Vittime accertate
14 o 16
Metodi uccisione
sessuali
Provvedimenti Ergastolo per Mario Vanni e 26 anni per Giancarlo Lotti nella
sentenza definitiva di condanna ai "compagni di merende".[1] Pietro
Pacciani condannato in primo grado per essere l'unico responsabile di 7
degli 8 duplici omicidi, stato assolto in appello per non aver commesso il
fatto. morto in attesa di un nuovo processo d'appello, a seguito
dell'annullamento dell'assoluzione da parte della Cassazione.
Il Mostro di Firenze la denominazione sintetica utilizzata dai media italiani
per riferirsi all'autore o agli autori di una serie di otto duplici omicidi
avvenuti fra il 1968 e il 1985 nella provincia di Firenze.
dilatato nel tempo. Creando una vera e propria psicosi da mostro, di anno
in anno, mise le basi anche per riflessioni dal punto di vista sociale:
suscitando estrema paura per la tipologia di vittime (giovani fidanzati in
atteggiamenti intimi), apr l'opinione pubblica italiana al dibattito
sull'opportunit di concedere con maggiore disinvoltura la possibilit per i
figli di trovare l'intimit a casa, evitando i luoghi isolati e
pericolosi.[4][5][6][7][8]
Indice
[nascondi]
ultimi due casi venne asportato anche il seno sinistro delle vittime
femminili. I luoghi dei delitti (Signa, Borgo San Lorenzo, Scandicci,
Calenzano, Baccaiano, Giogoli, Vicchio, Scopeti) erano per lo pi isolate
stradine di campagna sterrate o piazzole nascoste frequentate da coppie in
cerca di intimit e da guardoni. Ci ha portato a pensare che l'assassino
fosse una persona che conosceva piuttosto bene i territori dei luoghi dei
delitti e che, in alcuni casi, pedinasse le vittime prima di ucciderle.[5]. Il
profilo pi comune del killer, che emerge dalle prime indagini, viene
ipotizzato come un uomo destrimane della zona, iposessuale, feticista,
d'intelligenza media o superiore alla media, alto circa 1,80 m. Queste
caratteristiche psicologiche si evincono dalla perizia De Fazio e dal profilo
dell'FBI di Quantico, anche se occorre ricordare che gli studi delle modalit
dei delitti, al momento, non garantiscono certezze scientifiche sull'identit
del killer, ma solo delle tracce di profiling che, come tali, sono pi o meno
condivisibili.[9] L'altezza superiore alla media dell'assassino, almeno 180
cm, stata ipotizzata in base all'altezza dei fori nel furgoncino delle vittime
di Giogoli.[10] Il dato trarrebbe conferma anche da una possibile impronta
di un ginocchio, forse lasciata dal killer nell'omicidio di Vicchio.
Scientificamente per questi rilievi sull'altezza del killer non si sono
concretizzati in prove processuali inoppugnabili, vista la condanna in primo
grado inflitta a Pacciani come unico serial killer; quest'ultimo, comunque,
era alto solo 165 cm circa. Secondo altre opinioni, invece, l'assassino seriale
fiorentino sarebbe di altezza media o persino modesta.[11][12]
Barbara Locci
Antonio Lo Bianco
La notte del 21 agosto 1968, all'interno di una Alfa Romeo Giulietta bianca
posteggiata presso una strada sterrata vicino al cimitero di Signa, vengono
assassinati Antonio Lo Bianco, muratore siciliano di 29 anni, sposato e
padre di tre figli, e Barbara Locci, casalinga di 32 anni, di origini sarde. I
due erano amanti; la donna era sposata con Stefano Mele, un manovale
sardo emigrato in Toscana alcuni anni prima. Al momento dell'aggressione,
intorno alla mezzanotte, i due sono intenti in preliminari amorosi. Sul sedile
posteriore dorme Natalino Mele, di 6 anni, figlio di Barbara Locci e Stefano
Mele. L'assassino si avvicina all'auto ferma ed esplode complessivamente
otto colpi da distanza ravvicinata: quattro colpiscono la donna e quattro
l'uomo. Verranno repertati cinque bossoli di cartucce calibro.22 Long Rifle
Winchester con la lettera "H" punzonata sul fondello.
