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Quaderns dItali 6, 2001

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Le strategie del chiedere nelle Lettere


di Caterina da Siena1
Rita Librandi
Universit della Basilicata

Abstract
Le Lettere di Caterina da Siena sono state pi volte studiate sul piano dellespressione linguistica e delle strategie retoriche, e se ne sono evidenziate tanto le caratteristiche di unitariet
quanto i tratti di variazione in rapporto al destinatario e allargomento. Lo studio che qui
si presenta intende individuare lincidenza dellintenzione comunicativa sul variare di lingua e stile lungo il corpus delle Lettere. Si analizzano in particolare i procedimenti messi in
atto dalla santa senese per chiedere ai propri interlocutori lobbedienza al volere divino,
losservanza di alcune regole comportamentali o, con maggiore energia, lazione decisa contro i nemici della fede. In tutte le lettere, infatti, un posto centrale e ineliminabile assunto dalla petitio rivolta in forme adeguate e diverse ai propri destinatari. Il chiedere e loggetto
della richiesta sono sottolineati ora da un uso sapiente dei verbi volere e pregare, ora dalla sostituzione impercettibile del pronome allocutivo che spersonalizza linterlocutore, ora dallalternarsi della prima e della seconda persona in rapporto al contenuto da comunicare.
Il rilievo dato a ci che Caterina chiede, e al modo in cui lo chiede, senzaltro legato al ruolo
profetico della santa, che nelle Lettere, al contrario di quanto avviene nel Dialogo della divina provvidenza, affiora in modo costante. Caterina profeta, perch profetica la missione di chi si pone come guida dei cristiani nella loro vita storica ancor prima che nella loro
spiritualit, e ogni strategia messa in atto nellepistolario per ottenere la vittoria del bene
testimonianza di una tale funzione.
Parole chiave: lettere di Caterina da Siena, strategie retoriche, il comando e la richiesta, il
ruolo profetico, il magistero.
Abstract
The Strategies of Asking in the Letters of Saint Catherine of Siena. The Letters of St. Catherine of Siena have been repeatedly studied for their linguistic expression and rhetorical
strategies; both similarities and differences relative to the recipient and to the topic have
already been focused. The study here presented seeks to establish the effect of the communicative intention on changes in language and style in the corpus of the Letters. In par1. Si presenta qui una versione lievemente modificata della relazione tenuta al VII Seminario
di storia e teologia della mistica della Fondazione Franceschini su Caterina da Siena. Testo
contesto e fortuna dellEpistolario, tenutosi a Firenze, Certosa del Galluzzo, il 12 giugno
2001. Ringrazio gli organizzatori del Seminario per lautorizzazione concessami.

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ticular, the procedures used by Catherine in asking her correspondents to obey the divine
will, observe some rules of conduct or, more passionately, vigorously act against the enemies
of faith are analyzed here. In all the Letters, a central position is taken by the petitio which
is addressed in different and adequate styles to the recipients. The asking itself and the
object of it are underlined either by a sophisticate use of the verbs to want and to pray, or
by the unnoticeable substitution of the addressing pronoun that depersonalizes the interlocutor, as well as by the alternate use of the first and second person, according to the content to be conveyed. The relevance ascribed to what Catherine requires, and the way in
which she demands it, is related to the Saints prophetic role which regularly emerges from
the Letters, while it is absent in the Dialogue of Divine Providence. Catherine is a prophet:
prophetical is the mission of one who sets herself as a guide to Christians in their wordly
affairs rather than in their spirituality. Every single strategy adopted in the Letters to obtain
the victory of the good witnesses this role.
Key words: Catherine of Siena letters, rhetoric strategies, the order and the request, the
prophetic role, the teaching.

1. Premessa
Lauspicio che Aldo Manuzio manifestava, indirizzando la stampa delle Epistole devotissime de sancta Catharina da Siena (1500) al cardinale Francesco Piccolomini, era che le lettere della santa senese si diffondessero per il mondo
come gravissimi predicatori (c. 1) e che riuscissero a rifondare la rettitudine
dei fedeli e la guida della Chiesa a capo della cristianit. Il loro testo avrebbe
dovuto svolgere lo stesso ruolo di una predicazione vigorosa, secondo uninterpretazione comune sia ai pi stretti discepoli di Caterina sia agli autori delle
prime raccolte, che avevano spesso adattato e organizzato i testi in funzione
predicatoria.2 La predeterminazione di un tale ruolo, oltre al tono e allandamento palesemente oratori che con tanta frequenza affiorano dalle Lettere, ne
ha quasi sempre condizionato le letture critiche; le osservazioni, daltro canto,
che qui si intendono fare non si propongono di smentire una tale linea di interpretazione, ma piuttosto di verificarla da altri punti di vista, se vero che la
molteplicit dei piani di cui si compone lepistolario cateriniano non pu che
condurre ad analisi dagli aspetti molteplici.
Ci che pure stato pi volte notato negli studi sulle lettere della santa,
accanto alla frequenza dei tratti oratori, lunitariet dei testi, che si rileva al
di l delle variazioni provocate da contenuto, occasione, destinatario e, complessivamente, dalla situazione comunicativa. Si pu anzi dire che lunitariet
delle Lettere laspetto su cui pi ci si soffermati, cercandola oltre la ripetitivit
delle formule protocollari e, in una parola, di quella cornice pragmatica tipica del genere epistolare che, presumibilmente attribuibile allopera di sistemazione di discepoli e curatori delle raccolte, aveva fatto parlare il Dupr
Theseider di una cancelleria della santa e di una quasi burocratica struttu2. Cfr. Marina ZANCAN, Lettere di Caterina da Siena [1992], in Il doppio itinerario della
scrittura. La donna nella tradizione letteraria italiana, Torino: Einaudi, 1998, p. 113-153
a p. 127.

