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P. OCALLAGHAN, La grazia e la giustificazione nel pensiero di San Paolo, en M. SODI P.

OCALLAGHAN (eds.), Paolo di Tarso. Tra Kerygma, cultus e vita, LEV, Citt del Vaticano 2009, pp.
103-116.

La grazia e la giustificazione nel pensiero di San Paolo


Paul OCallaghan
I. Contestualizzando la dottrina paolina: la grazia giustificante e le buone opere
La dottrina paolina sulla grazia si situa soprattutto allinterno del tentativo
dellApostolo di evitare e superare lumana tendenza frutto del peccato verso lautogiustificazione. Secondo gli scritti paolini, luomo peccatore e creatura, e per questa
ragione le sue opere sono in qualche modo disordinate in partenza. Perci soltanto la
divina misericordia, gratuitamente comunicata, pu salvare luomo e dare valore alle sue
opere. La grazia, in altre parole, si oppone alle buone opere quando queste vengono
considerate e vissute come mezzo necessario per la salvezza, con cui luomo pu presentarsi
davanti a Dio ed esigere riconoscenza.
Paolo adopera il termine grazia (chris) un centinaio di volte. Lo fa sempre al singolare,
per designare in genere il favore divino, e in modo specifico levento escatologico che ha
avuto luogo in Ges Cristo e che produce il rinnovamento interiore delluomo credente.
La vita cristiana parte e si incentra sulla donazione di Dio agli uomini e solo
secondariamente come conseguenza, pur necessaria sulletica. Gli uomini sono
peccatori e hanno bisogno di essere redenti da Ges Cristo: perch tutti hanno peccato e
sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per
mezzo della redenzione che in Cristo Ges (Rm 3,23s.).
II. Il cammino della grazia: Ges Cristo
La giustizia ha origine esclusivamente in Dio, secondo Paolo. Per lunico cammino per
raggiungerla per la fede in Ges Cristo.
Sono molti i testi che indicano questa dottrina. Giustificati dunque per fede, noi siamo
in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Ges Cristo. Per mezzo di lui abbiamo
anche, mediante la fede, laccesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo,
saldi nella speranza della gloria di Dio (Rm 5,1-2). Ora invece, indipendentemente dalla
Legge, si manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti: giustizia
di Dio per mezzo della fede in Ges Cristo, per tutti quelli che credono (Rm 3,21s.). In
Romani 4,24 ss., Paolo spiega che nellAntico Testamento Abramo veniva giustificato non
per mezzo delle sue opere, ma per la fede in Dio (cf. Gn 15,6) in base ad una promessa
ancora non vista n verificata; il cristiano, similmente, giustificato per mezzo della fede
in Ges Cristo.
Nel contempo, ci che rende possibile la redenzione (o salvezza) per mezzo della
grazia, il fatto che tutti siamo stati creati in Cristo e a causa di Cristo, un tema ricorrente
in Paolo (1 Cor 8,6; Col 1,15-20; Eb 1,2-3.10). In altre parole, Cristo viene a salvare un
mondo gi creato da Lui e indirizzato sin dallinizio verso di Lui; la grazia, perci, non
1

qualcosa di violento, di invadente, di artificialmente aggiuntivo; esiste ed agisce in


