E. FERMI
Introduzione
1.
Prima di addentrarci nella conoscenza e nello studio della letteratura russa dell'
800,
dobbiamo innanzitutto liberarci dai nostri abiti culturali da tanti luoghi comuni voglio
dire - e cercare di immergerci in quell'
universo a noi tanto vicino e tanto lontano, a noi
tanto simile e tanto diverso, che la Russia.
2.
La caratteristica pi evidente di questo paese la sua vastit geografica; una vastit che
non ha paragoni, almeno nell'
ambito del continente europeo: quando si pensa alla
Russia si pensa a una terra sterminata, dai confini, secondo la cognizione dei pi,
incerti e indefiniti.
Celebre la lirica descrizione che Gogol' un autore che presto conosceremo pi da
vicino fa della Russia nel suo romanzo Anime morte:
Terra di Russia, terra di Russia! [nell'
originale non Rossija ma "Rus", l'
antico e
poetico nome dei paese] io ti vedo: dalla mia incantevole, meravigliosa lontananza, io
ti vedo. Tutto povero in te, disordinato, inospitale; non rallegrano, non atterriscono
lo sguardo gli arditi miracoli della natura, coronati dagli arditi miracoli dell'arte; le
citt cogli alti castelli dalle mille finestre, radicati sui dirupi; le pittoresche piante e
edere radicate sulle case, fra lo scroscio e l'eterno vaporio delle cascate. Non si
rovescia indietro la testa a guardare il sovrapporsi senza fine, nelle altezze, dei blocchi
di pietra, non brillano attraverso gli oscuri archi gettati uno sull'altro, rivestiti di tralci
di vite, d'edere e di milioni e milioni di rose selvatiche, non brillano in lontananza gli
eterni profili dei monti radiosi, alzati agli argentei, limpidi cieli. Tutto aperto,
desolato, e uniforme in te; come piccoli punti, come piccoli segni visibili appena
spiccano fra le distese le piatte tue citt: nulla che accarezzi e affascini lo sguardo. Ma
che inaccessibile, misteriosa forza , dunque, questa che attira a te? Perch riecheggia
e di continuo risuona all'orecchio, malinconica, come si diffonde su tutta l'ampiezza
tua, da mare a mare, la tua canzone? Che c' in essa, in codesta canzone? Che cosa
chiama cos, e singhiozza, e afferra al cuore? Che suoni son questi, che morbosamente
s'insinuano e penetrano nell'anima, e s'attorcigliano al mio cuore? Terra di Russia!
che cosa vuoi dunque da me? Quale inaccessibile legame sussiste tra noi? Che hai da
guardarmi cos e perch tutto quello che c' in te si rivolge a me con questi occhi pieni
d'aspettazione? E ancora, pieno di stupore, rimango immoto, e gi sul capo ho l'ombra
d'una nube minacciosa, gravida di piogge incombenti, e il pensiero ammutolisce
davanti alla tua vastit. Che si preannuncia da questa vastit illimitata? Forse qui,
forse in te sorger uno sconfinato pensiero, giacch tu stessa sei senza fine? Non
potrebbe aver qui l'avvento un eroe gigante, giacch c' spazio abbastanza perch si
sviluppi e si muova? E minacciosamente mi abbraccia la possente vastit,
riverberandosi con terribile forza nel profondo del mio essere; d'una potenza arcana
s'illuminano i miei occhi... Oh, sfolgorante, fascinosa, ignota al mondo sconfinatezza!
Terra di Russia!...
3.
Ma la Russia anche una terra di confine, posta a cavaliere tra la vecchia Europa e
l'
Asia misteriosa: Gratta gratta, sotto ogni russo troverai un tartaro dice un
proverbio locale; gli stessi abitanti di questo sterminato paese hanno dunque la
coscienza di essere stati per secoli un popolo nelle cui vene scorre un poco d'
Asia; e
questa percezione non mai morta del tutto. L'
assenza di confini naturali precisi e
decisivi, il secolare contatto con le popolazioni nomadi che risiedevano oltre gli Urali,
la dominazione tartara hanno lasciato un segno decisivo nella storia russa: quello che
oggi un paese di cui qualcuno ipotizza l'
ingresso nella Comunit Europea, fino a
qualche secolo fa nell'
immaginario collettivo europeo era semplicemente Oriente.
4.
5.
Herzen, scrittore liberale e progressista, scrisse nel 1849 Breve storia dei Russi: la sua
convinzione era che il popolo russo, diversamente dagli altri popoli del continente,
possedeva una sorta di protagonismo passivo ovvero quella straordinaria tenacia e
capacit di resistenza che gli aveva permesso in passato, e gli avrebbe permesso nei
secoli a venire, di opporsi alla violenza e alla prevaricazione dei dispotismi di ogni
forma e colore.
6.
Sull'
altro versante non possiamo dimenticare che la cultura russa dell'
Ottocento fu
attraversata per intero dal pensiero slavofilo (ne paleremo trattando di Dostovskij) che
sosteneva una sorta di superiorit morale e ideale del popolo russo, chiamato, attraverso
i suoi pi antichi e autentici valori primo fra tutti la fede ortodossa - a portare la
salvezza a un'
Europa corrotta e decadente.
7.
8.
Vale dunque la pena fare un passo indietro e di ricostruire almeno nelle linee essenziali
le storia della Russia e come sia nata l'
idea stessa del paese che oggi noi chiamiamo
Russia.
9.
10.
Gi nella prima met del secolo XI la Russia kievana entr nella sfera d'
influenza dei
Tartari, avviandosi a una rapida decadenza: Kiev cadde in mano ai Tartari nel 1040.
11.
L'
altro nucleo attorno a cui si andava aggregando la nascente nazionalit russa era, pi
a nord, il principato di Moscovia, fondato nel XIII secolo da Daniele, figlio del duca
Aleksandr Nevskij che aveva fermato i Cavalieri teutonici nel 1242. Anche il principato
di Moscovia sub lo strapotere mongolo e fu a lungo vassallo dei Tartari (noti appunto
anche come Mongoli) dell'
Altin Ordu o Orda d'
Oro.
12.
A liberare il principato di Moscovia dal dominio mongolo nel 1480 fu il principe Ivan
III (1462-1504). Genero dell'
ultimo imperatore di Bisanzio, Ivan III, dopo la caduta di
Ivan IV, detto il Terribile, assunse nel 1574 il titolo romano di zar (titolo che deriva dal
latino Caesar), perseguendo una politica di espansione imperiale in direzione dei
Balcani, del Mar Nero e del Mediterraneo. A oriente riusc a occupare quasi tutto il
bacino del Volga e ad aprirsi la strada verso la Siberia; a occidente, invece, tent di
espandersi verso il Mar Baltico, ma venne sconfitto da Polacchi e Svedesi.
Per quanto riguardava la politica interna, Ivan IV cerc l'
appoggio della piccola nobilt,
rispondendo duramente alla reazione dell'
aristocrazia terriera con la cosiddetta strage
dei boiari
14.
Il periodo di grave tensione che caratterizz la fine del regno di Ivan il Terribile, si
chiuse con l'
ascesa al trono di Russia di Michele Romanov, il primo della dinastia che
rimase al potere fino al 1917 e all'
avvento del comunismo. Sotto di lui e sotto i suoi
successori si precisarono i tratti fondamentali che avrebbero caratterizzato nei
successivi tre secoli la Russia zarista:
15.
16.
L'
elevata tensione sociale trovava periodicamente modo di manifestarsi in forma
violenta nelle rivolte dei contadini e dei cosacchi (comunit nomadi delle steppe russe),
risolte dal regime zarista attraverso sanguinose repressioni. Tra le rivolte epiche dei
mugiki russi ricordiamo quella capeggiata da Stenka Razin (1667-1671) e quella
guidata dal cosacco Emeljan Pugacv (1773-1775).
17.
18.
La via che egli pratic fu quella del pi marcato assolutismo; a tal fine:
- cre un apparato statale centralizzato ed una polizia segreta efficientissimi;
- esautor totalmente l'
assemblea dei boiari (Duma);
- ridusse al minimo l'
ingerenza della Chiesa ortodossa, del Patriarca di Mosca negli
affari dello Stato; sottomessa cos allo zar, la Chiesa russa divenne un potentissimo
mezzo di unificazione spirituale e culturale dello sterminato Paese;
- organizz un esercito forte, efficiente e fidato, sul modello di quello prussiano;
- organizz una marina che potesse competere con quelle degli altri stati baltici;
- in ambito culturale cerc di porre rimedio allo stato di totale ignoranza nel quale
versava la popolazione; favor gli studi scientifici; fond l'
Accademia delle Scienze.
19.
zar si trovava a Vienna, scoppi in Russia la rivolta degli strelcy (una guardia scelta al
servizio dell'
imperatore), che lo spinse a un precipitoso ritorno in patria e a una
sanguinosa repressione.
20.
21.
Dopo la morte di Pietro il Grande (1725) e fino al 1796 sul trono dello zar sedettero
esclusivamente donne: Caterina I, la duchessa Anna Ivanovna, la reggente Anna
Leopoldovna e infine Caterina II.
Il regno di quest'
ultima zarina (1729-1796) fu caratterizzato da una moderata adesione
agli ideali dell'
illuminismo (la sovrana fu amica di Voltaire e Diderot, e lettrice
appassionata di Montesquieu). Caterina II era donna energica, colta, e di aperte vedute:
vi fu addirittura un momento in cui progett l'
abolizione della servit della gleba e
l'
introduzione di un codice di leggi che garantisse l'uguaglianza dei sudditi. Tali
progetti trovarono naturalmente la pi intransigente opposizione dell'
aristocrazia,
gelosa dei suoi privilegi. Le velleit riformistiche della zarina non poterono andare oltre
un paternalistico ed estemporaneo miglioramento delle condizioni generali dei sudditi
(soprattutto nel campo della sanit e dell'
istruzione), dettate pi dal buonsenso che da
un progetto organico di cambiamento.
Cur in particolar modo l'
organizzazione della burocrazia e dell'
apparato statale
estendendone la rete su tutto il vastissimo territorio (1775).
22.
La colonizzazione forzata dei territori ucraini e del bacino del Volga scaten alcune
sanguinose sollevazioni, tra cui la pi nota fu la gi citata rivolta di Pugacv, un
cosacco del Don deciso a rivendicare la liberazione dei mugiki e la suddivisione delle
terre.
La repressione delle rivolte contadine produsse la frattura tra il potere zarista e
l'
intelligentsija, frattura che segner profondamente tutta la storia russa successiva.
23.
24.
25.
La vita - I Pukin erano famiglia di antichissima nobilt . Come normalmente accadeva nella
Russia zarista, l'
educazione dei figli era spesso affidata a precettori stranieri, in genere
francesi o tedeschi. L'
infanzia di Pukin fu quindi culturalmente ricca, ma povera di affetti,
fatta eccezione per la njanja (noi diremmo la baby-sitter), la vecchia Arina Rodjonovna,
alla cui memoria il poeta rimase sempre legato: fu lei che gli trasmise l'
amore per la cultura
popolare e che nutr con il racconto delle antiche fiabe russe la sua fantasia di bambino.
A tredici anni (1812) Pukin entr nel prestigioso liceo di Crskoe Sel, riservato ai figli
delle famiglie aristocratiche; vi rimase fino al 1917: in questa scuola che Pukin ebbe i
primi contatti con le idee liberali; a questi anni risalgono anche le sue prime prove poetiche.
Terminati gli studi, Pukin si immerse nella vita mondana di San Pietroburgo, allora
capitale dell'
impero russo. Il successo letterario giunse improvviso nel 1820 con la
pubblicazione di Ruslan e Ljudmila.
Nonostante la sua giovane et, la lettura in pubblico di alcuni versi poco ortodossi gli caus
i primi guai con la censura e con le autorit: solo per l'
intercessione di alcuni influenti amici
evit la deportazione in Siberia, che gli fu commutata con il confino ad Ekaterinoslav.
Ammalatosi a causa di una nuotata nell'
acqua gelida di un fiume, ottenne una licenza e la
possibilit di seguire la famiglia Ravskij in un viaggio che lo port nel Caucaso e in
Crimea. Al termine di questa esperienza, ricevette l'
ordine di trasferirsi a Kiinv,
capoluogo della Bessarabia (oggi capitale della Moldavia). Confinato nel lontano sud,
Pukin amava paragonarsi al poeta latino Ovidio, esiliato da Augusto in quelle lontane terre.
Ci rest fino al 1823, quando, sempre per interessamento di alcuni amici, gli venne
concesso il trasferimento a Odessa.
Odessa come gi del resto Kiinv - fu per Pukin luogo di innumerevoli avventure
amorose, che lasciarono sicure tracce nelle sue opere. Nel 1823 la censura intercett una
lettera di Pukin in cui egli esprimeva una certa qual simpatia per l'
ateismo; a causa di ci
venne licenziato dalla burocrazia imperiale e costretto a vivere nella tenuta materna di
Michajlovskoe, nelle vicinanze di Pskov. Qui, nella forzata solitudine, nacquero alcune
delle sue opere migliori. La lontananza dalla capitale gli imped partecipare alla rivolta
decabrista del 1825.
Il nuovo zar Nicola I, da poco salito al trono, lo chiam a Mosca per offrirgli un'
occasione
di ravvedimento (1826), anche se in realt il ritorno nelle capitali avrebbe significato per
Pukin da una parte un controllo ancor pi rigido e severo, dall'
altra la rottura con
l'
opposizione liberale; non aveva del resto possibilit di scelta e dovette accettare.
Nel 1830 Pukin spos la bellissima Natal'
ja Gon arova; dal matrimonio nacquero quattro
figli. Tuttavia Natal'
ja, affascinante ma frivola, provoc non pochi problemi al poeta: il 27
gennaio 1837, Pukin, in seguito a una questione d'
onore nata da alcuni pettegolezzi
provocati dalla condotta della moglie, sfid a duello il barone francese Georges D'
Anths:
ferito a morte, spir dopo due giorni.
Giudizio critico - Pukin per i Russi il poeta per eccellenza, il padre della letteratura
russa moderna. Si tratta di un autore complesso e multiforme, di un uomo di immensa
cultura, di un letterato completo, cimentatosi con ugual successo nella poesia, nella prosa,
nel teatro. Si tratta per per un occidentale di un autore sfuggente, difficile da tradurre,
lontano dagli schemi pi usuali della critica letteraria: un vero vulcano insomma, se teniamo
presente che mor a soli trentasette anni.
In vita Pukin, dopo il successo delle opere giovanili, che fece di lui quasi un caso
letterario, non ottenne grandi riconoscimenti: gi nella seconda met degli anni Venti (i suoi
capolavori sono quindi tutti successivi), il pubblico, soprattutto quello giovanile, si dimostr
piuttosto freddo nei suoi confronti e a trent'
anni era gi considerato uno scrittore superato.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, la critica letteraria, fortemente condizionata da
un'
impostazione ideologica impegnata, sottovalut l'
importanza di Pukin. La svolta si
ebbe con il famoso discorso pronunciato da Dosto vskij sul monumento dedicato al poeta,
nel 1880: da allora Pukin divenne il Poeta, una figura fondamentale della cultura russa,
sia prima che dopo la rivoluzione d'
Ottobre.
Pukin l'
ultimo dei classici o il primo dei romantici?: una domanda che i lettori russi (e
la critica) si posero fin dall'
inizio: non facile dare una risposta, soprattutto perch la
multiforme e caleidoscopica penna di Pukin sfugge a ogni classificazione troppo rigida.
Forse fu l'
uno e l'
altro: fu romantico nei contenuti provocatoriamente nuovi e diversi
rispetto alla cultura russa del Settecento; e fu proprio per questa sua forza di rinnovamento
che egli si impose come modello insuperato della letteratura russa, divenendo per ci stesso
un classico, nel senso pieno del termine: la lingua e la prosa russa moderne sono
impensabili senza Pukin.
Poesia e teatro - Per quanto riguarda la sua produzione in versi e il teatro, ci limitiamo qui
a citare le opere pi significative:
Ruslan e Ljudmila (1820): si tratta del poema in versi che fece conoscere Pukin al
grande pubblico e che suscit stupiti consensi ma anche vivissime polemiche;
Evgenij Onegin
Evgenij Onegin un giovane ricco ed egocentrico, vezzeggiato beniamino dall'alta
societ pietroburghese. Lasciata per qualche tempo la capitale e ritiratosi a vivere
nella sua tenuta di campagna, conosce il giovane e romantico Vladimir Lenskij.
Amici inseparabili, frequentano la tenuta della famiglia Larin.
Vladimir, poeta e sognatore, s'innamora di Olga, la pi giovane delle sorelle Larin,
e la chiede in moglie. L'altra figlia, l'affascinante e appassionata Tatjana, si
innamora invece di Onegin.
Con l'ingenuit e la purezza di sentimenti che le sono proprie, gli confessa il suo
amore; ma egli, egoista annoiato, incapace di veri sentimenti, la respinge con
freddezza. Inoltre durante un ricevimento corteggia Olga, fidanzata a Lenskij,
suscitando il risentimento dell'amico. Ne segue un duello, nel corso del quale Onegin
uccide Lenskij.
Alcuni anni dopo Onegin incontra Tatjana a Pietroburgo: la fanciulla di un tempo
ormai l'avvenente moglie di un illustre generale. Onegin la corteggia, ma ella rifiuta
il suo amore: pur non avendo dimenticato la passione d'un tempo, ella, per coerenza
morale, preferisce mantenersi fedele al marito.
La donna di picche
La vicenda raccontata da Tomskij, un giovane ufficiale, solletica l'avidit
dell'ambizioso Germann: una vecchia contessa,amica in giovent del noto occultista
Saint Germain, conosce tre carte sicure per vincere al gioco. Servendosi della la
giovane dama di compagnia della
contessa, Lisaveta, Germann, che riesce a far innamorare di s, una notte riesce a
introdursi nella camera della vecchia. Invano per la implora e la minaccia: la
vecchia, paralizzata dal terrore, muore senza rivelare il segreto. Pochi giorni dopo
per a Germann appare il fantasma della contessa e gli rivela le carte (tre, sette,
asso), ma pone come condizione di sposare la povera Lisaveta, gi sua dama di
compagnia. Deciso a vincere al gioco, ma senza onorare la richiesta della vecchia
contessa, Germann gioca e vince due volte, ma la terza volta al posto dell'asso esce
la dama di picche: Germann impazzisce.
E inoltre:
Nikolaj Vasil'
evi Gogol'
Il cappotto (1837)
Il povero impiegato Akakij Akakievi Bama kin (cognome che in russo suona
pressappoco come Scarpolini) costante oggetto di dileggio e di sopraffazione
da parte dei colleghi e dei superiori. Avvicinandosi il terribile inverno
pietroburghese, Akakij si trova nella necessit di sostituire la vecchia palandrana,
ormai consunta dall'uso, con un cappotto nuovo. Per procurarsi il denaro
necessario si sottopone ad inenarrabili privazioni.
Avuto finalmente il cappotto, tornando da una festa in cui fatto straordinario
era stato invitato dal suo superiore, viene assalito e derubato.
Disperato, si rivolge all'autorit di polizia, senza per ottenere giustizia; invoca
anche l'intervento di un pezzo grosso, ma senza alcun risultato; anche una
colletta dei colleghi va a vuoto.
Il povero impiegato muore di l a pochi giorni di freddo e di disperazione, ma il
suo fantasma, fattosi intraprendente e aggressivo, assale i passanti pietroburghesi
(e tra questi anche il pezzo grosso) derubandoli dei loro cappotti.
...
