INTRODUZIONE
Cos la malattia di Alzheimer
In che cosa consiste la malattia di Alzheimer
Cause
Quali sono i sintomi pi comuni della malattia- Evoluzione
Disturbi cognitivi
Disturbi della memoria
Disturbi del linguaggio
Disturbi del pensiero
Altri disturbi
La valutazione dei disturbi cognitivi
Disturbi comportamentali
Fattori di rischio
Anatomia patologica
Diagnosi e assistenza
La famiglia
Assistenza
Autonomia del malato
Guidare
Trasporti publici
Uscire da solo
Fumare
Bere alcoolici
Gestione denaro
Tutore o curatore
Malati di demenza con meno di 65 anni
Risultati delle terapie non farmacologiche
Integrazione Emotivo-affettiva
Frenare il progredire della malattia
Quali supporti per le famiglie
La malattia di Alzheimer, che rappresenta il 60 % di tutte le demenze,
prende il nome da Alois Alzheimer (1864-1915), neurologo attivo ad
Heidelberg e poi a Monaco, che ne descrisse tra il 1906 ed il 1911 le
principali caratteristiche microscopiche cerebrali. Nel 1906 il Prof.
Alzheimer descrisse il caso di una donna di 51 anni, per quel tempo gi
anziana, con disturbi della memoria e delirio, che present poi
all'autopsia un quadro molto particolare a livello cerebrale.
un modello proprio che potr essere rifiutato, ma, in tal caso, si otterr
solo un
insuccesso, un fallimento dellesperto o del medico. La demenza obbliga a
ritrovare una dimensione prettamente umana, fondata sulla relazione
che, non
pi solamente verbale, deve utilizzare lintelligenza, la fantasia,
lintuizione,
lempatia, lemozione e laffettivit: sorridere, accarezzare, scherzare,
abbracciare,
accompagnare sono gli elementi di una nuova osservazione-relazione.
A questo punto il paziente Alzheimer si pone di fronte al medico,
allinfermiere, al
caregiver, al volontario, ma anche davanti alluomo di cultura ed alla
societ,
come una sfida a cambiare il punto di vista ontologico e culturale. Il
demente
non pu pi essere una frontiera, lultimo gradino della scala della
perdita, ma
la persona per la quale siamo decisi a giocare le nostre carte della
crescita, dello
sviluppo e della vera intelligenza che quella, non dellosservare, ma del
conoscere e soprattutto del CONOSCERE SE STESSO-UOMOPERSONA.
I modelli di intervento non farmacologico che oggi sono utilizzati allo
scopo di
migliorare la qualit della vita di questi pazienti, in maggiore o minor
misura, si
basano sulla relazione interpersonale positiva e sui rapporti empatici ed
emotivoaffettivi.
Si pu anche dire che le relazioni interpersonali funzionano da scudo
che
salvaguarda, in maggior o minor misura, dallinsorgere della malattia. Gli
anziani
che si riuniscono nei Centri Sociali, nei quali questi rapporti sono pi vi
vaci,
potrebbero essere meno colpiti dalla malattia di Alzheimer; per questo
motivo
sarebbe opportuno intraprendere, in Italia, uno studio sullincidenza
della
CAUSE
sostanze tossiche;
fattori psicosociali (depressione, trauma cranico, reazione allo
stress).
EVOLUZIONE
Oggi si conoscono bene le fasi di evoluzione del male, dovuto a una
distruzione dei neuroni, le cellule che controllano le funzioni superiori
della corteccia cerebrale. Allorigine del processo degenerativo c, come
gi detto, una proteina presente nel cervello, che si trasforma (non si sa
ancora come, o perch) in betaamiloide e che depositandosi tra i neuroni,
agisce come un collante, inglobandone vaste aree e dando luogo alla
formazione di placche neurofibrillari.Il risultato di queste modificazioni
cerebrali limpossibilit per il neurone di trasmettere gli impulsi
nervosi. Si scoperto inoltre che la malattia accompagnata da una
diminuzione nel cervello della quantit di acetilcolina (fino al 90%), una
sostanza fondamentale per la memoria e per altre capacit intellettive.
