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Newsletter

N 90 Maggio 2015

Trifir & Partners Avvocati


entrata in vigore la NASpI .arrivano i primi
chiarimenti
Il 1 maggio, insieme allEXPO, ha avuto il suo debutto la NASpI, la
nuova forma di ammortizzatore sociale che sostituisce la vecchia
ASPI.
Tempestivamente sono gi arrivati i primi chiarimenti sullinterpretazione
da dare allart. 3 del D. Lgs. n. 22/2013 da parte del Ministero del Lavoro
(Direzione Generale per lAttivit Ispettiva) che, con linterpello n. 13 del
24 aprile, ha risposto ad un quesito della CISL.
La nuova indennit spetta ai lavoratori che abbiano perduto
involontariamente la propria occupazione e che presentino una serie di
requisiti:
Diritto del Lavoro
Attualit 1

Le Nostre Sentenze 10

Cassazione 14

Diritto Civile,
Commerciale,
Assicurativo
Assicurazioni, Locazioni,
Responsabilit 15

Il Punto su 18
R. Stampa 20

Eventi 21

Contatti 22

I.

stato di disoccupazione;

II.

essere in possesso, nei quattro anni antecedenti linizio del periodo


di disoccupazione, di almeno tredici settimane di contribuzione;

III.

poter far valere, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici


mesi antecedenti, almeno trenta giornate di lavoro effettivo.

1. La formulazione della norma ha provocato dei dubbi circa la


fruibilit della Naspi in caso di licenziamento disciplinare.

Il Ministero del Lavoro ritiene che lipotesi del recesso disciplinare rientri
nella fattispecie della c.d. disoccupazione involontaria.
Peraltro, tale interpretazione coerente con linterpello n. 29/2013 con il
quale si era ritenuto sussistente lobbligo del contributo di ingresso alla
mobilit in caso di licenziamento disciplinare, nonch con le
interpretazioni amministrative dellINPS (vedi ad esempio circolare n.
44/2013) secondo cui non era stata assolutamente esclusa lipotesi del
licenziamento disciplinare.
2. Altro chiarimento molto importante quello che riconosce il
trattamento di NASpI anche in favore dei lavoratori che accettano
loerta di conciliazione ex art. 6 del D.Lgs. n. 23/2015.

Tale istituto, finalizzato ad evitare il ricorso giudiziale nei casi di


licenziamento dei lavoratori assunti a partire dal 7 marzo 2015, prevede

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che, entro il termine perentorio di sessanta giorni dal recesso, il datore di lavoro possa offrire, quale
corrispettivo dellaccettazione del licenziamento, una somma, esente da contribuzione previdenziale e da
IRPEF, correlata allanzianit aziendale maturata e pari ad una mensilit di retribuzione utile ai fini del
calcolo del TFR, partendo da una base di due, fino ad un massimo di diciotto mensilit. Per i datori di
lavoro, dimensionati fino a quindici dipendenti, le somme sopra riportate sono ridotte della met ed il
limite massimo viene fissato in sei mensilit. Limporto, come sopra determinato, deve essere offerto con
assegno circolare.
Il Ministero del Lavoro ha sottolineato come laccettazione della somma non incide sul titolo della
risoluzione del rapporto di lavoro che resta il licenziamento, ossia la risoluzione unilaterale del rapporto
ascrivibile al datore di lavoro. Laccettazione della somma comporta soltanto la rinuncia allimpugnazione
del licenziamento.
Quindi, conclude il Ministero, la fattispecie pur sempre ascrivibile ad una ipotesi di disoccupazione
involontaria.

Damiana Lesce

Comitato di Redazione: Francesco Autelitano, Stefano Beretta, Antonio Cazzella, Teresa Cofano, Luca
DArco, Diego Meucci, Jacopo Moretti, Damiana Lesce, Luca Peron, Claudio Ponari, Vittorio Provera,
Tommaso Targa, Marina Tona, Stefano Trifir e Giovanna Vaglio Bianco

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BONUS ASSUNZIONI: FACCIAMO IL PUNTO


A cura di Damiana Lesce e Valeria De Lucia
Con due interventi, la circolare n. 17/2015 del 29 gennaio e il messaggio n. 1144/2015 del 13 febbraio,
l'INPS ha fornito chiarimenti ed indicazioni in merito alla disciplina e alle modalit di fruizione del bonus
contributivo di 8.060 euro previsto dall'art. 1, commi da 118 a 124, della I. n. 190/2014 (legge di Stabilit
2015) per le nuove assunzioni a tempo indeterminato.

Soggetti beneficiari: i datori di lavoro privati, ivi compresi i soggetti non imprenditori (ad esempio: gli studi
professionali, le associazioni e le fondazioni).
Assunzioni valide ai fini dellesonero: assunzioni, anche in regime di part-time, con contratto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato, ad eccezione dei contratti di apprendistato e dei contratti di lavoro
domestico, effettuate a decorrere dal 1^ gennaio 2015 ed entro al 31 dicembre 2015.
Rientrano nel campo di applicazione della norma: i rapporti di lavoro ripartito a tempo indeterminato e quelli a
scopo di somministrazione.
Diversamente, la circolare n. 17/2015 specifica che il contratto di lavoro intermittente, ancorch a tempo
indeterminato, escluso dal beneficio non potendo essere considerato una forma di lavoro stabile ed
essendo, per sua natura, concepito allo scopo di far fronte ad attivit lavorative di tipo discontinuo,
caratterizzate da incertezza nel se e nel quanto della prestazione.
Oggetto dellesonero, durata e compatibilit con altri benefici: il bonus non ha carattere strutturale e non
riguarda i premi e i contributi dovuti all'INAIL o agli Enti bilaterali.
riconosciuta per un periodo massimo di trentasei mesi e comporta lesonero dal versamento dei
complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro nel limite massimo di un importo pari a 8.060
euro su base annua.
Per i rapporti di lavoro ripartito o a tempo parziale, lammontare del predetto limite deve essere
riproporzionato in ragione dell'orario di lavoro ridotto.
Il bonus pu essere goduto una sola volta in relazione a ciascun lavoratore.
La misura non cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa
vigente. Lo , invece, con gli incentivi che assumono natura economica (a titolo di esempio: lincentivo per
l'assunzione dei lavoratori disabili; lincentivo per l'assunzione di giovani genitori; l'incentivo all'assunzione di
beneficiari del trattamento Aspi).
casi di esclusione: il bonus escluso per le assunzioni di soggetti che, nei sei mesi precedenti, siano risultati
occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro, anche a scopo di somministrazione, o nella
forma dell'apprendistato e del lavoro ripartito.
Il bonus non spetta inoltre in caso di assunzioni di lavoratori che siano gi stati, nei tre mesi precedenti la data
di entrata in vigore della legge di Stabilit 2015, alle dipendenze con contratto a tempo indeterminato del
datore di lavoro che richiede lincentivo, anche attraverso societ controllate e/o collegate.
Resta fermo quanto previsto dallart. 4, comma 11, I. n. 92/2012, che impedisce laccesso alle agevolazioni
normative e contributive: (i) laddove lassunzione violi il diritto di precedenza di un altro lavoratore licenziato, (ii)
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riguardi lavoratori licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del
licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore che assume o
risulti con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo, (iii) laddove il datore di lavoro abbia in
atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale.
Disciplina in caso di assunzioni c.d. obbligate: il bonus spetta anche nelle ipotesi in cui le
assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato costituiscano attuazione di un obbligo stabilito
da norme di legge o di contratto collettivo di lavoro.
Condizione per usufruire del bonus: la possibilit di accedere al bonus subordinata al rispetto delle
condizioni fissate dallart. 1, commi 1175 e 1176 L. n. 296/2006, vale a dire la regolarit degli obblighi di
contribuzione previdenziale e l'assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di
lavoro (condizioni per il rilascio del documento unico di regolarit contributiva - DURC) ed allosservanza
degli accordi e contratti collettivi nazionali nonch di quelli regionali, territoriali o aziendali sottoscritti dalle
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente pi rappresentative sul
piano nazionale.

