indipendentemente dall'uomo il bello naturale ( che include anche il corpo umano) e addirittura
indipendente da qualsiasi istituzione ( anche divina) il cosidetto bello esistenziale e archetipo,
ancora una volta concepito classicisticamente come ci che vero onesto ordinato e conveniente.
Pi numeroso ed influente per il partito del soggetivismo. Tra le teorie pi moderne troviamo
quella emozionalista dell'abate Du Bos, che non si occupa pi delle leggi astratte della bellezza ma
della psicologia della reazione: solo il sentimento in grado di accertare se l'opera commuove e se
suscita in noi l'impressione che deve suscitare, ossia se essa ha imitato in modo verosimile e geniale
gli oggetti capaci di interessarci e he ci sottraggono alla noia e all'infelicit, giacch la ragione
deve limitarsi a spiegare a posteriori i motivi del piacere provato. Dal momento poi che l'arte tanto
pi valida quanto pi muove sentimenti, il suo miglior giudice non sar l'esperto ma il sentimento o
cuore con il quale il pubblico sente senza riflettere. Con Du Bos abbiamo allora la definitiva
fondazione dell'estetica del sentimentalismo. Sulla stessa linea soggetivistica troviamo l 'empirismo
associazionistico di Hume, per il quale il bello va indagato non come attributo ontologico ma a
partire dal piacere che suscita, ossia a partire dal gusto che modera la propria variet e variabilit
storico-geografica solo quand' educato attraverso lo studio e la pratica.
Orientata ad una maggiore oggettivit invece l'opera di Edmund Burke: come la conformazione
dei vari organi del tutto o quasi la medesima in tutti gli uomini, cos il modo di percepire gli
oggetti esterni in tutti gli uomini lo stesso e solo lievemente diverso per cui tra gli uomini,
riguardo alle questioni di gusto, v' una discordia minore. Le differenze residue si possono spiegare
come differenti gradazioni della sensibilit del soggetto percipiente. Ma dal bello Burke passa al
tema che pi di ogni altro influenzer l'estetica successiva, e cio sublime, causa un piacere di tipo
negativo- indiretto, in quanto risultato dello scampato terrore.
L'italia, Vico e la logica della fantasia
L'italia appare isolata rispetto al diffondersi in Europa delle nuove tematiche estetiche.La sola
eccezione nel panorama tutto sommato modesta dell'estetica italiana del Settecento quella di
Gianbattista Vico la cui opera ha effettivamente il merito di aver stabilito il nesso di arte e verit
( storica). proprio per fornire un'esauriente fondazione della tesi secondo cui poesia e mito,
precedono la prosaicit e possiedono una loro autonoma verit come propriet eterne degli animi
umani che Vico elabora un'ampia teoria ciclico-provvidenzialistica degli stadi attraversati
dall'umanit, stabilendo che la prima scienza sviluppatasi nell'umanit priva di pensiero razionale fu
la poesia (metafisica poetica). E' quindi ai primi poeti che secondo Vico si deve la nascita della
religione e in generale l'uscita dell'umanit dallo stato ferino.
Baumgarten e l'estetica tedesca
Leibniz l'uomo del destino anche della tradizione estetica tedesca, sebbene egli non abbia
dedicato all'estetica uno scritto specifico. Questa influenza va cercata nella sua impostazione
metafisica e psicologica. Come razionalista moderno, ossia pensatore dell'irrazionale Leibniz fa sua
l'idea di un mondo assolutamente vario non meno che ordinato e armonosio, formato da
un'individualit irriducibili e afferrabile anche nella dimensione incoscia delle piccole percezioni.
Le piccole percezioni sono da Leibniz stesso riportate al non co che a certi pensieri belli e
ingegnosi. Sono esse che formano quel non so che quei gusti, quelle immagini delle qualit, dei
sensi, chiare nel complesso ma confuse nelle parti. Leibniz perviene a quel vero punto di vista che
garantisce una prospettiva estetico-ottimistica del mondo e del suo creatore: Dio, con un'arte
meravigliosa, e lo stretto nesso di Dio e bellezza.
Classicismo e immaginazione
Leibniz decisamente in anticipo sui tempi. Ma l'estetica tedesca decolla molto lentamente.
Gottshed era convinto di poter pur sempre ancorare il bello a criteri oggettivi e il buon gusto alle
regole classicistico-obiettivistiche dell'imitazione della natura. Bodmer e Brettimger appaiono
influenzati invece dall'emozionalismo inglese e francese. Essi difendono, la possibilit di
un'immaginazione produttiva ( e non solo riproduttiva) come carattere distintivo della poesia
rispetto alla prosa.
