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ANCORA UN MOMENTO DI

RIFLESSIONE SULLA POLITICA ITALIANA


DI TEODERICO, RE DEI GOTI
degli Ostrogoti rappresenta una figura eminente nel
T panoramarestorico-culturale
dellOccidente allindomani della disEODERICO

soluzione del vecchio Impero (1). Per tal motivo, in pi di unoccasione, ci si soffermati a trattare dellItalia ostrogota (2) e in particolare
(1)
Sulla figura e lattivit politica di Teoderico la bibliografia molto ampia; mi limiter quindi a citare gli studi pi noti e pi importanti: P. LAMMA, Teoderico, Brescia 1951; W.
ENSSLIN, Theoderich der Groe, Mnchen 19592; J. MOORHEAD, Theodoric in Italy, Oxford
1992; Teoderico il grande e i Goti dItalia, Atti del XIII Congresso internazionale di studi
sullAlto Medioevo , Spoleto 1993; B. SAITTA, La civilitas di Teodorico: rigore amministrativo, tolleranza religiosa e recupero dellantico nellItalia ostrogota, Roma 1994; A. CARILE,
Teoderico e i Goti tra Oriente e Occidente, Ravenna 1995; T. SARDELLA, Societ, Chiesa e Stato
nellet di Teodorico, Papa Simmaco e lo scisma laurenziano, Messina 1996; A. GIOVANDITTO,
Teodorico e i suoi Goti in Italia: 454-526, Milano 1998; A. COLLACI, Teodorico il Grande, Milano 2001.
(2)

Sul regno ostrogoto in Italia si vedano i seguenti studi: O. BERTOLINI, Roma di fronte
a Bisanzio e ai Longobardi, Storia di Roma , Istituto Nazionale di Studi Romani, Bologna
1941, pp. 45-94; T. S. BURNS, The Ostrogoths, Wisbaden 1980; IDEM, A history of the Ostrogoths, Bloomington, Indiana, 1984; F. GIUNTA, Gli Ostrogoti in Italia, in Magistra Barbaritas.
I barbari in Italia, a cura di G. Pugliese Carratelli, Milano 1984, pp. 53-96; H. WOLFRAM, Storia dei Goti, Roma 19852 (trad. it.); P. HEATHER, Goths and Romans 332-489, Oxford 1991;
IDEM, The Goths, Oxford 1996; Teoderico il grande e i Goti dItalia, cit. Per quanto riguarda
gli aspetti relativi alla societ e alla cultura gota e ai problemi connessi allinsediamento si veda: CH. PIETRI, Aristocratie et socit clricale dans lItalie chrtienne au temps dOdoacre et de
Thoderic, in Mlanges darchologie et dhistoire de lcole Franaise de Rome, Antiquit , XCIII/1 (1981), pp. 417-467; B. LUISELLI, La societ dellItalia romano-gotica, in Atti
del VII Convegno Internazionale di Studi sullAlto Medioevo , Spoleto 1982, pp. 49-116;
IDEM, Teodorico e gli Ostrogoti tra romanizzazione e nazionalismo gotico, in Romanobarbarica , XIII (1994-1995), pp. 75-98; S. GASPARRI, Le tradizioni germaniche nellItalia dei Goti,
in Teoderico il Grande e i Goti dItalia, cit., pp. 201-226; P. AMORY, People and Identity in
Ostrogothic Italy (489-534), Cambridge 1997; V. EPP, Goten und Rmer unter Theoderich
dem Groen, in Migration und Integration. Aufnahme und Eingliederung in historischen Wandel, M. Beer, M. Kintzinger, M. Krauss (Hrsg.), Stuttgart 1997, pp. 55-74; P. HEATHER, The
Historical Culture of Ostrogothic Italy, in Teoderico il Grande e i Goti dItalia, cit., pp. 317-

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del ruolo assunto da Teoderico nella definizione di un potere germanico in ambito peninsulare, dando speciale risalto ai momenti della
politica teodericiana rivolta ai rapporti con il senato romano e con
lImpero di Bisanzio, non omettendo di trattare aspetti pi strettamente connessi al contesto socio-culturale inerente il sistema di rapporti interculturali venutosi a formare in considerazione dellincontro
tra elemento romano ed elemento germanico (3): aspetto invero chiave, questo, nella formazione dei cosiddetti regni romano-germanici,
che tanta importanza hanno assunto nel loro ruolo di rappresentanti
e in qualche misura di successori del potere imperiale, senza dimenticare la funzione storica quasi ancestrale da essi incarnata nella costituzione di unidentit culturale e linguistica di tipo europeo (4).
Pur tuttavia, nonostante le ricerche e gli studi di cui abbiamo
fatto cenno, si ritenuto utile tornare qui a discutere in maniera pi
specifica di alcuni momenti dellattivit di Teoderico allo scopo di
ripensare meglio un programma di governo concreto e pi distintamente legato alle realt e alle necessit politiche locali. Per questo,
anzitutto, intendiamo conferire spazio a un esame della politica mili353; G. TABACCO, Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo italiano, Torino 20003,
pp. 76-92.
(3)

Sul problema dei rapporti fra Romani e popolazioni germaniche si rimanda ai seguenti studi: I Goti in Occidente, Settimane di Studio del centro italiano di Studi sullAlto
Medioevo , III, Spoleto 29 marzo - 5 aprile, Spoleto 1956; E. DEMOUGEOT, La formation de
lEurope et les invasions barbares, 2, De lavnement de Diocltien (284) loccupation germanique de lEmpire Romain dOccident (dbut du VI e sicle), Paris 1979, vol. II; B. LUISELLI,
Storia culturale dei rapporti tra mondo romano e mondo germanico, Roma 1992; Incontri di
popoli e culture tra V e IX secolo, Atti delle V giornate di studio sullet romanobarbarica ,
Benevento 9-11 giugno 1997, Napoli 1998; Strategies of Distinction. The Construction of
Ethnic Communities, 300-800, edited by W. Pohl-H. Reimitz, Leiden-Boston-Kln 1998; W.
POHL, Le origini etniche dellEuropa. Barbari e Romani tra antichit e medioevo, Roma 20002;
Societ multiculturali nei secoli V-IX: scontri, convivenza, integrazione nel Mediterraneo occidentale, Atti delle VII Giornate di Studio sullEt Romanobarbarica , Benevento 31 maggio - 2 giugno 1999, Napoli 2001; The Transformation of Frontiers. From Late Antiquity to
the Carolingians, edited by W. Pohl, I. Wood, H. Reimitz, Leiden-Boston-Kln 2001; W.
POHL, Die Vlkerwanderung, Stuttgart 2002; Regna and gentes: the Relationship between Late
Antique and Early Medieval Peoples and Kingdoms in the Transformation of the Roman
World, edited by H.-W. Goetz, F. Jarnut, W. Pohl, Leiden 2003; M. ROUCHE, Romanit,
Germanit, Chrtient durant le haut Moyen ge, Lille 2003.
(4)
Si fa qui riferimento agli studi pi recenti, e in particolare: M. ROUCHE, Les racines
de lEurope. Les socits du haut Moyen ge (568-888), Saint-Amand-Montrond (Cher) 2003;
F. PRINZ, Da Costantino a Carlo Magno. La nascita dellEuropa, ed. it. a cura di M. P. Scialdone, Roma 20042; in ultimo rimando al testo di B. LUISELLI, La formazione della cultura europea occidentale, Roma 2003.

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tare e diplomatica condotta dal re goto nellintento di rafforzare i


confini del nuovo regno, cui ha fatto seguito un piano di riassestamento e di riorganizzazione giuridica delle strutture e delle amministrazioni locali, accompagnato da un programma di riordinamento
urbanistico; in questo nuovo sistema di fattori un ruolo di primaria
importanza ha giocato come sempre in questi secoli la Chiesa,
nei confronti della quale Teoderico ha voluto, inizialmente almeno,
operare secondo un principio di rispetto e di incontro reciproco,
convinto di riuscire ad avvalersi dellintervento ecclesiastico sia sullasse dei rapporti con Bisanzio sia su quello altrettanto importante
della gestione delle numerose e distinte situazioni territoriali italiane,
ove grande influenza aveva lelemento religioso. In ultimo abbiamo
invece proposto unanalisi pi specifica delle vicende italiane che
hanno fatto da sfondo agli ultimi atti di governo dellAmalo, al fine
di proporre uno studio della politica gota pi completo e forse pi
realisticamente vicino alle speranze, alle scelte e alle esigenze di un
re germanico operante nel VI secolo.
allora utile in questo intento tornare a riflettere inizialmente
sulla posizione assunta dal Goto nei confronti dellImpero, notando
come, sin dai primi momenti della sua ascesa al potere, Teoderico si
fosse reso conto che mai avrebbe potuto sostituirsi allimperatore
dOriente e che il suo compito primario era quello di rappresentare
listituzione imperiale esistente sul piano politico gestionale e su quello religioso. Nonostante questo iniziale presupposto, pur tenendo fede ai giuramenti fatti allimperatore, Teoderico matur il convincimento di poter realizzare in Occidente e precisamente nella penisola
italiana il progetto di un nuovo soggetto politico che fosse romano e
germanico, vincolato certo allImpero ma dotato di una propria autonomia governativa e legislativa. Per concretizzare tale disegno, lAmalo tent con ogni mezzo di rafforzare il suo potere in Occidente, ponendo al centro dei suoi interessi la penisola italiana con le sue propaggini pi estreme, come le terre settentrionali, orientali e insulari al
sud, che meglio potevano garantire stabilit militare al regno, e inoltre perseguendo una politica di concordia e di rispetto nei confronti
dellelemento romano e della Chiesa, sicuro, in tal modo, di riuscire a
gettare pi solide basi alla realizzazione dei suoi piani (5).
(5)

Sui temi relativi al rapporto con limperatore romano dOriente e al desiderio di


creare in Italia un potere autonomo e sostitutivo rispetto a quello bizantino, si fa qui riferi-

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Nellintento di rispettare questo suo programma, una volta attuato lo stanziamento sul territorio italiano, lAmalo si preoccup in
primis, anche avvalendosi della struttura comitale, di rafforzare i
confini settentrionali e meridionali con loccupazione militare della
Dalmazia, della Pannonia, del Veneto, della Liguria e quindi della
Sicilia, e in seguito mir a consolidare i vincoli di fedelt con le altre popolazioni germaniche, Vandali, Franchi, Burgundi, Eruli (6). In
tal modo Teoderico credeva di aver costruito una solida catena difensiva, che gli permettesse di controllare a settentrione il limite
estremo dei suoi possedimenti italiani, evitando cos possibili incursioni da parte di altre popolazioni germaniche e impedendo inoltre
che altri nemici, conosciuti o meno, potessero trovare facile accesso
nel territorio peninsulare; viceversa, sul fronte meridionale, loccupazione militare della Sicilia permetteva ai Goti di controllare anche
il Mediterraneo. A testimonianza di questo interesse da parte del
Goto nel limitare lingresso di navi straniere e potenzialmente nemiche nel mare interno, possono tornare utili alcune lettere contenute
nellampia raccolta delle Variae di Cassiodoro, ove lo stesso re d
disposizioni al suo praefectus praetorio Abundanzio perch venga
approntata in tempi stretti una flotta navale che abbia scopo commerciale e, possiamo presumere, anche militare (7).
La rete di alleanze costruita dallAmalo permetteva al regno di
godere di una certa tranquillit; per tal motivo, possibile supporre
che Teoderico avesse in mente di dare al territorio da lui controllato, e sul fronte di terra e sul mare, un capacit bellica difensiva che
lo ponesse in una condizione di maggior sicurezza soprattutto nei riguardi di un nemico che pian piano andava sempre pi concretizzandosi: ossia lImpero di Bisanzio.
mento agli studi di P. LAMMA, cit., pp. 37 ss. e L. GATTO, Le frontiere orientali italiane e il
Veneto nella politica estera di Teoderico, in Romanobarbarica , XIV (1996-1997), pp. 163223; inoltre cfr. A. CARILE, Teoderico e i Goti tra Oriente e Occidente, Ravenna 1995; G.
WIRTH, Zu Justinian und Theoderich, in Panchaia: Festschrift fr Klaus Thraede, Hrsg. M.
Wacht, Mnster 1995, pp. 251-260.
(6)

Sulla politica di conquista e di alleanze attuata da Teoderico nei territori del Nord,
cfr. E. DEMOUGEOT, cit., pp. 808-820; L. GATTO, Le frontiere orientali italiane, cit.
(7)
A tal proposito si vedano le lettere di Cassiodoro, Var., V, 16-20 e gli studi di: E.
STEIN, Histoire du Bas-Empire. De la disposition de lempire doccident la mort de Justinien
(476-565), d. par J.-R. Palanque, Paris-Bruxelles-Amsterdam 1949, p. 259 e L. CRACCO RUGGINI, Economia e societ nell Italia annonaria . Rapporti fra agricoltura e commercio dal IV
al VI secolo d.C., Bari 19952, pp. 548-552.