Intorno alle 2:00 del mattino del 22 agosto, il piccolo Natale "Natalino" Mele
suona alla porta di un casolare sito in via del Vignone 154, ad oltre 2
chilometri di distanza da dove parcheggiata l'automobile del Lo Bianco. Il
proprietario, sveglio per via del figlio malato che ha chiesto dell'acqua, si
affaccia immediatamente alla finestra, e davanti alla porta vede il bambino
che scorgendolo a sua volta gli dice: "Aprimi la porta perch ho sonno, ed
ho il babbo ammalato a letto. Dopo mi accompagni a casa perch c' la mi'
mamma e lo zio che sono morti in macchina."[13] Dopo averlo soccorso,
l'uomo chiede a Natalino cosa sia successo: il piccolo stentatamente
riferisce altri particolari sul suo arrivo fin l: "Era buio, tutte le piante si
muovevano, non c'era nessuno. Avevo tanta paura. Per farmi coraggio ho
detto le preghiere, ho cominciato a cantare "La Tramontana"... La mamma
morta, morto anche lo zio. Il babbo a casa malato."[13] I Carabinieri,
chiamati mezz'ora dopo dal signor De Felice, il padrone di casa, si mettono
alla ricerca dell'auto portandosi dietro il piccolo Mele. Intorno alle 3:00 del
mattino l'auto viene ritrovata grazie anche all'indicatore di direzione
lampeggiante, nella stradina che si trova su via di Castelletti, a 100 metri
dal bivio per Comeana, in una zona abitualmente frequentata da coppie in
cerca di intimit.[14]
lui fratello Francesco, anch'egli amante della Locci e, a detta di Mele, assai
geloso della donna. Francesco Vinci per un certo periodo aveva addirittura
convissuto con la Locci a casa di quest'ultima, e per questo veniva
denunciato dalla propria moglie per abbandono del tetto coniugale e
concubinato. Il giorno successivo, accortosi che la nuova accusa non era
sostenuta da riscontri, Stefano punta il dito contro un terzo amante della
moglie, tal Carmelo Cutrona; dichiara che il pomeriggio prima del delitto,
recatosi a casa sua in cerca di Barbara, vi trova l presente il Lo Bianco (che
Mele conosceva col nome di Enrico) e per questo motivo se ne va via molto
turbato.
I corpi dei due giovani saranno rinvenuti il mattino dopo. L'uomo ancora a
bordo dell'auto, come nel delitto del 1974. Anche in questa occasione le
armi usate sono la Beretta calibro.22 ed un coltello. Anche in questo caso si
verifica l'accanimento sui cadaveri, soprattutto su quello della donna. Ma le
analogie non sono finite, perch stranamente, proprio come a Borgo, la
borsetta della ragazza viene rovistata e il contenuto gettato a terra senza
che per questa volta risulti mancare nulla. Per il delitto viene inizialmente
sospettato l'ex fidanzato della De Nuccio, che in passato aveva avuto screzi
con lei, ma il giovane risult avere un alibi inattaccabile.[30]
fermato nei boschi, all'incirca all'epoca del delitto, da un tizio con una divisa
che non aveva saputo identificare. L'uomo in divisa gli avrebbe rivolto
velate minacce, rimbrottandolo aspramente e mostrandogli - a suo dire una pistola.[20]
Sar inoltre a seguito di questo delitto che il maresciallo Fiori, 15 anni prima
in servizio a Signa, ricorder del delitto avvenuto nell'estate del 1968, e
permetter la riapertura del fascicolo in cui verranno ritrovati i bossoli
repertati quell'anno; sar cos possibile comparare i bossoli e stabilire che a
sparare nel 1968 era stata la stessa arma utilizzata nel 1982. Anche questo
evento non privo di dettagli inconsueti in quanto, per legge, gli elementi
raccolti nel corso di un processo devono essere distrutti a sentenza
avvenuta. Va tuttavia rilevato che la pratica non generalmente seguita nel
caso in cui l'arma del delitto non sia stata ritrovata, per l'ovvia necessit di
lasciare il campo a successive verifiche, cosa che si in effetti verificata con
i bossoli repertati a Signa nel 1968. Mario Spezi nel suo libro Dolci colline di
sangue d una versione un po' differente[senza fonte] riguardo al
collegamento dei delitti del Mostro di Firenze con quello del 1968 a Signa.
