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La malattia di Alzheimer

INTRODUZIONE
Cos la malattia di Alzheimer
In che cosa consiste la malattia di Alzheimer
Cause
Quali sono i sintomi pi comuni della malattia- Evoluzione
Disturbi cognitivi
Disturbi della memoria
Disturbi del linguaggio
Disturbi del pensiero
Altri disturbi
La valutazione dei disturbi cognitivi
Disturbi comportamentali
Fattori di rischio
Anatomia patologica
Diagnosi e assistenza
La famiglia
Assistenza
Autonomia del malato
Guidare
Trasporti publici
Uscire da solo
Fumare
Bere alcoolici
Gestione denaro
Tutore o curatore
Malati di demenza con meno di 65 anni
Risultati delle terapie non farmacologiche
Integrazione Emotivo-affettiva
Frenare il progredire della malattia
Quali supporti per le famiglie
La malattia di Alzheimer, che rappresenta il 60 % di tutte le demenze,
prende il nome da Alois Alzheimer (1864-1915), neurologo attivo ad
Heidelberg e poi a Monaco, che ne descrisse tra il 1906 ed il 1911 le
principali caratteristiche microscopiche cerebrali. Nel 1906 il Prof.
Alzheimer descrisse il caso di una donna di 51 anni, per quel tempo gi
anziana, con disturbi della memoria e delirio, che present poi
all'autopsia un quadro molto particolare a livello cerebrale.

Cos la malattia di Alzheimer

Una visione un po materialista struttura la vita come simbolizzata da un


tesoro
ricevuto o ereditato dal quale, quotidianamente, si toglie qualcosa.
Lespressione
mitica riveste il carattere della perdita e della pauperizzazione: ogni
giorno
diventiamo qualcosa di meno.
In questo modello la malattia di Alzheimer rappresenta il punto finale,
lespressione di un impoverimento ontologico estremo che, con la perdita
dell
intelligenza, ci porta al limite dellumano: una frontiera dalla quale
fuggiamo
spaventati.
Anche nellimmaginario medico si evidenzia questo simbolo della
frontiera,
proprio perch di fronte a questo morbo falliscono i fondamenti della
medicina: la
diagnosi che sicura solo se ottenuta sul reperto anatomico; la terapia ,
sino ad
oggi, assolutamente inefficace.
Pure lassistenza si pone in termini di frontiera e crea il modello
limitante del
Nucleo Alzheimer, del giardino prigione dove si fa tutto per non fare
niente.
Queste osservazioni ci portano per a considerare un modello nuovo di
relazione
medico-paziente e infermiere-assistito che sposta il punto di osservazione
e
cambia le dinamiche.
L osservazione , nel trattamento della demenza, passa dalloperatore al
soggetto
che diventa, nella sua dimensione distaccata e solitaria, la persona
scrigno che
contiene la verit e rappresenta un mondo da scoprire.
Se in una qualsiasi altra malattia loperatore si pone come osservatore e
dirige la
comunicazione per ottenere conferme, la persona demente, al contrario,
impone

un modello proprio che potr essere rifiutato, ma, in tal caso, si otterr
solo un
insuccesso, un fallimento dellesperto o del medico. La demenza obbliga a
ritrovare una dimensione prettamente umana, fondata sulla relazione
che, non
pi solamente verbale, deve utilizzare lintelligenza, la fantasia,
lintuizione,
lempatia, lemozione e laffettivit: sorridere, accarezzare, scherzare,
abbracciare,
accompagnare sono gli elementi di una nuova osservazione-relazione.
A questo punto il paziente Alzheimer si pone di fronte al medico,
allinfermiere, al
caregiver, al volontario, ma anche davanti alluomo di cultura ed alla
societ,
come una sfida a cambiare il punto di vista ontologico e culturale. Il
demente
non pu pi essere una frontiera, lultimo gradino della scala della
perdita, ma
la persona per la quale siamo decisi a giocare le nostre carte della
crescita, dello
sviluppo e della vera intelligenza che quella, non dellosservare, ma del
conoscere e soprattutto del CONOSCERE SE STESSO-UOMOPERSONA.
I modelli di intervento non farmacologico che oggi sono utilizzati allo
scopo di
migliorare la qualit della vita di questi pazienti, in maggiore o minor
misura, si
basano sulla relazione interpersonale positiva e sui rapporti empatici ed
emotivoaffettivi.
Si pu anche dire che le relazioni interpersonali funzionano da scudo
che
salvaguarda, in maggior o minor misura, dallinsorgere della malattia. Gli
anziani
che si riuniscono nei Centri Sociali, nei quali questi rapporti sono pi vi
vaci,
potrebbero essere meno colpiti dalla malattia di Alzheimer; per questo
motivo
sarebbe opportuno intraprendere, in Italia, uno studio sullincidenza
della

malattia per esempio nelle popolazioni dei Centri Sociali Anziani


(esperienza
operativa caratteristica del Centro-Nord della Penisola), tenuto conto
anche di
nostre recenti osservazioni secondo le quali in piccoli paesi del Varesotto,
dove le
relazioni interpersonali sono ricche e lintegrazione sociale spiccata,
lincidenza
dellAlzheimer veramente ridotta, pur con la presenza di una alta
percentuale di
ultra-80-enni (4% degli uomini; 6% delle donne).
Un dato non ancora convalidato da adeguati studi epidemiologici, ma
sicuramente di facile osservazione, quello che rileva come nella
popolazione
delle Case di Riposo lAlzheimer non tra le malattie di nuovo impianto;
ci
starebbe ad indicare che le relazioni interpersonali, anche se non ottimali
o, a
volte, conflittive, giocano un ruolo favorevole.
Oltre a questi dati che riguardano la struttura delle relazioni
interpersonali,
nellAlzheimer sono anche i fattori educativo-scolastici che intervengono
fortemente nelle sue modalit di presentazione. Diversi lavori recenti
hanno
dimostrato che un buon livello culturale, anche solo misurato in anni di
scolarit,
interviene a mitigare la frequenza della malattia e gli analfabeti hanno un
rischio
notevolmente pi alto di ammalarsi
E evidente che questi studi permetteranno di individuare meccanismi e
situazioni
sociali, culturali ed educativi che possono agire come fattori di
prevenzione o,
comunque, capaci di attenuare lincidenza di una malattia che, per molti
aspetti,
sta assumendo i caratteri di epidemia silente.
In un momento in cui previsto per i prossimi anni un incremento del
morbo di
Alzheimer, che diventa sempre pi uno spauracchio, evidente che studi
che