continuit con il dono divino della creazione.
Bisogna aggiungere, per, che il Cristo non pu essere considerato come un mero mezzo
che rende disponibile la grazia, perch secondo gli scritti paolini il dono di Dio agli uomini
Ges Cristo stesso. Vivere nella grazia vuole dire essere (o vivere) in Ges Cristo. In un
brano famoso della lettera ai Glati, Paolo dichiara che sono stato crocifisso con Cristo e
non sono pi io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20).
Questa incorporazione o rivestimento di Cristo, secondo Paolo, ha luogo per mezzo del
Battesimo con linvio dello Spirito Santo. Siamo stati battezzati in Cristo Ges (Rm 6,3).
Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo (Gal 3,27; cf. 2 Cor 5,2; Ef
4,24).
III. Lo stato nuovo del cristiano
Il credente in Cristo, secondo san Paolo, vive in un nuovo stato. Il vivere in Cristo non
equivale ad una mera assimilazione dello stile di vita e lesempio del Maestro (Fil 2,5), con
unimitazione, tramite le proprie forze, delle sue virt e dei suoi atteggiamenti. La realt
pi forte: Cristo vive in me (Gal 2,20). Per questa ragione Paolo pu dire: Mi vanter
quindi ben volentieri delle mie debolezze, perch dimori in me la potenza di Cristo (2 Cor
12,9). Cristo si rende presente ed attivo nel cristiano, che perci vive in Lui, con Lui, per
Lui.1 Paolo impiega una ricca variet di espressioni, fortemente collegate tra di loro, per
spiegare questa nuova vita che scaturisce dal Cristo e si fa sempre pi presente nella vita
del credente. Ne possiamo elencare sei.
1. In primo luogo, la nuova creazione.2 La vita che risulta dal dono di Dio viene
chiamata da Paolo una nuova creazione (Gal 6,15).
Il nuovo uomo creato secondo Dio nella giustizia e nella santit vera (Ef 4,24). Se
uno in Cristo, una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco ne sono nate di
nuove (2 Cor 5,17). Lopera di Dio nelluomo quella di essere creati in Cristo Ges per
le opere buone (Ef 2,10). Luomo creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26) viene
ri-creato in Cristo secondo la sua immagine (Rm 8,29). Da una parte, questa spiegazione
fa riferimento alla creazione in Cristo, gi menzionata. La nuova creazione quindi
qualcosa di pi di una mera metafora. una vera e propria opera di Dio, lUnico Creatore.
Dallaltra parte, il radicalismo di questa nuova creazione ha come punto di arrivo la
santit e quindi come punto di partenza il peccato, ovvero le cose vecchie.
2. La filiazione divina. Il risultato della vita di Cristo nel cristiano, della nuova creazione,
la filiazione divina, perch Cristo il Figlio di Dio e la sua vita in noi ci rende figli del

Sulla vita di Cristo nelluomo, cf. il mio studio The Inseparability of Holiness and Apostolate. The Christian
alter Christus, ipse Christus in the Writings of Blessed Josemara Escriv, in Annales Theologici 16 (2002) 13564, specialmente pp. 139-46.
2

Cf. B. REY, Crs dans le Christ Jsus: la cration nouvelle selon saint Paul, Cerf, Paris 1966.

Padre. Paolo lascia intendere per che non si tratta di una filiazione naturale, originaria,
ma del frutto della nuova creazione, come una seconda e successiva fase dellesistenza
umana. Per questo, adopera apertamente il termine figli di adozione (Gal 4,6; Rm 5,15-16;
Ef 1,3s.).3 Nel contempo, chiaro che la filiazione ricevuta per grazia produce una realt
non dissimile a quella di Cristo. Per questa ragione il cristiano, figlio di Dio, diventa coerede con Lui (Rm 8,17). Cristo la causa di questa vita filiale (Rm 8,29), che ci ha meritato
sulla croce (Gal 4,5).
La realt della filiazione divina viene resa presente nel credente, secondo Paolo, dallo
Spirito Santo, in qualche modo sperimentato dai cristiani (Rm 8,14.16). Per mezzo dello
Spirito possiamo chiamare Dio Padre (Rm 8,15; Gal 4,6). Si pu dire che lagire dello
Spirito, la nuova vita in Cristo e la filiazione divina interagiscono tra di loro nel modo
seguente: Cristo Risorto, entrato nella pienezza della sua Filiazione, Colui che invia lo
Spirito, per trasformarci (Tit 3,6); a sua volta, lo Spirito ha il compito specifico di assimilare
il cristiano a Cristo, affinch Cristo sia formato in voi (Gal 4,19); perci si dice che nello
Spirito possiamo gridare Abb, Padre (Rm 8,14-16). In poche parole: Per mezzo di lui
[Cristo] possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito (Ef 2,18).
3. La presenza dello Spirito. Diverse volte Paolo parla della presenza dello Spirito
nelluomo come un aspetto specifico e qualificante della nuova vita. La speranza poi non
delude, perch lamore di Dio stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito
Santo che ci stato dato (Rm 5,5).
In effetti, lo Spirito viene inviato (Gal 4,6) e concesso (Gal 3,5) al credente, riversato
(Tit 3,5) su di lui. Viene ad abitare in lui: Lo Spirito di Dio abita in voi (Rm 8,9). Dio abita
in mezzo al Popolo dellAntico Testamento come in un tempio.4 In modo simile il tempio
dello Spirito Santo ora il credente cristiano. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo
Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distrugger lui (1 Cor
3,16 s.). O non sapete che il vostro corpo tempio dello Spirito Santo che in voi e che
avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? (1 Cor 6,19). La presenza dello Spirito, in
altre parole, consacra luomo a Dio, e costituisce un invito pressante a vivere una vita
santa. Allo stesso tempo, dice Paolo, la presenza dello Spirito soltanto un inizio, le
primizie (2 Cor 1,22; 5,5; Ef 1,14; Rm 8,23). Cristo la pietra angolare perch ledificio
possa crescere bene, per essere tempio santo nel Signore. In lui anche voi venite edificati
insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito (Ef 2,21-2).
4. La liberazione dal male. Spesso Paolo parla della salvezza in Cristo come unopera di
liberazione e di redenzione.5 Lardente aspettativa della creazione, infatti, protesa verso

