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La mia immagine ti appartiene

Arte e disabilit, due mondi apparentemente antitetici, lontani e poco


relazionabili,
ma in realt molto pi vicini di quello che si potrebbe pensare.
Qualsiasi forma artistica, che sia afferente al linguaggio teatrale, pittorico,
musicale, pone al centro del proprio operato la globalit della persona, con i suoi
punti di forza e le sue fragilit. Attraverso l'arte, queste ultime non necessariamente
vengono a rappresentare un limite, magari gi sperimentato nei vari contesti di vita
solitamente frequentati, ma anzi possono tradursi in risorse inespresse.
Paradossalmente, arte e disabilit, che semanticamente possono apparire
termini cos antitetici, sono molto legati poich a volte l'arte permette di superare e
vicariare il deficit.
Si possono cos aprire spiragli di relativit che, se supportati e ben strutturati,
potrebbero far cadere le barriere e i pregiudizi che ostacolano l'andar oltre le frontiere
della disabilit.
Da tale premessa nata la riflessione sulla vita di artisti e personalit creative
accomunati dalla caratteristica di essere in qualche modo traditi da un corpo che, ad
un certo punto, non ha rappresentato pi il mezzo creativo e lo strumento espressivo
della loro genialit ma, al contrario, una pesante e dolorosa barriera alla realizzazione
della loro opera. Cosa hanno in comune artisti come W. A. Mozart, L. V. Beethoven,
R. Schumann, P. A. Renoir, P. P. Rubens? Ognuno di loro si dovuto confrontare con
sintomi e patologie che in qualche modo hanno ostacolato o, paradossalmente,
favorito la loro arte colpendo proprio, come affermato nellintroduzione, gli organi
necessari allespressione artistica.
Mozart infatti era affetto da reumatismo articolare acuto, Schumann da distonia
focale, Beethoven da sordit, Renoir e Rubens da artrite reumatoide.
Proprio Renoir negli ultimi anni della sua vita stato costretto a dipingere con
il pennello legato tra le dita. Colpi di colore brevi e rapidi, firma distintiva di
capolavori apprezzati in tutto il mondo. Ma dietro la pennellata di Pierre-Auguste
Renoir, tra i pittori simbolo della corrente impressionista di fine Ottocento, si
nascondeva un triste segreto: l'artrite reumatoide. Una malattia invalidante allora
'orfana' di terapia, che per oltre vent'anni deform gravemente le mani, le braccia e le
spalle dell'artista. 'Regalandogli' in cambio uno stile inconfondibile, fatto di macchie
di pittura stese con colpi corti e rapidi.
Nato nel 1841, il pittore francese soffr di artrite reumatoide dal 1897, quando
aveva 56 anni, fino alla morte nel 1919, all'et di 78 anni.

