CAPITOLO 1
UN PO DI LOGICA
Diciamo proposizione una affermazione di cui siamo in grado di stabilire se e` vera o e` falsa.
Indichiamo con lettere maiuscole le proposizioni e scriviamo c : P ,
leggendo c tale che P e` vera, se c e` un elemento in corrispondenza del
quale la proposizione P e` vera.
Assegnata una proposizione P si pu`o costruire una nuova proposizione,
che definiamo negazione di P ed indichiamo con not P , come la proposizione che e` vera se P e` falsa ed e` falsa se P e` vera.
Si pu`o identificare la proposizione not P anche mediante una tabella,
detta tabella di verit`a, che elenca in corrispondenza dei due casi possibili la
verit`a o la falsit`a della proposizione in questione:
P
1
0
not P
0
1
TABELLA 1.1
E` inoltre necessario definire nuove proposizioni che dipendono da una
o pi`u proposizioni note.
Assegnate due proposizioni P e Q,
(P and Q) e` vera se P e Q sono entrambe vere
(P or Q) e` vera se almeno una tra P e Q e` vera
(P xor Q) e` vera se una ed una sola tra P e Q e` vera.
Le corrispondenti tabelle di verit`a possono essere raggruppate nella seguente:
P Q not P not Q P and Q P or Q P xor Q
1 1
0
0
1
1
0
0 1
1
0
0
1
1
1 0
0
1
0
1
1
0 0
1
1
0
0
0
TABELLA 1.2
E` immediato verificare che proposizione P xor Q e` vera o falsa a seconda che sia vera o falsa la proposizione
(P and (not Q)) or (Qand (not P ))
come si pu`o verificare dalla tabella 1.2.
3
1. UN PO DI LOGICA
(P Q) ((not P ) or Q)
Possiamo verificare dalla tabella 1.4 che due proposizioni sono equivalenti se assumono gli stessi valori nella loro tabella di verit`a, cio`e se sono
entrambe vere o entrambe false.
P Q P Q P Q P Q
1 1
1
1
1
0 1
1
0
0
1 0
0
1
0
0 0
1
1
1
TABELLA 1.4
Per convincerci che la definizione di implicazione corrisponde a criteri di senso comune, e` opportuno mettere in evidenza la negazione della
proposizione (P Q); avremo che
(1.2)
not(P Q)
se e solo se
not((not P ) orQ)
se e solo se (P or(notQ))
1. UN PO DI LOGICA
(P Q) ((not Q) (not P ))
oppure {a A : Pa e` vera}
1. UN PO DI LOGICA
Una relazione binaria si dice di relazione di equivalenza se sono verificate le seguenti condizioni
(aRb) (bRa)
(simmetricit`a);
(aRa)
(riflessivit`a);
((aRb) and (bRc)) (aRc)
(transitivit`a).
Una relazione binaria si dice relazione dordine o ordinamento se sono
verificate le seguenti condizioni
(a6Ra)
(antiriflessivit`a);
((aRb) and (bRc)) (aRc)
(transitivit`a).
Siano A, B due insiemi, diciamo che
(1.4)
AB
(B A)
se (a A) (a B)
Diciamo che
(1.5)
A=B
se (a A) (a B)
Definiamo
A\B = {a A and a 6 B}
Nel caso in cui B A linsieme A\B si dice anche complementare di
B in A e si indica con B c essendo omessa lindicazione che il complementare e` fatto rispetto ad A, in quanto sar`a sempre chiara, quando si user`a tale
simbolo, lidentit`a di A.
Definiamo inoltre
A B = {a A or a B}
(A unione B)
A B = {a A and a B}
(A intersezione B)
AB = {(a, b) : a A and b B}
( prodotto cartesiano).
Si possono provare facilmente propriet`a del tipo
A (B C) = (A B) C
A (B C) = (A B) C
A (B C) = (A B) (A C)
A (B C) = (A B) (A C)
(A B)c = Ac B c
(A B)c = Ac B c
Le ultime due uguaglianze sono note come formule di De-Morgan.
Indichiamo con linsieme vuoto, cio`e linsieme privo di elementi
Se P e` una proposizione ed A e` un insieme possiamo considerare le
seguenti proposizioni
ogni elemento di A soddisfa P ;
qualche elemento di A soddisfa P ;
uno ed un solo elemento di A soddisfa P .
Le tre affermazioni di cui sopra si scrivono in simboli
x A
:
Px
1. UN PO DI LOGICA
x A
!x A
Osserviamo che
sono
x A
x A
:
Px
:
Px
le negazioni delle prime due precedenti proposizioni
notPx
notPx
CAPITOLO 2
I NUMERI REALI
Introduciamo linsieme R dei numeri reali per via assiomatica; elenchiamo cio`e le propriet`a cui deve soddisfare linsieme dei numeri reali prescindendo dalla verifica dellesistenza di un modello di R e dalla costruzione di tale modello.
A tale proposito ci limitiamo a ricordare che la retta euclidea su cui
siano stati fissati due punti (0 ed 1), sia stato definito il verso positivo e
siano state definite la somma ed il prodotto per via geometrica, costituisce
un buon modello dei numeri reali.
Diciamo che sono assegnati i numeri reali, che indicheremo con R, se:
e` assegnato un insieme R
sono assegnate due leggi, che chiamiamo somma o addizione e
prodotto o moltiplicazione e che indichiamo con + e rispettivamente, ciascuna delle quali associa ad ogni coppia (x, y) R R
un elemento di R che indicheremo con x+y ed xy rispettivamente
(in realt`a useremo sempre xy in luogo di x y)
e` assegnata in R una relazione di equivalenza che indicheremo con
il simbolo = (rispetto alla quale esistono in R almeno due elementi
distinti)
e` assegnata in R una relazione dordine che indicheremo con <
valgono le seguenti propriet`a per ogni x, y, z R :
(1) x + y = y + x
(propriet`a commutativa delladdizione)
(2) (x + y) + z = x + (y + z)
(propriet`a associativa delladdizione)
(3) esiste R tale che x + = x, per ogni x R
(esistenza di un elemento neutro rispetto alladdizione)
lelemento neutro rispetto alla somma e` unico in R
infatti se z, z 0 sono due elementi neutri rispetto alla somma si
ha
z = z + z0 = z0 + z = z0
sar`a indicato dora innanzi con 0
(4) xy = yx
(propriet`a commutativa della moltiplicazione)
(5) (xy)z = x(yz)
(propriet`a associativa della moltiplicazione)
(6) esiste R tale che x = x per ogni x R
9
10
2. I NUMERI REALI
(11)
(12)
(13)
x=y
y<x
(legge di tricotomia)
se x < y allora x + z < y + z
(invarianza dellordine rispetto alladdizione)
se x < y e 0 < z allora xz < yz
(invarianza dellordine rispetto alla moltiplicazione per elementi positivi)
Per ogni x R esiste x0 R tale che x0 + x = 0
(esistenza dellinverso rispetto alladdizione)
per ogni x R linverso di x rispetto alla somma e` unico,
infatti siano x0 , x00 tali che x0 + x = x00 + x = 0 allora si ha
x0 + x + x0 = x00 + x + x0 e ne segue che x0 = x00
verr`a indicato solitamente con x
per ogni x R\{0} esiste x00 R tale che x00 x = 1
(esistenza dellinverso rispetto alla moltiplicazione)
per ogni x R\{0} linverso di x rispetto al prodotto e` unico
Siano x0 , x00 tali che x0 x = x00 x = 1 si ha x0 xx0 = x00 xx0 e ne
segue x0 = x00
verr`a indicato solitamente con 1/x o con x1
Per ogni A, B R, A, B 6= tali che
a b a A , b B
esiste c R tale che
(2.1)
acb
a A, b B
2. I NUMERI REALI
11
12
2. I NUMERI REALI
2. I NUMERI REALI
13
Osserviamo che esistono certamente insiemi induttivi in quanto, ad esempio, R stesso e` un insieme induttivo; e` pure utile osservare che anche
{x R : x 1}
e` un insieme induttivo.
D EFINIZIONE 2.2. Sia E linsieme degli insiemi induttivi di R; definiamo
N=
EE
ak = an
m+1
X
k=n
ak = am+1 +
m
X
k=n
ak .
14
2. I NUMERI REALI
n
Y
m+1
Y
ak = an
k=n
ak = am+1
k=n
m
Y
ak .
k=n
Osserviamo che non sempre e` vero che un insieme di numeri reali ammette
minimo o massimo: si consideri ad esempio
A=R
oppure
A = {x R : 0 < x < 1}
2. I NUMERI REALI
15
tale che m a
m m(A), a A
D EFINIZIONE 2.8. Sia A R , A 6= , A inferiormente limitato; definiamo estremo inferiore di A e lo indichiamo con inf A , il massimo dei
minoranti di A, definiamo cio`e
inf A = max m(A).
Analogamente se A e` superiormente limitato definiamo estremo superiore
di A e lo indichiamo con sup A , il minimo dei maggioranti di A, definiamo
cio`e
sup A = min M (A).
Definiamo inoltre
inf A = , se A non e` inferiormente limitato
sup A = +, se A non e` superiormente limitato
inf = +
sup =
16
2. I NUMERI REALI
n Z
2. I NUMERI REALI
17
D IMOSTRAZIONE . Definiamo
A = {n Z : n x} .
Evidentemente A e` superiormente limitato e non vuoto in quanto, per il
teorema 2.7, esiste n0 Z, n0 x; si pu`o pertanto affermare che
n0 a
= sup A R
Se per assurdo si avesse che
n A si abbia n + 1 A
avremmo allora che A {n Z : n n1 } e quindi A non potrebbe
risultare limitato.
Quindi e` lecito affermare che
esiste nx A, tale che nx + 1 6 A;
da cui, essendo nx e di conseguenza nx + 1 interi, si ha
n x x < nx + 1 .
Osserviamo inoltre che, se esistesse n A, n > nx , si avrebbe n
nx + 1 > x ed n 6 A.
2
E pertanto lecito porre:
se
x>0
x
(2.2)
|x| = 0
se
x=0
x se
x<0
18
2. I NUMERI REALI
xn = xxn1
xn+m = xn xm
(2.4)
(xn )m = xnm
(2.5)
(2.6)
(xy)n = xn y n
Fin qui abbiamo definito cosa intendiamo per numero reale, naturale,
intero e razionale ma non abbiamo introdotto un simbolismo adeguato.
Abbiamo fino ad ora identificato un numero utilizzando un simbolo, ma
e` chiaro che in tal modo possiamo utilizzare contemporaneamente solo pochi numeri dato che, per chiarezza, e` necessario servirsi solo di un piccolo
numero di segni (simboli o cifre) diversi; e` quindi utile introdurre un sistema di rappresentazione che utilizzi solo un numero piccolo di cifre e sia
in grado di fornire una adeguata rappresentazione dei numeri,anche molto
grandi, che ci interessano.
19
Tale tipo di rappresentazione fu introdotta in Europa da Leonardo Pisano, detto Fibonacci, cio`e figlio di Bonaccio attorno al 1400, ma era impiegata dagli arabi gi`a da molto tempo.
Essa prende il nome di notazione posizionale e si fonda sul seguente
semplice fatto
L EMMA 2.2. Per ogni a N {0}, e per ogni b N, esistono e sono
unici q, r N {0} tali che
(2.7)
a = bq + r , r < b
bq a < b(q + 1)
an = an+1 b + cn , cn < b
n N
20
2. I NUMERI REALI
Si ha,
a0 a1 b = c 0
a1 a2 b = c 1
a2 a3 b = c 2
=
an0 = cn0
da cui moltiplicando la seconda uguaglianza per b, la terza
uguaglianza per b2 e cos` via fino a moltiplicare lultima per
bn0 si ottiene
a0 a1 b = c 0
a1 b a2 b 2 = c 1 b
a2 b 2 a3 b 3 = c 2 b 2
=
an0 bn0 = cn0 bn0
e sommando membro a membro si ottiene
(2.9) a0 a1 b + a1 b a2 b2 + a2 b2 a3 b3 + ...... an0 bn0 =
= c0 + c1 b + c2 b2 + ...... + cn0 bn0
e cio`e
a0 =
n0
X
c k bk
k=0
a0 < b
21
0 k < b
Si pu`o pertanto concludere che ogni numero naturale pu`o essere individuato non appena si disponga di b simboli diversi che chiameremo cifre.
Usualmente si adopera per questo scopo un numero di simboli o cifre
che e` pari al numero delle dita delle mani di un uomo; tali simboli sono:
0 ,
1 ,
2 ,
3 ,
4 ,
5 ,
6 ,
7 ,
8 ,
1 ,
2 ,
3 ,
4 ,
5 ,
6 ,
22
2. I NUMERI REALI
n1
X
c1 2
)b )
b
ck bk )bn )
k=0
(2.10)
Definiamo inoltre
n
X
xn =
ck bk
k=0
(1) 0 x xn < bn
,
Infatti osservando che
23
0 cn+1 < b
24
2. I NUMERI REALI
x + (y x)
25
26
2. I NUMERI REALI
CAPITOLO 3
(x, y1 ), (x, y2 ) G y1 = y2
27
28
f (x1 ) = f (x2 ) x1 = x2
x D
y = f (x).
f (g(y)) = y
g(f (x)) = x
y A
x D
29
f (f 1 (y)) = y
y = f (x) .
Si ha allora
f 1 (f (x)) = f 1 (y) = x
f (f 1 (y)) = f (x) = y
x D
y A.
2
D EFINIZIONE 3.10. Sia f : D R e supponiamo che D sia simmetrico rispetto allorigine (cio`e x D x D); diciamo che f e` una
funzione pari se
f (x) = f (x)
x D;
diciamo che f e` una funzione dispari se
f (x) = f (x)
x D.
x<y
f (x) f (y)
x<y
f (x) f (y)
x<y<z
30
e y2 = f (x2 )
x D
x D
x D
x D
31
T EOREMA 3.5. Sia f : D R, affinche x0 D sia un punto di minimo (massimo) assoluto per f e` sufficiente che f sia decrescente (crescente)
in (, x0 ] D e crescente (decrescente) in [x0 , +) D.
T EOREMA 3.6. Siano f : D R, g : A R tali che R(g) D,
allora
f strettamente crescente, g strettamente crescente f (g())
strettamente crescente;
f strettamente crescente, g strettamente decrescente f (g())
strettamente decrescente;
f strettamente decrescente, g strettamente crescente f (g())
strettamente decrescente;
f strettamente decrescente, g strettamente decrescente f (g())
strettamente crescente.
Inoltre, le stesse asserzioni valgono abolendo ovunque la parola strettamente.
CAPITOLO 4
LE FUNZIONI ELEMENTARI
Per costruire modelli che coinvolgono funzioni occorre avere un certo numero di funzioni, che chiameremo elementari, di cui sono note le
propriet`a.
Usando tali funzioni si possono costruire la maggior parte delle funzioni
necessarie per limpostazione di modelli matematici.
E` pertanto molto importante una buona conoscenza e della definizione
delle funzioni elementari e delle loro principali propriet`a.
Naturalmente la classe delle funzioni elementari, sebbene codificata e
delimitata dalla letteratura e dalla tradizione matematica e` in qualche modo aperta a nuovi ingressi che si rendano di uso frequente in applicazioni
future.
1. Le funzioni Potenze
Cominciamo con il definire cosa si intende per potenza di esponente
naturale;
D EFINIZIONE 4.1. Sia n N, definiamo la funzione pn : R R
mediante la
pn (x) = xn ;
pn si dice potenza di esponente n e di base x.
T EOREMA 4.1. Sia n N, pn e` strettamente crescente in R+ .
D IMOSTRAZIONE . Procediamo per induzione; e` innanzi tutto ovvio che
p1 e` strettamente crescente in R+ ed inoltre se supponiamo pn crescente in
R+ , presi x > y 0 si ha
pn+1 (x) = xpn (x) > xpn (y) ypn (y) = pn+1 (y)
e pn+1 e` strettamente crescente su R+
T EOREMA 4.2. Sia n N, n pari, allora
(1) pn (x) = pn (x) per ogni x R
(2) pn e` strettamente decrescente su R
(3) R(pn ) = R+
D IMOSTRAZIONE .
