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LETTERATURA LATINA 2

-INTRODUZIONE
Lucano e Persio sono tra i protagonisti della fioritura letteraria dell'et di Nerone. Sebbene producano testi appartenenti a generi differenti, le loro
opere presentano l'influenza del contesto storico e culturale in cui vissero. Entrambi allievi di anni ne ho cornuto, aderirono allo storicismo ed
entrambi assunsero come modelli i grandi poeti dell'et augustea, ma la loro emulazione si traduce in una costante ricerca di novit.
-LUCANO
La principale opera di Lucano si chiama Bellum Civile o Farsalia (dal nome della battaglia di Farsalo che decise le sorti del conflitto). Tratta della
guerra civile tra Cesare e Pompeo, evento determinante nella storia romana perch decreta la fine della res-pubblica. Colpisce nel Proemio dellopera
la magniloquenza e la solennit con cui l'autore si rivolge al lettore. Vi sono apostrofi al popolo e a Roma. Si pu istituire un confronto fra linizio del
proemio dell'Eneide ("Arma virumque cano") e linizio del proemio del Bellum civile (Bella per Emathios plus quam civilia-canimus"). Notiamo
come il termine arma sostituito dal termine bella, il termine bella si riferisce alle guerre, che l'autore definisce pi che civili; il verbo cano
sostituito dal verbo canimus, quindi si utilizza un plurale maiestatis: nella prima persona plurale del verbo non ci si deve vedere il noi come
portavoce o soggetti, ma ci si deve vedere un plurale maiestatis, quindi Lucano assume nei confronti di queste guerre un atteggiamento di
superiorit, disprezza la guerra, si pone su un piano pi elevato rispetto ai fatti raccontati, perch non sono le armi di un eroe che canta, ma si serve
della poesia per narrare dei fatti che si riferiscono a delle guerre da disprezzare. La gravit di queste guerre non sta nel fatto che sono semplicemente
delle guerre che si combattono tra stessi cittadini, ma sono nefaste e da disprezzare perch sono combattute tra cittadini che sono legati tra loro da
vincoli di parentela. Gi dai primi versi si nota come Lucano deve raccontare le guerre civili assumendo un atteggiamento da giudice, analizza tutte le
nefandezze di quelle guerre e analizza le cause che hanno portato a tanto nella storia di Roma, Virgilio canta le armi e l'eroe, qui invece non si fa
riferimento a degli eroi. Virgilio scrive l'Eneide per esaltare la storia di Roma perch vuole legittimare la politica espansionistica romana in quanto
faceva rientrare lespansionismo di Roma in un disegno provvidenziale, affinch Roma potesse diffondere la pax universale. Tutto ci si era realizzato
grazie alla Romanitas, linsieme di tutti i valori della romanit, tra cui la pietas di Enea, il rispetto incondizionato del volere divino, lamore
della patria, lamore filiale, la virt intesa come valore militare, quindi tutti questi valori confluiscono a Roma nel Mos Maiorum. Il genere epico
fino a Virgilio aveva avuto queste finalit, esaltare le res Gestae e esaltare la storia di Roma. In questo senso la guerra era stata legittimata perch
grazie ad essa e a questi valori Roma era diventata caput Mundi. Roma aveva conosciuto periodi fiorenti fino a Cesare, dopo comincia il suo declino.
La guerra civile combattuta tra Cesare e Pompeo, ed essendo lopera di lucano un poema epico si deve esaltare un eroe, e sembrerebbe che o Cesare
o Pompeo impersonifichi l'eroe dell'opera. Leggendo il poema invece ne Cesare ne Pompeo risultano impersonificare tale figura, anzi, vedremo che
Cesare impersonifica la figura dell'anti-eroe, l'eroe del male.
Se Cesare l'eroe del male l'eroe in senso positivo dovrebbe essere Pompeo, invece no: metaforicamente Pompeo e Cesare sono associati ad una
quercia e ad un fulmine: la quercia metaforicamente rappresenta la forza, la stabilit, la saggezza, la longevit, la protezione, tutto di positivo. Ma in
Pompeo di questa quercia non resta altro che l'apparenza, in quanto la quercia che associata a Pompeo senza foglie, nuda. Pompeo un esponente
del Senato, e il Senato il cuore della res-pubblica: ci quindi va a simboleggiare la decadenza del Senato. Per questo Pompeo non pu essere
considerato un eroe perch un personaggio decaduto seppur nella sua apparente grandezza.
