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Alimentazione medievale

Con alimentazione medievale ci si riferisce ai cibi, alle abitudini


alimentari, ai metodi di cottura e in generale alla cucina di varie
culture europee nel corso del Medioevo, un'epoca che si estende,
per convenzione, dal 476 al 1492. Durante tale periodo, le diete e la
cucina, nelle varie zone dell'Europa, sperimentarono meno
cambiamenti rispetto a quanto sarebbe successo nella pi
breve epoca moderna che sarebbe seguita, durante la quale tali
mutamenti avrebbero posto le basi della moderna cucina europea.
I cereali erano
consumati
sotto
forma
di pane,
farinate
d'avena, polenta e pasta praticamente da tutti i componenti della
societ. Le verdure rappresentavano un'importante integrazione
alla dieta basata sui cereali. La carne era pi costosa e quindi
considerata un alimento pi prestigioso ed era per lo pi presente
sulle tavole dei ricchi e dei nobili. I tipi di carne pi diffusi erano
quelle di maiale e pollo, mentre il manzo, che richiedeva la
disponibilit di una maggiore quantit di terra per l'allevamento, era
meno comune. Il merluzzo e le aringhe erano molto comuni nella
dieta delle popolazioni nordiche, ma veniva comunque consumata
un'ampia variet di pesci d'acqua dolce e salata.
La lentezza dei trasporti e le inefficienti tecniche di trasformazione
agroalimentare rendevano estremamente costoso il commercio di
cibi sulle lunghe distanze. Per questa ragione il cibo dei nobili era
pi esposto alle influenze straniere rispetto a quello consumato dai
poveri e dalla gente comune. Dal momento che ciascuna classe
sociale cercava di imitare quella a lei immediatamente superiore, le
innovazioni dovute al commercio internazionale e alle guerre con
paesi stranieri si diffusero gradualmente tra le classi medio-alte
delle citt medievali. Oltre all'indisponibilit di certi cibi per ragioni
economiche, furono emessi decreti che vietavano il consumo di
alcuni alimenti per alcune classi sociali, e alcune leggi limitarono le
possibilit di consumarne in grosse quantit ai "nuovi ricchi".
Alcune norme sociali inoltre prescrivevano che il cibo della classe
lavoratrice fosse meno raffinato, perch si credeva che esistesse
un'affinit naturale tra il lavoro di una persona e il suo cibo; si
riteneva quindi che il lavoro manuale richiedesse cibi pi scadenti
ed economici.
Nel corso del tardo Medioevo inizi a svilupparsi una forma di Haute
cuisine che and a costituire uno standard tra la nobilt di tutta
Europa. I metodi di conservazione pi comuni vedevano l'impiego di
agresto[1].
Questi
trattamenti,
uniti
al
diffuso
impiego

di zucchero[2] e miele, donavano a molti piatti un sapore tendente


all'agrodolce. Anche le mandorle erano molto popolari e usate come
addensante in minestra, stufati e salse, in particolare usate sotto
forma di latte di mandorla.

Modelli alimentari
Le cucine delle culture del bacino del Mediterraneo si basavano sui
cereali fin dall'antichit[3], in particolare su vari tipi di grano.
Farinate e polente, e pi tardi il pane, diventarono gli alimenti base
che fornivano la maggioranza delle calorie necessarie alla maggior
parte della popolazione. Dall'VII all'XI secolo la proporzione dei
cereali rispetto alla dieta complessiva si innalz da circa 13 a
circa 34.[4] La dipendenza dal grano rimase significativa per tutto il
periodo medievale e, con la crescita del Cristianesimo, tale
abitudine si diffuse anche in paesi situati pi a nord. Nei climi pi
freddi, per, un simile regime non era sostenibile per la maggior
parte della popolazione, e venne adottato solo dalle classi superiori.
La centralit del pane in riti religiosi come l'eucarestia permise
all'alimento di godere di un particolare prestigio rispetto a tutti gli
altri. Solo l'olio di oliva e il vino avevano un valore paragonabile, ma
entrambi rimasero di consumo piuttosto scarso al di fuori delle
regioni calde in cui venivano prodotti. Il ruolo simbolico del pane,
visto sia come alimento che come valore, ben illustrato in
un sermone di sant'Agostino:

Questo pane vi racconta di nuovo la vostra storia... Siete nati nel campo del Signore che doveva essere trebbiato e siete stati ra
(sant'Agostino[4])

La Chiesa[
La Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa con i loro calendari liturgici influenzavano notevolmente le
abitudini alimentari; il consumo di carne era proibito ai cristiani per un buon terzo dell'anno, e tutti i cibi
di origine animale, tra cui le uova e i latticini (ma non il pesce) erano generalmente proibiti durante
la quaresima e i digiuni. Inoltre tutti osservavano[5] il digiuno prima di ricevere l'eucarestia e tali digiuni
potevano durare anche un giorno intero e comportavano l'assoluta astensione dal cibo.
Sia la chiesa occidentale sia quella orientale decretarono che i periodi di festa dovevano essere
alternati ad altri di digiuno. Nella maggior parte d'Europa i mercoled, i venerd e talvolta i sabati, oltre a
varie altre date, tra cui la quaresima e il periodo dell'avvento, erano dedicati al digiuno. La carne e i
prodotti di origine animale come latte, formaggio, burro e uova non erano permessi, si poteva mangiare
solo il pesce. Il digiuno si faceva per mortificare il corpo e rafforzare l'anima, in ossequio alla
convinzione dell'epoca che vedeva il corpo come inferiore, e per ricordare il sacrificio compiuto
da Ges per l'umanit. Lo scopo non era dipingere alcuni cibi come impuri, ma piuttosto impartire una
lezione spirituale di auto-moderazione attraverso l'astinenza. Durante giorni di digiuno particolarmente
rigido il numero dei pasti giornalieri si riduceva ad uno. Anche se la maggior parte delle persone
rispettava le restrizioni ed era solita sottoporsi a penitenze quando le violava, esistevano comunque
diversi trucchi per aggirare il problema, un conflitto tra i principi ideali e la pratica ben riassunto dalla
scrittrice Bridget Ann Henisch:
(EN)

It is the nature of man to build the most complicated cage of rules and regulations in which to trap himself, and then, with equ

(Bridget Ann Henisch[6])

Anche se durante i periodi di penitenza i cibi di origine animale dovevano essere evitati, finirono per
diffondersi compromessi dettati dal pragmatismo. La definizione di "pesce" era spesso estesa ad ogni
tipo di animale marino o semi-acquatico, come balene, oche nere, pulcinella di mare e persino castori.
La scelta degli ingredienti poteva anche essere limitata, ma questo non significa che in effetti i pasti
fossero pi modesti. Inoltre non esistevano divieti contro l'uso (moderato) di bevande alcoliche o il
consumo di dolci. I banchetti allestiti durante i giorni di magro potevano essere sontuosi e fornivano
l'occasione di servire piatti preparati in maniera di imitare la carne, il formaggio e le uova in molti e
ingegnosi modi.
Mentre il clero dell'Impero bizantino tendeva a mantenere un atteggiamento piuttosto rigido
scoraggiando qualsiasi miglioramento della dieta per il clero, i loro colleghi occidentali erano molto pi
indulgenti[7]. Le lamentele per la rigorosit dei digiuni comunque non mancavano neppure tra i laici.
Durante la quaresima tutti, nobili e gente comune, si lamentavano per la mancanza della carne per un
periodo cos lungo, e per essere costretti a settimane di una cos dura solenne riflessione sui propri
peccati. In quel periodo ai proprietari di mandrie e allevamenti si raccomandava addirittura di star attenti
agli assalti da parte dei cani, provati dalla:[8]
dura combinazione di quaresima e lische di pesce

Dal XIII secolo in poi and affermandosi un'interpretazione pi formale del digiuno. I nobili erano attenti
a non consumare carne nei giorni di magro, ma comunque mangiavano abbondantemente; la carne era
sostituita dal pesce, spesso modellato in modo di imitare prosciutti e insaccati; il latte di mandorle
rimpiazzava il latte di origine animale, un'alternativa per di pi abbastanza economica; si cucinavano
finte uova fatte di latte di mandorle riempiendo dei gusci vuoti, insaporendoli e colorandoli poi con
raffinate spezie. In alcuni casi l'abbondanza delle tavole dei nobili era addirittura superata da quella
dei monasteri Benedettini che arrivavano a proporre fino a sedici portate in certe giornate di festa.
Questi sono gli estratti dalla regola benedettina:

Crediamo che due vivande cotte bastino alla refezione quotidiana in ogni d, s di Sesta come di Nona, e ci per la diversit de
Adunque due vivande cotte bastino a tutti i fratelli.
E se si potessero avere pomi o legumi, se ne aggiunga una terza.

Una libbra pesata di pane basti ogni giorno a ciascuno, o che vi sia una sola refezione, o che due, cio del pranzo e della cena. Q

Che se per caso si fosse fatta pi grande fatica del consueto, sar in arbitrio e potest dell'Abbate aggiungere qualche cosa, se si

Perciocch non vi cosa pi contraria a ogni buon cristiano, che lo stravizio, siccome dice il nostro Signore: Guardate che non s

Ai fanciulli poi di minore et non diasi la stessa quantit, ma pi piccola che agli adulti, conservando sempre la parsimonia. Dal

(Capitolo 39, Della misura del cibo)


Ognun ha un particolare dono di Dio, chi in un modo, chi in un altro. E perci noi stabiliamo cos minuziosamente la misura d
Nulladimeno, riguardando la debolezza dei temperamenti, crediamo che una misura di vino al giorno basti a tutti.
Quelli per cui Iddio dona la virt dell'astenersi, sappiano che ne raccoglieranno particolar mercede.

