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In materia di privacy, dal momento che ai sensi dell'art. 4, comma 1 lett.

b), dato personale


oggetto della tutela apprestata dal d.lgs. n. 196 del 2003 (c.d. Codice della privacy, e gi dalla
L. n. 675 del 1996 ) qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica,
ente o associazione, che siano identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante
riferimento a qualsiasi altra informazione, i dati dei singoli partecipanti al condominio raccolti
ed utilizzati per le finalit di cui agli artt. 1117 ss. c.c. sono senz'altro da ricondurre a tale
nozione, e conseguentemente assoggettati alla disciplina posta dalla suindicata fonte. Tuttavia,
in ambito condominiale, le informazioni relative al riparto delle spese, all'entit del contributo
dovuto da ciascuno e alla mora nel pagamento degli oneri pregressi possono essere peraltro
oggetto di trattamento anche senza il consenso dell'interessato.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE , SENTENZA 23 gennaio 2013 1593 Pres.
Finocchiaro est. Scarano , n.1593 - Pres. Finocchiaro est. Scarano
Svolgimento del processo
Con sentenza dell'11/11/2009 il Tribunale di Milano respingeva la domanda, proposta ex art.
152 d.lgs. n. 196 del 2003 dalle sigg. P.E. e M.P. nei confronti dei sigg. I.G. e An..Pe. nonch
del Garante per la protezione dei dati personali, di risarcimento dei danni subiti in conseguenza
di condotte lesive della loro privacy, consistite nella dichiarazione resa durante l'assemblea
condominiale del 18/1/2008 dal condomino P. secondo cui bisogna capire dove sono andati a
finire questi soldi, il perch sono usciti, visto che la descrizione dei bonifici sono generiche - ad
esempio vorremmo sapere cos', anche perch in generale sono stati sottratti circa
cinquantaseimila Euro al condominio, e nel successivo invio ai condomini del verbale
assembleare ove la stessa risultava raccolta da parte del suddetto I. , amministratore
subentrato nella carica e funzione allo Studio P. delle suindicate sigg. P.E. e M.P. .
Avverso la suindicata pronunzia le P. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3
motivi, illustrati da memoria.
Resistono con separati controricorsi il Pe. e lo I. , il quale ultimo ha presentato anche memoria.
L'intimato Garante per la protezione dei dati personali non ha svolto attivit difensiva.
Motivi della decisione
Con il 1^ motivo le ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 5, 6,
7, 11, 20, 21, 22 d.lgs. n. 196 del 2003, in riferimento all'art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c..
Si dolgono che il giudice abbia erroneamente affermato che i fatti ed i comportamenti
denunciati da parte ricorrente sfuggano alla disciplina istituita dal codice della Privacy, letto
come volto semplicemente a disciplinare la raccolta ed il trattamento dei dati personali,
laddove la formazione di un documento in centinaia di esemplari e la sua distribuzione fra
centinaia di persone non sfugge affatto alla normativa sulla Privacy, e il verbale di assemblea
nel quale si afferma che vi sia una sottrazione di fondi per decine di migliaia di Euro e
altrettanto palesemente si indica il preteso responsabile, strumento: - di formazione del dato
personale, oltretutto oltraggioso ed ingiusto; - di diffusione dello stesso; - di conservazione e di
impossibilit di eliminazione dello stesso dato, che va a colpire la dignit ed il decoro.
Con il 2 motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 599 c.p., 2043 c.c., in
riferimento all'art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c..
Si dolgono che il giudice abbia erroneamente ritenuto che l'amministratore I. vada esente da
critiche perch avrebbe agito disciplinatamente e essendovi obbligato dal proprio ufficio,
mentre il Signor Pe. si sarebbe limitato a porre dei dubbi, laddove sul dovere
dell'amministratore di condominio di non eseguire delibere nulle o contrarie alla legge si sono
formate intere biblioteche giuridiche, e, venendo alla posizione del Signor Pe. , si deve

