CAPITOLO V
423
424
425
scegliere liberamente, entro il materiale probatorio acquisito al giudizio, gli elementi di prova su cui fondare il proprio convincimento (tra
le decisioni pi recenti v., ad es., Cass. 20 giugno 1994 n. 5925; Cass.
14 aprile 1994 n. 3498). In termini generali si tratta di unapplicazione piuttosto ovvia del principio del libero convincimento: la valutazione delle prove non sarebbe infatti libera se il giudice fosse vincolato a
fondare la decisione su determinati elementi di prova e non su altri.
La regola per cui il giudice libero di scegliere le basi del proprio
convincimento suscita tuttavia alcuni problemi non privi di rilievo.
Anzitutto va sottolineato che essa incontra a sua volta il limite
costituito dalle norme di prova legale. Se infatti esiste, tra il materiale
probatorio acquisito alla causa, una prova legale (ad es., una confessione giudiziale), non si pu affermare che il giudice libero di non
tenerne conto in base ad una sua decisione discrezionale. Con ogni
probabilit bisogna invece ritenere che, se un fatto oggetto di una
prova legale, non solo il giudice non potr valutare liberamente lefficacia di quella prova, ma non potr neppure evitare di tenerne conto
in sede di decisione. Per cos dire, le regole di prova legale vincolano
il giudice a tener conto della prova legale, e non solo a stabilirne lefficacia secondo quando previsto dalla legge.
Bisogna poi considerare che la giurisprudenza non sempre chiarissima nellindividuare le modalit di esercizio del potere del giudice
di scegliere gli elementi su cui fondare il proprio convincimento. Essa
infatti costante nel consentire al giudice di servirsi di prove atipiche
di qualunque tipo (ma su ci v., meglio infra). Pi incerta invece
quanto al comportamento che il giudice deve tenere rispetto ai mezzi
di prova su cui non fonda il proprio convincimento. Talvolta si dice
infatti che il giudice deve fondare il proprio convincimento sullesame e la valutazione di tutte le risultanze istruttorie comunque acquisite al giudizio, dando conto in motivazione di aver valutato tutti gli
elementi decisivi ed enunciando le ragioni della preferenza accordata
alluno piuttosto che allaltro (v., ad es., Cass. 18 ottobre 1991 n.
11041). Si tratta di un criterio di completezza della valutazione delle
prove, e di necessaria giustificazione delle scelte conseguenti, che pare
senzaltro apprezzabile. Talvolta questo orientamento viene per contraddetto, ed anzi in questo senso sembra essere la giurisprudenza
prevalente, e si ammette che il giudice non sia affatto tenuto a discutere ogni singolo elemento di prova acquisito al giudizio (v., ad es.,
Cass. 14 aprile 1994 n. 3498). In tal modo si ammette che il giudice
fondi il proprio convincimento, o almeno lo motivi (il che lo stesso,
per ogni osservatore esterno) in modo per cos dire unilaterale. Si
426
ammette, in sostanza, che il giudice consideri soltanto quegli elementi di prova che confermano il suo convincimento sui fatti, trascurando
del tutto ogni altro elemento di prova. Pu accadere, come spesso
accade, che la diversit delle regole enunciate dalla Cassazione dipenda da peculiarit del caso concreto non rilevabile dalle massime. Rimane tuttavia il fatto che la giurisprudenza della Corte appare oscillante sul punto se il giudice debba dar conto della sua valutazione di
tutte le prove, pur essendo libero di stabilire su quali si fonda il suo
convincimento, ovvero se possa semplicemente trascurare quelle che
non ritiene utili o attendibili, senza dire nulla intorno alle ragioni della
sua valutazione. Un altro aspetto del principio del libero convincimento considerato dalla giurisprudenza riguarda il potere, che al giudice si riconosce, di non disporre o ammettere ulteriori mezzi di prova
quando ritenga di aver conseguito sufficienti elementi di valutazione
(v., ad es., Cass. 22 gennaio 1994 n. 631; Cass. 20 giugno 1994 n. 5925).
