orchestra e partiva dal nucleo di base del gruppo di Davis, con Shorter
sempre pi prossimo ad allontanarsi Corea, Holland e Dejohnette. Davis
tent di coinvolgere inutilmente Tony Williams, ma non riuscendoci,
interpell Lenny White. Alle percussioni c'erano Don Alias e Jim Riley,
mentre per le tastiere furono convocati Joe Zawinul ed Hancock, ma
quest'ultimo declin l'invito, poich era impegnato col suo gruppo e allora
venne sostituito da Larry Young, organista dei Lifetime di Williams.
Al fianco di Shorter, su suggerimento di Corea a DeJohnette, venne infine
aggiunto Bennie Maupin, che per suono per l'intera incisione il clarinetto
basso.
Bitches Brew si apre con Pharao's Dance di Zawinul secondo l'idea di
"doppio" che per alcuni aspetti potrebbe apparire mutuata dal doppio
quartetto allestito da Ornette Coleman per Free Jazz. In questo caso, il
registro grave vede muoversi assieme contrabbasso e clarone nella
definizione di una base magmatica dalla quale, di volta in volta,
emergeranno le immagini sonore; i pianoforti elettrici di Corea e Zawinul
contribuiscono ad infittire queste trame, mentre le due batterie sembrano
voler rendere tutto pi tumultuoso. L'ingresso delle percussioni rende tutto
pi elettrizzante, mentre la chitarra colma il vuoto creatosi tra i Fender e le
percussioni. In questa fase, possiamo immaginare che Davis si aggirasse
per lo studio come un Dark Magus, dirigendo l'esecuzione con gesti e frasi,
nella costruzione di un singolarissimo patchwork sonoro. La sua tromba
appare qua e l, come a voler squarciare l'oscurit delle trame descritte con
delle scariche di energia elettrica ad alto voltaggio.
Ascoltiamo per la prima volta la melodia in un intervento del pianoforte
elettrico, seguito dalla sezione ritmica; si tratta per di pochi momenti,
prima che una serie di assoli in apparenza disordinati conducano a un
climax che culmina in una vera esplosione percussiva. Tocca quindi al
basso intervenire con un ostinato mentre le tastiere si suonano contro, poi
di nuovo una sorta di impro collettiva. In questo tumulto, Davis si staglia
su tutti con frasi di poche note, quasi a voler porre la propria tromba in una
posizione privilegiata, che ce lo faccia apparire come un demiurgo
sovrastante il caos. Poi, pian piano, gli altri strumenti cominciano a
lavorare su frasi pi lunghe ed articolate e il clima si fa pi disteso. Sono
in tutto venti minuti di musica, ma l'effetto talmente stordente - e
all'epoca risult anche talmente nuovo - da farli apparire molto pi lunghi.
In realt, potremmo dire che il fine ultimo di questi brano fosse di proporre
esempio la differenza sempre pi sottile tra il lavoro svolto dai solisti che
improvvisano e dagli altri musicisti che invece ccompagnano.
L'altro brano dell'album "John McLaughlin" nel quale per non si
ascoltano n Davis, n Shorter. Era dai tempi di "The Sorcerer" - e in
particolare di "Pee Wee" - che Miles non includeva in un duo album un
brano dedicato esclusivamente alla sezione ritmica. Si tratta di circa
quattro minuti.
In "Miles Runs the Voodoo Down", le batterie svolgono dei ruoli pi chiari
e precisi rispetto al resto del disco, scandendo un ritmo di marcia. La
musica appare del tutto improvvisata e dagli umori bluesy, mentre
"Sanctuary" un tema di Shorter che Davis aveva gi inciso con George
Benson e che era stata inclusa in "Circle in the round". Il tema viene
esposto all'unisono di tromba e sax, sostenuto dal piano di Corea, in
un'atmosfera che potrebbe apparirci come il sorgere del sole dopo la notte
di Valpurga. E' interessante notare come Davis abbia paragonato la libert
creativa di questo album a quella delle leggendarie serate al Minton's che
videro nascere il bebop.