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LA REPERIBILIT SVOLTA SUL LUOGO DI LAVORO. GLI


ORIENTAMENTI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA E LA NECESSIT DI
UNA VERIFICA DELLA FATTISPECIE CONCRETA.
A cura di Antonio Cazzella
Lart. 1 del d.lgs. n. 66/2003, che ha attuato le prescrizioni della Direttiva 93/104/CE in materia di orario di
lavoro, ha stabilito che costituisce orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a
disposizione del datore di lavoro e nellesercizio della sua attivit o delle sue funzioni.

Pertanto, alla luce del dato testuale della suddetta norma, la mera disponibilit del lavoratore allo svolgimento
della prestazione non sarebbe, di per s, sufficiente a costituire orario di lavoro.
Infatti, la giurisprudenza di legittimit si ripetutamente espressa sulla possibilit di considerare la reperibilit
come normale orario di lavoro, affermando, anche recentemente, che la reperibilit qualitativamente diversa
dalla prestazione di lavoro e, per tale ragione, non equivale ad uneffettiva prestazione lavorativa,
comportando, semplicemente, il diritto ad un trattamento economico aggiuntivo previsto dalla contrattazione
collettiva o, in mancanza, determinato dal giudice (cfr., ex plurimis, Cass. 15 maggio 2013, n. 11727).
In tal caso, il lavoratore che, ad esempio, si trova presso la sua abitazione disponibile, in caso di
necessit, a recarsi sul luogo di lavoro per prestare la sua attivit.
Alcuni problemi interpretativi, in materia di orario di lavoro e di reperibilit, si sono posti a seguito di alcune
pronunce rese dalla Corte di Giustizia (tra le quali, ad esempio, la sentenza n. 151 del 9 settembre 2003), che
ha operato una distinzione tra reperibilit esterna e reperibilit interna, questultima riferita alle fattispecie (ad
esempio, medico ospedaliero) in cui il lavoratore svolge il servizio di reperibilit sul luogo di lavoro.
Con la citata sentenza n. 151/2003, la Corte di Giustizia, esaminando il caso di un medico tedesco che
prestava il turno di reperibilit allinterno di un ospedale, ha affermato che non si pu considerare riposo il
tempo trascorso dal lavoratore in un luogo prescelto dal datore di lavoro, in quanto solo nellipotesi di
reperibilit esterna il lavoratore sarebbe libero di gestire il proprio tempo libero, seppure con qualche vincolo
derivante dalla necessit di rientrare al lavoro in caso di chiamata.
In particolare, la Corte di Giustizia ha rilevato che il fatto stesso di essere fisicamente presente sul luogo di
lavoro indicato dal datore ed a tenersi a disposizione di questultimo per poter fornire immediatamente la
prestazione richiesta sarebbe sufficiente ad integrare la nozione di orario di lavoro, posto che sarebbe
impossibile, per il medico in turno di reperibilit, scegliere il luogo in cui trascorrere i periodi di attesa; a queste
conclusioni non osta il fatto che il medico abbia una stanza a disposizione per riposare, quando non
richiesto il suo intervento.
Secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia, il medico chiamato a svolgere il turno di reperibilit sul
luogo di lavoro sarebbe dunque sottoposto ad obblighi pi onerosi rispetto al medico in servizio di reperibilit
esterna, che presuppone soltanto che questultimo possa essere costantemente raggiunto in caso di
necessit, senza imporre la sua presenza sul luogo di lavoro.
I principi affermati dalla Corte di Giustizia, tuttavia, non possono essere applicati aprioristicamente.
Infatti, la dicotomia tra tempo di lavoro e tempo libero (per cui ci che non tempo libero rientra nellorario
di lavoro, e viceversa) non aderente alle varie tipologie dellorganizzazione del lavoro.
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Peraltro, la Direttiva 93/104/CE (e, conseguentemente, la normativa nazionale di attuazione) persegue


