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La destra del lungo silenzio

Perch i moderati, che sono in maggioranza, non


riescono a vincere mai? Buttafuoco sul libro di Pansa
di Pietrangelo Buttafuoco | 02 Marzo 2015 ore 11:04

Nel 1971 Giorgio Almirante, col Msi, ottiene


un fragoroso successo elettorale. Dopo di
che, comincia la stagione delle stragi e delle
trame nere.
LItalia non di sinistra. E per non riesce a
essere di destra. Litaliano sconosciuto a
se stesso. Anche a riconoscersi, infatti,
litaliano in forza di Padre Pio, Tot,
Giuseppe Garibaldi e Benito Mussolini (ma
anche Silvio Berlusconi, anche lui) non
saprebbe dichiarare le proprie generalit.
Ancor prima che gli estremi culturali, quelli
della politica. Sempre taciuti e sottaciuti.
Non saprebbe come raccontarsi avendo in
calendario, tra le immagini care, un santo,
una maschera, due teste calde (due
rivoluzionari) e un gran furbacchione.
LItalia che non Nazione, purtroppo
Paese. Un Paese normale secondo il codice
della sinistra. Cos nellaspirazione.

Strapaese, invece, nellistinto di popolo. Lo


stesso che, sconosciuto a se stesso, viene
poi accomodato dal mainstream nellunica
dinamica possibile dellideologia italiana: il
populismo. Quale percorso ha condotto la
politica italiana la domanda che si pone
Marco Tarchi dopo quasi settantanni di
esperienza democratica repubblicana, a
impregnarsi di una dose cos forte di
populismo?.
Se lItalia fosse Nazione sarebbe altro. La
Destra siamo noi, dice Giampaolo Pansa
nel titolo del suo ultimo libro (Rizzoli, 410
pp., 19,90 euro). Ed la destra che non ha
diritti di cittadinanza. E quella del
paradosso tutto italiano: la destra, identit
profonda della Nazione, incapacitante che
non riesce a darsi un destino politico.
DellItalia che altro, quasi un corpo
estraneo, Pansa fa un racconto di

ricognizione. Comincia nel sangue della


Guerra civile e finisce nella giornata di oggi,
con la Lega nord che fa il comizio a piazza
del Popolo, la piazza di Roma che fu, nel
segno del Tricolore, quella di Giorgio
Almirante.
Una patria, quella della destra, di milioni e
milioni di italiani disconosciuti pi che dagli
altri, innanzitutto da loro stessi. Una
moltitudine di umori che Pansa
conoscitore di ogni dettaglio, di ogni singola
storia privata convoca nel canovaccio
della controstoria: Le vicende e i
personaggi di unItalia moderata. Da Mario
Scelba a Matteo Salvini.
LItalia non riesce a essere di destra perch
la maggioranza degli italiani silenziosa. Ma
ci accade per mancanza di alfabeto pi che
di coraggio. Non ha parole, infatti, la
maggioranza degli italiani e facendo di

necessit, virt subisce e assume quelle


degli altri. Quelle della minoranza, anzi,
quelle delle lite che solo in Italia, per
specialissimi lombi, non si forgiano
nellelitarismo conservatore ma nella
sinisteritas alto-borghese, laica e giacobina.
LItalia della destra e della sinistra il luogo
del cortocircuito. Se il compagno Peppone
ha trovato in Matteo Renzi un degno erede,
oltretutto nutrito da un ventennio
berlusconiano, don Camillo, pur forgiato
nella vena viva dellidentit della Bassa
Padana, non ha mai avuto un esito di
metodo e pratica di governo in conseguenza
di un equivoco e di ben radicate truffe
ideologiche.
Il fraintendimento principe sta nellavere
considerato il fascismo, un fascismo. Non
voglio adesso aggiungere ambiguit
allenigma con quello che pu sembrare solo

un gioco di parole, intendo dire che lItalia


di Mussolini era figlia della grande
proletaria; lazione del Duce era
socialismo al modo di George Sorel, era
perfino modernit nel segno delle
avanguardie storiche tanto vero che gi
nelle pietre del razionalismo architettonico,
ancora oggi si scorge il segno di questi
corporativisti impazienti, quasi dei
comunisti e fu, giusto tra le braci della
Guerra civile, la tragedia di unillusione:
portare a compimento la rivoluzione.
Il fascismo, quello che si dipana dalla
marcia su Roma alla costituzione della
Repubblica sociale italiana, di sinistra.
Il fascismo di Mussolini non fu fascista.
Punto. Altrimenti non si capisce dove
Palmiro Togliatti avrebbe dovuto andare a
pescare le sue solide leve intellettuali (se
non nella fornace dellItalia modellata da

