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FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA


a.a. 2012/13
Testi per il corso di Istituzioni di Filosofia politica
(I semestre)

JEAN-JACQUES ROUSSEAU

CONTRATTO SOCIALE
I Versione, Manoscritto di Ginevra
Libro I, capitolo 2, Della societ generale del genere umano
SAGGIO SULLORIGINE DELLE LINGUE
(estratti)

Traduzione a cura di Annamaria Loche

INDICE
Avvertenza

p. 3

Il Contratto sociale, I versione (Manoscritto di Ginevra)

p. 4
p. 4

Libro I, capitolo 2, Della societ generale del genere umano


(O.C., vol. III, pp. 281-9)

Saggio sullorigine delle lingue


Capitolo I, Sui diversi modi di comunicare i nostri pensieri

p. 9
p. 9

(O.C., vol. v, pp. 375-9)

Capitolo II, La prima invenzione della parola non deriva dai bisogni ma
dalle passioni

p. 10

(ivi, p. 380)

Capitolo III, Il primo linguaggio dovette essere figurato

p. 10

(ivi, p. 381)

Capitolo VIII: Differenza generale e locale nellorigine delle lingue

p. 11

(ivi, p. 394)

Capitolo IX: Formazione delle lingue meridionali

p. 11

(ivi, pp. 391-406)

Capitolo X: Formazione delle lingue del nord

p. 16

(ivi. p. 407-8)

AVVERTENZA
Per eseguire le traduzioni si fatto riferimento alledizione delle uvres compltes, Gallimard, Paris 1964, 5 voll., (O.C.).
In particolare:
Du Contract social ou essai sur la forme de la rpublique (premire version), (noto come Manuscript de Genve), Ivi, vol.III, pp.281-9;
Essai sur lorigine des langues, Ivi, vol. V, pp. 375-429.
N.B.: Nel Manoscritto di Ginevra appaiono tra parentesi quadre le parti che nel manoscritto sono
barrate.

IL CONTRATTO SOCIALE
(I versione, nota come Manoscritto di Ginevra)
LIBRO I: Prime nozioni sul corpo sociale
CAPITOLO II: La societ generale del genere umano
Iniziamo con il ricercare da dove nasca la necessit delle istituzioni politiche.
La forza dell'uomo talmente proporzionata ai suoi bisogni naturali e alla sua condizione primitiva che,
non appena questa condizione cambia e i suoi bisogni aumentano, l'assistenza dei suoi simili gli diventa necessaria, e quando, alla fine, i suoi desideri abbracciano tutta la natura, il concorso dell'intero genere umano
vuelven

appena sufficiente ad appagarli. cos che le stesse cause che ci rendono malvagi ci rendono anche schiavi e
devilidad

ci rendono schiavi corrompendoci; il senso della nostra debolezza dipende meno dalla nostra natura che dalla
ya que

codicia

nostra cupidigia; i nostri bisogni ci avvicinano man mano che le nostre passioni ci separano e, pi diventiamo nemici dei nostri simili, meno possiamo fare a meno di loro. Tali sono i primi legami della societ generale; tali sono i fondamenti di quella benevolenza universale la cui riconosciuta necessit sembra soffocare il
sentimento, e di cui ciascuno vorrebbe raccogliere il frutto senza essere obbligato a coltivarla; infatti, quanto
allidentit di natura, il suo effetto nullo, perch essa per gli uomini un motivo sia di contrasto che di
competencia

entendimineto

unione e pone in mezzo a loro la concorrenza e la gelosia cos spesso quanto lintesa e laccordo.
Da questo nuovo ordine di cose nasce una molteplicit di rapporti senza misura, senza regola, senza consistenza, che gli uomini alterano e cambiano di continuo; se cento lavorano per distruggerli, solo uno lavora
per renderli stabili; e poich lesistenza relativa di un uomo allo stato di natura dipende da mille altri rapporti
che sono in un flusso continuo, questuomo non pu mai essere sicuro di essere lo stesso durante due istanti
della sua vita; la pace e la felicit non durano per lui che un attimo; nulla permanente se non la miseria che
risulta da tutte queste vicissitudini; anche se i suoi sentimenti e le sue idee potessero elevarsi sino allamore
dellordine e alle sublimi nozioni della virt, gli sarebbe impossibile fare unapplicazione sicura dei suoi
principi in uno stato di cose che non gli lascerebbe discernere n il bene n il male, n luomo onesto n il
malvagio.
La societ generale cos come possono generarla i nostri reciproci bisogni non offre dunque alcuna assistenza efficace alluomo divenuto miserabile, o almeno essa non d nuove forze se non a chi ne ha gi troppe, mentre il debole, perduto, soffocato, schiacciato nella moltitudine, non trova nessun asilo dove rifugiarsi,
nessun aiuto per la sua debolezza e infine perisce vittima di questa unione ingannevole, dalla quale egli sperava la propria felicit.
[Se ci si convince che tra i motivi che spingono gli uomini ad unirsi tra loro con legami volontari non vi
nulla che si riferisca al punto di unione; che lungi dal proporsi il fine della filosofia comune, da cui ciascuno
pu ricavare la propria, la felicit delluno fa linfelicit dellaltro; se si vede infine che anzich tendere tutti
al bene generale, gli esseri umani si avvicinano tra loro perch tutti se ne allontanano, si deve anche capire
che questa condizione, anche quando potesse sussistere, non sarebbe che fonte di delitti e di miseria, per de-

gli uomini ciascuno dei quali non vedrebbe che il proprio interesse, non seguirebbe che le proprie inclinazioni, e non ascolterebbe che le proprie passioni.]

