bene precisare che lambito delle relazioni internazionale riguarda unit politiche indipendenti
abbastanza coese da distinguere tra relazioni al proprio interno e relazioni tra di loro (allesterno).
La distinzione tra ordine interno e sistema internazionale ha cominciato a imporsi proprio con il
superamento dellet medievale e linstaurazione del sistema di stato moderno. La disciplina delle
RI si sviluppata intorno agli anni 20 del ventesimo secolo in Inghilterra per poi imporsi
definitivamente nel periodo della Guerra Fredda.
III.
flessibilit nelle strategie. Nel bipolarismo non c rischio di backpassing, ovvero il rischio
di abbandono da parte degli alleati e di chaingangin, ovvero la tendenza ad incatenarsi
allalleato anche in questioni di minor rilevanza, trovandosi a dover fronteggiare
problematiche non direttamente pertinenti e, di conseguenza rischiando di allargare il
conflitto. Questi due effetti del multipolarismo creano, secondo Snyder, il dilemma della
sicurezza delle alleanze.
La semplicit della teoria dellequilibrio di potenza spiega con accortezza molti fenomeni storici,
ma non le eccezioni (alleanza degli stati con USA dopo la WW2). Walt introduce una teoria pi
complessa, non basata sulla variabile della potenza ma su quella della minaccia. La teoria
dellequilibrio di minaccia prevede che gli stati tendano ad allearsi contro quello pi minaccioso. La
minaccia una variabile complessa formata da quattro categorie:
1. La potenza aggregata: capacit a disposizione di uno stato.
2. La tecnologia militare: capacit che possono trasformarsi in potere offensivo
3. La geografia: posizione geopolitica il potere tanto pi minaccioso quanto pi n vicino
4. Le intenzioni
Le critiche a questa teoria non mancano. Si pensa infatti che le intenzioni degli stati siano piuttosto
aleatorie, nel senso che potrebbero anche essere fraintese dagli avversari.
Una soluzione potrebbe essere il considerare sia lequilibrio di potenza sia le preferenze degli stati,
guardando quindi, anche le variabili interne allo stato. La classica distinzione che si fa tra gli stati in
questo filone riguarda il conservatorismo e il revisionismo (interessate al cambiamento, anche
violento, del SI) degli stati. Secondo questa visione i meccanismi di bilanciamento si concentrano
contro gli stati revisionisti. Aron classifica cos, SI omogenei,dove le visioni politiche e le ideologia
sono tendenzialmente conservatrici ed eterogenei, dove al contrario le visioni sono diverse da attore
ad attore. I sistemi eterogenei, presentano al loro interno attori in disaccordo con il SI
contemporaneo e vorranno rivoluzionarlo, per cui questi SI sono ritenuti pi instabili.
Alcuni studiosi recuperando questa visione, hanno aggiunto alcuni elementi. Secondo il realismo
difensivo il meccanismo dellequilibrio gi un sufficiente deterrente per la maggior parte degli
stati poich il loro obbiettivo la massimizzazione della sicurezza, e si accontentano quindi quando
si raggiunge un livello di sicurezza ragionevole. Solo alcuni stati vogliono invece massimizzare il
loro potere, per cui lequilibrio non funziona pi da deterrente. Snyder, esponente del realismo
neoclassico studia il fenomeno della sovra espansione, ovvero il fatto che alcuni stati tendano a
sviluppare politiche spiccatamente pi aggressive, riprendendo la suddivisioni di Gerschenkron tra
stati industrializzatori precoci, meno propensi alla guerra e stati industrializzatori tardivi, che
cadono pi facilmente nelle mani di interessi specializzati che li rendono pi aggressivi.
Schweller considera le intenzioni degli stati fondamentali, perch gli stati revisionisti difficilmente
si alleeranno con i conservatori. Suddivide gli stati in 4 tipi:
1. Difensori dello status quo;
2. Difensori dello status quo ma deboli;
3. Difensori del revisionismo;
4. Opportunisti del revisionismo;
lequilibrio dipende dalla presenza sufficiente dei primi due vs gli ultimi due. Inoltre Schweller
introduce unaltra variabile: la capacit estrattiva, che dipende dal grado di consenso riscosso
nelle elit politiche al proprio interno, dal grado di coesione interna e dalla forza delle sue
istituzioni. Quanto pi queste caratteristiche saranno disgregate, tanto pi si crea la possibilit di
underbalancing.
Lo strutturalismo, risponde a tutte queste teorie che gli stati sono sempre e comunque tendenti alla
massimizzazione della potenza e della sicurezza, a causa della situazione di anarchia internazionale.
Mearsheiner convinto che ogni stato cerca sempre una posizione egemonica, per eliminare le
minacce alla sicurezza alla radice. Le potenze conservatrici, quindi, sono in una posizione che non
5
LEGEMONIA
Egemonia significa supremazia di uno stato che, sulla base di risorse di varia natura, ha una
preminenza sulle altre unit statuali. Designa linfluenza che una grande potenza stabilisce sopra gli
altri stati del sistema che pu variare dalla leadership al dominio. La PI vista come una
successione di ordini imposti al mondo dalla potenza egemone. Una potenza egemone lascia sempre
il posto ad unaltra in ascesa.
6
Le teorie sullegemonia si dividono in due grandi filoni: le teorie olistiche o globaliste (teoria
delleconomia-mondo e teoria dei cicli lunghi), che hanno come unit di analisi lintero SI e teorie
riduzioniste (teoria della stabilit egemonica e teoria della transizione di potere), la cui unit di
analisi lo stato e le relazioni con gli altri stati.
Tutte le teorie dellegemonia sono accomunate dallidea di fondo che la stabilit del SI dipenda da
una concentrazione di potenza, cio da una distribuzione diseguale ma ottimale della potenza nel
sistema. Le teorie dellegemonia provengono principalmente dalla corrente realista. Secondo i
realisti che si rifanno alla teoria dellequilibrio il problema principale rappresentato dallevitare
che si produca legemonia di uno stato, per cui il mantenimento dellequilibrio il mezzo per
realizzarlo. Ogni tentativo egemonico finisce per rafforzare lequilibrio. I teorici dellegemonia
invece, ritengono che lordine derivi dalla concentrazione di potere e che quando questa sia assente
si generi disordine nellSI.
Un concetto fondamentale per comprendere legemonia quello di autorit, ovvero un potere
ritenuto legittimo. Le relazioni tra stati sono di carattere autoritario.
Le egemonie non sono tutte uguali, infatti, si dividono in leadership benevolenti (il leader fornisce
il bene collettivo della sicurezza) e leadership coercitive (il leader impone la partecipazione all
ordine tramite coercizione). Ovviamente legemonia deve essere basata sia sulla coercizione sia sul
consenso e anche dalla capacit di generare collaborazione tra gli stati.