permettono di prevedere modelli di intervento capaci di frenare il flagello,


devono
essere non solo sostenuti, ma veramente stimolati.
Ricordiamo che la malattia di Alzheimer caratterizzata dalla perdita
delle
funzioni psico-mentali superiori, con conseguente affievolimento
dellattenzione,
della concentrazione, della memoria e delle capacit cognitive e di
pensiero:
vengono colpite le funzioni di pensare, di sentire e di agire.
Il malato di Alzheimer soffre un drastico cambiamento della personalit,
con
tendenza a deprimersi o ad irritarsi, in reazione alle perdite del suo
funzionamento mentale. Non riesce pi a seguire le istruzioni, soffre di
confusioni
e momenti di disorientamento; pu presentare alterazioni del giudizio,
confondere
le sembianze dei suoi famigliari, non ricordare pi i loro nomi o quelli
delle
persone per lui abituali e, persino, non riconoscere nemmeno se stesso.
In che cosa consiste la malattia di Alzheimer?
una malattia neuro-degenerativa cronica e progressiva, di tipo
presenile, che drena
una importante quantit di risorse del sistema sanitario, del settore
socioassistenziale
e delle famiglie.
Si caratterizza per la perdita della memoria, dellattenzione e delle
capacit
cognitive e comporta alterazioni della condotta che rappresentano una
diminuzione delle funzioni intellettive talmente grave da interferire con il
normale
svolgimento delle attivit quotidiane e delle relazioni sociali.
Si tratta di una demenza, la pi frequente tra tutte, descritta per la
prima volta
nel 1907 dal medico tedesco Alois Alzheimer, per la quale la diagnosi di
certezza
pu essere fatta, ancor oggi, solo al tavolo anatomico.

La malattia, oltre che progressiva, irreversibile e, sino ad ora, non


stata
scoperta nessuna terapia efficace in una percentuale significativa, cos
che il
paziente va progressivamente perdendo le capacit di autogestirsi,
autoassistersi
ed automantenersi ed inoltre di interagire e di adeguarsi al mondo
circostante.

CAUSE

Le cause sono sconosciute. Ci sono diverse teorie: alcuni studiosi


ipotizzano una sola causa, altri parlano di pi fattori compresenti. Tra
questi:
-

una predisposizione genetica;

fattori esterni (ad esempio un virus, anche se non dimostrato


con lAlzheimer sia contagioso);

disordine del sistema immunitario, che non riconosce pi il


cervello come proprio e lo autoaggredisce;

sostanze tossiche;
fattori psicosociali (depressione, trauma cranico, reazione allo
stress).

tuttavia, gli ultimi studi propendono per


unorigine multifattoriale, vale a dire che viene riconosciuta una
concomitanza di
cause anche se quella genetica sembrerebbe la pi importante.
I ricercatori hanno individuato alcuni geni, localizzati sui cromosomi
1,12,14,19 e
21, che, in un modo o in un altro, sarebbero causanti.

Non sono da dimenticare altri importanti fattori favorenti quali:


- virus
- agenti tossici e ambientali
- intossicazione da alluminio
- campi elettromagnetici
- risposte infiammatorie
- traumi cranici
- reazioni auto-immuni
- squilibri biochimici del cervello
- depositi di amiloide nei neuroni.
Lesperienza ci dice, per altro, che esistono fattori che incidono
nellinsorgere della
malattia e, tra questi, fatti critici che inducono ad una perdita
dellidentit
personale e del senso di s:
- morte del marito per donne particolarmente dipendenti ed insicure;
- accuse infamanti ed offensive;
- cambi di residenza;
- interventi chirurgici o incidenti anche poco significativi subiti dalla
persona di riferimento;
- pensionamento, accompagnato da sensi di svalorizzazione;
- perdita del ruolo a cui veniva dato una enorme importanza sociale;
- scippo, furto o tentativo di scasso;
- tensione o stress emotivo persistente.

Quali sono i sintomi pi comuni della malattia?


I primi sintomi della malattia possono essere confusi con i normali segni
dellinvecchiamento, come: dimenticanze, perdita della concentrazione,
difficolt a
mantenere lattenzione, riduzione degli interessi, disturbi motori e
dellarticolazione del linguaggio.
I segni pi frequenti e pi caratteristici dellAlzheimer e che permettono
una
diagnosi per esclusione, sono:
perdita della memoria in forma progressiva e pervasiva;
incapacit di controllare le risposte emotive;
confusione e disorientamento spazio temporale;
frequente ripetizione delle domande;

incapacit di ritrovare le proprie cose, nascoste in luoghi poco usuali;


agitazione, inquietudine e nervosismo;
motricit afinalistica, che stata chiamata vagabondaggio;
allontanamento da casa non riconoscendola come propria;
perdita dellorientamento anche nelle vicinanze della propria casa;
mancato riconoscimento dei famigliari: moglie o marito, figli, nipoti;
stanchezza, distacco, tristezza o depressione;
segni di tensione eccessiva, di irritabilit ed aggressivit;
ideazione paranoica, interpretativa e delirante nei confronti di tutti;
allucinazioni per lo pi visive e uditive;
desiderio di andare dai propri genitori (soprattutto la mamma);
perdita della coordinazione nei movimenti complessi e poco abituali.
Questi sintomi non sono sufficienti per confermare la diagnosi di
malattia di
Alzheimer, anche se, insieme alle altre osservazioni, possono permettere
una
diagnosi di probabilit.
I dati epidemiologici riportano con sempre maggior insistenza che la
povert e
una scarsa educazione durante la giovent aumentano sensibilmente (da
5 a 11
volte) il rischio della malattia.

EVOLUZIONE
Oggi si conoscono bene le fasi di evoluzione del male, dovuto a una
distruzione dei neuroni, le cellule che controllano le funzioni superiori
della corteccia cerebrale. Allorigine del processo degenerativo c, come
gi detto, una proteina presente nel cervello, che si trasforma (non si sa
ancora come, o perch) in betaamiloide e che depositandosi tra i neuroni,
agisce come un collante, inglobandone vaste aree e dando luogo alla
formazione di placche neurofibrillari.Il risultato di queste modificazioni
cerebrali limpossibilit per il neurone di trasmettere gli impulsi
nervosi. Si scoperto inoltre che la malattia accompagnata da una
diminuzione nel cervello della quantit di acetilcolina (fino al 90%), una
sostanza fondamentale per la memoria e per altre capacit intellettive.