lobiettivo - richiamato dalla stessa giurisprudenza comunitaria - di garantire una migliore tutela della
sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo godere questi ultimi di periodi minimi di riposo in
particolare giornaliero e settimanale e di periodi di pausa adeguati.
In tale ottica, appare evidente che un servizio di reperibilit svolto sul luogo di lavoro non , di per s,
suscettibile di arrecare un pregiudizio alla sicurezza ed alla salute del lavoratore. Per tale ragione,
necessario valutare, caso per caso, le modalit con le quali si svolge il servizio di reperibilit interna, al
fine di verificare se sia preclusa effettivamente al lavoratore la possibilit di fruire di un adeguato periodo
di riposo e, quindi, debba essere eventualmente considerato come orario di lavoro, poich non sembra
coerente con le finalit della Direttiva assimilare tout court la mera disponibilit del lavoratore al tempo
di lavoro.
In questo senso si recentemente espresso il Tribunale di Milano con sentenza del 21 aprile 2015,
esaminando la domanda svolta da un lavoratore con mansioni di guardiano di una diga, il quale,
richiamando i principi affermati dalla Corte di Giustizia, aveva chiesto di accertare che il servizio di
reperibilit prestato in favore del datore di lavoro (peraltro, remunerato con unapposita indennit stabilita
dal CCNL) fosse considerato orario di lavoro.
Nel caso di specie, durante il servizio di reperibilit, il lavoratore che aveva a sua disposizione un
alloggio situato in prossimit della diga - non era tenuto a svolgere alcuna attivit, ad eccezione del caso
in cui si fosse attivato lallarme acustico; in caso di intervento, peraltro infrequente, la prestazione fornita
veniva pagata come lavoro straordinario. Durante la reperibilit il lavoratore, oltre a dormire, poteva
svolgere altre attivit (guardare la televisione, leggere, ascoltare musica, usare il pc, etc.) nonch
allontanarsi dallalloggio, per un tempo ragionevole, per cenare presso uno dei ristoranti convenzionati
con il datore di lavoro, situati in paesi limitrofi.
Il Tribunale di Milano ha rilevato che, in linea generale, nella nozione di lavoro effettivo si possono
ricomprendere anche periodi che, pur non essendo di attivit in senso stretto, non consentano al
dipendente un effettivo stacco dallimpegno lavorativo.
Tanto premesso, il Tribunale ha correttamente rilevato la mancanza di una definizione (e, quindi, di una
disciplina) per tutte quelle ipotesi, intermedie tra riposi e attivit svolta in orario di lavoro, che non
risultino ragionevolmente sussumibili per esclusione nelluna o nellaltra nozione.
Pertanto, esaminate le modalit concrete osservate dal guardiano della diga nello svolgimento del
servizio di reperibilit (servizio che, tra laltro, deve essere svolto in prossimit della diga in base ad uno
specifico obbligo di legge), il Tribunale di Milano ha accertato che tale reperibilit non pu essere
assimilata alleffettiva esecuzione della prestazione, che resta meramente eventuale e molto marginale,
posto che il lavoratore non sottoposto ad alcuna obbligazione suscettibile di impedirgli la gestione del
proprio tempo e di realizzare i propri interessi, salvo riconoscersi allo stesso un limitato disagio nel
riposo.

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Rito Fornero: fase durgenza e opposizione possono essere


assegnate allo stesso Giudice
A cura di Marina Olgiati
Corte Cost. 13 maggio 2015, n. 78
Lassegnazione della fase di opposizione del rito Fornero allo stesso magistrato che ha deciso la fase
durgenza non viola n il principio di uguaglianza n il principio di imparzialit del giudice.
Con la decisione n. 78 del 13 maggio 2015, la Corte Costituzionale ha escluso che, nei giudizi di
impugnazione del licenziamento regolati dal rito Fornero, lassegnazione allo stesso Giudice della
fase durgenza e della successiva fase di opposizione del primo grado di giudizio sia contraria a
principi costituzionali.
La Consulta si era gi occupata del problema, dichiarando, tuttavia, inammissibili, per ragioni formali, le
questioni di legittimit costituzionale sollevate da altri Tribunali; con la pronuncia indicata, invece, per la prima
volta entra nel merito della questione, esaminando le ordinanze di rimessione del Tribunale di Milano nn. 87,
130, 169 e 170/2014.
Il dibattito sorto dallinterpretazione che alcuni Tribunali avevano dato dellart. 1, comma 51, della Legge 28
giugno 2012, n. 92 (c.d. Legge Fornero), il quale dispone che lopposizione avverso lordinanza che ha deciso
la fase durgenza del procedimento relativo ai licenziamenti, ai quali si applica lart. 18, Stat. Lav., va proposta
innanzi al Tribunale che ha emesso il provvedimento opposto. In assenza di pi precise disposizioni, dottrina
e giurisprudenza si sono domandate se il giudice dellopposizione debba/possa essere lo stesso magistrato
che ha deciso la prima fase del giudizio.
Da parte di coloro che sostenevano che la disposizione non potesse essere letta nel senso di ritenere
possibile lassegnazione delle due fasi allo stesso magistrato, si invocava, tra i vari argomenti, una decisione
della stessa Corte Costituzionale (sentenza 15 ottobre 1999, n. 387), che, chiamata a decidere se fosse
legittima o meno lassegnazione allo stesso giudice delle fasi sommaria e di opposizione del procedimento ex
art. 28, St. Lav., in materia di condotta antisindacale, aveva, in effetti, affermato che lassegnazione della fase
di opposizione allo stesso magistrato della fase sommaria era contraria al disposto dellart. 51, n. 4, cod.
proc. civ., che stabilisce che il giudice debba astenersi dal giudicare se della questione sottoposta al suo
esame abbia conosciuto come magistrato in altro grado del processo; ci a salvaguardia del principio
costituzionale di garanzia dellimparzialit del giudicante. La Corte Costituzionale aveva osservato che
limparzialit del giudice deve essere garantita non solo nel caso di giudizio avanti ad un giudice di altro
grado, ma anche nella fase impugnatoria che, in un processo civile, succeda, con carattere di autonomia, ad
una prima fase davanti allo stesso organo giudiziario, che debba giudicare sul medesimo oggetto. Questa
decisione era stata richiamata dalla Corte dAppello di Milano, sez. lavoro (sentenza 13 dicembre 2013, n.
1577), per sostenere la necessit di assegnare a diversi magistrati le due fasi del rito Fornero, sul presupposto
dellanalogia di questa procedura con quella per la repressione della condotta antisindacale.
Chi, viceversa, affermava lammissibilit dellassegnazione della fase di opposizione allo stesso magistrato
sottolineava che questa una fase a cognizione piena e che in essa possono essere introdotte domande
nuove, con la conseguenza che il giudice deve procedere ad unistruttoria approfondita anche su un pi
ampio oggetto; inoltre - rilevava - lassegnazione al giudice che gi si pronunciato nella prima fase
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garantisce un processo pi spedito e risponde al principio costituzionale della ragionevole durata del
processo.
La Corte Costituzionale, con la decisione in esame, ha respinto la questione di legittimit costituzionale,
sollevata dal Tribunale ordinario di Milano, degli art. 51, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. e 1, comma 51, L.
n. 92/2012, nella parte in cui non prevedono l'obbligo di astensione per l'organo giudicante (persona
fisica) investito del giudizio di opposizione che abbia gi pronunciato l'ordinanza ex art. 1, comma 49,
stessa Legge, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.
La Corte ha, in primo luogo, disatteso largomentazione del giudice remittente, secondo cui lart. 1,
comma 51, L. n. 92/2012 violerebbe lart. 3 della Costituzione, sotto il profilo della disparit di
trattamento della procedura sui licenziamenti rispetto a quella del reclamo contro i provvedimenti
cautelari ex art 669 terdecies cod. proc. civ., che stabilisce che del collegio che decide del reclamo non
possa essere parte il magistrato che ha emanato il provvedimento reclamato. Secondo la Corte si tratta
di discipline differenti, perch, diversamente da ci che accade nel rito Fornero di primo grado, nel
procedimento cautelare il reclamo una vera e propria impugnazione, volta alla revisione della decisione
della prima fase durgenza.
La Consulta ha, poi, escluso che possa invocarsi il suo precedente (sentenza n. 387/1999) emesso in
materia di procedimento ex art. 28 Stat. Lav., per la sostanziale diversit delle azioni in materia di
comportamento antisindacale e di impugnazione dei licenziamenti. Infatti, la prima attivata dagli
organismi locali dei sindacati nazionali ed ha la funzione esclusiva di reprimere la condotta antisindacale
e un oggetto limitato (violazione dei diritti allattivit sindacale e di sciopero); la seconda, invece, riguarda
un determinato rapporto di lavoro in un giudizio che vede contrapposte parti legate da un rapporto
negoziale con un ambito di cognizione pi ampio e complesso. Nel primo rito la pronuncia ha finalit
sanzionatoria e, di fatto, i due momenti (fase durgenza e fase di opposizione) non sono fasi in senso
tecnico, essendo la prima una sanzione e la seconda una vera e propria impugnazione del
provvedimento opposto, assimilabile ad un vero e proprio grado di giudizio. Viceversa, il procedimento
disciplinato dalla legge n. 92/2012 un unico procedimento, scandito in due fasi, la prima sommaria,
caratterizzata da atti di istruttoria essenziali e la seconda solo eventuale e a cognizione piena,
contraddistinta dalla pienezza dei rimedi, degli strumenti e dei tempi (cos anche Cass., S.U., 18
settembre 2014, n. 19674, ord.). Inoltre, per il rito Fornero la stessa legge che prevede il reclamo,
quale strumento per impugnare la sentenza che decide lopposizione; quindi, poich lopposizione non
una revisione della precedente fase, ma solo la prosecuzione - eventuale - del giudizio di primo grado,
il giudice della fase di opposizione che sia la medesima persona fisica che ha gi giudicato nella fase
durgenza non ha lobbligo di astenersi.
In definitiva, la mancata previsione nel rito Fornero di un obbligo di astensione del magistrato
dellopposizione che abbia deciso la precedente fase non viola il principio di imparzialit del giudice,
attesi il diverso ruolo e funzione dellopposizione, nella quale possono intervenire terzi, essere proposte
nuove domande, anche riconvenzionali, essere dedotti argomenti giuridici differenti e listruttoria pu
essere ampliata, anche per lassenza di decadenze e preclusioni della prima fase. In altri termini,
lopposizione pi ampia e non costituisce una ripetizione della fase durgenza.

