e nell'adolescenza. In circa un sesto
dei casi la frattura a carico dell'osso occipitale con il rischio di coinvolgimento dei grandi seni
venosi della regione.
Le fratture infossate rappresentano circa il 10% delle casistiche, soprattutto a seguito di
traumi da parto, rivestendo allora spesso il carattere delle fratture a ping-pong, o di cadute
accidentali. Nel periodo neonatale o nella prima infanzia le fratture infossate non si associano ad
alterazioni del livello di coscienza in contrasto a quanto di solito avviene nel bambino pi grande o
nell'adulto. La distribuzione delle fratture infossate ripete quella delle fratture lineari; il trattamento
in genere chirurgico, anche se compensi spontanei sono stati descritti soprattutto nel neonato.
Nella prima infanzia, una possibile anche se rara complicazione la cosiddetta frattura in
accrescimento , cio la diastasi progressiva di una frattura lineare per ernia del tessuto cerebrale
attraverso il difetto osseo ed un concomitante difetto durale. I segni clinici sono quelli di una
raccolta fissa, molle e pulsante sotto lo scalpo, non accompagnata in genere da manifestazioni
118

neurologiche in un bambino con una storia precedente di alcune settimane di trauma. Raramente la
condizione pu essere accompagnata da manifestazioni critiche. La diagnosi ottenuta facilmente
con la TAC cerebrale, che rivela la frattura, spesso a margini estroflessi, la natura, in parte solida
(parenchima cerebrale, pi o meno danneggiato) e liquida (LCS) della massa sottocutanea e una
coesistente dilatazione focale del ventricolo laterale del lato della frattura.
La terapia di questo tipo di frattura esclusivamente chirurgica, con toilette del tessuto
cerebrale necrotico, ricostituzione del piano meningeo e ricostruzione della teca ossea.
Ematomi epidurali:
le raccolte ematiche tra la faccia interna del cranio e la superficie durale rappresentano una rara ma
temibile complicazione dei traumi cranio-encefalici. Tali raccolte derivano da lacerazioni delle
arterie o delle vene della dura madre sottostante una frattura, in genere da parte dei margini stessi
dell'osso fratturato nel momento della loro introflessione durante l'impatto. Pi raramente un
ematoma epidurale origina dalla lacerazione di un seno durale o da vasi venosi della diploe. Un
ematoma epidurale infine pu osservarsi anche in assenza di fratture in caso di distacco traumatico
della dura dalla faccia interna della teca cranica con associata rottura di vasi meningei.
La fonte pi comune di ematomi epidurali l'arteria meningea media in regione temporale;
in questa evenienza il deterioramento clinico del bambino, dopo un intervallo lucido di normale
vigilanza, pu essere drammaticamente veloce per il rapido accumulo di sangue ad elevata
pressione e la conseguente dislocazione delle strutture nervose sottogiacenti. Rispetto all'adulto, nel
bambino l'incidenza di lacerazioni dell'arteria meningea media pi bassa e sono pi frequenti i
casi in cui il livello di coscienza si mantiene invariato. I segni clinici pi comuni sono un'emiparesi,
eventualmente associata a crisi epilettiche. Gli ematomi epidurali sono rari nei bambini sotto i 2
anni di et ed eccezionali nel neonato. In quest'ultimo caso il meccanismo patogenetico ancora un
danno dei vasi meningei che si realizza durante il passaggio nel canale del parto in genere per
un'eccessiva sovrapposizione delle ossa parietale e temporale. Nonostante la nota aderenza della
dura infantile all'osso, gli ematomi epidurali della prima infanzia possono raggiungere volumi
molto elevati come effetto della maggiore distensibilit del cranio ed essere tradotti da un quadro di
anemia acuta in soggetti che mantengono a lungo un normale livello di coscienza.
Ematoma subdurale:
la pi frequente lesione post traumatica dell'infanzia considerati i casi in cui per la relativa
leggerezza dell'evento traumatico la genesi traumatica pu restare misconosciuta.
Tradizionalmente si distinguono forme acute, riconosciute nei primi due giorni, subacute (3gg-3
sett.) e croniche (dopo 3 settimane), le ultime due considerate l'evoluzione naturale della prima.
L'ematoma subdurale acuto rappresenta una complicazione in circa il 5% dei casi, quasi sempre
della prima infanzia, esso consegue ad una lacerazione delle vene a ponte, raramente delle piccole
arterie della corteccia cerebrale. In casi particolari, l'emorragia venosa pu originare da una
lacerazione della dura o di un seno venoso, associata a frattura o diastasi delle suture. Nel neonato
l'ematoma subdurale una complicazione di parti distocici. La raccolta di sangue pu essere
localizzata in qualsiasi compartimento cranico (in circa 1/4 dei casi in fossa posteriore ed i segni
clinici (distress respiratorio, convulsioni, fontanella tesa, anemia, stato di shock) tendono
caratteristicamente a presentarsi solo alcune ore (15-72) dopo la nascita. Nel bambino pi grande, la
presenza di un ematoma subdurale in genere pi a lungo tollerata. In questa evenienza, le
manifestazioni cliniche che possono portare alla diagnosi includono crisi convulsive (50%) dei casi,
sonnolenza, deficit neurologici a focolaio.