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ra.3 Lunitariet, intravista, come si diceva, anche oltre lo scheletro formulare, trova conferma, secondo Giovanni Getto, nella ripetitivit della struttura,
costituita da un rigido corpo centrale della lettera distinto in una parte mistica e in una di carattere pratico.4
Molto pi articolata, e ancor oggi termine di confronto, lanalisi svolta
nel 1941 da Giacomo Devoto, che preferisce indagare sulle variet che spezzano
luniformit delle Lettere, ma che ritornano in modo costante, confermando
cos lunitariet del corpus.5 Le variazioni nello stile e nella testualit si manifestano soprattutto nel differenziarsi del periodare o, ancor pi, del ritmo della
periodizzazione in rapporto alla necessit di esortare, spiegare o affermare.
Anche Devoto, peraltro, ritrova con forza, nelle Lettere di Caterina, limpeto della
predicazione che armonizza linsieme, fornendogli un carattere alto e letterario, interrotto soltanto nei luoghi in cui linevitabile esposizione dei fatti assume i tratti della scrittura incolta o, forse meglio, delloralit.6
Tutto ci, come si diceva, rimane ancora oggi un punto di riferimento
importante per la lettura dellepistolario cateriniano, e ci che vorremo qui
approfondire proprio lavvicendarsi delle variazioni in dipendenza di alcuni
elementi della situazione comunicativa. Gi stato pi volte notato il mutare
dellesposizione, nel corpus delle Lettere, in rapporto al destinatario o al contenuto del testo, ma in che misura incide, sullalternarsi di lingua e stile, lintenzione comunicativa di Caterina e, soprattutto, nel suo atto di comunicare,
3. Eugenio DUPR THESEIDER, Il problema critico delle lettere di santa Caterina da Siena, in
Bullettino dellIstituto storico italiano per il Medio Evo, 49, 1933, p. 117-278, le p. 229239; e Caterina da Siena, in Dizionario biografico degli italiani, Roma: Istituto dellEnciclopedia italiana, 22, 1979. Il Dupr, com noto, giunse a dimostrare lesistenza di una
piccola cancelleria, sia pure rudimentale, di s. Caterina, nonostante lopinione contraria di
Robert FAWTIER, Sainte Catherine de Sienne. Essai de critique des sources, vol. I: Sources hagiographiques, Paris (Bibliothque des coles franaises dAthns et de Rome, 121), 1921, p.
XI e XII, e vol. II: Les oeuvres de Sainte Catherine de Sienne, Paris (Bibliothque des coles
franaises dAthns et de Rome, 135), p. 13 e 125, e vd. Enzo PETRUCCI, Antonio VOLPATO, Sofia BOESCH GAJANO, Il contributo di Eugenio Dupr Theseider agli studi cateriniani, in
Atti del Simposio internazionale cateriniano-bernardiniano (Siena 17-20 aprile 1980), a cura
di Domenico MAFFEI e Paolo NARDI, Siena: Accademia senese degli Intronati, 1982, p.
255-270, a p. 262. Cfr. ancora, per la formularit delle Lettere, Giovanni GETTO, Lintuizione
mistica e lespressione letteraria di Caterina da Siena [1939], in Letteratura religiosa del Trecento,
Firenze: Sansoni, 1963, p.107-267, le p. 166-167, e Giacomo DEVOTO, Secoli da S. Caterina da Siena [1941], in Studi di stilistica, Firenze: Le Monnier, 1950, p. 219-244, le p.
220-223.
4. Giovanni GETTO, Lintuizione mistica, cit., p. 167.
5. Giacomo DEVOTO, Secoli da S. Caterina, cit., passim.
6. Ivi, p. 224-225 e 228 e vd. Marina ZANCAN, Lettere di Caterina da Siena, cit., p. 127-128
e 145-146. Alcuni aspetti delloratoria alta e dellintromissione del parlato sono messi in
evidenza da Alvaro BIZZICCARI, Linguaggio e stile delle Lettere di Caterina da Siena, Italica, 53, 1976, p. 320-346. Cfr., per gli studi storico-linguistici su s. Caterina da Siena e
per uninterpretazione dello studio di Devoto, Maria CATRICAL, Caterina e la storia della
lingua italiana, in Con locchio e col lume, Atti del Corso seminariale di studi su s. Caterina
da Siena (25 settembre - 7 ottobre 1995), a cura di Luigi TRENTI e Bente KLANGE ADDOBBO, Siena: Edizioni Cantagalli, 1999, p. 121-129.

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come si esalta la forza illocutiva dellintenzione pratica?7 quanto qui ci si


propone di cominciare a indagare.
2. Voglio e prego
La struttura e larticolazione delle Lettere, oltre che la fissit della cornice pragmatica, valicando lo status del destinatario e il rapporto di maggiore o minore familiarit che lo lega allautrice, presentano una regolare distribuzione tra
unit testuali ritornanti. Le sezioni in cui si divide il testo non sono sempre
tutte presenti, anche perch il loro numero e la loro natura varia sulla base dellestensione e dellargomento. Nelle lettere di pi complessa e completa articolazione, tuttavia, al desiderio, espresso da Caterina nella formula fissa
dellincipit,8 segue una parte di esposizione e di meditazione morale o spirituale, cui pu succedere, ma con regolarit molto minore, una forma di narratio di fatti esemplari, o di eventi reali connessi alla precedente esposizione.
Ci che non si omette mai, nellarticolazione delle epistole, lesortazione,
lincitazione o anche lordine a tenere un determinato comportamento o a
compiere una particolare azione. Le lettere di Caterina non aderiscono in alcun
modo alle regole del dictamen,9 n ne riproducono la suddivisione nelle cinque parti, ma sicuramente ne rispettano il ruolo centrale della petitio, che non
per nulla diviene esclusivo nelle lettere pi brevi, dove tutto pu essere omes-

7. Sigfrid J. SCHMIDT, Teoria del testo e pragmalinguistica, in La linguistica testuale, a cura di


Maria-Elisabeth CONTE, Milano: Feltrinelli, 1989, p. 248-271; cfr., per lincidenza dellintenzione comunicativa sulle rivelazioni di s. Caterina, Antonio VOLPATO, Ascolto,
memoria, narrazione: continuit e innovazione nelle rivelazioni di santa Caterina da Siena,
in Scrivere di santi, Atti del II Convegno di studio dellAssociazione italiana per lo studio della
santit, dei culti e dellagiografia (Napoli, 22-25 ottobre 1997), a cura di Gennaro LUONGO, Roma: Viella, 1998, p. 177-204.
8. ben noto il modulo di apertura delle Lettere, dove, quasi sempre, allinvocazione iniziale
seguono lindicazione del destinatario, la sottoscrizione, con formula di umilt, e lespressione immediata del desiderio. Si veda, per tutte, le prime due lettere indirizzate a Gregorio
XI: All nome di Ges Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio. A voi
dilettisimo e reverendo padre in Cristo Ges. La vostra indegna misera miserabile figliuola Catarina, serva e schiava de servi de Ges Cristo, scrive a voi nel pretioso sangue suo;
con desiderio di vedervi uno arbolo fruttifero, pieno di dolce e soavi frutti, piantato in terra
fruttifera, ch, se fusse fuora della terra, seccarebbe e non farebbe frutto, cio la terra del
vero cognoscimento di noi; Al nome di Ges Cristo crucifisso e di Maria dolce. Santissimo
e reverendissimo padre mio in Cristo Ges. Io Caterina, indegna e miserabile vostra figliuola, serva e schiava de servi di Ges Cristo, scrivo a voi nel pretioso sangue suo, con desiderio di vedervi pastore buono (E. Dupr Theseider, Epistolario di santa Caterina da Siena,
vol. I, Roma: Istituto storico italiano per il medioevo, 1940, pp. 212-213 e 268-269; dora
in poi ledizione sar indicata con la sigla D seguita dal numero della pag., quando il testo
non sia incluso in D, si cita dalle Lettere di Caterina da Siena, con note di Niccol Tommaseo, a cura di P. Misciatelli, Siena: Libreria Giuntini Bentivoglio, 1913, indicata dora
in avanti dalla sigla T, seguita dal numero della lettera. Allindicazione della pag. di D si
far seguire, per comodit, anche il numero della lettera di T).
9. Vd. Alvaro BIZZICCARI, Linguaggio e stile, cit., p. 321-322.

