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Paper preparatorio dellIntroduzione a W. James, A.

Schutz, Le realt multiple e altri


scritti, a cura di Ilaria Possenti, ETS, Pisa 2004

Attenzione:
Questo testo non corrisponde alla versione definitiva pubblicata.
In caso di citazioni, si prega di indicare il riferimento bibliografico come segue:
W. James, A. Schutz, Le realt multiple e altri scritti, a cura di Ilaria Possenti, Paper, 2004

INTRODUZIONE

TEORIE DEL MOLTEPLICE. WILLIAM JAMES E ALFRED SCHUTZ

Ilaria Possenti

Nel 1945 Alfred Schutz pubblicava in lingua inglese, negli Stati Uniti, il suo saggio su Le

realt multiple1. La formazione continentale si intrecciava ormai con linteresse per la filosofia

e le scienze sociali nordamericane: il testo si apriva cos con un lungo richiamo a uno studio di

William James su La percezione della realt, pubblicato nel 1869 su Mind e successivamente

incluso nei Principi di psicologia2.

Le realt multiple riprende una delle tesi di fondo del pensiero di James: lidea che il flusso

unitario e continuo della nostra coscienza scorre e si dispiega attraverso molteplici mondi. Se

James aveva parlato dei molti sub-universi del reale (dalla realt per eccellenza del mondo

delle cose pratiche a realt come quelle del sogno, della scienza, della fantasia), Schutz

1
Alfred Schutz (1899-1959) si era formato sui testi della sociologia comprendente di Max Weber e della
2
William James (1842-1910) considerato uno dei padri fondatori della psicologia moderna. La sua teoria del
flusso di coscienza, esposta nel Capitolo IX dei Principi di psicologia, inoltre considerata dalla critica
letteraria come lantecedente teorico della scrittura del flusso di coscienza, alla quale si possono ricondurre
scrittori come Henry James (fratello di William), Virginia Woolf, James Joyce. In ambito filosofico lopera di
James viene prevalentemente ricondotta, in modo corretto ma probabilmente riduttivo, alla corrente del
pragmatismo nordamericano. Cfr. in proposito SINI (1972), GUARNIERI (1985), SINI e VIMERCATI in JAMES,
PEIRCE (2000), CALCATERRA (2003). Per un diverso inquadramento del suo pensiero, con riferimento alla
fenomenologia, alle filosofie del vissuto e pi in generale al ruolo dellopera di James nella filosofia
contemporanea, v. anche COBB-STEVENS (1974); CIVITA (1982); EDIE (1987); SEIGFRIED (1990).

6
preferiva parlare di province finite di senso, condividendo comunque il nucleo centrale della

tesi jamesiana: nel corso della nostra vita la nostra attenzione pone continuamente laccento su

contesti diversi, nei quali di volta in volta ci immergiamo. Non si tratta, tuttavia, di una forma

di pluralismo ontologico. I molti mondi sono espressione di molteplici modalit di

esperienza (ma oggi diremmo di costruzione) del reale: molteplici, a ben vedere, sono gli

spostamenti possibili dellaccento di realt. Se possiamo dire reali i molti mondi perch

essi effettivamente danno significato al nostro vissuto e orientano la nostra vita, almeno finch

la nostra attenzione resta loro rivolta, finch in essi crediamo o confidiamo. James, non a caso,

chiamava credenza il nostro senso della realt di un oggetto o di un contesto.

Erving Goffman (1961) osserva in proposito, riprendendo da Gregory Bateson la nozione di

frame, che la realt sempre incorniciata dalla nostra attenzione3: tutti noi dobbiamo il

nostro sentimento incrollabile della realt non al carattere incrollabile del mondo esterno,

ma alle regole di rilevanza e irrilevanza, ovvero al modo in cui gestiamo la nostra attenzione

disciplinando lintensit e la direzione del nostro coinvolgimento in diversi contesti di attivit;

la misura e il modo in cui questo o quel contesto mi coinvolge decide del suo accento di realt

(si tratta ovviamente, per questo sociologo dellesperienza, di una misura che viene a

stabilirsi nellambito delle relazioni sociali, laddove per James la questione si poneva in

termini prevalentemente psicologici e soggettivi). E proprio Erving Goffman a chiamare in

causa, nellIntroduzione a Frame analysis, il confronto a distanza che Schutz intraprende col

saggio di James:

Riconoscendo la cattiva reputazione che contraddistingue lanalisi della realt sociale, questo libro
ne presenta una diversa formulazione. Cerco di seguire una tradizione iniziata da William James nel suo
famoso saggio The Perception of Reality, pubblicato per la prima volta come articolo in Mind nel 1869.
Invece di chiedere che cos la realt, egli diede una piega fenomenologica sovversiva alla questione,
mettendo in corsivo la seguente domanda: In quali circostanze pensiamo che le cose siano reali? James
spiega che la cosa importante riguardo la realt il nostro senso della sua realt in contrasto con la

3
Il frame per Goffman quella cornice cognitiva che, nel delimitare un contesto (in accordo con alcuni principi di
organizzazione che governano i fatti sociali e con il nostro coinvolgimento soggettivo in essi), rende possibile la
definizione della situazione (che cosa sta succedendo qui?) e dunque la comprensione dei messaggi scambiati
al suo interno. Goffmann si richiama a BATESON (1997).

7
nostra sensazione che alcune cose manchino di questa qualit. Ci si pu chiedere allora sotto quali
condizioni generata tale sensazione, e questa domanda si riferisce a un piccolo problema risolubile
che ha a che fare con la macchina fotografica e non con ci che la macchina fotografa [].
Nel 1945 Schutz riprese di nuovo il tema in un saggio intitolato On multiple realities. La sua
posizione risultava sorprendentemente vicina a quella di James, ma maggiore attenzione veniva rivolta
alla possibilit di scoprire le condizioni che devono essere soddisfatte per generare un regno di realt,
una provincia finita di senso, piuttosto che un altro. (Goffman, 1974: trad. it. 48-9, leggermente
modificata)

Il richiamo di questi autori al coinvolgimento personale e allattenzione selettiva, legata al

mutare dei criteri di rilevanza in contesti diversi, rappresenta uno dei primi contributi alle

teorie della costruzione della realt e della molteplicit del reale. Per Schutz, poter abitare

diverse province di senso significa poter conferire a esperienze diverse un differente accento di

realt: in gioco, ogni volta, una modificazione radicale nella nostra tensione di coscienza,

ovvero un diverso modo di fare attenzione alla vita, che implica una diversa forma di epoch,

di messa tra parentesi di determinati aspetti dellesperienza. Il nostro sguardo non

onnipotente: tutti noi viviamo selezionando determinati oggetti e contesti piuttosto che altri,

spostando laccento di realt in base al mutare delle circostanze.

Secondo Goffman, viviamo compiendo sempre nuove operazioni di inquadratura (framing) e

messa in chiave (keying), muovendoci continuamente tra diversi frames, cornici o contesti

che ora si distinguono, ora si intersecano, ora si sovrappongono o si includono come in un

gioco di scatole cinesi. Frame analysis critica per il carattere finito, ovvero chiuso e

delimitato, che Schutz attribuisce alle province di senso, cos come critica il tentativo di

identificarne un certo numero (mondo quotidiano, mondo dei sogni, mondi di fantasia,

ecc.) e classificarle in base a specifiche caratteristiche cognitive. Formulando queste obiezioni,

Goffman ci chiede di spostare lo sguardo da ci che accade entro ognuno dei mondi che

abitiamo a ci che accade nella transizione dalluno allaltro. Come avvengono le rotture e i

mutamenti di frame? In che cosa consiste il passaggio dalluno allaltro dei molti mondi?

Dovremmo indagare, in altri termini, le trasformazioni di cornice (De Biasi, 2001).

8
Non questa le sede per discutere della prospettiva teorica goffmaniana4. La proposta

di tornare a leggere i testi di James e Schutz muove del resto in una direzione parzialmente

diversa. Si pu condividere, da una parte, lesigenza di uno spostamento dello sguardo:

dallanalisi dei molti mondi che abitiamo allanalisi dellesperienza del passaggio, della

transizione tra contesti. Ma, dallaltra, dobbiamo chiederci se comprendere questa esperienza

significhi soltanto interrogare rotture e trasformazioni di cornici: forse occorre indagare lo

spazio stesso della transizione, la relazione tra i molti mondi che costruiamo e di cui facciamo

al tempo stesso esperienza.

Certo, Goffman coglie come le cornici siano labili, come occorra comprenderle nella

loro funzione di membrana, di interfaccia che al tempo stesso unisce e separa uno spazio

interno da uno spazio esterno. Ma la sua ricerca lascia poco spazio allesperienza del passaggio

in quanto tale, e a ci che questa esperienza potrebbe dirci in merito alla molteplicit del reale.

I passaggi di frame sembrano intesi da Goffman come modificazioni di un contesto che in

condizioni di routine, ovvero fino al momento della sua trasformazione, vissuto quasi allo

stato puro, in condizioni di pressoch completa immersione. Adottando come metafora

dellagire sociale la rappresentazione teatrale (Tutto il mondo come un palcoscenico, noi ci

sosteniamo e ci spendiamo ogni momento in esso, e questo per tutto il tempo che abbiamo, p.

163), egli propone di distinguere le rappresentazioni in base alla loro purezza, cio in base

alla esclusivit della rivendicazione degli spettatori sullattivit che essi guardano (ibidem).

Cos, la partecipazione ad un frame appare tanto pi compiuta quanto pi siamo in grado di

conferire al frame unalta definizione, escludendo cornici diverse (proprio come, nella

fenomenologia di Schutz, il dare per scontato e lassenza di dubbio sembrano persistere

pressoch invariati fino al passaggio ad altri mondi e ad altre tensioni di coscienza). Ma il

4
Tra gli sviluppi teorici del problema della realt che possono essere direttamente o indirettamente connessi alle
analisi di William James e Alfred Schutz si possono citare BERGER, LUCKMANN (1966) in campo sociologico,
GURWITSCH (1957) in campo fenomenologico, GARFINKEL (1967); cfr. inoltre GIGLIOLI-DAL LAGO (1983) in
campo etnografico, BATESON (1997) in campo epistemologico. Sul tema del frame (cornice o contesto) e dei

9
problema, in simili condizioni, evidente: come si spiega luscita dal frame? Quali sono le

condizioni di possibilit delluscita?5 Il sospetto qui sollevato che gli attori sociali siano

capaci di compiere passaggi grazie al fatto che la loro ordinaria condizione cognitiva non

quella della completa immersione, del coinvolgimento totale, bens quella di mantenere,

accanto allattenzione per il frame messo a fuoco, il senso della relazione e della connessione

con altri mondi. N estranei n assimilati, forse gli individui sono ordinariamente stranieri6.