Cf. S. ZEDDA, Ladozione a Figli di Dio e lo Spirito Santo: storia dellinterpretazione e teologia mistica di Gal 4,6,
Pontificio Istituto Biblico, Roma 1962.
4

Cf. Y.M.-J. CONGAR, Il mistero del tempio: leconomia della presenza di Dio dalla Genesi allApocalisse, Borla,
Torino 1963.
5

Cf. G. BORNKAMM, Die christliche Freiheit, in Das Ende des Gesetzes: Paulusstudien, Band I, Chr. Kaiser,
Mnchen 21952; J.-M. CAMBIER, La libert chretienne selon s. Paul, in Studia evangelica, a cura di K. ALAND et al.,
vol. 2, Akademie-Verlag, Berlin 1954, pp. 315-43; S. LYONNET, Libert cristiana e legge dello Spirito secondo s.

la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti stata sottoposta alla caducit non per
sua volont, ma per volont di colui che lha sottoposta nella speranza che anche la
stessa creazione sar liberata dalla schiavit della corruzione per entrare nella libert della
gloria dei figli di Dio (Rm 8,19-21).
Lagire dello Spirito raggiunge lo stesso effetto: Il Signore lo Spirito e, dove c lo
Spirito del Signore, c libert (2 Cor 3,17). Anche nella lettera ai Glati, Paolo parla della
libert che abbiamo in Cristo Ges (2,4). Di fronte a coloro che vogliono sottomettere i
credenti alla schiavit delle opere della legge, Paolo ricorda ai cristiani che Cristo ci ha
liberati per la libert! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della
schiavit (Gal 5,1). Allo stesso tempo, insiste che questa nuova libert non pu mai offrire
al credente il pretesto di peccare. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libert. Che
questa libert non divenga per un pretesto per la carne (Gal 5,13).
Paolo, malgrado lo sfondo linguistico di tipo stoico che caratterizza i suoi scritti, non si
interessa apertamente alla questione filosofica del libero arbitrio, cio la capacit umana di
scegliere tra diverse opzioni. Parla piuttosto della liberazione delluomo che vive sotto la
schiavit del male/peccato, della legge, della morte, della concupiscenza, del fatalismo
che il frutto della grazia divina. Consideriamo ora questi particolari della liberazione
cristiana.
Prima di tutto, si tratta di una liberazione dal peccato, perch luomo, secondo Rm 7, ne
dominato, anche se stato rigenerato dalla grazia di Cristo, secondo linsegnamento delle
grandi lettere paoline (Gal 5, Rm 8). Dovuto a questa liberazione possiamo trionfare sulla
carne, sulluomo vecchio, anche se sar necessaria una battaglia che durer fino alla
morte (Col 3,5-9; Rm 6,12-23; 8,5-13; Ef 4,17s.). Si capisce comunque che non si tratta
semplicemente di una lotta contro la mera debolezza della carne, ma una vera e propria
lotta spirituale, contro le forze del male. La nostra battaglia infatti non contro la carne e
il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo
tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti (Ef 6,12).
Pi complesso poi la liberazione dalla legge di cui parla Paolo specialmente nella Lettera
ai Glati (3,1-5,12). Certamente lApostolo non incoraggia i cristiani a trascurare il
compimento della volont di Dio. Anche la legge giudaica scritta (il Talmud) una guida
per la retta condotta. Tuttavia essa non in grado di produrre la giustificazione delluomo.
La legge non fonte di peccato, non ne lequivalente, anche se pu diventare uno
strumento del peccato, perch rivela lagire peccaminoso delluomo e perch luomo tende
a vantarsi orgogliosamente delle opere compiute in conformit con la legge. Secondo
lApostolo, la legge il Pedagogo (Gal 3,24), in quanto preparazione per la venuta del
Cristo. Con eccezionale insistenza Paolo insegna che il neo-converso dal paganesimo non
ha pi bisogno di aggrapparsi alla legge giudaica, ai riti, alle regole alimentari, alla
circoncisione, ecc. Tuttavia, il cristiano obbligato a vivere una vita santa, seguendo in
tutto la volont di Dio (Gal 5,1-6; Col 2,16-23). lo Spirito Santo ad interiorizzare in
ciascuno la volont divina: Il frutto dello Spirito invece amore, gioia, pace,
magnanimit, benevolenza, bont, fedelt, mitezza, dominio di s; contro queste cose non c
legge (Gal 5,22 s.); ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la legge (5,18).