In s considerato questo potere corrisponde ad ovvie esigenze di economia processuale, e daltronde lart. 209 cod. proc. civ. consente al
giudice di escludere lassunzione di prove gi ammesse quando siano
divenute superflue in conseguenza di elementi di convincimento gi
acquisiti. Tuttavia esistono modalit di esercizio di questo potere che
possono creare gravi problemi. Cos ad es., non pare si possa consentire al giudice di escludere prove tipiche rilevanti dedotte dalle parti
sulla base di prove atipiche previamente acquisite, n di escludere
tutte le prove dedotte da una parte per decidere solo sulle prove dedotte dallaltra o disposte dufficio, n di escludere le prove contrarie al
convincimento maturato in itinere (v., anche infra).
1.4. La valutazione delle prove.
Come si gi detto, quanto alla valutazione delle prove il significato generale del principio del libero convincimento anzitutto nel
senso di escludere vincoli legali precostituiti allapprezzamento del
giudice. Ci non esclude tuttavia che ci si chieda come il giudice usa,
o dovrebbe usare, il suo prudente apprezzamento in vista di una
decisione corretta e attendibile sui fatti della causa.
A questo proposito si pone tuttavia un problema di ordine generalissimo, che in larga misura implica scelte metagiuridiche, di carattere filosofico ed epistemologico. Con una fortissima semplificazione
si possono delineare due opzioni fondamentali. La prima opzione
condivisa da tutti coloro che per le ragioni pi diverse non ritengono
che la valutazione delle prove compiuta dal giudice sia o possa essere
427
in qualche modo razionale. Le ragioni di questo atteggiamento possono risiedere in varie opzioni filosofiche (irrazionalismo, nichilismo,
decostruzionismo, idealismo, solo per citare le principali), metodologiche (come lanalisi esclusivamente psicologica, linguistica o ermeneutica del ragionamento decisorio), o filosofico-giuridiche (come nel
caso del realismo scandinavo o americano). Lo stesso atteggiamento
dipende per non di rado da ragioni pi banali, come quelle di chi
semplicemente non crede che un giudizio razionale sui fatti possa trovare spazio nelle aule di giustizia. In un modo o nellaltro, paiono
coloro che negano la possibilit che la valutazione delle prove e laccertamento dei fatti avvengono sulla base di criteri razionali. La conseguenza evidente: il libero convincimento del giudice diventa
sinonimo di valutazione soggettiva, svincolata da qualsivoglia criterio
ragionevole o regola logica, inconoscibile, incontrollabile, ridotta alla
totale discrezione dellindividuo-giudice. Non ci si pu allora stupire
se il principio del libero convincimento attira pi diffidenza che consenso.
La seconda possibile opzione consiste nel ritenere che il principio
del libero convincimento svincoli il giudice dallossequio a regole di
prova legale ma non lo esima dal rispetto dei criteri di razionalit,
ragionevolezza, coerenza e correttezza logica. In altri termini, che la
valutazione delle prove sia libera non implica necessariamente che
essa sia soggettiva ed arbitraria.
Lesperienza quotidiana piena di valutazioni non vincolate, che
tuttavia sono o aspirano ad essere attendibili, fondate, valide, controllabili, ossia, in una parola, razionali. Per rendersene conto basta considerare che non esiste solo la razionalit deduttiva delle dimostrazioni matematiche, ma anche la razionalit delle argomentazioni logiche,
delle conoscenze empiriche, delle scelte discrezionali fondate su
buone ragioni, e che questa razionalit fonda e giustifica innumerevoli scelte e decisioni anche importantissime.
