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Progetto del piatto

Premesse
Fino ad ora ci siamo sempre riferiti a Piatti Teorici, per, quello
che serve effettivamente conoscere quanti piatti reali vanno
effettivamente posti in colonna: il problema della determinazione del
numero di piatti reali impone di ricercare la relazione fra piatto
teorico e piatto reale. Prima di affrontare tali problematiche,
necessario capire quali esigenze ci hanno condotto all'introduzione
del piatto teorico (inteso come stadio teorico di contatto in grado
di portare all'equilibrio le correnti che lo abbandonano).
In effetti, tutto deriva dalla complessit del fenomeno considerato;
si noti, infatti, che possibile, nei casi pi semplici, descrivere
perfettamente
il
fenomeno
con
le
equazioni
di
trasporto
a
disposizione (ad esempio "conduzione di calore in un solido"): se,
per, il fenomeno tale da non poter pi essere descritto in
dettaglio attraverso le equazioni a disposizione, a volte possibile
ricorrere a dei modelli descrittivi che, pur non rispettando con
esattezza il fenomeno fisico, mediamente riescono a rappresentare il
sistema considerato (ad esempio, i due strati limite utilizzati nel
processo di Assorbimento). Tuttavia, vi sono casi in cui la variet
dei fenomeni di scambio tale da non poter essere rappresentata
attraverso delle condizioni medie (il nostro "piatto" rientra in
questa tipologia).
In un piatto lo scambio avviene quando le bolle di vapore
attraversano lo strato liquido; ora, le bolle di vapore non sono
tutte della stessa dimensione: se la bolla grande sono presenti dei
moti convettivi interni che, rimuovendo il vapore all'interfaccia,
consentono una maggiore possibilit di scambio rispetto alle bolle
pi piccole. Siamo in presenza, quindi, di condizioni di scambio
estremamente diverse in quanto superfici e condizioni di turbolenza
all'interfaccia variano da bolla a bolla; inoltre, le bolle possono
coalescere tra loro oppure spezzarsi determinando la formazione di
ulteriori bolle mentre la forza spingente immediatamente a valle dei
dispositivi di distribuzione diversa da quella esistente a monte e
cos via: il fenomeno si complica ulteriormente andando a considerare
tutti i dispositivi di distribuzione posti in successione.
In queste condizioni decisamente problematico definire una
superficie di scambio ed un coefficiente di scambio.
L'unico modo di procedere, in cui tra l'altro nascosto l'empirismo
puro, quello di considerare una situazione limite definita e ben
conosciuta per poi andare a determinare l'efficienza del processo
cio quanto viene avvicinata la condizione limite stabilita nelle
reali condizioni operative; certamente questa la peggiore
conoscenza che si pu avere dei fenomeni in quanto, sostanzialmente,
si tratta sempre di trasporto diffusivo attraverso un film di cui,

per, non
n dalla
fenomeno
riguardo,

conosciamo assolutamente nulla n dalla parte del liquido


parte del gas. In conclusione, quando descriviamo un
di trasporto in termini di efficienza manifestiamo, al
tutta la nostra ignoranza.

Piatto Reale
Un piatto reale si comporta difficilmente (!) come un piatto teorico;
necessario, quindi, valutare caso per caso la relazione che
intercorre tra piatto teorico e piatto reale. Vediamo schematicamente
come costituito un piatto
Discendente
reale;
gli
elementi
costitutivi
fondamentali
sono:
- Un discendente
- Una paratoia
- Vari dispositivi di
distribuzione del vapore
- Uno stramazzo

fori
stramazzo

Il
liquido
arriva
dal
piatto superiore attraverso
il discendente; nel tratto
iniziale il livello del liquido superiore a quello presente in
prossimit dello stramazzo in quanto vi sono da superare le perdite
di carico costituite dalla paratoia (utilizzata per ottenere una
distribuzione
uniforme
del
liquido)
e
dai
dispositivi
di
distribuzione
del
vapore.
Di
tali
dispositivi, i pi semplici sono i fori
realizzati in modo tale da poter essere
attraversati dal solo vapore senza che
si
verifichi
la
tracimazione
del
liquido; abbiamo, poi, le campanelle
lungo la cui superficie laterale sono
presenti
delle
fenditure
per
il
passaggio del vapore: questi dispositivi
sono immersi nel liquido che tenderebbe
vapore
a risalire e a stramazzare attraverso il
camino
centrale,
ma
ci

controbilanciato
dalla
pressione
del
vapore che, se sufficientemente alta,
contrasta
il
liquido
e
scopre
le
fenditure attraverso cui pu uscire.
paratoia

Attualmente, sono adottati dei dispositivi a valvola costituiti da un


punto incernierato e da una molla di richiamo che hanno, per come
sono realizzati, una sezione di passaggio del vapore variabile.
In ogni caso, il vapore deve essere
distribuito in modo tale da non far
tracimare il liquido presente sul piatto.
Per effetto dello scambio di materia tra
le
correnti
in
arrivo
sul
piatto,
otteniamo le correnti in uscita; se il
piatto ideale le correnti in uscita sono
in equilibrio: in realt cos non , per
cui,
per
determinare
la
relazione
esistente
tra
le
composizioni
delle
correnti in uscita, necessario studiare lo scambio di materia che
le genera. Si possono verificare varie possibilit:
1.

Il meccanismo di trasporto descritto esattamente da


opportune equazioni, note e risolvibili; in tal caso
possibile determinare le concentrazioni punto per punto (ci
avviene, ad esempio, in un problema di conduzione del calore
in un solido di forma semplice)

2.

possibile che le equazioni siano troppo complesse da


risolvere; in tal caso si introducono parametri di scambio
(come ad esempio il coefficiente di scambio di materia)
preventivamente misurati sperimentalmente: ci introduce un
certo grado di approssimazione

3.

pu accadere, per, che risulti del tutto inutile


l'introduzione dei parametri di scambio in quanto non nota
la superficie di scambio, la forza spingente ecc ; ci si
verifica quando la fluidodinamica del problema estremamente
complessa

Il problema da noi trattato rientra nel terzo caso; per rendersi


conto di quanto sia complesso il fenomeno indagato basta tener
presente che il liquido, procedendo sul piatto dal discendente verso
lo stramazzo, cambia composizione in quanto passa progressivamente in
fase vapore il componente pi volatile: questo implica che il vapore
che lascia il piatto , al massimo, in equilibrio con il liquido con
cui venuto a contatto. Si noti, inoltre, che abbiamo un'evoluzione
differente per ogni bollicina di vapore in base alla sua grandezza:
se piccola attraversa lentamente il liquido mentre se grande
attraversa rapidamente il liquido presentando anche dei moti
convettivi tali da favorire lo scambio di materia.
evidente, quindi, che le condizioni di scambio sono estremamente
variabili da punto a punto, per cui sicuramente non possiamo pensare
di trovarci nelle stesse condizioni di piatto ideale; inoltre, sono
cos complesse che non siamo in grado di schematizzarle: in altri
3

termini, le condizioni di scambio non possono essere descritte dalle


equazioni che regolano il fenomeno n sono rappresentabili attraverso
modelli interpretativi (come, ad esempio, lo scambio termico
turbolento). In definitiva, la complessit del fenomeno tale che
possiamo solo affermare che esso approssima una condizione ideale a
meno di un fattore di efficienza .

Efficienza della colonna


Abbiamo visto che il liquido e il vapore che abbandonano un piatto
ideale devono essere in equilibrio; in realt, questa solo una
condizione limite a cui tendono le correnti di liquido e vapore
quanto pi prolungato il loro contatto. Se ci riferiamo all'intera
colonna, l'efficienza C di colonna pu essere espressa come rapporto
tra il numero di piatti ideali ed il numero di piatti realmente
necessari all'ottenimento di una certa separazione:

C =

nideali
neffettivi

questo valore deve essere misurato sperimentalmente su di una colonna


in funzione. Studi realizzati su colonna funzionanti hanno consentito
di tracciare un diagramma che riporta l'andamento dell'efficienza di
colonna in funzione della

viscosit
del
liquido
(Drickamer e Bradford); la
0.9
viscosit del liquido viene
calcolata alla temperatura
media
della
colonna.

logico
aspettarsi
una
dipendenza di C non solo
da
parametri
fisici,
ma
anche
dalle
condizioni
fluidodinamiche in colonna;
ci non compare, non perch
tale dipendenza non esista,
ma in quanto il confronto
0.3
fra le diverse colonne
0.04
0.1
0.3
0.6 liq realizzabile solo se queste
sono comparabili dal punto
di vista fluidodinamico. Come ultima considerazione, possiamo notare
che i dati sperimentali sono estremamente dispersi: ci deriva dalla
nostra
incapacit
di
esprimere
correttamente
la
dipendenza
dell'efficienza C.