2.
amnesia
afasia
agnosia
aprassia
3. Nella terza fase i sintomi si aggravano fino a perdere la
capacit di riconoscere i familiari, di esprimersi, mangiare,
muoversi da solo. Il malato deve essere assistito e controllato
ogni momento della giornata. Si manifestano difficolt nella
deglutizione e il paziente viene alimentato artificialmente. C
il rischio di complicanze: malnutrizione, disidratazione,
malattie infettive (soprattutto polmonite), piaghe, tumori,
patologie cardiovascolari. I pazienti dementi raramente
decedono per conseguenza diretta della malattia, la causa
da ricercare in una delle patologie sopra elencate, che
insorgono nello stadio avanzato della demenza.
DISTURBI COGNITIVI
Le manifestazioni cliniche della demenza vengono classificate in due
grossi gruppi: i disturbi cognitivi e i disturbi del comportamento.I
deficit cognitivi riguardano la memoria, l'orientamento spazio-
anche
la
prosopoagnosia, ossia la incapacit di riconoscere i volti, anche dei
familiari. Nei casi estremi il paziente giunge a non riconosce il proprio
volto, e l'osservarsi allo specchio pu essere all'origine di gravi
sentimenti di angoscia.
LA
2.
delle
funzioni
3.
4.
5.
6.
7.
DISTURBI COMPORTAMENTALI
Un altro gruppo di manifestazioni cliniche rappresentato dai disturbi
comportamentali e dell'affettivit: rappresentano i problemi pi
disturbanti e socialmente sconvenienti, ma anche i meglio trattabili
farmacologicamente. E' in genere per questi motivi che i familiari si
rivolgono al medico.L'ansia, l'insonnia con agitazione notturna e
l'inversione del ritmo sonno-veglia sono problemi molto comuni nei
paziente affetti da malattia di Alzheimer.Spesso si osservano disturbi
deliranti e fenomeni allucinatori: il paziente convinto di venire
osservato, avversato e persino derubato dai vicini di casa; talvolta
convinto delle presenza di persone, spesso estranee, in casa.Molti
pazienti sono inoltre iperattivi, continuamente ed inconcludentemente
affaccendati, incapaci di star fermi; altri si presentano apatici, lontani,
impoveriti.Certi soggetti con demenza mostrano un comportamento
disinibito, come fare scherzi inappropriati, esibire una familiarit non
dovuta con estranei, non rispettare le normali regole di convivenza
sociale; infine possibile un comportamento disinibito anche sul piano
sessuale.La depressione, presente spessissimo nelle fasi iniziali di
malattia, pone dei grossi problemi diagnostici differenziali: un episodio
depressivo pu essere la manifestazione d'esordio della malattia
d'Alzheimer, ma anche una malattia depressiva pu accompagnarsi a
prestazioni deficitarie nei test che esplorano le capacit cognitive e
mnesiche. Spesso il dubbio risolto unicamente dall'osservazione nel
tempo e dalla risposta ai farmaci antidepressivi.I soggetti con demenza
possono essere inoltre particolarmente vulnerabili agli stressor fisici
(malattie, interventi chirurgici) e psico-sociali (ricoveri in ospedale,
cambiamenti di residenza, lutti), che possono esacerbare i loro deficit
intellettivi.