In questa direzione possibile pensare ad una valutazione delle
prove che sia non solo libera, ma anche razionale, e che anzi sia razionale proprio perch libera da vincoli di altra natura. Lanalisi delle
ragioni che militano a favore di una concezione razionale del libero
convincimento del giudice non pu essere svolta in questa sede. Tanto
meno pu essere qui svolta lanalisi della struttura logica delle inferenze probatorie, delle loro premesse e delle loro concatenazioni e
combinazioni. Si tratta invero di temi assai complessi, ed anche scarsamente indagati almeno in Italia, sui quali approssimazioni e semplificazioni sono pericolose ed inopportune. Rimane tuttavia il fatto
428
429
430
431
sto modo viene a mancare una parte della valutazione delle prove, n
si conosce la relativa giustificazione. Viene inoltre a mancare la
dimensione critica e dialettica della valutazione delle prove. Il giudizio di fatto viene presentato come una conseguenza chiara e necessaria di determinate prove solo perch viene omessa la menzione degli
elementi di prova che avrebbero messo in crisi il convincimento del
giudice. Pu anche verificarsi uninversione del giudizio se il giudice,
invece di derivare la decisione in fatto da un esame critico globale di
tutti gli elementi di prova disponibili, sceglie a priori una versione dei
fatti e poi si limita a ricercare e selezionare gli elementi di prova che
la confermano, trascurando tutti gli altri. In questo caso il potere del
giudice di scegliere discrezionalmente gli elementi di prova su cui fondare il giudizio si traduce in un abuso della libert del convincimento.
2.2. La sopravalutazione della prova.
Il giudice sopravaluta la prova quando ne deriva conseguenze probatorie che in realt non sarebbero giustificate dagli elementi di prova
di cui dispone. Questo fenomeno si verifica talvolta quando sui fatti
della causa esistono poche prove, e il giudice si trova a dover stabilire
se i pochi elementi disponibili siano sufficienti a dare il fatto per
accertato. La scarsit di elementi di prova pu spingere il giudice a
sopravalutare elementi di cui dispone, fondando un giudizio positivo
sui fatti su fragili basi conoscitive. Sembra talvolta che il giudice sia
incline ad attribuire alle prove un valore eccessivo, pur di evitare una
decisione secondo le regole dellonere della prova. Si spiegano cos
fenomeni per molti versi discutibili come le presunzioni giurisprudenziali o le forme di Anscheinsbeweis che talvolta si riscontrano
nella giurisprudenza. Si spiegano cos anche i diffusi orientamenti
giurisprudenziali secondo i quali il giudizio di fatto potrebbe fondarsi
anche su una sola presunzione semplice, su un solo indizio o su un
solo argomento di prova.
Fenomeni di questo genere sono discutibili perch spesso le relative valutazioni non appaiono sorrette da motivazione adeguata, o da
motivazione alcuna. La sopravalutazione dellefficacia della prova rappresenta comunque un abuso della libert del convincimento in quanto porta a ritenere provati fatti che in realt non lo sono. Tale abuso
evidente, in particolare, quando il giudice se ne serve per sostenere ad
ogni costo una versione di fatti che egli ha individuato a priori come
vera, o addirittura per giustificare lesclusione di prove diverse o contrarie.
432
433
3. La prova legale.
Come si accennato in precedenza, le norme di prova legale rappresentano nella maggior parte dei casi residui storici di un sistema
che aveva dominato gli ordinamenti europei sino alla seconda met
del sec. XVIII. Da questo punto di vista si pu sostenere che le prove
legali, salvo ipotesi del tutto peculiari e marginali, dovrebbero essere
eliminate in un sistema processuale moderno. A favore delleliminazione delle prove legali si possono peraltro invocare argomenti ulteriori rispetto a quello della loro obsolescenza storica. Cos si pu affermare che gli ordinamenti processuali moderni mirano a far s che il
giudice accerti la verit empirica dei fatti, mentre le prove legali ne
producono non pi che una fissazione formale predeterminata in
astratto. Si potrebbe poi sottolineare che le prove legali erano razionali in epoche storiche lontane, mentre contrastano con ogni concezione attuale della valutazione razionale delle prove. Ancora, si po-
434
435
come extrema ratio di cui le parti possono servirsi per risolvere la controversia. Si guarda poi da taluno con simpatia alle prove legali in
genere, proprio perch si ritiene che gli esercizi di aritmetica probatoria siano pi semplici rispetto alla complessa attivit richiesta dalla
valutazione discrezionale delle prove, e quindi le prove legali presentino il vantaggio di attribuire qualche maggiore certezza, bench minore aderenza alla realt empirica, al giudizio di fatto.