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so, tranne la richiesta ai propri destinatari di rivolgersi al bene. Si pu anzi dire


che limportanza di ci che si chiede sia enfatizzata nellepistolario dalla sua
anticipazione nellincipit, tramite limmediata espressione di quel desiderio
che condiziona e indirizza tutto landamento della lettera.
La richiesta di Caterina, quando non sia direttamente rappresentata dal
modo imperativo dei verbi, con cui ingiunge comportamenti e azioni particolari, introdotta esplicitamente, e quasi esclusivamente, dai due verbi volere e pregare, che tuttavia non sono adoperati in modo indifferente. Si assiste
a una sorta di dosaggio della volont e della preghiera, ripetuto, al di l del
destinatario, non in modo costante, ma con rilevante frequenza. A giudicare
dalle 121 lettere incluse nel CD-ROM dei testi della letteratura italiana di
LIZ3,10 che riproduce ledizione del Tommaseo, Caterina sembrerebbe esprimere la propria volont ai destinatari con pi frequenza della preghiera: voglio
ricorre, infatti, 146 volte contro le 113 di prego. Io voglio detto a chiunque e senza distinzioni, ancora una volta, di status o di rapporti personali;
tutte le volte in cui ricorre, per, il verbo esprime la volont della santa di
imporre un comportamento morale o di spingere allosservanza di regole religiose, e in nessun caso riguarda unazione politica o un gesto concreto da
compiere:
Cos voglio che vi serriate nel costato uperto del Figliuolo di Dio (D p. 127 T n. 273);
E per vi dissi che io desideravo di vedervi ripiena del fuoco dello Spirito santo
[] voi e l figliuolo vostro, voglio vedervi e sentirvi accesi di questo amoroso
fuoco (D p. 163 - T n. 145);
Voglio che siate quello vero e buon pastore che, se aveste cento migliaia di vite,
vi disponiate tutte a darle per lonore di Dio e salute delle creature (D p. 215
- T n. 185).

Le lettere sono indirizzate rispettivamente al proprio padre spirituale Raimondo da Capua, alla regina Elisabetta, madre di Luigi il Grande, re dUngheria e al pontefice Gregorio XI; a questultimo, in particolare, e nella stessa
epistola, Caterina chiede che egli intervenga presso le citt di Lucca e Pisa, aiutandole in ci di cui hanno bisogno, ma anche convincendole a non aderire
alla lega antipapale. In questo contesto, come si pu vedere dallesempio che
segue, la richiesta introdotta dal verbo pregare:
Pregovi che vi mandiate profferendo come padre, in quello modo che Dio vamaestra, a Lucca e a Pisa, sovvenendoli in ci che si pu e invitandoli a stare
fermi e perseveranti (D p. 218 - T n. 185).

10. Letteratura italiana Zanichelli, CD-ROM dei testi della letteratura italiana, a cura di Pasquale STOPPELLI e Eugenio PICCHI, Bologna: Zanichelli, 1997.

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E immediatamente dopo, per sollecitare il papa a mettersi in contatto con


il signore di Pisa, Piero Gambacorta, e a scegliere un buon vicario per lordine
dei domenicani, scrive:
Pregovi che ne scriviate anco strettamente a misser Piero, e fatelo sollecitamente e non vindugiate [] inteso che l maestro dellordine nostro voi el
dovete promuovere ad altro benefitio. Pregovi, per lamore di Cristo crucifisso,
che, selli cos, che voi procuriate di darci uno buono e virtuoso vicario (D p.
218-19 - T n. 185).

In una stessa lettera rivolta al pontefice, la funzione distinta dei due verbi
appare pi chiara per la loro compresenza, quasi che si voglia mettere in evidenza
come il ritorno a Roma, richiesto qui con forza esplicita, sia conseguente alla
conformit della propria vita a quella del Cristo:
Voglio che siate uno albore damore, inestato nel verbo amore, Cristo crucifisso [] Pregovi per lamore di Cristo crocifisso, che, pi tosto che potete, nandiate al luogo vostro de gloriosi Petro e Pavolo. E sempre dalla parte vostra
cercate dandare sicuramente; e Dio dalla parte sua vi provedar di tutte quelle cose che saranno necessarie a voi e al bene della sposa vostra (D p. 357 e
358 - T n. 252).

La sollecitudine con cui Caterina chiede e gli imperativi introdotti subito


dopo dicono chiaramente che limperiosit del comando solo formalmente
attenuata: un comportamento retto e devoto un imperativo costante per
chiunque, ed esigere, dicendo voglio, che tutti vi obbediscano un dovere verso
Dio. Chiedere di compiere una qualsiasi azione per favorire un progetto politico, pur provenendo dal volere divino, appare come uniniziativa della santa,
che deve scegliere le strategie giuste per non ricevere un rifiuto. Lesortazione
introdotta dal prego, infatti, spesso appare laddove il tono diviene pi enfatico
e coinvolgente, come si legge nellultima parte di una lunga e importante lettera in cui Caterina cerca di far leva su Nicol Soderini perch convinca la
citt di Firenze a desistere dalladesione con Pisa alla lega antipapale, o ancora in altre due lettere a Gregorio XI, sollecitato in entrambi i casi a intervenire contro la ribellione di Bologna del 21 marzo 1376:
Pregovi voi, Nicol, per quello amore inneffabile col quale Dio v creato e
ricomprato tanto dolcemente, che voi studiate, giusta al vostro potere, ch
senza grande misterio non v Dio posto cost, di fare che la pace e lunione tra voi e la santa Chiesa si faccia (D p. 249 - T n. 171);
Oim, dolce padre mio, con questa dolce mano vi prego e vi dico che veniate a
sconfiggiare e nostri nemici: da parte di Cristo crocifisso ve l dico. Non vogliate credere a consiglieri del dimonio, che volessero impedire el santo e buono
proponimento. Siatemi uomo virile e non timoroso (D p. 267 - T n. 206);
O santissimo babbo mio dolce, io non ci veggo altro modo n altro rimedio a
riavere le vostre pecorelle, le quali come ribelle sono partite dallovile della
santa Chiesa, non obedienti n subiette a voi, padre. Unde io vi prego, da parte

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di Cristo crucifisso, e voglio che mi facciate questa misericordia, cio che con
la vostra benignit vinciate la loro malizia (D p. 270 - T n. 196).

Negli ultimi due esempi, gli aggettivi affettuosi, che spesso, come nelle
parole rivolte al Signore, accompagnano le invocazioni al pontefice, accentuano il tono intimo della preghiera. E si sar notato come, nellultimo dei
passi presentati, il vi prego sia bilanciato dal voglio successivo, mentre limperativo
siatemi uomo virile smorzato dal ricorso al dativo etico, che con accento
femminile e materno invita alla virilit. Lalternarsi di voglio e prego condizionato dal tipo di richiesta non , infatti, come si diceva, una regola assoluta, e
pu accadere che unaccentuazione maggiore imponga laccostamento di prego
e voglio o anche, talvolta, di prego e costringo, ma certamente luso differenziato dei due verbi una tendenza pi che marcata e non ricorre in dipendenza
del carattere dei destinatari, bens di ci che Caterina intende comunicare.
3. Cos dico a te e voglio che facci tu
Ci che Caterina chiede, come si visto, sempre ben focalizzato: la sua volont
si esplicita e si dilata per buona parte del testo, sottolineata da reiterate esclamazioni, apostrofi, allocuzioni oltre che dal ricorso insistito agli esortativi e,
ancor pi, agli imperativi spesso ravvicinati e martellanti:
da parte di Cristo Crocifisso ve l dico. Non vogliate credere a consiglieri del
dimonio, che volessero impedire el santo e buono proponimento. Siatemi uomo
virile, e non timoroso. Rispondete a Dio che vi chiama, che veniate a tenere e possedere el luogo del glorioso pastore santo Pietro, di cui vicario sete rimaso, e ine
drizate el gonfalone della santa croce (a Gregorio XI - D p. 267 - T n. 206);
Ricevete dallinferno quello che vi pu dare. Oim, oim, abbiate misericordia
a tante anime che periscono. E non mirate per lo scandalo che sia venuto in questa citt (a Urbano VI - T n. 291);
None schifate, per lamore di Dio, questa fadiga, ma abbracciatela per Cristo
crucifisso [] E pregate el caro vostro figliuolo strettamente, che con amore
si profferi [] pregatelo che laccetti fedelmente la sua petizione (alla regina
dUngheria - D p. 164 - T n. 145);
Ama questo dolce e glorioso Sposo che t ha data la vita [] Fuggi dunque il
veleno del mondo, che ti mostra un fiore [] Lvati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te (a Benedetta, figlia di Giovanni dAgnolino Salimbeni - T n. 112).

