leggi universali, generasse una musica perfetta per quanto inaudibile, la stessa che
poteva risuonare nellanimo umano, la ineffabile armonia dantesca.
In Aristotele, come gi nei testi pitagorici, si trova il termine catarsi ad indicare
che, come unerba medica dellanima, la musica, imitando le passioni negative
delluomo, poteva liberarlo e ristabilirne lequilibrio interiore. Platone sottolineava lalto
potere che la musica poteva esercitare nella societ, riconoscendone la capacit di
guidare letica umana e formare il carattere, ma avvertendone anche le potenzialit
negative di deviazione verso comportamenti puramente edonistici. Sono tesi ripercorse
da SantAgostino, il quale rappresenta un grande punto di congiungimento con la cultura
cristiana. Anchegli, similmente alla scuola pitagorica, considera il suono come specchio
dellarmonia matematica, ma pur ammettendo il diletto semplice dellascolto assegna il
vero valore alla percezione razionale di tale armonia.
La teoria del Big Bang accomuna suggestivamente scienza e fede: un
Grande Suono prima del quale il nulla e da cui il tutto. Un tuono miracoloso che dopo un
tempo paragonabile alleternit giunge ancora fino a noi, come uneco onnipresente, in
forma di radiazione cosmica di fondo.
Cos il suono? Unentit astratta, pura energia fluttuante, che non esiste di per
s stessa, ma attraverso gli elementi nei quali si propaga e che dunque concretizza
nella loro consistenza materica. Allora effettivamente una vibrazione imperscrutabile
che dona la vita agli oggetti che sfiora. Non sorprende come, anche attraverso la
semplice percezione, si assegni al suono un principio dinamico e come da sempre si
associ a questo principio un valore simbolico e miracoloso.
Panta rei, tutto scorre, come un ruscello, come le onde del mare, la vita
vibrazione, pneuma, soffio, come unaura delicata o impetuosa procella. Cosa presta
figura a queste immagini concettualmente astratte? Il loro suono, incorporeo, talvolta
immaginario ma presente. Allora la vibrazione unemanazione soprannaturale, tanto
pi vivifica quanto pi si avvicina allastrazione, attraverso vari gradi di percezione pur
sempre intangibili; la vibrazione, partendo dallo stesso albore, prima sonora poi
sonica ed inaudibile fino a diventare, nel suo massimo, luce che non ha pi occorrenza
dalcuna sostanza per propagarsi; interessante notare, ancora con Schneider, che il
sanscrito prevede la stessa radice per luce e suono; ergo il suono una
rappresentazione celeste, la musica il sacro.
Questa interpretazione, che in qualche modo coniuga oggi scienza e
misticismo, pu considerarsi una rilettura, con elementi attualizzati, della concezione di
grandi personalit come Wilhelm Heinrich Wackenroder ed Ernest Theodor Amadeus
Hoffmann, i quali erano convinti di un connubio naturale tra musica e sacro anche al di
l della sola prassi liturgica. Siamo in presenza di un pensiero estetico-mistico, cui in
parte aderiranno i massimi filosofi romantici da Schopenhauer a Kierkegaard. Dai
pitagorici, passando per i padri della chiesa, ed il Medioevo si collegava alla musica una
consapevolezza del trascendente per via intellettuale, invece in epoca romantica si
transita per lintuizione subitanea, lispirazione, la musa che visita il genio predisposto
alla rivelazione.
In ogni caso siamo di fronte ad un mezzo di conoscenza, di interpretazione.
Appare naturale illustrare come larte dei suoni, pur allontanandosi dal prodigioso, abbia
comunque assunto nella storia, anche negli aspetti pi semplici, una forte valenza
simbolica ed amplificante nelle situazioni in cui si manifestava.
A. TOMATIS Ecouter lunivers, Editions Robert Laffont, S.A., Paris 1995, p.71
questa modalit espressiva, cos che oggi sono rari i luoghi in cui il canto gregoriano
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rapisce e sostiene il fedele nella preghiera. Ancora contingenze, contesti, prassi.
Intorno al X secolo si va creando una sorta di repertorio ufficiale, stabilito e
pertanto poco incline a modificazioni o variazioni. Diversi sono i centri che coltivano e
diffondono il Canto Gregoriano, fra essi spiccano i monasteri di S. Gallo, Fulda,
Einsilden, Tours, Corbie, Nonantola e Montecassino. Parallelamente, come vaghezze di
novit, nascono una serie di espedienti e tecniche, interpolazioni conosciute
genericamente sotto il nome di tropature, destinate inizialmente ad essere un semplice
ausilio mnemonico per la ritenzione di un complesso repertorio, per esempio
aggiungendo un testo sillabico sotto un lungo melisma, un po come alcuni di noi
usavano da studenti intonare una melodia sotto un testo di studio per aiutarsi nella
memorizzazione.