Cesare sembrerebbe un personaggio positivo, se confrontato con la figura precedentemente descritta di Pompeo, ma se viene analizzato leggiamo che
egli ha "nessuno scrupolo di profanare la sua spada", (certamente nella pietas Ia spada doveva servire per difendere la patria, l'interesse comune,
Cesare non lo fa perch aveva fatto un sacrilegio quando aveva varcato in armi il Rubicone (confine settentrionale di Roma), e la legge prevedeva che
chiunque avesse oltrepassato il Rubicone dichiarava guerra a Roma); "prestava il favore divino, investendo tutto ci che ostacolasse la sua brama del
sommo potere" (Cesare quindi combatte contro Roma, mette le armi al servizio del potere personale e questo andava contro tutti i valori del Mos
maiorum); "godendo di aprirsi la via tra le rovine", (Cesare non si preoccupava di niente pur di imporre il proprio potere personale); egli fulmineo e
valoroso, persegue la vittoria, ma tutto ci solo per imporre il potere impersonale a discapito di ogni cosa, distruggendo e infuriando contro tutto ci
che lo ostacola. Quindi Cesare non l'eroe, anzi l'anzi eroe. L'epica di cui Lucano rappresentante si prefigge non pi di esaltare la storia di Roma
nel suo percorso di crescita ma canta con toni magniloquenti specifici del gusto barocco dell'et neroniana la decadenza di Roma e in questo senso
Cesare incarna i valori dell'anti Romanitas.
Lucano nasce a Cordova in Spagna ed figlio di un fratello di Seneca, si trasferisce a Roma chiamato dallo stesso Nerone con cui collabora ma da cui
viene perseguitato fino a quando, considerato corresponsabile della congiura di Pisone, riceve l'ordine di togliersi la vita all'et di 26-27 anni. Ebbe
grande successo a Roma, si forma anch'egli sui precetti della scuola filosofica stoica, anche se vedremo nel corso della sua opera ci sono alcuni ideali
in contrasto con quelli stoici. Riprende i canoni della tradizione epica classica, le sue fonti sono Tito Livio e modello letterario per eccellenza
Virgilio, con cui ha diversi aspetti in comune ma anche grandi differenze: una differenza sostanziale la mancanza di un apparato divino nella realt e
nella storia degli uomini. Questo in contrasto con la filosofia stoica perch lo stoicismo professava l'esistenza del logos, per questo e considerato
anche un po' epicureo. Nella sua opera ci sono anche riferimenti a caratteri soprannaturali, ma sono eventi di carattere mitico, fantasioso, anche
magico. Possiamo notare ad esempio nel testo Funesta profezia": Enea nell'Eneide discende nell'Ade e incontra suo padre Anchise, che con una
profezia post-eventum gli predice la storia di Roma; nel bellum civile, Sesto Pompeo, figlio di Pompeo, interroga l'anima di un soldato deceduto in
battaglia per conoscere l'esito della battaglia di Farsalo, aiutandosi con un rito di necromanzia della maga Eritto.
Enea discende nellAde in un ambiente sereno e tranquillo incontrando il padre, questa invece una scena macabra. La storia di Roma ad Enea era
stata profetizzata da Anchise, egli stesso un eroe, qui invece si consulta un povero soldato anonimo, un cadavere morto combattendo. La sua una
profezia che illustra ogni et della grandezza di Roma in correlazione con la decadenza del Mos Maiorum. In questo passo si fa riferimento a Catone,
un filo-repubblicano, figura molto importante nella guerra civile, quindi sembra essere l'unico personaggio almeno positivo nell'opera tanto che si
ipotizzato che siccome il poema si compone di 10 libri, e secondo la tradizione un poema epico comprendeva 12 libri, e l'articolazione dei libri da
centralit al sesto libro, allora secondo gli storici Lucano aveva in progetto di scrivere 12 libri e nei due libri mancanti si ipotizza che si sarebbe data
importanza alla figura di Catone e al suo gesto eroico suicida.
Uno degli elementi pi tipici dello stile di lucano e la "concettualit" ovvero il gusto per la frase a effetto, incisiva, pregnante, che colpisce sorprendere
il lettore.