Che se la condizione del luogo o la fatica o il calore estivo richiedesse una quantit maggiore, resti in facolt del Superiore; avu

Ma poich ai tempi nostri non si pu fare osservare siffatta cosa; almeno accordiamoci in questo, di non bere mai sino alla sazie

Dove poi la natura del luogo fa s, che non si possa avere nemmeno la sopradetta misura, ma molto meno, ovvero niente affatto;
E questo, prima di ogni altra cosa, raccomandiamo, che i fratelli vivano senza mai mormorare.
(Capitolo 40, Della misura del bere)

Frequentemente si facevano delle eccezioni, esentando dal digiuno alcuni gruppi definiti di
persone. Tommaso d'Aquino riteneva che si dovesse concedere la dispensa ai bambini, ai vecchi,
ai pellegrini, agli uomini di fatica e ai mendicanti, ma non al semplice povero fintanto che avesse una
qualche forma di riparo.[9] Esistono molti racconti di membri di ordini monastici che aggiravano le norme
sul digiuno grazie ad astute interpretazioni della Bibbia. Dal momento che gli infermi erano esentati dal
digiuno, spesso si interpret la norma nel senso che le restrizioni si applicavano solo nel refettorio
principale e molti frati andavano invece a consumare i pasti su quella che sarebbe poi diventata la
sedia di misericordia.[10][11]. I superiori di fresca nomina nei monasteri cattolici tentarono di risolvere il

problema del mancato rispetto del digiuno non solo per mezzo di condanne morali, ma anche
assicurandosi che nei giorni dedicati fossero disponibili piatti senza carne di buona qualit. [7]
Nel XIV secolo i precetti di astinenza subiscono un ulteriore allentamento tanto che gli abati in pensione
ottengono da Papa Benedetto XII nel 1335 la dispensa dall'astinenza, da estendere ai loro commensali,
ingenerando differenze nell'interpretazione della regola nella vita dei vari cenobi. Determinante nel
restituire ad una formalit sempre pi blanda l'astinenza perpetua, fu la bolla di Papa Sisto V del 1475
in cui si "autorizzava l'abate di Citeauxad adattare la legge dell'astinenza alle mutate circostanze
storiche". Di l a breve l'astinenza perpetua si trasforma integralmente: la carne si potr mangiare,
conformemente a quanto concesso "nel 1486 all'abbazia tedesca diEberbach, [...] tre volte alla
settimana: la domenica il marted e il gioved".[12]

Restrizioni alla dieta a seconda della classe sociale


La societ medievale si presentava stratificata e divisa in classi rigorosamente separate tra loro. In
un'epoca in cui le carestie erano piuttosto comuni e le gerarchie sociali venivano spesso fatte rispettare
con la violenza, il cibo era importante segno di distinzione sociale ed aveva una valenza che non
conosce paragoni nella maggior parte dei paesi sviluppati del giorno d'oggi. Secondo l'ideologia del
tempo la societ si componeva di tre stati: la nobilt, il clero e la gente comune, ovvero la maggior
parte della classe lavoratrice. I rapporti tra le classi erano di tipo strettamente gerarchico con la nobilt
ed il clero che rivendicavano la propria superiorit terrena e spirituale rispetto alla gente comune. Tra la
nobilt ed il clero inoltre esistevano una moltitudine di livelli che andavano dal re al papa,
dai duchi ai vescovi gi fino ai loro subordinati come i cavalieri e i preti. In generale ci si attendeva che
ognuno rimanesse all'interno della propria classe sociale di nascita e rispettasse l'autorit delle classi
dominanti. Di norma il potere politico non si dimostrava solo attraverso l'azione di governo, ma anche
esibendo la propria ricchezza. I nobili dovevano mangiare selvaggina fresca insaporita con spezie
esotiche e mostrare maniere raffinate quando si trovavano a tavola; gli uomini di fatica dovevano
accontentarsi di rozzo pane d'orzo, maiale salato e legumi, non ci si aspettava che conoscessero
l'etichetta. Questo modo di pensare era rafforzato anche per mezzo di raccomandazioni riguardo alla
dieta. La dieta dei nobili e dei prelati di alto livello era considerata sia un segno della loro raffinata
costituzione fisica che della loro prosperit economica. L'apparato digerente di un signore doveva per
forza essere pi delicato di quello di uno dei suoi contadini e subordinati e quindi richiedeva cibi pi
raffinati.[13]
Nel tardo Medioevo, la crescente prosperit di mercanti e commercianti borghesi fece s che alcuni
membri del popolo iniziassero ad imitare l'aristocrazia e minacciassero di abbattere alcune delle
simboliche barriere tra la nobilt e le classi inferiori. La reazione si manifest in due forme: la comparsa
di una letteratura didattica che metteva in guardia sui pericoli che comportava l'adozione di una dieta
inappropriata rispetto alla classe sociale di appartenenza,[14] e l'emanazione di leggi suntuarie che
limitarono il miglioramento della mensa degli appartenenti al popolo.[15]

La dietetica
La scienza medica del Medioevo aveva una notevole influenza su ci che veniva considerato salutare e
nutriente tra le classi superiori. Lo stile di vita - la dieta, l'esercizio fisico, il corretto comportamento
sociale, e il seguire le prescrizioni mediche - era considerato il modo giusto per mantenersi in buona
salute e a tutti i tipi di cibi erano attribuite particolari propriet che avrebbero influito sulla salute delle
persone. Tutti gli alimenti erano classificati secondo scale che andavano da caldo a freddo e da umido
a secco in accordo con la teoria dei quattro umori corporali proposta da Galeno che fu comunemente
accettata dalla medicina occidentale dalla tarda antichit fino alXVII secolo.
Gli studiosi medievali consideravano la digestione un processo simile alla cottura. L'elaborazione del
cibo all'interno dello stomaco era visto come il proseguimento della preparazione iniziata dal cuoco.
Affinch il cibo fosse "cotto" in maniera appropriata e i principi nutritivi adeguatamente assorbiti, era
importante che lo stomaco fosse riempito nel modo corretto. I cibi facilmente digeribili dovevano essere
consumati per primi, seguiti gradualmente dai piatti pi pesanti. Se questa sequenza non fosse stata
rispettata, si credeva che i cibi pesanti sarebbero sprofondati verso la fine dello stomaco, bloccando il
condotto digerente in maniera tale che la digestione sarebbe stata estremamente lenta, provocando
la putrefazione del corpo e attirando gli umori cattivi all'interno dello stomaco. Era anche di vitale
importanza che cibi dalle differenti propriet non venissero mischiati.[16]

Prima del pasto, lo stomaco andava di preferenza aperto con un aperitivo (dal latino aperio, "aprire")
che doveva di preferenza essere di natura calda e secca: confetti di spezie come zenzero, carvi e semi
di anice, finocchio ocumino glassati con zucchero o miele accompagnati da bevande composte di vino
addolcito e corretto con latte. Lo stomaco, cos come veniva "aperto", doveva essere "chiuso" alla fine
del pasto con l'aiuto di un digestivo, di solito un confetto, che nel Medioevo consisteva in cubetti di
zucchero speziato o nell'ippocrasso, un vino insaporito con spezie profumate che si accompagnava con
pezzetti di formaggio stagionato.[17] Il pasto ideale iniziava con della frutta facilmente digeribile, come
le mele. A queste avrebbero dovuto seguire verdure come lattuga, cavolo, portulaca, dell'altra frutta
umida, carni leggere come pollo o capretto con minestre e brodo. Dopo questi piatti arrivavano le carni
"pesanti" come maiale e manzo con altre verdure e frutti, tra cui le pere e le castagne entrambe
considerate difficili da digerire.
Il cibo ideale era considerato quello che pi si avvicinava alla composizione di umori dell'essere umano,
ovvero moderatamente caldo e umido. Gli alimenti di preferenza dovevano essere tagliati in piccoli
pezzi, macinati, pesati e modificati per ottenere la miglior fusione di tutti gli ingredienti. Il vino bianco era
considerato pi freddo del rosso e la stessa distinzione si applicava anche agli aceti. Il latte era tra i cibi
moderatamente caldi e umidi, ma si credeva che latte prodotto da animali diversi avesse propriet
diverse. Il tuorlo d'uovo era considerato caldo e umido, mentre l'albume freddo e umido. I cuochi pi
abili dovevano conformare le proprie preparazioni alle prescrizioni della medicina umorale. Anche se
questo limitava le combinazioni di cibi che potevano preparare c'era comunque ampio spazio per le
interpretazioni artistiche dei cuochi.[18]

Differenze regionali
Le variazioni della dieta su base regionale erano frutto delle differenze climatiche, delle diverse
condizioni politiche e delle abitudini locali che variavano all'interno del continente. Anche se le
generalizzazioni andrebbero evitate possibile individuare a grandi linee delle zone in cui certi tipi di
cibi erano prevalenti. Nelle isole britanniche, nel nord della Francia, nei Paesi Bassi, nelle aree a
prevalenza linguistica tedesca, in Scandinavia e nella regione baltica il clima era in genere troppo rigido
per permettere la coltivazione della vite e dell'ulivo. Nel sud il vino era la bevanda pi comune sia per i
ricchi che per i poveri (anche se il popolo in genere doveva accontentarsi del pi economico vino di
seconda spremitura), mentre nel nord era la birra la bevanda del popolo e il vino un bene
d'importazione e quindi costoso. Gli agrumi (anche se non le variet pi comuni al giorno d'oggi) e
il melograno erano comuni nell'area del Mediterraneo. Prodotti come fichi secchi e datteri erano talvolta
disponibili anche al nord ma in cucina venivano impiegati con una certa parsimonia [19].
L'olio di oliva era un ingrediente onnipresente in tutta l'area mediterranea, ma nel nord rimaneva un
costoso prodotto d'importazione e si usavano quindi in prevalenza oli
di papavero, noce e nocciola come alternative pi abbordabili.
Burro e lardo, dopo il terribile periodo della peste nera, iniziarono ad essere molto usati specialmente
nelle aree settentrionali e nord-occidentali, in particolare nei Paesi Bassi. Quasi universalmente diffusa
nelle cucine delle classi medie e superiori la mandorla, usata soprattutto sotto forma del versatile latte
di mandorle, usato come surrogato nei piatti che avrebbero richiesto l'uso di latte o uova; la diversa
variet della mandorla amara sarebbe stata scoperta solo diverso tempo dopo[20].