Il decorso della malattia dura dagli 8 ai 10 anni e attraversa 3 fasi.


1.

La prima riguarda le capacit mentali. La persona ancora


autosufficiente, ma presenta disturbi della memoria sempre pi
ricorrenti. Nel malato di Alzheimer, questi disturbi sono continui e
accompagnati da altri sintomi: perdita della capacit di ragionamento
e deficit di varie funzioni cognitive; alterazioni della personalit; il
pensiero astratto impoverito, diminuisce la capacit di giudizio e il
rendimento lavorativo.

2.

La seconda fase vede laggravarsi progressivo dei disturbi: il


soggetto incapace di apprendere nuove informazioni; si perde anche
in ambienti familiari, a causa di un disorientamento spaziotemporale; la memoria remota compromessa.
Caratteristiche fondamentali di questa fase sono:
a.
b.
c.
d.

amnesia
afasia
agnosia
aprassia
3. Nella terza fase i sintomi si aggravano fino a perdere la
capacit di riconoscere i familiari, di esprimersi, mangiare,
muoversi da solo. Il malato deve essere assistito e controllato
ogni momento della giornata. Si manifestano difficolt nella
deglutizione e il paziente viene alimentato artificialmente. C
il rischio di complicanze: malnutrizione, disidratazione,
malattie infettive (soprattutto polmonite), piaghe, tumori,
patologie cardiovascolari. I pazienti dementi raramente
decedono per conseguenza diretta della malattia, la causa
da ricercare in una delle patologie sopra elencate, che
insorgono nello stadio avanzato della demenza.

DISTURBI COGNITIVI
Le manifestazioni cliniche della demenza vengono classificate in due
grossi gruppi: i disturbi cognitivi e i disturbi del comportamento.I
deficit cognitivi riguardano la memoria, l'orientamento spazio-

temporale, la capacit di attenzione, giudizio e critica, le funzioni


nervose superiori.In genere la malattia esordisce insidiosamente con
disturbi della memoria modesti, ma poi sempre pi gravi e tali da
interferire gravemente con la vita quotidiana del paziente. Allinizio i
disturbi sono sfumati e successivamente i problemi mnesici si fanno
pi evidenti e disturbanti, riguardano la vita personale e dei familiari,
impediscono l'esecuzione di compiti pi o meno complessi. Il paziente
nega i deficit anche se, nelle fasi ancora pi avanzate,
completamente ignaro di tutti gli avvenimenti della propria vita e non
in grado di riconoscere i familiari. Il soggiorno al di fuori degli ambienti
abituali determina peggioramento di questo sintomo, e tali fenomeni si
fanno particolarmente evidenti di sera, quando le informazioni visive
sono
diminuite.
Anche
i
riferimenti
temporali
vengono
progressivamente meno con la progressiva incapacit a ricordare la
data, la stagione, ecc. Le facolt di giudizio e critica vengono prima o
poi ad essere compromesse.Anche la facolt di attenzione viene
coinvolta, ed al colloquio il malato appare disattento, sebbene gli
argomenti lo tocchino drammaticamente; i suoi interventi sul discorso
sono incongrui e stimoli esterni, anche banali, lo distraggono
facilmente.Talvolta deficit anche cospicui vengono mascherati da una
apparente efficienza nei compiti (in genere lavorativi) che il paziente
ha svolto durante la vita e che continua quasi automaticamente a
portare avanti. In questi casi un evento capace di modificare una
situazione routinaria (pensionamento, lutto familiare, trasloco, ecc.)
determina la comparsa dei sintomi.In altri casi la malattia esordisce
quasi acutamente con un atto assurdo, sconsiderato o contrastante
con la personalit premorbosa del soggetto.Nella fase pi avanzate
della malattia, quella un tempo definita come "neurologica",
compaiono anche deficit legati alla compromissione delle funzioni
nervose superiori: oltre alla memoria, il linguaggio, il pensiero e le
attivit motorie., I deficit cognitivi nella demenza sono frequentemente
associati a disturbi d'ansia e del sonno, turbe dell'umore con
depressione e possibili tentativi di suicidio, specie nelle fasi iniziali della
malattia, quando il paziente ancora in grado di eseguire un piano
d'azione. Sono comuni anche deliri a carattere persecutorio e
allucinazioni soprattutto a carattere visivo.
DISTURBI DELLA MEMORIA
La compromissione della memoria richiesta per fare diagnosi di
demenza ed una componente essenziale del quadro neuropsicologico
dell'Alzheimer. La memoria una funzione cognitiva complessa; tutti i
comparti mnesici sono interessati in questa malattia, anche se con

gravit spesso non uniforme. La memoria a breve termine (MBT)


spesso colpita in misura minima nelle fasi precoci della malattia. La
memoria a lungo termine (MLT) risulta invece pi gravemente
compromessa gi nelle fasi iniziali, soprattutto la memoria dichiarativa
nella componente semantica, episodica, autobiografica. Solo la memoria
non dichiarativa a lungo termine procedurale conservata abbastanza
bene fino alle fasi pi avanzate della malattia. Per questo molti pazienti
riescono ancora a compiere gesti automatici come lavare i piatti o
apparecchiare la tavola. Negli stadi avanzati della demenza la
compromissione della memoria cos grave che il soggetto dimentica la
propria et, l'occupazione svolta, la data di nascita, il nome dei familiari.