que apartir de

Cos la dolce voce della natura non pi per noi una guida infallibile, n lindipendenza cha da essa abbiamo ricevuto sarebbe una condizione desiderabile; la pace e l'innocenza ci sono sfuggite per sempre prima
che noi ne avessimo gustato le delizie; non percepibile per gli stupidi uomini delle origini, sfuggita agli uomini illuminati delle epoche successive, la felice et dell'oro fu una condizione estranea alla razza umana o
perch non laveva riconosciuta quando ne poteva godere o perch la perdette quando avrebbe potuto conoscerla.
C dellaltro; questa perfetta indipendenza e questa libert senza regole, anche se si fossero mantenute
unite allantica innocenza, avrebbero avuto sempre un difetto essenziale e nocivo al progresso delle nostre
facolt pi elevate, cio la mancanza di quella connessione tra le parti che costituiscono il tutto. La terra sarebbe coperta di uomini tra i quali non vi sarebbe quasi nessuna comunicazione; verremmo in contatto in
qualche punto, senza essere uniti in nessuno; ognuno resterebbe isolato fra gli altri, ognuno non penserebbe
che a se stesso; il nostro intelletto non saprebbe svilupparsi; vivremmo senza sentire nulla, moriremmo senza
aver vissuto; tutta la nostra felicit consisterebbe nell'ignorare la nostra miseria; non vi sarebbe n bont nei
nostri cuori, n moralit nelle nostre azioni e non avremmo mai gustato il pi delizioso sentimento dell'animo
che l'amore della virt.
[ certo che lespressione genere umano offre alla mente unidea puramente collettiva che non suppone
alcuna nozione reale tra gli individui che lo costituiscono. Aggiungiamo, se si vuole, questa supposizione:
concepiamo il genere umano come una persona morale la quale abbia, con un sentimento di esistenza comune che le conferisce individualit e la costituisce come unit, un movente universale che faccia agire ciascuna
parte per un fine generale e relativo al tutto. Concepiamo questo sentimento comune come se fosse quello
dell'umanit e la legge naturale come se fosse il principio attivo di tutta la macchina. Osserviamo in seguito
ci che risulta dalla costituzione delluomo nei rapporti con i suoi simili; e, al contrario di quanto abbiamo
supposto, troveremo che il progresso della societ soffoca l'umanit nei nostri cuori, risvegliando l'interesse
personale, e che le nozioni della legge naturale, che sarebbe pi opportuno chiamare legge di ragione, non
cominciano a svilupparsi se non quando lanteriore sviluppo delle passioni ne rende impotenti tutte le norme.
Da ci si vede come questo preteso trattato sociale dettato dalla natura sia unautentica chimera, poich le
condizioni che prescrive sono sempre sconosciute o impraticabili, e quindi necessariamente o le si ignora o le
si infrange.
Se la societ generale non esistesse solamente nei sistemi dei filosofi, essa, come ho gi detto, sarebbe un
essere morale che avrebbe qualit proprie e distinte da quelle degli esseri particolari che la costituiscono, pi
o meno allo stesso modo in cui i composti chimici hanno delle propriet che non derivano da alcuno degli
elementi che li compongono. Vi sarebbe una lingua universale che la natura insegnerebbe a tutti gli uomini e
che sarebbe il primo strumento della loro reciproca comunicazione; vi sarebbe una specie di sensorio comune
che servirebbe alla corrispondenza di tutte le parti; il bene o il male pubblico non sarebbero soltanto la somma dei beni o dei mali particolari come in una semplice aggregazione, ma sarebbero rintracciabili nel legame

che li unisce, sarebbero pi grandi della loro somma; invece la felicit pubblica, lungi dallessere istituita su
quella dei privati, ne sarebbe la fonte.]
falso che nello stato di indipendenza la ragione ci porti a concorrere al bene comune in vista del nostro
stesso interesse; linteresse particolare e il bene generale, lungi dallallearsi, si escludono a vicenda nell'ordine naturale delle cose, e le leggi sociali sono un giogo che ciascuno vuole ben imporre agli altri, ma di cui
egli stesso non vuole caricarsi. Mi accorgo di portare spavento e turbamento in mezzo alla specie umana,
dice luomo indipendente che il saggio soffoca, ma devo essere infelice o fare linfelicit degli altri, e nessuno mi pi caro di me stesso. Sarebbe vano, potrebbe aggiungere, voler conciliare il mio interesse
con quello altrui; tutto ci che mi dite dei vantaggi della legge sociale potrebbe essere una buona cosa, se,
fino a che la osservassi scrupolosamente verso gli altri, fossi sicuro che tutti costoro la osserverebbero verso
di me; ma quale sicurezza potete offrirmi in proposito e in quale situazione peggiore potrei trovarmi venendo
esposto a tutte le malvagit a cui i pi forti vorranno sottopormi, senza osar cercare un indennizzo sui deboli?
O mi date delle garanzie contro ogni attacco ingiusto, o non sperate che io a mia volta me ne astenga. Avete
un bel dirmi che, rinunciando ai doveri che la legge naturale mi impone, nello stesso tempo mi privo dei suoi
diritti e che le mie violenze legittimeranno tutte quelle che si vorranno fare contro di me. Consento a ci tanto pi volentieri in quanto non vedo come la mia moderazione potrebbe garantirmi contro di esse. Del resto
sar mia preoccupazione fare in modo che i forti abbiano i miei stessi interessi dividendo con loro le spoglie
dei deboli; questo servir al mio vantaggio e alla mia sicurezza pi della giustizia. La prova che luomo illuminato e indipendente ragionerebbe cos sta nel fatto che cos ragiona ogni societ sovrana, che rende conto della propria condotta solo a se stessa.
Che cosa contrapporre di valido a un simile discorso se non si vuole chiamare la religione in aiuto della
morale e fare intervenire immediatamente la volont di Dio per tenere unita la societ degli uomini? Ma le
nozioni sublimi del Dio dei saggi, le dolci leggi della fraternit che egli ci impone, le virt sociali delle anime pure, che sono il vero culto che egli vuole da noi, sfuggiranno sempre alla moltitudine degli uomini. Le si
proporranno sempre degli Dei insensati come lei, a cui essa sacrificher comodit di poco conto, per concedersi in loro onore mille passioni orribili e distruttive. La terra intera rigurgiterebbe di sangue e presto il genere umano perirebbe se la filosofia e le leggi non frenassero i furori del fanatismo e se la voce degli uomini
non fosse pi forte di quella degli Dei.
In effetti, se la nozione del grande Essere e quella della legge naturale fossero innate in tutti i cuori, sarebbe stata una preoccupazione superflua insegnarci espressamente luna e laltra. Avrebbe significato insegnarci ci che gi sapevamo e il modo che si utilizzato molto pi adatto a farcelo dimenticare. Se queste
nozioni non sono innate, tutti quelli a cui Dio non le ha fornite sono dispensati dal conoscerle. Dal momento
che sono state necessarie istruzioni particolari, ciascun popolo ha le proprie convinzioni, che gli si dimostra
siano le sole buone, e dalle quali derivano pi spesso i massacri che la concordia e la pace.
Lasciamo dunque da parte i precetti sacri delle religioni diverse, il cui abuso causa tanti delitti quanti il loro uso ne potrebbe risparmiare, e restituiamo al filosofo lesame di una questione che il teologo non ha mai
trattato se non a scapito del genere umano.

