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Fulvio Frati

LA PSICOLOGIA SCOLASTICA:
AMBITI D'INTERVENTO,
METODOLOGIA,
DEONTOLOGIA
INTRODUZIONE:

LA PSICOLOGIA SCOLASTICA
NELLA NOSTRA ATTUALE
REALTA' NAZIONALE
Per prima cosa, parlando di Psicologia
Scolastica, occorre cercare di fare l’analisi
di quella che è oggi la Psicologia
Scolastica nel nostro Paese. Oggi infatti
in Italia non si parla più semplicemente di
“Psicologo nella Scuola”, ma di “Servizi di
Psicologia Scolastica”: e questo già dalla
scorsa legislatura, quando nel Parlamento
si sono presentate diverse proposte di
legge su questo tema che hanno poi
portato a una proposta di legge unificata.
Sebbene la proposta di legge unificata non sia stata poi
approvata, in quanto un tema così delicato necessita
non della maggioranza semplice ma se possibile
dell’unanimità o quasi (e a livello parlamentare si è
pertanto preferito fermarsi nonostante si fosse raggiunta
già un'ampia convergenza, almeno sul piano generale,
da parte di pressoché tutte le forze politiche presenti
nella competente Commissione), nel frattempo i Servizi
di Psicologia Scolastica si sono ugualmente
sviluppati anche senza una legge che ne sancisse
una direttiva precisa, proprio perché dalla realtà del
mondo scolastico si è evidenziato un bisogno che
“veniva dal basso”, come si suol dire, e si sono di
conseguenza cercate le relative modalità concrete per
rispondervi in modo adeguato.
Al riguardo, un aspetto particolarmente
importante è quello legato alla formazione di
questa specifica figura professionale. Lo
Psicologo che si laurea non può infatti
essere mandato direttamente nella Scuola:
per inserirsi in tale ambito è necessaria una
una formazione specifica, non solo intesa
come aggiornamento o formazione tecnica, ma
anche umana vista la complessità dell'ambiente
scolastico che, oggi, accetta la figura dello
Psicologo sostanzialmente per cercare di
risolvere le proprie SITUAZIONI DI
MALESSERE.
I segnali del malessere nella
scuola italiana:

1. Il “drop out” degli studenti


2. Il “burn out” degli insegnanti
3. Il “break down” della famiglia
1. Il drop-out degli studenti – I dati diffusi dall’ISFOL relativi
all’anno scolastico 2004/05 denotano una decrescita della
scolarità con l’innalzarsi dell’età, passando dal 98,3% dei
14enni al 71,7% dei 18enni, confermando una persistenza del
problema degli abbandoni; la selezione maggiore avviene nel
primo anno di scuola secondaria superiore, con il 16,2% dei
ragazzi che non supera lo scrutinio per l’ammissione all’anno
successivo. Inoltre il 21,9% dei giovani 18-24enni ha
conseguito al massimo la licenza media e non è inserito in
nessun percorso di istruzione e formazione.
Negli anni si registra un miglioramento della scolarizzazione:
all’inizio degli anni ’90 il tasso di maturità era del 51,4% e nel
2004/05 è del 76,6% ma questo indica un ritardo, in quanto
l’obiettivo fissato dalla Strategia di Lisbona stabilisce che nel
2010 la quota di giovani 22enni che deve aver conseguito
almeno un titolo di scuola secondaria superiore dovrà essere
del 85%.
Esistono inoltre dei casi nei quali non si registra una
particolare modalità comportamentale manifestata dai
ragazzi che, pur risultando ufficialmente iscritti a scuola,
collezionano ritardi, continue assenze con giustificazioni
pretestuose o trascorrono ore intere nei corridoi dell’istituto,
fino all’eccesso di essere materialmente presenti in classe,
senza di fatto usufruire di un reale processo formativo,
perché “mentalmente assenti” in quanto sotto l’effetto di
sostanze psicotrope, consumate nei bagni della scuola; per
questi casi abbiamo introdotto il termine di “dispersione
occulta” perchè non riconosciuta di fatto come tale.

Il disagio scolastico, che ne è la causa, è un problema da


non con il disagio psicologico, sociale o adolescenziale, che
pure possono risultare ad esso connessi.
Il disagio scolastico è “uno stato emotivo, non
correlato significativamente a disturbi di tipo
psicopatologico, linguistici o di ritardo cognitivo, che
si manifesta attraverso un insieme di comportamenti
disfunzionali (scarsa partecipazione, disattenzione,
comportamenti prevalenti di rifiuto e di disturbo,
cattivo rapporto con i compagni, ma anche assoluta
mancanza di spirito critico), che non permettono al
soggetto di vivere adeguatamente le attività di classe
e di apprendere con successo, utilizzando il massimo
delle proprie capacità cognitive, affettive e
relazionali”.

(Mancini G. e Gabrielli G. 1998)


Il disagio scolastico e la dispersione che ne consegue,
vengono spesso considerati come i sintomi per
eccellenza di uno “star male a scuola” tutto centrato sul
vissuto del giovane, che viene descritto come
demotivato, con scarsa autostima e poca capacità di
concentrazione.

“In effetti difficoltà talvolta molto settoriali (dislessia,


disgrafia, discalculia) possono essere l’origine di un
catena ininterrotta di insuccessi e frustrazioni che
danneggiano il rendimento, creando nel bambino
profonda demotivazione e sfiducia globale nelle proprie
capacità” (Baldaro Verde, 1989).
2. Altri studi hanno dimostrato quanto sia diffuso
il disagio psicologico tra gli insegnanti.

L’insegnante, dal quale sommamente dipendono


le sorti di un efficace o inefficace insegnamento,
si trova tra Scilla delle aspettative ministeriali,
sempre più complesse e pressanti specie in
questi tempi di riforme e controriforme che si
susseguono a ritmo incalzante e tumultuoso, e
Cariddi delle spesso frammentate e non
ricompattabili esigenze di gruppi classe
eterogenei.
3. Il break down della famiglia
Utilizziamo questo termine per riferirci alla condizione sempre più
diffusa di crollo dell’istituzione familiare, che vede crescere in
modo allarmante – con una modalità che abbiamo definito
“contagio psichico” - il numero sempre più elevato di
separazioni e di divorzi produce una situazione emotivamente
dirompente: vediamo i giovani migrare da una posizione
privilegiata nel nucleo protetto della famiglia, ad una posizione
sempre più periferica (pendolari tra la casa dei genitori e quella
dei nonni, o tra quella della madre e quella del padre se
divorziati), alle prese con i nuovi partner dei genitori che talvolta si
trovano di fatto a svolgere il ruolo di “terzo genitore”, con valori
educativi sempre più indefiniti, instabili, talvolta contradditori,
spesso soli a casa, attivando nuove forme di dipendenza ormai
oggetto di studio da parte di diversi ricercatori (dipendenze da
tabacco, droghe, alcol, uso consolatorio del cibo e “nuove
dipendenze” quali quella da TV, da cellulare, da Internet, da
video-giochi, da shopping compulsivo e da gioco d’azzardo).
Spesso l’adulto rischia di entrare in un pericoloso
loop di discredito reciproco, in cui, svalutato come
educatore, a sua volta svaluta, creando un pericoloso
circolo vizioso.
I genitori in conflitto, o divorziati, frequentemente si
screditano reciprocamente, e sentendosi a rischio di
critica da parte degli insegnanti per le loro scelte di
vita, a loro volta li svalutano, (dopo averli delegati
dell’educazione dei figli) o comunque non ne
sostengono sufficientemente l’operato che
inevitabilmente diventa meno efficace, a discapito dei
ragazzi stessi che risultano essere sempre più
abbandonati a se stessi, a casa come a scuola.
Questo stato di cose attiva nei giovani incertezza,
incapacità di contenere le proprie spinte istintuali,
scarsa autostima, che risultano essere significativi
fattori di rischio sottostanti alla comparsa di
comportamenti devianti, morosité (Màle 1982), forme
depressive, promiscuità sessuale, abuso di alcol e di
sostanze psicotrope.