Paolo, in La vita secondo lo Spirito, condizione del cristiano, a cura di I. de la POTTERIE - S. LYONNET, AVE, Roma
1967, pp. 201-34; F. MUSSNER, Theologie der Freiheit nach Paulus, Herder, Freiburg-Basel-Wien 1976.

Luomo viene liberato anche dalla morte. Come nellAntico Testamento (Gn 3,17-19; Sap
1,13 s.; 2,23), Paolo collega strettamente la morte con il peccato. Come a causa di un solo
uomo il peccato entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e cos in tutti gli uomini si
propagata la morte, poich tutti hanno peccato (Rm 5,12). E dopo: Il salario del peccato
la morte; ma il dono di Dio la vita eterna in Cristo Ges, nostro Signore (Rm 6,23). In
effetti, cos come la morte entrata nel mondo a causa del peccato, essa sar superata nella
risurrezione finale (1 Cor 15,3-58).
Inoltre, Paolo parla della liberazione dalla concupiscenza e dalla debolezza. Dio assiste
luomo nella sua debolezza. Quando Paolo si lamenta della spina nella sua carne, il
Signore gli risponde: Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella
debolezza (2 Cor 12,9). Per questo, conclude, mi vanter ben volentieri delle mie
debolezze, perch dimori in me la potenza di Cristo (ibid). Lo spirito delluomo lo tira in
su, la carne in gi. Per la grazia pi forte del peccato: Ma il dono di grazia non come
la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di pi la grazia di Dio e
il dono concesso in grazia del solo uomo Ges Cristo si sono riversati in abbondanza su
tutti (Rm 5,15).
Infine, luomo viene liberato dal fatalismo, dalle oscure forze del male, e dai sofismi
filosofici: cos anche noi quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi
del mondo Ma un tempo, per la vostra ignoranza di Dio, voi eravate sottomessi a
divinit, che in realt non lo sono. Ora invece che avete conosciuto Dio, anzi da lui siete
stati conosciuti, come potete rivolgervi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi, ai
quali di nuovo come un tempo volete servire? (Gal 4,3.8-9). Fate attenzione che nessuno
faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana,
secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. (Col 2,8).
5. Il perdono dei peccati (la giustificazione). Secondo san Paolo, il primo effetto o frutto
della nuova vita in Cristo, dellincorporazione a Lui, il perdono dei peccati, ovvero la
giustificazione. Si tratta di una questione molto sviluppata lungo le sue lettere,
specialmente in Romani e Glati. Come abbiamo visto, la schiavit da cui viene liberato
luomo non era imposta dalla materia; neppure ha a che vedere con i semplici limiti della
condizione creata. Quando parla delluomo e del cosmo Paolo non dualista. Il punto di
partenza per la giustificazione invece il peccato, e perci lopera di rigenerazione, o
nuova creazione, ha come primo effetto la salvezza, oppure il perdono dei peccati. Per
questa ragione, in Rm 5,12 si insiste che tutti hanno peccato.
Paolo parla della riconciliazione tra Dio e luomo (Col 1,20). Per si deve notare
anche se sembra qualcosa di ovvio che non si tratta di una colpa simmetrica, perch
soltanto luomo ha peccato. Perci in realt la riconciliazione unopera di misericordia
divina, di pura grazia, di perdono gratuito. C una riconciliazione, certamente, per essa
parte esclusivamente da Dio, lunico offeso, che non pu essere placato dallabbondanza
delle opere umane. Luomo non pu prendere liniziativa n contribuire direttamente alla
sua riconciliazione con Dio. Per questo Paolo insiste che era Dio infatti che riconciliava a
s il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola
della riconciliazione (2 Cor 5,19). Il testo dice letteralmente: Dio era in Cristo riconciliando
a s il mondo.