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Infine, per la Corte costituzionale lassegnazione delle due fasi al medesimo giudice (persona fisica)
pure funzionale allattuazione del principio del giusto processo, sotto il profilo della sua ragionevole
durata.
La sentenza esaminata non ha tenuto per conto di una circostanza, segnalata dal giudice remittente:
per quanto il rito Fornero sia un procedimento bifasico e la fase di opposizione non costituisca, in senso
tecnico, un grado di giudizio, essa pu avere, di fatto, valore impugnatorio, allorch il primo giudice,
come spesso accade, non si limiti ad accertamenti essenziali, ma compia unapprofondita istruttoria,
valuti compiutamente il merito e motivi puntualmente in diritto, esaminando tutti gli aspetti del caso.
In tale ipotesi, cos come in quella in cui al primo giudice sia stata sottoposta una questione di mero
diritto, con lopposizione si chiede allo stesso magistrato di decidere su un tema di indagine gi
approfondito e valutato, che difficilmente potr portare ad una differente decisione. E di ci si dovr
tenere conto, considerato che il rito Fornero avr ancora lunga vita, dovendo essere applicato a tutti i
licenziamenti che saranno intimati ai lavoratori assunti prima del decreto attuativo n. 23/2015, in materia
di contratto a tutele crescenti.

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LE NOSTRE SENTENZE
LA SENTENZA DEL MESE
AL DIRIGENTE NON SPETTA ALCUNA BUONA USCITA SE IL COMPENSO ADDIZIONALE
GLI STATO PROMESSO DAL DIRETTORE GENERALE CHE AGIVA ULTRA VIRES
(Tribunale di Roma, sentenza 15 maggio 2015)
La sentenza in commento ha rigettato la domanda formulata da un ex dirigente apicale di una grande
azienda - di pagamento di una somma pari a 30 mensilit della sua elevatissima retribuzione, somma
che il direttore generale pro tempore gli aveva promesso, in costanza di rapporto di lavoro, a titolo di
buona uscita.
La sentenza ha evidenziato che, in base allo statuto della societ, sono di competenza esclusiva del
consiglio di amministrazione, pertanto non delegabili al direttore generale, gli atti e i contratti aziendali
aventi carattere strategico. Tale stata qualificata la comunicazione, firmata dal direttore generale
allinsaputa del consiglio di amministrazione, con cui stato promesso al dirigente apicale il pagamento
di 30 mensilit, al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Il preteso scopo del compenso
addizionale era, infatti, quello di fidelizzare il dirigente e favorire il raggiungimento di obiettivi aziendali di
lungo periodo. Pertanto, la questione aveva carattere strategico comportando, oltre ad un rilevante
impegno economico, anche il mantenimento in servizio, in una posizione di vertice, di un dirigente a cui
stato demandato il compito di realizzare il piano industriale.
Accertato che limpegno al pagamento di una buona uscita di notevole entit, a favore di un dirigente
apicale, costituisce un atto di carattere strategico, la sentenza ha qualificato come compiuto in carenza
dei poteri il provvedimento del direttore generale, senza lautorizzazione del Cda richiesta per statuto, in
assenza anche di una eventuale ratifica postuma. Di qui, il rigetto della domanda per difetto di
legittimazione passiva della societ, in applicazione dei principi generali in materia di falsus procurator.
La sentenza ha altres rigettato le altre domande formulate dal dirigente a titolo di pretese differenze
retributive. Anzitutto, stata rigettata la domanda di pagamento di oltre 1 milione a titolo di indennit
per ferie non godute. Nello specifico, pur risultando dalle buste paga il mancato godimento di ferie, la
domanda stata rigettata poich il dirigente non ha dimostrato che il mancato godimento delle ferie
sarebbe avvenuto per causa di forza maggiore e/o a fronte di un divieto impostogli dalla societ.
risultato, invece, provato che il dirigente, considerata la sua posizione apicale, godeva di ampia
autonomia e discrezionalit nellorganizzazione del proprio lavoro e, pertanto, poteva liberamente
stabilire se e quando godere delle ferie maturate. In proposito, la sentenza ha richiamato il consolidato
orientamento della Suprema Corte - recentemente ribadito - secondo cui Ildirigenteche, pur avendo il
potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, non eserciti il potere
medesimo e non usufruisca quindi del periodo di riposo annuale, non ha il diritto all'indennit sostitutiva
delle ferie non godute, a meno che non provi la ricorrenza di necessit aziendali assolutamente
eccezionali ed obiettive ostative alla suddetta fruizione (da ultimo Cass. civ. sez. lav. 30 aprile 2015 n.
8791). stata rigettata anche la domanda di pagamento di una somma pari ad un anno di retribuzione,
asseritamente dovuta poich, per un anno, al dirigente apicale stata assegnata ad interim la direzione
di due divisioni aziendali. In sostanza, il dirigente rivendicava il doppio dello stipendio a fronte del preteso
incremento quantitativo delle mansioni. La sentenza ha escluso la fondatezza di questa domanda
poich, considerata la retribuzione percepita, notevolmente superiore rispetto ai minimi previsti dal
C.C.N.L. di categoria, non si pone alcun problema di violazione del principio di retribuzione
proporzionata e sufficiente ex art. 36 della Costituzione.
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Infine, la sentenza ha rigettato la domanda di risarcimento del danno alla professionalit, pretesamente
patito dal dirigente negli ultimi mesi del rapporto di lavoro, durante i quali si occupato di effettuare il
passaggio di consegne con il dipendente destinato a sostituirlo nel ruolo. La domanda stata ritenuta
infondata, in mancanza di prova di qualsiasi danno al patrimonio professionale e alla vita di relazione,
sotto il profilo della perdita di eventuali occasioni favorevoli di lavoro ovvero cambio di stile di vita.
La sentenza ha evidenziato altres il breve lasso di tempo durante il quale il dirigente sarebbe stato
asseritamente demensionato.
Causa seguita da Tommaso Targa