In questo modo, il cerchio del disagio si


chiude.
UNA META, UNA MAPPA
E UNA BUSSOLA
Se quindi vogliamo trovare un adeguato
orientamento per muoverci nel territorio
scolastico dobbiamo possedere 3 cose:
una META, cioè capire dove vogliamo
andare,
una MAPPA che descriva il territorio e
che consenta di muoverci sapendo dove
stiamo andando ed
una BUSSOLA che ci permetta di
trovare la direzione precisa in cui
andare.
1 - LA META

La principale meta da raggiungere da


parte dello Psicologo Scolastico è
costituita dalla sua sostanziale “MISSION”,
cioè dalla prevenzione del disagio
scolastico, dalla lotta alla dispersione
scolastica e da tutta un’altra serie di
obiettivi generalmente riconducibili
all’art. 3 comma 1 del nostro C.D.
Articolo 3

Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul


comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere
psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità.

In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle


persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi
in maniera consapevole, congrua ed efficace.

Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal


fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente
nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai
fattori personali, sociali,organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare
l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la
fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli
utenti destinatari della sua prestazione professionale.

Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro


prevedibili dirette conseguenze.
2 - LA MAPPA

Se la meta ci indica gli obiettivi da


raggiungere, la mappa disegna il
territorio in cui ci muoviamo, che è il
Servizio Scolastico Nazionale.
Si tratta di un sistema complesso
in rapida trasformazione.
Confrontiamo alcune Mappe prese in
tempi diversi per comprenderne lo
sviluppo evolutivo. Mettiamo a confronto
due decreti che definiscono che cosa è la
Scuola (Decreto Legislativo n. 297/94:
Testo Unico delle disposizioni legislative
in materia di istruzione e D.P.R. n. 249/98:
Statuto dei Diritti e dei Doveri degli
Studenti) oltre ad alcune altre disposizioni
legislative sicuramente di particolare
interesse per lo Psicologo che opera per
la Scuola nel nostro Paese.
La mappa disegna il territorio, che è il Servizio
Scolastico Nazionale: si tratta di un sistema complesso
in rapida trasformazione.

Dal ’94 col Decreto Legislativo 297/94 (“Testo unico delle


disposizioni legislative in materia di istruzione”) al ‘98
col D.P.R 249/98 (“Statuto dei Diritti e dei Doveri degli
Studenti”) si vede come questo territorio - e la mappa
che ne segue - evolva e si modifichi, in quanto le leggi
che ne parlano sono estremamente indicative di una
realtà in grande trasformazione.

Vediamo quindi innanzitutto cosa è scritto nel Decreto


297/94, ed in particolare nei suoi primi tre articoli.
Decreto Legislativo n. 297/94
Testo Unico delle disposizioni legislative in
materia di istruzione
Parte I - Norme generali
Art. 1 - Formazione della personalità degli alunni e
libertà di insegnamento
1. Nel rispetto delle norme costituzionali e degli
ordinamenti della scuola stabiliti dal presente testo
unico, ai docenti è garantita la libertà di
insegnamento intesa come autonomia didattica e
come libera espressione culturale del docente.
2. L'esercizio di tale libertà è diretto a promuovere,
attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la
piena formazione della personalità degli alunni.
3. E' garantita l'autonomia professionale nello
svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di
ricerca.
Art. 2 - Tutela della libertà di coscienza
degli alunni e diritto allo studio

1. L'azione di promozione di cui


all'articolo 1 è attuata nel rispetto della
coscienza morale e civile degli alunni.

2. A favore degli alunni sono attuate


iniziative dirette a garantire il diritto allo
studio.
Art. 3 - Comunità scolastica
1. Al fine di realizzare, nel rispetto degli ordinamenti
della scuola dello Stato e delle competenze e delle
responsabilità proprie del personale ispettivo, direttivo e
docente, la partecipazione alla gestione della scuola
dando ad essa il carattere di una comunità che
interagisce con la più vasta comunità sociale e civica,
sono istituiti, a livello di circolo, di istituto, distrettuale,
provinciale e nazionale, gli organi collegiali di cui al titolo
I.
2. Le disposizioni recate dal predetto titolo I si applicano
fino a che non si sarà provveduto al riordinamento degli
organi collegiali in base alla delega legislativa conferita
al Governo dall'articolo 4 della legge 24 dicembre 1993,
n. 537.
Come si può facilmente notare, in questa norma di
legge l’accento è sugli alunni, sui singoli. E’
garantita l’autonomia professionale nel rispetto della
coscienza civile e morale degli alunni, a favore degli
alunni sono attuate iniziative dirette a garantire il
diritto allo studio e per garantire ciò si inizia ad
introdurre l’elemento successivo, cioè quello della
comunità scolastica che interagisce con la più vasta
comunità sociale. Questo è un movimento iniziato,
ma nel 1994 il focus è ancora sull’alunno.

Questo movimento dal singolo al collettivo, alla


società lo vediamo affermarsi invece con il
D.P.R del ’98.
L’art.1 del D.P.R. n. 249/98 (“Statuto dei
Diritti e dei Doveri degli Studenti”) definisce
infatti la comunità scolastica, aperta anche al
territorio, come comunità di dialogo fra tutte
le componenti, in cui ognuno opera “per
garantire la formazione alla cittadinanza, la
realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo
delle potenzialità di ciascuno e il recupero
delle situazioni di svantaggio”.

Il “focus”, piano piano, si è spostato.


D.P.R. n. 249/98
Statuto dei Diritti e dei Doveri degli Studenti
"Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola
secondaria"

Art. 1
(Vita della comunità scolastica)

1. La scuola è luogo di formazione e di educazione mediante


lo studio, l'acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della
coscienza critica.
2. La scuola è una comunità di dialogo, di ricerca, di
esperienza sociale, informata ai valori democratici e
volta alla crescita della persona in tutte le sue
dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella
diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla
cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo
sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero
delle situazioni di svantaggio, in armonia con i principi
sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione
internazionale sui diritti dell'infanzia fatta a New York il
20 novembre 1989 e con i principi generali
dell'ordinamento italiano.
3. La comunità scolastica, interagendo con la più ampia
comunità civile e sociale di cui è parte, fonda il suo
progetto e la sua azione educativa sulla qualità delle
relazioni insegnante-studente, contribuisce allo sviluppo
della personalità dei giovani, anche attraverso
l'educazione alla consapevolezza e alla valorizzazione
dell'identità di genere, del loro senso di responsabilità e
della loro autonomia individuale e persegue il
raggiungimento di obiettivi culturali e professionali
adeguati all'evoluzione delle conoscenze e all'inserimento
nella vita attiva.

4. La vita della comunità scolastica si basa sulla libertà di


espressione, di pensiero, di coscienza e di religione, sul
rispetto reciproco di tutte le persone che la compongono,
quale che sia la loro età e condizione, nel ripudio di ogni
barriera ideologica, sociale e culturale.
Art. 2 (Diritti)

1. Lo studente ha diritto ad una formazione culturale e


professionale qualificata che rispetti e valorizzi, anche
attraverso l'orientamento, l'identità di ciascuno e sia aperta
alla pluralità delle idee. La scuola persegue la continuità
dell'apprendimento e valorizza le inclinazioni personali degli
studenti, anche attraverso un'adeguata informazione, la
possibilità di formulare richieste, di sviluppare temi
liberamente scelti e di realizzare iniziative autonome.