Per queste ragioni il percorso di lettura qui costruito propone, accanto ai saggi di James

e Schutz citati da Goffman, un terzo saggio, Il flusso di coscienza, tratto dal cosiddetto Corso

breve: in queste pagine, che James in massima parte riprende dal capitolo IX dei Principi di

psicologia, emerge infatti in forma sintetica e particolarmente efficace un aspetto poco

dibattuto della teoria del flusso di coscienza, ovvero il tema della frangia. Viene cos

delineata una prospettiva di ricerca che solleva il problema dei mondi intermedi formulato da

Iacono in questo volume, ovvero il sospetto che tutti noi trascorriamo gran parte della nostra

esistenza sulla soglia dei nostri frames, disponendoci allesperienza del passaggio e vivendo

fenomeni come quelli che James chiamava esperienze di frangia, stati transitivi, passaggi

intermedi del mentale. Schutz, che nel saggio sulle Realt multiple teorizza il passaggio tra

province di senso come puro salto o shock cognitivo, intravede il problema della frangia

ma non giunge ad elaborarlo. Lesperienza dellattraversare mondi attende ancora di essere

indagata in quanto tale, come condizione di possibilit per una diversa teoria del molteplice.

passaggi di frame cfr. in particolare i saggi di DAL LAGO, FELE, DE BIASI, ROVATTI, raccolti in AA.VV. 1995;
ZOLETTO 1997 e s.d.; DE BIASI 2000 e 2001; IACONO 1998, 2000b e 2001; MANGHI 1998 e 2004.
5
Sul rapporto tra aspetto cognitivo e aspetto etico-politico del problema cui qui si fa cenno cfr., in particolare,
Iacono 2000a.
6
In caso contrario, la possibilit delluscita dal contesto si spiega solo assumendo kantianamente la libert
individuale in termini di spontaneit. Una prospettiva diversa si apre se si intende la libert individuale in una
prospettiva relazionale, ovvero entro un gioco di rapporti, di soglie, di vincoli. In proposito, IZZO (1979) critica
linterpretazione schutziana del passaggio nei termini di una modificazione attenzionale che sembra

10
1. Le realt multiple. Alfred Schutz

Il saggio sulle realt multiple si apre con lesposizione di alcune tesi centrali dello studio di

James sulla percezione della realt:

In un famoso capitolo dei Principi di psicologia William James analizza il nostro senso di realt.
Realt, egli afferma, significa semplicemente relazione alla nostra vita emozionale ed attiva. Lorigine
di ogni realt soggettiva, qualsiasi cosa ecciti e stimoli il nostro interesse realea. Chiamare una cosa
reale significa che quella cosa si trova in una qualche relazione con noi. In breve, la stessa parola
reale una frangia. Il nostro impulso pi primitivo quello di affermare immediatamente la realt di
tutto ci che concepito finch rimane non contraddettob. Ma vi sono vari ordini di realt,
probabilmente un numero infinito di ordini diversi, ognuno con il suo specifico e distinto stile di
esistenza. James li chiama sub-universi e cita come esempi il mondo dei sensi o delle cose fisiche
(come realt preminente), il mondo della scienza, il mondo delle relazioni ideali, il mondo degli idoli
della trib, i diversi mondi soprannaturali della mitologia e della religione, i diversi mondi
dellopinione individuale, i mondi della pura follia e del fantasticare. La mente popolare concepisce
tutti questi sotto-mondi in modo pi o meno privo di connessioni, e quando ha a che fare con uno di essi
dimentica nel frattempo le sue relazioni con il resto. Ma ogni oggetto cui pensiamo si riferisce in ultima
analisi a uno di questi sotto-mondi. Ogni mondo, per il tempo in cui oggetto dattenzione, reale a
suo modo; soltanto, la realt dilegua con lattenzione. (infra)

Schutz assume innanzitutto la definizione jamesiana del reale come ci che in relazione

con la nostra vita emozionale ed attiva: tutto ci che attrae e mantiene su di s la nostra

attenzione, orientando il nostro sentire ed agire, reale in qualche modo, ovvero secondo un

certo stile di esistenza. In base a questa definizione possiamo dire reali mondi diversi come

quelli delle cose fisiche, della fantasia, della scienza e della religione, anche se ognuno di essi

esclusivamente rinviare alla spontaneit soggettiva. Per quanto riguarda la paradossale figura cognitiva dello
straniero, al tempo stesso interno ed esterno al contesto, mi sia consentito rinviare a POSSENTI 2002 e 2004.
a
[N.d.T.] Cfr. W. JAMES, Principles, cit.: In the relative sense, then, the sense in which we contrast reality with
simple unreality, and in which one thing is said to have more reality than another, and to be more believed, reality
means simply relation to our emotional and active life. This is the only sense which the word ever has in the
mouths of practical men. In this sense, whatever excites and stimulates our interest is real; whenever an object so
appeals to us that we turn to it, accept it, fill our mind with it, or practically take account of it, so far it is real for
us, and we believe it., p. 295 (cfr. infra); Reality, starting from our Ego, thus sheds itself from point to point-
first, upon all objects which have an immediate sting of interest for our Ego in them, and next, upon the objects
most continuously related with these. It only fails when the connecting thread is lost. A whole system may be real,
if it only hang to our Ego by one immediately stinging term. But what contradicts any such stinging term, even
though it be another stinging term itself, is either not believed, or only believe drifter settlement of the dispute,
pp. 296-7 p. 295 (trad. it., infra). I caratteri in corsivo e maiuscolo sono dellautore]
b
[N.d.T.] Cfr. W. JAMES, Principles, cit.: The primitive impulse is to affirm immediately the reality of all that is
conceived, p. 319, c.d.A. (trad. it., infra); The sense that anything we think of is unreal can only come, then,
when that thing is contradicted by some other thing of which we think. Any object which remains uncontradicted
is ipso facto believed and posited as absolute reality, p. 289, c.d.A. (trad. it., infra). In James la prima
osservazione si riferisce a un originario impulso alla credulit cui ordinariamente oppongono resistenza, in
menti mature, i dubbi indotti dalle contraddizioni dellesperienza. La seconda osservazione, formulata molte
pagine prima come commento al passo dellEtica di Spinoza (II, XLIX) citato in The Perception of Reality,

11
lo con modalit differenti, e anche se ordinariamente assumiamo come modello, come realt

per eccellenza, il mondo quotidiano dei sensi e delle cose pratiche7. Non appena concepiamo

un oggetto, noi lo collochiamo e ne facciamo esperienza entro uno dei molti sub-universi.

Ma la sua realt scompare non appena lattenzione distolta, non appena un altro oggetto e un

altro mondo si aggiudicano laccento di realt nella contesa tra le cose che chiedono di essere

credute. E Schutz riformula, a questo proposito, una tesi di James sulla quale avremo occasione

di tornare: lidea che un oggetto e il suo mondo siano creduti reali finch non vengono

contraddetti, finch la loro esistenza non diventa incompatibile con quella di altri. Cos, il

nostro vissuto esperienza dei contesti che di volta in volta selezioniamo come reali, dei mondi

nei quali ci immergiamo focalizzando e modulando in modo diverso lattenzione su ci che ci

circonda.

Schutz assume in senso forte la tesi jamesiana del mondo dei sensi come realt

preminente, assegnando al mondo della vita quotidiana (la Lebenswelt husserliana) una

posizione di eccellenza: le diverse province di senso costituiscono modificazioni della tensione

introduce la nozione di realt assoluta in contrapposizione a quella di irrealt. (La riflessione di Schutz su
questo passo jamesiano riprende, come si vedr, in seguito alla discussione sulla figura di Don Chisciotte).
7
Alle sorgenti psicologiche del nostro senso di realt dedicato un lungo excursus interno a The Perception of
Reality (cfr. infra), in cui si afferma il ruolo primario di sensazioni, emozioni ed impulsi per laffermarsi della
credenza, anche con riferimento ad oggetti teorici (ad affermarsi sarebbero le teorie che rispondono maggiormente
ai nostri bisogni estetici, emotivi e di azione). Questo excursus segnala unevidente oscillazione allinterno del
testo: da una parte, James pone le basi per una teoria del molteplice fondata sul coinvolgimento e sui movimenti
dellattenzione, ovvero sulla produzione di molteplici cornici di realt e sul loro continuo mutamento; dallaltra,
sembra indebolire la tesi della molteplicit assumendo il mondo dei sensi e delle cose fisiche come realt
preminente [paramount reality], come realt pi reale delle altre.
Goffman (1974; trad. it. 48 e n. 4) osserva in proposito che dopo aver assunto tale posizione radicale, James la
abbandon; egli riconobbe che il mondo dei sensi ha uno status speciale, essendo quello che noi consideriamo
come la realt pi reale, quello in cui crediamo di pi, quello a cui gli altri mondi devono cedere il passo. Ma, in
nota, lo stesso Goffman sottolinea come James non abbandoni linteresse per il problema della variet dei
mondi, che viene riproposto, entro un diverso contesto, in Varieties of Religious Experience. Del resto nella
prospettiva jamesiana nulla sembra vietare, in linea di principio, lassunzione come realt preminente di mondi
diversi da quello comunemente selezionato come tale: se ogni essere umano ha delle abitudini dattenzione
prevalenti, e tende a selezionare tra i vari mondi uno che rappresenti per lui il mondo delle realt ultime, le cose
dei sensi assumono questa posizione privilegiata, secondo James, per la maggior parte degli uomini (cfr. infra).
Ci che ordinariamente accade, in altri termini, non esclude eccezioni. Il carattere preminente di quel sub-universo
che era per James il mondo delle realt pratiche sembra invece assunto in senso forte da Schutz, che considera
le altre province di senso come modificazioni attenzionali del mondo della vita quotidiana.

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di coscienza caratteristica dei nostri vissuti quotidiani8. Dal punto di vista del mondo

quotidiano, le altre province appaiono come quasi-realt.

Conviene mettere bene in evidenza, daltra parte, il duplice intento che guida la

ridefinizione dei sub-universi come province finite di senso, e degli stili di esistenza

come stili cognitivi.

Limmagine di una provincia finita sottolinea che ogni regione del reale vede i propri confini

definiti e delimitati dallattenzione che gli viene rivolta, fintantoch gli viene rivolta: la

finitezza garantisce dunque la coerenza interna, la compatibilit delle esperienze vissute entro

una stessa provincia, mentre postula la contraddittoriet e limpossibilit di conversione tra

esperienze vissute entro province diverse.

Lidea di una provincia di senso dotata di un proprio stile cognitivo vuole invece togliere

allespressione utilizzata da James il suo residuale sapore ontologico: laccento di realt non ha

a che vedere con una presunta realt oggettiva delloggetto o del contesto, bens con il senso

che alloggetto o al contesto viene soggettivamente o intersoggettivamente attribuito9.

Proponendosi di individuare lo specifico stile cognitivo di alcune province di senso (il mondo

della vita quotidiana, i vari mondi di fantasia, il mondo dei sogni e il mondo della scienza),

Schutz muove dallanalisi della realt preminente del mondo quotidiano, che rappresenta

rappresenta la sfera del senso comune ed il terreno in cui trovano radici lagire sociale e la

comunicazione. Si tratta del palcoscenico delle nostre interazioni con gli altri e con lambiente:

dobbiamo mutarlo e dominarlo, oppure ne saremo mutati e dominati. Il saggio intraprende

perci la via di una minuziosa classificazione e descrizione dei fenomeni della vita attiva

(condotta, azione, esecuzione), fino a identificare nel lavoro lattivit attraverso la

quale il mondo della vita quotidiana viene a costituirsi, ovvero la sua caratteristica forma di

8
In particolare il mondo della vita quotidiana sarebbe caratterizzato dalla massima tensione di coscienza, da una
condizione di piena vigilanza, mentre nel passaggio ad altre province di senso si assisterebbe al diminuire di
questa tensione. La soglia minima sarebbe raggiunta con lingresso nel mondo dei sogni (Schutz, infra).

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spontaneit, che si dispiega nella prospettiva temporale del tempo comune. Il S che

lavora, coinvolto com nella relazione e nella comunicazione con gli altri, inoltre, per

Schutz, pienamente vigile, e proprio per questo sfugge alla presa dellattivit riflessiva:

essendo completamente immerso nei propri atti, fa esperienza di se stesso come s indiviso e

totale; solo se si fermasse a guardare si riconoscerebbe come un s parziale, come il portatore

di un ruolo. Il s che lavora non sogna, non immagina, non contempla.

In ogni modo, la componente dello stile cognitivo che appare pi rilevante dal punto di

vista epistemologico la specifica forma di epoch, di sospensione o messa tra parentesi di

alcuni aspetti dellesperienza, che caratterizza per Schutz le diverse province di senso. E nel

mondo quotidiano, come si vedr, ci che conta la sospensione del dubbio.

1.1 Traumi quotidiani. Lesperienza del passaggio come shock cognitivo

Il mondo quotidiano la provincia di senso entro cui luomo pienamente vigile si avvale di

uno stock di conoscenze a disposizione per orientarsi nelle questioni della vita pratica,

evitando le occasioni di dubbio che ne renderebbero difficoltoso il disbrigo. In questo senso

lepoch di cui ci parla la fenomenologia husserliana, la sospensione del giudizio di realt,

rappresenta solo una forma particolare di sospensione, quella che ha luogo quando lio

soggiorna nel mondo della teoria. Lio del mondo quotidiano opera in modo del tutto analogo,

bench contrario, quando sospende lesercizio del dubbio e fonda il proprio comportamento

ordinario su conoscenze considerate ovvie e date per scontate, trattenendosi entro quello che

Edmund Husserl aveva chiamato atteggiamento naturale:

Possiamo azzardarci a suggerire che anche luomo entro latteggiamento naturale adotti una specifica
epoch, naturalmente del tutto diversa da quella fenomenologica. Egli non sospende la credenza nel
mondo esterno e nei suoi oggetti, ma, al contrario, sospende il dubbio relativo allesistenza del mondo

9
Come noto, SCHUTZ (1960) rilegge alla luce della fenomenologia husserliana la sociologia comprendente di
Max Weber, che indaga il senso soggettivamente attribuito dagli attori allagire sociale. Cfr. in proposito PROTTI
(1995: 75 ss.).