119

Emorragia subaracnoidea:
la presenza di sangue negli spazi subaracnoidei testimonia un danno dei vasi superficiali cerebrali e
corrisponde ad elevate accelerazioni angolari dell'encefalo al momento dell'impatto traumatico.
Questo tipo di lesione traduce quindi un trauma di grado abbastanza elevato.
Emorragia intraventricolare:
anche questo tipo di emorragia richiede l'applicazione di una forza elevata capace di determinare
accelerazioni angolari che provocano rotture venose o brusche variazioni dei diametri del cranio
risultanti in uno stiramento con lacerazione delle vene subependimali. Quest'ultimo meccanismo
facilitato nel bambino dall'accentuata flessibilit della teca cranica. Una presenza di un'emorragia
intraventricolare deve essere considerata un elemento prognostico sfavorevole.
Concussione
Una dislocazione rotatoria da protratta accelerazione angolare posttraumatica dell'encefalo pu
deformare le strutture profonde dell'encefalo e determinare una disfunzione estesa neurologica
causa immediata di perdita di coscienza pi o meno protratta. In generale nelle commozioni
cerebrali di breve durata la distorsione delle strutture nervose non tale da risultare in deficit
neurologici permanenti. La sede del danno funzionale non ancora esattamente definita anche se gli
studi pi recenti orientano verso gli emisferi piuttosto che verso il tronco cerebrale.
Danno assonale diffuso:
il risultato di deformazioni dell'encefalo derivanti dagli effetti combinati di forze inerziali
(accelerazioni angolari) e di contatto che risultano in un'alterazione del trasporto
axoplasmico. Il tipo di trauma che pi facilmente pu portare a questa specifica lesione l'urto del
capo contro un oggetto relativamente soffice, capaci quindi di determinare un carico dinamico pi
prolungato di quello che risulterebbe da un impatto ad energia dinamica equivalente contro una
superficie pi dura. Il danno assonale diffuso particolarmente frequente a seguito di traslazioni
laterali dell'encefalo, che facilitano le deformazioni del parenchima cerebrale contro la falce ed il
tentorio. Data la relativa tardiva insorgenza di questo tipo di complicazione possono contribuire alla
sua genesi anche fenomeni ischemici. La lesione anatomo-patologica tipica costituita da
lacerazioni focali con emorragia dovuta all'interruzione traumatica degli assoni e dei piccoli vasi a
seguito di elevate accelerazioni dell'encefalo. Le sedi tipiche sono il corpo calloso, le pareti del
terzo ventricolo (ipotalamo, fornice), la commissura anteriore, la capsula interna, i gangli basali, la
superficie dorsale del tronco, i peduncoli cerebellari superiori. La diagnosi e la valutazione
dell'estensione del danno possono essere ottenute facilmente mediante RM.
Erniazioni cerebrali:
rappresentano temibili complicazioni della fase acuta e subacuta di un trauma
cranioencefalico. Lo scivolamento caudale dei nuclei basali e della parte inferiore degli emisferi
cerebrali attraverso il tentorio (ernia centrale transtentoriale) un'evenienza relativamente rara, che
pu realizzarsi in caso di traumi che causano un edema massivo del cervello o per effetto-massa di
lesioni extracerebrali, come ematomi epi- e subdurali. Le manifestazioni cliniche - agitazione,
paralisi dello sguardo verso l'alto, sonnolenza e quindi coma - traducono la disfunzione secondaria
120

del diencefalo. La pi frequente ernia dell'uncus temporale trova lo stesso meccanismo