2. La comunità scolastica promuove la solidarietà tra i suoi


componenti e tutela il diritto dello studente alla riservatezza.

3. Lo studente ha diritto di essere informato sulle decisioni e


sulle norme che regolano la vita della scuola.
4. Lo studente ha diritto alla partecipazione attiva e
responsabile alla vita della scuola. I dirigenti scolastici e i
docenti, con le modalità previste dal regolamento di istituto,
attivano con gli studenti un dialogo costruttivo sulle scelte di
loro competenza in tema di programmazione e definizione
degli obiettivi didattici, di organizzazione della scuola, di
criteri di valutazione, di scelta dei libri e del materiale
didattico. Lo studente ha inoltre diritto a una valutazione
trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di
autovalutazione che lo conduca a individuare i propri punti di
forza e di debolezza e a migliorare il proprio rendimento.
5. Nei casi in cui una decisione influisca in modo rilevante
sull'organizzazione della scuola gli studenti della scuola
secondaria superiore, anche su loro richiesta, possono
essere chiamati ad esprimere la loro opinione mediante una
consultazione. Analogamente negli stessi casi e con le
stesse modalità possono essere consultati gli studenti della
scuola media o i loro genitori.
6. Gli studenti hanno diritto alla libertà di apprendimento
ed esercitano autonomamente il diritto di scelta tra le
attività curricolari integrative e tra le attività aggiuntive
facoltative offerte dalla scuola. Le attività didattiche
curricolari e le attività aggiuntive facoltative sono
organizzate secondo tempi e modalità che tengono conto
dei ritmi di apprendimento e delle esigenze di vita degli
studenti.

7. Gli studenti stranieri hanno diritto al rispetto della vita


culturale e religiosa della comunità alla quale
appartengono. La scuola promuove e favorisce iniziative
volte all'accoglienza e alla tutela della loro lingua e
cultura e alla realizzazione di attività interculturali.
8. La scuola si impegna a porre progressivamente in essere
le condizioni per assicurare:
a) un ambiente favorevole alla crescita integrale della
persona e un servizio educativo-didattico di qualità;
b) offerte formative aggiuntive e integrative, anche mediante
il sostegno di iniziative liberamente assunte dagli studenti e
dalle loro associazioni;
c) iniziative concrete per il recupero di situazioni di ritardo e
di svantaggio nonché per la prevenzione e il recupero della
dispersione scolastica;
d) la salubrità e la sicurezza degli ambienti, che debbono
essere adeguati a tutti gli studenti, anche con handicap;
e) la disponibilità di un'adeguata strumentazione tecnologica;
f) servizi di sostegno e promozione della salute e di
assistenza psicologica.
 
L’art.1 del D.P.R. n. 249/98 “Statuto dei Diritti e dei Doveri
degli Studenti” definisce la comunità scolastica, aperta anche
al territorio, come comunità di dialogo fra tutte le
componenti, in cui ognuno opera “per garantire la formazione
alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo
sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle
situazioni di svantaggio”.

Dal confronto tra queste due “mappe” realizzate in due


momenti diversi (1994 e 1998) emerge il cambiamento
culturale che consente di considerare la Scuola non un luogo
frequentato da singoli soggetti portatori di diritti (siano essi
studenti, docenti, personale vario e genitori) bensì una
comunità costruita da reciproci vincoli di diritto-dovere, che
interagisce con la comunità locale e che cerca di integrare i
soggetti deboli che la compongono.
Il “focus”, piano piano, si è spostato dall’individuale al
collettivo, dal singolo alla Società nel suo complesso
di cui la Scuola si vuole porre come componente non
più a sè stante ma INTEGRATA.

Con questo cambiamento culturale, la “bussola” per


“trovare il nord” e quindi “orientarsi” parte da due
constatazioni che vanno considerate insieme, con una
sorta di “visione binoculare” sia “esterna” sia
“interna” alla Scuola :
1) che lo Psicologo Scolastico non è una professione di
carattere sanitario e non è una figura di sistema, cioè
non appartiene al sistema scolastico nazionale, ma è
una figura esterna;
2) che il Servizio di Psicologia Scolastica è costituito da
varie tipologie di intervento, ma non è coordinato da
una figura di Sistema.
La “visione binoculare” ci garantisce il rilievo, la
profondità: una visione vista da un punto solo è piatta.
Integrando, invece, due visioni differenti, la visione
“esterna” e quella “interna” alla Scuola, si ha una visione
più completa.
Inoltre, se è vero che l’attivazione dei Servizi di Psicologia
Scolastica è Nazionale, di fatto il Servizio è di ambito
Regionale, quindi occorre un’attenzione specifica alla
realtà ed ai bisogni locali. L’utente di questo Servizio
integrato non è solo la componente degli alunni, ma è la
Scuola in tutte le sue componenti.

La bussola ci dà la direzione: la Psicologia Scolastica


non è una Psicologia “nella” Scuola, ma è una Psicologia
“per” la Scuola, e questa, come potete tutti facilmente
intuire, è una differenza sostanziale.
D.P.R. 9 Ottobre 1990 n. 309 
Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli 
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e 
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza

Titolo IX
Interventi informativi ed educativi

Capo I
Disposizioni relative al settore scolastico

Artt. 104 - 106
Art. 106
Centri di informazione e consulenza nelle 
scuole
Iniziative di studenti animatori
1. I provveditori agli studi, di intesa con i consigli di istituto e 
con i servizi pubblici per l'assistenza socio-sanitaria ai 
tossicodipendenti, istituiscono centri di informazione e 
consulenza rivolti agli studenti all'interno delle scuole 
secondarie superiori. 
2.    I centri possono realizzare progetti di attività informativa e 
di conulenza concordati dagli organi collegiali della scuola 
con I servizi pubblici e con gli enti ausiliari presenti sul 
territorio. Le informazioni e le consulenze sono erogate 
nell’assoluto rispetto dell’anonimato di chi si rivolge al 
servizio.
LEGGE 28 AGOSTO 1997  N. 285
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 5 settembre 1997 n.207)

DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE 
DI DIRITTI E DI OPPORTUNITÀ PER 
L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA 
INDICE DELLA LEGGE N. 285/1997 
Art. 1 - Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza 
Art. 2 - Ambiti territoriali di intervento 
Art. 3 - Finalità dei progetti 
Art. 4 - Servizi di sostegno alla relazione genitore-figli di contrasto della povertà e 
della violenza, nonché misure alternative al ricovero dei minori in istituti 
educativo-assistenziali 
Art 5  - Innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima 
infanzia 
Art. 6 - Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero 
Art. 7 - Azioni positive per la promozione dei diritti dell'infanzia e 
dell'adolescenza 
Art. 8 - Servizio di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e 
supporto tecnico 
Art. 9 - Valutazione dell'efficacia della spesa 
Art. 10 - Relazione al parlamento 
Art. 11 - Conferenza nazionale sull'infanzia e sull'adolescenza e statistiche ufficiali 
sull'infanzia 
Art. 12 - Rifinanziamento della legge 19 luglio 1991, n. 216 
Art. 13 - Copertura finanziaria 
NOTE
LEGGE 28 AGOSTO 1997 N. 285
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 5 settembre 1997 n.207)
DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DI DIRITTI E DI 
OPPORTUNITÀ PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA. 

