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1) INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA 1.1) Definizione dellambito di indagine della psicologia.

Rapporti tra filosofia, fisiologia e psicologia. La psicologia abbraccia vari ambiti, viene
comunemente definita come la scienza del pensiero e del comportamento umano. La psicologia
un campo molto vasto che si articola in una parte tipicamente di studio, e un'altra fatta di ricerca
pratica. Gli studiosi di psicologia rivolgono i loro studi a settori specifici della psiche umana; infatti
alcuni si occupano del comportamento, altri dell'apprendimento in et infantile, altri ancora
studiano i cambiamenti che si verificano nel corso della vita umana: l'infanzia, l'adolescenza, l'et
adulta e la vecchiaia. Ci sono psicologi che preferiscono studiare le interazioni tra presone e
come questi scambi influenzano il comportamento del singolo individuo o di un intero gruppo. Vi
sono psicologi i cui interessi sono molto pi vicini a quelli dei biologi e dei biochimici, dei sociologi
o degli antropologi. La ragione di questa variet che gli esseri umani sono creature sia
biologiche sia sociali. L'orientamento che considera i meccanismi psicologici legati alla biologia
umana ritengono che l'origine dei pensieri e il comportamento risiedono nel cervello, nei muscoli
e nel sistema nervoso. Per cui tutti i cambiamenti del pensiero e del comportamento derivano dai
cambiamenti che avvengono nel sistema nervoso( ad es. con l'invecchiamento). Quando invece
l'attenzione dello psicologo si sofferma sulla conoscenza (orientamento cognitivo) afferma che, in
quanto esseri umani, abbiamo una insopprimibile tendenza a formare rappresentazioni mentali di
ci che sperimentiamo e percepiamo. Quando osserviamo una persona ne osserviamo le azioni,
ma traiamo anche delle conclusioni su come quella persona fatta in base a ci che traspare dal
suo comportamento. Un altro orientamento molto importante quello sviluppato da Freud (in
contrasto con i precedenti), il quale sosteneva che buona parte del pensiero e dell'azione umana
deriva dal nostro inconscio, cio quando un individuo agisce lo fa inconsapevolmente. La prova
dell'inconscio Freud la trova nei sogni, nel lapsus verbale e nelle strane associazioni che si fanno
tra le nostre idee. Gli psicologi dispongono di molti strumenti per il loro lavoro, uno dei pi noti
dato dai "tempi di reazione", cio la misurazione dell'intervallo che intercorre tra uno stimolo e la
reazione ad esso. Per fare questo gli studiosi si sono serviti degli esperimenti dove uno stimolo
veniva manipolato in vari modi per misurare poi l'effetto che produceva in diverse situazioni. Lo
scopo degli esperimenti quello di verificare se la teoria che si ha su un determinato tipo di
risposta e corretta o meno (es. tra farmaco e placebo). Tuttavia trattare gli esseri umani come
oggetti a volte necessario ma non lo eticamente; infatti, alcuni esperimenti conducono a
stress le persone e allo stesso tempo devono essere ingannate. Nonostante tutto la
sperimentazione in psicologia continuer per due buoni motivi. La prima che l'oggetto di studio
enormemente interessante ( poco probabile che le persone smettano di chiedersi come fanno
a pensare, sentire, ecc.).la seconda ragione i risultati della ricerca interessano sia le relazioni
sociali, sia molti problemi della nostra vita privata. 1.2) Il termine "psicologia" deriva dall'antica
lingua greca in cui psych significava "spirito, anima" e logos significava "discorso o studio"; se
volessi una traduzione letterale quindi, la psicologia sarebbe lo studio dell'anima o dello spirito. Il
termine, assieme al suo significato, giunse quindi nella cultura latina e vi rimase immutato fino al
XVI secolo. "Psicologia" venne poi introdotta, nella forma latina "psichologia", attorno al 1520 ad
opera di un umanista e teologo tedesco, anche se, per la mancanza di testimonianze scritte che
ne riportino l'effettivo uso da parte di quest'ultimo, si pi propensi a credere che il primo ad
utilizzare e ad aver introdotto la forma latina della parola sia stato un discepolo dello stesso
studioso. Il significato del termine muta poi tra il XVI ed il XVII secolo, quando al suo significato di
studio dell'anima, si sostituisce il significato di "scienza della mente". Per la sua delicata materia
poi, il

significato di questo termine si tuttavia evoluto persino nel corso degli ultimi cento anni, in
quanto si adegua alle nuove prospettive ed alle metodologie della psicologia moderna. Un primo
accenno di psicologia, che ancora oggi oggetto di studio, venne dagli interrogativi che si posero
alcuni filosofi greci, come Platone ed Aristotele; tuttavia, queste incognite divennero un serio
oggetto di studio e di confronto solamente a partire dal Seicento, quando, alcuni filosofi
avanzarono riflessioni e proposte teoriche riguardo la mente umana. Per assistere alla nascita di
un vero e proprio interesse dottrinale nei confronti della psicologia per, si dovr attendere la fine
dell'Ottocento, quando cio vennero approfonditi ed integrati lo studio della fisiologia e della
filosofia. All'epoca, la prima scienza, la fisiologia, orientava i propri studi verso la comprensione
del funzionamento degli organi di senso, mentre la seconda, la filosofia, affrontava il grandi
dilemma del rapporto tra mente e corpo. Nacquero cos i primi tratti della psicologia sperimentale
che apparvero, nel 1860, in uno scritto del medico e filosofo tedesco Gustav Fechner. Se
Fechner fu il fondatore della psicologia sperimentale, la paternit della psicologia come disciplina
accademica fu di Wilhelm Wundt, il quale, grazie alla propria cultura e per mezzo dei propri
innumerevoli scritti, fu in grado di dare alla materia una base concettuale e di conferirle un
assetto organico. Secondo Wundt, la psicologia doveva avere come oggetto l'esperienza umana
immediata, contrapposta invece all'esperienza mediata, oggetto delle scienze fisiche. Per questo
motivo ed anche per la rigorosa metodologia adottata durante gli esperimenti del professore, la
psicologia si struttur come materia accademica nonch come scienza. 1.3) La neuropsicologia e
le neuroscienze cognitive La psicologia si occupa dei "giochi" della mente, studia le partite che
le persone giocano fra loro e le neuroscienze studiano i mezzi con cui giocare: un bastone pu
servire al battitore per colpire la palla che il lanciatore gli lancia in una partita di baseball, ma lo
stesso bastone pu servire a qualcun altro per rompere la faccia di un amico. (Luciano
Mecacci) Nell'ultimo decennio hanno acquisito una grande importanza le diverse neuroscienze.
Esse non sono parte della psicologia, ma fungono da ponte tra quest'ultima e le altre discipline
come la neurologia, la medicina, la biologia e la psichiatria. La neuropsicologia studia i processi
cognitivi e comportamentali, correlandoli con i meccanismi anatomo funzionali che ne permettono
il funzionamento. (Umilt, 1999) Si tratta di una scienza interdisciplinare, come tutte le
neuroscienze, le cui basi possono essere fatte risalire a Paul Broca. Gli obiettivi della
neuropsicologia sono l'indagine delle basi anatomiche dei processi mentali e cognitivi tramite lo
studio di sistemi cerebrali danneggiati, vale a dire di soggetti cerebrolesi a diversa eziologia. Le
neuroscienze cognitive hanno avuto un grande sviluppo a seguito dello sviluppo delle tecniche di
visualizzazione in vivo delle strutture cerebrali quali la TAC e la risonanza magnetica. Un'altra
prospettiva di indagine quella rappresentata dagli studi di "attivazione", tramite i quali, con le
tecniche SPECT, PET e fMRI, possibile studiare in soggetti normali e cerebrolesi i substrati
neurali a seguito dello svolgimento di determinati compiti comportamentali o cognitivi. La
psicofisiologia, al contrario della psicologia fisiologica, si occupa di individuare i cambiamenti
fisiologici secondari a determinate attivit cerebrali, comportamenti o processi
cognitivi. Anche se le tecniche in uso sono molteplici, la pi utilizzata senz'altro la registrazione
dei potenziali elettrici cerebrali dallo scalpo. Clinicamente queste tecniche sono
l'elettroencefalogramma e i potenziali evocati. La MEG consente invece di registrare i potenziali
magnetici cerebrali.

Sia la neuropsicologia che le tecniche di neuroimaging e le tecniche elettrofisiologiche possono


essere categorizzate come neuroscienze cognitive, cio la scienza che collega la psicologia con
le neuroscienze. 2) METODI DELLA RICERCA PSICOLOGICA 2.1) Fatti, teorie ed ipotesi.
Principi fondamentali del metodo sperimentale. Metodo sperimentale. Lidea fondamentale di
questa tipologia metodologica, diffusasi dopo il 1935, quella di modificare delle condizioni e
osservare i risultati ottenuti. Il comportamento che viene studiato definito "variabile dipendente",
mentre detta "variabile indipendente" quella utilizzata per modificarlo. Dal momento che, in
termini di comportamento, glindividui danno risposte molto diverse gli uni dagli altri, importante
utilizzare almeno 2 gruppi di soggetti, quanto pi numerosi possibile: un gruppo ("sperimentale")
verr sottoposto alla modificazione della condizione in esame, mentre laltro, che non subisce
cambiamenti, sar il "gruppo di controllo". Per quanto si detto, il fondamentale principio del
metodo sperimentale pu essere cos formulato: variare la (le) variabile (-i) indipendente (-i) per
osservare e valutare le modificazioni della (-e) variabile (-i) dipendente (-i). Per rendere possibile
ci, occorre altres poter isolare la variabile indipendente; quando poi il controllo delle variabili
parassitarie, che possono influenzare la variabile dipendente, diventa irrealizzabile o
eccessivamente costoso, si pu ricorrere ai cosiddetti "piani fattoriali" degli esperimenti: questi
piani permettono di valutare leffetto combinato di due o pi variabili (chiamate "fattori"), quando
sono usate simult
aneamente. Inoltre, le situazioni sperimentali predisposte (o prescelte) dal ricercatore si possono
ricondurre a 2 tipi fondamentali: a. di "laboratorio" prevedono, in genere, il supporto di una
strumentazione: 1. per la somministrazione degli stimoli che costituiscono la "variabile
indipendente"; 2. per la graduazione della loro intensit; 3. per la registrazione il pi possibile
fedele ed immediata dei dati di risposta. b. "di campo" prevedono lintervento del ricercatore e la
somministrazione degli stimoli in un ambiente fisicoculturale preesistente alla decisione di
eseguire la sperimentazione; tale ambiente presenta caratteristiche globali tali da non essere
modificate definitivamente dalla sperimentazione. 2.2) Gli studi di correlazione. Variabili
dipendenti e variabili indipendenti. Gli scienziati elaborano leggi e teorie per spiegare i fenomeni
che osservano. Per fare ci bisogna passare da affermazioni generiche sulle grandi categorie del
comportamento agli esempi specifici di tale comportamento. Il fenomeno da studiare pu essere
qualsiasi evento. Per studiare sperimentalmente tale evento dobbiamo eliminare parte della sua
complessit, cio dobbiamo prendere il fenomeno e trasformarlo in una o pi variabili.
VARIABILE qualche propriet di un evento reale che viene misurata. Le variabili sono attributi
dei fenomeni e pertanto appartengono alla realt. Le variabili variano. La riduzione del fenomeno
a variabili focalizza lattenzione dello sperimentatore su alcuni eventi specifici tra i molti che sono
legati al fenomeno

Poich le variabili appartengono alla realt, e la teoria un prodotto dellimmaginazione dello


scienziato, il collegamento tra variabili e teoria richiede degli assunti, che leghino la teoria alla
realt. Le variabili sono tangibili: ad esempio, durata, frequenza, intensit di azionamento di una
leva; risposte ad un questionario; numero di libri scritti; etc. I concetti teorici sono immateriali: ad
esempio, fame; motivazione; ansia; etc. Le variabili sono collegate ai concetti teorici per mezzo
delle definizioni operazionali usate per misurare i concetti. Esempio: la teoria dice che lansia
aumenta la motivazione ad affiliarsi. Per vagliare la teoria, devo prendere i concetti di ansia e
motivazione allaffiliazione e collegarli a variabili nella realt. Le due misure costituiscono le
variabili. La misura della correlazione tra le variabili permette di vagliare lipotesi: la presenza o
assenza di correlazione prova, rispettivamente, pro e contro la teoria che ha originato
lesperimento. (Y) DIPENDENTE INDIPENDENTE (X) quantitativa Qualitativa Continua
discontinua Uno degli scopi della scienza trovare relazioni sistematiche tra eventi della realt:
queste vanno cercate tra variabili indipendenti e dipendenti. Dipendente (y) Effetto Modificazione
della risposta: una misura del comportamento. Indipendente (x)Causa Modificazione dello
stimolo: manipolata dallo sperimentatore. Ogni VI ha almeno 2 valori (deve variare!), chiamati:
livelli: valori assunti dalla x NB: non sempre cos semplice distinguere tra VI e VD come causa
ed effetto (vedi violenza e televisione). Talvolta ci sono VI NON controllate dallo sperimentatore
(variabili del soggetto), come sesso, QI, status sociale, etc. Le variabili confuse variano con la VI
(vedi sesso e preferenza di colore). NON tutti i dettagli di una ricerca sono VI (se non
variano) TIPI DI VARIABILI!!!! Quantitativa Cambia di grandezza (es. tempo di reazione)
Continua Pu assumere qualsiasi valore in un insieme continuo ( quantitativa) (es. durata,
frequenza, intensit di azionamento di una leva) In linea di principio, la precisione della misura
illimitata. In pratica, la finezza della misura limitata dalla precisione dello strumento utilizzato.
Qualitativa Cambia di genere (es. girare a dx o sx) Discontinua Rientra in categorie distinte (es.
numero di manifestazioni sportive, di libri scritti, etc.) Dicot
omica se vi sono solo 2 categorie opposte.

quindi misurata spesso in modo discontinuo (vedi altezza, conoscenza di una materia, etc.).NB
La misurazione NON rende la variabile discontinua. 2.3) Osservazione libera ed osservazione
controllata: il setting sperimentale. 2.4) Gruppo sperimentale e gruppo di controllo. Cenni di
statistica descrittiva. STATISTICA DESCRITTIVA E INDUTTIVA. scopo della statistica descrittiva
di riassumere in grandezze numeriche le informazioni contenute nei valori misurati. Scopo della
statistica induttiva la soluzione del problema della generalizzazione. Cominciamo con un
esempio. Ammettiamo che si debba compiere un esperimento per stabilire se e in che misura il
rumore influisce su una determinata prestazione. Partendo dellipotesi secondo la quale esiste
una dipendenza tra le due variabili, da attendersi un peggioramento nei risultati di un test di
intelligenza condotto in condizioni di forte rumorosit. Allo scopo di verificare tale ipotesi vengono
formati due gruppi di soggetti , un gruppo sperimentale (GS) e un gruppo di controllo (GC). Se
lipotesi iniziale vera, c da attendersi che il gruppo sperimentale (svolgimento del compito in
condizioni di disturbo sonoro) ottenga in media risultati inferiori a quelli del gruppo di controllo
(compito svolto in condizioni normali). La conduzione dellesperimento porta per ognuno dei
gruppi (GS e GC) ad una serie di valori osservati formanti ciascuno una distribuzione empirica. Il
primo problema quello di rappresentare le distribuzioni in modo che le ipotesi da saggiare
mediante lesperimento possano venire verificate o falsificate. Per la rappresentazione di una
distribuzione campionaria sono fondamentali quattro entit statistiche descrittive: - valori di
tendenza centrale: la media di una serie di osservazioni informa circa la posizione della
distribuzione sulla scala dei dati. I valori di tendenza centrale comprendono la media aritmetica,
la mediana e la moda
o norma. - misure di dispersione o di variabilit: la dispersione di una distribuzione ci dice se essa
contiene solo limitate variazioni dei valori osservati intorno alla media (e tra loro) o se si tratta
invece di variazioni pi ampie. Quando i dati siano in prevalenza concentrati attorno al valore
medio, la dispersione minima; essa cresce con lallontanarsi dei valori osservarti della media.
Misure usuali di dispersione sono la varianza, la deviazione standard e la differenza interquartile.
- Forma della distribuzione: la distribuzione di una serie di osservazioni pu avvicinarsi pi o
meno ad alcuni modelli (teorici) di distribuzione quali la distribuzione normale, quella rinominale,
quella poisson. In psicologia viene spesso adottata la distribuzione normale o gaussiana, a forma
di campana. - Correlazione: per rapresentare la dipendenza reciproca tra le distribuzioni di due
diverse caratteristiche pu essere calcolato un coefficiente di correlazione. Nella ricerca
psicologica i metodi di correlazione rivestono unimportanza notevole; ci principalmente per il
fatto che numerose entit, criteri, ecc, di significato psicologico non sono attualmente
suscettibili di controllo, ossia di manipolazione sperimentale, ed misurabile solo la correlazione
reciproca di pi caratteristiche in una stessa persona. Nellesperimento pocanzi descritto
sullinflusso del rumore sui risultati di un test di intelligenza, il compito consiste nello stabilire se i
valori medi dei due gruppi, sperimentale e di controllo, mettano in mostra tra loro differenze
significative o se le differenze rilevate debbano essere considerate casuali. A tali questioni si pu
rispondere con laiuto dei metodi della statistica induttiva. Le misurazioni, a partire dalle quali
diviene possibile unasserzione scientifica qualsiasi, dovrebbero propriamente venir condotte su
tutti i soggetti (popolazione) per i quali lasserzione debba poi

valere. Poich per esperimenti di questo genere risultano per lo pi impossibili, si costretti in
genere ad operare partendo da piccoli campioni per giungere poi per generalizzazione a
conclusioni riguardanti lintera popolazione. 3) BASI BIOOGICHE DEL COMPORTAMENTO 3.1)
Cenni sullorganizzazione anatomo-fisiologica del sistema nervoso: dal neurone alle aree corticali
La struttura e la funzione dei neuroni I neuroni sono cellule eccitabili specializzate nella ricezione
di stimoli e nella conduzione degli impulsi provenienti dai nervi e servono a trasmettere
informazioni ad altre parti del corpo. Il sistema nervoso si suddivide in due parti principali: il
sistema nervoso centrale e il sistema nervoso periferico. Il primo costituito dal cervello e dal
midollo spinale (possiamo pensare al midollo spinale come un'estensione del cervello), il
secondo invece composto dai nervi craniali, che fuoriescono dalle cellule neurali, e dai nervi
spinali che si propagano dal midollo spinale. Sebbene i neuroni possano essere di varie
grandezze e tipologie, come altre cellule, essi hanno una dimensione una funzione ben
caratteristica, ovvero quella di trasportare stimoli ed impulsi. Mentre una delle differenze principali
tra i neuroni e le altre cellule che i primi non si possono dividere e formare nuove cellule: ci
impedisce che la struttura equilibrata del sistema nervoso venga distrutta dalla creazione di nuovi
circuiti, ma significa anche che se un nervo viene danneggiato, questo non pu essere sostituito
in alcun modo. Ciascun neurone ha un corpo cellulare coperto da centinaia di brevie ramificate
estensioni, chiamate dendriti, che ricevono informazioni da altri neuroni, e una lunga estensione,
chiamata assone (o neurite), che trasmette il messaggio ricevuto ad un altro neurone o verso le
cellule di destinazione (ad es. le fibre muscolari) per mezzo di un singolo impulso (vedi la figura
Struttura di un neurone). Ci sono due tipi di neuroni: mielinico e non mielinico. La mielina un
a guaina protettiva di materiale bianco isolante che circonda alcuni assoni. Le fibre degli assoni
isolate dalla mielina possono trasmettere messaggi elettrici a una velocit di 90 metri al
secondo,mentre le fibre senza mielina possono solo inviare messaggi a una velocit di uno o due
metri al secondo. Leggendo articoli sulla lesione midollare vi potr capitare di leggere espressioni
del tipomateria bianca o materia grigia; la materia bianca contiene principalmente assoni
mielinici mentre la materia grigia contiene corpi cellulari nervosi e assoni non mielinici. Le parti
del sistema nervoso Il sistema nervoso diviso in due parti: il sistema nervoso centrale e il
sistema nervoso periferico . Il sistema nervoso negli animali. il sistema anatomico che svolge la
funzione di percepire stimoli e di trasmetterli a varie parti del corpo perch ad essi venga
risposto; pur essendo una propriet generale delle cellule, negli animali particolarmente
sviluppata e su di essa fondato tutto landamento evolutivo dei metazoi. A tale fine il sistema
Nervoso si venuto realizzando e perfezionando affinch le informazioni provenienti dallesterno
vengano integrate e correlate fra loro ed infine i messaggi risultanti vengano trasmessi ad un
appropriato apparato effettore, che pu essere costituito dallapparato muscolare o da quello
ghiandolare. Gli elementi strutturali del sistema Nervoso sono i neuroni ed il tessuto nervoso.
(M.La Greca, 2005) Il sistema nervoso centrale formato dal cervello e dal midollo spinale. Il
sistema nervoso nell'uomo: anatomia e fisiologia Il sistema Nervoso (SN) umano diviso in due
settori aventi diverso significato anatomofunzionale: Il sistema Nervoso centrale (SNC) e il
sistema Nervoso periferico (SNP). Il

SNC composto dallencefalo cervello, cervelletto, tronco dellencefalo (ponte e bulbo o midollo
allungato) e midollo spinale. Caratteristica del SNC umano lo sviluppo e lalto grado di specializ
zazione della corteccia (cervello) che deputata ad analizzare gli impulsi sensoriali e viscerali,
integrare le informazioni trasformandole in risposte muscolari e ghiandolari efficienti. sede
inoltre delle attivit superiori: memoria, ragionamento, apprendimento. Il cervelletto la struttura
nervosa deputata a rendere armonici i movimenti, a coordinarli e ad adeguare ad essi la postura
generale dellorganismo. Il tronco cerebrale controlla fondamentali attivit vitali, come il respiro, il
ritmo sonno-veglia e importanti aspetti dellomeostasi dellorganismo. Il midollo spinale il centro
di smistamento per gli impulsi da e per la periferia, dal collo in gi e sede di integrazione di atti
riflessi (arco). Il SNC avvolto per intero da una membrana tristratificata costituita dalle tre
meningi (pia madre, aracnoide, dura madre, dallinterno allesterno), di significato protettivo. Tra
aracnoide e dura madre, cos come allinterno del canale midollare e nei ventricoli cerebrali
contenuto il liquor o liquido cefalo-rachidiano (Liquor cerebro-spin ale). Il SNP consta di 12 paia di
nervi cranici e di 31 paia di nervi spinali. Tutti i nervi cranici (eccetto uno: il nervo vago, che
innerva numerosi organi viscerali) intervengono nelle attivit motorie e sensoriali del capo e del
collo . I nervi spinali svolgono le stesse funzioni per lorganismo dal collo in gi . Il sistema
Nervoso nel suo complesso si compone di due grossi sottoinsiemi: Il sistema Nervoso somatico
che,controllato dalla corteccia, presiede a tutte le attivit volontarie; e il sistema Nervoso
autonomo o vegetativo, distinto a sua volta in Sistema Simpatico e Parasimpatico, che controlla
le attivit vitali involontarie: cuore, ghiandole, muscoli lisci del tratto digerente e dellapparato
respiratorio,escretorio e riproduttivo. Simpatico e parasimpatico agiscono sugli stessi organi, in
genere con azione antagonista (p. e.: il simpatico aumenta la frequenza cardiaca, mentre il
parasimpatico la diminuisce). 3.2) Sistema nervoso periferico, centrale ed autonomo Il Sistema
Nervoso Autonomo L'"interno" (i "visceri") del nostro corpo, come il cuore, lo stomaco e l'intestino,
regolato da una parte del Sistema Nervoso chiamato Sistema Nervoso Autonomo (SNA). Il
SNA appartiene, in parte, al Sistema Nervoso Periferico e controlla molti organi e muscoli del
nostro corpo. Non siamo quasi mai coscienti dell'attivit del SNA, in quanto esso funziona in
modo involontario e riflesso. Ad esempio, non ci accorgiamo quando i nostri vasi ematici
cambiano di diametro o quando il nostro cuore batte pi in fretta. Ci nonostante, alcune persone
possono allenarsi a controllare alcune delle funzioni del SNA, come la frequenza cardiaca o la
pressione del sangue nelle arterie. L'attivit del SNA particolarmente importante in almeno due
situazioni: - le situazioni di emergenza che causano stress e che ci richiedono: di"attaccare" o
"fuggire" e le situazioni di calma che ci consentono di "riposare" e "digerire Il SNA regola: - I
muscoli lisci: della pelle (intorno ai bulbi piliferi), dei vasi ematici, dell'occhio (pupilla), dello
stomaco, dell'intestino e della vescica. - Il cuore - Le ghiandole Il SNA suddiviso in tre parti:
Sistema Nervoso Simpatico Sistema nervoso parasimpatico Sistema nervoso metasimpatico Il
Sistema Nervoso Simpatico E' una bella giornata di sole e stai facendo una piacevole
passeggiata nel bosco. Improvvisamente un orso affamato ti compare davanti. Ti fermi e lo
attacchi oppure ti volti e scappi via? In entrambi i casi, si

tratta di una situazione di "attacco o fuga", in cui il Sistema Nervoso Simpatico si mette inazione
attivando le risorse energetiche, aumentando la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca e
rallentando i processi digestivi. Com mostrato nella figura a sinistra, il Simpatico nasce nel
midollo spinale. Qui, i corpi cellulari del primo neurone (il neurone pregangliare) sono localizzati
nei tratti to
racico e lombare. Gli assoni che originano da questi neuroni si portano ad una catena di gangli
situata ai due lati della colonna vertebrale (la catena gangliare latero-vertebrale). Nella catena
gangliare, la maggior parte dei neuroni contrae sinapsi con un altro neurone (il neurone postgangliare). Alcune fibre pregangliarisi portano ad altri gangli, al di fuori della catena simpatica, e
vi contraggono sinapsi. Il neurone post-gangliare proietta quindi al "bersaglio": un muscolo (liscio
o cardiaco) o una ghiandola. Ancora due informazioni sul Sistema Nevoso Simpatico: il
neurotrasmettitore della sinapsi gangliare l'acetilcolina, mentre quello della sinapsi postgangliare la noradrenalina. (Naturalmente, c' anche un'eccezione: il neurone simpatico postgangliare che termina sulle ghiadole sudoripare usa acetilcolina) Il Sistema nervoso
Metasimpatico Controlla il tratto intestinale, compreso il pancreas e la cistifellea, tramite i
motoneuroni enterici che vanno ad agire sulla muscolatura liscia, i vasi sanguigni e l'attivit
secretoria. Il SNA metasimpatico si divide in: plesso mienterico (di Auerbach), presente nella
tonaca muscolare; plesso sottomucoso (di Meissner), nella tonaca sottomucosa. Il sistema
Nervoso Parasimpatico Il parasimpatico dato da quella parte del sistema nervoso autonomo
che provvede a funzioni viscero-sensitive e somato-sensitive, oltre a broncocostrizione,
vasodilatazione, peristalsi della muscolatura gastroenterica, eccitosecrezione di ghiandole
salivari, lacrimali nonch ghiandole extramurarie annesse al tubo digerente ( pancreas e fegato);
interviene nell'innervazione del muscolo detrusore della vescica, la cui contrazione,
accompagnata dal rilassamento del muscolo sfintere liscio della vescica, porta alla minzione. Le
fibre parasimpatiche decorrono in molti nervi cranici quali: nervo oculomotore, nervo facciale,
nervo glossofaringeo, nervo vago. Quest'ultimo (uno dei nervi pi lunghi) concorre
all'innervazione viscerale di tu
tto il tratto digerente fino al colon discendente, del cuore e dei polmoni, nonch della regione
faringo-laringea. Le fibre parasimpatiche per l'innervazione della porzione terminale del tubo
digerente e delle porzioni caudali dell'apparato urinario originano dai nervi S2, S3, S4 ed S5 (pi
precisamente dal nucleo autonomo del parasimpatico Sacrale). Sistema nervoso periferico Il
sistema nervoso periferico il termine usato per descrivere tutti i nervi che si trovano allesterno
del sistema nervoso centrale (SNC). Esso trasporta linformazione sensoriale da tutto il corpo al
SNC, e porta i comandi dal SNC di nuovo ai muscoli, agli organi e alle ghiandole. I nervi che
raccolgono linformazione dal SNC sono chiamati nervi efferenti o motori. I nervi periferici sono
connessi al SNC in coppia, emergendo tra le vertebre come nervi spinali. Ogni nervo spinale
contiene un sensore ed un nervo motore (vedi la figura I percorsi sensoriali del midollo
spinale).Ci sono 31 coppie di nervi spinali connessi al midollo spinale. Inoltre, ci sono 12 coppie
di nervi cranici che connettono il tronco dell'encefalo e altre regioni del cervello. I nervi spinali che
entrano ed escono dal midollo spinale sono numerati come le vertebre che vi passano attraverso.
Il sistema nervoso periferico diviso in base alla funzione del sistema nervoso somatico (o
volontario) ed il sistema nervoso autonomo. Da ricordare che il SNC coordina e controlla questi
due sistemi.

Il sistema somatico controlla tutte le nostre attivit volontarie e consce, le quali principalmente
comportano movimenti (cammino, corsa, ecc). Il sistema autonomo controlla invece tutte le
funzioni del corpo che normalmente non sono sotto un controllo conscio, come il battito cardiaco,
la respirazione, la digestione e cos via, anche mentre siamo addormentati. questo sistema
composto fondamentalmente da due cordoni che corrono paralleli alla colonna vertebrale,
collegati tramite una fitta rete di nervi con tutti gli organi del nostro corpo 3.3) Organizzazione
modulare del cervello Lemisfero destro Oggi abbiamo una miglior conoscenza delle specificit
dei nostri due emisferi cerebrali. Le indagini hanno rivelato in sostanza che lemisfero destro pi
portato per le abilit spaziali e per i compiti sintetici, globalizzanti e ideativi, compresa la musica,
mentre il sinistro superiore nei compiti verbali, analitici e sequenziali. Lemisfero destro molto
superiore a quello sinistro nellesecuzione di compiti che richiedano una certe capacit di vedere
gli oggetti nello spazio, come nel combinare tra di loro le parti meccaniche di un congegno o
semplicemente nel disegnare oggetti in tre dimensioni. I disegni di questo tipo eseguiti con il solo
ausilio dellemisfero sinistro appaiono puerili e rudimentali rispetto a quelli fatti con luso
dellemisfero destro. Lemisfero destro ha anche una piena capacit di riconoscere immagini che
abbiano una valenza emotiva e di estrinsecare unemozione. Boncinelli Edoardo, Il cervello, la
mente e lanima, Mondadori, pag. 270 Perch due emisferi? Secondo Jerre Levy: Due emisferi
assolutamente identici per funzione, sarebbero stati una pura ridondanza. Non possiamo certo
permetterci una tale ridondanza se dobbiamo vivere delle nostre facolt mentali. Levoluzione
costru dunque due programmi neurali separati, luno accanto allaltro. La met sinistra del
cervello sintonizzata al tempo (logica sequenziale, conteggio ecc. sono organizzati
temporalmente), la met destra allo spazio. Per ciascuno dei due sessi, ciascun emisfero pu
specializzarsi in una diversa abilit. I maschi eccellono nella visualizzazione spaziale
tridimensionale. Lemisfero destro femminile pu essere meno specializzato per le relazioni
spaziali e al tempo stesso molto specializzato per la comprensione del significato
dellespressione facciale, utile per anticipare i bisogni di un neonato che non sa ancora
parlare. Scrive Eran Zaidel: Lemisfero sinistro costruttivo, algoritmico, graduale e logico. Esso
trae beneficio da unesemplificazione limitata e da un procedimento per tentativi; in grado di
imparare applicando le regole. Lemisfero destro, invece, non sembra imparare per esposizione a
regole e a esempi. Esso ha bisogno di essere esposto a strutture ricche e associative, che tende
ad afferrare come totalit. Fa parte del carattere elusivo dellemisfero destro il fatto che noi
troviamo pi facile dire ci che non , piuttosto che ci che . Hooper J. Teresi D., Luniverso
della mente, Bompiani pag. 274 Lemisfero destro incapace di distinguere il nome dalla cosa
designata Lemisfero destro simbolico o affettivo, ed probabilmente incapace di distinguere il
nome dalla cosa designata: certo esso non si occupa di questo genere di distinzioni.

