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DDIO, re del mondo. Sei stato unico, ma il campione di tutti: Me, We. Io, Noi. Hai sve-

gliato lAmerica e il ventesimo secolo. Chiedevi parit per neri e bianchi, libert di culto
e di pensiero. Senza di te, niente Obama alla Casa Bianca e nemmeno i guanti neri di
Smith e Carlos nel 68. E Jordan, Tyson, Mayweather, Tiger Woods, LeBron James, Hamilton,
non guadagnerebbero milioni. Non conta che ti ricordino come Cassius Clay o come Muhammad Ali, che ti abbiamo visto in tv o nei poster, importa che sei stato capace di far alzare le
braccia e la testa a chiunque cercasse dignit. Hai combattuto, protestato, provocato. Sapevi
far male con i pugni e con le parole. Rosa Parks nel 1955 su un autobus a Montgomery si era rifiutata di cedere il posto ai bianchi, anche tu eri rimasto seduto, ma in pi ti eri messo alla guida. E lavevi urlato: i neri potevano e dovevano condurre. Hai cambiato limmagine del pugile,
della boxe, del campione ignorante. Recitavi, rappavi, inventavi poesie. Un fenomeno, una linguaccia, anche insopportabile. Tenevi testa a scrittori come Norman Mailer, agli artisti come
Andy Warhol, giocavi a dare cazzotti ai Beatles, cantavi con James Brown, discutevi con Fidel
Castro e Mandela e al telefono anche con il filosofo Bertrand Russell per concludere: Lei meno tonto di quello che sembra. Stare con gli
altri per te non era tempo perso. Ti divertivi,
perfino con i giornalisti: Se non scrivi bene
di me, chiamer tua moglie e le dir con chi
vai a letto in trasferta.
Un gigante, dentro e fuori il ring. Fisico stupendo, 1,91 daltezza, 97 chili. Il tuo dottore,
Ferdie Pacheco, si vantava: Fossero venuti i
marziani a chiedermi un esemplare umano,
gli avrei detto: prendete Ali, perfetto. Il
tuo allenatore, Angelo Dundee spiegava:
Non provarci, se cerchi di capirlo ti far diventare matto. Eri bello, veloce, dallo stile
strafottente, con quelle braccia abbassate. E
tutti a criticare: dove crede di andare quel
buffone? Ovunque, soprattutto in cima, infatti non ti prendeva nessuno. Avevi fede, eri un
profeta dellimpossibile, non cera un prono- Re Lear. Dopo il terzo match con Frazier a Mastico a tuo favore contro Sonny Liston, lOrso, nila nel 75 avevi vinto, pisciato sangue per
eppure lo buttasti gi. Dicevi di essere il pi tre giorni, e detto: stata la cosa pi vicina
grande. Sembrava una battuta, era la verit. alla morte. E Joe, che era un carro armato di
Tre volte campione del mondo dei pesi massi- 110 chili, con locchio chiuso tumefatto, avemi: 21 anni sul ring, 56 combattimenti, 5 va risposto: Spero che brucerai allinferno.
sconfitte. Nemmeno Joe Louis e Rocky Mar- Frazier che tu chiamavi Il Gorilla era stato il
ciano avevano affrontato cos tanti e veri av- primo a sconfiggerti (ai punti) nel 71. Rienversari. Contro di te si diventava grandi e si travi sul ring dopo 43 mesi di esilio: Joe si rupentrava nella leggenda. Non avevi bisogno di pe il polso destro per spaccarti la mascella.
Shakespeare per inventare tragedie e com- Black is the colour, cantava Nina Simone.
medie. Le scrivevi con il tuo corpo. Quattordi- Era il 64 quando Martin Luther King ricevetci riprese valevano come una guerra e come te il Nobel della pace e Robert Woodruff, vec-

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chio boss della Coca-Cola, chiam i suoi ad


Atlanta per dire di muoversi, cera da organizzare in citt una festa in onore del reverendo
King. Ma capo, non possiamo, un nero, fu
la risposta dei dirigenti.
I neri allora erano il colore della disgrazia,
andavano bene per intrattenere, dovevano
ballare e stare zitti. Tu hai cambiato lo spettacolo: Im nobody good guy. Non sono il bravo ragazzo di nessuno. I dont have to be
what you want me to be. Non devo essere
quello che voi volete io sia. Eri diventato altro: il fuorilegge dellAmerica, il ribelle pi pe-

ricoloso, il soldato che non voleva andare ad


uccidere i vietcong, il musulmano che nello
spogliatoio pregava con Malcolm X. In breve:
il sovversivo, lanti-americano. Te lavrebbero fatta pagare. Nel 67 ti chiamarono alle armi, anche se eri riservista, assegnato ai servizi sedentari. Allappello ti rifiutasti di fare un
passo avanti, e quando ti chiesero se avessi
capito bene cosa voleva dire rifiutare larruolamento rispondesti benissimo. Eri ufficialmente un disertore. Ti squalificarono, multa
salatissima, ti tolsero il titolo mondiale e in
pi il furto pi grande, ti presero la giovent.

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Tre anni e mezzo fermo, derubato della carriera e della possibilit di mantenere la famiglia. Quando sei tornato nel 70 contro Quarry ad Atlanta a bordo ring cerano Coretta
King, lattore Sydney Poitier, la cantante Diana Ross e il reverendo Jesse Jackson. Avevi
29 anni, non eri pi solo un pugile, ma un simbolo: Luomo che ha la marcia di Washington nei pugni. Gli altri li avevano gi fatti fuori: sia Malcolm che Martin Luther.
Non eri straniero in nessun angolo del
mondo. Hai combattuto ovunque, con e senza titolo in palio: a Toronto, Londra, Franco-

forte, Zurigo, Tokyo, Vancouver, Dublino,


Giakarta, Kinshasa, Kuala Lumpur, Manila,
San Juan, Monaco, Nassau, New York, Las Vegas, Miami Beach, Los Angeles, San Diego,
Houston, Cleveland, New Orleans, Atlanta,
Louisville, e anche a Lewiston, nel Maine.
Quando lAmerica pensava che lAfrica era
una giungla immensa ti sei fatto africano e
sei andato in Congo (allora Zaire). Quando
Foreman a Kinshasa imprecava perch non
riusciva a trovare i suoi amati cheeseburger
tu ti immergevi nel coro dei bambini che correndo sulla terra polverosa gridavano Ali,

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boma ye. Ali, uccidilo. Non dovevi vincere,