patogenetico, anche se a scala pi ridotta, con la progressiva dislocazione dell'uncus attraverso il
tentorio e distorsione secondaria del tronco cerebrale, a causa di una lesione occupante spazio
localizzata nella fossa cranica media. I segni clinici (emiparesi, anisocoria, alterato livello di
coscienza con rapida progressione al coma) corrispondono alla disfunzione conseguente alla
compressione del tronco cerebrale, allo stiramento del III nervo cranico omolaterale e dell'arteria
cerebrale posteriore.
L'ernia sottofalcale, in generale meno grave delle precedenti, corrisponde allo spostamento
del giro del cingolo al di sotto della parte anteriore, meno sviluppata in altezza, della falce. Il
maggiore rischio di questo tipo di ernia legato alla possibilit di danni ischemici secondari alla
compressione dell'arteria cerebrale anteriore.
La sindrome del bambino percosso:
sempre pi facilmente identificata negli ultimi anni a seguito della maggiore consapevolezza
sociale della condizione e delle migliorate capacit di diagnosi. Caffey nel 1974 ha portato
l'attenzione sulla possibilit di lesioni emorragiche intraoculari e intracerebrali in bambini afferrati
per gli arti e sottoposti a violento scuotimento del corpo, spesso in assenza di segni esterni riferibili
a trauma. Il meccanismo patogenetico delle emorragie la lacerazione delle strutture vascolari e del
tessuto nervoso sottoposti a violente accelerazioni, i cui effetti sono esaltati nella prima infanzia
dalla distensibilit delle suture, dalla presenza di fontanelle ancora aperte e dalla minore resistenza
del cervello non ancora mielinizzato. Il sospetto di un bambino sottoposto ad abuso deve essere
preso in considerazione in ogni caso in cui la TC documenti la presenza di lesioni intracraniche di
varia data, e quindi in varie fasi di organizzazione-riparazione- quali ematomi e versamenti
subdurali cronici, emorragie subaracnoidee, emorragie intraparenchimali. In questi casi, l'esame
clinico pu fornire elementi di supporto quali la presenza di emorragie retiniche o di lesioni dei
tessuti molli, anch'esse in diversa fase di evoluzione. La radiografia delle ossa lunghe pu
evidenziare fratture o caratteristici ematomi subperiostei a livello delle diafasi omerali, secondarie
all'afferramento violento degli arti superiori.
La raccolta accurata dell'anamnesi pu fornire ulteriori elementi, soprattutto in caso di
"incidenti traumatici" ripetuti o di incidenti riferiti le cui modalit non corrispondono all'entit ed al
tipo di lesioni riscontrate.
Trattamento
L'essenza del trattamento di un trauma cranioencefalico la prevenzione o almeno la
riduzione del danno secondario, tenendo conto dell'estrema suscettibilit dell'encefalo traumatizzato
a variazioni dell'omeostasi generale o locale (ipotensione sistemica, ipoperfusione cerebrale,
ipossemia, ipercapnia, ipertensione endocranica, crisi epilettiche). La stabilizzazione delle
condizioni generali, particolarmente in caso di politrauma e possibilmente sul luogo dell'incidente,
costituisce la misura immediata pi efficace. La scala di valutazione del coma di Glasgow (Tabella
5) permette una valutazione quantitativa dell'entit del trauma; nei bambini, specie in et prelinguaggio, vengono utilizzate scale modificate (Tabella 6) Scale basate su criteri simili sono usate
per la valutazione quantitativa dei risultati del trattamento e delle eventuali sequelae tardive. In caso
di trauma cranioencefalico moderatamente severo o grave richiesto il ricovero nel presidio
ospedaliero pi vicino, anche se non provvisto di una neurochirurgia, qualora sia necessario
assicurare la perviet delle vie aree o, in assenza di questa necessit immediata, in un centro capace
di provvedere anche alla terapia chirurgica.
In caso di trauma lieve o moderato il ricovero s'impone qualora sia sospettata una perdita di
coscienza al momento del trauma, in presenza di deficit neurologici a focolaio o in caso di
121

insorgenza di sintomi e segni di ipertensione endocranica. Nei bambini in tenera et il vomito