Anche a questo proposito vengono in gioco opzioni di carattere
generale. Per un verso, non dubbio che lapplicazione di regole di
prova legale possa facilitare il giudizio sul fatto e renderlo in qualche
misura pi controllabile. Rimane da stabilire se questi vantaggi giustifichino il formalismo e il distacco dalla realt che le norme di prova
legale portano inevitabilmente con s. Per altro verso, vero che alcune prove legali possono funzionare come estrema soluzione del problema del giudizio di fatto. Si p tuttavia osservare che quando le prove
libere non sono sufficienti a fondare laccertamento del fatto, o sono
troppo contraddittorie o confuse, non per questo la decisione diventa
impossibile: mancando la chiara e sufficiente prova del fatto il giudice
pu e deve decidere in base alle regole dellonere della prova. Lalternativa non allora tra decisione difficile o impossibile e decisione possibile o agevole. Lalternativa reale invece tra una decisione che si fonda
su una fissazione positiva ma formale del fatto, come quella che
deriva dalla prova legale, e una decisione fondata sulla mancata prova
del fatto. Ancora, lalternativa tra una decisione rimessa alla volont
delle parti di servirsi di una prova legale, e una decisione che dipende
direttamente dalla legge in funzione del modo in cui la disciplina della
singola fattispecie ripartisce fra le parti gli oneri probatori.
Come si vede, non si tratta allora di esprimere superficiali preferenze per il libero convincimento o per le prove legali. Piuttosto, si
tratta di formulare orientamenti globali in ordine al ruolo del giudice,
delle parti e della legge nella determinazione della tratta anche di formulare opzioni di ordine generale a favore di valutazioni razionali
orientate verso la verit, bench incerte e non controllate a priori, o a
favore di certezze legali predeterminate, bench formali e non orientate verso la verit dei fatti.
436
non tuttavia possibile svolgerne unanalisi che abbia pretese di completezza, sicch il discorso dovr necessariamente limitarsi ad alcune
non esaustive considerazioni.
4.1. Caratteri dellinferenza presuntiva.
Quanto alle presunzioni, un rilevante fenomeno che merita di
essere segnalato che negli ultimi anni andato chiarendosi lorientamento della Corte di Cassazione circa la struttura dellinferenza presuntiva. La giurisprudenza della Corte stata a lungo divisa, infatti,
tra due diverse concezioni. Secondo la prima di esse, pi rigorosa e
restrittiva, le presunzioni semplici avrebbero potuto essere impiegate
a fini probatori solo qualora la relativa inferenza fosse deduttiva, certa
e necessaria, tale cio da far apparire la conclusione sul fatto ignorato come lunica possibile conseguenza del fatto noto. La seconda
concezione, pi ampia e flessibile, ammette la presunzione purch dal
fatto noto sia possibile trarre inferenze ragionevoli e probabili, tali
da conferire una sufficiente credibilit alla conclusione sul fatto ignorato. Questo secondo orientamento pare diventato largamente prevalente, e ci merita approvazione, poich esso pare fondarsi su una
concezione pi evoluta ed articolata dellinferenza presuntiva. Esso
daltronde consono ad una nozione razionale del libero convincimento del giudice, ed opera nel senso di ampliare le possibilit di impiego
delle presunzioni semplici come strumenti di accertamento del fatto.
Non si pu tuttavia fare a meno di osservare che questo orientamento, pure giustificato, porta con s non pochi pericoli, come quelli che
si sono pi sopra delineati. Nel momento in cui si f perno essenzialmente sulla discrezionalit del giudice, su inferenze ragionevoli e probabili, diventa infatti maggiormente necessario limpiego di chiari e
rigorosi modelli razionali, per evitare il rischio di valutazioni arbitrarie o ingiustificate. Bene fa dunque la Cassazione ad adottare una concezione ragionevole e probabilistica, invece che deduttiva e necessaria, dellinferenza presuntiva: tuttavia questo orientamento deve fondarsi sul necessario impiego di modelli razionali nella valutazione
delle fonti di presunzione.