-PERSIO
La satira un genere letterario che rappresenta parodisticamente la realt attraverso una sua ridicolizzazione con toni ironici, sarcastici, con l'utilizzo
di figure retoriche. Pu avere un fine moraleggiante, perch attraverso la rappresentazione parodistica della realt si va a sottolineare la corruzione, la
degenerazione morale. Il nome di questo genere risale ai primi testi letterari, tra cui la "satura lanx", che prendeva il nome dal piatto composto da varie
primizie, ad indicare la variet tematica e quindi l'originalit della satira. Il primo poeta satirico era stato Lucilio: con la "satura" che aveva il fine di
rappresentare parodisticamente la realt con un intento moralistico, poi ci fu Orazio, anch'egli con intento moralistico ma non dichiarato,
rappresentando la realt nei suoi aspetti pi ironici, pi divertenti, per ridere sui difetti degli uomini senza volersi ergere a loro giudice, in quanto egli
mirava soltanto a ridere della fragilit umana. La satira di questo periodo una satira pi pungente, riprende una delle caratteristiche principali della
satira che l'attacco personale, molto sarcastica, ha un intento molto morale, tant' che Persio si paragona ad un chirurgo, sottolineando la freddezza,
la mordacit, il sarcasmo delle sue satire e affermando che il poeta satirico doveva essere come il chirurgo di fronte ad un arto malato, "tagliente". La
sua satira mira ad estirpare la corruzione dilagante nella societ, si paragona ad un uomo che in cima ad una torre, che vede la realt dall'alto, quindi
lui si pone al di sopra della realt con l'intento di denunciare e di sorridere amaramente di ci che accade. Persio compone sei satire e un
componimento costituito da 14 coliambi (variante del trimetro giambico), egli aveva davanti a s una traccia ben delineata costituita dalla prassi
letteraria dell'Orazio satirico, infatti fece del suo predecessore il suo punto di partenza. La coscienza espressa da Orazio sulla diversit della satira
spinse Persio a condurre, sin dai suoi primi testi, un'aspra requisitoria contro la visione contemporanea, in particolar modo contro l'esagerata
elaborazione formale, risultante priva di contenuti, e contro la moda delle "recitationes", nelle quali l'arte ridotta a oggetto di intrattenimento,
risultando priva di consistenza morale. C' un processo di decadenza della letteratura in questo periodo imperiale, in maniera particolare della satira e
dell'oratoria, per la quale ci sar Quintiliano che si occuper non solo di analizzare le cause che hanno determinato la decadenza dell'oratoria ma di
riportarla alla sua dignit letteraria, cos come Persio fa per la satira. Persio fa riferimento alle "recitationes", ovvero alle satire recitate di fronte ad un
pubblico, di conseguenza l'attenzione era concentrata sull'aspetto formale che i cantori, presi dalla loro vanagloria, perdevano di vista insieme alla vera
sostanza dei testi. Quintiliano accuser le scuole di retorica in quanto le oratoria composte ora sono fittizie, mentre prima erano pronunciate nel foro,
in difesa o pro qualcuno o qualcosa, come le orationes di Cicerone. Adesso questo dibattito nel foro non c' pi, le orazioni sono recitate in privato e
perdono il loro valore. Tra la lotta di Quintiliano e di Persio denominatore comune la presenza di una forma di governo autoritario ostile alla
circolazione di idee e al dibattito, ed quindi chiaro che ne esente quella che la sostanza dei testi. Mentre Orazio aveva insistito sulla massima
accuratezza stilistica Persio rifiuta una raffinatezza fine a s stessa, vuota di contenuti e immorale. Colloca la propria produzione sotto il segno del
"verum", quindi al racconto della vita di tutti i giorni. Nella quinta satira Persio fa intervenire il suo maestro Anneo Cornuto. In verit Persio non
rinnega completamente la raffinatezza formale ma indica il procedimento pi caratteristico della sua maniera satirica nella "Iuncutura acris"
,associando i termini in modo ardito e sorprendente, associando termini usati in senso proprio con altri usati in senso figurato, rendendo i suoi testi
difficili e inconfondibili, insistendo per sulla volont che la forma non sia fine a se stessa. Lo strumento principale per estirpare i vizi e i difetti degli
uomini quello dell'"Ingenuus ludus", ovvero dello "scherzo non volgare" che permette di colpire a fondo il vizio. La satira di Persio si propone
sempre un fine didascalico ed etico e in essa confluiscono temi diatribici, dottrina stoica e spunti sulla tradizione satirica romana. In quanto al
personaggio del satirico a volte impreziosito da alcuni tratti autobiografici ma non ha soggettivit di Orazio. Questo impegno morale determina il
prevalere di un atteggiamento negativo, molto critico, perch nell'intento di correggere i difetti umani egli non si sofferma tanto nel proporre solo il
giusto modo di agire ma anzi esagera nello smascherare comportamenti falsi, corrotti, coprendoli di ridicolo e provocando ripugnanza: vuole insomma
portare il marcio allo scoperto.

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