nemmeno quella volta nel 74. Quando eravate re. Nel primo mondiale all black: neri tutti,
anche larbitro e il paese. Troppo vecchio tu,
troppo giovane e picchiatore laltro. Ma non
cera modo di ammaccarti la fiducia, di fiaccarti. Hai incassato e sopportato, lhai fatto
sfogare, poi come un matador con il toro scatenato lhai finito allottava con un gancio alla mascella. Ma prima lhai anche deriso: Ehi
signorina, tutto qui? Non ce la fai a picchiare
pi forte?. E Foreman che sbuffava rabbia
cupa: Lho odiato tantissimo, a quei tempi
colpivo duro, ma lui mi ha dominato psicologicamente. Quasi nessuno lo sa, ma cera un
aereo segreto prenotato, pronto a decollare
per portare Ali in una clinica neurologica di Lisbona nel caso di traumi al cervello. Tanto si
temeva la brutalit di Foreman.
Ma hai combattuto troppo. Nell80 contro
Larry Holmes, tuo ex sparring, fu unautopsia su un corpo ancora vivo. Avevi 38 anni, eri
in sovrappeso, fuori forma, non ce la facevi
pi, nemmeno ad alzarti dallangolo. Ma volevi affrontare il nuovo campione, per otto milioni di dollari e per orgoglio. Un anno dopo a
Nassau contro Trevor Berbick, 14 anni di differenza, fu ancora peggio: unesecuzione pi
che un match. Una punizione selvaggia. Eri
gonfio, spento, irriconoscibile. La bellezza
svanita. Troppo pure per un immortale. Tua
figlia Maryum, 12 anni, si mise a piangere.
Quella sera pensai: se pap perde, smetter,
e io sar felice. Ci arrivasti anche tu: Padre
Tempo mi ha preso. Sono sempre bello. E non
me la sono cavata male per un quarantenne.
Tutti perdiamo, tutti invecchiamo. Tutti s,
ma tu eri The Greatest, non tutti. Berbick pass alla storia come lultimo che ti aveva battuto, ma la sua rest una gloria sporca, non si
malmena un dio. Nell 86 divent campione
del mondo, otto mesi dopo perse il titolo contro il ventenne Mike Tyson, che lo stese al secondo round: Per vendicare Ali.
Tornasti a Los Angeles, per divorziare dalla modella Veronica Porsche, ma non dal Parkinson, che aveva iniziato a rubarti i gesti.
Non ti ricordavi pi bene, molte tue parole
erano incomprensibili. La gente cominci a
chiederti: cosa hai detto? non ti capisco. La
malattia era progredita con sincerit.
Ai Giochi di Atlanta nel 96 lAmerica ti tir fuori dal passato. Tremavi con la torcia in
mano, nellaccendere la fiamma olimpica,
ma il mondo pianse di commozione. Eri sempre il pi grande, anche nella fragilit e nel
tuo silenzio. Ti mostravi comeri: ferito, impacciato, goffo. Ma la testa e lo sguardo erano
sempre dritti. Pensavate fossi Superman,
ora potete dire, umano come noi. LAmerica non aveva nessun altro campione da mostrare. Non cos universale, non cos amato,
non cos conosciuto. Eri la sua nostalgia, ma
anche la sua parte migliore, quella che sapeva battersi in nome e per conto di tutti. Hai
detto tre grandi cose, non da pugile. La prima: Ci sono cose pi piacevoli da fare che picchiare le persone. La seconda: Non perdi
mai quando combatti per una causa, perdi
quando non hai una causa per cui lottare. E
lultima: Vorrei che le persone si amassero
nel modo in cui amano me. Sarebbe un mondo migliore. Non hai mai voluto piet, n lacrime. Non hai mai maledetto n Dio n il destino. Piangete per gli altri, dicevi, per gli indifesi. Hai pagato tutto: la tua grandezza, la tua
umanit, i tuoi sbagli. Non lasci eredi. Non
pi la tua America questa di Trump. E i ring
ormai sono tanti. Ma noi ti dobbiamo quel
We. Con te siamo stati noi. E adesso, lasciaci
un po piangere.
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George Foreman, il suo primo ricordo?


Se n andato un maestro, oltre che
un grande pugile e un immenso campione.
Cosa le ha insegnato?
Tutto. Soprattutto a diventare ogni
giorno una persona migliore. A prendere
da ogni situazione, anche dalla peggiore,
la parte positiva. A vivere con passione.
Ti costringeva a essere diverso, a pensare le cose in unaltra prospettiva.
E non solo sul ring.
Le sue lotte non sono state solo per i
neri. O per i musulmani. Ma per lumanit, per tutti i paesi, per il mondo, per lItalia dove vinse alle Olimpiadi, per le generazioni future. Anche chi non lha conosciuto e visto combattere e vivere, sa che
ha avuto lui come guida. Che c stato
uno come lui. Un insegnamento per la libert e il rispetto che durer spero ancora per centinaia di anni.
Vi frequentavate?
Eravamo amici. Lo erano le nostre famiglie. Ci sentivamo e incontravamo. Dopo Kinshasa, non ci
siamo mai pi lasciati.
Da Rumble in the
Jungle, 1974, Africa. Mille volte glielo avranno chiesto: cosa signific
per lei?
Mi
raddrizz,
sconfiggendomi. Mi
diede uno schiaffo
salvifico: ero il favori53&5*50-*.0/%*"-*
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mondo dei pesi masBOOJ CBUUVUPB
simi, pi giovane di
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7 anni di lui, ne avevo 25. Era lAfrica, ed erano quegli anni:
difficili, oscuri, travagliati. Io non ne capivo niente allepoca, ho saputo tutto dopo.
Fu una notte profonda. Ero sicuro di batterlo, molto fiducioso dei miei mezzi, certo che lo avrei messo al tappeto in un paio
di round e che avrei conservato il titolo.
Mi sentivo invincibile e intoccabile. Tirai
duro, ma non abbastanza per lui. Mi provoc, mi disse se quello che avevo da dare
era tutto l. Mi trascinai fino allottava ripresa, eravamo stanchi tutti e due, ma fu
lui a mettere il destro giusto. Un gancio.
Mi aveva sconfitto, aveva demolito le mie
certezze. Fu difficile allinizio accettarlo,
poi ho capito che mi fece un dono. Non
lho mai dimenticato e non lo dimenticher mai.
Cosa le rimane di lui?
La sua lezione. Per quella notte, che
fu la mia unica sconfitta per ko. Ma anche
linizio di unaltra vita. Fu la mia fortuna,
la mia festa. Mi mancher un pezzo senza
di lui. Ma finch sono qui, il mio compito
ricordare Muhammad Ali.
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grande. Punto. Se glielo
aveste chiesto ve lo
avrebbe detto lui stesso. Vi
avrebbe detto che era due volte
il pi grande; che aveva ammanettato il lampo e gettato in galera il tuono.
Ma a rendere 5IF$IBNQ il
pi grande, ci che realmente lo
contraddistingueva da chiunque altro, era che chiunque altro vi avrebbe detto pi o meno
la stessa cosa.
Come tutto il pianeta Michelle e io piangiamo la sua scomparsa. Ma siamo anche grati a
Dio per aver avuto la fortuna di
conoscerlo, anche se solo per poco tempo e per quanto siamo
tutti cos fortunati che il pi
grande abbia scelto di onorare
proprio la nostra epoca.
Nel mio studio privato, accanto allUfficio ovale, tengo in bella vista un suo paio di guantoni,
proprio sotto quella foto emblematica che mostra il giovane
campione, appena ventiduenne, ruggire come un leone sopra Sonny Liston, caduto a terra. Quando fu scattata io ero
troppo giovane per capire chi
fosse. Si chiamava ancora Cassius Clay, aveva gi vinto la medaglia doro alle Olimpiadi e
non aveva ancora intrapreso
quel viaggio spirituale che lo
avrebbe portato alla fede musulmana e allesilio al culmine della sua forza, gettando le basi
per il suo ritorno alla grandezza
con un nome che sarebbe stato
acclamato tanto dai diseredati
degli slum del Sudest asiatico e
dei villaggi dellAfrica che dalle
folle osannanti del Madison
Square Garden.
Io sono lAmerica, dichiar
in unoccasione. Sono quella
parte che voi non riconoscete.
Ma abituatevi a me: nero, sicuro di me, impertinente; il mio
nome, non il vostro; la mia religione, non la vostra; i miei obiettivi, solo i miei. Abituatevi a
me.
quello il Muhammad Ali
che io ho conosciuto crescendo,
non solo un poeta abile con il microfono quanto lo era sul ring come pugile, ma un uomo che si

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egli ultimi anni non riusciva pi a
parlare, e questo era ci che lo faceva
soffrire di pi: lui, che della parola aveva
fatto unarma micidiale come i suoi pugni. Era
riuscito a discutere a stento con David
Remnick, che gli aveva dedicato il memorabile
,JOHPGUIFXPSME, e con Joyce Carol Oates, che
lo citava come modello insuperato in 0O
#PYJOH, il pi bel libro mai scritto sulla OPCMF
BSU. Era stato Ali a far capire che la boxe poteva
essere nobile e addirittura arte, per questo era
diventato punto di riferimento anche di artisti
e intellettuali, estasiati dalla sua genialit ed
eleganza, sconcertati per la spregiudicatezza:
la stessa persona che aveva combattuto per
estirpare il razzismo descriveva con epiteti
vergognosi i rivali di colore, come orribile
scimmione, da Sonny Liston a Joe Frazier.
Quanto sei brutto, gli urlava in faccia,
facendosi beffe della correttezza politica, ma
poi incantava il mondo danzando come una
farfalla e pungendo come unape. Quei
ritornelli ripetuti sino alla noia divennero
precursori del rap, e tra i primi a capirlo fu
George Plimpton, che sedeva accanto a
Norman Mailer nella notte magica di Kinshasa,
UIFSVNCMFJOUIFKVOHMF, quando sconfisse