Il legislatore conscio daltronde dei pericoli di distorsione del
giudizio insiti nelluso delle presunzioni semplici. Non a caso lart.
2729 cod. civ., e pi di recente lart. 192 n. 2 cod. proc. pen., condizionano luso di presunzioni semplici e indizi ai requisiti della gravit,
precisione e concordanza. La ratio evidente di queste norme infatti
il tentativo di vincolare la valutazione del giudice a condizioni idonee
437
438
439
rare una graduazione di efficacia probatoria, se non a costo di ipotizzare quantificazioni che sarebbero arbitrarie e inattendibili.
Per altro verso, lasserita incapacit dellargomento di prova di fondare laccertamento del fatto suscita qualche perplessit. Ci si potrebbe
chiedere ad es., se pi argomenti di prova convergenti possano, cos
come accade per le presunzioni semplici, costituire unattendibile prova
del fatto. A condizione che si tratti di una valutazione fondata su criteri
attendibili non si vede perch ci non possa ammettersi: si pensi ad es.,
al caso in cui dallinterrogatorio delle parti e dal loro comportamento
processuale possano trarsi coerenti conclusioni su un fatto della causa.
Daltronde, e per quanto possa trattarsi di uneventualit non frequente, non pare neppure possibile escludere che un solo argomento di
prova possa fondare un giudizio attendibile su un fatto: basti pensare al
caso in cui una parte che risulti credibile e convincente faccia al giudice una dichiarazione attendibile nel corso dellinterrogatorio libero.
Anche la tesi per cui largomento di prova non potrebbe mai vertere su un fatto rilevante della causa, ma solo su circostanze utili per
la valutazione di altre prove, appare difficilmente sostenibile. Pu
infatti accadere che un argomento di prova attenga in realt ad unaltra prova, perch riguarda ad es., la credibilit di un teste o linterpretazione della volont di una parte espressa in un documento, ma lmbito degli argomenti di prova non cos ristretto. Accade invece spesso che largomento di prova riguardi direttamente un factum probandam invece che unaltra prova: basti pensare alle risposte rese dalle
parti nellinterrogatorio libero, al rifiuto di consentire lispezione o
allignoranza dei fatti da parte del rappresentante della parte che compare per essere liberamente interrogato.
Se si tien conto di tutto ci, appare assai difficile, al di l della
peculiarit del nome, differenziare la funzione e lefficacia probatoria
degli argomenti di prova rispetto agli altri elementi di prova che vengono impiegati come premesse per la formulazione di inferenze induttive dirette, a seconda dei casi, alla valutazione delle prove o allaccertamento dei fatti. Sotto questo profilo non appare infondata limpressione che largomento di prova altro non sia che unipotesi particolare, perch nominata dalla legge, di inferenza presuntiva.
440
veri e propri criteri di valutazione delle prove. Quando non sono applicabili norme di prova legale, si ricorre allora a denominazioni generiche e sostanzialmente poco significative come libero convincimento,
prudente apprezzamento, certezza morale, e simili.
Se, viceversa, si muove dalla premessa che la valutazione delle
prove possa svolgersi secondo criteri razionali, essa appare come lesito di un ragionamento complesso, i cui passaggi sono distinguibili ed
analizzabili alla stregua di ogni altro procedimento razionale. Ci non
implica che la valutazione delle prove si configuri secondo schemi
cogenti, deduttivi e meccanici. Si ammette invece che la valutazione
del giudice rimanga discrezionale, ma possa essere guidata da regole
e modelli di inferenza dotati di fisionomia specifica e validit logica.
Anche sotto questo profilo, peraltro, il problema della prova si presenta ricco di implicazioni e complicazioni che non possono essere
adeguatamente svolte in questa sede. Occorre dunque limitare il
discorso ad alcuni dei suoi aspetti principali, sottolineando le fasi
essenziali del procedimento razionale in cui si articola la valutazione
delle prove.