rilevare che il Tribunale ha travisato il preciso contenuto del documento, allorch ha asserito
che tale convenuto si sia limitato a porre una domanda.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte
inammissibili e in parte infondati.
Va anzitutto osservato che, come questa Corte ha gi avuto pi volte modo di affermare, i
motivi posti a fondamento dell'invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i
caratteri della specificit, della completezza, e della riferibilit alla decisione stessa, con - fra
l'altro - l'esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte
violazioni di norme o principi di diritto, essendo inammissibile il motivo nel quale non venga
precisato in qual modo e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma indicata, o con
l'interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimit o dalla prevalente
dottrina) abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronuncia di
merito.
Sebbene l'esposizione sommaria dei fatti di causa non deve necessariamente costituire una
premessa a s stante ed autonoma rispetto ai motivi di impugnazione, tuttavia
indispensabile, per soddisfare la prescrizione di cui all'art. 366, 1 co. n. 4, c.p.c., che il ricorso,
almeno nella parte destinata alla esposizione dei motivi, offra, sia pure in modo sommario, una
cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che hanno originato la controversia,
nonch delle vicende del processo e della posizione dei soggetti che vi hanno partecipato, in
modo che tali elementi possano essere conosciuti soltanto mediante il ricorso, senza necessit
di attingere ad altre fonti, ivi compresi i propri scritti difensivi del giudizio di merito, la
sentenza impugnata ed il ricorso per cassazione (v. Cass., 23/7/2004, n. 13830; Cass.,
17/4/2000, n. 4937; Cass., 22/5/1999, n. 4998).
cio indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza
del "fatto", sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata
delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (v. Cass., 4/6/1999, n. 5492).
Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati dalle odierne ricorrenti.
Gi sotto l'assorbente profilo dei requisiti ex artt. 366, 1 co. n. 6, c.p.c. e 369, 2 co. n. 4 c.p.c.
(cfr., da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), va posto in rilievo come esse facciano richiamo
ad atti e documenti del giudizio di merito [es., al verbale di assemblea nel quale sono state
esposte valutazioni inaccettabili in odio all'ex amministratore, al risultare per tabulas che
alcune frasi sono state soppresse e non riportate nel verbale (sostituendole con i punti di
sospensione), a dimostrazione di lucida limatura del contenuto della discussione], di cui
lamentano la mancata o erronea valutazione, limitandosi a meramente richiamarli, senza
invero debitamente - per la parte d'interesse in questa sede - riprodurli nel ricorso, ovvero,
laddove riportati, senza puntualmente ed esaustivamente indicare i dati necessari al
reperimento in atti degli stessi (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 23/9/2009, n.
20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279), la mancanza anche di una
sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass. 19/9/2011, n. 19069; Cass.,
23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279).
Come da questa Corte - anche a Sezioni Unite - ripetutamente affermato, l'indicazione degli
atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso esige che sia specificato in quale sede
processuale il documento risulti prodotto, tale prescrizione ritenendosi soddisfatta qualora a) il
documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo
di esse, mediante la produzione del fascicolo, purch nel ricorso si specifichi che il fascicolo
stato prodotto e la sede in cui il documento rinvenibile; b) il documento sia stato prodotto,
nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l'indicazione che il documento prodotto nel
fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la
produzione del documento, ai sensi dell'art. 369, 2 co. n. 4, c.p.c., per il caso in cui la
controparte non si costituisca in sede di legittimit o si costituisca senza produrre il fascicolo o