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In definitiva, il potenziamento dei confini italiani e del Mediterraneo garantiva al re una qualche sicurezza politica, sostenuta parallelamente da un piano di riorganizzazione amministrativa cui egli
diede vita sin dai primi tempi del suo governo. Pur mantenendo salde e attive le strutture locali romane, Teoderico volle delegare il
controllo di esse a dignitari goti fidati, istituendo la figura del comes cui pi che noto affid la sorveglianza delle citt italiane (8). I comites, collocati per singulas civitates, rispondevano nelle
loro funzioni a due esigenze primarie nellamministrazione generale
del regno: luna legata alla necessit di rafforzare il potere centrale e
allesigenza di costituire unorganizzazione destinata a regolare la vita degli Ostrogoti stanziati in Italia; laltra dettata dalla volont di
promuovere e rispettare una politica di integrazione fra elemento
germanico ed elemento romano, rappresentando il comes un punto
di incontro e di riferimento per entrambi. Al comes erano affidati
compiti anche nellambito dellamministrazione della giustizia, sfera
molto difficile da gestire e che aveva notevole peso sulla bilancia dei
rapporti fra Goti e Romani.
Daltra parte, per definire esattamente il campo di competenze
destinate ai comites e agli altri funzionari del regno, Teoderico eman una serie di formule (9), tra le quali, senza dubbio, spicca per importanza la Formula comitivae Gothorum per singulas civitates, capitolo fondamentale nellambito del disegno politico promosso dallAmalo (10): con questa normativa infatti egli desiderava rispondere in
(8)
Uno studio approfondito sulle funzioni e limportanza civile del comes resta sempre
L. GATTO, Figura e funzione del Comes. Momento di raccordo e di convivenza fra Goti e Romani, in Societ multiculturali nei secoli V-IX, cit., pp. 127-142; inoltre K. TABATA, I comites
gothorum e lamministrazione municipale in epoca ostrogota, in Humana Sapit. tudes dantiquit tardive offertes Lellia Cracco Ruggini, Bibliothque de lantiquit tardive, 3, a cura di J.
M. Carri e R. Lizzi Testa, Turhout 2002, pp. 67-78.
(9)

Molte sono le Variae relative ai comites e alle loro funzioni nellambito del regno goto, per lo pi racchiuse nei libri VI e VII dellopera cassiodorea; in particolare tre sono le
formule che tendono a precisare con una certa esattezza i campi di pertinenza di questi funzionari: la Formula Comitivae provinciae (Var. VII, 1), la Formula comitivae Gothorum per
singulas civitates (Var. VII, 3) e la Formula Comitivae diversarum civitatum (Var. VII, 26).
(10)

Magni Aurelii Cassiodori Variarum Libri XII, in CCL XCVI, cura et studio A. J.
Fridh, Turnholt 1973, Var. VII, 3, pp. 262-263: Cum deo iuvante sciamus Gothos vobiscum habitare permixtos, ne qua inter consortes, ut assolet, indisciplinatio nasceretur, necessarium duximus illum sublimem virum, bonis nobis moribus hactenus comprobatum, ad vos
comitem destinare, qui secundum edicta nostra inter duos Gothos litem debeat amputare, si

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maniera pi adeguata alla necessit di garantire anzitutto una giustizia equa ai suoi sudditi e poi di concretizzare anche il suo piano di
comunione interculturale.
In realt, con la suddetta formula, Teoderico assicurava s il
mantenimento e il rispetto da parte dei Goti delle normative imperiali, ma allo stesso tempo destinava il controllo e lapplicazione di
esse a funzionari germanici, conservando per s piena libert di dettar legge al suo popolo. Egli aveva, perarltro, preso coscienza del
fatto che sotto il profilo giuridico si erano venuti a creare due diversi campi di pertinenza cui corrispondevano due popoli piuttosto
ben distinti, il romano e il germanico. Nei confronti dei cives del
vecchio Impero, il re si presentava pertanto quale esecutore della
politica bizantina, sostituto in toto dellimperatore dOriente, in funzione del quale egli disponeva della vita e della sorte giuridica dei
suoi sudditi, valendosi dei mezzi legislativi che lo stesso Impero aveva a lui trasmesso.
Cos Teoderico patricius e magister militum praesentalis amministrava la giustizia avvalendosi del cospicuo corredo di leggi romane
sempre rispettate dal senato e dal popolo di Roma, ma in quanto re
dei Goti egli pretendeva di operare anche quale responsabile primo
del regno ostrogoto e quale alto funzionario di un popolo con proprie tradizioni e proprie consuetudini; in questo senso, la Formula
comitivae Gothorum distingueva Romani e Goti di fronte al diritto,
ma assicurava pure a entrambi, e soprattutto al popolo ostrogoto, la
quod etiam inter Gothum et Romanum natum fuerit fortasse negotium, adhibito sibi prudente Romano certamen possit aequabili ratione discingere. inter duos autem Romanos Romani audiant quos per provincias dirigimus cognitores, ut unicuique sua iura serventur et
sub diversitate iudicum una iustitia complectatur universos. Sic pace communi utraeque nationes divinitate propitia dulci otio perfruantur. scitote autem unam nobis in omnibus aequabiliter esse caritatem: sed ille se animo nostro amplius commendare poterit, qui leges
moderata voluntate dilexerit. non amamus aliquid incivile: scelestam superbiam cum suis detestamur auctoribus. violentos nostra pietas execratur. in causa possint iura, non brachia.
nam cur eligant quaerere violenta, qui praesentia probantur habere iudicia? ideo enim emolumenta iudicibus damus, ideo tot officia diversis largitatibus continemus, ut inter vos non
sinamus crescere quod possit ad odium pertinere. Unum vos amplectatur vivendi votum,
quibus unum esse constat imperium. audiat uterque populus quod amamus. Romani vobis
sicut sunt possessionibus vicini, ita sint et caritate coniuncti. vos autem, Romani, magno studio Gothos diligere debetis, qui et in pace numerosos vobis populos faciunt et universam
rem publicam per bella defendunt. itaque destinato a nobis iudici vos convenit oboedire, ut
quicquid pro conservandis legibus censuerit, modis omnibus impleatis, quatenus et nostro
imperio et vestrae utilitati satisfecisse videamini .

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garanzia di una giustizia equa in quanto personale (11). Il re, in tal


modo, teneva fede ai patti con Bisanzio non allontanandosi mai
troppo dal rispetto dovuto alle istituzioni romane ed esimendosi dal
dettare legge al popolo di Roma in modo troppo prescrittivo, pur
rimanendo anzitutto giudice e re della sua gente (12).
Allo stesso tempo egli si era pure reso conto che ai Goti e ai
Romani si aggiungeva, di fronte alla legge e di fronte allo stato, un
terzo ordine, ossia quello dei fedeli, dei religiosi, di tutti coloro che
in qualche modo gravitavano intorno alla sfera ecclesiastica, i quali
riconoscevano nel pontefice romano lunica e vera guida spirituale,
cui fare riferimento non solo per la soluzione di questioni legate alla
materia di fede, bens anche per dirimere controversie di altra natu(11)
Le Variae di Cassiodoro attestano ovunque la ferma intenzione da parte di Teoderico e dei suoi successori di guidare il popolo romano e goto secondo due distinte visioni politiche rispondenti una alle leggi romane e alla autorit superiore di Bisanzio, laltra alle esigenze di un popolo le cui abitudini e la cui storia erano legate pi a una tradizione orale che
a una precisa normativa scritta, bench le fonti ci forniscano testimonianze certe dellavvenuta raccolta e codificazione scritta da parte di Teoderico di leggi gote, chiamate belagines :
Iordanes, Get. XI, 69, 3-6: Nam ethicam eos erudiens barbaricos mores compescuit: physicam tradens, naturaliter propriis legibus vivere fecit, quas usque nunc conscriptas belagines nuncupant (F. GIUNTA, A. GRILLONE, Iordanis De origine actibusque Getarum, in
Fonti per la Storia dItalia , CXVII, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Roma 1991,
p. 32); ENNODIUS, Panegyricus XX, 87: Nam indomita inter acies ingenia lex coercet: summittunt praeceptis colla post laurea set calcatis hostium cuneis, quibus arma cesserint, decreta dominantur (Panegirico del clementissimo re Teoderico, a cura di S. Rota, Roma 2002, p.
224); Excerpta Valesiana 14 (60): Sic gubernavit duas gentes in uno romanorum et gothorum . . . Ut etiam a romanis Traianus vel Valentinianus, quorum tempora sectatus est, appellaretur, et a gothis secundum edictum suuum, quo ius (quod eis) constituit, rex fortissimus
in omnibus iudicaretur (Excerpta Valesiana, Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana, recensuit J. Moreau, Lipsiae 1968, p. 17); in ultimo voglio citare il passo delle Variae cassiodoree dove si fa ulteriormente riferimento alle leggi dei Goti: . . . ad
vos comitem destinare, qui secundum edicta nostra inter duos Gothos litem debeat amputare (Var. VII, 3 ed. cit., p. 262). Uno studio particolare sulle sopravvivenze culturali gote in
Italia stato offerto da G. RESTELLI, Sopravvivenze della cultura gotica in Italia, in Rendiconti dellIstituto Lombardo di Scienze e Lettere. Classe di Lettere e Scienze morali e storiche , CXV (1981), pp. 207-264 (spec. p. 226).
(12)

Il racconto dellAnonymus Valesianus fa riferimento a una promessa fatta da Teoderico ai cittadini di Roma di mantenere inalterato il loro corpus giuridico ( deinde veniens ingressus Urbem venit ad senaatum et ad Palmam, populo adlocutus se omnia, deo iuvante,
quod rettro principes Romani ordinaverunt inviolabiliter servaturum promittit : Excerpta
Valesiana, 12 [66] ed. cit., p. 19), promessa che egli si perit di rispettare come risulta da una
lettera delle Variae di Cassiodoro: Delectamur iure Romano vivere quos armis cupimus vindicare, nec minor nobis est cura rerum moralium quam potest esse bellorum. quid enim proficit barbaros removisse confusos, nisi vivatur ex legibus? (Var. III, 43, 1 ed. cit., p. 126).

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ra nate in seno alla Chiesa. Gli stessi cittadini dellImpero, per abitudine e per necessit, erano soliti rivolgersi alle istituzioni religiose
locali onde trovare facili e veloci soluzioni alle loro contese, in alternativa alla pi lenta e spesso disorganizzata burocrazia imperiale e
gota. La Chiesa di Roma, daltronde, aveva raggiunto gi allora una
capacit e un potere dintervento in campo civile abbastanza elevato
e soprattutto era riuscita a costituire unorganizzazione interna molto forte; pertanto, attraverso una presenza diramata quasi in tutte le
zone settentrionali e centrali della penisola, il vicario di Cristo poteva gestire la situazione delle diocesi tramite il vescovo metropolita o
altro delegato papale, appositamente inviato in caso di necessit
presso le zone territoriali pi o meno lontane da Roma. Rispetto allamministrazione centrale rappresentata a Roma dal papa, esistevano dunque varie realt locali nellambito delle distinte province del
regno, nelle quali vero portavoce di Roma era il vescovo a cui i fedeli ricorrevano in caso di necessit (13).