Accade quindi che certi tipi di comportamento non razionale siano necessariamente presenti
nella vita delluomo. E un fatto che questi due emisferi operino in modo un po diverso luno
dallaltro, e non possiamo sfuggire alle complicazioni che questa differenza comporta. Con
lemisfero sinistro dominante, ad esempio, possiamo considerare con distacco una bandiera
come una sorta di nome del paese o dellorganizzazione che essa rappresenta. Ma lemisfero
destro non fa questa distinzione, e considera la bandiera sacramentalmente identica a ci che
essa rappresenta. Bateson G. MENTE E NATURA, Adelphi, pag. 48 Uneccessiva
semplificazione del problema forte la tentazione di rappresentare lemisfero sinistro, logico e
razionale, come una sorta di Io e lemisfero destro come un Es. In alcuni ambienti lemisfero
destro trattato come un nobile selvaggio rousseauiano, traboccante di energia creativa allo
stato rozzo, mentre il cervello sinistro, col suo dono della parlantina, il cervello dellIo. C stata
uneccessiva semplificazi
one del problema. Le persone con un cervello normale hanno due flussi di coscienza paralleli
nella loro testa, ma i due si parlano lun laltro. Ma quanto spesso e attraverso quali canali? Non
sappiamo niente in proposito. Hooper J. Teresi D., Luniverso della mente, Bompiani pag. 272
La funzione narrativa Lemisfero sinistro contiene una funzione narrativa e razionalizzante - un
interprete - capace in ogni circostanza di dare un senso unitario alle percezioni e inserirle in un
racconto del presente, che si dipani con continuit. In questo suo sforzo di interpretazione e di
razionalizzazione, lemisfero sinistro costretto a volte a improvvisare e a produrre false
ricostruzioni, inventandosi di sana pianta un passato immediato fittizio, se non addirittura falsi
ricordi. Tutto ci estraneo allemisfero destro, molto pi veridico e aderente ai significati letterali.
Boncinelli Edoardo, Il cervello, la mente e lanima, Mondadori, pag. 270 Tocca al sinistro
narratizzare, elaborare nel linguaggio interiore il racconto di cosa siete e di cosa state facendo in
questo momento. Torneremo pi avanti a illustrare questo concetto fondamentale del narrare il
presente a se stessi. Destro. Gli effetti delle lesioni cerebrali su persone bilingui Gli effetti delle
lesioni cerebrali su persone bilingui o poliglotte variano a seconda del singolo caso, della singola
storia. Solo di recente stato messo un po dordine nello studio del cervello bilingue (Albert e
Obler) rivedendo sia tutta la casistica dellafasia (disturbo del linguaggio) nei poliglotti sia gli
esperimenti su soggetti normali. Un dato rilevante che una lesione dellemisfero destro produce
disturbi del linguaggio solo nell1-2% dei monolingui, ma ben nel 10% dei bilingui. Lemisfero
destro risulta quindi importante, un ausilio fondamentale per lacquisizione e lespressione di una
nuova lingua. Anzi sembra che esso possa essere dominante per una lingua, mentre il sinistro lo
per unaltra. Esemplificativo il caso di un uomo daffari tedesco che parlava, oltre alla lingua
materna, il francese, linglese, lo spagnolo e il russo. A quarantanni rimase ferito allemisfero
sinistro e manifest disturbi nel linguaggio. Con sorpresa, per, la prima lingua che riacquist fu
linglese, una lingua che non parlava da ventanni, e solo dopo ricominci a usare lo spagnolo e il
tedesco; a quel punto linglese divenne pi povero della lingua materna. Altri individui invece
recuperano prima la vecchia lingua materna, anche se da tempo non la usavano pi. Nel cervello
dei poliglotti lintreccio dei circuiti sicuramente molto complesso. Roman Jakobson, uno dei
maggiori linguisti contemporanei, ha ricordato come dopo un incidente dauto senza alcuna
necessit e in modo automatico traducesse simultaneamente in quattro e cinque lingue tutto
quello che pensava. I circuiti di quel cervello, profondo conoscitore di molte lingue, dovevano
essere impazziti. Mecacci L., Identikit del cervello, Laterza, pag. 33

I due emisferi trasferiscono il lavoro della percezione come due staffettisti che si passano il
testimone Secondo diverse teorie sul funzionamento del cervello, alla base dellunit della
percezione e dellazione vi un processo cooperativo globale. La maggior parte degli
psicofisiologi conviene che esiste necessariamente una coordinazione diffusa, quale che sia la
sua forma. Jack Pettigrew esprime questo parere sulla base di alcune ricerche sulla rivalit
binoculare. Quando si domanda di guardare due immagini diverse contemporaneamente, una per
occhio, i soggetti riferiscono di vedere luna o laltra, ma non entrambe, con le immagini percepite
che si alternano sporadicamente. In precedenza, gli studiosi ne avevano concluso che il talamo
seleziona la corteccia visiva da attivare, ma Pettigrew ha mostrato che tutto lemisfero, da una
parte come dallaltra, coinvolto globalm
ente in ogni avvicendamento, come se i due emisferi trasferissero il lavoro della percezione
dalluno allaltro come due staffettisti che si passano il testimone. Freeman W., Come funziona il
cervello, Einaudi, pag. 137 Il cervello ha unorganizzazione modulare, parallela sciocco
discutere se il cervello sia seriale o parallelo perch ovvio che il sistema devessere seriale
sotto certi aspetti e parallelo sotto altri. Si pensi a un computer. Se si perde un bit si pu perdere
tutto. Ma io posso mostrarvi persone che hanno perso estese regioni del loro cervello, eppure
sono capaci di leggere il Times. Se il cervello fosse organizzato come un sistema seriale
generale, una lesione, in qualsiasi regione, avrebbe effetti devastanti. Hooper J. Teresi D.,
Luniverso della mente, Bompiani pag.
281 4) RAPPORTO MENTE E CERVELLO 4.1) Frenologisti e Antilocalizzazionisti. La psicologia,
quarta disciplina importante per determinare le relazioni tra cervello e comportamento, anche la
pi antica. Nel mondo occidentale le concezioni relative alla mente e all'anima ci sono derivate
dall'antichit; nonostante ci lo studio del comportamento e cio delle manifestazioni esterne
delle attivit mentali nel mondo fisico, non fu affrontato su base scientifica fino al diciannovesimo
secolo, quando l'opera di Charles Darwin, sull'evoluzione del comportamento, permise alla
psicologia di svilupparsi come disciplina indipendente dalla filosofia e di divenire una scienza
sperimentale. La convergenza dell'anatomia, della fisiologia e della scienza del comportamento
ebbe inizio con l'opera dei frenologi, capeggiati da un medico e neuroanatomico viennese, Franz
Josephf Gall ebbe, all'inizio del diciannovesimo secolo, l'intuizione che le funzioni mentali sono
opera del cervello. Egli afferm che il cervello non un organo unitario ma l'insieme di non meno
di 27 diverse aree o centri (altri ne vennero aggiunti in seguito) a ciascuno dei quali corrispo
nde una funzione mentale specifica. Gall pensava che perfino le funzioni pi complesse e astratte
come l'amor materno, la generosit o la riservatezza fossero localizzate separatamente in aree
circoscritte della corteccia cerebrale. Gall e i frenologi pensavano anche che i centri deputati a
ciascuna funzione mentale potessero svilupparsi ed aumentare di dimensioni con l'uso, come
accade per i muscoli in seguito all'esercizio. Quando un centro si espandeva determinava il
formarsi di particolari protuberanze sulla superficie cranica e si riteneva che la localizzazione di
questi bernoccoli riflettesse lo sviluppo di zone particolari del cervello sottostante (Fig. 1-1).
Mettendo in relazione la personalit individuale con le protuberanze della superficie cranica, Gall
cerc di sviluppare una nuova scienza obiettiva atta a descrivere il carattere sulla base
dell'anatomia cerebrale, la c. detta personologia anatomica. Questa concezione estremizzante
e fantasiosa rappresent un facile bersaglio per Pierre Flourens, un neurologo francese del
diciannovesimo secolo. Con l'ablazione di diverse aree cerebrali negli

animali da esperimento Flourens cerc di stabilire il contributo specifico delle singole parti del
sistema nervoso nel determinare il comportamento. Flourens concluse che non esiste una
localizzazione particolare per le funzioni mentali, ma che il cervello, e specialmente la corteccia
cerebrale, agisce in maniera unitaria per determinare ogni funzione cerebrale. Egli propose
perci che qualsiasi parte della corteccia cerebrale in grado di eseguire ognuna delle funzioni
corticali. Una lesione limitata ad una singola area corticale doveva perci influire in ugual misura
su tutte le funzioni superiori. La rapida e quasi generale acceteme dei frenologi sulle
localizzazioni cerebrali. AIla fine del diciannovesimo secolo il neurologo britannico J. Hughlings
Jackson si oppose all'ipotesi dei campi cerebrali associati proposta da Flourens. Gli studi clinici di
Jackson sull'epilessia focale, forma morbosa nella quale le convulsioni hanno inizio in una parte
determinata del corpo, dimostravano che singole attivit motrici e sensitive potevano venir
localizzate in parti diverse del cervello. Questi studi furono in seguito elaborati sistematicamente
dal neurologo tedesco Carl Wernicke e da Cajal in un'ipotesi alternativa del funzionamento
cerebrale detta connessionismo cellulare. Secondo questa teoria, i neuroni sono le unit
responsabili dei messaggi del sistema nervoso e sono connessi l'un l'altro in maniera precisa.
Wernicke dimostr che le manifestazioni del comportamento sono mediate da regioni cerebrali
specifiche attraverso vie ben localizzabili che mettono in rapporto strutture sensitive con strutture
motrici. 4.2) Dalla teoria della Dominanza Emisferica alla teoria della Specializzazione Emisferica
Lipotesi di unasimmetria funzionale degli emisferi cerebrali fu per prima suffragata da Broca che
nel 1861 identific larea della parola nellemisfero sinistro. In quel periodo il tema del doppio
venne assimilato nella cultura generale e Stevenson nel 1886 scrisse Dr. Jekyll and Mr Hyde, che
sottolineava la duplice essenza, una primitiva laltra educata, insita in ogni individuo dovuta
alla differente specializzazione degli emisferi. Oggi il concetto di dominanza emisferica sinistra
stato superato, mentre noto che i due emisferi hanno funzioni differenti e strettamente integrate.
Lemisfero destro avrebbe importanza nellelaborazione delle informazioni socio-emozionali,
infatti esso maggiormente connesso con le strutture del sistema limbico e controlla
bilateralmente il sistema nervoso simpatico. Lemisfero destro svolge tutte le funzioni relative alla
perce
zione ed allestrinsecazione delle emozioni attraverso i gesti e le parole: espressioni emotive del
viso, prosodia che regola tono, altezza, timbro, intensit della voce, abilit musicale. Esso
possiede maggior abilit nei compiti visuo-spaziali, nellorientare il corpo nello spazio e
nellelaborazione delle sensazioni somatosensoriali per la costruzione dellimmagine corporea.
Lemisfero sinistro invece assolve funzioni relative al linguaggio, in particolare nelluso della
semantica, della grammatica, nel ragionamento analitico, nella risoluzione di problemi, nella
capacit interpretative. Inoltre comanda i fini movimenti delle mani, delle dita e delle braccia e dei
muscoli della cavit orale che sono utili ad articolare la parola. La teoria dellinterprete Numerosi
esperimenti effettuati su pazienti split brain hanno mostrato che tra le funzioni dellemisfero
sinistro vi quella dellinterpretazione. Lessere umano elabora i dati di realt e giunge comunque
ad una spiegazione razionale, sfiorando anche lillusione della logica allorch la realt non
facilmente deducibile. Un famoso esperimento quello della zampa di gallina eseguito con una
paziente che aveva subito un intervento chirurgico che aveva comportato la separazione

anatomica degli emisferi. Allemisfero sinistro stata presentata rapidamente limmagine di una
zampa di gallina e contemporaneamente a quello destro quella di una nevicata. Poi i ricercatori
hanno mostrano alcune illustrazioni, separatamente per ogni occhio, chiedendo di indicare la
figura che avesse attinenza con limmagine vista dallo stesso lato. La paziente con il dito indice
mostra una gallina ed una pala per la neve. Alla richiesta della motivazione verbale della sua
scelta la paziente esclama: Ah, facile. La zampa di gallina v con la gallina e ci vuole una pala
per pulire il pollaio. (Gazzaniga) Lemisfero sinistro, isolato dalle informazioni provenienti dal
gemello controlatera
le, ha costruito una teoria sulle azioni del corpo, motivando la scelta adeguata messa appunto dal
muto emisfero destro. Lemisfero sinistro sembra dunque aderire ad una necessit delluomo:
dare una spiegazione a tutto. La razionalizzazione, linterpretazione consentono di vivere con una
sensazione di coerenza interna che si rivela indispensabile ed alla base dei sistemi di credenza
individuale. Anche Wilfred R. Bion riconosce questa tendenza, utile alluomo comune,
possibilmente dannosa per uno psicoanalista. Egli crede che questultimo debba avere una
capacit negativa di pensare, che consisterebbe nel non lasciarsi tentare subito
allinterpretazione, poich pi facilmente questa pu essere fuorviante. Lanalista deve avere la
capacit di sostare nellincertezza. La voglia di spiegazione ed il conseguente ordine logico
eliminano il disagio psichico e permettono di provare un sentimento di sollievo, ma possono
essere lontano dalla verit e per questo sono pericolosi per lanalista. Bion evidenzia come la
ricerca di spiegazioni nellanalista aumenti ad opera della pressione esercitata dal paziente. La
capacit negativa il presupposto perch, grazie al meccanismo di oscillazione tra PS D (PS:
polo della confusione caotica, del vuoto schizoparanoide, D: Polo della sicurezza), egli permetta
lemergere spontaneo di una configurazione dotata di senso, linterpretazione. Questa non
lelaborazione di un pensiero, ma la trasformazione di unemozione che si pu vivere nellinsight.
Linsight precede latto interpretativo. Il paziente invece pu trovare rifugio nelle sue spiegazioni
della realt, proteggendosi dalla verit e dai sentimenti dolorosi che questa potrebbe portare. In
termini bioniani le bugie sono pensieri che occupano il posto della non cosa, laddove si poteva
sviluppare il pensiero vero. Tali pensieribugia possono portare a comunicazioni K, che
impediscono la conoscenza di K e allontatazione di questa credenza (chiamata in seguito teoria
dei campi cerebrali associati) era basata solo in parte sul lavoro sperimentale di Flourens. Essa
rappresentava anche una reazione filosofica contro le ipotesi estrnano dalla verit. In fondo
queste asserzioni sono espressioni di resistenza (Bion 1970). Tornando alla funzione
dellemisfero destro. Lemisfero destro partecipa in maniera primaria allelaborazione delle
emozioni, della percezione del contesto nel quale essi si producono. Riveste un ruolo preminente
nelle relazioni sociali e sentimentali. Mentre da tempo nota la dominanza dellemisfero sinistro
per il linguaggio, stata pi recentemente riconosciuto il ruolo del destro per la pragmatica,
dunque per luso dellenunciato, per il significato della frase nel contesto in cui emessa, per
lintenzione del parlante. Secondo Chiron lemisfero destro matura prima del sinistro, nei primi tre
mesi le espressioni vocali sono sotto linfluenza delle strutture sottocorticali del sistema limbico.
Ma dai 3-4 mesi la corteccia orbito-frontale, soprattutto a destra, inizia a maturare ottenendo un
controllo sul sistema limbico. Le prime vocalizzazioni sono collegati a specifici stati emotivi, che
sono elaborati ed efficientemente soddisfatte dalla madre. Il bambino proceder al suo sviluppo
emotivo, grazie allintroiettata capacit di contenere di origine materna. Egli potr cos utilizzare la
sua prima forma di comunicazione, lidentificazione proiettiva, in modo consono alla relazione,
ossia tenendo conto dellaltro. Antonio Damasio in Lerrore di Cartesio espone interessanti casi
clinici di pazienti con lesioni

prefrontali dellemisfero destro che pur non riportando danni cognitivi evidenti dimostravano una
personalit diversa ed un deficit della capacit decisionale, combinato con una piattezza di
emozioni e sentimenti. Secondo Damasio luomo attraverso le funzioni dellemisfero destro ha la
capacit di memorizzare determinate immagini di contesti o situazioni personali, tramite le
sensazioni corporee provate. Tale meccanismo importante nel processo decisionale perch
limita le alternative su cui applicare il ragionamento. Al
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linizio la sopravvivenza dellindividuo legata a disposizione innate, conservate nella memoria
limbica. Durante lo sviluppo, la mente categorizza i fenomeni e le situazioni, cos ch
successivamente la corteccia prefrontale pu sostituire alle risposte automatiche un processo
decisionale basato sullesperienza pregressa. Damasio afferma che la trasformazione delle
sensazioni somatiche in immagini fa parte della prima funzione del s, il proto-s, che opera a
livello strettamente corporeo e marchia le sensazioni come nostre. In Bion gli avvenimenti emotivi
producono pensieri, che egli chiama elementi alfa, lunione dei quali da origine a catene di senso
pi lunghe dette miti e sogni. 4.3) Mancinismo, destrinismo, ambidestrismo e rapporti con
lorganizzazione cognitiva DOMINANZA DELLA LATERALIT Fin dal 1865 si sa che il
mancinismo e il destrismo, non sono di origine sociale ma cerebrale, ci dovuto alla
specializzazione degli emisferi cerebrali, al predominio di uno sull'altro. Il destrismo risponde al
predominio dell'emisfero sinistro, il mancinismo risponde al predominio dell'emisfero destro. Il
destrismo e il mancinismo non si limitano soltanto alla preferenza di una mano sull'altra, ma
anche alla preferenza degli occhi e dei piedi, che insieme determinano la formula della lateralit
(occhio - mano - piede). La lateralit non completamente di origine ereditaria e le esperienze
fatte sui mancini lo spiegano. In due gemelli identici (provengono dal medesimo ovulo fecondato
e da un medesimo spermatozoo, hanno quindi lo stesso patrimonio genetico) capita di trovare un
mancino e un maldestro. Nelle famiglie in cui ambedue i genitori sono mancini, si conta il 46% di
bambini mancini, nelle famiglie in cui uno dei genitori mancino e l'altro mandestro, si conta il
12% di bambini mancini; nelle famiglie in cui entrambi i genitori sono mandestri si conta solo il
3,9% di bambini mancini. (Chamberlain 1935). Questa ricerca stabilisce in modo in
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contestabile che l'eredit ha una parte importante nella determinazione del mancinismo e del
destrismo, essa non la sola in assoluto. 1) L'adattamento senso - motorio per la lettura e la
scrittura, esige un preciso coordinamento dell'occhio e della mano; qualora vi fosse discordanza
fra i due, chiamato predominio incrociato (crossed dominance), nasce immediato il problema
della difficolt verso gli apprendimenti di base. 2) L'apprendimento della scrittura: una direzione
grafica da sinistra verso destra e la rotazione degli anelli delle lettere nel senso sinistrogiro,
particolarit quasi spontanea nei destrimani ma non certamente nei mancini che
spontaneamente, seguono la direzione destra - sinistra nell'atto grafico e il senso della rotazione
degli anelli destrogiro. I mancini devono abituarsi a questa particolarit di direzione e rotazione
perch altrimenti andrebbe a carico delle future capacit di espressione grafica. Il mancinismo
continua ad essere purtroppo, il problema pi importante posto dalla lateralit, per quel retaggio
popolare di considerare la mano sinistra non buona ed inferiore alla destra; i mancini quindi
continuano ad essere contrariati a casa e a scuola. Il mancinismo non porta difetti dell'intelligenza
e della motricit, difetti che altres troviamo nel raddrizzamento del mancinismo (mancinismo
contrariato). Assodato che la lateralit dovuta alla specializzazione di un emisfero rispetto
all'altro, quando noi forziamo per esempio un mancino, a scrivere con la mano destra, lo
costringiamo ad operare una mano che non ha un adeguato controllo a livello corticale.

Nascono quindi immediatamente dei problemi rispetto agli apprendimenti scolastici (cattiva
scrittura, goffaggine), disturbi che limitano notevolmente il suo sviluppo psicomotorio. Il
raddrizzamento del mancino porta molto sovente a disturbi del linguaggio, balbuzie, tics, i motivi
potrebbero essere i seguenti: - transfert delle funzioni direttive da un emisfero ad un altro. conflitto tra due emisferi cerebrali in un soggetto che, privato del suo predominio normale, non
sar mai un mancino, n un mandestro ma un ambidestro instabile. - turbamenti affettivi dovuti
non al transfert, ma ai metodi adoperato per ottenerli. I turbamenti del linguaggio mostrano come
sia stretto il rapporto del linguaggio stesso con la motricit, con l'orientamento dello spazio e le
funzioni simboliche. L'educazione di tutto il corpo dovrebbe portare al rafforzamento della
lateralit destra o sinistra appunto per il legame che esiste tra i diversi aspetti dell'ed.
psicomotoria, e nel suo caso specifico, tra la lateralit. L'equilibrio, l'organizzazione dello spazio.
bene quindi conoscere la lateralit di un bambino, nel caso che questi sia mancino, non
contrariarlo, ma anzi, dare precocemente tutte quelle situazioni, per cui possa conoscere la
direzione sinistra - destra e il senso di rotazione sinistrogiro, appunto per prevenire i possibili
problemi davanti agli apprendimenti scolastici. Se il bambino leggermente mancino, si pu
tentare di destralizzarlo, a condizione di non adoperare nessun metodo coercitivo; lo si porter
all'inizio ad esercizi con entrambe le mani per poi accentuare la lateralizzazione. Se il
mancinismo causa di notevole turbamento, nella stessa maniera per l'ambidestrismo.
L'ambidestrismo effettivamente, dal punto di vista dell'equilibrio psicomotorio, la formula
peggiore. Gli aggiustamenti motori, l'organizzazione dei gesti esigono una specializzazione, una
divisione del lavoro tra la destra e la sinistra, la direzione, il predominio di un lato sull'altro. CHE
COSA SI INTENDE PER; ORGANIZZAZIONE COGNITIVA? Si tratta di un MODELLO CLINICO
DI ORGANIZZAZIONE STRUTTURALE DELLA CONOSCENZA secondo cui ogni individuo un
SISTEMA CONOSCITIVO. La conoscenza organizzata in SCHEMI, cio in modelli del mondo e
di s, che sono ORGANIZZATI in modo GERARCHICO: Schemi SOVRA-ORDINATI: schemi
relativi al s, pi
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arcaici, che definiscono, condizionano e limitano gli Schemi SOTTO-ORDINATI. Negli stadi
iniziali (infanzia) il sistema conoscitivo presenta MAGGIORE GLOBALITA E
INDIFFERENZIAZIONE. Con lo sviluppo si ha una DIFFERENZIAZIONE, INTEGRAZIONE,
GERARCHIZZAZIONE degli SCHEMI. Le ESPERIENZE PRIMARIE, strettamente connesse con
lINTERAZIONE CON LE FIGURE DATTACCAMENTO (principalmente madre e padre, ma non
solo), portano allo sviluppo di due insiemi di schemi: SOVRA-ORDINATI: Quelli che definiscono
ci che posso attendermi da me stesso (amabilita personale, valore, forza/debolezza, locus-ofcontrol, ecc.) SOTTO-ORDINATI: Quelli che definiscono ci che posso attendermi dal mondo
esterno (pericolosita, affidabilita, delusivita, ecc.) Da un punto di vista costruttivista
lEFFICIENZA di un SISTEMA CONOSCITIVO non data nei termini di VERITA/FALSITA delle
sue costruzioni, ma nei termini di una maggiore o minore CAPACITA di ACCOGLIERE
LINVALIDAZIONE, riadattandosi ad essa e di un maggiore o minore EQUILIBRIO INTERNO,
cio quella che viene definita come FLESSIBILITA DEL

SISTEMA, ossia sottosistemi articolati tra loro in modo da operare in maniera coordinata e
vicariante in funzione dei vincoli posti dal mondo esterno e dai propri obiettivi. C INCAPACITA
di reagire FUNZIONALMENTE allINVALIDAZIONE quando: (1) il SISTEMA presenta LASSITA
STRUTTURALE, ossia ha difficolt a costruire in maniera definita le proprie esperienze. In questo
caso il sistema resistente allinvalidazione come un muro di gomma. Qualsiasi previsione
diventa possibile e qualsiasi falsificazione praticamente inattuabile. (2) il SISTEMA presenta
RIGIDITA STRUTTURALE, ossia gli possibile accettare solo linformazione strettamente
congruente con la struttura prevista a priori. In questo caso il sistema infalsificabile perch
linformazione incoerente o non viene raccolta o viene selettivamente esclusa. In questo tipo di
struttura la fa
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lsificazione costituzionalmente non accoglibile, infatti anche linvalidazione di uno schema sottoordinato si tradurrebbe, per un effetto a catena, in quella di uno centrale, con effetti devastanti per
lintero sistema. 5) ATTENZIONE E VIGILANZA5.1) Gli stati di coscienza: dalla coscienza
normale alla morte cerebrale Cosa si intende in neurologia per coscienza Nonostante ricerche e
osservazioni che durano ormai da decenni, in ambito neurologico e neurofisiologico, il concetto di
coscienza costituisce un problema per molti versi insoluto e con una estrema difficolt di
pervenire a una definizione universalmente accettata. Nessuno dei vari modelli teorici proposti ha
ricevuto un consenso unanime. Le stesse basi neurologiche della coscienza restano poco
conosciute e c un continuo disaccordo anche su quali manifestazioni comportamentali possano
essere associate ai vari livelli di coscienza. Plum e Posner, che pi di altri si sono occupati del
problema, per coscienza intendono uno stato di continua consapevolezza che il soggetto ha di s
e del proprio ambiente, con conservata reattivit alle stimolazioni esterne (2). Ne deriva che
occorre operare una netta distinzione tra coscienza e vigilanza/allerta. Un individuo in effetti pu
essere vigile, sveglio, a occhi aperti, ma non cosciente, non consapevole (in tutto o in parte)
dellambiente che lo circonda, e incapace di reagire in modo adeguato alle stimolazioni che
dallambiente gli pervengono. Genericamente i vari fenomeni psichici, da quelli elementari, come
le sensazioni, a quelli pi complessi, come il ragionamento o il giudizio, sono stati denominati
stati di coscienza (Bini e Bazzi, Trattato di Psichiatria) La nostra normale coscienza definito
stato di veglia, la coscienza razionale, come la chiamiamo, non altro che un tipo speciale di
coscienza, mentre tutto attorno ad essa, separate dal pi trasparente degli schermi, vi sono
forme potenziali di coscienza del tutto diverse
Gli stati di coscienza vanno da: 1) la veglia Nello stato di veglia, la coscienza permette di
prestare attenzione spontaneamente a quanto ci circonda, di riflettere su se stessi, di distinguere
la fantasia dalla realt. Il Sonno e il sogno, la Trance ipnotica e tutti gli altri Stati alterati di
coscienza (come: l'ubriachezza, l'uso di sostanze psicoattive, l'estasi amorosa, la meditazione
ecc.), mostrano come il nostro stato ordinario di coscienza, la veglia, possa andare incontro a
facili modificazioni. Non solo, ma possono esserci delle continue perdite temporanee
d'attenzione, oppure lievi oscillazioni della coscienza, che mettono in luce l'enorme variabilit e
mutabilit dello stato di coscienza. Lo stato ordinario di coscienza, cio la veglia, rappresentato
da un equilibrio ottimale tra le informazioni che il cervello riceve e quelle che elabora, cos, se tale
equilibrio viene a mancare, ecco che si possono manifestare stati non ordinari (alterati) di
coscienza.

La coscienza, inoltre, nel corso della giornata, pu subire sensibili oscillazioni di intensit,
oscillazioni qualitative, pur rimanendo sempre una coscienza di veglia. 2) il sonno Il sonno
definito come uno stato di riposo contrapposto alla veglia. In realt questa definizione, come altre
definizioni che si possono trovare su vari dizionari (periodica sospensione dello stato di coscienza
durante la quale l'organismo recupera energia; stato di riposo fisico e psichico, caratterizzato
dalla sospensione, completa o parziale, della coscienza e della volont, dal rallentamento delle
funzioni neurovegetative e dall'interruzione parziale dei rapporti sensomotori del soggetto con
l'ambiente, indispensabile per il ristoro dell'organismo) non completamente vera. Come la
veglia, infatti, il sonno un processo fisiologico attivo che coinvolge l'interazione di componenti
multiple del sistema nervoso centrale ed autonomo. Infatti, bench il sonno sia rappresentato da
un apparente stato di qu
iete, durante questo stato avvengono complessi cambiamenti a livello cerebrale che non possono
essere spiegati solo come un semplice stato di riposo fisico e psichico. Ad esempio, ci sono
alcune cellule cerebrali che in alcune fasi del sonno hanno una attivit 5-10 volte maggiore
rispetto alla veglia. Due caratteristiche fondamentali distinguono il sonno dallo stato di veglia: il
sonno erige una barriera percettiva fra mondo cosciente e mondo esterno, uno stimolo sensoriale
(ad es. un rumore forte) pu superare questa barriera e svegliare chi dorme. Un adeguato sonno
biologicamente imperativo ed appare necessario per sostenere la vita. difficile dare una
definizione precisa del sonno ma pi vicino ad "uno stato dell'organismo caratterizzato da una
ridotta reattivit agli stimoli ambientali che comporta una sospensione dell'attivit relazionale
(rapporti con l'ambiente) e modificazioni dello stato di coscienza: esso si instaura
autonomamente e periodicamente, si autolimita nel tempo ed reversibile". L'aspetto di
"reversibilit" non invece associare al coma o all'anestesia che, rispettivamente, sono una
patologia e uno stato di quiete (trance) indotto farmacologicamente. 3) il coma E' definito come
un profondo stato di incoscienza che pu essere provocato da intossicazioni (stupefacenti, alcool,
tossine), alterazioni del metabolismo (ipoglicemia, iperglicemia, chetoacidosi) o danni e malattie
del sistema nervoso centrale (ictus, traumi cranici, ipossia): fra tutte, le pi comuni cause di coma
sono le alterazioni del metabolismo. La differenza fondamentale fra il coma e lo stato stuporoso
(shock) che un paziente in stato comatoso non capace di rispondere n agli stimoli verbali n
a quelli dolorosi, mentre un paziente in stato di shock riesce a dare una risposta a tali stimoli,
almeno istintiva (gridare in risposta a un pizzicotto, per esempio). Il coma anche diverso dallo
stato vegetativo che a volte pu susseguire ad esso: un pazien
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te in stato vegetativo ha perso le funzioni neurologiche cognitive e la consapevolezza
dell'ambiente intorno a s, ma mantiene quelle non-cognitive e il ciclo sonno/veglia; pu avere
movimenti spontanei e apre gli occhi se stimolato, ma non parla e non obbedisce ai comandi. I
pazienti in stato vegetativo possono apparire in qualche modo normali: di tanto in tanto possono
fare smorfie, ridere o piangere. Il coma non nemmeno indice di morte cerebrale, cio di
cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello: pu accadere che un paziente in coma sia
in grado di respirare da solo. inoltre diverso anche dal sonno, perch il sonno sempre
interrompibile, mentre non possibile "svegliare" a piacere una persona in stato di coma. 4)
trance ipnotica (auto ed etero indotta)

la classica ipnosi (non sto a specificartela) 5) trance indotta da farmaco (alcool, stupefacenti,
psicofarmaci, ecc.) il classico coma etilico e tutto quello a cui pu portare un uso eccessivo di
tutta quella roba) "Possiamo attraversare tutta la vita senza sospettarne lesistenza; ma,
presentandosi lo stimolo adeguato, alla minima pressione appaiono in tutta la loro completezza
vari tipi di strutture spirituali, che probabilmente hanno in qualche luogo il loro campo
dapplicazione e dadattamento. Nessuna visione delluniverso nella sua totalit pu essere
definitiva, quando lascia fuori queste altre forme di coscienza W. James Lattivit della coscienza
sembra essere sottoposta a continui mutamenti e modificazioni e il passaggio da uno stato di
coscienza ad un altro avviene pi spesso di quanto pensiamo o siamo consapevoli. Lattivit
psichica prende le sembianze di un continuo fluttuare, pensieri, sensazioni ed emozioni si
susseguono senza sosta. MORTE CEREBRALE E la condizione in cui si verifica la perdita
irreversibile di tutte le funzioni dellencefalo, incluse le funzioni vegetative sostenute dal tronco
dellencefalo (conservate nel paziente in s
tato vegetativo). Le persone in morte cerebrale non sono pi vitali e deve essere sospeso loro
qualsiasi trattamento terapeutico. Per la diagnosi di morte cerebrale esistono dei criteri
inequivocabili e definiti. Si ricordano al riguardo la Legge 29 dicembre 1993, n. 578 (Norme per
l'accertamento e la certificazione di morte) e il Decreto ministeriale 22 agosto 1994, n. 578
(Regolamento recante le modalit per l'accertamento e la certificazione di morte), aggiornato
successivamente con Decreto ministeriale 11 aprile 2008. Tali norme prevedono che unapposita
commissione, costituita da un medico legale (o, in sua assenza, un medico di direzione sanitaria,
o altrimenti un anatomopatologo), un anestesistarianimatore, un neurofisiopatologo (oppure un
neurologo o un neurochirurgo esperti in elettroencefalografia), riunitasi dopo segnalazione del
responsabile di reparto alla direzione sanitaria, esamini il paziente per almeno due volte (all'inizio
e al termine) del periodo di osservazione in un intervallo di tempo prestabilito (sei ore per gli
adulti, dodici per i bambini sotto i cinque anni e ventiquattro per i bambini al di sotto di un anno),
accertando la presenza dei seguenti criteri: Stato di incoscienza; Assenza dei riflessi del tronco
encefalico (corneale, fotomotore, oculo-cefalico e oculovestibolare, carenale, faringeo, di
reazione a stimoli dolorifici portati nel territorio di innervazione del trigemino e di risposta motoria
nel territorio del nervo facciale allo stimolo doloroso ovunque applicato); Assenza di respirazione
spontanea dopo sospensione di quella artificiale fino al raggiungimento di ipercapnia accertata di
60 mmHg, con pH ematico non superiore a 7,4; Assenza di attivit elettrica cerebrale,
documentata da EEG eseguito secondo particolari modalit tecniche, riportate nellallegato 1 del
Decreto 22 agosto 1994, n. 582 del Ministero della Sanit.. Lattivit di origine spinale, spontanea
o provocata, compatibile con la cessazione irreve
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rsibile di tutte le funzioni encefaliche e non ha rilevanza ai fini dellaccertamento di morte. In
particolari condizioni, richiesta la documentazione della assenza del flusso cerebrale. Nel
neonato laccertamento pu essere eseguito solo se la nascita avvenuta dopo la trentottesima
settimana di gestazione e comunque dopo una settimana di vita extrauterina. La presenza
contemporanea di tutte le condizioni necessarie per poter accertare la morte deve essere rilevata
per almeno due volte, allinizio e alla fine dellosservazione. LEEG deve essere eseguito per 30
minuti continuativi, allinizio ed alla fine del periodo di osservazione. L'eventuale verifica
dellassenza di flusso ematico cerebrale non va ripetuta.