L'aggressivit dei sintomi lo costrinse ad adattare alla patologia il suo modo di


dipingere. Avendo le dita di entrambe le mani ripiegate su se stesse, impar a
impugnare e muovere il pennello a scatti, tenendolo tra indice e medio, nel primo
spazio metacarpale. E poich le spalle non gli permettevano di arrivare alla parte pi
alta della tela, per raggiungerla mont sul cavalletto speciali cilindri, sui quali la tela
potesse scorrere all'occorrenza. Cos, nonostante la malattia gli erodesse
progressivamente le articolazioni, Renoir dipinse fino alla morte.
Rubens, che soffriva del suo stesso male, in uno dei suoi quadri pi famosi,
Le tre Grazie, ha rappresentato anche pittoricamente la sua malattia dipingendo la
prima delle tre donne con evidenti deformit alle dita della mano destra.
Lo studio e lapprofondimento della personalit dellartista possono
rappresentare un modello esplicativo. Lartista e la sua opera, nella loro unicit e
irripetibilit, rappresentano le emozioni pi profonde del mondo interiore in modo da
renderle fruibili a livello di realt.
Un altro aspetto importante del rapporto tra arte e disabilit riguarda la
fruizione dei musei e dei luoghi della cultura in genere.
Intervenire sul patrimonio culturale esistente per la sua valorizzazione,
ponendo attenzione alla progettazione degli spazi e dei servizi, ai fini di una loro
completa e inclusiva fruizione, permette di giustificare lessenza del bene stesso.
Laccessibilit quindi anche unopportunit per i beni culturali intesi come
patrimonio di una collettivit composta da persone diverse.
Progettare laccessibilit di un museo significa renderlo un luogo sicuro,
confortevole e qualitativamente migliore per tutti i potenziali utilizzatori garantendo
libero accesso alla comunicazione e allinformazione affinch il museo stesso svolga
il suo pieno e consapevole ruolo sociale.
Per un museo se la comunicazione di un valore, di unemozione, di un
significato espresso in modo non chiaro o addirittura incomprensibile, verr meno
la corretta fruizione e leggibilit delle opere esposte e, pi in generale, dei nessi che
le collegano. Lutilit pratica di sperimentare e utilizzare nuovi modi di comunicare
sicuramente finalizzata ad accrescere lattenzione di un pubblico pi vasto e
differenziato.
La chiave daccesso per entrare sia fisicamente che mentalmente nel museo il
superamento delle barriere tangibili (fisiche e sensoriali) attraverso una corretta
comunicazione, ovvero accogliere ed includere in particolare un pubblico con
differenti abilit attraverso una corretta percezione multisensoriale e plurisensoriale.
Molto interesse, infatti, sta suscitando il lavoro di chi riesce a rendere fruibili le
opere darte alle persone non vedenti o ipovedenti.
Esistono in Italia due musei, lOmero di Ancona e lAnteros di Bologna, che
sono stati istituiti con lintento di raggiungere un obiettivo che alcuni anni fa sarebbe

sembrato impensabile nel nostro Paese: toccare larte. Entrambi offrono servizi
culturali per i non vedenti mettendo a disposizione del pubblico dipinti riprodotti in
bassorilievi oppure calchi in gesso di opere famosissime di varia epoca che tutti
possono toccare. La metodologia prescelta quella di un approccio plurisensoriale
che incentivi un rapporto creativo con larte attraverso la tattilit.
La sperimentazione di percorsi didattici nuovi che sappiano coinvolgere la
tecnologia, la multimedialit e lestro creativo di coloro che operano, collaborano nel
e con il museo al fine di coinvolgere tutti i sensi suscitando ogni forma di espressivit
di ogni individuo, ci auguriamo possa essere lobiettivo principale del museo del
futuro.
Un aspetto inesplorato, almeno a livello di diffusione generale, del rapporto tra
arte e disabilit quello della presenza di soggetti disabili nelle opere dei grandi
artisti del passato. Ci sarebbe invece davvero bisogno di un lavoro sistematico di
ricerca e di catalogazione, capace magari di sfociare in una grande esposizione a
tema, che sia capace di cogliere levoluzione nel tempo e nelle diverse scuole
pittoriche e di arti plastiche.
Pochi gli esempi celebri, da Hieronymus Bosch a alle tele di Diego Velasquez.
In passato non esisteva il nostro contemporaneo concetto di disabilit, ma solo
quello di diversit. come se larchetipo di questa impossibilit di rappresentare la
disabilit in termini di bellezza abbia attraversato i secoli per giungere intatto fino a
noi, rendendo difficile persino oggi cogliere una sostanziale mutazione di ruoli,
derivante dalla piena inclusione sociale e culturale di centinaia di migliaia di persone
con disabilit fisica, sensoriale, e anche intellettiva.
Volendo trarre delle conclusioni circa il rapporto tra storia dellarte e disabilit,
si pu dire che fino a una certa epoca molti artisti hanno indicato nella dignit
lelemento di riscatto possibile per la disabilit. Bisogna arrivare al ventesimo secolo
e allarte di una donna la pittrice messicana Frida Kahlo perch la disabilit
diventi nella pittura un vero e proprio tema espressivo. Il corpo martoriato da malattie
Frida era perseguitata da una malformazione congenita della colonna vertebrale e
il grave incidente subito nel 1924, mentre viaggiava su autobus, che la costrinse per
lungo tempo a letto, ebbero in tela e pennello uno sbocco quasi naturale. Antesignana
di un femminismo ardente, Frida era troppo risoluta ed emancipata perch qualsiasi
costrizione potesse limitarla: ogni definizione, ogni schema in cui circoscriverne il
dramma e la poesia, rischiavano di svilire l'immensa passione per quell'arte che
amava oltre ogni tragedia, oltre il dolore: non sono malata, sono spezzata. Ma finch
riesco a dipingere sono felice di essere viva (Magdalena Carmen Frida Kahlo
Caldern).
Gli artisti della mostra La mia immagine ti appartiene, hanno accettato di
misurarsi con un tema difficile e pressoch inesplorato, quello del rapporto che
intercorre tra bellezza e disabilit.
Molto dipende dallinterpretazione che di quella parola, bellezza, si vuol dare.