precoce dopo il trauma pu non corrispondere ad un danno cerebrale a differenza di quello tardivo,
che si presenta alcune ore dopo l'evento traumatico, che invece deve suggerire l'immediata
ospedalizzazione. Considerato che solo un quarto dei bambini con trauma cranico grave sviluppa
lesioni occupanti spazio, che possono richiedere una terapia chirurgica (rispetto al 50% dei pazienti
adulti), la terapia medica costituisce nella maggior parte dei casi l'aspetto pi importante del
trattamento. Assicurare immediatamente una buona ventilazione, un appropriato apporto di fluidi
per via intravenosa, un'adeguata reintegrazione di sangue eventualmente perso (il bambino ha un
volume ematico estremamente ridotto rispetto all'adulto), una corretta profilassi anticomiziale, una
giudiziosa somministrazione di farmaci antidolorifici e, in casi selezionati, un'efficace terapia
osmotica rappresentano i provvedimenti pi efficaci per combattere le complicazioni pi frequenti
e temibili dei traumi cranioencefalici (ipossia, ipercapnia, ipotensione, shock anemico, crisi
epilettiche immediate e precoci, dolore, ipertensione endocranica).
Traumi spinali
I traumi della colonna spinale sono relativamente rari nella popolazione pediatrica
rappresentando una frazione variabile tra l'1 ed il 10% delle diverse casistiche di traumi del SNC,
con picchi di incidenza nei mesi estivi e durante le vacanze scolastiche ed una distribuzione per
etiologia simile a quella dei traumi cranio-encefalici . I traumi spinali del bambino presentano
alcuni aspetti tipici, rispetto all'analoga patologia dell'adulto, legati alla maggiore incidenza di
lesioni midollari senza un'evidenza di anomalie radiografiche della spina, di lesioni pure dei
legamenti, di dislocazioni atlanto-occipitali e di distorsioni cervicali con esito in fissazione rotatoria
della cerniera atlanto-occipitale Dal punto di vista terapeutico, essi presentano problemi specifici
per la difficolt di stabilizzare le strutture vertebrali in una fase di crescita non ancora completata.
In generale, pur con variazioni legate alle diverse et, rispetto all'adulto la spina giovanile pi
malleabile alle forze deformanti , caratteristica atta ad evitare fratture o lacerazioni dei legamenti
ma svantaggiosa per quanto riguarda la protezione del midollo spinale.
Tradizionalmente vengono distinti i traumi con lesione midollare dai traumi con risparmio
della strutture nervose. I primi costituiscono circa il 50% dei casi, con un terzo circa di interruzione
completa del midollo (Frankel Grado A) e 2/3 con lesione incompleta pi o meno grave (Frankel
Grado B a D). Questo tipo di trauma prevale nel gruppo di et 0-9 anni in relazione appunto alla
minore efficacia protettiva della colonna spinale mentre le lesioni incomplete sono pi comuni nel
gruppo 10-17 anni. Circa un quarto dei bambini con fratture vertebrali e la met dei casi con
fratture-sublussazione o sublussazioni senza frattura presentano delle lesioni neurologiche
associate. La maggior parte (75%) dei traumi spinali interessa la regione cervicale, specialmente nei
primi anni di vita per l'estrema ipermobilit delle articolazioni di tale segmento della spina nel
bambino sotto i 3 anni. In circa un sesto dei casi infine possibile ritrovare lesioni della spina non
contigue, un dato che sottolinea l'importanza di un esame completo della colonna in ogni caso di
trauma spinale infantile.
Da un punto di vista pratico, i traumi spinali sono classificati in base alle lesioni
radiografiche ed alle informazioni fornite dalla TAC (e dalla RM in caso di interessamento
midollare). Sulla base di tali esami vengono distinti 4 gruppi:: 1. Fratture del corpo vertebrale e/o
delle lamine e delle spine con sublussazione del corpo, 2. Fratture vertebrali senza sublussazione, 3.
Sublussazione senza frattura (danno puro dei legamenti), 4. Lesioni midollari senza frattura o
lussazione (danno spinale senza evidenza radiografica). L'ultimo gruppo di particolare interesse in
et pediatrica.
SCIWORA (spinal cord injury without radiographic abnormality) l'acronimo coniato da
Lang e Wilberger nel 1982 per descrivere mielopatie traumatiche del bambino senza fratture o
sublussazioni delle vertebre identificabili radiograficamente. Alla base della definizione sta il
concetto che l'elasticit della spina infantile tale da assorbire un grado notevole di deformit
122