DISTURBI DEL LINGUAGGIO


All'inizio i disturbi dell'espressione verbale si manifestano con un
"anomia", ossia una incapacit a reperire i giusti termini per esprimere
un concetto o per denominare un oggetto. Successivamente viene a
configurarsi il quadro di una afasia fluente: il paziente utilizza frasi
fatte, parole "passpartout", ed il linguaggio diviene vuoto e privo di
significato fino a dissolversi progressivamente.Il deterioramento delle
funzioni del linguaggio (afasia) pu manifestarsi nella incapacit di
ricordare nomi di individui e oggetti. L'eloquio di questi soggetti pu
diventare vago e vuoto, con lunghe frasi che per non hanno grossi
significati, ed uso eccessivo di termini indefiniti come "cosa" o
"questo". Anche la comprensione del linguaggio parlato, scritto e la
ripetizione del linguaggio possono risultare compromesse. Negli stadi
avanzati di demenza i pazienti possono risultare muti o presentare una
modalit di eloquio deteriorata, caratterizzata da ecolalia (eco di ci
che viene udito).La persona afasica non riesce a tradurre in contenuto
di pensiero quello che legge o che sente e non riesce a tradurre in
parole dette o scritte quello che pensa. Ci sono quindi due espressioni
dell'afasia: quella sensoriale, il malato non capisce ma riesce ad
esprimersi e quella espressiva: il malato capisce ma non riesce ad
esprimersi. Talvolta nel malato coesistono entrambi gli aspetti
dell'afasia e il disturbo pu assumere diverse manifestazioni.
DISTURBI DEL PENSIERO

Le alterazioni del pensiero astratto sono manifestazione comune di


demenza e si manifestano nella incapacit di pensare in astratto, di
pianificare, di trovare somiglianze e differenze tra concetti e parole, di
ordinare in sequenza, eseguire calcoli matematici
ALTRI DISTURBI
Importantissima la comparsa di disturbi aprassici, che costituiscono
una delle principali cause di disabilit: il paziente, pur non presentando
deficit di forza, non riesce pi ad organizzare atti motori finalizzati e
coordinati e diviene incapace a utilizzare gli strumenti della vita
quotidiana con conseguente difficolt a mangiare, vestirsi, lavarsi, ecc.
L'aprassia pu manifestarsi con la difficolt nel cucinare, nel vestirsi,
nel disegnare (aprassia costruttiva).Le agnosie, anche esse frequenti
nel paziente Alzheimer in fase avanzata, non permettono di capire
l'uso e la funzione di oggetti che possono normalmente essere visti e
toccati.Caratteristica
delle
fasi
pi
avanzate

anche
la
prosopoagnosia, ossia la incapacit di riconoscere i volti, anche dei
familiari. Nei casi estremi il paziente giunge a non riconosce il proprio
volto, e l'osservarsi allo specchio pu essere all'origine di gravi
sentimenti di angoscia.

LA

VALUTAZIONE DEI DISTURBI COGNITIVI

La richiesta di una valutazione delle capacit di memoria viene


avanzata nelle seguenti circostanze:
-

ai fini di una diagnosi di normalit o patologia: l'obiettivo della


valutazione quello di definire se le difficolt riferite dal paziente
rientrino nella normale variabilit oppure siano tali da indurre il
sospetto di un processo patologico che investe le funzioni mnesiche.
Nella seconda delle ipotesi, si tratta di definire se il deficit mnesico
sia isolato o se si presenti associato ad altri disturbi cognitivi;
ai fini di una diagnosi riguardo la gravit della demenza;

accertare una modificazione delle capacit mnesiche del soggetto


nel tempo attraverso controlli longitudinali;

valutazione di ogni singolo paziente per definire meglio il profilo


cognitivo e le abilit residue ai fini di una impostazione di strategie
riabilitative

Una valutazione convenzionale della memoria


cognitive nell'anziano di solito comprende:
1.

2.

delle

funzioni

test che permettono un inquadramento generale delle funzioni


cognitive come il Mini Mental State, che permette di ottenere un
punteggio di efficienza cognitiva generale che discrimina la
normalit e patologia;
test di valutazione delle funzioni attentive;

3.

test che esplorano la memoria a breve termine verbale e spaziale


(test di span verbale): valutano la memoria immediata e cio la
quantit di informazioni che un soggetto pu riprodurre
immediatamente dopo la presentazione; gli stimoli che solitamente
vengono presentati con modalit acustica o visiva sono serie di
cifre, sillabe parole (span verbale): oppure ritmi, sequenze di
posizioni spaziali (es. Block tapping test di Corsi) sequenze di gesti
privi di significato (span spaziale);

4.

test che esplorano la memoria a lungo termine verbale e


spaziale:
- apprendimento di coppie di parole;
-

apprendimento sopra span spaziale, la cui quantit


superiore di due elementi allo span di base; si valuta dopo
quante ripetizioni il paziente riesce ad apprenderle.

5.

test che esplorano le funzioni astrattive, finalizzate a definire se il


paziente presenta oltre ad un deficit mnesico anche un
deterioramento dell'intelligenza.

6.

test che esplorano il linguaggio nella componente ricettiva ed


espressiva.

7.

test che valutano le funzioni prassico-costruttive: l'aprassia


costruttiva indica una compromissione dell'attivit combinatoria e
organizzativa che richiede una chiara percezione dei dettagli e della
comprensione dei rapporti intercorrenti tra le parti al fine di
ottenere una sintesi. Nell'indagine testistica il disturbo si esprime in
un deficit nelle attivit che richiedono di mettere insieme alcune
parti per riprodurre un modello.

DISTURBI COMPORTAMENTALI
Un altro gruppo di manifestazioni cliniche rappresentato dai disturbi
comportamentali e dell'affettivit: rappresentano i problemi pi
disturbanti e socialmente sconvenienti, ma anche i meglio trattabili
farmacologicamente. E' in genere per questi motivi che i familiari si
rivolgono al medico.L'ansia, l'insonnia con agitazione notturna e
l'inversione del ritmo sonno-veglia sono problemi molto comuni nei
paziente affetti da malattia di Alzheimer.Spesso si osservano disturbi
deliranti e fenomeni allucinatori: il paziente convinto di venire
osservato, avversato e persino derubato dai vicini di casa; talvolta
convinto delle presenza di persone, spesso estranee, in casa.Molti
pazienti sono inoltre iperattivi, continuamente ed inconcludentemente
affaccendati, incapaci di star fermi; altri si presentano apatici, lontani,
impoveriti.Certi soggetti con demenza mostrano un comportamento
disinibito, come fare scherzi inappropriati, esibire una familiarit non
dovuta con estranei, non rispettare le normali regole di convivenza
sociale; infine possibile un comportamento disinibito anche sul piano
sessuale.La depressione, presente spessissimo nelle fasi iniziali di
malattia, pone dei grossi problemi diagnostici differenziali: un episodio
depressivo pu essere la manifestazione d'esordio della malattia
d'Alzheimer, ma anche una malattia depressiva pu accompagnarsi a
prestazioni deficitarie nei test che esplorano le capacit cognitive e
mnesiche. Spesso il dubbio risolto unicamente dall'osservazione nel
tempo e dalla risposta ai farmaci antidepressivi.I soggetti con demenza
possono essere inoltre particolarmente vulnerabili agli stressor fisici
(malattie, interventi chirurgici) e psico-sociali (ricoveri in ospedale,
cambiamenti di residenza, lutti), che possono esacerbare i loro deficit
intellettivi.