ALTRE SENTENZE
LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE CHE UTILIZZA PER FINI PERSONALI I
PERMESSI CONCESSI PER ASSISTERE UN FAMILIARE AFFETTO DA HANDICAP
(Cassazione, 30 aprile 2015, n. 8784)

Con la sentenza n 8784 del 30 aprile 2015, la Corte di Cassazione ha affrontato nuovamente la
tematica relativa alle modalit di fruizione dei permessi retribuiti a cui hanno diritto i lavoratori che
prestano assistenza a familiari affetti da handicap (disciplinati dallart. 33, III^ comma, Legge 17 febbraio
1992 n. 104). Nel caso sottoposto al vaglio della Corte, il lavoratore (comandato sul turno notturno dalle
22.00 alle 06.00), dopo aver chiesto un giorno di permesso retribuito ex art. 33, III comma, L. 104/1992
per prestare assistenza alla madre handicappata, aveva trascorso gran parte della serata a ballare nel
contesto di una sagra di paese. La disamina della Corte interessa principalmente il profilo attinente
allutilizzo dei permessi di cui alla Legge 104/1992 per finalit diverse da quelle per le quali il Legislatore
ha previsto tali agevolazioni. Di particolare importanza il principio, enunciato dalla sentenza in esame,
secondo cui nel caso di specie appare del tutto irrilevante, ai fini della legittima fruizione dei permessi di
che trattasi, leliminazione dei requisiti della continuit e della esclusivit dellassistenza dal testo della
norma, in quanto tale eliminazione non autorizza una fruizione arbitraria (e, quindi, contra legem) dei
benefici di cui alla menzionata norma e, di conseguenza, non legittima lo sviamento della funzione tipica
connessa ai permessi. Pi precisamente, il fatto che esclusivit e continuit dellassistenza non siano
pi richiesti per la concessione di permessi, non comporta che essi possano essere legittimamente fruiti
in difetto dei requisiti della sistematicit e della adeguatezza dellassistenza, che continuano ad
essere condiciones sine quibus non per la concessione degli stessi.
Parimenti priva di rilievo stata ritenuta dal Supremo Collegio la circostanza secondo la quale il
lavoratore avrebbe utilizzato parte dei permessi per dedicarsi allattivit assistenziale del parente affetto
da handicap (dopo la serata danzante, verso le ore 1.30 di notte il lavoratore aveva fatto infatti ritorno a
casa, dove viveva con la madre malata). La Corte, di fatti, nel proprio iter logico partita dal corretto
presupposto secondo cui: il comportamento del lavoratore non sarebbe meno grave per il fatto che per
una parte si divertito e laltra parte ha assistito la madre, ci in quanto il dipendente ha comunque
beneficiato del diritto a lui concesso in parte per soddisfare esigenze di carattere personale e, quindi,
diverse rispetto a quelle per le quali il diritto era stato previsto dallordinamento.
Dunque, sulla scia di tale ragionamento, il Collegio ha concluso nel senso di ritenere che: la ragione
fondante del decisum non la mancata prova dellavvenuta assistenza alla madre per le ore residue, ma
lutilizzazione, in conformit alla contestazione disciplinare, di una parte del permesso in esame per
finalit diverse da quelle per il quale il permesso stato riconosciuto.
N90 Maggio 2015

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In tale contesto, la Corte ha, quindi, ritenuto che la condotta contestata al lavoratore era certamente
idonea ad integrare la fattispecie dellabuso del diritto; detto comportamento, infatti, implicava un
disvalore sociale, giacch il lavoratore aveva usufruito di permessi per lassistenza a portatori di handicap
per soddisfare proprie esigenze personali, scaricando il costo di tale esigenze sulla intera collettivit,
poich i permessi sono retribuiti in via anticipata dal datore di lavoro, il quale poi viene sollevato dallEnte
previdenziale. Di conseguenza, la sentenza ha considerato congrua e proporzionata allillecito
contestato lirrogazione della sanzione del licenziamento per giusta causa, ravvisando nella condotta
posta in essere dal dipendente un comportamento tale da far venir definitamente meno lelemento
fiduciario e da porre in dubbio la futura correttezza delladempimento della prestazione, nonch degli
obblighi contrattuali da parte del lavoratore.
Causa seguita da Giacinto Favalli, Mario Cammarata e Valentina Ruzzenenti
APPALTO ILLECITO: INAPPLICABILE IL RITO FORNERO PER ACCERTARE LA COSTITUZIONE
DI UN RAPPORTO DI LAVORO IN CAPO ALLAPPALTANTE
(Tribunale di Milano, ord. 30 aprile 2015)