Aesthetica come scienza della conoscenza sensitiva
Ma la prima concezione complessiva e terminologicamente rigorosa dell'estetica rintracciabile
solo nel wolfiano Baumgarten nella sua opera pi importante per il nostro tema, Aesthetica
(incompiuta 1750) egli riabilita infatti il sentire dalla condanna razionalista, riconferisce dignit
filosofica alla vita in tutta la sua concretezza sensibile attraverso una considerazione estetica
dell'opera. Per la prima volta l'estetica studiata secondo principi metafisici. La tesi fondamentale
di Baumgarten: l'estetica la scienza della conoscenza sensitiva dove sono ancora riuniti un
momento obiettivo, un aspetto trascendentale e uno poetologico legato alle capacit della ritenzione
mnestica di valere come sillogismo sensibile. Baumgarten separa e automonizza una facolt
conoscitiva inferiore , la cui logica ha come oggetto tutto ci che pu sembrare razionale senza
veramente esserlo poich dotato di minore chiarezza. La conoscenza come chiarezza e distinzione
non ha ora pi il monopolio della verit, giacch viene pienamente riconosciuta anche la verit
materiale-estetica del sensibile.
La conoscenza sensibile come gnoseologia inferior pu perfino configurarsi come una scienza,
come quella scienza del conoscer sensitivo che nella presentificazione preserva con nuovi mezzi
(bellezza) l'antica theoria metafisica del mondo come cosmo ordinato. In questo senso si pu anche
dire che l'estetica salvaguardi la visione del mondo tolemaica. C' dunque, anche una verit estetica
(conoscibile attraverso i sensi o l'immaginazione) accanto a quella logica formale della
rappresentazione chiara e distinta e a quella metafisica-materiale dell'ordinamento secondo leggi del
molteplice nnl'unit, e vi accede solo l'uomo estetico, che sensibilizza l'astratto, pensa bellamente
tutto ci che concerne l'uomo e sviluppa armoniosamente tutte le proprie facolt. L'estetica di
Baumgarten, , in conclusione, una teoria filosofica che, non pu fare a meno di coinvolgere
corporeit e sensibilit, in breve qualcosa di assai diverso dall'estetica come filosofia delle belle arti
inaugurata da Batteux.Ma il passaggio da Baumgarten a Kant e alla cosiddetta et dell'arte denso
di molti altri contributi significativi. Mejer, cui si deve la diffusione estra-accademica della nuova
disciplina di Baumgarten, Mejer anticipa di mezzo secolo la teoria della funzione comunicativocoesiva della sensibilizzazione estetica. Mendelssohon avvia l'estetica a diventare una scienza del
bello fondata sull'indagine psicologica dell'effetto che l'arte esercita sull'animo umano, il primo in
Germania ad elaborare un sistema compiuto delle arti fondato su una teoria dei segni convenzionali
o arbitrari. Sar poi Sulzer a presentare i problemi delle arti belle e a definire il genio e soprattutto a
consacrare definitivamente quella che sar poi a tripartizione kantiana e quindi ad individuare nel
bello, e corrispondentemente nel gusto, il terreno intermedio tra moralit e conoscenza intellettuale.
L'(in)imitabile bellezza greca e il Lacoonte
All'indirizzo neo-classicistico propugnato dal teorico e storico dell'arte Winckelmann e ai suoi
scritti si deve la riscoperta dell'antichit nonch un duraturo modello di storia dell'arte figurativa,
definitivamente sotratta all'antichit subalternit alla letteratura. Le opere dell'arte greca, sono per
Winckelmann gli insuperati modelli cui deve rivolgersi anche l'arte moderna, per noi l'unica via
per divenire grandi e, se possibile, inimitabili l'imitazione degli antichi. Sulla tesi dell'imitazione
non della natura ma degli antichi, dello spirito creativo e del gusto perfetto che li caratterizz si
innesta poi,una riflessione di stampo neoplatonico: dovendo l'arte insieme dilettare ed istruire il
pennello maneggiato dall'artista deve rifarsi non alla natura ma a un'idea trascendente a un segno
naturale. L'antichit diventa cos una perfetta e felice civilt estetica.
Riferiamo infine il dibattito sulla differenza delle arti, al cui centro troviamo la tesi di Lessing sulla
necessit di evitare contaminazione assai diffusa tra linguistico e figurativo. Poesia e arte figurativa
imitano entrambe la natura, differenziandosi per sia per i modi che per la materia: mentre la prima
rappresenta azioni temporali mediante segni arbitrari ( suoni), la seconda rappresenta corpi
visibili e coesistenti nello spazio mediante segni naturali( figure e colori), ragion per cui la poesia
dovrebbe astenersi dalle descrizioni, mentre la grazia e la bruttezza spetterebbero esclusivamente
alla poesia.