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contro tutti i pronostici George Foreman,


ipnotizzando gli spettatori africani, che
cominciarono a urlare allunisono #PNB:F,
uccidilo. Sul quel match indimenticabile
Mailer scrisse 5IF'JHIU, uno dei suoi
capolavori, e ventanni dopo Leon Gast un
documentario altrettanto bello: 2VBOEP
FSBWBNPSF. La semplicit delle sue parole era
incendiaria, come quando motiv che non
sarebbe andato in Vietnam perch nessun
Vietcong mi ha mai chiamato OJHHFS. La frase
venne citata da James Baldwin e divenne
mantra per unintera generazione di
intellettuali di colore, come quel XIBUTNZ
OBNF ripetuto a ogni colpo scagliato contro
Ernie Terrell, pugile gigantesco che aveva
osato chiamarlo Cassius Clay, il suo nome da
schiavo. Ali decise di punirlo per 15 round,
umiliandolo con colpi crudeli, senza mai
sferrare il ko. Mailer defin quel match epica
moderna, eguagliata solo dalla triplice sfida
con Frazier, conclusa con la vittoria di Ali nel
thrilla in Manila. L ci fu chi ricord la punizione
inflitta da Apollo a Marsia e la Oates, scrisse,
per bocca di un altro sconfitto come Foreman,
che la boxe lo sport al quale tutti gli altri
vogliono assomigliare.
3*130%6;*0/&3*4&37"5"

batteva per ci che era giusto.


Un uomo che si battuto per
noi. Si schierato con King e
Mandela; ha preso posizione
quando era difficile farlo; ha fatto sentire la propria voce quando altri si rifiutavano di fare altrettanto. La sua battaglia lontana dal ring gli sarebbe costata il titolo e la reputazione. Gli
avrebbe fatto guadagnare nemici a sinistra e a destra, lo
avrebbe oltraggiato, portandolo quasi in prigione. Ma Ali rimase inamovibile. E la sua vittoria
ci ha aiutati ad abituarci allAmerica che conosciamo oggi.
Non era perfetto, naturalmente. Nonostante tutta la sua
magia sul ring poteva essere
malaccorto con le parole e, con
levolversi della sua fede, pieno
di contraddizioni. Ma alla fine il
suo spirito eccezionale e contagioso innocente, persino
gli valse pi ammiratori che nemici. Forse perch in lui speravamo di scorgere qualcosa di
noi stessi.
Pi tardi, con il declino del vigore fisico, divenne una forza
addirittura pi possente al servizio della pace in tutto il mondo. Abbiamo visto un uomo che
aveva detto di essere talmente
cattivo da far ammalare le medicine, mostrare un suo punto debole, fare visita ai bambini malati e disabili di tutto il mondo e
dirgli che anche loro avrebbero
potuto diventare i pi grandi.
Abbiamo visto un eroe accendere una torcia e tornare a combattere la sua lotta pi grande di
fronte al mondo intero; una lotta contro il male che ne ha devastato il corpo senza riuscire a
spegnere quella scintilla dai
suoi occhi. Muhammad Ali ha
scosso il mondo, rendendolo migliore. Ha reso migliori tutti noi.
Michelle e io abbiamo inviato le
nostre pi profonde condoglianze alla sua famiglia, e preghiamo che il pi grande di tutti i
combattenti riposi finalmente
in pace.
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utto vestito di bianco, lui nero come la notte di Atlanta che lo avvolgeva, Muhammad Ali alz con le
mani scosse dal Parkinson la fiaccola
olimpica che chiuse un secolo di odio e
avrebbe acceso un secolo di speranze.
Era il 1996, nella Georgia che era stata
di Martin Luther King e del Ku Klux
Klan quella spettrale, toccante apparizione nello Stadio Olimpico contro il
buio si colloc tra la corsa sfacciata di Jesse Owens davanti agli occhi attoniti di
Adolf Hitler nel 1936 e il volo di Barack
Obama verso la Casa Bianca nel 2008.
Si alz la figura di un eroe nero americano che avrebbe incarnato, nel corpo
prima apollineo e poi nello spirito non

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fiaccato neppure dalla malattia, la fatica, il dolore, la ribellione e infine la vittoria morale dello schiavo.
Muhammad Ali, nato Cassius Marcellus Clay nel 1942 a Louisville nel Kentucky, morto a Phoenix immobilizzato su
un letto dalle macchine che tentavano
di prolungargli la vita biologica. Il diluvio di omaggi e di rimembranze, di elogi
funebri e ammirazione che da ieri piovono sul metro e 91 e i pochi chili che di lui
restavano coprono con il sudario dellipocrisia lodio che lo aveva accompagnato
per decenni. Quando milioni comperavano i biglietti per i suoi match e accendevano i televisori nella speranza di vederlo pestare a sangue dai Frazier, dai Liston, dai Foreman, dagli Spinks, dai suoi
avversari. Altri uomini neri chiamati a rimettere al suo posto, possibilmente orizzontale sul ring, quel negro ribelle e arrogante. Troppo intelligente, troppo furbo, troppo rumoroso e dunque troppo pericoloso per essere tollerato.
Nella storia della irrisolta crisi in

bianco e nero che scuote gli Stati Uniti


dalle origini coloniali e ha cominciato a
lacerare anche le societ europee che se
ne credevano immuni, nessuno prima di
Cassius Clay aveva capito e afferrato la
potenza eversiva che lo sport, il ghetto
dorato che lAmerica bianca aveva a malincuore costruito per i suoi liberti di colore, offriva. Neppure Jesse Owens, il castigatore della superiorit ariana a Berlino, Jackie Robinson, il primo giocatore
ammesso nella Lega del baseball professionale o i ragazzi del Texas Western College che vinsero il titolo nazionale universitario nel 1966 con una squadra di
BMMCMBDL erano stati pi che fenomeni individuali o momenti di passaggio verso
lintegrazione degli sport che aveva scoperto le nuove miniere di tifosi e dunque
di incassi nellAmerica DPMPVSFE, come
si diceva allora.
Non Clay, che da una scolarizzazione
modesta nel liceo pubblico di Louisville,
dove era un mediocre studente, da genitori senza grande cultura istituzionale
il padre campava dipingendo a mano
cartelloni stradali, la madre era una donna delle pulizie e dalla bici rubata che
lui avrebbe voluto riprendersi menando
il ladro, aveva intuito la forza dirompente che le sue lunghe braccia, i suoi pugni,
la sua sovrumana agilit a dispetto
dellaltezza, gli avevano offerto. Nei corridoi, nella palestre, nelle pause della
scuola, mimava senza sosta la scherma
pugilistica e spesso i suoi pugni trovavano il bersaglio dei bulli e dei riottosi.
Quando le risse si facevano troppo calde, il preside accendeva gli altoparlanti
e avvertiva: Piantatela o vi mando Cassius. Le risse si sedavano.
Ma di formidabili atleti, e di aspiranti
pugili affamati di borse, lAmerica degli
anni Cinquanta e Sessanta, e in particolare lAmerica nera ribolliva. Serviva
qualche cosa in pi dei tornei per giovani promesse, qualche ingrediente che
desse al giovane peso massimo il colpo
del ko mediatico. E lui lo seppe trovare, dopo loro di Roma 1960, nel crogiolo
umano e culturale che stava consumando la nazione: nel Vietnam. Con la conversione allIslam dei musulmani neri,
lui allevato come cristiano battista nel