Quando Paolo afferma che Cristo in diversi modi si fece peccato, non si tratta
ovviamente di peccati personali da Lui commessi. Piuttosto si deve dire che Cristo ha
addossato su di s il peccato delluomo, riconciliandolo con Dio nel modo pi profondo
possibile. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore,
perch in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (1 Cor 5,21). E altrove: Cristo ci ha
riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poich
sta scritto: Maledetto chi appeso al legno (Gal 3,13, citando Dt 27,26). Cristo non era il
peccatore, per stato lui a farsi volontariamente sacrificio e vittima per il peccato, e il
sacrificio fu efficace dovuto alla sua completa innocenza. Camminate nella carit, si
legge nella lettera agli Efesini, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato s stesso
per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore (Ef 5,2). E nella lettera agli Ebrei,
una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli [Cristo] apparso per annullare il peccato
mediante il sacrificio di s stesso (Eb 9,28).
Scrivendo ai cristiani di Corinto (2 Cor 5,19) Paolo dice che la riconciliazione con Dio
implica che le colpe non vengano pi imputate alluomo (cf. anche Rm 5,13). Testi di
questo genere sono stati interpretati nella tradizione luterana come affermazioni di una
giustificazione meramente estrinseca o forense del peccatore.6 Ovvero, Dio semplicemente
dichiarerebbe il peccatore perdonato in base al gesto sacrificale di Cristo. Cristo prende il
nostro posto dinanzi al Padre, e viene castigato per noi. Infatti la parola biblica dikaion,
giustificare, vuole dire in aramaico dichiarare giusto. Nel Nuovo Testamento, per, la
dichiarazione di innocenza esprime solo una parte del significato dellespressione
giustificazione del peccatore. Per questa precisa ragione si inventato un neologismo
cristiano in lingua latina, iustificatio, che vuole dire letteralmente rendere giusto.7 Il
peccatore infatti viene dichiarato giusto e perdonato, ma viene anche reso giusto. Con
lopera di Cristo si verifica qualcosa che va pi in l dellefficacia dei riti ebraici della
purificazione, che esprimono una purezza perlopi esteriore. Parlando del Battesimo,
Paolo insiste: siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del
Signore Ges Cristo e nello Spirito del nostro Dio! (1 Cor 6,11).
6. Limpegno cristiano per la santit di vita. Il campo di prova per i cristiani giustificati e
santificati quello della santit di vita. Certo, gli uomini non si giustificano in base alle
buone opere. Per le buone opere devono essere presenti nella vita del giustificato, come
frutto e manifestazione della grazia. I cristiani vengono chiamati da Paolo pi di trenta
volte i santi,8 quelli cio che vivono una vita santa e virtuosa. La vita di Cristo presente in
loro li spinge ad una vita virtuosa e a diffondere il bonus odor Christi, il profumo di Cristo
(2 Cor 2,15) verso le persone che hanno intorno a s. Il peccato, invece, che non in grado
di produrre le opere buone, indica che la nuova vita non presente ed attuante (Rm 1,29;
Gal 5,18).

Cf. il mio studio Fides Christi. The Justification Debate, Four Courts, Dublin 1997, pp. 187-91; 217-27.

IDEM., pp. 149-51.

Cf. ad esempio Rm 1,7; 1 Cor 1,2; 6,1-2.7.14; 2 Cor 1,1; 8,4; 9,1.12; 13,12; Ef 1,1.15.18; 3,8.18; 5,3; 6,18; Fil 1,1;
4,21-22; Col 1,1.2.4.22.26; 3,12; 1 Tm 5,10; Filem 5; Eb 3,1; 6,10; 13,24; 1 Pt 1,16.