Due lavoratori, dipendenti di una societ appaltatrice, hanno convenuto in giudizio lappaltante al fine di
ottenere la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con questultima, ai sensi degli artt. 27 e 29
D.lgs. n. 276/2003 (disciplinanti rispettivamente la somministrazione irregolare e lappalto). La domanda
stata formulata dai ricorrenti mediante azione promossa ai sensi dellart. 1, comma 48, legge n.
92/2012 (c.d. rito Fornero). Il Tribunale, con ordinanza, ha dichiarato la domanda improponibile ex art.
1, co. 48, Legge 92/2012, in quanto non rientrante tra le questioni relative alla qualificazione del
rapporto di lavoro (presupposto necessario laddove si chieda - con il rito Fornero - laccertamento
della subordinazione con riferimento ad un contratto diverso da quello di lavoro subordinato e
conseguentemente lillegittimit del licenziamento); nel motivare la pronunzia, il giudice ha evidenziato
che la domanda di cui sopra attiene, piuttosto, allimputazione della prestazione lavorativa dedotta in
giudizio con soggetto diverso dal formale datore di lavoro e che, per contro, nellottica di garantire
effettivit alla corsia preferenziale voluta dal Legislatore (quella introdotta con il rito Fornero: n.d.r.), si
ritenuto che la problematica della qualificazione possa e debba riguardare solo il rapporto tra le stesse
parti tra cui intercorsa la formalizzazione che ha portato allatto impugnato, non tra una di esse e un
soggetto terzo. Il Tribunale ha, quindi, concluso che dallinesistenza di un licenziamento imputabile
alleffettivo utilizzatore (qual lappaltante, equiparato dai ricorrenti allutilizzatore nellambito del
contratto di somministrazione: n.d.r.), non pu che derivare leventuale condanna alla riammissione in
servizio: effetto giuridico, questo, che non pu di certo conseguire dallapplicazione della previsione di
cui allart. 18 Legge 300/1970; da qui lincompatibilit delloggetto principale del presente giudizio con
le domande azionabili e gli accertamenti esperibili nellambito di un procedimento ex Legge 92/2012.
Causa seguita da Orazio Marano
LICENZIAMENTO IRROGATO DAL CEDENTE DAZIENDA E NON IMPUGNATO: IL LAVORATORE
NON PU RIVENDICARE DIRITTI NEI CONFRONTI DEL CESSIONARIO
(Corte d Appello di Torino, 9 aprile 2015, n. 215)

La Corte dAppello ha confermato la sentenza del Tribunale, il quale aveva rigettato il ricorso di un
lavoratore che, in precedenza operando quale dipendente della Societ A, aveva dedotto di esser
passato alla Societ B (convenuta in giudizio), nellambito di un trasferimento dazienda ex art. 2112 c.c.
e di aver, comunque, prestato attivit lavorativa per la stessa Societ B, senza soluzione di continuit,
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nonch in prosecuzione della medesima attivit precedentemente svolta per la Societ cedente.
Sulla base di tali allegazioni, erano state avanzate pretese giuridiche ed economiche nei confronti della
predetta Societ B (cessionaria).
Nel merito, la Corte ha, per, respinto le relative domande, sulla base della circostanza che, prima della
cessione dazienda, il lavoratore era stato licenziato dalla Societ A (cedente) e non aveva
tempestivamente e legittimamente impugnato il licenziamento. Di talch, in base anche a noti principi
della Corte di Cassazione (ad es., Cass. n. 11272/2000), stante la cessazione legittima del rapporto con
il cedente intervenuta precedentemente al trasferimento dazienda, nellipotesi di specie era da
escludersi la continuit del rapporto e lapplicabilit dellart. 2112 c.c.
In tal contesto, secondo il Collegio torinese, eventuali rivendicazioni del lavoratore nei confronti della
Societ B (cessionaria nellambito del trasferimento dazienda di cui sopra) avrebbero potuto semmai
trovare eventuale accoglimento laddove il lavoratore stesso avesse prospettato la costituzione ex novo di
un rapporto di lavoro con la medesima Societ B, indipendente dalla cessione di azienda, ma ci non
era avvenuto in quanto lasserito svolgimento di mansioni per detta Societ B era stato allegato sempre
come continuazione della pregressa attivit svolta per il cedente. Coerentemente la Corte ha accertato,
quindi, linsussistenza di qualsivoglia rapporto di lavoro con la Societ B.
Causa seguita da Vittorio Provera e Andrea Beretta

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OSSERVATORIO SULLA CASSAZIONE


A cura di Stefano Beretta e Antonio Cazzella
SPROPORZIONATO IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER INOSSERVANZA DELLE
FORMALIT SULLA RICHIESTA DI PERMESSI

Con sentenza n. 8929 del 5 maggio 2015 la Corte di Cassazione ha affermato che
sproporzionato il licenziamento del dipendente che non rispetta le formalit previste dallazienda
per la fruizione del permesso finalizzato allassistenza del parente malato e, quindi, si assenta
nonostante il diniego del datore di lavoro. Nel caso di specie, la Corte di merito aveva riformato
la sentenza di primo grado, ritenendo illegittimo il licenziamento perch sproporzionato rispetto
alla condotta tenuta dal dipendente che, seppur ostinandosi nel non voler rispettare la formalit
della presentazione della domanda, cui la societ gli chiedeva di adempiere, aveva soddisfatto
ogni altro requisito sulla documentazione attestante il diritto a fruire del congedo. La Corte di
Cassazione ha confermato la valutazione del giudice di merito, evidenziando ladeguatezza e la
logicit della motivazione adottata sulla eccessiva reazione del datore di lavoro, che, invece di
pretendere dal lavoratore linvio di unistanza adeguata allistituto di cui egli intendeva usufruire,
avrebbe potuto consentirne comunque la fruizione, precisando che, in conformit alla disciplina
contrattuale dellistituto, non avrebbe dato corso al pagamento della retribuzione.
A CARICO DEL DATORE IL LAVAGGIO DEGLI INDUMENTI DI LAVORO
Con sentenza n. 8585 del 28 aprile 2015 la Corte di Cassazione ha affermato che spetta al
datore di lavoro provvedere alla manutenzione degli indumenti di lavoro, compreso il lavaggio
degli stessi; nel caso di specie, la Corte di merito aveva rilevato che i dispositivi di protezione
forniti dal datore di lavoro, contrariamente a quanto sostenuto da questultimo, non erano a
perdere. La Corte di Cassazione ha affermato che spetta al datore di lavoro curare lidoneit
degli strumenti di protezione (nel caso di specie, indumenti) consegnati al lavoratore e,
nellambito di tale obbligo, rientra anche la manutenzione in efficienza di tali indumenti mediante
il lavaggio dei medesimi.
MOBBING: FATTISPECIE VARIE
Con sentenza n. 10037 del 15 maggio 2015 la Corte di Cassazione ha affermato che il datore di
lavoro responsabile per le condotte mobbizzanti poste in essere dal superiore gerarchico nei
confronti di un dipendente, se risulta a conoscenza di tali condotte vessatorie e, quindi, le ha
tollerate senza intervenire; nel caso di specie, il giudice di merito aveva accertato la sottrazione
di una parte delle mansioni assegnate alla lavoratrice, la sua emarginazione nonch spostamenti
da un ufficio ad un altro senza plausibile motivazione.
Con sentenza n. 9900 del 14 maggio 2015 la Corte di Cassazione ha affermato che non
sussiste una condotta mobbizzante nei confronti di un lavoratore per il fatto di essere stato
estromesso da alcune riunioni e di non poter pi usufruire di una segretaria personale.