I pasti
Tipicamente si facevano due pasti al giorno: un pranzo a met giornata e una cena pi leggera alla
sera. Il sistema dei due pasti rimase sostanzialmente diffuso fino a tutto il tardo Medioevo. Piccoli
spuntini tra i pasti erano abbastanza comuni, ma era anche questione di classe sociale, in quanto chi
non doveva fare faticosi lavori manuali ne faceva a meno.[21]
I moralisti non vedevano di buon occhio l'interruzione del digiuno notturno ad un'ora troppo mattutina,
quindi i membri della chiesa e le classi medio-alte evitavano di farlo. Per ragioni pratiche,
la colazione del mattino veniva comunque consumata dalle classi lavoratrici ed era tollerata per i
bambini, per le donne, per gli anziani e gli ammalati. Dal momento per che la chiesa predicava contro i
peccati di gola e le altre debolezze della carne, gli uomini tendevano a vergognarsi dell'abitudine alla
colazione, considerata segno di debolezza. Abbondanti banchetti serali e cene consumate a tarda notte
con un considerevole impiego di bevande alcoliche erano considerati immorali. Queste ultime in

particolare erano associate con il vizio del gioco d'azzardo, con il linguaggio volgare, con
l'ubriachezza e in generale con un comportamento dissoluto.[22] Piccoli pasti e spuntini erano comunque
comuni (anche se disapprovati dalla chiesa) e chi lavorava aveva in genere il permesso dai propri
datori di lavoro di comprarsi cibo da sbocconcellare durante le pause. [23]

L'etichetta
Come quasi ogni altro momento della giornata in quell'epoca, nel Medioevo solitamente il pasto era
un'attivit condivisa con gli altri. Tutti gli abitanti della casa, inclusi i servi, idealmente dovevano
mangiare insieme. Evitare la compagnia degli altri, in un mondo dove le persone dipendevano
strettamente le une dalle altre, era considerato un comportamento egoista e altezzoso. Nel XII
secolo il vescovo di Lincoln Roberto Grossatesta cos consigli la contessa di Lincoln:
(EN)

Forbid dinners and suppers out of hall, in secret and in private rooms, for from this arises waste and no honour to the lord and
(Roberto Grossatesta[22])

Raccomandava inoltre di stare attenti a che i servi non si allontanassero con gli avanzi di cibo per
divertirsi con cene notturne invece che destinarli a elemosina. Verso la fine del Medioevo, i ricchi
iniziarono a cercare di sfuggire a questo regime di rigido collettivismo. Quando possibile i ricchi
possidenti si ritiravano con le consorti nelle loro stanze private, dove potevano consumare i pasti con
maggiore tranquillit e riservatezza. Essere invitati nelle stanze di un signore era un grande privilegio e
poteva essere un modo per ricompensare amici e alleati o per intimorire i subordinati. Tale abitudine
inoltre permetteva ai nobili di distinguersi dal resto degli abitanti del palazzo e di godersi piatti pi
raffinati mentre al resto delle persone, che continuava a mangiare nel salone comune, venivano serviti
cibi di qualit inferiore. Tuttavia, nelle occasioni pi importanti e durante i banchetti, il padrone e la
padrona di casa tornavano a mangiare con gli altri nel salone.[24] Esistono descrizioni dell'etichetta che
bisognava rispettare a tavola nelle occasioni speciali, mentre sia del comportamento delle classi
superiori durante i pasti di tutti i giorni che delle maniere delle persone comuni e dei poveri si sa poco.
Si pu comunque dire con ragionevole sicurezza che non si concedevano stravaganti lussi come pranzi
di molte portate, l'uso di spezie rare o lavarsi le mani in acqua profumata.
Le cose erano naturalmente diverse per i ricchi. Prima dei pasti e tra una portata e l'altra agli ospiti
venivano offerti catini d'acqua e asciugamani di lino perch potessero lavarsi le mani, mettendo in
evidenza la pulizia della casa. Le abitudini del tempo rendevano difficile alle donne poter rispettare lo
stereotipo che le voleva linde, delicate e immacolate anche mentre partecipavano a una sontuosa
festa, cos la moglie del padrone di casa spesso cenava in privato insieme alla sua cerchia. Poteva
unirsi al convivio solo dopo che il pasto vero e proprio, potenziale fonte di sporcizia e confusione, era
terminato. Complessivamente le cene raffinate erano riservate soprattutto agli uomini, ed era poco
comune, tranne che per gli ospiti pi importanti, che qualcuno portasse con s la moglie o le
sue ancelle. La natura gerarchica della societ era rafforzata dall'etichetta, dal momento che ci si
aspettava che la persona di rango pi basso aiutasse quella di rango pi elevato, che il giovane
assistesse il pi anziano, e che gli uomini risparmiassero alle donne il rischio di macchiarsi vestiti e
reputazione maneggiando cibi in una maniera che non si addiceva alle donne. Anche nei banchetti pi
lussuosi l'abitudine di condividere le coppe era diffusa tra tutti, tranne coloro che sedevano al tavolo
principale, cos come era considerato un comportamento normale spezzare il pane e tagliare la carne
anche per i commensali di pari grado.[25]
I cibi venivano per lo pi serviti su piatti o grosse pentole. I commensali prendevano la loro parte dai
piatti e la mettevano su grosse fette di pane raffermo oppure su tavolette di legno o dipeltro, aiutandosi
con un cucchiaio oppure a mani nude. Nella case delle classi inferiori era abitudine comune mangiare
poggiando il cibo direttamente sulla tavola. A tavola si usavano icoltelli ma di norma le persone
portavano con s il proprio e solo agli ospiti di assoluto riguardo si dava un coltello riservato. Il coltello
veniva condiviso perlomeno con un altro commensale, a meno che uno non fosse persona di rango
molto elevato o fosse davvero nelle grazie del padrone di casa. L'uso della forchetta non si diffuse in
Europa fino all'et moderna, ovvero all'inizio del XIV secolo, e soltanto in Italia. La differenza nelle
abitudini pu essere valutata dalle reazioni al comportamento a tavola della
principessa bizantina Teodora Anna Ducas Selvo verso la fine dell'XI secolo. La donna, futura moglie
del Doge di Venezia Domenico Selvo, provoc un grande sbigottimento tra i veneziani: la sua
insistenza nel pretendere che i suoi cibi fossero tagliati dai suoi servitori eunuchi, per poi servirsi di una
forchetta d'oro per mangiarne i pezzi, sciocc a tal punto i commensali che, in seguito, san Pier

Damiani, vescovo di Ostia, interpret le sue raffinate maniere esotiche come superbia, parlando in tal
modo di lei in occasione della sua morte dovuta a una malattia degenerativa:

...la moglie del Doge di Venezia il cui corpo, nonostante gli atteggiamenti eccessivamente schizzinosi, si decompose completa
(san Pier Damiani, vescovo di Ostia[26])

La preparazione dei cibi


Tutti i tipi di cottura prevedevano l'uso diretto del fuoco. I fornelli non furono inventati fino al XVIII
secolo e i cuochi dovevano essere capaci di cucinare direttamente sopra al fuoco vivo. Si usavano
anche forni ma costruirli era molto costoso e se ne trovavano solo nelle dimore pi grandi e nelle
botteghe di fornaio. Spesso le comunit medievali avevano un forno la cui propriet era condivisa, in
modo che il pane, alimento essenziale per tutti, fosse preparato in forma pubblica anzich privata.
Esistevano anche dei forni portatili progettati perch, dopo che il cibo era posto al loro interno, li si
seppellisse sotto le braci roventi, mentre altri anche pi grandi che si spostavano grazie a delle ruote
venivano usati per vendere torte e pasticci lungo le strade delle citt medievali. Tuttavia, per la maggior
parte delle persone, quasi tutte le cotture si facevano in semplici pentoloni, dal momento che quello era
il metodo pi efficiente per servirsi del fuoco perch permetteva di non sprecare preziosi liquidi di
cottura; zuppe e stufati erano quindi i piatti pi comuni.[27] Complessivamente tutto lascia intendere che i
piatti medievali avevano un contenuto di grassi piuttosto elevato, perlomeno quando ci si poteva
permettere di avere dei grassi in tavola. La cosa non rappresentava infatti il bench minimo problema in
un'epoca di durissimo lavoro manuale, di carestie e in cui le rotondit del corpo erano ampiamente
accettate quando non addirittura considerate desiderabili; solo i poveri, i malati e gli asceti dovevano
essere magri.[28]
Nelle preparazioni si univa senza alcun problema la frutta alla carne, alle uova e al pesce. La ricetta
della Tart de brymlent, un pasticcio di pesce, tratta dal ricettario del XIV secolo Forme of
Cury comprende un misto di fichi, uva passa, mele e pere da cuocere con salmone o merluzzo,
con prugne snocciolate da mettere sotto la crosta superiore del pasticcio stesso. [29] Si credeva
importante che il piatto rispettasse le prescrizioni mediche e dietetiche dell'epoca. Questo significa che
il cibo doveva essere "miscelato" a seconda della sua natura, combinando nel modo giusto ingredienti,
salse e spezie; il pesce era ritenuto di natura fredda e umida quindi si credeva che i metodi migliori per
cuocerlo fossero quelli che lo riscaldavano e lo seccavano, come la frittura o il passaggio al forno,
oppure la stagionatura con spezie calde e secche. Il manzo era valutato secco e caldo e quindi andava
di preferenza bollito. Il maiale, caldo ed umido, doveva essere quindi per lo pi arrostito.[30] Alcuni
ricettari suggerivano degli ingredienti alternativi basandosi pi sulla loro natura umorale che, come
farebbe invece un cuoco contemporaneo, sulla somiglianza dei sapori. Ad esempio si dice che per fare
una torta di mele cotogne pu andare bene anche il cavolo e in un'altra occasione si dice che
le rapepossono essere sostituite dalle pere.[31]
La pasta frolla, completamente commestibile, non fece la sua comparsa nei ricettari fino al XV secolo.
Prima di allora la pasta veniva usata soprattutto come contenitore per il cibo. Ricettari giunti fino a noi
mostrano come nel tardo Medioevo la gastronomia ebbe uno sviluppo significativo. Nuove tecniche,
come appunto l'uso della pasta frolla e la chiarificazione della gelatina per mezzo dell'albume d'uovo
iniziarono a farsi strada verso la fine del XIV secolo e nello stesso periodo le ricette iniziarono a
comprendere istruzioni dettagliate per l'esecuzione invece di essere semplici elenchi di ingredienti che
servivano solo come aiuto mnemonico per cuochi gi esperti. [32]