Aron ritiene che la pace egemonica sia un livello intermedio tra pace imperiale e pace di equilibrio.
La giustificazione del potere egemonico cambiata nel corso degli anni. In special modo oggi si
calcolano alcune variabili come lemergere di un ordine internazionale pi solidaristico e la
globalizzazione.
Ikenberry ha elaborato una teoria evolutiva sulle modalit di sistemazione postbellica, per
analizzare le cause che producono legemonia di alcuni stati. Trova tre principi fondamentali:
1. Le strategie postbelliche sono passate da uno stato di dispersione alla ricerca di equilibrio
tramite un sistema basato su pesi e contrappesi, a causa del cambiamento dei modi di
autolimitazione nelluso del potere.
2. Capacit degli stati leader di utilizzare le istituzioni come meccanismi di controllo.
3. Gli ordini costituzionali riducono i dividendi (?????? Pag 103).
Partendo da questi concetti ikenberry individua tre tipi ideali di ordine internazionale: a) equilibrio
di potenza, b) egemonia (della quale esiste anche una variante rappresentata dagli stati liberali che
forma quasi unegemonia benevola) e c) costituzionalismo. Legemonia , quindi un modo per
realizzare lordine. Ikenberry, inoltre, attribuisce fondamentale importanza alle istituzioni nella fase
iniziale di unegemonia.
Il tema del cambiamento e il ruolo del conflitto
Gilpin spiega il tema del cambiamento nella successione egemonica, generato dai conflitti,
combinando il livello di analisi internazionale e quello statale. Il cambiamento secondo Gilpin
articolato su tre livelli:
1. Mutamento dei sistemi, che riguarda la natura degli attori.
2. Il mutamento sistemico, che riguarda il cambiamento nella forma di controllo
ridistribuzione del potere dopo la frattura di quello esistente.
3. Il mutamento di interazione.
Basandosi su 5 assunti fondamentali del cambiamento sistemico (pag 106), ritiene che solo la
potenza egemone pu garantire una certa stabilit del sistema, che per resa difficile dalla
diseguale distribuzione del processo economico e tecnologico che con il passare del tempo produce
un gap tra prestigio e potere potere che essi sono in grado di dispiegare.
7
La teoria della transazione del potere muove proprio da questo gap tra rango e capacit. Pi le
capacit sono distribuite equamente, pi la probabilit di guerra alta, mentre la pace meglio
tutelata dallo squilibrio tra nazioni. La pace quindi il risultato di una distribuzione diseguale del
potere, perch quanto pi diseguale, tanto pi scoraggia la tentazione di sfida.
Secondo la teoria del ciclo di potere ogni stato ha un ruolo che riflette il suo potere relativo, le
aspirazioni e la loro accettazione. Quando ruolo e potere vanno fuori sincronia crescono i rischi di
momenti critici causati dalla percezione di disparit del potere. Pi basso il gap tra ruolo e potere
minore sar la probabilit di conflitto.
La teoria dei cicli lunghi sostiene che la guerra egemonica, in particolare quella globale (3
caratteristiche: coinvolgere la potenza leader, partecipazione delle maggiori potenze e guerra di
grandi dimensioni), il motore permanente del mutamento politico e un modo per selezionare la
leadership.
Le risorse dellegemonia: militari, economiche, intellettuali pag 117
Supremazia militare (HARD POWER) la forza militare non ritenuta lunica fonte
sufficiente di egemonia. Secondo le teorie cicliche la potenza marittima in grado di
proiettare il conflitto fino a livello globale consente di dominare leconomia mondiale.
Leadership economica la leadership militare economica rappresenta il focus delle teorie
economia-mondo. Secondo Wallerstein leconomia capitalista attraversa fasi di espansione e
contrazione; la relazione tra cicli economici e di potere sta nel diseguale sviluppo
delleconomia.
Lnfluenza intellettuale (SOFT POWER) fattore di fondamentale importanza la capacit di
influire sulle preferenze e gli interessi degli altri stati, ovvero la capacit di attrarre.
Limiti e alternative allegemonia
Tutte le teorie sullegemonia concordano sul fatto che ogni egemonia temporanea. impossibile,
infatti, conservare nel lungo periodo il monopolio delle capacit tecnologiche ed economiche
allorigine del proprio successo. Una determinazione di fattori interni ed esterni comporta, prima o
poi, una crisi. Legemone, quindi, o attacca lo sfidante o riduce il suo impegno internazionale. Il
fenomeno evidenziato si chiama ipertensione o overstretching del raggio dazione dellegemone.
Secondo la teoria economia- mondo la dispersione dei vantaggi tecnologici genera la perdita del gap
competitivo con gli altri stati, che genera un declino dello stato.
Kindleberger afferma la necessit di uno stabilizzatore affinch il sistema si mantenga stabile. La
stabilit garantita solo quando legemone decide di assumersi i costi necessari per fornire il bene
collettivo, attraverso 5 responsabilit:
Mantenere un mercato relativamente aperto;
Fornire prestiti a lungo termine;
Sostenere il credito durante la crisi;
Gestire la struttura dei tassi di cambio;
Alto grado di coordinamento delle politiche monetarie nazionali;
questi principi rappresentano il concetto di infrastruttura economica internazionale, che comprende:
lassicurazione di un mezzo di scambio internazionale, la garanzia di una sufficiente liquidit, la
capacit di protezione i diritti di propriet fondamentale.
Sul rapporto tra egemonia e cooperazione le ipotesi sono molto dibattute. In generale si individua la
relazione tra egemonia e il grado di apertura economica internazionale. Secondo Lake a economie
8
ISTITUZIONI INTERNAZIONALI
Le opinioni sulle istituzioni internazionali sono molto dibattute. C chi ritiene che esse giochino un
ruolo importante nella mediazione della PI e chi invece ne evidenzia la fallacia nellimpedire
effettivamente agli stati che violano le norme internazionali. Trovare una definizione univoca non
semplice, ma si pu innanzi tutto fare una distinzione tra due concetti: organizzazione e istituzione.
Lorganizzazione un gruppo di individui dotato di una struttura formale e orientato verso un
obbiettivo comune, mentre unistituzione un insieme di regole che sfruttano linterazione tra
individui e gruppi, definendo i comportamenti permissibili e quelli vietati. Nel contesto
internazionale, le organizzazioni sono entit materiali composte da personale di vario tipo, che
usano risorse per perseguire obiettivi stabiliti collettivamente dagli stati che le hanno create. Le
istituzioni sono sistemi di regole accettati dai vari stati che stabiliscono come essi devono o non
devono comportarsi gli uni nei confronti degli altri. Le istituzioni possono indicare due insiemi di
categorie differenti: da un lato il termine istituzione si applica allinsieme normativo
consuetudinario e il principio di sovranit, dallaltro designa linsieme delle istituzioni artificiale,
cio non generate dallevoluzione e il consolidamento di pratiche nel corso degli anni (trattati e
accordi internazionali). Anche allinterno di questa categorizzazione il concetto di istituzione non
uniforme. Alcuni studiosi le ritengono insiemi normativi del diritto consuetudinario, altri le
ritengono come atti fondativi progettati. Tra i primi, la Scuola Inglese di Wight, Bull e Buzan, ha
dato un importante contributo. Buzan divide le istituzioni in:
- Istituzioni primarie: che sono generate da processi evolutivi e definiscono gli attori e i loro
comportamenti nel SI.