5.2) Livelli di vigilanza: alternanza sonno veglia Il mantenimento di una buona vigilanza, ovvero
il mantenere per lungo tempo unattenzione sostenuta e non commettere errori, facilitato dalle
caratteristiche dello stimolo se lo stimolo intenso e ha un ritmo veloce la vigilanza maggiore,
mentre lattenzione assopisce con stimoli di bassa intensit e con un ritmo di variazione molto
lento. Guidare in modo brillante e sportivo lungo una strada di montagna favorisce il
mantenimento della vigilanza, mentre guidare sempre alla stessa velocit ridotta in un rettilineo
autostradale di notte pu ridurla al punto da farci addormentare allimprovviso. Se lo stimolo
statico e teniamo lo sguardo a lungo fisso su di esso la vigilanza pu cedere in pochi secondi,
come se su verifica con le tecniche di induzione ipnotica. La vigilanza e la qualit della
prestazione sono anche in rapporto con la condizione neurofunzionale del soggetto; in particolare
sono legate al suo livello di attivazione o eccitabilit. Se il livello di attivazione molto basso (se il
soggetto sedato con un tranquillante o ha bevuto del vino, per esempio) anche il livello della
prestazione basso, cosi come unattivazione molto alta (se per esem
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pio si sono presi molti caff o se si troppo angustiati per un esame) determina un livello di
prestazione scadente, in particolare se il compito impegnativo. Il livello ottimale di prestazione e
la vigilanza ottimale si registrano quindi con gradi intermedi di attivazione. Un importante fattore
che influenza la vigilanza lesistenza di ritmi di funzionamento dellorganismo a cadenza
quotidiana. Si tratta dei ritmi circadiani, che interessano molti parametri di funzionamento del
corpo, come la pressione arteriosa, il tono muscolare, la temperatura corporea, la velocit del
metabolismo, la resistenza alla fatica ecc. Uno dei pi noti ed evidenti fra questi ritmi quello di
veglia-sonno. come se il corpo fosse dotato di un orologio, che regola la velocit, la cadenza e
lefficacia della maggior parte delle sue funzioni. Un problema che i ricercatori si sono posti se
lorologio sia interno oppure esterno (dovuto allalternanza delle notti e dei giorni). Per chiarire
questo dubbio sono stati condotti alcuni esperimenti ponendo dei soggetti in ambienti chiusi, a
temperatura e luce costanti e in assenza di orologi o altri strumenti che indicassero lo scorrere
del tempo. I soggetti erano liberi di alimentarsi, di lavorare, di dormire a loro piacimento.
Osservatori posti allesterno (collegati con telecamere a circuito chiuso) registravano i principali
ritmi della loro condotta e, a intervalli variabili per non fornire una misura temporale, registravano
alcuni parametri biologici. In tutti i soggetti si osservato, dopo un intervallo di circa una
settimana, una sorta di slittamento, come se il tempo soggettivo rallentasse progressivamente;
dopo circa quaranta giorni, infatti, i ritmi biologici passano da una media di 24,5 ore a 46. Il
sociologo montalbini, isolato sperimentalmente in una grotta in profondit per circa dieci mesi, al
momento delluscita riteneva che fossero trascorsi poco pi di 4 mesi. Al ritorno nellambiente
esterno, tuttavia, questa sfasatura si estingue rapidamente e nellarco di circa tre giorni tutti i ritmi
ritornano in fase circadiana. Una sfasatura sei ritmi circadiani si verifica quando, viaggiando in
aereo, si crea una differenza importante tra il fuso orario di partenza e quello di arrivo.
Ovviamente il massimo di sfasatura possibile di dodici ore, ma il disturbo soggettivo da
adattamento, con dissonnia, calo di forza muscolare e talora difficolt digestive, si avverte
costantemente a partire da uno scarto di oltre cinque fusi orari (pari allo scarto fra Roma e
Caracas). Trattandosi pur sempre di un ambiente naturale con alternanza notte-giorno, il tempo di
adattamento di circa cinque giorni. I ritmi circadiani hanno pertanto un orologio endogeno
(perch la ritmicit si mantiene anche in isolamento) ma sono, in condizioni naturali, adattati con
precisione allalternarsi della notte e del giorno. Abbiamo parlato di orologio interno, ance se, a
quanto sembra, gli orologi sono almeno due: uno ha sede nella formazione reticolare ascendente
(una fitta rete di neuroni collocata fra il midollo allungato e la base del cervello), laltro si trova
invece nel nucleo soprachiasmatico (un gruppo di neuroni nel mezzo dellencefalo e dietro il setto
interemisferico).

lattivit dei neuroni della formazione reticolare acendente presenta in effetti due ritmi di
oscillazione. Uno di essi di grande ampiezza, ha una scansione quotidiana e regola lo stato di
alternanza sonno-veglia. La formazione reticolare ascendente (FRA) funziona un po come la
resistenza variabile di un reostato. Quando il soggetto si addormenta, la FRA prima riduce e poi
blocca quasi completamente larrivo al cervello dei messaggi sensoriali. In mancanza di stimoli
dallesterno il cervello inizia a elaborare come stimoli dei segnali depositati in memoria e
comunque generati al suo interno: questo sembra essere il meccanismo di tipo eminentemente
attivo. Un altro ritmo della
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FRA invece di ampiezza ridotta, ha una frequenza di circa novanta minuti e genera sia la
creazione di fasi di sonno di varia profondit che una periodica variazione dellallerta durante la
veglia. 5.3) Aspetti intensivi dellattenzione: concentrazione nel tempo e concentrazione sul
compito Aspetti intensivi dellattenzione: concentrazione nel tempo e concentrazione sul compito.
Concentrazione:la concentrazione uno stato intensivo dellattenzione. Quando lindividuo si
concentra lattenzione viene riservata ad un solo compito, massimizzando la recezione/analisi di
un certo tipo di stimoli ed ignorando quanto pi possibile gli altri (distruttori). (+ qualit quantit)
Mediante la concentrazione, le percezioni aumentano in intensit, le immagini acquistano
maggiore chiarezza, le reazioni si fanno pi rapide ed esatte (a volte addirittura sono anticipate,
come ad es. nella gara dei 100 m., quando si parte prima del via). Una concentrazione eccessiva
(prolungata nel tempo, specie quella sottratta alle ore di sonno) pu provocare lesioni al cervello
e portare a effetti opposti. In ogni caso un'attenzione continuamente tesa impossibile nell'uomo:
in alcuni soggetti massima durante il mattino, in altri durante la notte (nella quiete assoluta). es.
Il tic-tac di un orologio, posto vicino all'udito, viene percepito ora pi forte ora pi debole, proprio
perch la tensione mentale varia. Concentrazione attiva e passiva Quella attiva o volontaria
determinata dagli interessi (scientifici, culturali, morali, estetici, ecc.), che determinano la scelta
delle immagini e l'attuazione del processo attentivo. Questa attenzione implica un maggior
consumo di energia e anticipa l'insorgere della stanchezza. Quella passiva o involontaria
dettata da impulsi che si riallacciano direttamente agli istinti di conservazione, riproduzione,
socializzazione, ecc., nel senso che non siamo noi a scegliere gli oggetti, ma sono gli oggetti che
s'impongono di
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forza alla nostra attenzione (ad es. il fantasticare prima del sonno, il leader di un gruppo al quale
apparteniamo ecc.). Questa attenzione poco dispendiosa, pu anche prolungarsi nel tempo
senza dare l'impressione della fatica. L'attenzione volontaria posteriore a quella spontanea, dal
punto di vista genetico, ma rappresenta una tappa superiore di evoluzione. L'attenzione attiva
quando molto intensa e prolungata pu determinare un interesse biologico, che a sua volta
fonte dell'attenzione passiva (ad es. un accanito lettore di libri pu essere indotto a leggere cose
che non gli servono a niente se non compie uno sforzo di volont orientando la propria attenzione
altrove). Concentrazione nel tempo la concentrazione non pu essere protratta pi di tanto.
Dopo un certo tempo lattenzione tende a riallargare il proprio raggio dazione (registra pi stimoli,
ma non di un tipo in particolare. + quantit qualit). Concentrazione sul compito PER
CONCENTRAZIONE SUL COMPITO SI INTENDE LA POSSIBILIT DA PARTE DEL
SOGGETTO DI PRESTARE RISORSE COGNITIVE ALLATTIVITA CHE STA SVOLGENDO.
pi facile mantenere la concentrazione su un compito verso il quale siamo fortemente motivati
(=> v. motivazione). Tuttavia dopo un certo tempo si tende ad avere la necessit di passare ad un
compito diverso. 5.4) Selezione precoce (Broadbent ed il concetto di filtro attenzionale) vs.
selezione tardiva (modello dellattenuazione)

TEORIE DELL'ATTENZIONE SELETTIVA L'attenzione selettiva consiste nella capacit di


selezionare solo alcune tra le numerose informazioni che giungono ai nostri organi di senso;
esempio classico di questo fenomeno l'effetto cocktail party. Sul piano teorico innanzi tutto si
cercato di capire a che punto del processo di elaborazione dell'informazione, avviene la selezione
dell'informazione da elaborare. Sono state proposte numerose teorie, alcune delle quali
protendono per una selezione precoce dell'informazione mentre altre per una selezione tardiva.
Nel primo caso la selezione operata sullinput sensoriale, mentre nel secondo caso la selezione
avviene dopo il riconoscimento dello stimolo, prima che avvenga il recupero o la selezione della
risposta. Il problema che non facile stabilire se il miglioramento della prestazione sia dovuto
ad una facilitazione sensoriale causata dall'attenzione che opera a livello precoce o se invece gli
effetti siano dovuti a processi post-percettivi che operano a livello della categorizzazione o anche
della selezione della risposta. In linea teorica possibile che tutti gli stadi di elaborazione
dell'informazione siano facilitati dai processi attenzionali. TEORIA DELLA SELEZIONE
PRECOCE DI BROADBENT Secondo la teoria del filtro di Broadbent, che deriva dai risultati
ottenuti con il paradigma sperimentale dell'ascolto dicotico, la selezione dell'informazione avviene
nel seguente modo: all'inizio tutti gli stimoli vengono immagazzinati per breve tempo nel sistema
S (sensoriale) e cio nei registri sensoriali o magazzini a brevissimo termine; qui esse subiscono
una veloce analisi in parallelo sulla base delle loro caratteristiche fisiche elementari; grazie poi ad
uno speciale meccanismo centrale, il filtro selettivo, solo alcune informazioni vengono passate al
sistema P (percettivo) che invece opera serialmente e che consente un livello di elaborazione pi
sofisticata e completa. Secondo lautore, di tutti gli stimoli in ingresso solo alcuni vengono
selezionati, quelli a cui prestiamo attenzione. Tale selezione si verifica ad uno stadio precoce
visto che lelaborazione degli stimoli cui non prestiamo attenzione si ferma al sistema S, prima
della codifica semantica, dopodich la traccia decade. Invece lelaborazione degli stimoli
selezionati possono accedere al sistema P e quindi ai livelli di elaborazione semantica superiori.
TEORIA DELLA SELEZIONE TARDIVA Secondo Deutsch e Deutsch tutte le informazioni, sia
quelle rilevanti che
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quelle irrilevanti, raggiungono sempre i sistemi di elaborazione superiori e sono elaborati sino alla
codifica semantica. Il filtro selettivo agisce tardivamente solo nel momento in cui deve essere
scelta una risposta. Ognuno di questi sistemi infatti caratterizzato da un "coefficiente di
importanza" per cui l'informazione afferente viene automaticamente elaborata dal sistema col pi
alto coefficiente, sistema che poi ha accesso ai sistemi di risposta motoria, memoria ecc. Lipotesi
quindi che i meccanismi dellattenzione selettiva si basino sui processi di selezione della
risposta. TEORIA DEL FILTRO ATTENUATO

Una teoria a met strada tra la selezione precoce e quella tardiva la teoria del filtro attenuato
della Treisman, in base alla quale il filtro selettivo funziona come quello proposto da Broadbent
solo che le informazioni del canale non attentivo non vengono cancellate ma attenuate. In altre
parole il filtro non del tipo tutto o niente e non blocca completamente l'elaborazione di tutta
l'informazione non selezionata e cio quella presentata nel canale non attentivo, ma
semplicemente la attenua; per cui gli stimoli cui non si presta attenzione sono attenuati in modo
tale che non possono raggiungere un livello di attivazione sufficiente a superare la soglia di
coscienza. Tuttavia se lo stimolo da ignorare particolarmente importante o rilevante per il
soggetto, anche una sua parziale attivazione pu essere sufficiente al raggiungimento della
soglia di coscienza. PRIMING SEMANTICO Dati a favore della selezione tardiva provengono da
alcune ricerche che hanno utilizzato il priming negativo. Nei tipici paradigmi di Priming viene
presentato un primo stimolo detto prime e poco dopo un secondo stimolo detto probe che
richiede una rapida risposta. Nel caso del paradigma del priming semantico il prime costituito
da una parola, ad esempio dottore, e il probe da un'altra parola che pu essere
semanticamente correlata alla
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prima, come ad esempio infermiere, oppure no, come ad esempio tavolo. Di solito il soggetto
risponde pi velocemente alle parole semanticamente correlate piuttosto che a quelle che non lo
sono. PRIMING NEGATIVO In un tipico esperimento facente uso del paradigma del priming
negativo, i soggetti vengono posti di fronte ad una coppia di figure sovrapposte, una in primo
piano disegnata con linee continue di colore rosso e laltra in secondo piano con linee tratteggiate
di un altro colore. Il loro compito quello di nominare a voce alta lo stimolo in primo piano ed
ignorare laltro. In seguito vengono posti di fronte ad una terza figura unica che pu essere o
meno correlata semanticamente a quella da ignorare della precedente presentazione. Erisultato
che quando lo stimolo da ignorare semanticamente correlato al secondo stimolo, i tempi di
risposta di denominazione si allungano: le rappresentazioni delle informazioni non rilevanti
verrebbero inizialmente attivate e semanticamente codificate, poi inibite perch irrilevanti. Poi,
alla presentazione di un secondo stimolo semanticamente correlato a quello ignorato, linibizione
di questultimo e della rete semantica associata, rende pi difficile la riattivazione di questultima.
Inoltre il priming negativo si ottiene anche quando gli stimoli ignorati sono presentati talmente
brevemente da non raggiungere la soglia di coscienza. TEORIA DELLINTEGRAZIONE DELLE
CARATTERISTICHE La codifica delle varie caratteristiche degli stimoli sembra essere effettuata
da diverse regioni cerebrali specializzate. Eil caso della codifica dellidentit mediata dalla via
ventrale che proietta al lobo temporale inferiore e di quella della posizione degli stimoli mediata
dalla via dorsale che proietta alla corteccia parietale. Esistono dunque rappresentazioni multiple
di uno stesso oggetto e cio relative ai suoi vari attributi: a questo punto sorge il problema di
come tutte queste rappresentazioni venga
8 9 no integrate per permettere la percezione di un unico oggetto.

Secondo la teoria dellintegrazione delle caratteristiche della Treisman del 1998, la percezione di
un oggetto dipende da un meccanismo attentivo che ne seleziona la posizione ed integra le
caratteristiche presenti in quella posizione in un oggetto percettivo unificato. Pi precisamente il
processo di elaborazione degli stimoli costituito da due stadi di elaborazione successivi: uno
stadio pre-attentivo, in cui ciascuna singola caratteristica dello stimolo viene rilevata (codificata)
automaticamente, senza attenzione e in parallelo da moduli specializzati, ed uno stadio attentivo
che combina queste caratteristiche in modo seriale. Paradigmi e ricerche A sostegno della teoria
dellintegrazione delle caratteristiche della Treisman sono diversi esperimenti. Il paradigma
sperimentale utilizzato quello dei compiti di ricerca visiva in cui il soggetto deve riconoscere uno
stimolo target tra molti stimoli distrattori: il risultato di questi esperimenti che se lo stimolo target
differisce dagli altri per una sola caratteristica elementare, il tempo necessario per distinguerlo
dagli stimoli distrattori non dipende dal numero di questi ultimi. Ci avviene ad esempio se il
soggetto deve trovare una lettera rossa in mezzo a tante lettere blu. In questo caso sono le
caratteristiche stesse che attirano automaticamente lattenzione sulla loro posizione. Se invece lo
stimolo target differisce dagli altri per pi di una caratteristica, e quindi definito dalla
congiunzione di due o pi caratteristiche, il tempo per individuarlo aumenta con l'aumentare degli
stimoli distrattori. Treisman spiega questo fenomeno affermando che le dimensioni elementari
dello stimolo come la forma, il colore e l'orientamento sono inizialmente codificate in modo
indipendente ed in parallelo, il che riflette un processo pre-attentivo; tuttavia, se il compito lo
richiede, queste singole caratteristiche vengono integrate at
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traverso un processo attentivo seriale. MECCANISMI DELLATTENZIONE SELETTIVA E
opinione largamente condivisa che le informazioni cui non si presta attenzione raggiungano il
livello di elaborazione semantica sebbene essi non raggiungano la soglia di coscienza, visto che
di solito non si coscienti di tutti gli stimoli presenti nel campo sensoriale. Si ritiene che
lattenzione selettiva sia mediata da due meccanismi: Un meccanismo di attivazione che, prima
della selezione, opera sia sullinformazione rilevante che su quella ignorata, attivando le rispettive
rappresentazioni semantiche; in tal modo entrambi gli stimoli subiscono una codifica semantica.
E un meccanismo pi stabile e meno influenzabile dalle richieste del compito e dal soggetto
rispetto a quello di inibizione. Un meccanismo di inibizione attiva della risposta per lo stimolo
irrilevante; ossia il livello di attivazione dello stimolo irrilevante viene inibito in modo che non
possa accedere al sistema di risposta. Si tratta di un meccanismo attivo che decade rapidamente
quando non pi necessario mantenere uno stato di attenzione selettiva, e che influenzato
dalle richieste del compito e dalle strategie utilizzate dal soggetto. 5.5)Attenzione divisa: processi
automatizzati e processi controllati I processi automatizzati non richiedono risorse attentive (a
differenza dei processi controllati/volontari) perci il loro svolgimento non confligge con altri
processi. Lattenzione

interviene, solitamente, al momento dellattivazione o dellinterruzione di un processo


automatizzato. Es. prendere la macchina richiede attenzione, ma una volta che si in viaggio su
una strada conosciuta ed in condizioni ottimali, guidare diverr un processo automatizzato.
Tuttavia lattenzione dovr tornare a concentrarsi al momento di parcheggiare (o se insorgono
delle situazioni pericolose banchi di nebbia, traffico, incidenti). Possiamo guidare e ascoltare
la radio, ma tendiamo a s
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pegnerla al momento del parcheggio. NB. Automatizzato automatico. Automatizzato vuol dire
che consegue un apprendimento. 6) Apprendimento 6.1) Condizionamento classico: fase di
acquisizione e di estinzione APPRENDIMENTO: cambiamento relativamente stabile del
comportamento di un soggetto di fronte ad una specifica situazione sperimentata ripetutamente
(Cicogna, 2001) Lapprendimento non si riferisce solo a conoscenze, capacit ma anche
atteggiamenti, valori e abitudini; riguarda perci tutta la sfera della personalit. influenzato da
variabili personologiche, motivazionale e stati emotivi del soggetto. Il problema delle differenze
individuali. Negli anni quaranta e cinquanta, la psicologia viveva la rivoluzione anti-mentalistica
del comportamentismo il cui argomento privilegiato di ricerca era lapprendimento. In particolare, i
comportamentisti hanno studiato lapprendimento associativo legato al condizionamento. Il
comportamentismo diede una forte spinta allo studio della psicologia comparata ed per questo
che i lavori di Pavlov sul condizionamento animale (classico) hanno avuto una enorme risonanza,
cos come i successivi lavori di Skinner sul condizionamento operante. Durante i suoi studi sul
sistema digerente, Pavlov aveva notato che i cani, secondo un riflesso naturale, avevano un
aumento della salivazione appena gli si metteva del cibo nella bocca. Questo un
comportamento del tutto automatico e geneticamente programmato. Ma Pavlov not che, dopo
alcune settimane passate nel laboratorio, i cani cominciavano a salivare anche solo al sentire il
rumore della ciotola che veniva riempita di cibo o al vedere la persona che normalmente dava
loro da mangiare. Questo episodio gli diede lo spunto per una serie di studi sul condizionamento.
Pavlov chiam: il cibo stimolo incondizionato (SI) la salivazione (iniziale) risposta incondizionata
(RI) , in quanto legata ad un riflesso. Poi prov a far suonare una campanella prima della
presentazione deibo, e not che, dopo alcune volte, il cane cominciava a salivare al solo suono
della campanella. Il suono della campanella viene definito stimolo condizionato (SC) e la
salivazione che ad esso segue la risposta condizionata (RC del tutto simile a quella
incondizionata). S1: Stimolo condizionato (SC): es. suono campanella, deve produrre una
risposta di orientamento, quando presentato la prima volta. S2: Stimolo incondizionato (SI),
biologicamente significativo (es. cibo) Il processo di acquisizione del condizionamento tanto pi
breve quanto pi lo stimolo condizionato e quello incondizionato sono ravvicinati, ma non
contemporanei (contiguit spaziotemporale tra SC e SI). Lo stimolo condizionato deve precedere
quello incondizionato.

Il suono della campanella, che inizialmente era uno stimolo neutro, diventa uno stimolo
condizionato. Infatti, si stabilita una associazione tra il suono e il cibo, per cui il suono diventa
un segnale per la comparsa del cibo; e determina lemissione di un comportamento condizionato
(salivazione), e quindi appreso, formalmente identico alla risposta riflessa innata. Pavlov ha
notato che: se dopo lacquisizione, al cane viene presentato solo lo stimolo condizionato, cio il
suono non seguito dal cibo, dopo un certo periodo, la risposta di salivazione in presenza del
semplice suono scema, si ha quindi un processo di estinzione del condizionamento. In genere
dopo una pausa, si ha un recupero spontaneo. Se, dopo che il comportamento stato estinto, si
fa passare un po di tempo e poi si ripresenta allanimale lo stimolo condizionato, lanimale avr
una risposta condizionata anche senza presentazione di cibo. Infine, dopo lestinzione il processo
di riacquisizione pi breve. Pavlov ha notato che il cane tende a rispondere con la salivazione
(RC risposta condizionata) anche per stimoli semplicemente simili allo stimolo condizionato.
Parliamo di processo di generalizzazione es. un cane che ha imparato a sa
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livare con un suono di 1000Hz, successivamente avr una risposta condizionata anche con suoni
simili (es. 1100Hz) possibile addestrare il cane a discriminare specifici stimoli es. dopo un
addestramento classico in cui il cibo veniva associato a un tono di 1000Hz (addestramento che
inizialmente prevedeva una certa generalizzazione anche per toni simili), In seguito il cane veniva
addestrato a salivare solo con toni di 1000Hz e non con toni di 900 o 1100Hz). Inoltre, possibile
ottenere risposte condizionate associando lo stimolo condizionato ad un altro stimolo, anche
senza la presentazione di cibo, es. associando la presentazione di una luce al suono di una
campanella (stimolo gi condizionato), senza presentare poi il cibo. Tale processo definito
condizionamento di ordine superiore, ma valido per un numero limitato di stimoli, in quanto la
non presentazione dello stimolo incondizionato, per diverse volte, porta allestinzione del
comportamento. Sono stati fatti diversi studi in cui si associa uno stimolo aversivo (es. scossa
elettrica) ad uno stimolo neutro (es. luce). In questo caso, la presentazione dello stimolo neutro
porter immediatamente alla risposta evocata dalla scossa (risposta specie-specifica). Si visto
che, in questo caso, basta anche una sola associazione per dare origine ad un forte
condizionamento, resistente allestinzione. 6.2) Condizionamento operante: il concetto di rinforzo
(positivo/negativo, punizione; rinforzo costante e parziale). Piani di rinforzo comportamenti
operanti, non derivati da riflessi, ma emessi spontaneamente dal soggetto, e successivamente
rinforzati, che producono un effetto sullambiente. I comportamenti operanti aumentano o
diminuiscono in funzione del rinforzo che viene dato loro. Tali comportamenti non sono automatici
in senso stretto (cio riflessi), ma sono comunque posti sotto il controllo del soggetto. Il lavoro di
Skinner stato preceduto da quello di Thorndike sullapprendimento per prov
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e ed errori. Thorndike aveva elaborato la legge delleffetto secondo cui il soddisfacimento
derivante dalla risposta che portava al successo (uscire dalla gabbia), aumentava la probabilit
che il comportamento si verificasse di nuovo, quando lanimale fosse stato rimesso in gabbia. In
sostanza, secondo Thorndike, lapprendimento nasce da una connessione stimolo-risposta, ma
pu verificarsi solo se la risposta produce un effetto soddisfacente o piacevole per lanimale; di
contro, se leffetto spiacevole, la connessione si indebolir e la risposta si estinguer.