L'ambiente cucina nel Medioevo


Nella maggior parte delle case si cucinava su di un focolare aperto posto in mezzo all'ambiente
domestico principale, in modo da sfruttare efficacemente anche il calore prodotto. Questa era la
disposizione pi comune anche nelle dimore pi ricche per la maggior parte del Medioevo e la cucina
era quindi tutt'uno con la sala da pranzo. Verso il basso Medioevo cominci a diffondersi l'uso della
cucina come stanza separata. Il primo passo in tale direzione fu di spostare il camino o il focolare a
ridosso di una delle pareti della sala principale, mentre in seguito si costruirono edifici separati oppure
ali della casa che contenevano una zona dedicata alla cucina, spesso divisi dall'edificio principale da
un portico coperto. In questo modo i fumi, gli odori e la confusione della cucina potevano essere tenuti
lontani dagli ospiti, inoltre si riducevano possibili i pericoli che la presenza del fuoco comportava. [33]

Esistevano gi molti utensili da cucina simili a quelli in uso oggi, come padelle, pentole, bricchi piastre e
griglie, anche se spesso erano troppo costosi perch i pi poveri potessero permetterseli. Altri strumenti
specifici per poter cucinare sopra il fuoco vivo erano spiedi di varie misure e materiali, per poter infilzare
di tutto, dalle delicate quaglie fino a un bue intero. C'erano anche delle gru munite di ganci regolabili in
modo che le pentole e i calderoni potessero essere agevolmente tolti dal fuoco quando serviva. Il cuoco
si serviva anche di un assortimento di coltelli, cucchiai, mestoli e grattugie.
Nelle case pi agiate tra gli utensili pi comuni c'erano il mortaio e il setaccio, poich molte ricette
medievali richiedevano che il cibo fosse finemente tritato, macinato o spezzettato prima o dopo la
cottura. Tale usanza era diffusa perch i medici credevano che pi minuta era la consistenza del cibo,
pi il corpo avrebbe assorbito il nutrimento con facilit. Inoltre forniva ai cuochi pi abili la possibilit di
dare ai piatti forme elaborate e fantasiose. Il cibo finemente tritato era anche direttamente collegato alla
ricchezza delle persone; ad esempio la farinafinemente setacciata era costosa e quindi riservata ai
ricchi, mentre il pane della gente comune era solitamente pane nero fatto con farina grezza. Una tipica
tecnica culinaria dell'epoca era la "farcitura", che consisteva nello staccare accuratamente la pelle di un
animale, tritarne la carne mischiandola con spezie e altri ingredienti, e quindi reinserire il tutto nella
pelle, oppure rimodellare il preparato dandogli la forma di un animale completamente diverso [34].
Il personale addetto alla cucina di ricchi nobili o delle corti reali poteva talvolta contare centinaia di
persone: dispensieri, fornai, pasticceri, addetti alle salse, macellai, scalcatori, inservienti, lattaie,
coppieri, e un'infinit di aiutanti di livello pi basso. Mentre nelle cucine delle case di campagna spesso
ci si serviva per il fuoco della legna raccolta nei campi circostanti, le cucine dei grandi palazzi dovevano
quotidianamente fronteggiare i problemi logistici che comportava preparare almeno due pasti al giorno
per centinaia di persone. Nel libro di cucina del XV secolo Du fait de cuisine di Chiquart, capo cuoco
di Amedeo VIII di Savoia si possono trovare consigli su come si debba preparare un banchetto della
durata di due giorni. Chiquart raccomanda che il capo cuoco disponga almeno di 1.000 carretti di
"legna da ardere buona e secca" e di un grande magazzino pieno di carbone.[35]

Conservazione dei cibi


I metodi di conservazione dei cibi erano sostanzialmente gli stessi che erano stati usati fin dall'antichit,
e le cose non cambiarono molto fino all'invenzione della conservazione in scatolette di metallo a tenuta
d'aria, avvenuta all'inizio del XIX secolo. Il metodo pi semplice e pi comune consisteva nell'esporre i
generi alimentari al calore o al vento per eliminarne la parte umida e quindi prolungare la durevolezza,
se non il sapore, di quasi tutti i tipi di alimento, dai cereali alle carni; l'essiccazione del cibo riduce
drasticamente l'attivit di vari microrganismi idrofili, che provocano la decomposizione. Nei climi caldi, si
raggiungeva questo risultato per lo pi esponendo il cibo al sole, mentre nei paesi pi freddi si sfruttava
l'azione del vento (metodo di uso comune soprattutto per la preparazione dello stoccafisso), oppure ci
si serviva di forni, scantinati e solai riscaldati. Talvolta si sfruttavano gli stessi ambienti in cui vivevano le
persone. Anche sottoporre i cibi ad alcuni procedimenti di tipo chimico, come l'affumicatura, la salatura,
la fermentazione o la riduzione in marmellata serviva a farli durare pi a lungo. La maggior parte di
questi metodi presentava il vantaggio di richiedere poi tempi ridotti per la preparazione dei cibi, inoltre
favoriva la creazione di nuovi sapori. Affumicare o salare la carne in autunno era una strategia
abbastanza diffusa per evitare di dover nutrire pi animali del necessario durante i duri mesi invernali.
Era abitudine comune salare parecchio il burro (attorno al 5-10%) perch non si deteriorasse. Le
verdure, le uova e il pesce spesso venivano messi sott'aceto, sotto limone o in salamoia pressandoli in
capienti vasi. Un altro metodo seguito era di creare una spessa crosta attorno al cibo, cuocendolo
nello zucchero, nel miele o nel grasso, e poi riporlo. Si sfruttavano anche in vari modi le modifiche
provocate dai batteri; cereali, frutta e uva venivano trasformati in bevande alcoliche, mentre
il latte veniva fatto fermentare e trasformato in una grande variet di formaggi e latticelli.[36]

I cuochi professionisti
Prima della rivoluzione industriale la maggior parte della popolazione europea viveva in comunit rurali
o in fattorie e casali isolati. Di norma dovevano essere autosufficienti e solo una piccola parte della
produzione veniva esportata oppure venduta nei mercati. Le citt di dimensioni maggiori
rappresentavano un'eccezione ed avevano bisogno di un territorio circostante che le rifornisse di cibo e
combustibile. La densa popolazione urbana poteva mantenere un'ampia variet di attivit di
ristorazione che si rivolgevano ai diversi gruppi sociali. La maggior parte dei poveri che abitavano in
citt erano costretti a vivere in ristrettezze senza avere la possibilit di usare una cucina e talvolta
neppure un focolare, di conseguenza non possedeva la bench minima attrezzatura per cucinare.

L'unica opzione di cui disponevano era quindi servirsi di cibo pronto venduto loro da commercianti. Le
taverne potevano sia vendere cibo caldo gi pronto, una specie di fast foodante litteram, sia offrire il
solo servizio di cucina a clienti che portavano con s, tutti o in parte, gli ingredienti necessari. I
viaggiatori, come i pellegrini diretti verso qualche luogo sacro, si servivano di cuochi professionisti per
non dover essere costretti a portare con s le provviste.
A disposizione dei pi facoltosi c'erano molti tipi di specialisti che potevano fornire vari tipi di cibi e
condimenti: formaggiai, pasticceri, preparatori di salse, eccetera. I cittadini benestanti che avevano i
mezzi per tenere una cucina in casa, in alcune occasioni speciali potevano ingaggiare dei
professionisti, ad esempio quando il loro personale e la loro attrezzatura non erano sufficienti per
sostenere lo sforzo dell'allestimento di un grande banchetto. [37]
Le taverne urbane frequentate dai lavoratori manuali o dai poveri erano considerate luoghi sgradevoli e
malfamati da parte dei ceti superiori, e i cuochi professionisti in genere godevano anch'essi di una
cattiva reputazione. Il cuoco londinese ritratto da Geoffrey Chaucer nei suoi Racconti di Canterbury,
viene descritto come un tizio sciatto e trasandato abituato a servire cibo immangiabile, mentre
il cardinale francese dell'inizio del XIII secolo Jacques de Vitry nei suoi sermoni definisce l'affidarsi ai
venditori di carne cotta come un vero e proprio azzardo per la salute. [38] Anche se talvolta il lavoro dei
cuochi era riconosciuto e apprezzato, spesso veniva invece sminuito perch serviva a soddisfare il pi
elementare dei bisogni fisici dell'uomo, invece di occuparsi del suo miglioramento spirituale. La tipica
rappresentazione del cuoco nelle arti figurative e nella letteratura era quella di un uomo dal
temperamento collerico e tendente all'ubriachezza, spesso ritratto tra i suoi pentoloni mentre altre
persone e animali rubacchiano da questi quanto va preparando.