Giuseppe Bottai e Giovanni Gentile). Che poi


la storiografia ufficiale, nata dalla
superstizione resistenziale, abbia voluto
cancellare questa matrice , appunto,
materia di propaganda. Ed valida sempre
di pi, a maggior ragione oggi, col ritorno in
grande spolvero dellantifascismo militante.
Ma unaltra questione. Ci torner tra poco.
Giusto per lattualit della giornata di oggi,
a Roma.
Le due ben radicate truffe, infine. Una
quella cattolica. La storia della Democrazia
cristiana, comprensiva del popolarismo, del
solidarismo e della fabbrica tutta mentale e
furba del moderatismo, altro non che il
centro, ovvero il mito della mediet
a-ideologica che in mezzo secolo ha
riprodotto in Italia tutto e il contrario di
tutto. Se nel 1948 don Camillo pu affidarsi
al semplice avviso Attento, nel segreto
dellurna Dio ti vede, Stalin no al giorno

doggi, la trasformazione del gregge di Dio


in elettorato (per poi diventare
ulteriormente clientela) ha portato alla
dismissione dei valori non negoziabili, gi
belli che venduti, e al trasloco diretto nella
seconda delle ben radicate truffe: quella del
totalitarismo liberale dove, giusto per fare
una sintesi, a beneficio delluna e dellaltra
frode, difficilmente si distingue chi e cosa
stiano inaugurando al Parlamento europeo
sia Papa Francesco sia Conchita Wurst, la
donna barbuta.
LItalia della destra e della sinistra si sono
confuse, vero, ma mantenendo chiaro chi
vince e chi perde nellagone di Paese e
Strapaese: Peppone ha la meglio su don
Camillo e Pansa, accompagnando in
macchina Indro Montanelli che ha appena
raccolto ovazioni alla Festa dellUnit, a
Modena, coglie il punto chiave. Ad
applaudire il fondatore del Giornale ossia

lanti Corriere della Sera, il quotidiano della


borghesia considerato giustamente troppo
di sinistra e vincolato ai salotti del potere
non ci sono i signor Veneranda ma i
comunisti. Non ci sono, dunque, gli omini
indifesi della maggioranza silenziosa, non i
cittadini senza protettori strozzati nella
morsa del Regime (come nellimmagine
dellUomo qualunque), neppure la brava
gente con il Candido (il settimanale
popolare di successo fondato da Giovannino
Guareschi e poi diretto da Giorgio Pisan), a
battere le mani a Cilindro sono gli stessi
che lavevano sempre odiato.
Un testacoda forse, pi che un cortocircuito.
La data segna 12 settembre 1994. La folla
non vuole fare andare via Montanelli. I due
giornalisti, stretti nella ressa di Modena,
sono preceduti da Paolo Mieli (direttore del
Corriere della Sera, allepoca). Giampaolo
Pansa il condirettore dellEspresso, il

settimanale della sinistra. Montanelli,


Montanelli. Nel suo incedere tra gli stand
della salsiccia comunista porta pur sempre
Leo Longanesi, Berto Ricci, Giuseppe
Prezzolini e il suo stesso pseudonimo con
cui firmava gli articoli del Borghese, ossia
Antonio Siberia. I due si parlano: Dimmi,
Pansa. Nel 1977, quando le Brigate rosse mi
spararono nelle gambe in piazza Cavour,
mentre andavo al giornale, anche tu hai
pensato: purtroppo non lhanno
ammazzato?. Pansa giura di no. Montanelli
scuote la testa, non ci crede, quindi si
tranquillizza: Ti credo. Per almeno la met
dei comunisti che stasera mi hanno portato
in trionfo di sicuro lo avr pensato. Pansa
coglie loccasione per un colpaccio
giornalistico: Torniamo indietro e glielo
domandiamo?. Montanelli sorride: Non
roviniamo un momento storico. Laggettivo
ironico. I due sono complici: Scriviamo