14
esterno. Ci che mette tra parentesi il dubbio che il mondo e i suoi oggetti possano essere altrimenti
da come appaiono a lui. Proponiamo di chiamare questa epoch lepoch dellatteggiamento naturale.
(infra)

Finch tutto procede come previsto, il s del mondo quotidiano non ha bisogno di formulare

dubbi su ci che fa, sul contesto in cui si trova o su ci che accade intorno a lui. Ma, sembra

osservare Schutz, entro latteggiamento naturale sorge prima o poi la possibilit del dubbio:

caratteristico dellatteggiamento naturale il dare per scontati il mondo e i suoi oggetti fino al momento
in cui si impone la controprova. Finch continua a funzionare lo schema di riferimento che si era
stabilito, il sistema delle esperienze garantite nostre e di altri, finch le azioni e le operazioni eseguite
sotto la sua guida producono i risultati desiderati, abbiamo fiducia in queste esperienze. Non siamo
interessati a scoprire se questo mondo esiste davvero o se soltanto un sistema internamente solidale di
apparenze tra loro coerenti. Non abbiamo alcuna ragione di sollevare dubbi sulle nostre esperienze
garantite - le quali, crediamo, ci danno le cose cos come realmente sono. Occorre un motivo
particolare, come lirruzione di unesperienza strana, che non possiamo ricondurre allo stock delle
nostre conoscenze a disposizione, o che appare incoerente con esse, per indurci a rivedere le nostre
credenze precedenti. (infra)

La realt del mondo quotidiano ci appare naturale finch non facciamo esperienza di un

particolare shock, che ci costringe a irrompere oltre i confini di questa finita provincia di

senso e a spostare su unaltra laccento di realt. Sono frequenti i casi in cui ci accorgiamo che

il mondo del lavorare nel tempo comune non lunica provincia finita di senso, ma solo una

tra le molte altre province accessibili alla mia vita intenzionale: quando cadiamo addormentati

saltiamo nel mondo dei sogni, cos come, a teatro, al momento in cui si alza il sipario andiamo

a immergerci nella storia che sar rappresentata; se osserviamo un quadro impediamo al nostro

sguardo di andare oltre la cornice e se ridiamo di una barzelletta accettiamo la finzione che

questa ci descrive al punto tale che il nostro serio mondo quotidiano ci appare terribilmente

insensato; lingresso nel mondo del gioco attraverso la chiave magica del giocattolo e il

kierkgaardiano salto nella fede sono ancora, per Schutz, altri esempi10.

10
Cfr. infra e Schutz (1955): Il mondo dei giochi della bambina, finch non disturbato, costituisce la sua realt.
Ella davvero la madre e la sua bambola il suo bambino. Solo dal punto di vista della realt del mondo esterno il
cavaliere della stampa di Drer una presentazione pittorica nella modificazione in termini di neutralit. Nel
mondo dellarte, cio in questo caso dellimmaginazione pittorica, il cavaliere, la morte e il diavolo hanno
esistenza reale come entit nel regno della fantasia artistica. Finch il dramma continua Amleto per noi
realmente Amleto e non Laurence Olivier che recita la parte di Amleto o lo rappresenta (trad. it, p. 312). Cfr.
James (infra), che osserva come grazie a tutto ci noi possiamo dire cose come questa: che Ivanhoe non spos

15
E in questo contesto che Schutz cita una seconda volta il saggio di James:

Allinizio di questo saggio abbiamo fatto riferimento a Wiliam James e alla sua teoria dei molti sub-
universi, ognuno dei quali pu essere concepito come una realt a suo modo, finch gli si presta
attenzione. James stesso ha sottolineato che ognuno di questi sub-universi ha un suo specifico e distinto
stile di esistenza; che, rispetto ad ognuno di questi sub-universi, tutte le proposizioni, siano esse
attributive oppure esistenziali, sono credute per il semplice fatto di essere concepite, a meno che non
siano in contrasto con altre proposizioni contemporaneamente credute, nellaffermare che i loro
termini sono gli stessi di quelle altre proposizioni; che lintera distinzione tra reale ed irreale poggia su
due fatti mentali - primo, che possiamo pensare in modi differenti della stessa cosa; e secondo, che,
fatto questo, possiamo scegliere a quale modo di pensare aderire e quale tralasciare. James parla
pertanto di un senso di realt che pu essere indagato nei termini di una psicologia della credenza e
della non credenza. (infra)

Ci che a Schutz interessa la spiegazione dellesperienza del passaggio nei termini di uno

spostamento dellattenzione determinato dallo scontro tra affermazioni contraddittorie: di

fronte a un urto di questo tipo, per poter confidare nella realt di un contesto lattenzione

costretta ad operare una scelta, decidendo della realt di una cosa e pagando il prezzo della

riduzione allirrealt di quanto resta escluso. Il saggio sulle Realt multiple non sembra

muovere obiezioni, in altri termini, ad una delle tesi attribuite a William James in apertura:

lidea che la nostra ordinaria condizione cognitiva sia quella di passare da un sub-universo

allaltro rinunciando, una volta immersi in un nuovo contesto, a tenere conto di contesti diversi

(La mente popolare concepisce tutti questi sotto-mondi in modo pi o meno privo di

connessioni, e quando ha a che fare con uno di essi dimentica nel frattempo le sue relazioni con

il resto).

Come vedremo, la riflessione di James in un certo senso pi complessa. La lettura che Schutz

ne propone ha invece dato origine a una tradizione interpretativa che assume, sia pure con la

prudenza mostrata da Goffman, unidea della molteplicit del reale come molteplicit di

situazioni di forte immersione. Conviene dunque continuare a seguire il filo delle analisi di

Schutz prima di andare a mettere in rilievo, attraverso i testi di James, ci che queste hanno

finito per trascurare.

realmente Rebecca, come Thackeray falsamente gli fa fare e Husserl (1913; trad. it. 273-74), dal quale Schutz

16
1.2 Don Chisciotte, scienziati, sognatori. Dellimmersione e della via duscita

I regni del fantastico e dellimmaginazione, che includono esperienze come i sogni ad

occhi aperti, le fiabe ed i miti, si basano per Schutz su una nuova e diversa forma di epoch: ad

essere messo tra parentesi quando ci avventuriamo nei vari mondi di fantasia il motivo

pragmatico caratteristico del mondo quotidiano, che implica ad esempio la necessit di

superare la resistenza degli oggetti, o la possibilit che le nostre azioni vadano ad ingranare in

un mondo esterno realizzando piani e progetti. Nei mondi che immaginiamo tutto ci non

succede: possiamo anche fantasticare che un oggetto immaginato vada a ingranare nel mondo

esterno e lo trasformi, ma dal punto di vista del s che lavora si tratterebbe di atti

semplicemente immaginati come atti lavorativi.

E in questo contesto che Schutz chiama in causa la figura di Don Chisciotte:

Ma come? Don Chisciotte non si inserisce effettivamente nel mondo esterno quando lotta contro i
mulini a vento, immaginando che siano giganti? Quello che fa non forse determinato da motivi validi
entro il mondo del lavorare, cio dai suoi motivi al-fine-dei-quali, consistenti nelluccidere i giganti, e
dai suoi motivi a-causa-dei quali, consistenti nel tener fede alla propria missione di cavaliere, e quindi
nel dovere di combattere i giganti cattivi ovunque li incontri? Tutto questo non forse parte integrante
della gerarchia dei piani di vita di Don Chisciotte?
La risposta che Don Chisciotte, agendo come si detto, non oltrepassa i confini del mondo del
lavorare. Per lui, che un visionario e si confronta con delle realt (come Eulenspiegel un realista e si
confronta con delle visioni), nella realt del mondo del lavorare non vi sono giganti immaginari, ma
giganti reali. Pi tardi riconosce che la sua interpretazione delloggetto che gli stava di fronte stata
smentita dagli eventi successivi. Si tratta della medesima esperienza che tutti noi facciamo entro
latteggiamento naturale, quando scopriamo che quelloggetto distante che credevamo essere un albero
invece, a conti fatti, un uomo. Ma Don Chisciotte reagisce diversamente da come reagiamo noi in
situazioni simili: non si rassegna allesplosione della sua esperienza, non riconosce la sua illusione,
non ammette che gli oggetti contro i quali ha lottato sono sempre stati mulini a vento, e mai dei giganti.
Certo, costretto ad ammettere lattuale realt dei mulini a vento, alla cui resistenza ha dovuto
soccombere, ma interpreta questo fatto come se non appartenesse al mondo reale. Lo spiega ricorrendo
ad una teoria: allultimo momento il suo maggior nemico, il mago, per tormentarlo deve aver
trasformato dincanto i giganti, in precedenza non meno che reali, in mulini a vento. E solo a questo
punto, quando giunge a questa conclusione, Don Chisciotte arriva a ritirare definitivamente laccento di
realt dal mondo del lavorare, per conferirlo al mondo delle sue pure e semplici immaginazioni. Visti da
l, i mulini a vento non sono realt ma pure apparenze, pure fantasie. Lesistenza di maghi e giganti cos
come la trasformazione di questi ultimi in mulini a vento, per quanto incompatibile con latteggiamento
naturale dominante nel mondo del lavoro comune a Don Chisciotte, a Sancho Panza e al barbiere, del
tutto compatibile con gli altri frutti dellimmaginazione di Don Chisciotte nella sua provincia finita di
fantasticherie private, e in questo senso reale come ogni altra cosa. (infra)

implicitamente trae il riferimento a Drer.

17
Schutz propone qui una singolare lettura del coinvolgimento di Don Chisciotte nelle province

di senso del mondo quotidiano e del mondo fantastico. Una lettura che, almeno in parte, si

allontana da quella dedicata, dieci anni pi tardi, a Don Chisciotte e il problema della realt

(1954).

Nel saggio del 54 leroe di Cervantes viene inizialmente descritto come signore

indisturbato del suo sub-universo: gli altri personaggi assecondano le sue fantasticherie e non

si mettono a discutere con lui, non contraddicono la sua convinzione di vivere nel mondo della

cavalleria e di lottare contro i giganti. Grazie a questo, le azioni di Don Chisciotte restano

possibili dentro la realt della vita quotidiana nonostante i loro motivi fantastici (Schutz,

1954: 33).

Le cose cambiano, secondo Schutz, quando il prete e il barbiere cercano di guarire Don

Chisciotte dalle sue fantasie, bruciando i suoi libri e cominciando a contraddirlo: a quel punto

Don Chisciotte deve fronteggiare affermazioni incompatibili con quanto aveva fino a quel

momento creduto; ad esempio, quella per cui i giganti sarebbero, in realt, soltanto dei mulini

a vento. Ed per riconciliare schemi di interpretazione altrimenti incongruenti che egli chiama

in causa lintervento di maghi nemici, i quali avrebbero trasformato i giganti in mulini. In altri

termini, Don Chisciotte ricorre alla nozione degli incantesimi per mantenere laccento di

realt sul suo mondo privato della cavalleria, ogni volta che questo si scontra con la realt delle

persone con cui entra in contatto o in conflitto (ivi: 34-5); una volta che il lavoro dei maghi

riconosciuto come elemento costitutivo del mondo, nulla rimane inspiegato, paradossale o

contraddittorio (ivi: 32).

In questa sede, Schutz afferma che le due fasi della vicenda mettono in scena soluzioni diverse

ma equivalenti di uno stesso problema: quello di tutelare lintegrit delluniverso chiuso su cui

Don Chisciotte ha posto laccento di realt. Non vi quindi alcuna differenza, tra i due

momenti, quanto allintensit dellaccento, al grado di coinvolgimento o immersione nel

mondo fantastico della cavalleria.