7. La grazia, perch? Dopo aver descritto, pur in modo succinto, la ricchissima dinamica
della vita della grazia e della giustificazione negli scritti si san Paolo, bisogna chiedersi con
quale finalit Dio ha voluto dare questo dono agli uomini che credono al suo Figlio fatto
uomo? Perch si in grazia, in Cristo? Perch si destinati a vivere come figli di Dio, a
ricevere il regno di Dio in eredit? Queste domande ci portano alle ultime due questioni
attinenti alla teologia paolina della grazia: la finalit apostolica della vita dei credenti in
Cristo, e il disegno divino di ricapitolare tutte le cose in Cristo.
IV. Vivendo in Cristo per comunicare la vita di Cristo agli uomini
Paolo parla della grazia (chris) come una realt semplice, unica, che esprime e
contiene il dono di Dio in Ges Cristo agli uomini. Inoltre, parla della presenza nella vita
della Chiesa dei carismi (charsmata), ovvero dei doni divini speciali che facilitano la
comunicazione della Buona Novella allumanit, rendendo possibile la missione
universale della Chiesa. Detto diversamente, la grazia cristiana, pur destinata alla
giustificazione del singolo, spinge ugualmente verso lapostolato dei cristiani. Charitas
Christi urget nos, la carit di Cristo ci spinge, dice Paolo (2 Cor 5,14).
1. LApostolo Paolo. Certamente Paolo applica questo principio in primo luogo a s
stesso, affermando che mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi
sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno (1 Cor 9,22). Egli si sente
obbligato ad evangelizzare: guai a me se non annuncio il Vangelo (1 Cor 9,16; cf. Rm 1,5;
12,13; 15,15s). Bisogna notare che la grazia della conversione che Paolo ricevette sul
cammino di Damasco non era semplicemente quella della conversione personale, ma
proprio la conversione per una nuova ed universale missione.9 Di Paolo Ges disse ad
Anana: egli per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai
re e ai figli di Israele; e io gli mostrer quanto dovr soffrire per il mio nome (At 9,15 s.).
E nella lettera ai Glati, dice lApostolo: ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia
madre e mi chiam con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perch lo
annunziassi in mezzo ai pagani (Gal 1,15 s.). Questa grazia di Dio in Paolo divenne poi
oltremodo feconda (2 Cor 12,5-10).
La contrapposizione paolina tra la fede e le opere, gi accennata, fa riferimento a due
questioni. Da una parte, alla vita personale in ogni credente: luomo non deve considerare
le proprie opere in uno spirito di auto-compiacenza, ma sperare la salvezza solo da Dio in
cui crede e da cui riceve la giustizia. Dallaltra parte, per, la contrapposizione tra fede e
opere indica anche che i credenti non devono agire in modo tale da stabilire delle frontiere
nei confronti della parola di Dio,10 della forza salvifica che Dio ha spiegato in Ges Cristo.
La forza del Vangelo non richiede il compimento preciso e scrupoloso di una serie di

Cf. il mio studio Fides Christi, cit., pp. 168-82.

10

Cf. ibid., e specialmente le opere di E.P. SANDERS, Paul and Palestinian Judaism, SCM, London 1977, e Paul,
the Law, and the Jewish People, Philadelphia 1983. Importanti anche le opere di J.D.G. DUNN, Jesus, Paul and the
Law: studies in Mark and Glatians, London 1990, specialmente il saggio intitolato The New Perspective on Paul,
in ibid., pp. 183-206, e Works of the Law and the Curse of the Law, in ibid., pp. 215-36; e The Theology of Paul the
Apostle, W.B. Eerdmans; T. & T. Clark Grand Rapids, Mich.; Cambridge 1998.

