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Capua tra XVII e XVIII secolo

1.1 Lineamenti di storia sociale a Capua dal Seicento al Settecento


La citt di Capua, ricordata per la sua fedelt al re di
Spagna, nel Seicento era ai margini della storia europea che
viveva da spettatrice. La politica era gestita dalla Spagna e i
nobili capuani, non dovendo fare niente, andavano a vivere a
Napoli, senza curarsi di amministrare i propri beni in prima
persona. ovvio che una tale situazione non poteva durare a
lungo e non di rado i nobili capuani cadevano in miseria. Ecco,
dunque, uno dei fattori che favorisce lingresso in scena della
nobilt nuova (vd. paragrafo 1.2): possiamo definirla un insieme
di borghesi benestanti (avvocati, mercanti e notai) e molto attivi,
determinati a prendersi dei privilegi, acquistando titoli di nobilt.
La loro ricchezza si basava sullacquisizione graduale della
propriet fondiaria dalle mani della vecchia nobilt. Grazie ai
loro traffici, in questo periodo Capua era molto ricca 1, anche se
chiusa in se stessa, determinata a godersi da sola la propria
ricchezza e a limitare, per quanto possibile, le trasformazioni
sociali. In questottica la Spagna e il Vicer di Napoli erano
considerati garanti di quellordine e di quella pace che
consentivano a Capua di prosperare. O meglio, prosperavano i
nuovi nobili, che gradualmente stavano diventando proprietari

1 Andreoli F., Capua e lambiente storico-culturale napoletano del Sec. XVII, in


Capys 3, 1968-1969, pp. 60-61.

1
terrieri, perch la vita dei contadini si svolgeva nella miseria pi
totale2.
Questa la ragione per cui, sulla scia della rivolta di
Masaniello, ne scoppi una anche a Capua, una rivolta di poveri
affamati, a differenza della ribellione di Masaniello che fin per
essere manipolata da quanti volevano scacciare gli Spagnoli e
fare arrivare i Francesi. A Capua avvenne, per, che gli stessi
abitanti della citt domarono la rivolta senza che fosse necessario
laiuto del vicer (ecco perch la citt ha lepiteto di
fedelissima). Nel 1660 fu firmata la pace tra Spagna e Francia
e Capua ricevette molti privilegi per essere rimasta fedele3.
Si trattava di una citt molto ben fortificata, anche se nel
1707 questo non la salv da un saccheggio avvenuto durante la
guerra di successione di Spagna, in seguito alla quale pass per
un breve periodo sotto il dominio austriaco. Tuttavia, nonostante
Carlo VI, nel 1732, avesse fatto rinforzare le fortificazioni, gli
Austriaci non riuscirono a tenersi Capua. Infatti, in occasione
della guerra di successione polacca lItalia meridionale
(compresa, dunque, Capua) si liber degli Austriaci. Subito dopo,
nel 1734, Carlo III di Borbone, per aprirsi la via su Napoli,
assedi ed espugn la citt. I Borboni considerarono sempre
Capua come la principale fortezza del Regno e vi tenevano circa

2 Andreoli F., Capua e lambiente storico-culturale napoletano del Sec. XVII,


cit., pp. 62-63.

3 Ivi, pp. 66-67; idem, Capua e lambiente storico-culturale napoletano del Sec.
XVII, in Capys 5, 1971, p. 103.

2
1220 uomini di presidio, sotto il comando di un generale,
denominato Governatore della piazza4.

1.2 Le origini della nobilt capuana


In epoca alto-medievale eminenti figure di Capua
cominciarono ad essere nominate duchi o marchesi allorch
veniva loro assegnata lamministrazione di un dato territorio. Nel
XIII secolo a Capua furono istituiti i Sedili. In origine si
trattava di semplici luoghi di aggregazione ove venivano trattate
questioni importanti sia private che pubbliche. In epoca angioina,
cio dal 1266 al 1381, nei Sedili si discuteva del mantenimento
delle porte della citt e delle relative torri, finch Ferdinando IV
di Borbone5 non ne decret la fine6.
Nel periodo del dominio aragonese (1442- 1495) Capua fu
dotata di un Reggimento Municipale, gruppo dominante formato
da 50 persone, di cui 25 appartenenti alla nobilt di piazza (cio
di sangue), il restante costituito da cittadini che si erano distinti
per meriti particolari. Ma nel Cinquecento il numero dovette
scendere a 36, perch molte famiglie nobili si erano quasi estinte
a causa delle guerre. Infatti, nel 1501 Capua era stata
saccheggiata da Cesare Borgia che la tratt con terribile violenza.

4 Cappuccio M. 1968-69. Lineamenti della storia di Capua in, Capys 3, pp.


5-17

5 Regn, con diverse interruzioni, dal 1759 al 1816.

6 De Rosa D., La nobilt capuana, in De Rosa D. Fusco L., Cappelle e altari


delle nobili famiglie capuane, Edizioni Pro Loco, Capua 2008, p. 6.