18
Il saggio Sulle realt multiple suggerisce invece qualcosa di diverso, poich diversa

lesigenza da cui qui si muove. Si tratta infatti di discutere lepoch caratteristica dei mondi di

fantasia, e pi precisamente di difendere la tesi per cui in tali contesti sospesa la possibilit di

atti lavorativi e di progetti: entro la provincia finita della fantasia non possono darsi esperienze

incompatibili con tale aspetto del suo stile cognitivo; nel mondo immaginario di Don

Chisciotte non possono quindi prendere forma vissuti legati alla dimensione lavorativa. Si pone

allora il problema di spiegare come il s che immagina possa compiere, in casi come quello

rappresentato da Don Chisciotte, atti che seguono una logica di tipo lavorativo, fondata su

scopi e progetti.

Schutz tenta di sciogliere lenigma affermando che nella prima fase delle sue avventure Don

Chisciotte non oltrepassa i confini del mondo del lavorare, e che solo successivamente,

quando le contraddizioni dellesperienza gli impongono di compiere una scelta, arriva

davvero e in modo definitivo a ritirare laccento di realt dal mondo del lavorare, per conferire

tale accento al mondo delle sue pure e semplici immaginazioni. Ma paradossalmente, proprio

nel tentativo di difendere lesistenza di un preciso confine tra province, Schutz deve tenere

insieme la rappresentazione di Don Chisciotte come abitante di mondi fantastici e

laffermazione per cui, fino a un certo punto, egli non compie veramente il salto cognitivo dal

mondo quotidiano al mondo fantastico della cavalleria. Spiegare come Don Chisciotte possa

vivere nel mondo quotidiano con tutte le proprie fantasie appare, entro una teoria del

molteplice come pluralit di province finite, estremamente problematico11.

E importante osservare che Schutz non sta qui discutendo del maggiore o minore grado

di realt oggettiva delluna o dellaltra provincia di senso (della lucidit o della follia di Don

Chisciotte). Leroe di Cervantes rappresenta un s parziale, il s che fantastica, e la sua storia

11
Di fronte a problemi epistemologicamente analoghi Schutz chiamer in causa in altri contesti, senza tuttavia
approfondirlo, il tema delle enclaves (residui di esperienze appartenenti a una determinata provincia di senso
presenti entro una provincia diversa). Cfr. infra; SCHUTZ 1970; trad. it. 96-97 e, in proposito, NATANSON 1986: 95
ss.; MUZZETTO 1997: 185-86.

19
narra del modo in cui possiamo coinvolgerci in una fantasia, cos come potremmo coinvolgerci

nel gioco, in una rappresentazione teatrale o in altri mondi e in altre credenze (Mutatis

mutandis, simili analisi potrebbero essere condotte in relazione ad altre quasi-realt, come il

mondo magico degli uomini primitivi o il mondo dei giochi di finzione dei bambini, ecc.,

infra). Appare significativa, allora, la distinzione tra il momento in cui il S che immagina

ancora in rapporto col mondo quotidiano, avendo cos occasione di sperimentare la

contraddizione, e il momento in cui questo S si immerge totalmente nel mondo della fantasia:

per Schutz, unautentica posizione dellaccento di realt si ha nel secondo caso, quando si

elimina la contraddizione e si trovano soluzioni (lintervento dei maghi) per assicurare

coerenza interna al nostro mondo. Il senso di realt richiede in tal senso lesclusione

dellaltrove. La sua forma pi compiuta sembrerebbe il delirio. Si tratta di quella che James,

qui citato per la terza e ultima volta, aveva chiamato realt assoluta, ovvero della realt in cui

possiamo credere nella misura in cui non viene contraddetta:

Se riformuliamo il risultato di queste osservazioni in termini pi generali, lo troviamo supportato


dallaffermazione di William James secondo cui qualunque oggetto che resti non contraddetto, viene
ipso facto creduto e posto come realt assoluta. (infra)

A ben vedere, questa realt condanna a priori ci che esclude allirrealt. E resta da chiedersi

come, entro un reale creduto in questo modo, potrebbero mai maturare le condizioni per

lesperienza del passaggio.

Nelle pagine di Schutz questo problema viene sollevato tanto rispetto al mondo dei

sogni quanto rispetto al mondo della contemplazione teorica.

Nel mondo dei sogni la sospensione di ogni interesse pratico sembra raggiungere

lapice. Il s che immagina pu almeno sognare ad occhi aperti, fantasticando di dominare le

proprie possibilit, ma il s che sogna non pu fare neanche questo: Lincubo, per esempio,

mostra chiaramente lineluttabilit degli eventi nel mondo del sogno e limpotenza di chi

sogna (infra). Schutz rileva soprattutto, a proposito dei sogni, una grave difficolt:

20
Non appena penso ad essi, non sto pi sognando n immaginando alcunch. Sono completamente vigile
e utilizzo, parlando e pensando, gli strumenti forniti dal mondo del lavorare, cio concetti che
soggiacciono ai principi di coerenza e compatibilit. Siamo sicuri che la persona sveglia possa
realmente raccontare i suoi sogni, proprio questa persona, che non sta pi sognando? Far
probabilmente una grande differenza, se rievocher il suo sogno in un ricordo ancora vivido, o se dovr
farne una riproduzione. In ogni caso, ci imbattiamo nella notevole difficolt dialettica per cui chi sogna
non ha alcuna possibilit di comunicazione diretta, che non trascenda la sfera a cui si riferisce. (infra)

Se vogliamo pensare a ci che abbiamo sognato o desideriamo comunicarlo ad altri, dobbiamo

completamente abbandonare la cornice del sogno, rischiando in ogni modi di non trovare le

parole. Schutz allude alla possibilit che il poeta e lartista, pi del filosofo o dello scienziato,

svolgano la funzione di figure cognitive intermedie, capaci di esprimere nel mondo

quotidiano lesperienza onirica. Ma il sogno rappresenta davvero, ai suoi occhi, un caso limite:

poich non possiamo sognare insieme, e lalter ego resta sempre un oggetto dei miei sogni,

incapace di condividerli con me, il s che sogna sembra irrevocabilmente chiuso nel proprio

mondo, come una vera monade priva di finestre. Solo lo shock del risveglio sembra aprirgli la

possibilit del passaggio; o meglio, una via duscita il cui prezzo resta limpossibilit di

comunicare il vissuto.

Nelle analisi dedicate al mondo della contemplazione teorica, Schutz mette pi

chiaramente a tema il problema della transizione e della connessione tra diverse province di

senso.

Il prerequisito del S che pensa un certo distacco quanto allinteresse per la vita, un

allontanamento dal mondo quotidiano. Schutz non trascura il problema dellimplicazione

dellosservatore nel contesto osservato e sottolinea come questo s che si ritrae faccia sorgere

un problema dialettico simile a quello in cui ci siamo imbattuti nella nostra analisi del mondo

dei sogni: se il pensiero teorico sospende il mondo quotidiano, come pu il S che pensa

osservare quel mondo e comunicargli le proprie conoscenze?

Le soluzioni proposte vanno alla ricerca di funzioni e di figure cognitive in grado, per cos dire,

di fare ponte tra mondo della scienza e mondo quotidiano.

21
In primo luogo, il s che teorizza pu occuparsi del contesto osservato rinunciando a guardarlo

in modo diretto e assumendo una sorta di sguardo obliquo, che gli restituisce unimmagine

semplificata ma ancora significativa di quel mondo: si tratta della costruzione di copie

somiglianti, di modelli teorici che non coincidono col mondo stesso ma lo rendono visibile,

rinviando ad esso dallinterno di una diversa provincia di senso.

In secondo luogo, questo s parziale pu rientrare nella caverna del mondo quotidiano e

comunicare agli altri le proprie conoscenze assumendo una posizione paradossale, ovvero

mantenendo il proprio rapporto con la dimensione riflessiva anche al momento in cui torna

dentro latteggiamento naturale del mondo quotidiano. Schutz non collega la sua riflessione

alle analisi precedenti. Potremmo tuttavia paragonare questa posizione a quella che egli

attribuisce a Don Chisciotte nella prima fase delle sue avventure, ovvero al s che fantastica

dentro il mondo del lavorare e che ha pertanto occasione, ad un certo momento, di vedere

mulini a vento l dove aveva sempre visto dei giganti. Analogamente paradossale, del resto,

in un altro saggio schutziano la posizione dello straniero che giunge in nuovo contesto

culturale, almeno finch la sua crisi cognitiva non si risolve, come Schutz ritiene inevitabile

che si risolva, nella totale assimilazione al nuovo contesto.

Le allusioni alla possibilit di uno sguardo indiretto, a figure cognitive come quelle del

poeta e dellartista o a situazioni dialettiche come quelle vissute da scienziati e Don Chisciotte,

hanno il loro principale limite nel fatto di presupporre, pi che mettere in questione,

limmagine delle province di senso come mondi rigidamente delimitati, ordinariamente vissuti

attraverso forme di piena immersione e attraversati in seguito a traumi cognitivi. Vengono cos

in evidenza i problemi posti da una teoria del molteplice che non mette a tema lesperienza del

passaggio. Schutz stesso, daltra parte, era consapevole dei limiti delle proprie descrizioni:

Pare qui necessaria qualche parola di cautela. Il concetto di province finite di senso non implica alcuna
connotazione di staticit, come se dovessimo scegliere una di queste province come casa in cui vivere,
dalla quale partire e alla quale fare ritorno. Non in alcun modo questo il nostro discorso. In un solo
giorno, anche in una sola ora, la nostre coscienza pu passare attraverso le pi diverse tensioni e

22
adottare i pi diversi atteggiamenti di attenzione alla vita. Vi , inoltre, il problema delle enclaves,
cio delle regioni che appartengono a una provincia di significato chiusa entro unaltra; un problema
che, per la sua importanza, non pu essere affrontato nel contesto del presente saggio, con il quale per
nostra stessa ammissione ci limitiamo ad indicare alcuni criteri di analisi. Per fare un esempio del
gruppo di problemi che viene trascurato: ogni attivit progettuale entro il mondo del lavorare in s e
per s, come abbiamo visto, un fantasticare, e implica inoltre un qualche genere di contemplazione
teorica, bench non necessariamente un atteggiamento scientifico. (infra)

Un tentativo di riflettere in questa direzione emerge in alcune note pi tarde, preparate per un

saggio incompiuto che avrebbe dovuto essere dedicato al problema della rilevanza. In quelle

note Schutz osservava che il passaggio tra mondi diversi non dovrebbe essere inteso come un

vero e proprio salto cognitivo, in grado di far scomparire di volta in volta il mondo dal quale

si distoglie lattenzione. E formulava, piuttosto, lipotesi che noi viviamo simultaneamente

entro molteplici mondi:

Anche se viene esperito come ununit, quel che sto facendo non unattivit singola; piuttosto un
insieme di attivit eterogenee, ciascuna delle quali si svolge nel suo ambito appropriato. Questo insieme
di attivit poi strutturato in tema e orizzonte. Nel nostro caso lesecuzione, la contemplazione del
problema della rilevanza, tematica, e tutte le altre attivit periferiche. La prevalenza del tema crea
lapparente unificazione di questo insieme di attivit, e conferisce laccento principale di realt al regno
della contemplazione teorica. Da questo punto di vista tutte le altre attivit simultaneamente eseguite in
altre dimensioni ci appaiono non irreali, ma subordinate e ancillari. (SCHUTZ 1970: trad. it. 13-14)

Schutz assume, in tal senso, toni autocritici:

Perci stata una semplificazione eccessiva affermare come abbiamo fatto che viviamo in diverse
regioni di realt, che possiamo passare con un salto dalluna allaltra di esse, e che la selezione di una di
esse il primo passo verso la definizione di quel che tema e di quel che puro orizzonte nel nostro
campo di coscienza. In effetti viviamo e agiamo simultaneamente in diverse di queste regioni e la scelta
di una pu solamente significare che ne facciamo per cos dire il nostro punto di partenza o sistema di
riferimento, la nostra realt predominante. (ivi: 14)

In questa nuova prospettiva lio viene singolarmente definito, in senso non patologico, come

schizofrenico: a corollario del fatto che viviamo simultaneamente in varie regioni di realt o

di senso, dovremmo ammettere che mettiamo simultaneamente in gioco livelli multipli della

nostra personalit (ibidem), ovvero che siamo sempre coinvolti in una rilevanza tematica

attuale e in molte marginali con strati della nostra personalit di diversi livelli di profondit

(ivi: trad. it. 108-09). A questo proposito Schutz parla anche di una struttura contrappuntuale

della nostra coscienza, intendendo con ci la nostra capacit di seguire simultaneamente, come

23
in un brano musicale, due temi attualmente presenti alla nostra attenzione, assumendo luno

come centro focale e laltro come marginale (ibidem)12.