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ASSICURAZIONI, LOCAZIONI,
RESPONSABILIT
A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano

PRELIMINARE DEL
PRELIMINARE

PRESUPPOSIZIONE

FALSUS PROCURATOR

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valida e produttiva di effetti la stipulazione di contratto preliminare di


preliminare (nella specie, relativa ad una compravendita immobiliare), ossia di
un accordo che preveda anche solamente effetti obbligatori (e con esclusione
dellesecuzione in forma specifica in caso di inadempimento), se sia
configurabile un interesse delle parti ad una formazione progressiva del
contratto fondata su una differenziazione di contenuti negoziali. La violazione
di tale accordo costituisce fonte di responsabilit contrattuale da
inadempimento di una obbligazione specifica, sorta nel corso della
formazione del contratto.
(Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 6 marzo 2015, n. 4628)
La c.d. "presupposizione" configurabile quando, da un lato, un'obiettiva
situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) possa ritenersi che
sia stata tenuta presente dai contraenti nella formazione del loro consenso pur in mancanza di un espresso riferimento ad essa nelle clausole contrattuali
- come presupposto condizionante la validit e l'efficacia del negozio e,
dall'altro, il venir meno o il verificarsi della situazione stessa sia del tutto
indipendente dall'attivit e volont dei contraenti e non corrisponda,
integrandolo, all'oggetto di una specifica obbligazione dell'uno o dell'altro.
(Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 4 maggio 2015, n. 8867)
In tema di rappresentanza, possono essere invocati i principi dell'apparenza
del diritto e dell'affidamento incolpevole allorch non solo vi sia la buona fede
del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma ricorra anche un
comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nello stesso
terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato
effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente. Al
riguardo, il terzo contraente ha soltanto la facolt, e non anche l'obbligo, di
controllare, a mente dell'art. 1393 c.c., se colui che si qualifichi
rappresentante sia in realt tale, sicch non basta il semplice comportamento
omissivo del medesimo terzo per costituirlo in colpa, nel caso di abuso della
procura (o di mancanza della stessa), occorrendo, per converso, ai fini
dell'affermazione che egli abbia agito senza la dovuta diligenza, il concorso di
altri elementi.
(Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 8 maggio 2015, n. 9328)

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QUIETANZA

RAPPRESENTANZA
DELLASSICURATORE

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A fronte di quietanza in forma tipica, cio di atto rilasciato dal creditore al


debitore, al creditore quietanzante non sufficiente, per superare la
vincolativit della dichiarazione, provare di non avere ricevuto il pagamento,
perch il modello di riferimento non quello della relevatio ab onere probandi
e dell'inversione dell'onere della prova che caratterizza le dichiarazioni
ricognitive asseverative di diritti ex art. 1988 cod. civ.. Il creditore ammesso
ad impugnare la quietanza non veridica soltanto attraverso la dimostrazione con ogni mezzo - che il divario esistente tra realt e dichiarato conseguenza
di errore di fatto o di violenza. Fuori di questi casi, vale il principio di
autoresponsabilit, che vincola il quietanzante alla contra se pronuntiatio
asseverativa del fatto dell'intervenuto pagamento, seppure non
corrispondente al vero.
(Corte di Cassazione, sezione III, 19 maggio 2015, n. 10202)
Il mandatario per la liquidazione dei sinistri, di cui allart. 152 del d.lgs. 7
settembre 2005, n. 209, mandatario con rappresentanza ex lege
dellassicuratore del responsabile, sicch pu agire o essere convenuto in
giudizio in nome e per conto del mandante al fine di ottenere una sentenza
eseguibile nei confronti del mandante.
(Corte di Cassazione, sezione III, 18 maggio 2015 n. 10124)

LOCAZIONE

In tema di recesso del conduttore di immobile adibito ad uso non abitativo, in


base al disposto di cui alla Legge 27 luglio 1978, n. 392, articolo 27, u.c., le
ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono
essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del
rapporto, estranei alla sua volont ed imprevedibili, tali da rendere oltremodo
gravosa per il conduttore la sua prosecuzione. La gravosit della
prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non potendo
risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla
convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, deve essere non solo
tale da eccedere l'ambito della normale alea contrattuale, ma deve altres
consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie tale da
incidere significativamente sull'andamento dell'azienda globalmente
considerata e, quindi, se di rilievo nazionale o multinazionale, anche nel
complesso delle sue varie articolazioni territoriali.
(Corte di Cassazione, Sezione III, 29 aprile 2015, n. 8706)

LOCAZIONE

In materia di danni per ritardata restituzione ex art. 1591 c.c. della cosa
locata, trattandosi di responsabilit del conduttore di natura contrattuale, il
danno deve essere rigorosamente provato nella sua esistenza e nel suo
preciso ammontare dal locatore; a tal fine, utilizzabile qualsiasi mezzo di
prova, comprese le presunzioni, le quali non solo devono essere gravi precise
e concordanti, ma debbono essere anche idonee a provare in concreto il

N90 Maggio 2015

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www.trifiro.it

danno del locatore, non essendo sufficiente invocarle in astratto, al solo


scopo di provare un maggior canone di mercato.
(Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza 29 aprile 2015, n. 8707)

LOCAZIONE

N90 Maggio 2015

La Legge n. 392 del 1978, articolo 32, ha carattere imperativo e, come tale,
non derogabile in senso sfavorevole al conduttore, sia in ordine alla misura
dell'aggiornamento del canone (non superiore al 75 per cento) sia in ordine
all'onere della preventiva richiesta da parte del locatore. L'aggiornamento in
misura del 100 per cento dell'indice ISTAT e l'esclusione della necessit della
previa richiesta da parte del locatore costituiscono clausole in contrasto con
la Legge n. 392 del 1978, articoli 32 e 79.
(Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 9 marzo 2015, n. 4656)

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IL PUNTO SU
A cura di Vittorio Provera
PIANIFICAZIONE DEI CONTROLLI ISPETTIVI SU COOPERATIVE, ATTIVIT DI
LOGISTICA E AUTOTRASPORTI