Capitolo 2
L'ETA DELL'ARTE DA KANT A HEGEL
La rivoluzione kantiana
Nella critica del giudizio di Kant si ha il punto di partenza del pensiero romantico. Kant cerca di
stabilire non gi con concrete norme della valutazione estetica o le caratteristiche oggettive del
bello, ma solo il modo in cui il soggetto vi si rapporta, cio il principio a priori della terza e
autonoma facolt dell'animo, il sentimento di piacere o dispiacere ( facolt di giudicare), del quale
l'oggetto bello solo l'occasione.
Nel giudizio si incontrano la facolt di conoscere o intelletto e la facolt di ragionare o ragione.
Kant oltreppassa poi la sua precedente dottrina delle facolt inoltrandosi sul terreno del bello e
dell'organico, due casi spaciali di un'oggettivit che si sottrae all'universalit delle leggi per affidarsi
al giudizio riflettente estetico e al giudizio riflettente teleologico. Il giudizio conoscitivo in quanto
giudizio determinante lascia in tali casi infatti il posto a quello riflettente, che riferisce
esclusivamente il rapporto, di finalit formale o accordabilit della natura con le leggi conoscitive
dell'uomo.
La bellezza cos una volta per tutte riportata al sentimento si un soggetto contemplante libero da
intromissioni pratiche e teoretiche , afferma qualcosa che pretende di valere universalemente. Infatti
il giudizio di gusto disinteressato, pur essenso a sua volta motivo di interesse in quanto l'uomo
non soddisfatto da un oggetto, se non ne pu condividere con altri il piacere. Questo piacere
inoltre universale, non potr trovare alcuna condizione particolare, esclusiva del suo oggetto, come
fondamento del piacere, e dovr quindi considerarlo come fondato da qualcosa, che si possa
presupporre anche in ogni altro, vale a dire sulla possibilit di comunicare universalmente lo stato
d'animo. Il giudizio di gusto poi una finalit senza rappresentazione di scopo, giacch il rapporto
a un fine conosciuto implicherebbe un concetto togliendo immediatezza al piacere. Il piacere puro
riguarda perci solo una forma della finalit, ossia il suo esser tale solo rispetto allo stato d'animo
del soggetto. Infine il piacere estetico necessario, cio implica una validit non logica ma estetica
(soggettiva) sempre in attesa del consenso altrui senza bisogno di concetti anche se sulla base di un
senso comune. Per sensus comunis si deve intendere l'idea di un senso che abbiamo in comune, cio
di una facolt di giudicare che nella sua riflessione tien conto, a priori, del modo di rappresentare
tutti gli altri.Ci che non piace non tanto l'oggetto in se stesso quanto la possibilit di rientare nel
novero di coloro che dalla sua contemplazione sono posti nel medesimo libero gioco, una
considerazione teoretica in cui si sedimenta l'indiscutibile propensione pratica di Kant alla
socievolezza. E' pertanto evidente quanto sia riduttiva la collocazione di Kant a fondatore
dell'astratta, soggetivistica, coscienza estetica ottocentesca.
Il che concretamente, significa che
La conoscenza penetra nella bellezza aderente che presuppone un giudizio di gusto almeno in parte
intellettuale. Il sentimento del piacere e dispiacere, non appare pi come una facolt separata ma
come un atteggiamento distinto che pu rivolgersi a tutti gli oggetti della vita spirituale, sia nella
conoscenza che nella moralit, col che il presunto formalismo e soggetivismo dell'estetica kantiana
risultano almeno parzialmente fuori gioco in favore di una concezione assolutamente concreta,
anche morale e conoscitiva, dell'esperienza artistica.
Ma anche l'arte del genio riporta in duplice modo alla natura.L'arte bella o rappresentazione bella di
una cosa finalizzata solo al piacere e suddivisa in arti della parola, arti figurative, arti del del gioco e
delle sensazioni, proviene dalla natura essendo il genio nient'altro che il talento (dono naturale) che
da la regola all'arte.L'estetica kantiana dunque circoscrive non gi un nuovo dominio di oggetti ma
un territorio di passaggio fra natura e libert, volto all'allusione simbolica del sovrasensibile.