Il carattere solo abbozzato di queste riflessioni rivela le difficolt che Schutz aveva

incontrato nellelaborazione di un simile percorso. La formulazione del problema rinvia, in

ogni modo, alla riflessione jamesiana su ci che accade al margine della nostra coscienza,

ovvero al problema delle nostre esperienze di frangia.

3. Pensare la relazione, attraversare mondi. William James

Nel saggio su La percezione della realt William James assume la presenza del

soggetto in ogni posizione di esistenza. Della realt possiamo parlare in quanto la definiamo e

ne facciamo esperienza. La riflessione muove, non a caso, dalla concezione kantiana

dellesistenza come posizione assoluta: dire x esiste diverso da dire x rosso, poich

nel secondo caso parliamo di una qualit delloggetto, mentre nel primo affermiamo che reale

e non irreale, diciamo che c, che effettivamente in relazione con noi e che non

puramente immaginato, pensato, sognato. Il reale, per Kant, sempre realt effettiva

(Wirklichkeit), presenza delloggetto al soggetto e non pura cosalit (Realitt) delloggetto a

prescindere da ogni relazione13.

12
Cfr. in proposito MUZZETTO (1997: 184-6) e, sul tema della rilevanza, infra, nota f; RICONDA (1975).
13
Cfr. JAMES, infra: Ci che oggetto di credenza, quindi, realt o esistenza reale, qualcosa di veramente
differente da tutti gli altri predicati che un soggetto pu avere. Quelli sono propriet intuite intellettualmente o per
via di sensazione. Quando ne aggiungiamo una qualunque al soggetto, noi ne aumentiamo il contenuto intrinseco,
ne arricchiamo il quadro che abbiamo nella nostra mente. Ma aggiungere realt non arricchisce internamente il
quadro; lo lascia internamente come lo trova, e soltanto lo fissa e lo imprime in noi. James si richiama qui alla
Critica della ragion pura (cfr. infra e nota della traduttrice, n. 16). Cfr. inoltre KANT 1763: trad. it. 113-18.

24
Entro questa cornice James si richiama, pi specificamente, alla distinzione operata da

Franz Brentano (1874)14 tra concezione (mero pensiero delloggetto) e giudizio

(affermazione della realt delloggetto). Stando a questa distinzione, pensare una cosa come

reale diverso dal semplice concepire o immaginare la cosa, e la differenza per James sta in

una sensazione che ci induce a dare il nostro consenso allaffermazione di realt: quando

diciamo che una cosa reale, lo facciamo perch crediamo o confidiamo in essa. Sin dalle

prime battute, il problema della percezione della realt viene cos declinato nei termini di una

riflessione sulla credenza, detta anche senso di realt. In quanto modalit di relazione con

loggetto, la credenza rappresenta uno stato di coscienza sui generis, a proposito del quale

occorre soprattutto sollevare la domanda ripresa da Goffman: in quali circostanze pensiamo

che le cose siano reali?.

3.1 La candela immaginaria. Credenza assoluta e credenza relativa

James introduce il problema della credenza attraverso una sorta di esperimento mentale,

proponendoci di riflettere sullesperienza visiva di un individuo cui si presenti su uno sfondo

scuro la semplice immagine (forse unombra o una proiezione) di una candela accesa. Mentre

altri ipotetici spettatori potrebbero riconoscere la candela come immaginaria, questi, come il

prigioniero della caverna di Platone, la considererebbe assolutamente reale se si trattasse della

prima ed unica esperienza della sua vita:

14
Cfr. infra e nota della traduttrice, n.9. Com noto, Brentano anche il teorico dellintenzionalit della
coscienza: Husserl riprender dalle sue lezioni di psicologia descrittiva il riferimento alla propriet dei vissuti
[Erlebnisse] di essere coscienza di qualche cosa (Husserl 1913: prg.. 84).

25
Immaginate una mente appena nata, completamente vuota, in attesa di una prima esperienza.
Immaginate che tale esperienza inizi sotto forma di impressione visiva ( irrilevante se tenue o vivida)
di una candela accesa, in risalto su uno sfondo scuro, e nientaltro, in modo tale che questa immagine,
finch dura, costituisca lintero universo conosciuto dalla mente in questione. Simmagini, in aggiunta
(per semplificare lipotesi), che la candela sia soltanto immaginaria e che non ne venga riconosciuto
alcun originale esterno, da parte di noi psicologi. Questa candela allucinatoria sar creduta, avr
unesistenza reale per la mente?
[] A ben considerare, essa esiste in qualche modo, dal momento che forma il contenuto
dellallucinazione di quella mente; ma lallucinazione stessa, bench senza dubbio sia una specie di
fatto esistente, non ha conoscenza di altri fatti; e dal momento che questi altri fatti sono per noi le realt
per eccellenza, e le uniche cose in cui crediamo, la candela semplicemente al di fuori, ad un tempo,
della nostra realt e della nostra credenza.
Secondo lipotesi proposta, tuttavia, la mente che vede la candela non pu svolgere siffatte
considerazioni su di essa, non avendo il minimo sentore di altri fatti, attuali o possibili. Quella candela
il suo tutto, il suo assoluto. [] cos, come pu la mente fare a meno di credere che quella candela sia
reale? La supposizione che essa potrebbe fare altrimenti, in base alle condizioni presupposte,
inintelligibile. (infra)

Lesempio si richiama ad un passo dellEtica di Spinoza dove ci viene chiesto di immaginare

un bambino completamente immerso nella fantasia di un cavallo alato: quel bambino

considerer assolutamente reale il cavallo fintantoch sar assorbito dalla propria fantasia. La

credenza si fonderebbe, in altri termini, sullassenza di contraddizione:

Questo il punto che Spinoza15 ha anticipato molto tempo addietro:


Figuriamoci un bambino che simmagini un cavallo, e che non consideri altro. Siccome questa
immaginazione implica lesistenza del cavallo, e il bambino non ha nessuna percezione che ne annulli
lesistenza, egli considerer necessariamente il cavallo come presente, n sar capace di dubitare della
sua esistenza, per quanto possa essere poco certo di essa. Io nego che un uomo, in quanto immagina
[percipit], non affermi nulla. Cosaltro , infatti, immaginare un cavallo alato, se non affermare che il
cavallo [proprio quel cavallo] abbia le ali? Poich se la mente non avesse altro davanti a s, se non il
cavallo alato, essa lo considererebbe come presente, non avrebbe motivo di dubitare della sua esistenza,
n alcun potere di dissentire dalla sua esistenza, a meno che limmaginazione del cavallo alato non
fosse congiunta ad unidea che ne contraddicesse [tollit] lesistenza.
. Qualunque oggetto che resti non contraddetto, viene ipso facto creduto e posto come realt assoluta.
(infra)
Il senso che qualcosa a cui pensiamo sia irreale, dunque, pu darsi soltanto quando quella

cosa sia contraddetta da qualche altra, a cui pensiamo

La candela e il cavallo alato si rivelano irreali quando mostrano la propria incompatibilit con

il mondo che consideriamo reale: finch sogno un cavallo con le ali, mi appare reale perch

niente lo contraddice. Tuttavia, se al risveglio affermo che nella stalla si trova la mia vecchia

giumenta Maggie cui sono spuntate le ali, se pretendo di collocare il mio sogno o la mia

15
Cfr. Etica, II, XLIX, Scolio (trad. it., p. 167) e infra, nota 12. Come si osserva nel paragrafo conclusivo di
questa Introduzione, la citazione jamesiana tralascia senza segnalarlo un passo rilevante di questo brano, riferito al

26
fantasia in un mondo conosciuto altrimenti (in cui valgono, cio, diverse premesse

cognitive), vado incontro a una palese contraddizione e devo operare una scelta: a meno che io

non intenda togliere laccento di realt dal mondo dei sensi, ammetter che le ali sono irreali e

che ho sognato una falsit a proposito di Maggie. La distinzione tra reale e irreale sembra fin

qui poggiare, per James, sulla nostra incapacit di reggere la contraddizione:

Lintera distinzione tra reale ed irreale, lintera psicologia di credenza, non credenza e dubbio,
pertanto fondata su due fatti mentali primo, che possiamo pensare in modi differenti della stessa cosa;
e secondo, che quando abbiamo fatto cos, possiamo scegliere a quale modo di pensare aderire, e quale
tralasciare. I soggetti a cui ci siamo attenuti, diventano soggetti reali; gli attributi a cui ci siamo attenuti,
diventano attributi reali, e lesistenza a cui abbiamo aderito, diventa esistenza reale; mentre i soggetti
tralasciati diventano soggetti immaginari, gli attributi tralasciati diventano attributi erronei, e lesistenza
tralasciata diventa esistenza in una terra di nessuno, nel limbo dove risiedono fantasie strambe. Le
cose reali sono, secondo la terminologia del Taine, i riduttori delle cose giudicate irreali. (infra)

La tesi cos formulata sostiene che noi crediamo reale una cosa finch non viene

contraddetta, finch unaltra cosa incompatibile con essa non ci obbliga a togliere esistenza

ad una delle due. Per questo il reale di cui si parla una realt assoluta; e la credenza,

potremmo aggiungere, una credenza altrettanto assoluta. Il suo modello una mente ingenua,

che guarda limmagine della candela senza vedere nientaltro: questa mente crede ciecamente

fino al momento in cui non fa esperienza della contraddizione, per soggiacere a quel punto al

bisogno di scegliere, tra i contendenti, quale oggetto sia degno di fede e quale debba precipitare

entro il limbo dellirrealt. James ci parla qui del grado pi intenso della credenza, di un

consenso pieno e totale, del massimo stato di quiete e di esclusione del dubbio che ci sia

consentito raggiungere. E, come abbiamo visto, lattribuzione di un simile atteggiamento alla

mente popolare allorigine della riflessione di Alfred Schutz, il quale, per cos dire, adotta

la prospettiva della credenza assoluta in riferimento allatteggiamento del senso comune nel

mondo della vita quotidiana.

tema del sognare di sognare. James utilizzava probabilmente ledizione Saisset (1861) e aveva pi volte inserito
lEtica nei programmi dei suoi insegnamenti (cfr. FRANZESE 2000).

27
Il saggio sulla Percezione della realt, tuttavia, sembra procedere oltre. A ben vedere la

mente popolare si incarna spesso in figure che rappresentano casi di forte ingenuit

cognitiva: come esempi James cita infatti, senza distinguersi in questo dai pregiudizi del suo

tempo, le menti credule, vergini o incolte di donne, fanciulli e selvaggi16.

Una descrizione del nostro ordinario atteggiamento cognitivo, latteggiamento effettivo del

senso comune, sembra invece emergere nel paragrafo dedicato a I molti mondi, dove viene

ripreso lesempio della candela. James ipotizza adesso che altri oggetti, oltre alloriginale,

comincino a contendersi lattenzione della mente che osserva:

Torniamo allinizio del capitolo, e consideriamo la candela che fa la sua comparsa nella mente vuota.
La mente stava appunto aspettando un qualche oggetto cos, per slanciarsi su di esso. Essa si slancia e la
candela creduta. Ma quando la candela appare contemporaneamente ad altri oggetti, essa sotto il
tiro dei suoi contendenti, ed allora dubbio quale dei diversi candidati allattenzione guadagner la
credenza. (infra)

Il destino degli oggetti contraddetti appare in questo contesto molto pi problematico, nella

misura in cui essi non sono pi candidati al puro e semplice status di irrealt.

In primo luogo, essi possono ancora essere creduti se possiedono determinate qualit: nella

contesa tra i possibili oggetti di credenza, ci che attrae maggiormente la nostra attenzione ha

le maggiori chances di successo (Questo lunico senso della parola per gli uomini pratici. In

questo senso, qualunque cosa ecciti e stimoli il nostro interesse reale, infra).

In secondo luogo, al termine della contesa scatenata dalla contraddizione, le cose tralasciate

restano comunque esistenti in qualche modo:

esse pure hanno esistenza, sebbene non la stessa delle cose reali. Come oggetti di fantasia, come errori,
come apparizioni del paese dei sogni, e cos via, esse sono a modo loro parti ineliminabili della vita.
(infra)

Il fenomeno di cui i filosofi dovrebbero occuparsi dunque, per James, la molteplicit dei sub-

universi del reale e il fatto che ogni oggetto che pensiamo finisce con lessere riferito ad uno

di questi sottomondi (infra).