- Istituzioni secondarie: che sono state create e mantenute dagli stati per la gestione dei loro
rapporti reciproci.
Listituzionalismo funzionalista
Questa corrente nasce intorno agli anni 80 e poggia le basi su due filoni: il funzionalismo e il
neofunzionalismo. Il primo approccio (David Mitrany), ritiene che lo stato abbia dimostrato di non
essere efficiente riguardo alla soddisfazione dei bisogni fondamentali degli individui e che, quindi
doveva essere affiancato a una nuova forma di autorit, ovvero agenzie funzionali che per non
minano la sovranit statale. La percezione dei vantaggi ricavati dalla nascita di nuove forme di
autorit, genera una pace pi duratura. Il secondo approccio afferma lidea che lintegrazione
sovranazionale di un settore di policy generi incentivi per lestensione dellintegrazione in altri
settori (effetto spill-over che pu essere di tipo funzionale, dovuto allinterdipendenza economica o
politico, promosso da elit amministrative ed economiche), la quale viene prodotta da un
progressivo allargamento delle sfere di competenza delle istituzioni regionali a partire dalle attivit
produttive e commerciali. Le critiche a queste dottrine ritengono semplicemente che la
cooperazione tra gli stati sia dovuta allesistenza di una potenza dotata di risorse nettamente
superiori rispetto agli stati.
Listituzionalismo razionalista (Keohane), mira a dimostrare come la cooperazione sia possibile
anche in assenza di un egemone e che le istituzioni internazionali hanno un ruolo importante nella
sua promozione. Lir accetta gran parte degli assunti del realismo ( 1)centralit degli stati nelle RI,
9
2)razionalit strumentale come guida dellazione degli stati, 3) egoismo statale, 4) anarchia
internazionale), ma con lobiettivo di dimostrare che questi assunti sono compatibili con elevati
livelli di cooperazione interstatale. Innanzitutto, si ritiene che le preferenze degli stati siano esogene
rispetto alla teoria (le preferenze sono gi date) e in secondo luogo in materia di cooperazione
internazionale ci sia una logica razionalista, ovvero lesistenza delle istituzioni si spiega sulla base
dei benefici prodotti per gli stati. Per cui attraverso una razionalit strumentale, vengono cercati i
modi migliori per raggiungere lobiettivo della cooperazione. Gli istituzionalisti aggiungono, che le
loro teorie si applicano laddove gli interessi degli stati non coincidono, per cui lesistenza di
unistituzione mediatrice sarebbe vana.
Tra i tipi di preferenze miste si considerano soprattutto:
- I giochi di collaborazione: maggiori benefici in situazione in cui si coopera rispetto a
situazioni in cui nessuno coopera. Per uno stato pu anche trarre maggior vantaggio in cui
lunico a non cooperare lui (esempio emissione dei gas serra). gioco del dilemma del
prigioniero (linteresse individuale a defezionare prevale sullinteresse di collaborare).
- I giochi di coordinamento: gli stati hanno interesse comune a raggiungere un accordo, hanno
idee diverse rispetto ai termini dellaccordo. Questi giochi richiedono, dunque, un processo
di negoziazione. Anche in questo caso linteresse individuale pu prevalere. gioco del
bluff (rifiutare soluzioni che sarebbero vantaggiose rispetto alla non cooperazione). In
questo caso per, i partecipanti, una volta raggiunto laccordo non hanno motivo di non
rispettarlo.
Rispetto alle considerazioni fatte finora, alla base esiste un deficit dellinformazione, al quale
potrebbe rimediare solo unistituzione I, tramite:
a) Diminuzione dellambiguit degli obblighi dei partecipanti;
b) Imporre obblighi si trasparenza e giustificazione agli stati;
c) Delegazione di agenti imparziali per la verifica del rispetto degli accordi;
d) Strutturazione della risposta collettiva e sanzioni in caso di violazione;
e) Assicurazione ai partecipanti di vantaggi futuri derivanti dalla cooperazione, punendo la
defezione;
secondo Fearon gli stati dovrebbero affrontare importanti questioni, come la negoziazione dei
vantaggi e lassicurazione dell efficacia dellaccordo.
[Risultati pag 167]
critiche del realismo: il punto di partenza lidea realista secondo cui la conflittualit tra stati sia
irrisolvibile e che non ci siano interessi comuni tra gli stati. I casi di compatibilit mista sono rari.
La mancata cooperazione non deriva da un deficit dellinformazione ma dallesistenza di interessi
incompatibili. Gli stati non rischiano che stati avversari acquisiscano forza derivante dalla
collaborazione anche se questa producesse vantaggi per se stessi. Quindi che il ruolo delle
istituzioni sia nullo quando gli interessi sono incompatibili (realismo) e anche quando sono
compatibili (istituzionalismo). Quando gli interessi sono misti le istituzioni hanno un grosso valore
(istituzionalismo). Secondo i realisti, gli istituzionalisti guardano solo i guadagni assoluti, senza
tenere i conto quelli relativi.
Unaltra critica realista si riferisce al valore delle istituzioni. Le istituzioni non rappresentano
effettivamente gli interessi degli stati, ma rispecchiano semplicemente i giochi di forza tra essi.
Listituzionalismo costruttivista
Lic ritiene che le istituzioni strutturino, non solo gli incentivi esterni, ma anche gli obiettivi
fondamentali e le stesse identit degli stati, tramite la definizione di modelli culturali di
comportamento appropriato e la promozione visioni del mondo condivise. Le norme internazionali
hanno un impatto causale indipendente sul comportamento degli stati, ma le preferenze di questi
ultimi sono endogene ( da istituz. funzionalista).
Limpatto delle OI avviene tramite socializzazione, attraverso la quale i nuovi attori interiorizzano
le norme fino al punto di darli per scontati.
10
Secondo Wendt bisogna studiare i rapporti costitutivi oltre che ai rapporti causali. La cultura, infatti,
un aspetto essenziale della costituzione degli stati.
La sovranit esiste in funzione delle attivit normative prodotte dalle Istituzioni Internazionali.