Educazione estetica, classicismo, Goethezeit
Nel decennio che segue la terza critica kantiana dell'estetica assegna un valore metafisico assoluto
all'arte, che per alcuni comprende in s e perfeziona addirittura l'intera filosofia. Al pensiero
romantico baster abbandonare la distinzione kantiana tra giudizio estetico e teleologi, per trovarsi
sul terreno di una nozione di arte cos vasta da comprendere entro di s, nel segno della finalit,
bellezza e organismo, arte dell'uomo e natura come arte, con un conseguente rilevantissimo transito
dall'estetica della contemplazione, o addirittura della ricezione,all'estetica della produzione geniale.
Esercitarono infatti un'enorme influenza sulla nascente mentalit romantica, l'esaltazione
preromantica dell'incoercibilit del sentimento, come pure l'elogio della vita campestre in antitesi
alle false illusioni del progresso e alla vita ipocrita e convenzionale della citt.
Ma se Rosseau prepara l'astmosfera romantica a partire dal Sublime kantiano che Shiller giunge a
piacere, incostanza e orrore per ogni continuit, perenne eccentricit e insoddisfazione sconfinante
in aperta malinconia. Questa sorta di non-esistenza velleitaria e incentrata sulll'assoluta puntualit
dell'attimo che la soddisfazione estetica, sfocia perci necessariamente, nella noia e infine nella
disperazione, di cui la malinconia. Una critica dell'estetismo, quella di Kierkegaard, che far scuola,
diventando ben presto il modello di qualsiasi valutazione rigidamente etica, politica, ed
esistenzialistica del mondo dell'arte e di certi suoi esiti superficiali. Un esempio pi
superficialmente didattico e moralistico di antiestetismo e antiformalismo sar quello di Tolstoj : in
quanto espressione di emozioni,l'arte, ha senso solo se assolve al proprio scopo comunitario ed in
definitiva religioso.
Ma nel corso dell'Ottocento l'estetismo tardoromantico ebbe certamente la meglio sulla critica
Kierkegaardiana, destinata ad essere influente soltanto con la cosiddetta rinascita kierkegaardiana
d'inizio 900. Movimenti artistici come quello dei Preraffalleiti inglese e dei Nazareni tedeschi,
figure di scrittori e saggisti come quella di Gautier, Wilde, Huysmans, De Quincey esercitarono con
le opere e con la loro stessa vita improntata dal dandysmo un'enorme influenza sui mutamenti del
gusto nell'et del positivismo, un'influenza ravvisabile perfino su coloro che vi si opposero
apertamente. L'idea guida era soltantoil culto della bellezza avrebbe potuto arrestare o quanto meno
compensare la sempre pi rapida e alienata industrializzazione delle forme di vita; che essendo la
bellezza un valore assoluto e antiutilitaristico, non si sarebbe dovuto fare altro che cercare di
realizzarla o di scoprirla di l dall'apparenza contraria, respingendo ad esempio dalla propria vita
ogni aspetto volgare o semplicemente popolare, o addirittura aderendo amoralmente anche agli
aspetti pi sgradevoli dell'esistenza.
In questo quadro spicca l'opera di Baudelaire anticipazione del posteriore e maggiormente
spersonalizzato simbolismo. L'arte per Baudelaire progetto trasformativo della realt, affine al
sogno nel trasfigurare allegoricamente anche la realt pi banale; la salvezza del mondo, ma senza
fuga dalla sua tragicit adialettica e senza rinunciare, dir poi Benjamin a far propria la
dissoluzione dell'aura nell'esperienza dello shock. A Poe si deve la difesa dell'arte per l'arte di
contro ad ogni didatticismo moralistico, e sul piano della poetica, la valorizzazione della fantasia
come attitudine combinatoria finalizzata a generare con mezzi adatti un certo effetto nel lettore.
Dall'apparenza al brutto
Delle estetiche idealistiche fu certamente quella di Hegel a esercitare l'influenza pi vasta ma esse
porta con s la diagnosi della morte dell'arte. Questo tema non venne inizialmente preso alla
lettera, ma tradotto piuttosto in una frammentazione della problematica estetica, nonch dello
svuotamento nichilistico degli stessi temi hegeliani. Nelle opere di Vischer, la bellezza artistica si
riduce a mero effetto di superficie senza alcun corrispettivo interiore. A questa ripresa distorta
dell'estetica hegeliana Vischer far poi seguire una severa critica dell'estetica formalistica.