Pi spesso tuttavia queste aggiunte, originali e consapevoli, di natura testuale o
musicale, pur tentando, almeno nelle intenzioni, di non intaccare la costruzione di
provenienza, in realt danno vita ad espressioni compositive sempre pi autonome, che
spesso prendono il sopravvento sulla struttura stessa. Brani inizialmente annessi e poi
estrapolati come nuove creazioni si moltiplicano e si raccolgono nelle pi importanti
forme dellepoca. LItalia appare meno coinvolta dalla grande fioritura di lirica sacra,
partita dall800 che interess invece maggiormente larea franco-germanica.
Probabilmente sussisteva un pensiero pi tradizionalista e cauto rispetto a queste
pratiche. Daltro canto anche questo atteggiamento rese viva la ricerca di sistemi e
notazioni per tramandare lantico canto liturgico in numerosi centri monastici, tra cui
Montecassino.
L emancipazione dal terreno proprio della musica sacra si avvia in
concomitanza con lo sviluppo della musica darte, in particolare con le prime
codificazioni polifoniche, documentate gi prima dellanno mille e probabilmente di ben
pi antica prassi, che reclamano per il suono in s uno spazio autonomo rispetto
allufficio tradizionale. Il processo, esposto nel trattato anonimo Musica Enchiriadis,
inizialmente consisteva nellaggiunta di unaltra linea melodica, parallela al canto
originario ed omoritmica, che fornisse una ulteriore amplificazione fonica e che dunque
altro non era se non una superiore forma di tropatura, ossia di aggiunta, appunto di
esaltazione ancora del messaggio testuale.
Semplificando: il Canto Gregoriano si sviluppa come amplificazione del testo
sacro, cos le tropature e la polifonia nascono come naturale amplificazione del
gregoriano. Il fine alto, ma in particolar modo con lespansione della pratica polifonica,
comincia a materializzarsi la direzione che prende la storia della musica e della musica
sacra intorno allanno Mille. Il testo perde progressivamente la sua funzione generatrice
della forma, a vantaggio dellespressione puramente tecnico- musicale che sempre pi
tende a ricercare delle forme proprie e conseguentemente delle regole specifiche
relative allatto creativo.
Il processo si evidenzia con lArs Antiqua e la scuola di Notre-Dame a cavallo
tra il XII e XIII secolo: basti ascoltare alcune elaborazioni polifoniche del maggior
esponente, Magister Perotinus, come il Sederunt Principes che sviluppa un episodio su
A. TOMATIS Ecouter lunivers, Editions Robert Laffont, S.A., Paris 1995, p.71
importante di questo stato di cose nonch delle ricerche musicali dellepoca. Nel XIV
secolo, in conseguenza di uno sviluppo sempre pi autonomo della tecnica musicale, si
assiste alla prima fioritura dimportantissime forme su testi sacri che tendono a
coagularsi in cicli.
Pur con una evidente diffidenza nei confronti delle novit arsnovistiche, proprio
Avignone da considerare uno dei centri pi fecondi dirradiazione musicali; di origine
avignonese sono, di fatto, i due principali codici, i manoscritti di Ivrea e di Apt dai quali
risultano ben 78 sezioni polifoniche dellOrdinarium Missae, di stile vario, con
predominanza del complesso e poliritmico stile Mottetto e in misura minore del
Conductus interamente originale, unitestuale ed omoritmico. Gli influssi profani pi
evidenti sono riscontrabili nel cosiddetto stile cantilena, ampiamente diffuso nel
Quattrocento, vicino alla chanson e, caratterizzato da una predominanza della voce
superiore, il cantus. La disposizione dei brani dellOrdinario nei codici di Ivrea e Apt
tende a raggruppare insieme le sezioni del medesimo testo anche se nessuno dei due
manoscritti presenta le sezioni a formare una Messa completa. Nonostante ci
lesecuzione dellintero Ordinario doveva essere consuetudine diffusa visto che sono
giunti ai nostri giorni ben 4 cicli completi e singolari:
Messa di Tournai. Probabilmente la pi antica, si presenta a tre
voci, prevalentemente in stile simultaneo; costituita da brani che
si differenziano nella notazione, infatti Kyrie, Sanctus e Agnus
adottano gli antichi modi ritmici, mentre il Gloria affidato alle
novit arsnovistiche.
Messa di Tolosa. Molto simile a opere presenti nei manoscritti di
Ivrea e Apt, manca del Gloria e del Credo. Si presenta
strutturalmente nello stile cantilena tranne il Sanctus che appare
composito.