(13)
Sulla formazione di uno stato della Chiesa nellalto Medioevo e sul potere crescente
dei vescovi in questi secoli, cfr. C. MAGNI, Ricerche sopra le elezioni episcopali in Italia durante lalto Medioevo, Roma 1928; S. MOCHI ONORY, Vescovi e citt (sec. IV-VI), Bologna 1933;
E. CASPAR, Geschichte des Papstums, Tbingen 1933, voll. I-II; A. P. FRUTAZ, Le sedi vescovili
in Italia nei secoli V e VI, in Histoire de lglise depuis les origines jusqu nos jours, a cura di
A. Fliche, V. Martin, Torino, 1941, vol. IV; G. LE BRAS, Histoire du Droit et des Institutions
de lglise en Occident, Paris 1955; W. ULLMANN, Il papato nel Medioevo, Roma-Bari 1975; C.
G. MOR, Sui poteri civili dei vescovi dal IV al secolo VIII, I poteri temporali dei Vescovi in Italia e in Germania nel Medioevo, in Annali dellIstituto storico italo-germanico , III (1979),
pp. 7-33; F. LANZONI, Le diocesi dItalia dalle origini al principio del secolo VII (a. 604), Modena 1980 (I ed. 1927); P. G. CARON, Natura giuridica del sistema dei rapporti fra Stato e
Chiesa nellImpero romano e nellImpero bizantino, in Studi in onore di Cesare Sanfilippo, Milano 1982, vol. II, pp. 63-75; G. ARNALDI, Lapprovvigionamento di Roma e lamministrazione
dei Patrimoni di S. Pietro al tempo di Gregorio Magno, in Studi Romani , XXXIV
(1986), pp. 25-39; IDEM, Le origini del Patrimonio di San Pietro, in G. ARNALDI, P. TOUBERT,
D. WALEY, J.-C. MAIRE VIGUEUR, R. MANSELLI, Comuni e signorie nellItalia nordorientale e
centrale: Lazio, Umbria e Marche, Lucca, Torino 1987, pp. 3-151; IDEM, Le origini dello Stato
della Chiesa, Torino 1987, pp. 29-53; O. CONDORELLI, Ordinare-Iudicare: ricerche sulle potest dei vescovi nella Chiesa antica e altomedievale (secoli II-IX), Roma 1987; G. VISMARA, La
giurisdizione civile dei vescovi (secoli I-IX), Milano 1995; IDEM, La giurisdizione civile dei vescovi nel mondo antico. La giustizia nellAlto Medioevo (secoli V-VIII), Spoleto 1995; Cristianesimo e istituzioni politiche: da Costantino a Giustiniano, a cura di E. Dal Covolo, R. Uglione, Roma 1997; G. CRIFO`, La Chiesa e lImpero nella storia del diritto, ibidem, pp. 171-196; F.
MARAZZI, I patrimonia Sanctae Romanae Ecclesiae nel Lazio (secoli IV-X). Struttura amministrativa e prassi gestionali, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Roma 1998 (Nuovi
Studi Storici XXXVII); P. DELOGU, Solium imperii-urbs ecclesiae. Roma fra la tarda antichit

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Osservando la situazione italiana pi criticamente, non possiamo


non renderci conto di quanto, in questo preciso memento storico, la
presenza vescovile, al di l delle estese competenze e degli uffici ottenuti nei secoli precedenti per volont degli stessi imperatori cristiani, avesse un valore sociale e allo stesso tempo civile assai elevato, in considerazione del fatto che, di fronte allevolversi degli eventi
politici che certo non avevano affatto favorito le situazioni locali,
unica guida per i poveri e per la gente comune rimanevano proprio
coloro che si erano sempre dimostrati presenti e vicini ai pi impellenti bisogni del popolo di fedeli. Soprattutto per quanto riguarda i
territori settentrionali e meridionali, pi lontani dallinfluenza diretta
della Chiesa romana, non era determinante, ai fini di una sicurezza
personale, comprendere cosa la Chiesa fosse divenuta in quanto istituzione, ma piuttosto cosa essa realmente rappresentasse per il popolo, il quale, sfiduciato ormai dal senato, dalle istituzioni civili, dallo stesso Impero, pi attento ai grandi conflitti politici-territoriali e
alle grandi controversie teologiche che agli interessi dei sudditi, trov nelle istituzioni ecclesiastiche un elemento di continuit rassicurante circa il proprio destino.
Teoderico, dunque, possedette lintuito di comprendere che sarebbe risultato vano il tentativo di opporsi al progressivo accrescimento del potere dei vescovi, e prefer piuttosto avvalersi del loro
aiuto per raggiungere pi facilmente i suoi scopi, nel desiderio ultimo di mantenere, con il potere, la pace e la concordia allinterno
del regno (14). LAmalo si fece cos responsabile di una politica di allargamento dei poteri vescovili, che si accrebbero in proporzione alla volont del sovrano di mantenere buoni rapporti con la Chiesa di
e lalto Medioevo, in Sedes regiae (ann. 400-800), a cura di G. Ripoll, J. M. Gurt, A. Chavarria, Barcellona 2000, pp. 83-108.
(14)
Per quanto riguarda la politica religiosa di Teoderico si rimanda ai seguenti studi:
O. BERTOLINI, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, cit., pp. 71-82; G. B. RICOTTI, Osservazioni su alcuni punti della politica religiosa di Teoderico, in I Goti in Occidente, cit., pp.
173-226; T. F. X. NOBLE, Theodoric and the Papacy, in Teoderico il Grande e i Goti dItalia,
cit., pp. 395-423; S. ROTA, La Chiesa di Roma di fronte ai barbari (V-VIII secolo), in La Comunit Cristiana di Roma. La sua vita e la sua cultura dalle origini allalto Medio Evo, a cura di
L. Pani Ermini, P. Siniscalco, Citt del Vaticano 2000, pp. 139-170; T. SARDELLA, Societ,
Chiesa e Stato nellet di Teodorico, cit.; in particolare ritengo utile citare un recente contributo di B. Luiselli relativo allarianesimo dei Goti: B. LUISELLI, Dallarianesimo dei Visigoti di
Costantinopoli allarianesimo degli Ostrogoti dItalia, in Rendiconti dellAccademia Nazionale dei Lincei, Classe di Scienze morali, storiche e filologiche , XVI/1 (2005), pp. 5-30.

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GIANLUCA PILARA

Roma e alla necessit di controllare un territorio vasto e di varia configurazione come quello italiano. I vescovi delle province italiane ottennero quindi compiti piuttosto precisi sia nellambito del controllo
della vita cittadina che sul piano dellimpegno giurisdizionale (15), campo in cui la Chiesa ebbe, per volont del re, unesclusiva prerogativa
su tutti coloro che, religiosi o laici, erano legati al vescovo. Il re germanico vedeva probabilmente in queste concessioni la possibilit di
conquistare per s il favore del popolo romano e soprattutto lamicizia del clero, che grande influenza aveva sui fedeli e sugli abitanti del
regno.
E sempre in ambito locale e cittadino, Teoderico, a una riorganizzazione delle amministrazioni, finalizzata al potenziamento e al
consolidamento del potere centrale, fece seguire di pari passo una
politica di riordinamento urbanistico in tutte le citt italiane, e in
special modo a Roma, sede del senato e del papa, e a Ravenna, sede
della corte e del re dei Goti (16).
Il disegno politico teodericiano assumeva allora una sua forma
e una sua consistenza, tanto che, assicuratosi una certa serenit e
(15)
Sul potere di intervento dei vescovi in ambito giurisdizionale la bibliografia molto
ampia, pertanto ci limiteremo in questa sede a citare alcuni dei contributi pi importanti: G.
VISMARA, Episcopalis audientia. Lattivit giurisdizionale del vescovo per la risoluzione delle
controversie private tra laici nel diritto romano e nella storia del diritto italiano fino al secolo
nono, Pubblicazioni del Sacro Cuore, Serie II, LIV, Milano 1937; V. BUSEK, Episcopalis audientia, eine Friedens- und Schiedsgerichtsbarkeit, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung fr
Rechtsgeschichte-Kanonistische Abteilung , XXVIII (1939), pp. 453-492; G. MASI, Ludienza vescovile nelle cause laiche da Costantino ai Franchi, in Archivio Giuridico , Serie LIV/2
(1939), pp. 86-191; W. SELB, Episcopalis audientia von der Zeit Konstantins bis zur Nov.
XXXV Valentinians III, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung fr Rechtsgeschichte-Kanonistische Abteilung , LXXXIV (1967), pp. 162-217; G. LOMBARDI, Lemergere dellordinamento
giuridico della Chiesa nel contesto sociale del mondo romano, in Studia et Documenta Historiae et Iuris , XLIV (1978), pp. 1-8; M. R. CIMMA, Lepiscopalis audientia nelle costituzioni
imperiali da Costantino a Giustiniano, Torino 1989; G. CRIFO`, A proposito di episcopalis audientia, in Institutions, socit et vie politique dans lEmpire romain au IV e sicle ap. J.-C., d.
par M. Christol et al., Roma 1992 ( Collction de lcole franaise de Rome , CLIX),
pp. 397-410; G. VISMARA, La giurisdizione civile dei vescovi, secoli I-IX, cit.; G. PILARA, Sui tribunali ecclesiastici nel IV e V secolo: ulteriori considerazioni, in Studi Romani , LII (2004),
pp. 353-378; sullamministrazione della giustizia in et gota si veda G. VISMARA, Romani e
Goti di fronte al diritto nel Regno ostrogoto, in I Goti in Occidente, cit., pp. 409-463; IDEM,
Lepiscopalis audientia, cit., pp. 122-133; IDEM, Il diritto nel Regno dei Goti in Italia, in
Studia et Documenta Historiae et Iuris , LVIII (1992), pp. 1-33.
(16)
Sullazione di riordinamento urbanistico ed edilizio attuata da Teoderico si veda in
particolare L. GATTO, Ancora sulledilizia e lurbanistica nella Roma di Teodorico, in Romanobarbarica , XII (1992-1993), pp. 311-380 (con ampia bibliografia sullargomento).

ANCORA UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA POLITICA ITALIANA DI TEODERICO

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unapparente sicurezza sotto il profilo giuridico e militare, non rimaneva allAmalo che affermarsi anche sul piano dei rapporti con lelemento romano rappresentato nellUrbe dal senato e dal clero. Ma
gli eventi che fecero da sfondo al lungo periodo di regno e che, sin
dai primi momenti della sua ascesa al potere, mostrarono con evidenza la realt di una situazione politica assai controversa, fecero
subito percepire al goto Teoderico le enormi difficolt che avrebbe
incontrato per ottenere un concreto riconoscimento da parte delle
grandi forze interne alla citt dei papi.
Per prima cosa Teoderico dovette intervenire in campo ecclesiastico nellintento di appianare le divergenze nate in seguito al grave
scisma uno dei primi che colpirono lUrbe proprio nei secoli in
cui si dette luogo alla prima organizzazione della Chiesa destinato
a dividere la Chiesa di Roma tra una fazione del clero favorevole allelezione pontificia del diacono Simmaco e una che appoggiava invece il presbitero Lorenzo. Di fronte al prolungarsi dello scisma,
Teoderico spinse i vescovi riuniti in concilio a prendere una decisione. Il giorno 23 ottobre 502, durante la quarta seduta di un sinodo
iniziato gi da un anno, i vescovi conciliari, non potendo assolvere
in contumacia Simmaco, introdussero per la prima volta la formula
giuridica della ingiudicabilit del papa ( papa a nemine iudicatur ),
un principio che in avvenire si sarebbe rivelato di grande importanza per la vita della Chiesa e del papa. Venne cos decretata la reintegrazione di Simmaco al soglio pontificio e lallontanamento di Lorenzo da Roma. Lo scisma, chiamato in seguito laurenziano , prosegu con alterne vicende fino al 506, anche se di fatto si arrest solo con la morte di Simmaco nel 514 (17). Teoderico intervenne, quindi, in una seconda fase, per imporre il rispetto delle decisioni del
concilio: i laurenziani dovettero restituire a Simmaco i tituli di cui si
erano appropriati e insieme a questi il papa ottenne la reintegrazione dei pieni poteri pontifici. Inoltre il re goto assunse alla praefectu-

(17)
Per quanto riguarda lo scisma laurenziano cfr. R. CESSI, Lo scisma laurenziano e
le origini della dottrina politica della Chiesa di Roma, in Archivio della Societ Romana di
Storia Patria , XLII (1919), pp. 5-229; A. ALESSANDRINI, Teoderico e papa Simmaco durante
lo scisma laurenziano, in Archivio della Societ Romana di Storia Patria , LXVII (1944),
pp. 153-207; T. SARDELLA, Societ, Chiesa e Stato nellet di Teodorico, cit.; EADEM, Simmaco,
in Enciclopedia dei Papi, I, Roma 2000, pp. 464-473; Il papato di san Simmaco (498-514). Atti
del Convegno Internazionale di Studi, Oristano 19-21 novembre 1998, Cagliari 2000.

