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poesia doggi

a cura di Paolo Febbraro


Piova
Spiovazza. Ombrele negre,
drite, storte, le cori
le scampa. Soto i lbori,
nel sguaz, xe pien de fiori.
Xe alegro sto slavazzo.
Vien list. E altri istai
se svea in mi pa un timo,
midi, verdi andai!
N omo se ga fermado
soto unombrela sbusa.
El varda i fioi che sguazza
nel ziel de na calusa.
Pioggia. Diluvia. Ombrelli neri, /
dritti, storti, corrono / scappano.
Sotto gli alberi, / nel guazzo, /
pieno di fiori. // allegro questacquazzone. / Viene lestate. E altre
estati / si svegliano in me per un
attimo, / umide, verdi... andate! //
Un uomo si fermato / sotto un
ombrello bucato. / Guarda i bimbi
che sguazzano / nel cielo duna
pozzanghera.
(tratto da Colori)
Parenti 1941

virgilio giotti

poesia doggi
a cura di Paolo Febbraro
Piova
Spiovazza. Ombrele negre,
drite, storte, le cori
le scampa. Soto i lbori,
nel sguaz, xe pien de fiori.
Xe alegro sto slavazzo.
Vien list. E altri istai
se svea in mi pa un timo,
midi, verdi andai!
N omo se ga fermado
soto unombrela sbusa.
El varda i fioi che sguazza
nel ziel de na calusa.
Pioggia. Diluvia. Ombrelli neri, /
dritti, storti, corrono / scappano.
Sotto gli alberi, / nel guazzo, /
pieno di fiori. // allegro questacquazzone. / Viene lestate. E altre
estati / si svegliano in me per un
attimo, / umide, verdi... andate! //
Un uomo si fermato / sotto un
ombrello bucato. / Guarda i bimbi
che sguazzano / nel cielo duna
pozzanghera.
(tratto da Colori)
Parenti 1941

virgilio giotti
LAUTORE
Virgilio Schnbeck nasce a Trieste il 15
gennaio 1885. Anche per sfuggire alla
leva militare austriaca si trasferisce a
Firenze nel 1907; tuttavia non cura
molto i rapporti con gli altri scrittori
giuliani che in quegli anni culturalmente intensi abitano nel capoluogo
toscano. Durante gli anni fiorentini
esordisce con il Piccolo Canzoniere
in dialetto triestino (Gonnelli 1914),
adottando lo pseudonimo Giotti,
mutuato dal cognome materno. Torna
a Trieste nel 1920, dove tiene una
rigatteria di libri e giornali, e infine
simpiega presso lOspedale Maggiore.
Nel 1928 pubblica Caprizzi, Canzonete e Strie per le edizioni della
raffinata rivista Solaria, che nel
1931 raccolgono nel volume Liriche e
idilli le poesie in italiano. Ma il
triestino la lingua poetica che torna
nei libri successivi, da Colori (1943,
che riprende con lo stesso titolo del
libro di due anni prima tutte le poesie
in dialetto) a Sera (1947), da Poesie
per Carlota (1949) a Versi (1953). Nel
1957, sempre col titolo Colori (Ricciardi) riunisce la propria produzione
poetica, poi curata da A. Modena per
Einaudi (1997). Nello stesso 57, il 21
settembre, si spegne nella sua Trieste,
che non ha lasciato da decenni.
NOTA DI COMMENTO
Ombrelli neri e abbondanza di fiori sotto
gli alberi; diluvio e allegria; lestate che
viene, e tutte le altre gi andate; infine, dei
bimbi fantastici e quotidiani che sguazzano nel cielo, s, ma quello rovesciato
duna pozzanghera. Con pochissimi
tocchi cromatici, con estrema economia
narrativa, la maestria di Virgilio Giotti (il
secondo grande poeta triestino del Novecento dopo Umberto Saba) riesce a fare di
un paesaggio cittadino un simbolo, e
subito a richiamarlo sulla terra, in mezzo
a noi. Nella sua metrica stretta, questa
poesia deve tenere insieme gli opposti,
allinizio indugiando appena su un
quadretto oggettivo, introducendo poi la
rimembranza colorata dellio poetico, e
ancora frenando malinconicamente in
unaltra immagine ferma, subito prima di
finire con la gioia irriflessa dei bimbi, ma
chiusa nei margini dun piccolo specchio
dacqua di marciapiede. In quello sguardo
mortificato delluomo fermo sotto lombrello bucato, c invidia per il tempo
giocondo ma perduto, c la fuga proiettiva e il suo contenimento. Difficile, in
dodici versi, fare di pi, o di meglio. Il
dialetto di Giotti non macchia nulla,
non erompe, ma disegna, mette al riparo,
conta le gocce del tempo.