Messa di Barcellona. Ogni brano si presenta con una differente
disposizione delle parti vocali o strumentali; lAgnus addirittura a
4 voci, quasi a volere concludere con un climax.
Messa della Sorbona a Parigi. Il ciclo mostra una tendenza
innovativa: lAgnus contiene citazioni musicali del Kyrie e del
Sanctus; a riprova di un chiaro tentativo unificatore.
Lelaborazione polifonica dellOrdinarium missae vede finalmente nella Messa
di Notre Dame di Guillaume de Machaut il prototipo del genere riconducibile ad un unico
autore, e la ricerca sempre pi accurata di principi costitutivi unificanti. Non abbiamo
testimonianze di regolari esecuzioni di questa complessa composizione e dunque non
possiamo verificare con certezza le sue influenze sullo scenario sacro del tempo,
tuttavia con essa inizia una fase importante per la musica darte, intesa come
Umanesimo. Dotato di mezzi tecnici infiniti, egli tuttavia si discosta dallartificio teorico
che anzi tende a coagularsi in forme pi limpide a sostegno della significazione
teologica del testo di riferimento; attratto dalla forza comunicativa della musica e del
linguaggio indagandone anche le combinazioni timbriche. Josquin, nella sua produzione
sacra, raggiunge un culmine di densit espressiva e di universalit per la duttilit
nellimpiegare mezzi e materiali in simbiosi con le urgenze prosodiche ed emozionali del
testo, tanto da rappresentare la svolta tra Quattro e Cinquecento, nonch il punto di
riferimento per le generazioni successive. Durante il XVI secolo la polifonia tende a
chiarificarsi ed ad organizzarsi in forme che giungono a maturazione con autori come
Palestrina, Victoria e Lasso, rivelandosi spesso come sottolineato dal punto di vista del
Donella unancella vestita in abiti regali che ancora in grado e vuol servire la parola
4
sacra; forse, pi coerentemente con linizio di questa dissertazione, il suono era di
nuovo accanto alla parola, il suono era la parola.
Non poca importanza in questa evoluzione ha certamente rivestito la tempesta
della riforma e la conseguente riflessione generale sul mondo cristiano espressosi,
anche sulla musica, con diverse declinazioni pur muovendosi dalle stesse domande.
Huldrych Zwingli non assegna alla musica unimportanza liturgica in quanto
ritiene che distolga del tutto dal Verbo. Calvino, pur assumendo una posizione pi
moderata, conferma una certa estraneit dal concetto di musica liturgica e pone diverse
restrizioni alluso della polifonia e degli strumenti. La Chiesa riformata tedesca, come
quella inglese, aveva invece presto riconosciuto il valore dellelemento musicale nelle
celebrazioni come coinvolgente ed edificante, infatti ancora Lutero, spiritualmente vicino
al pensiero agostiniano, la ritiene la pi importante tra le discipline del quadrivium per
unintrinseca analogia con luniverso teologico. Affidandole senzaltro un fine didattico la
inserisce nel processo di rinnovamento ed incoraggia la formazione di un repertorio
spirituale che tenga conto delle tradizioni e della lingua locale. Nasce il corale luterano
che coniuga elementi classici, desunti dal gregoriano, con fattori popolari e che ben
presto assume quel valore di stimolo alla creazione di forme musicali autonome rispetto
alla tradizione cattolica. Basti pensare alla letteratura organistica sui corali o alluso che
ne ha fatto J. S. Bach. Probabilmente uno dei motivi per cui oggi, nei paesi protestanti,
laspetto musicale tenuto ancora in gran conto e proprio il fatto dessere stato
considerato costantemente fondante.
Il Concilio di Trento pure si fa carico di unopera analitica e riformatrice dei
modelli e dei riti, ma la musica in realt viene toccata marginalmente, come qualcosa a
parte; un malinteso sostanziale che purtroppo si perpetrato fino ad oggi, con gli esiti
conosciuti, e che spesso trascura, come possono ribadire le antiche fonti, che la musica
il rito.
Il Concilio si faceva promotore per alcuni aspetti di una uniformazione liturgica
che nella pratica musicale si tradusse nella supposta esigenza di riconsegnare la pratica
musicale sacra alla sua funzione di amplificazione della parola, di ispirazione alla piet
ed alla devozione, evitando dunque eccessive sottigliezze che sfociassero in
espressioni sensuali o compromettessero la partecipazione al messaggio. Nei confronti
della polifonia le posizioni sono diverse, alcune pi moderate, altre estremamente
critiche e rigide come quella del vescovo di Modena, Giovanni Morone.
4
la, presente nel terzo libro (1570) che poggia sulla scala esacordale esposta in differenti
modi ; il Gloria e il Credo sono in forma omofona, mentre il Sanctus tutto una ascesa
di scale e lultimo Agnus si presenta in forma canonica.