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ra praetorio il fedele amico di Simmaco, Fausto, dando a tutti sentore che la piena concordia tra re, Senato e Chiesa di Roma fosse allora restaurata.
Lintervento di Teoderico aveva per dimostrato che la situazione interna era ben lontana dal trovare una soluzione pacifica e dal
raggiungere una tranquillit che potesse considerarsi duratura. Il senato si era rivelato unarma debole, troppo soggetto alle influenze
delle potenti famiglie cittadine, dalle quali uscivano quasi tutti i suoi
membri; questultimi poi vedevano nellassemblea lo strumento pi
adatto a far prevalere i rispettivi interessi. Inoltre, era altrettanto
inevitabile il graduale delinearsi di una rivalit e di un contrasto di
interessi fra lantica aristocrazia senatoria romana e la nascente aristocrazia gota, in considerazione anche del fatto che il re, come aveva gi dimostrato, pensava di accogliere di fatto anchessa nelle file
del Senato. I rapporti tra i Goti e i Romani andarono cos ulteriormente a deteriorarsi, evidenziando sempre di pi la necessit da
parte dei senatori di trovare pi concreti appoggi in Oriente e, allopposta parte, una volont regia di impedire qualsiasi ritorno allImpero.
A tutto ci doveva aggiungersi la difficile situazione religiosa,
che se fino a questo momento aveva in qualche modo favorito Teoderico e i Goti dItalia, basandosi su un distacco apparentemente
netto tra Roma e Bisanzio, cominciava a configurarsi ora, di fronte
alla pacificazione tra le due Chiese, quale motivo incontrovertibile e
primario di crisi. Infatti in seguito allinvio di una delegazione apostolica a Bisanzio da parte del successore di Simmaco, Ormisda
(514-523), tra il marzo 519 e il luglio 520, si erano riaperte le trattative religiose tra Oriente e Occidente, e lo scisma acaciano , che
aveva per lungo tempo contribuito a mantenere lontane le due grandi capitali dellImpero, sembrava ormai quasi giunto al suo termine (18).
Naturalmente, la ripresa di pi normali rapporti tra papato romano e imperatore bizantino fin per condizionare ancor pi negativamente quel sistema di valori che bene o male aveva fino ad allora assicurato una certa armonia tra Bisanzio e Ravenna. Intorno allanno 523, Giustino, ormai pronto a riconoscere e accettare i termi(18)
Per quanto concerne lo scisma acaciano si veda O. BERTOLINI, cit., pp. 80-86; W. H.
C. FREND, The Rise of the Monophysite Movement, Cambridge 1972, pp. 143-254; A. GRILLMEIER, Jesus der Christus im Glauben der Kirche, 2/1, Freiburg-Basel-Wien 1986, pp. 279-358.

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ni del concilio calcedonese motivo di controversia tra le due chiese che aveva portato, solo quarantanni prima, alla promulgazione
delleditto dellHenotikon e allo scisma che ne deriv , nella ferma
intenzione di mantenersi fedele ai patti con Roma, eman un editto
di persecuzione contro gli eretici e segnatamente contro gli ariani.
Non possiamo essere certi che tale editto abbia subito conosciuto effettiva applicazione in Occidente ma con la sua pubblicazione
si rese evidente un cambiamento di volta nella politica religiosa
orientale destinato a porre in condizione di crisi tutti coloro che,
monofisiti o ariani, si erano precedentemente allontanati dalla fede
ortodossa romana (19).
A tal proposito possediamo alcune testimonianze relative a una
campagna antiereticale inaugurata da questo imperatore. Nella Historia Romana lo storico longobardo Paolo Diacono parla in proposito di una persecuzione perpetrata contro gli ariani nellanno sesto
del regno di Giustino (523/524):
At vero in Orientis partibus, dum adhuc eo tempore per loca singola Arriana
haeresis vigeret, Iustinus ardore ortodoxae fidei omnimodis satagere coepit, ut
haereticorum nomen extingueret, statuitque, ut ubique eorum ecclesias catholica
religione consecraret (20).

Lesistenza di un editto di questo tipo poi accertata dal Codex


Justinianus ove una legge antiariana datata allanno 527 e attribuita agli imperatori Giustino e Giustiniano (21). In ultimo si aggiunge la
voce del Liber che alla vita Iohannis cos riferisce:
Eodem tempore Iustinus imperator vir religiosus summo ardoris amore religionis Christianae voluit haereticos extricare. Nam summo fervore christianitatis
hoc consilio usus est, ut ecclesias Arrianorum catholicas consecraret (22).

(19)

Vedi in proposito B. LUISELLI, Dallarianesimo dei Visigoti, cit., p. 27.

(20)

Pauli Historiae Romanae Libri XI-XVI, MGH AA II, recensuit et adnotavit H.


Droysen, Berolini 1979, XVI, 8, p. 318.
(21)

Cfr. CJ I, 5, 12. I Goti sono per esclusi in quanto foederati dellImpero: Considerantes autem, quod Gothos saepe devotis foederatis adscripsimus, quibus neque indoles neque vita praeterlapsa tales animos imposuit, de severitate nonnihil eis remittere decrevimus
et foederatos eos fieri honoirbusque decorari permittimus, quemadmodum nobis visum fuerit (Corpus Iuris Civilis, II, Codex Iustinianus, recognovit et retractavit P. Krueger, Berolini
1954, I, 5, 12[17], p. 54).
(22)

Le Liber Pontificalis , texte, introduction et commentaire par L. Duchesne, I, Paris 1884, v. Iohannis, LV, 87, p. 275.

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La nuova situazione comport in ogni modo laccrescimento di


unintolleranza religiosa che rese praticamente impossibili i contatti
tra regno goto e corte imperiale; ma soprattutto mise in una condizione difficile, agli occhi di Teoderico, quanti in precedenza, senatori e aristocratici, avevano appoggiato una politica filo-bizantina. Si inaugur cos il periodo dei processi contro i personaggi pi
influenti del momento, Boezio, Simmaco, Albino, accusati di tradimento alla corona regia. Dice il Liber Pontificalis: hereticus rex
Theodericus . . . exarsit et voluit totam Italiam ad gladium extinguere (23).
Nellautunno del 523 un certo Severo, di stretta osservanza teodericiana, riusc a mettere le mani su alcune lettere che Albino e altri suoi amici del Senato avevano indirizzato allimperatore dOriente Giustino, dove, senza reticenze, il senatore romano presentava
potenti dichiarazioni di consenso allorientamento della politica religiosa avviata dal monarca bizantino. Immediatamente Severo fece
trasmettere tali missive, accompagnate da precisa denuncia, al re
Teoderico. Boezio nella sua qualit di magister officiorum tent, forse prevedendone le dure conseguenze, di soffocare la cosa. Il re, per, ne fu informato da uno degli alti funzionari della cancelleria ravennate, il referendarius Cipriano, in carica per quellanno.
Un testo anonimo del VI secolo, il noto Anonymus Valesia(24)
nus , ci fornisce informazioni utili a ricostruire alcune fasi del processo; testimonianza che trova riscontro con quanto affermato da
Boezio nel suo ultimo lavoro, ovvero nel De consolatione Philosophiae. La fonte anonima accusa il re Teoderico di cercare ogni motivazione per colpire i romani e il senato: Post haec coepit adversus
Romanos rex subinde fremere inventa occasione (25); e, per lesattezza, occasione propizia agli occhi del Goto per tentare di indebolire
la forza dellantica assemblea, fu offerta dal lungo processo che si
apr proprio con le accuse di Cipriano: Cyprianus, qui tunc referendarius erat, postea comes sacrarum et magister, actus cupiditate,

(23)

Liber Pontificalis I, v. Iohannis, LV, 87, p. 275.

(24)

Per unanalisi accurata di questa fonte anonima si veda W. BRACKE, LAnonimus Valesianus II, Bologna 1992, inoltre G. ZECCHINI, LAnonimo Valesiano II: genere storiografico e
contesto politico, in Teoderico il Grande e i Goti dItalia, cit., pp. 809-818.
(25)

Excerpta Valesiana, 85, ed. cit., p. 24.

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insinuans de Albino patricio, eo quod litteras adversus regnum eius


imperatori Iustino misisset (26); allo stesso modo narra Boezio: Ne
Albinum consularem virum praeiudicatae accusationis poena corriperet, odiis me Cypriani delatoris opposui (27). Teoderico, allora,
convoc a Verona il consistorium e invit il patrizio Albino a discolparsi. Questi di fronte al tribunale del re neg ogni addebito (28).
Boezio, chiamato a far parte del consiglio, convinto della sua posizione di forza, prese le difese del convenuto, chiamando in causa se
stesso e lintero senato: Tunc Boethius patricius, qui magister officiorum erat, in conspectu regis dixit: Falsa est insinuatio Cypriani,
sed si Albinus fecit, et ego et cunctus senatus uno consilio fecimus;
falsum est, domine rex (29). Il magister officiorum voleva, forse, richiamare in tal modo lintegrit del senato, affermando come unilaterale la volont di ciascun membro della sacra assemblea e negando
che mai alcun senatore avrebbe voluto assumere un atteggiamento
anticostituzionale (30). Cos, se di fronte al regio concistoro le accuse
contro Albino fossero state giudicate legittime, non solo la sua persona ma tutto il Senato romano sarebbe stato giudicato colpevole di
lesa maest. Purtroppo le parole di Boezio, troppo convinto di non
poter essere colpito, data la sua posizione di forza, il suo nome e le
prove di lealt conferite in passato al re goto, si rivelarono imprudenti. Teoderico aspettava per lappunto loccasione giusta per reagire contro il Senato di Roma, che evidentemente acquisiva sempre
pi posizioni per lui scomode e troppo vicine alla corte imperiale. Il
sovrano, infatti, ne trasse subito motivo per estendere listruttoria al
magister officiorum e allintero Senato. Boezio fu sospeso dalla carica

(26)

Excerpta Valesiana, 85, ed. cit., pp. 24-25.

(27)

Anicii Manlii Severini Boethii Philosophiae Consolationis Libri Quinque, CCL


XCIV, edidit L. Bieler, Turnholt 1957, I, 4, 14, p. 8.
(28)

Cfr. Excerpta Valesiana, 85, ed. cit., p. 25.

(29)

Excerpta Valesiana, 85, ed. cit., p. 25.

(30)

BOETH., Phil. Cons., I, 4, 20-22. 32: At cuius criminis arguimur summam quaeres.
Senatum dicimur salvum esse voluisse. Modum desideras? Delatorem, ne documenta deferret, quibus senatum maiestatis reum faceret, impedisse criminamur . . . Meministi, inquam,
Veronae cum rex avidus exitii communis maiestatis crimen in Albinum delatae ad cunctum
senatus ordinem transferre moliretur, universi innocentiam senatus quanta mei periculi securitate defenderim (ed. cit., pp. 9-10).