L'opera - Le sue prime opere di rilievo sono alcuni poemetti licenziosi (Saska, 1836; La
tesoriera di Tambov, 1838) i cui soggetti derivano dall'
esperienza militare e che, rinnegando i
la vistosa retorica dei primi acerbi tentativi poetici, anticipano il realismo della maturit. Nel
1837 la lirica La morte del poeta, fremente di sdegno contro i cortigiani, colpevoli con i loro
pettegolezzi di aver provocato la morte di Pukin, gli provoc, come s'
detto, l'
ostilit
dell'
intera corte e l'
esilio nel Caucaso. E proprio questa misteriosa e selvaggia catena di monti
sar lo sfondo dei suoi poemi pi noti e significativi: Il demone e Il novizio (1840).
Il demone, creatura maligna scacciata da una mitica terra della beatitudine, essere indocile
incapaci di conciliarsi con il mondo e con l'
umanit, la figura centrale della poesia di
Lermontov.
Il demone , in un certo senso, anche l'
anima nascosta del suo capolavoro, il romanzo Un
eroe del nostro tempo (1840): Pe orin, l'
eroe romantico protagonista dei cinque racconti in cui
si articola il romanzo, uomo dal carattere magnanimo, condanna se stesso all'
isolamento e
all'
incomprensione proprio a motivo della sua incapacit di conciliarsi con il mondo e con la
massa degli uomini, anonima e informe. Il tema della ribellione, dell'
insofferenza, del senso di
impotenza che ne deriva anticipa per certi versi figure e circostanze che ritroveremo pi tardi
in Dostovskij, ma anche in poeti del '
900 come Blok, Esenin, Majakovskij e Pasternak.
Cos come gi Pukin e Gogol'
, anche Lermontov si occup di teatro: nel 1835 scrisse Un
ballo in maschera, dramma che narra di Arbenin, assassino per gelosia della giovane moglie,
lui che pure in giovent era stato impenitente dongiovanni e che ora tormentato dai ricordi
di un burrascoso passato di cui prigioniero.
Nato in un piccolo e sperduto villaggio sulle rive del Volga, figlio di una famiglia della media
borghesia (il padre era un ricco mercante), Gon arov fu uomo socialmente integrato,
politicamente moderato, tutto sommato un grigio burocrate (lavor presso uno dei tenti uffici
ministeriali dell'
immensa burocrazia zarista). Chi ha letto il suo capolavoro, Oblomov, non
pu non provare la tentazione di vedere in lui una sorta di versione realisticamente attenuata
del pi riuscito dei suoi personaggi, Oblomov appunto.
L'
attivit letteraria di Gon arov si era aperta con un romanzo a tesi: Una storia comune
(1947), che narrava la vicende di un giovane idealista e delle sue disillusioni; l'
opera era stata
salutata con discreto entusiasmo dalla critica militante. Rispettoso dei propri ritmi personali,
Gon arov era tornato a farsi vivo dodici anni dopo con un nuovo e pi poderoso romanzo:
Oblomov (1859), opera che pu essere annoverata a pieno titolo fra i classici della letteratura
russa. La carriera di Gon arov si chiuder poi dieci anni dopo con la pubblicazione de Il
burrone (1869).
Trionfa nell'
opera di Gon arov la ribelle celebrazione - dove la ribellione da intendersi
pi come resistenza passiva che come azione dello spirito russo: quel misto di cultura
europea e di asiaticit , di razionalit subita e di fatalismo vissuto, di difficolt ad accettare la
storia e il mutare dei tempi che trovano un'
incarnazione emblematica nell'
immobilismo
morboso e quasi patologico di Oblomov. Se dovessimo sintetizzare in due parole la filosofia
che pervade la vita del protagonista, dovremmo definirla semplicemente paralisi dello
spirito. Il critico Dobroljubov coni addirittura il termine oblomovismo. Naturalmente c' chi
tent di trovare in Oblomov l'
esplicita critica alla realt sociale russa, immobile e sonnolenta,
come gi era accaduto al Gogol'delle Anime morte. Non certamente qui che vive l'
anima del
romanzo: non era infatti intenzione dell'
autore denunciare il vuoto spirituale della provincia
russa n muovere critiche all'
ozio e alla dissipazione della piccola nobilt terriera del suo
Paese. Lo stesso personaggio di Stol'
c, eticamente contrapposto ad Oblomov, artisticamente
piatto: tutta la simpatia del lettore va al protagonista, simbolo di una generazione aperta ad
ogni generosa aspirazione e sensibile ai pi alti valori, ma incapace di impegno concreto e
riluttante ad ogni disciplina di vita. Sbaglia insomma chi vede in Gon arov un esponente del
realismo russo: egli semplicemente portavoce dell'oblomovismo e la sua grandezza sta
proprio nel fatto che egli sembra sorgere dal nulla e che, almeno in apparenza, non lascer
alcuna apparente eredit nella storia del romanzo russo: Oblomov rappresenta un'
opera a se
stante e un capolavoro compiuto in se stesso (in questo senso qualcuno l'
ha paragonato al
nostro Gattopardo).
Tutti voi avete una certa dimestichezza con le lingue straniere; sicuramente tutti avete studiato
(meglio: dovreste aver studiato!) il latino e conoscete il sistema delle declinazioni; nei primi
incontri di questo corso ci siamo avvicinati all'
alfabeto cirillico e ai primi semplici
meccanismi morfosintattici della lingua russa.
Oggi puntiamo in alto: prenderemo fra le mani nientemeno che un passo di Oblomov, il
romanzo di Gon arov di cui si parlato in questa lezione, e proveremo a smontarlo;
cominceremo prima a leggerlo, poi a riconoscere qualche vocabolo, qualche desinenza,
qualche meccanismo sintattico; infine tenteremo di ricostruirne il significato.
Un giorno, tuttavia, un fatto inatteso turb la vita monotona di Oblomovka. Dopo la siesta,
che aveva seguito come di consueto un pasto troppo abbondante, tutta la famiglia si era
seduta tra gli ospiti intorno alla tavola del t, quando un contadino del villaggio, di ritorno
dalla citt, apparve sulla soglia. Dopo aver frugato in tasca, ne estrasse a fatica una lettera
sgualcita indirizzata a Ilj Ivnovic Oblmov. Tutti si atterrirono. La signora impallid. Ogni
sguardo si pos sulla busta, ogni naso la fiut.
Che ci capita? di chi sar questa lettera? esclam la signora, riavendosi dall'emozione
improvvisa.
Il padre prese la lettera e la rigir tra le mani, non sapendo che fare.
Dove l'hai trovata? domand al contadino. Chi t l'ha data?
Alla locanda, dove mi son fermato per far riposare il cavallo. Erano venuti due volte dalla
posta per sapere se non si era visto un mugik di Oblmovka, poich c'era una lettera per il
brin. In principio mi sono nascosto, e il postino se n' andato con la sua lettera. Ma il
sagrestano di Verchljvo mi ha visto e l'ha detto. Allora son tornati di nuovo all'albergo
gridando e bestemmiando e mi hanno fatto pagare cinque kopeke. Ho domandato che cosa
dovevo fare della lettera, e m'hanno risposto di portarla a Vostra Grazia.
Non avresti dovuto accettarla disse una vecchia, indignata.
Io non volevo!... Ho detto: E che volete che ce ne facciamo noi di questa lettera? O che
ne abbiam bisogno, noi? Non mi stato ordinato e non oso prenderla, non oso. Andatevene al
diavolo con la vostra lettera! .
Ma il postino urlava e bestemmiava e minacciava rapporti e che diavolo altro, e mi ha
obbligato a prenderla.
Idiota! disse la signora .
E chi mai pu scrivermi? sospir Oblmov, osservando la busta. Eppure mi par di
conoscere questa calligrafia.
La lettera pass dall'una all'altra mano. Ognuno dava un parere, faceva un commento, una
supposizione. Che poteva apportare? I cervelli si confondevano. Oblmov ordin che gli
fossero portati gli occhiali. Per un'ora e mezzo si ricercarono. Se li accomod finalmente sul
naso, e stava per stracciare la busta. La moglie l'arrest tremando:
Butta via, Ilj Ivnovi ! Chi sa che cosa pu contenere!. Pu annunciare un guaio, una
disgrazia. Sai, il mondo divenuto cos cattivo! Avrai tempo a leggerla domani o posdomani.
Non voler gi via!...
La lettera fu cos richiusa a chiave con gli occhiali, e la famiglia termin la merenda. Questo
avvenimento cos insolito turb tuttavia gli animi. Al t, per tutto il domani, i discorsi non
abbandonarono la lettera per un solo attimo. Alfine non si resistette pi. Il quarto giorno la
missiva fu solennemente aperta al cospetto di tutti i familiari. Ilj Ivnovic Oblmov osserv
la firma.
Radi ev! proruppe. Guarda, guarda! il nostro caro Filippo Matvj jevi !
Come, lui? stupirono i familiari! dunque ancor vivo! Non morto! Grazie a Dio!...
Sentiamo che cosa scrive...
Il vecchio Oblmov lesse ad alta voce la lettera. Filippo Matvjjevi domandava la ricetta per
fabbricar la birra, che la birreria di Oblmovka era famosa nella contrada.
Mandategli! mandate la ricetta! gridaron tutti. Bisogna rispondergli assolutamente!
Trascorsero quindici giorni.
Bisogna scrivere quella lettera disse allora alla moglie Ilj Iv novi . Dov' la
ricetta?
Gi, dov'? ripet la donna. La cercher... Ma perch tanta fretta?
Se Dio ci aiuta, giungeremo alle feste, e quando avremo mangiato di grasso, potrai scrivere
con tuo comodo...
Hai ragione concluse Ilj Ivnovi . Sar ben pi disposto a scrivere, allora!
Le feste vennero. Si riparl della lettera. Ilj Iv novi decise di scriverla. Si rinchiuse nel suo
studio, inforc gli occhiali, e si sedette allo scrittoio. Un sacro silenzio pos nella casa. Si
proib ai servi di turbarlo con il minimo rumore. Con mano tremula il vecchio tracci le
parole Egregio Signore sulla carta; ma con tanta precauzione, con tanto zelo, quasi si fosse
trattato di un'impresa terribilmente perigliosa. La moglie venne a lui.
Ho cercato dappertutto disse ma non trovo assolutamente la ricetta. Guarder
ancora nell'armadio della camera da letto... E come invierai quella lettera?
Per la posta.
E quanto coster?
Ilj Ivnovi consult un vecchio calendario.
Quaranta kopeke rispose.
Quaranta kopeke? E tu butterai questo denaro per simile bazzecola!
Sarebbe meglio aspettare un'occasione per fargliela recapitare, e dar ordine ai contadini di
informarsi in citt!...
Hai ragione! Sar meglio far cos disse il vecchio, posando la penna e togliendosi gli
occhiali, sar molto meglio far cos concluse ancora. Avremo ben tempo di fargli
avere una risposta.
Non si mai saputo se Filippo Matvjjevi Radi ev abbia ricevuto la ricetta richiesta.
turgeneviana, ovvero a quegli uomini di generosa idealit e di grandi valori, incapaci per di
azione (ce ne ricorderemo quando, presentando i Demoni di F.M. Dostovskij, incontreremo
il personaggio di Stepan Trofimovi Verchovenskij).
Nel 1859 usc il secondo romanzo, Un nido di nobili; l'
anno dopo fu la volta de Alla vigilia; in
seguito, nel 1862, lo scrittore diede alle stampe il suo capolavoro: Padri e figli.
Turgenev indubbiamente sapeva far parlare di s: ogni suo romanzo era annunciato e atteso
dal pubblico e in genere finiva per dividere i lettori e per dar vita polemiche, plausi, attacchi
d'
ogni genere. Nel caso di Padri e figli, l'
opera suscit le reazioni furibonde della critica
progressista, che accus l'
autore fino ad allora suo beniamino - di aver messo alla berlina la
nuova generazione, i nuovi e pi impegnati intellettuali degli anni Sessanta. Turgenev,
risentito, prefer ancora una volta lasciare la Russia stabilendosi prima in Germania e poi a
Parigi.
Grazie a questi viaggi e ai suoi soggiorni all'
estero, egli fu il primo fra gli scrittori russi ad
entrare nei circuiti letterari europei e fu l'
unico, in vita, ad essere apprezzato e conosciuto dal
pubblico occidentale; fu, tra gli altri, amico di Flaubert, di Mrime e di Balzac.
In realt Padri e figli, lungi dal voler essere un romanzo schierato, altro non fece se non
riproporre sul piano della letteratura un dibattito molto vivo nell'
opinione pubblica del tempo:
quello tra la generazione del Quaranta (quella stessa di cui avevano fatto parte Herzen e
Belinskij), ovvero i padri, e quella degli anni Sessanta, antiidealista, democratica e nichilista,
ovvero i figli. Il tema gi lo si detto torner anche nei Demoni di Dostovskij (1870/72).
Testimonianza di questa frattura tra Turgenev e la sua patria , in certo senso, il romanzo
successivo, Fumo (1867), ambientato nella localit termale di Baden-Baden, allora assai
frequentata dall'
emigrazione russa. Il fumo, ovvero la fumosit che avvolgeva e tarpava le ali
alla nazione russa, quello che simbolicamente vede dal finestrino del treno Litvinov, uno dei
personaggi del romanzo, l'
ennesimo uomo superfluo uscito dalla penna di Turgenev.
L'
ultima fatica letteraria, Terre vergini, richiese un decennio di lavorazione; avrebbe voluto
essere il vessillo di una stagione nuova, una stagione in cui, dissolto il fumo del passato, la
Russia si sarebbe avviata verso pi luminosi destini; ma il peso dell'
ideologia rese il romanzo
freddo, eccessivamente schematico e sterilmente artificioso.
Prima di Turgnev i contadini-servi della gleba non avevano avuto alcuna parte nella
letteratura: Gogol'nelle sue Anime morte, li aveva relegati sullo sfondo, facendone una massa
indistinta di comparse o, nel migliore dei casi, di macchiette (si ricordi, a titolo di esempio, la
piccola Pelageja vestita di tela fatta in casa, con i piedi nudi che in lontananza potevano
parere scarponi, tanto erano impastati di fango). In Oblomov di Gon arv o in Aksakov, la
situazione non era certo migliore: i contadini di Oblmovka erano un docile gregge, prono
alla volont del signore: buono, benevolo, paterno finch si vuole, ma sempre padrone.
Con Turgenev l'
approccio cambia radicalmente: il contadino-servo diventa un uomo ricco,
nel bene e nel male, di una propria precisa individualit.
Nel 1859 Dostovskij diede alle stampe Il villaggio di Stepan ikovo e Il sogno dello zio.
Nel 1862 vide la luce il romanzo Umiliati e offesi, ancora vicino, per certi versi, ai modi di
Povera gente. L'
elemento di novit era costituito dal fatto che il comico e il grottesco
apparivano per la prima volta definitivamente sublimati in un superiore senso di tragicit. Il
realismo, ormai allo stato puro, trionfava e anche il sentimentalismo, che ancora animava un
romanzo come Le notti bianche, era solo un ricordo del passato. Gi si intuivano nel radicale
contrasto che contrapponeva l'
umiliato e offeso Vanja al principe Valkrskij, le grandi lotte
che tormentavano la psiche di tanti dei personaggi maggiori; gi vi riconosciamo tutto il
materiale - la crudelt, la mitezza, l'
innocenza, la sensualit... - che sarebbe servito a dare
forma alla psicologia dei Karamazov.
Quasi contemporaneamente, Dostovskij pubblic un racconto di argomento parzialmente
autobiografico, ambientato in un bagno penale siberiano, dal titolo Memorie da una casa di
morti: ancora una volta il crudo realismo della descrizione psicologica ci mostrano con
evidenza quanto si stesse trasformando lo stile dello scrittore.
Nel 1863, usc Il giocatore, in cui la pochezza delluomo russo contemporaneo (ricordate l'
uomo superfluo di Turgnev? Ricordate Oblomov?), veniva vista attraverso la lente della
roulette e del gioco d'
azzardo.
Il 1864 fu per Dostovskij un anno tragico: alla morte della moglie e del figlio si aggiunsero
gli insuccessi nel campo dell'
attivit giornalistica e la conseguente difficile situazione
finanziaria.
Lanno successivo (1865) venne pubblicato Memorie dal sottosuolo, storia del fallito tentativo
di redenzione di una prostituta: l'
opera chiudeva la fase giovanile (il termine improprio
giacch l'
autore aveva gi quarantaquattro anni!) ed apriva la strada ai grandi romanzi degli
anni Sessanta e Settanta.
Si tratta di un lavoro che vanta una sua precisa fisionomia: un allucinato e delirante monologo
del protagonista (la cui identit rimane indefinita), una sorta di sosia redivivo, che si
sdoppia in rapida alternanza fra autoflagellazione ed autoesaltazione, tutte dinamiche che
animeranno l'
analisi dei grandi personaggi della produzione successiva.
Con il 1866 si apr la stagione dei grandi romanzi, inaugurata da Delitto e castigo, romanzo a
met tra il giallo e lo psicologico, suggellato dal pentimento e dal desiderio di espiazione del
protagonista.
Nel 1867 Dostovskij si spos per la seconda volta. Nello stesso anno diede alle stampe II
giocatore, romanzo parzialmente autobiografico, ambientato nel mondo della roulette (quello
del gioco fu per Dostovskij una vera e propria ossessione).
La situazione economica continuava ad essere disastrosa: per sfuggire ai creditori Dostovskij
decise di riparare all'
estero, dove rimase cinque anni, durante i quali viaggi attraverso
Germania, Francia, Italia, Svizzera.
A questa fase della sua vita risalgono il romanzo L'idiota (1868-69), storia dell'
impossibilit
di conciliare la bont primigenia del protagonista con le logiche del mondo. Subito dopo il
ritorno in patria pubblic I demoni, tutto centrato sulla problematica del nichilismo (il
romanzo fu pensato a partire da un fatto di cronaca). Nel 1875 fu la volta de L'adolescente,
storia di un ragazzo che supera la propria condizione di emarginazione e la propria
misantropia praticando quegli ideali di populismo mistico, tanto cari all'
autore. Nel 1879-80
vide la luce l'
ultimo romanzo di Dostovskij, forse il suo capolavoro: I fratelli Karamazov,
romanzo complesso e polifonico in cui, all'
odio tra un padre libertino e snaturato e i figli, si
contrappone e la purezza e la fede di una creatura innocente.
Il 1881 era iniziato sotto i migliori auspici: il successo de I fratelli Karamazov superava anche
le pi rosee aspettative, sia dal punto di vista della critica, sia dal punto di vista economico;
anche la salute di Dostovskij pareva migliorata.Domenica 25 gennaio tuttavia un'
improvvisa
emorragia polmonare fece precipitare la situazione; nonostante gli interventi dei medici e le
cure dei familiari, lo stato di salute dello scrittore and progressivamente aggravandosi: si
spense serenamente la sera del 28 gennaio 1881.
____________________________
L'
idea da cui il romanzo prende avvio (quella stessa che ritroveremo in forma teoreticamente
pi compiuta in Ivan ne I fratelli Karamazov) consiste nel ritenere che l'
umanit si divide in
due categorie: da una parte vi sono gli uomini "comuni", tenuti ad osservare la legge morale;
dall'
altra vi sono gli uomini "eccezionali", ai quali tutto permesso. Quindi anche l'
assassinio
di una vecchia usuraia, concepito per fini nobili e filantropici, non solo atto perfettamente
legittimo, ma addirittura positivo. Gli uomini eccezionali, proprio per la loro superiorit,
hanno infatti anche il diritto di uccidere, soprattutto se il loro atto pu servire appunto al bene
dell'
umanit.