(1) Poich`e n e` pari si ha n = 2k, k N e
xn = x2k = (x2 )k = ((x)2 )k = (x)2k = (x)n
33
34
4. LE FUNZIONI ELEMENTARI
come
rn = (pn )1
1. LE FUNZIONI POTENZE
35
36
4. LE FUNZIONI ELEMENTARI
x R
1. LE FUNZIONI POTENZE
37
Se invece x R pu`o accadere che rn (pm (x)) sia definito anche quando pm (rn (x)) non lo e` .
Inoltre, se m/n, m0 /n0 sono due diverse rappresentazioni frazionarie
dello stesso numero razionale s, pu`o accadere che rn (pm (x)) sia definito
mentre rn0 (pm0 (x)) non lo e` .
(Si consideri ad esempio m = 2 ed n = 4; allora se x < 0 si ha che
r4 (p2 (x)) e` definito mentre p2 (r4 (x)) no.
Inoltre se m0 = 1 e n0 = 2 r4 (p2 (x)) e` definito mentre r2 (p1 (x)) no.)
2
Pertanto per valori di x R consideriamo la composizione di potenze
e radici ove essa ha senso, ma non definiamo in alcun modo la funzione
potenza ad esponente razionale.
Ribadiamo ancora che ci`o e` dovuto al fatto che non e` agevole, e talvolta
non e` possibile, definire in modo univoco la potenza ad esponente razionale
in R .
Ci`o non significa comunque rinunciare a considerare la composizione di
una potenza di esponente n e di una radice di indice m, qualora essa abbia
senso, anche per valori dellargomento negativi.
Ad esempio e` chiaro che p2 (r3 (2)) risulta perfettamente ed univocamente individuato.
In casi simili tuttavia, pur trattando la funzione composta
pm (rn ())
n
e non pretenderemo
non parleremo di potenza ad esponente razionale m
di applicare a pm (rn ())le propriet`a delle potenze in quanto, come visto,
potrebbero risultare false.
m
n
38
4. LE FUNZIONI ELEMENTARI
1. LE FUNZIONI POTENZE
39
(y/x) > 1
40
4. LE FUNZIONI ELEMENTARI
y R+
x R+ .
e
Si ha infatti
pa (p1/a (y)) = (y 1/a )a = y a/a = y
e
p1/a (pa (x)) = (xa )1/a = xa/a = x.
2
2. La funzione esponenziale
D EFINIZIONE 4.7. Sia a R+ , definiamo la funzione expa : R R+
mediante la
x 7 expa (x) = ax
esponenziale di base a
T EOREMA 4.11. Sia a > 0, valgono i seguenti fatti
(1) Se a > 1 allora expa e` strettamente crescente
(2) Se 0 < a < 1 allora expa e` strettamente decrescente
(3) Se a 6= 1 allora R(expa ) = R+ .
D IMOSTRAZIONE .
3. LA FUNZIONE LOGARITMO
41
42
4. LE FUNZIONI ELEMENTARI
3. LA FUNZIONE LOGARITMO
43
44
4. LE FUNZIONI ELEMENTARI
n1
X
Ai Ai+1
i=1
4. LE FUNZIONI TRIGONOMETRICHE
45
(Si osservi che la definizione e` ben posta in quanto `(P ) 8R per ogni
P P, dove R e` il raggio della circonferenza di cui fa parte).
Usualmente si indica con la lunghezza di una semicirconferenza di
raggio 1; si ha con 51 cifre decimali esatte:
46
4. LE FUNZIONI ELEMENTARI
= 3.141592653589793238462643383279502884197169399375105
180
=
x
4. LE FUNZIONI TRIGONOMETRICHE
47
48
4. LE FUNZIONI ELEMENTARI
f (x) = f (x + T )
Enunciamo a questo punto, senza dimostrarle, alcune fondamentali propriet`a delle funzioni introdotte.
Siano x, y R, valgono i seguenti fatti:
(1) cos(x) = cos(x)
(2) sin(x) = sin(x)
(3) sin2 (x) + cos2 (x) = 1
(4) sin(x + y) = sin(x) cos(y) + cos(x) sin(y)
(5) cos(x + y) = cos(x) cos(y) sin(x) sin(y)
4. LE FUNZIONI TRIGONOMETRICHE
49
50
4. LE FUNZIONI ELEMENTARI
(4.2)
(4.3)
mediante le
(4.4)
arccos = cos1
(4.5)
arcsin = sin1
(4.6)
arctan = tan1
4. LE FUNZIONI TRIGONOMETRICHE
51
sin(arcsin(x)) = x
x [1, 1]
(4.8)
cos(arccos(x)) = x
x [1, 1]
(4.9)
(4.10)
tan(arctan(x)) = x
x R
x + 3/2
arcsin(sin(x)) = |x 2k + /2| /2 x R, k = E
2
x+
(4.11) arccos(cos(x)) = |x 2k|
x R, k = E
2
x + /2
(4.12) arctan(tan(x)) = x k
x R, k = E
(4.13)
2
Le notazioni arcsin, arccos, arctan non sono universalmente adottate.
Nel seguito useremo anche le notazioni asn, acs, atn, rispettivamente.
52
4. LE FUNZIONI ELEMENTARI
4. LE FUNZIONI TRIGONOMETRICHE
53
CAPITOLO 5
I(x, ) = (x , x + )
(5.2)
I(+, ) = (, +)
(5.3)
I(, ) = (, )
(5.5)
I o (+, ) = I(+, )
(5.6)
I o (, ) = I(, )
R+
A I o (x, ) 6=
lim f (x) = `
xx0
se
(5.9)
si ha f (x) I(`, )
55
56
x D
tale che
0 < |x x0 | <
si ha |f (x) `| <
se x0 = + () ed ` R la 5.9 diviene
(5.11)
x D
tale che
tale che
0 < |x x0 | <
si ha f (x) >
(f (x) < )
se x0 = + () e ` = + () la 5.9 diviene
(5.13)
x D
:
x > (x < ) si ha f (x) > (f (x) < )
Notiamo anche qui che, nel caso in cui ` = + o ` = , se la 5.9
e` verificata per > 0 , essa e` automaticamente verificata pure per tutti gli
(0, 0 ], pur di definire = 0 .
2
Osservazione. Se esiste ` R tale che valga la definizione 5.3 si dice
che f ammette limite finito per x x0 ; in caso contrario si dice che f non
ammette limite finito.
Se esiste R tale che valga la definizione 5.3 si dice che f ammette
limite per x x0 ; in caso contrario si dice che f non ammette limite.
2
D EFINIZIONE 5.4. Sia f : D R, sia x0 D(D); diciamo che f e`
localmente (superiormente) [inferiormente] limitata in x0 se esiste M R
ed esiste > 0 tale che
(5.14)
|f (x)| M , (f (x) M ) , [f (x) M ]Quadx I(x0 , ) D
Passiamo ora a dimostrare che una funzione che ammette limite finito e`
localmente limitata.
T EOREMA 5.1. Sia f : D R, sia x0 D(D) e supponiamo che
lim f (x) = `
xx0
allora:
(1) se ` R, allora f e` localmente limitata in x0 ;
(2) se ` > 0 (eventualmente ` = + ) allora esiste > 0 ed esiste
M R tale che se x I o (x0 , ) D si ha
f (x) M > 0
57
x I(x0 , ) D
2
se
> 0 > 0 tale che se x D e x0 < x < x0 + si ha
f (x) I(`, )
Se x0 D(D ) R, D = {x D : x x0 }, diciamo che
lim f (x) = `
xx0
` R
xx0
xx+
0
xx0
58
e se x0 2 < x < x0 , x D si ha
f (x) I(`, )
Pertanto se si sceglie
= min{1 , 2 }
la definizione di limite e` verificata.
2
A questo punto e` conveniente definire in R le operazioni di addizione
e di moltiplicazione che fino a questo momento sono definite solamente in
R.
Osserviamo esplicitamente che non sono applicabili a queste operazioni
le usuali regole che permettono di svolgere calcoli con i numeri reali. Riterremo pertanto lecite tutte e sole le uguaglianze che coinvolgono gli elementi
+ e che elenchiamo qui di seguito.
Definiamo:
x = + x =
x R
x() = ()x =
x R+
x() = ()x =
x
=0
x
= +
0
+ + = +,
x R
x R
x R \ {0}
=
()(+) =
| | = +
0
,
0
in quanto ci`o potrebbe dar luogo facilmente ad inconvenienti e ad errate
interpretazioni.
+
0() ,
xx0
lim g(x) = `2
xx0
`1 , `2 R
Allora
(1) limxx0 |f (x)| = |`1 |
(2) limxx0 (f (x) + g(x)) = `1 + `2 tranne che nel caso in cui `1 =
e `2 =
(3) limxx0 f (x)g(x) = `1 `2 tranne che nel caso in cui `1 = 0 e `2 =
1
= `11 tranne che nel caso in cui `1 = 0
(4) limxx0 f (x)
59
|f (x) `1 | <
2
o
2
e x I (x0 , ) D si ha
2
|g(x) `2 | <
2
Allora
1
2
Sia = min{/2
, /2
}, se x I o (x0 , ) D si ha
|f (x) + g(x) (`1 + `2 )| |f (x) `1 | + |g(x) `2 | < /2 + /2 =
Con ci`o la seconda affermazione e` provata.
Sia 3 tale che se x I o (x0 , 3 ) D si ha
|g(x)| M
sia `1 6= 0 (il caso `1 = 0 risulta banale) e sia
1
2
3
= min{/(2M
) , /(2|`1 |) , }
allora se x I o (x0 , ) D si ha
(5.15) |f (x)g(x) `1 `2 | = |f (x)g(x) g(x)`1 + g(x)`1 `1 `2 |
|g(x)||f (x) `1 | + |`1 ||g(x) `2 | <
< M /(2M ) + |`1 |/(2|`1 |) =
Quindi anche la terza e` provata.
2
Possiamo a questo punto stabilire un utile corollario.
C OROLLARIO 5.1. Siano f, g : D R, x0 D(D) e supponiamo
che
lim f (x) = `1
xx0
lim g(x) = `2
xx0
x I o (x0 , ) ,
allora
(5.16)
lim
xx0
1
= +
|f (x)|
f (x) 6= 0},
60
se esiste > 0 tale che per x I o (x0 , )D si ha f (x) > 0 (f (x) < 0),
lim
(5.17)
xx0
1
= +
f (x)
()
D IMOSTRAZIONE . Per ipotesi, Per ogni > 0 esiste > 0 tale che se
x I o (x0 , ) D si ha |f (x)| < .
x I o (x0 , 1/ )
|f (x)| < 1/
e
1
>
|f (x)|
(2) Supponiamo per semplicit`a che f sia localmente positiva in x0 ; sia
0 = min{, 1/ },
allora, se x I o (x0 , 0 ) D
0 < f (x) < 1/
1
>
f (x)
x0
x0
(5.18)
(5.19)
`1 = `2 = `
`1 `2
lim g(x) = `
xx0
(5.20)
`1 = +
`2 = +
(5.21)
`2 =
`1 =
lim g(x) = +
xx0
lim g(x) =
xx0
61
xx0
lim g(t) = x0
tt0
x0
mentre
lim f (g(t)) = 1
t0
lim f (x)
xb
xa+
62
Osserviamo esplicitamente che nel teorema precedente e` essenziale supporre che lintervallo in cui si considera la funzione sia aperto.
Sia infatti f (x) = x se x [0, 1), f (1) = 2; allora
sup{f (x) : x [0, 1]} = 2 6= 1 = lim f (x)
x1
xx+
0
lim f (x)
xx
0
esistono.
Per stabilire lesistenza del limite di una funzione e` possibile avvalersi
del criterio di convergenza di Cauchy.
T EOREMA 5.9. - Criterio di Cauchy - Sia f : D R e sia x0
D(D); sono condizioni equivalenti:
(1) esiste ` R tale che limxx0 f (x) = `
(2) per ogni > 0 esiste > 0 tale che se x, y I 0 (x0 , ) si ha
|f (x) f (y)| <
CAPITOLO 6
LE SUCCESSIONI
Le successioni costituiscono una classe molto particolare di funzioni:
si tratta di funzioni definite su un sottoinsieme di R molto particolare, linsieme N dei numeri naturali; questa caratteristica conferisce loro la semplicit`a che e` tipica degli insiemi discreti, mentre impedisce una significativa
rappresentazione grafica e rende il concetto di successione apparentemente
ostico.
Il concetto di successione, inoltre, interpreta un ruolo di notevole importanza nelle applicazioni pratiche e nelle descrizioni algoritmiche.
E immediato esplicitare per le successioni i concetti di crescenza, decrescenza, monotonia, limitatezza, che sono stati introdotti, in generale, per
le funzioni.
Nellestendere il concetto di limite per`o occorre tenere presente che
D(N) e` costituito dal solo elemento +, per cui, per una successione, ha
senso soltanto considerare il concetto di limite per n +.
Pi`u precisamente si dice che
lim an = `
(6.1)
n+
oppure
in luogo di limn+ an .
63
lim an
64
6. LE SUCCESSIONI
nk+1 nk + 1
6. LE SUCCESSIONI
65
allora, se n > n si ha
|an | |an `| + |`| < + |`|
Perci`o se
M = max{|a1 |, .., |an |, |`| + }
si pu`o affermare che
|an | M
2
T EOREMA 6.3. Sia an una successione crescente e sia
= sup{an : n N}
allora
lim an =
n
n N
e
> 0
n N : an >
pertanto, se n > n , si ha, essendo an crescente
< an an
66
6. LE SUCCESSIONI
2
In maniera analoga si pu`o dimostrare il seguente teorema.
T EOREMA 6.4. Sia an una successione decrescente e sia
= inf{an : n N}
allora
lim an =
n
Il risultato che segue e` uno dei pi`u importanti tra quelli che riguardano
le successioni di numeri reali.
n N
m+M
,M
2
e
M m
2
1 + 1
, 1
2
(6.2)
(6.3)
(6.4)
2 2 =
m 1 2 .. k < k .. 2 1 M
M m
k k =
2k
{n : an [k , k ]} ha infiniti elementi
6. LE SUCCESSIONI
67
Possiamo pertanto concludere che le successioni k e k sono, rispettivamente, crescente e decrescente ed inoltre che sono entrambe limitate. Si
ottiene pertanto che
lim k =
lim k =
= sup{k : k N} R
= inf{k : k N} R
ove
M m
=0
2k
(si ricordi che e` facile provare per induzione che 2k k), e perci`o si ha
==
in altre parole chiamiamo il valore comune di e .
Sia ora
n1 N
tale che
n2 N
tale che
nk N
tale che
1 an1 1
2 an2 2 , n2 > n1
k ank k , nk > nk1
k N
e pertanto limk bk = .
nk N
tale che
ank > k ,
n2 > n 1
nk > nk1
68
6. LE SUCCESSIONI
Allora si ha
lim an = `
n
T EOREMA 6.8. - Criterio di convergenza di Cauchy - Sia an una successione; sono fatti equivalenti:
(1) esiste ` R tale che
lim an = `
n
Se k > k si ha
|ank `| <
ed inoltre se k > k1 si ha
nk > n
1
Ma allora fissato k > max{k/2 , k/2
}, se n > n/2 si ha
6. LE SUCCESSIONI
69
2
E di grande utilit`a per il seguito provare i due seguenti risultati.
L EMMA 6.3. Sia A R , A 6= , e siano
= sup A
= inf A
lim bn =
n
b A
n N
bn A : + 1/n > bn
Pertanto si ha:
+ 1/n > bn
e la tesi.
2
D EFINIZIONE 6.3. Sia an una successione e sia
(an ) = {` R : ank , lim ank = ` }
k
Definiamo
lim sup an = sup (an )
n
n
(2) se an 0 e limn an = ` < 1 allora limn an = 0;
(3) se an > 0 e limn an+1
= ` > 1 allora limn an = +;
an
(4) se an 0 e limn n an = ` > 1 allora limn an = +
70
6. LE SUCCESSIONI
n > n
pertanto
an+1 < an (` + )
e se n > m > n
0 < an < (` + )nm am
e si pu`o concludere che (1) e` vera.