lo produca senza documento; c) si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito,
relativo alla nullit della sentenza od all'ammissibilit del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di.
documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque
dopo l'esaurimento della possibilit di produrlo, mediante la produzione del documento, previa
individuazione e indicazione della produzione stessa nell'ambito del ricorso (v. Cass., Sez. Un.,
25/3/2010, n. 7161; Cass., Sez. Un., 2/12/2008, n. 28547. Da ultimo v. Cass., Sez. Un.,
3/11/2011, n. 22726; Cass., 6/11/2012, n. 19157).
Ne consegue che la ricorrente non pone invero questa Corte nella condizione di effettuare il
richiesto controllo (anche in ordine alla tempestivit e decisi vita dei denunziati vizi), da
condursi sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non possibile
sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimit accesso agli atti del
giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995,
n. 1161).
Va ulteriormente sottolineato che il requisito - del pari a pena di inammissibilit richiesto
all'art. 366, 1 co. n. 3, c.p.c. - della sommaria esposizione dei fatti di causa non risulta invero
soddisfatto (neanche) allorquando come nella specie vengano nel ricorso pedissequamente
riprodotti (in tutto o in parte) gli atti e i documenti del giudizio di merito (nel caso, in
particolare, il ricorso ex art. 152 d.lgs. n. 196 del 2003; l'impugnata sentenza dei giudice di
merito), in contrasto con lo scopo della disposizione di agevolare la comprensione dell'oggetto
della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi
di censura (v. Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), essendo necessario che vengano riportati
nel ricorso gli specifici punti di interesse nel giudizio di legittimit (cfr. Cass., 8/5/2012, n.
6909), con eliminazione del "troppo e del vano", non potendo gravarsi questa Corte del
compito, che non le appartiene, di ricercare negli atti del giudizio di merito ci che possa
servire al fine di utilizzarlo per pervenire alla decisione da adottare (v. Cass., 16/2/2012, n.
2223; Cass., 12/9/2011, n. 18646; Cass., 22/10/2010, n. 21779; Cass., 23/6/2010, n. 15180;
Cass., 18/9/2009, n. 20093; Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), sicch il ricorrente al
riguardo tenuto a rappresentare e interpretare i fatti giuridici in ordine ai quali richiede
l'intervento di nomofilachia o di critica logica da parte della Corte Suprema (v. Cass., Sez. Un.,
11/4/2012, n. 5698), il che distingue il ricorso di legittimit dalle impugnazioni di merito (v.
Cass., 23/6/2010, n. 15180).
A tale stregua difetta invero nel caso un'esposizione in termini comprensibili e stringenti delle
ragioni di censura, dalle quali, cos come formulate nella indistinzione dei profili di merito e di
diritto, altro non dato pertanto evincere se non che gli elementi valutati dal giudice sono
asseritamente suscettibili di una diversa lettura, conforme alle attese e deduzioni dell'odierna
ricorrente (v. Cass., 1/12/1999, n. 13359; Cass., 29/11/1999, n. 13342).
Va per altro verso osservato che, come questa Corte [argomentando dal rilievo che ai sensi
dell'art. 4, comma 1 lett. b), dato personale oggetto della tutela apprestata dal d.lgs. n. 196
del 2003 (c.d. Codice della privacy, e gi dalla L. n. 675 del 1996 ) qualunque informazione
relativa a persona fisica, persona giuridica, ente o associazione, che siano identificati o
identificabili, anche indirettaraente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione] ha
gi avuto modo di affermare, i dati dei. singoli partecipanti al condominio raccolti ed utilizzati
per le finalit di cui agli artt. 1117 ss. c.c. sono senz'altro da ricondurre a tale nozione, e
conseguentemente assoggettati alla disciplina posta dalla suindicata fonte.
Si al riguardo precisato che, in ambito condominiale, le informazioni relative al riparto delle
spese, all'entit del contributo dovuto da ciascuno e alla mora nel pagamento degli oneri
pregressi possono essere peraltro oggetto di trattamento anche senza il consenso
dell'interessato.
Argomentando dall'art. 24 d.lgs. n. 196 del 2003, si in proposito sottolineato che le attivit di
gestione ed amministrazione delle parti comuni implicano la possibilit di raccolta,

registrazione, conservazione, elaborazione e selezione da parte dell'amministratore delle