Wendt identifica tre livelli di internazionalizzazione delle norme internazionali:
1. Gli attori conoscono la norma, ma obbediscono solo nel caso in cui siano costretti;
[realismo]
2. Gli attori obbediscono alla norma perch nel loro interesse; [istituzionalismo razionalista]
3. Gli attori obbediscono alla norma perch la ritengono legittima; [istituzionalismo
costruttivista] lattore accetta il ruolo che gli stato attribuito dagli altri attori nel
sistema.
La World Polity Theory di Meyer, spiega perch le societ organizzate statualmente, nel mondo
contemporaneo, si assomigliano tutte e perch il cambiamento politico e sociale avviene in modo
simile nei vari paesi del mondo. Molti atteggiamenti degli stati derivano da modelli culturali
diffusi, e tra questi le OI.
Johnston identifica due modelli di socializzazione:
a) Influenza sociale: la conformit ad una norma risulta da benefici (benessere psico, senso di
appartenenza) e sanzioni sociali (esclusione). Queste influenza esercitano un ruolo
fondamentale sugli stati in quanto membri di OI.
b) Persuasione: insieme di atti comunicativi che generano una convergenza di preferenze e
opinioni in assenza di sanzioni materiali o psicologiche. Habermas: presupposti del
dialogo internazionale in un contesto istituzionale. Le forme di comunicazione nei negoziati:
contrattazione e argomentazione.
Contrattazione
Argomentazione
- orientati al successo.
- minacce e promesse.
- mediatori e garanti.
- pu portare ad un consenso,
che comporta la trasformazione
delle preferenze.
subnazionali (importanza delle variabili di politica interna). Inoltre lambiente in cui gli stati si
muovono non sempre anarchico allo stesso modo. Lanarchia non omogenea nel tempo e nello
spazio e le RI non sono solo dominate dalla questione della sicurezza, anzi, la cooperazione tra gli
stati permette gli stessi di concentrarsi su altri settori, specialmente nelleconomia (obiettivo
importante il raggiungimento della ricchezza economica). I liberali vedono una certa evoluzione
storica delle RI, secondo cui la possibilit di progresso porta ad una riduzione delle guerre e dei
conflitti a vantaggio di una cooperazione pi duratura. La pace non pi vista come una tregua, ma
come un obiettivo di stabilit. Le tre principali fonti di liberazione dai conflitti sono: le istituzioni
internazionali, il commercio internazionale e la democratizzazione.Il progresso nelle RI coincide
con la diffusione delle moderne economie industriali di mercato (cominciate nel 700). La
diffusione della ricchezza ha portato gli stati a considerare prima di tutto il benessere economico
rispetto alla supremazia militare. I liberali trovano una certa relazione tra guerra e povert, cosa che
appare meno nei paesi pi stabili [Ricardo e Smith sui benefici del libero commercio se liberato
dalle istituzioni statale porta un benessere per tutti /teoria del vantaggio comparato: la
specializzazione produttiva porta una massimizzazione della potenza].Secondo il liberalismo
commerciale, il successo delleconomia produce pi scambi e quindi una maggiore intensificazione
delle RI.
Interdipendenza economica e politica interna
I processi economici, diversamente da quelli diplomatici e militari, dipendono in larghissima misura
da attori privati (gruppi di interesse), che possono essere influenzati dallo stato in maniera indiretta
e che possono influenzarlo a loro volta. Nel breve periodo il benessere, per non distribuito
uniformemente. Secondo Olson (teoria dellazione collettiva) i gruppi di interesse hanno la facolt
di distorcere la politica commerciale, nel senso che linteresse pi concentrato nei gruppi ristretti,
per cui tenderebbero a prevalere. Unaltra distorsione pu emergere in caso di allineamento dei
gruppi di interesse al fine di controllare meglio le decisioni pubbliche, secondo la logica del log
rolling. La variabile consisterebbe nella salienza delle questioni commerciali nel dibattito pubblico,
che secondo Katzenstein coinciderebbe con la capacit degli stati di resistere alle pressioni dei
gruppi di pressione (stati forti vs stati deboli). Gli stati autocratici riescono invece ad evitare il
dibattito pubblico e possono basare la loro legittimit attraverso la propaganda. Inoltre i gruppi sono
esaltati dallassenza della necessit della maggioranza.
Altra distorsione rappresentata dalla diffusione delle multinazionali, che non possono essere
facilmente controllate, perch sviluppate in pi paesi, oppure possono fare pressioni sui governi
costringendoli ad aprire le economie per il loro insediamento. Secondo l International Political
Economy, le multinazionali hanno addirittura modificato la diplomazia tradizionale che rende
necessario occuparsi anche delle relazioni dei governi con queste ultime e quindi non solo tra
governi e governi.
I neomarxisti si trovano in netta contraddizione con i liberali, anche se il punto centrale di entrambi
i filoni rimangono le relazioni economiche. Le societ sono composte, secondo i neomarxisti, da
classi sociali con interessi contrapposti. Il mercato porta solo allo sfruttamento di una classe e
larricchimento dellaltra. La modernizzazione quindi creerebbe solo altre oppressioni delle classi
deboli. Si giunger, infine, ad un conflitto. A livello internazionale lo schema rimane invariato. Gli
stati forti opprimeranno e sfrutteranno quelli deboli. Non si pu, quindi parlare di interdipendenza,
ma di dipendenza dei paesi ricchi da quelli poveri (teoria della dipendenza). Il sottosviluppo che ne
deriva causato dalla costrizione alla specializzazione in settori poco redditizi.
Altri neomarxisti ritengono che si sia sviluppato un modello a piramide in cui la divisione
gerarchica non varia anche se possono cambiare i paesi che costituiscono le varie fasce
(Wallerstein):
centro avanzato e industrializzato
12
generale e non delle singole democrazie, con i loro particolari assetti istituzionali e politici, e questo
un aspetto centrale perch come detto le caratteristiche interne di uno stato influenzano il suo
comportamento nell'arena I. cos possiamo distinguere le democrazie, secondo Owen, tra liberali e
illiberali, i regimi illiberali possono essere considerati minacciosi dai liberali.
Questa distinzione riduce gli stati coinvolti nella teoria della pace democratica in quanto qui
possono essere compresi solo i paesi occidentali dove troviamo la democrazia e un alto liberalismo.
Quindi qui la teoria da globale diventerebbe locale, e quindi sarebbe una pace separata.