16
Cfr., ad esempio, infra. Dal punto di vista epistemologico interessante osservare che al campo dellingenuit
cognitiva James riconduce, pi in generale, gli individui isolati.

28
Come si pu notare, il linguaggio jamesiano comincia qui ad entrare in tensione e la nozione di

realt a coprire due diversi spettri di significato.

Da una parte, James ancora legato alla prospettiva della credenza assoluta, ovvero allidea di

una realt contrapposta allirrealt, per cui fenomeni come fantasie ed illusioni non possono

dirsi in senso stretto reali. Dallaltra, fantasie ed illusioni possono dirsi reali in un senso diverso

da quello tradizionalmente inteso: che si tratti di un oggetto tangibile o di una pura fantasia, di

un cavallo che tutti possono vedere nella stalla o del cavallo alato descritto dai poeti, reale ci

che desta la nostra attenzione.

Ancora pi rilevante il fatto che, in questa seconda prospettiva, gli oggetti possono dirsi non

soltanto reali o irreali: in base allintensit con cui ci rivolgiamo ai vari sub-universi, essi

possono dirsi anche pi o meno reali. La frequente adozione del comparativo segnala

chiaramente, nelle pagine di James, il fatto che insieme al grado di attenzione pu intensificarsi

o scemare il nostro senso di realt, o, in definitiva, il nostro coinvolgimento nella realt

preminente e la nostra apertura a contesti altri. La credenza assoluta, entro la quale

consideriamo irreale quanto escludiamo dal mondo in cui siamo immersi poich non

percepiamo altri mondi, sembra cos lasciare spazio, nelle pagine di James, a una forma di

credenza relativa. La stessa nozione di contraddizione, inizialmente adottata nei termini

spinoziani del togliere esistenza, entro la teoria dei molti mondi sembra perdere la propria

onnipotenza per cedere terreno ai movimenti dellattenzione, ed in particolare alla tensione tra

ci che questi colgono con maggiore o minore intensit al nucleo e al margine del campo di

coscienza17.

17
Occorrerebbe probabilmente chiamare in causa, a questo proposito, il diverso significato che la nozione di
contraddizione assume in Hegel e Spinoza. Come osserva LANDUCCI (1978), se alla base di entrambe le nozioni vi
il riconoscimento del negativo in ogni determinazione del reale, in Hegel ci non riguarda soltanto la relazione
ad altro, ma anche la relazione a s. Ricorrendo allanalogia con lesperienza fisica della tensione tra un polo
negativo e un polo positivo, egli sostiene che tra due termini contraddittori luno non scindibile dallaltro: la loro
relazione costitutiva nella misura in cui ognuno definito dal non essere laltro, inteso come il suo altro. In
questo senso, i due termini si escludono e si implicano mutuamente, poich luno implica la negazione dellaltro.
La contraddizione si distingue dalla differenza come dallidentit in quanto, tra due determinazioni
contraddittorie, luna escluda laltra sotto il medesimo riguardo sotto il quale la contiene: escludere quel che pur

29
Se in condizioni di ingenuit cognitiva tendiamo a togliere esistenza alle cose

contraddette, ordinariamente ci limitiamo a riservare loro differenti gradi di attenzione. Una

relazione pi intensa con un determinato oggetto e con il suo mondo lo rende pi reale di

altri, ma non reale in senso assoluto, in senso tale da far dileguare ogni altra cosa. Il destino

degli altri oggetti, per una mente cui le contraddizioni della vita insegnano a dubitare, non

quello di scomparire nel nulla, bens quello di transitare altrove, di collocarsi presso altri sub-

universi, cui la nostra attenzione potr di volta in volta conferire maggiore o minore accento di

realt. A partire dalla realt assunta come preminente, anche altri mondi e altri oggetti

continueranno ad essere reali, con maggiore o minore intensit e ognuno a proprio modo, ai

margini del nostro campo di coscienza: pronti ad assumere, in base ai movimenti

dellattenzione, un ruolo di preminenza. In questo senso, si pu ipotizzare che del reale noi

ordinariamente non diciamo o non , ma al tempo stesso e non . Per questo ci

probabilmente concesso qualcosa di pi che credere o non credere: forse possibile credere e

non credere18, ovvero, come James (1896) avrebbe sostenuto persino in rapporto allesperienza

religiosa, credere in qualcosa su cui il dubbio ancora possibile.

3.2 Il flusso e la frangia. Il molteplice come relazione

Un lungo paragrafo del saggio sulla Percezione della realt dedicato alla realt

preminente del mondo dei sensi, ovvero allipotesi di un primato delle sensazioni nel definire la

nostra credenza. Non tutti gli oggetti e i mondi che consideriamo reali, tuttavia, sono in grado di

si contiene (o si include), o viceversa contenere quel che pur si esclude: ecco dunque i termini della
contraddizione. La posta in gioco, in questa contrapposizione alla logica dellidentit, la possibilit di intendere
la relazione a s come qualcosa di pi della mera tautologia A=A (ivi). La questione appare particolarmente
rilevante nel nostro contesto, se vero che il tema della molteplicit del reale pu tradursi nei termini di una
logica del frame, che logica del paradosso e della contraddizione, di pasticci, labirinti e passaggi
transcontestuali (cfr. ZOLETTO s.d.).
18
Questa esattamente, per Iacono, la possibilit che si apre nella prospettiva dei mondi intermedi. Cfr. infra.

30
fare appello alle sensazioni: un mondo passato non pu farlo. Eppure noi possiamo credere in

un mondo che non esiste pi, purch vi sia ancora qualcosa che ci lega ad esso. Per spostare

laccento di realt sul mondo di un uomo primitivo, ad esempio, avremo bisogno di qualcosa,

magari di una selce ben lavorata, che ci colleghi a lui. Dovremo pensare il selvaggio con una

frangia di relazioni:

Quando credo che qualche selvaggio preistorico ha scheggiato questa selce, per esempio, la realt del
selvaggio e del suo atto non fanno diretto appello alla mia sensazione, o alla mia emozione o volizione.
Ci che intendo con la mia credenza in ci, semplicemente il senso oscuro di una continuit tra il
selvaggio morto da cos tanto tempo ed i suoi atti, ed il mondo presente di cui la selce parte. questo
un caso molto opportuno per applicare la nostra teoria della frangia [fringe]. Quando penso il
selvaggio con una frangia di relazioni, credo in lui; quando lo penso senza quella frangia, o con unaltra
(ad esempio, se dovessi classificarlo fra le stranezze scientifiche in generale), non credo in lui. In breve,
la stessa parola reale una frangia. (infra)

La vita osserva James - ci metta continuamente di fronte ad esperienze contraddittorie che si

contendono la nostra credenza. A meno che non vogliamo rinunciare ad agire, non possiamo

restare eternamente in dubbio. Perci, se pi oggetti si pretendono reali, in che cosa consiste

la soluzione del dubbio? Alla domanda cos riformulata non risponde la teoria del primato

delle sensazioni: ad essere chiamata in causa, come si vede nel passo citato, invece la

teoria della frangia. In poche battute, James suggerisce che la soluzione del dubbio passa

attraverso la coscienza delle relazioni che la cosa dubitata intrattiene con noi: essa pu

ottenere un qualche accento di realt se abbiamo il senso oscuro di una continuit, di una

relazione che in qualche modo la collega a noi. E grazie alla nostra capacit di percepire

relazioni, in altri termini, che accetteremo di credere in qualcosa; ma, al tempo stesso, ad ogni

mondo cui conferiremo laccento di realt non potremo credere in modo assoluto, proprio

perch la sua frangia di relazioni alluder continuamente ad altri spostamenti possibili della

nostra attenzione e dellaccento di realt19.

19
GURWITSCH (1957: 246) sottolinea, in proposito, che la presenza o lassenza di frange fa la differenza tra
quella che James chiama conoscenza-riguardo-a (o conoscenza di) e conoscenza diretta (o per ricezione).
Questultima la presenza semplice di un dato; nel caso della conoscenza di, invece, il dato appare in una
relazione con qualcosaltro. Cfr. JAMES, infra: Se consideriamo a questo punto la funzione cognitiva dei

31
La teoria della frangia viene formulata nellambito della teoria del flusso di pensiero

(stream of thought), come recita il titolo del capitolo IX dei Principi di psicologia, ovvero del

flusso di coscienza (stream of consciousness), se stiamo al titolo del capitolo XX del Corso

Breve.

James assume la coscienza non come entit o sostanza, come una cosa che ha sede da

qualche parte, ma come una funzione20: coscienza il nome della funzione cognitiva grazie alla

quale viviamo la molteplicit del reale mantenendo una nostra continuit interna, restando

ancora noi. E in un continuo fluire di cambiamenti, riguardanti le nostre relazioni con noi

stessi e con il mondo, che si raccolgono come nellalveo di un fiume molti e diversi stati di

coscienza, riconducibili alle nostre esperienze e a complesse attivit neuronali. La vita della

coscienza pensiero che scorre come una corrente dacqua, nella quale prendono forma, come

per aggregazione di detriti, molteplici oggetti di attenzione: gli oggetti del pensiero appaiono

cos circondati, entro la continuit del flusso, da un alone o frangia di relazioni, e il pensiero

scorre scivolando da un oggetto allaltro lungo le relazioni21 (infra).

differenti stati mentali, potremmo ritenere garantito che la differenza tra quelli che sono mera conoscenza
diretta [acquaintance] e quelli che sono conoscenze-riguardo a [knowledges-about] sia quasi interamente
riconducibile allassenza o presenza di frange o ipertoni psichici. La conoscenza riguardo a una cosa
conoscenza delle sue relazioni. La conoscenza diretta di essa comporta la limitazione alla sola impressione che
essa fa. Della maggior parte delle sue relazioni siamo consapevoli solo nella penombra nascente di una
frangia di affinit non articolate, corsivo mio. Sulla nozione jamesiana di frangia cfr. inoltre MANGAN
2001.
20
Cfr. JAMES (1904a): La coscienza connota un tipo di relazione esterna e non denota invece una materia
speciale o un modo di essere. La caratteristica peculiare delle nostre esperienze, il fatto che esse non soltanto
sono, ma sono conosciute, ci che la loro qualit cosciente chiamata a spiegare, si chiarisce meglio nei
termini delle loro relazioni reciproche queste relazioni stesse essendo esperienze (pp. 47-48; ed. or. , p. 25).
21
Nei primi capitoli dei Principi di psicologia, James aveva gettato le basi per una psicologia scientifica tesa ad
indagare i meccanismi biologici connessi ai processi mentali, identificando la coscienza come un fatto psichico
immediato, in relazione immediata con lo stato nervoso che ne il concomitante incondizionato. Ancora oggi la
psicologia e le scienze cognitive accolgono o comunque discutono le propriet jamesiane (EDELMAN 2004),
ovvero le principali caratteristiche da James attribuite alla coscienza: il suo carattere personale (i pensieri sono
sempre riconducibili alla coscienza di qualcuno); mutevole (pu presentarsi due volte lo stesso oggetto, non lo
stesso stato di coscienza: quando ricorre un fatto identico lo pensiamo in realt in modo nuovo, poich non
restiamo immutati ma abbiamo alle spalle la storia dei nostri precedenti stati di coscienza); continuo (non si
danno, almeno in individui sani, vuoti temporali o traumi irreparabili in grado di spaccare in due lesperienza
della coscienza: al risveglio ci riconnettiamo al nostro passato e quando subiamo uno shock linterruzione
conferma lesistenza dello sfondo, di unacqua libera della coscienza che scorre continuamente); selettivo (la
coscienza, immersa in un caos di sensazioni e percezioni, non pu coprire il mondo in modo esauriente ed
costretta a delimitare il proprio campo di attenzione: la condizione per essere coscienti proprio quella di
imparare a scegliere tra infiniti oggetti possibili, lasciando che altri sfumino gradatamente verso il margine del
campo di coscienza; la selezione avviene sulla base di interessi di ordine pratico, etico, estetico).