Secondo Skinner non era necessario far ricorso allidea della soddisfazione (troppo legata a
fattori interni e mentalistici) per spiegare il replicarsi del comportamento; per questo Skinner
prefer il termine rinforzo. luscire dalla gabbia aveva, infatti, un ruolo di rinforzo positivo del
comportamento stesso. Skinner definisce il rinforzo come qualunque processo in grado di far
aumentare la probabilit di emissione di un comportamento: rinforzo positivo ogni sorta di
ricompensa che viene data allanimale quando emette il comportamento bersaglio, il rinforzo
negativo consiste nella cessazione di uno stimolo avversivo (imp. non confondere rinforzo
negativo con punizione, la punizione infatti dovrebbe servire a far estinguere un comportamento).
Esempio di rinforzo negativo: Un ratto posto dentro una gabbia sottoposto ad un forte rumore
fastidioso e impara che se abbassa una leva il rumore cessa. Esattamente come nella situazione
classica, lanimale impara ad abbassare la leva, ma non a seguito di un rinforzo positivo (es.
cibo), bens grazie ad un rinforzo negativo (cessazione del rumore). Punizione positiva. Il termine
positivo deve essere interpretato quale punizione attiva, non perch sia un evento piacevole. La
punizione, detta anche stimolo avversivo, una conseguenza sgradevole che avviene durante un
comportamento e che diminuisce la frequenza di emissione di questul
6 7 8 timo. Il concetto di punizione deve essere associato allevento sgradevole, di disturbo
( come il getto di citronella emesso da alcuni apparecchi) non per forza doloroso e coercitivo.Il
cane che salta addosso alle persone, se sistematicamente ricever un urto sulle zampe posteriori
dappoggio si rimetter in stazione quadrupedale e tender nel tempo a non produrre il
comportamento indesiderato. Punizione negativa. Anche in questo caso lobiettivo la
diminuzione della frequenza di un comportamento, ma la conseguenza alla risposta
caratterizzata dalla sottrazione di un evento piacevole o non facendolo apparire. Per il solito topo
vuol dire che, se spinge sulla leva, il cibo scomparir o non si presenter. Il comportamento
tender anche in questo caso a diminuire fino allestinzione. Un esmpio con i cani a cui si vuole
insegnare a non allontanarsi sar scomparire dalla loro vista oppure girarsi ed abbandonare il
luogo. E possibile desumere quanto segue: - Il rinforzo aumenta un comportamento, mentre la
punizione estingue un comportamento (legge delleffetto di Thorndike): il rinforzo una
conseguenza che appare o scompare in seguito allesecuzione di un comportamento (risposta),
che favorisce laumento della probabilit che questo comportamento si presenti ulteriormente.
Molte volte si fa confusione fra rinforzo negativo e punizione. Lattenzione deve focalizzarsi
sullobiettivo che si vuole raggiungere, non se si usa un evento positivo o negativo: si vuole
aumentare o diminuire un comportamento? Questa la premessa indispensabile. Lapprendimento per ricompensa pi duraturo dellapprendimento per punizione. - Il rinforzo
positivo deve avvenire alla fine dellatto, mentre la punizione deve avvenire durante la sequenza
(si punisce il comportamento del cane non il cane), particolarmente nella fase appetitiva (la
punizione deve sottostare alla legge della contiguit temporale). Un esempio ricorrente la
punizione ansio
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gena per il cane effettuata dal proprietario, al suo ritorno a casa, a causa dell'eliminazione
inappropriata o delle distruzioni avvenute in sua assenza. - Il rinforzo positivo deve essere
realmente positivo per il cane. Una caratteristica importante che il premio deve essere dato in
modo costante, quando si vuole consolidare un comportamento nuovo; in seguito, il rinforzo
positivo dovr essere somministrato in modo variabile: la ricompensa

diventa lelemento di motivazione per il cane, in quanto se la ricompensa costante, la


motivazione scende. - Il rinforzo positivo pu essere primario, come cibo, soppressione del dolore
o diminuzione del disagio e si pu aggiungere anche la manipolazione affettiva (carezze, gioco),
che corrispondono ad un bisogno vitale dellanimale; oppure pu essere secondario, o rinforzo
condizionato, che allinizio non ha un potere rinforzante: acquisisce questa propriet attraverso il
condizionamento classico, come nellutilizzo del clicker o di fischietti e dei complimenti con la
voce dolce. - Il rinforzo negativo una conseguenza negativa imposta, che induce lanimale ad
attuare un comportamento alternativo (esitamento o fuga), che gli permette di sottrarvisi. Un
esempio particolare il caso del cane che ha paura delle persone e che abbaia oppure che le
attacca: il comportamento di aggressione tender ad aumentare se le persone si ritraggono
impaurite (sottrazione dello stimolo fobogeno = allontanamento o scomparsa della conseguenza
negativa). - La punizione deve essere sistematica per essere efficace, quindi ribadita
puntualmente. - Punire solamente un comportamento come dire al cane una frase incompleta:
<< No, questo non si fa>>, lascia il cane in attesa; ha effetto sinergico invece concludere
proponendo un comportamento alterativo, che sar gratificato. Per esempio scendi! Con voce
assertiva, obbligando il cane a scendere dal divano, deve essere seguito da un vai a cuccia,
detto con voce dolce e rinforza
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to da un premio in cibo. Quindi importante lassociazione fra punizione e rinforzo. 7 Motivazione
7.1) Istinti, pulsioni e bisogni. Bisogni fisiologici e bisogni psicogeni. Istinti Gli istinti costituiscono
sequenze congenite, fisse e stereotipate di comportamenti specie-specifici (cio caratteristici di
una specie) su base genetica in relazione a determinate sollecitazioni ambientali. Gli istinti sono
sequenze congenite INNATE IMMUTABILI e COMUNI A TUTTA UNA SPECIE. Gli istinti
innescano risposte molto semplici che difficilmente possono spiegare il comportamento umano
ad eccezione dei riflessi e talune espressioni facciali. Nello studio delle motivazioni il concetto di
istinto fu criticato in quanto deterministico e incapace di rendere ragione della variet e della
flessibilit motivazionale dell'essere umano. Le inclinazioni dell'individuo sono soggette alle
pressioni e alle influenze dell'ambiente, nonch al suo costante apprendimento. Verso la met del
Novecento furono elaborati in psicologia i concetti di bisogno e di pulsione. Bisogno Il bisogno
consiste nella percezione di una condizione fisiologica di carenza e di necessit (fame, sete,
sesso ecc.), un disequilibrio dellenergia interna che richiede il ripristino dellomeostasi. Le
pulsioni Pulsione: dimensione psicologica del bisogno, esprime uno stato di disagio e di tensione
interna che l'individuo tende a eliminare o, quanto meno, a ridurre con appropriate condotte.
Sono stati di interni di tensione che tende ad aumentare finch non trova sfogo(piacere). Tuttavia
esistono motivazioni sociali (secondarie) che portano a reprimere certe pulsioni in certi momenti e
luoghi. E possibile avere un bisogno senza avere la corrispondente pulsione (per esempio, se si
esposti al diossido di carbonio, il bisogno di ossigeno non genera una corrispettiva pulsione).
Parimenti, si pu avvertire una pulsione senza avere il bisogno corrispondente (per esempio, le
persone obese riferiscono di avere voglia di cibo anche senza avere fame).Le pulsioni sono
fattori interni

all'organismo e vanno distinte dagli incentivi. Le pulsioni sono INNATE, ma VARIABILI, sia tra
individui della stessa specie che allinterno dellindividuo stesso. Incentivi/rinforzi Rappresentano
gli oggetti e gli eventi esterni (ambientali) associati con la sensazione di soddisfacimento dei
bisogni. Il cibo, le bevande, un partner sessuale, ecc. costituiscono precisi incentivi per altrettante
pulsioni. Gli incentivi sono stati declinati come rinforzi, poich possiedono la propriet della
ricompensa (cio, sono in grado di soddisfare un determinato bisogno).Si ulteriormente
proceduto alla distinzione fra rinforzi primari e rinforzi secondari. I primi sono indipendenti
dall'apprendimento e si fondano prevalentemente su processi fisiologici (per esempio, il sapore
dolce di un cibo costituisce un incentivo immediato per riattivare la ripetizione della sua
esperienza). Per contro, i secondi sono appresi e si basano sull'appartenenza a una determinata
cultura (per esempio, il denaro, il successo, l'affermazione di s sono importanti incentivi culturali
nel mondo occidentale).Istinti, riflessi, bisogni pulsioni e incentivi sono CAUSA di determinati
comportamenti. Scopi Rappresentano le mete ultime del comportamento umano. Obiettivi a lungo
termine in nome dei quali si disposti a frustrare altre motivazioni. Conducono alla creazione di
veri e proprio stili di vita. Sono motivazioni forti, ma dotate di una doppia faccia: in positivo
motivano allazione, in negativo allo stato (non-azione). CATALOGAZIONE DELLE MOTIVAZIONI
PRIMARIE/ INTERNE/BIOLOGICHE/VISCEROGENE: innate e istintive-> legate a bisogni
fisiologici. SECONDARIE/ESTERNE/PSICOGENE/PSICOLOGICHE: mediate cognitiva-mente>
legate a bisogni socialmente indotti (obiettivi, aspettative,autodeterminazione, desiderio di sentirsi
competenti).Lesercizio di alcune attivit volte al soddisfacimento di motivazioni primarie
possono der
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ivare nuove motivazioni secondarie, che con il tempo assumono una propria autonomia e che
diventano particolarmente rilevanti per alcuni individui. 7.2) Bisogni di carenza e di crescita: la
piramide motivazionale di Maslow

Nel 1954 lo psicologo Abraham Maslow propose un modello motivazionale dello sviluppo umano
basato su una gerarchia di bisogni, ovvero una serie di bisogni disposti gerarchicamente in
base alla quale alcuni di essi vanno soddisfatti prima che altri vengano considerati, creando un
ordine secondo cui la soddisfazione dei bisogni pi elementari la condizione per fare emergere i
bisogni di ordine superiore. Come si pu vedere dallimmagine, partendo dalla base della
Piramide Motivazionale(o dei Bisogni) ci sono: - i bisogni per la SOPRAVVIVENZA: fame, sete,
sonno,termoregolazione, ecc..; -i bisogni di SICUREZZA: protezione, tranquillit, prevedibilit,
soppressione preoccupazioni e ansie,ecc.. - i bisogni di APPARTENENZA: essere amato e
amare,far parte di un gruppo, cooperare, partecipare, ecc.. - i bisogni di STIMA: essere rispettato,
approvato, riconosciuto, ecc In alcune versioni della piramide di Maslow seguono altri due
gruppi di bisogni: - i bisogni di CONOSCENZA: sapere, apprendere cose nuove, sentirsi
competente e produttivo, ecc - i bisogni ESTETICI: ricerca di armonia e bellezza, apparenza,
forma estetica, A questi bisogni seguono: -i bisogni AUTOREALIZZAZIONE: realizzare la
propria identit in base ad aspettative e potenzialit, occupare un ruolo sociale, ecc - i bisogni
di TRASCENDENZA: andare oltre se stessi e sentirsi parte di una realt divina o di un disegno
della natura. Secondo Maslow questi processi motivazionali sono fondamentali per la vita umana
e presenti in tutte le culture e in tutti i popoli del mondo. Nonostante i bisogni degli uomini siano
universali, ogni cultura possiede le proprie modalit per soddisfare i bisogni degli individui. Per
esempio, il bisogno di autorealizzazione p
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resente in ognuno di noi, anche se le mete da raggiungere sono molto diverse e variano a
seconda della cultura e dellepoca storica a cui ci si riferisce.

Infatti, mentre i bisogni pi bassi della scala, chiamati anche di carenza per il loro stretto
legamene con la sopravvivenza in senso lato di ogni essere vivente, i bisogni pi elevati sono
squisitamente umani come quello per il raggiungimento di un traguardo, che si accompagna al
bisogno di competitivit, o per la realizzazione del successo personale. Linsoddisfazione sia sul
lavoro che nei rapporti sociali e di coppia un fenomeno molto diffuso che pu ascriversi alla
mancata realizzazione delle proprie potenzialit. Lautorealizzazione infatti richiede una serie di
elementi come caratteristiche di personalit, competenze sociali e capacit tecniche. Secondo
Maslow le caratteristiche di personalit che deve avere una persona per raggiungere questo
importante obiettivo sono: realismo ,accettazione di s, spontaneit, inclinazione a concentrarsi
sui problemi piuttosto che su di s, autonomia e indipendenza, capacit di intimit,
apprezzamento delle cose e delle persone, capacit di avere esperienze profonde, capacit di
avere rapporti umani positivi, democrazia, identificazione con lessere umano come totalit,
capacit di tenere distinti i mezzi dagli scopi, senso dellironia, creativit, originalit. In molti versi
la piramide di Maslow ripercorre lontogenesi delle motivazioni sociali e biologiche: partendo dalla
soddisfazione dei bisogni fisiologici del bambino si passa alliniziale affermazione di s attraverso
prima lesplorazione, poi le relazioni affettive con ladulto a cui segue la definizione della propria
identit in relazione agli altri, per finire con lo sviluppo di comportamenti sociali (mete, obiettivi,
ruoli) culturalmente mediati. In sintesi i bisogni di carenza sono: - sopravvivenza - sicurezza appartenenza - stima i bisogni di crescita invece sono:- conoscenza - estetici - autorealizzazione
- trascendenza 7.3) Motivazione intrinseche ed estrinseche Potremmo definire la motivazione, in
maniera pi pratica che accademica, come la forza che ci spinge verso un determinato obiettivo.
Pi sar forte la motivazione, maggiori saranno le probabilit di fare centro. Sarebbero moltissime
le cose da dire a riguardo della motivazione, ma per ora ci concentriamo su una distinzione di
base: motivazione estrinseca ed intrinseca. Motivazione estrinseca Nella motivazione estrinseca
rientrano tutti quegli scopi che non riguardano direttamente lattivit che si sta svolgendo; giusto
per fare qualche esempio: uno studente che vuole laurearsi per trovare un lavoro pi
remunerativo, una persona che sceglie un determinato lavoro per essere ammirata, unaltra che
fa jogging per dimagrire, e cos via Motivazione intrinseca La motivazione intrinseca invece
direttamente collegata con lattivit che si sta svolgendo e la gratificazione proviene da essa, in
questo caso lo scopo proprio quello di migliorare la prestazione; ad esempio: uno studente che
studia perch trova piacere in questo tipo di attivit, una persona che sceglie un lavoro perch
questo le d grosse soddisfazioni personali, unaltra che fa jogging perch ama farlo, etc
stato dimostrato, ma anche abbastanza logico, che una motivazione non migliore dellaltra ma
che esse sono complementari. Dir di pi: se saremo capaci di integrare motivazioni estrinseche
ed intrinseche per i nostri scopi, sar molto pi probabile fare centro. Se tendiamo a darci
motivazioni estrinseche, forse potremmo anche fermarci ad assaporare ci che stiamo facendo e
scoprire che ci piace (non la meta che conta, ma il percorso). Nello stesso modo, se tendiamo
verso le

motivazioni intrinseche, scoprire che vi potrebbero essere anche obiettivi secondari doner
certamente forza alla nostra motivazione. 7.4) Tendenza al successo e paura del falli
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mento: il ruolo del contesto socio-culturale Negli anni sessanta del novecento, lo studioso
statunitense John W. Atkinson ha elaborato una teoria ben precisa riguardo alla voglia di riuscire
e alla paura di non farcela. Secondo Atkinson gli individui, quando si trovano di fronte a un
determinato compito o ad un obbiettivo da raggiungere, sono sollecitati da due spinte
motivazionali contrapposte: - la tendenza al successo (speranza di riuscita) - e la tendenza ad
evitare il fallimento (paura dellinsuccesso. La prima spinge le persone a impegnarsi in compiti
difficili (me percepiti come fattibili), mentre la seconda le induce a scegliere compiti pi facili (per i
quali il fallimento improbabile) o, allopposto, estremamente difficili (per i quali questa
eventualit attribuibile a cause indipendenti dalla loro responsabilit). Naturalmente, il ruolo e il
peso di queste tendenze variano considerevolmente da individuo a individuo: esistono persone
paralizzate dalla paura di fallire; mentre altre che amano mettersi in gioco in attivit molto
impegnative; altre ancora in cui la speranza del successo e la paura del fallimento si bilanciano.
Combinando tra loro le diverse possibilit, Atkinson ha individuato 4 tipologie differenti di soggetti:
- over-strivers, con alta tendenza al successo e alta tendenza a evitare il fallimento; - successoriented, con alta tendenza al successo e bassa tendenza a evitare il fallimento; - failureacceptors, con bassa tendenza al successo e bassa tendenza a evitare il fallimento; - failureavoiders, con bassa tendenza al successo e alta tendenza a evitare il fallimento. Ad esempio, il
ragazzo definito dai suoi insegnanti poco motivato allo studio rientra proprio in questultima
categoria: non crede nelle proprie possibilit di successo scolastico ed allo stesso tempo
angosciato dalleventualit di fallire. 8) Sensazione e Percezione 8.1) Il concetto di recettore ed i
processi trasduzionali (non ho trovato niente
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di chiaro e riassuntivo che potesse esserci utile) 8.2) Processi top-down e processi bottom-up La
distinzione bottom-up e top-down: La prospettiva adottata pi comunemente nellesaminare in
che modo si svolgano i diversi processi psichici si rifa alla metafora spaziale dellalto e del basso.
In effetti, il fatto che tali processi appaiano organizzati in modo gerarchico fuori di dubbio: fin
dalla prospettiva resa popolare dal neurologo inglese John Hughlins Jackson (1835-1911), che
concepiva il sistema nervoso come un insieme di unit che vanno dalle pi semplici alle pi
complesse, dalle pi automatiche alle pi volontarie e cos via. Questa idea ovviamente
incoraggiata dalla stessa anatomia del cervello. Le funzioni psichiche, in questa concezione,
appaiono disposte in una sequenza in cui quelle superiori controllano quelle inferiori.
Naturalmente non si tratta di unidea tanto nuova, perch implicita in concezioni millenarie, che
hanno la loro espressione in distinzioni come quelle tra ragione, intelligenza o linguaggio (le
funzioni psichiche superiori, proprie delluomo) e gli aspetti pi legati al corpo, che ci accomunano
di pi agli altri animali. Andando avanti in questa distinzione si pu arrivare alla classica dicotomia
mente-corpo.

Nellaccezione pi comune, la distinzione alto-basso a proposito dei processi psichici non


riguarda per aspetti esclusivamente mentali o esclusivamente corporei, ma intesa nel senso di
considerare a basso livello i processi che sono pi vicini ai semplici processi sensoriali o motori,
e di alto livello i processi che sono di tipo pi complesso, che chiamano in causa conoscenze,
aspettative, bisogni, valori, credenze, e cos via. Adottando questa metafora spaziale, dunque, si
afferma comunemente che sono possibili due prospettive, una che va dal basso verso lalto
(bottom-up) e una che va dallalto verso il basso (top-down). A nostro avviso occorre per porre
maggiore attenzione su che cosa si intenda realmente con tale distinzione. In molti casi essa
viene usata come se fosse una distinzione ontologica, cio come se esistessero diversi
processi, alcuni che vanno in direzione bottom-up e altri che vanno nella direzione opposta. Noi
sosteniamo lidea che ciascun processo psichico un evento unico, frutto del funzionamento
complessivo del nostro cervello, del sistema nervoso e del corpo. I diversi eventi possono essere
descritti, adottando una certa prospettiva, come processi sensomotori o neuronali oppure, da
unaltra prospettiva, come conoscenze, aspettative, ecc. La distinzione perci non dovrebbe
essere di natura ontologica ma epistemologica perch riguarda da quale parte vogliamo partire
nel descrivere lo stesso evento psichico, ad esempio se vedere come ai dati sensoriali venga
dato un significato a livello cosciente, oppure come una data aspettativa influenzi la stessa attivit
sensoriale. Un ulteriore, necessario, chiarimento dovrebbe riguardare se la distinzione bottom-up
e top-down si riferisca a diversi modi di descrivere il fenomeno psichico oggetto di esame oppure
se con essa si intenda riferirsi a diverse spiegazioni dello stesso. Nel secondo caso potrebbe
spuntare di nuovo sotto diverse spoglie lidea jacksoniana di processi superiori che controllano
quelli inferiori, unidea che contrasta con recenti visioni del cervello che vedono la sua attivit pi
interattiva e democratica (Thompson e Swanson, 2010). (qui ti inserisco una dialogo estratto da
un forum di psicologia, perch altrimenti su questo argomento non trovavo NIENTE!!!!) i due
termini sono riferiti a sistemi di elaborazione di informazioni. Chiaramente ci troviamo in un forum
psico, quindi deviamo dall'informatica e trattiamola nel neuro-psico. Possiamo passare attraverso
un esempio: diciamo che ti trovi in una situazione rischiosa o di improvviso spavento. A questo
punto i tuoi occhi "recapitano" l'informazione alle aree visi
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ve primarie, situate caudalmente*. Queste aree, dopo aver "riconosciuto" lo stimolo, per mezzo di
altre vie, portano queste informazioni pi rostralmente**. Tra le aree che ricevono l'informazione
troviamo ad esempio l'amigdala... e tutti gli altri sistemi... Ecco, fino ad ora stiamo parlando di un
sistema Bottom-Up. lo stimolo entra attraverso canali di senso, e vengono gradualmente (a vari
livelli, quindi) elaborati dal cervello.... in soldoni! A questo punto, l'amigdala e altre strutture
coinvolte provocano cambiamenti a livello metabolico (fanno aumentare il battito cardiaco,
dilatare le pupille, ...) e quindi attivando tutti un sistema simpatico. Una seconda cosa che fanno
provocare cambiamenti a livello comportamentale, ad esempio, se si tratta di una situazione che
provoca dolore, facendo ritrarre il braccio. Questa la parte Top-Down. cio, una
reazione/variazione/modulazione che viene provocata in questo caso dal cervello - e quindi da un
sistema pi a monte. In pratica, ogni azione-situazione ha aspetti bottom-up e top-down. Se
guardiamo un film e ci commuoviamo, le scene viste portano in maniera bottom-up le
informazioni al cervello, ma sta al cervello associarle, farle sue, attivare la "pelle d'oca" e farci
"commuovere" (Top- Down).

Un esempio un po' meno psico, se prendi un bicchiere con la mano, il gesto lo svolge il tuo
cervello che controlla (pi o meno consciamente) le articolazioni (top-down), ma i propriocettori
(che monitorano la tensione del muscolo, la forza con cui contrastare il peso del bicchiere, la
forma che le dita devono assumere per essere adattate all'oggetto - ad esempio lui sta tenendo il
collo della bottiglia - ) riportano a feedback delle informazioni (bottom-up). In questo caso quindi,
lo stesso movimento ha componenti sia top-down che bottom-up. *Caudalmente = Zona
posteriore del cervello. **Rostralmente = Zona anteriore del cervello. 8.3) Le illusioni percettive;
la percezione figura-sfondo; i principi della Gestalt Q
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uando si parla di percezione si finisce inevitabilmente a parlare della teoria della Gestalt o teoria
della forma. Questa teoria prende il nome da una scuola strutturalista tedesca (Scuola di Berlino)
che negli anni 20 modific lo sviluppo della psicologia. Limpostazione di questa scuola, infatti, si
contrapponeva a quella dominante tra la fine dell800 e i primi del 900 definita associazionistica
perch riteneva che la percezione di un oggetto fosse il risultato della associazione di elementi
sensoriali distinti. La nascita della psicologia della Gestalt si fa risalire esattamente al 1912,
quando Max Wertheimer scrisse un articolo in cui identificava un processo percettivo unitario
da lui chiamato fattore "phi" grazie al quale i singoli stimoli verrebbero integrati, nel soggetto, in
una forma dotata di continuit. Ci significava che quello che prima era stato considerato un
processo passivo il percepire veniva ad essere pensato come qualcosa di gran lunga pi
attivo, come unattivit subordinata a certi principi organizzativi generali. Werthemeir sosteneva
che non c corrispondenza diretta tra realt empirica e realt percettiva e che quindi per
comprendere il fenomeno percettivo non bisogna partire dalla descrizione dei singoli elementi
sensoriali ma dalla situazione percettiva globale perch la forma non data dalla semplice
somma dei suoi elementi ma qualcosa di pi, di diverso. La percezione dunque non dipende
dagli elementi ma dalla strutturazione di questi elementi in un insieme organizzato, in una
Gestalt (generalmente tradotta con forma, struttura, pattern). Le modalit secondo le quali
si costituiscono le forme sono state classificate e descritte come leggi della forma e sono state
elencate da Wertheimer nel 1923 nel modo seguente: 1.Legge della vicinanza: gli elementi del
campo percettivo vengono uniti in forme con tanta maggiore coesione quanto minore la distanza
tra di loro. Nel design di uninterfaccia possiamo utilizzare questo principio per rendere pi chiara
la struttura della pagina (divisione in paragrafi di un testo). 2.Legge della somiglianza: gli elementi
vengono uniti in forme con tanta maggior coesione quanto maggiore la loro somiglianza.
Utilizzare elementi, colori o simboli che visivamente collegano uninformazione ad unaltra aiuta a
rendere accessibile e facilmente navigabile anche un sito con grandi quantit di contenuti.
3.Legge del destino comune: gli elementi che hanno un movimento solidale tra di loro, e
differente da quello degli altri elementi, vengono

uniti in forme. In una configurazione tendono a unificarsi le linee con la stessa direzione od
orientamento o movimento, secondo landamento pi coerente, a difesa delle forme pi semplici
e pi equilibrate. 4.Legge della chiusura: le linee che formano delle figure chiuse tendono ad
essere viste come unit formali. La nostra mente predisposta a fornire le informazioni mancanti
per chiudere una figura, pertanto i margini chiusi o che tendono ad unirsi si impongono come
unit figurale su quelli aperti 5.Legge della continuit di direzione:una serie di elementi posti uno
di seguito allaltro, vengono uniti in forme in base alla loro continuit di direzione. Nella figura
percepiamo come unit AB e XY e non AY e XB o ancora AX e YB. 6.Legge della pregnanza: la
forma che si costituisce tanto buona quanto le condizioni date lo consentono. In pratica ci
che determina fondamentalmente lapparire delle forme la caratteristica di pregnanza o
buona forma da esse posseduta: quanto pi regolari, simmetriche, coesive, omogenee,
equilibrate, semplici, concise esse sono, tanto maggiore la probabilit che hanno dimporsi alla
nostra percezione. 7.Legge dellesperienza passata: elementi che per la nostra esperienza
passata sono abitualmente associati tra di loro tendono ad essere uniti in forme
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. Un osservatore che non conosce il nostro alfabeto non pu vedere la lettera E in queste tre
linee spezzate. Le illusioni percettive. La psicologia della Gestalt ha evidenziato come, di fronte
ad un insieme di percezioni, colui che percepisce tende ad organizzare i diversi stimoli in maniera
coerente secondo schemi precostituiti, ed il tutto crea qualcosa di diverso dallinsieme delle parti.
Il cubo di Necker un esempio di come un insieme di elementi costituisca una Gestalt,
dimostrando che la percezione qualcosa di pi di una semplice "ricezione" passiva di stimoli,
ma diviene nella mente umana "organizzazione" attiva degli stimoli provenienti dall'esterno.
L'insieme di oggetti presenti sul piano dellimmagine viene infatti organizzato percettivamente
sino ad identificarvi una forma geometrica - un cubo, oggetto che in realt non esiste, un oggetto
virtuale che viene "costruito" dal fruitore. Questo accade anche nella percezione di altri oggetti
mentali.

Cos come dallorganizzazione di queste figure possibile percepire qualcosa di diverso dalla
semplice somma dei componenti, lorganizzazione del design del prodotto, la somma dei suoi
elementi percettivi visivi, olfattivi, tattili, gustativi - crea una realt che diversa dalla somma delle
parti. Il prodotto quindi una Gestalt, una realt complessa superiore ad una semplice somma di
componenti, un'entit che acquista una personalit propria anche in relazione a come i diversi
componenti si rapportano tra loro. L'impresa stessa, il valore del suo marchio, il valore della sua
offerta, costituiscono un'insieme di Gestalt di livello ancora superiore. Le implicazioni che ne
derivano sono la contaminazione continua (positiva o negativa) tra elementi comunicativi
dell'impresa, tra la comunicazione del sito web e una visita aziendale, tra il packaging e la
pubblicit, tra una promozione e la percezione del valore del marchio, in un crescendo di
interazioni complesse. La ricerca
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della strutturazione e della congruenza con i propri schemi cognitivi una delle costanti della
mente umana. Il tentativo di semplificazione della complessit, la ricerca di categorie in cui
incasellare gli eventi e le cose, la strutturazione di elementi in insiemi omogenei, nasce da un
bisogno di consistenza, di coerenza tra elementi, di omogeneit di senso e significato. Le illusioni
ottiche dimostrano che non sempre quello che si percepisce corretto. Ad esempio, molti
sarebbero disposti a giurare sul fatto che le linee della figura successiva non siano parallele,
mentre in realt esse sono esattamente parallele. La percezione figura sfondo. La percezione il
passo successivo all'acquisizione: dopo che gli occhi hanno convertito gli stimoli luminosi in
informazioni neurali, il nostro cervello deve codificare queste informazioni per ricostruire
internamente l'immagine che gli occhi hanno acquisito, e interpretarla al fine di estrarne

rappresentazioni utili del mondo che ci circonda. Infatti noi non vediamo 'gradazioni di luce' o un
insieme di linee curve o rette, ma vediamo facce, persone, oggetti, scritte, paesaggi, ecc. Nella
retina, abbiamo detto, si forma un'immagine capovolta, ma sin dalla nostra infanzia, il cervello
impara a capovolgere questa immagine, per interpretarla correttamente. Tra l'altro questa
immagine una rappresentazione bidimensionale di una immagine del mondo che ci circonda
che invece tridimensionale. L'interpretazione del mondo quindi una traslazione, una
trasposizione sotto un'altra forma della realt: il cervello aggiunge, sottrae, riorganizza e codifica
le informazioni sensoriali che gli arrivano per fornire un interpretazione il pi possibile esatta del
mondo esterno. Un altro principio fondamentale della percezione l'organizzazione della figurasfondo: la tendenza a distinguere una figura dal suo sfondo e viceversa. In altre parole,
guardando un'immagine percepiamo l'oggetto che sta in primo piano come figura principale e ci
che sta dietro come sfondo. Quando per gli indizi sono scarsi o ambigui la nostra mente pu
trovare delle difficolt nel decidere a quale forma attribuire il significato di figura e a quale quello
di sfondo. 8.4) Percezione conscia ed inconscia: evidenze dallo studio di pazienti con lesioni
cerebrali Il correlato neurale della coscienza uguale o diverso dal correlato neurale che media
la percezione non cosciente? Due ipotesi: 1. Stesso correlato neurale; 2. Correlati neurali diversi.
STESSO CORRELATO Il correlato neurale per la percezione conscia e per quella inconscia
uno ed lo stesso. Quello che differisce nelle due condizioni che gli stimoli non percepiti
coscientemente producono unattivazione di minor entit rispetto agli stimoli visti. Quindi, la
variabile critica per lemergere dellesperienza cosciente sar il grado di attivazione neurale.
Ipotesi: il/i supposti centri della coscienza hanno una soglia di attivazione superiore a quella dei
centri incoscienti e quindi lattivit neurale debole prodotta da stimoli non coscienti non potr
attivarli. CORRELATI NEURALI DIVERSI Ci sarebbero due correlati neurale differenti per la
percezione cosciente e per quella non cosciente. Ad es, il primo potrebbe essere corticale mentre
il secondo sottocorticale. Ipotesi: solo il pattern di attivazione per la percezione cosciente
connesso al/ai supposti centri della coscienza.

Qualche esempio di percezione inconscia in condizioni patologiche Amnesia anterograda: il


soggetto non ricorda eventi successivi alla lesione cerebrale. Aneddoto: un neurologo durante la
visita con un paziente con amnesia anterograda, con un metodo piuttosto subdolo decide di
misurare le sue capacit mnestiche implicite. Questo paziente, ogni volta che entrava dal
neurologo non lo riconosceva, cos come non ricordava i test che gli venivano sottoposti. Alla fine
di una seduta il neurologo saluta il paziente stringendogli la mano
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ma tenendo nella propria mano una puntina e quindi pungendolo. Alla visita successiva il
paziente rifiut di stringere la mano del neurologo, nonostante non sapesse riferire una
motivazione valida per tale rifiuto. Blindsight: danno alle vie visive primarie, il soggetto non
percepisce gli stimoli che cadono nella porzione cieca del campo visivo. Quando vengono
presentati degli stimoli visivi a soggetti con blindsight riferiscono di non percepire nulla. Ossia,
come predice la lesione cerebrale, sono totalmente ciechi. Nonostante questo, se li si obbliga a
dire dove gli stimoli sono stati presentati, riferiscono la posizione esatta con una accuratezza
superiore al caso. Nella vita quotidiana, nonostante la loro cecit, a volte riescono a non sbattere
contro gli oggetti ma possono muoversi nellambiente come se le loro capacit visiva fossero
pressoch conservate. Neglect: il soggetto non percepisce n concepisce il lato controlesionale
dello spazio e del proprio corpo.

Compito di scelta della categoria semantica. Vengono misurati i tempi di reazione. Pi veloci per
gli stimoli uguali, intermedi per i congruenti e pi lenti per gli incongruenti. Copia di disegni. In C
quello che c a sinistra viene disegnato a destra (allochiria). Questo un indice che il soggetto
ha elaborato gli stimoli presenti a sinistra. Paziente con un vasto danno cerebrale causato da
monossido di carbonio. Era perfettamente in grado di riferire il colore e la grana degli stimoli ma
non la loro forma o lorientamento. Se per gli si chiedeva di imbucare una lettera dentro ad una
fessura, nonostante non fosse in grado di dire lorientamento della fessura, i suoi movimenti
erano corretti. 8.5) Riconoscimento dei volti vs. riconoscimento degli oggetti: evidenze cliniche e
sperimentali

Il riconoscimento dei volti un processo speciale, diverso dal riconoscimento di altri stimoli visivi?
Utilizza strategie, e aree cerebrali diverse? Le evidenze alla base di un processo dedic
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ato a questa capacit sono principalmente 3: 1. Teoria dellesistenza dellarea dei volti. - Nelle
aree inferotemporali della scimmia esistono neuroni che rispondono selettivamente ai volti. Alcuni
di questi neuroni danno risposte relativamente indipendenti dellorientamento o dalla
localizzazione del volto. Questi neuroni avevano portato a formulare lipotesi dellesistenza del
neurone della nonna e cio del neurone che ci permette di riconoscere la nonna. Questi neuroni
per sono relativamente specifici tra i volti e esistono anche neuroni che rispondono a parti del
volto o ad altre parti del corpo (es. mani etc.). - Studi con varie tecniche (potenziali evocati,
imaging) nelluomo hanno mostrato un attivazione maggiore nelle aree del giro fusiforme in
risposta a volti piuttosto che altri stimoli visivi.-Gli studi neuropsicologici mostrano una distinzione
tra pazienti con deficit del riconoscimento degli oggetti e deficit nel riconoscimento dei volti
(prosopoagnosia). Tipicamente il paziente riconosce che ci che vede un volto ma non sa di chi
. Tuttavia studi ulteriori mostrano che possono esserci pazienti che riconoscono che il volto
familiare oppure non saperlo nominare. Il processo non quindi unitario ma suddivisibile in vari
step come il riconoscimento degli oggetti che possono coinvolgere pi aree cerebrali. 2. Processo
olistico del riconoscimento del volto. Per il riconoscimento degli oggetti si analizzano varie
propriet degli elementi che compongono limmagine delloggetto. Nel caso dei volti si utilizzano
molto anche le relazioni spaziali tra i componenti principali del volto (bocca, occhi etc.). Questo
rende il riconoscimento del volto molto sensibile alleffetto di inversione. Tuttavia questo processo
presente per tutti gli oggetti di cui siamo esperti conoscitori. Es. allevatori di cani o pecore sono
sensibili allinversione delle immagini dei loro animali.

8.6) Il riconoscimento dei volti qualeesempio di processo dominio specifico Lateralizzazione del
riconoscimento dei volti ma non degli oggetti. Lemisfero destro dominante nel riconoscimento
dei volti. Il riconoscimento migliore per una presentazione brevissima (tachistoscopica)
nellemicampo visivo sinistro che non nel destro. La prosopoagnosia si pu avere anche con
lesioni delle sole aree inferotemporali di destra, mentre i deficit di riconoscimento degli oggetti
non sono cos lateralizzati. Studi di attivazione mostrano maggiore attivazione a destra durante il
riconoscimento dei volti. Lampiezza delle onde tardive dei potenziali evocati da stimoli visivi
costituiti da volti subivano leffetto inversione solo a destra. Lemisfero destro dominante nella
determinazione dellespressione del volto. Lo sviluppo: il riconoscimento delle facce innato o
appreso? La maggiore capacit di riconoscimento che abbiamo allinterno della nostra razza (es.
caucasici vs. orientali) ha base sicuramente culturale, tuttavia gi alla nascita il bambino
preferisce osservare un pattern simile ad una faccia pi di altri stimoli. La visione del bambino
tuttavia molto immatura e sono sufficiente volti schematizzati.