Cereali
Nei primi secoli del Medioevo il tradizionale modello cerealicolo dell'et classica perse, in alcune aree
dell'Europa, quella centralit produttiva che aveva costituito il fondamento alimentare durante l'Impero
romano. In particolare nell'Italia del nord si verific "un crollo clamoroso della produzione del frumento"
a vantaggio di cereali minori come segale, spelta, orzo, grano saraceno, miglio, avena e sorgo. Almeno
fino al XIII secolo il grano tenero rester appannaggio dei ricchi mentre nell'Italia del sud il frumento
continu ad essere, senza soluzione di continuit con la romanit, il cereale di riferimento sia per le
classi ricche sia per i ceti meno abbienti.[39]
Dal farro dell'antichit si inizia lentamente a produrre grano tenero, pi facile da raccogliere e di
maggior resa, mentre sul modello barbarico continentale ebbe un forte impulso l'attivit silvo-pastorale.
Bisogna attendere l'et comunale per assistere all'aumento generalizzato della produzione di
frumento[39] a cui verr dedicata una crescente quantit di terreno, divenendo unitamente alle verdure,
predominante sull'alimentazione di origine animale come carne e latticini. [40]
Prima del XIV secolo il pane non era un alimento molto diffuso tra le classi inferiori, specialmente nel
nord dove il grano cresceva con maggior difficolt. La dieta basata sul pane divent gradualmente pi
comune nel corso del XV secolo e quest'alimento sostitu i pasti intermedi che fino ad allora erano
basati su farinate e polente. Il pane lievitato era pi comune nelle regioni del sud in cui il grano
cresceva pi facilmente, mentre al nord o nelle zone di montagna si usava pane non lievitato di orzo,
cereale che era comunemente usato anche per nutrire gli animali [39] e pane di segale o avena; questo
tipo di pane era usato comunemente anche come rancio per le truppe.[21]
Il riso per tutto il Medioevo rimase un costoso prodotto d'importazione e si inizi a coltivarlo nell'Italia
settentrionale soltanto verso la fine dell'epoca. Il grano era comune in tutta Europa ed era considerato il
pi nutriente di tutti i cereali e di conseguenza il cereale pi prestigioso e pi caro. La farina bianca e
finemente raffinata comune al giorno d'oggi era riservata alla produzione del pane delle classi superiori.
Scendendo dalla scala sociale il pane diventava pi grezzo e scuro, e il suo contenuto
di crusca aumentava.
Quando il grano scarseggiava o c'era una vera e propria carestia, i cereali potevano essere sostituiti
con alimenti pi economici e meno pregiati come castagne, legumi secchi, ghiande, semi di felce e
un'ampia variet di vegetali pi o meno commestibili.[41]
Una delle portate pi comuni di un pasto medievale, sia che si trattasse di un banchetto che di un
semplice spuntino, erano gallette o crostini, pezzi di pane secco che potevano essere fatti rinvenire
inzuppandoli in un liquido come il vino, il brodo, una zuppa o una salsa e quindi mangiati. Sulle tavole
medievali si poteva vedere altrettanto frequentemente la pappa di frumento, una farinata molto densa

spesso preparata con brodo di carne e insaporita con spezie. Le farinate venivano preparate con ogni
tipo di cereale e potevano essere servite anche come dessert o come pietanza per i malati se
preparate con latte o latte di mandorla e addolcite con lo zucchero. In tutta Europa erano comuni torte
salate farcite con carne, uova, verdure o frutta, cos come pastine, frittelle, ciambelle e altri dolcetti
simili. Nel tardo Medioevo si cominciarono a mangiare per dessert biscotti, specialmente di tipo simile
al wafer, che diventarono un alimento particolarmente prestigioso. I cereali, sia sotto forma di briciole di
pane che di farina, erano usati anche come addensanti per zuppe e stufati, sia da soli che insieme al
latte di mandorle.
L'importanza assunta dal pane come alimento quotidiano implic che i fornai ricoprissero un ruolo
cruciale in tutte le comunit medievali. Entro il XIV secolo il consumo di pane nella maggior parte
dell'Europa occidentale divent molto elevato. Le stime del consumo pro capite nelle varie regioni sono
piuttosto simili: circa 1-1,5 kg di pane a persona ogni giorno. Quella dei fornai fu una delle
prime gilde ad essere organizzate nelle citt e furono emanati leggi e regolamenti per mantenere
stabile il prezzo del pane. L'Assize of Bread and Ale inglese del 1266 fissava lunghe tabelle in cui erano
regolati la misura delle pagnotte, il peso e il prezzo in relazione al costo dei cereali. Il margine di profitto
del fornaio stabilito dalle tabelle fu in seguito progressivamente aumentato grazie alle pressioni
della Worshipful Company of Bakers, che fece compensare ogni tipo di costo dalla legna da ardere al
sale, fino alla moglie del fornaio, alla sua casa e pure al cane di bottega. Le eventuali truffe da parte di
persone come i fornai, a cui le comunit affidavano un compito di tale importanza, erano considerate un
grave crimine. I fornai sorpresi a frodare sul peso o ad adulterare l'impasto con ingredienti meno
costosi, ricevevano dure punizioni. Questo diede origine all'usanza della "dozzina del fornaio": il fornaio
in genere dava 13 pani al prezzo di dodici, per essere certo di non essere sospettato di imbrogliare. [42]

Frutta e verdura
Anche se i cereali rappresentavano la base di ogni pasto, verdure
come cavoli, barbabietole, cipolle, agli e carote erano anch'esse cibi molto comuni. Molti di questi
ortaggi venivano consumati quotidianamente da contadini e lavoratori manuali, pertanto erano
considerati alimenti meno prestigiosi della carne. I libri di cucina, scritti soprattutto per chi poteva
permettersi un simile lusso e che cominciarono a fare la propria comparsa verso la fine del Medioevo,
riportano un modesto numero di ricette che prevedono una verdura come ingrediente principale. La
carenza di ricette per molti diffusi piatti a base di verdura, come le zuppe, stata interpretata non tanto
nel senso che tali piatti fossero assenti sulle tavole della nobilt, quanto che erano considerate cos
elementari da non richiedere di essere messe per iscritto.[43] Durante il Medioevo erano disponibili
diverse variet di carote: tra queste una rosso-violacea molto saporita e una di minor valore tendente al
giallo-verde. Anche legumi come ceci, fave e piselli erano di consumo comune e rappresentavano
un'importante fonte di proteine, soprattutto per le classi inferiori.
Fatta eccezione per i piselli, i legumi spesso erano visti con sospetto dai dietisti dell'epoca, che li
sconsigliavano agli appartenenti alle classi superiori, in parte per la loro tendenza a
provocare flatulenze, ma anche perch venivano associati alla rozza alimentazione dei contadini.
L'importanza delle verdure per la gente comune attestata da racconti tedeschi del XVI secolo che
sostengono che molti contadini mangiavano crauti anche tre o quattro volte al giorno.[44]
Anche il consumo di frutta era molto diffuso ed essa veniva servita in vari modi: fresca, essiccata, o
conservata. Era anche un ingrediente piuttosto comune, presente in molti piatti. [31] Dato che sia lo
zucchero che il miele erano alimenti costosi, si usava aggiungere la frutta a molte pietanze per
addolcirle in qualche modo. Nel sud dell'Europa si consumavano prevalentementelimoni, cedri, arance
amare (la variet dolce venne scoperta solo secoli dopo), melograni, mele cotogne e,
naturalmente, uva.
Pi a nord invece erano pi diffuse mele, pere, prugne e fragole. Fichi e datteri venivano mangiati in
tutta Europa, ma nel nord restavano comunque costosi prodotti d'importazione. [45]
Alcuni ingredienti comunissimi, e talvolta fondamentali, delle cucine europee contemporanee
come patate, fagioli, cacao, vaniglia, pomodori, peperoncini e mais non furono conosciuti dagli europei
fino alla fine del XV secolo, quando venne scoperta l'America, e anche in seguito ci volle spesso molto
tempo perch questi nuovi cibi fossero diffusamente accettati dalla societ.