In pratica Spezi dice che arriv agli inquirenti una lettera anonima che
conteneva un ritaglio di giornale relativo al delitto del 1968 con un
messaggio aggiunto a penna che recitava: Perch non andate a rivedere il
processo di Perugia contro Stefano Mele? (Il fascicolo processuale di
Stefano Mele era effettivamente presso il tribunale di Perugia). Nel fascicolo
si trovarono stranamente i famosi bossoli calibro. 22 serie H in una busta
spillata che permisero agli inquirenti di mettere in relazione i delitti del 1968
con i successivi del 1974, 1981 e 1982.
Successivamente al delitto del giugno 1982, che aveva portato gli inquirenti
a collegare alla serie di delitti maniacali anche quello avvenuto 14 anni
prima a Signa, in maniera inequivocabile grazie ai bossoli sparati dalla
medesima pistola, le indagini si rivolgeranno verso Francesco Vinci, pastore,
pluripregiudicato, residente a Montelupo Fiorentino, gi chiamato in causa
anni prima da Stefano Mele nell'omicidio del 1968 per il quale lo stesso Mele
stava in quegli anni scontando la pena a 13 anni.[33] Vinci era stato a suo
tempo amante fisso della Locci (come il fratello Salvatore) e aveva
addirittura abbandonato la famiglia per vivere con la donna, rimediando per
questo una denuncia, da parte della moglie, per abbandono del tetto
coniugale e concubinato (reato allora ancora punibile in Italia, cos come del
resto l'adulterio), fatto questo che aveva destato un certo scandalo in
paese[34]
Claudio Stefanacci
Le vittime del penultimo delitto del Mostro di Firenze sono Claudio
Stefanacci, studente universitario di 21 anni e Pia Gilda Rontini di 18 anni,
da poco tempo impiegata presso il bar della stazione ferroviaria di Vicchio e
majorette nella banda musicale del paese. L'auto dei giovani, una Fiat
Panda celeste, parcheggiata in fondo a una strada sterrata che si diparte
dalla Strada Provinciale Sagginalese, contro il terrapieno di una collina.
Quando vengono aggrediti, i due ragazzi sono seminudi sul sedile posteriore
della Panda di propriet del ragazzo. L'omicida spara attraverso il vetro
della portiera destra colpendo il ragazzo quattro volte (di cui una alla testa),
Pia Rontini
In seguito l'assassino infierisce con diverse coltellate sui corpi dei due
ragazzi, colpendo due volte alla gola Pia e una decina di volte Claudio. Pia
viene trascinata, ancora viva anche se ormai in agonia, fuori dalla vettura in
un vicino campo di erba medica, dove le vengono asportati il pube e il seno
sinistro. Verr ritrovata con il proprio reggiseno ancora serrato tra le dita
della mano destra.[47] La catenina che portava stata strappata ed stato
sottratto il pendente a forma di croce. In questo caso la borsetta non
stata frugata n manomessa, presumibilmente perch nascosta sotto il
sedile del passeggero.