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e senza indugi fu aperto un procedimento volto ad accertarne le responsabilit. Cipriano produsse tutta la documentazione necessaria
ad incriminare il suo superiore. Dallo stesso Boezio sappiamo altres
che lincartamento istruttorio fu accresciuto da presunte lettere dove
il magister officiorum esprimeva aspirazioni di libert per i Romani:
Nam de compositis falso litteris, quibus libertatem arguor sperasse
Romanam, quid attente dicere? Quorum fraus aperta patuisset, si
nobis ipsorum confessione delatorum, quod in omnibus negotiis
maximas vires habet, uti licuisset. Nam quae sperari reliqua libertas
potest? Atque utinam posset ulla (31). Inoltre, furono condotti testimoni per rafforzare le accuse contro i due patricii (32), nei confronti
dei quali Boezio avrebbe prodotto valide accuse di indegnit morale, riconoscendoli quali colpevoli di reati comuni e indegni di invalidare unaccusa con la loro inattendibile testimonianza:
Quibus autem deferentibus perculsi sumus? Quorum Basilius olim regio ministerio depulsus in delationem nostri nominis alieni aeris necessitate compulsus
est. Opilionem vero atque Gaudentium cum ob innumeras multiplicesque fraudes
ire in exsilium regia censura decrevisset cumque illi parere nolentes sacrarum sese
medium defensione tuerentur compertumque id regi foret, edixit, uti, ni intra
praescriptum diem Ravenna Urbe decederente, notas insigniti frontibus pellerentur. Quid huic severitati posse astrui videtur? Atquin eo die defrentibus eisdem
nominis nostri delatio suscepta est. Quid igitur, nostrane arte sita meruerunt an illos accusatore iustos fecit praemissa damnatio? Itane nihil fortunam puduit si minus accusatae innocentiae, at accusantium vilitas? (33).

Per di pi, dei tre testi, due erano con buona probabilit parenti
stretti di Cipriano, come sembra trasparire da alcuni passi delle Variae di Cassiodoro, dove Opilione chiamato fratello del referendarius (34) e il senatore Basilio cognato di Opinione (35).
Nonostante la situazione creatasi fosse tuttaltro che veramente
lesiva per gli imputati, il re prest tuttavia fede alle testimonianze e

(31)

BOETH., Phil. Cons., I, 4, 26-27, ed. cit., p. 9.

(32)

Excerpta Valesiana, 86: Tunc Cyprianus haesitans non solum adversus Albinum
sed et adversus Boethium, eius defensorem, deducit falsos testes (ed. cit., p. 25).
(33)

BOETH., Phil. Cons., I, 4, 15-19, ed. cit., p. 8.

(34)

Cfr. CASSIOD. Var., VIII, 16, 17.

(35)

Cfr. CASSIOD., Var., VIII, 16, 2; 17, 5.

ANCORA UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA POLITICA ITALIANA DI TEODERICO

447

ai capi di accusa prodotti contro i due patrizi (36), rifiutando persino


di ascoltare le loro difese (37). Il re e la corte erano evidentemente
convinti che una soluzione drastica avrebbe potuto mettere fine o
quantomeno incutere timore nei senatori o in chiunque altro avesse
voluto opporsi alla volont regia. Allaccusa, impugnata dagli avversari di Boezio, al principio del processo, di ambitus dignitatis per
aver tentato di mettere a tacere la cosa al suo nascere, si aggiunse
cos sul tavolo del tribunale laccusa pi grave di laesa maiestas, che
rese inevitabile il prosieguo delle indagini da concludersi con una
condanna certa. Sappiamo, inoltre, dallo stesso Boezio che a queste
imputazioni se ne aggiunse unaltra ancora di natura dottrinale, legata proprio allo studio della filosofia che gli comport laccusa di
sacrilegium:
Cuius dignitatem reatus ipsi etiam qui detulere viderunt; quam uti alicuius
sceleris ammixtione fuscarent, ob ambitum dignitatis sacrilegio me conscientiam
polluisse mentiti sunt. Atqui et tu insita nobis omnem rerum mortalium cupidinem de nostri animi sede pellebas et sub tuis oculis sacrilegio locum esse fas non
erat . . . Praeterea penetral innocens domus, honestissimorum coetus amicorum,
socer etiam sanctus et aeque ac tu ipsa reverendus ab omni nos huius criminis suspicione defendunt. Sed o nefas! Illi uero de te tanti criminis fidem capiunt atque
hoc ipso videbimur affines fuisse maleficio quod tuis imbuti disciplinis, tuis instituti moribus sumus (38).

(36)

Excerpta Valesiana, 86-87: Rex dolum Romanis tendebat et querebat quem ad modum eos interficeret: plus credidit falsis testibus quam senatoribus. Tunc Albinus et Boethius ducti in custodia ad baptisterium ecclesiae (ed. cit., p. 25).
(37)

BOETH., Phil. Cons., I, 4, 36: Nunc quingentis fere passim milibus procul muti atque indefensi ob studium propensius in senatum morti proscriptionique damnamur (ed.
cit., p. 10).
(38)

BOETH., Phil. Cons., I, 4, 37-38. 40-41, ed. cit., pp. 10-11. Nelle Variae di Cassiodoro
compare una lettera del re Teoderico a Boezio dove questi loda il suo collaboratore per la
vasta conoscenza da lui acquisita nel campo delle scienze: Hoc te multa eruditione saginatum ita nosse didicimus, ut artes, quas exercent uulgariter nescientes, in ipso disciplinarum
fonte potaueris. Sic enim atheniensium scholas longe positus introisti, sic palliatorum choris
miscuisti togam, ut graecorum dogmata doctrinam feceris esse romanam. Didicisti enim, qua
profunditate cum partibus speculatiua cogitetur, qua ratione actiua cum sua diuisione discatur: deducens ad romuleos senatores quicquid cecropidae mundo fecerant singulare. Translationibus enim tuis Pythagoras musicus, Ptolemaeus astronomus leguntur itali: Nicomachus arithmeticus, geometricus Euclides audiuntur Ausonii: Plato theologus, Aristoteles logicus quirinali uoce disceptant: mechanicum etiam Archimedem latialem siculis reddidisti. Et
quascumque disciplinas uel artes facunda graecia per singulos uiros edidit, te uno auctore

448

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Pertanto, se allinizio dellistruttoria Boezio aveva potuto ritenere o sperare che il senato sarebbe stato concretamente solidale con
la sua posizione, giunto il processo, per cos dire, a una via senza ritorno, la sacra assemblea dei patrizi romani decise di abbandonare
alla loro sorte ormai negativamente scontata i due presunti rei, Albino e Boezio, considerando vano e pericoloso ogni intervento in loro
favore. Boezio con queste parole commenta la scelta dei senatori romani: An optasse illius ordinis salutem nefas vocabo? Ille quidam
suis de me decretis, uti hoc nefas esset, effecerat (39), e subito dopo:
Sed fas fuerit nefarios homines, qui bonorum omnium totiusque
senatus sanguinem petunt, nos etiam, quos propugnare bonis senatuique viderant, perditum ire voluisse. Se num idem de patribus
quoque merebamur? (40).
Boezio e Albino furono tradotti in arresto a Pavia, dove si riun
il consistorium per dare azione legale ed esecutivit alla sentenza di
morte. Il re Teoderico prefer tuttavia evitare il troppo gravoso carico di una tale responsabilit e affid la sentenza al praefectus Urbis
Romae, Eusebio, richiamato in Pavia a tale scopo (41). Questi, assistito
da un iudicium quinquevirale, come era previsto dalla legge romana
per le cause de capite senatorum (42), pronunci contro lautorevole
personaggio la condanna di morte e la confisca dei beni; a Teoderico spett cos soltanto lultimo compito di ratifica della sentenza,
che non ebbe immediato adempimento ma fu prorogata, come si ritiene, al giorno 23 ottobre dellanno 524.
In attesa del giudizio, nel segreto confino in cui consum i suoi
ultimi giorni, Boezio nelle dolenti pagine del De consolatione Philosophiae, vero testamento spirituale del senatore, affid lultima sua
difesa al giudizio dei posteri:
Sibi semper mentiens imprudentia rerum merita non potest immutare nec
mihi Socratico decreto fas esse arbitror vel occuluisse veritatem vel concessisse
patrio sermone Roma suscepit (Var. I, 45, 3-4, ed. cit., pp. 49-50). Sui capi di accusa nel
processo contro Boezio vedi O. BERTOLINI, cit., pp. 89-90 e W. BRACKE, cit., pp. 57-61.
(39)

BOETH., Phil. Cons., I, 4, 23, ed. cit., p. 9.

(40)

BOETH., Phil. Cons., I, 4, 31-32, ed. cit., p. 9: rex vero vocavit Eusebium, praefectum urbis, Ticinum et inaudito Boethio protulit in eum sententiam .
(41)
(42)

Excerpta Valesiana, 87, ed. cit., p. 25.

Motivo per cui taluni hanno voluto ritenere che il processo fosse stato istruito a Roma e non a Pavia o a Ravenna; vedi W. BRACKE, cit., p. 52, e n. 139, p. 54 e n. 147.

ANCORA UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA POLITICA ITALIANA DI TEODERICO

449

mendacium. Verum id quoquo modo sit, tuo sapientiumque iudicio aestimandum


delinquo. Cuius rei seriem atque veritatem, ne latere posteros queat, stilo etiam
memoriaeque mandavi (43).

Infine, secondo il racconto dellAnonymus, Boezio in agro Calventiano, ubi in custodia habebatur, misere fecit occidi. Qui accepta
chorda in fronte diutissime tortus, ita ut oculi eius creparent, sic
sub tormenta ad ultimum cum fuste occiditur (44). Con buona probabilit, medesima sorte tocc anche ad Albino, bench notizie sicure non siano giunte a noi sul suo conto. Sicuramente poco tempo
dopo fu istruito anche il processo contro il senatore Simmaco, il
quale, per aver pianto pubblicamente il cognato, fu accusato di aver
partecipato alla cospirazione contro il re e la corte e fu condannato
anchegli alla decapitazione (45).
Anche uno storico come Procopio di Cesarea, che in pi di
unoccasione si mostr piuttosto favorevole alla politica del re ostrogoto, non giudic positivamente i suoi ultimi atti di governo e in
particolar modo i processi intentati contro i senatori romani, considerando ingiusto latto ed esprimendo la sua evidente contrariet in
questi termini:
H te o Q e u d e r i c o v l o g w m e` n tu r a n n o v , e r g w d e` b a s i l e u` v a l h q h` v tw^ n e n ta u t h t h^
t i m h^ t o` e x a r c h^ v hu d o k i m h k o t w n o u d e n o` v h s s o n , e r w v t e a u t o u^ e n te Go t q o i v k a i`
I t a l i w t a i v p o l u` v h k m a s e , k a i` t a u^ t a a p o t o u^ a n q r w p e i o u t r o p o u . E t e r w n g a` r
e t e r a e n ta i^ v po l i t e i a i v a e i` a i r o u m e n w n t h` n e f e s t w^ s a n a r c h` n xu m b a i n e i a r e -

(43)

BOETH., Phil. Cons., I, 4, 24-25, ed. cit., p. 9.

(44)

Excerpta Valesiana, 87, ed. cit., p. 25.

(45)

Sulla morte per decapitazione subita dai senatori Simmaco e Boezio abbiamo unulteriore testimonianza nella vita Iohannis del Liber Pontificalis: Theodoricus rex hereticus
tenuit duos senatores praeclaros et exconsules, Symmachum et Boetium, et occidit interficiens gladio (Liber Pontificalis I, v. Iohannis, LV, 88 V, p. 276); e cos pure nella Historia
Romana di Paolo Diacono leggiamo: Theodericus rabie suae iniquitatis stimulatus Symmachum exconsulem ac patricium et Boethium senatorem et exconsulem catholicos viros gladio
trucidavit (PAUL. DIACO., Hist. Rom., XVI, 9, ed. cit., p. 219). La decapitazione secondo il
diritto romano era la pena capitale riservata ai senatori mentre diversa sorte toccava al popolo: cfr. Ulpiani Digesta XLVIII, 19, 8, 1-3: Vita adimitur, ut puta si damnatur aliquis, ut
gladio in eum animadvertatur. sed animadverti gladio oportet, non securi vel telo vel fusti vel
laqueo vel quo alio modo. proinde nec liberam mortis facultatem concedendi ius praesides
habent. multo enim vel veneno necandi. divi tamen fratres rescripserunt permittentes liberam mortis facultatem. Hostes autem, item transfugae ea poena adficiuntur, ut vivi exurantur. Nec ea quidem poena damnari quem oportet, ut verberibus necetur vel virgis interematur, nec tormentis: quamvis plerique dum torquentur deficere solent (Corpus Iuris Civilis, I,
Digesta, recognovit Th. Mommsen et retractavit P. Krueger, Berolini 1954, p. 865).