32
Lidea innovativa che James introduceva in psicologia era quella che egli stesso aveva

sintetizzato in questo modo: Ciascuno ammetter che il primo e pi rilevante fatto concreto

appartenente alla propria esperienza interiore il fatto che una coscienza di qualche sorta

procede. In contrasto con la tradizione empiristica e associazionistica della psicologia

filosofica, la coscienza veniva descritta come un vissuto non scomponibile in parti separate:

nonostante la diversit degli oggetti dattenzione, il loro andare, venire, e contrastarsi non

rompe il flusso del pensiero che li pensa; il passaggio dal pensiero di un oggetto a quello di un

altro non un'interruzione del pensiero pi di quanto un nodo di bamb non una rottura del

legno; la coscienza in se stessa ininterrotta.

Ad ogni livello della nostra vita psichica facciamo esperienza di questa continuit. Sul piano

delle sensazioni, ad esempio, la nostra attenzione non attratta da fenomeni isolati ma da

relazioni tra fenomeni, come accade nel caso del contrasto cromatico: se un grigio chiaro

risulta bianco vicino al nero e grigio accanto al bianco candido, perch non facciamo

esperienza di singole sensazioni ma di contesti desperienza complessi e soggetti a continuo

mutamento; le sensazioni non emergono come dati ma come termini di relazione, di

rapporto, di confronto.

Eppure, a dispetto della metafora adottata, la corrente della coscienza non si dispiega

come una continuit del tutto fluida. Il fiume della vita psichica conosce infatti due fenomeni

particolarmente rilevanti: in primo luogo, lalternarsi nella nostra coscienza (intra mentem) di

stati che vengono definiti transitivi e sostantivi; in secondo luogo, unesperienza di

carattere non sensoriale, lesperienza della frangia, che apre alla coscienza nella sua relazione

col mondo (extra mentem) la possibilit del senso e del mutamento di senso.

Il fluire della coscienza attraversa per James, come il volo di un uccello, momenti di

volo e momenti di riposo: il pensiero sosta spesso presso oggetti dattenzione, presso isole che

prendono forma lungo il fiume grazie allattivit selettiva della coscienza; tuttavia, la maggior

parte della nostra vita di coscienza esperienza di transizioni da una fase sostantiva allaltra.

33
Vi sono momenti in cui la coscienza delloggetto si presenta in modo calmo e stabile, ma la

maggior parte della nostra vita cosciente spesa negli stati transitivi. Ordinariamente non ce ne

rendiamo conto perch difficile coglierli: se vi poniamo attenzione essi si sciolgono come

neve al sole. Il tentativo di afferrarli pu, per cos dire, annullarli e lasciare il posto a nuove

cristallizzazioni. Eppure alle fasi transitive continuamente allude il nostro linguaggio, ricco di

avverbi e locuzioni, di congiunzioni e preposizioni, ovvero di forme espressive che non sono

dotate di un significato relativamente autonomo (come quello di una figura su uno sfondo), ma

mettono in luce relazioni, passaggi, connessioni22. Non si tratta solo degli e e dei se, dei

con e dei ma; si tratta di ogni modalit del rimando ad altro da ci che occupa il centro

della nostra attenzione.

Per questo James chiama in causa la nozione di frangia, intesa al tempo stesso come lalone

che circonda gli oggetti dattenzione e come la coscienza di questo alone. Dalla frangia

provengono percezioni che non possono dirsi inconsce, ma alle quali prestiamo scarsa o

scarsissima attenzione, poich sono registrate al margine del nostro campo di coscienza (si

pensi ad esempio alla percezione che uno studente pu avere dellaula in cui si trova, o di chi

gli sta accanto, mentre alle prese con lo svolgimento di un compito in classe o si trova

immerso nel suo sogno ad occhi aperti). Grazie alla frangia possiamo cos avere, accanto al

nucleo centrale delle nostre esperienze, anche esperienze di soglia che assumono grande

rilevanza dal punto di vista cognitivo: proprio in quanto vaghe e inarticolate, o per cos dire a

bassa definizione, esse ci procurano la percezione di un altrove non attualmente focalizzato,

verso cui la nostra attenzione potrebbe tuttavia spostarsi.

Nei Principi James chiarisce che con il termine frangia non vuole indicare una

specie di materia psichica per mezzo della quale delle sensazioni per se stesse separate siano

22
JAMES (1904b) afferma che nella sua filosofia non vi sono le Sostanze, gli Io trascendentali o gli Assoluti di
altre filosofie: lesperienza della realt pu essere paragonata a un mosaico le cui tessere si tengono per gli orli,
grazie al cemento [] formato dalle transizioni sperimentate tra di esse. La principale funzione della metafora
quella di sottolineare che lesperienza stessa, presa in generale, pu accrescersi lungo gli orli: la vita sta tanto

34
portate a mutuo contatto; la frangia fa parte dell'oggetto conosciuto, e la qualit e la cosa

sostantiva appaiono alla mente in forma di una frangia di relazioni. Alcune parti della corrente

del nostro pensiero conoscono pi le relazioni che le cose (James, 1890: trad. it. 202-203). E

nel Corso Breve che la definizione della frangia come margine, strascico o alone

delloggetto si amplia: frangia anche la coscienza dellalone. E, pi tardi, James torner

sullargomento affermando che tutti noi abbiamo una percezione non attentamente realizzata

[inattentively realized] del margine del campo di coscienza, se non addirittura di un campo

transmarginale23. Egli fa talvolta riferimento, per introdurre in prima approssimazione la

teoria della frangia, allesempio del pubblico che ascolta le sue conferenze: chi segue il

discorso sente ci che dice loratore, ma contemporaneamente ha anche percezione del suo

volto, del vestito, del luogo in cui si trova e di molti altri elementi che sono solo

apparentemente irrilevanti. In quanto informazioni di contesto, essi vanno a costituire unarea

intermedia (tra ci che focalizzato e ci che non lo , tra linterno e lesterno del campo di

coscienza) che non rappresenta soltanto lo sfondo sul quale loggetto dattenzione pu

stagliarsi come figura pi o meno definita, acquistando senso e realt; si tratta anche di unarea

costituita da sentimenti di relazione, che indicano la possibilit di uno spostamento

dellattenzione e, almeno in linea di principio, di un mutamento dellaccento di realt.

Il nostro campo di coscienza prevede sempre una frangia: quando scegliamo e

delimitiamo un oggetto dattenzione non compiamo mai un taglio netto rispetto a tutto ci che

non viene focalizzato. Ci significa che la complessit una caratteristica rilevante della nostra

vita di coscienza, mai riducibile ad un insieme di percezioni chiare e distinte (le immagini e

le parole hanno una frangia e non sono cos distinte come a prima vista potrebbe sembrare; i

campi della coscienza concreta sono sempre complessi). Ben lontano dal considerare questo

nelle transizioni quanto negli elementi collegati, e queste relazioni sperimentate di transizione continua sono ci
che rende cognitivo le nostre esperienze (trad. it., pp. 87-88; ed. or., pp. 86-88).
23
Infra.

35
come un limite delle nostre capacit cognitive, James intendeva mostrare e ripristinare, con la

teoria della frangia, limportanza del vago e dellinarticolato per la conoscenza.

Nel Corso Breve, come gi nei Principi, le esperienze di frangia sono proposte allattenzione

del lettore attraverso alcuni esempi. Vi sono innanzitutto i differenti stati di attesa cui andiamo

incontro, orientandoci in determinate direzioni anche in mancanza di altre indicazioni, se

qualcuno semplicemente ci dice Aspetta!, Guarda! o Ascolta!; poi ben noto il

fenomeno del nome dimenticato ma presente sulla punta della lingua (il fantasma del nome

che ci invita in una data direzione e ci fa immediatamente scartare nomi sbagliati, poich il

suo vuoto non un puro vuoto ma un vuoto diverso da ogni altro ed intensamente attivo); e

si potrebbero citare molti altri sentimenti di mancanza o imminenza, come la frustrazione del

ritmo vuoto di versi dimenticati o lintenzione di dire una cosa prima di averla detta. In tutti

questi casi, determinati oggetti e contesti si rivelano assenti e al tempo stesso presenti: bench

non siano ancora focalizzati come oggetti dattenzione, la relazione che intratteniamo con loro

in qualche modo sentita nella frangia. Si tratta solo potenzialmente di oggetti del pensiero,

ma il fatto che non siano attualmente presenti non significa affatto che siano irreali. E come

realt esistenti altrove che essi influenzano, per cos dire, ci che accade entro il mio campo di

coscienza: non a caso James definisce la frangia anche come ipertono psichico,

rappresentandola come lazione cerebrale di un pensiero che se ne va, o di un pensiero che

sopraggiunge, sul pensiero attualmente focalizzato.

come per gli ipertoni in musica: non sono uditi separatamente dallorecchio; essi si fondono con la
nota di base, le danno un sottofondo, la alterano; e cos pure i processi cerebrali, quelli in crescendo e
quelli calanti, si mescolano con leffetto psichico dei processi che sono al punto culminante e, soffusi
attorno ad essi, li alterano. (infra)

Se scandisco lalfabeto, nel mio b vive ancora leco di a e abita gi il fantasma di c. B

non affatto la stessa cosa se la pronuncio in un contesto diverso, magari come il nome

evocatore di ricordi della mia sezione di Liceo. Solo grazie ad a e a c, reali perch capaci

36
di influenzare la mia percezione di b (bench non attualmente presenti al centro del mio

campo di coscienza), posso dire che si tratta della seconda lettera dellalfabeto.

Anche Edmund Husserl, nelle Idee, si sofferma sullalone del campo percettivo. Egli

sottolinea che lalone rappresenta lo sfondo cosciente della percezione24 e ne riconosce la

funzione di elemento transitivo. Lalone prefigura qualcosa cui si presta potenzialmente

attenzione:

Il nostro discorso verte esclusivamente sullalone di coscienza che inerisce allessenza di una
percezione compiuta nella modalit del prestare attenzione allobiectum e su ci che si trova
nellessenza propria di questo alone. In ci implicita la possibilit di certe modificazioni del vissuto
originario, che indichiamo come libero dirigersi dello sguardo non dello sguardo puramente e
semplicemente fisico, ma di quello spirituale - dal foglio di carta inizialmente guardato a oggetti
precedentemente manifestatisi e quindi implicitamente dati alla coscienza; oggetti che dopo che lo
sguardo si diretto verso di essi diventano esplicitamente dati alla coscienza, attentamente percepiti o
incidentalmente notati.
[Oltre che nella percezione, le cose possono essere date alla coscienza anche] nel ricordo e nelle
presentificazioni affini al ricordo, nonch nelle libere fantasie []. Per questi vissuti essenzialmente
diversi vale quanto si detto dei vissuti di percezione. (Husserl, 1913: trad. it. 82)

Tra le funzioni cognitive dellalone Husserl riconosce quella di rendere possibile lo

spostamento dellattenzione: il nostro sguardo pu orientarsi verso altri oggetti e altri mondi a

partire dallalone di quelli che sono attualmente intenzionati, ovvero dalle nostre esperienze di

frangia. Ogni costruzione di senso implica, grazie alla frangia, la possibilit del passaggio e del

mutamento di senso.

Tuttavia, James sembra dire qualcosa di pi, nella misura in cui considera la frangia come

coscienza inarticolata della realt di altri oggetti e altri contesti, e non semplicemente della

loro possibilit: posso spostare la mia attenzione verso ci che percepito nellalone, oppure

posso non farlo; comunque vada, quanto percepisco nellalone definisce ed altera qui e ora il

senso degli oggetti cui presto attenzione (A e C svolgono realmente un lavoro cognitivo nella

frangia, definendo B come la seconda lettera dellalfabeto). Tutto si gioca nellalone, nella

24
Cfr. HUSSERL 1913: Ogni percezione di cosa ha quindi un alone di intuizioni di sfondo (o visioni di sfondo,
nel caso in cui nellintuire sia gi presente un prestare attenzione), e anche questo alone un vissuto di
coscienza, o in breve coscienza, e precisamente di tutto ci che di fatto viene visto nello sfondo oggettuale
insieme a ci che viene attentamente percepito (trad. it., p. 81).

37
penombra. Che era, per James, pi importante della luce e dellombra, poich delle relazioni

noi abbiamo il senso solo grazie a questo spazio intermedio25.

Le esperienze di frangia si rivelano cognitivamente rilevanti, in ultima analisi, per due

ordini di ragioni.