(4) Fissato in modo che ` > 1 si ha
(an )1/n > (` ) n > n
e
an > (` )n
Ci`o e` sufficiente per concludere.
n > n .
2
n
Y
i=1
Definiamo infine
i=0
n
n!
=
k
k!(n k)!
coefficiente binomiale di ordine n e posto k e verr`a detta n su k.
I coefficienti binomiali godono di notevoli propriet`a: ad esempio possono essere calcolati usando il ben noto triangolo di Tartaglia e consentono
di stabilire la formula della potenza di un binomio di Newton.
Si pu`o provare con qualche calcolo che
6. LE SUCCESSIONI
71
n
n
n+1
+
=
k
k1
k
(6.5)
......
...
......
3
3
......
n
n
...
k
n
n+1
... ...
k
...... ...
binomio di Newton
n
(a + b) =
n
X
n
k=0
ank bk
(1 + a)n 1 + na
72
6. LE SUCCESSIONI
1
1+
n
n
n
X
n 1
=
k nk
k=0
per cui
En 1 + n(1/n) = 2
Per dimostrare che En e` crescente osserviamo che si ha
n
n1
1
1
En = 1 +
1+
= En1
n
n1
se e solo se
n+1
n
n
n
n1
n
n1
n
se e solo se
n2 1
n2
n
n1
n
se e solo se
1
1 2
n
n
1
1
n
En <
n
n1
n1
X
X
X
1
1
1
=1+
1+
<3
k
k!
(k
+
1)!
2
k=0
k=0
k=0
6. LE SUCCESSIONI
73
1
1+
n
= loga e
e = 2.718281828459045235360287471352662497757247093699959 .
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
(6)
(7)
lim nk = +
, k>0
k
lim n = 0
, k<0
lim an = +
, a>1
n
lim a = 0
, |a| < 1
n
lim
a=1
, a>0
n
lim n = 1
n
lim nan = 0
74
6. LE SUCCESSIONI
yn = n a 1 > 0
si ha
a = (1 + yn )n 1 + nyn
da cui
0 yn (a 1)/n
p
yn = n n 1 > 0
si ha
n = (1 + yn )n 1 + n(n 1)yn2 /2 e 0 yn (2/n)
(7) Se n > 2|a| si ha
0 < |a|/n < 1/2
per cui
0 < |a|n /nn < (1/2)n
Valgono i seguenti fatti:
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
lim an! = 0
lim nn!n = 0
n
lim na k = 0, |a| < 1
n
lim na k = +, a > 1
lim lognak n = 0, k > 0 , a > 0 , a 6= 1
loga n
1
nk
nk )
=
log
(
a
nk
k
Anche se a prima vista ci`o non appare verosimile, operare con successioni piuttosto che con funzioni e` molto pi`u comodo e facile; e` pertanto molto utile provare il seguente risultato che permette di ottenere informazioni
sul limite di una funzione utilizzando opportune successioni.
T EOREMA 6.9. Sia f : D R e siano x0 D(D), ` R ; sono fatti
equivalenti:
6. LE SUCCESSIONI
75
76
6. LE SUCCESSIONI
xa
x
(x)
Si dice che f e` infinitesima di ordine R+ se f ha lo stesso ordine
dellinfinitesimo campione di ordine .
(x a) , (a x) , |x a| ,
1. INFINITESIMI ED INFINITI
77
(6.9)
=0
CAPITOLO 7
`
LA CONTINUITA
La maggior parte delle situazioni semplici che cerchiamo di rappresentare mediante luso di una funzione reale di una variabile reale presentano
una caratteristica comune:
80
`
7. LA CONTINUITA
CAPITOLO 8
`
I TEOREMI SULLA CONTINUITA
Dopo questa rapida rassegna di risultati passiamo a studiare le propriet`a
pi`u importanti ed interessanti delle funzioni continue in un insieme.
La maggior parte delle propriet`a che studieremo riguardano le funzioni
continue su di un intervallo chiuso e limitato. E facile vedere, mediante
esempi, che se si considerano funzioni continue su insiemi che non soddisfano i requisiti opportuni, tali propriet`a possono non essere soddisfatte.
T EOREMA 8.1. - degli zeri - Sia f : [a, b] R una funzione continua
e supponiamo che f (a)f (b) < 0.
Allora esiste x0 (a, b) tale che f (x0 ) = 0.
D IMOSTRAZIONE .
Definiamo le successioni n e n nella seguente maniera:
[0 , 0 ] = [a, b]
(8.1)
(8.2)
se
[n , (n + n )/2]
[n+1 , n+1 ] = [(n + n )/2, n ]
se
[( + )/2, ( + )/2] se
n
n
n
n
Se, esiste n
, f ((n + n )/2) = 0 si e` trovato lo zero;
in caso contrario, per n e n si ha:
n e` crescente, n e` decrescente,
(8.3)
(8.4)
n n =
(8.5)
ba
2n
n %
n &
, [a, b]
`
8. I TEOREMI SULLA CONTINUITA
82
0 lim f (n )f (n ) = (f (c))2
e f (c) = 0
0 c n n n
ba
2n
0 n c n n
ba
2n
e
(8.9)
2
Il teorema 8.1 ammette come immediato corollario il seguente:
T EOREMA 8.2. - dei valori intermedi - Sia f : [a, b] R una
funzione continua e siano c, d R(f ), c < d, allora
[c, d] R(f ).
D IMOSTRAZIONE . Siano , [a, b] tali che f () = c, f () = d e
consideriamo y (c, d); la funzione
g(x) = f (x) y
e` continua su [, ], g() < 0, g() > 0 e perci`o, per il teorema 8.1 , esiste
x0 (, ) tale che
g(x0 ) = f (x0 ) y = 0
da cui f (x0 ) = y e y R(f ).
2
C OROLLARIO 8.1. Sia f : [a, b] R, se f e` continua allora R(f ) e`
un intervallo.
Ci proponiamo ora di dimostrare un teorema di esistenza del massimo
per una funzione continua su un insieme compatto (cio`e chiuso e limitato).
T EOREMA 8.3. - Weierstra - Sia f : D R una funzione continua,
D compatto; allora esistono , D tali che
f () = min{f (x) : x D}
f () = max{f (x) : x D}.
D IMOSTRAZIONE . Proviamo ad esempio lesistenza del minimo della
funzione f . Sia
= inf{f (x) : x D} = inf R(f );
per il lemma 6.3 esiste yn R(f ) tale che yn .
Sia xn D tale che yn = f (xn ); dal momento che D e` compatto esiste
xnk estratta da xn tale che
xnk D.
Pertanto
ynk = f (xnk ) f ()
`
8. I TEOREMI SULLA CONTINUITA
83
xa+
xb
f (x) > .
Sia
yn R(f ) , yn
poiche > , definitivamente si ha yn e perci`o esiste xn [a+, b]
tale che f (xn ) = yn .
Ne segue che esiste xnk [a + , b ] e
ynk = f (xnk ) f ().
2
A questo punto sarebbe ragionevole introdurre il concetto di uniforme
continuit`a, tuttavia poich`e si tratta di un concetto fondamentale ma difficile
da comprendere rimandiamo chi fosse interessato a quanto e` contenuto negli
approfondimenti.
In parole povere diciamo che una funzione e` uniformemente continua su
un intervallo [a, b], se, nella definizione di continuit`a applicata ad un punto
x [a, b], il valore di si pu`o trovare in funzione di , ma non dipende
anche da x.
Possiamo cio`e dire che in un qualunque punto di x0 [a, b] il modo con
cui f (x) si avvicina ad f (x0 ) quando x si avvicina ad x0 e` in questo senso
uniforme.
Abbiamo a suo tempo dimostrato che, se una funzione e` strettamente
monotona, allora essa e` invertibile; vediamo ora che se ci restringiamo alla
`
8. I TEOREMI SULLA CONTINUITA
84
se nella 8.10 vale luguaglianza, f non e` invertibile; se vale la diseguaglianza stretta possiamo, per fissare le idee, supporre che
f (z) f (y) < 0 , f (y) f (x) > 0 , f (z) > f (x) .
Allora, per il teorema dei valori intermedi, poich`e f (x) < f (z) < f (y)
(x, y) : f () = f (z)
e ci`o e` contro linvertibilit`a di f .
Per concludere con la continuit`a proviamo i seguenti risultati.
cio`e
x0 < f 1 (y) < x0 +
f 1 (y0 ) < f 1 (y) < f 1 (y0 ) +
`
8. I TEOREMI SULLA CONTINUITA
85
e
|f 1 (y) f 1 (y0 )| < .
2
T EOREMA 8.7. Sia f : (a, b) R continua e invertibile; allora f 1
e` continua.
D IMOSTRAZIONE . Dal momento che f e` continua ed invertibile su
(a,b), essa e` strettamente monotona e si pu`o applicare il teorema 8.6.
2
Si pu`o verificare che:
(1) pa , per a R e` continua in R+
(2) pn , per n N e` continua in R
(3) expa , per a R+ e` continua in R
(4) sin e` continua in R
(5) cos e` continua in R
(6) rn , per n pari e` continua in R+
(7) rn , per n dispari e` continua in R
(8) loga , per a R+ \ {1} e` continua in R+ .
La verifica di questi fatti pu`o essere completata usando la definizione di
limite.
possiamo altres` verificare, usando il teorema dei valori intermedi che
T EOREMA 8.8. Si ha
(1) R(pn ) = R+ , per n pari
(2) R(pn ) = R, per n dispari
(3) R(expa ) = R+ per a R+ , a 6= 1
(4) R(pa ) = R+ per a R , a 6= 0
(5) R(sin) = [1, 1]
(6) R(cos) = [1, 1]
(7) R(tan) = R
CAPITOLO 9
`
LA DERIVABILITA.
Consideriamo una funzione f continua in un punto x0 , avremo che,
quando x si discosta di poco da x0 , f (x) e` poco distante da f (x0 ).
E` in questo caso importante valutare come varia f (x)f (x0 )in rapporto
a x x0 cio`e il valore del rapporto
f (x) f (x0 )
x x0
Possiamo vedere che 9.1 rappresenta il coefficiente angolare della corda
che passa per i punti (x0 , f (x0 )) e (x, f (x)).
Se x e` vicino al punto x0 il denominatore tende a 0, ma se f e` continua
anche il numeratore tende a 0 e quindi e` significativo considerare il valore
limite di 9.1 per x x0 .
Si stabilisce quindi la seguente definizione.
(9.1)
lim g(x).
xx0
xx0
f (x) f (x0 )
x x0
esiste finito.
In tal caso chiamiamo il suo valore derivata di f in x0 e scriviamo
df
f 0 (x0 )
o
(x0 )
dx
Diciamo che f e` derivabile in x0 da destra oppure da sinistra se
lim+
f (x) f (x0 )
x x0
lim
f (x) f (x0 )
x x0
xx0
oppure
xx0
87
`
9. LA DERIVABILITA.
88
esiste ed e` finito,
In tal caso chiamiamo tale limite derivata destra o derivata sinistra di f
in x0 e scriviamo f+0 (x0 ) o f0 (x0 ), ovvero
d+ f
d f
(x0 )
o
(x0 ).
dx
dx
Diciamo che f e` derivabile in (a, b) se e` derivabile in ogni punto di (a, b).
In tal caso possiamo definire una funzione
df
f0 =
: (a, b) R
dx
che si chiama derivata di f .
In maniera del tutto analoga si possono definire le funzioni derivata
destra e derivata sinistra.
Osserviamo che f 0 (x) e` il limite per x che tende a x0 del coefficiente
angolare della corda secante il grafico di f nei punti (x, f (x)), (x0 , f (x0 ))
e che pertanto e` ragionevole supporre che sia il coefficiente angolare della
retta tangente al grafico in (x0 , f (x0 )).
La derivata di f , fornisce, vicino ad x0 , una stima del variare di f (x)
f (x0 ) rispetto a x x0 .
Poich`e
lim
(9.2)
xx0
f (x) f (x0 )
= f 0 (x)
x x0
si ha
lim
xx0
f (x) f (x0 )
f 0 (x) = 0
x x0
da cui
lim
(9.3)
xx0
Se ora poniamo
f (x) f (x0 f 0 (x0 )(x x0 )
= (x x0 )
x x0
(9.4)
avremo che
(9.5)
con
lim (x x0 ) = 0
xx0
`
9. LA DERIVABILITA.
89
commettendo un errore
(x x0 )(x x0 )
che tende a 0 pi`u velocemente di (x x0 )
Poich`e lequazione y = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) rappresenta una retta
nel piano con la propriet`a di approssimare f (x) con un errore infinitesimo
di ordine superiore al primo, per x x0 , possiamo definirla retta tangente
al grafico di f nel punto x0 .
Resta cos` giustificato luso di f 0 (x0 ) per identificare il coefficiente
angolare della retta tangente al grafico di f in x0 .
Definiamo pertanto, allo scopo di sviluppare questa idea, la differenziabilit`a di una funzione.
D EFINIZIONE 9.2. Sia f : (a, b) R, x0 (a, b); diciamo che f e`
differenziabile in x0 se esiste a R tale che
f (x) f (x0 ) a(x x0 )
= 0.
xx0
x x0
La funzione lineare L(x) = a(x x0 ) si chiama differenziale di f in x0 e si
indica con df (x0 )(x).
lim
e
lim
xx0
f (x) f (x0 )
a=0
x x0
da cui
f 0 (x0 ) = a
e
df (x0 )(h) = hf 0 (x0 )
2
Dalla 9.5 risulta evidente che se f e` derivabile in x0 si ha:
f (x) f (x0 ) = f 0 (x0 )(x x0 ) + (x x0 )(x x0 ).
`
9. LA DERIVABILITA.
90
Pertanto
lim [f (x) f (x0 )] = lim [f 0 (x0 )(x x0 ) + (x x0 )(x x0 )] = 0
xx0
xx0
e
lim f (x) = f (x0 ).
xx0
f (x)f (x0 )
xx0
1
f (x)f (x0 )
`
9. LA DERIVABILITA.
91
(9.8)
Si ha
(9.9) (t) = f (g(t)) = f (g(t0 )) + f 0 (g(t0 ))[g(t) g(t0 )]+
+ [g(t) g(t0 )]1 (g(t) g(t0 )) =
= f (x0 ) + f 0 (x0 )[g 0 (t0 )(t t0 ) + (t t0 )2 (t t0 )]+
+ [g(t) g(t0 )]1 (g(t) g(t0 )) =
= f (x0 ) + f 0 (x0 )g 0 (t0 )(t t0 ) + (t t0 )3 (t t0 ).
E dal momento che
lim 3 (t t0 ) = 0
tt0
si ha la tesi
T EOREMA 9.5. Sia f : (a, b) R, x0 (a, b), y0 = f (x0 ); supponiamo f strettamente monotona in (a,b), derivabile in x0 ed f 0 (x0 ) 6= 0;
allora f 1 e` derivabile in y0 e si ha
1
(f 1 )0 (y0 ) = 0
.
f (x0 )
D IMOSTRAZIONE . Consideriamo il rapporto incrementale
G(y) =
f 1 (y) f 1 (y0 )
,
y y0
avremo che
G(y) = F (f 1 (y))
ove
F (x) =
x x0
x f 1 (y0 )
=
.
f (x) f (x0 )
f (x) y0
Ora
lim
xx0
x x0
1
= 0
f (x) f (x0 )
f (x0 )
`
9. LA DERIVABILITA.
92
e
lim f 1 (y) = f 1 (y0 ) = x0
yy0
(si ricordi che f 1 e` continua in y0 in quanto inversa di una funzione monotona continua).
Inoltre x0 non appartiene al campo di definizione di F ; pertanto possiamo applicare il teorema che consente di calcolare il limite di una funzione
composta per concludere che
lim G(y) =
yy0
1
f 0 (x
0)
e la tesi.