Art. 1. 
Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza 
1. É istituito, presso la presidenza del consiglio dei ministri, il fondo
nazionale per l'infanzia e l'adolescenza finalizzato alla realizzazione di
interventi a livello nazionale, regionale e locale per favorire la
promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione
individuale e la socializzazione dell'infanzia e dell'adolescenza,
privilegiando l'ambiente ad esse più confacente ovvero la famiglia
naturale, adottiva o affidataria, in attuazione dei principi della
convenzione sui diritti del fanciullo resa esecutiva ai sensi della legge 27
maggio 1991, n. 176, e degli articoli 1 e 5 della legge 5 febbraio 1992, n.
104.
(omissis)
Art. 3.
Finalità dei progetti 

1. Sono ammessi al finanziamento del fondo di cui all'articolo 1 i progetti che


perseguono le seguenti finalità:
A) realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla relazione genitore-figli, di
contrasto della povertà e della violenza, nonché di misure alternative al ricovero dei
minori in istituti educativo-assistenziali, tenuto conto altresì della condizione dei minori
stranieri;
B) innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia;
C) realizzazione di servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero, anche nei 
periodi di sospensione delle attività didattiche; 
D) realizzazione di azioni positive per la promozione dei diritti dell'infanzia e
dell'adolescenza, per l'esercizio dei diritti civili fondamentali, per il miglioramento
della fruizione dell'ambiente urbano e naturale da parte dei minori, per lo sviluppo del
benessere e della qualità della vita dei minori, per la valorizzazione, nel rispetto di ogni
diversità, delle caratteristiche di genere, culturali ed etniche;
E) azioni per il sostegno economico ovvero di servizi alle famiglie naturali o affidatarie
che abbiano al loro interno uno o più minori con handicap al fine di migliorare la
qualità del gruppo-famiglia ed evitare qualunque forma di emarginazione e di
istituzionalizzazione.
Art. 6.
Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero 

1. Le finalità dei progetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), 
possono essere perseguite, in particolare, attraverso il sostegno e lo 
sviluppo di servizi volti a promuovere e a valorizzare la 
partecipazione dei minori a livello propositivo, decisionale e 
gestionale in esperienze aggregative, nonché occasioni di riflessione 
su temi rilevanti per la convivenza civile e lo sviluppo delle capacità 
di socializzazione e di inserimento nella scuola, nella vita aggregativa 
e familiare.
2. I servizi di cui al comma 1 sono realizzati attraverso operatori 
educativi con specifica competenza professionale e possono essere 
previsti anche nell'ambito dell'attuazione del regolamento recante la 
disciplina delle iniziative complementari e delle attività integrative 
nelle istituzioni scolastiche, emanato con decreto del presidente della 
repubblica 10 ottobre 1996, n. 567. 
3 - LA BUSSOLA
Anche nell’attuale fase di grandi mutamenti legislativi rimane evidente
che:

Lo Psicologo Scolastico :
- NON E’ una professione di carattere sanitario.
- NON E’ una figura di Sistema.

Il Servizio di Psicologia Scolastica:


- E’ costituito da varie tipologie di intervento, ma NON E’ coordinato da
una Figura di Sistema.
- La Sperimentazione è Nazionale ma il Servizio E’ di ambito Regionale.
- L’utente NON E’ solo la componente degli Alunni, MA E’ la scuola e
tutte le sue componenti.

Questa “BUSSOLA” indica “il NORD”:


La Psicologia Scolastica NON E’ una Psicologia
NELLA Scuola,
E’ una Psicologia PER la Scuola.
E’ importante considerare, a questo punto, l’articolazione
delle 4 Aree della Psicologia Scolastica:

INTEGRAZIONE
CONSULENZA
ORIENTAMENTO
VALUTAZIONE

La Scuola sta ormai sempre più assumendo, rispetto al


passato, una definizione di “contesto di relazioni”
anziché “contesto di singoli” soggetti.
Nel suo insieme si caratterizza sempre di più come
“sistema aperto” alla realtà esterna e sempre più
interagisce con essa.
Perdendo le caratteristiche di
autoreferenzialità, il Sistema
Scolastico Nazionale si colloca in rete
con quello Europeo, e dall’Europa
deriviamo un modello che consente di
capire in modo completo il senso che
la trasformazione avrà nel prossimo
futuro: il modello del “LONGLIFE
LEARNING”, ossia dell’ apprendimento
costante per tutta la vita.
Quando si incontrano i Dirigenti scolastici si vede
che c’è un grosso cambiamento culturale in corso :
la Scuola viene sempre più vista come motore
centrale dello sviluppo sociale. In questo senso è il
pilastro dello sviluppo sociale e un pilastro dello
sviluppo economico, ma anche laboratorio culturale
e terreno di confronti tra i sessi, le generazioni, le
culture. E’ una protagonista della sfida dei nostri
tempi e protagonista del cambiamento.
Questo principio è importante poiché da
esso deriva la necessità per la Scuola di
sostenere una cultura dell’integrazione
ed una cultura del cambiamento anche
attraverso strumenti che sono propri
della Psicologia, che sono soprattutto
caratterizzati dall’integrazione, dalla
prevenzione del disagio, dalla lotta
alla dispersione e dallo sviluppo
organizzativo.
 INTEGRAZIONE
 PREVENZIONE DEL DISAGIO
 LOTTA ALLA DISPERSIONE
 SVILUPPO ORGANIZZATIVO

costituiscono quindi oggi le fondamenta della “Mission


Professionale” della Psicologia Scolastica.

Si tratta di un approccio meno clinico e più legato alla


Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, che fa parte di
un bagaglio di conoscenze che, integrandosi con il Sistema
Scolastico Nazionale, può contribuire al suo miglioramento
e alla sua evoluzione.
LA PSICOLOGIA SCOLASTICA:
AMBITI DI INTERVENTO
LE PRINCIPALI FUNZIONI DELLA PSICOLOGIA SCOLASTICA

• costituire un momento qualificante di


educazione alla salute per il benessere psico-
fisico degli studenti e degli insegnanti;
• promuovere negli studenti la
motivazione allo studio e la fiducia in sé stessi;
• costituire un momento qualificante di
ascolto;
• costituire un momento qualificante di
sviluppo di una relazione di aiuto;
• costituire un momento qualificante
per la prevenzione del disagio evolutivo;
• costituire un momento
qualificante per la prevenzione del disagio
e dell’abbandono scolastico;
• costituire un’opportunità per
favorire l’orientamento;
• rappresentare uno strumento per
la formazione e la riqualificazione di tutto il
personale scolastico;
• rappresentare uno strumento ed
una modalità per la gestione delle risorse
umane all’interno della scuola;
• rappresentare uno strumento ed una modalità
per la formazione dei genitori;
• rappresentare uno strumento ed una modalità
per avvicinare il mondo della scuola a quello della
famiglia
• costituire un’opportunità per realizzare le pari
opportunità di istruzione;
• costituire un supporto per la promozione e il
sostegno della coerenza e della continuità in
verticale e orizzontale tra i diversi curricola;
• costituire un’importante opportunità per
studiare e l’organizzazione scolastica e costruire
strumenti per intervenirvi.
I PRINCIPALI COMPITI DELLO PSICOLOGO NELLA SCUOLA