FATTORI

DI RISCHIO

Gli unici fattori di rischio finora individuati sono rappresentati dall'et e


dalla familiarit. L'Alzheimer certamente una patologia dell'anziano,
ma non vero che il rischio di ammalarsi aumenta con l'et: il
confronto tra le varie fasce di et sembra evidenziare che i soggetti
ultranovantenni non hanno un maggiore rischio di ammalarsi rispetto
ai soggetti di un et compresa tra i 70 e gli 80. Quindi anche se la
malattia di Alzheimer rimane un problema fondamentale dell'et
avanzata, non c' relazione esponenziale tra demenza ed
invecchiamento: esiste uno specifico intervallo di et a rischio

maggiore. La familiarit rappresenta un fattore di rischio dal "peso"


variabile a seconda dei casi: nella stragrande maggioranza dei casi
l'Alzheimer non una malattia ereditaria, anche se i familiari di un
soggetto affetto hanno un rischio di ammalarsi lievemente pi alto
rispetto ai soggetti che non hanno un caso in famiglia. Sono state
finora individuate in tutto il mondo almeno quaranta famiglie in cui la
malattia di Alzheimer trasmessa geneticamente con un meccanismo
di tipo autosomico dominante (un soggetto che svilupper la malattia,
in quanto portatore del gene alterato, ha il 50% di possibilit di
trasmetterlo ai figli). Queste forme familiari, rarissime e caratterizzate
da precoce et di insorgenza e rapida evoluzione, costituiscono per i
genetisti una preziosa fonte di informazioni. Le mutazioni finora
individuate riguardano i cromosomi 21, 14, 1. Mutazioni localizzate nel
sito del cromosoma 21 responsabile della sintesi della proteina betaamiloide determinano una abnorme produzione di questa sostanza, ed
un suo patologico accumulo a livello cerebrale sotto forma di "placche
senili" tipiche dei cervelli Alzheimer. Nei cromosomi 14 e 1 si trovano i
geni responsabili della sintesi di alcune proteine della membrana
neuronale (Preseniline). Mutazioni a questi livelli determinano la
produzione di proteine non funzionali, con conseguenti probabili
anomalie di trasmissione di messaggi tra i neuroni. Alterazioni
genetiche localizzate nel cromosoma 19 sembrano avere una
importanza non limitata solo ad un ristretto gruppo di famiglie: in
questo cromosoma infatti si localizzano i geni responsabili della
produzione delle proteine che veicolano i grassi nel sangue
(apolipoproteine). Un particolare assetto genetico determinerebbe la
produzione di una apolipoproteina (ApoE 4) non efficiente nel trasporto
del colesterolo, costituente essenziale delle membrane neuronali. I
soggetti portatori sarebbero pi vulnerabili ad aggressioni di varia
natura portate al sistema nervoso centrale, in quanto non sarebbero in
grado di veicolare il colesterolo a riparare eventuali siti di membrana
danneggiati.La malattia di Alzheimer potrebbe essere il risultato della
deficitariet di questi meccanismi riparatori.

ANATOMIA PATOLOGICA
Dal punto di vista macroscopico le caratteristiche che permettono di
differenziare un cervello anziano normale da un cervello Alzheimer
sono di tipo quantitativo.In entrambi i casi, infatti, presente riduzione
di peso e volume dell'organo, dilatazione delle cavit ventricolari e, a
livello della corteccia, allargamento dei solchi con assottigliamento
delle circonvoluzioni. Nella malattia, esiste una esasperazione della

perdita di sostanza cerebrale, con decremento del volume emisferico


rispetto ai controlli di pari et, e riduzione del peso dell'organo.
L'atrofia in genere diffusa, ma con pi severo interessamento dei lobi
temporali e in particolare dell' ippocampo, struttura fondamentale per i
processi mnesici: recenti studi sembrano evidenziare una correlazione
significativa tra gravit della demenza e grado di atrofia del lobo
temporale misurata alla Risonanza Magnetica.L'esame microscopico del
cervello malato presenta invece caratteristiche peculiari riassumibili in:
-

perdita neuronale, riguardante soprattutto i grossi neuroni


corticali, considerata la causa principale dei deficit cognitivi;

gravi fenomeni regressivi che interessano i neuroni residui:


all'interno di essi si osservano strutture filamentose (degenerazione
neurofibrillare di Alzheimer) ed inclusioni ovoidali (degenerazione
granulo-vacuolare);

placche senili, costituite da strutture di forma sferoidale, che si


osservano anche nelle zone pi antiche della corteccia cerebrale
dell'anziano normale.

Nei soggetti Alzheimer si osserva un aumento di densit delle placche


senili ed una loro diffusione anche in zone "neocorticali", ossia in quelle
zone probabilmente deputate alle attivit pi elevate del nostro
comportamento.Le placche senili sono composte, oltre che da residui
di neuroni degenerati e da rare cellule infiammatorie, dalla "sostanza
amiloide", costituita principalmente da un polipeptide, la beta-proteina
amiloide.