Efficienza del piatto


Consideriamo il generico piatto n al quale arriva il vapore di
composizione yn+1, dal quale si solleva il vapore di composizione yn e
scende verso il piatto inferiore il liquido di composizione xn.
Se si trattasse di un piatto teorico, il liquido xn e il vapore yn
sarebbero in equilibrio tra loro ma, trattandosi di un piatto reale
il vapore di composizione yn
che lascia il piatto non ,
yn
in generale, in equilibrio
con
il
liquido
xn:
indichiamo
con
y*n
la
y*n
composizione del vapore che
sarebbe in equilibrio con il
liquido di composizione xn
che lascia il piatto. In
altri termini, al piatto n
arriva
un
vapore
di
a
b
c
d
e
si
composizione
yn+1
allontana
un
liquido
di
composizione xn; in questa
yn+1
situazione si ha che:
se si tratta di un piatto ideale, il vapore in uscita ha
composizione y*n e si trova in equilibrio con il liquido xn;
l'arricchimento della fase vapore nel componente pi volatile
si pu esprimere come
y*n - yn+1
se si tratta di un piatto reale, il vapore in uscita ha
composizione yn e non si trova in equilibrio con il liquido
xn; l'arricchimento si pu esprimere come
yn - yn+1
A questo punto, possibile definire come Efficienza del piatto il
seguente rapporto:

p =
dove

yn
yn+1
y*n

yn yn +1
yn* yn +1

composizione media del vapore sopra il piatto


composizione media del vapore al di sotto del piatto
composizione del vapore in equilibrio con il solo
liquido di composizione xn che lascia il piatto

L'efficienza del piatto, quindi, rappresenta il rapporto tra quanto


stato realmente scambiato (infatti al numeratore c' l'incremento di
concentrazione del componente pi volatile nel passaggio attraverso
il piatto) e quello che sarebbe stato l'arricchimento se il piatto si
fosse comportato da piatto ideale.
5

Consideriamo la distillazione a 2 componenti e riferiamoci al piatto


n-esimo della colonna; al solito indichiamo con yn+1 la composizione
della corrente di vapore in arrivo su tale piatto e con xn la
composizione
della
corrente
liquida
che,
abbandonato
il
piatto,
si
incrocia
con
la
y*n
C'
corrente di vapore in arrivo. In
A
generale, il vapore che lascia il
yn
C
piatto non ha composizione y*n
(valore di equilibrio con xn) ma
yn+1
B
un valore yn che pu trovarsi tra
A e B oppure al di sopra della
curva di equilibrio (punto C')
sulla
verticale
per
xn;
l'efficienza
del
piatto

esprimibile
in
tal
caso
dal
rapporto CB/AB oppure da quello
C'B/AB. Detto questo, risulta
chiaro
che
se
fosse
nota
l'efficienza p per ogni piatto,
xB
xn
xD
saremmo in grado di valutare i
vari yn cio conosceremmo i vari
equilibrio
pseudoequilibrio
punti
C
e,
quindi,
potremmo
tracciare la curva di pseudoequilibrio e riferirci ad essa per la
determinazione del numero di piatti reali della nostra colonna
(attraverso la costruzione del grafico a scalini visto in precedenza)
potremmo ritenere p costante lungo la colonna a patto di:
realizzare
sempre
lo
distribuzione del vapore

stesso

tipo

di

dispositivo

di

utilizzare lo stesso numero di dispositivi per ogni piatto


diametro costante della colonna
In realt, l'efficienza p deve essere misurata sperimentalmente per
ogni piatto, per cui del tutto inutile utilizzarla per la
determinazione delle composizioni yn; d'altra parte non possibile
ricorrere a p misurati su altri piatti. Per chiarire tali
considerazioni, analizziamo il problema della valutazione di p.
Cominciamo con l'osservare che:
xn pu essere misurata prendendo un campione del liquido in uscita
y*n la composizione del vapore in equilibrio con il liquido xn
Ora, i problemi sorgono su come poter misurare le composizioni yn+1 e
yn: in generale, possiamo affermare che tali valori rappresentano la
media pesata delle portate di vapore che attraversano il piatto in
punti diversi.
6

A tal proposito, concentriamo la nostra attenzione sulle modalit di


generazione del vapore yn, ma si tenga presente che considerazioni
del tutto analoghe si possono effettuare su yn+1 (generato sul piatto
n+1); per semplificare i discorsi, possiamo supporre che, a
prescindere da come yn+1 viene generato, una volta che tale vapore ha
attraversato il liquido sul piatto n+1 arriva in uno spazio vuoto
molto aperto in cui sono certamente attivi dei fenomeni di
miscelazione: per conoscere yn+1 basta, quindi, prelevare un campione
di vapore proprio al di sotto del piatto n (riteniamo cio il vapore
in arrivo sul piatto n perfettamente miscelato e, inoltre, questo
evita che il nostro prelievo sia contaminato con eventuali gocce di
liquido sollevate per trascinamento).
Si noti, per, che anche ammettendo che il vapore yn+1 arrivi al
piatto superiore miscelato, tale vapore attraverser il piatto n
passando lungo i diversi dispositivi di distribuzione presenti; ad
esempio, parte passer lungo la verticale a e parte lungo la
verticale d:
lungo la verticale a il vapore viene a contatto con un
liquido appena giunto dal piatto n-1 e, quindi, molto
ricco del componente pi volatile
lungo la verticale d il vapore viene a contatto con un
liquido che, avendo attraversato tutto il piatto, ha gi
scambiato
il
componente
pi
volatile;
il
vapore
abbandona il piatto con una composizione certamente
diversa da quello che attraversa il piatto lungo la
verticale a
In definitiva, otteniamo dei valori di composizione yn del vapore
diversi su ogni verticale in quanto il vapore yn+1 ha scambiato con
liquidi a diversa composizione.
chiaro adesso il motivo per cui i valori di composizione del vapore
rappresentano delle medie pesate.
Alla luce di quanto detto, possibile giustificare alcune
considerazioni effettuate in precedenza (punto C e punto C' del
diagramma appena visto). Abbiamo detto che y*n la composizione del
vapore in equilibrio con il liquido di composizione xn che abbandona
il piatto; possibile, quindi, che risulti yn > y*n proprio perch
il liquido di composizione xn meno ricco del componente pi
volatile: in questo caso si verifica che
p > 1
e ci dimostra
che p non ha un vero e proprio significato di efficienza.
In ultima analisi, y*n rappresenta il valore della composizione del
vapore in equilibrio con il liquido xn che abbandona il piatto dove,
per, tale liquido non perfettamente miscelato su tutto il piatto.
Riassumendo,
siamo
passati
dall'efficienza
di
colonna
C
all'efficienza del piatto p che, comunque, non ci soddisfa in quanto
si riferisce a dei valori medi che non rappresentano bene le
effettive condizioni di scambio.
7

Efficienza locale
L'Efficienza locale viene definita tramite la relazione

y n y n +1
y n* y n + 1

Formalmente questa relazione del tutto simile a quella utilizzata


per l'efficienza del piatto p, per nel caso di i valori delle
composizioni non sono valori medi, ma sono quelli che si realizzano
localmente sul piatto; in particolare, y*n la composizione del
vapore che farebbe equilibrio al liquido intorno al dispositivo di
scambio su cui andiamo a valutare l'efficienza locale.
In generale, i valori di p e di possono essere molto diversi
perch si riferiscono a forze spingenti differenti; il primo
rappresenta condizioni medie mentre il secondo condizioni puntuali.
Ricordiamo che nel piatto reale non si raggiungono le condizioni di
equilibrio per cui l'efficienza locale sempre minore di 1 (tende
ad 1 se si dovessero instaurare le condizioni di equilibrio) in
quanto misura effettivamente quello che riusciamo a scambiare
rispetto a quello che potremmo scambiare nelle condizioni ideali di
equilibrio; invece, proprio per come stata definita, l'efficienza
del piatto p pu anche essere maggiore di 1: infatti, dal
discendente arriva liquido del piatto superiore ricco del componente
pi volatile che passa poi in fase vapore e si pu verificare che
yn > y*n dove y*n la composizione del vapore che fa equilibrio al
liquido che stramazza, pi povero del componente pi volatile.
Possiamo scrivere, quindi, che
p = a
dove
a
un fattore maggiorativo. Si noti che p facilmente
misurabile in quanto si riferisce a valori medi, ma proprio per
questo poco rappresentativo; si riferisce, invece, all'effettiva
forza spingente, solo che di difficile valutazione.
Analizziamo prima i singoli termini di p:
yn+1
costante su tutti i dispositivi in quanto il vapore
al di sotto del piatto ha tutto il tempo per miscelarsi,
quindi, basta prelevare un campione di tale vapore per
conoscerne la composizione
yn
misurabile nello stesso modo in quanto anche al di
sopra del piatto il vapore ha il tempo per miscelarsi
y*n
misurabile in quanto il vapore che fa equilibrio
al liquido di composizione xn nello stramazzo, quindi, basta
prelevare un campione di liquido dallo stramazzo per
conoscerne la composizione e determinare la composizione del
vapore che gli fa equilibrio
8