Dopo averlo estratto dalla tenda per effettuare le mutilazioni sul pube e sul
seno sinistro, anche il cadavere della donna viene in qualche modo
occultato e risistemato all'interno della tenda in modo che non sia subito
visibile. Il modus operandi particolare attuato dall'omicida in quest'ultimo
delitto lascia presupporre che l'assassino avesse l'intento di ritardare il pi
possibile la scoperta dei corpi. Un brandello del seno della ragazza viene
spedito alla Procura della Repubblica di Firenze in una busta anonima con
l'indirizzo composto da lettere di giornali ritagliate, indirizzato alla
Pacciani viene arrestato con l'accusa di essere l'omicida delle otto coppie di
giovani il 17 gennaio 1993. Il 19 aprile 1994, con il collegio difensivo
composto dagli avvocati Piero Fioravanti e Rosario Bevacqua, inizia il
processo di primo grado, presieduto dal dottor Enrico Ognibene, con
l'accusa rappresentata dal sostituto procuratore Paolo Canessa (in vece di
Pier Luigi Vigna, che era divenuto nel frattempo procuratore nazionale
antimafia), processo che rivela anche le atroci violenze familiari commesse
dal contadino (compresi i ripetuti stupri nei confronti delle sue due figlie,
per i quali era gi stato condannato ed aveva gi scontato la pena)[5], e
che si conclude il 1 novembre 1994 con la condanna dell'imputato
all'ergastolo da parte del tribunale di Firenze con l'accusa di essere il
responsabile di quattordici dei sedici omicidi per cui era imputato (venne
infatti ritenuto non colpevole del duplice omicidio del 1968).[74] Il verdetto
si ribalter per quindici mesi pi tardi, nel secondo grado di giudizio.[75]
Infatti, il 13 febbraio 1996 Pacciani (in carcere da 1.100 giorni), nel cui
collegio difensivo si era nel frattempo aggiunto anche il famoso avvocato
Nino Marazzita, assolto dalla Corte d'appello di Firenze per non aver
commesso il fatto e viene dunque scarcerato.[75][76]
Pacciani non potr subire a causa della sua improvvisa morte, avvenuta il
22 febbraio 1998. Il processo d'appello a carico di Pacciani fu giudicato
viziato da un errore tecnico, che non consent di sentire e verbalizzare le
testimonianze di quattro persone (i testi Alfa, Beta, Gamma e Delta[80]),
tra i quali c'era anche Lotti, che pochi mesi dopo si autoaccuser di alcuni
degli omicidi come complice di Vanni e Pacciani.
Per la condanna di Pacciani in primo grado sono stati valutati vari elementi,
perlopi di valore indiziario. Intercettazioni ambientali di violenti rimproveri
alla moglie Angiolina (che in s non provavano niente, ma che indebolirono
l'immagine di uomo mite e inoffensivo che Pacciani voleva dare di s), una
cartuccia per pistola (in appello poi giudicata come "priva di valore" in
un'"inchiesta inquinata"[81]) compatibile con i bossoli trovati sui luoghi
degli omicidi e rinvenuta nell'orto di Pacciani[82], alcuni oggetti che l'accusa
ritenne appartenessero ad alcune delle vittime[5][83][84] oltre alle
testimonianze di alcune persone che lo riconobbero nei luoghi degli omicidi
perlopi in veste di guardone.[85][86] Un elemento dapprima trascurato
nei processi contro Pacciani fu l'insieme dei grossi movimenti di denaro sul
conto bancario dell'agricoltore, cifre forse troppo cospicue all'epoca dei fatti
per un semplice contadino quale lui era.[87]
Solo a met degli anni novanta, con l'arrivo a capo della Squadra Mobile di
Firenze di Michele Giuttari le indagini si concentrarono pi dettagliatamente,
Come detto, il 22 febbraio 1998, proprio alla vigilia dell'inizio del secondo
processo d'appello a suo carico, Pietro Pacciani viene trovato morto nella
sua abitazione di Mercatale con i pantaloni abbassati e il maglione tirato in