DIAGNOSI E ASSISTENZA
Gli unici segnali che possono confermare con certezza la
malattia, cio la formazione di placche nel cervello, possono essere
rilevati solo dopo la morte, con lesame del tessuto cerebrale. Alla
diagnosi si arriva dopo aver escluso altre malattie. E fondamentale la
collaborazione dei familiari, ai quali verranno chieste pi informazioni
possibili sul comportamento del paziente.Per escludere la presenza di
altre malattie che potrebbero spiegare la demenza, di solito vengono
prescritti alcuni esami di laboratorio. Sono utili anche la Tac, in grado
DIAGNOSI

di rilevare lo spessore del cervello, oppure la risonanza magnetica, che


fornisce unimmagine particolareggiata.Ci sono alcuni aspetti che
importante
prendere
in
considerazione
all'inizio
della
malattia.L'orientamento attuale quello di informare sempre pi
spesso la persona della diagnosi che la riguarda. Questo forse dovuto
ad una maggior consapevolezza della malattia. Si ritiene, comunque,
che ogni persona debba avere il diritto e l'opportunit di scegliere se e
quando essere informata.In molti casi, si arriva alla diagnosi in seguito
a preoccupazioni espresse dai familiari. Sovente la persona malata non
si rende conto di avere dei problemi e non condivide le osservazioni dei
familiari; non ha perci alcun interesse a chiedere una diagnosi.E'
importante valutare la capacit del malato di comprendere, ma anche
tener conto delle opinioni preconcette o dei pregiudizi che pu avere
sulla malattia, prevedendo cos le sue possibili reazioni. Alcune
persone sono in grado di capire che cos' la malattia, come evolve e
quali conseguenze pu avere sulla vita quotidiana, mentre altri
possono riconoscere soltanto una malattia che comporta la perdita
della memoria. Sarebbe importante trovare un medico capace di
adeguare la spiegazione al grado di comprensione del malato e della
sua famiglia, come pure di prospettare eventuali soluzioni dei
problemi.In alcuni casi vi pu essere una reazione depressiva alla
notizia e la persona pu aver bisogno di aiuto per arrivare a convivere
con i propri sentimenti di rabbia, di colpa, paura e depressione. In
alcuni casi pu essere utile la partecipazione a gruppi di supporto e
auto-aiuto, purch la malattia non sia a uno stadio troppo
avanzato.Sapere di essere affetti da demenza e capire che cosa essa
comporti presenta tuttavia notevoli vantaggi: quando una persona sa,
pu programmare come passare al meglio gli anni di relativo buon
funzionamento mentale che le rimangono. Pu anche avere un ruolo
attivo nel programmare la propria assistenza, stabilire chi dovr
prendersi cura di lei, prendere importanti decisioni finanziarie e persino
partecipare alla ricerca sulla malattia di Alzheimer, o disporre la
donazione post-mortem del proprio tessuto cerebrale per la ricerca.

LA FAMIGLIA
Le famiglie sono sicuramente le seconde vittime della malattia, in
quanto ci si trova a fronteggiare cambiamenti forti della vita quotidiana
e di perdita di relazioni sociali, che possono creare situazioni di disagio
psichico (depressione, ansia).La paura che succeda un incidente ai loro
congiunti, la difficolt anche a tenere pulita la stanza in cui vive il

demente, sono problemi drammatici per chi li vive. In molti casi i


parenti hanno necessit, desiderio di qualche momento di pausa.La
presenza di un malato di Alzheimer nell'ambito della famiglia pu
portare grossi squilibri dal punto di vista della vita sociale. In
moltissimi casi c un completo impedimento sociale, di uno o pi
membri della famiglia stessa.Lospedalizzazione molto diffusa e ci
dipende anche dal fatto che non esiste un supporto alla famiglia, per
cui spesso l'unica risposta l'ospedale.Il ricovero non dipende solo da
motivi sociali, che sono la quota meno rilevante, ma dalle complicanze
che il malato di Alzheimer ha, dalle infezioni alle fratture, dagli
scompensi agli ictus.Il malato di Alzheimer ha infinite problematiche
assistenziali. Di qui la necessit di una serie di strutture e di personale,
che deve essere estremamente qualificato, ma soprattutto motivato a
conoscere e a capire questo tipo di patologia.Per questo tipo di
assistenza ci sono varie figure, il medico di famiglia, che al centro, e
poi tanti altri operatori, non solo per il demente ma per l'anziano in
genere; questa la famosa "cerchia di supporto".Si parlato di come
sia difficile affrontare l'assistenza per un paziente fragile come
l'anziano. Nella rete integrata dei servizi, accanto a una parte
intramuraria, l'ospedale, che da solo non pu rispondere a tutte le
necessit, c' una serie di strutture esterne all'ospedale o intermedie
che permetteranno di arrivare al completamento di una completa rete
integrata di servizi, per offrire un miglior livello assistenziale. Il livello
dell'assistenza familiare va sostenuto, anche se esso non pu essere
considerato sostitutivo di quello pubblico. Purtroppo, in Italia, i servizi
assistenziali e sanitari per questo tipo di pazienti sono molto scarsi;
nella maggior parte dei casi i problemi si scaricano sulle famiglie;
spesso l'unica alternativa rappresentata dal ricovero in ospedale o in
casa di riposo. Molto importante l'educazione e l'informazione
sanitaria che deve coinvolgere soprattutto i famigliari dei pazienti. Un
ruolo altrettanto importante svolto dalle associazioni di volontariato,
soprattutto sul fronte dell'acquisizione di quegli elementi di
consapevolezza e di conoscenza della malattia. Ma quando l'intervento
famigliare non basta pi occorre approntare una rete di servizi
adeguati. L'assistenza domiciliare integrata e l'ospedalizzazione
domiciliare, ad esempio, consentono che gli interventi assistenziali e
sanitari vengano offerti all'anziano nella propria abitazione. I centri
diurni sono invece strutture di tipo aperto che forniscono assistenza e
sostegno alle famiglie. In alcuni casi poi necessario il ricovero in
ospedale o in residenza extra-ospedaliera adeguata.Occorre affrontare
il problema in modo organico, con un intervento su tutti i livelli
assistenziali anche con pi atti normativi che costituiscono ognuno un
tassello di un progetto complessivo ed unitario.Si prevede anche il
potenziamento della rete dei centri semiresidenziali. La loro funzione

di favorire la massima permanenza a domicilio dei pazienti che pure


necessitano di interventi socio-riabilitativi complessi especialistici,
fornendo nel contempo sollievo alla famiglia.Si prevede che tali centri
si occupino di pazienti con demenza senile o altre forme degenerative
che necessitano di assistenza ausiliare e terapia cognitiva. Per questi
pazienti prevista anche una forma di sperimentazione: un progetto
Alzheimer che dovr validare anche linee guida per l'assistenza
semiresidenziale ai pazienti affetti da demenza senile.