Per la valutazione di vi sono dei problemi:


yn+1
tale termine non presenta difficolt in quanto il
vapore arriva al di sotto del piatto e, quindi, al di sotto
del generico dispositivo di distribuzione, completamente
miscelato
y*n
ricordiamo
che
questo
termine
rappresenta
la
composizione del vapore in equilibrio con il liquido sul
dispositivo di scambio considerato; i primi problemi si
presentano proprio ora, in quanto se il prelievo di liquido
non avviene con la dovuta precisione, si possono avere
sostanziali
variazioni
di
composizione
a
causa
della
vicinanza degli altri dispositivi di scambio: possiamo
ritenere di superare tale problema se, con le opportune
precauzioni, tracciamo un profilo di concentrazioni del
liquido sul piatto (comunque si tratta di una condizione
estremamente onerosa)
questo termine rappresenta la composizione del vapore
yn
che abbandona il liquido lungo la verticale del dispositivo
di distribuzione considerato; tale valore di difficile
misurazione perch se ci poniamo troppo vicino al liquido,
dove vi una situazione di estrema turbolenza, si pu
verificare il trascinamento di gocce di liquido nel nostro
campione con conseguente alterazione della misura effettuata:
se, per, ci posizioniamo troppo in alto, sar gi avvenuta
la miscelazione della fase vapore
Possiamo
concludere
che,
in
queste
condizioni,
non
siamo
assolutamente in grado di misurare l'efficienza locale .
Vogliamo dimostrare, ora, che l'efficienza locale (rappresentativa
delle effettive condizioni di scambio) dipende dalle
condizioni fluidodinamiche (se i dispositivi sono tutti
uguali e funzionano nello stesso modo, cio il vapore
distribuito in modo uniforme, tali condizioni fluidodinamiche
sono uniformi per tutti i dispositivi)
propriet chimico-fisiche del sistema
possiamo anticipare, quindi, che l'efficienza locale la stessa
in ogni punto del piatto a patto di fissare il sistema e di non
alterare le condizioni fluidodinamiche.
A tale scopo, indichiamo con Vd la portata di vapore che attraversa
un singolo dispositivo; affinch l'efficienza locale sia costante,
le condizioni di scambio tra i vari dispositivi non devono variare e
cio la portata Vd deve essere costante (si deve realizzare una
distribuzione uniforme della portata di vapore). Osservando, inoltre,
che il termine (y*n - yn+1) rappresenta l'effettiva forza spingente

mentre il termine Vd (yn - yn+1) le moli di sostanza pi volatile che


si ritrovano in fase vapore, possiamo scrivere che:
N = k S (y*n -yn+1) = Vd (yn - yn+1)
dove

rappresenta la quantit scambiata (moli nell'unit di tempo)

coefficiente di scambio di materia (dipende dalle propriet


chimico-fisiche del sistema)

superficie specifica di scambio (dipende dal tipo di


dispositivo utilizzato e dalle condizioni fluidodinamiche)

Possiamo scrivere, quindi, che

y n y n +1 kS
=
y n* y n +1 Vd

chiaro che nell'ipotesi in cui il sistema rimanga lo stesso (non


variano le propriet chimico-fisiche) e le condizioni fluidodinamiche
siano le stesse per tutti i dispositivi (si ha una distribuzione
uniforme del vapore tra tutti i dispositivi), l'efficienza locale non
varia da punto a punto del piatto considerato; in altri termini, se
il sistema non cambia e la fluidodinamica progettata opportunamente
k S Vd sono costanti per cui costante in ogni punto del piatto.
Ci troviamo, quindi, nelle condizioni di saper valutare l'efficienza
del piatto p che, per, si riferisce a valori medi, mentre non
sappiamo valutare l'efficienza locale che si riferisce alle
effettive forze spingenti; dobbiamo misurare l'efficienza del piatto
in una situazione in cui p e sono uguali: poich differiscono in
quanto i valori di composizione del liquido sul piatto variano da
dispositivo a dispositivo, dobbiamo realizzare dei piatti in cui il
liquido non cambi in composizione.
Questo lo si pu ottenere utilizzando pochi dispositivi di
distribuzione su piatti di piccolo diametro.
In definitiva, se consideriamo un piatto di dimensioni ridotte con
pochi dispositivi di distribuzione del vapore possiamo valutare
l'efficienza locale attraverso una misura di efficienza del piatto
p perch in queste condizioni

p =
La conoscenza dell'efficienza locale molto importante perch
quando utilizziamo gli stessi dispositivi di distribuzione del vapore
su un piatto di una colonna industriale si verifica che:
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l'efficienza del piatto p completamente diversa in quanto, visto


il gran numero di dispositivi presenti, vi sar un forte gradiente
di concentrazione del liquido e poich ci si riferisce a valori
medi globali sar inevitabile avere degli scostamenti dai valori
ottenuti sul piatto pi piccolo

l'efficienza locale , pur riferendosi punto per punto a valori di


concentrazione differenti, conserva lo stesso valore calcolato
nella colonna di laboratorio: importante per utilizzare gli
stessi tipi di dispositivi di distribuzione del vapore e, inoltre,
devono funzionare con le stesse portate di vapore Vd
evidente, quindi, che p e sono differenti in quanto si
riferiscono a forze spingenti differenti; ribadiamo che se il liquido
sul piatto della colonna risulta essere completamente miscelato
avremo l'uguaglianza tra tali valori e cio risulta che p = .
Si noti, a questo punto, che pi grande il diametro della colonna
(cio il diametro del piatto) pi ci allontaniamo dalle condizioni di
perfetta miscelazione per il liquido; in effetti, in corrispondenza
di ogni dispositivo di distribuzione, si vengono a creare delle celle
di miscelazione, la cui grandezza caratteristica la distanza tra
due dispositivi di distribuzione, che impediscono l'uniformarsi della
concentrazione del liquido.
Se realizziamo in laboratorio una piccola colonna con dimensioni
trasversali ridotte e, quindi, con pochi dispositivi, possiamo
ritenere che l'efficienza del piatto che andiamo a misurare coincide
con l'efficienza locale; poich questi stessi dispositivi saranno poi
montati nella grande colonna industriale, il valore trovato in
laboratorio rappresenta l'efficienza locale che si realizzer in un
qualsiasi
punto
dei
piatti
posti
all'interno
della
colonna
industriale (a patto di considerare lo stesso sistema e le stesse
condizioni fluidodinamiche della colonna di laboratorio).
Concludendo, possiamo sottolineare i seguenti punti:
Ciascun
dispositivo
di
distribuzione
del
vapore
determina un'unit elementare di scambio a completa
miscelazione: per ogni dispositivo la composizione
uniforme ma diversa dagli altri e, generalmente, ci
determina la differenza tra p e
Per ottenere una composizione uniforme per tutti i
dispositivi, si deve realizzare un piatto di piccole
dimensioni con un numero ridotto di dispositivi di
scambio; in questo modo risulta che p = per cui
misurabile attraverso la valutazione di p: ci si
realizza utilizzando un piccolo impianto pilota

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Calcolo delle dimensioni trasversali della colonna