regole o azioni di tipo istituzionale, le opere della legge. Detto diversamente,


lappartenenza meramente passiva alla Chiesa, come comunit salvata, non sufficiente
per assicurarsi la giustificazione individuale. necessaria la fede, che apre luomo ai doni
divini per s ed anche per gli altri.
Quindi si possono fare due letture, complementari tra di loro, della contrapposizione
paolina tra fede e opere: una lettura pi individuale, che guarda alle opere dellindividuo di
fronte a Dio e alla necessit della fede personale, la fiducia, lumilt; e una lettura pi
ecclesiale, o sociale, che guarda piuttosto allappartenenza comune alla Chiesa, alladesione
alla sua dottrina e specificamente alla qualit intrinsecamente espansiva e contagiosa
(missionaria) della fede.
2. Lapostolo cristiano. Ci si pu chiedere, comunque, se questo forte legame, nella
persona di Paolo, tra lessere in Cristo e lessere apostolo, come due aspetti inscindibili
dalla sua personale vocazione, si verifichi anche nella vita degli altri cristiani. A questa
domanda si pu rispondere in un modo sostanzialmente positivo.11 Tre osservazioni
vanno comunque fatte.
In primo luogo, la forza e limpegno della propria e intrasferibile vocazione come
apostolo delle genti sembra lasciare allombra lapostolato degli altri cristiani, anche
quello degli altri Apostoli (2 Cor 11,22-9). Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue
pi di tutti voi (1 Cor 14,18). Per grazia di Dio, per, sono quello che sono, e la sua
grazia in me non stata vana. Anzi ho faticato pi di tutti loro, non io per, ma la grazia di
Dio che con me (1 Cor 15,10).
Poi, chiaro che il singolare impegno apostolico di Paolo non costituisce una negazione
dellapostolato degli altri cristiani e neppure quello degli altri Apostoli. Come dimostrano
le sue lettere, Paolo contava su molti collaboratori. Si parla dellimpegno missionario ad
esempio di credenti come Priscilla e Aquila che per propria iniziativa istruivano il
predicatore Apollo (At 18,26).
Infine, dal punto di vista pi teologico, Paolo afferma lo stretto legame tra la grazia (la
vita di Cristo nei cristiani) e i carismi, perch tutti e due hanno lorigine nello stesso
Spirito e sono guidati dallamore, ed indirizzati allamore. Vi sono diversi carismi, ma
uno solo lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo il Signore; vi sono diverse
attivit, ma uno solo Dio, che opera tutto in tutti (1 Cor 12,4-6). Non si pu parlare,
quindi, di carismi privati, ricevuti in beneficio proprio; sono tutti per il bene della Chiesa e
tramite essa in favore dellumanit. Lo spiega Paolo a lungo nella prima lettera ai Corinzi
(12,7-11).
V. Predestinazione e ricapitolazione di tutte le cose in Cristo
Abbiamo appena visto che la grazia di Dio data agli uomini, la nuova vita in Cristo, ha
una finalit intrinsecamente missionaria. A ci si deve aggiungere per che la finalit
ultima della grazia sta nella rivelazione definitiva del disegno di Dio in Cristo, ovvero la

11

Sulla questione, cf. R.L. PLUMMER. A Theological Basis for the Churchs Mission in Paul, in Westminster
Theological Journal 64 (2002), pp. 253-271.

ricapitolazione di tutta la creazione in Cristo. Questo disegno, nascosto in Dio (il mystrion di
cui si parla in Colossesi ed Efesini),12 sar rivelato senzaltro alla fine dei tempi, ma stato
rivelato gi in Ges Cristo, centro della storia della salvezza. Perci, quando tutto sar
stato sottomesso [a Cristo], anche lui, il Figlio, sar sottomesso a Colui che gli ha
sottomesso ogni cosa, perch Dio sia tutto in tutti (1 Cor 15,28). Consideriamo la
questione in tre momenti.
Il primo momento. Il punto di partenza del disegno divino, secondo Paolo, la
predestinazione divina. La salvezza operata da Dio nel mondo trova sempre la sua radice
nella predestinazione, fondata sul disegno originario di Dio. Egli parla dei cristiani
predestinati a conoscere la sua volont (At 22,14), ad essere conforme allimmagine del
Figlio suo (Rm 8,29), ad essere per lui [Dio] figli adottivi mediante Ges Cristo (Ef 1,5),
secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volont (Ef 1,11). chiaro
comunque che loggetto primordiale della predestinazione Ges Cristo in persona, il
quale, secondo la prima lettera di Pietro, fu predestinato gi prima della fondazione del
mondo, ma negli ultimi tempi si manifestato per voi (1 Pt 1,20). Lespressione pi
compiuta di questa dottrina si trova nel primo capitolo delle lettera agli Efesini.
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Ges Cristo, che ci ha benedetti con ogni
benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del
mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carit, predestinandoci a essere
per lui figli adottivi mediante Ges Cristo, secondo il disegno damore della sua
volont, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio
amato il disegno di ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e
quelle sulla terra (Ef 1,3-10).13
Sono quattro gli elementi principali di questo brano. (1) I cristiani sono stati
predestinati, o scelti in Cristo. (2) La finalit di questa predestinazione quella di
diventare santi e immacolati, nella carit, vivendo come figli adottivi. Tutto ci (3)
avviene per opera di Ges Cristo, ovvero per la grazia ricevuta nel suo Figlio, e (4)
perch sia benedetto Dio, a lode e gloria della sua grazia. Con molta frequenza infatti
Paolo insiste che la contemplazione cristiana del graduale dispiegarsi di questo progetto si
esprime in primo luogo nella necessit imperativa di lodare Dio, di ringraziarlo per i suoi
doni,14 appunto perch tutto sia a gloria del nome di Ges.15
Il secondo aspetto. Se si parla di predestinazione e del progetto divino di portare tutto
sotto il dominio effettivo di Dio in Cristo, ci si potrebbe chiedere se non si trovi un certo
determinismo in partenza, basato sul disegno divino in cui tutto sia stato previamente
deciso e preordinato? Gi abbiamo visto che la libert di cui parla Paolo non si identifica in
primo luogo con il libero arbitrio, ovvero con lautonoma autodeterminazione di ogni
uomo, ma piuttosto con la liberazione dalla schiavit del peccato. Inoltre, la riflessione di