450

GIANLUCA PILARA

s k e i n m e` n e n tw^ p a r a u t i k a o i v a n e n h d o n h^ t a` p r a s s o m e n a h , lu p e i^ n de` w n th^ v


g n w m h v a p e n a n t i a v c w r h s e i e n . E t h d e` e p i b i o u` v e p t a` k a i` t r i a k o n t a e t e l e u t h s e ,
f o b e r o` v me` n to i^ v po l e m i o i v g e g o n w` v a p a s i , p o q o n d e` a u t o u^ p o l u n ti n a e v to u` v
u p h k o o u v a p o l i p w n . E t e l e u t h s e d e` t r o p w t o i w^ d e . S u m m a c o v k a i` B o e t i o v , o
t o u t o u g a m b r o` v , e u p a t r i d a i m e` n to` a n e k a q e n h s t h n , p r w t w d e` b o u l h^ v th^ v
R w m a i w n k a i` u p a t w e g e n e s q h n a m f w . f i l o s o f i a n d e` a s k h s a n t e k a i` d i k a i o s u n h v
e p i m e l h s a m e n w o u d e n o` v h s s o n , p o l l o i^ v te a s t w^ n ka i` x e n w n c r h m a s i t h` n a p o r i a n i a s a m e n w k a i` d o x h v e p i` m e g a c w r h s a n t e a n d r a v e v fq o n o n t o u` v po n h r o t a t o u v e p h g a g e t h n . O i v dh` s u k o f a n t o u^ s i Q e u d e r i c o v a n a p e i s q e i` v a t e n e w t e r o i v
p r a g m a s i n e g c e i r o u^ n t e t w` a n d r h t o u t w e k t e i n e k a i` t a` c r h m a t a e v to` d h m o s i o n
a n a g r a p t a e p o i h s a t o (46).

Tornato a Ravenna, Teoderico, tractans non ut dei amicus, sed


legi eius inimicus , volle, come suo primo impegno, premiare quanti
avevano favorito questa sua svolta politica antisenatoriale e antiimperiale. Promosse Cipriano al grado di comes sacrarum largitionum e
richiam il senatore Cassiodoro a rivestire la carica di magister officiorum, che era stata fino ad allora di Boezio.
La presenza di una figura di spicco quale Cassiodoro, nonostante tutto rimasto lealmente vicino al Goto, fu importante e necessaria
nellevolversi degli eventi che dallanno 523 condussero il regno di
Teoderico a una lenta ma inesorabile fine (47). Cassiodoro, infatti, riu-

(46)
Procopii Caesariensis Opera Omnia, recognovit J. Haury, Vol. II, De bellis Libri VVIII, Lipsiae 1963, De bello Gothico, I, 1, 29-34, p. 9. Per ledizione italiana si veda PROCOPIO DI CESAREA, Le guerre: persiana, vandalica e gotica, a cura di M. Craveri, Torino 1977, p.
346: Se pure Teodorico, in apparenza, fu un usurpatore, in realt fu un vero sovrano, non
inferiore a chiunque altro si sia pi nobilmente distinto in tale carica fin dal principio; perci
crebbe sempre di pi tra i Goti e gli Italiani laffetto per lui, cosa assai rara tra le abitudini
umane . . . Teodorico, che regn trentasette anni, quando mor, era non solo divenuto temibile per tutti i nemici, ma lasci grande rimpianto di s fra i sudditi. La sua morte avvenne nel
modo seguente. Cerano due nobili di antico lignaggio, Simmaco e suo genero Boezio, cherano tra i pi ragguardevoli membri del senato romano, e ambedue consoli. Siccome si occupavano di filosofia e conoscevano la giurisprudenza come nessun altro e soccorrevano con
generosi donativi molti bisognosi, sia tra i concittadini che tra i forestieri, si erano acquistati
una grande rinomanza, e questo fatto mosse allinvidia alcune persone meschine. Costoro li
calunniarono presso Teodorico, il quale si lasci convincere, mand a morte i due personaggi con laccusa che stavano preparando una rivoluzione e fece confiscare le loro sostanze, incamerandole nel pubblico tesoro .
(47)

Sullimportante contributo di Cassiodoro alla politica italiana dei re goti si vedano i


seguenti studi: L. SCHMIDT, Cassiodor und Theoderich, in Historisches Jahrbuch , XLVII
(1927), pp. 727-729; O. BERTOLINI, cit., pp. 97-132; A. MOMIGLIANO, Cassiodorus and the Italian Culture of His Time, in Procedings of the British Academy , IV (1955), pp. 207-245;
IDEM, Cassiodoro, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXI, Roma 1978, pp. 444-504; J. J.

ANCORA UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA POLITICA ITALIANA DI TEODERICO

451

sc a frenare il re dai suoi continui tentativi di avversare il senato


con la violenza; e tale elemento per noi altamente significativo pur
se non va dimenticato linestimabile contributo che egli ha saputo
offrire alla storia della dominazione gota con la sua raccolta di epistole e di atti regi contenuti nelle Variae: unopera che ha sfidato il
tempo e che integralmente ci ha fornito un resoconto esatto ed
esaustivo sui vari emendamenti e sui vari atti di governo operati da
Teoderico e dai suoi successori, cui egli stesso partecip come consigliere ed esecutore della volont dei vari reggenti (48). Ma linfluenza
di Cassiodoro non poteva essere sufficiente a rendere forza a una
politica ormai per troppi motivi indebolitasi e pur degeneratasi in
unatmosfera di sospetto e di intimidazione.
Infatti, in campo religioso, la crisi, apertasi allindomani della
composizione dello scisma acaciano, prendeva una piega assai pericolosa, mentre si inaspriva sempre pi la politica di intolleranza avviata in Oriente dallimperatore Giustino. Cos Teoderico, pur di
avversare Bisanzio, continu nella sua dura opposizione verso quanti
nellambito del senato e del clero non erano sfavorevoli alla causa
imperiale. Lo stato della questione ci spinge anzi ad avanzare persino lipotesi che la condanna contro Boezio avesse pur un larvato
fondamento anticattolico, e che il processo nascondesse di fatto persino motivazioni di carattere religioso (49).
ODONNELL, Cassiodorus, Berkeley-Los Angeles-London 1979; Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, Atti della settimana di studi a cura di S. Lenza, Cosenza-Squillace 19-24 settembre
1983, Soveria Mannelli 1986; S. KRAUTSCHICK, Cassiodorus und die Politik seiner Zeit, Bonn
1989; Cassiodoro. Dalla corte di Ravenna al Vivarium di Squillace, Atti del Convengo Internazionale di Studi, Squillace 25-27 ottobre 1990, Soveria Mannelli 1993; J. MOORHEAD, Cassiodorus on the Goths in Ostrogothic Italy, in Romanobarbarica , XVI (1999), pp. 241-259; S.
CHRISTENSEN, Cassiodorus and the Making of a History of the Goths, in Analecta Romana ,
XXVI (1999), pp. 173-177.
(48)
Sul significato e limportanza politica delle Variae si veda R. MOROSI, Lattivit del
praefectus praetorio nel regno ostrogoto attraverso le Variae di Cassiodoro, in Humanitas ,
XXVII-XXVIII (1975-1976), pp. 71-93; L. VISCIDO, Studi sulle Variae di Cassiodoro, Soveria
Mannelli 1987; V. A. SIRAGO, I Goti nelle Variae di Cassiodoro, in Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, cit., pp. 179-205; F. DE MARINI AVANZO, I vescovi nelle Variae di Cassiodoro, in Atti
dellAccademia Romanistica Costantiniana, VIII convegno internazionale, Napoli 1990, pp.
249-260; A. GIARDINA, Cassiodoro politico e il progetto delle Variae, in Teoderico il Grande e i
Goti dItalia, cit., pp. 45-76; L. TARTAGLIA, Elementi di ideologia politica nelle Variae di Cassiodoro, in Filologia antica e moderna , V-VI (1994), pp. 59-69.
(49)

Contro quanto sostiene Procopio che considera levento semplicemente da un punto di vista politico: o i v dh` s u k o f a n t o u^ s i Q e u d e r i c o v a n a p e i s q e i`v a t e n e w t e r o i v p r a g m a s i n

452

GIANLUCA PILARA

Grazie allintervento del nuovo magister officiorum Cassiodoro,


limpulso antiecclesiastico del re fu per parzialmente affievolito; labile senatore tent di spingere il Goto verso una pi oculata politica
di incontro con la Chiesa romana, il cui alto rappresentante fu invitato a prendere le parti del regno di fronte allimperatore Giustino,
nel tentativo di difendere la posizione degli Ostrogoti presso Bisanzio e mitigare le misure adottate contro gli eretici. Perch la cosa
avesse immediato svolgimento, il papa Giovanni I (523-526) fu costretto da Teoderico a partire subito per lOriente (50).
LAnonymus Valesianus ci trasmette una breve sintesi dei fatti
importanti e drammatici avvenuti in quei pochi mesi:
Rediens igitur rex Ravennam, tractans non ut dei amicus sed legi eius inimicus, immemor factus omnis eius beneficii et gratiae, quam ei dederat, confidens in
brachio suo; item credens quod eum pertinesceret Iustinus imperator, mittens et
evocans Ravennam Iohannem sedis apostolicae praesulem et dicit ad eum: ambula Constantinopolim ad Iustinum imperatorem, et dic ei inter alia, ut reconciliatos in catholica restituat religione . Cui papa Iohannes ita respondit: quod
facturus es, rex, facito citius; ecce in conspectu tuo adsto. Hoc tibi ego non promitto me facturum, nec illi dicturus sum. Nam in aliis causis, quibus mihi iniunxeris, obtinere ab eodem, annuente deo, potero . Iubet ergo rex iratus navem fabricari et superinpositum eum cum aliis episcopis, id est Ecclesiam Ravennatem et
Eusebium Fanestrem et Sabinum Campano et alios duos, simul et senatores
Theodorum, Importunum, Agapitum et alium Agapitum (51).

Il papa part alla fine dellanno 525 da Ravenna per Bisanzio,


accompagnato da cinque vescovi e quattro senatori. Per la prima
volta un vescovo romano attraversava il mare diretto ad Oriente e lo

e g c e i r o u^ n t e t w` a n d r e t o u t w e k t e i n e k a i` t a` c r h m a t a e v to` d h m o s i o n a n a g r a p t a e p o i h s a t o

(Bell. Goth., I, 1, 34, ed. cit., p. 9).


(50)

Cfr. in proposito H. LOWE, Theoderich der Groe und Papst Johann I, in Historisches Jahrbuch , LXXII (1952), pp. 83-100.
(51)

Excerpta Valesiana, 88-90, ed. cit., pp. 25-26. La prima edizione del Liber Pontificalis tende a confermare questa versione: Tunc Iohannes venerabilis papa egressus, cum fletu
et mugitu ambulavit, et viri religiosi et consules et patricii Theodorus, Inportunus, Agapitus
et alius Agapitus, hoc accipientes in mandatum legationis ut redderentur ecclesias hereticis
in parte Greciarum (Liber Pontificalis, I [Premire dition], v. Iohannis, LV, 12-17, p. 104).
Anche Teofane nella sua Chronographia racconta del viaggio a Bisanzio di Giovanni I per
trattare la causa degli ariani (C. DE BOOR ed., Thophanis Chronographia a. 6016, Lipsiae
1883, vol. I, p. 169). Vedi sullargomento O. BERTOLINI, cit., pp. 91-93; E. DEMOUGEOT, cit.,
pp. 826-827; W. BRACKE, LAnonimus Valesianus II, cit., pp. 63-64.

ANCORA UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA POLITICA ITALIANA DI TEODERICO

453

faceva in qualit di ambasciatore di un re germanico e per di pi ritenuto eretico.