Con la Missa Papae Marcelli Palestrina inaugura un nuovo corso; egli intende
lammonimento di Papa Marcello, creando una forma capace di esprimere tutte le
possibilit intellettive ed emotive celate nel testo letterario senza esacerbarlo. Dimostr
che era possibile percepire chiaramente il testo anche lavorando in contrappunto: la
polifonia si presenta in modo sobrio, le melodie, nobili e profonde, sono brevi ma
efficaci; le sei voci si dividono in due cori alternati oppure si raggruppano in modo da far
scaturire diversi colori timbrici.
Palestrina dunque si muove su un binario convergente a quello vagheggiato
dai padri conciliari ma in totale autonomia, cosa che accresce ancor pi il valore della
sua opera. Dalla fine del 500, oltre al canto Gregoriano, si identificher lo stile
ecclesiastico per eccellenza proprio con la polifonia levigata della scuola palestriniana
che in qualche modo riconsegna alla parola la sua forza meditativa e rituale. Linizio del
mito pu ritrovarsi in un trattato del 1607 di Agostino Agazzari in cui si cita la Missa
Papae Marcelli come esempio perfetto di vera arte cultuale; da allora il Palestrina verr
evocato ogni qualvolta si debba richiamare la felice et doro della musica sacra.
Il Concilio di Trento volle per quanto possibile riaffermare lunit del mondo
cattolico; tra laltro lo fece attraverso la preparazione e la revisione di alcuni libri liturgici,
ma in ogni caso, come afferma Felice Rainoldi, le affermazioni tridentine sul tema
musicale finiranno per restare in una tale genericit da lasciare aperta la strada ad
opinioni e prassi differenti.5 Un esempio pu trovarsi in uno dei testi chiamati in causa:
il Coerimoniale Episcoporum che apparve nel 1600, il quale, attraverso diverse
prescrizioni, fornisce alcune interessanti informazioni sulla liturgia musicale e sulluso
degli strumenti; tante indicazioni danno anche le sue diverse revisioni, che giungono fino
ai nostri giorni; esse spesso ammorbidiscono i dettami originali, fornendo anche lo
specchio dei tempi e delle norme locali, talvolta cos radicate, da non poter essere
ignorate. Il testo accetta in genere la consuetudine. Una maggiore ortodossia si poteva
trovare a Roma o a Milano, citt che ebbe tuttavia addirittura un suo Coerimoniale
particolare adatto alla realt locale; altrove ancora le prassi, le personalit musicali o le
mode ebbero spesso la meglio sui principi.
Nel XVII secolo effetti rivoluzionari coinvolgono e legano a doppio filo tecniche,
stili, diffusione e funzioni della musica. Germogli di novit presenti gi nel 500 fioriscono
definitivamente. Si assiste ad uno sviluppo enorme della tecnica vocale e strumentale,
ad una nuova codificazione dellarmonia, alla nascita dello spettacolo totale dellopera in
musica il cui impatto emotivo economico e sociale condiziona spesso la produzione
artistica. La musica davvero presente ovunque, presso le corti e presso il popolo,
presso i professionisti ed i dilettanti.
Il Barocco con il suo stile sensibile, emotivo, sensuale e spettacolare, coinvolge
anche il rito. Da questo periodo a momenti in cui lattenzione sar concentrata sulle
caratteristiche pi funzionali, ne seguiranno altri in cui sar la particolarit secolare a
prevalere, il condizionamento imposto alla musica dalle epoche, dalle forme profane e
dalle mode. Nascono delle questioni pi evidenti, si comincia davvero a smarrire la
5
sensibilit di una ministerialit della musica che sempre pi spesso tende a celebrare s
stessa: in realt vi una diversa concezione della funzionalit legata alloccasione.
Proprio in questo periodo, tuttavia, compare chiaramente lespressione Musica
Sacra ammettendo il bisogno di una sua definizione. Michael Praetorius la utilizza per la
prima volta nel Syntagma Musicum, un catalogo dei generi musicali dellepoca, specchio
di una volont classificatoria seicentesca che proprio in un momento di massima
contaminazione cercava le pur minime differenze che distinguessero un genere da un
altro; un dibattito tanto pi controverso quando si scontrato, come di consueto, con
prassi, contingenze e contesti. Tanta era la musica sacra gi scorsa prima che si
tentasse di classificarla. La locuzione forse nasce quando la sua identit entra in crisi,
quando il difficile equilibrio, raggiunto tra funzione ed espressivit, si frantuma nei
contrasti e negli affetti del Barocco. In Italia due sono gli stili principali che si
contrappongono, ma pi spesso coesistono o si combinano, quello della cosiddetta
scuola Romana, appunto palestrininana, pi tradizionale, sobrio e severo, laltro della
scuola veneziana, che invece si caratterizza per una maggiore ricerca del colore e del
dialogo tra numerosi gruppi vocali e strumentali nonch per una maggiore tendenza
sperimentale e modernista. Nella composizione sacra e nella liturgia della Messa trova
spazio il trattamento policorale delle voci, con o senza il continuo, definendo una tecnica
che si preannunciava gi nello stesso Palestrina degli anni Settanta ed in Victoria; a
Venezia questo stile trova il compimento nellopera di Andrea e Giovanni Gabrieli.