3
Successivamente gli scontri tra spagnoli e francesi proseguirono
lopera di strage iniziata dal Valentino. In questo quadro, Capua
che, secondo gli ordinamenti, doveva essere governata da 25
nobili generosi coadiuvati da 25 onesti cittadini non era in
grado di raggiungere questi numeri. Ecco perch il vicer,
Giovanni dAragona, concesse un titolo nobiliare ad alcune
famiglie capuane ricche7.
Nel 1612 ad altre persone di Capua furono poi concesse
delle patenti di nobilt, ma non lautorizzazione ad accedere ai
Sedili. In questo modo a Capua si vennero a creare due tipi di
nobili: da un lato cera la nobilt di piazza, detta anche
generosa, mentre dallaltro lato si trovava la nobilt fuori
piazza, cio extravagante Solo la nobilt di piazza aveva
accesso al Sedile e ai privilegi che ne derivavano. Il secondo tipo
di nobili, invece, poteva accedervi solo per speciale concessione
del sovrano8.
Inoltre, non bisogna dimenticare che, in seguito al sacco
del 1501, molti documenti andarono persi o distrutti e, in una tal
confusione, molte famiglie di bassa estrazione colsero
loccasione per alterare i documenti superstiti allo scopo di
costruirsi una falsa patente di nobilt. Tali abusi furono interrotti
solo nel 1572 grazie allintervento del sacro regio consiglio: da

7 Campanelli M., Monasteri femminili e patriziato cittadino a Capua in et


vicereale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2005, pp. 39-40

8 De Rosa D., La nobilt capuana, cit., p. 7.

4
quel momento in poi, chi voleva accampare pretese di nobilt era
obbligato a sottoporsi al giudizio del vicer9.
Arriviamo cos al Settecento, quando il numero dei nobili
scemava sempre pi. Ci rappresentava un problema, perch
difficilmente si riusciva ad arrivare al numero dei voti necessari
per le deliberazioni da prendere di volta in volta. Proprio per
questo furono i notabili della citt a supplicare il sovrano di
nominare nuovi membri del Reggimento Municipale, richiesta
accolta dai Borbone, che decisero di nominare 12 nuovi nobili. Il
provvedimento si ripet nel 1750, questa volta nominando 14
nuovi nobili, scelti tra i cittadini pi ricchi e distinti10.
La nobilt vecchia trov comunque da ridire per la nuova
situazione, perch non voleva che i nuovi nobili godessero degli
stessi suoi privilegi, a cominciare dalla definizione. I nobili di
vecchia data pretendevano, infatti, di essere definiti nobili di
piazza, mentre gli altri dovevano essere appellati nobili di
governo. Ma il re Carlo VII rifiut e impose che tutti i nobili
avessero uguali privilegi. Nel 1764 fu pubblicato lelenco
completo dei nobili di Capua. Tutti coloro che figuravano in
questo elenco, che fossero nobili di piazza o nobili di governo,
avevano diritto alle varie cariche politiche e anche ad assumere

9 Campanelli M., Monasteri femminili e patriziato cittadino a Capua in et


vicereale, cit., p. 41.

10 Ivi, p. 8.

5
incarichi allinterno delle confraternite religiose (un esempio:
bastoniere dellOspedale)11.

1.3 La committenza artistica


Capua era molto importante per tutto il Regno di Napoli.
Per la sua posizione geografica, infatti, era adatta come
piazzaforte militare. La citt usufru di costanti interventi
architettonici e di vari altri benefici, perch i sovrani la
consideravano una seconda capitale. Gli interventi architettonici
di cui parliamo riguardarono anche gli edifici religiosi: Capua fu,
infatti, sede, di importanti ordini religiosi. Oltre alla monarchia,
anche i nobili locali, per accrescere il proprio prestigio agli occhi
degli altri, si occuparono di abbellire la citt, ad esempio
commissionando dipinti per le chiese ma anche per le proprie
dimore. Le opere commissionate per le chiese, tuttavia, avevano
una particolare importanza, in quanto garantivano che le persone
si sarebbero ricordate del nobile che le aveva rese possibili anche
dopo la sua morte. Anche la chiesa ne ricavava un vantaggio,
specialmente quando i nobili sceglievano di farsi seppellire in
una particolare chiesa. Per un ordine religioso era molto
importante vedersi assegnato il compito di guidare spiritualmente
una famiglia nobile12.

11 Ivi, pp. 9-10

12 Fusco L. I nobili capuani e la committenza religiosa, in De Rosa D. Fusco L.,


cit., p. 11.