9) Memoria 9.1) Registri sensoriali e memoria immediata: memoria iconica ed ecoica Teorie dei
magazzini di memoria Attorno agli anni cinquanta, linteresse per la memoria andato crescendo
nel mondo accademico. I risultati delle molte ricerche nel settore hanno evidenziato che la
memoria non poteva essere pi considerata come un sistema unitario. Venne fuori, invece, un
modello costituito da pi sistemi interconnessi tra loro e ognuno caratterizzato da specifiche
propriet. Atkinson e Shiffrin cercarono di unificare le nuove conoscenze in un unico modello
multimodale. Secondo questo modello linformazione sensoriale viene conservata per un breve
periodo di tempo in un registro sensoriale, viene focalizzata attraverso i processi attentivi, quindi
viene parzialmente codif
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icata e passa nella MBT*, dove pu essere mantenuta attiva e conservata attraverso il processo
della reiterazione. In entrambi i sistemi di memoria linformazione pu essere perduta per
decadimento o interferenza. Quindi, se il caso, grazie alla reiterazione, viene passata nella
MLT** e ricodificata. Alcuni ipotizzano che nella MLT la ritenzione dellinformazione sia
permanente, sebbene il processo di recupero non sia sempre immediato. Memoria Sensoriale Il
registro o memoria sensoriale implica lesistenza di diversi registri deputati al processamento
delle informazioni provenienti dai vari sensi. I primi studi sullargomento riguardano la cosiddetta
memoria iconica scoperta da Sperling. Successivamente si ipotizzata una memoria ecoica
(Neisser). Entrambe farebbero parte del registro sensoriale. Si tratta di sistemi di memoria ad
elevata capacit e rapido decadimento. Tali sistemi implicano la codifica dellinformazione
sensoriale in una forma simile alloriginale, linformazione viene ritenuta per un periodo limitato di
tempo. Immaginate una sorta di polaroid al contrario, per cui il sistema scatta una foto che
allinizio chiara e nitida, ma svanisce nel giro di pochi secondi. La ritenzione di tale informazione
pu essere disturbata dalla presentazione di un altro stimolo subito dopo e dar origine a un
processo di mascheramento retroattivo. In un esperimento un gruppo di soggetti dovevano
leggere delle frasi che venivano proiettate su uno schermo per soli 100 millisecondi. I soggetti,
normalmente erano in grado di effettuare il compito, ma se subito dopo la presentazione della
frase, veniva proiettata una qualche configurazione visiva (anche 1 secondo dopo la frase), la
lettura veniva disturbata. Il verificarsi delleffetto di mascheramento conferma lipotesi che i
soggetti continuino a leggere anche dopo la presentazione della frase, grazie allimmagine
iconica della frase stessa presente nella memoria sensoriale. Gli studi di Sp
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erling sono estremamente interessanti. Questo autore voleva capire quanto possibile vedere
di unimmagine in pochi secondi. A questo scopo present ad un gruppo di soggetti una matrice
4x3 contenente 12 lettere, il tempo di presentazione era di 50 millisecondi. Inizialmente chiese ai
soggetti di elencare quante pi lettere ricordassero. I soggetti riuscivano ad elencare quattro o
cinque lettere, anche se sostenevano di vederle tutte.

Sperling ipotizz che si trattasse di un problema di conservazione dellinformazione, le lettere


sfuggivano ai soggetti come a chiunque sfuggirebbe un elenco di 12 lettere. Per questo Sperling
elabor un sistema di resoconto parziale. Chiedeva ai soggetti di rievocare la riga superiore della
matrice, quella intermedia o quella in basso, a seconda che avessero sentito un segnale acustico
alto, medio o basso. In questo modo i soggetti riuscivano a rievocare 3 delle 4 lettere della riga, e
ci significa che vedevano almeno 9 lettere delle 12 presentate. La capacit di recupero dei
soggetti era molto buona se il suono era immediatamente successivo alla presentazione della
matrice; Diversamente, decresceva con laumentare dellintervallo. Esistono diverse evidenze
empiriche che mostrano lesistenza anche di un registro sensoriale ecoico (uditivo). Il
funzionamento simile a quello del registro iconico. Una prova dellesistenza di questo registro
sta nel comportamento tipico di chi concentrato in una qualche attivit, viene interrotto da una
domanda inaspettata e subito chiede cosa hai detto, ma immediatamente risponde alla
domanda postagli poco prima. *MBT = Memoria a Breve Termine **MLT = Memoria a Lungo
Termine 9.2) Magazzino a breve termine e memoria di lavoro Memoria a breve termine. Dal
registro sensoriale, linformazione viene focalizzata attraverso i processi attentivi, e, se non
intervengono interferenze, passa nella MBT. Si tratta di un sistema di memoria in cui
linformazione viene elaborata e codificata. Tale sistema ha una capacit limitata, infatti pu
contenere un massimo di 7 + o - 2 elementi o raggruppamenti di informazioni - chunks (Miller,
1956). Sternberg (1966) ha cercato di indagare la velocit di recupero dellinformazione nella
MBT. Ha elaborato un compito di riconoscimento nel quale ai soggetti vengono mostrati piccoli
insiemi di item definiti insieme-memoria (costituiti ciascuno da un minimo di 1 numero a un
massimo di 6 numeri). Subito dopo viene presentato un numero, definito item sonda, e si chiede
al soggetto di dire se quellitem era compreso nellinsieme-memoria oppure no. Sternberg ha
dimostrato che il tempo necessario a rispondere era proporzionale al numero di items
dellinsieme. Tanti pi items erano presenti nellinsieme e tanto maggiore sarebbe stato il tempo
di esplorazione. Questo si verificava sia nel caso in cui litem non fosse compreso nellinsieme
(come era da aspettarsi), sia nel caso in cui litem fosse presente. Questo risultato appariva
strano, in quanto il soggetto avrebbe dovuto fermarsi una volta individuato litem. Secondo
Sternberg questo indica che il nostro sistema effettua un processo di ricerca esaustivo. Memoria
di lavoro La teoria originale di Atkinson e Shiffrin prevede un magazzino unico per la MBT, ma
studi successivi effettuati da Warrington e Shallice (1972) hanno mostrato che il magazzino a
breve termine non unitario. A questo proposito Baddeley ha proposto di sostituire il concetto di
MBT con quello, pi articolato da lui proposto, di memoria di lavoro. Baddeley parla della
memoria di lavoro come di un sistema gerarchico deputato al mantenimento e allelaborazione
temporanea delle informazioni durante lesecuzione di vari compiti cognitivi. Lautore ha ipotizzato
tre componenti del sistema. Una componente articolatorio-fonologica (circuito articolatoriofonologico), Una componente visuo-spaziale (taccuino visuo-spaziale),

Un esecutore centrale. La componente a


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rticolatorio-fonologica deputata al mantenimento e allelaborazione di informazioni verbali. E
importante nei compiti di comprensione linguistica e nel fare i calcoli a mente. Baddeley ha
distinto tra un magazzino fonologico passivo, connesso con la percezione del linguaggio, e un
processo articolatorio, connesso con la produzione del linguaggio. 9.3) Memoria a lungo termine:
dichiarativa (esplicita) e non dichiarativa (implicita), evidenze cliniche di dissociazione
Classificazione per durata Il pi diffuso criterio di classificazione della memoria si basa sulla
durata della ritenzione del ricordo, e identifica tre tipi distinti di memoria: la memoria sensoriale, la
memoria a breve termine, e la memoria a lungo termine. La memoria sensoriale conserva le
informazioni grezze appena percepite, e, nella maggior parte dei casi, dura fino a pochissimi
secondi. Alcune delle informazioni contenute nella memoria sensoriale, possono passare,
opportunamente codificate, nella memoria a breve termine, che pu conservarle fino a pochi
minuti. Alcune delle informazioni contenute nella memoria a breve termine, possono passare
nella memoria a lungo termine, che pu conservarle per giorni o tutta la vita. Per esempio, se
ascoltiamo un numero a caso di sette cifre in una lingua a noi completamente incomprensibile,
siamo in grado di ripeterlo solo immediatamente dopo averlo ascoltato (memoria sensoriale). Se,
invece, il numero pronunciato nella nostra lingua, i suoni vengono codificati in simboli che
possibile ricordare per alcune decine di secondi (memoria a breve termine). D'altra parte,
conosciamo il nostro numero di telefono perch l'abbiamo ripetuto numerose volte (memoria a
lungo termine). La teoria prevalente sostiene che la memoria sensoriale e la memoria a breve
termine si realizzino tramite modifiche transitorie nella comunicazione neuronale, mentre la
memoria a lungo termine si realizzi tramite modifiche pi stabili nella struttura neuronale. Alcuni
psicol
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ogi sostengono che la classificazione della memoria in base alla durata sia ingiustificata, e sia
solo il risultato di diversi livelli di attivazione all'interno di un unico magazzino. Classificazione per
tipo di informazione La memoria a lungo termine pu essere suddivisa in: Memoria dichiarativa (o
esplicita): riguarda le informazioni comunicabili e che vengono richiamate consciamente.
Memoria procedurale (o implicita): riguarda le informazioni relative a comportamenti automatici.
La memoria dichiarativa pu essere ulteriormente suddivisa in memoria episodica, che riguarda
le informazioni specifiche a un contesto particolare, come un momento e un luogo, e memoria
semantica, che riguarda idee e affermazioni indipendenti da uno specifico episodio. Per fare degli
esempi, il ricordo della trama di un romanzo o di un film riguarda la memoria episodica, mentre
ricordarsi il nome dei personaggi dello stesso romanzo o film riguarda la memoria semantica. La
memoria autobiografica un caso particolare della memoria episodica, che riguarda episodi
realmente avvenuti al soggetto stesso. La memoria procedurale riguarda invece soprattutto le
abilit motorie e fonetiche, che vengono apprese con il semplice esercizio e utilizzate
inconsciamente.

Oggi possiamo dire che nei due tipi di memoria (dichiaratica o esplicita e procedurale o implicita)
sono implicate zone cerebrali diverse. Mentre la memoria dichiarativa viene principalmente
controllata dalla corteccia cerebrale, in particolare quella temporale, nella memoria procedurale
sono implicate le strutture sottocorticali, in particolare in gangli della base. Lamnesia Lamnesia
una riduzione pi o meno grave della capacit di apprendere e ricordare informazioni ed
avvenimenti, caratterizzata da una c apprendere e ricordare nuove informazioni di quasi tutti i tipi;
(2) difficolt nel ricordare alcune informazioni acquisite prima dellinsorgenza della lesione; (3)
sistemi di MBT solitamente normali, o colpiti in misura molto minore rispetto alla MLT; (4)
funzionamento normale o quasi delle altre funzioni cognitive (Wilson, 1987). Pu avere una
causa organica o psicogena, ma noi prenderemo in considerazione solo le amnesie organiche.
Questo tipo di amnesie differiscono a seconda delle strutture cerebrali compromesse per cause
traumatiche, infettive, tossiche, vascolari, degenerative o metaboliche. Lentit del disturbo
dipende dalla sede, dallestensione e dalleventuale irreversibilit della lesione. Come per la
descrizione della memoria umana, anche per lamnesia ritroviamo le stesse discrepanze nelle
descrizioni, a seconda dei sistemi di classificazione degli Autori; altres ritroviamo gli stessi dubbi
circa la questione se lamnesia sia un disturbo unitario, o se piuttosto non comprenda dei deficit
diversi. Nella letteratura infatti, troveremo che gli studiosi classificano i loro pazienti su basi
completamente diverse. Le ricerche si basano su tre tipi di classificazioni, basate sulleziologia,
sulle localizzazioni cerebrali, e sul deficit funzionale. Non entreremo nel merito su quale sia la pi
utile, ma menzioneremo dei dati che si riferiscono a tutte e tre. Baddeley (1982) distingueva
anche una amnesia primaria ed unamnesia secondaria. Lamnesia primaria si riferisce alla
classica sindrome amnesica (amnesia globale) citata prima da Wilson, dove non si osservano
altri disturbi cognitivi oltre a quello di memoria. Questo tipo di amnesia pura molto difficile da
trovare nella pratica clinica. Lamnesia secondaria invece comprende tutti quei vari tipi di disturbi
della memoria che sono secondari ad alcuni deficit nelle capacit di processare linformazione.
Questi pazienti ad esempio includono quelli co
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n Trauma Cranio Encefalico (TCE), demenza, esiti di lesione vascolare, encefaliti etc. Quei
disturbi cognitivi che alterano le funzioni del riconoscimento, del linguaggio, dellintelligenza,
possono causare facilmente dei disturbi della memoria, per deficit nelle fasi di codifica, di
immagazzinamento o di recupero dellinformazione. Uno dei casi pi studiati di pazienti amnesici
il famoso paziente H.M. che divenne amnesico nel 1953 a seguito ad un intervento di resezione
bilaterale dei lobi temporali mediali, nel tentativo di fermare i suoi attacchi epilettici. Dopo
loperazione, H.M. ha riportato un gravissimo disturbo della memoria anterograda, che persistito
per tutta la sua vita. Il caso di H.M. stato studiato per pi di 40 anni, e pu essere considerato il
singolo paziente che ha fornito la pi ampia collezione di dati sul disturbo amnesico. Per gli
approfondimenti su questo caso, rimandiamo alle descrizione della vita di H.M. fatte da

Milner e coll. (1968) e Corkin (1984), che riescono a dare al lettore un senso concreto
dellamnesia. 2. Interpretazioni dellAmnesia Tradizionalmente le amnesie sono state attribuite a
compromissioni a carico di uno o pi dei processi di elaborazione delinformazione, che
costituiscono lattivit del ricordare. Questa classificazione considera lamnesia da un punto di
vista esclusivamente funzionale. 2.1. Deficit di immagazzinamento 2.1.1. Teoria del
consolidamento della traccia La memorizzazione in MLT di nuova informazione richiede la
formazione ed il consolidamento di una traccia mnestica: essa sarebbe registrata nella corteccia.
In questa fase lippocampo avrebbe la funzione di legare ed organizzare siti neuronali nella
corteccia cerebrale, costituendo nel tempo una traccia mnestica stabile. Sempre lippocampo
sarebbe la sede di una marcatura che permetterebbe il richiamo dellinformazione memorizzata.
(Thompson, 1992; Wickelgren, 1979). 2.1.2. Ipotesi di un oblio pi rapido Nume
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rosi studi sul tasso di apprendimento e ritenzione di materiale verbale in pazienti amnesici, hanno
permesso di escludere questa ipotesi. Sembrerebbe dunque che il tasso di oblio dei pazienti
amnesici sia sostanzialmente simile a quello dei soggetti normali (Huppert e Piercy, 1976). Questi
risultati sono compatibili con diverse interpretazioni dellamnesia (deficit di codificazione,
consolidamento anormale della traccia, deficit di richiamo). 2.1.3. Deficit di codificazione
semantica In una lunga serie di lavori sperimentali che fanno riferimento alla teoria dei livelli di
elaborazione (levels of processing) di Craik e Lockhart (1972), Cermak e coll., hanno dimostrato
che pazienti con Sindrome di Korsakoff mancavano di utilizzare dei processi di codificazione
semantica profonda del materiale verbale da apprendere, presentando invece una tendenza
spontanea ad utilizzare dei codici pi superficiali, come quello fonologico. Questo deficit di
codifica semantica nei Korsakoff tuttavia si inserisce in un quadro pi generale di decadimento
cognitivo pi vasto. Non tutti i pazienti tuttavia hanno questa compromissione: alcuni infatti
riescono a migliorare la prestazione se sono presenti facilitazioni di codifica o con istruzioni
specifiche (Baddeley e Warrington, 1973; Mayes et al., 1980, 1985). 2.1.4. Deficit di codificazione
visuo-spaziale Numerosi studi sembrano escludere che la genesi dellamnesia sia da attribuire ad
incapacit ad utilizzare correttamente strategie di immaginazione mentale visiva, come strategia
di ausilio nella codificazione e memorizzazione di materiale verbale. 2.2. Deficit di richiamo.

Losservazione frequente che i pazienti amnesici riescono a rievocare correttamente alcune


informazioni, se vengono facilitati con suggerimenti per il recupero, come le iniziali o la categoria,
ci suggerisce che il deficit primario dellamnesia risieda nellincapacit a mettere in opera
strategie adeguate per richiamare linformazione. Le prestazioompromissione grave e selettiva
della MLT, indipendente dalle caratteristiche verbali e non-verbali dello stimolo, e dalla modalit
sensoriale. La sindrome amnesica caratterizzata da (1) grave difficolt nelni di ricordo sono
spesso ricche di errori falsi-positivi, di intrusioni da interferenza proattiva, di sensazioni soggettive
di avere la risposta sulla punta della lingua. Queste caratteristiche confermano il deficit di
accesso ed ipotizzano una peculiare difficolt ad inibire le informazioni irrilevanti (Warrington e
Weiskrantz, 1968-74). Il deficit di richiamo o di accesso spiega anche il fatto che i pazienti
amnesici spesso presentano anche un quadro di amnesia retrograda, oltre che anterograda. Le
ipotesi di deficit di consolidamento, oblio, e di codificazione invece, erano valide unicamente per
lapprendimento di informazioni nuove. 3. Dissociazione MBT/MLT nell Amnesia Losservazione
clinica abituale del paziente amnesico, evidenzia come questi pazienti siano in grado di ricordare,
per brevi periodi di tempo, quantit limitate di informazione, come alcuni numeri, o qualche
parola. Il loro span in MBT uditivo-verbale per cifre o parole risulta essere quasi sempre nella
norma. Questo ci suggerisce che i sistemi di MBT siano indenni dal disturbo, e che la
dissociazione MBT/MLT sia una caratteristica comune degli amnesici. Baddeley e Warrington
(1970) hanno avvalorato questa dissociazione, dimostrando come i pazienti amnesici avessero
uno span uditivo-verbale nella norma, un normale effetto recenza, indice di buon funzionamento
della MBT, ed uno scadente effetto priorit, indice dellattivit della MLT. Nel compito di BrownPeterson gli stessi pazienti mostravano una curva di oblio normale fino ad una ritenzione di 60
secondi. Le stesse conclusioni sulla dissociazione MBT/MLT sono state confermate anche per i
sistemi a BT visuo-spaziali (Baddeley e Warrington, 1973). Questa serie di dati avvalora il
modello bi-componenziale della memoria di Atkinson e Shiffrin (1968): nellamnesia
linformazione ha accesso ad un sistema a BT ben funzionante, ma non pu essere trasferita al
MgLT*. Il deficit a LT inoltre globale ed indipendente dalla modalit
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di presentazione dello stimolo. La dissociazione MBT/MLT viene anche ben spiegata dalla
teoria del decadimento della traccia, per cui uninformazione non riesce a formare una
rappresentazione stabile in MLT e decade quando non viene pi mantenuta nel MgBT** e sotto il
controllo dellattenzione. Questa ipotesi tuttavia non spiega la presenza di amnesia retrograda
osservabile in molti pazienti amnesici. Lincapacit a trasferire le informazioni in MLT spiegabile
anche secondo la teoria dellinterferenza. In questo caso il deficit risiede nella elevata sensibilit
allinterferenza pro-attiva di altre tracce simili, ed alla conseguente difficolt a formare una traccia
ben distinguibile e consolidata. Infine losservazione che i sistemi di MBT siano normali, dimostra
che i processi di analisi percettiva e di codifica dello stimolo siano integri. Tuttavia anche
possibile che un deficit lieve nelladeguata codifica dello stimolo, sia responsabile della
formazione di una traccia mnestica pi labile.

MgLT= Magazzino a lungo termine **MgBT= Magazzino a breve termine * 4. Amnesia


Anterograda e Retrograda Il deficit di memoria nellamnesia ha due componenti: 1) un amnesia
retrograda, relativa ad eventi antecedenti linsorgenza della malattia; 2) unamnesia anterograda,
che interessa eventi successivi ad essa. E raro trovare comunque sindromi amnesiche che
interessano solamente una delle due componenti, essendo i casi di pazienti con amnesie per fatti
remoti e per le informazioni nuove molto pi frequenti. 4.1. Amnesia anterograda Il termine
amnesia anterograda (AA) si riferisce a problemi che si incontrano nella memoria per i fatti
correnti e per gli apprendimenti di nuove informazioni. LAA un disturbo caratteristico e molto
comune a tutti i deficit di memoria; sono infatti molto rari i casi in cui presente amnesia
retrograda (AR) e nessun disturbo dellapprendimento anterogrado. E molto pi comune
imbattersi in pazient
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i con il quadro opposto, cio con AA senza AR, oppure con AA e lieve interessamento dei fatti
precedenti la malattia. LAA colpisce una grande variet di nuovi apprendimenti come
informazioni verbali, visuospaziali, e gli eventi della vita quotidiana (everyday memory e
ongoing memory). A volte pu capitare di trovare pazienti con deficit selettivi nel ricordare
materiale verbale, di solito associati a lesioni dellemisfero sinistro, o materiale visuo-spaziale,
associati a danni dellemisfero destro, ma questi casi costituiscono uneccezione. I deficit dellAA
vengono misurati con una serie di prove che testano le capacit di MLT, mediante
lapprendimento di alcune informazioni verbali o visuo-spaziali, la loro ritenzione, e la loro
rievocazione successiva. La maggior parte delle prove di MLT sono costituite da test
standardizzati e tarati su campioni di popolazioni, molto usate nella pratica clinica e nella ricerca
neuropsicologica. 9.4) Recupero ed oblio: effetto della posizione seriale, del contesto, della
codifica e dellinterferenza Introducendo il concetto di sistema di memoria abbiamo accennato al
fatto che tali sistemi possono essere oggetto di una perdita delle informazioni in essi contenuti,
per cause diverse. Nella memoria umana questa perdita dell'informazione pu avvenire in uno
qualsiasi dei diversi processi di memorizzazione: codifica, ritenzione e recupero, e diversi sono i
fattori che possono causare l'oblio, primo fra questi il trascorrere del tempo. Secondo Ebbinghaus
la ritenzione cala molto rapidamente all'inizio per poi stabilizzarsi nelle ore successive in maniera
costante. Molto importante anche il ruolo dell'attenzione: se infatti non prestiamo sufficiente
attenzione nel momento di codifica dell'informazione, sar pi difficile in seguito recuperarla.
Anche i fattori emotivi possono interferire con la memoria; stato provato, per esempio, come
l'ansia determini una stimolazione distraente che indeboliscel a capacit di ricordare. Sono
significative inoltre le interferenze di altri ricordi. L'interferenza pu essere proattiva, se ci che
dobbiamo memorizzare viene ostacolato da ricordi o eventi simili precedenti; retroattiva, se
l'informazione nuova ostacola la ritenzione di ci che era gi stato memorizzato. L'oblio pu
avere anche cause organiche come traumi cranici o danni cerebrali; la malattia pi nota che
riduce la capacit di memoria, soprattutto nelle persone anziane, il morbo di Alzheimer.
POSIZIONE SERIALE: Viene presentata una lista di 15 parole. I partecipanti, immediatamente

dopo la presentazione dellultima parola, devono rievocarne quante pi possibile nellordine che
vogliono (rievocazione libera) I primi elementi della lista (effetto primacy) e gli ultimi elementi della
lista (effetto recency) vengono ricordati meglio degli elementi intermedi Sono stati usati a
sostegno della distinzione tra MBT e MLT, anche se questa interpretazione stata
successivamente messa in discussione Spiegazione originaria (Glanzer & Cunitz, 1966): I primi
item presentati sono reiterati con maggiore frequenza ed quindi pi probabile che vengano
trasferiti nella memoria a lungo termine Gli item pi recenti sono mantenuti in memoria a breve
termine e possono essere riferiti direttamente. Questi elementi sono riportati per primi (Rundus,
1971) CONTESTO: Alcuni studi hanno dimostrato che il cambiamento dellinformazione
contestuale tra immagazzinamento e recupero pu danneggiare la prestazione Spiegazione
delloblio basata sul cambiamento del contesto: La rievocazione migliore se le condizioni
presenti al momento della codifica corrispondono alle condizioni presenti al momento della
rievocazione Il passaggio del tempo pu produrre un cambiamento o una variazione nei cui
interni o esterni che erano presenti al momento dellapprendimento Es. dimentico la parolachiave perch altre parole, diventate pi attive, interferisco
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no

Il passaggio del tempo pu quindi cambiare il contesto e rendere pi difficile la rievocazione


CODIFICA: La codifica si riferisce al modo in cui la nuova informazione viene inserita in un
contesto di informazioni precedenti I codici usati possono essere di vario tipo: per es., visivo o
semantico Secondo la teoria dei livelli di elaborazione, pi profondo il livello di elaborazione
nella codifica pi probabile che la traccia di memoria sia duratura Da questo punto di vista, se si
codifica linformazione sulla base del significato si ottiene una migliore ritenzione di quanto non
avvenga sulla base di una codifica basata su INTERFERENZA: 1) proattiva: linterferenza
proattiva riguarda leffetto esercitato dal materiale appreso prima su quello appreso dopo. 2)
retroattiva: linterferenza retroattiva riguarda leffetto di danneggiamento esercitato dal materiale
appreso successivamente su quello appreso in precedenza 9.5) Le mnemotecniche: metodo dei
loci, parole piolo (luomo che non dimenticava nulla) Le mnemotecniche Con il termine
mnemotecniche ci si riferisce a teorie e pratiche di potenziamento della memoria naturale. Esse
sono note fin dall'antichit, in quanto le prime di cui ci sia giunta notizia venivano utilizzate al fine
di ricordare i lunghi e complessi discorsi degli oratori pubblici: tra i famosi oratori che ne facevano
uso di certo possiamo ricordare Simonide di Ceo tra i Greci e Cicerone e Quintilliano tra i latini.
Nell'antichit classica, la teoria consigliava gli espedienti utili a ritenere qualsiasi tipo di nozione
difficilmente memorizzabile (termini tecnici, liste cronologiche, cause giudiziarie ecc.).
L'espediente fondamentale consisteva nell'attribuire alle nozioni da ricordare la medesima
disposizione degli elementi di un ambiente ben noto e familiare. Un'altra tecnica suggeriva di
mettere in versi ci che si voleva ricordare, sfruttando le facilitazioni fornite dalle assonanze
metriche. Le mnemo
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tecniche sono poi divenute oggetto di ricerche psicologiche. Alla base di tutte queste tecniche per
il potenziamento della memoria ci sono due processi fondamentali: l'elaborazione e la

riorganizzazione dell'informazione. Una caratteristica comune delle mnemotecniche l'uso di


suggerimenti pi facili da ricordare di quanto non lo sia l'informazione che in seguito si dovr
recuperare. Una delle tecniche pi antiche il cosiddetto metodo dei loci in cui si abbina ci che
si vuole ricordare a una serie ordinata di luoghi noti utilizzando, per esempio, l'ordine espresso
dal colonnato di un tempio, posizionando in punti noti gli oggetti o termini da ricordare e poi
immaginando di percorrere mentalmente questo percorso, incontrando uno dopo l'altro gli
elementi inseriti. Un'altra metodologia simile alla precedente quella delle parole piolo in cui si
abbinano i numeri da 1 a 10 a una lista di parole. Un altro metodo quello della parola chiave in
cui si associa una parola nuova a una di suono simile e facilmente rappresentabile per mezzo di
una figura: per ricordare la parola nuova bisogner pensare prima alla parola chiave, poi
all'immagine o alle azioni ad essa collegate. Un ulteriore sistema per migliorare la propria
memoria, anche se non pu considerarsi esattamente una mnemotecnica pu essere il diventare
maggiormente consapevoli del suo funzionamento. Questa riflessione nota con il termine di
metamemoria, la quale si riferisce appunto alla conoscenza che il soggetto ha del funzionamento
della propria memoria, delle strategie e dei meccanismi che vengono messi in atto nei compiti
mnestici. I primi studi, condotti dallo statunitense Flavell negli anni Settanta, hanno messo in luce
l'importanza della consapevolezza che il soggetto ha dei propri processi mentali quando esegue
determinati compiti (memorizzare, risolvere un problema, compiere una scelta ecc.). Varie
indagini hanno dimostrato che, in genere, quando una persona migliora la propriacompetenza
metacognitiva (cio maggiormente cosciente di ci che fa la mente mentre ricorda, ragiona ecc.
ed maggiormente informata circa il modo in cui la mente lavora), migliora conseguentemente
anche le proprie prestazioni. L'uomo che non dimenticava nulla non altro che un libro che parla
di un giornalista russo che grazie ad una mnemotecnica riusciva a non dimenticare nulla.... fine.
9.6) Soggettivit e memoria: il problema della testimonianza e delle false memorie Alcuni errori di
memoria possono portare alla creazione di un nuovo ricordo, inteso come il recupero dettagliato
di un evento che non mai accaduto. Possono essere considerati dei fenomeni produttivi che
rivelano la normale manifestazione di un processo creativo (Cubelli, Della Sala, 2007, p 90).
Questi errori possono essere classificati in diversi sottogruppi: Errori di monitoraggio della fonte
Quando il meccanismo di monitoraggio della fonte danneggiato, uninformazione, un nome in
questo caso, viene ricordata, ma viene perduto il ricordo di dove e come linformazione stata
acquisita. Poich la sensazione di familiarit percepibile, i soggetti sono indotti a incorporare
nella memoria questa informazione attribuendole connotati che non le sono propri (Peters M.J.,
Horselenberg R., Jelicic M., Merckelbach H., 2007). Suggestione post-evento Questo errore
stato studiato da Loftus e Palmer (1974) tramite una serie di esperimenti volti a dimostrare
leffetto del tipo di informazioni fornite ai soggetti sulla rievocazione del ricordo. Le parole scelte
per formulare la medesima domanda influenzavano lelaborazione del ricordo. Errori di
congiunzione mnesica Due ricordi, spesso uno episodico e uno semantico, si miscelano
formando un altro ricordo.

(Per fare degli esempi, il ricordo della trama di un romanzo o di un film riguarda la memoria
episodica, mentre ricordarsi il nome dei personaggi dello stesso romanzo o film riguarda la
memoria semantica)
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Errori di traslazione inconsci Si ha quando un testimone riconosce un volto familiare e per questo
lo assegna erroneamente allautore del crimine. Errori di correzione del passato Il ricordo di
esperienze passate influenzato dalle nostre conoscenze attuali, dagli schemi attuali e dagli
stereotipi consolidati. Spesso quindi siamo portati a correggere eventi passati in base ad
esigenze di coerenza e semplificazione. Errori dovuti a pregiudizi In un esperimento classico,
dovendo riconoscere da una vignetta vista in precedenza chi aveva larma in mano durante una
lite nel metr, oltre met delle persone ricordava di aver visto larma in mano alluomo con la pelle
scura, mentre nella scena era il bianco ad impugnarla. Lo studio di questi errori di memoria ha
portato quindi ad una ridefinizione delle fasi di elaborazione del ricordo: la fase di enconding
corrisponde allinterpretazione dello stimolo sulla base di conoscenze e inferenze; nella fase di
storage linterpretazione viene inserita allinterno di schemi conoscitivi; infine, nella fase di
retrieval si procede allelaborazione dellinterpretazione. Questo processo si configura allora
come un percorso di ricostruzione e concatenamento di tracce piuttosto che come un semplice
immagazzinamento in uno statico spazio mentale. Si passati, quindi, ad una metafora non
spaziale della memoria che definisce i ricordi come interpretazione degli eventi e considera loblio
non come un errore, ma come un processo che parte integrante del meccanismo della
memoria. La testimonianza E possibile applicare queste riflessioni sulla memoria al campo della
testimonianza, che continua ancora oggi ad avere un ruolo decisivo in campo giuridico ed
investigativo. Stern (1939) definisce la testimonianza come la riproduzione verbale o scritta di
contenuti mnemonici, che fanno riferimento ad una particolare esperienza o ad un certo evento
esperito. La testimonianza pu essere distinta in testimonianza
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diretta, nel caso in cui lindividuo ha assistito al fatto in prima persona e testimonianza indiretta,
quando, invece, lindividuo venuto a conoscenza del fatto in un secondo momento tramite il
racconto di altri. Nel secondo caso possibile che avvenga una re-interpretazione da parte del
soggetto riguardo ai fatti di cui venuto a conoscenza. In entrambi i casi comunque la
testimonianza riporta sia una parte di verit oggettiva sia una costruzione soggettiva dei fatti,
legata a componenti emozionali e situazionali che influenzano il ricordo ma anche ai sopraccitati
errori di memoria. Operazioni di questo tipo possono portare il testimone oculare a fornire
involontariamente una deposizione diversa dal reale svolgimento dei fatti, in quanto possono
avere alterato la percezione dellevento e dei fatti accaduti da renderli diversi da ci che accadde
effettivamente (Loftus, 1999; Gulotta 1987; De Cataldo, 1988; Cavedon, 1992; Mazzoni, 1997;
Mazzoni, 2000).