Ma forse sullo sconfinamento nell'extraestetico, nel grottesco che conviene incentrare questo
nostro sguardo non pi che cursorio sull'estetica posthegeliana. Il brutto trova la sua pi completa
trattazione sistematica nell'Estetica del brutto ( 1853) del critico letterario e biografo di Hegel,
Rosenkranz. Da sempre subordinato al bello come sua mancanza,il brutto sembra ormai la sola
categoria adatta a descrivere la deformazione patologica del mondo moderno urbano e
industrializzato, poi ossificata e standardizzata nel fenomeno kitsch. La categoria del brutto trover,
infine, la propria rifunzionalizzazione estetica nella ripresa produttiva che ne faranno le singole arti
e massimamente, poi, le avanguardie. Col che l'ordine tradizionale viene rovesciato, giacch si
relega nel brutto, o meglio nel kitsh, tutto ci che pretende di essere forma bella, e che proprio in
tale pretesa filosoficamente anacronistica piace al gusto inevitabilmente medio della cultura di
massa.
L'arte nell'et della scienza: le estetiche dal basso
Dinanzi allo sviluppo impetuoso delle singole arti e all'inarrestabile successo delle scienze esatte,
l'estetica tradizionale sembr segnare il passo, lasciando il posto a una sorta di generale sociologia
dell'arte. Il venire in primo piano della dimensione sociale e della metodicit scientifica, richiese
un nuovo tipo di indagine estetica, e certamente le accord un significato relativamente pi modesto
rispetto a quello ratificato dalla cosiddetta et del'arte. Il culto positivistico dei fatti si traduce, in
campo estetico, nell'insistenza sul fatto-opera, da indagare per cos dire dal basso ossia con
parametri sperimentali e scientifici, e mettendo il pi possibile tra parentesi l'emotivit
dell'osservatore.
Formalismi e scienza generale dell'arte
Il distacco dall'estetica metafisica pass attraverso l'accentuazione degli aspetti unicamente formali
dell'arte. Il tentativo di Herbart di fondare il giudizio di gusto, e quindi l'estetica come scienza
psicologica su una teoria non del bello ma delle relazioni oggettive e permanenti tra certi
elementi della realt trover poi una sua applicazione sistematica nellestetica generale come
scienza della forma (1865) di Zimmermann, per il quale sono i rapporti puramente formali e
oggettivi della bellezza, di cui quelli artistici sono solo una sezione, a causare il piacere estetico.
Importantissima fu in seguito l'applicazione del formalismo all'estetica musicale, a partire da
Helmholtz sull'armonia sonora come continuit dell'eccitazione nervosa e poi con gli studi di
Hanslick. Nella sua opera principale trova espressione l'assoluta specificit e intraducibilit della
bellezza creata dalla musica, l'idea che la bellezza musicale stia tutta nella sua forma, nelle strutture
cui da vita e non nel sentimento che suscita nell'ascoltatore o in qualsiasi altro scopo esterno, la
celebre tesi dell'asemanticit della musica, e del correlativo carattere puramente formale dell'analisi
estetica di Fiedler. Il formalismo fiedleriano giunge infine a riconoscere che forma e contenuto
concrescono nell'attivit formativa stessa, fornendo cos alla storia dell'arte una base teoretica utile
per comprendere sia la coeva poetica coloristica e impressionistica di un Cezane, volta a una
visualit prericognitiva della natura, sia la svolta novecentesca dell'astrattismo.
L'arte nell'epoca della morte di Dio: Nietzsche
Sull'estetica del Novecento ha largamente influito il pensiero di Nietzsche per la sua generale
rivalutazione del mondo sensibile-apparente e per la sua drastica condanna del dualismo platonicocristiano. Anche nella sua riflessione estetica sembra utile distinguere fasi diverse. Al centro della
prima troviamo l'idea che l'esistenza e il mondo sono eternamente giustificati solo come fenomeno
estetico. Tuttavia, l'idea di un'estetizzazione dell'intera realt non pi tra gli ideali del cosiddetto
periodo illuminista di Nietzsche. Venuta meno la fiducia nella rivoluzione wagneriana, l'arte gli
appare ora solo come una fase superata dell'educazione dell'umanit, una sorta di narcotico a cui il
filisteismo moderno ricorre per tollerare l'esistenza, e che deve lasciare il primato alla pi virile
educazione scientifica. La scienza prende ora il posto dell'arte, e ci non perch la prima garantisca
una maggiore verit o obiettivit, ma unicamente per la sua capacit di dar vita a un atteggiamento
meno violento e passionale.
