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Un piccolo passo per luomo, un grande passo per lumanit.

Fu con queste parole, passate alla storia,


che Neil Armstrong sanc nel 1969 linizio dellera della corsa allo spazio. Si tratt, infatti, non solo di un
evento storico, ma di una profonda scissione che separ lera delle osservazioni spaziali da quella delle
esplorazioni in cui viviamo tuttora.
Linteresse delluomo nei confronti dello spazio, in effetti, ha radici ben pi remote della nascita delle prime
tecnologie: fin dallantichit, gli uomini hanno sempre osservato la volta celeste, con un misto di
ammirazione e timore, studiandola attraverso strumenti sempre pi complessi e sofisticati per svelare tutti
i misteri che essa poteva celare. Con lavvento dellelettronica, queste tecnologie si sono evolute in modo
esponenziale (basti pensare che solo negli ultimi 50 anni si sono scoperte pi cose che in tutti i precedenti
millenni di osservazioni spaziali), fino ad arrivare al punto che osservare non bastava pi. Il desiderio di
conoscere lignoto, infatti, sempre stata una caratteristica innata delluomo, dove la paura di ci che non
si conosce viene sovrastata dalla curiosit, indipendentemente dai rischi che si possono correre.
E i viaggi spaziali sicuramente non sono esenti dai rischi. Basti pensare al disastro dello Space shuttle
Challenger, che nel 1986 esplose dopo poco pi di un minuto dal lancio, causando la morte di tutti e 7 gli
occupanti, oltre ad una perdita economica di diversi miliardi di dollari. E la causa di tutto fu semplicemente
una guarnizione difettosa. Questo evento, sebbene non pose fine alle esplorazioni spaziali, apr un
profondo dibattito sulleffettiva necessit di questi ultimi, considerato lelevato rischio di perdite umane ed
economiche. Un dibattito che si protratto fino ai giorni nostri, ma che stato recentemente messo in
ombra dalla scoperta della presenza di acqua su Marte. Questo pianeta, attualmente, rappresenta ci che
la Luna rappresentava per gli uomini del 1969: non pi un corpo celeste da osservare e studiare a distanza,
bens un obiettivo raggiungibile, alla portata delle tecnologie a nostra disposizione. Per fare un esempio, il
progetto Mars One prevede di creare una colonia permanente sul suolo marziano entro il 2025. E con
permanente si riassume, in una parola, lestrema pericolosit del progetto: si tratter infatti di un viaggio
di sola andata. Un viaggio tuttaltro che privo di pericoli. La distanza del pianeta rosso circa 80 volte
superiore rispetto a quella dalla Terra alla Luna, e un eventuale viaggio durer circa 6 mesi, durante i quali
non si sa quali effetti potrebbe avere lassenza di gravit sul corpo degli astronauti.
Con queste premesse, sarebbe opportuno porsi una domanda: ne vale veramente la pena? Le scoperte
scientifiche che queste esplorazioni potrebbero rivelare valgono pi del sacrificio degli uomini pronti a
partecipare a queste imprese? In fondo, tra osservazioni tramite telescopi, satelliti e rover in esplorazione
su questi pianeti, abbiamo ottenuto una quantit di informazioni tale che passeranno anni prima di riuscire
ad elaborare tutto: scegliere di inviare degli astronauti, per quanto consenzienti che siano, solo per
dimostrare ci che gi sappiamo, equivale soltanto a fare un passo pi lungo della gamba. Un passo molto
pi grande di quello citato da Armstrong, di cui lumanit non sarebbe poi cos fiera, non sapendo i costi in
termini umani ed economici alla base di tutto.
Sarebbe una scelta molto pi saggia utilizzare quella spropositata quantit di denaro per risolvere
problematiche concrete, migliorando i servizi offerti dallo Stato e aiutando le persone in difficolt: perch
questo il pianeta in cui viviamo, non quello a sei mesi di viaggio da noi, per cui bisognerebbe distogliere un
attimo gli occhi dal cielo e pensare a migliorare il mondo che ci circonda.
Forse, un giorno, luomo arriver veramente su Marte, condurr le sue ricerche e fonder delle colonie;
ma fino a quel momento, che fretta c di scoprire qualcosa che gi conosciamo?

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