Tale concezione, che pur possiede, nella mente del protagonista, un suo rigore teoretico,
messa alla prova dei fatti, non regge e finisce per dissolversi, trascinando in questo processo
la mente che l'
ha partorita. Nonostante l'
omicidio sia perfettamente riuscito, nonostante
nessuno sospetti di Raskol'
nikov, lo stesso delitto di cui egli si macchiato che finisce per
mettere in discussione la sua dignit di uomo; ed proprio l'
avere ucciso un proprio simile in
nome di un malinteso senso di libert, che nega il valore stesso dell'
individuo, la sua dignit, e
travolge in un'
unica negazione anche il se stesso che l'
ha compiuto. Cos la libert, il sigillo
che Dio ha posto sull'
uomo fatto a sua immagine, una volta deformatasi in arbitrio, si fa
devastante negazione di ogni senso di umanit.
Raskol'
nikov, uccidendo la vecchia usuraia, non riconoscendo in lei un proprio simile, ha
finito per negare il proprio diritto alla libert e per uccidere se stesso: altro non gli resta che
lasciarsi travolgere da una progressiva disperazione.
A questo punto il romanzo interseca la seconda linea narrativa, quella incentrata su
Svidrigajlov: in lui Raskol'
nikov, nonostante la sua buonafede iniziale lo renda in un certo
senso diverso dal volgare pretendente della sorella, finisce per riconoscere la sua stessa
immagine; ma, mentre in Svidrigajlov l'
orgoglio si fa disprezzo, cinismo e depravazione (si
legga in proposito il passo in cui Svidrigajlov apre provocatoriamente la sua anima a
Raskol'
nikov) fino all'
autodistruzione e al suicidio, in Raskol'
nikov, grazie anche all'
aiuto di
Sonja Marmeladova, la speranza di un possibile riscatto spinge il protagonista a confessare il
proprio delitto e a costituirsi.
Sonja Marmeladova, personaggio-chiave della terza linea narrativa, la vera figura positiva
del romanzo: in lei, pur senza alcun rigore teoretico, sulla morale dell'
uomo superiore prevale
la logica dell'
amore, di un amore che anche strumento di discernimento morale. La
superiorit di Sonja, pur costretta, come s'
detto, a vivere nella pi terribile delle
degradazioni, le deriva dal sigillo della sofferenza: l'
offesa indelebile alla sua dignit di
donna, le d titolo per suscitare una speranza che pi forte della tentazione di abbandonarsi
alla disperazione. La fede, che essa vive con sincera intensit, indica a Sonja e di riflesso a
Raskol'
nikov l'
unica via verso la salvezza: il Cristo morto e risorto, il Cristo russo, quello
stesso che pu perdonare a tutto ed a tutti e per conto di tutti, perch egli stesso ha dato il suo
sangue innocente per tutti e per tutto, come dir Ala, il pi giovane dei Karamazov, al
fratello Ivan.
Con la condanna di Raskol'
nikov il romanzo si chiude. Anche la scena cambiata: non pi la
Pietroburgo alienante e disumana in cui s'
era aperto, ma la remota Siberia dove, nella durezza
dei lavori forzati e nella condizione di sofferenza che lo attende, Raskol'
nikov sa che potr
trovare la redenzione.
Naturalmente la genesi del romanzo fu, come al solito, alquanto travagliata: l'
autore, sempre
in lotta contro il tempo, le scadenze degli editori e la sua disastrosa situazione economica,
suo legame con il rozzo e passionale Rogoin, che, travolto dalla gelosia, la uccide.
L'
assassinio di Nastasja e il ritorno del protagonista allo stato di confusione mentale e di
demenza, fanno s che L'idiota sia in fondo la storia di un fallimento: il principe Mykin non
modifica n le persone n l'
ambiente umano con cui entra in contatto. Del resto, dalla lettura
delle lettere, pare che Dostovskij stesso non fosse del tutto soddisfatto del suo lavoro, bench
i contemporanei lo ritenessero generalmente il pi riuscito dei suoi romanzi:
Lei d un giudizio sui miei romanzi. Su questo argomento, naturalmente, non il caso che io mi
metta a discutere con Lei, ma mi piaciuto il fatto che Lei consideri L'idiota il migliore di tutti.
S'immagini che un tale giudizio io l'ho ascoltato almeno cinquanta volte, se non pi. Questo libro
continua a vendersi ogni anno, e anzi ogni anno di pi. Le ho parlato dell'Idiota perch tutti
coloro che lo giudicano la migliore delle mie opere presentano qualcosa di particolare nella loro
intelligenza, qualcosa che mi ha sempre colpito e che mi piace molto.
(Lettera ad Arkadij Grigor'evi Kovner, Pietroburgo, 14 febbraio 1877).
I I demoni (1871-1872)
Come gi s'
detto, nello studio dell'
opera di Dostovskij abbiamo dovuto, per forza di cose,
operare una selezione; con la presentazione degli ultimi due grandi romanzi I demoni e I
fratelli Karamazov ci congediamo oggi dal grande romanziere russo.
Abbiamo a suo tempo avuto modo di sottolineare l'
interesse di Dostovskij - che, tra l'
altro,
pratic a lungo l'
arte del giornalismo - gi: il giornalismo un tempo era un'
arte! - per la
cronaca: I demoni trae infatti spunto da un assassinio politico e dal successivo processo il
processo Ne aev, dal nome dell'
imputato - che, negli anni 1869 e 1870, suscitarono l'
interesse
della stampa e dell'
opinione pubblica russe.
Il romanzo, per esplicita ammissione dell'
autore, opera ideologicamente impegnata, nel
senso che si propone di fatto come un atto di accusa sia nei confronti del liberalismo della
generazione del '
40 (quella di Herzen, Belinskij, Granovskij, ritratto nel romanzo sotto le
spoglie di Verchovenskij padre); sia del nichilismo terrorista degli anni '
60, che, secondo
Dostovskij, poteva vantarne la paternit.
Scrisse l'
autore, che allora si trovava a Dresda, al conoscente Nikolaj Nikolaevic Strachov:
[...]
Ripongo grandi speranze nel romanzo che sto attualmente scrivendo per il "Messaggero
Russo", ma m'interessa non dal punto di vista artistico, bens da quello della tendenza; voglio
esprimere certe mie idee, anche a costo che la riuscita artistica ne soffra. Mi sento attirato
dal desiderio di esprimere ci che mi si accumulato in testa e nel cuore; pu darsi che ne
venga fuori soltanto un pamphlet, ma almeno mi sfogher fino in fondo. Comunque spero nel
successo, e del resto chi potrebbe mettersi a scrivere qualcosa senza sperare nel successo?
(Dresda, 24 marzo [5 aprile] 1870).
Il titolo I demoni - ispirato ad un passo del Vangelo di Luca (Lc 8, 32-37):
In quel luogo c'era una grande mandria di porci che pascolava sul monte. Gli chiesero che
permettesse loro di entrare nei porci, ed egli lo permise loro. I demoni allora uscirono da
quell'uomo ed entrarono nei porci e tutti quegli animali presero a correre a precipizio dalla
rupe, andarono a finire nel lago e annegarono. I mandriani, quando videro quel che era
accaduto, fuggirono e andarono a portare la notizia nella citt e nei villaggi.
La gente usc per vedere ci che era accaduto e, quando arrivarono da Ges, trovarono
l'uomo dal quale erano usciti i demoni che stava ai piedi di Ges, vestito e sano di mente.
Allora furono presi da spavento. Quelli che avevano visto tutto, riferirono come l'indemoniato
era stato guarito.
Allora tutta la popolazione del territorio dei Geraseni preg Ges di andarsene da loro,
perch avevano molta paura. Ges, salito su una barca, torn indietro.
Fuor di metafora, nei demoni Dostovskij vedeva i mali che affliggevano la Russia d'
allora: il
liberalismo, l'
infatuazione per tutto ci che proveniva dall'
Occidente corrotto e decadente,
l'
abbandono della fede dei padri, il socialismo, il nichilismo morale prima ancora che politico;
i maiali erano gli stessi nichilisti in cui il male entrato, ha preso forma e si , in un certo
senso, incarnato.
Il romanzo narra le vicende di un'
organizzazione politica nichilista a capo della quale vi Ptr
Stepanovi Verchov nskij. Egli, nonostante la sua funambolica capacit di destreggiarsi in
societ e di apparire un giovane perbene ( figlio d'
un buon borghese, liberale della prima ora,
ma sostanzialmente inetto) in realt un diabolico furfante. Accanto a lui ma forse sopra
di lui sta Nikol j Stavr gin, uomo affascinante e altero, intelligente e misterioso,
aristocratico e demoniaco, vero protagonista del romanzo.
Ptr Verchovenskij, per rafforzare il suo progetto eversivo, mira a legare indissolubilmente a
s e fra di loro i suoi seguaci attraverso una serie di delitti.
Ma mentre Ptr sembra credere al suo progetto e alle idee che lo animano, Stavrgin, privo di
coscienza morale, per quanto circondato da una devozione quasi mistica, il primo a non
credere alle idee di cui egli stesso ispiratore: la sua vita un terribile crogiolo di azioni
morbose e assurde, tra le quali spiccano, se cos si pu dire, il matrimonio non consumato con
Marija Lebjadkina, una povera storpia e demente, sorella del patetico capitano Lebjdkin, e lo
stupro di una bambina che, per la vergogna e il dolore, finisce per uccidersi.
La madre di Stavrogin, una vedova dai modi bruschi, ma dal carattere generoso e
comprensivo, letteralmente terrorizzata dal sospetto che effettivamente il figlio abbia
sposato una povera storpia; sgomenta ne pure la nobile e bellissima Lizaveta, innamorata di
Stavrogin., che va a visistare Marja; dall'
incontro la giovane donna esce sconvolta, tanto dalla
follia della Lebjadkina, quanto dalla conferma che il matrimonio stato effettivamente
celebrato.
La buona societ, che fa da sfondo alla vicenda, non conosce l'
esistenza dell'
organizzazione
nichilista e non sospetta di nulla.
Un giorno, tra l'
entusiasmo generale, giunge in citt lo scrittore Karmazinov (caricatura al
vetriolo dell'
occidentalista Turgenev), bandiera dell'
intellettualit liberale e dell'
opinione
pubblica progressista russa. La festa organizzata in onore del vacuo e frivolo scrittore culmina
nella lettura di un suo poemetto, ma degenera poi in una volgare e generalizzata ubriacatura
collettiva, mentre improvvisamente giunge la notizia che un incendio sta devastando i
quartieri poveri della citt. L'
incendio doloso e provocato ad arte da Ptr Verchovenskij per
seminare disordine e per eliminare, approfittando della confusione, l'
inaffidabile Lebjadkin.
Anche Marja, sorella di Lebjadkin e moglie segreta di Stavrgin, viene sgozzata.
Ptr intanto architetta un nuovo delitto: questa volta la vittima designata atov, discepolo di
Stavrogin, convertitosi alla fede ortodossa. Per coprire il delitto, Ptr obbliga Kirillov, un
rivoluzionario ateo che teorizza una sorta di suicidio "metafisico", dimostrazione di supremo
disprezzo verso la stessa idea di Dio, a vergare, prima di dare atto al proprio insano disegno,
un biglietto in cui si autoaccusa dell'
assassinio di atov.
Mentre altri delitti si susseguono, spargendo insicurezza e terrore fra i benpensanti, che
finalmente prendono coscienza della pericolosit dei demoni, Stavrogin, sopraffatto dalla
sua fredda disperazione, si impicca nella soffitta del suo appartamento.
Il personaggio pi forte e pi tipicamente dostoevskijano dunque Stavrogin, vero e
proprio genio del male, ritratto fosco dell'
uomo che, sradicato da ogni principio morale e da
ogni fede, replica il supremo peccato dei progenitori: Ma il serpente disse alla donna: Voi
non morirete affatto! Anzi! Dio sa che nel giorno in cui voi ne mangerete, si apriranno i
vostri occhi e diventerete come Dio, conoscitori del bene e del male (Gn 3, 4-5)..
Di fronte a Stavrogin lo stesso Ptr Verchovenskij appare per quello che : un meschino e
mediocre agitatore politico che nemmeno s'
avvede che, quella che egli crede lucidit e rigore
intellettuale, altro non sono che gratuita e disumana crudelt.
Ancora una volta possiamo cercare nel carteggio dell'
autore alcune informazioni preziose;
ecco quel che Dostovskij scrisse al suo editore Michail Nikiforovi Katkov:
Anche questo secondo personaggio (Nikolaj Stavrogin n.d.r.) una natura tenebrosa, uno
scellerato. Ma a me sembra che si tratti di un personaggio tragico, anche se probabile che
molti, dopo aver letto il romanzo, si domandino: "Ma che roba questa?"
Mi sono deciso a scrivere un'opera su questo personaggio perch troppo tempo che volevo
rappresentarlo. Secondo me, un personaggio tipicamente russo. Sar molto, molto deluso se
non mi riuscir come voglio. E sar ancora pi triste se sentir condannarlo come un
personaggio artificioso. Io l'ho tratto dal mio cuore. Naturalmente un carattere che solo di
rado si presenta nella realt in tutta la sua tipicit, ma si tratta comunque di un personaggio
russo (appartenente ad una determinata classe sociale). Ma aspetti a giudicarmi di aver letto
il romanzo fino alla fine, stimatissimo Michail Nikiforovi ! Qualcosa mi dice che riuscir a
venire a capo di questo personaggio. Non star adesso a spiegarlo nei dettagli, perch ho
paura di non sapermi esprimere come vorrei. Voglio mettere in evidenza soltanto un fatto:
tutto il personaggio verr descritto in scene e in azioni, e non con dei ragionamenti, e
pertanto v' speranza che ne verr fuori un personaggio vivo e reale. Dresda, 8 (20) ottobre
1870
dell'
800, I fratelli Karamazov, anche cronologicamente, sembrano segnare il culmine della
stagione del romanzo e al contempo l'
inizio del suo disgregarsi verso altre forme d'
arte.
Infatti, quello che forse il pi grande romanzo di Dostovskij, in un certo senso anche un
non-romanzo: l'
autore conduce il lettore in uno spazio artistico che ricorda assai da vicino la
tragedia classica: i tempi fermi; gli spazi chiusi; la potenza espressiva di personaggi, vivi
eppur profondamente stilizzati; il crescere e l'
addensarsi di forze terribili che proprio
all'
interno dei personaggi trovano forma ed energia.
La vicenda nello stesso tempo semplice e complessa, lineare ed intricata: protagonisti ne
sono il sordido Fdor Pvlovi (una specie di Stavrogin invecchiato e involgarito) e i suoi tre
figli: Dm trij, Iv n e Ala. Il primo viene dalla carriera militare,
uomo passionale,
impulsivo, di scarsa cultura; sa per anche essere sincero e generoso; il secondo
un
intellettuale freddo e ragionatore, dal carattere schivo, parente, per certi versi, del
Raskol'
nikov di Delitto e castigo; l'
ultimo invece luminoso e serafico, discepolo del santo
padre Zosima, ma non per questo immune dallo spirito carnale e terreno dei Karamazov. Vi
infine un quarto fratello illegittimo: Smerdjakov (smerdet' in russo significa puzzare), figura
ambigua, astuto, legato da un rapporto di odio-amore a Ivan, sottoposto a continue
umiliazioni, soprattutto dal padre che lo tiene in casa come servo.
Motore della vicenda Grenka, affascinante e capricciosa mantenuta di cui si innamorano
sia Fdor Pvlovi che Dmtrij.
S'
detto che il romanzo prende avvio nella cella del venerato starec Zosima: l'
incontro, che
avrebbe dovuto portare alla pacificazione, degenera invece in alterco: il padre mette in luce la
sua pagliaccesca sfrontatezza, mentre il figlio maggiore non riesce a contenere la sua indole
impulsiva; in risposta a tutto ci, padre Zosima si inginocchia davanti a Dmtrij che molto
dovr soffrire.
La lite riprende per poche ore pi tardi, in casa del padre; questa volta Dmtrij, convinto che
Gruenka sia l, passa alle vie di fatto e percuote il genitore, minacciando, davanti a tutti, di
ucciderlo.
Dmtrij sa infatti che Fdor Pvlovi ha offerto all'
avida Grenka un'
enorme somma di
denaro, tremila rubli, perch divenga sua amante.
Non molto dopo, il padre viene trovato ucciso.
Dmtrij, che pi volte aveva confessato l'
odio per il padre, , per tutta una serie di circostanze,
ritenuto l'
autore dell'
omicidio; tutto ci avviene proprio mentre Gruenka gli ha confessato
finalmente il suo amore. A processo gi avviato, Ivn, fino ad allora intimamente convinto
della colpevolezza del fratello, ha un colloquio rivelatore con Smerdjakv, il quale gli
confessa di essere l'
assassino del vecchio, rinfacciando per ad Ivan di aver compiuto il
delitto ispirato dalle stesse idee di Ivan: All'uomo superiore tutto permesso.
Il suicidio di Smerdjakov e un'
improvvisa febbre cerebrale di Ivan privano Dmtrij degli unici
testimoni della sua innocenza; nello stesso tempo Katerna Ivanovna, sua antica fidanzata, ora
innamorata di Ivan, per impedire che una volta libero Dmtrij possa sposare Grenka, si
decide a deporre contro di lui. Cos Dmtrij condannato innocente a vent'
anni di lavori
forzati.
Grenka, personaggio in cui riconosciamo un po'della Nastasija de L'idiota e, in misura
minore, un poco della Sonja di Delitto e castigo, decide di seguirlo ai lavori forzati in in
Siberia.
Il romanzo si chiude con il discorso di Alsa al funerale di llja (giovane protagonista di una
delle linee narrative secondarie del romanzo), dinanzi ai suoi piccoli tormentatori divenutigli,
grazie all'
intervento dello stesso Ala, amici: un discorso di consolazione e di speranza nella
nuova generazione, destinata, a ridare vita e speranza al mondo. Ed anche una sorta di
La risposta chiara: tutti, perch tutti siamo colpevoli, e colpevoli in quanto liberi e
responsabili. evidente che il romanzo lascia l'affascinante palude dell'enigma poliziesco
per elevarsi alle vette grandiose degli interrogativi morali, spirituali, religiosi ed anche
metafisici. Il Padre al di l del suo significato primo, e anche freudiano, di genitore rivale
non simbolizza forse il padrone, il capo assoluto, lo zar, Dio? In I fratelli Karamzov
espressa la ribellione contro Dio, contro la sua legge d'amore, direttamente (Ivn gli rinvia
il biglietto) o indirettamente.
Quest'opera racconta la rivolta colpevole degli uomini, adulti e bambini (il piccolo
Krastkin), anche se questi ultimi come testimoni alla scena finale continuano a
rappresentare la speranza. Il romanziere oppone (ed il senso del magnifico poema di
Ivn Karamzov detto, da Rzanov in poi, La leggenda del Grande Inquisitore) l'insostenibile
libert portata da Cristo, l'insopportabile silenzio di Dio sul martirio degli innocenti e dei
bimbi, all'utopia prometeica dell'uomo che vuole, usurpando Dio, arrogarsi il potere supremo
e organizzare la felicit degli uomini loro malgrado (si riconoscono agevolmente le teorie di
Raskl'nikov, e dello iglv di I demni). Ivn Karamzov sceglie l'umanit; Alsa, che lo
ascolta, sceglie l'uomo. Due concetti che, in Dostovskij, saranno sempre fondamentalmente
in contrasto e che costituiscono il dilemma tragico delle nostre civilt moderne. (JACQUES
CATTEAU, Dostovskij, sta in Storia della civilt letteraria russa, UTET, Torino 1997, vol. I,
pag. 685)
Esempio
Uso
Fdor
Nome + patronimico
Fdor Pavlovi
Il solo patronimico
Pavlovi
Il solo cognome
Verchovenskij
Nome + cognome
Forma usata:
Fdor Verchovenskij
1 con i contadini;
2 parlando di persone poco
conosciute;
3 parlando di persona nota famosa.
Diminutivo
Fedja
Documenti
Lettera a V.A.Alekseev
Pietroburgo, 7 giugno 1876
Egregio Signore, La prego di scusarmi se rispondo soltanto oggi alla Sua lettera del 3 giugno,
ma sono stato malato per un attacco di epilessia.