Il viaggio si dimostr, in verit, pi semplice del previsto e Giovanni I fu accolto straordinariamente bene: Giustino comp il solenne atto di omaggio delladoratio e, inginocchiatosi di fronte al vicario di Cristo, si tolse la corona che da lui, e non dal patriarca cui
spettava tale privilegio, fu riposta sul capo. Cos nel racconto del Liber:
Qui dum introissent omnes suprascripti cum Iohanne papa Constantinopolim, occurrerunt eis a miliario XII in honore apostolorum, desiderantes post beatum Silvestrum papam temporibus Constantini meruissent partibus Greciae vicarium sancti Petri suscipere. Et Iustinus Augustus adoravit beatum Iohannem, de
cuius manibus coronatus est (52).

Ma presso la corte imperiale Giovanni, nonostante le formali accoglienze, non ottenne risultati positivi per la causa ostrogota che
limperatore non avrebbe voluto n potuto per nessun motivo favorire: Sed Deus, qui fideles cultores suos non deserit, cum prosperitate perduxit. Cui Iustinus imperator venienti ita occurrit ac si beato
Petro: cui data legatione, omnia repromisit facturum praeter reconciliatos, qui se fidei catholicae dederunt, Arrianis restitui nullatenus
posse , dice lAnonymus Valesianus (53). Cos non appena i reduci
dalla missione furono sbarcati a Ravenna, il re li chiam a colloquio
per conoscere i risultati della delegazione, ma, di fronte alle sconfortanti parole del vescovo, egli dimostr apertamente il suo malcon(52)
Liber Pontificalis, I (Premire dition), v. Iohannis, LV, 15-21, p. 104; nella seconda
edizione del Liber: Tunc Iustinus Augustus, dans honorem Deo, humiliavit se pronus et
adoravit beatissimum Iohannem papam . . . Iustinus imperator tamen gaudio repletus est quia
meruit temporibus suis vicarium beati Petri apostoli videre in regno suo: de cuius manibus
cum gloria coronatus est Iustinus Augustus (v. Iohannis, LV, 87 III-88 IV, p. 275). Unaltra
testimonianza in merito al successo ottenuto dal papa Giovanni I presso la corte di Bisanzio
ci data da Marcellino Comes: Iohannes Romanae ecclesiae papa LI anno Petri apostolorum pontificumque praesulis quadringentesimo octogensimo quinto sessionis eius, Theodorico rege sese . . . pro Arrianis suae caerimoniae reparandis, solus dumtaxat Romanorum sibimet decessorum urbe digressus constantinopolim venit. Miro honore susceptus est: dexter
dextrum ecclesiae insedit solium diemque domini nostri resurrectionis plena voce Romanis
precibus celebravit (Marcellini V.C. Comitis Chronicon XV. III, in Chronica Minora [saec.
IV.V.VI.VII], MGH AA XI, 2, edidit Th. Mommsen, Berolini 1894, p. 102).
(53)
Excerpta Valesiana, 90-91, ed. cit., p. 26. Di diverso avviso sembra essere il biografo
del Liber che tende invece a sopravvalutare gli esiti ottenuti tanto da affermare: Iustinus
Augustus . . . omnem concessit petitionem (Liber Pontificalis, I [Premire dition], v. Iohannis, LV, 23-24, p. 104).

454

GIANLUCA PILARA

tento per quanto poco essi avevano ottenuto presso limperatore


dOriente, e pose sotto stretta sorveglianza i delegati e Giovanni I, il
quale, gi malato alla partenza da Roma e prostrato dalle fatiche del
lungo viaggio, non sopravvisse che pochi giorni, spirando il 18 maggio 526.
Le fonti non parlano di una morte violenta, che certo non
possibile provare, ma attestano la volont del Goto di punire il papa
e i suoi compagni che erano contravvenuti agli accordi stabiliti a
Roma prima della partenza. Di questo medesimo avviso si mostra
peraltro la biografia di papa Giovanni del Liber, che narra i fatti accaduti allarrivo della delegazione in Italia con una certa indignazione, persino ingenua, nei confronti del re:
Suscepti sunt a rege Theoderico cum dolo et grande odio Iohannes episcopus
etiam et senatores viros inlustres religiosus suscepit, quos itaque cum tanta indignatione suscipiens, gladio eos voluit punire, sed metuens indignatione Iustini Augusti orthodoxi, non fecit: tamen in custodia omnes cremavit, ita ut beatus Iohannes papa in custodia adflictione maceratus deficiens moreretur. Qui vero defunctus est Ravenna cum gloria XIV kl. iun., in custodia regis Theoderici (54).

Anche il racconto di Paolo Diacono non si discosta molto da questa


versione, e attesta tuttavia con piglio politico pi consapevole:
Iohannes vero pontifex revertens a Constantinopoli dum cum his cum quibus
ierat, profectus ad Theodericum Ravennam fuisset, Theodericus ductus malitia,
quod eum Iustinus catholicae pietatis defensor honorifice suscepisset, eum simul
cum sociis carceris afflictione peremit (55).

E cos pure lAnonymus Valesianus ci offre la sua versione dei fatti


senza discostarsi troppo dalle precedenti testimonianze:
Revertens igitur Iohannes papa a Iustino, quem Theodericus cum dolo suscepit et in offensa sua eum esset iubet. Qui post paucos dies defunctus est (56).

LAnonymus tuttavia non si ferma qui. Infatti passa subito a descrivere il funerale del papa rappresentato come la morte di un martire,
lasciando con ci intravedere, sia pur larvatamente, che la fine di

(54)

Liber Pontificalis, I (Premire dition), v. Iohannis, LV, 3-11, p. 106.

(55)

PAUL. DIACO., Hist. Rom., XVI, 10, ed. cit., p. 219.

(56)

Excerpta Valesiana, 93, ed. cit., p. 26.

ANCORA UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA POLITICA ITALIANA DI TEODERICO

455

Giovanni I potesse considerarsi una sorta di martirio voluto fermamente dallAmalo.


Ergo euntes populi ante corpusculum eius. Subito unus de turba adeptus
daemonio cecidit et dum pervenisset cum lectulo, ubi latus erat, usque ad hominem, subito sanus surrexit et praecedebat in exsequias. Quod videntes populi et
senatores coeperunt reliquias de veste eius tollere. Sic cum summo gaudio populi
deductus est corpus eius foris civitatem (57).

Lepisodio scaten immediatamente e anche in ci potremmo


ravvisare la reazione di chi sapeva bene cosa si celasse dietro un evento luttuoso e inqualificabile la reazione popolare, dando vita a una
serie di disordini e di agitazioni sviluppatesi tra la folla dei fedeli. E,
come conseguenza immediata di ci, nacquero i primi seri contrasti
tra la fazione aristocratica filo-gota, che spingeva per un distacco netto dalla corte imperiale, e i suoi avversari che, allopposto, avallavano
un pi misurato avvicinamento alla posizione dellortodossia bizantina. Il conflitto sfoci quasi subito in modo pi aperto e grave in occasione dellelezione del nuovo successore di Pietro. Teoderico, infatti, intervenne di forza nelle trattative e costrinse i senatori a trovare
un punto di incontro affinch il nuovo eletto fosse vicino al suo partito, e Cassiodoro, ancora una volta, con alto senso politico, temendo
che la vittoria della fazione intransigente dei cattolici avrebbe comportato unimmediata repressione da parte della corte regia, appoggi
il re con la partecipazione del suo partito. Ne usc eletto alla fine Felice IV. La prima edizione del Liber Pontificalis interpreta lordinazione di questo vescovo come dettata dalla volont del re goto: Felix . . . ordinatus est ex iusso Theoderici regis (58).

(57)

Excerpta Valesiana, 93, ed. cit., pp. 26-27. Anche Gregorio Magno nei suoi Dialogi
parla delle capacit miracolose del vescovo, riferendoci dei prodigi compiuti da questo durante il viaggio verso Bisanzio (Dial. III, 2). Nella seconda redazione della vita Iohannis del
Liber, il vescovo chiamato martyr (cfr. Liber Pontificalis, I, v. Iohannis, LV, p. 278, n. 15);
cos pure Gregorio di Tours ci ricorda una leggenda tramandata oralmente nei secoli a proposito del suo martirio (Gregorii Episcopi Turonensis Liber in gloria martyrum 39, MGH
Srm, I, 2, ediderunt W. Arndt et Br. Krusch, Hannoverae 1885, p. 513); inoltre, in uniscrizione a lui dedicata si legge lespressione victima Christi, e secondo il racconto Giovanni fu
interrato a Ravenna, quindi nel 526 le sue reliquie traslate a Roma nella basilica di San Pietro: [Iohannis] corpus translatum est de Ravenna et sepultus est in basilica beati Petri, sub
die VI Kal. Iun., Olybrio consule (Liber Pontificalis, I, v. Iohannis, LV, 89, VIII, p. 276).
(58)

Liber Pontificalis, I (Premire dition), v. Felicis, LVI, 24-25, p. 106. Una lettera inviata da Cassiodoro in nome del successore di Teoderico, Atalarico, ci informa sulla questio-

456

GIANLUCA PILARA

Inoltre, se prestiamo fede alla narrazione dellAnonymus Valesianus, Teoderico, prima di morire, comp un ultimo atto di scelleratezza; diede ordine infatti a un tale Symmachus scolasticus Iudaeus di
occupare le chiese cattoliche come rappresaglia contro limperatore
Giustino (59). Ma pochi giorni dopo, il 30 agosto 526, prima che avesse adempimento tale nefando crimine, il destino volle fermare Teoderico, non rex sed tyrannus, privandolo della vita: Qui non patitur
fideles cultores suos ab alienigenes opprimi, mox intulit in eum sententiam arriani, auctoris religionis eius, fluxu ventris incurrit et dum
intra triduo evacuatus fuisset eodem die quo se gaudebat ecclesias
invadere simul regnum et anima amisit (60). La sua morte fu giudicata dalle fonti come una punizione divina per la azioni indegne compiute da questo negli ultimi anni del suo regno contro la fede e la
giustizia civile (61).
ne dellelezione di Felice IV in maniera chiara: Gratissimum nostro profitemur animo,
quod gloriosi domni avi nostri respondistis in episcopatus electione iudicio. oportebat enim
arbitrio boni principis oboediri, qui sapienti deliberatione pertractans, quamvis in aliena religione, talem visus est pontificem delegisse, ut nulli merito debeat displicere, ut agnoscatis illum hoc optasse praecipue, quatenus bonis sacerdotibus ecclesiarum omnium religio pullularet. recepistis itaque virum et divina gratia probabiliter institutum et regali examinatione laudatum (Var. VIII, 15, 1 ed. cit., p. 318).
(59)
Excerpta Valesiana 94, ed. cit., p. 27: Igitur Symmachus scolasticus Iudaeus, subente non rege, sed tiranno, dictavit praecepta die quarta feria, septimo kalend. Septembr.,
indctione quarta, Olybrio consule, ut die dominico adveniente Arriani basilicas catholicas
invaderent .
(60)
Excerpta Valesiana 95-96, ed. cit., p. 27. Il racconto dellAnonymus si conclude con
un riferimento al mausoleo edificato da Teoderico stesso per la sua sepoltura, volont che fu
in ultimo rispettata dal nipote e successore al regno Atalarico: Ergo antequam exhalaret,
nepotem suum Athalaricum in regnum constituit. Se autem vivo fecit sibi monumentm ex lapide quadrato, mirae magnitudinis opus, et saxum ingens, quod superponeret, inquisivit
(Ibidem, p. 27). Sul monumento ravennate si vedano i seguenti studi: S. FERRI, Ancora sul
mausoleo di Teoderico, in IDEM, Opuscula. Scritti vari di metodologia storico-artistica, archeologia, antichit etrusche e italiche, filologia classica, Firenze 1962, pp. 541-547; N. BORGHERO,
Il Mausoleo di Teoderico a Ravenna (Problemi e interpretazioni), in Felix Ravenna , XLI
(1965), pp. 5-68; G. PAVAN, Appunti per il mausoleo di Teoderico, in Felix Ravenna ,
CXIII-CXIV (1977), pp. 241-255; W. GADDONI, Il Mausoleo di Teoderico, Imola 1987; R.
SANTILLO, Il saxum ingentem a Ravenna a copertura del mausoleo di Teoderico: problemi e
soluzioni, in Opuscula Romana , XX (1996), pp. 105-133.
(61)