Calcoliamo ora le derivate di alcune funzioni elementari;
d a
x = axa1
dx
d x
a = ax ln a
dx
d
loga x = x ln1 a
dx
d
sin x = cos x
dx
d
cos x = sin x
dx
d
tan x = 1 + tan2 x
dx
d
1
arcsin x = 1x
2
dx
d
1
arccos x = 1x2
dx
d
1
arctan x = 1+x
2.
dx
Ciascuna delle formule vale per quegli x per cui ha senso e pu`o essere
provata usando la definizione di derivata.
Abbiamo con ci`o introdotto quello che si chiama derivata prima di una
funzione f ; ovviamente applicando successivamente pi`u volte lo stesso procedimento, otterremo quelle che si chiamano derivata seconda, terza, ..,
n-esima di f .
Indichiamo con
d2
f 00 (x0 )
o
f (x0 )
dx2
d3
f (x0 )
dx3
dn
f (n) (x0 )
o
f (x0 )
dxn
la derivata seconda, terza, .., n-esima di f in x0 .
Discorsi e notazioni analoghe vanno bene per le derivate successive
destre e sinistre.
f (3) (x0 )
`
9. LA DERIVABILITA.
93
CAPITOLO 10
f (x) f (x1 )
x x1
si ha
g(x) 0
g(x) 0
se
se
x < x1
x > x1 .
Pertanto
0 lim g(x) = f 0 (x1 ) = lim+ g(x) 0.
xx1
xx1
c (a, b) : f 0 (c) = 0.
95
96
f (b) f (a)
g(x) = f (x) f (a) +
(x a) .
ba
g e` continua in [a,b] e derivabile in (a,b) ed inoltre g(a) = g(b) = 0.
Per il teorema di Rolle esiste c (a, b) tale che
0 = g 0 (c) = f 0 (c)
f (b) f (a)
ba
e
f (b) f (a) = f 0 (c)(b a).
2
T EOREMA 10.3. - Peano - Siano f, g : [a, b] R, f, g continue in
[a, b] e derivabili in (a, b); allora esiste c (a, b) tale che
f (b) f (a) f 0 (c)
(10.1)
det
=0
g(b) g(a) g 0 (c)
D IMOSTRAZIONE . Consideriamo la funzione h : [a, b] R definita
da
(10.2)
f (b) f (a) f (x)
h(x) = det
= [f (b) f (a)]g(x) [g(b) g(a)]f (x)
g(b) g(a) g(x)
h soddisfa le ipotesi del teorema di Rolle e pertanto si pu`o affermare che
esiste c (a, b) tale che
f (b) f (a) f 0 (c)
0
(10.3)
h (c) = det
=0
g(b) g(a) g 0 (c)
2
97
C OROLLARIO 10.1. Siano f, g : [a, b] R continue in [a, b] , derivabili in (a, b) e tali che
f 0 (x) = g 0 (x)
x (a, b) ;
allora
c R : f (x) = g(x) + c
x [a, b].
x1 < c < x 2
e pertanto
f (x2 ) f (x1 ) 0
2
Sottolineiamo che i risultati provati funzionano soltanto per funzioni
definite su un intervallo.
98
(10.4)
(
1
f (x) =
1
,x > 0
,x < 0
oppure
(10.5)
g(x) = 1/x
su
R \ {0}
CAPITOLO 11
LA REGOLA DI DE LHOPITAL
Dal teorema di Cauchy e` possibile ricavare un risultato molto importante usualmente identificato come regola di De LHopital, dal nome del
marchese che pubblic`o un trattato che la contiene, ma e` pi`u probabilmente
dovuta a Johann Bernoulli.
Il suo scopo e` fornire uno strumento atto a risolvere, in certi casi, il
problema di trovare il limite di una forma indeterminata.
E importante ricordare che lapplicazione di tale regola e` subordinata, come sempre, alla verifica di alcune ipotesi, in assenza delle quali si
possono ottenere dei risultati sbagliati.
La regola di De lHopital e` un raffinamento del seguente fatto del tutto
elementare.
T EOREMA 11.1. Siano f, g : D R derivabili in x0 D, D aperto;
allora, se f (x0 ) = g(x0 ) = 0 e g 0 (x0 ) 6= 0, si ha
lim
xx0
f 0 (x0 )
f (x)
= 0
.
g(x)
g (x0 )
xx0
f (x)
g(x)
xx0
xx0
11. LA REGOLA DI DE LHOPITAL
100
x (a, b)
xa+
xa
Allora, se
lim+
xa
esiste, si ha
f 0 (x)
g 0 (x)
f (x)
f 0 (x)
lim
= lim+ 0
.
xa+ g(x)
xa
g (x)
D IMOSTRAZIONE . Sia
lim+
xa
f 0 (x)
= ` R .
0
g (x)
Se a < x < a + si ha
f 0 (x)
I(`, ).
g 0 (x)
Ora, se prolunghiamo f e g per continuit`a in a ponendo
f (a) = g(a) = 0,
x+
x+
11. LA REGOLA DI DE LHOPITAL
Allora, se
101
f 0 (x)
x+ g 0 (x)
lim
esiste, si ha
f (x)
f 0 (x)
= lim 0
.
x+ g(x)
x+ g (x)
lim
Il caso in cui g + oppure g e` molto pi`u tecnico e complicato; pertanto ci limitiamo ad enunciare il risultato.
T EOREMA 11.3. Siano f, g : (a, b) R derivabili; supponiamo
g 0 (x) 6= 0
x (a, b)
lim g(x) = +.
xa+
Allora, se
lim+
xa
esiste, si ha
lim+
xa
f 0 (x)
g 0 (x)
f (x)
f 0 (x)
= lim+ 0
.
g(x) xa g (x)
xx0
Allora
(1)
(2)
(3)
(4)
lim f 0 (x) = .
xx0
CAPITOLO 12
LA FORMULA DI TAYLOR
La formula di Taylor nasce dallesigenza di trovare buone approssimazioni, facilmente calcolabili, per le funzioni elementari.
Si tratta essenzialmente dello sviluppo del concetto di approssimazione lineare che e` stato introdotto con la definizione di derivata. Infatti se
supponiamo che f sia una funzione derivabile in x0 ; abbiamo visto che
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + (x x0 )(x x0 )
dove
lim (x x0 ) = 0 = (0).
xx0
lim (x x0 ) = 0 .
ove
xx0
Sia pertanto
Pn (x) =
n
X
ai (x x0 )i
i=0
f (x) =
n
X
ai (x x0 )i + (x x0 )n (x x0 )
i=0
con (x x0 ) 0 se x x0 .
Se supponiamo f derivabile n volte, affinche la 12.1 sia vera dovr`a
essere
f (x0 ) = a0
per cui si avr`a
f (x) = f (x0 ) +
n
X
ai (x x0 )i + (x x0 )n (x x0 )
i=1
103
104
e
n
X
f (x) f (x0 )
= a1 +
ai (x x0 )i1 + (x x0 )n1 (x x0 ).
x x0
i=2
Passando al limite per x x0 si ottiene
f 0 (x0 ) = a1
e si avr`a
0
n
X
ai (x x0 )i + (x x0 )n (x x0 )
i=2
da cui
(12.2)
(12.3)
xx0
f 0 (x) f 0 (x0 )
= a2
2(x x0 )
e
f (x0 )
= a2 .
2!
Cos` procedendo si ottiene che
f (n) (x0 )
= an
n!
e pertanto, affinche il nostro scopo sia raggiunto, sar`a necessario che
n
X
f (i) (x0 )
P (x) =
(x x0 )i .
i!
i=0
Affinch`e si abbia
(12.4)
f (x) =
n
X
ai (x x0 )i + (x x0 )n (x x0 )
i=0
an =
f (n) (x0 )
n!
105
D IMOSTRAZIONE . Definiamo
n
X
f (i) (x0 )
(x x0 )i
P (x) =
i!
i=0
e chiamiamo
(x x0 ) =
f (x) P (x)
;
(x x0 )n
proviamo che
lim (x x0 ) = 0
xx0
lim
xx0
= lim
xx0
f 0 (x) P 0 (x)
=
n(x x0 )n1
1
n(x x0 )n1
f 0 (x)
n
X
f (i) (x0 )
i=1
(i 1)!
!
(x x0 )i1
e proseguendo calcoliamo
(12.8)
f 00 (x) P 00 (x)
lim
=
xx0 n(n 1)(x x0 )n2
1
= lim
xx0 n(n 1)(x x0 )n2
00
f (x)
n
X
f (i) (x0 )
i=2
(i 2)!
!
i2
(x x0 )
fino ad arrivare a
(12.9)
106
(12.10)
xx0
2
La formula di Taylor con il resto nella forma di Peano permette di estendere la possibilit`a di approssimare una funzione f con un polinomio di primo grado, fino ad ottenere la possibilit`a di approssimarla con un polinomio
di grado n arbitrario.
Ovviamente il fatto pi`u importante e` la valutazione dellerrore commesso e, se consideriamo il resto nella forma di Peano, tale valutazione e` di tipo
qualitativo.
Se vogliamo una valutazione dellerrore di tipo quantitativo ci occorre seguire un procedimento diverso dalla definizione di differenziabilit`a.
Un rapido sguardo ai risultati di calcolo differenziale fino ad ora provati ci
convincer`a ben presto che il risultato da estendere e` il teorema di Lagrange.
Cercheremo in altre parole di valutare la differenza
n
X
f (i) (x0 )
f (x)
(x x0 )i
i!
i=0
in funzione di maggioranti di |f (n+1) (x)| .
T EOREMA 12.2. Formula di Taylor con il resto di Lagrange - Sia f :
(a, b) R derivabile n + 1 volte in (a, b); siano x, x0 (a, b), allora
esiste c tra x0 ed x, tale che
n
X
f (i) (x0 )
f (n+1) (c)(x x0 )n+1
(x x0 )i +
.
f (x) =
i!
(n + 1)!
i=0
D IMOSTRAZIONE . Proviamo il teorema nel caso in cui n = 2; dovremo
in questo caso provare che esiste c tra x0 ed x, tale che
(12.11) f (x) = f (x0 )+f 0 (x0 )(xx0 )+
f 00 (x0 )
f 000 (c)
(xx0 )2 +
(xx0 )3
2
3!
Sia
(12.12)
f 00 (x0 )
F (x) = f (x) f (x0 ) f (x0 )(x x0 )
(x x0 )2 R(x x0 )3
2
Ovviamente R dipende dal fatto che abbiamo fissato n = 3 oltre che da
x e da x0 , che comunque sono essi pure fissati,
Se consideriamo F sullintervallo di estremi x0 ed x, possiamo affermare che e` derivabile almeno tre volte e si ha
0
(12.13)
(12.14)
(12.15)
107
f 000 (c)
6
2
CAPITOLO 13
f (x) = ex
0
f (0) = 1
(13.2)
f (x) = e
f 0 (0) = 1
(13.3)
f 00 (x) = ex
f 00 (0) = 1
(13.4)
(13.5)
f 000 (x) = ex
f 000 (0) = 1
(13.6)
f (n) (x) = ex
f (n) (0) = 1
(13.7)
ex =
n
X
xk
k=0
(13.8)
ex =
k!
n
X
xk
k=0
k!
|c| |x|
+ xn (x)
+
ec
xn+1
(n + 1)!
109
|c| |x|
110
f (x) = sin x
(13.10)
f 0 (x) = cos x
(13.11)
f 00 (x) = sin x
(13.12)
f (0) = 0
f (iv) (0) = 0
(13.14)
f 0 (0) = 1
f (v) (0) = 1
(13.15)
f 00 (0) = 0
f (vi) (0) = 0
(13.16)
f 000 (0) = 1
f (vii) (0) = 1
n
X
k=0
x2k+1
(2k + 1)!
f (2n+3) (c)
(2n + 3)!
|c| |x|
(13.17)
sin x =
n
X
k=0
(13.18)
sin x =
n
X
k=0
x2k+1
+ x2n+3 (x)
(2k + 1)!
x2k+1
f (2n+3) (c) 2n+3
+
x
(2k + 1)!
(2n + 3)!
|c| |x|
111
f (x) = cos x
(13.20)
f 0 (x) = sin x
(13.21)
f 00 (x) = cos x
(13.22)
f (0) = 1
f (iv) (0) = 1
(13.24)
f 0 (0) = 0
f (v) (0) = 0
(13.25)
f 00 (0) = 1
f (vi) (0) = 1
(13.26)
f 000 (0) = 0
f (vii) (0) = 0
n
X
x2k
(2k)!
k=0
f (2n+2) (c)
(2n + 2)!
|c| |x|
n
X
x2k
+ x2n+1 (x)
(2k)!
k=0
(13.27)
cos x =
(13.28)
n
X
x2k
f (2n+2) (c) 2n+3
cos x =
+
x
(2k)!
(2n
+
2)!
k=0
|c| |x|
112
f (x) = ln(1 + x)
((1, +)) e si ha
f (x) = ln(1 + x)
1
(13.30)
f 0 (x) =
1+x
1
(13.31)
f 00 (x) =
(1 + x)2
2
(13.32)
f 000 (x) =
(1 + x)3
32
(13.33)
f (iv) (x) =
(1 + x)4
Possiamo quindi congetturare che
(13.29)
(n 1)!
(1 + x)n
La 13.36 si dimostra per induzione, infatti:
(1) per n = 1
1
f 0 (x) =
1+x
e la 13.36 e` vera.
(2) se la 13.36 e` vera per n allora e` vera anche per n + 1 infatti:
f (n) (x) = (1)n+1
(13.34)
d (n)
d
(n 1)!
f (x) =
(1)n+1
=
dx
dx
(1 + x)n
(n 1)!n(1 + x)n1
n!
(1)(1)n+1
(1)n+2
2n
(1 + x)
(1 + x)n+1
Pertanto
f (n) (0) = (1)n+1 (n 1)!
(13.36)
e quindi
Pn (x) =
n
X
k=0
k+1
(1)
xk X
xk
(k 1)! =
(1)k+1
k!
k
k=0
Rn (x) = (1)n+2
|c| |x|
5. LO SVILUPPO DI MCLAURIN DI
1+x
113
(13.37)
ln(1 + x) =
n
X
(1)k+1
xk
+ xn (x)
k
(1)k+1
xn+1
xk
+ (1)n+2
k
(n + 1)(1 + c)n+1
k=0
(13.38)
ln(1 + x) =
n
X
k=0
5. Lo sviluppo di McLaurin di
Sia
f (x) =
|c| |x|
1+x
1+x
f (x) =
1 + x = (1 + x)1/2
1
f 0 (x) = (1 + x)1/2
2
1
1
f 00 (x) =
(1 + x)3/2
2
2
1
1
3
f 000 (x) =
(1 + x)5/2
2
2
2
1
1
3
5
(iv)
f (x) =
(1 + x)7/2
2
2
2
2
(13.44)
2n1
(2n 3)!!
(1 + x) 2
n
2
114
2n1
d
(2n 3)!!
d (n)
f (x) =
(1)n+1
(1 + x) 2 =
n
dx
2
dx
2n1
2n 1
(2n 3)!!
(1 + x) 2 1 =
= (1)n+1
n
2
2
2n+1
(2n 1)!!
(1 + x) 2
= (1)n+2
n+1
2
Pertanto
(13.46)
(2n 3)!!
2n
e quindi
Pn (x) =
n
X
k+1 (2k
(1)
k=0
3)!! xk X
(2k 3)!! k
=
(1)k+1
x
k
2
k!
k!2k
k=0
2n+1
(2n 1)!!
(1 + c) 2
n+1
(n + 1)!2
|c| |x|
(13.47)
n
X
(2k 3)!! k
x + xn (x)
1+x=
(1)k+1
k
k!2
k=0
(13.48)
n
X
(2k 3)!! xk
n+2 (2n 1)!!
2n+1
2
1+x=
(1)k+1
+
(1)
(1
+
c)
k
n+1
2
k!