alto fino al collo. Un esame tossicologico rivela nel sangue tracce di un
farmaco antiasmatico fortemente controindicato per lui (che non soffriva di
asma ed era invece affetto da una malattia cardiaca). Le circostanze
sospette dell'improvvisa morte del contadino provocarono ulteriori ombre
sulla vicenda che sembrava essersi avviata ad una conclusione
definitiva.[5][99] Pacciani infatti, dopo la sentenza di assoluzione di
secondo grado, era tornato ad abitare da solo (dopo che anche la moglie
aveva abbandonato l'abitazione coniugale) nel suo casolare, dove la sera
trovava lavoretti e alloggio solo grazie all'aiuto del prete del paese, essendo
a tutti gli effetti un disoccupato indigente. Anche Vanni, nonostante le cifre
trovate sui suoi conti, deceduto in una modesta casa di riposo di
provincia.[117]
Francesco Narducci
Ulteriore tesi quella che vede il responsabile dei delitti (o uno dei capi
della misteriosa setta che avrebbe commissionato gli omicidi seriali) nel
dottor Francesco Narducci, medico e professore universitario di Perugia,
morto nel Lago Trasimeno a 36 anni, il 13 ottobre 1985, poche settimane
dopo l'ultimo della serie di omicidi del Mostro di Firenze. La morte,
Proprio l'ipotizzato omicidio del medico perugino, legato alla sostituzione del
suo cadavere[124][125] con quello di uno sconosciuto in maniera tale da
insabbiare le indagini sulle effettive cause della morte nell'autunno del
del quotidiano "La Nazione". Il tutto sarebbe stato fatto, secondo la Procura,
per evitare che emergesse il coinvolgimento del medico nella vicenda
criminale fiorentina. Il 20 aprile 2010, all'esito dell'udienza preliminare
davanti al Gup di Perugia, il Dr. Micheli ha emesso sentenza di non luogo a
procedere, con diverse e articolate formule.[134][135] Nonostante il
termine per il deposito della motivazione da parte del GUP fosse scaduto
alla data del 20 luglio 2010, solo il 20 febbraio 2012, dopo un ritardo di
quasi due anni, il GUP ha depositato la motivazione di ben 934 pagine. Il
Giudice, pur avendo dovuto valutare la possibilit di sviluppo o meno in
giudizio dell'impianto accusatorio, ha, in pratica, adottato una decisione di
merito, contestando gli accertamenti del 1985, ma anche le risultanze degli
accertamenti medico legali del Dipartimento di Medicina Legale
dell'Universit di Pavia e quelli antropometrici del RIS di Parma e ha
formulato l'ipotesi suicidiaria, escludendo un coinvolgimento del Narducci
nei duplici omicidi di coppie attribuiti al "Mostro di Firenze".[136] Narducci
si sarebbe ucciso "stordendosi" con la meperidina, un farmaco chiamato
anche petidina.
A causa delle sue rivelazioni non supportate da prove, la Ciulli venne ben
presto presa per una visionaria, mossa dal desiderio di vendicarsi del
Calamandrei (che l'aveva lasciata per un'altra donna con la quale si era poi
sposato) e ripetute successive denunce di questa nei confronti dell'ex
marito non vennero nemmeno prese in considerazione dalle forze
dell'ordine.[138] Nel 2000, inoltre, Mariella Ciulli venne fatta rinchiudere in
una clinica psichiatrica perch, sulla base di alcune perizie, venne
riconosciuta come malata di mente.
Una tesi seguita negli ultimi anni e profilata ad esempio da Mario Spezi nel
libro Dolci colline di sangue del 2006, quella secondo cui il mostro sarebbe
un individuo legato al clan dei sardi, gi indagato marginalmente nelle
vicende degli omicidi seriali. La tesi di Spezi muove dalla ricostruzione del
primo omicidio del 1968 ritenendo che l'omicidio di Signa venne
effettivamente commesso per ragioni sentimentali e d'onore da parte di
soggetti legati alle famiglie Mele e Vinci, con la pistola Beretta ed i proiettili
utilizzati successivamente dal mostro.