intersegmentale, senza fratture ossee o lacerazioni dei legamenti ,a spese per del sottostante
midollo spinale (iperestensione cervicale con riduzione del diametro del canale fino al 50% da
protrusione intracanalare verso l'avanti dei legamenti posteriori interlaminari con conseguente
compressione del midollo; dislocazione vertebrale temporanea seguita da spontanea riduzione con
compressione midollare acuta, favorita dall'orientamento orizzontale delle faccette articolari in et
pediatrica; maggiore possibilit di distrazione della colonna non associata ad una equivalente
elasticit della dura e del midollo spinale, particolarmente evidente nelle lesioni ostetriche da parto).
La classificazione sopra riportata sottolinea l'importanza di un'instabilit vertebrale posttraumatica, la quale richiede un trattamento chirurgico, rispetto alla semplice frattura vertebrale, che
pu evolvere spontaneamente. Poich le strategie di trattamento non sono in grado di modificare
significativamente le lesioni midollari, le misure principali per diminuire la mortalit e la morbilit
da trauma spinale restano quelle di una prevenzione primaria, come del resto accade per i traumi
cranio-encefalici. I bambini che sopravvivono all'evento traumatico hanno in genere una capacit di
recupero alta in caso di danno midollare moderato o incompleto per una maggiore plasticit del
sistema nervoso. Tuttavia solo un'esigua minoranza di bambini Frankel Grado A pu presentare un
modesto miglioramento e nessun paziente in grado di raggiungere il recupero completo.
Letture consigliate
A.J.Raimondi, M.Choux, C.Di Rocco: Head Injuries in the Newborn and Infant Springer Verlag:
New York, Berlin, 1986, pp 292
D.Marion:Traumatic Brain Injury, Thieme; New York, Stuttgart, 1999, pp 302

123

TABELLA 1
Lesione traumatica del SNC ed eventi fisiologici associati
1.Evento causale: Applicazione di una forza meccanica esterna alla teca cranio-spinale.
Decelerazione-accelerazione brusca dell'encefalo
2.Danno primario: danno meccanico del parenchima cerebrale che si realizza nel momento
dell'impatto
3.Danno secondario: eventi neurochimici e fisiologici in risposta al danno primario (stato
ipermetabolico, depressione neuronale diffusa, ischemia, liberazione extracellulare di glutamato,
interleuchine, lattati, radicali liberi...)
4.Infiammazione: risposta infiammatoria in relazione alla liberazione di tossine neurochimiche ed
alla presenza di radicali liberi
5. Riparazione/ Rigenerazione: apoptosi, risposta gliale, rigenerazione neuronale (?)

124

TABELLA 2
Classificazione delle lesioni traumatiche cranioencefaliche e codici corrispondenti
(Classificazione internazionale delle malattie, Nona revisione: Modifica clinica, Ann Arbor: National Center for Health
Statistics, 1978)

Codice

Descrizione

N800

Frattura della teca cranica

N801

Frattura della base cranica

N802

Frattura dello scheletro facciale

N803

Altre fratture non classificate

N804
N850

Fratture multiple a carico del cranio o dello scheletro facciale e di altri distretti
corporei
Concussione-Commozione

N851

Contusione e lacerazione cerebrale

N852

Emorragia post-traumatica subaracnoidea, subdurale, epidurale

N853

Altre emorragie post-traumatiche non specificate

N854

Lesioni intracraniche di altra natura non specificata

N870

Ferita aperta degli annessi oculari

N871

Ferita aperta del globo oculare

N872

Ferita aperta dell'orecchio

N873

Altre ferite aperte del capo

N905.0

Effetti tardivi di fratture craniche o delle ossa facciali

N907.0

Effetti tardivi di lesioni intracraniche senza riferimento a fratture

125

TABELLA 3
Epidemiologia dei traumi cranio-encefalici
Decessi per trauma cranico (incidenza sulla popolazione generale per anno): 20/100.000
Soggetti con disabilit post-traumatica (incidenza sulla popolazione generale): 45/100.000
Probabilit di decesso per:
Trauma grave (GCS. 3-8): 33% durante il primo ricovero, 36% a due anni
Trauma lieve (GCS 9-12): 2,5% (quasi esclusivamente con punteggio 9-10)

Persistenza di sintomi dopo trauma: 84% a 3 mesi dal trauma (soprattutto cefalea, confusione,
50% disturbi della memoria)
69% con sintomi che impediscono il ritorno all'attivit
lavorativa