Sono strategie che, ancor pi di altri elementi, conferiscono al testo un


andamento oratorio e che pure permangono al di l della natura del destinatario. I modi delloratoria sacra attraversano tutte le lettere e si configurano
come tratto unificante, ma possono anchessi adeguarsi ai diversi ruoli che
Caterina intende assumere nei confronti dei propri interlocutori o, meglio,
allintenzione pratica che percorre la comunicazione. Quando la lettera non
si rivolge a pontefici, sovrani o alti prelati, i toni della predicazione divengono

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pi invadenti, in misura proporzionale al crescere dellintento didascalico, che


raggiunge le punte pi alte laddove lallocutivo adoperato per il destinatario
il tu e non il voi. Come il predicatore che si propone di istruire, in questi casi
Caterina procede pi facilmente per similitudini, false interrogative o simulazioni di dialogo.11 Queste ultime, in particolare, intervengono quando pi
energico vuole essere il tentativo di convincere linterlocutore, il cui comportamento cos palesemente erroneo da poter diventare, per tutti, esempio da
evitare. Lo conferma il fatto che, proprio come accade nella predicazione, la
simulazione di dialogo non ha un interlocutore determinato, ma si rivolge a
un tu generico ed esemplare: nelle lettere in cui si crea una tale situazione
comunicativa, Caterina abbandona il destinatario, cui si rivolta fino a quel
momento con il voi, per interloquire con un tu immaginario:
Sapete che invano saffadiga colui che guarda la citt, se Dio non la guarda.
Che faremo dunque, disaventurati a noi, ciechi e ostinati ne defetti nostri,
poi che Dio colui che guarda e conserva la citt e tutto luniverso, e io mi
so ribellato da lui, che colui che ? E se io dicessi: Io non fo contra lui; dico
che tu fai contra lui, quando fai contra el vicario suo, la cui vece tiene. Vedi
che tu se tanto indebolito, per questa ribellione fatta che quasi non ci forza
veruna per che siamo privati della nostra fortezza.
[]
noi membri putridi, figliuoli ribelli al padre saremo s stolti, che facciamo contra a lui? Bene vediamo che senza lui non potiamo fare. Se tu se contra la santa
Chiesa, come potrai participare el sangue del Figliuolo di Dio, ch la Chiesa
non altro che esso Cristo?
[]
Come mi dirai tu che, se tu offendi uno corpo, che tu none offendi el sangue che
nel corpo? (a Niccol Soderini - D p. 244-245, 246 e 247 - T n. 171);
E se dicessimo: Il giudice no l fa; non ben fatto che l faccia io? no, ch ogni
otta ne sarai ripreso. N pi n meno ti cadr la sententia adosso, se tu ucciderai, dessere morto tu. None scuser la legge la tua buona intenzione, che
li fatto per levare il malfattore di terra. Non vuole la legge n la religione,
che, perch l giudice sia cattivo e non facci la giustizia, che tu la facci per
tu. Debilo lassare punire al sommo giudice [] Cos vi dico, carissimo padre
e fratello in Cristo dolce Ges, che Dio non vuole che voi, n veruno, vi facciate giustizieri de ministri suoi (a Berban Visconti - D p. 66 - T n. 28).

Il tu che esplode allimprovviso, rivolgendosi a un destinatario indeterminato, una strategia retorica che, commutando landamento dellenunciazione, innalza il picco dellemotivit e accresce il potere di convincimento senza
che il destinatario se ne avveda. La punta massima si raggiunge in una delle tre
lettere indirizzate a suor Bartolomea, chiusa nel monastero di Santo Stefano in
Pisa e proveniente dalla nobile famiglia della Seta. Nella pi lunga e intensa
11. Vd., per le tracce della predicazione anche nel Dialogo della divina Provvidenza, Luisa
AURIGEMMA, Il volgare senese de Il Dialogo di s. Caterina, Napoli: Loffredo editore, 1988,
p. 45-47.

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delle tre lettere a lei indirizzate, dopo lesordio e un primo avvio del testo in cui
lallocutivo rivolto alla destinataria il voi, si passa con determinazione al tu:
Or cos pensate voi figliuola mia, che voi sete sposa di Cristo crocifisso, non
dovete pensare n volere altro che lui, cio non consentire a pensieri. Che i
pensieri non venissero, questo non ti dico; perciocch nol potresti fare n tu n
creatura. Perocch l dimonio non dorme mai: e questo permette Dio per far
venire la sposa sua a perfetta sollicitudine, per farla crescere in virt [] Guarda, che quanto tu sentissi questo in te medesima, che tu non venga a tedio n a
confusione disordinata; n non lassare lesercizio tuo n latto dellorazione,
perch il dimonio ti dicesse: Che ti leva questa orazione, che non la fai con
affetto n con desiderio? meglio ti sarebbe a non farla.
[]
Or cos dico a te, carissima figliuola mia, che io voglio che facci tu. E siami specchio di virt, seguitando le vestigia di Cristo crocifisso.
[]
Non dico pi. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio (T n. 221).

La lettera continua servendosi, dopo la sua prima introduzione, del tu, e non
si tratta certamente dello scivolare inavvertito da un sistema allocutivo allaltro,
com tipico delle scritture semicolte. Sarebbe stata unincongruenza eccessivamente marcata, estranea, al contrario di altri fenomeni del parlato che pure si
incontrano nelle lettere, alla prosa media coeva12 e pertanto soggetta, con buona
probabilit, al filtro dei riportatori. Caterina si propone di impartire a Bartolomea gli insegnamenti necessari a una sposa di Cristo, ammaestramenti che si
dilatano nel corpo della lettera in un crescendo di esortazioni e imperativi, fino
a chiedere, come sempre imponendola, una rettitudine assoluta. Anche qui,
infatti, la natura morale e spirituale della richiesta inducono a dire io voglio,
introducendo perentoriamente la propria volont con il verbum dicendi e accentuando la forza del comando con literazione fatica dellallocutivo tu (dico a
te che io voglio che facci tu). Daltro canto, gli insegnamenti dati a suor Bartolomea sono precetti validi per ogni religiosa e anche qui, sia pure in una diversa esposizione, il tu acquista una marca di genericit e si trasforma in un mezzo
per spersonalizzare lenunciato e parlare a un complesso di fedeli.
12. Cfr., per la definizione di prosa media nel Due-Trecento, Maurizio DARDANO, Note sulla
prosa antica, in La sintassi dellitaliano letterario, a cura di Maurizio DARDANO e Pietro
TRIFONE, Roma: Bulzoni, 1995, p. 15-50. Gli studi sulla continuit dei tratti del parlato italiano fin dalla prosa delle origini sono ormai numerosi, ci si limita a indicare alcuni importanti lavori di riferimento: Francesco SABATINI, Litaliano delluso medio: una realt tra le
variet linguistiche italiane, in Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, a cura
di Gnter HOLTUS e Edgar RADTKE, Tbingen: Gunter Narr Verlag, 1985, p. 154-184;
ID. Una lingua ritrovata: litaliano parlato, in Studi latini e italiani, IV 1990, p. 215-234;
Arrigo CASTELLANI, Italiano delluso medio o italiano senzaggettivi?, in Studi linguistici italiani, XVII 1991, p. 233-256 Giovanni NENCIONI, Costanza dellantico nel parlato moderno, in Gli italiani parlati, Firenze: Accademia della Crusca, 1987; Paolo DACHILLE, Sintassi
del parlato e tradizione scritta della lingua italiana, Roma: Bonacci, 1990.