cos e domani tutti crederanno che sia stato


un momento storico.
LItalia di Montanelli la personalit pi
fortemente di destra nellimmaginario degli
italiani, secondo solo ad Almirante ma per
avere una patente di presentabilit sociale,
quellItalia, fosse pure lItalia di Montanelli,
deve avere gli applausi dei comunisti. La
maggioranza inutilmente di destra mentre
la minoranza, fruttuosamente di sinistra,
mette a registro tutto un marchingegno
delllite. E quello della fabbrica delle idee
dove con due o tre concetti con le parole
dordine del conformismo anche litaliano
medio pu cavarsela in societ. Giusto non
eccedere in sottigliezze nel distinguere
ancora una volta tra Papa Francesco e
Conchita Wurst, giusto per amalgamarsi
nella pi inevitabile delle condanne, il
livellamento dei codici di rappresentazione:
mai dire frocio, equiparare laffettivit

animale con le relazioni umane,


congratularsi col presidente della Repubblica
quando prende il tram (attenderlo al
prossimo passaggio iconico, quando si
butter in strada per fare autostop),
precipitare insomma nel cascame del
popolaresco bieco tipico dei Cinque stelle,
non a caso campioni dellestetica nerd,
perfino antifascisti se ancora un citrullo di
questi, in Sicilia, in campagna elettorale, si
rifiutava di stringere la mano del candidato
della Destra in nome dellantifascismo.
Se non proprio il fascismo fraintendimento
principe in questa storia della destra
lantifascismo, invece, vi cade a fagiolo. Col
fiuto del grande cronista Pansa adotta un
escamotage narrativo che anticipa un fatto
di verit, specie oggi dove in piazza, a
Roma, pu ben realizzarsi un danno. Sceglie
come Virgilio del suo viaggio nella destra
un vecchio sbirro, Giorgio Morsi. Ed un

dettaglio, questo, magari involontario, che


per la dice lunga sulla sorte della destra
nellintero arco mai concluso del
Dopoguerra. Grazie a unocchiuta strategia,
nel non far finire mai il Dopoguerra si tiene
vigile e pronta sempre leterno conflitto,
quello della Guerra civile.
Vengo e mi spiego. In altri articoli, sempre
a proposito di questo tema, ho citato un
episodio che Pansa oggi racconta in questo
suo libro. Serve a capire quanto forte ormai
sia lintossicazione, a maggior ragione
rispetto a ci che era la societ italiana fino
a ieri. Molto pi pacificata rispetto a oggi.
Pansa ricostruisce latmosfera a met degli
anni 60. E la sua giovinezza in un
quotidiano, il Giorno, diretto da Italo Pietra.
Ed ecco il brano: Erano caposervizio,
grafici, redattori esperti, tutti professionisti
di valore. Loro non nascondevano di essere
stati militari della Rsi. Pietra, ex

comandante partigiano, qualche volta gli


chiedeva, per uno scherzo bonario: Chi di
voi ha bruciato la mia casa nellOltrep
pavese, durante il rastrellamento dellagosto
1944?. Tutto si concludeva tra le risate.
Le risate tra ex nemici, possibili allora, con il
rovente marchio di sangue ancora impresso
nelle carni sono impossibili oggi, anno di
grazia 2015, perch leterna guerra civile
tra italiani ha visto rinnovarsi nelle braci di
operazioni che se non fossero tragicomiche
sarebbero imbarazzanti rispetto al dettaglio
magari involontario del vecchio sbirro
cui Pansa affida il suo dialogo di
ricognizione.
Chiedo al lettore uno sforzo di memoria: il
golpe dAbruzzo di neppure troppi mesi fa. I
giornali vi fecero le aperture di prima pagina
a nove colonne. Comunicati dindignazione
redatti da autorevoli tromboni invocavano il