(n
+
1)!2
k=0
6. Lo sviluppo di McLaurin di
Sia
f (x) =
Avremo che f C + ((1, 1)) e si ha
Definiamo
Sn (x) =
1
1x
n
X
k=0
ed osserviamo che
xk
1
1x
|c| |x|
6. LO SVILUPPO DI MCLAURIN DI
(13.49)
(13.50)
Sn (x) =
n
X
1
1x
xk =1 + x + x2 + x3 + + xn
k=0
n
X
xSn (x) = x
xk =x + x2 + x3 + x4 + + xn+1
k=0
(13.51)
Sn =
(13.52)
1 xn+1
1x
e
Sn =
(13.53)
xn+1
1
1x 1x
Ne deduciamo che
n
(13.54)
X
1
xn+1
xn+1
= Sn +
=
xk +
1x
1 x k=0
1x
ed osservando che
xn+1
=0
x0 1 x
di ordine n + 1 N possiamo concludere ricordando la 12.4 che
(13.55)
(13.56)
lim
Pn =
n
X
xk
k=0
1
.
1x
(13.57)
X
1
=
xk + xn (x)
1 x k=0
e
n
(13.58)
X
1
xn+1
=
xk +
1 x k=0
1x
115
116
f (n) (x) =
(13.59)
1
(1 x)n+1
f (n) (0) = 1
Rn =
(13.60)
1
(1 c)n+1
|c| |x|
(13.61)
x2
n
X
(1)k x2k
k=0
(13.62)
ex =
k!
n
X
(1)k x2k
k=0
k!
+ x2n (x)
+ (1)n+1
ec
x2n+2
(n + 1)!
|c| |x2 |
k!
k=0
2
117
Se f e` derivabile e se
(13.63)
allora
(13.64)
CAPITOLO 14
`
LA CONVESSITA
Con le definizioni e gli strumenti che abbiamo introdotto fino a questo
punto siamo in grado di distinguere una funzione il cui grafico sia del tipo
illustrato in figura 14.1.1 da una il cui grafico sia quello illustrato nella
figura 14.1.2
14.1.1.
14.1.2.
F IGURA 14.1.
Possiamo infatti osservare che il primo e` il grafico di una funzione
crescente mentre il secondo rappresenta una funzione decrescente.
Abbiamo inoltre gi`a sviluppato strumenti (studio del segno della derivata prima) che ci consentono di stabilire se una funzione e` crescente o
decrescente.
Non siamo tuttavia ancora in grado di distinguere tra i grafici delle tre
seguenti funzioni in quanto, ad un primo esame, possiamo osservare che
tutte e tre sono funzioni crescenti; e` tuttavia chiaro che si tratta di funzioni
il cui grafico presenta caratteristiche molto diverse, cos` come e` evidente
quale e` la differenza tra una scodella ed un ombrello.
Onde cercare di definire una propriet`a che ci consenta di distinguere tra
i tre grafici cominciamo ad esaminare il pi`u semplice dei tre cio`e il secondo.
Chiaramente si tratta di una retta e quindi il suo grafico e` individuato da due
punti.
Indichiamo con ` la funzione e con (x, `(x)), (y, `(y)) due punti del suo
grafico. Possiamo individuare il valore di ` in z semplicemente usando la
proporzionalit`a tra i triangoli indicati in figura.
119
`
14. LA CONVESSITA
120
14.2.1.
14.2.2.
14.2.3.
F IGURA 14.2.
F IGURA 14.3.
Avremo infatti che
(14.1)
`(z) `(x)
`(y) `(x)
=
zx
yx
Poich`e
`(z) `(x)
`(x) `(z)
=
zx
xz
`(x) `(y)
`(y) `(x)
=
xy
yx
la 14.1 non cambia anche nel caso in cui z non sia, come in figura, interno
allintervallo di estremi x ed y. Inoltre non e` restrittivo considerare x < y.
Avremo pertanto che il valore di ` in z e` dato da
(14.2)
`(z) = `(x) + (z x)
`(y) `(x)
yx
`
14. LA CONVESSITA
121
(14.4)
e quindi
(14.5)
Per t (0, 1) la 14.5 individua un punto z che si trova allinterno dellintervallo di estremi x ed y, mentre per t > 1 si hanno punti a destra di y
e per t < 0 si hanno punti a sinistra di x.
Similmente possiamo scrivere la 22.1 come
`(y) `(x)
zx
= `(x) + (`(y) `(x))
yx
yx
`(x) + t(`(y) `(x)) = t`(y) + (1 t)`(x)
`
14. LA CONVESSITA
122
F IGURA 14.4.
t (0, 1)
Inoltre
Diciamo che f e` strettamente convessa
(14.9)
E` utile osservare che la 14.8 pu`o essere scritta in diversi modi tutti utili
per comprendere le propriet`a delle funzioni convesse.
`
14. LA CONVESSITA
(14.10)
(14.11)
123
f (y) f (x)
yx
Dalla definizione di convessit`a si ricava sottraendo ad ambo i membri
f (y)
(14.12)
f (z) f (x) + (z x)
(14.13)
zy
yx
(14.14)
(14.15)
F IGURA 14.5.
Possiamo pertanto concludere, osservando che abbiamo sempre operato
trasformando una disuguaglianza in una equivalente, che
`
14. LA CONVESSITA
124
(14.17)
(14.18)
(14.19)
(14.20)
f (y) f (z)
f (z) f (x)
yz
zx
F IGURA 14.6.
Ora, se x < z < w < y si ha
(14.21)
f (z) f (x)
f (w) f (z)
f (y) f (w)
zx
wz
yw
f 0 (z) f 0 (w)
e quindi f 0 e` crescente.
Viceversa se f e` derivabile ed f 0 e` crescente allora, usando il teorema di
Lagrange si pu`o affermare che
(14.23)
f (z) f (x)
f (y) f (w)
= f 0 () f 0 () =
zx
yw
e quindi f e` convessa.
Ne concludiamo che se f e` derivabile, allora
`
14. LA CONVESSITA
125
F IGURA 14.7.
f (z) f (x)
zx
f (z) f (x)
f (y) f (z) + (y z)
zx
f (y) f (z) (y z)
e
(14.29)
`
14. LA CONVESSITA
126
f (z) f (x)
f (y) f (z)
f 0 (z)
yz
zx
e
(14.31)
f (y) f (z) (y z)
f (z) f (x)
zx
e quindi f e` convessa.
F IGURA 14.8.
Ne concludiamo che se f e` derivabile, allora
Sia f una funzione derivabile due volte in (a, b); sono condizioni
equivalenti:
f e` convessa in (a, b);
f 0 e` crescente in (a, b);
f 00 e` non negativa in (a, b).
`
14. LA CONVESSITA
127
CAPITOLO 15
(f (x) f (x0 ))
(15.1)
xx0
e se definiamo
Pn1 (x)
n
X
f (k) (x0 )
k=1
k!
(x x0 )k
si avr`a
(15.2)
mentre se
Pn2 (x) =
n
X
f (k) (x0 )
k=2
k!
129
(x x0 )k
130
si avr`a
(15.3) f (x) f (x0 ) f 0 (x0 )(x x0 ) = Pn2 (x) + (x x0 )n (x x0 )
Osserviamo che P 1 e P 2 sono, rispettivamente, i polinomi di Taylor di
f (x) f (x0 ) e f (x) f (x0 ) f 0 (x0 )(x x0 ).
Dividendo le 15.1,15.2,15.3 per P , P 1 e P 2 , rispettivamente, otteniamo
f (x)
(x x0 )n
(15.4)
=1+
(x x0 )
Pn (x)
Pn (x)
f (x) f (x0 )
(x x0 )n
(15.5)
=1+
(x x0 )
Pn1 (x)
Pn1 (x)
(x x0 )n
f (x) f (x0 ) f 0 (x0 )(x x0 )
(15.6)
=
1
+
(x x0 )
Pn2 (x)
Pn2 (x)
(15.7)
Poich`e Pn ,Pn1 ,Pn2 , sono polinomi di grado n e quindi sono infinitesimi,
per x x0 di ordine al pi`u n, tenendo conto che e` a sua volta infinitesima,
possiamo dedurre che
(x x0 )n
(x x0 )n
(x x0 )n
(x x0 )
(x
x
)
(x x0 )
0
Pn (x)
Pn1 (x)
Pn2 (x)
sono infinitesimi per x x0 .
Il teorema della permanenza del segno permette quindi di affermare che
In un intorno di x0
(1) f ha lo stesso segno di P
(2) f (x) f (x0 ) ha lo stesso segno di P 1
(3) f (x) f (x0 ) f 0 (x0 )(x x0 ) ha lo stesso segno di P 2
Poich`e il segno di Pn in un intorno di x0 e` quello di f (x0 ), la prima
affermazione si riduce semplicemente alla riaffermazione del teorema della
permanenza del segno, tuttavia le altre due forniscono utili informazioni su
crescenza e convessit`a.
Infatti poich`e f (x) f (x0 ) ha lo stesso segno di Pn1 in un intorno di x0
possiamo dire che x0 e` un punto di minimo relativo se siamo in grado di
stabilire che Pn1 e` positivo in un intorno di x0 , viceversa possiamo dire che
x0 non e` di minimo relativo se il polinomio Pn1 cambia segno in un intorno
di x0 .
Ora se supponiamo che f sia derivabile almeno n volte in (a, b) 3 x0 e
che f (n) (x0 ) sia la prima derivata non nulla di f in x0 possiamo considerare
il polinomio Pn1 che risulta essere definito da
(15.8)
f (n) (x0 )
(x x0 )n
n!
e quindi risulta evidente che Pn1 mantiene segno costante o cambia segno
in un intorno di x0 a seconda che n sia pari o dispari; nel caso che n sia pari
il segno di Pn1 e` determinato dal segno di f (n) (x0 )
Pn1 (x) =
131
f (n) (x0 )
=
(x x0 )n
n!
e quindi risulta evidente che Pn2 mantiene segno costante o cambia segno
in un intorno di x0 a seconda che n sia pari o dispari; nel caso che n sia pari
il segno di Pn2 e` determinato dal segno di f (n) (x0 )
Possiamo allora enunciare il seguente risultato
Pn2 (x)
(15.9)
= lim
132
f (x) x
f (x)
= lim
=0
x+
x+ x
x
lim
xc
CAPITOLO 16
f (xn )
;
f 0 (xn )
allora:
xn e` decrescente e inferiormente limitata,
lim xn = c
se 0 f 00 (x) M per ogni x [a, b] e se f 0 (a) = P > 0 si ha
2 n
2P M
0 xn c
(b a)
M 2P
133
134
(16.1)
xn xn1
f (xn ) f (xn1 )
= xn1 f (xn1 )
xn xn1
f (xn ) f (xn1 )
si ha
xn e` decrescente ed inferiormente limitata,
lim xn = c
se M, P R sono tali che
0 f (x) M , f 0 (x) P > 0 x [a, b]
allora
n
2P M
0 xn c
(b a)
M 2P
ove n e` la successione di Fibonacci.
CAPITOLO 17
INTEGRAZIONE.
Consideriamo un punto materiale P che si muove lungo lasse x di un
sistema di riferimento cartesiano, ed e` sottoposto ad una forza di richiamo
costante a tratti verso un punto O della retta, che assumiamo come origine
degli assi coordinati.
Pi`u precisamente se x e` lo spostamento da O del punto P la forza di
richiamo R sar`a espressa da:
R(x) = ki
se
ix<i+1
con
i = 0, 1, 2, ......
Il lavoro svolto per muovere un punto su cui agisce una forza costante, si
calcola moltiplicando lintensit`a della forza per lo spostamento che il punto
ha subito, pertanto il lavoro che occorre per spostare il punto P dallorigine
e` dato da:
(x) =
i1
X
kj + ki (x i)
se
j=0
e (P, x)
135
136
17. INTEGRAZIONE.
definite mediante le
(P, x) =
(17.1)
n
X
i=1
n
X
+ (P, x) =
(17.2)
i=1
(17.4)
kx2
2
Lo stesso problema si pone non appena cerchiamo di definire larea
dellinsieme
(17.5)
D = {(x, y) R2 : 0 x 1 , 0 y x2 }
Siano 0 = x0 < x1 < ... < xn = 1 e definiamo
P = {x0 , x1 , ..., xn };
possiamo approssimare, rispettivamente per eccesso e per difetto, larea di
D mediante le
n
n
X
X
2
A(P ) =
xi (xi xi1 ) , a(P ) =
x2i1 (xi xi1 )
i=1
i=1
17. INTEGRAZIONE.
137
n
1 X
1 (n 1)n(2n 1)
=
(i 1)2
n3
6
n3 i=1
sup{a(P ) : P } inf{A(P ) : P }
n
1 X 2
1 n(n + 1)(2n + 1)
3
i 3
n i=1
n
6
e per n + si ottiene
1
1
(17.7)
sup{a(P ) : P } inf{a(P ) : P }
3
3
onde e` lecito definire
1
3
La definizione di integrale nasce dallesigenza di formalizzare procedimenti del tipo che abbiamo esposto; in sostanza si tratta di definire lestensione del concetto di somma discreta al caso in cui la somma sia fatta su
insieme continuo di indici.
area(D) = inf(A(P ) : P } = sup{a(P ) : P } =
F IGURA 17.1.
Indichiamo con P(a, b) linsieme delle partizioni di [a, b].
Definiamo
(17.8)
Ik = [xk , xk+1 ]
Ik = xk+1 xk
(17.9)
I = [a, b]
I = b a
138
17. INTEGRAZIONE.
ovviamente si avr`a
(17.10)
I=
n1
[
Ik
[a, b] =
k=0
n1
[
[xk , xk+1 ]
k=0
x [a, b]
poniamo
P = {x0 , x1 , .., xn }
e definiamo
mk = inf{f (x) : x [xk , xk+1 ]}
Mk = sup{f (x) : x [xk , xk+1 ]}.
Definiamo inoltre
(17.11)
L(f, P ) =
n1
X
mk Ik
k=0
(17.12)
U (f, P ) =
n1
X
Mk Ik
k=0
(17.13)
R(f, P, S) =
n1
X
f (ck )Ik
k=0
ove si indichi con S = {c1 , .., cn } una scelta di punti tale che xk ck
xk+1 .
L(f, P ) ed U (f, P ) si dicono, rispettivamente, somme inferiori e somme
superiori di f rispetto alla partizione P , mentre R(f, P, S) si dice somma
di Cauchy-Riemann.
Vale la pena di osservare che le somme di Cauchy-Riemann dipendono
dalla scelta dei punti S oltre che dai punti ck .
D EFINIZIONE 17.3. Siano P, Q P(a, b); diciamo che P e` una partizione pi`u fine di Q, e scriviamo P Q, se P Q.
Diciamo inoltre che Pn P(a, b) e` una successione ordinata di partizioni se
(
Pn+1 Pn
(17.14)
lim (Pn ) = 0
E` evidente dalle figure che valgono i seguenti fatti la cui dimostrazione
pu`o essere scritta formalizzando ci`o che e` suggerito da esse.
17. INTEGRAZIONE.
139
Z b
f (x)dx
f (x)dx M (b a).
a
140
17. INTEGRAZIONE.
Definiamo
Z
Z
f (x)dx =
ed osserviamo che
f (x)dx
a
f (x)dx = 0.
a
D EFINIZIONE 17.6. Diciamo che f soddisfa la condizione di integrabilit`a in [a, b] se > 0 esiste una partizione P P(a, b) tale che
0 U (f, P ) L(f, P ) <
(17.18)
(17.19)
Ma per definizione
Z
Z b
(17.20)
(17.21)
(17.22)
Z b
f (x)dx L(f, Q )
f (x)dx
2
a
a
Z b
Z b
f (x)dx U (f, P )
f (x)dx +
2
a
a
17. INTEGRAZIONE.
141
Se ne deduce che
U (f, P ) L(f, Q )
(17.23)
Se R = Q
(17.24)
P , si ottiene che
(17.25)
allora
U (f, P ) L(f, P ) +
(17.26)
e pertanto
Z b
f (x)dx
f (x)dx +
a
e, passando al limite per 0 si ottiene
Z b
Z b
f (x)dx
f (x)dx
(17.28)
a
a
e lintegrabilit`a di f e` dimostrata.