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4. Lio profeta della storia, lanima rivelatrice dellamore


Unalternanza analoga a quella degli allocutivi tu e voi si ha con i pronomi di
prima e terza persona, il cui avvicendarsi funzionale alla rappresentazione
dellio. stato pi volte notato come le Lettere, sia pure secondo una formularit ricorrente nei documenti epistolari, si aprano con lespressione dellio:
Io Caterina, inutile serva di Ges Cristo e vostra serva inutile, voglio [];
Io Caterina, serva inutile di Ges Cristo, scrivo [] (D p. 3 e 13 - T nn. 30
e 53). La professione di umilt attenua solo in parte laffermazione di s e della
propria volont in prima persona: colei che parla si impone, con la stessa sicurezza, a qualsiasi destinatario, qualunque sia il suo stato. Pu accadere, tuttavia, che lo stesso io si annulli o si nasconda comunicando fatti ed eventi in
terza persona;13 non per nulla ci accade quando le lettere riferiscono visioni
ed esperienze vissute in stato di estasi. Nel dire io, infatti, come sempre accade in ogni situazione comunicativa, Caterina rimanda a unenunciazione unica
e individuale che, pur trovando ragione di esprimersi nella coincidenza con la
parola divina, ogni volta si riferisce a una sola e ben determinata circostanza.
Il passaggio alla terza persona le consente di esporre fatti e contenuti fuori dal
tempo e ascrivibili a chiunque. Chi dice io si pone inequivocabilmente come
parlante e, per raggiungere il successo della comunicazione, deve rivolgersi a
un tu definito e unico; la terza persona, al contrario, non ha necessit di rinviare a unindividualit precisa e meglio si presta a riferire di chiunque e per
chiunque.14 Le rivelazioni ricevute in estasi da Caterina sono unesperienza
vissuta fuori dallindividualit e dalla corporeit terrena: sono i momenti in
cui dalla sua bocca escono i precetti universali di Dio.
Il Dupr Theseider ha dimostrato che alcune lettere hanno un rapporto di
interdipendenza con il Dialogo della divina provvidenza, e che, in particolare,
la lettera n 272 delledizione Tommaseo ne costituisce, per alcune parti, una
prima stesura.15 La lettera, indirizzata a Raimondo da Capua, si apre annunciando una delle rivelazioni avute da Dio: la sperata riforma della Chiesa che
avrebbe ricondotto i suoi pastori al rigore della virt. Dopo aver illustrato le
circostanze che hanno provocato la visione, Caterina si sdoppia, assegnando a
una terza persona, ormai altra da s, il compito di rivolgersi a Dio:
13. Cfr. Giulio FERRONI, Lio e gli altri nelle Lettere di Caterina da Siena, in Le femmes crivains en Italie au moyen ge et la renaissance, Atti del Colloqui internazionale (Aix-en-Provence, 12-14 novembre 1992), Aix-en-Provence: Publications de lUniversit de Provence,
1994, p. 143-146.
14. Vd. mile BENVENISTE, Struttura delle relazioni di persona nel verbo [1946] e La natura dei
pronomi, in Problemi di linguistica generale, Milano: Il Saggiatore, 1994, 2a ed., p. 269-282
e 301-309, rispettivamente le p. 274-275 e 304-306.
15. Eugenio DUPR THESEIDER, Sulla composizione del Dialogo di Santa Caterina da Siena,
in Giornale storico della letteratura italiana, 117, 1941, p. 161-202, in particolare a
p. 199; e vd. per il rapporto tra la lettera n. 272 e la datazione del Dialogo, Giuliana
CAVALLINI, Introduzione a S. Caterina da Siena, Il Dialogo della divina provvidenza ovvero
Libro della divina dottrina, a cura di Giuliana CAVALLINI, Siena: Edizioni Cantagalli, 1995,
p. XI-XLVII, le p. XXIV-XXX.

Le strategie del chiedere nelle Lettere di Caterina da Siena

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E la consolazione che io ebbi ricevendo la lettera del dolce babbo [il pontefice] e vostra [Raimondo da Capua]: perocch amaritudine ebbi per lo danno
della Chiesa, e per la vostra amaritudine, la quale avevo io inteso molto intrinsecamente il d di santo Francesco; ed ebbi allegrezza perch mi traeste di molto
pensiero: Onde, lette le lettere e inteso tutto, pregai una serva di Dio, che offerisse lagrime e sudori dinanzi da Dio per la sposa [la Chiesa] per la infermit
del babbo.
Onde subito per divina grazia le crebbe uno desiderio e una allegrezza sopra
ogni modo. E aspettando che venisse la mattina per avere la Messa, [] si pose
nel luogo suo con vero cognoscimento di s, vergognandosi dinanzi a Dio della
sua imperfezione (T n. 272).

Inizia cos il dialogo tra la verit eterna e la sua serva, che ben presto, e
quasi insensibilmente, si identifica, ed indicata nel corso dellesposizione,
come lanima:16
Allora, crescendo il fuoco del desiderio, stava quasi beata e dolorosa [] E in
tanto crebbe il santo e amoroso fuoco, che il sudore dellacqua, il quale gittava, ella lo spregiava [] dicendo a s medesima: Anima mia, tutto il tempo
della vita tua hai perduto []. Allora quella anima, speronata dal santo desiderio, si levava molto maggiormente, e apriva locchio dellintelletto e speculavasi
nella divina carit (T n. 272).

La serva/Caterina si rivolge allanima, favorendone sia lentrata in scena sia


la sovrapposizione a se stessa.17 Le motivazioni che la inducono allo scambio
coincidono con quelle che la spingono a ricorrere alla terza persona: in molte
occasioni, infatti, in cui la santa vuole accomunare s e i propri destinatari in
unazione esemplare per chiunque, si serve dellanima come di un soggetto
generico. Lanima svolge per Caterina le funzioni che nella lingua spesso assume la terza persona per esprimere limpersonalit:
Adunque, poi che di tanta fortezza ed vi di necessit, voglio che voi non
restiate mai di cresciare legna al fuoco del santo desiderio [] Allora sunisce
lanima col prossimo suo e, quanto pi d della materia al fuoco [] tanto
16. Cfr., per il subentrare, nel Dialogo, della serva/Caterina e dellAnima alla voce narrante e
per luso della terza persona in alcune lettere contenenti rivelazioni, in parte esaminate
anche nel nostro lavoro, Antonio VOLPATO, Ascolto, memoria, narrazione, cit., p. 188192.
17. Nel Proemio al Dialogo Dio che favorisce la sostituzione: Ricordomi daver udito da alcuna serva di Dio che essendo in orazione levata con grande elevazione di mente, Dio []
tra laltre cose diceva: Apre locchio dello ntelletto []. E tra la bellezza che Io data allanima creandola alla immagine e similitudine mia, raguarda costoro []. Bene dunque
vero che lanima sunisce in Dio per effetto damore. S che volendo pi virilmente cognoscere e seguitare la verit, levando el desiderio suo prima per se medesima, considerando
che lanima non pu fare vera utilit di dottrina, desemplo e dorazione al prossimo suo
se prima non fa utilit a s [] domandava al sommo ed eterno Padre quattro petizioni (Il
Dialogo della divina provvidenza, ed. cit., p. 2-3).