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segno della religiosit nera sudista, ladozione del nome Muhammad, prima
Muhammad X, come Malcolm, poi definitivamente Ali, e nel rifiuto di compiere quel passo in avanti dalla fila dei giovani sorteggiati per la guerra per farsi arruolare e spedire nel Mekong, la banale
storia di un grande pugile si trasform
nella storia di un leader e poi di un mito.
Un piccolo non-passo per un uomo divenne un grande passo per lumanit nera. Immediatamente fu vista in lui la rivincita della propria umiliazione in un
paese che, in quegli anni Sessanta, considerava un crimine, ai sensi di legge, la
NJTDFHFOBUJPO, il matrimonio misto tra
razze diverse. Muhammad avrebbe
vinto molto e perso poco e male. Ma ogni
suo match, dal iSVNCMFJOUIFKVOHMF, lo
scontro nella giungla dello Zaire contro
il gigantesco George Foreman, al iUISJM
MBJO.BOJMB, la rivincita contro Joe Frazier, fino alla malinconica sconfitta finale contro Trevor Berbick, una iUPNBUP
DBO, una lattina di pomodoro nello

slang della boxe americana, un giamaicano di categoria inferiore, sarebbe stato unoccasione. Un evento per spalancare quella CJHNPVUI, quella boccaccia
e per gridare non soltanto che lui era Il
pi grande, ma che era ok per un nero
del Sud gridare, farsi sentire, sfottere il
NBTTB, il master, il Signore bianco della Piantagione. Purch ciascuno riconoscesse, nelle sconfitte individuali o collettive, le proprie responsabilit e i propri errori. Come avrebbe detto in un discorso alla pi grande lobby afro dAmerica, la Naacp, Barack Obama anni dopo,
suscitando scandalo.
Quel Parkinson che gli sarebbe stato
diagnosticato poco dopo la sconfitta finale, e con il quale seppe combattere per
trentanni, avrebbe definitivamente fuso in lui la gloria del campione e laffetto
pieno di rimorsi di chi laveva tanto odiato. Fu decorato dal presidente George
W. Bush, accompagnato dalla quarta
moglie, Yolanda Williams che di lui ebbe
cura come la custode di un fragile monu-

mento nazionale. Cre fondazioni per la


ricerca sul Parkinson. Trov la forza per
unultima apparizione pubblica a Londra 2014, fra gli atleti Usa, portando in
tv quel volto pietrificato dal male eppure miracolosamente integro dai calci di
mulo inferti dai pesi massimi.
Obama, che ieri lo ha pianto, gli aveva
tributato uno scritto personale e aveva
ricordato lepisodio di Ali in un ospedale, quando aveva stretto in braccio un
bambino paraplegico dicendogli di non
perdersi danimo, perch un giorno sarebbe tornato a camminare. Dio mi ha
reso un campione, la malattia mi ha reso
un uomo aveva risposto a Obama, che
sa bene che non ci sarebbe mai stato un
Presidente di sangue africano senza un
Muhammad Ali. Forse in una curiosa forma di misericordia finale, la farfalla si
posata prima di vedere entrare alla Casa
Bianca un nuovo portatore di quellodio
che i suoi pugni seppero tramortire, ma
non mettere per sempre ko.
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ERA una specie di rampa lunga, scura, e sullo sfondo una notte americana. La penultima tedofora di Atlanta 1996, la nuotatrice
Janet Evans, la stava percorrendo di corsa e tutti naturalmente ci chiedevamo chi ci sarebbe stato, o
stata, ad attenderla, a ricevere lultimo sacro fuoco
di Olimpia. La figura in maglietta bianca comparve
come in un gioco di prestigio, uscendo allimprovviso dal buio, e tutti in un istante capimmo che non
era unapparizione, n una visione mistica ma era
proprio lui, Muhammad Ali, nella splendida e malata fragilit dei suoi 54 anni. Era l e aspettava. La
Evans tremava pi di lui, passandogli quel globo di
luce. Una giovane donna, un uomo, un simbolo del
Novecento. La torcia pareva un cero, e il campione
una specie di santo. Ali ricevette il fuoco e prov a

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restare fermo con la torcia che oscillava e laltro


braccio, il sinistro, quasi senza controllo: impossibile. Anche la testa era un continuo fremito e sembrava dire s. Muhammad Ali abbass la torcia una prima volta, simile a un bambino spaesato. Si guardava intorno come per chiedere aiuto o forse una conferma, poi torn a mostrarla allo stadio e al mondo,
infine la port verso lo stoppino spinto da un complicato marchingegno verso il braciere e il rogo olimpico, un gigantesco cono da popcorn: a volte cos
che la Storia passa. E non cera niente da nascondere, non la debolezza del male e non la forza di opporsi, non la ferita, non il coraggio, non la limitatezza fisica, non lindomabile cuore. E non fu patetico. Fu,
semplicemente, molto umano. E bellissimo.
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uhammad Ali stato il pi grande pugile di tutti i


tempi, ma stato anche una persona profondamente umana, pieno di fragilit e manie come
chiunque. Fisicamente era vulnerabile: i medici fin dallinizio avevano avvisato lui e il suo seguito che prendeva
troppi colpi durante gli allenamenti. Lui non li stava a sentire, e nessuno di quelli che gli stavano intorno cerc di
persuaderlo a fare diversamente.
Molti concorderebbero con lallenatore Emanuel
Steward, che sosteneva che Ali avrebbe dovuto lasciare
dopo la vittoria su George Foreman in Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), nel 1974. Invece continu
a combattere per altri sette anni, e pag questa ostinazione con i successivi decenni di fragilit fisica e mentale.
Sembrava che pi la gente guardasse Ali, meno riuscisse a comprenderlo. Molti degli scrittori che lo veneravano
gli "MJ4DSJCFT li chiamo io, gli scribi di Ali lo hanno dipinto come un esponente della controcultura degli anni
60, per via del suo rifiuto di partire per il Vietnam, nel
1967. In realt seguiva semplicemente la politica di nonviolenza della /BUJPOPG*TMBN, in cui era entrato qualche
anno prima.
Ali era generoso, forse troppo generoso. Howard Moore Jr., un avvocato che era spesso ospite a casa sua, diceva
che il telefono di Ali suonava tutto il giorno e allaltro capo
del filo cera gente che gli chiedeva di pagargli laffitto o
di prestargli denaro, e spesso e volentieri lui lo faceva. Secondo il documentario 5IF%PO,JOH4UPSZ quando Ali ci
lasci quasi la pelle combattendo contro Larry Holmes
nel 1980, King, lorganizzatore dellincontro, lo raggir
intascandosi lintera borsa da 8 milioni di dollari, lasciandogliene solo 50.000 (King nega laccusa).
Ali si teneva alla larga da promoter e agenti che parlavano a nome di altri pugili, ma aveva anche lui il suo circo
viaggiante di parassiti e tirapiedi che lo incoraggiavano a
combattere, senza preoccuparsi dei danni che procurava
al suo corpo. Nel 1977 rimedi una tale batosta da Earnie
Shavers che Teddy Brenner, lorganizzatore degli incontri al Madison Square Garden, rifiut di farlo combattere
ancora nella sua struttura. Dopo un altro incontro, Ferdie
Pacheco, un medico di bordo ring, avvis le persone pi vicine ad Ali che stava urinando sangue: non ebbe risposta.
Ali era un pugile, ma anche un poeta, in senso letterale. La prima volta che lo vidi fu nel 1963, quando venne a
leggere le sue poesie in un caff del Greenwich Village a
New York, chiamato Bitter End.
Lultima volta che lo vidi fu nel 2005, quando presenziai allinaugurazione del Muhammad Ali Center a Louisville, nel Kentucky. Sembrava provato e stanco. Lo spaccone che scuoteva la nazione con le sue chiacchiere era
stato messo a tacere. Il-PVJTWJMMF-JQ, il labbro di Louisville, come lavevano soprannominato, era stato cucito.
stato davvero il pi grande pugile di tutti i tempi? Secondo qualcuno, Joe Louis stato pi grande. Ma poi mi
viene in mente la storia che uno dei suoi amici. Cera un
bambino che stava morendo di cancro. Ali lo and a trovare in ospedale e gli disse che avrebbe sconfitto Sonny Liston e che lui, il bambino, avrebbe sconfitto il cancro.
No, rispose il bambino. Io andr da Dio e gli dir che ti
conosco.
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Domenica 5 Giugno 2016 Corriere della Sera