126

TABELLA 4
Meccanismi e lesioni cranio-encefaliche post-traumatiche
(modificato da Halliday Al, 1999 in Marion DW:Ttraumatic Brain Injury)

Modalita' di danno:

Meccanismo:

FOCALE

Forze di contatto

DIFFUSO

Forze inerziali

(Traslazione-Accelerazione)

Tipo di lesione: Frattura cranica

Forze inerziali

(Rotazione-Accelerazione)

Contusione da contraccolpo

Concussione

Ematoma epidurale

Ematoma intracerebrale

Danno assonale diffuso

Contusione

Ematoma subdurale

Emorragia subaracnoidea

Ematoma subdurale

Emorragia ventricolare
Lacerazione tissutale

127

TABELLA 5
Glasgow Coma Scale
Apertura degli occhi
- spontanea
- dopo sollecitazione vocale
- dopo sollecitazione dolorosa
- assente

Punteggio
4
3
2
1

Risposta verbale
- orientata
- confusa
- inappropriata
- suoni incomprensibili
- assente

5
4
3
2
1

Risposta motoria
- segue i comandi
- localizzata dopo stimolo doloroso
- di ritrazione dopo stimolo doloroso
- in flessione anormale
- in estensione anormale
- assente
Punteggio: 13 - 15
9 12
3-8

6
5
4
3
2
1

Trauma lieve
Trauma moderato
Trauma severo

128

TABELLA 6
Children's Coma Score (Raimondi e Hirschauer, 1986)
Risposta oculare
- segue con lo sguardo
- movimenti oculari coordinati, pupilla reattiva
- movimenti oculari incoordinati, pupilla fissa
- paresi dell'oculomozione, pupilla fissa

Punteggio
4
3
2
1

Risposta verbale
- piange
- respirazione spontanea
- apnea

3
2
1

Risposta motoria
- estende e flette gli arti
- retrae gli arti dopo stimolo doloroso
- ipertonia
- flaccidit
Punteggio totale massimo
Punteggio totale minimo

4
3
2
1

11
3

129

INDICE ANALITICO

ADENOMI DELL'IPOFISI; 30
AFFEZIONI CEREBROVASCOLARI DEL SISTEMA
NERVOSO CENTRALE IN ET PEDIATRICA; 85
Alterazioni della coscienza; 105; Vedi Traumi cranici
Aneurismi intracranici ed Emorragia Sub-Aracnoidea (ESA);
24; Vedi Disturbi cerebrovascolari acuti
Angiomi cavernosi; 6665; Vedi Affezioni cerebrovascolari
del sistema nervoso centrale in et pediatrica
ANOMALIE DI CONFORMAZIONE DEL CRANIO; 95
Astrocitomi cerebellari; 81; Vedi Neoplasie del sistema
nervoso centrale in et pediatrica
Astrocitomi cerebrali; 87; Vedi Neoplasie del sistema
nervoso centrale in et pediatrica
Astrocitomi fibrillari; 82; Vedi Neoplasie del sistema nervoso
centrale in et pediatrica

Ematoma subdurale; 103; Vedi Traumi cranici e spinali


Ematomi epidurali; 101; Vedi Traumi cranici e spinali
Ematomi post-traumatici; 45; Vedi Traumi cranici
Emorragia intraventricolare; 112; Vedi Traumi cranici e
spinali
Emorragia subaracnoidea; 1043; Vedi Traumi cranici e
spinali
Emorragie cerebrali perinatali; 129; Vedi Affezioni
cerebrovascolari del sistema nervoso centrale in et
pediatrica
Endoscopia; 35; Vedi Adenomi dell'ipofisi
Ependimomi; 84; 88; Vedi Neoplasie del sistema nervoso
centrale in et pediatrica; Vedi Neoplasie del sistema
nervoso centrale in et pediatrica
Epidemiologia; 120; 116; Vedi Traumi cranici e spinali; Vedi
Trattameno chirurgico delle epilessie
Epidemiologia dei traumi cranio-encefalici. Vedi Tabella 3
Ernia del disco cervicale; 48
Ernia del disco lombare; 4847
Erniazioni cerebrali; 11615; Vedi Traumi cranici e spinali
ERNIE CEREBRALI; 8
Eziologia; 26; Vedi Disturbi cerebrovascolari acuti
Eziologia dei tumori cerebrali; 107; Vedi Tumori cerebrali
Eziopatogenesi; 55; Vedi La nevralgia del trigemino