12

Cf. D. DEDEN, Le mystre paulinien, in Ephemerides theologicae Lovanienses 13 (1936) 405-42.

13

On the exegesis of this text, cf. A.T. LINCOLN, Ephesians (Word Biblical Commentary, 42), Word Books,
Dallas 1990.
14

Cf. Col 1,12; 1 Cor 1,4; 2 Cor 4,15; 9,11; Eb 13,15.

15

Cf. Rm 1,5; 2,7.10.29; 5,2.11; 6,4; 8,17.18.21; 11,36; 14,11; 15,7; 16,27; 1 Cor 1,29; 3,21; 10,31; 2 Cor 1,20; 3,18;
4,15.17; 8,19; Gal 1,5; Ef 1,6.12.14.18; 3,21; Fil 1,11; 4,20; 2 Ts 2,14.

Paolo si deve comprendere alla luce del destino del Popolo Ebreo, oggetto della promessa
divina (Rm 9-11), e non tanto degli individui umani. Paolo parla nella lettera ai Romani di
Dio che sopporta con grande magnanimit gente meritevole di collera, pronta per la
perdizione (Rm 9,22). E Dio agisce in questo modo per far conoscere la ricchezza della
sua gloria verso gente meritevole di misericordia, da lui predisposta alla gloria (Rm 9,23).
Per ancora rimane aperta la domanda: non c nella forte dottrina paolina della
predestinazione, dellelezione, della vocazione, una certa insinuazione di
predeterminismo? Si possono fare tre osservazioni.
Prima, quando Paolo parla di coloro che si perdono, sta pensando alla perdita della
promessa da parte del popolo eletto affinch siano salvati i pagani. Non si tratta invece
della perdita sicura o necessaria di alcuni individui, prevista da tutta leternit, come se
fosse il prezzo da pagare per ottenere la salvezza degli altri. Parlando del destino del
popolo ebraico, Paolo dice che i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (Rm 11,29).
Poi, la predestinazione non implica un processo automatico di salvezza di alcuni
individui; in ogni tappa del cammino del credente, la libera risposta delluomo viene
suscitata: quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi
allimmagine del Figlio suo, perch egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che
ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli
che ha giustificato, li ha anche glorificati (Rm 8,29s.). Terza, infine, la grazia data non
arbitraria nei suoi effetti, ma destinata a superare il peccato e a portare luomo alla
salvezza; luomo viene pienamente, spesso faticosamente, coinvolto in questo processo.
Inoltre, nella lettera agli Efesini la predestinazione sempre riferita a Cristo oppure, in
Lui, alla collettivit cristiana. Afferma spesso che Dio gli ha amato personalmente, gli ha
salvato, chiamato, inviato. Per no dice mai che gli ha predestinato. Loggetto della
predestinazione sempre Cristo, e in Lui il noi (Ef 1,4-7).
Terzo ed ultimo aspetto. La ricapitolazione di tutto in Cristo compromette lintera
creazione e non solo luomo, oppure la Chiesa. Con forza Paolo parla de lardente
aspettativa della creazione, che protesa verso la rivelazione dei figli di Dio
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad
oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo
interiormente aspettando ladozione a figli, la redenzione del nostro corpo (Rm 8,19-23).
Il capitolo centrale di questa ricapitolazione sar la risurrezione corporale dei morti,
promessa alla fine dei tempi (1 Cor 15). In quel momento, quando il Figlio sar sottomesso
a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perch Dio sia tutto in tutti (1 Cor 15,28).

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