Sempre pi ingegnosamente si coinvolge nella composizione e nella
esecuzione lo studio dello spazio architettonico, disponendo senza indugio gli arredi,
appositamente per amplificare gli effetti policorali. Non basteranno le ammonizioni della
Sacra Congregazione dei Riti, sugli abusi di tali sperimentazioni, a regolamentare una
prassi che raggiunge una forma assai enfatizzata nelle opere di Antonio Maria Abbatini,
Virgilio Mazzocchi e soprattutto di Orazio Benevoli autore dallo stile avanzato e
colossale al quale, non a caso, stata per lungo tempo attribuita limponente Missa
Salisburgensis, in realt ben pi tarda creazione di Ignaz von Biber.
Claudio Monteverdi rappresenta la svolta epocale di come, anche nel genere
sacro, larte stia andando in pi direzioni. Due sono le sue composizioni esemplari: la
messa parodia In illo tempore strutturata secondo le linee teorico pratiche tradizionali ed
il monumentale Vespro della Beata Vergine Maria, per voci e strumenti che racchiude in
s molteplici influssi. Si tratta di unopera dal valore assoluto ma anomala fin nella forma
del testo adottato, una libera creazione su una trama liturgica osservata solo nelle sue
linee principali e dunque senza una destinazione rituale ordinaria o comunque ispirata
alle abitudini da sempre pi duttili dellambiente veneziano. Musica pensata per il sacro
ma dunque non esattamente liturgica. Monteverdi forse volle esprimere ancora una
volta, come gi fatto in polemica con lArtusi, che lintenzione detta lo stile e che dunque,
se questa decorosa, anche lo stile, pur difforme dal consueto, lo sar.
La dicotomia tra chi trova necessario un linguaggio preciso ed a suo modo
immutabile per la musica sacra e chi, invece, ritiene maggiormente di poter utilizzare
tutte le risorse musicali a disposizione, dalla monodia accompagnata, allo stile
rappresentativo a quello concertante, per ottenere un effetto celebrativo.
Curiosamente in un momento in cui, con le ultime tendenze e la seconda
prattica monteverdiana, la sottolineatura del testo vista come il fine della musica,
proprio la parcellizzazione visuale e retorica della parola stessa pone i compositori di
fronte a scelte complesse, non tanto per alte personalit, come Monteverdi, che sempre
riescono a trovare un certo giustificato equilibrio semantico e fenomenico ma per la
numerosa parte pi artigiana.
Continua ad essere ricercata in chiesa una certa gravitas regolatrice di
affettato patetismo ed effetti, tuttavia pur emergendo la coscienza di una diversificazione
di stili sacro e profano, finisce col prevalere la sperimentazione legata a vocazioni
mondane. Il soggettivo prevale sulloggettivo; di frequente si assiste ad una
combinazione delle diverse componenti la cui scelta da parte del compositore
notevolmente influenzata dalle esigenze della committenza. In definitiva ambedue le
principali tendenze antica e moderna trovano i loro limiti di destinazione, luna nel
rischio, dopo le vette palestriniane, di un arido accademismo a scapito della forza
evocativa, laltro nelle esasperazioni effettistiche che trasformano le forme sacre in puri
brani da concerto, celebrativi non del mistero divino ma spesso unicamente della
contingenza mondana, civile o militare e del committente stesso. Si tratta di forme
sempre pi estese ed a loro volta divise in arie, duetti, terzetti, cori, che musicano come
brani a s le varie frasi di del testo. Il mottetto, da raccolta meditazione sul Proprium, si
trasforma nello sfavillante Grand Motet di Lully, splendido e certo conforme alla liturgia
de Re Sole; cos anche la giovane forma dell Oratorio ben presto si adatta alle mode.