Ma il primo mi rinvier davanti allo stesso genere umano, il solo a cui spetta di decidere, in quanto il
maggior bene di tutti la sola passione che abbia. alla volont generale mi dir che lindividuo deve
indirizzarsi per sapere fino a che punto egli deve essere uomo, cittadino, suddito, padre, figlio, quando egli
deve vivere o morire. Vedo bene, e di ci mi rendo ben conto, che questa la regola che posso consultare;
ma non vedo ancora bene dir il nostro uomo indipendente la ragione per cui mi debbo assoggettare ad
essa. Non si tratta di insegnarmi che cos' la giustizia, ma di mostrarmi quale interesse ho a esser giusto. In
effetti nessuno potr negare che la volont generale sia in ciascuno un atto puro dellintelletto che ragiona nel
silenzio delle passioni su ci che luomo pu esigere dal suo simile e su ci che il suo simile ha il diritto di
esigere da lui. Ma dov un uomo che possa in questo modo separarsi da se stesso? E, se la cura per la propria conservazione il primo precetto della natura, lo si pu forzare a considerare in questo modo la specie
in generale per imporre a se stesso dei doveri dei quali non vede il legame con la sua costituzione particolare? Non rimangono sempre valide le obiezioni precedenti e non rimane ancora da vedere come il suo interesse personale esiga che egli si sottometta alla volont generale?
Inoltre, dal momento che l'arte di generalizzare cos le proprie idee uno degli esercizi pi difficili e pi
sviluppati dell'intelletto umano, la comunit degli uomini non sar mai in condizione di trarre da questo modo di ragionare le regole della propria condotta, e, quando bisogner consultare la volont generale su un atto
particolare, quante volte un uomo ben intenzionato non si trover a ingannarsi sulla regola o sulla sua applicazione e a seguire solo la propria inclinazione essendo convinto di obbedire alla legge? Che far dunque per
evitare lerrore? Ascolter la voce interiore? Ma questa voce, si dice, si forma solo con labitudine di giudicare e di sentire nel seno della societ e secondo le sue leggi, essa non pu dunque servire a stabilirle; inoltre
bisognerebbe che egli non avesse coltivato nel suo cuore nessuna di quelle passioni che parlano con voce pi
alta di quella della coscienza, coprono la sua timida voce e fanno sostenere ai filosofi che questa voce non
esiste. Consulter i principi del diritto scritto, le azioni sociali di tutti i popoli, le convenzioni tacite degli
stessi nemici del genere umano? Si torna sempre alla prima difficolt ed solo dallordine sociale stabilito
tra noi che traiamo le idee di quello che ci immaginiamo. Concepiamo la societ generale tenendo conto delle nostre societ particolari; listituzione delle piccole repubbliche ci fa pensare a quella grande e non cominciamo propriamente a diventare uomini se non dopo essere stati cittadini. Da ci si vede che cosa dobbiamo pensare di questi pretesi cosmopoliti, che spiegano tutto il loro amore per la patria con il loro amore
per il genere umano, si vantano di amare tutti per avere il diritto di non amare nessuno.
Ci che il ragionamento ci dimostra in proposito pienamente confermato dai fatti e, per poco che si risalga ai tempi pi antichi, si vede facilmente che le sane idee del diritto naturale e della fraternit comune tra
tutti gli uomini si sono diffuse molto tardi e hanno fatto dei progressi cos lenti nel mondo che solo il cristianesimo le ha generalizzate a sufficienza. Anche nelle antiche leggi di Giustiniano si trovano autorizzate per
molti aspetti le antiche violenze, non solo verso i nemici dichiarati, ma verso tutti coloro che non fossero
sudditi dellImpero; e quindi lumanit dei Romani non si estendeva oltre i loro domini.
In effetti si creduto a lungo, come osserva Grozio, che fosse permesso rubare, saccheggiare, maltrattare
gli stranieri e soprattutto i barbari, fino a ridurli in schiavit. Per questa ragione si poteva chiedere a degli

sconosciuti, senza scandalizzarli, se fossero briganti o pirati, perch questi mestieri, lungi dallessere ignominiosi, erano allora ritenuti onorevoli. I primi eroi come Ercole o Teseo, che facevano guerra ai briganti,
non mancavano di esercitare il brigantaggio essi stessi, e spesso i Greci chiamavano trattati di pace quei trattati che si stipulavano tra popoli che non erano affatto in guerra. A lungo, presso molti popoli antichi e anche
presso i Latini, le parole straniero e nemico sono state sinonimi: Hostis enim dice Cicerone apud majores nostros dicebantur, quem nunc peregrinum dicimus1. Lerrore di Hobbes non sta dunque nell'aver posto
lo stato di guerra fra gli uomini indipendenti divenuti socievoli, ma nell'aver supposto questo stato come naturale alla specie, e di averlo considerato la causa dei vizi di cui l'effetto.
Ma sebbene non vi sia alcuna societ generale e naturale tra gli uomini, sebbene costoro divengano infelici e malvagi divenendo socievoli, sebbene le leggi della giustizia e delluguaglianza non contino nulla per
coloro che vivano, contemporaneamente, nella libert dello stato di natura e sottomessi ai bisogni del vivere
in societ, anzich pensare che non vi sia per noi n virt n felicit e che il cielo ci abbia abbandonato senza
risorse alla depravazione della specie, sforziamoci di trarre dallo stesso male il rimedio che deve guarirlo. Se
possibile, correggiamo con nuove associazioni i difetti dellassociazione generale. Il nostro violento interlocutore pu giudicare egli stesso lesito. Mostriamogli nellarte perfezionata la riparazione dei mali che
larte allo stato iniziale fece alla natura; mostriamogli tutta la miseria della condizione che egli credeva felice, tutta la falsit del ragionamento che egli credeva ben fondato. Che egli veda in una migliore istituzione
delle cose il premio delle buone azioni, il castigo di quelle malvagie e il buon accordo della giustizia e della
felicit. Rischiariamo la sua ragione con nuove conoscenze, riscaldiamo il suo cuore con nuovi sentimenti ed
egli impari a moltiplicare il suo essere e la sua felicit, dividendoli con i suoi simili. Se il mio zelo non mi
acceca in questimpresa, non c da dubitare che, con un animo forte e un retto sentire, questo nemico del
genere umano rinnegher alla fine il suo odio con i suoi errori, che la ragione che lo ingannava lo riporter
allumanit, che imparer a preferire al suo interesse apparente il suo interesse ben inteso; che egli diverr
buono, virtuoso, sensibile, e infine, per dir tutto, al posto del feroce brigante che voleva essere, il pi solido
sostegno di una societ ben ordinata.