C
Cavernomi; 34; Vedi Disturbi cerebrovascolari acuti
CEFALEA ASSOCIATA A PATOLOGIA
ENDOCRANICA NON VASCOLARE; 48
Cefalea associata a sella vuota; 43
Cefalea associata a sella vuota.. Vedi Cefalea associata a
patologia endocranica non vascolare
Cefalea nei tumori endocranici; 41; Vedi Cefalea asoociata a
patologia endocranica non vascolare
Children's Coma Score. Vedi Tabella 6
classificazione; 41
Classificazione; 106; Vedi Adenomi dell'ipofisi
Classificazione delle lesioni traumatiche cranioencefaliche e
codici corrispondenti. Vedi Tabella 2
Clinica; 25; Vedi Disturbi cerebrovascolari acuti
Complicanze; 28; Vedi Disturbi cerebrovascolari acuti
Concussione; 113; Vedi Traumi cranici e spinali
Craniofaringiomi; 94; Vedi Neoplasie del sistema nervoso
centrale in et pediatrica
Craniostenosi coronaria uni o bilaterale (plagiocefalia
anteriore, brachicefalia); 70; Vedi Anomalie di
conformazione del cranio
Craniostenosi lambdoidea (plagiocefalia posteriore,
brachicefalia); 72; Vedi Anomalie di conformazione del
cranio
Craniostenosi metopica (trigonocefalia); 98; Vedi Anomalie
di conformazione del cranio
Craniostenosi multipla (ossicefalia); 73; Vedi Anomalie di
conformazione del cranio
Craniostenosi sagittale (scafocefalia); 70; Vedi Anomalie di
conformazione del cranio

D
Danno assonale diffuso; 114; Vedi Traumi cranici e spinali
Demenza associata ad idrocefalo normoteso; 23
Diagnosi; 27; Vedi Disturbi cerebrovascolari acuti
Diagnosi e trattamento; 8079; Vedi Anomalie di
conformazione del cranio
Diagnostica ormonale; 3837; Vedi Adenomi dell'ipofisi
Diagnostica radiologica; 36; Vedi Adenomi dell'ipofisi
DISTURBI CEREBROVASCOLARI ACUTI; 19

F
Farmacoresistenza; 12120; Vedi Trattameno chirurgico
delle epilessie
Filmato aneurisma; 3130; Vedi Disturbi cerebrovascolari
acuti
Filmato cavernosa; 35; Vedi Disturbi cerebrovascolari acuti
Filmato terapia endovascolare; 122; Vedi Disturbi
cerebrovascolari acuti
FISIOPATOLOGIA DEL SISTEMA INTRACRANICO; 4
Forme non sindromiche (semplici o primarie); 69; Vedi
Anomalie di conformazione del cranio
FORME NON SINDROMICHE (semplici o primarie); 96
Forme sindromiche; 74; Vedi Anomalie di conformazione del
cranio
Fratture craniche; 100; Vedi Traumi cranici e spinali

G
Glasgow Coma Scale. Vedi Tabella 5
Gliomi del tronco encefalico; 8584; Vedi Neoplasie del
sistema nervoso centrale in et pediatrica
Gliomi ottico-ipotalamici; 93; Vedi Neoplasie del sistema
nervoso centrale in et pediatrica

I
IDROCEFALO; 9
Il trattamento chirurgico della Malattia di Parkinson; 52
Indicazione alla chirurgia; 59; Vedi Trattameno chirurgico
delle epilessie

L
La demenza associata ad idrocefalo normoteso. Vedi
Idrocefalo

130

LA NEUROCHIRURGIA STEREOTASSICA NELLA


MALATTIA DI PARKINSON; 71
LA NEVRALGIA DEL TRIGEMINO; 77
La sindrome del bambino percosso; 116; Vedi Traumi cranici
e spinali
LE ERNIE DEL DISCO INTERVERTEBRALE; 66
Lesione traumatica del SNC ed eventi fisiologici associati.
Vedi Tabella 1
Lesioni dovute allo scuotimento della massa cerebrale; 47
46; Vedi Traumi cranici
Lesioni focali; 44; Vedi Traumi cranici
LEZIONI DI NEUROCHIRURGIA; 1