Latte e latticini

Il latte e i suoi derivati erano un'importante fonte di proteine animali per coloro che non potevano
permettersi la carne. Generalmente si consumava quello di pecora o di capra, ma era diffuso anche il
latte di vacca. Il semplice latte fresco veniva raramente consumato dalle persone adulte, tranne i poveri
e i malati (medicamento suggerito sin dall'antichit da Ippocrate e Galeno [46]), e generalmente era
considerato un alimento per bambini e anziani. I poveri talvolta bevevano latticello o siero di
latte oppure latte inacidito o annacquato[47]. Contrariamente all'Europa del nord, con il suo clima freddo,
nell'area mediterranea il latte fresco era un alimento meno diffuso rispetto ai prodotti caseari a causa
della mancanza di tecnologie adatte alla sua conservazione. Nel consumo abituale di latte gli scrittori
medievali riconoscono usi e costumi attribuiti alle societ barbariche [48], individuando il discrimine tra le
"societ pastorali primitive" che ne facevano abbondante uso, e le "societ agricole evolute" che
privilegiavano l'utilizzo di cibi elaborati "inventati dall'uomo come il pane e il vino". Fra i vari tipi di latte,
si riconoscevano con molta prudenza le principali virt terapeutiche al latte di capra e questo far dire
all'umanista Platina: "ottimo quello di capra perch aiuta lo stomaco, elimina le occlusioni del fegato,
lubrifica l'intestino; per secondo viene quello di pecora, per terzo quello di mucca" [49]. Talvolta in cucina
le classi superiori si servivano del latte aggiungendolo agli stufati, ma sempre a causa delle difficolt di
conservazione veniva pi spesso usato al suo posto il latte di mandorla.[50]
Il formaggio era un alimento di gran lunga pi importante, specialmente per la gente comune, e alcuni
hanno suggerito che sia stato per lunghi periodi la principale fonte di proteine animali per gli
appartenenti alle classi inferiori.[51] Sia il Platina sia Pantaleone di Confidenza lo raccomandano a
conclusione del pasto finch la bocca non sa di formaggio, consuetudine rimasta inalterata fino ai
tempi odierni e presente sin d'allora nei pi celebri ricettari di cucina come in quello di Maestro
Martino che prescrive il "caso in patellecte" caldo a fine pasto. I formaggi erano prevalentemente di
pecora o di capra, meno frequenti di mucca, e almeno fino al XII secolo, costituivano il principale
sostentamento per le classi inferiori e l'abbellimento delle tavole dei ricchi. [49]
Ma fu proprio nel Basso Medioevo che si assist ad un lento rovesciamento di valori, grazie
all'influenza culturale del "modello alimentare monastico", di fatto inclusivo sempre pi spesso dei
formaggi nella dieta dei monaci, che intravide nei derivati del latte un ottimo alimento sostitutivo della
carne, unitamente al pesce e alle uova. Infatti nei monasteri, grazie all'apporto dei "rustici" residenti
nelle pertinenze, si inizi quel processo di sperimentazione e affinamento dei prodotti caseari cos che,
afferma Massimo Montanari "la cultura della rinuncia diventava essa stessa generatrice di una nuova
cultura gastronomica, di uno spirito curioso e creativo da cui presero avvio molte future acquisizioni del
gusto." Sempre pi spesso gli affittuari riconosceranno, in pagamento ai monaci, quote di formaggio sia
a peso sia nel numero di forme, come nel caso dell'Abbazia di San Colombano di Bobbio,
sull'Appennino emiliano e delMonastero di Santa Giulia di Brescia.[49]
Tra Trecento e Quattrocento i formaggi verranno pi volte menzionati nei ricettari con descrizioni
accurate, entrando a pieno diritto nelle tavole imbandite delle classi agiate: "formaggio duro, grasso,
tomini, pecorino, sardesco; marzolini, provature e ravogliuoli" dir Cristoforo di Messisbugo, cuoco alla
corte degli Estensi. Per il confezionamento delle torte e dei pasticci dolci o salati ormai il "cascio fresco"
diviene un ingrediente abituale: si unisce alle uova, alla carne e alle verdure, in ricette che preludono a
quelle dell'era moderna e in voga ancor oggi: crispelli di carne, o vero tortelli e ravioli, la spalla di
pecora ripiena di cascio fresco, bene pesto con ova, in bona quantit; nel pastello romano, nella
torta parmesana con il formaggio fresco e stagionato, nelle ova piene e nelle lasagne assieme
all'uso di arrostirlo sul fuoco infilzato in un legno.[49]
Molte variet di formaggio attualmente in produzione e commercio erano disponibili e ben conosciute
gi durante il Medioevo, come l'edam olandese, il brie del nord della Francia oltre ai gi
citati pecorino e parmigiano molto apprezzato anche nelle varianti lodigiane e piacentine. al
parmigiano, che allude Salinbene da Parma per le lasagne di cui era ghiotto frate Giovanni da Ravenna
e famoso il Paese di Bengodi di Giovanni Boccaccio con la montagna tutta di formaggio Parmigiano
grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e raviuoli e
cuocergli in brodo di capponi tanto che sulla fine del Medioevo comincer ad entrare in crisi la
tradizionale superiorit del pecorino sul parmigiano, un lento declino che per contro far assurgere il
parmigiano alle vette dei tempi odierni.[49]
Oltre ai formaggi c'erano anche latticini fatti con il siero, come la ricotta, ottenuti con i sottoprodotti della
lavorazione di formaggi pi duri e stagionati che entrano sempre pi spesso nelle ricette tardo
medievali. Un altro importante prodotto era il burro, molto popolare nell'Europa settentrionale dove,
nella seconda met del Medioevo, ci si era specializzati nell'allevamento del bestiame, specialmente

nei Paesi Bassi e nella Scandinaviameridionale. In queste zone il burro fu il principale grasso di cottura,
mentre in altre regioni si usavano altri grassi come l'olio o il lardo. Inoltre, dal XII secolo in poi da tali
regioni nacque un lucrativo commercio di esportazione di tale prodotto. [52]

Carni
Anche se tutte le variet di selvaggina erano molto popolari, perlomeno tra quelli che se le potevano
permettere, la maggior parte della carne che veniva consumata proveniva da animali domestici. La
carne bovina non era diffusa come al giorno d'oggi, perch allevare le mandrie era molto impegnativo,
richiedeva abbondanti pascoli e grandi quantit di foraggio e buoi e vacche erano considerati molto pi
utili come animali da lavoro e come produttrici di latte. I capi che venivano macellati perch vecchi e
non pi adatti al lavoro non erano particolarmente appetibili e di conseguenza la loro valutazione era
piuttosto bassa. Molto pi usata era la carne di maiale, dal momento che si tratta di un animale che
richiede meno cure e si nutre di alimenti pi economici. I maiali domestici spesso venivano lasciati
razzolare liberamente anche nelle citt e si nutrivano di ogni tipo di rifiuti organici provenienti dalle
cucine, mentre il maialino da latte era considerato una vera leccornia. Molto diffuse erano anche le
carni di montone o di agnello, soprattutto nelle zone in cui era pi sviluppata l'industria della lana, cos
come quelle di vitello.[53] A differenza di quanto oggi accade nella maggior parte del mondo occidentale,
tutte le parti dell'animale venivano mangiate, incluse orecchie, muso, coda, lingua e interiora.
L'intestino, la vescica e lo stomaco venivano impiegati per rivestire salsicce e salumi oppure venivano
utilizzati dai cuochi per dare al cibo forme fantastiche e artificiali come quella di uova giganti. Tra i tipi di
carne allora usate ma rare al giorno d'oggi o considerate inadatte all'alimentazione umana c'erano
quelle di riccio e di istrice, occasionalmente menzionate in ricettari del tardo Medioevo. [54]
Si mangiava poi un'ampia variet di volatili tra cui cigni, pavoni, quaglie, pernici, cicogne, gru, allodole e
praticamente qualsiasi uccello che potesse essere cacciato. Cigni e pavoni spesso erano
addomesticati, ma venivano consumati solo dalla classe pi elevata e in effetti apprezzati pi per il loro
magnifico aspetto (li si usava per creare piatti molto appariscenti da servire in tavola) che per la bont
delle carni. Come succede anche oggi oche ed anatre erano animali domestici piuttosto diffusi, ma non
raggiungevano la popolarit di cui godeva il pollo, che in pratica era l'equivalente pennuto del maiale.
[55]
Curiosamente, si credeva che l'oca facciabianca, una specie nordica e selvatica, non si riproducesse
deponendo le uova come gli altri uccelli, ma che nascesse dai cirripedi marini che si trovavano sulle
scogliere e di conseguenza era considerata un alimento accettabile per i periodi di penitenza e digiuno.
La carne era un cibo pi caro rispetto a quelli di origine vegetale e poteva raggiungere un costo anche
quattro volte superiore a quello del pane. Il pesce poteva invece costare anche sedici volte di pi, ed
era quindi troppo caro anche per le stesse popolazioni costiere. Questo significava che nei giorni di
digiuno la dieta, per coloro che non potevano permettersi alternative alla carne e ai prodotti di origine
animale come uova e latte, poteva essere piuttosto povera.
Fu solo dopo l'epidemia di peste nera (1347-1352) che uccise quasi un terzo[56][57] della popolazione
europea che la carne divent un alimento comune anche per le persone pi povere. La drastica
riduzione di abitanti di molte aree provoc una carenza di manodopera che signific di conseguenza un
aumento dei salari. Inoltre vasti appezzamenti di terreno rimasero incolti, rendendoli disponibili per il
pascolo, fatto che immise una maggiore quantit di carne sui mercati. [58]

Pesce e frutti di mare


Anche se considerati meno prestigiosi della carne di altri animali, e spesso considerati semplicemente
l'alternativa alla carne per i giorni di magro, pesci e frutti di mare rappresentavano comunque la base
dell'alimentazione di molte popolazioni costiere. "Pesce" per l'uomo medievale era una categoria che
ricomprendeva qualsiasi animale non venisse considerato propriamente un animale di terra, tra cui
i mammiferi marini come le balene e i delfini. Rientravano nella definizione anche i castori, per la loro
coda squamosa e per il fatto che passano molto tempo in acqua, e le oche facciabianca perch non si
sapeva nulla delle loro migrazioni. Tutti questi animali erano considerati un cibo accettabile per i giorni
di penitenza.[59] Sulle coste dell'oceano Atlantico e nel mar Baltico erano molto importanti la pesca e il
commercio di aringhe e merluzzi. L'aringa ebbe un impatto senza precedenti nell'economia del Nord
Europa, e fu uno dei beni di consumo pi comuni tra quelli trattati dalla Lega Anseatica, una potente
alleanza di compagnie commerciali dell'area germanica. Le aringhe affumicate preparate con il pescato
del Mare del Nord si potevano trovare anche in mercati lontanissimi come quello di Costantinopoli.[60]

La maggior parte del pesce veniva consumato fresco, ma una discreta quantit veniva invece salato,
essiccato o, in misura minore, affumicato. Lo stoccafisso, il merluzzo aperto a met, appeso ad un palo
e lasciato a seccare, era molto comune anche se la sua preparazione richiedeva molto tempo e che il
pesce venisse lungamente battuto con una mazza prima di essere fatto ammollare in acqua. Le
popolazioni che vivevano lungo le coste del mare o dei fiumi consumavano anche una certa variet
di molluschi, come ostriche, cozze e cappesante, oppurecrostacei come i gamberi di fiume. Si
consumavano comunemente anche pesci d'acqua dolce come lucci, carpe, lamprede, trote e pesci
persici.[61] Rispetto alla carne il pesce per le popolazioni dell'entroterra era molto pi costoso,
specialmente nell'Europa centrale e per molti era fuori dalla loro portata.