Lei mi rivolge una domanda molto ardua in quanto esigerebbe una risposta lunga. La sostanza
della cosa, di per s, chiara. Nella tentazione di Cristo da parte del diavolo sono proposte tre
colossali idee di portata universale; sono trascorsi ormai diciotto secoli e non c'
nulla di pi
difficile, e cio di pi profondo, di queste idee, e tuttora non si riesce a risolvere le questioni
in esse poste.
"Le pietre e i pani" significa l'
attuale questione sociale, cio l'
ambiente. Questa non una
profezia, questo sempre stato cos. "Come ci si pu rivolgere a dei poveri derelitti, che la
fame e l'
oppressione hanno ridotto a una condizione piuttosto di animali che non di uomini,
come ci si pi rivolgere a degli affamati predicando l'
astensione dal peccato, la mansuetudine
e la continenza? Non sarebbe meglio anzitutto dar loro da mangiare? Ci sarebbe pi umano.
Anche davanti a Te sono venuti a predicare, ma Tu sei il Figlio di Dio, Tu eri atteso da tutto il
mondo con impazienza; agisci dunque come chi superiore a tutti per l'
intelletto e la giustizia.
Da'dunque loro un'
organizzazione sociale tale che non manchino mai il pane e l'
ordine, e solo
allora chiedi loro di rinunciare al peccato. Se anche allora peccheranno, ebbene, vorr dire che
sono degl'
ingrati, ma ora essi peccano per colpa della fame, ed un peccato pretendere da loro
che non pecchino.
"Tu sei Figlio di Dio, e dunque Tu puoi tutto. Vedi qui intorno queste pietre: sufficiente che
Tu lo ordini e queste pietre si trasformeranno in pani."
"Ma anzitutto ordina che la terra dia i suoi frutti senza fatica, insegna agli uomini una scienza
o un ordine sociale tali che la loro vita sia per sempre assicurata. forse possibile che Tu non
sappia che i vizi e le sventure pi gravi dell'
uomo sono provocate dalla fame, dal freddo, dalla
miseria e dalla spietata lotta per l'
esistenza?"
Ecco la prima questione che lo spirito maligno propose a Cristo. Lei sar d'
accordo sul fatto
che difficile risolverla. Il socialismo attuale, sia in Europa che da noi, vuole eliminare
completamente Cristo e si adopera anzitutto per il pane, si affida alla scienza e sostiene che la
causa di tutte le sciagure umane una soltanto: la miseria, la lotta per l'
esistenza, "l'
ambiente
che divora l'
uomo".
Ma Cristo a ci ha risposto: "Non di solo pane vive l'
uomo", proclamando la verit
sull'
origine anche spirituale dell'
uomo. L'
idea del diavolo poteva andar bene soltanto per un
uomo-animale, ma Cristo sapeva che l'
uomo non pu vivere di solo pane. Infatti, se non
esistesse pi la vita spirituale, e cio l'
ideale della Bellezza, l'
uomo cadrebbe in preda
all'
angoscia, morirebbe, impazzirebbe, si ucciderebbe o si affiderebbe a fantasie pagane. E
siccome Cristo recava in Se stesso e nella Sua Parola l'
ideale della Bellezza; avendolo nelle
loro anime, tutti diventeranno fratelli l'
uno dell'
altro, e allora, naturalmente, lavorando l'
uno
per l'
altro, saranno anche ricchi. Se invece si desse loro del pane, pu darsi che essi diventino
nemici l'
uno dell'
altro solo per la noia.
Ma se si desse all'
uomo sia l'
ideale della Bellezza che il Pane insieme? In tal caso verr tolto
all'
uomo il lavoro, la personalit, il sacrificio dei propri beni a favore del prossimo, insomma
gli verr tolta tutta la vita, ogni ideale di vita. E quindi meglio proclamare soltanto l'
ideale
spirituale.
La prova del fatto che, in questo breve passo del Vangelo, la questione riguardava proprio
questa idea, e non semplicemente il fatto che Cristo aveva fame e che il diavolo gli
consigliava di prendere delle pietre e ordinar loro di trasformarsi in pane, la prova di ci sta
nel fatto che Cristo rispose rivelando il segreto della natura: "Non di solo pane (e cio come
gli animali) vive l'
uomo".
Se si fosse trattato soltanto di placare la fame di Cristo, perch si sarebbe dovuto portare il
discorso sulla natura spirituale dell'
uomo in generale? E sarebbe stato anche inutile, giacch
anche senza il consiglio del diavolo Egli avrebbe gi potuto da prima procurarsi del pane se
avesse voluto. A proposito: Lei ha certo presenti le teorie di Darwin e di altri sull'
origine
dell'
uomo dalla scimmia. Ebbene, senza formulare nessuna teoria, Cristo dichiara
esplicitamente che nell'
uomo, oltre alla dimensione animale, c'
anche quella spirituale. E
quindi qualunque sia l'
origine dell'
uomo (nella Bibbia non affatto spiegato in che modo
Iddio lo form dal fango, lo prese dalla terra), un fatto che Dio gl'
ispir il soffio della vita
(ma terribile che l'
uomo, attraverso il peccato, possa nuovamente trasformarsi in animale).
Il Suo devoto servitore F.Dostoevskij
Lettera a Nikolaj Alekseevic Ljubimov
Staraja Russa, 10 maggio 1879
[...]
Questa quinta parte, secondo la mia concezione, deve costituire il punto culminante di tutto il
romanzo e pertanto deve essere portata a termine con cura particolare. L'
idea che ne sta alla
base - come Lei vedr dal testo che Le ho inviato - costituita dalla rappresentazione
dell'
estremo a cui pu arrivare il sacrilegio e del nucleo dell'
idea di distruzione caratteristica
del nostro tempo in Russia nell'
ambiente della giovent estraniatasi dalla realt; ma accanto al
sacrilegio e all'
anarchia viene proposta anche la loro confutazione, che sto appunto esponendo
nelle ultime parole del moribondo starec Zosima, uno dei personaggi del romanzo. Data
l'
evidente difficolt del compito che mi sono assunto, Lei certo comprender, stimatissimo
Nikolaj Alekseevic, e scuser il fatto che io abbia preferito diluire il tema in due parti, per non
guastare con la fretta il punto culminante del mio romanzo. In generale tutta questa parte sar
ricca di movimento. Nel testo che Le ho or ora inviato io rappresento soltanto il carattere di
uno dei principali personaggi del romanzo che esprime le sue fondamentali convinzioni. Tali
convinzioni sono appunto ci che io considero una sintesi dell'
attuale anarchismo russo. la
negazione non di Dio, bens del senso del mondo da Lui creato. Tutto il socialismo derivato
e ha preso le mosse dalla negazione del senso della realt storica per concludere con il
programma della distruzione e dell'
anarchia. I pi rappresentativi fra gli anarchici sono stati in
molti casi persone sinceramente convinte. Il mio personaggio si serve di un argomento
secondo me incontrovertibile, e cio l'
assurdit della sofferenza dei bambini, e ne deduce
l'
assurdit di tutta la realt storica. Non so se sono riuscito a realizzarlo adeguatamente, ma so
che il mio personaggio reale al massimo grado. (nei Demoni c'
una quantit di personaggi
che mi sono stati contestati come meramente fantastici. Ma in seguito, che Lei lo creda o no,
sono stati tutti confermati dalla realt, il che significa che erano stati esattamente intuiti. Per
esempio, K.P.Pobedonoscev mi ha riferito di due o tre casi di anarchici arrestati che erano
sorprendentemente simili a quelli da me raffigurati nei Demoni). Tutto ci che viene detto dal
mio personaggio nel testo che Le ho inviato fondato sulla realt. Tutti gli episodi che si
riferiscono ai bambini sono accaduti nella realt e sono stati pubblicati dai giornali, e io posso
citarne anche la fonte esatta; niente stato inventato di sana pianta da me. Il generale che
aizza i cani contro un bambino, e cos tutto l'
episodio, rispecchia un fatto realmente avvenuto
che stato pubblicato quest'
inverno, se non sbaglio, nell'
"Archivio", e ripreso poi da molti
giornali. Il rifiuto di Dio proclamato dal mio personaggio verr trionfalmente confutato nel
fascicolo seguente (quello di luglio), a cui io sto attualmente lavorando in preda al timore ,
I fratelli Karamazov
Lettera a V.A.Alekseev
Pietroburgo, 7 giugno 1876
Egregio Signore, La prego di scusarmi se rispondo soltanto oggi alla Sua lettera del 3 giugno,
ma sono stato malato per un attacco di epilessia.
Lei mi rivolge una domanda molto ardua in quanto esigerebbe una risposta lunga. La sostanza
della cosa, di per s, chiara. Nella tentazione di Cristo da parte del diavolo sono proposte tre
colossali idee di portata universale; sono trascorsi ormai diciotto secoli e non c'
nulla di pi
difficile, e cio di pi profondo, di queste idee, e tuttora non si riesce a risolvere le questioni
in esse poste.
"Le pietre e i pani" significa l'
attuale questione sociale, cio l'
ambiente. Questa non una
profezia, questo sempre stato cos. "Come ci si pu rivolgere a dei poveri derelitti, che la
fame e l'
oppressione hanno ridotto a una condizione piuttosto di animali che non di uomini,
come ci si pi rivolgere a degli affamati predicando l'
astensione dal peccato, la mansuetudine
e la continenza? Non sarebbe meglio anzitutto dar loro da mangiare? Ci sarebbe pi umano.
Anche davanti a Te sono venuti a predicare, ma Tu sei il Figlio di Dio, Tu eri atteso da tutto il
mondo con impazienza; agisci dunque come chi superiore a tutti per l'
intelletto e la giustizia.
Da'dunque loro un'
organizzazione sociale tale che non manchino mai il pane e l'
ordine, e solo
allora chiedi loro di rinunciare al peccato. Se anche allora peccheranno, ebbene, vorr dire che
sono degl'
ingrati, ma ora essi peccano per colpa della fame, ed un peccato pretendere da loro
che non pecchino.
"Tu sei Figlio di Dio, e dunque Tu puoi tutto. Vedi qui intorno queste pietre: sufficiente che
Tu lo ordini e queste pietre si trasformeranno in pani."
"Ma anzitutto ordina che la terra dia i suoi frutti senza fatica, insegna agli uomini una scienza
o un ordine sociale tali che la loro vita sia per sempre assicurata. forse possibile che Tu non
sappia che i vizi e le sventure pi gravi dell'
uomo sono provocate dalla fame, dal freddo, dalla
miseria e dalla spietata lotta per l'
esistenza?"
Ecco la prima questione che lo spirito maligno propose a Cristo. Lei sar d'
accordo sul fatto
che difficile risolverla. Il socialismo attuale, sia in Europa che da noi, vuole eliminare
completamente Cristo e si adopera anzitutto per il pane, si affida alla scienza e sostiene che la
causa di tutte le sciagure umane una soltanto: la miseria, la lotta per l'
esistenza, "l'
ambiente
che divora l'
uomo".
Ma Cristo a ci ha risposto: "Non di solo pane vive l'
uomo", proclamando la verit
sull'
origine anche spirituale dell'
uomo. L'
idea del diavolo poteva andar bene soltanto per un
uomo-animale, ma Cristo sapeva che l'
uomo non pu vivere di solo pane. Infatti, se non
esistesse pi la vita spirituale, e cio l'
ideale della Bellezza, l'
uomo cadrebbe in preda
all'
angoscia, morirebbe, impazzirebbe, si ucciderebbe o si affiderebbe a fantasie pagane. E
siccome Cristo recava in Se stesso e nella Sua Parola l'
ideale della Bellezza; avendolo nelle
loro anime, tutti diventeranno fratelli l'
uno dell'
altro, e allora, naturalmente, lavorando l'
uno
per l'
altro, saranno anche ricchi. Se invece si desse loro del pane, pu darsi che essi diventino
nemici l'
uno dell'
altro solo per la noia.
Ma se si desse all'
uomo sia l'
ideale della Bellezza che il Pane insieme? In tal caso verr tolto
all'
uomo il lavoro, la personalit, il sacrificio dei propri beni a favore del prossimo, insomma
gli verr tolta tutta la vita, ogni ideale di vita. E quindi meglio proclamare soltanto l'
ideale
spirituale.
La prova del fatto che, in questo breve passo del Vangelo, la questione riguardava proprio
questa idea, e non semplicemente il fatto che Cristo aveva fame e che il diavolo gli
consigliava di prendere delle pietre e ordinar loro di trasformarsi in pane, la prova di ci sta
nel fatto che Cristo rispose rivelando il segreto della natura: "Non di solo pane (e cio come
gli animali) vive l'
uomo".
Se si fosse trattato soltanto di placare la fame di Cristo, perch si sarebbe dovuto portare il
discorso sulla natura spirituale dell'
uomo in generale? E sarebbe stato anche inutile, giacch
anche senza il consiglio del diavolo Egli avrebbe gi potuto da prima procurarsi del pane se
avesse voluto. A proposito: Lei ha certo presenti le teorie di Darwin e di altri sull'
origine
dell'
uomo dalla scimmia. Ebbene, senza formulare nessuna teoria, Cristo dichiara
esplicitamente che nell'
uomo, oltre alla dimensione animale, c'
anche quella spirituale. E
quindi qualunque sia l'
origine dell'
uomo (nella Bibbia non affatto spiegato in che modo
Iddio lo form dal fango, lo prese dalla terra), un fatto che Dio gl'
ispir il soffio della vita
(ma terribile che l'
uomo, attraverso il peccato, possa nuovamente trasformarsi in animale).
Il Suo devoto servitore F.Dostoevskij
Lettera a Nikolaj Alekseevic Ljubimov
Staraja Russa, 10 maggio 1879
[...]
Questa quinta parte, secondo la mia concezione, deve costituire il punto culminante di tutto il
romanzo e pertanto deve essere portata a termine con cura particolare. L'
idea che ne sta alla
base - come Lei vedr dal testo che Le ho inviato - costituita dalla rappresentazione
dell'
estremo a cui pu arrivare il sacrilegio e del nucleo dell'
idea di distruzione caratteristica
del nostro tempo in Russia nell'
ambiente della giovent estraniatasi dalla realt; ma accanto al
sacrilegio e all'
anarchia viene proposta anche la loro confutazione, che sto appunto esponendo
nelle ultime parole del moribondo starec Zosima, uno dei personaggi del romanzo. Data
l'
evidente difficolt del compito che mi sono assunto, Lei certo comprender, stimatissimo
Nikolaj Alekseevic, e scuser il fatto che io abbia preferito diluire il tema in due parti, per non
guastare con la fretta il punto culminante del mio romanzo. In generale tutta questa parte sar
ricca di movimento. Nel testo che Le ho or ora inviato io rappresento soltanto il carattere di
uno dei principali personaggi del romanzo che esprime le sue fondamentali convinzioni. Tali
convinzioni sono appunto ci che io considero una sintesi dell'
attuale anarchismo russo. la
negazione non di Dio, bens del senso del mondo da Lui creato. Tutto il socialismo derivato
e ha preso le mosse dalla negazione del senso della realt storica per concludere con il
programma della distruzione e dell'
anarchia. I pi rappresentativi fra gli anarchici sono stati in
molti casi persone sinceramente convinte. Il mio personaggio si serve di un argomento
secondo me incontrovertibile, e cio l'
assurdit della sofferenza dei bambini, e ne deduce
l'
assurdit di tutta la realt storica. Non so se sono riuscito a realizzarlo adeguatamente, ma so
che il mio personaggio reale al massimo grado. (nei Demoni c'
una quantit di personaggi
che mi sono stati contestati come meramente fantastici. Ma in seguito, che Lei lo creda o no,
sono stati tutti confermati dalla realt, il che significa che erano stati esattamente intuiti. Per
esempio, K.P.Pobedonoscev mi ha riferito di due o tre casi di anarchici arrestati che erano
sorprendentemente simili a quelli da me raffigurati nei Demoni). Tutto ci che viene detto dal
mio personaggio nel testo che Le ho inviato fondato sulla realt. Tutti gli episodi che si
riferiscono ai bambini sono accaduti nella realt e sono stati pubblicati dai giornali, e io posso
citarne anche la fonte esatta; niente stato inventato di sana pianta da me. Il generale che
aizza i cani contro un bambino, e cos tutto l'
episodio, rispecchia un fatto realmente avvenuto
che stato pubblicato quest'
inverno, se non sbaglio, nell'
"Archivio", e ripreso poi da molti
giornali. Il rifiuto di Dio proclamato dal mio personaggio verr trionfalmente confutato nel
fascicolo seguente (quello di luglio), a cui io sto attualmente lavorando in preda al timore ,
questo punto del potere zarista, che saranno sensibili al caso. In realt sia al servizio dello
stato che della letteratura, Saltykv ha mostrato la stessa rigorosa onest, lo stesso
accanimento nel combattere le ingiustizie; e il razionalismo burocratico deve essere apparso
per molto tempo a questo erede dei Lumi un fattore di progresso, nell'
universo gogoliano a cui
lui stesso dava sostegno. La sua coscienza non ha dovuto soffrire.
La sua cupa filosofia gli ispirava diffidenza nei confronti di ogni rivoluzione e un totale
scetticismo verso le elucubrazioni sulla societ futura elaborate da liberali e nichilisti. Intriso
di razionalismo illuministico, Saltykv fu sempre intimamente conteso fra la sua fede nel
progresso e il suo ardore nel denunciare le illusorie utopie del suo tempo. Il suo scetticismo
rifiuta il relativismo, ed forse questa la ragione per cui egli denuncia con particolare e
costante accanimento i riformisti liberali, ma risparmia contemporaneamente i radicali. Di qui
l'
immenso successo della sua opera negli ambienti progressisti e rivoluzionari, in cui divenne
il modello della letteratura di denuncia.
Ma nessuna prospettiva radiosa viene a riscaldare il suo zelo distruttore: Saltykv sar
refrattario al marxismo, introdotto in Russia a partire dagli anni Settanta, ed estraneo alla fede
populista che anima gli Ot estvennye Zapiski e che idealizza il contadino. In linea di
principio occidentalista convinto, ma alla bisogna ferocemente critico nei confronti della vita
politica occidentale, ha avversione per le fantasie slavofile e il p venni estvo di
Dostovskij. Nessuno user parole pi dure per fustigare la passivit e la stupidit delle
masse. Con ci, c'
in quest'
uomo burbero e irascibile, ma segretamente buono, una dolente
tenerezza per il popolo; in questo ateo c'
del riguardo, e forse del rispetto, per una religione
che condanna socialmente ma ammira esteticamente.
La morte di Nicola I lo porta a Pietroburgo dove, nel 1856, entra al Ministero dell'
interno e
sposa la figlia di un vicegovernatore (infelice matrimonio tra un orso e una civetta). allora
che diventa celebre grazie ai Gubrnskie cerki (Schizzi provinciali). Questi reportages sulla
vita di provincia oltrepassano di gran lunga in virulenza satirica Ggol'
, al quale lo si
comincia presto a paragonare. Sono questi schizzi a lanciare la moda della letteratura di
denuncia. Anche se la satira violenta, basta qualche nota ottimistica, qualche quadro
commovente della fede popolare, a farla accettare da larga parte dell'
opinione pubblica.
Forte della sua celebrit e incoraggiato dall'
atmosfera liberale dell'
era delle grandi riforme,
Saltykv accetta nuovamente l'
incarico di vicegovernatore in provincia, riunendo intorno a s
tutte le buone volont liberali, ma presto deluso, dopo un breve periodo di ritiro in campagna,
ritrova la vita letteraria della sua cara Pietroburgo: collabora al Sovremnnik di Nekrsov,
non senza attriti con la redazione; poi riprende il suo incarico in provincia per quattro anni,
fino al 1868, data in cui questo funzionario, zelante e intrattabile, si fa mettere in pensione.