Liber Pontificalis, I, v. Iohannis, LV, 89 VI, p. 276: Post hoc factum, notu Dei omnipotentis, XCVIII die postquam defunctus est beatissimus Iohannes in custodia, Thedericus rex hereticus subito interiit et mortuus est ; PAUL. DIACO., Hist. Rom., XVI, 10, ed. cit.,
p. 219: Hanc eius inmanissimam crudelitatem mox animadversio divina secuta est; nam nonagesimo octavo post hoc facinus die subita morte defunctus est, cuius animam solitarius

ANCORA UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA POLITICA ITALIANA DI TEODERICO

457

In conclusione, al di l della nostra ricostruzione di eventi ben


noti e sui quali poco di nuovo potrebbe aggiungersi, con questa riflessione, abbiamo inteso rilevare meglio come Teoderico, conscio
della posizione assunta dagli Ostrogoti stanziati in Italia nei confronti della cultura e della societ romana e delle difficolt insite
nella convivenza fra popoli ed etnie cos lontane e diverse fra loro,
abbia voluto perseguire, fino a quando gli fu consentito dalla situazione direttiva, la strada della tolleranza e della concordia elemento che pi volte stato messo in rilievo anche grazie alle importanti
testimonianze offerte dalla raccolta delle Variae cassiodoree , dimostrandosi solidale al suo iniziale piano di governo, radicato intorno a
precise finalit: amicizia con il senato, pace con il popolo romano,
cui si aggiungeva obbligatoriamente la volont di mantenere uno
stato di reciproca intesa con limperatore dOriente. Egli infatti si
era reso conto che solo queste condizioni avrebbero permesso a lui
di regnare e alla sua gente di sopravvivere; questo fu pertanto il testamento formale che Teoderico trasmise al nipote e ai dignitari del
regno prima di morire, con la speranza che tale sua volont fosse rispettata (62). La situazione tuttavia mut in senso autoritario quando
le circostanze imposero al Goto di assumere un pi severo piglio
nei confronti dellImpero e dei Romani, ben al di l a quel che
pare e che le fonti ci fanno comprendere dei convincimenti e delliniziale volont teodericiana.
Il re dei Goti insomma in tutto il primo periodo del suo regno
aveva avuto la maturit e lintelligenza di comprendere che quanto
pi solidale fosse stata la sua politica e quella dei suoi successori al
suddetto disegno, tanto pi la presenza gota avrebbe potuto contiquidam apud Liparam insulam vir magnae virtutis aspexit inter Iohannem papam et Symmachum patricium deduci et in Vulcani ollam, quae ei loco proxima erat, demergi . Cfr. O.
BERTOLINI, cit., pp. 93-94; E. DEMOUGEOT, cit., pp. 828-829; W. BRACKE, cit., pp. 70-72.
(62)

Si legga in proposito il passo dei Getica di Iordanes: Sed postquam ad senium pervenisset et se in brevi ab hac luce recessurum cognosceret, convocans Gothos comites gentisque suae primates, Athalaricum infantulum adhuc vix decennem, filium filiae suae Amalasuenthae, qui Eutharico patre orbatus erat, regem constituit, eisque in mandatis ac si testamentali voce denuntians ut regem colerent, senatum populumque Romanum amarent principemque Orientalem placatum semper propitiumque haberent post deum (Get., LIX,
303,7-304,14, ed. cit., p. 125). Vedi anche Var. VIII, 5,1. Per quanto riguarda il periodo di
governo dei successori di Teoderico si veda in particolare: O. BERTOLINI, cit., pp. 97-186; L.
GATTO, Storia di Roma nel Medioevo, Politica, religione, societ, cultura, economia e urbanistica, Roma 20032, pp. 94-108.

458

GIANLUCA PILARA

nuare a operare in Occidente. Tuttavia, nonostante i suoi tentativi


di consolidare il potere regio e di costituire una forza centrale, romana e germanica, che riuscisse a controllare la penisola e le sue
propaggini pi estreme, Teoderico dovette fare i conti con una realt che andava oltre i suoi intendimenti e le sue possibilit di intervento pacifico. LItalia volente o nolente aveva ormai ridisegnato
la sua mappa politica intorno a tre forze preponderanti e antitetiche: la corte gota, che mirava a conservare una propria autonomia
rispetto al senato e alla forza imperiale, il senato, sempre pi teso a
riavvicinare allOccidente la nuova capitale dellImpero, e ultima la
Chiesa di Roma, che nella figura del suo vescovo assumeva un ruolo
sempre pi consistente e sempre pi importante nella sua funzione
di moderatrice e di mediatrice fra le due parti in lotta.
E proprio questa nuova realt politica, al limite, fin per porre
Teoderico in una posizione di estrema incertezza, vivificatasi in seguito alla riapertura dei rapporti tra Bisanzio e Roma, successiva alla
composizione dello scisma acaciano, e soprattutto alla nuova politica
antieretica avviata da Giustino e perseguita poi dal successore Giustiniano. Teoderico pertanto si sent minacciato, vedendo immediatamente svanire i suoi progetti di una politica unitaria, se non antimperiale, tutta italiana o germanica. Egli immaginava prossimo un
intervento bizantino sul suolo italiano convinzione che doveva dimostrarsi vera di l a pochi anni e temeva per lintegrit del regno
e per la sicurezza della sua gente. Pur consapevole dello stato di subordinazione in cui si trovava il popolo germanico in Italia nei confronti dellautorit dellimperatore bizantino, lAmalo fin allora per
vedere sempre questultimo come un avversario; tuttavia sapeva bene che una guerra fra Goti e Bizantini avrebbe portato alla fine del
suo governo e del suo popolo, ed era suo preciso compito evitarla
con ogni mezzo. Solo per questo, il re goto a un certo punto si trov nella condizione di dover agire con forza contro quanti, auspicando un ritorno allImpero, minacciavano di favorire la causa bizantina a svantaggio del regno, aprendo cos il lungo periodo dei
processi che tanto discredito gettarono sulla figura di Teoderico; allo stesso tempo, cancellando qualunque esitazione nei confronti della Chiesa, oper con determinazione a far s che il pontefice romano
assumesse un ruolo importante nel favorire la pace con lOriente.
Ma inutili si rivelarono gli sforzi del re e vana lazione moderatrice del papa e del magister officiorum Cassiodoro: infatti il popolo

ANCORA UN MOMENTO DI RIFLESSIONE SULLA POLITICA ITALIANA DI TEODERICO

459

e il senato di Roma continuarono a mantenere una sensibile distanza


da coloro che ritenevano barbari e conquistatori, tentando con forza
di riavvicinarsi allImpero, roccaforte ultima della romanit. La posizione dei Goti si era resa dunque gradualmente pi incerta, e tale
debolezza port il sovrano a operare energicamente e decisamente
per tentare di curare le piaghe inferte dallImpero. Pertanto dopo
aver creduto fortemente nella possibilit di ottenere una reale definizione e un riconoscimento formale di un potere germanico goto,
quegli dovette mutare rotta politica e intendimenti compromettendo
definitivamente la vittoria della causa gota e della societ occidentale. Contro le sue speranze infatti si infranse la politica nonch il regno dei suoi successori, i quali giunsero non solo alla sconfitta definitiva della causa germanica ma anche al totale dissolvimento della
presenza ostrogota nella penisola.
La storia di Teoderico e dellet gota quindi un drammatico
intreccio tra la formazione di un disegno politico e limpossibilit di
una sua traduzione in azione concreta e duratura. Ma i propositi di
quel re tornarono con maggior determinazione alla fine del VI secolo con i Longobardi e con ancor maggiore capacit realizzatrice si
ripresentarono nel progetto carolingio. Forse i Goti non ebbero
tempo sufficiente per portare avanti con successo e concretezza politica il loro programma e senza dubbio, soprattutto nella figura del
loro capo, si mostrarono troppo avanti per i loro tempi, ma avviarono una trasformazione lenta e di lunga durata.
GIANLUCA PILARA

STUDI ROMANI

ANNO LIII - NN. 3-4

LUGLIO-DICEMBRE 2005
SOMMARIO

S A G G I E ST U D I
ROBERTO GIORDANI : Aur(eliae) Petronillae filiae dulcissimae: qualche considerazione
sulla leggenda di Petronilla presunta figlia dellapostolo Pietro (con 4 tavv. f.t.) .
GIANLUCA PILARA : Ancora un momento di riflessione sulla politica italiana di Teoderico,
re dei Goti
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
FABRIZIO CONTI : Gregorio Magno e gli Anglosassoni. Considerazioni sullo sviluppo di
una strategia missionaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
BARTOLOMEO AZZARO : La Sapientia dello Studium Urbis di Roma (con 10 tavv. f.t.) .
CARLO LA BELLA : Lastre tombali quattrocentesche. Appunti sulla fortuna romana della
tomba Crivelli di Donatello (con 10 tavv. f.t.) . . . . . . . . . . . .
ELEONORA PLEBANI : Una fonte narrativa per la storia di Ferentino. La Istoria di Ambrogio Cialini
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
CARMELA CAPALDI : Dicerie Albani (con 4 tavv. f.t.) . . . . . . . . . . . .
MARCELLO VILLANI : Palazzo Maffei-Marescotti. Nuove acquisizioni (seconda parte: 18361908) (con 10 tavv. f.t.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
GIOVANNI RITA : Per una (nuova) storia della Sapienza di Roma . . . . . . .

411
431
460
482
497
519
529
545
573

S T O R I O G R A F I A E ST O R I A
MARCO BUONOCORE : Mommsen ~ Seeck: un rapporto non facile. A proposito dellauctoritas senatoria del 336/7 d.C. (CIL, VI, 1708 = 31906 = 41318)
. . . . . .
GIULIANO CRIFO` : Discorsi su Mommsen e il diritto . . . . . . . . . . . .
ANDREA GIARDINA : Una nota su Theodor Mommsen, Cassiodoro e la decadenza
. .
MARIO MAZZA : Mommsen e la Tarda Antichit: due (brevi) tesi per pi ampia discussione

596
616
629
638

N O T E E IN T E R V E N T I
MARIA F. CARNEA : Libert e politica in santa Caterina da Siena . . . . . . . .
SANGIULIANO [GIULIANO SANTANGELI] : Da Belli a Pasolini: lantilingua come epica e denuncia paradossale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

665
686

RECENSIONI
FABRIZIO CONTI : Gli storici classici nella biblioteca latina di Niccol V di M. ALBANESE;
GIANLUCA PILARA: Lorganizzazione della difesa di Roma nel Medioevo di A. ESPOSITO; EUGENIO RAGNI : Lo Zibaldone di Giuseppe Gioachino Belli. Indici e strumenti di ricerca di S. LUTTAZI; MANUELA MARTELLINI : Translatio imperii e translatio
studii. Sopravvivenza ed attualizzazione del tema nella Letteratura italiana tra la fine del Settecento e la prima met dellOttocento di G. MINARDI ZINCONE; ELEONORA PLEBANI : Raffaello Morghen e la storiografia del Novecento a cura di L. Gatto,
E. Plebani
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

697

RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE
MICHELE COCCIA : Lingua e letteratura latina JOHN THORNTON - UMBERTO ROBERTO :
Storia romana GIANLUCA PILARA : Storia medievale
. . . . . . . . .

718

MEMBRI DELLISTITUTO SCOMPARSI


RINO AVESANI : Giulio Battelli .

744

PIETRO SAMPERI - IOLE CARLETTINI - ANTONIO GRIMALDI - LIVIO CIAPPETTA : Vita culturale DARIO REZZA - SERENA DI NEPI - MARIO CIGNONI - ABDUL HADI PALAZZI :
Vita religiosa MARIA DALESIO : Mostre darte GIOVANNI ANTONUCCI : Il teatro RAOUL MELONCELLI : La musica . . . . . . . . . . . . . . .

749

Vita dellIstituto Nazionale di Studi Romani: Assemblee dei Membri LLXXX anno
accademico dei Corsi Iscrizione allIstituto per il 2006 Nuove pubblicazioni
Il Centro di Studi Ciceroniani Il Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli
(LA REDAZIONE) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

786

CRONACHE

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