FATTORI
DI RISCHIO
ANATOMIA PATOLOGICA
Dal punto di vista macroscopico le caratteristiche che permettono di
differenziare un cervello anziano normale da un cervello Alzheimer
sono di tipo quantitativo.In entrambi i casi, infatti, presente riduzione
di peso e volume dell'organo, dilatazione delle cavit ventricolari e, a
livello della corteccia, allargamento dei solchi con assottigliamento
delle circonvoluzioni. Nella malattia, esiste una esasperazione della
DIAGNOSI E ASSISTENZA
Gli unici segnali che possono confermare con certezza la
malattia, cio la formazione di placche nel cervello, possono essere
rilevati solo dopo la morte, con lesame del tessuto cerebrale. Alla
diagnosi si arriva dopo aver escluso altre malattie. E fondamentale la
collaborazione dei familiari, ai quali verranno chieste pi informazioni
possibili sul comportamento del paziente.Per escludere la presenza di
altre malattie che potrebbero spiegare la demenza, di solito vengono
prescritti alcuni esami di laboratorio. Sono utili anche la Tac, in grado
DIAGNOSI
LA FAMIGLIA
Le famiglie sono sicuramente le seconde vittime della malattia, in
quanto ci si trova a fronteggiare cambiamenti forti della vita quotidiana
e di perdita di relazioni sociali, che possono creare situazioni di disagio
psichico (depressione, ansia).La paura che succeda un incidente ai loro
congiunti, la difficolt anche a tenere pulita la stanza in cui vive il
ASSISTENZA
All'inizio della malattia, pu darsi che il malato cerchi di nascondere
agli altri le sue difficolt. A volte ci riesce, perch i suoi problemi non
sono gravi e forse perch anche la famiglia e gli amici tendono a
minimizzare, convinti che la perdita di memoria sia una conseguenza
naturale dell'et. Questo periodo pu essere fonte di enorme stress per
la persona malata; pu darsi che il futuro la spaventi, che abbia paura
di soffrire e di morire. Ad un certo punto, quando i sintomi diventano
pi evidenti, nascondere il problema sar sempre pi difficile. Pu
prevalere, allora, l'imbarazzo per i propri errori e l'umiliazione per le
difficolt nelle attivit quotidiane, come lavarsi e vestirsi.E importante
prestare attenzione a questi sentimenti e a queste paure. A volte pu
essere importante poterne parlare; se non possibile confidarsi con un
familiare, potrebbe essere utile ricorrere ad uno psicologo.E
importante discutere su come organizzare l'assistenza. Anche in
famiglie non particolarmente unite, un incontro di questo tipo pu
creare un clima di solidariet e di sostegno reciproco. Se il malato non
ad uno stadio troppo avanzato della demenza, pu essere
un'opportunit ideale per farlo partecipare alle decisioni che lo
riguardano.Tutti i membri della famiglia devono cercare di essere
presenti, anche se questo comporta per alcuni uno spostamento:
-
TRASPORTI PUBBLICI
USCIRE DA SOLO
GESTIRE DENARO
65
ANNI
dal desiderio di aiutare perch la vita dei pazienti e dei famigliari sia
meno
pesante.
Una riflessione importante merita la ROT (Reality Orientation Terapy)
che in
molti anni di applicazione non ha prodotto risultati significativi, ma,
senza
dubbio, ha stimolato una ricerca su basi pi scientifiche e con obiettivi
pi
chiaramente terapeutici. Forse alla ROT mancato uno studio
psicologico di
base, ampio ed approfondito, che tenesse anche conto delle
considerazioni
psicoanalitiche e psicodinamiche sviluppate soprattutto dalla scuola
francese.
La Scuola di E.I.T., che ha i suoi fondamenti teorici nella Psicologia dell
Io e nella
Timologia, ha prodotto un programma terapeutico basato sui principi
dell
Integrazione Emotivo-affettiva, che si valida nelle osservazioni
psicodinamiche
fatte sui pazienti e soprattutto sui risultati ottenuti con lapplicazione
pratica.
I nostri studi si fondano sullapplicazione e sullanalisi psicodinamica e
psicoanalitica
eseguite, ormai da cinque anni, da ricercatori delle Universit di Torino e
di Pavia.
Casi osservati per pi di un anno ci permettono di riferire che i risultati
ottenuti
sono molto stimolanti ed aprono un campo di studio veramente
interessante.
Questi pazienti che seguono gli incontri terapeutici settimanali
dimostrano di non
aver perso nulla rispetto alla situazione mnesica e cognitiva iniziale e, al
contrario, hanno avuto notevoli miglioramenti dal punto di vista motorio,
del
contenimento dellesplosivit emotiva e delle reazioni aggressive; hanno
incrementato notevolmente la disponibilit a socializzare e ad esprimere i
loro
desideri e le loro volont.