La narrazione sacra in funzione catechetica era diffusa fin dal Medioevo, ma
nel 600, in concomitanza con lo sviluppo dellopera in musica, anche per la diffusione
del sacro si ammette lenorme potere dello stile rappresentativo. LOratorio nasce come
raffigurazione di storie sacre senza apparato scenografico, a fini meditativi ed edificanti,
da fruire in tempo penitenziale sullonda iniziale dello spirito controriformistico; un teatro
interiore che affida alla potenza del messaggio spirituale la capacita di farsi visione. Ci
nondimeno alla fine del 600, cessata londa post concilare, lOratorio stesso tende a
farsi spettacolo, a rivestire un ruolo finanche di propaganda politica, di supporto
allegorico ed ideologico a vicende belliche, come lOratorio politico-militare Giuditta di
Vivaldi, ed a svolgersi nei modi pi diversi, in case patrizie, in teatro.
Una delle pi importanti prese di posizione ufficiale sulla musica viene nel
1749, alla vigilia dellAnno Santo, da Papa Benedetto XIV con lenciclica Annus Qui
nella quale ancora si prescrivono una serie di norme precise quanto disattese. Il
Pontefice del resto in una situazione di difficile equilibrio: da un lato non poteva
rinunciare allo splendore, ed al conseguente potere suggestivo e intellettuale, ovunque
acquisito anche dalla musica ecclesiastica ornata alla moda, dallaltro riconosceva
lopportunit di un intervento di misura, alla luce anche della nuova coscienza
illuministica che postulando rigore e semplicit sembrava indicare una necessaria
distinzione anche tra la cultura rituale della musica sacra e quella legata alle pi svariate
consuetudini sociali.
Negli anni Settanta Martin Gerbert affema che il canto della chiesa aveva
perso la sua semplicit da quando era stata accolta nel tempio la musica figurata,
aprendo la strada a quella strumentale e a tutte quelle consuetudini, sempre pi
invadenti, che finirono per abbattere ogni barriera tra sacro e profano. Nello stesso
periodo un critico tuttaltro che reazionario come Charles Burney avvertiva la necessit
di una distinzione tra generi quando affermava io non chiamo qualunque oratorio
messa o mottetto moderni musica da chiesa perch le stesse composizioni con parole
diverse starebbero bene e forse meglio su un palcoscenico. Per musica egli intende
delle sobrie e dotte composizioni piuttosto che arie graziose che solletichino
semplicemente i sensi.
Quando siamo in presenza di opere alte naturalmente la discussione ha
maggior ragione dessere ed offre anche maggiori spunti di complessa riflessione. I testi
liturgici concedono loccasione per lespressione pi o meno enfatizzata di ogni tipo di
sentimento, ed allora ecco acuirsi ancora, in epoca appunto sensibile e sentimentale, la
querelle tra puristi e modernisti.
Lopera esemplare in questo caso il sublime Stabat Mater di Pergolesi che
contrappone due tra i maggiori teorici del 700: Padre G. B. Martini e Antonio Eximeno. Il
primo ritenendo, come Benedetto XIV, doversi ricercare uno stile preciso per la musica
da chiesa, considerando in particolare laspetto tecnico, giudica pi vicina al profano
lopera pergolesiana poich vi avverte elementi avvicinabili allo stile teatrale, e ancora
una volta invoca losservato contrappunto palestriniano. Antonio Eximeno viceversa
pone laccento sul livello espressivo e sulloccasione particolare ritenendo decorosa
lopera in questione in quanto decorosamente pensata per accrescere la solennit di un
evento esclusivo. A loro modo tutti e due avevano ragione. Lo Stabat Mater una
straordinaria pagina musicale, per le nostre categorie dindagine pu chiamarsi certo
religiosa per la sua sincerit ed efficacia spirituale, un po meno sacra e soprattutto
liturgica per una sua affinit con lidioma teatrale, per la grande estensione e per
questioni formali che tuttavia nel rito divengono sostanziali.
Fino alla fine del 700 saranno queste tendenze a rincorrersi: di Benedetto
Marcello si disse che pur avendo per la fede un sacro entusiasmo, la sua musica sacra
appare poco liturgica poich non possiede estasi contemplativa e sembra chiedere
lapplauso. Maggiore accortezza alla finalit viene riconosciuta ad Alessandro Scarlatti e
cos Leo Hassler; nel 1725 lo stile polifonico puro ancora adoperato dallottimo
viennese Johan Joseph Fux che ritiene il contrappunto indispensabile base compositiva,
pur se adattato alla dialettica del sistema tonale.
La fioritura delle cosiddette Missae Breves, ossia parziali perch musicate solo
in alcune sezioni, conferma anche la tendenza che in definitiva vede molti compositori e
soprattutto i loro committenti rinunciare a musicare per intero la Messa piuttosto che
abbandonare lo stile in voga.