Eccolo dunque definitivamente a Pietroburgo, nella redazione di Ot estvennye Zapiski:
sedici anni di poderosa energia creativa di un giornalista esemplare che tratta tutti gli
argomenti, fanatico di un radicalismo distruttore senza dottrina. La soppressione dalla rivista,
nel 1884, sar per lui un colpo fatale. Lavora indefessamente, malgrado una salute gi
terribilmente danneggiata, sempre pi estraneo alla sua epoca, ma ancora salutato alla sua
morte come un grande combattente.
L'
opera di Saltykv, come la carriera, fonde intimamente politica e letteratura; molto
abbondante, essa segnata dalle circostanze che l'
hanno vista nascere: prolissit giornalistica,
molteplicit delle allusioni all'
attualit, diventate oggi spesso oscure, cifratura e
camuffamento per timore della censura (la famosa lingua di Esopo).
Il talento di Saltykv tutto al servizio della satira e nei capolavori, in cui egli ha oltrepassato
il livello di una percezione della realt puramente satirica, questi risultati sono dovuti ancora
alla satira, imperniata su due oggetti di sacro orrore: la storia russa e il passato familiare. Egli
eccelle nello schizzo, nel tratto incisivo al quale si riduce spesso il personaggio, che
acquisisce un'
autonomia surreale, puro prodotto del linguaggio.
La variet dei suoi procedimenti straordinaria, a cominciare dalla parodia in tutte le sue
forme: parodia dei linguaggi dei diversi ceti sociali, dal muzik al governatore; del linguaggio
delle istituzioni (clero, esercito, governo, partiti); parodie anche di tipi letterari noti, spesso
presi a prestito da Ggol'
.
Saltykv fa spesso ricorso alla creazione verbale: il gioco a rimpiattino con la censura gli
suggerisce neologismi; un gioco di destrezza con le parole e con le associazioni di idee,
letterariamente molto fecondo, anche se non molto efficace come camuffamento. Cos i
pompadour indicano i governanti, il dipartimento degli impedimenti e delle
insoddisfazioni altro non che il Ministero dell'
Interno. Vicina al gioco verbale l'
iperbole,
che sviluppa in modo grottesco una metafora presa alla lettera. Oltre al gioco delle
opposizioni di voci e di stili, il dialogo permette effetti potentemente comici, spingendo fino
all'
assurdo la falsa logica degli argomenti dell'
avversario, facendolo cadere nella trappola del
linguaggio (Saltykv aveva un senso acuto del teatro e ha scritto molte commedie). Lo
scrittore manipola tutte le sfumature del comico: dall'
ironia maliziosa e dolce (Racconto di
come un muzik nutr due generali), fino al sarcasmo. Uno dei procedimenti pi frequenti
l'
antifrasi ironica (stato di diritto per arbitrario, opinioni perverse per progressiste
ecc.), portata fino alle estreme conseguenze. A quest'
arte di volgere contro di lui il linguaggio
dell'
avversario si lega il linguaggio diretto della derisione, fecondo di neologismi e di
nomignoli fustigatori: Glpov (da glpyj, stupido), citt degli stupidi, Drmov (da
dremt', dormire, sonnecchiare), l'
addormentato ecc.
In un'
arte di questo tipo, l'
analisi psicologica non predominante, anche se si possono notare
qua e l alcuni ritratti penetranti. Nella maggioranza dei casi, essa si riduce a qualche tratto
folgorante che descrive l'
animale sociale e il suo comportamento: schizzi che evocano l'
arte
della caricatura e che popolano quella Commedia umana derisoria che l'
opera di edrin
(pi di trecento nei soli Schizzi provinciali).
Storia di una citt una di quelle opere-ciclo, la cui composizione e pubblicazione,
scaglionate nel tempo (in parte per depistare la censura), impedivano un'
unit artistica, della
quale del resto edrin non si preoccupava affatto. Ma la sua violenza satirica le conferisce
un'
unit vorace e inimitabile. A partire da un nucleo iniziale varianti grottesche di
pamphlets su un governatore dalla testa di salame: uno sfortunato governatore pazzo, con
cui Saltykv ebbe degli scontri si dispiega, sotto forma di cronaca, una galleria di
governatori della citt di Glpov: la storia di una citt che, certamente, quella della Russia
intera, ma anche quella di una macchina infernale in marcia, quella di ogni universo
totalitario.
Siamo insomma di fronte a un regolamento di conti generale, quasi cosmico: contro le
celebrazioni ufficiali, le illusioni liberali sorte dopo il 1861, le ricostruzioni storiche troppo
compiacenti (compresa Guerra e pace, che celebra l'
epoca di Alessandro), contro tutti i
conservatorismi; la satira fustiga mille anni di servit di un popolo beffato e terrorizzato da
fantocci maniaci, tutti apostoli della sferza in nome delle ideologie pi disparate. Con
un'
ultima audacia (sviando la censura grazie all'
enormit stessa della satira), edrin
sostituisce all'
ultimo governatore di Glpov, l'
arzillo Perechvt-Zalichvckij (che, entrato su
un cavallo bianco, aveva dato fuoco al liceo e annientato ogni scienza) il personaggio ben
pi sinistro di Ugrjm-Bur ev. Costui, bruto taciturno e ostinato, decide di accasermare tutti,
pianifica ogni attivit, anche privata, isola la citt dal mondo e la trapianta in un rabbia di
grandi lavori assurdi. evidentemente una vicenda alla Arakcev, personaggio tristemente
famoso per le sue colonie militari, e, per edrin, anche lo spettro dello zarismo alla
prussiana di cui egli sente la minaccia. Dostovskij vi vedr l'
immagine di un totalitarismo
rivoluzionario, e I Demni fanno allusione a Glpov. Il Ventesimo secolo, come si poteva
prevedere, non far che confermare l'
attualit di questo capolavoro che sotto Stlin non avr
mai un'
edizione a parte.
Il romanzo I signori Golovlv , anch'
esso, una serie di racconti che edrin considerava
come studi sociologici e che denunciano l'
anacronismo dell'
istituto familiare. Ma la satira,
lungi dall'
accampare pretese teoretiche, si accanisce, con una virulenza che si intuisce
vendicatrice, sugli ultimi resti di una classe parassitaria in disfacimento: il mondo chiuso di
I signori Golovlv
Strano: I signori Golovlv, capolavoro di Saltykov, ha ben poco in comune con il resto
dell'
opera. Qui non c'
satira, non c'
obiettivo sociale: o meglio non dominano, come altrove.
C'
solo, tetra, disperata, angosciosa, la storia di una madre e dei Suoi tre figli.
Che poi la storia, minacciosamente incombente, di Ol'
ga Michajlovna, madre dell'
autore, e
dei suoi figli, gli odiati fratelli Dmitrij, Nikolaj, Sergej.
Non esiste un piano prestabilito del romanzo. una serie di frammenti nati uno dall'
altro. Al
primo capitolo, scritto a Parigi e lodato da Nekrasov, ne segue un secondo, Tra parenti.
Saltykov pensa di fermarsi, ma l'
incoraggiamento di Turgenev e Nekrasov lo spinge ad
aggiungere un terzo capitolo. Come in un affresco medievale di apocalisse, campeggiano nel
romanzo tr mostruosi fantocci allegorici: la cupidigia, la disperazione, la morte. Tutti i
personaggi escono dalle fauci del primo, passano in quelle del secondo per finire in quelle del
terzo, inevitabilmente. La morte come punto fermo, per tutti. La disperazione come lugubre
premessa, per tutti.
E prima ancora la lotta per la roba , furiosa, disumana, degradante: solo i vincitori hanno
diritto alla vita. Per i vinti, il discorso sembrerebbe dunque semplice: la loro sconfitta equivale
a una immediata cancellazione dal rango di esseri umani. Al di l non c'
scelta, il fatalismo
saltykoviano non permette fuga o esistenza altrove: solo la morte. Aspettarla assurdo: ci
vorrebbe coraggio e anche quello stato tolto ai vinti. Diventa una necessit organica, la si
attira, la si chiama: con cautela, come Stepka, con violenza, come Peten'
ka, come Ljubin'
ka.
Per i vincitori, c'
un passaggio supplementare: realizzano il vuoto delle loro vite inutili, piene
di morti. il momento in cui anche i vincitori si realizzano vinti.
La disperazione si avventa su di loro con maggiore violenza, li atterra e anche qui non c'
pi
tempo di aspettare la morte. In realt una tipologia delle morti dei Golovlv porta ad una sola
conclusione: comunque avvengano non sono morti, sono tutti, dal primo all'
ultimo, suicidi.
La radice del male forse nella terra, la maledetta terra di Golovlvo: il desiderio di possesso
bifronte e l'
altra faccia la morte. Golovlvo, cio la morte stessa, la perfida morte sempre
in agguato, sempre in attesa di nuove vittime... Tutte le morti, gli avvelenamenti, le ferite,
tutto viene di qui. inutile immaginare la possibilit di un qualsiasi altro avvenire, una via
d'
uscita attraverso cui fuggire. Niente ormai pu pi accadere.
Ma c'
anche l'
oscuro fato dei Golovlv, cupe propaggini di una classe tarata che ha inondato
la Russia fino alle soglie del xx secolo e per cui non c'
alternativa, secondo Saltykov, se non
l'
autodistruzione, il cannibalismo. Per parecchie generazioni tre difetti caratterizzarono la
storia di questa famiglia: l'
ozio, l'
incapacit a qualsiasi applicazione, l'
ubriachezza. I primi due
ebbero per risultato il vuoto nei discorsi, nei pensieri, in tutto l'
essere, l'
ultimo invece era per
cos dire la conclusione obbligata del disordine generale della vita.
Ma Arina Petrovna, la madre, non una Golovlv, diversa. Avida, intrigante, spilorcia,
violenta, ipocrita: due sono i suoi idoli, la propriet, che va forsennatamente aumentata e
difesa, e il potere, che vuole indiscriminato su tutti e su tutto. Lei, mercantessa zotica e
ignorante, conosce fin troppo bene l'
impotenza della razza a cui si unita e che ha generato:
disprezza marito e figli, li sevizia, li depriva totalmente d'
affetto, li spinge all'
odio tra di loro.
Il primo a essere seppellito vivo il marito. Poi la volta dei figli: li manda lontano, li mette
alla prova. Chi resiste, bene. Ma guai a chi perde, a chi ritorna vinto.
Come il dio Cronos, li aspetta con le fauci spalancate. E li divora. Mi manger, mi manger,
bisbiglia Stepka, il primo che torna disperato, stracciato, rovinato. Arina Petrovna infatti lo
accoglie. Ma non pi come figlio. Come vinto, dunque come non umano. E aspetta : sa fin
troppo bene che per un Golovlv non c'
scampo. Ovvero s, c'
l'
alcool.
La camera, la stufa, le tre finestre, il letto di legno scricchiolante, il pagliericcio sottile e
duro, la tavola, la bottiglia: nessun altro orizzonte si apriva alla sua fantasia. Ma a misura che
diminuiva il contenuto della bottiglia, a misura che la testa si riscaldava, anche la misera
coscienza del presente diventava superiore alle sue forze... Anche l'
oscurit alla fine svaniva e
al suo posto appariva lo spazio popolato di luci fosforescenti. Era il vuoto infinito, tetro, senza
alcuna traccia di vita, lugubremente risplendente, che 10 seguiva alle calcagna, dietro ognuno
dei suoi passi.
N finestre, n muri, niente esisteva pi per lui : solo i1 vuoto senza confini, luminoso.
Sotto gli occhi impassibili le muoiono tutti i figli: tutti disperati, tutti in miseria tranne uno.
Anche Pavel, il secondo, che pure sembra non appartenere ai vinti, sente il richiamo del
vuoto, sente di aver perso nella lotta per la vita: e, come il fratello, si uccide con l'
alcool. Il
vero vincitore il terzo fratello, Juduka: lui a divorare Pavel, lui a divorare la madre,
cacciandola dalla casa paterna di cui erede, cacciandola dalla casa del fratello dove si era
rifugiata e che diventa sua, riducendola in miseria, togliendole l'
ultimo straccio, perfino
l'
ultima icona.
Juduka, piccolo Giuda, Juduka sanguisuga, lo canzonavano i fratelli. Arina Petrovna fin da
principio lo teme. Sente con infallibile fiuto che un avversario minaccioso: un Golovlv
viscido e slombato a cui per ha trasmesso la propria avidit. Arina Petrovna tacque d'
un
tratto e alz il capo. Rimase colpita dalla fisionomia di Juduka, sorridente, bavosa, lucida e
soffusa di una indicibile gioia cannibalesca. L'
arma di Juduka il cinismo, la menzogna, la
sfrontata, untuosa ipocrisia: un Tartufo irreprensibile fintamente bigotto, sempre in
preghiera, sempre con Dio sulle labbra.
Conosceva parecchie preghiere, ma soprattutto conosceva la tecnica della preghiera: cio
quando era necessario muovere le labbra, alzare gli occhi, congiungere le mani, intenerirsi.
Persino gli occhi e il naso gli diventavano rossi e umidi nei precisi momenti indicati dalla
pratica della preghiera.
Confinata da Juduka nella miserabile tenuta di Pogoreika, abbandonata, sola, povera. Arina
Petrovna realizza lentamente la sua sconfitta: e si incammina anche lei alla disperazione e alla
morte. Contro Juduka ha un'
ultima arma, che ha tenuto in serbo per anni: la maledizione. C'
un momento, tra i pi potenti del romanzo, in cui in un lampo di coscienza, essa riconosce
nella mostruosit omicida di Juduka, gi colpevole del suicidio di un figlio e ora pronto a
sacrificare il secondo, il riflesso della propria storia.
Ne ha orrore. il momento della verit per tutti e due, il momento della maledizione: la
madre cannibale cerca di infrangere lo specchio nel quale si riconosciuta. Ma, infranto lo
specchio, non c'
pi nemmeno l'
immagine: ha distrutto se stessa, non le rimane che la morte.
Ma per Juduka, il vincitore, un segno premonitore : Quella tomba avrebbe ingoiato
l'
ultima persona con cui gli era dato dividere la cenere accumulata nel suo intimo e da quel
momento quella cenere, non trovando pi sfogo, si sarebbe accumulata in lui, fino a
soffocarlo definitivamente.
Divorati i figli, Juduka si appresta a fare lo stesso con le nipoti, figlie di una sorella morta di
stenti tra le fauci di Arina Petrovna. Annin'
ka e Ljubin'
ka sono tra tutti, i personaggi pi
convenzionali. Allevate dalla nonna con il disprezzo dovuto ai parassiti, riescono
apparentemente a fuggire il destino che le aspetta.
Diventano attricette di provincia, ossia in breve tempo, squallide mantenute che si dimenano
sul palcoscenico di qualche lurida cittadina. Annin'
ka, a dire il vero, fa un tentativo di ritorno
a Golovlvo. Ma capisce perfettamente che, se la vita della prostituta faticosa e umiliante,
essere divorata da Juduka ancora peggio. E fugge, ritorna dalla sorella, accetta tutti i
compromessi, gi fino alla miseria, all'
arresto, alla strada. Poi, come i figli di Juduka, il
suicidio, il veleno. Ljubin'
ka ci riesce, Annin'
ka no. E torna a Golovlvo, non per continuare
a vivere, ma per morire di fronte al Mostro, per contagiarlo con la propria disperazione, con
la propria volont di morte.
E qui c'
il capovolgimento. Annin'
ka affonda nell'
alcool: per i Golovlv l'
arma preferita.
Ma Juduka, che ha completato il suo pasto cannibalico divorando anche il figlio nato dalla
sua relazione con la serva Evpraksejuka, non ha pi risorse: la cenere lo sta finalmente
soffocando. Anche lui, come Arina Petrovna, viene sconfitto, questa volta non da un nuovo
vincitore, ma da due vinti, la serva concubina e la nipote. Basta poco: gli tolgono la parola,
l'
insinuante inarrestabile parola con cui ha fatto il vuoto intorno a s, con cui ha sommerso, ha
soffocato tutto e tutti. Costretto cos a un folle monologo con se stesso, affonda in un delirio
senza contorni. Era una specie di estasi, di sonnambulismo. L'
immaginazione, non avendo
pi freno, creava una realt immaginaria che, in conseguenza dell'
eccitazione continua del
cervello, si trasformava in una realt concreta, quasi palpabile. II fato si compie fino in
fondo : Juduska dal delirio passa anche lui all'
alcool. La decisione avviene in modo furtivo,
inavvertibile, come tutti i suoi gesti. Un giorno, invece di rimproverare Annin'
ka, si mette a
bere con lei. Bevevano tutti e due senza fretta e nell'
intervallo tra un bicchiere e l'
altro
ricordavano il passato, chiacchieravano. La conversazione, da principio fiacca e indifferente
diventava, man mano che i cervelli si riscaldavano, sempre pi accesa, finch degenerava in
un litigio sconclusionato, originato dal ricordo dei morti e dei rovesci subiti dai Golovlv.
Un gioco del massacro tutto verbale; una solitudine popolata da fantasmi di morti. Da
tutte le parti, da tutti gli angoli di quella casa maledetta si ergevano cadaveri. Non c'
pi
tempo neppure per un bilancio, per una sommaria resa dei conti. Guardarsi indietro peggio,
guardarsi in avanti non si pu. Nella notte Juduka si allontana. Torna dalla madre : La
mattina dopo all'
alba un messo port la notizia che a qualche passo dal cimitero dove riposava
Arina Petrovna era stato rinvenuto il cadavere congelato del signore di Golovlv.
L'
apocalisse avvenuta. Scompaiono i fantocci. Ma da quello della cupidigia, da cui erano
usciti Arina Petrovna e Juduka esce silenziosamente un nuovo vincitore , che riapre la
lotta per la roba : Nadezda Ivanovna Galkina, una sconosciuta cugina, che dall'
autunno
spiava attentamente quel che accadeva a Golovlvo .
Saltykov, compiuto il rito di morte, lascia cos capire che la terra di Golovlvo continuer a
divorare chi tenter di appropriarsene. Nasceranno altri vincitori (non a caso il primo a
spuntare di nuovo una donna), altri vinti saranno divorati; e di nuovo i vincitori non
sapranno perch afferrano e sbranano (risuona fino all'
ultima pagina il grido di Arina
Petrovna: Per chi ho accumulato? Per chi mi sono privata del sonno e del cibo? ), e di
nuovo i vinti non sapranno perch vengono schiacciati.
(dall'
introduzione di FAUSTO MALCOVATI a Michail Saltykv- edrin, I Signori di Golovlv, Garzanti, Milano
1975)
l'instabilit delle sue convinzioni - sotto l'influenza di certe strane idee ancora "informi",
decide di tirarsi fuori d'un sol colpo dalla sua disgraziata situazione. Decide di uccidere una
vecchia, vedova di un consigliere titolare, che presta denaro ad interesse. La vecchia
stupida, sorda, malata, avida, prende degli interessi degni di un ebreo, malvagia e divora la
vita degli altri, tormentando la sorella pi giovane che le fa da serva. "Quella vecchia non
serve a niente, perch dunque vive?" "E' forse utile a qualcuno a questo mondo?" e cos via.
Tutte queste domande mettono fuori strada il giovane. E cos egli decide di ucciderla per
derubarla allo scopo di dare un po' di felicit a sua madre che vive in provincia e di liberare
la sorella, che fa la dama di compagnia in casa di certi proprietari di campagna, dalle
libidinose persecuzioni che minacciano di rovinarla; e anche allo scopo di finire l'universit,
recarsi all'estero e in seguito, per tutta la vita, essere irreprensibilmente onesto e inflessibile
nell'adempiere al suo "dovere di uomo nei confronti dell'umanit", scopo che naturalmente
potr "cancellare il delitto", se pure si pu chiamare delitto un atto di questo genere
compiuto contro una vecchia sciocca, sorda, malvagia e malata, che non sa neppure lei
perch vive a questo mondo e che forse, tra un mese o due, sarebbe morta di morte naturale.