Unanalogia interessante per comprendere meglio quanto lattivit ricostruttiva di un individuo


possa influire sulla memoria di un evento stata proposta dal cognitivista Urlic Neisser (1967), il
quale ha paragonato il soggetto che ricorda ad un paleontologo che tenta di ricostruire un
dinosauro partendo dai pochi frammenti ossei di cui dispone. Le ricostruzioni possibili sono
molteplici ma il risultato, poich basato su diverse congetture, non potr risultare certamente
simile alloriginale. Essendo, quindi, il ricordo di un evento una ricostruzione, andrebbero
esaminati i fattori che intercorrono prima dellevento, durante le fasi del processo mnestico ed,
infine, le azioni ed i processi che accadono dopo levento e che potrebbero alterarne la ritenzione
ed il recupero (Petruccelli, Petruccelli, 2004). Secondo Schacter (1996) il processo di codifica e il
ricordo sono praticamente inseparabili, dal momento che si ricorda solo ci che si codificato e
ci che viene codificato dipende
da chi siamo, dalle nostre esperienze passate, dalle nostre conoscenze, dai nostri bisogni, con
una grande influenza su ci che viene immagazzinato in memoria. Questa visione di Schacter
spiega perch talvolta persone diverse ricordano lo stesso episodio in modo radicalmente
opposto. Un testimone generalmente codifica linformazione che proviene dallambiente (ad
esempio, vede lincidente tra due macchine). Questa informazione per entra nel sistema
cognitivo del soggetto in modo diverso rispetto alla forma ed ai dettagli con cui presente
nellambiente Quando il testimone viene invitato a ricordare e riconoscere informazioni, queste
riguardano in primo luogo la memoria episodica, tuttavia non va sottovalutata la possibile
influenza della memoria semantica sul ricordo episodico. Si deve, inoltre, tener presente che, ad
esempio, la modalit di acquisizione del materiale pu influenzare la rappresentazione delle
conoscenze nella memoria episodica: vi differenza, infatti, quando un ricordo intenzionale
(tendenzialmente il soggetto sar facilitato nel ricordare levento) e quando invece accidentale
(probabilmente il ricordo sar scarso e lacunoso in termini di quantit, anche se talvolta pu
essere ugualmente accurato) (Mazzoni, 2003). Ed proprio il ricordo accidentale che spesso
caratterizza le testimonianze: la maggior parte delle volte, infatti, accade che lindividuo
chiamato a testimoniare su eventi inattesi, che non ha la consapevolezza di dover ricordare. In
questi casi, il ricordo solitamente scarso e frammentario. Spesso i testimoni di un processo
possono essere convinti di ricordare eventi che non si sono verificati, per cui possono incorrere in
quella che Gianrico Carofiglio definisce falsa testimonianza inconsapevole (Cubelli, Della Sala,
2007). Lattendibilit del testimone I testimoni, come disse Bentham, sono gli occhi e gli orecchi
della giustizia ed quindi giustificato l'interesse della psicolog
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ia giudiziaria per il processo testimoniale (Ferracuti, 1959). Ma le diverse teorie sulla memoria ed
il suo funzionamento insieme ai numerosi studi condotti su questo argomento aprono la
controversa questione dellattendibilit dei testimoni. Si pu credere in assoluto ad un individuo
che dice di ricordare esattamente un evento che ha visto con i suoi occhi? Da quanto esposto
finora possibile comprendere che la memoria un meccanismo imperfetto, dal momento che
influenzato da molteplici fattori che possono intervenire nelle tre diverse fasi

sopraelencate ed ostacolare cos la modalit corretta di codifica, mantenimento o recupero di un


ricordo. Molti studi ed esperimenti hanno dimostrato che nellosservazione e nel racconto di un
evento, fondamentale linfluenza delle caratteristiche proprie di un individuo, dei suoi schemi
mentali e delle sue conoscenze pregresse, nonch dalle caratteristiche della situazione. In un
esperimento, Loftus (1979) ha presentato a due gruppi di volontari due scene ambientate in un
fast-food: nella prima il cliente si avvicinava al cassiere con una pistola, nellaltra, invece, aveva
in mano un assegno. Dalle registrazioni dei movimenti oculari stato possibile osservare che le
persone fissavano la pistola pi a lungo dellassegno ed erano talmente attirati dalla pistola da
non ricordare gli altri particolari della scena. Questo fenomeno stato definito effetto arma. In
questo caso, la difficolt a ricordare gli elementi della scena pu dipendere da un difetto di
codifica: il testimone opera una selezione delle informazioni da incamerare dovuta ad un
elemento particolare che lo porta a distogliere lattenzione dal contesto globale. Un'altra
caratteristica della memoria che pu influire nel racconto di una testimonianza la tendenza a
compensare lacune mnestiche. A questo proposito Brewer e Treyens (1981) hanno condotto un
esperimento: hanno lasciato dei soggetti per alcuni minuti in una s
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tanza presentata come lufficio di un accademico e hanno poi chiesto loro di descrivere
larredamento e gli oggetti presenti nella stanza. Molti affermarono di aver visto una scrivania e
dei libri, che in realt non cerano; pochissimi, invece, notarono oggetti insoliti come un teschio o
un cesto da pic-nic. Questo esperimento permette dunque di spiegare che, di fronte ad
uninattesa richiesta di recupero di memoria, quale la maggior parte delle volte una richiesta di
testimonianza, gli individui sono portati ad usare gli schemi di conoscenza per completare i ricordi
mancanti o per evitare resoconti poveri di particolari (Cubelli, Della Sala, 2007). Da questi esempi
emerge, quindi, che un testimone , per definizione, inattendibile dal momento che chiamato a
riportare quello che essendo un ricordo, cio una ricostruzione, necessariamente diverso
dallevento originale, una deformazione della realt. II contenuto della deposizione deve essere,
quindi, considerato come qualcosa che non pu mai essere pura riproduzione fotografica di un
fatto obiettivo, ma sempre il prodotto di una molteplicit di coefficienti: in parte soltanto dati
dagli elementi di quel fatto obiettivo, ma in parte costituiti dalla natura stessa della personalit
psichica del testimonio, e da tutti gli elementi esteriori che hanno agito nel passato e che
attualmente agiscono sul testimonio stesso (Musatti, 1931). In questo ambito, un ruolo molto
importante nella fase di raccolta delle testimonianze pu essere svolto dallo psicologo non in
quanto sostituto dellinvestigatore, ma in quanto possessore di competenze e strumenti
conoscitivi atti a comprendere i meccanismi che operano nel processo di rievocazione dei ricordi
e ad individuare eventuali elementi che possono aver influenzato il racconto. 10) Emozioni 10.1)
Emozione quale fenomeno integrato Il conoscere intrinseco al sentire Emozione e
conoscenza si influenzano reciprocamente, sono due aspetti del
lo stesso processo. Non ci pu essere processo di conoscenza o apprendimento estrinseco al
sentire.

EMOZIONE COME LINGUAGGIO Nel suo ruolo di linguaggio lemozione ha due forme: la forma
preverbale e prelinguistica (comunicazione non verbale, mimica, postura, prossemica, sistema
aptico) il linguaggio verbale; linguaggio emotivo, e lessico emotivo La natura comunicativa dell
emozione (James, 1884) Le emozioni sono processi relazionali tra la persona e lambiente
circostante processi attraverso i quali una persona, in un particolare momento, cerca di stabilire,
cambiare o mantenere la sua relazione con lambiente su questioni di particolare importanza per
la persona stessa (Whiterington et al., 2001) Le emozioni sono segnali sullo stato del mondo e
sul posto che occupiamo in esso (Bargh, williams, 2007) LE TEORIE PSICOLOGICHE SULLE
EMOZIONI Anolli (2002) sono: 1. La teoria periferica. 2. La teoria centrale. 3. La teoria
cognitivo-attribuzionale delle emozioni. 4. La teoria dellappraisal. 5. Le teorie
psicoevoluzionistiche. 6. La teoria costruttivistica. LA TEORIA PERIFERICA James (1884): ha
definito lemozione in termini operazionali come il sentire i cambiamenti neurovegetativi che
hanno luogo a seguito dello stimolo elicitante, cio non tremiamo perch abbiamo paura, ma
abbiamo paura perch tremiamo; non piangiamo perch siamo tristi, ma siamo tristi perch
piangiamo. James ha stravolto limpostazione classica, secondo la quale noi piangiamo perch
siamo tristi e non viceversa. Lemozione costituisce il conseguente piuttosto che lantecedente
dei cambiamenti fisiologici periferici prodotti dalla situazione elicitante. Importanza fondamentale
dellattivazione fisiologica (arousal) e delle risposte biologiche per poter definire come emozione
un determinato processo psichico. James sosteneva che ad ogni emozione corrisponde uno
specifico programma nervoso. Numerose critiche: - Teoria imprecisa e appr
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osimativa - Prospettiva esclusiva che vede solo nelle afferenze viscerali lorigine delle emozioni.
LA TEORIA CENTRALE Cannon (1927): i centri di attivazione, di regolazione e di controllo delle
emozioni non si trovano in sedi periferiche come i visceri, ma nella regione talamica del cervello.
Cannon ha individuato una serie di risposte neurofisiologiche che covariano alla comparsa
dellemozione e che comprendono, tra le altre cose, laumento della frequenza cardiaca,
laumento dellattivit delle ghiandole sudoripare. Cannon sostiene che tutte le emozioni
presentano invece le stesse configurazioni di risposte fisiologiche.

LA TEORIA COGNITIVO-ATTIVAZIONALE Schachter e Singer (1962): dimensione pi


psicologica nello studio sperimentale delle emozioni. Lemozione la risultante dellinterazione
fra due componenti distinte: - una di natura fisiologica, con lattivazione diffusa dellorganismo
(arousal); - laltra di natura psicologica, con la percezione di questo stato di attivazione e con la
sua spiegazione in funzione di un evento emotigeno plausibile. Entrambe queste componenti
sono necessarie per lattivazione di uno stato emozionale, ma non sono sufficienti: Lemozione
quindi la risultante dellarousal e di due atti cognitivi distinti, uno che riguarda la percezione e il
riconoscimento della situazione emotigena, laltro che stabilisce una connessione tra questo atto
cognitivo e laurosal stesso. La percezione dellattivazione fisiologica e la sua interpretazione
determinano il tipo di emozione provata: si hanno infatti tipi di emozioni diverse quando
lattivazione fisiologica attribuita a tipi differenti di eventi. LA TEORIA DELLAPPRAISAL Frijda,
1986: capovolgimento rispetto a quello che il pensiero della psicologia ingenua, la quale ritiene
che le emozioni si oppongano ai processi razionali e sono interpretate come passioni, di breve
durata, simili ad attivit istintuali. Per contro,
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le teorie dellappraisal hanno posto in evidenza che le emozioni sono strettamente correlate ai
processi cognitivi. Emozioni come conseguenza di unattivit di valutazione della situazione da
parte dellindividuo in riferimento ai suoi scopi, desideri, aspettative, sorgono in risposta a
situazioni che vengono valutate come importanti per il soggetto. Eventi che soddisfano scopi e
desideri, attivano emozioni positive, eventi ritenuti dannosi o pericolosi attivano emozioni
negative.Dimensione soggettiva di ogni emozione, in quanto due individui che valutano in modo
diverso le situazioni, proveranno emozioni diverse. Da questo punto di vista le emozioni vanno
considerate come risposte soggettive dotate di un alto grado di flessibilit e variabilit. Le
emozioni variano secondo alcune dimensioni continue, quali la valenza edenica
(piacevolezza/spiacevolezza), la novit o meno degli eventi elicitanti, il livello di attivazione, il
grado di controllo degli stessi, la compatibilit o meno con le norme sociali di riferimento. Queste
dimensioni spiegano le diverse emozioni, poich ognuna di esse spiegata e caratterizzata da
un differente sistema di criteri di valutazione. LA TEORIA PSICOEVOLUZIONISTICA Tomkins
(1962) e Plutchik (1962):si rifanno alla teoria di Darwin Ritenevano che le emozioni fossero
strettamente associate alla realizzazione di scopi universali, connessi con la sopravvivenza della
specie e dellindividuo. Otto comportamenti di base necessari per la sopravvivenza della specie
umana: il mangiare, il rifiuto (per esempio di sostanze pericolose), la protezione (dai pericoli), la
distruzione (per eliminare eventuali ostacoli al raggiungimento di scopi), la riproduzione, la
reintegrazione (per recuperare rapporti protettivi importanti), lorientamento (verso stimoli nuovi),
lesplorazione. Da questi otto bisogni fondamentali derivano le otto emozioni fondamentali o
primarie (paura, rabbia, gioia, tristezza, fiducia, disgusto,anticipazione e ansia) che a loro volta
generano tutte le emozioni secondarie. Questa impostazione stata ripresa soprattutto da
Ekman (1972, 1989, 1992) e Izard (1978, 1989, 1992), i quali, sviluppando questa teoria, hanno
sottolineato soprattutto la tesi innatista

delle espressioni facciali delle emozioni. In tale prospettiva, le espressioni facciali delle emozioni
sarebbero universali, cos come gli antecedenti emozionali sarebbero universali e comuni a tutti
gli individui; inoltre, le emozioni avrebbero un insorgenza rapida e una durata breve. LA TEORIA
COSTRUTTIVISTA Averill (1980, 1985), Harr (1986), Lutz (1988) e Mandler (1990): teoria in
netta contrapposizione con la teoria psicoevoluzionista. Secondo questa ipotesi, le emozioni
non sono dei processi naturali, bens dei prodotti culturali e sociali. Le emozioni sono in sostanza
delle risposte apprese che servono a regolare le interazioni sociali fra gli individui. Ogni cultura ha
quindi proprie configurazioni di emozioni, poich esse derivano dalle pratiche sociali e dalla
condivisione di specifici sistemi di credenze e valori. Le emozioni sono in sostanza una sorta di
codice acquisito tramite leducazione, costituiscono degli script che guidano lorganizzazione del
comportamento degli individui. E attraverso la socializzazione e le pratiche di acculturamento che
si arriva ad acquisire le regole delle emozioni, in base alle quali il soggetto sa come gestire le
proprie esperienze emotive. I sistemi di valutazione sono appresi a partire dallinfanzia, e
consistono nellattribuire a specifiche situazioni determinati significati che si basano sui valori e le
credenze di una data comunit. Le espressioni facciali delle emozioni sono cos codici
comunicativi convenzionali appresi durante linfanzia e possono variare da cultura a cultura.
Secondo questo approccio, quindi, le emozioni svolgono fondamentali funzioni socioculturali: il
significato funzionale di un emozione va trovat
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o allinterno del sistema socioculturale di riferimento. Questa teoria quella che
maggiormente accolta dagli psicologi dello sviluppo. 10.2) Modificazioni corporee e valutazione
cognitiva: teoria viscerogena e centrale delle emozioni. TEORIE SUL PROCESSO EMOTIVO
TEORIA CENTRALE DELLE EMOZIONI o CLASSICA(Cannon e Bard)=> presuppone una
catena di eventi secondo una successione: evento emotigeno => valutazione => manifestazione
piango perch sono triste si contrappone ad un'altra teoria pi provocatoria: TEORIA
PERIFERICA O VISCEROGENA (James e Lange) => presuppone una catena di eventi secondo
una successione: evento emotigeno => manifestazione => valutazione sono triste perch
piango Basandosi sullimmediatezza della reazione\manifestazione, J&L sostenevano che essa
dovesse precedere la valutazione e che la lettura di un evento emotigeno innescasse
direttamente una risposta viscerale che, a sua volta percepita, innescava lemozione
corrispondente.

Punto debole della teoria viscerogena: i cambiamenti viscerali non hanno una gamma sufficiente
a spiegare la variet delle nostre emozioni. Infatti i medesimi cambiamenti viscerali sono sottesi a
sta-ti emotivi molto diversi fra loro. Tuttavia vero che non c una netta priorit tra valutazione e
manifestazione. Si tratta piuttosto di circolarit. Lettura dellevento e manifestazione viscerale
vanno di pari passo. Infatti vero che le manifestazioni delle emozioni causano emozioni.
Emblematica lempatia: vedo una persona piangere e mi sento triste. 10.3) Emozioni universali
EMOZIONI UNIVERSALI: ritenute tali da tutte le culture. Se esiste una parola, esiste anche il
concetto rappresentato da quella parola. Ci sono per concetti che non hanno parole che li
traducono. A volte ci sono in altre lingue ma non nella nostra. Ci sono emozioni universalmente
riconosciute e sono 6 (per alcuni 8 o 9) - - - - - - - - - gioia, allegria, contentezza paura, timore
spavento
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rabbia, collera tristezza sorpresa disgusto, schifo vergogna (non tutti la considerano universale)
eccitazione (non tutti la considerano universale) perplessit (qualcuno dice sia una mancanza di
emozioni) Al di l dei condizionamenti culturali (che portano a nascondere o enfatizzare la
manifestazione di certe emozioni piuttosto che altre), queste 6 emozioni (o 9) hanno delle
manifestazioni universalmente riconoscibili es. la paura d la tachicardia a tutti. Le emozioni sono
universali, ma modulate nellespressione e influenzate nella valutazione dal contesto sociale e
culturale: un bambino predisposto a provare vergogna. Non la prova perch non ha ancora il
condizionamento sociale 11) linguaggio e comunicazione 11.1) Propriet generali delle lingue:
regole e creativit I caratteri indeterminatezza semantica e onniformativit semiotica
contribuiscono a definire lapertura del sistema e mostrano come il linguaggio verbale sia pi
debole rispetto ad altri codici (quelli formali, ad esempio) ma contemporaneamente sia pi
potente. Un fattore che pi nettamente costituisce un elemento di potenza del linguaggio verbale
rappresentato dalla creativit. Lespressione creativit linguistica ha diversi significati che
possiamo ricondurre principalmente a due diverse dimensioni: da un lato la creativit regolare e
dallaltro quella non regolare. La creativit regolare del linguaggio verbale consiste almeno nel
fatto che, a partire da un ristretto numero di elementi e di regole, e mediante lapplicazione delle
regole usate per combinare gli elementi, possibile produrre un numero potenzialmente infinito di
enunciati. Potremmo dire che questo tipo di creativit rispetta le regole, nel senso che porta alla
produzione di nuovi enunciati e testi prima mai prodotti sfruttando i meccanismi sistematici della
lingua. Includiamo entro le regole non solo quelle grammaticali (pi propriamente,
morfosintattiche), ma anche quelle fonetiche da un lato (che riguardano la struttura sonora, fonica
di una lingua),

quelle semantiche (che riguardano il significato) e pragmatiche (che riguardano luso dei segni
linguistici) dallaltro. La creativit non regolare implica invece la possibilit di utilizzare i segni
linguistici in maniera difforme dalle regole del sistema e di far ugualmente funzionare la
comunicazione (se non, addirittura, di renderla ancora pi efficace) o di modificare addirittura le
regole nel farsi stesso della comunicazione. In questo senso, la creativit fattore di deviazione
dalle regole e di loro rinnovamento. Grazie ai due tipi di creativit linguistica (che si aggiungono
agli altri, non strettamente linguistici: quella poetico-artistica, ad esempio), il sistema si arricchisce
di ulteriori fattori di apertura e di non prevedibilit, cio di variazione. Lultimo tipo di creativit la
capacit di inventare lingue, nuovi codici. 11.2) I substrati neurali dellelaborazione del linguaggio:
evidenze cliniche e sperimentali Il linguaggio permette la comunicazione e l'elaborazione di
pensieri ed esperienze legandoli a simboli arbitrari noti come parole. Il substrato neurale per il
linguaggio composto di un circuito distribuito centrato nella regione perisilviana dell'emisfero
sinistro. Il polo posteriore di questo circuito localizzato a livello della giunzione parietotemporale
e include una regione nota come area di Wernicke. Una funzione essenziale dell'area di
Wernicke consiste nel trasformare gli input sensitivi nelle loro rappresentazioni lessicali cos che
queste possano mettere in atto le associazioni distribuite che danno alla parola il suo significato.
Il polo anteriore del circuito del linguaggio localizzato nel giro frontale inferiore e include una
regione nota come area di Broca. Una funzione essenziale di tale area consiste nel trasformare le
rappresentazioni lessicali nelle loro sequenze articolatorie cosi che le parole possano essere
pronunciate nella forma del
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linguaggio parlato. Le funzioni di programmazione dell'area di Broca sembrano anche
coinvolgere l'ordinamento delle parole in frasi che contengono una sintassi veicolante significato
(grammatica). Le aree di Wernicke e Broca sono interconnesse Luna all'altra e con altre regioni
perisilviane, temporali, prefrontali e parietali posteriori, costituendo una rete neurale che si
occupa dei vari aspetti della funzione linguistica. Il danno a carico di una qualsiasi di queste
componenti o delle loro connessioni pu generare disturbi del linguaggio (afasia). L'afasia
dovrebbe essere diagnosticata solo quando c' un deficit a carico degli aspetti formali del
linguaggio come la denominazione, la scelta delle parole, la comprensione, le sillabe usate e la
sintassi. La disartria e il mutismo non permettono da sole di formulare una diagnosi di afasia. Il
circuito del

linguaggio mostra un pattern di dominanza emisferica sinistra nella gran parte della popolazione.
In circa il 90% dei destrimani e nel 60% dei mancini l'afasia si presenta solo dopo lesioni a carico
dell'emisfero sinistro. In alcuni individui non possibile individuare una dominanza emisferica per
il linguaggio, e in alcuni altri (includendo una piccola minoranza di destrimani) c' una dominanza
emisferica destra per il linguaggio. Un disturbo del linguaggio che avviene dopo una lesione
emisferica destra in un destrimane viene chiamato afasia crociata. ESAME CLINICO L'esame
obiettivo del linguaggio dovrebbe includere la valutazione della denominazione, del linguaggio
spontaneo, della comprensione, della ripetizione, della lettura e della scrittura. Un deficit della
denominazione (anomia) il reperto isolato pi comune in un paziente afasico. Quando si chiede
di denominare oggetti comuni (una matita o un orologio da polso) il paziente pu non essere
capace di emettere la parola appropriata, pu costruire una perifrasi per descrivere l'oggetto ("la
cosa per scrivere") o pu dire la parola sbagliata (paraf
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asia). Se il paziente dice una parola incorretta ma di significato simile ("penna" per "matita"),
l'errore di denominazione noto come parafasia semantica; se invece la parola si approssima
alla parola corretta ma inaccurata dal punto di vista fonetico ("canita" al posto di "matita"), si
parla di parafasia fonemica. Chiedere al paziente di denominare parti del corpo, forme
geometriche e componenti di oggetti (il colletto del camice, il cappuccio della penna) pu elicitare
forme lievi di anomia in pazienti che possono altrimenti denominare gli oggetti pi comuni. Nella
maggior parte delle anomie il paziente non riesce a recuperare il nome appropriato quando gli
viene mostrato un oggetto, ma pu indicare l'oggetto appropriato quando il nome viene fornito
dall'esaminatore. Tale fenomeno noto come deficit di denominazione unidirezionale (o da
recupero). Un deficit di denominazione bidirezionale si configura qualora il paziente non riesca n
a fornire n a riconoscere il nome corretto, indicando la presenza di un disturbo della
comprensione del linguaggio. Il linguaggio spontaneo viene descritto come "fluente" se
caratterizzato dal mantenimento di un opportuno volume di emissione, lunghezza della frase e
prosodia, o come "non fluente" se scarso, con frequenti interruzioni e quando la media di
emissione verbale inferiore alle quattro parole. L'esaminatore deve anche valutare se il
linguaggio presenta parafasie o circonlocuzioni; se mostra una relativa scarsezza di sostantivi e
verbi rispetto alle parole di significato funzionale (preposizioni, congiunzioni); e se l'ordine delle
parole, la coniugazione dei verbi, i suffissi, i prefissi, i plurali e i possessivi sono appropriati. La
comprensione pu essere testata valutando l'abilit del paziente di seguire la conversazione,
ponendo domande di tipo s-no ("I cani volano?", "In estate nevica?") o chiedendo al paziente di
indicare gli oggetti appropriati ("Dov' la fonte di illuminazione di questa stanza?"). Le frasi con
indicazioni sottointese e/o costruzioni al passivo ("Se una tigre viene mangiata da un leone, quale
animale rimane vivo?") aiutano a valutare la capacit di comprendere strutture sintattiche
complesse. Comandi come aprire o chiudere gli occhi, alzarsi in piedi, sedersi o girarsi, non
devono essere utilizzati per valutare la comprensione globale, dal momento che le risposte
appropriate volte a svolgere tali movimenti basici possono anche essere preservate in pazienti
che, per altro, presentano profondi deficit di comprensione. La ripetizione viene testata chiedendo
al paziente di ripetere singole parole, frasi brevi o sequenze di parole come "No, se, e, o ma".
Valutare la ripetizione con scioglilingua come "ippopotamo" o "contea Irlandese" [in inglese Irish
constabulary] fornisce dati pi attendibili per quanto riguarda la disartria e la palilalia rispetto
all'afasia. I pazienti afasici possono avere poche difficolt con gli scioglilingua ma presentano
particolari problemi a ripetere sequenze di parole funzionali. importante assicurarsi che il
numero

delle parole non ecceda rispetto allo span attentivo del paziente. Altrimenti, il deficit di ripetizione
diventa il riflesso del ridotto span attenzionale piuttosto che un'indicazione di un deficit di tipo
afasico. La lettura dovrebbe essere testata per deficit di lettura ad alta voce, cos come di
comprensione. La scrittura viene testata per la presenza di errori nello spelling, nell'ordine delle
parole e di tipo grammaticale. La alessia descrive l'incapacit di leggere ad alta voce o di
comprendere parole isolate e semplici frasi; il termine agrafia (o disgrafia) si usa invece per
descrivere un deficit acquisito a carico dello spelling o della grammatica del linguaggio scritto. La
corrispondenza tra i singoli deficit delle funzioni linguistiche e la localizzazione delle lesioni non
mostra una relazione di tipo rigidamente univoco e dovrebbe essere interpretata nel contesto del
modello de
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i circuiti distribuiti. A ogni modo, la classificazione delle afasie a esordio acuto in specifiche
sindromi cliniche aiuta a determinare la distribuzione anatomica pi probabile della malattia
neurologica sottostante e ha implicazioni per l'eziologia e la prognosi. Le sindromi elencate nella
tabella 1-1 sono pi facilmente applicabili alle afasie causate da eventi cerebrovascolari. Possono
essere divise in sindromi "centrali", derivanti da un danno a carico dei due epicentri del circuito
del linguaggio (le aree di Broca e Wernicke), e in sindromi da "disconnessione", derivanti da
lesioni che interrompono la connettivit funzionale di questi centri tra di loro e con le altre
componenti del circuito del linguaggio. Le sindromi descritte di seguito sono idealizzate; le
sindromi pure si osservano raramente. 11.3) Acquisizione del linguaggio: tappe e processi Le
tappe del linguaggio: Nel bambino normale l'acquisizione del linguaggio si sviluppa secondo
tappe regolari, sulle quali tanto la letteratura quanto l'esperienza pratica concordano
abbondantemente. Si deve tuttavia tener presente che: - il ritmo della progressione varia
considerevolmente da un bambino all'altro; - qualunque acquisizione in uno dei settori del
sistema linguistico (fonologia, morfologia, sintassi, semantica e pragmatica) strettamente
correlata ad acquisizioni negli altri settori; - lo sviluppo verbale del bambino va collocato nel
contesto generale del suo sviluppo sensomotorio, cognitivo, relazionale, emotivo-affettivo. Ora
verr fatta una suddivisione dello sviluppo del linguaggio in tre periodi cronologici, i cui tempi
tuttavia, per le notevoli variabilit individuali nel ritmo di progressione, devono essere considerate
in modo piuttosto elastico. - Prima tappa- Dalla nascita al 7-8 mese Durante questo periodo
possibile distinguere alcuni particolari comportamenti vocali. - Pianti-grida I pianti all'inizio
compaiono come manifestazioni riflesse dei cambiamenti fisiologici interni
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dipendenti dal grido della nascita, che ne costituirebbe la struttura pi antica. Il grido della nascita
la manifestazione di un riflesso fisiologico e, verosimilmente, esprime il disagio che il bambino
sperimenta dovendo respirare autonomamente. Durante le prime settimane, i pianti sono la sola
manifestazione vocale osservabile. In gran parte indifferenziati, sono in rapporto con stati di
malessere e di sofferenza e non possibile stabilire una tipologia precisa in rapporto alla causa
che li ha generati. Gradatamente il pianto comincia ad assumere una funzione pi specifica di
segnale di diversi bisogni primari (nutrizione, calore, ecc.) (Cianchetti, Sannio Fancello, 1997)

-Il vocalizzo Verso il 2 mese, dal pianto si distinguono chiaramente le emissioni modulate,
produzioni vocali che assomigliano a un cinguettio o al tubare (cooing sound) di un piccione, e
suoni paravocalici che costituiscono il primo stadio del vocalizzo. Il cooing sound differisce dal
pianto poich la lingua assume una posizione che consente la modulazione del suono, ed
correlato alla diminuzione del pianto e all'aumento della percezione uditiva. Le emissioni
modulate, che assumono il significato di coinvolgere l'interlocutore in un reciproco scambio di
vocalizzi, sono considerabili fenomeni di relazione, ma non un vero e proprio linguaggio. Parecchi
studi concordano sull'importanza degli scambi vocali tra madre e figlio nel determinare la
comparsa e la quantit dei suoni modulati. In questo primo periodo le produzioni sembrano
nascere accidentalmente e contengono una grande variet di suoni, di cui una parte senza
rapporto con i fonemi di una qualunque lingua, quali chiocchiolii, schiocchi, gracidio. Il secondo
stadio invece il vocalizzo (babbling) propriamente detto. Dopo il 3 mese i bambini emettono
numerose vocalizzazioni, che esprimono benessere e disagio e che diventano pi espressive e si
differenziano per intensit e qualit. A 5 mesi la maggior parte dei bambni normali sa vocalizzare
in maniera differenziata con abilit. In questo periodo un numero crescente di produzioni si
assimilano sempre pi agli elementi della lingua, quindi sono influenzate da quello che il bambino
sente e imita. Sebbene la spinta a vocalizzare sia probabilmente innata, la vocalizzazione stessa
intensificata e sostenuta dall'ambiente circostante. -La lallazione Le lallazioni non costituiscono
ancora dei veri e propri morfemi, ma sono semplici iterazioni di uno stesso suono che diventano
gioco vocale divertente. Il bambino ascolta la propria voce ed apparentemente in grado di
controllare i propri sforzi: la fase della selezione fonemica, che viene notevolmente influenzata
dal linguaggio degli adulti. Intorno al 6 mese compaiono, inoltre, i balbettamenti intenzionali
rivolti alle persone che interagiscono con il bambino: in questo periodo egli non ha ancora
scoperto il contenuto e la funzione semantica dei suoni che emette, ma le sue espressioni non
sono pi cos casuali ed egli appare capace di un certo grado di intenzionalit. La lallazione
segna la fine del periodo in cui il bambino utilizza il proprio patrimonio fonemico senza per n
l'intenzione n la consapevolezza di parlare. - Seconda tappa- dall'8-9 mese al 18-24 mese L'imitazione dei suoni Il comportamento imitativo compare verso l'8-9 mese, anche se alcuni
non escludono manifestazioni di forme fonetiche imitative pi rudimentali in et precedente. La
stimolazione ambientale ha la funzione di rinforzo nei confronti dei comportamenti verbali che si
presentano spontaneamente. - Morfemi intenzionali Verso l'8-10 mese compaiono i primi veri
morfemi, che si differenziano dai balbettamenti precedenti proprio perch dotati di significato. Il
bambino si rende conto che esiste un legame tra suono e oggetto e che alcune espressioni vocali
possono essere utilizzate per indicare ed ottenere qualcosa. All'inizio uno stesso morfema potr
avere diverse utilizzazi
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oni. Gradatamente il comportamento del bambino diventa sempre pi intenzionale e segnala la
sua volont. - Ecolalia Ha inizio verso l'8-9 mese con ripetizione dei primi morfemi e spesso si
protrae a lungo. In questo periodo il morfema, una volta emesso, funzionerebbe da stimolo
spingendo alla ripetizione, con un processo circolare tipo feedback. Viene, pertanto, assegnato
all'ecolalia il ruolo di esercizio preparatorio. L'ecolalia continua fino a confondersi con lo stadio
successivo in cui cominciano ad apparire le prime parole.