Infatti i nostri antenati chiamavano nemico colui che ora chiamiamo straniero (De officiis, I, 12).

SAGGIO SULLORIGINE DELLE LINGUE


CAPITOLO I: Sui diversi modi di comunicare i nostri pensieri
La parola distingue luomo dagli animali; il linguaggio distingue una nazione dallaltra: non si sa da dove
viene un uomo se non dopo che ha parlato. Luso e il bisogno fanno s che ogni individuo impari la lingua
del proprio paese; ma quali sono i motivi per cui una lingua quella del suo paese e non di un altro? Per
spiegarlo bisogna risalire a qualche ragione collegata al luogo e che sia anteriore agli stessi costumi; la parola, in quanto prima istituzione sociale, deve la propria forma solo a cause naturali.
tan pronto

Un uomo, non appena fu riconosciuto da un altro come un essere senziente, pensante e simile a lui, fu
este hombre

spinto dal desiderio o dal bisogno di comunicare a costui i propri sentimenti e i propri pensieri e a cercare i
adecuado

mezzi adatti [...] Ecco listituzione di segni sensibili per esprimere il pensiero. Gli inventori del linguaggio
non fecero questo ragionamento, ma listinto sugger loro le conseguenze.
I mezzi generali attraverso i quali possiamo agire sui sensi altrui si limitano a due: cio il movimento e la
voce. Lazione del movimento immediata con il tatto o il gesto; la prima [...] non pu trasmettersi a distanrango visivo.

za, ma laltra arriva tanto lontano quanto il raggio visivo. Cos restano soltanto la vista e ludito [...]. Sebbene
il linguaggio del gesto e quello della voce siano ugualmente naturali, tuttavia il primo pi facile ed meno
legato alle convenzioni
Sebbene la lingua del gesto e quella della parola siano naturali in ugual maniera, tuttavia la prima pi
facile ed meno dipendente dalle convenzioni: infatti sono pi gli oggetti che colpiscono i nostri occhi di
quelli che colpiscono le nostre orecchie, e le figure sono pi varie rispetto ai suoni; esse sono anche pi
espressive e dicono di pi in meno tempo. [...]
Cos si parla agli occhi meglio che alle orecchie [...]. Si pu anche constatare che i discorsi pi eloquenti,
quelli che contengono un maggior numero di immagini, e i suoni hanno pi energia quando suscitano
leffetto dei colori.
Quando, per, si tratta di commuovere il cuore e di infiammare le passioni, tutta unaltra questione.
Limpressione fatta da un discorso, che colpisce doppiamente, provoca unemozione ben diversa rispetto alla
presenza delloggetto stesso che si pu vedere con un solo colpo docchio. Supponete una situazione di dolore perfettamente nota: guardando la persona afflitta, difficilmente vi emozionerete fino a piangere; ma lasciatele il tempo di dire tutto ci che prova e ben presto vi scioglierete in lacrime. [...]
Tutto ci mi fa pensare che, se avessimo avuto solamente bisogni fisici, avremmo anche potuto non parlare mai e intenderci perfettamente con la sola lingua dei gesti. Avremmo potuto istituire delle societ che differissero di poco da quelle di oggi e che avrebbero anche conseguito meglio il proprio fine: avremmo potuto
istituire leggi, scegliere dei capi, inventare arti, stabilire il commercio e fare in breve pi o meno le stesse cose che facciamo con laiuto della parola [...].
Linvenzione dellarte di comunicare le nostre idee dipende meno dagli organi che servono a tale comunicazione che da una facolt propria delluomo, la quale lo spinge a usare i suoi organi per questuso e la qua-

le, se tali organi gli fossero mancati, avrebbe fatto in modo che egli ne impiegasse altri a questo fine. Date
alluomo unorganizzazione tanto grossolana quanto volete: egli senzaltro acquisir meno idee; ma non appena tra due esseri umani si stabilisce un rapporto per il quale luno possa agire e laltro sentire [...] essi arriveranno a comunicarsi tante idee quante ne avranno concepite.
Gli animali hanno per la comunicazione verbale unorganizzazione pi che sufficiente e mai nessuno di
loro ne ha fatto uso. Ecco, mi sembra, una differenza molto notevole. Gli animali che lavorano e vivono in
comunit, come i castori, le formiche, le api, hanno una qualche lingua naturale per comunicare tra loro, non
ne dubito affatto. [...] Queste lingue sono naturali e non acquisite; gli animali che le parlano le hanno dalla
nascita, e hanno, tutti e ovunque, le stesse: essi non cambiano, non fanno il minimo progresso. La lingua di
convenzione appartiene solo alluomo.
Ecco perch luomo fa dei progressi sia in positivo che in negativo e perch gli animali non ne fanno. [...]