Il diametro della colonna determinato in base a considerazioni di
vario tipo. Cominciamo con l'osservare che il vapore, allontanandosi
dal piatto, trascina del liquido verso l'alto sotto forma di
goccioline; dobbiamo evitare che tali goccioline raggiungano il
piatto superiore: infatti, il trascinamento del liquido retrograda il
frazionamento in quanto le goccioline trasportate dal vapore
innalzano il contenuto dei prodotti pi pesanti sul piatto superiore.
A causa della formazione di goccioline di diametro anche estremamente
piccolo, vi sempre una minima quantit di liquido trascinato verso
l'alto; in ogni caso, tale fenomeno pur non potendo essere
completamente evitato, quanto meno, deve essere contenuto entro
limiti accettabili.
A tale scopo, fissiamo il massimo diametro d delle goccioline alle
quali si consente il trascinamento (quelle aventi diametro superiore
devono ricadere verso il basso); la condizione da imporre che le
gocce di diametro d sono in equilibrio sotto l'azione della propria
forza peso, della spinta statica (Archimedea) e della spinta dinamica

d 3
d 2 2
1
( v )g = C D
vr v
6
2
4
dove

d
6

vg

spinta Archimedea

1 d 2 2
CD
vr
2
4

spinta dinamica

CD

coefficiente di attrito per sfere rigide

densit del liquido

densit del vapore

vr2 = (vv v p )

vr
vv
vp

velocit relativa
velocit vapore
velocit della gocciolina liquida

Se la gocciolina di liquido ferma si ha

vp = 0

d 3
d 2 2
1
( v )g = C D
vv v
6
2
4
necessario osservare che:

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e v sono rispettivamente la densit del liquido e del


vapore; queste devono essere misurate alla temperatura e
alla pressione esistenti sul piatto
CD il coefficiente di attrito; possiamo utilizzare i
valori tabellati per i corpi solidi: in generale, non
sarebbe possibile utilizzare tali valori per gocce o
bolle a causa dello stabilirsi di moti convettivi
interni con conseguente modifica delle condizioni di
attrito, tuttavia tali effetti sono trascurabili se le
gocce sono di piccolo diametro (come quelle da noi
considerate). CD funzione del numero di Reynolds, del
fattore di forma e del grado di vuoto (quanto sono
distanti le particelle l'una dall'altra): per moto
turbolento indipendente da Re, per moto laminare
proporzionale a 1/Re mentre si
ha
una
zona di
transizione per 1 < Re < 10
In definitiva, l'equazione scritta consente di determinare la massima
velocit vv del vapore e, quindi, essendo fissata la portata del
vapore consente di determinare il diametro della colonna.
In realt, poich si comunque lontani dalle condizioni di
equilibrio descritte, la relazione appena vista viene anche scritta
nella seguente forma:

vv = K

v
v

che fornisce la velocit massima del vapore in funzione delle densit


del liquido, del vapore e del coefficiente K.
Tale coefficiente K viene misurato sperimentalmente; i suoi valori
sono tabellati in funzione delle seguenti grandezze:
1. Tensione superficiale
2. Battente di liquido sul piatto
3. Distanza tra due piatti consecutivi
dove i valori ai punti 1. e 2. determinano la velocit con cui la
gocciolina viene proiettata verso l'alto.
Tali dipendenze non compaiono nell'analisi precedente in quanto si
tenuto conto della sola condizione di regime in cui la gocciolina
ferma sotto l'azione della forza peso, della spinta Archimedea e
della spinta dinamica; pu accadere, per, che la gocciolina venga
proiettata verso l'alto con velocit tale, da raggiungere il piatto
sovrastante prima di raggiungere le condizioni di regime.
13

Aumentando la distanza tra i piatti, possibile:


fissare un valore K in
trascinamento del liquido

modo

tale

aumentare la velocit del vapore


ridurre il diametro della colonna

da

minimizzare

in

modo

da

il

poter

in ogni caso, l'aumento dell'altezza della colonna pone il problema


di ricercare la soluzione economicamente pi conveniente.
In effetti, per, la distanza tra i piatti viene scelta in base a
criteri pratici relativi alla manutenzione della colonna stessa; a
causa di fenomeni di otturazione, di accumulo di residui ecc, la
distanza tra i piatti deve permettere l'intervento di un operatore
cio deve consentire l'accesso all'interno della colonna attraverso
uno sportello laterale a tenuta stagna (e viene indicato con il
termine "passo d'uomo"): per tale motivo le distanze tra i piatti
sono standardizzate e variano dai 30 ai 75 cm (1230 inch).
Fissata la distanza fra i piatti, l'ottimizzazione della colonna si
pone in altri termini: al crescere della velocit del vapore
diminuisce la sezione della colonna ma ne aumenta l'altezza per il
maggior numero di piatti necessari a realizzare il frazionamento
voluto. Ad esempio, indichiamo con v la velocit della corrente di
vapore che ci assicura il rispetto della condizione di minimo
trascinamento; in realt, possiamo operare alla velocit v' > v ma
ci comporta un'inevitabile perdita di efficienza del piatto in
quanto, alla velocit v', certamente presente un certo grado di
trascinamento con conseguente retrogradazione della separazione:
operando, quindi, alla velocit v' trattiamo la stessa portata di
vapore in una colonna di diametro pi piccolo ma, a causa della
perdita di efficienza, aumenta il numero di piatti per realizzare la
stessa separazione. Si tratta di vedere fino a che punto conviene
operare con un certo grado di trascinamento cio fino a che valore
v' > v conviene spingere la velocit.
Ragionando solo sul trascinamento, individuiamo la velocit v' del
vapore a cui corrisponde il diametro D'; pu accadere che da
considerazioni di altra natura, in particolare fluidodinamiche, si
ottenga per la colonna un diametro D > D': in queste circostanze
prevalgono
le
considerazioni
fluidodinamiche
sia
perch
pi
restrittive sia perch consentono una maggior flessibilit operativa.
[A titolo di completezza, analizziamo comunque le modifiche apportate dal solo
trascinamento. La riduzione di efficienza del piatto causata dal trascinamento del liquido
fornita dalla relazione di Colburn

Et =

E
eE
1+
L /V
14

dove

Et
E
e
L/V

efficienza del piatto corretta per tener conto del trascinamento


efficienza del piatto senza trascinamento
trascinamento (moli di liquido per moli di vapore fluente)
rapporto tra le portate molari del liquido che abbandona il piatto e il
vapore che vi arriva

Ammettendo che il costo della colonna sia proporzionale al diametro ed al numero di piatti, in
base a misure sperimentali eseguite su colonna in esercizio, Colburn ha determinato che il
trascinamento ottimale (quello che minimizza il costo della colonna) esprimibile come:

e ott =

L /V
3E

e, sostituito nella relazione precedente, consente di scrivere la seguente

Et

= 0 . 75
E ott
in corrispondenza del trascinamento ottimo l'efficienza si riduce al 75% di quella che si
avrebbe senza trascinamento; in tali condizioni si ha un risparmio di circa il 20% sul diametro
calcolato senza trascinamento. Solitamente, per, si tende ad assumere come trascinamento
ottimale quello per cui

Et
= 0.90
E ott
e questo per lasciare un margine di sicurezza nella progettazione ed una certa flessibilit
operativa (in tali condizioni si ha un risparmio di circa il 10% sul diametro calcolato senza
trascinamento). La validit del metodo di progettazione del diametro della colonna in base al
trascinamento ottimo ovviamente limitata ai casi in cui la variazione di efficienza del piatto
da attribuirsi unicamente al trasporto del liquido e non ad alterazione delle condizioni di
flusso.]
Tornando alla determinazione del diametro della colonna, ricordiamo
che il suo valore dipende dalla velocit e dalla portata del vapore;
osservando che la portata del vapore varia all'interno della colonna
(se non altro in corrispondenza della sezione di alimentazione),
potremmo sentire l'esigenza di realizzare una colonna con sezioni di
diametro differente: tranne che in casi molto particolari (come nel
topping in cui si realizza la prima distillazione di un grezzo
petrolifero e la colonna caratterizzata da numerosi prelievi),
conviene realizzare solo colonne a diametro costante sia per ridurre
i costi ( possibile usare piatti tutti uguali con conseguente
riduzione delle scorte) sia per consentire una certa flessibilit
della colonna. Il problema della flessibilit di una colonna
15

estremamente sentito; si noti, infatti, che importante progettare


la colonna in modo che possa funzionare bene in un certo intervallo
di portate: deve poter sopportare variazioni di portata del 1020%
che si possono verificare nel corso della sua intera vita di
funzionamento. Un'ultima considerazione, a tal proposito, riguarda le
portate all'interno della colonna; anche se abbiamo ipotizzato le
portate costanti ci, in realt, non si verifica: in particolare,
poi, in corrispondenza della sezione di alimentazione in cui si viene
a determinare una differenza di portate tra sezione di arricchimento
e sezione di esaurimento.