dovere civile di tenere alta la guardia contro


linsorgenza nazifascista. I Ros, reparto
speciale dei carabinieri, sono incaricati di
investigazione politica e sventano unazione
eversiva. Mostrano in video un tapino col
Mein Kampf in mano e la magistratura
inquirente individua quale grande vecchio
nientemeno che Rutilio Sermonti.
Questultimo un magnifico ambientalista.
E un allievo di Konrad Lorenz, un esperto di
nativi indiani, un fascistissimo per carit,
certo, ma ultranovantenne e sordo come un
macigno di duro marmo. Quando allalba si
vede bussare alla porta dalla forza pubblica,
urla: Chi siete? Andate via o chiamo la
polizia.
Si sa che valenti agenti segreti spulciano tra
i profili fb dei ragazzini per far la somma di
Credere, obbedire, combattere. Il ritorno
dellantifascismo, nella versione del golpe
finito poi a fischi e piriti, quasi la riedizione

del Vogliamo i colonnelli, stata la


medaglia al petto di Angelino Alfano,
ministro dellInterno, e siccome quattro
scemi non sono mai un pericolo ma una
distrazione di massa quello s, lo sono, un
pensierino per la giornata di oggi si deve
pur fare. Ci fosse qui lo sbirro che dialoga
con Pansa saprebbe spiegarlo ma la
strategia della tensione coincide sempre con
la geometria del potere costituito.
Mi ripeto: tutto ci che non conforme, va
smontato. Nel 1971 Giorgio Almirante, col
Msi, ottiene un fragoroso successo
elettorale. Dopo di che, comincia la stagione
delle stragi e delle trame nere. Oggi, Matteo
Salvini, leader di fatto della destra non
conforme, si presenta a Roma. Secondo
Marco Tarchi (autore de Italia populista.
Dal qualunquismo a Beppe Grillo, il Mulino,
380 pp., 17 euro), Salvini un leader fatto
a immagine e somiglianza dei pi fedeli

seguaci. La Lega che arriva oggi a Roma,


sempre secondo Tarchi, un movimento
populista di massa, ben diverso dai
movimenti di estrema destra a cui
impropriamente qualche osservatore si
ostina ad accostarla ma anche dei
movimenti regionalisti tuttora attivi in vari
paesi dEuropa . Oggi, Salvini, arriva a
Roma. Non che niente-niente ricomincia
la strategia della tensione? E solo una
domanda. Il potere, si sa, pretende sempre
dalla geometria.
Ancora due cose. Cresco in una casa dove
ogni settimana arrivano il Borghese e il
Candido. Gianna Preda argomento di
discussione. E cos Giorgio Pisan, quasi uno
di casa. Tanto un rito leggerli. E mio
destino arrivare al Secolo dItalia. Vi arrivo.
Da ragazzo, ricordo bene, fu una festa in
famiglia sfogliare la prima copia del

Giornale. Era unallegria quella militanza nel


torto. E oggi che tutto questo non c pi,
grazie a Pansa, immergendomi nelle pagine
del suo libro, lo comprendo meglio. Quella
stagione di esuli in patria (ancora
unimmagine di Tarchi), italiani forgiati in un
impasto intimo e profondo e perci
sconosciuti alla verit ufficiale qualcosa di
inesplorato anche per chi vivendone i
fuochi, avendovi radici, non ha mai saputo
trovare il modo di raccontarlo.
Ancora due cose, dunque. La cartolina da
Redipuglia. Me la invia don Michele
Sanfilippo, il segretario della sezione
Combattenti e Reduci di Agira. E poi il
racconto di zia Santina. Devota donna di
chiesa, soffre nel disobbedire al parroco di
Leonforte che le d indicazione precisa di
votare Democrazia cristiana. Parte in
pellegrinaggio per San Giovanni Rotondo e
singinocchia al confessionale di padre Pio:

Si fa peccato a votare per il Movimento


sociale italiano?, domanda quasi
rassegnata a sopportare linsopportabile,
ossia lordine di votare Scudocrociato. Il
santo frate, dalla penombra del graticcio,
tuona: Si fa peccato grave a non votare la
Fiamma tricolore!. La Destra zia Santina.

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