(17.27)
2
T EOREMA 17.2. Se f e` integrabile su [a, b] allora f e` integrabile secondo
Cauchy-Riemann ed il valore dellintegrale e` lo stesso.
D IMOSTRAZIONE . Poich`e
(17.31)
142
17. INTEGRAZIONE.
ed anche
b
Z
L(f, P )
(17.32)
f (x)dx U (f, P )
a
si ha
Z
(17.33)
|R(f, P, S)
(17.34)
n1
X
Mk Ik
k=0
n1
X
(f (ck ) + )Ik =
k=0
= R(f, P, S1 ) + (b a) I + (b a) +
(17.36) L(f, p) =
n1
X
mk Ik
k=0
n1
X
(f (dk ) )Ik =
k=0
= R(f, P, S2 ) (b a) I (b a)
Ne viene allora che
(17.37)
I (b a) L(f, P ) U (f, P ) I + (b a) +
17. INTEGRAZIONE.
143
T EOREMA 17.4. Se f e` una funzione integrabile e sia Pn una successione ordinata di partizioni di, allora
Z b
f (x)dx = lim U (f, Pn ) = lim L(f, Pn ) = lim R(f, Pn , S)
(17.38)
a
n 7 L(f, Pn )
n 7 U (f, Pn )
144
17. INTEGRAZIONE.
(17.42)
lim L(f, Pn ) ,
lim R(f, Pn , S)
f (x)dx U (f, Pn )
a
Z
lim U (f, Pn ) = lim L(f, Pn ) = lim R(f, Pn , S) =
(17.43)
f (x)dx
a
2
T EOREMA 17.5. Se f, g : [a, b] R sono integrabili su [a, b], e se
, R; allora f + g e f g sono integrabili su [a, b] e
Z b
Z b
Z b
[f (x) + g(x)]dx =
f (x)dx +
g(x)dx .
a
ma questo e` ovvia conseguenza del fatto che m = inf{f (x) : x [a, b]}
0.
2
T EOREMA 17.8. Se f : [a, b] R e se definiamo
f+ (x) = max{f (x), 0} , f (x) = min{f (x), 0}.
Allora f+ ed f sono integrabili su [a, b] se e solo se f e` integrabile su [a, b]
e si ha
Z
Z
Z
b
f (x)dx =
a
f+ (x)dx +
a
f (x)dx.
a
17. INTEGRAZIONE.
145
, xQ
, xR\Q
k
X
i=1
146
17. INTEGRAZIONE.
n
X
i=1
n
X
i=1
2
T EOREMA 17.13. Se f : [a, b] R e` continua, allora f e` integrabile
in [a, b].
D IMOSTRAZIONE . La dimostrazione di questo teorema si fonda sul
concetto di uniforme continuit`a.
Poich`e non si tratta di un concetto semplice, tanto che agli albori del
calcolo esso era ignorato, e` conveniente illustrare la dimostrazione per le
funzioni lipschitziane, cio`e per le funzioni per cui si pu`o affermare che
|f (x) f (y)| L|x y|
17. INTEGRAZIONE.
147
In tal caso si ha
(17.44)
U (f, P ) L(f, P ) =
n1
X
(Mk mk )Ik =
k=0
n1
X
k=0
n1
X
L|xk yk |Ik
k=0
L
n1
X
otteniamo che
Ik = (b a)
k=0
2
Possiamo anche dimostrare che
T EOREMA 17.14. Se f e` limitata in [a, b] e continua in [a, b] \ N , N =
{y1 , ..., yk }; allora f e` integrabile in [a, b].
T EOREMA 17.15. Se f e` continua e non negativa e se
Z b
f (x)dx = 0
a
2
Gli sviluppi del calcolo integrale e le sue applicazioni dipendono dal
legame strettissimo tra il concetto di integrale e quello di derivata che e`
espresso dal teorema fondamentale del
R x calcolo integrale e dalle propriet`a di
cui gode la funzione integrale x 7 x0 f (t)dt.
Definiamo pertanto
Z x
(17.45)
F (x) =
f (x)dx
x0
148
17. INTEGRAZIONE.
Z
|F (x) F (y)| =
Z
f (t)dt
|f (t)|dt M |y x|.
2
f
(x
)
|f
(t)
f
(x
)|dt
0
0
|h|
h
x0
2
T EOREMA 17.18. della media - Sia f continua, allora esiste c [a, b]
tale che
Z b
f (x)dx = f (c)(b a).
a
e, posto
m = min{f (x) : x [a, b]} , M = max{f (x) : x [a, b]}
si ha
Z
Z
g(x)dx
m
e
Z
f (x)g(x)dx M
g(x)dx
a
Rb
f (x)g(x)dx
M.
Rb
g(x)dx
a
17. INTEGRAZIONE.
149
Pertanto la tesi segue dal fatto che f e` continua in [a, b] ed assume tutti
i valori compresi tra il suo minimo m ed il suo massimo M .
2
I precedenti risultati indicano la necessit`a di introdurre un nuovo concetto: quello di funzione la cui derivata e` assegnata.
D EFINIZIONE 17.8. Diciamo che F e` una primitiva di f in (a, b) se F
e` ivi derivabile e risulta
F 0 (x) = f (x) x (a, b).
Definiamo integrale indefinito di f e lo indichiamo con il simbolo
Z
f (x)dx
linsieme delle primitive di f .
T EOREMA 17.20. Supponiamo che F e G siano due primitive di f in
(a, b), allora esiste k R tale che
F (x) = G(x) + k
x (a, b).
f (t)dt + k.
a
f (x)dx = F () F ().
150
17. INTEGRAZIONE.
Z
n
X
=
f (x)dx
[F (xi ) F (xi1 )] =
i=1
Z
n
X
=
f (x)dx
F 0 (i )(xi xi1 ) =
i=1
Z
=
f (x)dx R(f, P, )
xc
xc
2
Per il calcolo degli integrali definiti e` molto utile servirsi delle seguenti
regole di integrazione.
T EOREMA 17.23. - integrazione per parti - Siano f, g di classe C 1 e sia
[, ] (a, b); allora
Z
Z
0
f (x)g(x)dx = f ()g() f ()g()
f (x)g 0 (x)dx.
D IMOSTRAZIONE . Si ha
(f g)0 (x) = f 0 (x)g(x) + f (x)g 0 (x);
pertanto
Z
(f g) (x)dx
f (x)g(x) dx =
f (x)g 0 (x)dx
17. INTEGRAZIONE.
151
g()
g()
2
Se f e` una funzione, indichiamo
f (x) ba = f (b) f (a)
In tal modo risultano semplificati molti enunciati che coinvolgono gli
integrali definiti.
Ad esempio si pu`o dire che, se F e` una primitiva della funzione continua
f , allora
Z b
f (x)dx = F (x) ba
a
152
17. INTEGRAZIONE.
f (x)dx =
0
1
1
se 0 < < 1
f (x)dx = +
se 1
f (x)dx =
1
1
1
se > 1
f (x)dx = +
se 0 < 1
I risultati esposti si possono ricavare applicando semplicemente le definizioni e le regole elementari di integrazione. Partendo da questi semplici
punti fermi possiamo ricavare dei criteri che consentono di stabilire se una
funzione e` integrabile in senso improprio.
A questo scopo dobbiamo considerare una conseguenza del criterio di
convergenza di convergenza di Cauchy.
T EOREMA 17.25. Sia f integrabile in [x, b], per ogni x (a, b]; allora
f ammette integrale improprio convergente in (a, b] se e solo se per ogni
> 0 esiste > 0 tale che se si considerano x0 , x00 (a, a + ) allora
Z 00
x
f
(t)dt
<
x0
17. INTEGRAZIONE.
153
T EOREMA 17.28. Sia f integrabile in [x, b], per ogni x (a, b], e
supponiamo che f sia infinita per x a+ di ordine .
(1) Se esiste R, con < 1 allora f ammette integrale
improprio convergente in (a, b].
(2) se 1 allora f ammette integrale improprio divergente in (a, b].
xa
f (x)
= ` R+
1/(x a)
154
17. INTEGRAZIONE.
k
(x a)
x (a, a + )
e la tesi segue dal teorema 17.27 e dalle 17.48, non appena si sia tenuto
conto del fatto che
Z b
Z b
Z a+
lim+
f (t)dt =
f (t)dt + lim+
f (t)dt.
xa
xa
a+
T EOREMA 17.29. Sia f integrabile in [a, x], per ogni x a; supponiamo che f ammetta integrale improprio convergente in [a, +) e che
lim f (x) = `.
x+
Allora ` = 0.
D IMOSTRAZIONE . Supponiamo ad esempio che sia ` > 0; allora, se
x > , f (x) > `/2. Pertanto
Z
(17.48)
lim
x+
f (t)dt =
a
f (t)dt + lim
f (t)dt
x+
Z
x+
2
Osserviamo che f pu`o ammettere integrale improprio convergente in
[a, +) senza che esista il limite di f per x +, se ad esempio
(
1
i < x i + 1/2i
(17.49)
f (x) =
,
iN
0
i + 1/2i x i + 1
si ha
Z
1
n
X
1 1 1/2n
1
f (t)dt = lim
=
lim
=1
i
n
n 2 1 1/2
2
i=1
17. INTEGRAZIONE.
155
T EOREMA 17.31. Siano f, g, f C 0 , g C 1 , e sia F una primitiva di f ; allora le seguenti condizioni sono sufficienti per la convergenza
dellintegrale improprio di f g in [a, +):
(1) F limitata in [a, +) e g monotona a 0 per x +;
(2) F convergente per x + e g monotona e limitata.
Segue da
Z x
Z
f (t)g(t)dt = F (x)g(x) F (a)g(a)
a
F (t)g 0 (t)dt.
CAPITOLO 18
I risultati che occorre tener ben presenti quando si studia una funzione
integrale sono i seguenti:
(1) I risultati che sono sufficienti a garantire lintegrabilit`a di una funzione: sono quelli contenuti nei teoremi ?? e si possono brevemente riassumere dicendo che:
f e` integrabile su ogni intervallo su cui e` continua
f e` integrabile su ogni intervallo su cui e` monotona
f e` integrabile su ogni intervallo su cui e` limitata e
continua a meno di un numero finito di punti
f e` integrabile su ogni intervallo su cui differisce da
una funzione integrabile a meno di un insieme finito di
punti
(2) Il risultato che assicura che se f e` limitata allora F e` continua.
(3) il teorema fondamentale del calcolo che assicura che se f e` continua in x allora F e` derivabile in x e
F 0 (x) = f (x)
(4) la definizione di integrale improprio per cui:
Se f e` integrabile in senso improprio in c+
Z c
lim+ F (x) =
f (t)dt
xc
x0
x0
157
158
(x)
G(x) =
(18.2)
f (t)dt
x0
allora
G(x) = F ((x))
(18.3)
(18.4)
Inoltre se
(x)
G(x) =
(18.5)
f (t)dt
(x)
G(x) =
(x)
f (t)dt =
(x)
f (t)dt+
(x)
f (t)dt =
c
(x)
Z
f (t)dt
(x)
e quindi
(18.7)
G0 (x) = F 0 ((x)) 0 (x) F 0 ((x))0 (x) = f ((x)) 0 (x) f ((x))0 (x)
1. Esempio
Si consideri la funzione
Z
f (x) =
0
et
dt
3
1 et (t 1) t + 2
lim
=
t2 3 1 et (t 1) t + 2
et
lim
=
3
t0
1 et (t 1) t + 2
et
= +
lim+
3
t0
1 et (t 1) t + 2
f (t)dt
1. ESEMPIO
159
di ordine 13
Infine
2
et
= +
t1
1 et (t 1) t + 2
di ordine 1 a causa del fattore t 1 a denominatore.
Ne segue che la funzione integranda e` integrabile (eventualmente in
senso improprio) in [2, 1) (1, +).
Poich`e gli estremi di integrazione sono 0 ed x dovr`a essere x [2, 1).
Dal momento che
la funzione integranda e` continua per t (2, 0)(0, 1)(1, +)
f e` definita in [2, 1))
il teorema fondamentale del calcolo assicura che
lim
3
ex
f (x) =
3
1 ex (x 1) x + 2
0
t2
lim f 0 (x) =
t0
lim f 0 (x) = +
t0+
160
Consideriamo ora
2
|x|
g(x) =
0
et
dt
1 et (t 1) t + 2
x2 +2
et
dt
3
1 et (t 1) t + 2
x3
per quanto visto ai punti precedenti, (f e` integrabile in [2, 1) (1, +))
Lintervallo di integrazione dovr`a essere contenuto nellinsieme in cui e`
possibile calcolare lintegrale; dovr`a cio`e risultare che
[x3 , x2 + 2] [2, 1) (1, +)
e quindi la funzione h risulta definita per x3 > 1 ovvero per x > 1.
Poiche lintegranda e` continua per t > 1 e gli estremi di integrazione
sono derivabili, si ha, per x (1, +)
h0 (x) =
3
2xe(x
2 +2)2
3x2 ex
3
1 ex2 +2 (x2 1) x2 + 4
1 ex3 (x3 1) x3 + 2
2. Esempio
Consideriamo la funzione
Z
f (x) =
4x
3 + cos(t)
dt
(t 4) 3 t5 1
x
La funzione integranda e` definita e continua (e quindi integrabile) in
(, 1) (1, 4) (4, +).
Inoltre
3 + cos(t)
1
= +
lim
di ordine
3 5
t1 (t 4) t 1
3
3. ESEMPIO
161
mentre
3 + cos(t)
= +
lim
t4 (t 4) 3 t5 1
di ordine 1
3 + cos(x)
3 + cos(4 x)
p
(x) 3 (4 x)5 1 (x 4) 3 x5 1
3. Esempio
Si considerino le funzioni
h(x) = x4 + 8x + k
g(x) =
1
h(x)
continua
, lim h(x) = +
x
per cui h non e` limitata superiormente (e quindi non ammette massimo globale), mentre, per il teorema di Weierstrass generalizzato, ammette minimo
assoluto, per ogni k R.
Se g risulta continua allora ha primitive in R ed inoltre, (essendo infinita
dove non e` continua, g ammette primitive se e solo se h(x) = x4 +8x +k 6=
0 per ogni x R.
Poiche come visto nel punto
precedente h ha minimo assoluto, e tale
3
valore e`assunto nel punto
x
=
3
3
k6 2>0
ovvero
k>6 2
Similmente g ha primitive in [1, +) se e solo se risulta continua in
tale intervallo ovvero se e solo se h(x) = x4 + 8x + k 6= 0 per ogni x 1.
162
a+b+c=0
2c 2b + d = 0
4b + 2d = 0
8a = 1
1
1
1
che risolto fornisce a = 81 , b = 24
, c = 12
, d = 12
; pertanto
1
1 3
1
2x 2
=
x4 + 8x
24 x x + 2 x2 2x + 4
Una primitiva di g e` quindi
1
x3
1 x3
ln
=
ln
24 (x + 2)(x2 2x + 4) 24 x3 + 8
1
x3
24 ln x3 +8 + c1 , se x < 2
3
1
ln xx
, se 2 < x < 0
3 +8 + c2
24
1 ln x3 + c , se x > 0
3
24
x3 +8
Si consideri ora il problema
00
y (x) = g(x)
y(0) = 0
y 0 (0) = 0
Il problema ha soluzioni in R se e solo se g ha primitive in R, poiche y 0
e` laR primitiva di g che soddisfa y 0 (0) = 0 e di conseguenza y e` la primitiva
x
di 0 g(t)dt che soddisfa y(0) = 0 cio`e
Z x Z s
y(x) =
g(t)dt ds
0
CAPITOLO 19
e la sua accelerazione e`
a(t) = x(t)
Come gi`a detto, sul punto agisce la sola forza gravitazionale F = mg.
163
164
x(t) = g
x(t)
= gt + c1
e
1
x(t) = gt2 + c1 t + c0
2
e si vede che per determinare in maniera unica il moto dovremo procurarci
dei valori per c0 e c1 . Questo si pu`o fare utilizzando informazioni sulla
velocit`a e sulla posizione iniziale del punto. E` subito visto infatti dalla 19.2
e dalla 19.3 rispettivamente che
(19.3)
(19.4)
v0 = x(0)
= c1
h0 = x(0) = c0
165
Abbiamo cos` ricavato una limitazione per la soluzione dellequazione senza risolverla, abbiamo ottenuto cio`e una limitazione a priori per la
soluzione dellequazione.