Sebbene sia estremamente difficile compiere delitti di questo genere, per il fatto che quasi
sempre vengono lasciate allo scoperto delle tracce e degl'indizi grossolanamente evidenti e
una quantit di particolari vengono abbandonati al caso, tuttavia il giovane riesce a portare
a termine, per puro caso, la sua impresa criminosa rapidamente e felicemente.
Dopodich passa quasi un mese fino alla catastrofe definitiva. Su di lui non ci sono sospetti e
nemmeno ci possono essere. Ed proprio a questo punto che si sviluppa tutto il processo
psicologico del delitto. Dei problemi insolubili si pongono all'assassino, dei sentimenti
inattesi e imprevedibili straziano il suo cuore. La verit divina e la legge terrena reclamano
ci che a loro dovuto, ed egli si trova ridotto, anzi costretto ad autodenunciarsi. costretto
a questo passo per poter - anche a costo di morire ai lavori forzati - accostarsi di nuovo agli
uomini; il sentimento di chiusura e di separazione nei confronti di tutta l'umanit, che lo ha
assalito subito dopo aver compiuto il delitto, lo tormenta troppo. La legge della verit e la
natura umana hanno reclamato i loro diritti, determinando in lui, senza che quasi egli possa
opporsi, una nuova convinzione interiore... L'assassino decide spontaneamente di accettare il
tormento della pena per espiare il suo crimine. Comunque mi riesce difficile chiarire
pienamente il mio pensiero: adesso appunto intendo conferirgli una forma artistica in cui
esso trovi la sua espressione. Quanto alla forma...
Nel mio racconto c' inoltre un'allusione all'idea che la punizione che viene imposta per
legge al criminale per il suo delitto in realt lo spaventa molto meno di quanto s'immaginino i
legislatori, giacch lui stesso ad esigerla moralmente.
Questo fatto io stesso ho potuto constatarlo perfino nelle persone meno evolute e nelle
circostanze pi volgari, e ho voluto esprimerlo proprio in una persona coltivata,
appartenente alla nuova generazione, affinch quest'idea fosse visibile nel modo pi chiaro e
tangibile. Alcuni casi che si sono verificati proprio in questi ultimi tempi mi hanno convinto
che l'argomento del mio racconto non ha nulla di eccentrico, e in particolare non presenta
nulla di strano il fatto che l'assassino sia un giovane coltivato e perfino dotato di buone
disposizioni naturali. [...]
Sempre dalle lettere, sappiamo che la prima idea del romanzo risale al 1859 (il titolo del
romanzo sarebbe dovuto essere in un primo tempo Confessione successivamente Gli
ubriachi).
Delitto e castigo , tra i romanzi maggiori, quello dalla trama pi compatta e leggibile. Gi si
visto come il protagonista sia un giovane studente traviato dalle strane idee; alla vicenda
di Raskol'
nikov (questo il nome del protagonista), Dostovskij affianca due linee narrative
secondarie: quella del vecchio Marmeladov e della sua famiglia; quella della propria sorella
Dunja.
Punti di scambio tra le tre linee narrative sono:
L'
idea da cui il romanzo prende avvio (quella stessa che ritroveremo in forma teoreticamente
pi compiuta in Ivan ne I fratelli Karamazov) consiste nel ritenere che l'
umanit si divide in
due categorie: da una parte vi sono gli uomini "comuni", tenuti ad osservare la legge morale;
dall'
altra vi sono gli uomini "eccezionali", ai quali tutto permesso. Quindi anche l'
assassinio
di una vecchia usuraia, concepito per fini nobili e filantropici, non solo atto perfettamente
legittimo, ma addirittura positivo. Gli uomini eccezionali, proprio per la loro superiorit,
hanno infatti anche il diritto di uccidere, soprattutto se il loro atto pu servire appunto al bene
dell'
umanit.
Tale concezione, che pur possiede, nella mente del protagonista, un suo rigore teoretico,
messa alla prova dei fatti, non regge e finisce per dissolversi, trascinando in questo processo
la mente che l'
ha partorita. Nonostante l'
omicidio sia perfettamente riuscito, nonostante
nessuno sospetti di Raskol'
nikov, lo stesso delitto di cui egli si macchiato che finisce per
mettere in discussione la sua dignit di uomo; ed proprio l'
avere ucciso un proprio simile in
nome di un malinteso senso di libert, che nega il valore stesso dell'
individuo, la sua dignit, e
travolge in un'
unica negazione anche il se stesso che l'
ha compiuto. Cos la libert, il sigillo
che Dio ha posto sull'
uomo fatto a sua immagine, una volta deformatasi in arbitrio, si fa
devastante negazione di ogni senso di umanit.
Raskol'
nikov, uccidendo la vecchia usuraia, non riconoscendo in lei un proprio simile, ha
finito per negare il proprio diritto alla libert e per uccidere se stesso: altro non gli resta che
lasciarsi travolgere da una progressiva disperazione.
A questo punto il romanzo interseca la seconda linea narrativa, quella incentrata su
Svidrigajlov: in lui Raskol'
nikov, nonostante la sua buonafede iniziale lo renda in un certo
senso diverso dal volgare pretendente della sorella, finisce per riconoscere la sua stessa
immagine; ma, mentre in Svidrigajlov l'
orgoglio si fa disprezzo, cinismo e depravazione (si
legga in proposito il passo in cui Svidrigajlov apre provocatoriamente la sua anima a
Raskol'
nikov) fino all'
autodistruzione e al suicidio, in Raskol'
nikov, grazie anche all'
aiuto di
Sonja Marmeladova, la speranza di un possibile riscatto spinge il protagonista a confessare il
proprio delitto e a costituirsi.
Sonja Marmeladova, personaggio-chiave della terza linea narrativa, la vera figura positiva
del romanzo: in lei, pur senza alcun rigore teoretico, sulla morale dell'
uomo superiore prevale
la logica dell'
amore, di un amore che anche strumento di discernimento morale. La
superiorit di Sonja, pur costretta, come s'
detto, a vivere nella pi terribile delle
degradazioni, le deriva dal sigillo della sofferenza: l'
offesa indelebile alla sua dignit di
donna, le d titolo per suscitare una speranza che pi forte della tentazione di abbandonarsi
alla disperazione. La fede, che essa vive con sincera intensit, indica a Sonja e di riflesso a
Raskol'
nikov l'
unica via verso la salvezza: il Cristo morto e risorto, il Cristo russo, quello
stesso che pu perdonare a tutto ed a tutti e per conto di tutti, perch egli stesso ha dato il suo
sangue innocente per tutti e per tutto, come dir Ala, il pi giovane dei Karamazov, al
fratello Ivan.
Con la condanna di Raskol'
nikov il romanzo si chiude. Anche la scena cambiata: non pi la
Pietroburgo alienante e disumana in cui s'
era aperto, ma la remota Siberia dove, nella durezza
dei lavori forzati e nella condizione di sofferenza che lo attende, Raskol'
nikov sa che potr
trovare la redenzione.
Naturalmente la genesi del romanzo fu, come al solito, alquanto travagliata: l'
autore, sempre
in lotta contro il tempo, le scadenze degli editori e la sua disastrosa situazione economica,
suo legame con il rozzo e passionale Rogoin, che, travolto dalla gelosia, la uccide.
L'
assassinio di Nastasja e il ritorno del protagonista allo stato di confusione mentale e di
demenza, fanno s che L'idiota sia in fondo la storia di un fallimento: il principe Mykin non
modifica n le persone n l'
ambiente umano con cui entra in contatto. Del resto, dalla lettura
delle lettere, pare che Dostovskij stesso non fosse del tutto soddisfatto del suo lavoro, bench
i contemporanei lo ritenessero generalmente il pi riuscito dei suoi romanzi:
Lei d un giudizio sui miei romanzi. Su questo argomento, naturalmente, non il caso che io mi
metta a discutere con Lei, ma mi piaciuto il fatto che Lei consideri L'idiota il migliore di tutti.
S'immagini che un tale giudizio io l'ho ascoltato almeno cinquanta volte, se non pi. Questo libro
continua a vendersi ogni anno, e anzi ogni anno di pi. Le ho parlato dell'Idiota perch tutti
coloro che lo giudicano la migliore delle mie opere presentano qualcosa di particolare nella loro
intelligenza, qualcosa che mi ha sempre colpito e che mi piace molto.
(Lettera ad Arkadij Grigor'evi Kovner, Pietroburgo, 14 febbraio 1877).
I I demoni (1871-1872)
Come gi s'
detto, nello studio dell'
opera di Dostovskij abbiamo dovuto, per forza di cose,
operare una selezione; con la presentazione degli ultimi due grandi romanzi I demoni e I
fratelli Karamazov ci congediamo oggi dal grande romanziere russo.
Abbiamo a suo tempo avuto modo di sottolineare l'
interesse di Dostovskij - che, tra l'
altro,
pratic a lungo l'
arte del giornalismo - gi: il giornalismo un tempo era un'
arte! - per la
cronaca: I demoni trae infatti spunto da un assassinio politico e dal successivo processo il
processo Ne aev, dal nome dell'
imputato - che, negli anni 1869 e 1870, suscitarono l'
interesse
della stampa e dell'
opinione pubblica russe.
Il romanzo, per esplicita ammissione dell'
autore, opera ideologicamente impegnata, nel
senso che si propone di fatto come un atto di accusa sia nei confronti del liberalismo della
generazione del '
40 (quella di Herzen, Belinskij, Granovskij, ritratto nel romanzo sotto le
spoglie di Verchovenskij padre); sia del nichilismo terrorista degli anni '
60, che, secondo
Dostovskij, poteva vantarne la paternit.
Scrisse l'
autore, che allora si trovava a Dresda, al conoscente Nikolaj Nikolaevic Strachov:
[...]
Ripongo grandi speranze nel romanzo che sto attualmente scrivendo per il "Messaggero
Russo", ma m'interessa non dal punto di vista artistico, bens da quello della tendenza; voglio
esprimere certe mie idee, anche a costo che la riuscita artistica ne soffra. Mi sento attirato
dal desiderio di esprimere ci che mi si accumulato in testa e nel cuore; pu darsi che ne
venga fuori soltanto un pamphlet, ma almeno mi sfogher fino in fondo. Comunque spero nel
successo, e del resto chi potrebbe mettersi a scrivere qualcosa senza sperare nel successo?
(Dresda, 24 marzo [5 aprile] 1870).
Il titolo I demoni - ispirato ad un passo del Vangelo di Luca (Lc 8, 32-37):
In quel luogo c'era una grande mandria di porci che pascolava sul monte. Gli chiesero che
permettesse loro di entrare nei porci, ed egli lo permise loro. I demoni allora uscirono da
quell'uomo ed entrarono nei porci e tutti quegli animali presero a correre a precipizio dalla
rupe, andarono a finire nel lago e annegarono. I mandriani, quando videro quel che era
accaduto, fuggirono e andarono a portare la notizia nella citt e nei villaggi.
La gente usc per vedere ci che era accaduto e, quando arrivarono da Ges, trovarono
l'uomo dal quale erano usciti i demoni che stava ai piedi di Ges, vestito e sano di mente.
Allora furono presi da spavento. Quelli che avevano visto tutto, riferirono come l'indemoniato
era stato guarito.
Allora tutta la popolazione del territorio dei Geraseni preg Ges di andarsene da loro,
perch avevano molta paura. Ges, salito su una barca, torn indietro.
Fuor di metafora, nei demoni Dostovskij vedeva i mali che affliggevano la Russia d'
allora: il
liberalismo, l'
infatuazione per tutto ci che proveniva dall'
Occidente corrotto e decadente,
l'
abbandono della fede dei padri, il socialismo, il nichilismo morale prima ancora che politico;
i maiali erano gli stessi nichilisti in cui il male entrato, ha preso forma e si , in un certo
senso, incarnato.
Il romanzo narra le vicende di un'
organizzazione politica nichilista a capo della quale vi Ptr
Stepanovi Verchov nskij. Egli, nonostante la sua funambolica capacit di destreggiarsi in
societ e di apparire un giovane perbene ( figlio d'
un buon borghese, liberale della prima ora,
ma sostanzialmente inetto) in realt un diabolico furfante. Accanto a lui ma forse sopra
di lui sta Nikol j Stavr gin, uomo affascinante e altero, intelligente e misterioso,
aristocratico e demoniaco, vero protagonista del romanzo.
Ptr Verchovenskij, per rafforzare il suo progetto eversivo, mira a legare indissolubilmente a
s e fra di loro i suoi seguaci attraverso una serie di delitti.
Ma mentre Ptr sembra credere al suo progetto e alle idee che lo animano, Stavrgin, privo di
coscienza morale, per quanto circondato da una devozione quasi mistica, il primo a non
credere alle idee di cui egli stesso ispiratore: la sua vita un terribile crogiolo di azioni
morbose e assurde, tra le quali spiccano, se cos si pu dire, il matrimonio non consumato con
Marija Lebjadkina, una povera storpia e demente, sorella del patetico capitano Lebjdkin, e lo
stupro di una bambina che, per la vergogna e il dolore, finisce per uccidersi.
La madre di Stavrogin, una vedova dai modi bruschi, ma dal carattere generoso e
comprensivo, letteralmente terrorizzata dal sospetto che effettivamente il figlio abbia
sposato una povera storpia; sgomenta ne pure la nobile e bellissima Lizaveta, innamorata di
Stavrogin., che va a visistare Marja; dall'
incontro la giovane donna esce sconvolta, tanto dalla
follia della Lebjadkina, quanto dalla conferma che il matrimonio stato effettivamente
celebrato.
La buona societ, che fa da sfondo alla vicenda, non conosce l'
esistenza dell'
organizzazione
nichilista e non sospetta di nulla.
Un giorno, tra l'
entusiasmo generale, giunge in citt lo scrittore Karmazinov (caricatura al
vetriolo dell'
occidentalista Turgenev), bandiera dell'
intellettualit liberale e dell'
opinione
pubblica progressista russa. La festa organizzata in onore del vacuo e frivolo scrittore culmina
nella lettura di un suo poemetto, ma degenera poi in una volgare e generalizzata ubriacatura
collettiva, mentre improvvisamente giunge la notizia che un incendio sta devastando i
quartieri poveri della citt. L'
incendio doloso e provocato ad arte da Ptr Verchovenskij per
seminare disordine e per eliminare, approfittando della confusione, l'
inaffidabile Lebjadkin.
Anche Marja, sorella di Lebjadkin e moglie segreta di Stavrgin, viene sgozzata.
Ptr intanto architetta un nuovo delitto: questa volta la vittima designata atov, discepolo di
Stavrogin, convertitosi alla fede ortodossa. Per coprire il delitto, Ptr obbliga Kirillov, un
rivoluzionario ateo che teorizza una sorta di suicidio "metafisico", dimostrazione di supremo
disprezzo verso la stessa idea di Dio, a vergare, prima di dare atto al proprio insano disegno,
un biglietto in cui si autoaccusa dell'
assassinio di atov.
Mentre altri delitti si susseguono, spargendo insicurezza e terrore fra i benpensanti, che
finalmente prendono coscienza della pericolosit dei demoni, Stavrogin, sopraffatto dalla
sua fredda disperazione, si impicca nella soffitta del suo appartamento.
Il personaggio pi forte e pi tipicamente dostoevskijano dunque Stavrogin, vero e
proprio genio del male, ritratto fosco dell'
uomo che, sradicato da ogni principio morale e da
ogni fede, replica il supremo peccato dei progenitori: Ma il serpente disse alla donna: Voi
non morirete affatto! Anzi! Dio sa che nel giorno in cui voi ne mangerete, si apriranno i
vostri occhi e diventerete come Dio, conoscitori del bene e del male (Gn 3, 4-5)..
Di fronte a Stavrogin lo stesso Ptr Verchovenskij appare per quello che : un meschino e
mediocre agitatore politico che nemmeno s'
avvede che, quella che egli crede lucidit e rigore
intellettuale, altro non sono che gratuita e disumana crudelt.
Ancora una volta possiamo cercare nel carteggio dell'
autore alcune informazioni preziose;
ecco quel che Dostovskij scrisse al suo editore Michail Nikiforovi Katkov:
Anche questo secondo personaggio (Nikolaj Stavrogin n.d.r.) una natura tenebrosa, uno
scellerato. Ma a me sembra che si tratti di un personaggio tragico, anche se probabile che
molti, dopo aver letto il romanzo, si domandino: "Ma che roba questa?"
Mi sono deciso a scrivere un'opera su questo personaggio perch troppo tempo che volevo
rappresentarlo. Secondo me, un personaggio tipicamente russo. Sar molto, molto deluso se
non mi riuscir come voglio. E sar ancora pi triste se sentir condannarlo come un
personaggio artificioso. Io l'ho tratto dal mio cuore. Naturalmente un carattere che solo di
rado si presenta nella realt in tutta la sua tipicit, ma si tratta comunque di un personaggio
russo (appartenente ad una determinata classe sociale). Ma aspetti a giudicarmi di aver letto
il romanzo fino alla fine, stimatissimo Michail Nikiforovi ! Qualcosa mi dice che riuscir a
venire a capo di questo personaggio. Non star adesso a spiegarlo nei dettagli, perch ho
paura di non sapermi esprimere come vorrei. Voglio mettere in evidenza soltanto un fatto:
tutto il personaggio verr descritto in scene e in azioni, e non con dei ragionamenti, e
pertanto v' speranza che ne verr fuori un personaggio vivo e reale. Dresda, 8 (20) ottobre
1870
Karamazov venne subito accolto per quello che effettivamente sono: un capolavoro.
Oltretutto, se prendiamo in considerazione la storia e l'
evoluzione del romanzo europeo
dell'
800, I fratelli Karamazov, anche cronologicamente, sembrano segnare il culmine della
stagione del romanzo e al contempo l'
inizio del suo disgregarsi verso altre forme d'
arte.
Infatti, quello che forse il pi grande romanzo di Dostovskij, in un certo senso anche un
non-romanzo: l'
autore conduce il lettore in uno spazio artistico che ricorda assai da vicino la
tragedia classica: i tempi fermi; gli spazi chiusi; la potenza espressiva di personaggi, vivi
eppur profondamente stilizzati; il crescere e l'
addensarsi di forze terribili che proprio
all'
interno dei personaggi trovano forma ed energia.
La vicenda nello stesso tempo semplice e complessa, lineare ed intricata: protagonisti ne
sono il sordido Fdor Pvlovi (una specie di Stavrogin invecchiato e involgarito) e i suoi tre
figli: Dm trij, Iv n e Ala. Il primo viene dalla carriera militare,
uomo passionale,
impulsivo, di scarsa cultura; sa per anche essere sincero e generoso; il secondo
un
intellettuale freddo e ragionatore, dal carattere schivo, parente, per certi versi, del
Raskol'
nikov di Delitto e castigo; l'
ultimo invece luminoso e serafico, discepolo del santo
padre Zosima, ma non per questo immune dallo spirito carnale e terreno dei Karamazov. Vi
infine un quarto fratello illegittimo: Smerdjakov (smerdet' in russo significa puzzare), figura
ambigua, astuto, legato da un rapporto di odio-amore a Ivan, sottoposto a continue
umiliazioni, soprattutto dal padre che lo tiene in casa come servo.
Motore della vicenda Grenka, affascinante e capricciosa mantenuta di cui si innamorano
sia Fdor Pvlovi che Dmtrij.