Alle 2:00 del mattino del 22 agosto 1968, il piccolo Natalino Mele di 6 anni
raggiunse al buio, scalzo e scioccato, un casolare sito ad oltre 2 chilometri
di distanza da dove parcheggiata l'automobile dove sono stati appena
uccisi la madre ed il suo amante. I calzini completamente puliti del bambino
ed il fatto che il campanello del casolare situato ad un'altezza
irraggiungibile da parte del piccolo sono stati al centro di un lungo dibattito
sul fatto se il bambino avesse effettivamente raggiunto il casolare senza
l'aiuto di qualche adulto. Lo stesso Natalino, dietro minaccia dal maresciallo
Ferrero di essere punito se non avesse detto la verit, cambia versione
dicendo di essere stato portato fino al casolare dal padre.[165] Ad oggi non
si sa come realmente andarono i fatti quella notte.[166]
Natalino Mele, una volta cresciuto, rilasci un'intervista a Mario Spezi nella
quale afferm di avere nella memoria tanti vuoti che lo avrebbero convinto
a sostenere che le sue non erano amnesie provocate dallo choc subito da
piccolo, ma qualcosa di pi complesso. Egli sosteneva di essere stato
vittima di un "lavaggio del cervello" ma non esiste alcuna prova che tali
definizioni siano vere.[167][168]L'8 marzo 2011 la casa di Natalino Mele e
della sua compagna Loredana venne distrutta da un incendio. Da quel
momento si sono perse le sue tracce[169] fino al 2014, quando stato
fotografato da un giornalista mentre partecipava ad una manifestazione,
sotto il palazzo prefetturale di Firenze, contro gli sgomberi delle case
occupate.[170]
Nel gennaio 1980 un pensionato viene ritrovato morto nel parco delle
Cascine di Firenze ucciso da un corpo contundente.[171]
Il 23 dicembre 1980 il contadino Renato Malatesta, marito di Antonietta
Sperduto, donna che era stata oggetto di ripetute violenze sessuali da parte
di Pacciani e Vanni, venne ritrovato impiccato nella stalla della sua
casa.[172] A detta della moglie autori del delitto sarebbero stati proprio
Pacciani e Vanni ed a supporto di questa affermazione la donna disse che
un giorno Pacciani l'aveva minacciata dicendole attenta a non parlare di
quello che ti abbiamo fatto, ti si fa fare la stessa fine che abbiamo fatto fare
a tuo marito.[173]
Nell'ottobre 1983, nei pressi di Fiesole in localit Cave di Maiano, un
cercatore di funghi vouyeurista venne massacrato a coltellate.[171]
(ucciso con le stesse modalit), che in passato era stato suo amante. Per
questo duplice omicidio venne processato Francesco Rubino, compagno
della Malatesta e padre del piccolo Mirko, che per venne assolto in tutti e
tre i gradi di giudizio per non aver commesso il fatto e tale duplice delitto
rimasto a tutt'oggi insoluto.[167][172]
Il 25 maggio 1994 la prostituta Anna Milvia Mattei, la quale conviveva con
Fabio Vinci, il figlio di Francesco, venne strangolata e bruciata nella sua
casa di San Mauro.[167][172] Dell'omicidio fu imputato Giuseppe
Sgangarella, amico di Francesco Vinci ed anche di Pietro Pacciani, con il
quale aveva condiviso la cella durante la sua detenzione.[177]
Claudio Pitocchi, operaio di Tavarnelle che aveva testimoniato al processo
Pacciani, muore in un incidente stradale l'8 dicembre 1995.[172]
Quando nel 1996 Pietro Pacciani venne assolto in appello e fece ritorno a
casa non vi trov pi la moglie Angiolina Manni. La donna infatti, non
volendo pi avere nessun rapporto con l'uomo, pare se ne fosse andata via
di casa e nel luglio dello stesso anno avvi anche le pratiche per la
separazione dal marito. Pacciani non convinto dell'allontanamento
volontario present una denuncia per sequestro di persona affermando che
qualcuno (forse la locale USL) aveva portato via la moglie e l'aveva fatta