Odori, spezie e condimenti


Le spezie erano tra i prodotti pi lussuosi tra quelli disponibili durante il Medioevo; le pi comuni erano
il pepe nero, la cannella (e la sua alternativa economica, la cassia), il cumino, la noce moscata, lo
zenzero e i chiodi di garofano. Tutte dovevano essere importate dalle piantagioni dell'Asia e dell'Africa,
fatto che le rendeva estremamente costose. Si stima che nel corso del tardo Medioevo ogni anno
venissero importate in Europa occidentale circa 1.000 tonnellate di pepe e 1.000 di altre spezie. Il
valore di tali prodotti equivaleva a quello del fabbisogno annuale di grano di un milione e mezzo di
persone.[62]
Mentre il pepe era la spezia pi comune lo zafferano, usato sia per il suo sapore che per il vivido colore
giallo che conferisce ai piatti, era invece quella pi esclusiva. Alcune tra le spezie allora in uso
attualmente sono cadute quasi nel dimenticatoio come i grani del paradiso, semi di una pianta affine
al cardamomo che nella cucina tardo medievale del nord della Franciaavevano quasi completamente
soppiantato il pepe, il pepe lungo, il macis, il nardo, la galanga e il cubebe.
Lo zucchero era considerato un tipo di spezia, sia per il suo alto costo che per le sue qualit umorali.
[63]
In pochi piatti si usavano solo uno o due tipi di spezie, ma piuttosto una combinazione di molte di
esse. Anche quando in una pietanza uno degli aromi era nettamente prevalente si usava combinarlo
con un altro per generare un sapore composto, ad esempio unendo prezzemolo e chiodi di garofano,
oppure pepe e zenzero.[64]
Comuni erbe aromatiche come salvia, senape nera, prezzemolo, carvi, menta, aneto e finocchio
venivano coltivate in tutta Europa e venivano regolarmente usate in cucina. Molte di queste piante
venivano fatte crescere in orti o giardini e rappresentavano un'alternativa economica alle spezie
esotiche. In particolare la senape era particolarmente amata per il suo ottimo connubio con le carni
e Ildegarda di Bingen la descrive come un alimento tipico dei poveri. Le erbe aromatiche erano
considerate meno prestigiose delle spezie ma venivano comunque impiegate anche alla tavola dei
ricchi, pur investite di un ruolo marginale o usate solo per colorare i cibi. L'anice era usato per
insaporire i piatti a base di pesce o di pollo e i suoi semi usati per produrre confetti glassandoli con lo
zucchero.[65]
I ricettari medievali giunti fino a noi frequentemente suggeriscono di insaporire i cibi con liquidi acidi o
aspri. Vino, agresto,[1]aceto o succhi di diversi tipi di frutta, specialmente quelle il cui sapore pi aspro
erano universalmente diffusi e rappresentavano un autentico tratto caratteristico della cucina tardo
medievale. Uniti ad altre spezie e a sostanze zuccherine questi succhi conferivano ai piatti un
caratteristico sapore tra l'agrodolce e il fruttato. Ugualmente comuni, e usate come contrasto al sapore
piuttosto deciso di questi ingredienti, erano le mandorle dolci. Venivano impiegate in molti modi: intere,
sgusciate o meno, a fettine, macinate e, impiego pi importante, lavorate fino ad ottenerne il latte di
mandorla. Questo era probabilmente l'ingrediente pi usato di tutta la cucina tardo medievale e
contrastava l'aroma delle spezie e dei liquidi di cottura aciduli con il suo sapore dolce e la sua
consistenza cremosa.[66]
Il sale era un altro elemento fondamentale e impiegato ovunque della cucina medievale. La salatura,
insieme all'essiccazione, era uno dei metodi pi comuni per conservare i cibi e ci significava che
spesso pesci e carni erano eccessivamente salati. Molti ricettari medievali specificano di fare
attenzione all'eccessiva salatura e raccomandano di ammollare in acqua alcuni alimenti per liberarli
dall'eccesso di sale,[67] Il sale era presente anche direttamente sulle tavole nel corso dei pranzi pi
importanti: pi era ricco l'anfitrione o pi prestigioso era l'ospite, pi era ricco ed elaborato il contenitore
del sale nonch il prezzo del sale stesso. I signori pi facoltosi possedevano saliere di peltro, di metalli
preziosi o altri materiali pregiati, spesso finemente decorate. Dal livello della cena dipendeva anche
quanto finemente macinato sarebbe stato il sale, nonch la sua colorazione. Il sale usato per cucinare,

per conservare e quello usato dalla gente comune era pi grezzo; il sale marino, in particolare, aveva
una maggior quantit di impurit, e veniva venduto in una gamma di colori che andavano dal nero al
verde. Il sale pi costoso e raffinato, invece, aveva un aspetto molto simile al sale fino attualmente in
commercio.

Dolci e dessert
Il termine "dessert" proviene dall'antico francese desservir, che significava "sparecchiare la tavola" o
letteralmente il contrario di servire, ed entrato in uso proprio durante il Medioevo. Originariamente
consisteva in caramelle o piccoli confetti serviti con vino caldo speziato e pezzi di formaggio stagionato,
mentre nel tardo Medioevo aveva iniziato ad includere frutta fresca ricoperta di zucchero, miele o
sciroppi con dolcetti a base di frutta cotta.
Esisteva nel Medioevo un'ampia variet di frittelle, crpes zuccherate, budini, tortine e paste di sfoglia
che talvolta potevano contenere della frutta, ma anche midollo o pesce.[16] Nei paesi germanofoni erano
particolarmente amati i krapfen, che venivano anch'essi farciti in vari modi. In Italia e nel sud della
Francia era molto diffuso il marzapane che si ritiene sia stato introdotto dagli arabi.[68] I libri di
cucina anglo-normanni sono pieni di ricette per preparare budini dolci e salati, minestre, salse e torte
con fragole, ciliegie, mele e prugne. I cuochi inglesi avevano un debole per l'impiego di petali di fiori
come rose, violette e sambuco. Una prima versione della quiche si pu trovare nel Forme of Cury, un
ricettario del XIV secolo dove viene chiamata Torte de Bry ed ha una farcitura di formaggio e tuorlo
d'uovo.[69]
Nel nord della Francia si consumava un vasto assortimento di cialde e wafer, mangiati con formaggio e
hypocras oppure un malvasia dolce come issue de table (piatto preso prima di lasciare la tavola).
L'onnipresente zenzero candito, il coriandolo, l'anice e altre spezie venivano definite pices de
chambre (spezie da salotto) e venivano consumate come digestivi alla fine del pasto per "chiudere lo
stomaco".[70] I conquistatori arabi della Siciliaintrodussero sull'isola una certa variet di nuovi dolci e
dessert che finirono per diffondersi in tutta Europa. Cos come Montpellier, la Sicilia un tempo fu
celebre per i suoi confetti e per il suo torrone. Dal sud del Mediterraneo gli arabi portarono anche l'arte
di preparare il gelato che si tradusse nella nascita del sorbetto e altri dolci come la cassata
siciliana (che deve il nome all'arabo qas'ah, termine che designava la ciotola di terracotta in cui veniva
modellata) fatta di marzapane, pan di Spagna e ricotta dolce, e i "cannoli alla siciliana" (in origine
"cappelli di turchi") fritti, tubi di pasta dolce e fritta riempiti di ricotta zuccherata. [71]

Bibite
In epoca moderna l'acqua rappresenta una scelta comune per la bevanda con cui accompagnare un
pasto. Nel Medioevo invece, le preoccupazioni riguardo alla sua purezza, le raccomandazioni mediche
e il suo scarso prestigio la rendevano una scelta di secondo piano e le bevande alcoliche venivano
sempre preferite. Erano infatti considerate pi nutrienti e migliori per favorire la digestione rispetto
all'acqua, inoltre avevano l'ineguagliabile pregio, grazie al loro contenuto alcolico, di essere meno inclini
a guastarsi ed andare a male. Il vinoveniva consumato quotidianamente nella maggior parte della
Francia e in tutti i paesi del bacino del Mediterraneo dove si coltivava la vite. Nei paesi del nord era la
bevanda preferita dallaborghesia e dalle classi elevate che potevano permetterselo, ma molto meno
comune tra i contadini e la classe lavoratrice. La bevanda della gente comune nei paesi nordici era
la birra. Data la difficolt di conservare a lungo questa bevanda (specialmente prima dell'introduzione
del luppolo) veniva per lo pi consumata fresca; era quindi meno limpida rispetto alle birre moderne ed
aveva un contenuto alcolico minore.
Il latte non veniva bevuto dagli adulti, tranne i poveri e i malati ed era riservato a bambini ed anziani.
Era comunque molto meno diffuso degli altri prodotti caseari per la mancanza di tecnologie che gli
impedissero di andare a male in fretta.[72]
Alla pari del vino sin dall'antichit si preparavano succhi con diversi frutti e bacche, che venivano
consumati anche durante il Medioevo: il vino di melograno e di more e il sidro di pere e dimele erano
popolari soprattutto nei paesi nordici dove questi frutti crescevano abbondanti. Tra le bevande
medievali sopravvissute fino ai giorni nostri si ricorda il prunell , fatto con le prugne selvatiche
(attualmente chiamato slivovitz). Nei ricettari medievali si trovano molte varianti per preparare
l'idromele, con o senza contenuto alcolico. Tuttavia, questa bevanda a base di miele divent meno
popolare verso la fine del periodo e fin per essere relegata ad uso medicinale. [73] L'idromele stato
spesso rappresentato come la bevanda d'elezione delle popolazioni slave: questo era vero solo in parte

perch l'idromele rivestiva un grande valore simbolico, specialmente nelle occasioni pi importanti.
Quando concludevano trattati o importanti affari di stato spesso offrivano idromele come dono
cerimoniale. Si usava comunemente anche in occasione di matrimoni o battesimi anche se in piccole
quantit a causa del suo costo elevato. Nella cultura polacca aveva lo stesso status di lussuosi beni di
importazione come vino e spezie.[74] Il kumis, bevanda ottenuta dalla fermentazione del latte di cavallo o
di cammello di origine asiatica, era conosciuto anche in Europa ma, come l'idromele, era consumato
soprattutto se prescritto dai medici.[75]