S'
detto che il romanzo prende avvio nella cella del venerato starec Zosima: l'
incontro, che
avrebbe dovuto portare alla pacificazione, degenera invece in alterco: il padre mette in luce la
sua pagliaccesca sfrontatezza, mentre il figlio maggiore non riesce a contenere la sua indole
impulsiva; in risposta a tutto ci, padre Zosima si inginocchia davanti a Dmtrij che molto
dovr soffrire.
La lite riprende per poche ore pi tardi, in casa del padre; questa volta Dmtrij, convinto che
Gruenka sia l, passa alle vie di fatto e percuote il genitore, minacciando, davanti a tutti, di
ucciderlo.
Dmtrij sa infatti che Fdor Pvlovi ha offerto all'
avida Grenka un'
enorme somma di
denaro, tremila rubli, perch divenga sua amante.
Non molto dopo, il padre viene trovato ucciso.
Dmtrij, che pi volte aveva confessato l'
odio per il padre, , per tutta una serie di circostanze,
ritenuto l'
autore dell'
omicidio; tutto ci avviene proprio mentre Gruenka gli ha confessato
finalmente il suo amore. A processo gi avviato, Ivn, fino ad allora intimamente convinto
della colpevolezza del fratello, ha un colloquio rivelatore con Smerdjakv, il quale gli
confessa di essere l'
assassino del vecchio, rinfacciando per ad Ivan di aver compiuto il
delitto ispirato dalle stesse idee di Ivan: All'uomo superiore tutto permesso.
Il suicidio di Smerdjakov e un'
improvvisa febbre cerebrale di Ivan privano Dmtrij degli unici
testimoni della sua innocenza; nello stesso tempo Katerna Ivanovna, sua antica fidanzata, ora
innamorata di Ivan, per impedire che una volta libero Dmtrij possa sposare Grenka, si
decide a deporre contro di lui. Cos Dmtrij condannato innocente a vent'
anni di lavori
forzati.
Grenka, personaggio in cui riconosciamo un po'della Nastasija de L'idiota e, in misura
minore, un poco della Sonja di Delitto e castigo, decide di seguirlo ai lavori forzati in in
Siberia.
Il romanzo si chiude con il discorso di Alsa al funerale di llja (giovane protagonista di una
delle linee narrative secondarie del romanzo), dinanzi ai suoi piccoli tormentatori divenutigli,
grazie all'
intervento dello stesso Ala, amici: un discorso di consolazione e di speranza nella
nuova generazione, destinata, a ridare vita e speranza al mondo. Ed anche una sorta di
testamento ideale dello stesso autore.
Ala, nonostante non si trovi quasi mai al centro della sena, la figura-chiave del romanzo; a
lui si riferisce anche la citazione evangelica posta in apertura: In verit, in verit vi dico: se il
chicco di grano, caduto in terra, non morr, rimarr solo; ma se morir, dar molto frutto
(Gv, 12, 24). Attorno a lui gravitano le voci e i sentimenti di tutti i personaggi principali:
Katerina Ivanovna e Gruenka si confidano a pi riprese con lui; Dmtrij gli apre il cuore
riconoscendo in lui il solo capace di ascoltarlo senza giudicarlo; Ivn, in un lungo colloquio si
mostra, unica volta in tutto il romanzo, nella sua pi gioviale e gioiosa spontaneit; lo stesso
padre sembra fidarsi solo del figlio minore. Ed sempre Ala a riconciliare Ilja con i
compagni di scuola; ed ancora Ala a seguire gli ultimi istanti di vita del suo adorato starec
Zosima.
Uno studio a parte meriterebbe La leggenda del Grande Inquisitore, vero e proprio cuore
ideale del romanzo, gelosamente custodito da una miriade di storie, personaggi, tragedie.
Romanzo nel romanzo (un po'
, tanto per capirci, come la vicenda della monaca di Monza nei
Promessi sposi) di un momento di profonda e drammatica liricit: nella Leggenda
Dostovskij esprime il punto di svolta, il momento particolarissimo della vita in cui ogni
uomo percepisce la propria interiore fragilit di fronte alla grandezza di Dio (o almeno
dell'
idea di Dio); il dramma dell'
uomo che fatica a sostenere intellettualmente la grandezza
del sacrificio di Cristo, ma che in fondo al suo cuore capisce che quell'
atto di amore
universale e catartico.
Purtroppo il tempo che abbiamo a disposizione e le finalit di questo corso non ci permettono
di approfondire questa pur importantissima parte dell'
opera dostovskijana: la speranza che,
magari anche autonomamente, ciascuno dio voi possa leggere e conoscere pi da vicino La
leggenda.
Con I fratelli Karamazov si chiude l'
ampia parabola dell'
arte di Dostovskij, non fosse altro
che per questioni biografiche; ma in letteratura, e nell'
arte in genere, ogni porta che viene
chiusa allo stesso tempo una porta che si apre verso nuovi orizzonti: cos proprio I fratelli
Karamazov, il romanzo pi compiuto dello slavofilo, del conservatore, dell'uomo d'
ordine
Dostovskij svela prospettive ed interpretazioni che conducono il lettore attento verso
direzioni tutt'
altro che scontate.
Mi sembra utile, al fine di approfondire quest'
ultima osservazione, chiudere con alcune
riflessioni di Jacques Catteau, professore di letteratura russa alla Sorbona e grande studioso di
Dostovskij: Chi dunque il colpevole?:
La risposta chiara: tutti, perch tutti siamo colpevoli, e colpevoli in quanto liberi e
responsabili. evidente che il romanzo lascia l'affascinante palude dell'enigma poliziesco
per elevarsi alle vette grandiose degli interrogativi morali, spirituali, religiosi ed anche
metafisici. Il Padre al di l del suo significato primo, e anche freudiano, di genitore rivale
non simbolizza forse il padrone, il capo assoluto, lo zar, Dio? In I fratelli Karamzov
espressa la ribellione contro Dio, contro la sua legge d'amore, direttamente (Ivn gli rinvia
il biglietto) o indirettamente.
Quest'opera racconta la rivolta colpevole degli uomini, adulti e bambini (il piccolo
Krastkin), anche se questi ultimi come testimoni alla scena finale continuano a
rappresentare la speranza. Il romanziere oppone (ed il senso del magnifico poema di
Ivn Karamzov detto, da Rzanov in poi, La leggenda del Grande Inquisitore) l'insostenibile
libert portata da Cristo, l'insopportabile silenzio di Dio sul martirio degli innocenti e dei
bimbi, all'utopia prometeica dell'uomo che vuole, usurpando Dio, arrogarsi il potere supremo
e organizzare la felicit degli uomini loro malgrado (si riconoscono agevolmente le teorie di
Raskl'nikov, e dello iglv di I demni). Ivn Karamzov sceglie l'umanit; Alsa, che lo
ascolta, sceglie l'uomo. Due concetti che, in Dostovskij, saranno sempre fondamentalmente
in contrasto e che costituiscono il dilemma tragico delle nostre civilt moderne. (JACQUES
CATTEAU, Dostovskij, sta in Storia della civilt letteraria russa, UTET, Torino 1997, vol. I,
pag. 685)
Esempio
Uso
Fdor
Nome + patronimico
Fdor Pavlovi
Il solo patronimico
Pavlovi
Il solo cognome
Verchovenskij
Nome + cognome
Forma usata:
Fdor Verchovenskij
1 con i contadini;
2 parlando di persone poco
conosciute;
3 parlando di persona nota famosa.
Diminutivo
Fedja
Documenti
Lettera a V.A.Alekseev
Pietroburgo, 7 giugno 1876
Egregio Signore, La prego di scusarmi se rispondo soltanto oggi alla Sua lettera del 3 giugno,
ma sono stato malato per un attacco di epilessia.
Lei mi rivolge una domanda molto ardua in quanto esigerebbe una risposta lunga. La sostanza
della cosa, di per s, chiara. Nella tentazione di Cristo da parte del diavolo sono proposte tre
colossali idee di portata universale; sono trascorsi ormai diciotto secoli e non c'
nulla di pi
difficile, e cio di pi profondo, di queste idee, e tuttora non si riesce a risolvere le questioni
in esse poste.
"Le pietre e i pani" significa l'
attuale questione sociale, cio l'
ambiente. Questa non una
profezia, questo sempre stato cos. "Come ci si pu rivolgere a dei poveri derelitti, che la
fame e l'
oppressione hanno ridotto a una condizione piuttosto di animali che non di uomini,
come ci si pi rivolgere a degli affamati predicando l'
astensione dal peccato, la mansuetudine
e la continenza? Non sarebbe meglio anzitutto dar loro da mangiare? Ci sarebbe pi umano.
Anche davanti a Te sono venuti a predicare, ma Tu sei il Figlio di Dio, Tu eri atteso da tutto il
mondo con impazienza; agisci dunque come chi superiore a tutti per l'
intelletto e la giustizia.
Da'dunque loro un'
organizzazione sociale tale che non manchino mai il pane e l'
ordine, e solo
allora chiedi loro di rinunciare al peccato. Se anche allora peccheranno, ebbene, vorr dire che
sono degl'
ingrati, ma ora essi peccano per colpa della fame, ed un peccato pretendere da loro
che non pecchino.
"Tu sei Figlio di Dio, e dunque Tu puoi tutto. Vedi qui intorno queste pietre: sufficiente che
Tu lo ordini e queste pietre si trasformeranno in pani."
"Ma anzitutto ordina che la terra dia i suoi frutti senza fatica, insegna agli uomini una scienza
o un ordine sociale tali che la loro vita sia per sempre assicurata. forse possibile che Tu non
sappia che i vizi e le sventure pi gravi dell'
uomo sono provocate dalla fame, dal freddo, dalla
miseria e dalla spietata lotta per l'
esistenza?"
Ecco la prima questione che lo spirito maligno propose a Cristo. Lei sar d'
accordo sul fatto
che difficile risolverla. Il socialismo attuale, sia in Europa che da noi, vuole eliminare
completamente Cristo e si adopera anzitutto per il pane, si affida alla scienza e sostiene che la
causa di tutte le sciagure umane una soltanto: la miseria, la lotta per l'
esistenza, "l'
ambiente
che divora l'
uomo".
Ma Cristo a ci ha risposto: "Non di solo pane vive l'
uomo", proclamando la verit
sull'
origine anche spirituale dell'
uomo. L'
idea del diavolo poteva andar bene soltanto per un
uomo-animale, ma Cristo sapeva che l'
uomo non pu vivere di solo pane. Infatti, se non
esistesse pi la vita spirituale, e cio l'
ideale della Bellezza, l'
uomo cadrebbe in preda
all'
angoscia, morirebbe, impazzirebbe, si ucciderebbe o si affiderebbe a fantasie pagane. E
siccome Cristo recava in Se stesso e nella Sua Parola l'
ideale della Bellezza; avendolo nelle
loro anime, tutti diventeranno fratelli l'
uno dell'
altro, e allora, naturalmente, lavorando l'
uno
per l'
altro, saranno anche ricchi. Se invece si desse loro del pane, pu darsi che essi diventino
nemici l'
uno dell'
altro solo per la noia.
Ma se si desse all'
uomo sia l'
ideale della Bellezza che il Pane insieme? In tal caso verr tolto
all'
uomo il lavoro, la personalit, il sacrificio dei propri beni a favore del prossimo, insomma
gli verr tolta tutta la vita, ogni ideale di vita. E quindi meglio proclamare soltanto l'
ideale
spirituale.
La prova del fatto che, in questo breve passo del Vangelo, la questione riguardava proprio
questa idea, e non semplicemente il fatto che Cristo aveva fame e che il diavolo gli
consigliava di prendere delle pietre e ordinar loro di trasformarsi in pane, la prova di ci sta
nel fatto che Cristo rispose rivelando il segreto della natura: "Non di solo pane (e cio come
gli animali) vive l'
uomo".
Se si fosse trattato soltanto di placare la fame di Cristo, perch si sarebbe dovuto portare il
discorso sulla natura spirituale dell'
uomo in generale? E sarebbe stato anche inutile, giacch
anche senza il consiglio del diavolo Egli avrebbe gi potuto da prima procurarsi del pane se
avesse voluto. A proposito: Lei ha certo presenti le teorie di Darwin e di altri sull'
origine
dell'
uomo dalla scimmia. Ebbene, senza formulare nessuna teoria, Cristo dichiara
esplicitamente che nell'
uomo, oltre alla dimensione animale, c'
anche quella spirituale. E
quindi qualunque sia l'
origine dell'
uomo (nella Bibbia non affatto spiegato in che modo
Iddio lo form dal fango, lo prese dalla terra), un fatto che Dio gl'
ispir il soffio della vita
(ma terribile che l'
uomo, attraverso il peccato, possa nuovamente trasformarsi in animale).
Il Suo devoto servitore F.Dostoevskij
Lettera a Nikolaj Alekseevic Ljubimov
Staraja Russa, 10 maggio 1879
[...]
Questa quinta parte, secondo la mia concezione, deve costituire il punto culminante di tutto il
romanzo e pertanto deve essere portata a termine con cura particolare. L'
idea che ne sta alla
base - come Lei vedr dal testo che Le ho inviato - costituita dalla rappresentazione
dell'
estremo a cui pu arrivare il sacrilegio e del nucleo dell'
idea di distruzione caratteristica
del nostro tempo in Russia nell'
ambiente della giovent estraniatasi dalla realt; ma accanto al
sacrilegio e all'
anarchia viene proposta anche la loro confutazione, che sto appunto esponendo
nelle ultime parole del moribondo starec Zosima, uno dei personaggi del romanzo. Data
l'
evidente difficolt del compito che mi sono assunto, Lei certo comprender, stimatissimo
Nikolaj Alekseevic, e scuser il fatto che io abbia preferito diluire il tema in due parti, per non
guastare con la fretta il punto culminante del mio romanzo. In generale tutta questa parte sar
ricca di movimento. Nel testo che Le ho or ora inviato io rappresento soltanto il carattere di
uno dei principali personaggi del romanzo che esprime le sue fondamentali convinzioni. Tali
convinzioni sono appunto ci che io considero una sintesi dell'
attuale anarchismo russo. la
negazione non di Dio, bens del senso del mondo da Lui creato. Tutto il socialismo derivato
e ha preso le mosse dalla negazione del senso della realt storica per concludere con il
programma della distruzione e dell'
anarchia. I pi rappresentativi fra gli anarchici sono stati in
molti casi persone sinceramente convinte. Il mio personaggio si serve di un argomento
in realt la vita piena di aspetti comici ed maestosa soltanto nel suo senso interiore,
cosicch, volente o nolente, per esigenze artistiche mi sono visto costretto a toccare anche gli
aspetti pi volgari della vita del mio monaco per non nuocere al realismo artistico. D'
altronde
vi sono certi insegnamenti del monaco che faranno gridare a tutti che sono assurdi perch
troppo elevati. Naturalmente sono assurdi per il senso comune, ma mi sembra che siano giusti
secondo un senso diverso, interiore. In ogni caso sono molto inquieto e desidererei molto
conoscere la Sua opinione perch la rispetto e l'
apprezzo altamente. Ho scritto con grande
amore.
[...]
I fratelli Karamazov
Lettera a V.A.Alekseev
Pietroburgo, 7 giugno 1876
Egregio Signore, La prego di scusarmi se rispondo soltanto oggi alla Sua lettera del 3 giugno,
ma sono stato malato per un attacco di epilessia.
Lei mi rivolge una domanda molto ardua in quanto esigerebbe una risposta lunga. La sostanza
della cosa, di per s, chiara. Nella tentazione di Cristo da parte del diavolo sono proposte tre
colossali idee di portata universale; sono trascorsi ormai diciotto secoli e non c'
nulla di pi
difficile, e cio di pi profondo, di queste idee, e tuttora non si riesce a risolvere le questioni
in esse poste.
"Le pietre e i pani" significa l'
attuale questione sociale, cio l'
ambiente. Questa non una
profezia, questo sempre stato cos. "Come ci si pu rivolgere a dei poveri derelitti, che la
fame e l'
oppressione hanno ridotto a una condizione piuttosto di animali che non di uomini,
come ci si pi rivolgere a degli affamati predicando l'
astensione dal peccato, la mansuetudine
e la continenza? Non sarebbe meglio anzitutto dar loro da mangiare? Ci sarebbe pi umano.
Anche davanti a Te sono venuti a predicare, ma Tu sei il Figlio di Dio, Tu eri atteso da tutto il
mondo con impazienza; agisci dunque come chi superiore a tutti per l'
intelletto e la giustizia.
Da'dunque loro un'
organizzazione sociale tale che non manchino mai il pane e l'
ordine, e solo
allora chiedi loro di rinunciare al peccato. Se anche allora peccheranno, ebbene, vorr dire che
sono degl'
ingrati, ma ora essi peccano per colpa della fame, ed un peccato pretendere da loro
che non pecchino.
"Tu sei Figlio di Dio, e dunque Tu puoi tutto. Vedi qui intorno queste pietre: sufficiente che
Tu lo ordini e queste pietre si trasformeranno in pani."
"Ma anzitutto ordina che la terra dia i suoi frutti senza fatica, insegna agli uomini una scienza
o un ordine sociale tali che la loro vita sia per sempre assicurata. forse possibile che Tu non
sappia che i vizi e le sventure pi gravi dell'
uomo sono provocate dalla fame, dal freddo, dalla
miseria e dalla spietata lotta per l'
esistenza?"
Ecco la prima questione che lo spirito maligno propose a Cristo. Lei sar d'
accordo sul fatto
che difficile risolverla. Il socialismo attuale, sia in Europa che da noi, vuole eliminare
completamente Cristo e si adopera anzitutto per il pane, si affida alla scienza e sostiene che la
causa di tutte le sciagure umane una soltanto: la miseria, la lotta per l'
esistenza, "l'
ambiente
che divora l'
uomo".
Ma Cristo a ci ha risposto: "Non di solo pane vive l'
uomo", proclamando la verit
sull'
origine anche spirituale dell'
uomo. L'
idea del diavolo poteva andar bene soltanto per un
uomo-animale, ma Cristo sapeva che l'
uomo non pu vivere di solo pane. Infatti, se non
esistesse pi la vita spirituale, e cio l'
ideale della Bellezza, l'
uomo cadrebbe in preda
all'
angoscia, morirebbe, impazzirebbe, si ucciderebbe o si affiderebbe a fantasie pagane. E
sono stati tutti confermati dalla realt, il che significa che erano stati esattamente intuiti. Per
esempio, K.P.Pobedonoscev mi ha riferito di due o tre casi di anarchici arrestati che erano
sorprendentemente simili a quelli da me raffigurati nei Demoni). Tutto ci che viene detto dal
mio personaggio nel testo che Le ho inviato fondato sulla realt. Tutti gli episodi che si
riferiscono ai bambini sono accaduti nella realt e sono stati pubblicati dai giornali, e io posso
citarne anche la fonte esatta; niente stato inventato di sana pianta da me. Il generale che
aizza i cani contro un bambino, e cos tutto l'
episodio, rispecchia un fatto realmente avvenuto
che stato pubblicato quest'
inverno, se non sbaglio, nell'
"Archivio", e ripreso poi da molti
giornali. Il rifiuto di Dio proclamato dal mio personaggio verr trionfalmente confutato nel
fascicolo seguente (quello di luglio), a cui io sto attualmente lavorando in preda al timore ,
alla trepidazione e a un sentimento di venerazione, giacch io considero il mio compito (e
cio la confutazione dell'
anarchismo) una vera e propria impresa civile. Mi auguri pertanto il
successo, stimatissimo Nikolaj Alekseevic.
[...]
Lettera a Konstantin Petrovic Pobedonoscev
Staraja Russa, 19 maggio 1879
[...]