Arte ed esperienza
Dalle opere di Dilthey si ricava un'indagine psicologica e storica sulla creazione artistica tanto come
ambito specifico ma costante dell'attivit spirituale, quanto sulla sua variabilit storica a livello di
poetiche, l'estetica assume allora un valore paradigmatico per le altre scienze dello spirito. La
creazione estetica di Dilthey la facolt di vivere disinteressamente esperienze pi intense del
normale, e poi di esprimerle, nella loro essenzialit tipica, in immagini esteriori secondo un nesso di
interiorit ed estrinsecazione. Che l'estetico sia una diffusa qualit dell'esperienza e non una sfera
separata della vita o un'essenza separata da ogni altra, l'idea guida anche del pragmatismo eticopedagogico di Dewey. Nella teoria allargata di Dewey l'estetico un modo per risalire alla
condizione di unit con la natura che precede qualsiasi dualismo nient'altro dunque che
un'intesificazione dell'esperienza normale, relativa tra l'altro del carattere pi generalmente organico
dell'intero universo nel suo ritmo organico dell'intero universo nel suo ritmo vitale.
Spiritualit dell'arte: il neoidealismo italiano
Il capitolo dell'estetica idealistica italiana, palesemente antitetica all'orientamento positivista, pu
anche essere letto come una reazione alla tesi hegeliana della transitoriet dell'arte. Vi si ribella
dapprima De Sanctis dalla cui difesa di una concezione dell'arte come contenuto gi sempre
esistenziatosi in figurazione concreta si ricava che ci che muore non affatto l'arte, ma solo una
certa maniera d'essere precritica e prefilosofica.
Da questa reinterpretazione del'hegelismo volta a salvaguardare l'eternit dell'arte, prende le mosse
Croce che perviene a una teoria dello spirito fondata non gi sulla dialettica degli opposti, ma sulla
funzione dell'arte che emerge il carattere frammentario e disorganico dell'opera moderna, l'aspetto
manipolativo e collagistico al limite dello shock, l'esito malinconico e disilluso circa la possibilit di
afferrare e riprodurre la realt, il che non stupisce quando si pensi, come Benjamin, alla modernit
come replica della confusione babelica.
Il non-ancora
Sempre nel quadro di questa connessione neomarxista tra l'avanguardia e il carattere utopico
dell'arte bisogna infine almeno accennare alla filosofia dell'impressionismo del giovane Bloch per
cui il messianismo l'opera utopia come frammento e parvenza anticipante di una vita disalienata
e nondimeno alla ripresa postfreudiana della valenza liberatoria insita nella teoria schilleriana
dell'educazione estetica da parte di Marcuse come sfida della logica della soddisfazione e della
sensualit al principio della sublimazione repressiva come liberazione dell'uomo e suo ingresso
nell'ordine dell'abbondanza.
Fenomenologia dell'arte
Fenomenologicamente, l'esteticit non quindi una propriet di certi oggetti ben determinati ma
piuttosto una modalit specifica dell'intenzionalit creativa e ricettiva. E' in questo contesto
antipsicologistico che si sviluppa un'analisi dell'oggetto estetico quale struttura di possibilit
attualizzate nell'incontro con un soggetto adeguatamente intenzionato, oppure del godimento
estetico come il solo atteggiamento adeguatamente analitico e non dilettantistico per vivere
appieno ed in senso liberatorio la valenza derealizzante dell'arte oppure lo studio sistematico della
correlativit tra gli stati componenti l'opera d'arte ( forme linguistico-vocali, unit di significato.
Oggettualit rappresentate, visioni schematizzate) e certe operazioni della coscienza mirate alla
concretizzazione dei punti che nell'opera risultano indeterminati. Solo relativamente influenzata
dalla fenomenologia ( pi che altro dalle sue valenze metodologiche) e aperta piuttosto a un'istanza
realista (ogni mutamento e ogni progresso riguardano solo la coscienza; l'ente, che continua ad
essere obiettato in questo processo, non ne sfiorato) l'estetica di Hartmann: il bello qui una
specifica regione ontologica, fondata nella sua stratificazione sull'enigmatico apparire nel reale
( primo piano) dell'irreale-ideale ( sfondo).
L'estetica fenomenologica francese incentrata sull'opera d'arte e sui meccanismi anche tecnici
della sua produzione. In particolare quella di Dufrenne una fenomenologia dell'oggetto che
trapassa in fenomenologia della percezione estetica, nel che l' indagine privilegia la struttura
percettiva del soggetto e i suoi a priori affettivi, il pubblico come il luogo reale in cui soltanto
l'opera viene eseguita con effetti di coesione sociale. Solo all'arte si riconoscer la faoclt di
penetrare quella natura che origine produttiva del possibile; il che sul piano dell'impegno
politico significher attribuire all'arte un valore utopico.