Se per bellezza intendiamo ci che scritto nellenciclopedia Treccani: ossia la


qualit di ci che appare o ritenuto bello ai sensi e allanima. In tal caso non
solo la bellezza, ma anche e soprattutto la disarmonia a vivere nellocchio di chi la
osserva.
Le opere in mostra rivelano ci che locchio nudo non pu raggiungere, ci che
la nostra mente, evita di cogliere. Rappresentano la bellezza dove, per convenzione,
pensiamo che non ci sia e che locchio dellartista sa scorgere nelle zone dombra in
cui si nasconde e portare alla luce con meravigliosa sorpresa.
Proprio per questo motivo, a volte, bisogna chiedere allarte, di entrare
allinterno delle problematiche sociali: occorre ridimensionare larte a strumento.
Attraverso larte si impara, si cresce, si cambia.
Il progetto della mostra di ricollega idealmente al progetto SpamArte al quale
gli artisti partecipano da tempo e che parte da unidea di comunicazione
superindividuale.
A volte c ununica immagine la cui struttura compositiva ha un tale vigore e
una tale ricchezza e il cui contenuto irradia a tal punto al di fuori di essa che questa
singola immagine in s unintera narrazione.(Henri Cartier Bresson)
La narrazione che questi artisti hanno voluto raccontare quella della sottile e
potente linea che collega la diversit, la non-normalit (esiste davvero un concetto di
normalit immutabile nel tempo?), alla bellezza sacra, classica ed intramontabile
dellarte. Una contrapposizione che pian piano si arriva a percepire come inesistente.
La potenza di questo progetto si rivela proprio nella sensazione che
losservatore esterno riesce a raggiungere; non c niente di strano, nellosservare lo
spettacolo di due mondi, considerati opposti, che si fondono, creando un tuttuno
senza sbavature.
Alcune opere in mostra insistono sul rimosso collettivo; ovvero su quei dettagli
dai quali si tende a distogliere lo sguardo, quando ci si trova di fronte a una persona
disabile: una sedia a rotelle, un bastone da passeggio, una stampella o semplicemente
unandatura claudicante. Dettagli che a seconda del pudore o della morbosit di
ciascuno possono anche assorbire totalmente lattenzione. Ma che, in entrambi i
casi, finiscono per spezzare larmonia della visione; trasfigurando linterezza della
persona, e quindi il senso stesso della sua esistenza, nel segno visibile della sua
disabilit. come se la parte afferrasse e divorasse il tutto, persone comprese,
togliendo loro identit, e dunque sicuramente bellezza. Una gigantesca e crudele
metonimia, fuorviante e gelida.
Le opere non rappresentano solo la realt ma raffigurano lidea che se ne deve
avere: un dover-essere che ha lintento di divenire idea comune, normalit.
Compito dellarte quello di sostituire nuovi occhi a quelli che ci sono
abituali. (Jean Dubuffet)
Raffaella Rinaldi

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