Limiti di operabilit
Per effettuare l'operazione di distillazione necessario che le
correnti di liquido e di vapore vengano a contatto tra loro; solo in
questo modo si pu realizzare il desiderato scambio di materia:
affinch ci avvenga, per, necessario montare sui piatti i
dispositivi necessari. In definitiva, il dimensionamento della
colonna di distillazione reso pi complesso anche dalla presenza
dei dispositivi che rendono possibile la dispersione del vapore nel
liquido ed il passaggio del liquido nel piatto successivo. Ogni tipo
di piatto, inteso nella sua globalit, presenta un corretto
funzionamento per certi valori di portata del liquido e del vapore;
in particolare, il campo di operabilit, rappresentato con un
diagramma, individua l'intervallo di portate per cui si ha il massimo
dell'efficienza. In figura riportato il diagramma di operabilit di
un
piatto
con
campanelle;
l'effettivo
campo
di
impiego
V
b
d
e
delimitato da un certo numero
c
di curve che individuano i vari
tipi di problemi che possono
insorgere: la zona tratteggiata
rappresenta
condizioni
di
lavoro soddisfacenti mentre al
di fuori si manifestano vari
a
inconvenienti
che
riducono
l'efficienza del piatto.

Vediamo, ora, il
delle varie curve:

significato

curva a
si ha un valore
insufficiente della portata di
liquido per cui il battente
L
presente
sul
piatto

insufficiente;
le
fenditure
delle
campanelle
non
sono
completamente sommerse ed il vapore tende a passare attraverso le
sezioni scoperte senza miscelarsi con il liquido

16

curva c
rappresenta un eccessivo sovraccarico della portata di
vapore sui dispositivi di dispersione in quanto determina la
massima apertura dei dispositivi stessi: un ulteriore incremento
della portata di vapore determinerebbe grosse perdite di carico
curva h questa anche detta linea del flusso pulsante di vapore;
a causa della bassa portata di vapore si pu verificare la
tracimazione intermittente del liquido da alcuni dispositivi: si
tenga presente che il pelo libero del liquido in movimento
proprio a causa del passaggio del vapore per cui pu accadere che
in un certo istante e su certi dispositivi la pressione del vapore
e del liquido si bilancino per cui il vapore non passa (oppure pu
prevalere il liquido e si ha la tracimazione) mentre nell'istante
successivo prevale il vapore e attraversa il battente liquido
curva b
delimita il campo di operabilit a causa dell'eccessivo
trascinamento del liquido; ricordiamo che se il liquido pi ricco
del componente meno volatile arriva al piatto superiore si ha una
retrogradazione della distillazione: tale fenomeno si verifica
alle alte portate di vapore e diminuisce aumentando le portate di
liquido in quanto aumenta il battente sul piatto
curva d
per alti valori delle portate si verifica l'ingolfamento
della colonna; si noti, infatti, che pi sono alte le perdite di
carico pi deve aumentare l'altezza del liquido nel discendente
per vincerle: ci pu determinare un accumulo di liquido sui
piatti con conseguente ingolfamento della colonna
curva f questa rappresenta la curva di distribuzione non uniforme
del vapore; in presenza di un
pronunciato dislivello della
superficie
libera
del
liquido (ad esempio h1 > h2 e
quindi le perdite di carico
sono
maggiori
lungo
la
verticale a rispetto alla
h1
verticale d) il vapore tende
a passare preferenzialmente
h2
attraverso i dispositivi pi
vicini allo stramazzo in
quanto
il
battente
di
a
d
liquido al di sopra di tali
P1
dispositivi minore
curva g
rappresenta il fenomeno della tracimazione del liquido
attraverso i dispositivi di dispersione
curva e
in questo caso si ha l'incompleta liberazione delle
bolle di vapore dal liquido a causa di un tempo di permanenza nel
discendente troppo breve
17

Abbiamo gi detto che l'area tratteggiata del diagramma rappresenta


il campo di operabilit del piatto; si noti che alla sua
determinazione concorrono tutti gli elementi costruttivi del piatto
stesso: una minima variazione di questi elementi determina delle
variazioni sostanziali nel campo di operabilit. Ad esempio, se
vogliamo modificare la condizione di ingolfamento in modo tale da
poter utilizzare portate pi grandi, necessario aumentare la
sezione del discendente; a parit di diametro della colonna, ci
comporta un avvicinamento dei dispositivi e, conseguentemente,
varieranno tutte le curve del campo di operabilit.
Analizzando dispositivi di distribuzione differenti (ad esempio,
piatti a valvola) avremo diagrammi di operabilit dello stesso tipo,
ma delimitati da curve caratteristiche di altri inconvenienti tipici
dei dispositivi considerati. In particolare, un piatto a valvola non
presenta problemi di tracimazione (curva g) e di flusso pulsante di
vapore (curva h) in quanto se la pressione del vapore non
sufficiente la valvola si chiude (si elimina completamente il primo
problema e si attenua il secondo).
Il diagramma di operabilit ottenuto sperimentalmente variando le
condizioni di funzionamento del piatto cio le portate di liquido e
di vapore).

Tipologia piatti
Abbiamo visto che la principale condizione da rispettare affinch un
piatto lavori in condizioni di massimo rendimento che vi sia
uniformit di distribuzione per la portata di vapore; generalmente,
il mancato rispetto di tale condizione dovuto alla presenza di un
diverso battente di liquido sui vari dispositivi di distribuzione: la
disuniformit di distribuzione tanto maggiore quanto pi
accentuato il dislivello del liquido.
La
disuniformit di
distribuzione
dipende
dal
dislivello ; a sua volta
dipende dalla lunghezza del

percorso e dalla portata del


liquido
(velocit
del
liquido sul piatto).
hSS
In
definitiva,
dobbiamo
hW
progettare il piatto in modo
da contenere il dislivello
;
al
crescere
della
portata, ci riferiremo a
modelli differenti di piatto

dislivello
classificati in base a come
hW
Altezza stramazzo
si realizza il deflusso del
hSS
Altezza battente
liquido che li attraversa.

18

1) Piatto ad un sol flusso con diaframma centrale


Tale piatto detto "ad un sol
flusso" in quanto il liquido
discendente
alimentato in una sola zona del
piatto; il diaframma centrale obbliga
il
liquido
a
percorrere
la
traiettoria indicata. Questo tipo di
piatto tende ad esaltare il valore
del dislivello in quanto raddoppia
il percorso da effettuare e dimezza
la sezione sul piatto: indicato
solo per piccoli valori di potata del
liquido (se la portata aumenta, il
stramazzo
meno adatto per contenere i valori
del dislivello ).

2) Piatto ad un sol flusso


Rispetto al piatto con diaframma
centrale
abbiamo
raddoppiato
la
sezione e dimezzato il percorso per
cui certamente pi adatto per
contenere maggiormente i valori del
dislivello
;
al
crescere
della
portata di liquido le perdite di
carico diventano eccessive per cui
assume valori non compatibili con
l'uniformit
di
distribuzione
del
vapore.

3) Piatto a doppio flusso


Tale piatto detto "a doppio flusso"
in quanto il liquido alimentato da
due
discendenti
posti
nelle
estremit, percorre met piatto per
poi
passare
al
piatto
inferiore
attraverso lo stramazzo centrale; al
piatto inferiore il liquido viene
alimentato attraverso il discendente
centrale percorre met piatto per poi
passare
al
piatto
inferiore
attraverso due stramazzi posti alle
estremit. Il piatto a doppio flusso raddoppia la sezione di
passaggio e dimezza il percorso del liquido; accoglie portate
decisamente pi alte rispetto al piatto ad un sol flusso.

19

4) Piatto a doppio flusso con stramazzo intermedio


Questo tipo di piatto non
realizzato su un unico piano; i
dispositivi
di
scambio
sono
disposti
su
due
livelli
differenti: dimezziamo, cio, il
dislivello. In generale, i piatti
a doppio flusso sono utilizzati
per il trattamento di portate
elevate di liquido.
Ricordiamo che il dislivello
aumenta
all'aumentare
della
portata liquida e del percorso
del
liquido
sul
piatto
(in
entrambi i casi aumentano le
perdite di carico).