8
#

1942-2016

Pel
Era mio
amico, il
mio idolo,
il mio eroe
Abbiamo
passato
tanti
momenti
insieme
Gli auguro
la pace
vicino a Dio

Foreman
Se ne
andata la
parte pi
grande di
me. Io,
Frazier e Ali
eravamo
una sola
persona,
una parte
di me se ne
andata

Hamilton
Sono
distrutto
Riposa
in pace
campione
Dio
benedica e
aiuti la sua
famiglia a
superare
questo
momento

Maradona
stato di
gran lunga
il migliore
di tutti i
tempi. Se
n andato
perch non
poteva
darci altre
gioie. Sul
ring era uno
spettacolo

di Claudio Colombo

li eroi dello sport


non muoiono, caso
mai si assentano. Ma
c qualcosa di diverso, e di pi lancinante, nella scomparsa di Muhammad Ali, che ha concluso la sua
parabola terrena in un ospedale di Phoenix, in Arizona, piegato a 74 anni dal morbo di
Parkinson che lo aveva aggredito da oltre tre decenni. Ali
valeva doppio: come sportivo e
come uomo. Il primo, che pure
non fu invincibile nella sua
grandezza, ha rappresentato
qualcosa di unico e di irripetibile nel mondo del pugilato; il
secondo, diretta conseguenza
della fama acquisita sul ring,
dimostra come si possa mettere a disposizione del prossimo
(collettivit, societ, consesso
civile) la forza libera di scelte
scomode, anche se penalizzanti. Rivoluzionario, Ali, lo
stato in tutto: nelle parole, nei
gesti e nei comportamenti.
Glielo riconosce (oggi) lAmerica; lo applaude, anche, il re-

Era unape e una farfalla


Il campione politico
sul ring e nella vita

Corano e Bibbia
Assistito fino allultimo
dalla quarta moglie,
sostenuto dal Corano
(e anche dalla Bibbia)
sto del mondo, come si evince
dalla valanga di attestazioni
provenienti da ogni angolo del
pianeta. Ali era ricoverato da
tre giorni in ospedale per problemi respiratori: sembrava
una cosa di poco conto, poi
tutto precipitato. Da molti
anni lex campione dei pesi
massimi filtrava il suo pensiero attraverso la voce di Lonnie,
la quarta moglie, approdo felice e tranquillo dopo una vita
familiare piena di onde e tempeste. Ali aveva sempre difeso
il suo passato, a protezione
della disciplina che ha nobilitato pi di ogni altro. Abolire
la boxe non ha senso amava
dire . Sono forse ex pugili i
due milioni di americani che
hanno la mia stessa malattia?.
Povero, immenso Clay, costretto a vivere a cento allora sfidando lassalto del male, e obbligato ad essere sempre il
campione dei campioni, una
leggenda, licona planetaria
che non poteva permettersi la

NEIL LEIFER / SPORTS ILLUSTRATED / GETTY IMAGES

Reazioni

Campione Lewiston, Maine, 25 maggio 1965: il secondo match contro Sonny Liston si conclude con un k.o. al primo round

La lezione

Quegli incontri
che ricordano
Guernica
di Pablo Picasso
di Aldo Cazzullo

uhammad Ali, come tutti i grandi


campioni, sapeva anche essere
spietato. Perch i campioni sono
falchi da preda, cavalli di razza. Ernie Terrell
era un gigante di due metri (George
Foreman uno e 93, Ali era uno e 91, Joe
Frazier uno e 80, Mike Tyson uno e 78).
Per lui Muhammad Ali era Cassius
Marcellus Clay, cos laveva conosciuto
quando erano dilettanti, e gli pareva
impossibile che una persona potesse
cambiare nome. Ma quando alla vigilia del
match Ali si sent chiamare con il suo
nome da schiavo, la prese come unoffesa.
Defin Terrell zio Tom, il nero succube dei
bianchi, e lo umili nel modo pi terribile

per un pugile. Poteva sbarazzarsene in


pochi minuti. Lo chiuse nellangolo per
quindici round, tenendolo in piedi a furia di
pugni. Continuava a colpirlo e a chiedergli:
Whats my name?, come mi chiamo? E
gi mazzate, senza neppure dargli tempo di
rispondergli. La scena si vede nel film con
Will Smith che Hollywood ha tratto dalla
storia di Ali; che per non rende lidea. un
buon film ma non regge il confronto con le
immagini originali. Terrell non aveva capito
Ali, e soprattutto non aveva chiaro quel che
Ali aveva capito benissimo: entrambi
vivevano in un secolo politico. Muhammad
Ali non era soltanto un grande pugile, cos
come Picasso non era soltanto un grande

solitudine della sofferenza.


Da qualche anno Ali viveva a
Paradise Valley, in Arizona: apparizioni pubbliche sempre
pi rare, terapie e molta tv, soprattutto film western, la sua
passione, e vecchie sit-com in
bianco e nero. Sulla scrivania,
una copia del Corano ma anche della Bibbia, capisaldi di
una vita attraversata da scelte
sempre definitive. Sapeva parlare agli imam e anche ai Papi,
ai ricchi e ai poveri. Incontr i
potenti della Terra, mai dimenticando che gli ultimi erano in maggioranza. Aveva il
corpo imprigionato nella malattia, ma i suoi pensieri vagavano liberi, bizzarri e grandiosamente autoironici: S, sono
sempre il pi grande. Nel raccontare barzellette. Negli ultimi tempi, preferiva questa: In
un auto ci sono un negro, un
messicano e un portoricano.
Chi al volante? Un poliziotto. Lo raccontano ferito e addolorato per le periodiche ondate di violenza che hanno rimesso al primo posto in America la questione razziale, lui
che era diventato il simbolo orgoglioso di un Paese che oggi,
cinquantanni dopo Martin Luther King, sembra tornato al
punto di partenza.
Lonnie, affettuosamente
chiamata the boss, assecondava gli estri del marito. I medici gli proibivano i dolci? Lui
rubava le caramelle dal cassetto. Lonnie, paziente, lo ammoniva: Non puoi. E Ali: Boss,
uccider te e i medici. Se
non avessi fatto il pugile
disse un giorno a Milano, attorno a una tavola imbandita
, sarei diventato un mago: e
pass la serata a far sparire e

pittore; erano animali politici. Uno dipinse


Guernica, laltro rifiut il Vietnam. Per Ali la
conversione, il legame con Malcolm X, la
lotta per i diritti civili e contro la guerra
erano tuttuno con il pugilato: fece diventare
politico pure un match in Africa,
organizzato da un truffatore e da un
dittatore per fare soldi. Ernie Terrell lasci
la boxe, ci mise tre anni a riprendersi: era
un buon pugile, vinse ancora sette incontri.
Ali fin in carcere per renitenza alla leva: si
era rifiutato di rispondere al reclutatore che
lo chiama Cassius Marcellus Clay. Mike
Tyson aveva un pugno ancora pi potente;
ma in carcere fin per violenza sessuale.
RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere della Sera Domenica 5 Giugno 2016