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con proprio Documento di programmazione della
vigilanza per il 2015, ha reso noto il piano di attivit ispettive che saranno eseguite nel corso del
corrente anno, finalizzate al contrasto del lavoro sommerso e delle pi significative forme di
elusione della normativa.
In punto si segnalato, in premessa, che la stagnazione economica ha favorito fenomeni di violazione
delle norme in materia lavoristica, previdenziale, nonch il diffondersi di attivit di concorrenza sleale fra
imprese.
Su questi presupposti, pertanto, il Ministero ha programmato lesecuzione di specifiche campagne di
vigilanza straordinaria su alcuni settori. Innanzitutto, la lotta al lavoro nero, con la pianificazione di
controlli che tengano conto della diversa diffusione delloccupazione irregolare nel territorio
(notevolmente radicata nel sud e, invece, con incidenza minore nel centro e nel nord). Sar, inoltre,
posta attenzione ai settori di attivit tradizionalmente pi esposti al rischio di lavoro nero: edilizia,
commercio, ristorazione e agricoltura. E ancora, il personale ispettivo sar chiamato a svolgere unattivit
di verifica sulla applicazione di contratti ed accordi collettivi, al fine di valutare il fenomeno di accordi
sottoscritti da organizzazioni sindacali prive di rappresentativit (che favorirebbero pregiudizievoli
trattamenti economici); fermo restando il principio della libert sindacale ex art. 39 Cost.
Altri due settori, sui quali si concentrer lattivit ispettiva, saranno quelli delle cooperative di lavoro e
delle esternalizzazioni fittizie. Riguardo al primo, lobbiettivo quello di accertare condotte abusive poste
in essere dalle cosiddette cooperative spurie, che sfuggono al monitoraggio ed al controllo esercitato
dalle centrali cooperative anche relativamente ai bilanci. Parimenti, per quanto concerne le
esternalizzazioni, la verifica si concentrer sulle filiere degli appalti, approfondendo le caratteristiche e
rapporti fra committenti, appaltatori e subappaltatori; anche al fine di garantire la corretta applicazione
della disciplina normativa e contrattuale. In tale contesto, saranno intensificate iniziative di vigilanza atte a
individuare fenomeni di distacco non genuino, soprattutto con riferimento al frequente utilizzo abusivo
dellistituto del distacco transnazionale che, secondo il Ministero, rappresenta un espediente (diffuso
soprattutto nel settore edile e dellautotrasporto), per aggirare la normativa in materia di regolare
costituzione di rapporto di lavoro, determinando una illegittima e significativa disparit di trattamento tra
la manodopera appartenente ai diversi Paesi dellUnione Europea.
In materia, peraltro, si segnala che sempre il Ministero del Lavoro - con recente Circolare n. 14 del 9
aprile 2015 (in replica a campagne informative riguardanti lutilizzo dei lavoratori interinali con contratto
rumeno) - ha invitato gli Uffici Ispettivi a prestare la massima attenzione a tali fenomeni, che presentano
caratteri di evidente illeceit, anche per violazione degli obblighi retributivi in materia.

N90 Maggio 2015

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Newsletter T&P

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La predetta Circolare, inoltre, puntualizza che - in base anche alla disciplina nazionale e comunitaria per i lavoratori somministrati a livello transnazionale, sancita una sostanziale parit di trattamento sia
normativo che retributivo, rispetto ai lavoratori italiani alle dipendenze dellutilizzatore. Quindi, gli Uffici
Territoriali sono invitati a verificare il rispetto di quanto sopra.
Tornando al Documento di programmazione della vigilanza, lo stessa prevede che siano sottoposti a
verifica, durante il corrente anno, almeno 132.500 aziende. Lombardia e Puglia saranno quelle
maggiormente interessate, con circa 38.000 aziende ciascuna.
In Lombardia, prevista unattivit ispettiva finalizzata allaccertamento di irregolarit, con attenzione agli
appalti ed ai distacchi, al fine di contrastare fenomeni di somministrazioni illecite, abusive e fraudolente.
Anche le esternalizzazioni saranno nel mirino dellattivit di vigilanza in questa Regione, con particolare
riferimento al settore della logistica nelle province di Como, Milano, Pavia e Varese; nonch alle attivit di
cooperative nelle province di Bergamo, Cremona e Mantova. Parimenti, nel settore dellautotrasporto,
prevista una pianificazione piuttosto intensa dei controlli in ordine allosservanza degli orari di lavoro nei
tempi di guida e di riposo. In altre due Regioni del Nord (Piemonte e Veneto) pianificata leffettuazione
di particolari di verifiche nei comparti sopra indicati (logistica e trasporti) considerando che - dalle
risultanze del Ministero - si tratta di ambiti di attivit in cui sarebbe stata registrata unelevata frequenza
di fenomeni di interposizione, con deterioramento delle condizioni retributive e di lavoro nonch illecito
dumping contrattuale a danno delle aziende concorrenti che operano nel rispetto delle norme.

N90 Maggio 2015

1
! 9

Rassegna Stampa

Diritto24- Il Sole 24 Ore: 26/05/2015


Legittimo il licenziamento del dipendente che utilizza per fini personali i permessi concessi per
assistere un familiare aetto da handicap

di Giacinto Favalli, Mario Cammarata e Valentina Ruzzenenti

Diritto24- Il Sole 24 Ore: 25/05/2015


Al dirigente non spetta alcuna buona uscita se il compenso addizionale gli stato promesso dal
direttore generale che agiva ultra vires

di Tommaso Targa

Diritto24- Il Sole 24 Ore: 18/05/2015


Illegittimo il licenziamento del dirigente in assenza di specificazione dei motivi che lo sorreggono

di Orazio Marano

Diritto24- Il Sole 24 Ore: 14/05/2015


Pianificazione dei controlli ispettivi su cooperative, attivit di logistica e autotrasporti

di Vittorio Provera

Diritto24- Il Sole 24 Ore: 11/05/2015


entrata in vigore la NASpI: i primi chiarimenti

di Damiana Lesce

Diritto24- Il Sole 24 Ore: 07/05/2015


Bonus assunzioni

di Damiana Lesce e Valeria De Lucia

Diritto24- Il Sole 24 Ore: 06/05/2015


Reperibilit svolta sul luogo di lavoro: gli orientamenti della Corte di Giustizia

di Antonio Cazzella

Diritto24- Il Sole 24 Ore: 04/05/2015


Risarcimento per lavoro usurante: la dipendenza della malattia da causa di servizio non basta

di Marina Olgiati e Sara Lovecchio

Diario di Gorizia: 23/04/2015


Jobs Act, avvocati a confronto

N90 Maggio 2015

20

Eventi

Milano,

1 Luglio 2015, Grand Hotel et de Milan

Convegno Optime: I decreti attuativi del Jobs Act

Le tecniche di redazione delle lettere di licenziamento alla luce delle nuove disposizioni e dei
recenti orientamenti giurisprudenziali
Relatore: Avv. Giacinto Favalli
PROGRAMMA (PDF)

ARCHIVIO EVENTI
Seminario

FIPE: Jobs Act e Pubblici Esercizi, Roma 22 Aprile 2015

VIDEO SEMINARIO
Presentazione (PDF)

Galleria Fotografica

Relatori: Avv. ti Stefano Beretta, Anna Maria Corna, Luca Peron, Paolo Zucchinali

Social Media

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N90 Maggio 2015

21

Realizzazione Newsletter: Emanuela Zocchi

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N90 Maggio 2015

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