CAPITOLO II: La prima invenzione della parola non deriva dai bisogni ma dalle passioni
Vi da credere che i bisogni dettarono i primi gesti e le passioni strapparono i primi suoni. Seguendo con
queste distinzioni il percorso dei fatti, forse si potrebbe ragionare sullorigine delle lingue in modo completamente diverso da come si fatto fino ad ora. [...] Il linguaggio dei primi uomini stato presentato come il
linguaggio dei geometri, mentre possiamo vedere che fu quello dei poeti.
Dovette essere proprio cos. Non si cominci con il ragionare, ma con il sentire. Si pretende che gli esseri
umani inventarono la parola per esprimere i loro bisogni; questopinione mi sembra del tutto insostenibile.
Leffetto naturale dei primi bisogni fu quello di allontanare gli uomini e non di avvicinarli. Ci fu necessario
perch la specie potesse estendersi e la terra si popolasse in fretta; in caso contrario il genere umano si sarebbe affollato in un angolo del mondo e tutto il resto sarebbe rimasto deserto.
Ne consegue con evidenza che lorigine delle lingue non dovuta ai primi bisogni degli uomini; sarebbe
assurdo che ci che li allontana sia diventato il mezzo per unirli. Da dove pu derivare dunque questa origine? Dai bisogni morali, dalle passioni. Tutte le passioni avvicinano gli uomini che la necessit di cercare di
sopravvivere spinge a sfuggirsi. Non sono n la fame n la sete, ma lamore, lodio, la piet, la collera ad
aver stimolato in loro le prime parole. [...]

CAPITOLO III: Il primo linguaggio dovette essere figurato

[...] Il linguaggio figurato fu il primo a nascere, il senso specifico fu trovato per ultimo. Le cose furono
chiamate con il loro vero nome solo quando le si vide nella loro vera forma. Inizialmente si parla solo in poesia; ci si accorge di ragionare solo molto tempo dopo.
[...]

10

Un selvaggio, quando incontra i propri simili, in un primo momento si spaventa. La paura gli far vedere
questi uomini come pi grandi e pi forti di lui; cos d loro il nome di giganti. Dopo molte esperienze riconoscer che, poich questi pretesi giganti non sono n pi grandi n pi forti di lui, la loro statura non si adatta allidea che egli aveva inizialmente collegato al nome di gigante. Egli inventer allora un altro nome comune a costoro e a s, come, per esempio, il nome uomo, e lascer il nome di gigante al falso oggetto che lo
aveva colpito durante il periodo della sua illusione. Ecco come la parola figurata nasce prima della parola
appropriata, quando la passione ci copre gli occhi, e come la prima idea che ce ne offre non quella veritiera.

CAPITOLO VIII: Differenza generale e locale nellorigine delle lingue


[...] La principale causa che distingue le lingue locale e deriva dai climi in cui esse nascono e dal modo
in cui esse sono formate; bisogna risalire a questa causa per capire le differenze generali e le caratteristiche
che si notano tra le lingue del sud e quelle del nord. Il grande difetto degli Europei quello di filosofare
sempre sullorigine delle cose secondo ci che accade intorno a loro. Essi non mancano di mostrarci i primi
uomini come se abitassero in una terra ingrata e rude, mentre muoiono di freddo e di fame, impegnati a farsi
un riparo e degli abiti; essi vedono ovunque in Europa neve e ghiaccio e non pensano che la specie umana,
cos come tutte le altre, ha avuto i suoi inizi nei paesi caldi e che su due terzi del globo linverno poco conosciuto. Quando si vogliono studiare gli uomini bisogna guardare vicino a s; ma per studiare luomo bisogna imparare a guardare lontano; necessario osservare dapprima le differenze, per scoprire le somiglianze.
Il genere umano, nato nei paesi caldi, si estende da questi in quelli freddi; in questi che si moltiplica e ritorna in seguito nei paesi caldi. Da tale azione e da tale reazione si originano le rivoluzioni della terra e il
movimento continuo dei suoi abitanti. Sforziamoci di seguire in questa nostra ricerca lo stesso ordine della
natura. Inizio una lunga digressione su un argomento tanto dibattuto da essere banale, ma al quale necessario rifarsi se si vogliono ritrovare le istituzioni umane.

CAPITOLO IX: Formazione delle lingue meridionali

Nei primi tempi gli uomini sparsi sulla faccia della terra non avevano altra societ se non quella familiare,
altre leggi se non quelle naturali, altra lingua se non il gesto e qualche suono inarticolato. Non erano legati da
alcuna idea di fraternit comune e, avendo come unico arbitro la forza, credevano di essere nemici luno
dellaltro. Questidea nasceva dalla loro debolezza e dalla loro ignoranza. Non conoscendo nulla, temevano
tutto, attaccavano per difendersi. Un uomo abbandonato da solo sulla faccia della terra alla merc del genere
umano doveva essere un animale feroce. Era pronto a fare agli altri tutto il male che temeva da loro. La paura
e la debolezza sono le fonti della crudelt.