PRIMO PIANO

9
#

La testimonianza
Stallone:
Avrebbe
battuto
anche il mio
Rocky
di Giovanna Grassi
comparire palline rosse da dietro le orecchie degli invitati alla cena.
Anche sul ring, in fondo, ha
giocato per pi di ventanni.
Provocava gli avversari, li insultava, li irretiva, componendo deliri onirici come quello
che invi a George Foreman:
Ho fatto a botte con un coccodrillo, ho lottato con una balena, ho ammanettato i lampi,
sbattuto in galera i tuoni. L altra settimana ho ammazzato
una roccia, ferito una pietra,
spedito all ospedale un mattone. Io mando in tilt la medicina. Esagerato, linguacciuto e
paradossale, cambi il modo
di comunicare lo sport, sempre pi globalizzato grazie anche alla crescente copertura televisiva degli eventi.
La sua carriera di pugile ha
scavalcato lessenza stessa del
pugilato: mai banale, mai
scontata, materia buona (e infatti saccheggiata) per libri e
film. Vinse loro olimpico dei
mediomassimi a Roma, nel
1960: aveva 18 anni ed era gi
un predestinato. Il 25 febbraio
1964, a Miami, conquist il ti-

ylvester Stallone
affranto, sinceramente
commosso e parla dun
fiato: I miei pi bei ricordi
di pugile cinematografico
sono legati a Muhammad
Ali, che ho sempre giudicato
un poeta, una farfalla del
ring, un campione in senso
assoluto nello sport, nella
vita, nellimpegno politico e
per tutto ci che ha
rappresentato e sempre
simbolegger non certo solo
per gli afroamericani.
I ricordi di Stallone:
Indimenticabile per me
la cerimonia degli Oscar 77,
Ali ed io, alias Rocky,
duettammo sul palco:

tolo mondiale dei pesi massimi, battendo Sonny Liston in


un match che odorava di mafia
e di combine. La mattina del
26 febbraio, Clay si present
per la prima conferenza stampa da campione del mondo. A
un certo punto un cronista aveva alzato la mano: Cassius,
vero che sei un membro dichiarato dei musulmani neri?. Clay lanci il suo primo
messaggio politico: Io credo
in Allah e nella pace: adesso
non sono pi un cristiano, so
dove andare e conosco la verit. Da quel giorno smise di
essere Cassius Clay e divent
Muhammad Ali, luomo degno di lode.
La conversione veniva da
lontano: prima di andare ai
Giochi di Roma, Clay aveva incontrato Elijah Muhammad, il
gran capo dei black muslims,
desideroso di capire la retorica
dellorgoglio razziale che i musulmani neri esprimevano. Divent un messaggero di lotta e

Cassius Clay un nome da schiavo. Io non lho scelto


e non lo voglio. Io sono Muhammad Ali,
un nome libero
1964

di pace: va inteso cos il suo rifiuto di rispondere alla chiamata alle armi per andare in
Vietnam. LAmerica, quella
America, non poteva perdonarlo: lo accus di essere stato
manipolato, fu incarcerato,
privato del titolo mondiale e
della licenza di combattere, e
per tre anni divenne un fantasma scomodo e ingombrante
in un Paese lacerato dai dubbi.
Il ritorno sul ring, nel 1970,
segn la parte pi folgorante
della sua carriera, tra sconfitte
rovinose (Frazier, che poi super in due occasioni successive, lultima a Manila in un match brutale e disperato) e vitto-

1974, dallarchivio del Corriere

Il k.o. in Africa
a Foreman
e i sospetti
di combine
di Mario Gherarducci

OLYCOM

Terapia e western
Il corpo imprigionato
nella malattia, il morbo
di Parkinson, terapia,
molta tv e film western

rie esaltanti, compresa la battaglia africana contro Foreman


(30 ottobre 1974), il suo capolavoro sportivo e politico: trasform un combattimento di
pugilato in uno scontro ideologico fra lui, difensore dellAfrica, e laltro, il nero che tradiva le proprie radici. Fin con
la folla che gridava Ali uccidilo, e Foreman al tappeto dopo
una sfida da capogiro conclusasi allottavo round.
Patterson, Bonavena, Chuvalo, Quarry, Frazier, Foreman,
Bugner, Norton, Lyle, Evangelista, Shavers: lelenco di vinti
lungo quanto le litanie con cui
Ali soggiogava psicologica-

desso tutta Kinshasa sembra in preda a


una festosa frenesia. Fra uno scroscio e
laltro di pioggia equatoriale, la gente
improvvisa danze di esultanza lungo le strade,
scandendo sempre la stessa frase: Ali
bomay, Ali uccidilo. il medesimo coro che
aveva accolto Cassius Clay sul ring,
accompagnandolo lungo tutto lincontro, un
coro esploso allimprovviso, spontaneo e
incontenibile. Per giorni e giorni la gente di qui
aveva finto di dar retta alla raccomandazione
dettata dal presidente Mobutu: Questo
incontro non una guerra fra due nemici, ma
una sfida sportiva fra due fratelli. Ha vinto Ali,
tornato sul trono della categoria pi prestigiosa
dopo sette anni... A questo punto lecito fare

mente i rivali. Solo nel crepuscolo della carriera, pi triste


del dovuto, si arrese a Larry
Holmes, suo ex sparring partner, e a Trevor Berbick, uno
che ai tempi doro avrebbe
spazzato via in un solo round:
albori degli Anni 80, la malattia cominci a manifestarsi
proprio in quel periodo. Nel
1996, ultimo tedoforo, accese il
fuoco del braciere ai Giochi di
Atlanta, mostrando al mondo
la sofferenza di un campione
ammalato ma non sconfitto.
Molti ora diranno: stato il
miglior pugile di tutti i tempi,
dimenticando che ogni fuoriclasse un esemplare unico,

inaccostabile per definizione.


Meglio sarebbe dire: Ali stato
un primus inter pares con
Sugar Ray Robinson, Joe Louis
e Rocky Marciano. La sua boxe
fantasiosa agilit, guizzo
improvviso, intelligenza tattica
rappresent nei pesi massimi una netta frattura con il
passato. Sul ring si muoveva
quasi ad occhi chiusi, come se
si trovasse nel salotto di casa:
occupava gli spazi, danzava intorno allavversario, sbarrava la
strada, colpiva e si ritraeva.
stato farfalla e ape. Era, semplicemente, Muhammad Ali, il
pi grande.

Rocky vinse come miglior


film e migliore regia. Senza
di lui non sarei diventato e
non sarei quello che sono.
Stallone commosso, si
sente dalla voce: Ricordo
quando al mio fianco,
Muhammad disse: Il vero
Apollo Creed sono io, tu mi
hai rubato il copione.
Quelluomo espresse anche
tutta la sua ammirazione
per il personaggio di
finzione, ma cos vero, di
Apollo Creed, interpretato
da Carl Wheaters. Il ruolo
mi era stato ispirato in tutto
proprio dal vero
Muhammad: alla fine del
nostro duetto ci
abbracciammo forte. Mi
sentivo pi fiero di
quellincontro che non delle
vittorie del mio film. Sono
sempre stato orgoglioso di
aver avuto accanto a me una
delle leggende che hanno
segnato, maturato,
plasmato la mia intera vita.
Muhammad mi diceva
sempre che avevo rubato
persino il timbro della sua
voce regalandolo ad Apollo
e mi ripeteva che Rocky
aveva sconfitto Creed, ma
che lui, Ali, avrebbe sempre
battuto Rocky. Verissimo e
ogni mia vittoria o sconfitta
deve tutto alla farfalla del
ring.
RIPRODUZIONE RISERVATA

RIPRODUZIONE RISERVATA

tre ipotesi. La prima e la pi fondata che Clay


sia ancora un campione inimitabile. La
seconda che Foreman abbia affrontato la
sfida mondiale in condizioni fisiche e
psicologiche disastrose. La terza che il match
di Kinshasa sia stato soltanto una colossale e
lucrosa combine, realizzata per preparare la
strada a una vantaggiosa rivincita. Perch
Foreman non tornato in piedi? Pu darsi che
la somma dei colpi incassati lo avesse fiaccato
al punto da svuotarlo di ogni energia.
Capolavoro inimitabile di un fuoriclasse senza
declino oppure una diabolica combine? Ecco
un interrogativo che probabilmente non avr
mai una risposta.
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THOMAS HOEPKER / MAGNUM / CONTRASTO

DOMENICA 5 GIUGNO 2016

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In Italia EURO 1,50

ANNO 141 - N. 134

Muhammad Ali 1942-2016

UNA STORIA
AMERICANA
di Claudio Colombo

uhammad Ali, una leggenda del


pugilato, morto a Phoenix, in
Arizona, piegato a 74 anni dal morbo
di Parkinson. Ali (nella foto, a Chicago
nel 1966) era un campione sportivo e
umano. La sua una storia americana.
Rivoluzionario e simbolo della lotta
per i diritti civili, vinse loro olimpico a
Roma 1960: aveva solo 18 anni.
da pagina 8 a pagina 11