La pi importante obiezione realista a questa teoria che la pace democratica sarebbe causata da
fattori alternativi ai precedenti, cio mentre l'assenza di guerra fra le democrazie fino all'inizio del
'900 si spiegano semplicemente notando il numero basso di regimi democratici; dopo il 1945 la
pace democratica si spiegherebbe come esito dell'esistenza di un sistema bipolare in cui i paesi
occidentali si erano stretti agli USA. Ma sorge il problema su come scegliere fra spiegazioni
alternative dello stesso fenomeno. Possiamo avere 3 strade:
ipotesi derivate: un modo per scegliere consiste nel derivare da ciascuna spiegazione delle
ipotesi addizionali, e cio di estrarre logicamente dagli argomenti formulati per spiegare un
certo fenomeno delle ipotesi che riguardano fenomeni diversi e testarle empiricamente: se 2
teorie possono spiegare lo stesso insieme di eventi, ma solo una di queste pu spiegarne anche
un altro allora fra le 2 vince quest'ultima. Perci la spiegazione migliore della pace democratica
quella capace di spiegare altrettanto bene altri aspetti del comportamento delle democrazie nei
conflitti I. a questo proposito Gelpi e Griesdorf rilevano l'importanza della credibilit negoziale
delle democrazie.
Influenze multiple: tratta statisticamente i fattori esplicativi usati per spiegare la pace
democratica cos da pesare l'influenza che ognuno di loro ha nel causare questo fenomeno. A
questo fine Russet e Oneal si concentrano sulle dispute militarizzate dal 1886 al 1992 e
sottolineano il grande peso esercitato dai fattori selezionati da Kant, cio democraticit, apertura
commerciale e coinvolgimento delle organizzazioni I di uno stato.
Mutamento strutturale: consiste nel considerare come si sono configurati i rapporti fra
democrazia e guerra quando le cause realiste della pace democratica hanno assunto valori
diversi da quelli del periodo in esame. Se la pace democratica tenesse anche in un sistema I
diverso da quello bipolare, avremmo qualche elemento in pi per risolvere il problema
precedente. Ovviamente questa via ci porta la sistema I dopo il 1989.
La pace democratica e il sistema internazionale contemporaneo pag 234
LA SICUREZZA
Il pluralismo delle interazioni tra gli stati, produce sempre e comunque un rischio di incertezza
comportamentale degli altri. Da questo punto nasce il dibattito sulla sicurezza, coinvolta quando tra
gli attori di una disputa politica si decide di ricorrere alla minaccia o alluso della violenza.
Nonostante lo stato sia considerato come garante della sicurezza interna ed esterna, diventa, invece
il fattore scatenante delle incertezze sulle insicurezze nellarena politica anarchica internazionale,
perch in presenza di attori di pari livello, mentre sui cittadini esso detiene il monopolio delluso
della forza.
17
Il modello dello stato moderno che si imposto sui cittadini, non applicabile al contesto
internazionale, perch lo stato non pu rinunciare alla sua sovranit. Luscita dallo stato di anarchia
del SI, come soluzione delle controversie politiche I e creazione di una sicurezza collettiva,
rappresenta da sempre il focus centrale delle RI. Con il realismo classico per, rinasce il ruolo della
sicurezza nazionale.
il fatto che la sicurezza sia essenziale per l'individuo e che gli uomini creano comunit politiche per
garantirla allora facile capire come, nella relazioni I, la sicurezza debba intendersi come
sostanziale sopravvivenza politica dello stato. Quindi ogni stato deve essere in grado di difendere la
sua comunit da minacce esterne.
Sovranit all'interno significa supremazia nei confronti di ogni altra autorit interna, mentre verso
l'esterno significa non subordinazione nei confronti di nessun'altra autorit. La soluzione che
avviene all'interno degli stati dove gli individui cedono la loro sovranit allo stato che garantisce
loro protezione, non si pu fare nel sistema I perch se gli stati perdono la loro sovranit allora non
hanno pi ragione di esistere.
L'idea che per avere sicurezza bisogna superare la natura anarchica del sistema politico I appartiene
alla riflessione della disciplina delle relazioni I del suo nucleo idealista. Il concetto di sicurezza
verr poi ripreso dopo la 2 GM e ridefinito dal realismo classico come sicurezza nazionale, in
contrapposizione alla sicurezza collettiva. Per il realismo classico la protezione della propria
comunit dalle minacce esterne avviene attraverso la potenza, perch tutti gli stato sono possibili
nemici e perci tutti sono sottoposti al pericolo di un attacco da parte degli altri; qui lo stato pu
contare solo su se stesso per garantirsi la sicurezza.
Sottolineiamo, per, che la sicurezza non equivale alla potenza, anche se quest'ultima
fondamentale per garantire la sicurezza.
La sicurezza pu essere intesa in senso oggettivo, cio misura l'assenza di minacce nei confronti di
valori acquisiti; ma anche in senso soggettivo, cio l'assenza di paura circa il fatto che tali valori
saranno attaccati. La componente soggettiva della sicurezza l'elemento variabile da stato a stato e
tra sistemi politici I; mentre la componente oggettiva l'elemento costante cio l'obiettivo di tutti
gli stati attraverso la potenza. (controlla)
sicurezza anche il fattore temporale (validit di una questione solo per un periodo di tempo
determinato) e le interazioni tra politica interna e politica estera.
Secondo Jervis esistono alcuni tipi di errori di percezione che portano alla creazione dei conflitti I:
- Non cogliere limportanza degli obiettivi degli avversari;
- Ritenere che gli altri stati abbiano un numero maggiore di alternative rispetto alle politiche
adottate;
- Presunzione che il proprio comportamento possa essere considerato pi trasparente degli
altri;
questi tre errori possono essere ricondotti a tre fattori: la sovraconfidenza cognitiva (sovrastima del
grado di comprensione del contesto), lancoraggio (nuove info assimilate a schemi esistenti) e la
negazione (rifiuto di comprendere stimoli minacciosi).
Secondo i realisti massimizzare la sicurezza e la sua forza relativa induce gli stati ad essere
posizionalisti difensivi, nel senso che cercano di raggiungere un determinato livello per mantenere
la posizione di potere relativo rispetto agli altri. La massimizzazione della potenza in se diventa un
fine secondario rispetto allautodifesa.
Il realismo offensivo
Limpossibilit di conoscere a priori la portata delle conseguenze di una corsa agli armamenti, causa
limpossibilit da uscire dalla trappola del dilemma della sicurezza. Secondo il realismo offensivo
di Mearsheimer le grandi potenze si comportano in modo aggressivo perch sono costrette a farlo,
per massimizzare la probabilit di sopravvivenza. Secondo Waltz invece, il SI spinge gli attori a
cercare occasioni per guadagnare potere a spesa di altri, perch il fine ultimo di uno stato
diventare egemone eliminando ogni possibilit di sfida da parte di unaltra potenza.
Fiammenghi sostiene che i tre realismi [difensivo (che non presuppone unintrinseca aggressivit tra
gli stati), quello classico (che vede nellespressione di potenza degli stati una riproduzione
dellistinto umano individuale) e infine quello offensivo] rappresentano il rapporto tra potere e
sicurezza in 3 momenti diversi delle potenza di uno stato:
1. Realismo offensivo: stato debole deve incrementare la sicurezza 2. Realismo difensivo:
laccumulazione di capacit produce una corsa agli armamento degli altri stati e 3.