Per piccole portate (e quindi per velocit contenute del liquido sul
piatto) possiamo sfruttare i valori consentiti di per percorsi pi
lunghi del liquido; possibile utilizzare il piatto 1 in modo tale
da utilizzare meglio la superficie a disposizione.
Se incrementiamo la portata di liquido, aumentano le perdite di
carico per unit di lunghezza per cui conviene riferirsi al piatto 2
nel quale il liquido percorre una distanza all'incirca pari al
diametro (comunque inferiore al caso precedente). Per ulteriori
incrementi di portata, le perdite di carico subiscono incrementi
rilevanti allora, in primo luogo, utilizziamo il piatto 3 in modo
tale che il liquido percorra solo met piatto e, se ci non dovesse
bastare, passiamo al piatto 4: poich questo realizzato su due
livelli, in pratica equivale a dimezzare il valore del dislivello .
A questo punto, non possiamo non renderci conto che, inevitabilmente,
il diametro del piatto in relazione con il diametro della colonna;
inoltre, passando dal piatto 1 al piatto 4 aumenta l'aliquota di
superficie utilizzata per le indispensabili aree di servizio dei
piatti (ad esempio, dopo il discendente vi la paratoia, poi vi deve
essere
un'ulteriore
zona
di
rispetto
per
consentire
la
normalizzazione del flusso ecc): ci significa uno spazio minore per
l'inserimento dei dispositivi di distribuzione.
In definitiva, fissando la velocit del vapore e la sua portata siamo
in grado di stabilire il diametro della colonna e, quindi, il
diametro del piatto; da tale valore e dalla portata di liquido siamo
in grado, attraverso la tabella riportata, di individuare il tipo di
piatto necessario: in altri termini, la scelta del tipo di piatto pu
essere effettuata in base alle caratteristiche del vapore (portata e
velocit) e dalla portata di liquido.
20

Diametro
Colonna
3
4
6
8
10
12
15
20

ft

Piatto
1
030
040
050
050
050
050
050
050

Portata
liquido
gal/min
Piatto
Piatto
Piatto
2
3
4
30200
----40200
----50400
400700
--50500
500800
--50500
500900
9001400
50500
5001000
10001600
50500
5001100
11001800
50500
5001100
11002000

Questa tabella ci fornisce un certo campo di portata del liquido


entro il quale conveniente utilizzare un certo piatto; chiaro che
se ci troviamo ai margini di tali campi pu anche andar bene il tipo
di piatto adiacente: in questi casi, necessario valutare qual il
tipo di piatto che, effettivamente, si presta meglio a risolvere il
nostro problema.
In generale, la superficie del piatto suddivisa in 4 parti:
Zona
di
miscelazione
distribuzione del vapore
Zona occupata dai discendenti

occupata

dai

dispositivi

di

di entrata e di uscita

Zona inattiva
comprendente le aree racchiuse tra il limite
della zona di miscelazione ed il mantello della colonna
(dipende anche dalle travi di sostegno del piatto)
Zona di uniformizzazione del flusso del liquido
questa

composta da un'area per la distribuzione del liquido alla


prima fila di dispositivi (compresa tra il discendente di
entrata e la zona di miscelazione) e un'area per la
separazione delle bollicine di vapore dal liquido (compresa
tra la zona di miscelazione e lo stramazzo)

In base all'esame di colonne in esercizio, stata compilata una


tabella in cui riportata l'estensione di ciascuna delle 4 zone in
cui suddivisa la superficie del piatto; in particolare, si indica
la ripartizione della superficie del piatto in termini percentuali
rispetto
alla
sezione
della
colonna:
l'area
della
zona
di
miscelazione determinabile per differenza.

21

Area Discendenti

Area zona di uniformizzazione

Diametro
Area
Singolo
Doppio
Singolo
Doppio
Doppio
colonna
non
flusso
flusso
flusso
flusso
flusso ft
stramazzo attiva
3
1020
--1025
----1030
4
1020
--820
----722
6
1020
2030
512
1520
--518
8
1020
1827
410
1216
--415
10
1020
1624
38
913
2030
312
12
1020
1421
36
811
1525
310
15
1020
1218
25
69
1220
28
20
--1015
--57
915
26
Analizziamo i valori percentuali relativi all'area occupata dai
discendenti; come si pu vedere dai dati riportati, tali valori
diminuiscono, per i piatti a doppio flusso,
all'aumentare del diametro: questo si verifica
in quanto la superficie totale varia con D2C/4
mentre
la
superficie
dei
discendenti

proporzionale a H*R dove la corda H aumenta con


il diametro ma R diminuisce al crescere del
diametro. Analoghe considerazioni si possono
effettuare
in
relazione
alle
aree
di
uniformizzazione e alle aree inattive: notiamo
una
diminuzione
dei
rispettivi
valori
percentuali all'aumentare del diametro
in
quanto una dimensione cresce con il diametro mentre l'altra resta
praticamente costante. Possiamo concludere, con tutti questi dati a
disposizione, che effettivamente i piatti pi complessi consentono
una migliore distribuzione del vapore, solo che richiedono un
diametro di colonna pi grande in quanto presentano percentualmente
una maggiore superficie del piatto destinata ad altre funzioni che
non la distribuzione del vapore.

Dimensionamento del piatto


Abbiamo visto come ogni elemento costruttivo del piatto influisca su
tutti gli altri; per una corretta progettazione, quindi, necessario
procedere per tentativi, effettuando di volta in volta una verifica
finale in quanto si deve assolutamente evitare di sottodimensionare o
sovradimensionare uno o pi elementi rispetto agli altri: poich il
problema principale riguarda la disuniformit di distribuzione,
iniziamo le nostre considerazioni proprio da questo punto.
Consideriamo la peggior condizione di non uniformit del vapore, ci
riferiamo cio ad un piatto in cui il liquido impedisce il flusso di
vapore attraverso la fila di dispositivi pi vicina al discendente
senza per tracimare sul piatto sottostante; se indichiamo con ht la
perdita di carico totale tra due piatti contigui possiamo scrivere

22

per la fila di dispositivi pi vicina al discendente (quella dove non


passa il vapore):
ht = hW + hSS +

hSS
hW

se indichiamo, ora, con hC


la perdita di carico del
vapore nell'attraversamento
dei
dispositivi
di
distribuzione
pi
vicini
allo
stramazzo,
possiamo
scrivere che:
ht = hW + hSS + hC

hW
hSS

dislivello
Altezza stramazzo
Altezza battente

Dal confronto di queste due


relazioni otteniamo
= hC

Possiamo affermare, quindi, che il dislivello uguale alla perdita


di carico hC nella fila di dispositivi pi vicina allo stramazzo.
Si noti che per 0 non si ha pi disuniformit di distribuzione;
possibile assumere la valutazione del rapporto /hC quale criterio
per giudicare l'uniformit di distribuzione del vapore:
Il massimo di disuniformit si ha quando il rapporto
visto unitario; in altri termini per

1
hC
si ha una cattiva distribuzione del vapore. necessario
sottolineare che alti valori di hC minimizzano tale
rapporto ma ci crea altri problemi come ad esempio
perdite di carico totali ht pi alte; per tale motivo si
preferisce influire sul solo termine
La condizione di maggior uniformit la si raggiunge per

0
hC
in tal caso si ha una giusta ripartizione del vapore su
tutti i dispositivi di distribuzione e hC rappresenta la
perdita di carico del vapore nel passaggio attraverso un
qualsiasi dispositivo

23

Sperimentalmente si visto che la massima disuniformit accettabile


data da

0 .5
hC
Si noti, per, che se valori maggiori sono del tutto inaccettabili,
bisogna evitare anche valori pi bassi di tale rapporto (0.30.4) in
quanto pur vero che si realizza una migliore distribuzione di
vapore ma ci avviene con oneri maggiori che non giustificano tale
scelta (ad esempio, un piatto pi grande e complesso).
Con riferimento al piatto ad un sol flusso, ricordiamo le 4 zone in
cui suddivisa la superficie:
Zona I

zona occupata dai discendenti

IV
Zona II
zona di uniformizzazione
(normalizzazione) del liquido

C
I
II

Zona III
zona inattiva utilizzata per
il sostegno del piatto
Zona IV

zona di miscelazione

III

Discendenti
La corda C (dimensione caratteristica della superficie
dei discendenti) deve essere scelta con un valore pari al 6570% del
diametro del piatto. Ricordiamo che i discendenti sono dei condotti
verticali il cui scopo quello di consentire il deflusso del liquido
da un piatto al piatto sottostante; i valori prima citati
garantiscono che i discendenti siano proporzionati in modo tale da
evitare l'ingolfamento della colonna e, contemporaneamente, da
assicurare un deflusso non troppo veloce del liquido:
L'ingolfamento evitato se il battente di liquido nel
discendente non supera una certa altezza (ad esempio, la met
della somma della distanza fra i piatti e dell'altezza hW
dello stramazzo); si tenga presente che oltre al battente
liquido presente sul piatto devono essere considerate le
perdite di carico lungo il discendente: se il livello del
liquido nel discendente raggiunge lo stramazzo del piatto
superiore, non si pu pi smaltire la portata di liquido con
conseguente ingolfamento della colonna