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cresce el caldo dellamore di Cristo e del prossimo suo (D p. 273 - T n. 219);


Poi che Dio disposto a porgiarci la misericordia sua, none state, fratelli miei,
pi indurati, ma umiliatevi ora, mentre che avete el tempo, per che lanima
che saumilia sar sempre esaltata (D p. 286 - T n. 207).

Il procedimento particolarmente evidente nellultimo esempio, dove il


pronome indefinito del passo evangelico sostituito dallanima: qui se humiliat, exaltabitur (Lc 14, 11) > lanima che saumilia sar sempre esaltata.
un modo non dissimile da quello seguito nel passaggio dal voi al tu generico, e
mira, ancora una volta, a universalizzare le proprie parole, rivolgendosi a un
interlocutore indeterminato. Lesigenza di parlare a tutti i fedeli affiora quando il contenuto e lintento della comunicazione riguardano la rettitudine morale da perseguire, ladesione incondizionata ai dettami della fede, lobbedienza
senza eccezioni al volere divino e della Chiesa, tutto quanto cio sia connesso con
la vera spiritualit cristiana, che nel Dialogo interamente illustrata da Dio. Le
rivelazioni della Verit eterna sono concesse allAnima/Caterina, ma anche allAnima universale di cui la santa riferisce in terza persona, e sono le stesse verit
che la inducono a esigere da chiunque un comportamento adeguato ricorrendo al tono imperioso dellio voglio. I modi pi attenuati della richiesta, che la
spingono, al contrario, a pregare colui che deve compiere unazione ben precisa, nascondono solo in parte la portata del comando, volto a produrre, in buona
parte dei casi, interventi politici o militari. Anche queste ultime richieste provengono dalla voce divina, ma sono connesse, pi che alle rivelazioni spirituali da cui percorso il Dialogo, alla profezia di cui Caterina si assunta il ruolo
e di cui pi forte si avverte la presenza nelle Lettere. Daltro canto se allio
voglio, che chiede un giusto comportamento, corrisponde limpersonalit della
terza persona nel rivelare le verit spirituali, allio prego che ordina unazione fa riscontro la prima persona con cui si riporta la profezia:
Restringendosi lanima mia fra s e Dio, con grande fame della salute nostra e
della riformazione della santa Chiesa e del bene di tutto quanto il mondo; non
pare che Dio manifesti altro rimedio, n io veggo altro in lui, che quello della
pace. Pace, pace dunque, per lamore di Cristo crocifisso!
[]
Spero nella bont di Dio e nella Santit Vostra che giusta al vostro potere vingegnerete di ponere il rimedio detto, della santa pace. Questo la volont di
Dio. E dicovi da parte del dolce Ges, che di questo e dellaltre cose che avete
a fare, voi pigliate consiglio da veri servi di Dio (T n. 209);
Spero nella bont di Dio e nella santit vostra, che quello che non fatto farete []. Questo vi richiese (come voi sapete che vi fu detto) Dio che faceste, cio
di procurare alla reformazione della santa Chiesa, procurando in punire i difetti e in piantare i virtuosi pastori; e pigliaste la pace santa con gliniqui figliuoli per lo migliore modo e pi piacevole secondo Dio, che fare si potesse [].
E temo che, se non si rimediasse di fare quello che non fatto [] che noi
vedessimo venire maggiori inconvenienti; io dico, tali, che ci dorrebbero pi
che non fa il perdere le cose temporali (T n. 267).

Le strategie del chiedere nelle Lettere di Caterina da Siena

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La prima lettera indirizzata a Gregorio XI e riferisce al pontefice le indicazioni divine circa la condotta da tenere nella guerra contro la lega antipapale: preferibile salvare, nella pace, i valori spirituali rappresentati dalla Santa sede
piuttosto che conservare i poteri temporali. La seconda, pur essendo rivolta a
Raimondo da Capua, indirizza ancora al pontefice i consigli gi venuti da Dio
sulla riforma della Chiesa. La conferma di un tale modo di procedere si ha in
altre due lettere, dove rivelazioni legate alla dottrina e ai precetti religiosi sono
riferite non a Caterina e da Caterina in prima persona, ma attraverso la serva
di Dio che le fa da controfigura:
Come disse la somma verit a una serva sua inutile: Io voglio che tu sia amatrice di tutte quante le cose, ch sono tutte buone e perfette e sono degne dessare amate, e tutte sono fatte da me che so somma bont, excepto che il peccato:
non in me, ch, se fusse in me, dilettisima figliuola, sarebbe degno dessare
amato (Alla badessa del monastero di Santa Marta da Siena e a suor Niccolosa
- D p. 5 - T n. 30);
O figliuolo carissimo, chi dubita che nel principio della via gli pare fadigoso;
ma poichegli giunto apiei dellaffetto, dellodio e dellamore, ogni cosa amara
gli diventa dolce. Sicch il primo scalone nel corpo di Cristo sono i piei. Questa fu la regola chegli insegn una volta a una sua serva, dicendo: Lvati su,
figliuola, lvati sopra di te, e sali in me. E acciocch tu possa salire, io tho
fatta la scala, essendo chiavellato in Croce. Fa, che prima tu sagli a piei, cio
laffetto e il desiderio tuo; perocch come i piei portano il corpo, cos laffetto porta lanima [] (T n. 74).

Il ruolo di Caterina profeta si esprime soprattutto nelle Lettere, dove chiede che le azioni di chi preposto a guidare le vite spirituali o temporali degli
uomini siano tali da modificare la storia. Nel Dialogo, lAnima/Caterina interroga Dio per se stessa, per la riforma della Chiesa, per il mondo e la pace dei
cristiani ribelli, per la salvezza di tutti i fedeli, e ne riceve in risposta la rivelazione delle verit spirituali. Nelle Lettere la missione profetica, intesa come
guida dei cristiani non nella loro vita spirituale, ma nella loro vita storica18
si esplicita pienamente nel chiedere alla Chiesa che compia il suo cammino
verso Dio e nella storia. Non per nulla il ruolo profetico e, conseguentemente, il chiedere per ingiungere lazione assente dal Dialogo, i cui temi, la verit
in funzione della carit e la dignit delluomo perfetta nella carit,19 sono il
nodo essenziale della mistica e della spiritualit della santa. Con le Lettere Caterina affronta i problemi politici che pi coinvolgono la Chiesa in quegli anni
e, per il carattere di questa sua presenza, il titolo che meglio la definisce
18. Claudio LEONARDI, Caterina da Siena: mistica e profetessa, in Atti del Simposio internazionale
cateriniano - bernardiniano, cit., p. 155-172, a p. 157. Ringrazio il professor Claudio LEONARDI per i suggerimenti preziosi, offertimi durante la discussione del Seminario tenutosi
a Firenze il 12 giugno 2001, sul rapporto tra il chiedere di Caterina nelle Lettere e la profezia.
19. Cos strettamente legati da formarne uno solo: quella della vicenda spirituale delluomo,
Giuliana CAVALLINI, Introduzione a Il Dialogo, cit., p. XXX.