La sintesi degli ultimi due secoli appare perfettamente esemplare nella
complementarit del binomio Haendel-Bach. Il primo pu definirsi genio pi mondano:
dotato della straordinaria capacit di sintonizzarsi sul pensiero musicale del luogo e del
tempo in cui operava ed allo stesso momento di influenzare quel pensiero. Desideroso
di affermarsi nel genere rappresentativo, nel periodo romano compose opere ed oratori
di stile italiano, mentre in Inghilterra, patria dadozione, seppe forgiare una poetica
musicale originale e composita che affascin tanto il gusto inglese da ispirarlo per
generazioni. Come dimostra anche la produzione di Henry Pourcell, sia lOpera che
LOratorio, prodotti italiani, conoscevano non poche difficolt di ricezione oltremanica,
per gli argomenti trattati, per questioni di verosimiglianza, per la lingua e, nel caso
dellOratorio, per quellaura cattolica che portava dalla terra dorigine sul suolo
dellInghilterra riformata. Haendel esalt la lingua nazionale, sfrutt le tematiche sacre
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condivise e dal punto di vista musicale diede grande importanza allimpasto strumentale,
non rinunci alla cantabilit ma fond le sue opere su un saldo contrappunto che le
rendesse coese, dense e consequenziali. Pi di tutto sfrutt la forza evocativa
dellAnthem, forma corale portante della musica inglese. Il momento corale, nella
rappresentazione sacra, morale o meditativo che fosse, era molto considerato in
Inghilterra, mentre in Italia attraversava una fase di stanca, dovuta proprio allindebolirsi
dello spirito controriformistico ed allestetica operistica che andava in tuttaltra direzione.
Il pubblico italiano mal digeriva omelie in musica alla fine di uno spettacolo, tanto che
diversi autorevoli trattati di composizione del tempo sconsigliano lintervento del coro
finale. Haendel ne fece il momento centrale che accomunasse virtuosismo tecnico ad
energia comunicativa ed aggregante creando il genere esemplare nel Messiah.
Johann Sebastian Bach, pur non viaggiando come il suo grande collega, entr
in contatto con i maggiori stili dellepoca filtrandoli nelle sue numerose elaborazioni. Con
una musica ritenuta inattuale per lepoca, ha saltato il suo tempo riproponendosi, come
un fiume carsico, in momenti diversissimi, dal Romanticismo alla Nuova Scuola di
Vienna. Nelle Passioni, nelle Cantate, nelle Messe, nei Mottetti larchitettura formale di
Bach somma, egli riesce ad operare su pi strati interpretativi: la superficie unisce
liturgia ed atto musicale in una mirabile simmetria, vengono utilizzate risorse pi
direttamente recepibili, come le melodie corali di base, oppure le consuete figure
retorico-musicali, o ancora la scelta accurata di testi che forniscano una plausibile base
teologica anche eventualmente a discapito dellunit poetica. Su un altro piano lesegesi
semantica e simbolica mostra una profondit sconcertante, fitta di riferimenti numerici,
cabalistici, cristologici che propongono una visione sublimante. Emblematica la
straordinaria Messa in Si Minore, due ore di musica, opera composita dai contenuti
musicali e spirituali altissimi, anello di congiunzione tra la cultura cattolica e quella
protestante, ovviamente difficile da collocare in una liturgia ordinaria.
Bach utilizza tutte le tecniche conosciute, facendo anche ricorso
allautocitazione come se volesse creare una galleria ideale del suo pensiero creativo e
delle sue norme compositive assegnando a ciascuna di loro un messaggio spirituale. La
sua tavolozza dunque si serve di volta in volta significativamente di uno stile particolare.
Il primo brano ad esempio utilizza il trattamento corale nel Kyrie per simboleggiare
uninvocazione collettiva, mentre nel Christe ascoltiamo un duetto che si muove per lo
pi per terze e seste parallele, come se Cristo scendendo tra gli uomini ci prendesse per
mano, una visione moderna che in qualche modo anticipa anche il Beethoven della
Missa Solemnis. Nellultimo Kyrie si torna ad una intonazione corale stavolta con uno
stile pi arcaico, severo e lontano per esprimere il mistero dello Spirito Santo. In alcuni
passi umanizzati dunque si intonano delle arie nello stile della moderna cantata da
camera, mentre nelle acclamazioni del Sanctus si sfrutta lomofonia verticale, o ancora il
doppio coro concertante alla veneziana, nellHosanna. Le tecniche pi arcaiche, come la
composizione su Cantus Firmus, sono riservate alle professioni come il Credo o il
Confiteor, mentre ai momenti pi intensamente emotivi, come lEt incarnatus ed il
Crucifixus sono riservate le interpretazioni retorico pittoriche. Il tutto retto poi come
detto da una profonda struttura teologico-speculativa dallimpressionante puntualit, una
vera firma bachiana.