24

Il vapore non deve essere assolutamente trascinato sul piatto


inferiore dal liquido che stramazza; a tale scopo
necessario che:
1) La gittata del liquido al di sopra dello
stramazzo deve essere inferiore alla dimensione
trasversale del discendente in modo che il
vapore si possa allontanare (cio non vi sia
tenuta idraulica)
2) La velocit del liquido non deve superare certi
valori (limite 15 cm/s)
3) Il
tempo
di
permanenza
del
liquido
nel
discendente non deve essere inferiore a certi
valori (limite 5 s)

Stramazzi
Il loro scopo quello di garantire un certo battente
liquido al di sopra dei dispositivi di distribuzione per garantire lo
scambio; poich gran parte dello scambio avviene al primo contatto
tra liquido e vapore allora sufficiente che l'altezza dello
stramazzo sia tale da portarsi di qualche centimetro sopra i
dispositivi: del resto, bisogna tener presente che sopra i
dispositivi oltre al battente garantito dallo stramazzo vi quello
necessario allo smaltimento della portata di liquido

Zona di miscelazione
la zona di miscelazione vera e propria
distanziata dalla zona dei discendenti di circa 34 inch (710 cm) e
questa rappresenta la zona di normalizzazione del liquido; inoltre,
presente una zona inattiva costituita da una fascia di circa 23 inch
(57 cm) che separa la zona di miscelazione dalle pareti della
colonna necessaria per l'alloggiamento degli anelli di sostegno del
piatto. A questo punto, sull'effettiva zona di miscelazione, dobbiamo
inserire i dispositivi di scambio (fori, campanelle, valvole, ecc).
Osserviamo che il campo di operabilit di un piatto forato molto
ristretto: questi sono meno flessibili rispetto ai piatti a
campanelle soprattutto per l'abbassamento della portata limite di
vapore per la quale si ha l'ingolfamento (inconveniente che nei
piatti forati da temere pi dello stesso trascinamento).
Per i piatti forati le perdite di carico sono funzione della portata
di vapore; la loro semplicit si traduce in bassi costi di
costruzione, installazione e manutenzione.
I dispositivi a campanelle sono formati da una zona centrale, detta
camino, percorsa dal vapore;
la
copertura,
detta
campanella, presenta degli
intagli laterali di forma
opportuna attraverso i quali
esce il vapore: la sezione
25

di efflusso varia al variare della portata del vapore dato che il


livello del liquido all'interno del dispositivo si alza o si abbassa
per effetto della pressione.
L'area degli intagli deve essere in grado di disperdere le previste
portate di vapore senza che il livello del liquido si abbassi al di
sotto del bordo delle campanelle.
Attualmente, si realizzano solo dispositivi a valvola caratterizzati
da una maggiore flessibilit operativa: la
sezione di efflusso varia in funzione
della portata del vapore. Tali dispositivi
sono
realizzati
nelle
seguenti
3
dimensioni:
3 inch

4 inch

6 inch

A questo punto sorge il problema della


scelta delle dimensioni dei dispositivi da
utilizzare; tale decisione passa attraverso varie considerazioni che
riguardano:
L'effettivo numero di dispositivi di distribuzione
utilizzabili
Il dislivello
La portata di vapore erogata per unit di superficie
Cominciamo con l'osservare che il nostro ragionamento si basa sulla
conoscenza dei seguenti due valori:
1) Portata massima di vapore prevista Vmax
2) Superficie della zona di miscelazione S* (su cui
devono
essere
posizionati
i
dispositivi
di
distribuzione)
Un primo modo di procedere, quello di fissare il numero di
dispositivi N tenendo presente che devono smaltire la portata Vmax in
condizioni di funzionamento "tutto aperto"; questa una condizione
"ideale" in quanto un numero inferiore di dispositivi determinerebbe
un eccessivo incremento delle perdite di carico mentre un numero
superiore di dispositivi determinerebbe l'esigenza di una superficie
maggiore: evidente che, fissato N in questo modo, valori di portata
V > Vmax determinerebbero un incremento delle perdite di carico.
Saremmo indotti, quindi, ad inserire gli N dispositivi (qualunque sia
il valore di N) sulla superficie S* a disposizione: per evitare ci
si procede in altro modo.

26

Per quanto riguarda il posizionamento dei dispositivi di scambio


possibile scegliere il tipo di maglia (triangolare o quadrata) e la
distanza tra i singoli dispositivi:
Maglia triangolare
Non vi sono percorsi preferenziali del
liquido; tale disposizione permette l'installazione di un
maggior numero di dispositivi sul piatto: il liquido incontra
un maggior numero di ostacoli per cui si ha un dislivello
maggiore
Maglia quadrata In questo caso si vengono ad instaurare dei
percorsi preferenziali; il dislivello minore
Distanza
Fra le superfici esterne di due dispositivi
contigui si lascia una distanza pari al 253750% del
diametro del dispositivo; distanze minori del 25% determinano
la coalescenza tra le bolle mentre distanze superiori al 50%
danno luogo ad uno scambio di materia poco efficace in quanto
grandi quantit di liquido passano lontano dai dispositivi da
scambio: generalmente, si sceglie come primo valore il 37%
A questo punto, fissato il diametro dei dispositivi, il tipo di
maglia e la distanza, siamo in grado di determinare il numero di
dispositivi Neff che si pu posizionare sulla superficie S* del piatto
considerato: in generale, Neff N.
necessario, quindi, precisare ulteriormente quali implicazioni vi
sono in relazione alla scelta del diametro dei dispositivi;
ricordiamo a tal proposito che, in generale, l'area del piatto
disponibile per i dispositivi S* (zona di miscelazione) aumenta
all'aumentare del diametro. Sottolineando ancora una volta che i
parametri di rilievo sono la portata di vapore erogata per unit di
superficie e il dislivello si ha che:
Un dispositivo di dimensione maggiore eroga una portata di
vapore pi elevata, si noti per che sull'unit di superficie
del piatto ce ne andranno un minor numero: possiamo
concludere che per i dispositivi pi grandi la portata di
vapore erogata per unit di superficie minore
Per i dispositivi di minori dimensioni vi certamente
possibilit di metterne un maggior numero sull'unit
superficie: ora, se ci comporta certamente una portata
vapore erogata maggiore (per unit di superficie)
determina un aumento del dislivello del liquido

la
di
di
si

Concludendo, si scelgono i dispositivi di maggiori dimensioni sui


piatti di diametro pi grande; in ogni caso la scelta definitiva deve
tener conto della sezione di passaggio per il vapore realizzata con
il massimo numero di dispositivi che il piatto riesce a contenere.
27

Fori di drenaggio e diaframmi

importante
prevedere,
tra
l'altro, anche dei fori di drenaggio necessari per realizzare lo
svuotamento dei piatti quando si interrompe il funzionamento della
colonna; a regime devono funzionare come dispositivi di distribuzione
del vapore mentre, a cessazione di attivit, devono consentire lo
svuotamento della colonna in un periodo di tempo sufficiente: a tale
scopo, vengono realizzati di piccolo diametro (12 cm) ma in numero
sufficiente. Si noti, inoltre, che nelle zone di rispetto in cui non
sono presenti i dispositivi di distribuzione (zone inattive) vengono
inseriti dei diaframmi di ridistribuzione del liquido allo scopo di
ostacolare il flusso in quelle sezioni: non essendoci i dispositivi,
infatti, il liquido troverebbe in tali zone un percorso preferenziale
in quanto non sarebbe presente alcuna resistenza.
Tali diaframmi sono di altezza doppia rispetto al battente di liquido
esistente sul piatto.