- La parola-frase (olofrase) Intorno ai 12 mesi il bambino non solo si appropria di qualche parola
ma ne coglie il valore semantico e inizia a utilizzarla per indicare azioni ed esprimere significati
complessi. Ben presto, cio, il bambino comincia ad utilizzare con diversa intonazione queste
parole isolate al posto di intere proposizioni per nominare un oggetto o una persona, per indicare
un'azione, per esprimere una dichiarazione, una richiesta o un'esclamazione. Sebbene
formalmente la frase non esista se non quando formata da almeno due parole, si concordi nel
ritenere che l'enunciato di un solo termine possa avere lo stesso significato di una frase
completa.. da qui deriva, per indicarlo, l'espressione di parola-frase o quella di olofrase o di
enunciato olofrastico. Il suo significato, per, determinato non solo dalla parola, ma anche dal
contesto e dall'intonazione che suggeriscono gli elementi che mancano e il senso. Cos la
semplice parola "mamma" potr significare "voglio la mamma", "mamma dai", oppure, se
pronunciata piangendo, "mamma aiutami, sto male". Il bambino pertanto utilizza una stessa
forma verbale per significare diverse azioni/situazioni. La maturazione successiva condurr
gradatamente a discriminazioni pi precise. Quando il bambino pronuncia le prime parole, le sue
capacit di articolazione sono molto limitate, ma continueranno a svilupparsi permettendo una
comunicazione pi soddisfacente e cond
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izionando in una certa misura l'arricchimento del vocabolario. L'acquisizione del lessico un
processo complesso che impegna il bambino per molti anni non solo sul piano linguistico ma
anche su quello cognitivo e interazionale. Il bambino tra i 12 e i 16 mesi possiede un vocabolario
limitato, anche perch spesso si esprime attraverso i gesti con cui indica gli oggetti che intende
denominare. In questa fase si nota una grande variabilit individuale e una discrepanza tra
comprensione e produzione. La comprensione risulta sempre maggiore rispetto alla produzione e
non c' proporzione diretta tra numero di parole comprese e prodotte. Il primo vocabolario del
bambino costituito prevalentemente da nomi di persona e di oggetti familiari e dai versi degli
animali. I predicati e i funtori sono invece praticamente assenti. Tra i 16 e i 19 mesi i verbi
diventano pi numerosi e compaiono gli aggettivi. Tra i 19 e i 24 mesi il vocabolario subisce un
incremento molto marcato con notevoli ed evidenti differenze individuali. Rispetto al periodo
precedente aumentano gli aggettivi, i verbi e i funtori e compaiono diverse categorie nominali (es.
parti del corpo, nomi di luoghi e ambienti, ecc.). iniziano inoltre ad apparire le frasi. - Terza tappaDai 18 mesi al 6 anno Intorno alla met del 2 anno il bambino comincia a costruire frasi
semplici di due elementi, che sono versioni abbreviate di proposizioni adulte (es. "via babbo", "dai
pappa"). A esse si applica l'espressione "stile telegrafico" perch presentano un'analogia con i
telegrammi in cui certe parole vengono omesse perch ritenute non indispensabili alla
comprensione del messaggio. Gli elementi omessi appartengono alla categoria "funzionale",
sono cio i cosiddetti funtori (inflessioni, verbi ausiliari, verbi copulativi, articoli, pronomi,
preposizioni, congiunzioni, avverbi); le parole utilizzate appartengono invece alla categoria
lessicale: sostantivi, verbi, aggettivi. Le omissioni e gli enunciati interrotti sono tipici delle prime
costruzioni del bambino. Hanno lo scopo di trasmettere un certo messaggio e questo
dimostrato dalla regolarit sistematica dell'ordine delle parole e dal contesto in cui le stesse
vengono pronunciate. Gli enunciati telegrafici esprimono alcune relazioni semantiche quali
l'identificazione, la negazione, la ripetizione, l'inesistenza, l'ubicazione, il possesso, l'attributo, la
domanda, l'agente-ubicazione, l'azione oggetto, l'azione destinatario, l'azione strumento. Dopo i
18-24 mesi gli enunciati diventano pi lunghi e complessi e non sono semplici gruppi di parole
poste l'una accanto all'altra, bens comincia a esservi un'organizzazione dell'enunciato secondo i
principi grammaticale. Cominciano a comparire i primi funtori, il cui ritmo di

acquisizione variabile, mentre l'ordine di acquisizione fondamentalmente costante. difficile


valutare il livello di sviluppo grammaticale di un bambino basandosi soltanto sull'et cronologica.
Dal punto di vista quantitativo un indice globale dello sviluppo grammaticale dato dalla crescita
della lunghezza media dell'enunciato. Le frasi ben costruite possono comportare diversi tipi di
combinazione degli elementi. La frase pi semplice ridotta a due parole: soggetto e verbo.
L'introduzione dei complementi conduce a strutture differenti che variano in complessit. Si passa
da vari tipi di enunciati minimi a vari tipi di espansione. Una tappa pi avanzata della costruzione
di frasi semplici ben strutturate la combinazione di frasi elementari. In tale processo la
complessit data sia dal numero di elementi da coordinare che dall'uso di termini relazionali
appropriati (congiunzioni, pronomi) che implicano complicazioni anche per gli aspetti logici. Le
difficolt, inoltre, sono legate alle forme verbali e al loro accordo (uso dei tempi, introduzione del
congiuntivo, ecc.). queste difficolt all'inizio possono causare l'omissione del funtore che
dovrebbe mettere in relazione
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le parole. Alcune frasi possono essere congiunte sia da una semplice relazione di coordinazione,
sia da una relazione di dipendenza (o di subordinazione). Tra le forme pi semplici figurano le
coordinazioni con la congiunzione "e". L'evoluzione della sintassi , dunque, lenta e diversificata
e ciascuna conquista influenzata da una molteplicit di fattori sia cognitivi e sociali, sia
fonologici, semantici e pragmatici. Il bambino passa gradatamente da uno stile telegrafico all'uso
di frasi di tipo adulto, complete e complesse, con padronanza sia delle regole della grammatica
che di quelle del discorso. - Vi sono 4 fasi di sviluppo del linguaggio nell'arco di tempo tra i 19 e i
38 mesi: - fase presintattica, 19-26 mesi, gli enunciati sono in misura prevalente: parole singole in
successione; in questa fase come nella successiva, una consistente proporzione di enunciati
telegrafici, che esprimono una variet di relazioni semantiche, sono anche privi di verbo (es.
pappa pi). Si notano pochi enunciati semplici nucleari (frasi richiestive e imperative), in cui
vengono generalmente omessi sia alcuni degli argomenti che i morfemi liberi (articoli, pronomi
clitici e preposizioni, es. bimbo d). Compaiono tuttavia esempi di concordanza tra nomi ed
aggettivi. - fase sintattica primitiva, 20-29 mesi, caratterizzata da una consistente diminuzione
delle parole singole in successione, da un graduale ma altrettanto consistente aumento degli
enunciati nucleari semplici, spesso ancora incompleti, e dalla comparsa di frasi complesse
incomplete (es. bimbo prende cucchiaio mangia minestra), in cui vengono cio frequentemente
omessi non solo i connettivi interfrasali, ma anche altri morfemi liberi come articoli e preposizioni,
che tuttavia cominciano a comparire in misura via via pi consistente. - fase di completamento
della frase nucleare, 24-33 mesi, si registrano numerosi cambiamenti in senso quantitativo e
qualitativo: quelle definite parole singole in successione scom
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paiono quasi del tutto e diminuiscono significativamente le produzioni di enunciati privi di verbo;
prevalgono ancora sugli altri tipi di frase le nucleari, prodotte ora con morfemi liberi, e le frasi
ampliate con espansione del nucleo (es. il bambino mangio con il cucchiaio). Le frasi complesse
aumentano e si diversificano per tipologia: coordinate, subordinate e inserite implicite, con la
comparsa anche di frasi inserite esplicite. Una parte significativa delle frasi complesse prodotta
in forma completa (es. il bambino prende il cucchiaio e mangia la minestra). - fase di
consolidamento e generalizzazione delle regole in strutture combinatorie complesse, 27-38 mesi,
caratterizzata dal fatto che anche le frasi complesse diventano per la maggior parte complete
da un punto di vista morfologico cos come produttivi divengono diversi funtoti richiesti;
compaiono altres connettivi interfrasali di tipo temporale e causale quali: dopo, allora, invece,
perch, senn, anche, per, utilizzati in modo piuttosto stabile all'interno di frasi coordinate e
subordinate. Sono prodotte infine anche le frasi relative (es. ma io ho visto Mario che correva). La
maggior parte dei bambini sui 5-6 anni ha acquisito tutti i fondamentali elementi del linguaggio: sa
strutturare bene le frasi, incluse le relative, le passive e le interrogative, usando in modo

sufficientemente corretto le fondamentali regole grammaticali e sintattiche. Ovviamente


continuer in et scolare ad arricchire il suo vocabolario, ad apprendere meglio le regole
grammaticali e sintattiche, a sviluppare la funzione pragmatica e a potenziare il linguaggio come
strumento di pensiero. 12) La mente numerica 12.1) Principles after or principles before? 12.2)
Competenze innate di conteggio e calcolo e sviluppo delle abilit numeriche lintelligenza
numerica la capacit di pensare il mondo in termini di numeri e quantit ed unabilit innata:
fin dalla nascit siamo in grado di classificare ci ch
e vediamo in termini di numerosit. Il neonato riesce a determinare la numerosit di un insieme
visivo di non oltre 4 oggetti senza contare, in modo immediato (subitizing). Bambini piccoli inoltre
hanno aspettative aritmetiche: distinguono cambiamenti di numerosit provocati da aggiunta o
sottrazione di oggetti. I numeri vengono prima delle parole Le abilit numeriche sono innate, e
universali costituiscono un modulo cognitivo specifico. La rappresentazione mentale della
quantit inizialmente di tipo analogico, non verbale. Successivamente il bambino acquisisce
una competenza numerica linguistico-simbolica, indipendente dallanalogica. Lacquisizione delle
parole-numero Lo sviluppo dellabilit di conteggio Imparare a contare rappresenta il primo
collegamento tra la competenza numerica innata e quella acquisita dallinterazione con
lambiente di appartenenza. PREREQUISITI DEL CONTEGGIO: conoscenza/produzione di
vocaboli specifici (enumerazione) Corrispondenza biunivoca: a ogni parola-n# 1 oggetto
Cardinalit: ultima parola corrisponde al n totale Lenumerare Tale abilit comincia attorno ai 2-3
anni e si sviluppa attraverso alcuni stadi: 1) la parola numero usata come stringa
(unoduetrequattronovedieci) 2) Le parole-numero sono distinte ma la sequenza
unidirezionale: viene prodotta in avanti a partire da 1. 3) La sequenza bidirezionale. A partire da
un numero qualsiasi della serie, stabile; c rapporto tra parola-n. e numerosit 4) Lultima parola
come numero degli oggetti (cardinalit) Per contare, quindi, necessario: 1) conoscere il nome
dei numeri, ordinati in sequenza fissa

2) corrispondenza biunivoca: si acquisisce a 5 anni ca. prima di tale et i bambini compiono


spesso errori parola indicazione (indicare un oggetto pronunciando pi numeri o nessuno) ed
errori indicazione-oggetto (indicare un oggetto pi volte, o, saltarne uno) 3) Cardinalit: capire
che lultima parola-n corrisponde alla numerosit
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dellinsieme. Si supera la credenza che le parole-n siano solo etichette verbali. 12.3) La mente
aritmetica: modelli a confronto (per questo paragrafetto non ho trovato niente, forse potrebbe
esserci qualcosa sugli autistici, ma non so se c'entra qualcosa oppure no) 13) Intelligenza e
problem solving 13.1) Approccio pragmatico: misura dellintelligenza (le scale ed i reattivi di
intelligenza): il concetto di Q.I. Lintelligenza umana, non si caratterizza come un fattore coerente
e delineato, piuttosto essa si manifesta ed esprime attraverso un insieme numeroso di abilit,
comportamenti, pensieri ed emozioni. La storia ha contato molti tentativi di definire il concetto di
intelligenza in modo univoco, standard; tuttavia essi non hanno avuto successo. Il motivo del loro
insuccesso risiede principalmente nel fatto che lintelligenza non qualcosa che si possiede o
non si possiede, bens un mosaico di elementi che trovano espressione in tutti i nostri
comportamenti e pensieri. In psicologia, il termine intelligenza riferito alla capacit di acquisire
conoscenze da utilizzare in situazioni nuove, adeguando (o modificando, quando necessario) le
strategie individuali alle caratteristiche dei problemi, agli obiettivi perseguiti e ai risultati ottenuti.
L'intelligenza pu essere definita come la capacit di apprendimento e di comprensione, che si
differenzia da ci che viene comunemente chiamato intelletto in quanto comprende anche la
capacit di affrontare situazioni concrete in modo efficace e di rielaborare le esperienze e gli
stimoli esterni. L'intelligenza viene quindi descritta non come una particolare abilit, ma come una
capacit generale dell'individuo di cogliere ed affrontare il mondo; una capacit globale che
consente all'individuo di comprendere la realt e di interagire con essa. L'intelligenza , quindi,
un'entit globale e multisfaccettata non singolarmente definibile. Infatti, una delle prime
problematiche incontrate nello studio
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del concetto stata proprio quella di formulare una definizione consensuale delloggetto di studio.
Nel concetto di intelligenza possibile includere tre tipi generali di capacit: la capacit di
risolvere problemi , cio di ragionare logicamente, di intuire collegamenti tra idee diverse, di
capire i vari aspetti di un problema e di avere un atteggiamento mentale flessibile; la capacit
verbale , che implica abilit come quella di parlare in modo chiaro e ordinato e di possedere un
ampio vocabolario; lintelligenza pratica , che costituita da abilit come quella di comprendere
lessenziale delle situazioni, sapere come raggiungere degli scopi e come far fronte a compiti
nuovi. I MODELLI PRINCIPALI Gli studi condotti da Binet (1895; 1905) sul comportamento
intelligente degli individui e su ci che sembra differenziare la persona intelligente da quella
subnormale, lhanno portato a sottolineare il carattere attivo dellintelligenza e soprattutto fu
colpito da tre caratteristiche dei processi mentali: la tendenza a mantenere la direzione presa
senza lasciarsi distrarre o fuorviare. la capacit di adattare i mezzi agli scopi. la capacit di
autocritica e linsoddisfazione per le soluzioni parziali che non chiariscono realmente il problema.
In sintesi si pu affermare che per Binet lintelligenza pu essere riassunta in quattro parole:
comprensione

invenzione direzione critica Gli studi di Spearman (1904) sostengono la teoria del minimo dei
fattori, secondo la quale lintelligenza consiste in 2 tipi di fattori: - fattore generale g: maggiore
g, pi intelligente il soggetto - fattore specifico s: dei domini di conoscenza come il verbale, il
quantitativo, lo spaziale. Di fatto per a volte si pi abili in alcune cose che non in altre perci
bisogno dare qualche peso anche ai fattori specifici oltre che allintelligenza in generale.
Allestremo ci sono quelli che sostengono che non vi nulla di simileal fattore g; per cui
possibile essere abilissimi o del tutto inetti in qualunque numero di compiti diversi. Questo
modello fu messo in discussione verso la fine degli anni '30 da Thurstone, il quale non trov un
fattore generale ma tanti fattori che corrispondevano a sei abilit indipendenti che chiam abilit
primarie: comprensione verbale, memoria, fluidit verbale, ragionamento, capacit numeriche,
velocit percettiva, visualizzazione spaziale. L'espistemologia genetica di Piaget (1950) ha
permesso un notevole sviluppo dello studio dell'intelligenza, che, per l'autore, vista come un
processo di adattamento all'ambiente fisico e sociale, si organizza sulla base di strutture
cognitive e nuove funzioni in relazione all'esperienza e al ragionamento; spinta inoltre da
motivazioni primarie e dal bisogno di conoscere. Secondo Piaget, alla base dell'attivit intellettiva
vi la tendenza comune a tutti gli esseri viventi all'organizzazione e all'adattamento della realt
circostante. Questo adattamento si attua mediante due processi complementari, l'assimilazione e
l'accomodamento, e continua tutta la vita contribuendo alla crescita cognitiva. Assimilazione: la
nuova informazione viene incorporata in uno schema attuale secondo l'organizzazione esistente,
permettendo al soggetto di conoscerla e attribuirle un significato. Accomodamento: lo schema
viene modificato per renderlo pi idoneo ed adattarlo alle condizioni esterne. L'evoluzione
articolata in quattro fasi o stadi: intelligenza senso-motoria (dalla nascita fino a 18/20 mesi);
intelligenza pre-operatoria o pensiero intuitivo (fino a circa 7 anni); intelligenza operativa concreta
(fino all'adolescenza); intelligenza operativa formale o astratta. Nel primo stadio si passa da
adattamenti non intenzionali ad adattamenti senso-motori intenzionali, dopo il secondo mese, con
le reazioni circolari secondarie. Dopo l'anno le reazioni circolari diventano terziarie e implicano le
nozioni pratiche
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di oggetto e di spazio. Nel secondo stadio, dopo i diciotto mesi, gli adattamenti, diventati
intenzionali, sviluppano le funzioni rappresentative. Questa la fase dello sviluppo dominata
dall'egocentrismo, dall'animismo, dall'artificialismo e dal pensiero intuitivo. Qui la teoria
piagetiana, da psicologica sperimentale, diviene teoria educativa individuando le attivit formative
(attivit imitativa, gioco, linguaggio verbale) che permettono l'apprendimento. Dopo i quattro anni
il pensiero si fa concreto e dominato dal globalismo. Il terzo stadio quello del pensiero
reversibile, in cui, abbandonati globalismo ed egocentrismo, si sviluppano meccanismi logici
basati sulle procedure di seriazione, calcolo, conservazione, misurazione, durata, spostamento e
classificazione.

Si giunge infine al quarto stadio, quello del pensiero formale in grado di formulare ipotesi e usare
simboli. Un modello multidimensionale dell'intelligenza quello di Cattel (anni '70) che distinse
due tipi di intelligenza: l'intelligenza fluida e l'intelligenza cristallizzata. L'intelligenza fluida
consiste nella capacit di percepire le relazioni, indipendentemente da un esercizio o un
apprendimento avvenuti in precedenza. L'intelligenza cristallizzata, invece, la capacit mentale
derivante dalle passate esperienze. R.J. Sternberg (1987) ha proposto invece una teoria
tripartita, incentrata su: capacit analitiche, creative, sintetiche e pratiche, includendo anche le
variabili di motivazione e personalit. Questo modello ipotizza che alla base dei meccanismi
mentali si trovano tre processi basilari che consentono di svolgere atti intelligenti:
metacomponenti = processi esecutivi che pianificano e controllano l'elaborazione
dell'informazione componenti di performance = eseguono le strategie pianificate attraverso
un'operazione di codifica e di inferenza componenti di conoscenza = regolano l'acquisizione di
conoscenze, apprendono, memorizzano e coordinano l'azione. Infine, una t
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eoria senz'altro molto suggestiva dell'intelligenza quella offerta da Gardner (1994). Lo psicologo
statunitense Howard Gardner distingue ben 9 tipi fondamentali di intelligenza: Intelligenza
Linguistica: l'intelligenza legata alla capacit di utilizzare un vocabolario chiaro ed efficace. Un
noto possessore di tale intelligenza era Thomas Eliot. Possono averla poeti, scrittori, linguisti,
filologi, oratori. Intelligenza Logico-Matematica: coinvolge sia l'emisfero cerebrale sinistro, che
ricorda i simboli matematici, che quello di destra, nel quale vengono elaborati i concetti.
l'intelligenza di Albert Einstein. La possiedono solitamente scienziati, ingegneri, tecnologi.
Intelligenza Spaziale: concerne la capacit di percepire forme ed oggetti nello spazio. Un suo
rappresentante potrebbe essere Leonardo Da Vinci. La possiedono scultori, pittori, architetti,
ingegneri, chirurghi ed esploratori. Intelligenza Corporeo-Cinestesica: chi la possiede ha una
padronanza del corpo che gli permette di coordinare bene i movimenti. Vedi Martha Graham. Ce
l' hanno in misura peculiare ballerini, coreografi, sportivi, artigiani. Intelligenza Musicale: la
capacit di riconoscere l'altezza dei suoni, le costruzioni armoniche e contrappuntistiche.
Esempio: Ludwig Van Beethoven. La possiedono prevalentemente i musicisti e i cantanti.
Intelligenza Interpersonale: riguarda la capacit di comprendere gli altri, le loro esigenze, le
paure, i desideri nascosti, di creare situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli sociali e
personali vantaggiosi. presente in maggior misura in politici, leader, imprenditori di successo,
psicologi. Un esempio di quest'intelligenza pu essere Barack Obama. Intelligenza
Intrapersonale: riguarda la capacit di comprendere la propria individualit, di saperla inserire nel
contesto sociale per ottenere risultati migliori nella vita personale, e anche di sapersi
immedesimare in ruoli e sentimenti diversi dai propri. Non prerogativadi qualcuno, bench la
possiedano, in particolare, gli attori. Un esempio di questa intelligenza Jim Carrey. Intelligenza
Naturalistica: consiste nel saper individuare determinati oggetti naturali, classificarli in un ordine
preciso e cogliere le relazioni tra di essi. Un esempio di questa intelligenza Charles Darwin. l'
intelligenza tipica di biologi, astronomi, antropologi, medici ed altri. Intelligenza Esistenziale:
rappresenta la capacit di riflettere consapevolmente sui grandi temi dell'esistenza, come la
natura dell'uomo, e di ricavare da sofisticati processi di astrazione delle categorie concettuali che
possano essere valide universalmente. tipica dei filosofi e degli

psicologi, e in parte anche dei fisici. Un'eccellente intelligenza esistenziale ce l'aveva Immanuel
Kant. Sebbene queste capacit siano pi o meno innate negli individui, non sono statiche e
possono essere sviluppate mediante l'esercizio. Inoltre, esse possono anche decadere con il
tempo. Lo stesso Gardner ha poi menzionato il fatto che classificare tutte le manifestazioni
dell'intelligenza umana sarebbe un compito troppo complesso, dal momento che ogni macrogruppo contiene vari sottotipi. LA MISURAZIONE DELLINTELLIGENZA Il primo passo per
elaborare una teoria e un test dintelligenza consiste nel decidere chi intelligente e chi non lo .
Nella costruzione di un test di intelligenza si scartano le domande a cui sono in grado di
rispondere entrambi i gruppi perch non discriminano. Si conservano invece quelle alle quali
rispondono solo i soggetti brillanti, perch permettono di differenziare i due gruppi. Binet scelse
let cronologica per selezionare individui differenti per capacit e risultati intellettuali. Allautore si
deve, infatti, il primato di aver espresso lintelligenza attraverso ununica misura sintetica e
globale: il quoziente intellettivo [Q.I.] (calcolato tenendo conto dellet sia mentale - EM - sia
cronologica EC). Q.I. = EM
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/EC X 100 Con Terman, 1916, il Q.I. passa dallessere calcolato come Q.I. rapporto (vedi formula
sopra) allessere calcolato come Q.I. deviazione (punteggi standard con media = 100 e
deviazione standard = 16), con apposite tabelle di conversione, dal punteggio grezzo al
punteggio standardizzato, in base allet dei soggetti. Tale test prese il nome Stanford-Binet.
13.2) Natura e cultura nel determinismo del Q.I. Effetto Flynn Anche se ci pu sembrare che ogni
nuova generazione sia meno intelligente di quella anteriore,leffetto Flynn confuta questa
credenza popolare. Parlando in termini generali potremmo dire che il QI dei figli maggiore di
quello dei loro genitori e cos continuerebbe questa catena nellaumento dellintelligenza. La
ricerca che corrobora questa ipotesi fu sviluppata in Nuova Zelanda negli anni 80 da James
Flynn che comprese come laggiornamento che si realizza periodicamente in merito ai test di
intelligenza imped agli psicometristi di percepire laumento del QI nei risultati. Cos, raccogliendo
dati di 35 paesi mostr al mondo che il QI aumentava in una media di 3 punti ogni 10 anni mentre
che nei paesi nordici si evidenzi una crescita maggiore: 8 punti. I dati si ottennero a partire da
analisi dei risultati ottenuti nei conosciutissimi test di intelligenza: WISC e Raven. I tentativi di
spiegazione sono molto vari: una migliore alimentazione, la tendenza a creare famiglie pi
piccole che possano offrire un ambiente pi favorevole allo sviluppo dei pi piccoli, la possibilit
di accedere ad una migliore educazione, ambiente vitale pi complesso... Tuttavia, nel mio
tentativo di confutare o verificare tutta linformazione che incontro mi sono imbattuta in nuovi studi
che mostrano come laumento costante del QI parrebbe essere giunto al termine. Nel 2004
ricercatori dellUniversit di Oslo mostrarono quello che potrebbe essere la fine delleffetto Flynn,
almeno in Norvegia. A partire dallana
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lisi di 500 mila reclute si osserv che nel decennio dei 90 si evidenzi un picco nei risultati
ottenuti nelle prove dintelligenza ma in seguito

laumento si ferm e addirittura si osserv una leggera diminuzione nei risultati ottenuti nei
subtest di ragionamento numerico. Dal canto loro, Psicologi dellUniversit di Adelaide
nellAustralia del Sud, presentarono i risultati di 20 anni di ricerche con campioni di bambini in et
comprese tra i 6 ed i 13 anni e negano laumento del QI. Attraverso 20 anni di storia i livelli
dintelligenza hanno presentato una tendenza a stabilizzarsi. Per essere pi specifici la media
ottenuta nel 1981 fu di 12387 mentre che nel 2001 si ottenne un discreto 11671, si osserva
quindi una leggera diminuzione. Il test utilizzato per ottenere questi risultati fu il Peabody Picture
Vocabulary. Nello stesso tempo, ricercatori del Kings College dellUniversit di Londra
mostrarono che il rendimento nei test di ragionamento in fisica, a cui vennero sottoposti
adolescenti britannici delle scuole secondarie, diminu considerabilemnte tra il 1976 ed il 2003.
Quindi, che succede? Al di l delle considerazioni critiche in merito ai test dintelligenza ed ai
risultati che gli stessi offrono, mi azzardo ad ipotizzare che leffetto Flynn si evidenzi realmente
in alcuni paesi, fino al 1990. Tutti sappiamo che tra il 1960 ed il 1990 le persone erano molto pi
attive e compromesse nello sviluppo sociale, si evidenzi un ampio movimento di cambiamento
culturale in molti paesi con alla testa studenti universitari che anelavano ad una profonda
rivoluzione sociale. Questo periodo di tempo incluse la rivoluzione sessuale, la nascita del
movimento hippie, ed anche il mondo musicale vari sostanzialmente con lapparizione di gruppi
come i Beatles, i Rolling Stones. Questi cambiamenti sociali senza dubbio ebbero un impatto
notevole sulla forma in cui si concepiva leducazione delle nuove generazioni, soprattutto perch
suggeriva di apprendere a pensare da se stessi. Non strano quindi che un movimento sociale
di tale portata abbia dato luogo ad un aumento nel QI delle persone. Ma che accadde dopo il
1990? La famiglia cambia sensibilmente il suo schema relazionale ed anche se i genitori
desiderano che i figli abbiano una educazione eccellente, mediamente e pi generalmente, si
dedica loro molto meno tempo per la loro educazione in casa, tempo che i piccoli passano con i
computer ed i videogiochi che...insegnano a pensare? Per molti Psicologi i giochi per computer
sono molto simili ai classici test dintelligenza secondo i quali il punteggio nei medesimi avrebbe
dovuto aumentare, ma in pratica non cos. Il problema che questi Psicologi dimenticano che i
giochi computerizzati offrono una retroalimentazione costante al giocatore, cos che, molte volte il
gioco termina dopo un numero senza fine di risposte azzardate o apprese memorizzandole con la
ripetizione piuttosto che perch la persona ha compreso, riflettendo sulle possibili soluzioni.
Nonostante, queste sono solo alcune possibili spiegazioni ad un fenomeno come lintelligenza
che sappiamo essere multi-determinato ed estremamente complesso. 13.3) Intelligenza: una o
diverse? Fattore G e fattori S. Intelligenza fluida e cristallizzata. Intelligenze multiple Lintelligenza
fluida la capacit di acquisire nuove informazioni e di integrarle elaborando nuove strategie
attuative mentre lintelligenza cristallizzata utilizza le informazioni del passato per applicarle a
nuove situazioni. Lintelligenza fluida cala progressivamente dopo i 30 anni mentre lintelligenza
cristallizzata decresce dopo i 70 anni. Il cosiddetto brain aging interessa in particolare la
memoria. Nel processo di memorizzazione si distinguono tre fasi: limmagazzinamento, il
deposito e il recupero. Con linvecchiamento

limmagazzinamento delle informazioni nel cervello pi difficile e richiede pi tempo. Defi


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cit sensoriali, come la presbiacusia e la presbiopia, e stati danimo, come lansia e la
depressione, compromettono ulteriormente lefficienza della memoria. Il primo psicologo che ha
parlato delle Intelligenze Multiple stato Howard Gardner in "Frames of mind"pubblicato nel
1983. Il punto di partenza della sua teoria la convinzione che sia errato ritenere che ci sia
qualcosa chiamata intelligenza che possa essere obiettivamente misurata e ricondotta ad un
singolo numero, ovvero ad un punteggio IQ. Secondo Gardner, ogni persona dotata di almeno
sette intelligenze ovvero, intelligente in almeno sette modi diversi. Ci significa che alcuni di noi
possiedono livelli molto alti in tutte o quasi tutte le intelligenze, mentre altri hanno sviluppato in
modo pi evidente solo alcune di esse. Tuttavia importante sapere che ognuno pu sviluppare
tutte le diverse intelligenze fino a raggiungere soddisfacenti livelli di competenza. Gardner
sostiene pertanto che tutti possiamo sviluppare le nostre diverse intelligenze se siamo messi
nelle condizioni appropriate di incoraggiamento, arricchimento e istruzione. Inoltre le intelligenze
sono strettamente connesse tra di loro e interagiscono in modo molto complesso. Un esempio
molto semplice e significativo lo possiamo trovare nella vita di tutti i giorni nell'atto di cucinare una
pietanza. Ci mette in moto e in relazione pi di una delle nostre intelligenze: leggere la ricetta
(intelligenza verbale); calcolare gli ingredienti necessari (intelligenza matematica); tenere conto
dei gusti personali (intelligenza intrapersonale) e di quelli altrui (intelligenza interpersonale). Se
ciascuno cosciente delle proprie intelligenze pi forti e di quelle pi deboli, pu usare le pi forti
per sviluppare o compensare quelle pi deboli. LE SETTE INTELLIGENZE Intelligenza
logico/matematica Capacit di usare i numeri in maniera efficace e di saper ragionare bene.
Questa intelligenza include sensibilit
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verso principi e relazioni, abilit nella valutazione di oggetti concreti o astratti. In breve:
riconoscimento di modelli astratti ragionamento induttivo ragionamento deduttivo saper
discernere relazioni e connessioni saper svolgere calcoli complessi pensiero scientifico e amore
per l'investigazione Intelligenza linguistico/verbale Capacit ad usare le parole in modo efficace,
sia oralmente che per iscritto. Questa intelligenza include padronanza nel manipolare la sintassi o
la struttura del linguaggio, la fonologia, i suoni, la semantica, e nell'uso pratico della lingua. In
breve: facilit di parola saper spiegare, insegnare e apprendere verbalmente saper convincere
altri (linguaggio e scrittura persuasiva) analisi meta-linguistica humour basato sulla lingua
memoria verbale Intelligenza kinestetica Abilit nell'uso del proprio corpo per esprimere idee e
sentimenti e facilit ad usare le proprie mani per produrre o trasformare cose. Questa intelligenza
include specifiche abilit fisiche quali la coordinazione, la forza, la flessibilit e la velocit. In
breve: controllo dei movimenti del corpo "volontari" movimenti del corpo "pre-programmati"

esternazione della consapevolezza attraverso il corpo connessione mente-corpo abilit


mimetiche perfezionamento delle funzioni del corpo Intelligenza visivo/spaziale Abilit a percepire
il mondo visivo/spaziale accuratamente e operare trasformazioni su quelle percezioni. Questa
intelligenza implica sensibilit verso il colore, la linea, la forma, lo spazio. Include la capacit di
visualizzare e rappresentare idee in modo visivo e spaziale. In breve: immaginazione attiva saper
trovare la propria strada nello spazio (forte senso dell'orientamento) formare immagini mentali
(visualizzare) rappresentare graficamente (pittura, disegno, scultura, ecc) riconoscere relazioni di
oggetti nello spazio manipolazione mentale degli oggetti accurata percezione da angoli diversi
memoria visiva Intelligenza musicale Capacit di p
ercepire, discriminare, trasformare ed esprimere forme musicali. Capacit di discriminare con
precisione altezza dei suoni, timbri e ritmi. In breve: apprezzamento per la struttura della musica
e del ritmo sensibilit verso i suoni e i modelli vibratori riconoscimento, creazione e riproduzione
di suono, ritmo, musica, toni e vibrazioni apprezzamento delle caratteristiche qualit dei toni e dei
ritmi Intelligenza intrapersonale Riconoscimento di s e abilit ad agire adattivamente sulla base
di quella conoscenza. Avere una accurata descrizione di s; coscienza dei propri stati d'animo pi
profondi, delle intenzioni e dei desideri; capacit per l'autodisciplina, la comprensione di s,
l'autostima. Abilit di incanalare le proprie emozioni in forme socialmente accettabili. In breve:
concentrazione mentale saper essere memore e attento ("fermati e annusa le rose")
metacognizione ("pensare al pensare") coscienza e discriminazione della gamma delle proprie
emozioni coscienza delle aspettative e delle motivazioni personali senso del s coscienza
spirituale Intelligenza interpersonale Abilit di percepire e interpretare gli stati d'animo, le
motivazioni, le intenzioni e i sentimenti altrui. Ci pu includere sensibilit verso le espressioni del
viso, della voce, dei gesti e abilit nel rispondere agli altri efficacemente e in modo pragmatico. In
breve: comunicazione verbale/non verbale efficace sensibilit verso gli stati d'animo, i sentimenti,
i temperamenti altrui saper creare e mantenere la "sinergia" profondo ascolto e profonda
comprensione delle prospettive altrui empatia lavorare in gruppo in modo cooperativo 13.4)
Soluzione di problemi: fase preparatoria, soluzione e verifica