11

Le affezioni sociali si sviluppano in noi solo attraverso i nostri lumi. La piet, sebbene naturale nel cuore
delluomo, resterebbe eternamente inattiva se limmaginazione non la mettesse in gioco. Come ci lasciamo
coinvolgere dalla piet? Trasportandoci fuori di noi stessi, identificandoci con lessere che soffre. Soffriamo
solo quando giudichiamo colui che soffre; non in noi, ma in lui che soffriamo. Si pensi quante conoscenze
acquisite suppone questo trasporto! Come immaginer dei mali di cui non ho idea alcuna? Come soffrir vedendo soffrire un altro se non so che egli soffre, se ignoro ci che vi di comune tra lui e me? Chi non ha
mai riflettuto non pu essere n clemente n giusto n pietoso; non pu neppure essere malvagio e vendicativo. Chi non immagina nulla non sente che se stesso; egli solo in mezzo al genere umano.
La riflessione nasce dalla comparazione delle idee ed la pluralit delle idee che porta a compararle. Chi
vede un solo oggetto, non ha alcuna comparazione da fare. Chi ne vede pochi e sempre gli stessi dalla sua
infanzia non li compara ugualmente, perch labitudine a vederli gli toglie limmaginazione necessaria per
esaminarli; mano a mano che un oggetto nuovo attira la nostra attenzione, volgiamo conoscerlo, cerchiamo i
rapporti con quelli che ci sono noti; cos che impariamo a considerare ci che sotto i nostri occhi, e ci
che ci estraneo ci spinge ad esaminare ci che ci colpisce.
Applicate queste idee ai primi uomini e individuerete la ragione della loro barbarie. Non avendo visto
nientaltro se non ci che era intorno a loro, essi non conoscevano neppure questo; non conoscevano nemmeno se stessi. Avevano lidea di un padre, di un figlio, di un fratello e non quella di un uomo. La loro capanna conteneva tutti i loro simili; uno straniero, una bestia, un mostro erano per loro la stessa cosa: fuori
dalla loro famiglia luniverso intero per loro non era nulla.
Da qui le apparenti contraddizioni che si possono notare tra i padri delle nazioni: tanta naturalezza e tanta
inumanit, costumi cos feroci e cuori cos teneri, tanto amore per i loro familiari e tanta avversione per la
loro specie. Tutti i loro sentimenti, concentrati sui loro vicini, avevano pi vigore. Avevano caro tutto ci che
conoscevano. Nemici del resto del mondo che non vedevano e che ignoravano, odiavano solo ci che non
potevano conoscere.
Questi tempi di barbarie erano il secolo doro; non perch gli esseri umani fossero uniti, ma perch erano
separati. Ognuno, si dice, riteneva di essere il padrone di tutto; il che pu anche essere, ma si tenga conto del
fatto che ogni essere umano conosceva e desiderava solo ci che aveva a portata di mano. I bisogni, lungi
dallavvicinare gli uomini, li allontanavano luno dallaltro. Gli uomini [...] si attaccavano se si incontravano,
ma si incontravano raramente. Ovunque regnava uno stato di guerra, e tutta la terra era in pace. I primi uomini furono cacciatori o pastori e non agricoltori; i primi beni furono greggi e non campi. Prima che la propriet della terra fosse divisa, nessuno pens a coltivarla. Lagricoltura unarte che richiede degli strumenti;
seminare per raccogliere una precauzione che richiede previdenza. Luomo in societ cerca di estendersi,
luomo isolato si rinchiude. Fuori dal raggio visivo del suo occhio e dallestensione del suo braccio per lui
non vi sono n diritto n propriet. Quando il Ciclope ha fatto rotolare la pietra allingresso della caverna, le
sue greggi sono al sicuro ed egli stesso lo ; ma chi guarder le messi di colui sul quale le leggi non vegliano?

12

Mi si dir che Caino fu agricoltore e che No piant la vigna. Perch no? Erano soli, che cosa avevano da
temere? [...] Diventato fuggiasco, Caino fu certamente costretto ad abbandonare lagricoltura; la vita errante
dei discendenti di No dovette ugualmente farla loro dimenticare; stato necessario popolare la terra prima
di coltivarla; queste due cose si fanno male, se si fanno nello stesso tempo. Durante la prima dispersione del
genere umano, fino a quando la famiglia fu istituita e luomo non ebbe unabitazione stabile, non vi fu pi
agricoltura. I popoli che non si fermano non sanno coltivare la terra; [...].
Generalmente presso tutti i popoli la cui origine ci nota si trovano i primi barbari voraci e carnivori,
piuttosto che agricoltori e granivori. [...].
Il primo dolce che fu mangiato costitu la comunione del genere umano. Gli uomini, quando cominciarono a stabilirsi in un luogo e dissodarono un po di terreno intorno alla loro capanna, fecero un giardino piuttosto che un campo. Il poco grano raccolto veniva frantumato fra due pietre; se ne faceva qualche dolce che
si cuoceva sotto la cenere o sulla brace o su una pietra calda e che veniva mangiato solo durante le feste.
Questo antico uso che fu consacrato presso gli Ebrei con la Pasqua si conserva ancor oggi in Persia e in India. Qui si mangiano solo pani senza lievito, e questi pani in fogli sottili si cuociono e si consumano ad ogni
pasto. Si pens a far lievitare il pane solo quando se ne ebbe qualche vantaggio perch la lievitazione non
viene bene per una piccola quantit.
[...]
Sparsi nel vasto deserto del mondo, gli uomini ripiombarono in questa stupida barbarie, dove si sarebbero
trovati se fossero nati dalla terra. Seguendo queste idee cos naturali facile conciliare lautorit della Scrittura con i documenti antichi e non si costretti a considerare come favole delle tradizioni che sono tanto antiche quanto i popoli che ce le hanno trasmesse.
In questo stato di abbrutimento bisognava vivere. I pi attivi, i pi robusti, quelli che andavano sempre
avanti potevano vivere solo di frutti e della caccia; essi divennero quindi cacciatori, violenti, sanguinari, poi
con il tempo guerrieri, conquistatori, usurpatori. La storia ha macchiato i suoi monumenti con i crimini di
questi primi re; le guerre e le conquiste non sono che caccia di uomini. Dopo averli conquistati, potevano
soltanto divorarli. Cosa che i loro successori hanno imparato a fare.
La maggior parte degli uomini, meno attiva e pi pacifica, si ferm prima che pot, riun del bestiame, lo
addomestic, lo rese docile alla voce delluomo; per nutrirsene, imparo a custodirlo e a farlo moltiplicare; e
cos cominci la vita pastorale.
Lindustriosit umana si estende con i bisogni che la fanno nascere. Dei tre modi di vivere che sono possibili per luomo, e cio la caccia, la cura del bestiame e lagricoltura, la prima esercita il corpo alla forza,
alla destrezza; lanima al coraggio, alla scaltrezza; indurisce luomo e lo rende feroce. Il paese dei cacciatori
non a lungo quello della caccia. Bisogna seguire da lontano la selvaggina, da qui lequitazione; bisogna
colpire la stessa selvaggina che fugge, da qui le armi leggere, la fionda, la freccia, il giavellotto. Larte pastorale, madre del riposo e delle passioni oziose, quella pi autosufficiente. Fornisce alluomo quasi senza fatica la vita e il vestiario; gli fornisce anche la casa; le tende dei primi pastori erano fatte con le pelli delle bestie: il tetto dellarca e del tabernacolo di Mos non era fatto di stoffa diversa. Quanto allagricoltura, la pi