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quello di profeta,20 titolo assegnatole dalle stesse fonti che la definiscono veracissima prophetissa.21 Pur non essendo una stratega o, pi genericamente,
una politica,22 Caterina sfrutta il dono della profezia per assumere una funzione di guida storica della cristianit: la sua parola e le sue azioni interpretano pienamente la profezia neotestamentaria che si esercita direttamente sulla
storia.23 Nel testo delle Lettere, il ruolo profetico assunto dallio e si rivolge in
prima persona alla Chiesa e al papato perch salvaguardino lunit e consentano
la salvezza dei cristiani. Nel Dialogo, vero scritto mistico di Caterina, lAnima
rivela in terza persona i modi dellunione in Dio, e di un bene raggiungibile
soltanto attraverso lamore.
5. Chiedere illustrando le metafore
Il diverso andamento del testo condizionato dallintenzione comunicativa
particolarmente sensibile nelle lettere indirizzate a discepoli, familiari o consorelle, dove la ridotta formalit del rapporto e la consuetudine familiare consentono luso esclusivo del tu come allocutivo. Sono le situazioni in cui

20. Claudio LEONARDI, Caterina la mistica, in Medioevo al femminile, a cura di Ferruccio Bertini, Roma-Bari: Laterza, 1989, p. 170-195, a p. 179.
21. Legenda minor, a cura di Ezio FRANCESCHINI, Milano, Fontes vitae S. Catharinae senensis
X, 1942, p. 122.
22. Cfr. Franco CARDINI, Lidea di crociata in Santa Caterina da Siena, in Atti del Simposio internazionale caterininao-bernardiniano, cit., p. 57-87, le p. 62-63; Suzanne NOFFKE, Catherine of Siena. Vision Through a Distant Eye, Collegeville/Minnesota: The Liturgical Press,
1996, p. 74-86; Giuliana CAVALLINI, Catherine of Siena, London: Chapman, 1998, p. 108.
In realt, dei quattro obiettivi che Caterina si era proposta, la riforma della Chiesa, il ritorno del papa a Roma, la pace in Italia e la crociata contro i turchi, solo il secondo fu raggiunto. La felice conclusione del ritorno di Gregorio XI a Roma nel 1377 e della pacificazione
tra Firenze e il papato nel 1378 non sfociarono, peraltro, come Caterina aveva sperato, nella
pace universale, e per di pi, subito dopo la morte di Gregorio XI, un gruppo di cardinali
che non aveva riconosciuto lelezione del suo successore Urbano VI provoc lo scisma che
sarebbe durato fino al 1411. La tenacia, tuttavia, con cui la mistica senese si prodig per il
trionfo del bene comune prevalse sul modesto riscontro dei suoi successi storici e diede
significato allesistenza di un magistero femminile. Limpegno pubblico della santa domenicana fu tale da impostare in modo completamente nuovo lintervento delle donne sulla
politica ecclesiastica: il suo modello offusc, almeno in parte, quello gi influente di s. Brigida di Svezia e segn definitivamente linnovazione di una religiosit non solo femminile. Cfr. Roberto RUSCONI, Lattesa della fine, Roma: Istituto storico italiano per il medioevo,
1979, p. 24-26 e 28-35; Scrittrici mistiche italiane, a cura di Giuseppe POZZI e Claudio
LEONARDI, Genova: Marietti, 1988, p. 227; Francesco BRUNI, Dalle Origini al Trecento, in
Storia della civilt letteraria, diretta da Giorgio BRBERI SQUAROTTI, vol. I in 2 tomi, Torino: Utet, 1990, I/1, p. 100.
23. Cfr., per la differenza tra la profezia dellAntico Testamento, che si identifica con lannuncio del Messia, e quella neotestamentaria, che guida i cristiani nelle vicende della storia,
Claudio LEONARDI, Caterina da Siena: mistica e profetessa, cit., p. 157-158, e vd., per la
profezia come modo di conoscenza attraverso la rivelazione, Jean-Pierre TORRELL, Recherches sur la thorie de la prophetie au moyen ge, Fribourg: ditions universitaires Fribourg
Suisse, 1992, p. XII-XIV.

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Caterina pu esercitare con pi decisione il proprio magistero e in cui cresce, conseguentemente, il tono didascalico. Se ne ha una conferma dal frequente modo di procedere per domanda e risposta, che guida il destinatario
lungo deduzioni progressive o lo aiuta a comprendere meglio quanto stato
appena esposto:
Ma sai che vedere , e che amare quello degli uomini del mondo? uno
vedere tenebroso e oscuro [] Ma perch oscuro questo vedere? Perch s
posto nella oscurit delle cose transitorie del mondo (alla contessa Benedetta
Salimbeni - T n. 113);
Di tre sorti lorazione. Luna continua, cio il continuo santo desiderio
[] Laltro modo orazione vocale, quando localmente si dice lofficio, o
altre orazioni. Questa ordinata per giungere alla terza, cio alla mentale []
Ove manifesti tu lamore, la fede, e la speranza, e lumilt? nellorazione []
Dove sentirai tu dolore della coscienza? nellorazione. Dove ti spoglierai tu
dellamore proprio []? nellorazione. Dove sentirai tu lodore della verginit []? in questa dolce madre dellorazione (alla nipote, suor Eugenia - T
n. 26).

In particolare, nelle lettere in cui Caterina avverte con pi forza il proprio


ruolo di maestra verso altre religiose o verso donne in procinto di prendere il
velo, pi frequenti si succedono le similitudini e le spiegazioni di allegorie e
metafore, costruite per lo pi ponendo in connessione unimmagine concreta, sensibile a unimmagine spirituale.24 il procedimento alla base delle numerosissime metafore della specificazione che ricorrono nei testi di Caterina da
Siena e che, come si tentato di dimostrare altrove,25 almeno fino alle soglie
della Controriforma, si incontrano, con maggiore o minore frequenza, negli
scritti di altre mistiche, da Angela Merici a Camilla Battista Varano, da Caterina de Vigri a Maria Maddalena de Pazzi e, in misura pi elevata, in Domenica da Paradiso.
Le metafore della specificazione che si incontrano in quasi tutto lepistolario cateriniano, come, tra le altre, locchio dellintelletto, il coltello dellodio, la
chiave del sangue suo sono una forma di metafora in praesentia, nella quale i
due componenti, comparato e comparante, divengono luno il determinante dellaltro. In particolare, le metafore della specificazione che si leggono negli scritti di Caterina e in altri testi religiosi di mano femminile sono, nella quasi
totalit dei casi, metafore per analogia a quattro termini, dove B sta ad A nello
24. Cfr. Gabriella ANODAL, Le immagini del linguaggio cateriniano e loro fonti, in Rassegna di
ascetica e mistica, 1971, n. 3. p. 243-254 e n. 4, p. 337-343; 1972, n. 4, p. 332-343;
Michele FORTUNA, Struttura dellanima nel linguaggio metaforico di s. Caterina da Siena, in
Rassegna di ascetica e mistica, 1972, n. 3, p. 251-262; Giuliana CAVALLINI, Consonanze
tomistiche nel linguaggio cateriniano: Le vere e reali virt, in Rassegna di ascetica e mistica, 1974, n. 1, p. 73-82.
25. Rita LIBRANDI, Una storia di genere nelle scritture delle mistiche: connessioni e giunture metaforiche, in Storia della lingua e storia, Atti del II Congresso dellAssociazione degli storici della
lingua italiana (Catania, ottobre 1999), Firenze: Cesati, in corso di stampa.