In primo luogo, la frangia si pone come cornice di sfondo del tema cui si presta attenzione. Il

tema compreso a partire dalla sua frangia di relazioni, e non da contorni precisamente definiti

che ne recidono i legami con laltrove: esattamente come, di fronte a un termine isolatamente

preso, la ricostruzione del contesto aiuta la nostra comprensione molto meglio della definizione

che troveremmo in un vocabolario (se non avessi informazioni di contesto non potrei mai

sapere, per riprendere uno dei molti esempi jamesiani, se la parola uomo indica un uomo

particolare o pi in generale lessere umano).

In secondo luogo, le esperienze di frangia pongono le basi per lo spostamento dellattenzione,

per lesperienza del passaggio e il mutamento di senso26. Come si visto, infatti, interferiscono

con il tema. Se ordinariamente si integrano con esso alterandolo, come gli ipertoni in musica

alterano la nota base, in alcuni casi possono metterlo in discussione. James osserva, a questo

proposito, che se vi e armonia tra il nucleo e la frangia il pensiero sostiene il tema. Se vi

incongruenza, si crea invece uno shock: ad esempio, lintroduzione di parole straniere in una

proposizione farebbe svanire lassenso assuefatto, ci porterebbe a interrogare il senso della

frase, comporterebbe un mutamento nellattenzione. Nel saggio sul flusso di coscienza James

non porta oltre lesempio, ma evidente quale rilevanza queste considerazioni abbiano rispetto

25
Cfr. infra: La significativit, il valore dellimmagine tutto in questo alone o penombra che la circonda e
laccompagna o, piuttosto, che fuso in uno con essa e che diventato carne della sua carne e sangue del suo
sangue; lasciandola, vero, unimmagine della stessa cosa che era prima, ma rendendola unimmagine di quella
cosa nuovamente presa e compresa.
26
E questa seconda implicazione ad essere trascurata da Alfred Schutz, che cita pi volte la nozione di frangia
(cfr. SCHUTZ 1943; trad. it. 351 e 366-67, 1944; trad. it. 384, 1945; trad. it. 107-109, 1955; trad. it. 321-22) a
proposito dellininterrotta interconnessione dei vissuti di coscienza e del rapporto tra significato e contesto,
indicando la prossimit tra la riflessione fenomenologica, gli scritti di William James e la psicologia della forma
(SCHUTZ 1945; trad. it. 109). La sua lettura di James, sotto questo aspetto, influenzata dalle analisi che A.
Gurwitsch andava elaborando negli stessi anni a proposito del campo di coscienza (cfr. GURWITSCH 1957 e
SCHUTZ 1970; trad. it. 79 ss.).

38
alla riflessione sui molti mondi. La comparsa dellespressione conto dellidraulico in un

discorso filosofico farebbe detonare la frase, poich il vocabolario sarebbe inappropriato:

mondo della filosofia e mondo delle realt pratiche entrerebbero in conflitto. Ma la

contraddizione, pi che annullare il senso del discorso filosofico, dovrebbe farci chiedere se

passare ad un nuovo vocabolario o, pi semplicemente, integrare in quello filosofico

unespressione presa in prestito da un vocabolario diverso. Ci comporteremmo, in entrambi i

casi, come si comportano coloro che sono ordinariamente capaci di credenza relativa, che

sanno esistere un mondo accanto allaltro; e non come una mente ingenua che vivesse la

filosofia come una realt assoluta, priva di frange, pretendendo di escludere dal suo

vocabolario ogni espressione di senso comune e dimenticando il mondo quotidiano con cui

essa inevitabilmente in relazione.

Daltra parte, per James, alla rilevanza cognitiva della frangia del campo di coscienza

corrisponde chiaramente la sua rilevanza pragmatica:

Il fatto importante, stabilito da questa formula del campo, lindeterminatezza del margine. Per
quanto non attentamente realizzato possa essere loggetto percepito al margine del campo, esso
tuttavia l, e contribuisce a determinare sia la nostra condotta, sia il movimento successivo della nostra
attenzione. (JAMES 1902: 232; trad. it., 208)27

Quanto cogliamo nella frangia non ben focalizzato ma tuttavia l, ci aiuta a orientarci a

livello pratico e cognitivo, ci prepara ai successivi spostamenti di attenzione.

Se quanto emerge nella frangia confligge con il tema, comincio a dubitare. Il dubbio mi

costringe allora a guardarmi intorno, a tener conto di quanto accade al margine e fuori di esso.

Dubitare, per usare lespressione di Winnicott (2001) richiamata da Iacono, mi obbliga a usare

27
Traduzione leggermente modificata. JUNG (1934; trad. it. 118 e 1947; trad. it. 186-87 e 204-205 ) considera la
frangia di coscienza come uno degli antecedenti teorici della nozione di inconscio. Nel brano in cui compare
il passo citato, infatti, James discute del campo di coscienza (detto anche campo transmarginale, cfr. JAMES
1901) chiamando in causa la coscienza subliminale di Frederic W. H. Myers. Appare tuttavia riduttivo
intendere le esperienze di frangia, che per JAMES (1919; trad. it. 209) sono in qualche modo coscienti, come
esperienze inconsce: ci si potrebbe chiedere, semmai, se la teoria della frangia non riguardi un terzo tipo di
esperienze.

39
la coda dellocchio, a percepire quelle relazioni che sono essenziali al mio senso di realt e al

mio stare al mondo, ma di cui non ho coscienza piena.

Il dubbio potrebbe essere superato in modo definitivo solo con limprobabile rimozione di ogni

e qualsiasi esperienza di frangia. Ma, finch ci non accade, esso lascia un segno nella

modalit del credere: ogni esperienza pu avvertirlo nella frangia, nella percezione di

differenze, ambiguit e contraddizioni, nella difficolt di sopprimere laltrove. Grazie alle

esperienze di frangia siamo in grado di stare sulla soglia: possiamo immergerci in una storia di

burattini e vivere realmente le emozioni delleroe, senza per questo difenderci dai Mori nemici,

come una volta capit a Don Chisciotte, tagliando la testa delle marionette.

4. La frangia e il sogno

Riformulare il problema filosofico della molteplicit del reale significa, nella

prospettiva aperta da William James e Alfred Schutz, tornare a interrogare le esperienze di

frangia, i fenomeni del passaggio e della relazione tra contesti, ci che accade lungo quella

soglia in cui sorge, insieme al senso dellalterit, la possibilit della contraddizione e del

paradosso. Una teoria del molteplice pu cos giungere a sollevare il problema dei mondi

intermedi.

Le maggiori difficolt, come ci ricorda Alfred Schutz, riguardano il caso-limite del

passaggio dal mondo dei sogni al mondo della veglia: quando ricordiamo ci che abbiamo

sognato, infatti, non stiamo pi sognando; non siamo pi chiusi allinterno della nostra solitaria

cornice di sogno ma labbiamo abbandonata. Per questo cos difficile comunicare agli altri i

nostri sogni. La transizione dal sogno alla veglia rappresenta il caso pi radicale di ritiro

dellaccento di realt, la modalit pi completa ed irrevocabile in cui possiamo abbandonare un

contesto e considerarlo irreale, per noi praticamente irrilevante. La metafora del salto cognitivo

tra province finite sembrerebbe, in questo caso, del tutto appropriata.

40
Eppure, come James osserva in una nota del saggio sulla Percezione della realt, capita che

una volta svegli non ci limitiamo a considerare irreale il mondo dei sogni:

Ma se un sogno ci perseguita e sollecita la nostra attenzione durante il giorno, in grado senzaltro di


rimanere nella nostra coscienza, rappresentando una specie di sub-universo a fianco del mondo della
veglia. La maggior parte delle persone ha probabilmente avuto sogni tali, che difficile non
immaginarli come occhiate verso una regione dellessere attualmente esistente, come ad una sorta di
angolo di mondo spirituale. I sogni inoltre sono stati concordemente considerati, in tutte le epoche,
come rivelazioni, ed hanno giocato un ruolo importante nella formazione delle mitologie e nel creare
temi su cui avrebbe poggiato una fede. (infra)

Anche a in un contesto pre-freudiano, in altri termini, si pu affermare che il sogno intrattiene

relazioni importanti col mondo della veglia. Se possiamo considerarlo come uno dei sub-

universi del reale proprio perch pu perseguitarci e sollecitarci anche durante il giorno,

perch resta in relazione con la nostra vita emozionale ed attiva.

E lo stesso Schutz (1970: trad. it. 96-97), nelle note sul problema della rilevanza, a far

compiere un passo avanti alla riflessione. Interrogandosi, come James, sulle sorti del sogno in

condizioni di veglia, osserva infatti che alla luce del giorno il tema principale del sogno

sparito per il semplice fatto che mi sono svegliato; stato completamente abbandonato, lasciato

cadere. Ma ci non condanna il sogno allirrilevanza. Piuttosto, leventuale interpretazione del

sogno nel mondo quotidiano risponde a criteri di rilevanza completamente diversi da quelli

della vita onirica (ad esempio da svegli non abbiamo motivi validi per continuare ad inseguire

la persona che, in sogno, consideravamo in grado di svelarci i segreti della nostra esistenza). La

caduta del tema principale del sogno, in altri termini, lascia un vuoto che viene riempito da un

tema-sostituto appartenente ad entrambi i mondi: a quello dei sogni perch il vuoto creato

dallabbandono delloggetto del sogno si riferisce sempre alla realt del mondo dei sogni che

mi sono lasciato dietro al mio risveglio; e al mondo quotidiano perch tutte le rilevanze

interpretative e motivazionali annesse a questo vuoto appartengono alla realt predominante

(ibid.). Lesperienza del passaggio, in questo caso, apre unenclave che viene riempita da un

41
termine intermediario, da un simbolo. La transizione tra mondi d luogo a una trasformazione

simbolica della realt (ibid.).

Se le cose stanno cos, se il sonno mondo dei sogni e della veglia sono sempre

interconnessi, probabilmente neanche lesperienza del risveglio rappresenta un trauma

cognitivo: forse anche nel sonno si danno esperienze di frangia, forme di dubbio e percezioni

dellaltrove. Una traccia di ricerca, in questa direzione, ci viene indicata da uninteressante

omissione di cui si rende protagonista William James. Citando lEtica di Spinoza, infatti,

James salta senza neanche segnalarlo alcune righe dedicate al fenomeno del sognare di

sognare. Spinoza discute in queste pagine delle modalit con cui sospendiamo il giudizio su

ci che consideriamo reale, e sostiene che anche allinterno del sogno si apre la possibilit del

dubbio:

non credo che vi sia alcuno che ritenga di avere la libera facolt di sospendere il giudizio, mentre sogna,
intorno alle cose che sogna e di far s da non sognare le cose che sogna di vedere; e tuttavia accade che
nei sogni sospendiamo il giudizio, e cio quando sogniamo di sognare. (Spinoza, 1993: trad. it. 167)

Il sognare di sognare potrebbe a prima vista apparire come una forma di dubbio iperbolico,

come una sospensione del mondo quotidiano ancora pi radicale di quella che ha luogo nel

puro sognare. Le poesie di Borges sembrano intenderlo proprio cos, come un potenziamento

dellillusione soggettiva28. Ma sognare dentro un sogno, se stiamo al senso dellosservazione di

Spinoza, non come sognare dentro altre province del reale. Sognare dentro un sogno significa

metterlo in discussione in una direzione che ci riconduce verso il mondo della veglia, verso un

nuovo passaggio, verso il mutamento dellattenzione e dellaccento di realt. In un breve

aforisma, in questo senso, Novalis introduceva lidea di una soglia:

Siamo vicini al risveglio quando sogniamo di sognare. (Novalis, 1993: 362)

28
Cfr. ad esempio Cartesio, in BORGES (1988: 23).

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Neanche il sogno, potremmo concludere, loggetto di una credenza assoluta, vissuta in

condizioni di immersione totale e superata solo in virt di uno shock. Anche nel sogno sono

possibili esperienze di frangia. Probabilmente, solo in loro assenza il risveglio rappresenta un

trauma cognitivo. Potremmo certo chiederci quanto ordinariamente ci avvenga; ma, anche a

prescindere da questo, la possibilit di esperienze di frangia entro il mondo del sogno rafforza

lidea che la nostra vita cognitiva sia meno sconnessa e irrelata, nel suo attraversare molti

mondi, di quanto siamo forse abituati a immaginare.

Molteplici e reali, prima dei nostri mondi, sono in fondo le nostre relazioni.

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