Osserviamo anche che
x(t) =
k
g
Per cercare soluzioni non costanti possiamo applicare la radice ad entrambi i membri
p
(19.8)
x(t)
= 2k 2gx(t)
166
x(t)
2k 2gx(t)
= 1
g x(t)
2k 2gx(t)
= g
p
(19.11)
ds = gt
2k 2gx(s)
0
dove tuttavia il primo integrale non pu`o essere calcolato in quanto la funzione integranda dipende dalla funzione incognita x(t).
Possiamo integrare per sostituzione ponendo
u = x(s)
du = x(s)ds
(19.12)
= gt
2k 2gu
x0
A questo punto possiamo calcolare lintegrale a sinistra ed ottenere che
p
p
(19.13)
2k 2gx(t) 2k 2gx0 = gt
p
(19.14)
2k 2gx(t) = gt + v0
2k 2gx(t) = (gt + v0 )2
k
1
(19.16)
x(t) =
(gt + v0 )2
g 2g
La 19.16 descrive il moto del punto negli stessi termini ottenuti in precedenza; il segno di gt si pu`o determinare dalla 19.8: poich`e il moto
avviene con continuit`a il segno dovr`a essere lo stesso di v0 .
La scelta del segno e la validit`a dellequazione si mantengono fino a
quando la derivata di x(t), cio`e la velocit`a non si annulla; questa eventualit`a
non si verifica mai se v0 < 0 mentre ha luogo per t0 = vg0 nel caso in cui
v0 > 0.
In tal caso dobbiamo riconsiderare le condizioni iniziali che diventano
(19.15)
x(t0 ) = x(t
0) = 0
e quindi non forniscono indicazioni sul segno da attribuire alla radice che
rappresenta la velocit`a nella 19.8.
Dobbiamo quindi esaminare tutti i casi disponibili:
(1) se supponiamo che il moto abbia velocit`a positive
p
(19.17)
x(t)
= + 2k 2gx(t)
167
= 2k 2gx(t)
(3) se supponiamo che il moto abbia velocit`a nulla entrambe le precedenti sono accettabili.
Osserviamo che a questo punto occorre distinguere tra risultato del modello e soluzione dellequazione differenziale: infatti
` evidente che per t > t0 la 19.17 non pu`o piu` rappresentare il moto
E
del punto materiale P in quanto il moto avviene con velocit`a negativa,
il che non e` consentito dalla 19.17.
CAPITOLO 20
y 0 (x) = f (x)g(y(x))
Vale il seguente teorema di esistenza ed unicit`a della soluzione del problema di Cauchy a variabili separabili, per dimostrare il quale procediamo in maniera costruttiva utilizzando un metodo che, di fatto, consente di
risolvere lequazione.
La dimostrazione e` , in questo caso, molto pi`u utile dellenunciato, ma
anche le condizioni di esistenza ed unicit`a della soluzione sono di fondamentale importanza.
169
170
y(x)
(20.5)
y0
ds
=
g(s)
f (t)dt
x0
171
172
y 0 (x) = f (x)g(y(x))
G(y(x)) = F (x) + c
173
y(x)
(20.13)
y0
ds
=
g(s)
f (t)dt
x0
per ogni x I si ha
Rx
0 y(x) ce|
xo
f (t)dt|
per ogni x I.
D IMOSTRAZIONE . Supponiamo x x0 ; dividendo ambo i membri
per il secondo e moltiplicando poi per f (x) si ottiene (si ricordi che f 0,
c > 0)
y(x)f (x)
Rx
f (x)
c + x0 f (t)y(t)dt
da cui
Z x
d
ln c +
f (t)y(t)dt
f (x).
dx
x0
Integrando ora tra x0 ed x si ha
Z x
Z x
ln c +
f (t)y(t)dt ln c
f (t)dt
x0
x0
174
onde
f (t)y(t)dt ce
c+
Rx
xo
f (t)dt
x0
y(x) c +
f (t)y(t)dt ce
Rx
xo
f (t)dt
x0
si ha
y(x) = 0 x I
D IMOSTRAZIONE . Si ha
Z x
y(x)
f (t)y(t)dt + c
c > 0
x0
e pertanto
x
0 y(x) ce| xo f (t)dt|
per cui, al limite per c 0+ , si ha y(x) 0 .
c > 0
2
0 y(x) c(x)e|
xo
f (t)dt|
CAPITOLO 21
(21.1)
(21.2)
ed integrando tra x0 ed x
Z
(21.3)
x0
y 0 (t)
dt = x x0
y 2 (t)
y(x)
(21.4)
y(x0 )=y0
ds
= x x0
s2
1
+ x0
y0
176
(21.7)
F IGURA 21.1.
2. Esempio
Consideriamo lequazione
y 0 (x) =
(21.8)
p
y(x)
(21.9)
ed integrando tra x0 ed x
Z
(21.10)
x0
y 0 (t)
p
dt = x x0
y(t)
2 y 2 y0 = x x0
(21.12)
1
1
(21.13)
y = (x x0 + 2 y0 ) = (x + c)
2
2
dove si sia definito
c = 2 y0 x0
3. ESEMPIO
177
(21.14)
x c
F IGURA 21.2.
3. Esempio
Consideriamo lequazione
y 0 (x) = x
(21.15)
y(x)
(21.16)
ed integrando tra x0 ed x
Z
(21.17)
x0
y 0 (t)
p
dt =
y(t)
tdt
x0
y(x)
(21.18)
y(x0 )=y0
x2 x20
ds
=
2
2
s
178
Poich`e 1s e` infinita in s = 0 di ordine 1/2, e` integrabile in s = 0 (intendiamo con ci`o che e` integrabile in intervalli che contengano 0). Pertanto
y ed y0 potranno assumere anche il valore 0. Avremo
(21.19)
(21.20)
x2 x20
2 y 2 y0 =
2
2
2
2
x
x
x2
y=
+ ( y0 0 ) =
+c
4
2
4
x20
2
Osserviamo che la 21.19 impone che deve essere
(
x2
sempre
se c > 0
+c0
cio`e
4
|x| 2c se c < 0
c=
y0
y(x) =
x2
+c
4
2
F IGURA 21.3.
4. Esempio
Consideriamo lequazione
(21.22)
y 0 (x) = x
y(x)
y 0 (x)
p
= x
y(x)
4. ESEMPIO
ed integrando tra x0 ed x
Z
(21.24)
x0
y 0 (t)
p
dt =
y(t)
179
tdt
x0
y(x)
(21.25)
y(x0 )=y0
x2 x2
ds
= + 0
2
2
s
Poich`e 1s e` infinita in s = 0 di ordine 1/2, e` integrabile in s = 0 (intendiamo con ci`o che e` integrabile in intervalli che contengano 0). Pertanto
y ed y0 potranno assumere anche il valore 0. Avremo
x2 x2
2 y 2 y0 = + 0
2
2
2
2
x
x0
x2
(21.27)
y = + ( y0 + ) = + c
4
2
4
dove si sia definito
x2
c = y0 + 0
2
Osserviamo che la 21.27 impone che deve essere
(21.26)
(
mai
|x| 2c
x
+c0
4
cio`e
se c < 0
se c < 0
y(x) =
x2
+c
4
2
F IGURA 21.4.
180
5. Esempio
Consideriamo lequazione
y 0 (x) =
(21.29)
1 y 2 (x)
(21.30)
1 y 2 (x)
=1
ed integrando tra x0 ed x
x
Z
(21.31)
x0
y 0 (t)
p
1 y 2 (t)
dt = x x0
y(x)
(21.32)
y(x0 )=y0
ds
= x x0
1 s2
1
` infinita in s = 1 di ordine 1/2, e` integrabile in s =
Poich`e 1s
2 e
1 (intendiamo con ci`o che e` integrabile in intervalli che contengano 1).
Pertanto y ed y0 potranno assumere anche il valore 1. Avremo
(21.33)
(21.34)
y(x) = sin(x + c)
6. ESEMPIO
181
F IGURA 21.5.
6. Esempio
Consideriamo il problema di Cauchy
(21.36)
(
4
y 0 (x) = e(y(x)) 1
y(x0 ) = y0
Possiamo scrivere
y 0 (x) = f (x)g(y(x)
4
0 = ec 1
per cui la sola soluzione costante e` y(x) = c = 0.
Nel caso in cui y0 = 0 la soluzione costante e` anche lunica soluzione
del problema di Cauchy .
Se fissiamo x0 = 0 ed y0 = 1. possiamo supporre y(x) 6= 0 in un
intorno di 0 e separando le variabili ed integrando tra 0 ed x si ottiene
(21.37)
Z
(21.38)
0
y 0 (x)
=1
e(y(x))4 1
Z x
y 0 (t)
dt =
dt
e(y(t))4 1
0
ovvero
Z
y(x)
ds
=x
1
1
Ry
Studiamo ora la funzione integrale a primo membro h(y) = 1 esds4 1 .
Poiche lintegranda e` definita e continua per s 6= 0 e
1
lim
=
4
s0 es 1
di ordine 4, lintegrale e` divergente per in 0; ne segue che, essendo il primo
estremo di integrazione positivo, la funzione e` definita per y > 0.
es4
182
Inoltre
1
= 1
s+ e
1
da cui lintegrale e` divergente anche per y +.
4
Si ha infine h(1) = 0 e h0 (y) =]f rac1ey 1 essendo lintegranda
continua per y > 0, e tale derivata risulta sempre negativa.
Possiamo anche osservare che
4
4y 3 ey
00
h (y) = y4
>0
(e
1)2
per ogni y > 0, per cui la funzione risulter`a convessa; inoltre, poiche
lim
s4
lim h0 (y) = 1
y+
21.6.1. Grafico 1
21.6.2. Grafico2
21.6.3. Grafico3
F IGURA 21.6.
Poich`e deve aversi
h(y(x)) = x
il grafico della soluzione del problema di Cauchy sar`a quello dellinversa di
h, come riportato nella figura 21.6.6.
Per disegnare il grafico delle soluzioni del problema di Cauchy dato al
variare dei dati iniziali x0 , y0 R. possiamo osservare che lequazione data
e` unequazione differenziale autonoma, e quindi se y(x) e` soluzione, anche
y(x + a) e` soluzione per ogni a R.
Pertanto tutte le traslate (in orizzontale) della soluzione trovata sono
ancora soluzioni, per y > 0.
Per quanto riguarda le soluzioni per y < 0, ripetendo i calcoli fatti, ad
esempio con x0 = 0 e y0 = 1, si ha
Z y(x)
ds
=x
s
e 4 1
1
7. ESEMPIO
183
x > 1
(si noti che la soluzione e` prolungabile, in modo unico, con y(x) = 0 per
x 1).
Il grafico delle soluzioni e` riportato in figura 21.7
F IGURA 21.7.
CAPITOLO 22
(22.1)
ed infine
(22.2)
y(x) = e
A(x)
y0 +
A(x)
b(t)e
dt
x0
in accordo con i risultati che proveremo nel seguito per il caso pi`u generale.
La 22.2 costituisce, al variare di y0 , lintegrale generale dellequazione
22.1.
I passi successivi consistono nel considerare equazioni lineari di ordine
superiore oppure sistemi di equazioni del primo ordine.
185
186
(22.3)
(n)
(x) =
n
X
i=1
(22.4)
dove A(x) = {aij (x)} e B(x) = {bi (x)} sono una matrice ed un vettore
i cui elementi sono funzioni continue su un intervallo I; (scriviamo A
C k (I), B C k (I) quando intendiamo pertanto affermare che aij C k (I),
bi C k (I) per i, j = 1, ..., n).
Il sistema pu`o essere riscritto usando le componenti di Y , A, B, nella
seguente maniera
(22.5)
0
y1 (x)
a11 (x) a12 (x) . . . a1n (x)
y1 (x)
b1 (x)
y20 (x) a21 (x) a22 (x) . . . a2n (x) y2 (x) b2 (x)
. = .
. + .
..
..
..
.. ..
.
.
. .. ..
yn0 (x)
yn (x)
bn (x)
yi0 (x)
n
X
j=1
(22.7)
(22.8)
(
Y 0 (x) = A(x)Y (x) + B(x) ,
Y (x0 ) = Y0
x I
(22.9)
(
y (n) (x) = an (x)y (n1) (x) + .... + a1 (x)y(x) + b(x) ,
y(x0 ) = y0 , y 0 (x0 ) = y1 , . . . , y (n1) (x0 ) = yn1
sono problemi di Cauchy.
x I
187
Lo studio di un sistema consente di trovare risultati anche per lequazione di ordine n; sia infatti
(22.10)
(22.11)
i = 1, . . . , n.
(Per chiarire le idee osserviamo che si avr`a y1 (x) = y(x) , .... , yn (x) =
y (n1) (x) ).
Possiamo riscrivere lequazione nella seguente forma
0
y1 (x) = y2 (x)
y2 (x) = y3 (x)
(22.12)
...
...
0
yn (x) = an (x)yn (x) + .... + a1 (x)y1 (x) + b(x)
ed anche come
Y 0 (x) = A(x)Y (x) + B(x)
non appena si sia definito
0
1
0
0
A(x) =
.
..
..
.
0
1
..
.
...
...
..
.
0
0
..
.
0
0
B(x) =
...
b(x)
188
x0 I
e` un isomorfismo.
2
In base al teorema precedente e` possibile affermare che ogni soluzione
di un sistema differenziale lineare omogeneo di n equazioni in n incognite pu`o essere espressa mediante un combinazione lineare di n soluzioni
linearmente indipendenti del sistema stesso.
Siano esse Y1 , ..., Yn e sia (yi )j la componente j-esima della i-esima
soluzione.
Possiamo allora costruire la matrice
G0 (x) = A(x)G(x)
189
Anche lo spazio delle soluzioni di un sistema differenziale lineare ordinario del primo ordine non omogeneo e` strutturato in maniera molto precisa.
T EOREMA 22.4. Siano A C 0 (I) B C 0 (I) e consideriamo il sistema
differenziale lineare non omogeneo del primo ordine
Y 0 (x) = A(x)Y (x) + B(x)
Sia T lintegrale generale del sistema assegnato e sia S lintegrale
generale del sistema omogeneo ad esso associato
Y 0 (x) = A(x)Y (x)
sia ancora z C 0 (I) tale che
Z 0 (x) = A(x)Z(x) + B(x)
Allora
T =Z +S
e T e` uno spazio lineare affine di dimensione n.
D IMOSTRAZIONE . E evidente che T Z + S; sia viceversa Y T , e`
facile verificare che Y Z soddisfa il sistema omogeneo associato e pertanto
Y Z S da cui Y Z + S.
2
D EFINIZIONE 22.1. Siano Y1 , Y2 , ....., Yn n soluzioni del sistema differenziale lineare omogeneo
Y 0 (x) = A(x)Y (x)
Chiamiamo determinante wronskiano, o pi`u semplicemente wronskiano, associato alle n soluzioni assegnate il determinante della matrice
(Y1 , Y2 , ....., Yn )
In altri termini
(y1 (x))1 (y2 (x))1
(y1 (x))2 (y2 (x))2
W (x) = det
..
..
.
.
(y1 (x))n (y2 (x))n
(22.17)
. . . (yn (x))1
. . . (yn (x))2
..
..
.
.
. . . (yn (x))n
190
Y2 (x) = (2x, 2)
(
(x2 , 2x) x 0
Y1 (x) =
0
x>0
oppure
(
(x2 , 2x) x 0
Y1 (x) =
0
x<0
191
Sia
y
(n)
(x) =
n
X
i=1
la corrispondente equazione differenziale lineare di ordine n non omogenea, e sia T il suo integrale generale.
T e` uno spazio lineare affine di dimensione n ed inoltre
T =z+S
dove z e` una soluzione della equazione non omogenea.