Esistenzialismo ed ermeneutica: l'arte come messa in opera della verit
Sembra caratteristico dell'esistenzialismo, nella sua ascedenza kierkegaardiana, assegnare un valore
all'arte solo a condizione che essa rinvii ad altro da s, a una dimensione che, trascendente o
immanenente che sia, risulti eticamente meno occasionale e irresponsabile. Un atteggiamento che si
pu trovare nella riprovazione del primo Jaspers per l'atteggiamento contemplativo e
deresponsabilizzante dell'estetico, poi superato da una visione dell'arte come cifra simbolica della
trascendenza, come pure, anche se in direzione quasi opposta, Sartre per il quale l'arte dev'essere
impegno, modello di un'esistenza pi libera in quanto luogo per eccellenza della decisione
autentica, ambito che si sottrae, grazie alla natura irrealizzante e liberatoria del'immaginazione di
cui costituita ( studiata a suo tempo da Sartre sotto l'influenza della fenomenologia e del
surrealismo: l'immaginazione, Abbozzo di una teoria delle emozioni, l'immaginario, alla noia (noia
di vivere dell'uomo, la conseguenza della vita la noia e con l'arte l'uomo si libera dalla noia) e alla
falsit dell'esistente.
Arte ed evento
Ma solo con Heidegger che l'estetica dell'esistenzialismo trova il proprio compimento e insieme il
proprio oltrepassamento nella direzione dell'ermeneutica ontologica. Uno dei principali esiti della
tanto problematica svolta con cui Heidegger abbandon nei primi anni Trenta la propria analitica
esistenziale sarebbe proprio il sempre fitto dialogo interpretativo con l'arte in specie con la poesia,
intesa come il modello dell'essere quale evento pensato cio al di l della metafisica, sfociata da
ultimo con la volont di volont di Nietzsche nel pu completo oblio nichilistico della differenza
ontologica tra essere ed ente. Abbiamo qui la pi perentoria riaffermazione del valore ontologico
dell'arte dopo l'et romantica, giacch sarebbe proprio l'opera, tutt'altro che un'integrazione di cose
gi esistenti, ad attestare come la verit non sia affatto semplice conformit alla semplice presenza
ma aletheia non-nascondimento e nel medesimo tempo occultamento dell'essere stesso, apertura
originaria entro la quale soltanto si rende possibile la presenza e quindi anche la conformit.
Il postmoderno caratterizzato da una maggiore consapevolezza dell'esistenza dell'estetica e da una
maggiore convinzione nel pensiero estetico applicato a tutto lo scibile ( conoscibile).
ATMOSFERE- APPENDICE
Perch le atmosfere
L'ipotesi da cui ci muoviamo quella di un'estetica dal basso, guidata da rinnovati paradigmi
ontologici e fenomenologici e fondata, anzich sull'arte, sul concetto di percezione ingenua o,
appunto di prima impressione. In quanto sapere non esperto, questo approccio intende per
essere varie cose:
1)in primis vuole essere un sapere estetico, in quanto valorizza l'idea baumgarteniana di una
conoscenza sensibile e del suo possibile perfezionamento ( non necessariamente
identificabile conla bellezza) anzich del suo necessario inveramento sul piano logico.
2) in secondo luogo intende essere un sapere fenomenologico, in quanto riflette sulla centralit
o indeducibilit della presenza corporea e assume seriamente il compito di legittimare e
comprendere la realt di ci che si mostra, prendendo a parametro il sentire nel corpo
proprio.
3) Vuole poi essere un sapere fenomenologico che sia ipso facto percettologico, ma facendo
attenzione che la percezione, emancipata dalla funzione di mera raccolta di dati disponibili
al giudizio, equivalga piuttosto a una partecipazione corporeo-affettiva del mondo. Si
potrebbe qui parlare di percezione atmosferica nel senso di percezione afinalistica e
nomadica perfino improvvisistica
4) ne s'intende qui tacere la portata ontologica di tale approccio, che mira cio ad ampliare,
integrare o forse perfino emendare il catalogo ontologico ordinario.
5) Pare inoltre che tale approccio rientri di diritto nella teoria che esamina la sfera precognitiva
del senso comune, costituendo, nella sua qualit di percezione ingenua delle atmosfere, una
forma di segmentazione della realt non meno primaria di quella pragmatica.
Con estetica come percezione ingenua intendiamo, allora, una prestazione sensoriale orientata al
bisogno inappagabile (gi kantiano) di intensificazione della vita del tutto fenomenologica in quanto
circoscritta all'apparire.