Realismo classico (teoria della stabilit egemonica): lo stato forte domina gli altri che
scelgono la soluzione del badwagoning.
Cooperare per la sicurezza: il parziale superamento del paradigma anarchico
Allo stato attuale, sembra che la struttura anarchica si stia ridimensionando, in via di superamento.
La sicurezza vista come un bene raggiungibile non solo tramite competizione ma anche con la
collaborazione.
La logica egoistica dello spirito di autoconservazione, tipica della corrente realistica pu
tranquillamente garantire la preservazione del sistema. Alcuni studi del realismo si sono, infatti
interessati alla nascita dei concerti in Europa, ovvero quella forma di accordi tra potenze finalizzata
alla preservazione della comunit degli stati nel suo complesso, spinta da elementi egoistici e
interessi relativi. Nonostante ci necessario un impegno attivo da parte degli stati al fine di
stabilire lordine la sicurezza e il pluralismo nel SI. logica della sicurezza collettiva Thompson
un attacco a un singolo stato verr considerato come un attacco a tutti gli stati. Si propone
luniversalit della logica della deterrenza, con la quale la pace si guadagna se laggressore capisce
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che non c nulla da guadagnare ad attaccare uno stato che risponda, a sua volta con una vasta
contro coalizione. Secondo Claude la realizzazione di una sicurezza collettiva il motore principale
della formazione delle OI. Questo sistema si basa su una riduzione generale alluso della forza, non
per fortificare gli stati, ma per impedire gli abusi arbitrari della violenza al concerto, ma rispetto a
questultimo si contano un insieme di requisiti oggettivi (1) diffusione del potere e
monopolizzazione di questo da parte della comunit internazionale, 2) parziale disarmo e 3)
vulnerabilit economica e apparato legale e organizzativo capace di espressione istituzionale ) e
soggettivi (riconoscimento dellimportanza della pace).
Le critiche si concentrano sul fatto che la questione della sicurezza collettiva come fattore
universalmente riconosciuto, comporterebbe un estensione generale dei conflitti. Inoltre vengono
esposte principalmente tre critiche a questa teoria:
1. Non c una spiegazione sul modo in cui gli stati riescono a superare paure e incomprensioni
reciproche;
2. Rispetto di criteri molto complessi (es. distinguere laggressore dalla vittima);
3. Non si sicuro sul funzionamento dei sistemi internazionali nel caso di un conflitto
imminente;
negli anni 60 nasce la scuola della peace research, con lobiettivo di realizzare una pace attraverso
linfluenza delle istituzioni globali. La questione fondamentale quella della pace e non della
sicurezza.
Le istituzioni e la sicurezza internazionale
Le istituzioni ricoprono il ruolo di mediatori dei processi politici internazionali, in quanto
forniscono le informazioni, facilitano la comunicazione, riducono i costi di transazione e rendono
pi credibile limpegno degli stati. Questo ruolo di mediazione riduce linfluenza della struttura
anarchica del SI. Prendono vita, dunque, dei regimi di sicurezza basati sulla gestione collettiva
dellanarchia che necessitano di 4 condizioni fondamentali:
1. La volont delle grandi potenze di muoversi in un ambiente regolato e quindi un certo grado
di soddisfazione dello status quo.
2. La convinzione che tutti condividano lo stesso valore di cooperazione e sicurezza reciproca.
3. Lassenza di attori che prediligano lespansione.
4. Lidea che la guerra e il perseguimento individualistico della propria sicurezza siano molto
costosi.
necessario che il concetto di sicurezza ruoti introno al benestare dei cittadini e non solo alla
potenza militare. Levoluzione storica di questo concetto si traduce attraverso lespansione dei
confini internazionali, per cui oggi si considera la sicurezza come un bene internazionale. La
sicurezza come valore, viene intesa secondo tre modi diversi in relazione al valore di altri elementi:
1. Prime value approach: primato dello scopo della sicurezza come prerequisito per il
raggiungimento di altri beni.
2. Core approach value: primato della sicurezza giustificato .
3. Marginal value approach: il valore della sicurezza non assoluto, ma doppiamente relativo
Keohane e Wallander forniscono unanalisi delle istituzioni di sicurezza, non pi basate sul senso di
minaccia, ma legate al concetto di rischio, nel quale sono incluse tutte le problematiche di una
comunit di sicurezza una volta esaurita la minaccia militare diretta.
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Anche le norme, i valori e le culture sono considerati veri e propri attori del panorama
internazionale. Wendt ha fatto una proposta costruendo un concetto dove il posto della sicurezza
definito attraverso la specificit socioculturale del sistema, cio la sua cultura dell'anarchia. Le
diverse culture dell'anarchia spiegano un dato culturale che avviene all'interno delle pratiche di
attuazione di una identit, e riguarda i significati condivisi circa il problema della violenza. Wendt
ha individuato i processi di interazione I che nella storia europea moderna si sono espressi
attraverso 3 diverse sintesi, cio la cultura hobbesiana, lockeana e kantiana. Le 3 culture si
distinguono a seconda delle 3 diverse loro posizioni relative alla relazione con l'altro che Wendt ha
identificato come inimicizia, rivalit e amicizia.
Il concetto di sicurezza societaria spiega le dinamiche e i fenomeni che regolano lagire dei gruppi
sociali non-statali quando vengono posti di fronte al problema della sicurezza. lidentit collettiva
che rappresenta il valore fondamentale sottoposto a minaccia e lattenzione si sposta dalle risorse
materiali a quelle culturali. Le questioni di sicurezza riguardano la capacit di mantenere la propria
identit ( che vuole mantenere la propria sovranit).
Altro concetto importante quello di sicurezza umana che pone il focus sugli individui come mebri
dellumanit nella difesa dei valori come dignit e qualit della vita.
Esiste anche il concetto di sicurezza ecologica ambientale, che costituirebbe una variante ultraradicale della sicurezza umana il cui focus lecosistema.
Infine ad un livello generale, lindivisibilit della pace o della sicurezza al di la della propria
nazionalit rappresenta la sicurezza globale.
A causa della diffusione di questi concetti non direttamente legati al concetto di sicurezza
internazionale in senso statale si tende oggi a considerare la sicurezza globale come security
governante, basata sullinterazione di attori pubblici e privati.
Dilemmi della sicurezza degli stati: anarchie mature e stati forti
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Negli anni 90 la ricomparsa in Europa centrale di conflitti etnico- religiosi e il dilagare della
globalizzazione, con lannessa paura di frammentazione politica aveva prodotto lidea di statebuilding come cura verso lincertezza della sicurezza (proporre lo stato come tutore). Lidea della
diffusione di nuovi stati forti (rappresentano la coesione tra stato e societ e la monopolizzazione
della violenza) avrebbe consentito lampliamento dellanarchia matura, situazione in cui gli stati
non ritengono legittimo luso della forza nella risoluzione delle controversie. Al contrario i sistemi
politici poco strutturati sono tipici degli stati deboli in cui c scarsa coesione tra stato e societ e la
sicurezza viene minacciata anche dallinterno e dove il ricorso alluso della violenza come elemento
della vita politica. Questi stati tendono a subire minacce in una vasta gamma di settori (Buzan).