poesia doggi
a cura di Paolo Febbraro
Piova
Spiovazza. Ombrele negre,
drite, storte, le cori
le scampa. Soto i lbori,
nel sguaz, xe pien de fiori.
Xe alegro sto slavazzo.
Vien list. E altri istai
se svea in mi pa un timo,
midi, verdi andai!
N omo se ga fermado
soto unombrela sbusa.
El varda i fioi che sguazza
nel ziel de na calusa.
Pioggia. Diluvia. Ombrelli neri, /
dritti, storti, corrono / scappano.
Sotto gli alberi, / nel guazzo, /
pieno di fiori. // allegro questacquazzone. / Viene lestate. E altre
estati / si svegliano in me per un
attimo, / umide, verdi... andate! //
Un uomo si fermato / sotto un
ombrello bucato. / Guarda i bimbi
che sguazzano / nel cielo duna
pozzanghera.
(tratto da Colori)
Parenti 1941

virgilio giotti
LAUTORE
Virgilio Schnbeck nasce a Trieste il 15
gennaio 1885. Anche per sfuggire alla
leva militare austriaca si trasferisce a
Firenze nel 1907; tuttavia non cura
molto i rapporti con gli altri scrittori
giuliani che in quegli anni culturalmente intensi abitano nel capoluogo
toscano. Durante gli anni fiorentini
esordisce con il Piccolo Canzoniere
in dialetto triestino (Gonnelli 1914),
adottando lo pseudonimo Giotti,
mutuato dal cognome materno. Torna
a Trieste nel 1920, dove tiene una
rigatteria di libri e giornali, e infine
simpiega presso lOspedale Maggiore.
Nel 1928 pubblica Caprizzi, Canzonete e Strie per le edizioni della
raffinata rivista Solaria, che nel
1931 raccolgono nel volume Liriche e
idilli le poesie in italiano. Ma il
triestino la lingua poetica che torna
nei libri successivi, da Colori (1943,
che riprende con lo stesso titolo del
libro di due anni prima tutte le poesie
in dialetto) a Sera (1947), da Poesie
per Carlota (1949) a Versi (1953). Nel
1957, sempre col titolo Colori (Ricciardi) riunisce la propria produzione
poetica, poi curata da A. Modena per
Einaudi (1997). Nello stesso 57, il 21
settembre, si spegne nella sua Trieste,
che non ha lasciato da decenni.
NOTA DI COMMENTO
Ombrelli neri e abbondanza di fiori sotto
gli alberi; diluvio e allegria; lestate che
viene, e tutte le altre gi andate; infine, dei
bimbi fantastici e quotidiani che sguazzano nel cielo, s, ma quello rovesciato
duna pozzanghera. Con pochissimi
tocchi cromatici, con estrema economia
narrativa, la maestria di Virgilio Giotti (il
secondo grande poeta triestino del Novecento dopo Umberto Saba) riesce a fare di
un paesaggio cittadino un simbolo, e
subito a richiamarlo sulla terra, in mezzo
a noi. Nella sua metrica stretta, questa
poesia deve tenere insieme gli opposti,
allinizio indugiando appena su un
quadretto oggettivo, introducendo poi la
rimembranza colorata dellio poetico, e
ancora frenando malinconicamente in
unaltra immagine ferma, subito prima di
finire con la gioia irriflessa dei bimbi, ma
chiusa nei margini dun piccolo specchio
dacqua di marciapiede. In quello sguardo
mortificato delluomo fermo sotto lombrello bucato, c invidia per il tempo
giocondo ma perduto, c la fuga proiettiva e il suo contenimento. Difficile, in
dodici versi, fare di pi, o di meglio. Il
dialetto di Giotti non macchia nulla,
non erompe, ma disegna, mette al riparo,
conta le gocce del tempo.

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