Pi precisamente, in questa prospettiva, le atmosfere come qualit sinesteticamente percepite come
ci paiono:
1)il prius di senso comune, quello sfondo tanto connaturato da non essere facilmente tematizzabile e
da dar vita solo in seguito a distinte prestazioni sensoriali e cognitive
2)costituzionalmente vaghe rispetto ai criteri quantitativi predisposti per gli oggetti
3)si tratta altres di percezioni di qualcosa di vero a meno di non fare l'esclusiva della verit
all'epistemologia
4) le atmosfere, infine, possono essere in larga misura convenzionali, il che denuncia l'origine
anche sociale di una certa qualit percettiva e il conseguente valore simbolico differenziale
di forme materiali.
Ontologia delle atmosfere come quasi cose
E' prevalentemente sulla natura ontologica delle atmosfere che ci vogliamo qui soffermare. Perch
un fatto che noi ne parliamo e le descriviamo, sulla loro base spieghiamo certi comportamenti e
certe decisioni: insomma. Ne ragioniamo comunemente, al punto che sembrano indispensabili nella
spiegazione di tutta una serie di fatti e di interazioni causali, pur essendo di fatto soltanto delle
quasi-o semi-cose. E' proprio delle semi cose le discipline scientifiche sottovalutano gravemente il
ruolo esercitato nella nostra vita percettiva, misconoscendo cos tutto ci che non pu
ontologicamente rientrare n tra le cose in senso proprio n tra le loro propriet accidentali. Urge,
perci qualche precisazione circa lo statuto ontologico delle atmosfere come semi-cose.
esse compaiono e spariscono , senza che ci si possa sensatamente domandare dove e in che
modo siano esistite nel frattempo.
Le atmosfere agiscono non come delle cause dell'influsso ma sono quest'influsso stesso
Ma non sono neppure propriet dell'oggetto mettendo in mora perci la tradizionale versione
cosale dell'ontologia, modellata inevitabilmente su enti conchiusi e portatori di propriet
accidentali ( anche se eventualmente piuttosto costanti). Detto altrimenti: le atmosfere sono
qualit che le cose o gli eventi non hanno ma attraverso cui si mostrano, forme della loro
presenza spazial-corporeo-affettiva.
Sono un tra, reso possibile dalla co-presenza di soggetto e oggetto.
Le atmosfere possono essere modificate, non sempre la prima impressione quella che
conta.
Non c' entit senza identit: gi le atmosfere devono pur avere una qualche identit, se
vero che ci si sbaglia frequentemente nel percepirle.
Infine una delle conseguenze ontologicamente pi rilevanti che le atmosfere non esistono
mai, se non in modo assai improprio, come stati meramente potenziali. Secondo Hauskeller
le atmosfere sarebbero solo e sempre fenomeni o atti puri, la cui esistenza coincide
unicamente con la loro apparizione. Eppure qualcosa non torna. Proviamo a pensare alle
atmosfere ( momentaneamente assenti) come a quello che in altro contesto chiamato
presente esteso, ossia a un'emozione spazializzata in quanto sezione di un decorso
ritenzionale-protenzionale. In fondo solo perch appartengono alla percezione anche le
scene trascorse e quelle anticipate che possiamo definire ci che percepiamo anche in
termini atmosferici. Diciamo tesa l'atmosfera che aleggia in una sala d'aspetto d'opsedale
perch anticipiamo la scena successiva ( la visita, la diagnosi) e/o ricordiamo scene
precedenti ( altre attese..) ma possiamo anche facilmente immaginare a quali condizioni
cesserebbe di essere tesa per diventare addirittura confortante ( per esempio nel caso in cui
fino a quel momento si fosse disperati a cercare un medico). Tutt ci vuol dire che
esattamente come ogni altra esperienza attuale ( e a differenza del ricordo)anche la
percezione atmosferica impone si i propri dati ( donde la passivit della sintesi ) ma pur
sempre in un contesto di possibilit aperte visto che nel presente posso sempre fare
qualcosa.
Le atmosfere sono inoltre relativamente intersoggettive e relativamente intermodali Pur tra
le varie sfumature infatti, lo stato d'animo di chiunque partecipi ad un funerale quello,
quanto meno, di cordoglio e di malinconia, se non altro per le riflessioni sul destino comune
che l'evento immancabilmente suscita. Certo l'intersoggetivit molto pi completa quando
una determinata atmosfera pu essere co-realizzata da chiunque abbia o conosca le
corrispondenti affinit esistenziali, affinit al tipo sensoriale ma anche inevitabilmente di
tipo cultural-biografico. Quanto all'intermodalit, basti pensare al fatto che pur essendo in
tutto e per tutto la medesima, la freddezza suscitata dall'uso di certi colori ha inevitabilmente
qualcosa in comune con la freddezza suscitata dal tipo di arredamento, con quella suscitata
da certe parole e da un certo tono di voce e cos via....