13.5) Ragionamento logico-analitico e soluzione per intuito (insight) Quante volte ci capitato di
risolvere un problema come per arte o per magia? Probabilmente l eureka! di Archimede
Pitagorico ci toccato in sorte almeno una volta nella nostra vita. La traduzio
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ne in termini psicologici sarebbe: linsight, anche se viene chiamata ispirazione, soluzione
inconscia... sappiamo bene che gli psicologi si prestano molto spesso a chiamare in modi diversi
gli stessi fenomeni. Tuttavia, la sola cosa chiara a proposito dellinsight che esiste, e sono
molteplici le teorie che tentano di spiegare come si produce questa risposta improvvisa. Gli
psicologi gestaltisti assumono che linsight il prodotto di una ristrutturazione improvvisa. Come
dire, quando affrontiamo un problema in molte occasioni abbiamo tante fissazioni e percorsi
mentali ripetitivi appresi precedentemente che ci impediscono di analizzare con totale apertura e
flessibilit mentale le principali caratteristiche della situazione, in questo modo, ci chiudiamo alla
soluzione ma dopo, in qualche momento la soluzione appare perch siamo stati capaci di
ristrutturare le nostre fissazioni ed i rigidi schemi di analisi. Siamo stati in grado di disfarci delle
nostre fissazioni funzionali. Vi propongo un problema semplice: Per quale motivo i numeri sono
collocati in questo ordine? 5, 2, 9, 8, 6, 1, 0 Con la teoria gestaltista il processo della soluzione
dei problemi sarebbe tutto o niente. Tuttavia, esistono altre spiegazioni: Weisberg propone
lesistenza di un processo graduale nel quale, se non si incontra la soluzione, il pensiero reinizia
nuovamnte il ciclo intentando di adottare nuove strategie. Comunque, nessuna di queste teorie
spiega la complessit dellinsight. Particolarmente mi riferisco agli psicologi che assicurano si
tratti di un processo nel quale si evidenzia un doppio processamento: a livello cosciente e
subcosciente, nel quale necessaria tanto la ristrutturazione mentale e labbandono delle
fissazioni funzionali come la destrezza o lesperienza nel risolvere problemi non ben definiti che
richiedono soluzioni altamente creative. In questo modo, sarebbe spiegabile il perch le
soluzioni felici appaiano essenzialmente du
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rante il sonno o quando ci siamo appena svegliati dato che il processamento cosciente dei dati
continua il suo corso nel subconscio. Nello stesso modo, le persone creative o con esperienza
con problemi non ben definiti saranno pi spesso illuminate dalle idee repentine rispetto a
coloro che affrontano per la prima volta queste problematiche. Per quelli che restano ossessionati
dalla soluzione del problema dei numeri offro loro una nuova pista perch lo risolvano: Per quale
ragione queste parole sono collocate in questo ordine? Cinque, due, nove, otto, sei, uno, zero

Ora probabilmente vi sarete resi conto che sono posizionate in ordine alfabetico, fatto che
difficilmente potevamo immaginare dovuto allidea stereotipata che ci induce a pensare come i
numeri siano esclusivamente fatti per il calcolo. A volte sufficiente considerare il problema da
una prospettiva diversa e disfarci un poco dei nostri schemi mentali pi rigidi. Possiamo applicare
questa tecnica anche al quotidiano, senza dubbio sarebbe un tentativo che vale la pena di essere
fatto. 13.6) Gli ostacoli alle soluzioni creative: il fenomeno della fissit funzionale (einstellung) Il
pensiero lattivit mentale che ci consente di elaborare le informazioni provenienti dal mondo
esterno, metterle in relazione tra loro e con le conoscenze che gi possediamo, al fine di risolvere
problemi, inferire nuove informazioni, prendere decisioni. E dunque il ponte tra percezione e
azione, ci che media il rapporto tra luomo e lambiente naturale e sociale consentendo risposte
non automatiche ma pensate; in una parola, il pensiero ci che guida lagire intenzionale. Le
ricerche in psicologia si sono concentrate sulle tre principali funzioni a cui assolve il pensiero: la
risoluzione di problemi (problem solving), il ragionamento (reasoning), la presa di decisioni
(decision making). 1. La risoluzione di problemi Data una situazione-problema, come arriviamo
alla sua soluzione? Tutti
36 37 38 39 40 41 42i giorni ci troviamo a dover risolvere problemi pi o meno complessi. In
generale, abbiamo un problema quando dobbiamo raggiungere un certo obiettivo e non
sappiamo esattamente come fare, cio non immediato come passare dalla situazione in cui ci
troviamo alla situazione desiderata. La risoluzione di problemi richiede creativit: oltre a
rappresentare appropriatamente i dati del compito e a compiere una serie di inferenze, bisogna
saper trovare i legami rilevanti tra gli elementi del problema. Pensiamo per esempio alla scoperta
della penicillina. Fleming, un microbiologo che stava lavorando sullinfluenza, aveva lasciato una
coltura di batteri su una piastra ed era andato in vacanza. Al suo ritorno, not che sulla piastra
cera una zona in cui i batteri non erano cresciuti: in quella zona era finita una muffa, in seguito
identificata come appartenente al genere Penicillium. Probabilmente, altri ricercatori prima di lui
avevano osservato in una coltura gli stessi cambiamenti, ma quelle colture andate a male erano
state immediatamente gettate via. La creativit di Fleming consistita nel cogliere il legame tra la
presenza della muffa e la mancata crescita dei batteri: egli ipotizz che quella muffa avesse
causato la morte dei batteri e pens dunque che si potesse utilizzare per combattere quel tipo di
batteri. Questa, come la maggior parte delle scoperte scientifiche, avvenuta grazie ad
unintuizione circa un legame causale fino a quel momento sconosciuto. In questo paragrafo, per
prima cosa ripercorreremo le principali correnti teoriche che, a partire dal secolo scorso, hanno
studiato in che modo le persone giungano a risolvere problemi; vedremo inoltre cosa delle teorie
presentate ancora valido e come pu essere utilizzato negli attuali studi sulla risoluzione di
problemi. In seguito, definiremo alcuni concetti fondamentali e vedremo quali sono le questioni
ancora aperte, che costituiscono gli attuali ambiti di ricerca in questo campo. 1.1
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Teorie sulla risoluzione di problemi La teoria comportamentista (anni Venti) Secondo la teoria
comportamentista, i problemi vengono risolti per . Consideriamo lesperimento di Thorndike sui
gatti (1905). Thorndike mise dei gatti affamati

in una gabbia chiusa, da cui essi potevano vedere una ciotola di cibo collocata allesterno. La
porta della gabbia poteva essere aperta quando un paletto collocato al suo interno veniva colpito.
Allinizio i gatti si lanciavano contro le sbarre della gabbia mordendole. Inevitabilmente, ad un
certo punto i gatti nella gabbia colpivano anche il paletto interno ed aprivano lo sportello. Dopo
ripetute sedute sperimentali i gatti sembravano imparare che colpire il paletto faceva aprire lo
sportello della gabbia. Cos, quando i gatti venivano chiusi nella gabbia andavano direttamente
verso il paletto, lo colpivano, aprivano lo sportello e fuggivano. Si concluse cos che i nuovi
problemi vengono affrontati con una strategia per tentativi ed errori e che le soluzioni corrette,
attuate per caso, vengono riprodotte quando viene presentato lo stimolo appropriato. La teoria
della Gestalt (anni Trenta) Secondo la teoria della Gestalt, il processo di soluzione di un problema
pi che una semplice riproduzione di risposte apprese: esso implica un processo di
riorganizzazione degli elementi del problema. Tale riorganizzazione non avviene per caso, n per
tentativi ciechi, n per associazioni, bens grazie allinsight cio unintuizione che si verifica
allimprovviso (vedi per esempio Wertheimer, 1945). Per risolvere un problema si deve avere un
insight circa la struttura del problema e RISTRUTTURARE il problema in modo diverso. Non
sempre luso diretto dellesperienza passata facilita il raggiungimento della soluzione di un
problema; a volte pu portare a commettere errori. Quando si affronta un problema che simile
ad altri gi incontrati in passato, si tende a risolverlo con lo stesso meccanismo che si era
applicato
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in precedenza. Quando lapprendimento antecedente applicabile efficacemente al nuovo
problema, il trasferimento della strategia utilizzata in precedenza facilita la risoluzione del nuovo
problema. Tuttavia, a volte gli apprendimenti precedenti possono impedire di riorganizzare gli
elementi del nuovo problema in modo utile alla sua risoluzione. Un esempio ne la FISSITA
FUNZIONALE : il soggetto rimane fissato sulla funzione abituale di un oggetto e non riesce a
riconcettualizzarlo in modo diverso. Consideriamo il problema della candela: [Problema della
candela] Avete a vostra disposizione una candela, una scatola di puntine da disegno e una
bustina di fiammiferi. Il vostro compito attaccare la candela al muro al di sopra di un tavolo, in
modo tale che la cera sciolta non goccioli sopra il tavolo. La risoluzione del problema della
candela il seguente:

[Soluzione del problema della candela] Usare la scatola che contiene le puntine come
portacandele e attaccarla al muro. I soggetti sottoposti allesperimento inizialmente non
riuscivano a risolvere il problema perch erano fissati sulla funzione normale della scatola,
quella di contenere le puntine, e questo impediva loro di riconcettualizzarla in modo diverso.
Quando lo sperimentatore toglieva le puntine dalla scatola e le disponeva sparse sul tavolo
accanto alla scatola vuota, i soggetti avevano unintuizione improvvisa: i soggetti
riconcettualizzano la funzione della scatola (non solo un contenitore, ma pu anche essere
usata come sostegno per la candela). Quindi, il raggiungimento di una soluzione creativa avviene
attraverso quattro fasi: (a) il problema viene formulato e vengono fatti i primi tentativi per
risolverlo (b) il problema viene messo da parte per dedicarsi ad altre attivit (c) la soluzione del
problema viene in mente come unilluminazione improvvisa (d) il solutore si accerta che la
soluzione trovata funzioni effettivamente. La teoria cognitivista (anni Sessanta) Consideriamo il
problema della Torre di Hanoi: [Problema della Torre di Hanoi] Disegnate una tavoletta in cui sono
infissi tre pioli. Nel primo piolo sono infilati, in ordine decrescente di diametro, un numero variabile
di dischi forati al centro, cos che il disco pi grande sta sotto tutti gli altri ed il pi piccolo sta in
cima alla pila. Meta: trasportare tutti i dischi dal primo al terzo piolo, nello stesso ordine. Regole:
si pu spostare solo un disco alla volta; un disco pi grande non pu essere collocato sopra un
disco pi piccolo. Newell e Simon (1972) hanno sviluppato la teoria dello spazio problemico, che
presentiamo ora con riferimento al problema della Torre di Hanoi. Quando le persone risolvono
un problema si rappresentano mentalmente lo stato iniziale del problema (tutti i dischi sono
collocati sul primo piolo) e lo stato finale del problema (tutti i dischi sono infilati sullultimo piolo
nello stesso ordine). Per passare dallo stato iniziale a quello finale, passano attraverso una serie
di stati intermedi grazie allapplicazione di operatori mentali (es. sposta il disco pi piccolo dal
primo al terzo piolo, sposta il disco intermedio dal primo al secondo piolo, ecc.). Gli operatori
mentali specificano le mosse consentite e quelle non consentite (collocare un disco pi grande
sopra uno pi piccolo). Nel passaggio da ciascuno stato al successivo sono possibili numerosi
percorsi alternativi, ovvero un grande numero di mosse diverse. Per spostarsi in modo efficiente
da uno stato allaltro, cio per scegliere la mossa che, ad ogni stato, consente di avvicinarsi il pi
possibile allo stato finale, le persone usano delle strategie o EURISTICHE. Le euristiche sono
procedure approssimate, che non specificano ogni azione, ma guidano la ricerca e la sequenza
delle azioni da fare. A differenza degli algoritmi, che sono serie di regole esplicite che, seguite in
modo sistematico, portano definitivamente

alla soluzione del problema, le euristiche non


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garantiscono di arrivare alla soluzione, ma se hanno successo implicano un risparmio di tempo e
fatica. Uno dei metodi euristici pi utilizzati lANALISI MEZZI-FINI, che consiste nei passi
seguenti. (a) Notare le differenze tra stato attuale e stato finale. Ad es. se il solutore del problema
della torre di Hanoi si trova al seguente stato: rileva che il disco piccolo sul primo piolo invece di
essere sul terzo. (b) Creare una sotto-meta, per ridurre la differenza tra i due stati. In questo
caso, spostare il disco piccolo dal primo al terzo piolo. (c) Selezionare un operatore che risolver
questa sotto-meta. In questo caso, prendere il disco piccolo e metterlo sul terzo piolo.
Lapplicazione di un algoritmo a questo stato del problema comporterebbe di analizzare
sistematicamente tutte le mosse consentite: spostare il disco piccolo sul secondo piolo, spostare
il disco intermedio sul secondo piolo, spostare il disco piccolo sul terzo piolo. Solo dopo averle
analizzate tutte, verrebbe scelta lultima di queste mosse perch consente la soluzione. La
risoluzione del problema della Torre di Hanoi, richiede un minimo di sette spostamenti o mosse.
Essi sono illustrati in figura 2. Valutazione delle teorie sulla risoluzione di problemi Rispetto alle
teorie illustrate, non possiamo dire che ce ne siano di giuste e di sbagliate. Nel risolvere problemi
procediamo talvolta per tentativi ed errori, talvolta grazie ad un insight che ci consente di vedere
una soluzione non considerata prima, talvolta attraverso luso di strategie euristiche. Il merito
della teoria della Gestalt stato quello di mostrare che nel pensiero umano vi sono aspetti che
vanno oltre la riproduzione di soluzioni gi note. Anche se il tempo migliore per la scuola della
Gestalt ormai passato, i concetti di fissit funzionale, insight e ristrutturazione continuano a
rivestire un ruolo importante nelle moderne teorie cognitiviste sullelaborazione di informazioni.
Queste ultime si sono
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affermate per la loro

capacit di predire in modo adeguato ci che le persone fanno quando cercano la soluzione di un
problema. Esse sono state applicate con successo a problemi ben definiti (vedi il paragrafo
seguente) come quello della Torre di Hanoi, ma necessario ancora molto lavoro per estenderle
a problemi mal definiti quali quelli che normalmente si incontrano nel mondo reale. 1.2 Fattori
rilevanti nella risoluzione di problemi Nella risoluzione di un problema entrano in gioco numerosi
fattori; in particolare risultano rilevanti le caratteristiche del problema, le caratteristiche del
solutore e la loro interazione. Consideriamo separatamente questi fattori. Caratteristiche del
problema Una prima distinzione riguarda problemi ben definiti e problemi mal definiti. Un
problema BEN DEFINITO quando la situazione da cui si parte, la situazione a cui si deve
arrivare e le mosse che sono consentite per raggiungere la soluzione sono specificate in modo
chiaro. Problemi ben definiti sono i rompicapi: si pensi ai giochi delle riviste di enigmistica, a molti
dei problemi usati nei test di ammissione alluniversit e nella selezione del personale, o pi
specificamente al problema della Torre di Hanoi presentato nel paragrafo precedente. Al
contrario, un problema MAL DEFINITO quando le situazioni iniziali e finali sono incerte o non
chiare, e le mosse possibili devono essere scoperte. I problemi che incontriamo nella vita di tutti i
giorni sono di solito mal definiti. Supponiamo di aver dimenticato le chiavi del nostro
appartamento al suo interno. La situazione iniziale comprender senzaltro le chiavi e
lappartamento, ma pu comprendere anche il pompiere, il falegname, lamico muscoloso in
grado di sfondare la porta e cos via. La situazione finale sar identificata col riuscire ad entrare
nellappartamento, ma questa situazione andr ulteriormente definita sulla base delle nostre
esigenze e possibilit, per esempio possiamo scegliere di entrare senza fare troppi danni, ma
ancora si tratta di una definizione che richiede ulteriori specificazioni. Le mosse possibili sono
anchesse numerose e sta a noi decidere quali riteniamo adeguate e quali no; per esempio
possiamo decidere che sfondare la porta non una mossa adeguata per le spese che questo
comporta. Una seconda distinzione riguarda problemi che richiedono conoscenza di DOMINIO
GENERALE, cio conoscenza delle strategie e dei metodi che si applicano a molti tipi di
problemi, e problemi che richiedono conoscenza di DOMINIO SPECIFICA, cio conoscenza
relativa al dominio entro cui il problema si applica. I rompicapi di cui sopra richiedono di solito
conoscenza dominio generale: per esempio, nel problema della Torre di Hanoi non ci richiesta
alcuna conoscenza specifica rispetto alle torri o a i pioli, ci che ci serve ipotizzare spostamenti,
prevedere mentalmente le loro conseguenze, trovare la strategia che ci consente di raggiungere
la situazione finale il pi rapidamente possibile. Si tratta dunque di abilit richieste dalla maggior
parte dei problemi, che non hanno a che vedere col contenuto del problema in questione. Al
contrario, il gioco degli scacchi o un problema di fisica richiedono conoscenza relativa a quello
specifico dominio: per giocare a scacchi bisogna conoscere le possibili configurazioni delle
pedine sulla scacchiera e, se si bravi, ricordare quali sono le mosse migliori a partire da una
certa configurazione; per risolvere un problema di fisica occorre avere nozioni circa la massa, la
forza, la gravit e le loro relazioni. Caratteristiche del solutore Di fronte a problemi che richiedono
solo conoscenza dominio generale, i solutori possono rivelarsi pi o meno abili nel raggiungere la
conclusione in base alla loro abilit intellettiva. Di fronte a problemi che richiedono conoscenza
dominio specifica, invece, la differenza tra un buon solutore e un cattivo solutore dipende dalla
quantit di conoscenza che questi p
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ossiede rispetto allarea o dominio del problema. Sulla base della conoscenza specifica
posseduta, definita expertise, possiamo distinguere solutori NOVIZI , che hanno poca
conoscenza specifica, e solutori ESPERTI , che, grazie allesperienza maturata nel dominio in

questione, possiedono una notevole conoscenza specifica. Pensiamo per esempio alla differente
abilit di un giocatore di scacchi alle prime armi, rispetto ad un giocatore esperto (vedi
Lacquisizione di competenze specifiche nel paragrafo seguente). Unaltra variabile relativa al
solutore riguarda la sua ESPERIENZA PRECEDENTE CON PROBLEMI ANALOGHI a quello che
si trova ad affrontare. Se il solutore ha incontrato in passato problemi che avevano la stessa
struttura di quello che si trova ad affrontare, pu utilizzare le strategie impiegate in passato per
risolvere il problema in corso (vedi La risoluzione di problemi per analogia nel paragrafo
seguente). 1.3 Ambiti di ricerca Lacquisizione di competenze specifiche Una domanda che gli
studiosi della risoluzione di problemi si sono posti : come si diventa esperti? Diventare esperti
significa acquisire molta conoscenza specifica per il dominio in cui si intende operare. Anderson
(1982) ha sviluppato una teoria sullo sviluppo di abilit specifiche, secondo cui lacquisizione di
abilit consiste nel passare dalluso di conoscenza dichiarativa alluso di conoscenza
procedurale. Supponiamo di esserci appena iscritti alla scuola guida. Nelle prime lezioni
linsegnante di guida ci dar una serie di istruzioni: per accelerare o frenare devi usare il piede
destro, per cambiare marcia devi prima premere la frizione col piede sinistro e poi inserire la
marcia col cambio manuale, e cos via. Durante queste prime esperienze di guida, procederemo
pensando a queste istruzioni, e ci capiter di ripetercele mentalmente prima di applicarle; per
esempio, quando dobbiamo cambiare marcia penseremo <
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la frizione e questo si fa col piede sinistro>>. Applicare le istruzioni che ci sono state fornite
significa usare una CONOSCENZA DICHIARATIVA . Tuttavia, con il ripetersi delle esperienze alla
guida, impareremo a procedere senza dover pi ricordare a noi stessi le istruzioni: per esempio,
di fronte alla necessit di cambiare marcia, premeremo la frizione senza dover pensare di farlo e
a come farlo. Ci significa che avvenuta una PROCEDURALIZZAZIONE : lapplicazione
ripetuta della conoscenza dichiarativa relativa, in questo caso, al cambiare marcia stata
trasformata in una procedura tale che, ogni volta che ci troviamo nella condizione <>, lazione
necessaria a questo scopo verr eseguita velocemente e in modo automatico, senza pi
richiedere un pensiero cosciente. Siamo passati ad usare una CONOSCENZA PROCEDURALE.
La risoluzione di problemi per analogia Abbiamo detto che se il solutore ha incontrato in
precedenza problemi analoghi a quello che si trova ad affrontare, potrebbe far ricorso alle
medesime strategie. Due problemi si dicono ANALOGHI quando sono strutturalmente simili,
anche se hanno caratteristiche superficiali diverse e appartengono a domini diversi. Un esempio
chiarir la questione. Supponiamo che il nostro ipotetico solutore si sia trovato di fronte al
problema seguente: [Problema della fortezza] Al centro di un territorio si trova una fortezza; dalla
fortezza si dipartono molte strade. Un generale vuole distruggere la fortezza con il suo esercito. Il
problema del generale questo: per distruggere la fortezza deve usare lintero esercito, ma
poich tutte le strade di accesso alla fortezza sono minate esse esploderebbero nel momento in
cui un intero esercito passasse sopra le mine, e distruggerebbero quindi anche lesercito e i
villaggi vicini; un piccolo gruppo dellesercito non farebbe esplodere le mine, ma non sarebbe
efficace per distruggere la fortezza. Cosa pu fare il generale? e poniamo che il solutore abbia
raggiunto, o gli sia stata illustrata, una valida conclusione, come la seguente:

[Soluzione del problema della fortezza] Il generale divide lesercito in piccoli gruppi. Dispone
ciascun gruppo su una strada diversa. I piccoli gruppi convergono simultaneamente alla fortezza.
In tal modo lesercito distrugge la fortezza. Supponiamo ora che gli venga presentato il problema
seguente: [Problema della radiazione] Un paziente ha un tumore inoperabile allo stomaco. Il
medico decide di distruggere il tumore usando un fascio di radiazioni. Il problema del medico
questo: per distruggere il tessuto malato deve usare raggi ad alta intensit, ma questi
distruggerebbero anche i tessuti sani che circondano il tumore; raggi a bassa intensit non
danneggerebbero i tessuti sani, ma il tumore non verrebbe eliminato. Cosa pu fare il medico? Il
problema della fortezza e quello della radiazione sono superficialmente diversi e appartengono
uno al dominio della medicina, laltro al domino militare; tuttavia, la struttura dei due problemi la
medesima. Infatti, in entrambi i casi si tratta di usare una forza per distruggere un obiettivo
centrale, tale forza deve essere sufficientemente intensa, ma non la si pu applicare lungo un
unico percorso. Pertanto, dato che la meta, le risorse e vincoli dei due problemi sono simili, il
solutore che ha gi affrontato il problema della fortezza pu astrarre il piano di soluzione l
adottato (soluzione della <>: applicare forze deboli simultaneamente lungo molti percorsi che
convergano sullobiettivo) e raggiungere cos la soluzione del problema della radiazione:
[Soluzione del problema della radiazione] Il medico divide i raggi in fasci a bassa intensit.
Dispone lemissione di raggi a bassa intensit lungo varie direzioni intorno al corpo del paziente. I
raggi a bassa intensit convergono simultaneamente sul tumore. In tal modo i raggi distruggono il
tumore. Ma le persone, normalmente, tendono a ri
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solvere problemi attraverso lanalogia? Tendono, in altre parole, a trasferire lapprendimento da
un dominio ad un altro? Per rispondere a questa domanda sono stati condotti alcuni esperimenti.
In uno di questi, i soggetti sperimentali venivano divisi in tre gruppi. Al gruppo 1 veniva presentato
il racconto della fortezza (cio il problema della fortezza e la sua soluzione), e poi il problema
della radiazione, e veniva detto che per risolvere il problema della radiazione avrebbero potuto
utilizzare il racconto della fortezza. Al gruppo 2 veniva presentato il racconto della fortezza, e poi
il problema della radiazione, ma non veniva detto alcunch su un possibile legame tra luno e
laltro. Al gruppo 3 veniva presentato solo il problema della radiazione. A tutti i gruppi era richiesto
di risolvere il problema della radiazione. I soggetti che hanno raggiunto la soluzione della <> sono
stati: il 60% nel gruppo 1; il 20% nel gruppo 2; il 10% nel gruppo 3. Questi risultati mostrano che
le persone sono in grado di usare un racconto in modo analogico per risolvere un problema, cio
riescono a confrontare gli aspetti della situazione iniziale del problema con quelli del racconto, e a
trasferire la conoscenza da un dominio allaltro (infatti, il 60% dei soggetti a cui era stato
suggerito di usare lanalogia per raggiungere la conclusione riuscito a farlo). E luso
dellanalogia li aiuta notevolmente nella soluzione di problemi (infatti, il 60% dei soggetti a cui era
stato suggerito di usare lanalogia ha raggiunto la soluzione, mentre solo il 10% dei soggetti che
non avevano la possibilit di usare lanalogia ha raggiunto la conclusione). Tuttavia, le persone
non sembrano usare lanalogia in modo spontaneo, cio quando non venga loro esplicitamente
suggerito; sembrano, cio, avere difficolt a riconoscere spontaneamente le somiglianze tra
problemi (infatti, solo il 20% dei soggetti a cui non era stata suggerita unanalogia tra i
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due problemi riuscito a coglierla). 14) Processi decisionali 14.1) Il principio
dellautodeterminazione ed il paradosso della troppa scelta Il paradosso della scelta: una lezione
di comportamento finanziario

Immaginate due negozi: il negozio A vende soltanto 6 tipi di cioccolata; il negozio B offre una
gamma pi vasta pari a 30 tipi di cioccolata. In quale negozio acquistereste pi cioccolata?
Intuitivamente, la maggior parte delle persone sarebbe portata a scegliere il negozio B. Ma,
secondo alcuni studi sul comportamento umano, in realt probabile che pi persone comprino
nel negozio A, ovvero il negozio che offre meno scelta. Questa caratteristica conosciuta col
nome di Paradosso della Scelta od Overload della Scelta. Quali fattori causano il paradosso della
scelta? Poter scegliere senza dubbio stimolante, ma in realt leccessiva offerta diventa un
peso e porta allindecisione. Ci sono molti studi a dimostrazione di questo fenomeno. Ad
esempio, in un recente studio sulla cioccolata della marca Godiva1, ad alcuni partecipanti era
stato chiesto di assaggiare la cioccolata di una serie limitata di 6 tipi, e poi di una serie pi vasta
di 30 tipi. Al momento di compiere la scelta, i partecipanti hanno dichiarato di gradire di pi la
scelta da effettuare sul campione di 30 cioccolate rispetto al campione di 6. Ma i partecipanti che
avevano deciso di scegliere dal campione di 6 si sono rivelati pi soddisfatti e pi propensi a
comprare cioccolata in futuro. Questo tipo di studi suggerisce che, nellesempio dei due negozi di
cioccolata, la maggior parte delle persone sceglierebbe di entrare nel negozio B, attirata dalla
variet di scelta, ma comprerebbero ben poca cioccolata a causa della confusione causata dalla
variet stessa. Scegliere diventa ancora pi complicato quando aumentano i costi e la
complessit associati allacquisto. Ad esempio, pi difficile acquistare unautomobile di quanto
lo sia acquistare della cioccolata, e la decisione di acquistare viene ritardata. Barry Schwartz,
noto professore di teorie sociali ed autore del libro Il Paradosso della Scelta 2 scrive: Pi
aumentano il costo ed il numero di opzioni possibili, pi aumenta la posta psicologica in gioco.
Esaminiamo questi fattori nel dettaglio: Costi: Esiste maggiore esitazione quando il prezzo di un
oggetto sale, in quanto aumenta il prezzo della scelta sbagliata. Questo porta ad un minor
numero di acquisti e maggiori ritardi. Complessit: Quando il numero di fattori da considerare nel
compiere una scelta aumenta occorre pi tempo per analizzare le diverse opzioni e si finisce per
essere pi confusi.

Come influisce il paradosso della scelta sugli investitori? Quando si tratta di compiere scelte
dinvestimento, il costo e la complessit delle decisioni sono molto alti. Ad esempio, soltanto tra le
azioni italiane, esistono alcune centinaia di titoli ed oltre 2000 fondi azionari registrati in Italia. Se
li aggiungiamo a tutti gli altri investimenti presenti nel mondo, otteniamo un numero di scelte
possibili quasi infinito. Non strano dunque che gli investitori individuali trovino molto difficile
compiere scelte di tipo finanziario. Quali sono i comportamenti pi comuni con i quali gli investitori
dimostrano di soffrire per lOverload della Scelta? Ampie allocazioni di denaro contante Il
sovraccarico della scelta crea indecisione ed per questo motivo che molti investitori lasciano i
loro risparmi in denaro contante, perdendo le opportunit di guadagno che i mercati potrebbero
fornire nel lungo periodo. Linerzia verso il cambio di gestori Succede spesso che gli investitori
continuino ad utilizzare lo stesso gestore, anche se considerato non pi appropriato, per il
semplice motivo che la decisione di sostituirlo con un altro pu essere troppo confusa e
complicata. Scelta del gestore basata sulla past performance Di fronte ad una scelta complicata,
molto facile
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ricadere nellabitudine di considerare quei criteri che sembrano facilitare la decisione, ma che
troppo spesso sono quelli meno importanti da considerare. Tornando allesempio della cioccolata,
i partecipanti avrebbero potuto basarsi sulla forma della cioccolata, elemento certamente
semplice da valutare, ma con tutta probabilit il gusto a determinare se ci sar un acquisto
successivo. Quando si tratta di investire, molti si concentrano sulla performance precedente
perch la trovano semplice da valutare.
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