I principali compiti dello Psicologo nella scuola possono


essere attualmente individuati nei seguenti:
• Consulenza ad insegnanti e genitori e formazione su
tematiche specifiche
• Consulenza alla dirigenza scolastica
• Inserimento e integrazione nel contesto scolastico di
bambini e ragazzi in difficoltà
• Multiculturalità: conoscenza e interazione fra diverse
culture
• Comunicazione e relazioni nei gruppi classe
• Orientamento e continuità scolastica e professionale
• Educazione alla salute
• Apprendimento: stili, difficoltà e nuove metodologie
• Problemi comportamentali a scuola (bullismo,
iperattività, ecc...)
• Disagio e dispersione scolastica.
LE PRINCIPALI ATTIVITÀ DELLO
PSICOLOGO SCOLASTICO
Le principali attività dello Psicologo scolastico ricomprendono:
• Gli interventi relativi all'apprendimento
• Gli interventi relativi ai disturbi dell'apprendimento
• Gli interventi relativi all'orientamento scolastico
• Gli interventi relativi a variabili socio-relazionali, motivazionali ed
emotivo-affettive
• Gli interventi relativi all'integrazione degli alunni con handicap
• Gli interventi relativi al disagio scolastico e alla dispersione
scolastica
• Le attività di prevenzione delle devianze in ambito scolastico
• La mediazione scolastica
• I progetti rivolti ai genitori
• L'educazione socio-affettiva e l'educazione sessuale
• Gli interventi relativi all'organizzazione scolastica
• Le attività di ricerca in ambito scolastico.
PRINCIPALI INTERVENTI TECNICI

DELLO PSICOLOGO ALL’INTERNO DELLE


SCUOLE

principali interventi tecnici dello Psicologo all’interno delle


Scuole ricomprendono:

La valutazione psicologica in ambito scolastico

L’orientamento scolastico

Il lavoro di formazione dei docenti

Gli interventi sull’organizzazione scolastica


Sportelli psicologici nelle scuole

Negli ultimi anni i servizi di consulenza


psicologica all’interno delle scuole si sono
andati progressivamente organizzando e
diffondendo sulla base di una domanda
crescente di consulenza da parte dei docenti.
In molte scuole abbiamo dunque oggi sportelli
di consulenza psicologica il cui scopo è quello
di fornire un aiuto su vari ambiti e richieste
presentati dai docenti, dagli allievi e dalle
famiglie.
Destinatari e finalità

Destinatari degli interventi sono


essenzialmente gli allievi, le loro famiglie ed i
docenti della Scuola Primaria e della Scuola
Secondaria di primo e secondo grado.

Il servizio si propone di promuovere il


benessere globale dei soggetti costituenti il
sistema “scuola”: in primo luogo bambini,
ragazzi e docenti, ma anche genitori.
I contenuti delle principali attività
psicologiche nelle Scuole possono inoltre
porsi le seguenti finalità:

• Accogliere ed aiutare a risolvere i disagi


affettivi-relazionali
• Aiutare a superare le difficoltà di
apprendimento
• Favorire l’integrazione degli alunni disabili
• Favorire l’integrazione culturale scolastica
• Favorire l’integrazione scuola-territorio
• Ecc.
Contenuti

I contenuti della consulenza psicologica nelle Scuole


possono prevedere diversi tipi d’intervento, ad esempio i
seguenti :
• Interventi di educazione socio-affettiva
• Training psicoeducativo integrato volto a favorire
l’autonomia nei processi di scelta e allo sviluppo di
strategie di autoefficacia
• Interventi psicopedagogici nei confronti della
“diversità”
• Interventi psicopedagogici nella facilitazione dei
processi di apprendimento e nella strategie di
motivazione per il successo scolastico
• Interventi psicopedagogici in relazione ai disturbi di
apprendimento
• Interventi di counseling per l’orientamento 
• Azioni di prevenzione e gestione dell’ansia
• Azioni di prevenzione e gestione della depressione
• Interventi nelle situazione di disagio (aggressività e
Metodologia