informazioni concernenti le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti al condominio.
Ancora, si affermato che ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano una
comunicazione di questi dati a tutti i condomini, non solo su iniziativa dell'amministratore in
sede di rendiconto annuale o di assemblea ovvero nell'ambito delle informazioni periodiche
trasmesse nell'assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, ma anche su
richiesta di ciascun condomino, il quale investito di un potere di vigilanza e di controllo
sull'attivit di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni che lo facoltizza a
richiedere in ogni tempo all'amministratore informazioni sulla situazione contabile del
condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri
partecipanti (v. Cass., 4/1/2011, n. 186).
Si al riguardo per altro verso posto in rilievo che i dati personali oggetto di trattamento
debbono essere: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per
scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini
compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non
eccedenti rispetto alle finalit per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e)
conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo
non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o
successivamente trattati.
Ancora, che la liceit del trattamento trova fondamento anche nella finalit del medesimo,
quest'ultima costituendo un vero e proprio limite intrinseco del trattamento lecito dei dati
personali, che fonda l'attribuzione all'interessato del potere di relativo controllo (tanto con
riferimento alle finalit originarie che ai successivi impieghi), con facolt di orientarne la
selezione, la conservazione e l'utilizzazione; che l'interessato ha diritto a che l'informazione
oggetto di trattamento risponda ai criteri di proporzionalit, necessit, pertinenza allo scopo,
esattezza e coerenza con la sua attuale ed effettiva identit personale o morale (c.d. principi di
proporzionalit, pertinenza e non eccedenza) (art. 11 d.lgs. n. 196 del 2003).
All'interessato pertanto attribuito il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi
dati personali e come li adopera, nonch di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorch
pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la
cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l'aggiornamento,
l'integrazione (art. 7 d.lgs. n. 196 del 2003).
Al di l delle specifiche fonti normative, in ogni caso il principio di correttezza (quale generale
principio di solidariet sociale - che trova applicazione anche in tema di responsabilit
extracontrattuale - in base al quale il soggetto tenuto a mantenere nei rapporti della vita di
relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso,
nonch volto alla salvaguardia dell'utilit altrui - nei limiti dell'apprezzabile sacrificio -, dalla cui
violazione conseguono profili di responsabilit in ordine ai fai si affidamenti anche solo
colposamente ingenerati nei terzi: cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651; Cass., 27/10/2006, n.
23273; Cass., 15/2/2007, n. 3462; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/7/2007, n. 16315;
Cass., 30/10/2007, n. 22860; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056. Da ultimo cfr. Cass.,
27/4/2011, n. 9404; Cass., 19/8/2011, n. 17685) a fondare in termini generali l'esigenza del
bilanciamento in concreto degli interessi, e, conseguentemente, il diritto dell'interessato ad
opporsi al trattamento, quand'anche lecito, dei propri dati (v. Cass., 5/4/2012, n. 5524).
Imprescindibile rilievo assume a tale stregua il bilanciamento tra contrapposti diritti e libert
fondamentali, dovendo al riguardo tenersi conto del rango di diritto fondamentale assunto dal
diritto alla protezione dei dati personali, tutelato agli artt. 21 e 2 Cost., nonch all'art. 8 Carta
dei diritti fondamentali dell'U.E., quale diritto a mantenere il controllo sulle proprie informazioni
che, spettando a chiunque (art. 1 d.lgs. n. 196 del 2003) e ad "ogni persona" (art. 8 Carta),
nei diversi contesti ed ambienti di vita, concorre a delineare l'assetto di una societ rispettosa
dell'altro e della sua dignit in condizioni di eguaglianza (cos Cass., 4/1/2011, n. 186).

Ne consegue, da un canto, che Le esigenze di funzionalit e di efficienza del condominio non