Criteri di verifica
Una volta progettato il piatto secondo le indicazioni viste,
necessario eseguire una serie di verifiche allo scopo di garantire
non solo un proporzionamento soddisfacente ma anche un giusto
accoppiamento tra i vari elementi costituenti.
Le verifiche principali riguardano:
1) Dislivello :
si trovano diagrammi che riportano tale
valore in funzione dei dispositivi utilizzati, delle
loro dimensioni e della disposizione scelta (maglia
triangolare o quadrata) e, inoltre, pu essere espresso
anche in funzione della velocit del liquido sul piatto
2) Perdita di carico hC attraverso i dispositivi: funzione
crescente della portata di vapore e il suo valore
ottimizzato
hCott 1 inch di colonna di liquido sul piatto
3) Grado di uniformit di distribuzione /hC:
dai valori
del dislivello e delle perdite di carico hC siamo in
grado di valutare tale rapporto. Ricordiamo che il
valore ottimale espresso dalla relazione

0 .5
hC
4) perdite di carico totali ht
5) battente di liquido nel discendente Hd:
se
indichiamo
con T la distanza tra i piatti e con hW l'altezza dello
28

stramazzo, si deve verificare che

Hd

T + hW
2

tale relazione deriva dalla constatazione che il liquido


che stramazza trascina comunque una certa quantit di
vapore per cui ipotizziamo che globalmente abbia una
densit pari alla met di quello presente sul piatto; se
Hd grande, si verifica l'ingolfamento della colonna
mentre se Hd piccolo significa che sono poche le
perdite di carico per cui possiamo ridurre la corda del
discendente
evitando
comunque
il
fenomeno
dell'ingolfamento e recuperando spazio per i dispositivi
di distribuzione del vapore
6) rapporto Vmax/Veff:
dove abbiamo indicato con Vmax la
massima portata di vapore smaltibile attraverso i
dispositivi (massima apertura) e con Veff la portata di
vapore effettiva
7) trascinamento e:
dove ricordiamo che e definito
come rapporto tra numero di moli di liquido trascinato e
numero di moli di vapore
8) efficienza del piatto E:
questo
valore
deve
essere
corretto per tener conto del trascinamento e del
gradiente di concentrazione del liquido sul piatto.
Ricordiamo che si ha il valore ottimale, quando
l'efficienza del piatto con trascinamento ridotta del
10% rispetto all'efficienza teorica; in realt, il
valore ottimale si ha per un trascinamento maggiore, ma
si preferisce questo valore per rendere la colonna di
distillazione pi flessibile ad eventuali modifiche
successive: il valore di efficienza cos ottenuto deve
essere poi corretto per tener conto del gradiente di
concentrazione del liquido sul piatto

Esempio
Effettuiamo la verifica di un piatto con le seguenti caratteristiche:
= 0.4

hC = 1 cm

= 0.4
hC

hW = 4 cm

2H d
= 0.4
T + hW

hSS = 5 cm

ht = 10.2

V max
= 1 .4
V eff

dispositivi disposti a maglia quadrata a distanza 0.5 d -- d = 4 inch


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Cominciamo con l'osservare che Vmax/Veff = 1.4 indica chiaramente che


siamo in presenza di un eccesso di dispositivi di scambio; dovendo
inserire meno dispositivi sul piatto, possiamo:
a) allontanare i dispositivi tra loro
questa strada, per,
non percorribile in quanto il valore adottato pari a
0.5
d

il
pi
grande
possibile;
incrementare
ulteriormente la distanza tra i dispositivi significa
dare la possibilit al liquido di passare senza
partecipare allo scambio di materia
b) utilizzare dispositivi da 6 inch
ricordiamo che tale
scelta equivale a diminuire il valore Vmax perch sulla
superficie unitaria possibile ospitare un minor numero
di dispositivi pi grandi (la portata di vapore erogata
per unit di superficie minore per dispositivi pi
grandi)
c) eliminare alcune file di dispositivi
certamente questa
la soluzione da preferire in quanto ci ci consente
eventualmente di realizzare un piatto pi piccolo
Supponiamo, quindi, di eliminare 2 file di dispositivi e di lavorare
con un piatto di diametro pi piccolo; aver ridotto il numero di
dispositivi a parit di Veff determina un incremento delle perdite di
carico
hC
dovute
al
passaggio
del
vapore
nei
dispositivi
(hC approssima i valori ottimali) e, sempre per lo stesso motivo,
diminuisce il valore del dislivello : otteniamo un valore del
rapporto /hC ancora pi piccolo di 0.4.
Passiamo a considerare
esprimere in media come

le

perdite

di

carico

totali;

si

possono

ht = hW + hSS + 1/2 + hC
poich hC aumentato, l'unica maniera per ridurre ht diminuire
l'altezza hW dello stramazzo: ci influisce sul battente di liquido
nel discendente. Il valore

2H d
= 0 .4
T + hW
implica che la sezione del discendente pi ampia di quanto serva
effettivamente; se si scelta la corda pari al 75% del diametro del
piatto, visto che abbiamo ridotto il valore del diametro, conserviamo
tale valore percentuale.
Dobbiamo ripetere la verifica per i nuovi valori individuati:
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0 . 25 (dobbiamo incrementare per raggiungere
1)
hC
all'incirca il valore 0.5)

2)

2H d
= 0 .6
T + hW

3)

V max
= 1 . 02
V eff

(tale valore proprio quello adatto)

Si noti che partivamo da condizioni in cui non era presente


trascinamento; la riduzione del diametro dovuta alla riduzione dei
dispositivi ha certamente introdotto un certo grado di trascinamento:
per verificare la situazione si deve valutare il trascinamento e, in
modo da poter calcolare il valore corretto dell'efficienza Et
(riduzione ottimale pari al 10% di E).
Supponiamo, ora, di aver trovato una riduzione dell'efficienza del
piatto pari al 5%; in questo caso possiamo ridurre ulteriormente il
diametro del piatto in quanto possiamo accettare un ulteriore
incremento del grado di trascinamento.
Poich non possiamo eliminare ulteriori dispositivi in quanto il
valore del rapporto Vmax/Veff non deve variare ulteriormente, per
ridurre il diametro del piatto, in tali condizioni, conviene agire:
a) sulla sezione del discendente: possiamo scegliere la
corda pari al 65% del diametro del piatto
b) avvicinare i dispositivi di scambio e/o passare alla
maglia triangolare: in questo modo non
solo
intensifichiamo la distribuzione del vapore ma
incrementiamo anche il dislivello
c) passiamo a dispositivi con diametro di 3 inch
In definitiva, otteniamo un piatto ancora pi piccolo; supponiamo di
avere i seguenti valori:

0 . 48
hC

2H d
= 0 . 85
T + hW

V max
= 1 . 04
V eff

ovviamente, il trascinamento sar aumentato in conseguenza della


diminuzione del diametro del piatto; se l'efficienza Et si riduce
entro il 10% di E siamo a posto, ma se la riduzione maggiore
dobbiamo tornare indietro cercando di limitare le modifiche (ad

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esempio, possiamo conservare la disposizione a maglia triangolare


senza avvicinare i dispositivi di distribuzione tra loro).
Si osservi che una riduzione del 10% del rendimento Et comporta una
colonna pi alta e pi stretta perfettamente accettabile se non vi
un aumento dei costi oppure intervengano problemi di natura tecnica
(per colonne pi alte di 60 m sorgono problemi di stabilit): in
questi casi sempre possibile utilizzare colonne in serie, ma si
deve valutare la loro effettiva convenienza.
Ricordiamo che, tranne casi particolari, le colonne di distillazione
sono realizzate a diametro costante anche se le portate di liquido e
di vapore possono variare; evidente, quindi, che il progetto del
piatto deve essere tale da garantire il funzionamento corretto in
ogni sezione della colonna: in particolare, si devono verificare le
condizioni di funzionamento sia nelle sezioni pi critiche circa i
valori di portata del liquido e del vapore sia nelle sezioni dove le
portate possono subire delle modifiche (sezioni di alimentazione,
prelievi ed estremit della colonna).
In
definitiva,
il
diametro
della
colonna
viene
determinato
inizialmente in base alle velocit del vapore consentite dal
trascinamento voluto; dal diametro e dalla portata di liquido,
individuiamo il tipo di piatto e procediamo al dimensionamento di
ogni elemento costitutivo: una volta completate queste operazioni si
passa alla verifica del piatto stesso.

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