In genere si prevedono, in relazione ai


bisogni espressi e al monte ore disponibile
di ciascun contesto scolastico:
• consulenze individuali o a piccolo
gruppo per studenti, insegnanti,
genitori,
• percorsi formativi dal gruppo-docente,
• interventi con il gruppo-classe
• incontri, conferenze e gruppi di
arricchimento con i genitori.
DEONTOLOGIA
Nello specifico ambito scolastico va innanzitutto tenuto ben
presente, per qualunque prestazione psicologica, l’Articolo
31 del vigente Codice Deontologico, che stabilisce che:
“Le prestazioni professionali a persone minorenni o
interdette sono, generalmente, subordinate al consenso
di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la
tutela.
Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al
precedente comma, giudichi necessario l’intervento
professionale nonché l’assoluta riservatezza dello
stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria
dell’instaurarsi della relazione professionale.
Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su
ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture
legislativamente preposte”.
Occorre comunque rilevare, al riguardo, che l’art.
31 può presentare difficoltà di interpretazione,
soprattutto se calato in contesti altamente
complessi nei quali è necessario considerare
molteplici variabili in correlazione tra di loro. In
particolare, poiché il tema di chi eserciti la
potestà genitoriale è fondamentale per
l’applicazione dell’art. 31 del C.D., è necessario
svolgere alcune precisazioni.
Al riguardo, la regola generale è dettata dall’art.
316 del Codice Civile, secondo cui la potestà sul
figlio minore d’età è esercitata di comune
accordo da entrambi i genitori (a prescindere
dalla circostanza che siano o meno uniti in
matrimonio) salva la possibilità, nel caso di
contrasto su questioni di particolare importanza,
di ricorrere senza formalità al Giudice, il quale,
sentiti i genitori e il figlio se ultraquattordicenne,
suggerirà la soluzione ritenuta più utile
nell’interesse preminente del figlio o dell’unità
familiare.
Il successivo art. 317 del Codice Civile
aggiunge che nell’ipotesi di lontananza,
incapacità o altro impedimento di uno dei
genitori questi non perde la titolarità della
potestà, la quale però è esercitata in
modo esclusivo dall’altro genitore.
Nel caso di genitori uniti in matrimonio tra
i quali intervenga separazione personale
o divorzio, occorre distinguere il tema
dell’affidamento dei minori da quello
dell’esercizio della potestà genitoriale
sugli stessi.
Quanto al primo di questi due aspetti, vale a dire
l’affidamento dei figli, il nuovo testo dell’art. 155
c.c., applicabile anche alle unioni di fatto in forza
della l. 54/2006 (“Disposizioni in materia di
separazione dei genitori e affidamento condiviso
dei figli”), prevede che il Giudice valuti
prioritariamente la possibilità che i figli minori
restino affidati ad entrambi i genitori
(affidamento condiviso), mentre l’affidamento
esclusivo ad uno solo dei genitori è limitato
all’ipotesi in cui l’affidamento all’altro risulti
contrario all’interesse del minore (artt. 155 co. 2
e 155 bis c.c.).
A prescindere dalle modalità di affidamento, la
potestà è invece esercitata di norma da entrambi i
genitori, salvo il caso in cui il Tribunale per i
Minorenni sia intervenuto con un provvedimento
limitativo o ablativo (in quest’ultmo caso occoirre
peraltro distinguere tra “sospensione” e “revoca”).
“Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative
all’istruzione, all’educazione e alla salute sono
assunte di comune accordo tenendo conto delle
capacità, delle inclinazioni naturali e delle
aspirazioni dei figli” (art. 155, 3° co. c.c.). In caso di
disaccordo (o di ostinata inerzia da parte di uno dei
genitori) la decisione è rimessa al Giudice, che deve
avere esclusivo riguardo all’interesse morale e
materiale del minore.
Come regola generale, quindi,
PRIMA DI FARE UNA CONSULENZA AD
UN MINORE DA PARTE DI UNO
PSICOLOGO/PSICOTERAPEUTA,
OCCORRE AVERE IL CONSENSO DI
TUTTI E DUE GLI ESERCENTI LA
POTESTÀ GENITORIALE,
anche nel caso di un "affido disgiunto
esclusivo" e CON LA SOLA ECCEZIONE di
una perizia o una C.T.U. per la quale il
Perito o il Consulente Psicologo è stato
nominato dal GIUDICE.
Una consulenza psicologica non è infatti da
considerarsi in alcun modo come un’attività
routinaria o priva di particolari implicazioni, ma
è un atto professionale estremamente
complesso e di particolare importanza e
significatività per la vita interiore di chi ne è
oggetto. Pertanto essa necessita DI REGOLA
del PREVENTIVO CONSENSO DI ENTRAMBI
GLI ESERCENTI LA POTESTÀ
GENITORIALE, anche nel caso di un affido
disgiunto esclusivo ad uno solo di essi:
soltanto la decisione di un Giudice può
costituire un'accettabile eccezione a tale
norma.
Come deve tuttavia comportarsi lo
Psicologo al quale viene richiesta una
prestazione psicologica su un minore
da parte di uno solo degli esercenti la
potestà genitoriale, fatto tutt’altro che
infrequente soprattutto nei casi di
elevata conflittualità tra i due esercenti
la medesima?
Per prima cosa, il professionista
deve cercare innanzitutto di
procurarsi il consenso all’attività
psicologica con il minore anche da
parte dell’altro genitore esercente
la potestà genitoriale,
contattandolo direttamente prima di
aver effettuato sul minore
qualunque prestazione.
Lo Psicologo – ma a mio avviso tale
norma etica e metodologica vale, sul
piano generale, per qualunque altro
professionista chiamato a svolgere la
propria attività con soggetti minori –
deve cercare quindi preliminarmente
di costruire tra gli esercenti la
potestà genitoriale un accordo
completo riguardo all’opportunità del
proprio intervento professionale.
Tra l'altro, tale necessità di un
accordo completo di tutti e due i
genitori non nasce solo da
esigenze legali o deontologiche,
ma soprattutto per quanto
riguarda l’attività psicologica
scaturisce sicuramente anche da
esigenze squisitamente
tecniche.
NON APPARE INFATTI POSSIBILE
FARSI UN'IDEA PRECISA DELLA
REALTA' PSICHICA DI UN MINORE SE
NON LO SI INQUADRA NEL SUO
CONTESTO AFFETTIVO COMPLESSIVO,
e se non vi è il consenso di entrambi i
genitori non è poi di conseguenza
possibile capire come stiano veramente
le cose per quanto riguarda ambedue le
singole situazioni dei due genitori e le
loro relazioni con il minore stesso.
E' già di norma difficile
capirlo adeguatamente
quando entrambi i genitori
forniscono al riguardo la
massima disponibilità, se
invece essa non c'è diventa
praticamente impossibile
capire come realmente stiano
le cose.
Se invece non è possibile raggiungere
tale accordo nonostante ripetuti tentativi,
lo stesso articolo comma 2 dell’art. 31
del Codice Deontologico dello Psicologo
prevede che: “Lo psicologo che, in
assenza del consenso di cui al
precedente comma, giudichi necessario
l'intervento professionale nonché
l'assoluta riservatezza dello stesso, è
tenuto ad informare l’Autorità Tutoria
dell'instaurarsi della relazione
professionale”.  
L’ ”Autorità tutoria”
competente al riguardo è in
genere, per quanto riguarda i
minori, la Procura della
Repubblica presso il Tribunale
per i Minorenni competente per
territorio, ed è quindi ad essa
che lo Psicologo deve di norma
indirizzare la relativa istanza.
Una valida alternativa al
Tribunale dei Minorenni, anche
perché presente non in una o
due Sedi per Regione ma
praticamente in ogni Capoluogo
di Provincia, è inoltre da
ritenersi il GIUDICE TUTELARE
presso il Tribunale Ordinario.
Quanto
denunc
Nel caso dello Psicologo che
offra un servizio all’interno di
una Scuola pubblica o privata-
parificata, per determinare se e
quale eventuale obbligo gli
venga imposto dalla legge,
occorrerà preliminarmente
verificare il ruolo che egli viene
ad assumere all’interno
dell’istituzione.
Ove tale ruolo sia configurabile, se
non come quello di pubblico ufficiale,
quanto meno come quello di
incaricato di pubblico servizio, egli
sarà tenuto a denunciare all’Autorità
di cui all’art. 361 Codice Penale un
reato del quale abbia avuto notizia
nell’esercizio o a causa delle sue
funzioni o servizio, a meno che non
si tratti di un reato perseguibile a
querela della persona offesa.
Ritenuto, al contrario, che lo
Psicologo non ricopra un ruolo di cui
sopra, si dovrebbe stabilire se
l’attività prestata possa o meno avere
natura sanitaria; nel primo caso,
insorgerebbe in capo allo Psicologo
un obbligo di referto, a meno che il
fatto non costituisca un reato
perseguibile a querela di parte,
ovvero il referto esponga la persona
assistita a procedimento penale.
Nel caso concreto, occorrerebbe altresì verificare e
tenere conto degli obblighi contrattualmente
assunti dallo Psicologo non solo nei confronti
dell’utenza, ma anche nei confronti dello stesso
“datore di lavoro/committente” e, cioè, la Scuola.
Sempre con riferimento all’ultimo comma dell’art.
13 Codice Deontologico, lo Psicologo, in assenza
di un obbligo specifico in tal senso, potrebbe in
ogni caso ritenere sussistente “la necessità di
derogare totalmente o parzialmente alla propria
doverosa riservatezza, qualora si prospettino
gravi pericoli per la vita o per la salute
psicofisica del soggetto e/o di terzi”.
In caso di minori, tale facoltà può
mutarsi in dovere in base all’art. 9
della Legge 184/83, che contempla sia
la facoltà (riservata a qualunque
cittadino dal 1° comma), sia l’obbligo
(imposto a determinate categorie di
soggetti dal 2° comma) di segnalare
all’Autorità Giudiziaria minorile
eventuali situazioni di abbandono e/o
disagio di un minore.
Posto che la Scuola, in sé e a parte l’esercizio
delle funzioni educative sue proprie, non ha
alcun potere di interferire coercitivamente
nella vita privata familiare delle persone, lo
Psicologo potrà (o dovrà), possibilmente
di concerto con la Direzione scolastica,
nonché con il responsabile dei dati
personali raccolti, valutare la possibilità ed
eventuale efficacia di un primo tentativo di
soluzione “volontaria” del problema
insorto, anche in collaborazione e con
l’ausilio dei Servizi Sociali territorialmente
competenti.
In caso di reato, ovvero nei casi più
gravi ed in totale assenza di una
collaborazione da parte del soggetto
e/o degli esercenti la potestà sullo
stesso, si ritiene comunque che alla
Scuola non resti che la segnalazione
all’Autorità Giudiziaria, che sarà
quella penale in caso di reato, quella
minorile in caso di abbandono o
pericolo per un minore.
In sintesi quindi, come viene affermato
nelle “Linee di indirizzo per
l’applicazione dell’art. 31 del Codice
Deontologico degli Psicologi Italiani”
allegato al n. 2 del 2007 del Bollettino
dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-
Romagna, “Le raccomandazioni per una
buona pratica professionale secondo
l’art. 31 del Codice Deontologico dello
Psicologo italiano” possono riassumersi
nei seguenti punti:
1. Il professionista che si prepara ad
incontrare un minore è tenuto ad informarsi
preventivamente ed approfonditamente sulla
situazione giuridica parentale,
eventualmente richiedendo anche certificati
o provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria in
merito a eventuali separazioni personali,
divorzi o decadenze/limitazioni della potestà
genitoriale.
Solo in tale caso egli, infatti, sarà in grado di
comprendere il contesto relazionale entro il
quale dovrà operare, oltre alle potenzialità e ai
limiti del proprio intervento.
È opportuno precisare che un foglio di consenso
informato sottoscritto a domicilio da uno dei genitori
può trasformarsi, talvolta, in un problema, posto che
non è possibile per il professionista avere la
necessaria garanzia sull’identità di chi abbia
realmente apposto la firma, su quali informazioni
siano state effettivamente fornite, su quanto sia stato
compreso e sulle condizioni di libertà e autonomia
della decisione: è evidente come in questo caso
manchino le condizioni necessarie perché vi sia
la garanzia di validità del consenso, e come sia
preferibile la firma di entrambi i genitori alla
presenza dello Psicologo.
2. L’interesse del minore (destinatario
dell’intervento) deve sempre prevalere su quello
del genitore (committente) che ha richiesto
l’intervento professionale.