possono considerarsi prevalenti sai diritto alla riservatezza e alla tutela dei dati (del condominio
e) dei condomini (v. Cass., 4/1/2011, n. 186). E per altro verso, che fondamentale rilievo
assume al riguardo il rispetto dei c.d. principi di proporzionalit, pertinenza e non eccedenza
(art. 11 d.lgs. n. 196 del 2003).
A tale stregua le informazioni riportate nei prospetti contabili o come nella specie nei verbali
assembleari debbono essere comunicati solamente agli aventi diritto alla relativa conoscenza, e
cio ai condomini (a prescindere ovviamente dal relativo numero).
Non anche, a chi non vi abbia viceversa interesse (arg. ex art. 25 d.lgs. n. 196 del 2003).
Deve pertanto evitarsi una relativa diffusione generalizzata, rivolta a soggetti indeterminati.
Incombe al riguardo all'amministratore del condominio adottare le opportune cautele per
evitare l'accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio (v. Cass., 4/1/2011, n.
186).
Orbene, diversamente da quanto sostenuto dalle odierne ricorrenti, dei suindicati principi il
giudice del merito ha nell'impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione.
Da un canto, ha correttamente escluso che la pi sopra riportata affermazione del condomino
An..Pe. possa invero ricondursi alla nozione di dato personale di cui al suindicato art. 4,
comma 1 lett. b), d.lgs. n. 196 del 2003, correttamente evidenziando che con l'espressione
contestata... non si attribuisce o si fa richiamo ad alcuna informazione riguardante una
persona, e nella specie, le due ricorrenti, ma ci si chiede dove siano finite delle somme di
denaro facenti capo al condominio e per quale motivo sono stati effettuati dei bonifici a favore
dello Studio P. , salva la eventuale relativa rilevanza sotto altri e differenti profili,
diversamente tutelabili (a prescindere dal carattere diffamatorio o meno della dichiarazione in
esame).
Per altro verso ha accertato e dato atto che nella specie lo I. ,... nel rispetto dei suoi compiti
istituzionali, si limitato a trasmettere copia della delibera assembleare ai singoli condomini,
senza divulgare o elaborare differentemente il verbale e quanto ivi riportato.
Con il 3 motivo le ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 156, 162
c.p.c., in riferimento all'art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c..
Si dolgono che il giudice, in caso di mancanza dei presupposti per il ricorso ex art. 152 del
Codice, non abbia disposto la conversione del rito e di procedere quindi all'esame del merito
della pretesa attorea secondo le forme dell'ordinario giudizio di cognizione.
Il motivo in parte inammissibile e in parte infondato.
A parte il rilievo che (anch'esso) risulta formulato in violazione degli artt. 366, 1 co. n. 6, c.p.c.
e 369, 2 co. n. 4 c.p.c. (cfr., da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), va osservato che la
richiesta applicazione delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali di
cui al d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, con ricorso al procedimento speciale ivi previsto all'art.
152, non consente al giudice di disporre, in caso di rigetto come della specie della domanda
per relativa infondatezza, alcuna conversione del rito, non rimanendo in tal caso integrata
alcuna ipotesi legittimante l'esercizio dei poteri officiosi del giudice, neanche ai sensi dei pure
invocati artt. 156 e 162 c.p.c..
Non si tratta infatti di nullit dell'atto introduttivo non conformato al modello legale (ricorso
anzich citazione), sanabile col raggiungimento dello scopo e di eventuali inosservanze di
regole del procedimento ordinario; n di disporsi la rinnovazione dell'atto, essendosi la parte

convenuta nella specie invero costituita (cfr. Cass., 18/8/2006, n. 18201); e neppure di
trattazione della controversia, da parte del giudice adito, con un rito diverso da quello previsto
dalla legge, non determinante alcuna nullit del procedimento e della sentenza
successivamente emessa laddove la parte non deduca e dimostri che dall'erronea adozione del
rito le sia derivata una lesione del diritto di difesa (cfr. Cass., 27/1/2012, n. 1201).
Nel caso trovano invero applicazione il principio della domanda (art. 99 c.p.c.), la cui
interpretazione rientra nella valutazione del giudice di merito e non censurabile in sede di
legittimit ove come nella specie congruamente motivata (cfr, da ultimo, Cass. 24/7/2012, n.
12944), nonch il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunziato (art. 112 c.p.c.) (v.
Cass., 22/3/2007, n. 694S; Cass., 19/4/2006, n. 9087), alla cui stregua va coordinata anche
l'applicazione de] principio iura novit curia di cui all'art. 113, 1 co., c.p.c. (che fa salva la
possibilit per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti
dedotti in lite nonch all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili.
alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento della sua decisione
principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti: cfr., da ultimo, Cass.,
24/7/2012, n. 12943).
All'inammissibilit ed infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti Pe. e I. ,
seguono la soccombenza.
Non viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in
favore dell'intimato Garante per la protezione dei dati personali, non avendo il medesimo
svolto attivit difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del
giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per
onorari, oltre ad accessori come per legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti, sigg. Pe. e
I. .

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