Il fatto che questa parte del romanzo per me quella culminante; s'
intitola "Pro e contra" e
l'
idea che ne sta alla base il rifiuto di Dio e la confutazione di tale rifiuto. La parte
riguardante il rifiuto di Dio l'
ho gi conclusa e spedita, mentre quella che tratta della
confutazione di tale rifiuto la mander soltanto per il fascicolo di luglio. Ho trattato il rifiuto
di Dio nella sua forma pi estrema, almeno cos come io stesso l'
ho sentito e l'
ho compreso, e
cio cos come si manifesta nel momento attuale nella nostra Russia in tutto (o quasi) lo strato
superiore della societ: la negazione scientifica e filosofica dell'
esistenza di Dio stata ormai
abbandonata, gli attuali socialisti attivi non se ne occupano pi affatto (mentre invece se ne
occupavano in tutto il secolo passato e nella prima met di quello attuale); in compenso viene
negata con tutte le forze la creazione divina, il mondo di Dio e il suo senso. soltanto in
questo che la cultura moderna riscontra l'
assurdo. In tal modo mi lusingo con la speranza di
aver mantenuto fede al realismo perfino in un tema cos astratto. La confutazione della
negazione di Dio (non in forma diretta, cio in un dibattito tra due personaggi) viene svolta
nelle ultime parole dello starec morente. Molti critici mi hanno rimproverato per il fatto che,
nei miei romanzi in generale, io non sceglierei i temi adatti, quelli veramente realistici, e cos
via. Io, al contrario, non conosco nulla di pi reale proprio di questi temi... Per aver spedito, io
ho spedito tutto, ma a momenti sono assalito dal dubbio che, per qualche ragione, decidano di
non pubblicare questa parte sul "messaggero Russo". Ma basta parlare di questo. Del resto, si
sa, la lingua batte dove il dente duole.
[...]
Lettera a Nikolaj Alekseevic Ljubimov
Staraja Russa, 11 giugno 1879
Egregio signore, stimatissimo Nikolaj Alekseevic, l'
altroieri ho inviato alla redazione del
"messaggero Russo" il seguito dei Karamazov per il fascicolo di giugno (cio la fine della
quinta parte "Pro e contra"). In essa ho portato a termine ci che dicono le labbra superbe e
blasfeme. Il negatore contemporaneo, uno dei pi accaniti, si dichiara esplicitamente a favore
di ci che consiglia il diavolo e sostiene che il suo insegnamento pi sicuro per gli uomini di
quello di Cristo. Con ci si d una direttiva per il nostro socialismo russo, cos sciocco (ma
terribile, perch in esso implicata la giovent): il pane, la torre di Babele (cio il futuro
regno del socialismo) e il completo assoggettamento della libert di coscienza, ecco a che
cosa approda il disperato negatore e ateo! La differenza sta nel fatto che i nostri socialisti (ed
essi non sono soltanto il nichilismo sotterraneo, Lei lo sa bene) sono dei gesuiti e dei
mentitori coscienti che non riconoscono che il loro ideale consiste nella violenza esercitata
sulla coscienza umana e nel ridurre l'
umanit al livello di un gregge, mentre il mio socialista
(Ivan Karamazov) un uomo sincero che riconosce francamente di trovarsi d'
accordo con la
concezione dell'
umanit propria del Grande Inquisitore, e che la fede in Cristo sarebbe in
grado di portare l'
uomo ad un livello pi alto a cui esso realmente si trova. La domanda viene
posta in modo assolutamente categorico: "Voi, futuri salvatori dell'
umanit, in realt la
disprezzate o la rispettate?"
E tutto ci essi pretendono di farlo in nome dell'
amore per l'
umanit: "La legge di Cristo - essi
dicono - troppo pesante e astratta; intollerabile per le deboli forze dell'
uomo", e cos,
invece della legge della Libert e della vera Cultura, gli propongono la legge della catene e
della schiavit per il pane.
Nella parte seguente rappresenter la morte dello starec Zosima e riporter le sue
conversazioni in punto di morte con gli amici. Non si tratta di una predica, bens di una specie
di narrazione, il racconto della sua vita. Se mi riuscir, far qualcosa di veramente buono:
costringer il lettore a riconoscere che un cristiano puro e ideale non qualcosa di astratto,
bens qualcosa che si pu rendere in un'
immagine reale, qualcosa di possibile e presente, e che
il cristianesimo l'
unico rifugio per la Terra Russa da tutti i suoi mali. Prego Iddio che il
quadro mi riesca; ne verr fuori qualcosa di autenticamente patetico, purch mi sorregga
l'
ispirazione. E l'
essenziale che si tratta di un tema tale quale non venuto in mente a
nessuno degli attuali scrittori e poeti, e quindi qualcosa di assolutamente originale. per
questo che ho scritto tutto il romanzo, ma voglia Iddio che mi riesca ci per cui adesso vivo in
tanta ansiet! La invier immancabilmente per il fascicolo di luglio, e anzi per il dieci di
luglio, non pi tardi. Ci metter tutto il mio impegno.
[...]
Lettera a Konstantin Petrovic Pobedonoscev
Ems, 24 agosto (13 settembre) 1879
[...]
La Sua opinione su quanto finora ha letto dei Karamazov per me molto lusinghiera (a
proposito della forza e dell'
energia di quanto ho scritto), ma Lei qui pone una questione
assolutamente inevitabile: il fatto che non c'
ancora una risposta a tutte le tesi atee qui
esposte, e che bisogna assolutamente darla. proprio questo il punto, e appunto in questo sta
tutta la mia attuale preoccupazione e trepidazione. Infatti io ho previsto che la risposta a tutta
questa parte negativa la si trover nella sesta parte, "Un monaco russo", che verr pubblicata il
31 agosto. Pertanto la mia trepidazione originata dal dubbio se tale risposta sar sufficiente.
Tanto pi che non si tratta di una risposta diretta e puntuale alle tesi esposte in precedenza
(nel Grande Inquisitore e anche prima), bens soltanto indiretta. Qui viene rappresentato
qualcosa di nettamente opposto alla concezione del mondo esposta in precedenza, ma, lo
ripeto, non si tratta di una contrapposizione punto per punto, bens, per cos dire, di
un'
immagine artistica. Ed appunto questo che mi preoccupa: sar comprensibile e
raggiunger almeno in minima parte il mio scopo? Per giunta vi sono delle esigenze
specificamente artistiche: era necessario rappresentare una figura modesta e maestosa, mentre
in realt la vita piena di aspetti comici ed maestosa soltanto nel suo senso interiore,
cosicch, volente o nolente, per esigenze artistiche mi sono visto costretto a toccare anche gli
aspetti pi volgari della vita del mio monaco per non nuocere al realismo artistico. D'
altronde
vi sono certi insegnamenti del monaco che faranno gridare a tutti che sono assurdi perch
troppo elevati. Naturalmente sono assurdi per il senso comune, ma mi sembra che siano giusti
secondo un senso diverso, interiore. In ogni caso sono molto inquieto e desidererei molto
conoscere la Sua opinione perch la rispetto e l'
apprezzo altamente. Ho scritto con grande
amore.
[...]
Lv Nikoljevi Tolstj
quanto noiosi certi altri suoi atteggiamenti, quella verit verso la quale goffamente
annaspava o che trovava per magia appena dietro l'angolo, era sempre la stessa questa
verit era lui e questo lui era un'arte.
(VLADIMIR NABOKOV, Lezioni di letteratura russa, Garzanti, Milano 1994, pag.172.)
_______________________
Mentre racconta, Tolstoj riduce a nulla il personaggio e la parte del narratore, che ha
sempre avuto tanto rilievo nella storia del romanzo. Chi scrive Guerra e Pace e Anna
Karenina non un ego, che esibisce le proprie qualit fabulatorie o istrioniche, che rivendica
ad ogni istante il proprio rapporto col pubblico, che chiacchiera volubilmente e commenta i
fatti, come il narratore in Fielding o Stendhal o Dickens. Se trascuriamo le parti saggistiche
di Guerra e Pace, Tolstoj tende ad evitare qualsiasi commento: il lettore deve trarre le sue
conclusioni dagli elementi e dai nessi narrativi che sono stati posti sotto il suo sguardo, senza
contare sull'aiuto dello scrittore. Egli non affida il racconto a un personaggio che dice io,
come fa tanto volentieri Dostoevskij, o a una moltitudine di narratori, che si integrano a
vicenda o raccontano l'uno dentro l'altro, come Dickens e Conrad. Non ricorre nemmeno
all'invenzione di Madame Bovary, dove la parte del narratore viene erosa da una voce
innominata, da una modulazione sfibrata e spossante, nella quale si riflettono i pensieri, i
sogni, le speranze, le delusioni, le frustrazioni, i rimpianti, le parole dette o taciute di Emma.
Tutte queste forme rischiano di indebolire, secondo Tolstoj, l'immediatezza e la trasparenza
con la quale rappresentare. Qualsiasi mediazione viene abolita: il narratore semplicemente
un occhio, fitto insieme nelle cose ed alto nei cieli, che guarda le cose, le sceglie, le
costruisce, le ordina, le rappresenta; e attribuisce loro lo stesso grado di vitalit (o per
meglio dire: un grado di vitalit accresciuto) che hanno nel mondo. Nessun odore di libro,
nessuna trovata narrativa deve ricordarci, come scrive John Bailey, che noi stiamo
leggendo un romanzo e viviamo nel regno dell'illusione.
(PIETRO CITATI, Tolstoj, Adelphi, Milano 1996, pag. 239.)
________________________
Nel ventennio 1861-1881, escono i capolavori di due fra i massimi romanzieri del secolo,
Tolstoj e Dostoevskij, che rappresentano due linee ben diverse: Tolstoj quella epica e
monologica, Dostoevskij quella psicologica e polifonica. Tolstoj si rif infatti alla grande
tradizione del realismo romantico (Guerra e Pace pu essere considerato anche un romanzo
storico): partecipa attivamente alla vita del tempo, proponendo programmi sociali ispirati al
pauperismo evangelico e alle teorie di Rousseau, e concepisce il romanzo come "narrazione"
in cui ogni dettaglio ha un valore e un significato generale. Nei suoi romanzi la voce che
narra monologica perch afferma con naturale convinzione una verit unica e complessiva.
Dostoevskij, dopo un primo momento di impegno sociale e politico, sperimenta tragicamente
l'esclusione sociale e conduce una vita da "maledetto". uno scrittore drammaticamente
moderno, complesso, problematico: le voci dei suoi personaggi esprimono universi di
discorso discordanti e posizioni ideologiche diverse e contrastanti: cio un narratore
polifonico . Di qui la grande influenza di Dostoevskij sul romanzo novecentesco, di cui
anticipa il poliprospettivismo, le tematiche interiori, il senso dell'angoscia.
(ROMANO LUPERINI, PIETRO CATALDI, LIDIA MARCHIANI, FRANCO MARCHESE, La scrittura e
l'interpretazione, Palumbo, Palermo 2001, (edizione rossa), volume 3, tomo I, pag. 109.)
_______________________
L'imponenza della mole dei romanzi di Tolstoj e di Dostoevskij fu notata fin dall'inizio.
Tolstoj venne criticato, e viene criticato tuttora, per i suoi brani filosofici, per le sue
digressioni moralizzanti e per la sua evidente riluttanza a mettere un punto fermo alla trama.
Henry James parl di mostri informi e slegati. I critici russi ci spiegano che la lunghezza
dei romanzi di Dostoevskij molto spesso dovuta al suo stile elaborato e fiammeggiante, alle
sue incertezze riguardo al destino dei personaggi e alla semplice circostanza che gli editori lo
pagassero a foglio. L'
idiota e I demoni, come i loro corrispondenti vittoriani, rispecchiano
l'economia di una scrittura a puntate.
Tra i lettori occidentali la smisuratezza di questi due maestri stata spesso interpretata come
una peculiarit russa, in qualche modo legata all'immensit geografica di quel paese. Si
tratta di un'idea assurda: Pukin, Lermontov e Turgenev sono esempi di concisione.
A una riflessione pi attenta, diviene evidente che sia per Tolstoj che per Dostoevskij la scelta
di forme ampie corrisponde a un'esigenza di libert. Essa ha caratterizzato le loro vite e le
loro persone cos come la loro visione dell'arte del romanzo.
Tolstoj lavorava su una grande tela proporzionata all'ampiezza della sua personalit e
capace di suggerire il legame tra la struttura temporale del romanzo e il fluire del tempo
storico.
L'imponenza dei romanzi di Dostoevskij riflette la sua fedelt ai particolari, nel senso di una
inesorabile registrazione di tutti gli innumerevoli dettagli, gesti o pensieri, che si accumulano
fino al momento del dramma.
Pi prendiamo in esame questi due scrittori, pi ci convinciamo che sia essi che le loro opere
appartengono alla stessa scala di grandezze.
La titanica vitalit di Tolstoj, la sua forza selvaggia, la sua straordinaria resistenza nervosa,
l'eccesso di forza vitale che lo caratterizzavano sono noti a tutti. I suoi contemporanei, come
Gor'kij, lo dipingevano come un gigante che percorreva la terra pieno di un'antica maest.
La sua vecchiaia aveva un che di bizzarro e di oscuramente blasfemo. Entr nel nono
decennio di vita con tutta la dignit di un re. Lavor fino alla fine, indomabile, polemico,
lieto della sua autocrazia. Le sue energie erano tali che egli non avrebbe mai potuto
immaginare o creare qualcosa di dimensioni limitate.
(GEORGE STEINER, Tolstoj e Dostovskij, Garzanti, Milano 1995, pag. 21.)
in assoluto una delle pi belle, pi umane e affascinanti creature tolstoiane: Nataa piena di
vita e di gioia, capace di influire su tutti coloro che la circondano con la sua vivacit e
serenit, alle quali si aggiunge una "chiaroveggenza del cuore" che, come dice Pierre
Bezuchov, "sostituisce in lei l'
intelligenza".
Termine medio tra le due vicende di Andrea e di Nataa Pierre Bezchov, la cui storia
forma, con quelle due, il terzo grande filone del romanzo. Meditativo, dotato di un mondo
interiore in cui si muove faticosamente, portato a vedere le cose con semplicit primitiva pur
intuendo il netto contrasto in cui il suo atteggiamento si trova con quello degli altri e inadatto
a trovare la via di una conciliazione, il grosso e ricco Pierre Bezchov dapprima facile preda
del mondo in cui vive (vive l'
esperienza di un matrimonio mondano miseramente fallito).
Quando Napoleone arriva a Mosca, imprigionato dai Francesi e durante questa prigionia, a
contatto con uomini semplici come il soldato Platon Karataev, una luce si forma lentamente in
lui. Quando sar liberato potr affrontare una nuova vita: sua moglie Elena morta, Nataa,
illuminata anche lei da una lunga sofferenza, gli spontaneamente vicina e, nella sicurezza di
un nuovo nucleo familiare, la "pace" si ricompone dopo la bufera.
Oltre che alla grandiosit del quadro, Guerra e Pace deve la sua enorme importanza a quel
che qualcuno ha chiamato l'
elemento morale, altri l'
elemento filosofico del romanzo. Bisogna
distinguere veramente in questo elemento altri due componenti: quello universale e quello
prettamente russo. Il primo di questi componenti la vera e propria filosofia tolstoiana della
storia, secondo la quale non la geniale acutezza dei generali e reggenti, non la tattica dello
stato maggiore, ma lo spirito delle masse di popolo, le forze di volont unite delle anime
schiette, il loro oscuro eroismo e la loro passivit debbono essere considerati come fattori
decisivi dei grandi avvenimenti della storia. L'
altro la convinzione che questa filosofia trova
la sua espressione nello spirito popolare russo. Nella sua enunciazione teorica, essa ha
difensori presso ogni popolo, ma praticamente, secondo Tolstoj, si incarna nel popolo russo, i
cui rappresentanti pi autentici sono nel romanzo il soldato Platon Karataev, e, su un piano
superiore, il generale Kutuzov. Karataev, con la sua preghiera serale: "Signore, fammi
dormire come una pietra e alzare come il pane", esprime la pi elementare e istintivamente
religiosa dedizione dell'
uomo all'
assoluto che lo governa: in lui gi enunciato il principio
della non resistenza al male nell'
intima convinzione che solo le espressioni della buona
volont umana hanno il peso di una positiva realt. Kutuzov, che, considerando l'
invasione
napoleonica con un segreto intuito da contadino russo, sa che lo sforzo di Napoleone
storicamente esaurito, destinato a soffocarsi nella vastit passiva della steppa, e non si
preoccupa di cercare la battaglia campale attendendo con fiducia la grande ritirata, il
rappresentante consapevole, e tuttavia ancora ricco di intuiti sotterranei ed elementari, di una
concezione mistica della vita di cui solo il popolo russo, contemplativo, paziente,
naturalmente innocente fin nei suoi eccessi, pu, secondo lo scrittore, lanciare il messaggio.
(Sintesi e adattamento dalla voce Guerra e Pace del Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi)
nascondergliela. L'
infermo s'
affeziona a lui, e nella sua mente comincia a nascere il pensiero
che la sua vita non stata come avrebbe dovuto essere: tutto stato falso, nella carriera
altrettanto che nella vita familiare; alle soglie della morte, l'
invade il terrore al pensiero di non
poter trovare la ragione di tutto questo. La sua agonia comincia con un urlo disperato,
indistinto, che vuole esprimere la sua ultima affermazione: non voglio! - ne cho !.
Ma, mentre la fine si avvicina, improvvisa una luce brilla nella sua anima: riaprendo gli occhi
dopo una crisi del suo male, un nuovo sentimento gli prende il cuore: egli ha piet dei
congiunti che si affollano intorno al suo letto: dimentico della sua ansia egoistica, egli
vorrebbe alleviare il loro soffrire. In questo rigenerante slancio d'
amore anche il suo male,
anche la morte si annulla. finita la morte, finita. E Ivan Il'
i spira sorridendo. Attraverso
la potenza drammatica e crudamente sincera del racconto, una spietata condanna
pronunziata contro tutta una classe e un metodo di vita. Ma ci che illumina veramente la
vicenda, la fede in questa verit morale, che unica pu spiegare la vita: la solidariet umana,
l'
annientamento dell'
io egoista nell'
amore e nella carit, abolisce la morte.
(Sintesi e adattamento dalla voce La morte di Ivn Il'i del Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi)
una piccola cittadina tedesca durante una festa popolare. Tutti i bambini ricevono doni: anche
Clara ha in dono uno schiaccianoci a forma di nanetto; ma alcuni bambini dispettosi glielo
rompono. La sera, mentre a letto piange il suo giocattolo, la bimba vede a poco a poco la
stanza tramutarsi in un luogo incantato. Grossi topi entrano d'
ogni parte; le bambole scendono
dall'
albero di Natale e danno battaglia alle bestiole. La lotta impari e la bambole stanno per
soccombere, quando, improvvisamente, guidata dallo Schiaccianoci, irrompe l'
armata dei
soldatini di piombo. Schiaccianoci lotta coraggiosamente e, proprio mentre il Re dei Topi sta
per trafiggerlo, Clara interviene in suo aiuto. Schiaccianoci si rivela allora un affascinante
principe e trasporta in volo la bimba nel regno dei dolciumi. Un grande ricevimento
organizzato in loro onore; il notissimo Valzer
dei fiori chiude nella gioia universale l'
avventura di Clara e il balletto.
L'Ouverture ha ha una struttura formale appena un poco impegnativa, anche se il suo carattere
estroso introduce perfettamente nel clima favolistico.
Segue una marcia, costruita su una forma estremamente semplice (A -B-A). La prima parte si
basa su due elementi: una piccola marcetta, quasi caricaturale, tutta giocata sul dialogo tra
fiati ed archi,c che nel finale scivola su un incalzante pizzicato.
La Danza della Fata dei confetti costruita proprio in funzione di una trovata ritmica: la
presenza di una celesta (strumento forse mai prima usato all'
interno di un'
orchestra sinfonica)
con i suoi timbri evanescenti e cristallini, dietro ai quali compaiono e scompaiono le tessiture
musicali dei clarinetti e delle viole.