internare in una casa di cura.[27] A sostegno di questa tesi vi sono le
affermazioni di alcuni vicini di casa che asserirono di aver visto la donna
trascinata via di forza da diverse persone. Tali denunce caddero comunque
nel vuoto e la Manni non ricontatt pi in alcun modo il marito, nonostante
che questi lanci diversi appelli a giornali e televisioni, in cui chiedeva alla
moglie, inesorabilmente invano, di tornare a vivere assieme a lui.[167]
Sviluppi recenti della vicenda[modifica | modifica wikitesto]
La pistola utilizzata dal mostro di Firenze sarebbe stata ritrovata nel 2011 in
un armadio della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri di
Potenza.[178] La notizia, potenzialmente sconcertante, risale al 2 marzo
2013.[178] La Beretta ha matricola c3322: tale numero ha permesso di
accertare che la pistola stata venduta il 3 marzo 1960 in un'armeria di
Sassari, con tutta probabilit ad un certo Stefano Aresti, amico di Salvatore
Vinci, uno degli indagati della pista sarda, che lo stesso anno si era
trasferito a Firenze.[178][179] In tutto il mondo ci sono cinque pistole con
una matricola che inizia con quelle cifre. Due sono state vendute a New
York, una a Roma ed un'altra in Campania: tutte armi ancora possedute dai
proprietari, ad eccezione di quella che Aresti non ha pi in suo
possesso.[179]. La notizia per, col tempo, ha preso il sapore della
bufala. Infatti l'amico/parente di Salvatore Vinci si chiamava Franco
Aresti e non Stefano.[180][181] Successivamente poi le analisi del Ris di
Roma hanno escluso che si tratti dell'arma del mostro, poich il modello
dell'arma del mostro assolutamente diverso da quello dell'arma rinvenuta
a Potenza.[182][183]
nel 1991, a causa del forte contrasto dei parenti delle vittime del mostro
che ne stopparono a lungo la lavorazione e l'uscita.[186]
Nel settembre 2008 l'attore americano Tom Cruise ha acquistato i diritti per
portare sul grande schermo un adattamento del libro Dolci colline di sangue
(The monster of Florence) di Mario Spezi e Douglas Preston, ma poi il
progetto saltato. Il film avrebbe dovuto avere George Clooney nel ruolo
del protagonista principale.[187]
Il regista Antonello Grimaldi ha realizzato, nella primavera 2009, la serie
televisiva Il mostro di Firenze, una ricostruzione della vicenda dal 1981 al
2006 per il canale tv Fox Crime in 6 parti, della durata di 45 minuti
ciascuna, che sono andate in onda dal 12 novembre al 10 dicembre 2009 ed
in seguito trasmesse in replica anche da Canale 5, in seconda serata,
nell'estate 2010.[188]
Delle vicende del mostro si sono occupate varie trasmissioni tv: Un giorno
in pretura, Blu Notte, Chi l'ha visto?, Telefono giallo, Enigma, Giallo Uno,
Top Secret, Delitti e Mixer.
Un documentario intitolato I delitti del mostro di Firenze andato in onda
su Sky nel 2011 per la regia di Paolo Cochi. Il video, della durata di un'ora e
mezza, raccoglie le opinioni di molti protagonisti della vicenda fornendo
spazio a tutte le ipotesi.[189]
Note[modifica | modifica wikitesto]
^ Mostro di Firenze: Vanni condannato in Cassazione Confermato
l'ergastolo all'ex postino complice di Pacciani in quattro degli otto delitti.
Ribadita anche la condanna (26 anni) al pentito Lotti. "I familiari delle
vittime hanno avuto giustizia", il commento del capo della squadra mobile
Giuttari che assicura: "continuiamo a indagare sul mandante" in Quotidiano
Nazionale. (archiviato dall'url originale il 28 novembre 2013).
^ Alvaro Fiorucci, 48 small il dottore di Perugia e il mostro di Firenze,
Morlacchi, 2012.
^ a b c d e f g h i Giuttari, 2006.
^ Firenze, volantini anti-mostro 'Non fate l'amore in auto' in la Repubblica
(Firenze), 31 maggio 1988, p. 18. URL consultato il 6 maggio 2014.