ASSISTENZA
All'inizio della malattia, pu darsi che il malato cerchi di nascondere
agli altri le sue difficolt. A volte ci riesce, perch i suoi problemi non
sono gravi e forse perch anche la famiglia e gli amici tendono a
minimizzare, convinti che la perdita di memoria sia una conseguenza
naturale dell'et. Questo periodo pu essere fonte di enorme stress per
la persona malata; pu darsi che il futuro la spaventi, che abbia paura
di soffrire e di morire. Ad un certo punto, quando i sintomi diventano
pi evidenti, nascondere il problema sar sempre pi difficile. Pu
prevalere, allora, l'imbarazzo per i propri errori e l'umiliazione per le
difficolt nelle attivit quotidiane, come lavarsi e vestirsi.E importante
prestare attenzione a questi sentimenti e a queste paure. A volte pu
essere importante poterne parlare; se non possibile confidarsi con un
familiare, potrebbe essere utile ricorrere ad uno psicologo.E
importante discutere su come organizzare l'assistenza. Anche in
famiglie non particolarmente unite, un incontro di questo tipo pu
creare un clima di solidariet e di sostegno reciproco. Se il malato non
ad uno stadio troppo avanzato della demenza, pu essere
un'opportunit ideale per farlo partecipare alle decisioni che lo
riguardano.Tutti i membri della famiglia devono cercare di essere
presenti, anche se questo comporta per alcuni uno spostamento:
-

ognuno deve cercare di assumere preventivamente informazioni


sulla malattia. In tal modo, tutti avranno un'idea pi esatta di che
cos' la demenza, e di cosa implichi assistere una persona malata di
demenza.

bene prepararsi una breve agenda dei punti principali da


esaminare;

durante la riunione, ognuno deve poter dire quello che pensa,


senza critiche o interruzioni. Se qualcuno dei familiari tende ad

essere un elemento disgregante o non rispetta il diritto degli altri a


parlare, pu essere utile chiedere ad una figura esterna - un
medico, un sacerdote o uno psicologo - di presiedere la riunione.
In alcune famiglie si preferisce individuare una sola persona che avr
la responsabilit principale dell'assistenza, mentre in altre si decide di
suddividere tale compito. Di fatto, anche se una sola persona stata
designata a farsi carico dell'assistenza, gli altri familiari possono fornire
un aiuto consistente, occupandosi dei trasporti, della corrispondenza,
di tener compagnia al malato, ecc. Una riunione di famiglia pu essere
utile per selezionare le persone disponibili: pu essere utile predisporre
una tabella degli orari e dei compiti. Una riunione di famiglia pu
anche servire per mettere in evidenza eventuali difficolt pratiche di
qualche familiare (distanza, problemi economici, ecc.), che possono
essere motivo di frustrazione e sensi di colpa. La collaborazione da
parte di persone esterne, come i vicini di casa, permette di allentare lo
stress e di dedicare pi tempo all'assistenza al malato.Quando si
impegnati nell'assistenza ad un malato di Alzheimer - da soli, o con il
supporto di familiari e amici - importante essere consapevoli dei
propri limiti.
AUTONOMIA DEL MALATO
Fin dallinizio della malattia sar necessario affrontare alcune questioni
relative all'autonomia della persona che riguardano soprattutto la
libert personale (guidare la macchina, uscire da solo, bere alcolici,
fumare, ecc.) e la gestione del denaro (emissione di assegni,
compravendite, investimenti, ecc.). Questi temi dovranno essere
discussi col malato ad uno stadio iniziale della malattia, quando
ancora in grado di prendere delle decisioni. Nellaffrontare questo tipo
di problematiche, ci si trover probabilmente combattuti tra il desiderio
di lasciare al malato la maggior indipendenza possibile e quello di
proteggerlo da eventuali rischi o danni.
GUIDARE
Con il progredire della malattia, la capacit di guidare subir
certamente un peggioramento. Il malato comincer a trovare con
difficolt i luoghi noti, a ignorare i segnali stradali e a non rispettare le
regole di circolazione, a guidare troppo in fretta o troppo adagio, ad
avere reazioni lente e disorientarsi, sentirsi frustrato o arrabbiato.
Tuttavia, i malati di demenza sono spesso molto riluttanti a rinunciare
al loro diritto alla guida, che uno degli ultimi segni della loro
indipendenza.

TRASPORTI PUBBLICI

Allo stadio iniziale della malattia, il malato di demenza pu essere in


grado di usare i trasporti pubblici. Ma, col progredire della malattia,
pu cominciare ad avere difficolt a ricordare dove sta andando, a
pagare il biglietto, a prendere l'autobus o il tram giusto, a scenderne
alla fermata giusta, ecc. Quando questo si verifica, il malato prover
imbarazzo e paura, specialmente se non ricorda dove sta andando o
dove abita.

USCIRE DA SOLO

Ci possono essere diverse ragioni che rendono preoccupante il fatto


che il malato esca da solo, come ad esempio il traffico, il rischio che si
perda o che venga derubato, ecc.
FUMARE

Bisogna di regola evitare che il malato di demenza fumi quando solo,


per il rischio di incendi o di scottature. meglio cercare di convincere il
malato a ridurre drasticamente il fumo, o meglio ancora a smettere del
tutto. I malati di demenza spesso si dimenticano di fumare e una volta
che l'abitudine interrotta non sentono pi la mancanza della
sigaretta. Il rischio maggiore si ha quando il malato fuma da solo a
letto. Un buon compromesso pu essere quello di persuadere il malato
a fumare soltanto quando in compagnia, piuttosto che proibirgli
completamente di fumare.
BERE ALCOLICI
Le bevande alcoliche possono accrescere la confusione nel malato di
demenza. Anche se un bicchiere di vino bevuto in compagnia non
dovrebbe essere motivo di particolari preoccupazioni, sempre meglio
chiedere il parere del medico, soprattutto se il malato sta assumendo
dei farmaci. La perdita della memoria pu impedire al malato di
ricordare che ha gi bevuto.