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lenta a nascere, essa dipende da tutte le arti; porta con s la propriet, il governo, le leggi e gradualmente la
miseria e i delitti, inseparabili per la nostra specie dalla scienza del bene e del male. [...]
Alla precedente divisione si richiamano i tre stadi delluomo considerato in relazione alla societ. Il selvaggio cacciatore, il barbaro pastore e luomo civilizzato agricoltore.
Sia dunque che si ricerchi lorigine delle arti, sia che si osservino i primi costumi, si vede che tutto si rapporta sin dallorigine ai mezzi per procurare la sussistenza; e quanto ai mezzi che radunano gli esseri umani,
essi sono determinati dal clima e dalla natura del suolo. [...]
I climi dolci, i paesi ubertosi e fertili sono stati i primi ad essere popolati e gli ultimi in cui le nazioni si
sono costituite, perch gli uomini potevano allontanarsi pi facilmente gli uni dagli altri e perch i bisogni
che fanno nascere la societ vi si fanno sentire pi tardi.
Supponete sulla terra una primavera perpetua; supponete ovunque acqua, bestiame, pascoli; supponente
uomini che, uscendo dalle mani della natura, siano dispersi in mezzo a tutto ci: non immagino come avrebbero per potuto rinunciare alla loro libert primitiva e abbandonare la vita isolata e pastorale, cos adatta alla loro indolenza naturale, per sottoporsi senza necessit alla schiavit, ai lavori, alle miserie inseparabili dallo stato sociale.
Chi volle che luomo fosse socievole tocc con un dito lasse del globo e lo inclin sullasse
delluniverso. A questo leggero movimento vedo cambiare la faccia della terra e decidere la vocazione del
genere umano; sento da lontano le grida di gioia di una moltitudine insensata, vedo edificare i palazzi e le
citt, vedo nascere le arti, le leggi, il commercio; vedo i popoli formarsi, estendersi, dissolversi, succedersi
come le onde del mare; vedo gli uomini riuniti in qualche punto della loro dimora per divorarsi reciprocamente, fare un orrendo deserto del resto del mondo, degno monumento dellunione sociale e dellutilit delle
arti.
La terra nutre gli uomini, ma quando i primi bisogni li hanno allontanati, altri bisogni li riuniscono, ed
allora soltanto che essi parlano e fanno parlare di s. [...]
naturale, si dice, che gli abitanti di un paese ingrato lo lascino per occuparne uno migliore. Molto bene,
ma perch questultimo paese, invece di essere pieno di propri abitanti, lascia il posto ad altri? Per andar via
da un paese ingrato bisogna esserci. Perch dunque tanti uomini vi nascono di preferenza? Si potrebbe credere che i paesi sterili non dovrebbero popolarsi che dalleccedenza dei paesi fertili, e invece vediamo che avviene il contrario. [...]
Le associazioni di esseri umani sono in gran parte lopera di accidenti naturali; i diluvi parziali, i mari che
straripano, le eruzioni dei vulcani, i grandi terremoti, gli incendi provocati dal fulmine che distruggono le foreste, tutto ci che dovette spaventare e disperdere gli abitanti selvaggi di un paese, dovette in seguito riunirli
per riparare in comune le perdite comuni. Le tradizioni delle disgrazie della terra, cos frequenti
nellantichit, mostrano di quali mezzi si serv la provvidenza per spingere gli uomini ad avvicinarsi. Dopo
che le societ si sono istituite, questi grandi accidenti sono finiti e sono divenuti pi rari; sembra che ci
debba ancora accadere: le stesse disgrazie che riunirono gli esseri umani disperderanno quelli che sono riuniti.

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Le rivoluzioni delle stagioni sono unaltra causa pi generale e pi permanente che dovette produrre lo
stesso effetto nei climi esposti a questa variazione. Costretti ad approvvigionarsi per linverno, ecco gli abitanti nella necessit di aiutarsi lun laltro, ecco che sono costretti a stabilire tra loro qualche tipo di convenzione. Quando le escursioni diventano impossibili e il rigore del freddo le frena, la noia li lega quanto il bisogno. I Lapponi seppelliti nei loro ghiacci, gli Esquimesi, i pi selvaggi tra tutti i popoli, dinverno si riuniscono nelle loro caverne e lestate non si riconoscono pi. Aumentate di un grado il loro sviluppo e la loro
intelligenza ed eccoli riuniti per sempre.
N lo stomaco n lintestino delluomo sono fatti per digerire la carne cruda; in generale il suo gusto non
la sopporta. Ad eccezione forse degli Esquimesi, di cui ho gi parlato, gli stessi selvaggi arrostiscono le loro
carni. Alluso del fuoco necessario per cuocerle, si unisce il piacere che esso d alla vista e il suo calore gradevole per i corpi. Laspetto della fiamma, che fa fuggire gli animali, attira luomo. Ci si riunisce intorno a
un focolare comune, vi si fanno dei festini, si danza; i dolci legami dellabitudine riuniscono insensibilmente
luomo ai propri simili, e su questo focolare rustico brilla il fuoco sacro che porta al fondo dei cuori il primo
sentimento dellumanit.
Nei paesi caldi, le sorgenti e i fiumi distribuiti in modo ineguale sono altri punti di riunione tanto pi necessari in quanto gli uomini si possono allontanare meno dallacqua che dal fuoco. Soprattutto i barbari, che
vivono delle loro greggi, hanno bisogno di abbeveratoi comuni, e la storia dei tempi pi antichi ci insegna
che l che cominciano sia i loro rapporti sia le loro dispute. La facilit di disporre delle acque pu ritardare
la socializzazione degli abitanti dei luoghi ben irrorati. Al contrario, nei luoghi aridi fu necessario collaborare
per scavare dei pozzi, per tracciare canali per abbeverare il bestiame. Vi si vedono uomini associai da tempo
quasi immemorabile, poich o il paese restava deserto o il lavoro umano lo rendeva abitabile. Ma la tendenza
che abbiamo a ricondurre tutto alle nostre abitudini rende necessaria qualche riflessione.
Il primo stato della terra era molto diverso da quello in cui la si vede oggi, ornata e trasfigurata dalla mano delluomo. Il caos che i poeti hanno raffigurato negli elementi regnava nelle sue produzioni. In questi
tempi antichi, quando le rivoluzioni erano frequenti, quando mille accidenti cambiavano la natura del suolo e
laspetto del terreno, tutto cresceva in modo confuso, alberi, legumi, arbusti, erbe; nessuna specie aveva il
tempo di impadronirsi del terreno che ad essa era pi adatto e di soffocare le altre; esse si separavano lentamente, poco a poco; e poi sopraggiungeva un rovesciamento delle cose che confondeva tutto.
Il rapporto tra i bisogni delluomo e i prodotti della terra tale che sufficiente che essa sia popolata perch tutto si conservi; ma, prima che gli uomini riuniti creassero con il loro lavoro un bilanciamento tra i suoi
prodotti, era necessario che la natura si occupasse da sola dellequilibrio oggi conservato dalla mano
delluomo; essa conservava o ristabiliva tale equilibrio con delle rivoluzioni, come gli uomini lo conservano
o lo ristabiliscono con la loro incostanza. La guerra, che non regnava ancora tra questi ultimi, sembrava regnare tra gli elementi; gli uomini non bruciavano citt, non scavavano miniere, non abbattevano alberi; ma la
natura accendeva vulcani, suscitava terremoti, il fuoco del cielo consumava le foreste. Un colpo di un fulmine, un diluvio, unesalazione facevano allora in poche ore ci che centomila braccia di uomini fanno oggi in
un secolo. In caso contrario non capisco come il sistema avrebbe potuto sussistere e lequilibrio conservarsi.