Nel caso in cui uno dei genitori richieda


un’osservazione/intervento per un figlio, si precisa
che l’osservazione dello stesso, in assenza del
consenso di entrambi i genitori,e – ancor più -
l’eventuale consegna ad uno di essi della relazione
finale da utilizzare giudizio, costituisce violazione
deontologica. In tal senso si è ad esempio già più
volte orientato, in sede disciplinare, il Consiglio dell’
Ordine degli Psicologi dell’ Emilia–Romagna.
3. L’intervento psicologico, di qualunque natura, anche se
configurato come “consulenza” e non come intervento
psicoterapeutico (vedere, al riguardo, la lettera dell’art. 31
che parla in generale di “prestazioni professionali”, senza
alcuna ulteriore specifica) non può rientrare nell’ordinaria
amministrazione cui un solo genitore può provvedere in
assenza del consenso dell’altro; questo in quanto non
solo è lo stesso CD che espressamente riconosce che lo
Psicologo “nell’esercizio professionale, può intervenire
significativamente nella vita degli altri”, ma anche perché
le consultazioni psicologiche, rientrando nell’ambito della
tutela della salute (intesa secondo l’ampia definizione
corrente, data dall’O.M.S.), devono essere equiparate alle
visite mediche specialistiche (alle quali sfuggono
completamente, è il caso di sottolinearlo, tutte le
prestazioni mediche di routine, quali, ad esempio,
un semplice controllo pediatrico o ortodontico),
richiedendo pertanto il consenso di entrambi i genitori.
Né vale il criterio dell’urgenza dell’intervento,
a volte utilizzabile in campo medico, posto che
la valutazione della reale urgenza psicologica
lascia ampi spazi di dubbio e si può configurare
soltanto in rarissimi casi. In relazione all’urgenza
si sottolinea che tutti i pubblici ufficiali e gli
incaricati di pubblico servizio (quindi psicologi
dipendenti ASL, CTU, ecc.) sono tenuti a
denunciare all’Autorità Giudiziaria, o comunque
a chi abbia l’obbligo di riferirne, situazioni di
grave pregiudizio per un minore, configuranti
ipotesi di reato perseguibile d’ufficio, di cui
vengano a conoscenza a causa o nell’esercizio
delle loro funzioni ex artt. 361 e 362 c.p.
4. In sede di intese preliminari con uno o entrambi
i genitori lo psicologo è tenuto a concordare
in modo completo gli obiettivi perseguibili e,
qualora vi siano richieste o aspettative che ritiene
in scienza e coscienza di non poter accogliere,
deve esplicitarlo. In particolare, lo psicologo è
tenuto a chiarire che non è consentito sottoporre
il minore a valutazione psicologica in assenza
del coinvolgimento/consenso di un genitore
allo scopo di fornire poi una relazione tecnica
da produrre in giudizio. É ovviamente corretto,
invece, svolgere un’attività che coinvolga un solo
genitore allo scopo di aiutarlo o sostenerlo nel
rapporto con il figlio.
5. Costituisce violazione deontologica anche la
stesura di relazioni tecniche, su richiesta di un
solo genitore, relative a situazioni pregresse
(seguite in passato) per la quali non ci sia un
consenso informato attuale di entrambi i
genitori; al contrario, deve ritenersi consentito
l’utilizzo in giudizio, da parte di un genitore, di
una relazione redatta in passato con consenso
informato di entrambi i genitori.
6. Lo Psicologo che ritenga necessarie prestazioni a favore
del minore, ma non abbia il consenso informato di entrambi
i genitori, può formulare regolare istanza all’Autorità
Tutoria (solitamente alla Procura del Tribunale per i
Minorenni competente per territorio) nei casi in cui ci sia
grave nocumento per il minore stesso.
Regolare istanza nel senso che, in base alla normativa
vigente, le modalità attraverso le quali un cittadino si può
rivolgere ad un Giudice non sono certamente quelle di
redigere ed inviare una “semplice” lettera. Negli altri casi,
cioè quando non c’è grave nocumento per il minore ed i
genitori sono separati, si suggerisce di sollecitare il
genitore a chiedere l’intermediazione del proprio Legale,
che provvederà nelle forme di rito. Si potrebbe configurare
come violazione deontologica informare l’Autorità Tutoria,
senza aver utilizzato le corrette procedure, e svolgere
prestazioni professionali per un minore prima di aver
ricevuto risposta dal Giudice stesso.
7. Lo Psicologo, essendo tenuto alla piena
conoscenza ed al rispetto delle norme
deontologiche, non può ritenersi esonerato dal
rispetto delle stesse anche nel caso in cui abbia
effettuato consulenza per un minore - in assenza
di consenso informato di entrambi i genitori - in
base a richiesta, o su sollecitazione di un
avvocato.

Basti al riguardo rilevare che, poiché tale


richiesta proviene da professionista iscritto ad
altro Ordine, non può certo ingenerare in uno
Psicologo alcun ragionevole affidamento che lo
induca a superare il significato chiaro ed
inequivoco della propria norma deontologica.
8. Lo Psicologo che opera in sportelli
psicologici attivati presso Istituti
Scolastici, anche se l’Istituto
ha provveduto ad inviare ai genitori (e
ritirare) i moduli per il consenso, è tenuto
ad accertarsi che entrambi i genitori del
minore abbiano firmato il consenso
informato prima di svolgere qualsivoglia
attività professionale che riguardi il
minore stesso.
Possono essere messi a punto sia moduli per
consenso informato per prestazioni psicologiche
a minorenni da utilizzarsi genericamente negli
studi e nelle attività professionali degli Psicologi
sia più specifici moduli per consenso informato
per prestazioni psicologiche a minorenni da
utilizzarsi nelle attività professionali degli
Psicologi che operano nelle scuole.