GESTIRE DENARO

La difficolt a gestire il denaro rappresenta uno dei primi problemi


nella demenza. Lincapacit di comprendere il significato simbolico del
denaro e la perdita della memoria, possono indurre la persona a
pagare pi volte la stessa cosa, non pagarla per nulla, regalare i propri
soldi o perderli.
TUTORE O CURATORE

Col progredire della demenza, il malato avr sempre pi difficolt a


difendere i propri interessi. possibile nominare un tutore che
protegga il patrimonio e prenda decisioni per conto suo. Questo istituto
pu essere necessario nei casi in cui il malato non abbia dato
disposizioni utili allinizio della malattia .
MALATI DI DEMENZA CON MENO DI

65

ANNI

Il malato di demenza giovane pi consapevole dei propri disturbi, pi


frequente perci il senso di impotenza e la frustrazione. Inoltre, il malato
giovane in genere pi forte e attivo fisicamente, il che pu rendere
particolarmente difficile controllarne il comportamento irrequieto o
aggressivo.
Se la persona colpita da demenza giovane, ancora pi probabile che
debba cambiare o lasciare il lavoro. importante assicurarsi che il datore di
lavoro sia al corrente della malattia, perch il malato non rischi di essere
licenziato per incompetenza. Questo potrebbe essere ulteriore motivo di
frustrazione se questo comporta anche una perdita di status sociale ed
economico.

Quali risultati con le terapie non farmacologiche?


Al momento, per assistere questi malati, le migliori alternative ai farmaci
sono
risultate: lamore, il rispetto, la comprensione e una migliore qualit della
vita.
Queste scelte alquanto nichiliste hanno stimolato un approccio
riabilitativo fatto
di palliativi che includono la laborterapia, la psicomotricit, la
stimolazione
globale, laccoglimento attivo e molti altri interventi di tipo sostitutivo,
sostenuti

dal desiderio di aiutare perch la vita dei pazienti e dei famigliari sia
meno
pesante.
Una riflessione importante merita la ROT (Reality Orientation Terapy)
che in
molti anni di applicazione non ha prodotto risultati significativi, ma,
senza
dubbio, ha stimolato una ricerca su basi pi scientifiche e con obiettivi
pi
chiaramente terapeutici. Forse alla ROT mancato uno studio
psicologico di
base, ampio ed approfondito, che tenesse anche conto delle
considerazioni
psicoanalitiche e psicodinamiche sviluppate soprattutto dalla scuola
francese.
La Scuola di E.I.T., che ha i suoi fondamenti teorici nella Psicologia dell
Io e nella
Timologia, ha prodotto un programma terapeutico basato sui principi
dell
Integrazione Emotivo-affettiva, che si valida nelle osservazioni
psicodinamiche
fatte sui pazienti e soprattutto sui risultati ottenuti con lapplicazione
pratica.
I nostri studi si fondano sullapplicazione e sullanalisi psicodinamica e
psicoanalitica
eseguite, ormai da cinque anni, da ricercatori delle Universit di Torino e
di Pavia.
Casi osservati per pi di un anno ci permettono di riferire che i risultati
ottenuti
sono molto stimolanti ed aprono un campo di studio veramente
interessante.
Questi pazienti che seguono gli incontri terapeutici settimanali
dimostrano di non
aver perso nulla rispetto alla situazione mnesica e cognitiva iniziale e, al
contrario, hanno avuto notevoli miglioramenti dal punto di vista motorio,
del
contenimento dellesplosivit emotiva e delle reazioni aggressive; hanno
incrementato notevolmente la disponibilit a socializzare e ad esprimere i
loro
desideri e le loro volont.

Cosa pu frenare il progredire della malattia di Alzheimer?


Studi nordamericani hanno messo laccento sul regolare esercizio fisico,
considerando utili: lo jogging, landare in bicicletta, il golf, il culturismo
fisico, il
pattinaggio a rotelle o sul ghiaccio, il ping-pong, il tennis, il nuoto.
Naturalmente
tutte queste attivit richiedono un supporto di caregivers specializzati
e/o una
grande pazienza e dedizione da parte dei famigliari.
La nostra esperienza con l E.I.T. sta portandoci alla conclusione che i
miglioramenti devono essere utilizzati e quindi finalizzati per ulteriori
recuperi in
campo sociale. Questo nuovo impegno non pu essere addossato alle
famiglie, gi
provate dallassistenza quotidiana; di conseguenza, centri diurni per
dementi
possono diventare la chiave di volta per affrontare il problema.
Anche le Associazioni di Volontariato devono partecipare a queste
iniziative che
saranno essenziali per tenere lontano lo spettro del ricovero.
Quali supporti per le famiglie?
Prima di tutto necessario dare informazioni chiare, precise, ricche,
dettagliate
ed aggiornate su disturbi cognitivi e sulle alterazioni del comportamento
che la
malattia induce.
Per affrontarli in modo adeguato ed efficace necessario:
- far nascere centri di aiuto e di autoaiuto;
- dare un supporto psicologico per affrontare la morte in vita del
congiunto
infermo;
- eseguire esami psico-biologici e strumentali necessari per una diagnosi
sicura;
- fornire informazioni esatte sulle necessit di interventi farmacologici di
sostegno;
- chiarire i significati che legano i comportamenti ai meccanismi mentali
per evitare false interpretazioni che generano rifiuti ed anche rimproveri
ed autocolpevolizzazioni;
- spiegare la lunga durata della malattia e, quindi, la necessit di trovare
validi, precisi e costanti aiuti in parenti, amici, volontari e personale

delle associazioni e delle istituzioni.


Vivere con un Alzheimer una vera sfida e i caregivers presentano
spesso
collera, risentimento, rimorsi, nervosismo, tensione, insonnia,
inquietudini
ingiustificate e tutti i segni che possono fare pensare ad una situazione di
stress
tale da giustificare l'aumento dei casi di suicidio.
Il medico di base ha il compito di accompagnare costantemente non solo
il
malato, ma anche i famigliari, dando anche precise informazioni sulle
terapie
possibili (farmacologiche e non), fornendo chiarimenti sui pericoli derivati
da
malattie concomitanti che possono insorgere proprio a causa
dellincapacit del
paziente di autogestirsi; segnalando i centri dove si possono ottenere pi
accurate
e dettagliate informazioni, i gruppi di auto-aiuto che vengono organizzati.
Le Associazioni di Volontariato, oltre ad organizzare i normali corsi di
aggiornamento e formazione, hanno lobbligo di trovare fondi per aiutare
economicamente ed organizzare, con laiuto delle istituzioni, pause di
riposo ed
anche brevi, ma salutari, vacanze per le tanto provate famiglie; di trovare
ed
addestrare persone professionalmente qualificate, capaci di offrire aiuto a
domicilio ed anche aperture sociali per i pazienti.

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