M
Malformazioni arterovenose (MAV); 33; Vedi Disturbi
cerebrovascolari acuti
Malformazioni arterovenose cerebrali; 119; Vedi Affezioni
cerebrovascolari del sistema nervoso centrale in et
pediatrica
Malformazioni arterovenose della regione della vena di
Galeno; 67; Vedi Affezioni cerebrovascolari del sistema
nervoso centrale in et pediatrica
Malformazioni vascolari cerebrali; 64; Vedi Affezioni
cerebrovascolari del sistema nervoso centrale in et
pediatrica
Meccanismi alla base della cefalea; 42; Vedi Cefalea
associata a patologia endocranica non vascolare
Meccanismi e lesioni cranio-encefaliche post-traumatiche.
Vedi Tabella 4
Meccanismi patogenetici dei traumi cranio-encefalici; 98;
Vedi Traumi cranici e spinali
Medulloblastomi; 83; Vedi Neoplasie del sistema nervoso
centrale in et pediatrica

P
Papillomi dei plessi corioidei; 90; Vedi Neoplasie del sistema
nervoso centrale in et pediatrica
Patogenesi della Malattia di Parkinson; 5049
Principali tipi di lesione da trauma cranio-encefalico; 99;
Vedi Traumi cranici e spinali
Processo di Epilettizzazione; 126; Vedi Trattameno
chirurgico delle epilessie

R
Radioterapia; 39; Vedi Adenomi dell'ipofisi
Radioterapia intralesionale di gliomi maligni; 109; Vedi
Tumori cerebrali
Risultati della chirurgia; 56; Vedi La nevralgia del trigemino

S
Segni clinici del coma; 111; Vedi Tumori cerebrali
Selezione dei pazienti; 127
Sindrome di Apert; 76; Vedi Anomalie di conformazione del
cranio
Sindrome di Crouzon; 75; Vedi Anomalie di conformazione
del cranio
Sindrome di Moyamoya; 68; Vedi Affezioni cerebrovascolari
del sistema nervoso centrale in et pediatrica
Sindrome di Pleiffer; 79; Vedi Anomalie di conformazione
del cranio
Sindrome di Saethre-Chotzen; 78
Sindrome di Saethre-Chotzen:. Vedi Anomalie di
conformazione del cranio
Studio della pressione e della dinamica liquorale; 15
Substrato fisiopatologico della Malattia di Parkinson; 51

Neoplasie cerebrali sovratentoriali; 86; Vedi Neoplasie del


sistema nervoso centrale in et pediatrica
NEOPLASIE DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE IN
ET PEDIATRICA; 10416
Neoplasie della fossa cranica posteriore; 80; Vedi Neoplasie
del sistema nervoso centrale in et pediatrica
Neoplasie della regione sellare e sovrasellare; 92; Vedi
Neoplasie del sistema nervoso centrale in et pediatrica
Neurochirurgia delle Epilessie; 125; Vedi Trattamento
chirurgico delle epilessie
Neurochirurgia stereotassica del nucleo subtalamico (NST);
123; Vedi La neurochirurgia stereotassica nella malattia di
Parkinson

Terapia; 77; Vedi La nevralgia del trigemino


Terapia chirurgica; 3938; 110; Vedi Traumi cranici; Vedi
Adenomi dell'ipofisi
Terapia endovascolare degli aneurismi intracranici; 32; Vedi
Disturbi cerebrovascolari acuti
Terapia medica; 40; Vedi Adenomi dell'ipofisi
Terzo Ventricolostomia; 121; Vedi Idrocefalo
Trattamento; 118; Vedi Traumi cranici e spinali
Trattamento chirurgico; 108; 61; Vedi Trattameno chirurgico
delle epilessie; Vedi Tumori cerebrali
TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE EPILESSIE; 80
Trattamento di una ESA da rottura di aneurisma intracranico;
3029; Vedi Disturbi cerebrovascolari acuti
TRAUMI CRANICI; 54
TRAUMI CRANICI E SPINALI; 116
Traumi spinali; 118; Vedi Traumi cranici e spinali
TUMORI CEREBRALI; 38
Tumori della regione pineale; 9695; Vedi Neoplasie del
sistema nervoso centrale in et pediatrica
Tumori spinali; 9796; Vedi Neoplasie del sistema nervoso
centrale in et pediatrica

O
Oligodendrogliomi; 89; Vedi Neoplasie del sistema nervoso
centrale in et pediatrica

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