Vino
Il vino veniva bevuto abitualmente ed era considerato la bevanda pi prestigiosa e salutare. In accordo
con le prescrizioni dietetiche di Galeno era valutato come caldo e secco ma queste qualit venivano
attenuate quando era annacquato. A differenza di quanto succedeva per l'acqua e per la birra, che
erano considerate fredde e umide, si riteneva che un moderato consumo di vino (specialmente quello
rosso) tra le altre cose aiutasse la digestione, producesse buon sangue e migliorasse l'umore.[76] La
qualit del vino differiva notevolmente a seconda dell'invecchiamento, del tipo di uva impiegata e, cosa
pi importante, dal numero di pigiature con cui era stato ottenuto. Con la prima pigiatura si ottenevano i
vini pi raffinati e costosi, riservati alle classi superiori. Con la seconda e la terza pigiatura si
producevano invece vini di qualit inferiore e con un contenuto alcolico pi basso. La gente comune in
genere doveva accontentarsi di vini bianchi o rosati di seconda o terza pigiatura, che potevano essere
consumati in abbondanti quantit senza produrre gravi intossicazioni alcoliche. Per i pi poveri spesso
l'unica scelta a disposizione era bere aceto annacquato.[77]
La procedura di invecchiamento del vino rosso di buona qualit richiedeva conoscenze specialistiche,
nonch costose cantine e attrezzature, tutti fattori che contribuivano ad innalzare il costo del prodotto. A
giudicare dalla quantit di consigli presenti su manoscritti medievali su come salvare il vino che desse
segno di stare per andare a male, il problema della corretta conservazione doveva essere piuttosto
diffuso. Anche se l'aceto era un alimento diffuso, in effetti se ne poteva riutilizzare in questo modo solo
una parte. Nel ricettario del XIV secolo Le Viandier si trovano numerosi metodi per tentare di salvare il
vino che sta andando a male; assicurarsi che le botti siano sempre ben chiuse, aggiungere una mistura
di semi di uva bianca essiccati e bolliti oppure la cenere di fondi di vino essiccati e bruciati. Questi ultimi
erano entrambi efficaci sistemi battericidi, anche se all'epoca in realt non si comprendevano i processi
chimici che li rendevano tali.[78]
Il vino speziato e il vin brul non solo erano molto apprezzati dai ricchi, ma erano anche considerati
molto salutari dai medici. Si credeva che il vino agisse come una sorta di diffusore e conduttore delle
altre sostanze nutritive in tutte le parti del corpo, e che l'aggiunta di spezie esotiche e profumate non
poteva che incrementare questa sua caratteristica. I vini speziati solitamente si facevano miscelando
comune vino rosso con spezie varie come zenzero, cardamomo, pepe, grani del paradiso, noce
moscata, chiodi di garofano e zucchero. L'infuso veniva poi messo in piccoli otri che erano a loro volta
intrisi di vino oppure venivano bagnati con del liquido per produrre l'ippocrate [79] e il claret. Gi a partire
dal XIV secolo i mercanti vendevano sacchetti di spezie miste gi pronti per essere impiegati in questo
modo.[80]

Birra
Mentre il vino era la pi comune bevanda da pasto nella maggior parte d'Europa, questo non
succedeva nelle regioni del nord dove la vite non veniva coltivata. Chi poteva permetterselo beveva
vino d'importazione, ma in queste zone anche i nobili d'abitudine bevevano birra, chiara o scura, in
particolare verso al fine del Medioevo. In Inghilterra, nei Paesi Bassi nel nord della Germania,
in Polonia e in Scandinavia la birra veniva consumata quotidianamente dalle persone di tutte le classi
sociali e di tutte le et. Tuttavia la forte influenza delle culture arabe e mediterranea sulla scienza
medica (dovuta in particolare al periodo della Reconquista e all'influsso dei manoscritti arabi) fece s
che la birra godesse per di cattiva reputazione. Per la maggior parte degli europei medievali, si
trattava quindi di un liquido piuttosto umile al confronto con quelli tipici del sud come vino, succo di
limone ed olio d'oliva. Anche prodotti di origine esotica come il latte di cammello o la carne
di gazella generalmente venivano giudicati di maggior valore nei testi medici dell'epoca. La birra era
considerata solo come una passabile alternativa e le venivano attribuite varie qualit negative. Nel
1256 il medico senese Aldobrandino da Siena descrisse la birra in questo modo:

Di qualsiasi cosa sia fatta, d'avena, d'orzo o di grano, nuoce alla testa e allo stomaco, provoca un alito puzzolente e rovina i de

(Aldobrandino[81])

Si credeva che gli effetti di un'ubriacatura da birra durassero di pi di quelli di una dovuta al vino, ma si
ammetteva che non creava la sensazione di "sete falsa" associata al vino. Anche se in minore misura
rispetto ai paesi del nord, la birra veniva consumata anche nel nord della Francia e nell'Italia
continentale. Forse in conseguenza della conquista normanna dell'Inghilterra e dei frequenti viaggi dei
nobili tra la Francia e l'Inghilterra una birra francese descritta nel ricettario del XIV secolo Le Menagier
de Paris veniva chiamata godale (evidentemente una diretta derivazione dell'inglese "good ale" - it.
"Birra chiara buona") ed era fatta con orzo e farro ma senza luppolo. In Inghilterra esistevano anche le
varianti poset ale, un miscuglio di latte caldo e birra fredda, e brakot o braggot una birra speziata
preparata in maniera simile all'ippocrate.[79][82]
L'uso del luppolo per dare sapore alla birra era conosciuto almeno dall'epoca carolingia, ma si diffuse
lentamente per le difficolt di riuscire a fissare le giuste proporzioni. Prima della scoperta del luppolo si
usava il gruit, una mistura di varie erbe diverse. Il gruit non possedeva le stesse propriet conservanti
del luppolo e di conseguenza la birra prodotta in quel modo doveva essere consumata velocemente per
evitare che andasse a male. Un altro modo di insaporire il preparato era di aumentarne il contenuto
alcolico, ma era pi costoso e dava alla birra l'indesiderata capacit di dare ubriacature pi veloci e
pesanti. Durante l'Alto Medioevo la birra veniva prodotta principalmente nei monasteri oppure su scala
pi ridotta nelle abitazioni private. Nel Basso Medioevo invece iniziarono a diffondersi nel nord della
Germania delle birrerie cittadine a cui veniva delegata la produzione.
Anche se la maggior parte delle birrerie erano piccole imprese familiari che davano lavoro al massimo a
otto o dieci persone, la regolarit della produzione permise di investire in attrezzature migliori e di
sperimentare nuove ricette e tecniche di preparazione della birra. Questi tipi di lavorazione in seguito si
diffusero anche in Olanda, nelle Fiandre e nel Brabante, raggiungendo anche l'Inghilterra nel XV
secolo. La birra aromatizzata con il luppolo divent molto popolare negli ultimi decenni del tardo
Medioevo. In Inghilterra e nei Paesi Bassi il consumo annuale pro capite raggiunse i 275-300 litri e
veniva consumata praticamente ad ogni pasto: a colazione si beveva una birra a bassa gradazione
alcolica, mentre pi in l nel corso della giornata si passava a birre pi forti. Una volta che il suo
impiego venne perfezionato il luppolo permise alla birra di conservarsi anche per sei mesi o pi e ne
facilit l'esportazione su larga scala.[83]

Distillati[
Gli antichi greci e romani conoscevano la tecnica della distillazione, ma questa non venne praticata su
larga scala in Europa fino al XII secolo circa, quando si diffusero le scoperte degli Arabi sull'argomento
insieme con glialambicchi in vetro. I dotti medievali credevano che la distillazione producesse la pura
essenza del liquido di partenza e si servivano del termine aqua vitae (it. Acqua della vita) per definire
qualsiasi tipo di distillato.[84]Originariamente i modi per utilizzare i distillati, alcolici o meno, erano vari ma
principalmente il loro impiego fu in ambito culinario o medico: i medici prescrivevano sciroppo d'uva
mischiato con zucchero e spezie come cura per una gran variet di malanni, mentre l'acqua di
rose veniva usata, come profumo, come ingrediente in varie ricette e per lavarsi bene le mani. Talvolta i
distillati alcolici venivano usati per creare spettacolari piatti fiammeggianti, imbevendo pezzi di cotone
nel liquido, ponendoli in posizioni strategiche come le bocche degli animali che venivano serviti e
accendendoli al momento di portarli in tavola[85].
I medici medievali lodavano molto le virt dell'Aqua vitae alcolica. Nel 1309 Arnaldo da
Villanova scrisse che "prolunga lo stato di buona salute, disperde gli umori superflui, rianima il cuore e
mantiene giovani".[86] Nel tardo Medioevo inizi a prendere piede la produzione di distillati casalinghi,
specialmente nei paesi di lingua tedesca. Entro il XIII secolo l'Hausbrand (letteralmente "fuoco di casa")
era diventato di uso comune e tale prodotto rappresent in pratica un antenato del brandy. Verso la fine
del Medioevo il consumo di superalcolici divent cos diffuso tra la popolazione che alla fine del XV
secolo iniziarono a comparire leggi che ne limitavano la produzione e la vendita. Nel 1496 la citt
di Norimberga promulg restrizioni alla vendita di acquavite nel giorno di domenica e in occasione delle
festivit ufficiali.[87]

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