5.1. La credibilit della prova.
Il punto di partenza di questo procedimento consiste nello stabilire se la prova acquisita merita di essere considerata come possibile
fonte di conoscenza dei fatti della causa. A questo scopo finalizzata
la valutazione relativa alla credibilit della prova, che si fonda su un
controllo di autenticit se si tratta di una prova documentale.
La credibilit della prova attiene principalmente alle caratteristiche del mezzo di prova e alla possibilit che esso fornisca una rappresentazione del fatto attendibile, non erronea e non viziata. Se si
pensa ad es., alla prova testimoniale, vengono in gioco valutazioni
che attengono alla personalit del teste, alla possibilit che egli abbia
davvero e correttamente percepito il fatto che racconta, alla sua
capacit di ricordarlo fedelmente, al suo comportamento durante la
deposizione, al suo eventuale interesse nella causa, ai suoi rapporti
con le parti, e cos via. In larga misura questa valutazione avviene per
mezzo di massime desperienza, ed ha struttura inferenziale poich
la credibilit/non credibilit del teste dipende da un giudizio fondato
su fatti che il giudice considera rilevanti, mediato da massime desperienza e diretto a formulare conclusioni sullattendibilit della
testimonianza.
Lesito positivo di questa valutazione non ancora un giudizio
441
sulla verit del fatto posto ad oggetto della testimonianza, ma un giudizio circa la possibilit di usare la testimonianza come strumento per
accertare quel fatto. Se lesito della valutazione di credibilit negativo, lovvia conseguenza che la prova viene considerata inutilizzabile
ai fini dellaccertamento dei fatti. Il cod. proc. civ. dedica limitata
attenzione a questo problema, che viene spesso trascurato. Lart. 252
tuttavia dedicato ad esso, e il giuramento di verit del teste mira a
costituire una sorta di garanzia della sua credibilit.
Considerazioni analoghe valgono quanto allautenticit dei documenti. Questa materia tuttavia ampiamente regolata dalla legge,
almeno con riferimento ai documenti tipici. Gli artt. 2699-2720 cod.
civ. contengono une serie di norme di prova legale che riguardano lautenticit dei documenti pubblici o privati e che non di rado si riferiscono a condizioni di attendibilit del documento: v., ad es. lart. 2703
a proposito della scrittura privata autenticata, o gli artt. 2705 e 2706 a
proposito del telegramma. Inoltre, disciplinando gli speciali procedimenti di riconoscimento-disconoscimento-verificazione della scrittura privata, e di querela di falso, la legge introduce modalit tipizzate
di controllo dellautenticit dei documenti (o di quella parte di essi che
dotata di efficacia probatoria legale). Tuttavia il problema della credibilit-autenticit del documento si ripropone per intero, ed integralmente rimesso alla discrezionale valutazione del giudice, tutte le
volte in cui il mezzo di prova rappresentato da un documento atipico, per il quale non valgono n garanzie n controlli specificamente
previsti dalla legge.
5.2. Lesito della prova.
Superato il controllo di credibilit-autenticit, la prova pu validamente essere utilizzata dal giudice ai fini dellaccertamento del
fatto. Ci implica una ulteriore e diversa valutazione, che attiene propriamente allesito della prova e alla sua efficacia (o valore) come elemento di conoscenza del fatto. Questa valutazione pu essere pi o
meno complessa a seconda dei casi.