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stesso rapporto in cui D sta C:26 nellultimo degli esempi indicati, pertanto,
la chiave sta alla porta come il sangue di Cristo sta al paradiso. La loro frequente ricorrenza nellepistolario cateriniano era stata gi notata, peraltro, da Giovanni Getto, che segnalava le figure definendole concetti preceduti da traslati.27
Si tratta del resto di un procedimento ben noto tanto alla tradizione letteraria quanto a quella cristiana e non facile stabilire quanto la loro presenza in
altri testi mistici prodotti da donne dipenda dal modello della santa senese.28
Soprattutto allinterno della cultura cristiana alcune immagini metaforiche
erano diffuse e decodificabili con la stessa immediatezza del significato letterale,29
e sar sufficiente rinviare, per alcune metafore della specificazione, al rituale
della liturgia, e a sequenze, discendenti peraltro dalle Scritture, quali il pane
della salvezza eterna. Lampia ricorrenza delle metafore della specificazione,
delle loro associazioni, della loro interpretazione letterale ci sembra testimonianza palese della formazione religiosa destinata ai fedeli e in particolare alle
donne, della spiegazione dei simboli che era loro fornita e, soprattutto per le
metafore connesse al corpo e alle piaghe di Cristo, delleducazione alla preghiera e alla meditazione.30 Per queste pratiche, infatti, come sar in seguito
ripetuto nei numerosi Giardini dellorazione di produzione osservante e come
gi si intravede nella lettera sopra riportata, di Caterina a suor Eugenia, si consigliava di raffigurarsi nella mente i luoghi, i personaggi, gli eventi della passione.31

26. Vd. Bice MORTARA GARAVELLI, Manuale di retorica, Milano: Bompiani, 1997, p. 161.
27. Giovanni GETTO, Lintuizione mistica, cit., p. 185. Pi di recente la loro ricorrenza negli
scritti della santa stata sottolineata da Marina BENEDETTI, Le opere di s. Caterina da Siena:
aspetto linguistico, in Con locchio e col lume, cit., p. 117-119, a p. 118 e si veda nello stesso
vol. lo studio di Dorota SLIWA, Le metafore del giardino nel linguaggio mistico di santa
Caterina da Siena, p. 131-145, che a p. 141 include tra le costruzioni le metafore della
specificazione, indicandole come sintagmi nominali.
28. Cfr., tuttavia, Vittorio COLETTI, Parole dal pulpito, Torino: Marietti, 1983, p. 97-106.
29. Non ci si sofferma qui sul senso letterale delle metafore e sugli studi relativi alle metafore linguistiche intese come metafore concettuali, per i quali mi permetto ancora di rinviare al mio lavoro cit. e in corso di stampa.
30. Nel lavoro cit. alla n. 24, si indicava, come esempio particolarmente significativo, un testo
composto nellultimo decennio del sec. XIV: il Colloquio spirituale di Simone da Cascina
(ed. a cura di Fausta DALLA RIVA, Firenze: Olschki, 1982). Lautore, pi volte priore del
monastero femminile di Santa Caterina a Pisa, ricopre un ruolo importante nella trasmissione della cultura religiosa in volgare e in particolare il Colloquio illustra a uninterlocutrice femminile i sensi nascosti della liturgia. Simone ne spiega il significato ricorrendo, spesso
per via di similitudini, allassociazione tra realt concreta e immagini spirituali, mentre un
fraticello, anchegli protagonista del Colloquio, rielabora quanto esposto da Simone in
raffigurazioni allegoriche. Cfr. Lina BOLZONI, Il Colloquio spirituale di Simone da Cascina. Note su allegoria e immagini della memoria, in Rivista di letteratura italiana, 3, 1985,
p. 9-65.
31. Cfr., per la bibliografia sullargomento, Rita LIBRANDI, Libri, raffigurazioni di trame e metafore nei Sermoni di Domenica da Paradiso, in Rita LIBRANDI e Adriana VALERIO, I Sermoni di Domenica da Paradiso. Studi e testo critico, Firenze: Edizioni del Galluzzo, 1999,
p. LXXIX-CLII, le p. XCIV-CIV.

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Se in tutte le lettere di Caterina si incontrano, una o pi volte, sequenze


metaforiche cos costruite, accade di trovare pi facilmente lo scioglimento e
la spiegazione della loro genesi nelle epistole rivolte, come si diceva, ad altre
donne, per lo pi religiose o in attesa di diventarlo. Se ne veda un esempio
nella lettera indirizzata alla contessa Benedetta Salimbeni:
Col sangue suo ci tolse la servitudine del peccato, ed hacci fatti liberi, traendoci
dalla signoria del dimonio, che ci possedeva come suoi. Il sangue, ancora, ci
ha fatti forti, e hacci messi in possessione di vita eterna; perocch e chiovi ci sono
fatte chiavi che hanno dissertata la porta che stava chiusa per lo peccato che
era commesso.
[]
Lvati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te, e entra nelle piaghe di Cristo crocifisso, dove perfetta, e vera sicurit. Egli quel luogo dolce
dove la sposa empie la lampana del cuore suo: ch drittamente il cuore una
lampana. Il quale debbe essere siccome la lampana, ch stretta da piedi e larga
da capo; cio che l desiderio e affetto suo sia ristretto al mondo e largo di
sopra: cio dilagare il cuore e laffetto suo in Cristo crocifisso, amandolo e
temendolo con vera e santa sollecitudine. E allora empirai questa lampana al
costato di Cristo crocifisso (T n. 112).

La stessa immagine della lampana ripresa in una lettera a sua nipote,


Nanna Benincasa:
E per vedi che, a volere essere sposa di Cristo, ti conviene avere la lampana,
e lolio e il lume. Sai come sintende questo, figliuola mia? Per la lampana sintende il cuore nostro: perocch il cuore debba essere fatto come la lampana.
Tu vedi bene che la lampana larga di sopra, e di sotto stretta []. Ora a questo modo sar il cuore nostro veramente una lampana. Ma pensa, figliuola
mia, che questo non basterebbe, se non ci fosse lolio dentro. Per lolio sintende quella dolce virt piccola della profonda umilt: perch si conviene che
la sposa di Cristo sia umile e mansueta e paziente; e tanto sar umile quanto
paziente, e tanto paziente quanto umile (T n. 23).

Se si volesse sintetizzare la nuova connessione data nella lettera, si potrebbe costruire una metafora della specificazione come lolio dellumilt. Caterina esplicita per i propri discepoli i legami posti alla base di immagini metaforiche
che sono state adoperate come strumento di educazione religiosa. Si sar notato, peraltro, nel primo dei due passi riprodotti, lesortazione a entrare nelle
piaghe di Cristo, che bene esemplifica lincitazione a una preghiera di totale
immedesimazione e annullamento. Gli scritti di Caterina mostrano i segni di
una pedagogia religiosa che insiste sullassociazione di sensibile e spirituale: ne
testimoniano lavvenuta ricezione, e al tempo stesso si propongono di impartire lo stesso insegnamento. Istruire attraverso connessioni metaforiche, di cui
si sciolgono proficuamente le giunture, per lei un altro modo di chiedere un
comportamento virtuoso, come chiaramente dimostrano le parole rivolte a
Benedetta Salimbeni e alla nipote Nanna. Nelle Lettere ogni variazione indot-

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ta dalloggetto su cui si vuole focalizzare lattenzione o dal destinatario che si


intende convincere o, pi esattamente, dallintenzione comunicativa rinvia a una
strategia consapevole, messa in atto per indirizzare al bene lagire degli uomini. Caterina indotta a una tale consapevolezza dallorgoglio del proprio magistero, un orgoglio che affiora nellalternarsi sapiente di severit imperiosa e di
tenerezze affettive e che per lei si fonda, oltrepassando il filtro degli scrivani,
sullunivocit tra la parola divina e la propria.

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