Gherarducci, G. Grassi, Sarcina


LIMPEGNO PER I DIRITTI

Un animale politico
di Aldo Cazzullo

a pagina 8

Idolo di poeti e rapper


di Matteo Persivale

Regole, banche e salvataggi

a pagina 11

Le elezioni Aperte le urne per tredici milioni di cittadini. La partita del premier guardando al referendum

Domenica 5 Giugno 2016 Corriere della Sera

10
#

1942-2016
Tutte le sde da professionista

Vittoria
Round disputati
Round incontro

GLI INCONTRI

61

Oro olimpiadi Roma 1960

Titolo mondiale Pesi Massimi

Vinti 56
(37 per KO)
Persi 5
(1 per KO)

Scontta

KO: KO, TKO: KO tecnico, UD: decisione unanime, SD: decisione non unanime, RTD: ritiro

4/8 TKO
Dic

12/15 TKO
3/15 TKO

NABF

Nov
N

8/15 KO
12/12 UD
14/15 RTD
10/15 RTD
15/15 UD
15/15 UD
7/15 TKO
15/15
UD
12/12 SD

3/15 TKO
6/10 TKO
12/15 TKO

Set
S

10/10 UD

8/12 KO
12/12 UD

6/6 UD

3/15 KO

Ago
A

11/12 TKO
12/12 TKO

5/10 KO
LLug

10/10 UD

7/12 TKO

5/10 TKO

Giu
G

15/15 UD
5/15 TKO
11/15 TKO
15/15 UD

1/15 KO6/15 TKO

7/10 TKO

12/12 UD

Mag
M

15/15 UD

2/10 KO4/10 TKO


Apr
A

6/8 RTD4/10 TKO

6/15 RTD

1/8 KO4/10 TKO


3/10 KO
3/8 TKO

F
Feb

15/15 UD
12/12 SD
15/15 UD

15/15 UD7/15 KO

10/10 UD
Mar
M

Ali
allet di
12 anni
(foto Ap)

Mondiale WBC

7/12 KO
15/15 TKO

7/10 TKO
4/12 TKO

Ott
O

Mondiale WBA

15/15 TKO
5/15 KO

12/12 UD

15/15 TKO

15/15 SD

12/12 UD

Gen
G
1960

1961

1962

1963

1964

1965

1966

1967

1970

1971

1972

1973

1974

1975

1976

1977

1978

1980

1981

Corriere della Sera

Cassius
Marcellus Clay
era nato a
Louisville
(Kentucky) il 17
gennaio 1942.
Sposato
quattro volte e
padre di otto
figli (pi uno
adottato), nel
64 abbandon
la religione
metodista per
aderire
allislamismo,
assumendo il
nome di
Muhammad Ali
Disput 167
incontri da
dilettante,
vincendo loro
dei pesi
mediomassimi
allOlimpiade di
Roma nel 60

Un ribelle
per lAmerica
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

Barack Obama, il
primo afroamericano alla Casa Bianca, a nome del Paese,
ieri ha salutato Muhammad
Ali, ricordando queste sue parole: Io sono lAmerica, sono
quella parte che voi non volete riconoscere. Ma vi abituerete. E venerd 10 giugno, a
Louisville, la citt natale di
Muhammad nel Kentucky,

NEW YORK

Disput da
professionista
61 match, con
56 vittorie e 5
sconfitte
stato il
primo peso
massimo a
conquistare
per tre volte il
titolo mondiale
(contro Liston
nel 1964,
contro
Foreman nel
1974 e contro
Leon Spinks nel
1978). In totale,
Ali disput 25
sfide iridate,
vincendone 22
Colpito dal
morbo di
Parkinson nella
prima met
degli Anni 80,
Ali gir il
mondo per
diffondere
lislamismo. Nel
96 fu lultimo
tedoforo ai
Giochi Olimpici
di Atlanta

lorazione funebre sar letta


da Bill Clinton, il primo presidente nero secondo la
scrittrice Toni Morrison.
Quarantanni fa lestablishment politico e giudiziario
del Paese aveva, anche con un
certo gusto, buttato nella
spazzatura quellatleta gi immenso. Era il 1967 e lo Zio
Sam chiamava il pugile campione del mondo a combatte-

re in Vietnam. Ali rispose con


un epigramma: Io non ho
niente contro i Vietcong. Loro
non mi hanno mai chiamato
nigger, negro. I giornali
conservatori, ma non solo
quelli, lo fecero a pezzi. Ma se
quellepoca cambi per sempre lAmerica e lOccidente, se
i Sessanta sono i Sessanta, il merito anche di quel
no alla guerra.
La sincerit spinta allestremo pu diventare arroganza.
E Cassius Clay- Muhammad
Ali, campione del mondo dei
pesi massimi, sapeva essere
arrogante: Perch vengono a
cercare proprio me? Con le
tasse che verso al governo ci
pagano 50 mila soldati. Nel
frattempo i suoi coetanei
bianchi, destinati a dominare
la politica, si imboscavano:
George W. Bush, che il 9 novembre 2005 gli confer la pi
alta onorificenza, la medaglia presidenziale della Libert, lo stesso Bill Clinton e anche Donald Trump. Nessuno
ebbe da eccepire. Mentre Ali,
con la sua boccaccia, fin sotto
processo, fu condannato a 5
anni di carcere. Fece appello,
non and in prigione.
Basterebbe questo gesto

Lintervista a Michael Ezra

Ha perso
molte volte:
ma sempre
risalito

ichael Ezra, capo del


dipartimento di studi
multiculturali della
Sonoma State University, uno
dei biografi di Muhammad Ali.
Piuttosto che concentrarsi
sulle grandi imprese del
boxer-politico, in The Making
of an Icon (Temple University
Press, 2009) il docente
californiano ha preferito
indagare la creazione
dellicona Ali, la
manipolazione della sua
figura da parte dellopinione
pubblica americana.
Cosa intende per

Il Vietnam, i neri, i diritti


E Obama gli rende
lultimo tributo:
ha combattuto per il Paese
che conosciamo oggi

NELSON MANDELA E MUHAMMAD ALI / REX FEATURES

La vita

Non ho nulla contro i Vietcong. Nessuno


di loro mi ha mai chiamato negro,
n mi ha mai linciato o attaccato con i cani

manipolazione?
Il successo di Muhammad
Ali non dipende tanto dai suoi
successi come sportivo e
attivista dei diritti degli
afroamericani, quanto dalle

sconfitte enormi che ha


ricevuto nella sua vita.
Nessuna celebrity ha perso pi
di lui nella storia Usa. Quando
si rifiutato di andare a
combattere in Vietnam ha

Il tweet della figlia


La figlia Hana su Twitter: Nostro padre era una Montagna Umile! E ora
tornato a casa da Dio. Dio ti benedica pap. Sei lamore della mia vita!

messo in gioco tutto quello


che aveva e lo ha perso.
Nonostante lenorme sconfitta,
tornato ed riuscito a
riprendere tutto quello che gli
apparteneva. Questo ha fatto di
lui un eroe.
Cosa c di sbagliato in
questa icona?
Il voler ricondurre tutte le
sue contraddizioni a ununica
immagine, coerente: il
campione del ring e dei diritti
civili, contrario alla guerra. Un
vincente. Invece Muhammad
Ali era un personaggio
contraddittorio e spesso ha

Corriere della Sera Domenica 5 Giugno 2016

PRIMO PIANO

11
#

Il personaggio

di Matteo Persivale

RIPRODUZIONE RISERVATA

fatto e detto cose sbagliate.