Dall 11 settembre 2001, abbiamo assistito a un radicale cambiamento del concetto di sicurezza
collettiva. Innanzi tutto la politica di guerra preventiva degli Usa non rispettava i canoni della
sicurezza collettiva, perch colpendo qualsiasi associazione reputata pericolosa in altri stati, minava
la sovranit dello stato in questione. Inoltre lesistenza di cellule terroristiche allinterno o degli stati
(Afghanistan) rappresentava il fallimento della sovranit dello stato che non era neanche in grado di
tutelare i propri cittadini dai crimini interni e non solo da quelli internazionali (stati falliti).
Ad ogni modo le considerazioni sulla sicurezza collettiva sono profondamente mutati dallattacco
alle Torri Gemelle. Per Buzan questo significa che neanche in uno stato forte il cittadino tutelato
dalla violenza di gruppi non statali. Quindi riformulando in termini qualitativi la questione:
- Hobbes per aumentare la sicurezza bisogna ridurre la libert.
- Locke sicuri perch liberi. Se aumenta la sicurzza aumenta anche la libert.
Riprendendo queste considerazioni Buzan sostiene che lo stato pu rappresentare una forma di
minaccia per i propri cittadini, attraverso 4 forme:
1. Enforcement: attraverso il processo legislativo;
2. Attraverso la diretta azione amministrativa;
3. Attraverso la lotta politica;
4. Attraverso gli effetti delle politiche di sicurezza esterna;
attraverso questo schema Buzan trova un certo grado di affinit tra Locke e Hobbes incrociando le
corve di probabilit dettate dalla questione di sicurezza: sopra un livello di libert (incrocio delle
linee) prevale la curva di Hobbes, mentre se si scende prevale quella di locke, perch alle minacce
di sicurezza dallesterno si sommano quelle provenienti dallinterno. (???)
La fine del bipolarismo e il multilateralismo ha trasformato lo scenario, in cui dotarsi di armi
nucleari era pericoloso e allettante, soprattutto per quei paesi che non avevano firmato il trattato di
non proliferazione che vedevano nel nucleare lo strumento per aumentare la loro potenza. Accanto
al terrorismo e alla proliferazione nucleare, ci sono altre minacce alla sicurezza fra cui il
moltiplicarsi degli stati falliti cio cos deboli da non riuscire a garantire alla comunit I che il loro
territorio non si trasformi in una piattaforma per gruppi terroristici o gruppi armati di natura
criminale agiscano indisturbati.
La classica spiegazione di Tilly della nascita del moderno stato europeo sostiene che fu la necessit
di affrontare conflitti su scala sempre pi ampia a costringere gli stati ad accentrare e migliorare le
proprie funzioni fiscali, amministrative e burocratiche.
Soresen per afferma che la guerra non ha funzionato con altrettanta efficacia per promuovere un
efficace state-building nei paesi in via si sviluppo. Molti fattori hanno portato a questo esito: i paesi
in via di sviluppo possono acquistare tecnologia militare sul mercato I senza doversi sottoporre a
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politiche e sociali nazionali hanno un importante ruolo nella mediazione tra globalizzazione e
politiche pubbliche. Anche la forma dello stato sociale incisiva sul rapporto tra globalizzazione
del capitale e politiche sociali: paesi che hanno uno stato sociale di tipo universalistico (cio
coprono tutta la popolazione) e di tipo consevatore (cio hanno una redistribuzione limitata) offrono
una maggiore resistenza alle pressioni della globalizzazione di quanto non accade in paesi con uno
stato sociale di tipo liberale (cio previdenza pubblica modesta e servizi limitati).
Globalizzazione e governance internazionale
oltre lo stato?: alcuni studi cercano di dimostrare che l'esercizio di funzioni di governance non
limitato all'azione di governi che esercitano poteri sovrani nell'ambito delle loro giurisdizioni, ma si
svolge anche a livelli sovranazionale e transnazionale. In molti sostengono che governance non
coincide con government e dimostrano come l'assenza di un government mondiale non implica che
la governance scompare a livello I.
il rapporto tra globalizzazione e governance a livello I complesso. Per alcuni il fulcro del rapporto
la negazione reciproca, cio la globalizzazione quasi un sinonimo di ingovernabilit. Ma questa
posizione poco plausibile considerata la fitta rete di istituzioni I nel mondo contemporaneo. Due
forme di relazione sono pi comuni: la reazione che si ha quando forme di governance vengono
create allo scopo di ridurre gli effetti deleteri della globalizzazione e la promozione dove forme di
governance vengono create allo scopo di facilitare o rimuovere ostacoli a una o pi dimensioni della
globalizzazione. In entrambi i casi la dinamica simile, cio la volont di evitare gli aspetti negativi
della globalizzazione o la volont di produrre quelli positivi crea un incentivo a estendere e
intensificare la cooperazione I; cio si crea una governance I.
le varie interpretazioni della governance a livello I possono essere collocate in un continuum che ha
come 2 posizioni opposte: una che identifica una trasformazione fondamentale della governance e
una che ne sottolinea la continuit. Secondo la prima, funzioni di governance sono perse dai governi
e redistribuite fra vari attori pubblici e privati; la seconda invece presume che lo stato mantiene il
monopolio della governance e gli attori non-statali hanno un ruolo marginale.
Molti studi stanno in una posizione pi moderata, nel senso che appoggiano che gli stati siano
centrali ma credono anche ci siano altri attori coinvolti.
Intergovernativismo, sovranazionalismo, transnazionalismo: questi sono i 3 modelli della
governance e di differenziano in base a 2 criteri: la natura pubblica o privata degli attori che
sostengono la governance, il grado con cui poteri legislativi, esecutivi o giudiziari vengono delegati
ad agenti autonomi sovranazionali. I primi 2 modelli sono pubblici, mentre il terzo privato.
L'intergovernativismo si riferisce a una sistema di governance I incentrato sulla cooperazione
volontaria e consensuale tra governi nazionali. I governi gestiscono gli affari di rilevanza
transnazionale con scarsa partecipazione e controllo da parte di altri altri. Guardando le tendenze
degli ultimi decenni si osserva che le forme di cooperazione I chiuse sono in declino; infatti la
partecipazione delle ONG al processo politico globale aumentata molto negli ultimi 20 anni. E
possono influenzare la politica mondiale nei suoi vari livelli cio agenda-setting, decision making e
attuazione.