Se si tratta di una prova diretta, che verte cio su di un factum probandum, la valutazione relativa alla credibilit della prova si pu talvolta tradurre in una valutazione relativa allefficacia di essa come elemento per stabilire la verit del fatto. Una testimonianza credibile su di
un fatto costituisce una buona ragione per ritenere che quel fatto si sia
davvero verificato. Vi sono tuttavia almeno due motivi per affermare
che in linea di principio la valutazione di credibilit della prova non
442
443
444
poich il giudizio su quel fatto non pu che essere lesito di una valutazione che includa tutte le prove che lo riguardano. Tali prove possono essere dirette e indirette, positive e negative, convergenti o divergenti, pi o meno singolarmente attendibili, e pi o meno numerose a
seconda dei casi. La loro valutazione complessiva implica che il giudice determini il valore probatorio di ognuna, e poi proceda per confronti, combinazioni ed esclusioni, considerando e comparando diverse possibili versioni del fatto, sino a stabilire quale tra queste versioni
appare confermata da un grado pi elevato di attendibilit. Criteri
razionali possono essere impiegati per giungere a stabilire quale versione dei fatti sia sorretta da una probabilit prevalente rispetto alle
altre, e quale sia quindi la versione dei fatti che razionale scegliere
come vera ai fini della decisione. Non si tratta di probabilit quantitativa, ma del grado pi elevato di conferma logica di unipotesi relativa i fatti, che induce a preferire questa ipotesi rispetto alle altre possibili. Esso lesito finale della valutazione combinata di tutte le prove
che vertono sul medesimo fatto.
Questa valutazione pu anche essere estremamente complessa, e
pu coinvolgere varie inferenze, criteri e standard di valutazione e di
induzione, massime desperienza e dati conoscitivi, analisi razionali e
calcoli, giudizi di valore e controlli empirici. Occorre tuttavia tener
presente che complessit di valutazione e di ragionamento non significano arbitrio, confusione distorsione di giudizio o soggettivismo
incontrollato. anche utile evitare la ricorrente tentazione di ricondurre ad una generica intuizione tutto ci che non si pu o non si
vuole analizzare razionalmente, magari perch scomodo farlo. La
valutazione analitica e complessiva delle prove pu essere effettuata
secondo criteri razionali e controllabili, e quindi deve essere fatta
secondo questi criteri.
Certamente in questo modo il ragionamento del giudice sulle
prove e sul fatto diventa difficile e complesso. Non vi sono tuttavia
ragioni per ritenere che la valutazione delle prove e il giudizio sui fatti
debbano essere necessariamente cose semplici ed elementari. Ancora
una volta, invero, il problema un altro. Non si tratta di scegliere tra
valutazioni semplici e ragionamenti complessi, ma tra una concezione superficialmente intuitiva del giudizio e una concezione razionale
di esso. La concezione intuitiva forse pi semplice, ma non soddisfa
le esigenze di fondatezza e controllabilit del giudizio sui fatti. La concezione razionale di gran lunga pi complessa e problematica, ma
fornisce gli strumenti per fondare la valutazione delle prove su criteri
di attendibilit e controllabilit.
445
NOTA BIBLIOGRAFICA
La letteratura sui temi della prova e della relativa valutazione sterminata. Si possono solo indicare qui di seguito, limitandosi alla dottrina italiana, alcune opere e scritti recenti in cui si affrontano i temi in questione.
AA.VV., Le prove nel diritto civile amministrativo e tributario, Torino 1986.
CAVALLONE, Il giudice e la prova nel processo civile, Padova 1991.
CHIARLONI, Riflessioni sui limiti del giudizio di fatto nel processo civile, ora in Id., Formalismi e garanzie. Studi sul processo civile, Torino 1995, p. 193.
PATTI, Prove. Disposizioni generali, Bologna-Roma 1987.
RICCI G.F., Premesse ad uno studio sulle prove atipiche, Arezzo 1990.
RICCI G.F., Prove e argomenti di prova, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1988, p. 1036 ss..
TARUFFO, La prova dei fatti generali. Nozioni generali, Milano 1992.
TARUFFO, Presunzioni, inversioni, prova del fatto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1992, p.
733 ss..
TARUFFO, Modelli di prova e di procedimento probatorio, in Riv. trim. dir. proc. civ.,
1990, p. 420 ss..
TARUFFO, Il diritto alla prova nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1984, p.
74 ss..
VERDE, Prova. b) Teoria generale e diritto processuale civile, in Enc. dir., vol. XXXVII, Milano 1988, p. 589 ss..
446