Illustriamo sia gli uni sia gli altri, iniziando dai


moduli per consenso informato per prestazioni
psicologiche a minorenni da utilizzarsi
genericamente negli studi e nelle attività
professionali degli Psicologi professionisti.
Modulo per consenso informato per prestazioni psicologiche a 
minorenni
Carta intestata dello psicologo o dell’AUSL o Struttura presso la quale si
svolge il lavoro
Io sottoscritto
nato a il
identificato mediante documento: n°
rilasciato da il
padre del minore
e io sottoscritta
nata a il
identificata mediante documento: n°
rilasciato da il
madre del minore
in virtù della potestà genitoriale, diamo il consenso a che nostro/a
figlio/a usufruisca delle prestazioni professionali (indicare
eventualmente quali)
dello/a psicologo/a dr.
Data Firme
Modulo per consenso informato per prestazioni
psicologiche a minorenni

Carta intestata dello psicologo o dell’AUSL o Struttura presso la


quale si svolge il lavoro

Io sottoscritto/a
nato a il
identificato mediante documento: n°
rilasciato da il
tutore del minore
in ragione di (provvedimento, Autorità emanante, data, numero)
sottoscrivo il consenso per le prestazioni professionali (indicare
eventualmente quali) dello/a psicologo/a dr. rivolte a

Data Firme
Illustriamo invece ora
i possibili moduli per
consenso informato per
prestazioni psicologiche a
minorenni da utilizzarsi
specificatamente nelle
attività professionali degli
Psicologi che operano nelle
scuole.
Dopo opportuna consultazione
con il consulente dell’Ordine degli
Psicologi dell’Emilia-Romagna, Avv.
Federico Gualandi, in relazione ai
problemi emersi ed alle soluzioni
ipotizzate, suggeriamo una serie di
indicazioni che possono essere di
utilità nella eventuale formulazione
della modulistica da presentare ai
genitori in questi casi specifici.
Il legale ha confermato che, stanti le
attuali normative dello Stato e del
Codice Deontologico, le prestazioni
effettuate su minori devono essere
subordinate ad esplicita richiesta di
consenso firmata da tutti coloro che
esercitano la potestà genitoriale.
Ciò implica che formule quali il
“silenzio assenso” non sono valide
né opportune sia dal punto di vista
giuridico che deontologico.
Le attività qualificabili come “formative”
(educazione alla salute, all’affettività, alla
sessualità, attività di orientamento scolastico,
supporto allo studio ecc.) potrebbero essere
inserite nei P.O.F. delle Scuole e, non essendo
rivolte a singoli ed avendo una finalità
formativa, né prevedendo interventi specifici,
potrebbero non essere subordinate ad esplicito
consenso.
Per tutti gli interventi rivolti al contesto
scolastico, ma non diretti a minori, non è
ovviamente necessario avere l’autorizzazione
ex art.31 del C.D. (Esempi in tal senso sono
tutte le attività rivolte al personale scolastico,
analisi organizzativa, ecc.).
Per tutte le altre attività
psicologiche rivolte a minori in
forma individuale, o anche di
gruppo, il modulo per la raccolta
delle firme di consenso potrebbe
essere inviato dall’Istituto a tutti i
genitori all’inizio dell’anno
scolastico.
Qui di seguito forniamo alcune
indicazioni specifiche.
• Il modulo potrebbe essere costituito da due parti,
una prima in cui vengono esposte con chiarezza
tutte le attività psicologiche ipoteticamente rivolte ai
ragazzi (ad esempio, interventi di gruppo,
osservazioni in classe, colloqui singoli,
somministrazione di test o questionari, ecc.) ed una
seconda che è il modulo di consenso vero e proprio.
Si consiglia di specificare il più possibile, nella
prima parte del modulo, attività e scopi delle stesse.
Suggeriamo di elencare tutte le possibili tipologie di
intervento, anche quelle non definite fin dall’inizio,
ma potenzialmente attuabili, per tutelarsi in caso di
variazioni di progetto; per quanto riguarda le finalità
consigliamo l’utilizzo di termini non strettamente
tecnici per facilitare la comprensione da parte del
genitore ed il successivo consenso.
• Il modulo deve comunque contenere la firma
di entrambi i genitori, se ambedue esercenti la
potestà genitoriale.
In situazioni eccezionali in cui solo un
genitore risulti esercente la potestà
genitoriale (da non confondersi con
l’attribuzione di affido esclusivo), la sua
autorizzazione sarà sufficiente; in tal caso,
però, si consiglia di avere
un’autocertificazione che attesti tale
condizione specificando le motivazioni (ad
esempio, non riconoscimento del figlio o
provvedimento, autorità emanante, data,
numero).
• In caso di minore in carico a
persone diverse dai
genitori, il modulo va
compilato con i dati del
tutore,
tutore specificando i
riferimenti (provvedimento,
autorità emanante, data,
numero).
• È utile che il modulo contenga
anche un breve
riferimento all’obbligo che ha lo
Psicologo di attenersi,
nella sua pratica professionale,
alla normativa sulla privacy.
Resta inteso che il collega, prima di iniziare la
sua attività su un minore, dovrà accertarsi della
presenza del consenso. In caso di situazioni di
urgenza e gravità (es.: dubbio su violenza di
qualsivoglia natura intra o extra-familiare) è
necessario coinvolgere immediatamente, tramite
la direzione dell’Istituto, i Servizi Pubblici
deputati alla tutela dei minori (Servizio
Sociale dei Comuni - o dell’AUSL - che
eventualmente richiederà l’intervento di
collaborazione dello psicologo), affinché valutino
l’esistenza della condizione di pregiudizio del
minore ed attuino i necessari interventi a sua
tutela.
Si rammenta che qualsiasi insegnante
è, generalmente, un incaricato di
pubblico servizio e quindi tenuto ad
adempiere agli specifici obblighi che
la Legge ricollega all’assunzione di
detta qualifica (ad esempio, l’obbligo
di denuncia nei casi previsti) ed a
coinvolgere gli organi preposti per
situazioni che si configurino come
gravemente dannose per il minore.
In altri casi che potrebbero configurarsi non
tanto come un intervento di urgenza,
ma piuttosto come una richiesta da parte
del corpo docente di essere aiutati ad
intervenire su una situazione contingente
ed imprevedibile, si può ipotizzare un
intervento sporadico e limitato allo stretto
necessario per “sbloccare” la situazione;
è ovvio che qualora – a seguito di questo
primo intervento – ci sia anche il benché
minimo dubbio sulla necessità di ulteriori
approfondimenti a tutela del minorenne
è necessario coinvolgere i Servizi Pubblici
a ciò destinati.
Qui di seguito, forniamo alcuni
esempi per la seconda parte della
modulistica di consenso.:
1) Dichiarazione di consenso informato:

a) Io sottoscritto
nato a il
identificato mediante documento: n°
rilasciato da il
padre del minore
e io sottoscritta
nata a il
identificata mediante documento: n°
rilasciato da il
madre del minore
esprimiamo il nostro consenso a che nostro/a fi glio/a
usufruisca delle prestazioni professionali, elencate
nell’allegato, dello psicologo Dr.
Data Firme
b) Io sottoscritto
nato a il
identificato mediante documento: n°
rilasciato da il
padre del minore
in ragione di (provvedimento, autorità
emanante, data, numero)
esprimo il mio consenso a che il minore
usufruisca delle prestazioni professionali,
elencate nell’allegato, dello psicologo Dr.

Data Firma
2) Autocertificazione di genitore unico esercente
potestà genitoriale:

Io sottoscritto
nato a il
identificato mediante documento: n°
rilasciato da il
padre/madre del minore
dichiaro di essere l’unico esercente la patria potestà per
il seguente motivo (in caso di provvedimento giuridico,
mettere i riferimenti al numero del provvedimento,
all’autorità emanante e alla data di emissione):
In ogni caso
anche nelle
dovrà agire
In ogni contesto
ogni Psicologo è
comma (ed ulter
dell’Articolo 3 d

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