Ma sembra che non ci sia una eguale importanza tra stati e attori non-statali, infatti i processi
decisionali globali sono asimmetrici nel potere e oggi ancora a favore degli stati. Ma questo non
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tanto il riconoscimento che ciascuno ha il diritto o il dovere di conservare la propria cultura, quanto
la convinzione che non esista pi tra di esse un vero terreno di comunicazione.
Il secondo nodo ancora pi politico: se non si vuole confondere il palazzo del governatore inglese
a Bombay e i ristoranti indiani a Londra, si deve tenere conto del fatto che l'esperienza dell'altro non
cambia soltanto a seconda che si sia o no un terreno di comunicazione o di quanto l'altro sia diverso
da noi, ma cambia a seconda della posizione che noi abbiamo nei suoi confronti. Sul piano politicosociale c' una differenza sostanziale tra l'incontro al quale si riconosce la possibilit di canbiare la
costellazione della propria personalit e l'incontro del quale si sa in anticipo che non pu cambiare
nulla.
proprio nel contesto I odierno, dove la supremazia politica ed economica dell'occidente sfidata
da competitori culturalmente eterogenei, che sta il problema del rapporto tra cultura e potere.
Multiculturalismo e relazioni I: il mondo sempre stato multiculturale perch da una pluralit di
linguaggi hanno avuto origine processi diversi di elaborazione del pensiero e tipi di diversi di valori
e idee fondamentali. Non detto che le differenze culturali si trasformano sempre in conflitti
politici.
La societ I dell'800 non pu dirsi multiculturale nel senso in cui intendiamo oggi: vero che nel
tempo la societ I ha incorporato sempre pi popoli e culture diverse, ma rimasta sempre ancorata
alle istituzioni, norme e procedure diplomatiche della societ europea.
Quindi la societ I nasce come un monumento all'impatto occidentale sul resto del mondo; questo
non vuol dire che i sistemi pre-globali sono stati cancellati. Quando le regole della societ europea
vennero applicate fuori dall'Europa, le differenze culturali vennero chiuse nelle vari comunit e non
furono pi un problema di politica I.
la pi grande contestazione dell'ampliamento della cultura occidentale nel mondo fu la
decolonizzazione che, per, venne controbilanciata da 2 elementi delle relazioni I:
distribuzione ineguale delle capacit, cio la disuguaglianza degli stati fu un principio
organizzativo efficiente, cio tenne fuori dalla societ globale la periferia e cos anche la sua
diversit.
L'eterogeneit avvenne all'interno di un sistema I bipolare che continuava ad riflettere la
profonda frattura nella cultura occidentale sul resto del mondo. Il risultato del bipolarismo fu
ritardare il riconoscimento della pluralit che era gi presente nel processo di allargamento della
societ I.
questa combinazione di divisione e unificazione fu capovolta con la fine della guerra fredda: la fine
dell'Urss e del comunismo hanno permesso di riassorbire la grande lacerazione del '900 della
cultura occidentale e dando all'ideologia vincente, cio capitalista, il potere di attrarre e il prestigio.
Quindi la democrazie e tutti i valori del modello americano si sono imposti come la normalit I.
Inoltre la fine della guerra fredda ha liberato le tendenze alla deoccidentalizzazione che erano gi
implicite nella decolonizzazione.
I linguaggi locali hanno avuto una rivincita in diversi processi: il riemergere di identit etniche,
religiose, culturali nello spazio vuoto lasciato dalla fine del comunismo in Europa orientale, in Asia,
nel Caucaso; il discredito delle ideologie occidentali come nazionalismo e socialismo; la seconda
generazione di popoli indigeni istruita nelle universit locali; l'acquisizione da parte di popoli non
occidentali di un potere politico, economico o militare sempre maggiore.
Il riemergere di queste identit diventato un problema della politica I odierna.
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di razionalit diversi dai propri e, dall'altro, dal fatto che le vertenze culturali o simboliche si
prestano meno di quelle materiali a essere risolte con compromessi e concessioni reciproche.
Inoltre le norme del diritto I sono delegittimate.
La disponibilit a riconoscersi come legittimi interlocutori ostacolata dall'emergere di
discriminazione permanenti tra gli attori.
La diffusione di fazioni superterritoriali in mobilitazione politica permanente (come il radicalismo
islamico) produce nuovamente un intersecarsi dei conflitti civili e dei conflitti tra stati.
Vediamo alcuni nodi teorici e storici:
il primo nodo teorico riguarda la definizione stessa dei concetti di ideologia, cultura e civilt.
Una tesi come quella di Huntington sullo scontro di civilt deve definire con maggiore
precisione il concetto di civilt per potere elencare i soggetti interessati dallo scontro. Per
esempio Huntington ha identificato 7 civilt nella odierna politica I: sinica, giapponese, ind,
islamica, occidentale, latinoamericana e africana.
Secondo nodo riguarda le relazioni di causa fra i fenomeni. Non ancora stata capita la
questione del legame di causa fra differenze di civilt e conflitto. Per esempio il conflitto
palestinese nato a causa delle differenze culturali tra gli attori oppure le differenze culturali
sono state attivate politicamente per effetto del conflitto? O ancora: l'11 settembre 2001 stato
causato dall'ostilit verso i valori occidentali oppure dall'ostilit verso determinate politiche
dell'occidente?
Il vero nocciolo della questione l'ambiguit tra legami ereditati dai soggetti e di cui non si possono
liberare e altri che sono il prodotto di continue costruzioni sociali.
Qui bisogna fare 2 discorsi diversi r l'ideologia e per la cultura e civilt: l'appartenenza ideologica
un atto di volont e non c' dubbio; mentre ci sono dubbi sulle identit culturali e di civilt perch ci
sono 2 teorie:
la prima portata avanti dall'idea dello scontro di civilt di Huntington che vede la cultura
comune come indipendente e preesistente rispetto alla volont degli attori
la seconda deriva dal postmodernismo e dal costruttivismo. Essi credono che la cultura comune
un atto di volont, quindi non un'eredit imposta, ma il prodotto della loro capacit di costruire
ed imporre narrative comuni, comunit immaginate e tradizioni.
Questo dibattito si collega a quello sull'idea di nazione: essa stata vista come imposta dalla cultura
comune oppure come una libera adesione una una cittadinanza fatta di diritti e doveri.
Attorno a queste 2 diverse tesi si sono elaborati i diversi percorsi orientale e occidentale, ma anche i
2 diversi modelli di nazione, cio:
modello etnico: basato sulla trasformazione dei legami e sentimenti preesistenti in sentimenti
nazionali attraverso processi di mobilitazione, territorializzazione e politicizzazione
civico-territoriale: fondato sul senso del territorio e della comune cittadinanza e chiamato a
produrre un senso di appartenenza comune.
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