Il teorema precedente consente di affermare che ogni soluzione dellequazione differenziale lineare omogenea di ordine n si pu`o esprimere come combinazione lineare di n soluzioni y1 , ..., yn dellequazione stessa che
siano linearmente indipendenti.
Linsieme y1 , ..., yn si chiama sistema fondamentale di soluzioni per lequazione data; in altre parole ogni soluzione y pu`o essere espressa mediante
la
n
X
y(x) =
ci yi (x)
i=1
dove ci R
D EFINIZIONE 22.2. Siano y1 , ..., yn n soluzioni dellequazione differenziale lineare di ordine n, omogenea
y (n) (x) =
n
X
i=1
(22.18)
W (x) = det
y1 (x)
y10 (x)
..
.
y2 (x)
y20 (x)
..
.
...
...
..
.
yn (x)
yn0 (x)
..
.
(n1)
(n1)
(n1)
y1
(x) y2
(x) . . . yn
(x)
192
Z(x) = G(x)
G1 (t)B(t)dt.
x0
(x) =
G1 (t)B(t)dt
x0
193
essendo
(22.19)
(y1 )1 (y2 )1
(y1 )2 (y2 )2
Wi = det
..
...
.
(y1 )n (y2 )n
. . . (yi1 )1 b1 (yi+1 )1
. . . (yi1 )2 b2 (yi+1 )2
..
..
..
...
.
.
.
. . . (yi1 )n bn (yi+1 )n
. . . (yn )1
. . . (yn )2
..
..
.
.
. . . (yn )n
Y (x) = G(x) C +
G (t)B(t)dt , C Rn
1
x0
Il metodo esposto si chiama della metodo di Lagrange di variazione delle costanti arbitrarie e pu`o ovviamente essere applicato anche alle equazioni
differenziali di ordine n non appena le si sia trasformate in un sistema. Tuttavia per le equazioni e` pi`u conveniente procedere direttamente; illustriamo
qui di seguito, il caso di una equazione del secondo ordine.
Siano a, b, c C 0 (I) e consideriamo lequazione lineare del secondo
ordine
y 00 (x) = a(x)y 0 (x) + b(x)y(x) + c(x).
Supponiamo note due soluzioni linearmente indipendenti dellequazione
differenziale omogenea associata; avremo allora a disposizione lintegrale
generale dellequazione omogenea nella forma
y(x) = c1 y1 (x) + c2 y2 (x)
Cerchiamo soluzioni per lequazione non omogenea nella forma
z(x) = 1 (x)y1 (x) + 2 (x)y2 (x)
Avremo
z 0 = 01 y1 + 02 y2 + 1 y10 + 2 y20
e posto
01 y1 + 02 y2 = 0
194
si ha
z 00 = 01 y10 + 02 y20 + 1 y100 + 2 y200 .
Sostituendo si ottiene
01 y10 + 02 y20 + 1 y100 + 2 y200 = 1 ay10 + 2 ay20 + 1 by1 + 2 by2 + c
e, tenuto conto che y1 e y2 sono soluzioni dellomogenea,
01 y10 + 02 y20 = c.
Ne viene che 01 e 02 devono soddisfare il seguente sistema
(
01 y1 + 02 y2 = 0
(22.20)
01 y10 + 02 y20 = c
da cui si possono ricavare 01 e 02 e per integrazione 1 e 2 .
Ricordiamo infine, per sommi capi, un metodo che consente di ridurre
lordine di una equazione differenziale lineare, qualora sia nota una soluzione dellequazione stessa.
Ci occuperemo qui di mostrare come esso funziona nel caso di una equazione del secondo ordine, essendo lestensione del metodo del tutto ovvia
per equazioni lineari di ordine superiore.
Consideriamo pertanto a, b C 0 (I) e lequazione differenziale di ordine 2
y 00 (x) = a(x)y 0 (x) + b(x)y(x).
Supponiamo nota una soluzione z dellequazione, tale che z(x) 6= 0
x I.
Cerchiamo soluzioni dellequazione nella forma y(x) = u(x)z(x)
Derivando e sostituendo nellequazione otteniamo che
u00 z + 2u0 z 0 + uz 00 = au0 z + auz 0 + buz
e, tenuto conto che z e` soluzione,
u00 z + 2u0 z 0 au0 z = 0
Posto v = u0 si ha
v 0 z + v(2z 0 az) = 0
e quindi, poiche z 6= 0,
z0
v + v(2 a) = 0.
z
Se ne deduce che deve essere
0
v(x) = e
Rx
xo
R
z 0 (t)
dt+ xxo
z(t)
a(t)dt
e quindi
v(x) =
z(x0 )
z(x)
2
Rx
xo
a(t)dt
Rx
1
x0 a(t)dt
e
(z(x))2
e
Z
195
Rt
1
xo a(s)ds dt
e
2
(z(t))
x0
da cui si pu`o ricavare la soluzione cercata.
La soluzione trovata risulta linearmente indipendente da z. Se infatti
Z x
Rt
1
xo a(s)ds dt = 0
c1 z(x) + c2 z(x)
e
2
(z(t))
x0
u(x) =
c2 z(x)
x0
Rt
1
xo a(s)ds dt = 0
e
(z(t))2
n
X
k=1
(n)
(x) =
n
X
ak y (k1) (x)
k=1
n
X
ak k1
k=1
196
y1 (x) = ex
y2 (x) = xex
y (x) = x1 ex
u (x) = x1 ex sin x
v (x) = x1 ex cos x
n
X
ci yi (x)
i=1
y1 (x) = ex
y2 (x) = xex
y (x) = x1 ex
197
u (x) = x1 ex sin x
v (x) = x1 ex cos x
n
X
ci,j yi (x)
i=1
(5) Le costanti introdotte ci,j sono in numero di n2 e quindi superiore al numero di costanti n necessario e sufficiente per descrivere
lintegrale generale del sistema differenziale lineare omogeneo di
ordine n; onde determinare solo n costanti si procede quindi sostituendo nel sistema ed usando le uguaglianze trovate per ridurre il
numero di costanti libere ad n
Abbiamo con ci`o gli strumenti per risolvere ogni equazione differenziale ed ogni sistema differenziale lineare omogeneo, a coefficienti costanti;
per risolvere i corrispondenti problemi non omogenei sar`a sufficiente trovare una soluzione particolare dei problemi non omogenei stessi. Ci`o pu`o
essere fatto, in generale, usando il metodo di variazione delle costanti di Lagrange, ma, nel caso dei coefficienti costanti, possiamo, se inoltre il termine
noto e` di forma particolarmente semplice, trovare una soluzione particolare
di forma similmente semplice.
Pi`u precisamente possiamo affermare che:
198
1. LOSCILLATORE ARMONICO
199
1. Loscillatore armonico
Un esempio molto importante di modello matematico che utilizza la teoria delle equazioni differenziali lineari e` costituto dalloscillatore armonico.
Si consideri lequazione del secondo ordine
(22.27)
dove h, K, > 0.
Essa pu`o descrivere il comportamento di diversi sistemi reali quali,
(1) un punto materiale soggetto ad una forza di richiamo proporzionale alla distanza ed ad forza di attrito proporzionale alla velocit`a,
sollecitato da una forza esterna sinusoidale di ampiezza K e di
frequenza .
(2) lintensit`a di corrente che circola in un circuito RLC alimentato da
una forza elettromotrice sinusoidale.
Le soluzioni dellequazione sono date da:
(1) Se h >
x(t) = c1 e(h+)t + c2 e(h)t + x(t)
I grafici di possibili soluzioni sono riportati nelle figure
200
F IGURA 22.4. Soluzioni del polinomio caratteristico complesse e coniugate con parte reale negativa
(3) Se h <
x(t) = eht (c1 sin(t) + c2 cos(t)) + x(t)
I grafici di possibili soluzioni sono riportati nelle figure
1. LOSCILLATORE ARMONICO
A= p
201
K
4h2 2
+ ( 2 2 )2
a
= arccos
A
Nel caso in cui h = 0 lequazione diventa
x(t) + 2 x(t) = K sin(t)
con k, > 0 e rappresenta un oscillatore armonico non smorzato sollecitato
da una forza esterna sinusoidale.
Le soluzioni in questo caso sono
(1) Se 6=
K
x(t) = c1 sin(t) + c2 cos(t) + 2
sin(t)
2
(2) Se =
K
x(t) = c1 sin(t) + c2 cos(t)
t cos(t)
2
(22.28) A =
K
=
(4h2 2 + ( 2 2 )2 )1/2
=
K/ 2
(4(h/)2 (/)2 + (1 (/)2 )2 )1/2
con
K/ 2 = .5
12
12
25
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
4.6
4.7
4.8
4.9
4.10
4.11
4.12
4.13
4.14
4.15
4.16
4.17
4.18
4.19
4.20
4.21
4.22
4.23
35
35
36
38
40
41
42
42
43
44
45
45
46
47
47
48
49
49
50
51
52
52
53
14.1
14.2
14.3
14.4
119
120
120
122
203
204
14.5
14.6
14.7
14.8
123
124
125
126
17.1
17.2
17.3
17.4
137
Confronto tra somme superiori e somme inferiori
139
Confronto tra U (f, Pn ) L(f, Pn ) e U (f, P ) L(f, P )143
Integrabilit`a delle funzioni monotone
146
18.1
18.2
Grafico di f (x)
Grafico di g(x)
159
160
19.1
19.2
163
164
21.1
21.2
21.3
21.4
21.5
21.6
21.7
22.1
22.2
22.3
22.4
22.5
22.6
176
177
178
179
181
182
183
Soluzioni del polinomio caratteristico reali distinte una
positiva ed una negativa
Soluzioni del polinomio caratteristico reali distinte una
positiva ed una negativa
Soluzioni del polinomio caratteristico reali distinte
entrambe positive
Soluzioni del polinomio caratteristico complesse e
coniugate con parte reale negativa
Soluzioni del polinomio caratteristico reali coincidenti
negative
Grafico di A in funzione di ed
199
199
200
200
200
201
Indice
Capitolo 1.
UN PO DI LOGICA
9
19
22
Capitolo 3.
27
33
33
40
41
44
Capitolo 5.
55
Capitolo 6. LE SUCCESSIONI
1. Infinitesimi ed Infiniti
63
76
`
LA CONTINUITA
79
Capitolo 7.
`
Capitolo 8. I TEOREMI SULLA CONTINUITA
81
`
LA DERIVABILITA.
87
Capitolo 9.
Capitolo 10.
95
Capitolo 11.
LA REGOLA DI DE LHOPITAL
99
Capitolo 12.
LA FORMULA DI TAYLOR
103
109
109
110
111
112
113
114
116
Capitolo 14.
`
LA CONVESSITA
119
Capitolo 15.
129
205
206
INDICE
133
135
157
158
160
161
163
Capitolo 20.
175
175
176
177
178
180
181
183
Capitolo 22.
1.
169
185
199
203
Indice analitico
Symbols
continua in D, 79
convessa, 122
crescente, 29, 64, 174
Criterio di Cauchy, 75
Criterio di convergenza di Cauchy, 68
0, 9
1, 10
cos(x), 46
sin(x), 46
tan(x), 48
e` implicato, 4
D
De-Morgan, 6
decrescente, 29
dei numeri razionali, 12
derivabile, 87
derivata, 87
derivata destra, 88
derivata seconda, 92
derivata sinistra, 88
destrorsa, 24
differenziabile, 89
differenziabilit`a, 89
differenziale, 199
dimostrazione per assurdo, 5
divergente, 64
dominio, 27
Bolzano-Weierstra , 66
complementare, 6
Criterio di Cauchy, 62
integrale indefinito, 149
integrale inferiore, 139
integrale superiore, 139
intersezione, 6
Principio di Archimede, 16
prodotto cartesiano, 6
relazione di equivalenza, 6
semifattoriale, 70
somma di Cauchy-Riemann, 138
and, 3
aperto, 25, 26
Approssimazione dei numeri reali in base b, 22
argomento di f, 27
asintoto, 131
assi cartesiani, 24
elemento neutro, 9, 21
elemento neutro rispetto alla moltiplicazione, 10
elemento neutro rispetto alla somma, 9
elemento separatore, 10
equazione differenziale, 169
equivalente, 4
esponenziale, 40
estremo inferiore, 15
estremo superiore, 15
B
binomio di Newton, 71
chiuso, 26
coefficiente binomiale, 70
compatto, 26
concava, 127
condizione di integrabilit`a, 140
continua, 79
fattoriale, 70
flesso, 127
formula di Taylor, 103
Formula di Taylor con il resto di Lagrange , 106
207
208
INDICE ANALITICO
G
grafico, 27
Gronwall, 173
I
implica, 4
inferiormente limitato, 14
infinitesimo campione, 76
iniettiva, 28
insieme, 5
insieme compatto, 76
insieme dei numeri interi, 14
insieme dei numeri razionali, 14
insieme derivato, 55
insieme induttivo, 12
integrabile, 139
integrabile secondo Cauchy-Riemann, 140
integrale generale, 186, 195, 196
integrazione per parti, 150
integrazione per sostituzione, 151
intorno bucato di centro x e ampiezza ,
55
intorno di centro x e ampiezza , 55
inversa, 28
inverso rispetto alladdizione, 10
inverso rispetto alla moltiplicazione, 10
invertibile, 28
L
lintegrale generale, 185
legge del terzo escluso, 4
legge di cancellazione, 11
legge di non contraddizione, 4
limitato, 14, 26
limite, 55
lineare, 199
logaritmo naturale, 73
lunghezza di un arco, 44
M
maggiorante, 14
massimo, 14
matrice fondamentale, 188
metodo della regula falsi, 133
Metodo della regula falsi, 134
metodo delle tangenti, 133
metodo di Lagrange di variazione delle
costanti arbitrarie , 193
metodo di Newton, 133
Metodo di Newton (o delle tangenti), 133
minimo, 14
minorante, 14
modulo, 17
monometrica, 25
monot`ona, 29
N
norma, 17
not, 3
notazione binaria, 21
notazione decimale, 21
notazione esadecimale, 21
notazione ottale, 21
numeri decimali finiti, 24
numeri interi, 12
numeri naturali, 12
numeri reali, 9
O
or, 3
ordine di infinitesimo, 76
ordine di infinito, 76
origine, 24
ortogonale, 24
oscillatore armonico, 199
P
parte intera, 17
partizione dellintervallo, 135
partizione di [a, b], 137
partizione pi`u fine, 138
periodica, 48
potenza, 18
potenza ad esponente frazionario, 36
potenza ad esponente reale, 38
potenza di esponente n, 33
potenze ad esponente negativo, 34
primitiva, 149
principio di induzione, 13
problema di Cauchy, 169171, 186
prodotto cartesiano, 24
INDICE ANALITICO
prolungamento, 28
proposizione, 3
punto di accumulazione, 55
punto di massimo assoluto, 30
punto di minimo assoluto, 30
R
radiante, 46
radice n-esima, 34
rango, 27
Rappresentazione dei numeri naturali in
base b, 19
regola di De lHopital, 99
relazione binaria, 5
relazione dordine, 6
restrizione, 28
S
sinistrorsa, 24
sistema cartesiano, 25
sistema fondamentale di soluzioni, 191
somme inferiori, 138
somme superiori, 138
strettamente convessa, 122
strettamente crescente, 29
strettamente decrescente, 29
strettamente monot`ona, 29
successione, 63
successione convergente, 64
successione crescente, 65
successione estratta, 64
successione ordinata di partizioni, 138
superiormente limitato, 14
surgettiva, 28
sviluppo di McLaurin di cos x, 111
sviluppo di McLaurin di sin x, 110
sviluppo di McLaurin di ex , 109
T
tabella di verit`a, 3
teorema degli zeri, 81
teorema dei valori intermedi, 82
teorema della media, 148
teorema di Weierstra, 82
teorema di Cauchy, 97
teorema di Lagrange, 96
teorema di Peano, 96
teorema di Rolle, 95
triangolo di Tartaglia, 70, 71
U
unione, 6
209
V
valore assoluto, 17
variabili separabili, 169
vuoto, 6
W
wronskiano, 189
X
xor, 3
Z
zero, 21