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Nei due regni organici le specie grandi avrebbero alla lunga assorbito le piccole. Ben presto tutta la terra sarebbe stata ricoperta di alberi e di bestie feroci; alla fine tutto sarebbe perito.
[...]
Nelle grandi pianure prive di fiumi e in cui il suolo non ha abbastanza pendenze, non si hanno altre risorse che i pozzi. Se dunque i primi popoli di cui si fa menzione nella storia non abitavano nei paesi fertili o
lungo rive agevoli, ci non significa che questi luoghi dai climi felici fossero deserti, ma che i loro numerosi
abitanti, potendosi allontanare gli uni dagli altri, vissero pi a lungo isolati nelle loro famiglie e senza comunicazione. Ma nei luoghi aridi, dove non si poteva avere acqua se non dai pozzi, era necessario riunirsi per
scavarli o almeno accordarsi per usarli. Questa dovette essere lorigine delle societ e delle lingue nei paesi
caldi.
L si formarono i primi legami delle famiglie; l vi furono i primi incontri tra i due sessi. Le ragazze venivano a cercare lacqua per i lavori di casa, i ragazzi venivano ad abbeverare le mandrie. L occhi abituati a
vedere dallinfanzia gli stessi oggetti, cominciarono a vederne di pi dolci. Il cuore si commuove a questi
nuovi oggetti, unattrazione sconosciuta lo rende meno selvaggio, sente il piacere di non essere solo. Lacqua
divenne insensibilmente pi necessaria, il bestiame aveva sete pi spesso, si arrivava in fretta e si andava via
a malincuore. In quellet felice in cui nulla segnava le ore, nulla obbligava a contarle; il tempo non aveva
altra misura che il divertimento e la noia. Sotto vecchie querce, vincitrice degli anni, unardente giovent
dimenticava gradualmente la sua ferocia, poco a poco si diventava pi socievoli gli uni con gli altri; sforzandosi di farsi capire, si impar a spiegarsi. L si fecero le prime feste, i piedi saltavano di gioia, il gesto caloroso non bastava pi, la voce lo accompagnava con accenti appassionati, il piacere e il desiderio, confusi insieme, si facevano sentire nello stesso momento. L vi fu infine la vera culla dei popoli, e dal cristallo puro
delle fontane sgorgarono i primi fuochi dellamore.
E che dunque? Prima di questi tempi gli uomini nascevano dalla terra? Le generazioni si succedevano
senza che i due sessi si unissero e senza che le persone si intendessero? No, vi erano delle famiglie, ma non
vi erano nazioni; vi erano delle lingue domestiche, ma non delle lingue popolari; vi erano dei matrimoni, ma
non vi era amore. Ciascuna famiglia bastava a se stessa e si perpetuava con il suo solo sangue. I bambini nati
dagli stessi genitori crescevano insieme e trovavano dei modi di spiegarsi tra loro; i sessi si distinguevano
con let, bastava la tendenza naturale a unirli, listinto stava al posto delle passioni, labitudine stava al posto delle preferenze, si diventava marito e moglie senza smettere di essere fratello e sorella. [...]

CAPITOLO X: Formazione delle lingue del nord


Alla lunga tutti gli uomini divengono simili, ma lordine dei loro progressi differente. Nei climi meridionali, dove la natura prodiga, i bisogni nascono dalle passioni; nei paesi freddi, dove essa avara, le passioni nascono dai bisogni [...].

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Sebbene luomo si abitui alle intemperie dellaria, al freddo, ai disagi e anche alla fame, vi tuttavia un
punto in cui la natura soccombe. In preda a queste prove crudeli, tutto ci che debole perisce; tutto il resto
si rafforza e non vi via di mezzo tra il vigore e la forza. Ecco perch i popoli settentrionali sono cos robusti; non stato il clima che li ha resi inizialmente tali, ma esso ha sopportato solo quelli che lo erano e non
c da meravigliarsi che i bambini conservino la buona costituzione fisica dei loro padri. [...]
Lozio che nutre le passioni gener il lavoro che le reprime. Prima di imparare a vivere felici, fu necessario pensare a vivere. Il reciproco bisogno unisce gli uomini meglio di quanto faccia il sentimento, la societ
si form solo grazie allindustriosit, il continuo pericolo di perire non consent di limitarsi al linguaggio dei
gesti e la prima parola non fu tra i primi uomini amami, ma aiutami.

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