Chiamava gli uomini bianchi
diavoli nonostante i suoi pi
cari amici fossero bianchi.
Vedeva la religione cristiana
dei suoi genitori come un
simbolo di oppressione, ma ha
scelto la religione islamica per
riscattarsi.
innegabile che sia stato
un campione dei diritti degli
afroamericani.
Certo stato un simbolo
potentissimo per gli
afroamericani, dimostrando
prima di tanti altri quante
possibilit cerano per i neri in

enzel Washington ha
prestato a Malcolm X,
nel film di Spike Lee,
la nobilt del suo profilo e la profondit della sua voce. Martin Luther King apparso sugli schermi in Selma lanno scorso con la dignit da
principe Yoruba dellattore britannico David Oyelowo; nelle
ultime settimane il reverendo
King apparso sugli schermi tv
americani interpretato da un
altro grande attore, Anthony
M a c k i e , i n A l l t h e Wa y .
Muhammad Ali per licona
afroamericana che al cinema
non riuscita a trovare unincarnazione convincente. Il problema fu espresso con franchezza da Will Smith che nel
2000, quando era la pi grande
star di Hollywood, accett di
interpretare il campione nel

film di Michael Mann uscito


lanno successivo.
Smith, di Ali aveva costruito
meticolosamente il fisico da
statua greca in palestra. Ammise per che la parte difficile
stava nei monologhi. Fingere
di boxare come Ali grazie allaiuto del montaggio e delle
luci era una cosa, ma interpretarne in modo credibile le
uscite da spaccone, lo charme,
la risata da bambino con la
quale sottolineava una battuta,
era molto, molto pi complicato. E fu cos che il kolossal Ali
fece flop (Lungo e stranamente piatto, lo stronc il critico
Roger Ebert).
Unaltra vittoria per ko in favore del vero Ali, the one and
only come dicevano di lui gli
speaker prima dei combattimenti, il solo e unico. The

greatest, il pi grande come diceva lui. E proprio The


Greatest il titolo del film nel
quale la vita di Ali viene raccontata, nel 1977, attraverso la
fiction, da un regista e da un
cast di attori anche molto
bravi: Ernest Borgnine nei panni dellallenatore Angelo Dundee e James Earl Jones in quelli
di Malcolm X ma il protagonista il vero Ali. Felice di annunciare che nessun attore sarebbe stato capace di imitarlo,
sono troppo carino. Ebbe
pi fortuna un fumetto, lanno
successivo: Ali stende perfino
Superman nel giornalino della
DC Comics. La storia di Ali nella cultura popolare americana
una storia di autointerpretazioni, di comparsate, di apparizioni speciali: Ali che finge di
boxare con un giovanissimo

Nel mito

Muhammad
Ali visto da
Andy Warhol
(1978)

Lattore Will
Smith nei panni
del campione:
kolossal flop

Sfida a
Superman nel
fumetto della
Dc Comics

1964, MUHAMMAD ALI CON MALCOLM X. FOTO ASSOCIATED PRESS

per tarare il calibro delluomo. E invece il Vietnam, in


fondo, fu un episodio casuale
che il Labbro di Louisville,
soprannome giovanile del
verboso Cassius, non si era
certo andato a cercare.
Fino ai venticinque anni Ali
non aveva letto neanche un libro. A fatica aveva strappato
un diploma scolastico. Non
era nato povero, non era stato
costretto a razzolare nei ghetti. Eppure combinava la rabbia istintiva che viene dalla fame, che non aveva, con la lucidit dellintellettuale che non
era.
Il suo era un bisogno di giustizia non solo personale, ma
collettiva. Il mondo da capovolgere. Ecco perch si avvicin nel 1962 alla Nazione dellIslam, una specie di setta separatista nera guidata da Elija
Muhammad, un estremista
che persino lintransigente
Malcolm X giudic eccessivo.
Malcolm X, la prima guida:
uno degli amici pi intimi di
Cassius. Fu lui che diede finalmente una prospettiva
pubblica, e quindi una valenza politica, a quel talento, a
quellintelligenza dentro e
fuori il ring. Nel 1964 il pugile
rigett il nome da schiavo,
in un primo momento opt
per Cassius X, come Malcolm.
Poi decise per Muhammad
Ali, la fonte della verit. Da
allora le provocazioni del
campione diventarono militanza. Nella Nazione dellIslam, poi in Black Power,
e ancora a fianco dellaltro
grande leader del riscatto
afroamericano: Martin Luther
King. Muhammad Ali cominci a studiare, a concentrarsi
sul Corano e su letture antropologiche, sullidentit delle
razze. Incontr il presidente
sudafricano Nelson Mandela,
che defin fonte di ispirazione.
Non si nascose neanche
quando, nel 1984, gli fu diagnosticato il morbo di Parkinson. Muhammad, stato
scritto, divent una specie di
venerabile presenza, forse
perch adesso era pi debole.
Tutti ora, per esempio, ammiravano le sue missioni umanitarie in Iraq. Lultima uscita
pubblica, l8 dicembre del
2015. Trump aveva appena invocato il bando provvisorio
degli immigrati musulmani.
Muhammad rispose cos:
Non c niente di islamico
nelluccisione di persone innocenti. I leader politici dovrebbero aiutare la gente a capirlo.
Giuseppe Sarcina

Film, fumetti (e anche il rap)


Unicona pop del Novecento

Ali trionfante
nel 64 dopo
aver battuto
i Beatles

Michael Jackson, con gli spauriti Beatles; Ali che compare


nel salotto del piccolo Arnold
del telefilm, Gary Coleman, che
lo batte in sarcasmo fingendo
di scambiarlo per il campione
del passato Joe Louis e Ali abbozza, sta delirando. Ali era
straordinariamente affabile
con i bambini: la sua vita anche una fotostoria di finti ko
mimati per la gioia dei giovanissimi fan. Daltronde decise
di diventare pugile quando, da
piccolo, qualcuno gli rub
ladorata bicicletta rossa.
Ali che negli Anni 60 faceva
impazzire la grande poetessa
Marianne Moore che lo incoron come collega anche parola di Gil Scott-Heron uno
degli inventori ad honorem del
rap: i suoi discorsi sincopati,
pieni di parole tronche, ritmati, martellanti, precorrono
lhip-hop e per questo fu ringraziato nelle canzoni della Sugarhill Gang, di Nicki Minaj,
Nas, The Game.
La sua immagine inimitabile
resta nei documentari come
When We Were Kings - Quando
eravamo re, sul combattimento in Zaire nel 1974 contro Foreman: premio Oscar 1996 ritirato proprio da Ali vecchio e malato, accompagnato sul palco
dallex rivale a raccogliere la
standing ovation di tutta Hollywood, e la commozione di
tutta lAmerica che tanti anni
prima lo odiava, e temeva.
Lha ripetuto anche il regista
inglese Stephen Frears che ha
usato tanti grandi attori per il
film-tv Muhammad Alis Greatest Fight del 2013 sulla sentenza della Corte Suprema che nel
1971 restitu ad Ali la vita e la
carriera: Frears ha scelto di lasciare Ali dietro le quinte. Lo
mostra soltanto tramite filmati
darchivio, il solo e unico, il
pi grande, impossibile da
imitare anche per il divo pi
pagato del mondo.
RIPRODUZIONE RISERVATA

Io sono lAmerica, quella che non volete


vedere. Abituatevi a me: sono nero,
sicuro di me stesso e presuntuoso

2005 Alla Casa Bianca riceve da George W. 2006 Riceve la visita dellallora senatore
Bush la Medaglia presidenziale della Libert Barack Obama al Muhammad Ali Center

2008 Con lultima moglie Lonnie e, pi in


alto, nel 2005 con la figlia Laila Ali (Reuters)

America e ha sfidato il
pregiudizio invitando tutti gli
oppressi a fare lo stesso, ma
importante ricordare tutte le
sfumature della sua
personalit e tutte le fasi
della sua storia. Ora si stenta
a ricordare quanto sia stato
umiliato ed escluso nei primi
anni Ottanta. stato
soprattutto grazie alla sua
ultima moglie, Lonnie, se
riuscito a recuperare la
credibilit e a ricomporre la
sua icona.
Serena Danna
RIPRODUZIONE RISERVATA

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