Dopo la morte di Bach nella seconda met del secolo si continuarono ancora
per diverso tempo ad utilizzare le forme del primo Settecento come la Cantata
napoletana o la Messa concertata del tardo Barocco, caratterizzate dal nuovo gusto
rococ che privilegiava il melodiare aggraziato delle voci, lemergere degli strumenti e
latematica omofonia armonica a scapito degli episodi corali, non pi comunemente
trattati polifonicamente in varie sezioni e fugati nei finali di Gloria e Credo, ma spesso
composti in stile declamatorio per liquidare rapidamente ampie zone del testo e dare
spazio alle parti solistiche o dinsieme. Importante centro fu Salisburgo che, pur
subendo linfluenza napoletana, continu a privilegiare il trattamento contrappuntistico.
Parallelamente le forme sacre vengono coinvolte nello sviluppo formale dello stile
sinfonico che tende ad unificare le numerose sezioni in cui veniva frammentato il testo
sacro delle composizioni in forma di cantata. E opportuno ricordare Michel Haydn, il
quale mostr forse pi del grande Joseph una costante attenzione al testo liturgico e
alla funzionalit rituale, cercando la massima coesione nelle sezioni pi estese dei testi
sacri. Nelle opere dei grandi classici vi dunque una novit che tenta di superare la
frammentazione che aveva ampliato a dismisura le singole parti dei testi sacri
trasformandole in tante piccole composizioni autonome. Ancora una volta si ricorre
tuttavia a regole musicali tenendo meno presente la misura cultuale. Si sviluppa la
grande messa sinfonica che fa uso del tematismo per unificare composizioni comunque
monumentali e abbaglianti come quelle di Mozart o Beethoven, ma pi che opere
liturgiche ancora una volta altissime meditazioni personali sul mistero divino e lo stesso
inadatte, anche solo per le proporzioni dilatate, ad essere accostate ad una
celebrazione che non le veda protagoniste assolute. Mozart, spronato dal Colloredo,
riesce nellintento di offrire proprio per il culto creazioni allo stesso tempo brillanti ma
ridotte nei tempi e quindi funzionali anche per le esigenze contingenti dellarcivescovo.
Sono sacre? Certamente celebrative. Questo per ribadire i concetti di prassi e contesti
ideologici. Non mancano altre varianti sul tema ma in generale sempre ancora la
tendenza musicale ad improntare anche la composizione sacra. Il Cardinale Katschtaler,
nella sua Storia della Musica Sacra,7 descrive lAve Verum di Mozart come un esempio
di musica conforme alle esigenze rituali nella sua poetica semplicit; non altrettanto
pensa delle sue messe, del Requiem o della Missa Solemnis di Beethoven
sottolineando tuttavia continuamente come il giudizio di negativit su opere inarrivabili
dal lato musicale, si riferisca essenzialmente allaspetto liturgico.
In epoca romantica la meditazione solitaria e profondamente personale ad
ispirare i compositori, non pi un committente da servire. Semmai lopera deve essere
dedicata ai posteri, al futuro, allimmortalit e come tale deve essere libera da vincoli di
finalit immediata. Tale il destino della Missa Solemnis, iniziata nel 1819 in vista
dellintronizzazione dellarcivescovo principe Rodolfo dAsburgo nella sede di Olmutz,
ma presto liberata dalla contingenza e completata nel 1824. Con la Missa Solemnis,
similmente alla grande Messa di Bach, siamo di fronte ad una liturgia cosmica,
interpretata dal quartetto di solisti che si contrappone al coro in ideale alternativa, luno
rappresentando la coscienza dei singoli, laltro facendosi testimone dellumanit intera
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Regensburg 1893
CAFFARELLI, F., Il rapporto di G.Spontini intorno alla riforma della Musica Sacra,
Atti I Congresso Internazionale Studi Spontiniani,Fabriano 1954.
Il compositore non vuole certo negare i progressi dellarte musicale n dotare il culto
solo di contrite melodie ma propone:
Lo sbandimento delle sinfonie d'opera che si udivano
segnatamente nellistante della consacrazione e della consumazione
dellAgnello immacolato nella Santa Messa []. Intendo che la
Musica di Chiesa trasporti i popoli in estasi verso il cielo lodando il
Signore con melodie dolci, gaie, brillanti, fervorose, animate e
piacevoli come gli Angeli e i Serafini ci immaginiamo noi che cantino
e suonino in Paradiso, ma non mai a guisa di baccanti e demoni che
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gridano, urlano e bestemmiano su i teatri e nellinferno.
CAFFARELLI, F., Il rapporto di G.Spontini intorno alla riforma della Musica Sacra,
Atti I Congresso Internazionale Studi Spontiniani,Fabriano 1954.
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