6
Il periodo che va dal 1503 al 1734 detto et vicereale.
In questo periodo la curia arcivescovile, con i vari ordini religiosi
e cavallereschi, si preoccup dellassistenza morale, sociale e
sanitaria della citt, potenziando gli antichi edifici e conventi e
costruendo nuovi ospizi, ospedali e collegi. Sono gli anni delle
opere pie promosse dalla Casa Santa dellAnnunziata, dal
Convento di Montevergine e dal Seminario Arcivescovile. I
Governatori di tali enti venivano scelti tra la nobilt pi in vista e
poi questi governatori facevano eseguire delle cappelle nelle
istituzioni che dirigevano13.
Qui possiamo gi accennare, come esempio, al monastero
di clausura di Santa Maria delle Dame Monache, sui cui
torneremo diffusamente in seguito: il monastero e la sua chiesa
risalgono al X secolo. Entrambi furono ampiamente modificati
nel corso del Settecento, epoca in cui la chiesa venne arricchita di
vari dipinti. Ai nostri giorni la chiesa sconsacrata e non
rimasto quasi niente, se non gli stucchi e alcuni elementi tardo-
barocchi14.

1.4 Vita del clero a Capua


Prima di esaminare dettagliatamente la figura di Angela
Marrapese, che per diversi decenni fu uno dei perni della vita
religiosa e politica di Capua, pu essere utile descrivere a grandi
linee la vita degli uomini di chiesa della citt. A mo di esempio,
13 Fusco L., cit., p. 13.

14 De Rosa D. Fusco L., cit., pp. 55-58.

7
utilizzeremo alcune vicende emerse dagli archivi. Nel 1660, il
Vicario generale di Capua che, con ogni probabilit allepoca era
monsignor Maresca, fu accusato di varie colpe, tra cui quella di
non rispettare la clausura delle monache. Purtroppo latto
daccusa, rinvenuto nellarchivio della Diocesi di Calvi, reca una
firma illegibile, quindi non conosciamo il nome dellaccusatore
del Vicario. Nel complesso, da tale documento emerge un quadro
molto negativo della vita sacerdotale a Capua in quella precisa
epoca: i sacerdoti intrattenevano relazioni sessuali con donne, il
sacerdozio stesso era considerato una merce che si poteva
ottenere corrompendo qualcuno allinterno della gerarchia
ecclesiastica. Infatti, un secondo documento, risalente al 1680 ci
mostra un sacerdote, tale Pigna, che aveva una relazione con una
donna di nome Anna Sebastiano. Egli fu dapprima redarguito e
invitato a correggere i suoi costumi, ma in seguito si dovette
addirittura incarcerarlo. Il processo a cui fu sottoposto di
grande interesse per noi anche perch da una delle testimonianze
emerge che a casa di un altro prete, Francesco Vettillo, si
riunivano vari sacerdoti di Capua per giocare dazzardo. Il
processo a Pigna dur oltre un anno anche perch egli, una volta
condannato, fece ricorso. Alla fine, per, egli ne usc assolto,
grazie a nuove testimonianze15.

2. Breve storia dei principali monasteri di clausura capuani


15 Martone A., Vita sociale a Capua nella seconda met del Seicento, in
Capys 16, 1983, pp. 78-81; 88.

8
2.1 I monasteri e il rapporto con la nobilt cittadina
Capua, nellet moderna, era uno dei centri pi importanti di
Terra di Lavoro, dal momento che svolgeva funzioni
amministrative e militari, ma anche produttive e religiose (da
Capua, infatti, dipendevano ben nove diocesi). Capua, inoltre, in
quanto citt regia, aveva un rapporto molto stretto con Napoli
e con gli organi di governo centrali. Grazie a tutto questo, nel
corso del tempo i sovrani le avevano concesso svariati privilegi.
Ad esempio, fin dal Medioevo, i rappresentanti della citt, in
occasione dei parlamenti generali, avevano il diritto di prendere
la parola subito dopo i rappresentanti napoletani, sia per quanto
riguarda i voti da esprimere sia per quanto concerne le richieste
da fare al re. Altri privilegi riguardavano la limitazione delle
tasse da imporre alla citt16.
Dal Cinquecento in citt si potevano trovare tre monasteri:
San Giovanni delle Dame Monache, Santa Maria delle Dame
Monache e Ges Grande. I primi due seguivano la regola di San
Benedetto. In particolare San Giovanni delle Dame Monache era
sottoposto direttamente allabbazia benedettina di Montecassino.
Santa Maria delle Dame Monache, invece, dipendeva
dallOrdinario diocesano. La sua storia di particolare interesse,
perch in realt, questo monastero era nato ad Allifae nellVIII
secolo d. C., ma era stato distrutto dai Saraceni, perci le
monache avevano dovuto trasferirsi a Capua nel X secolo,

16 Campanelli M., cit., p. 31.

9
rimanendo per lungo tempo ospiti della Chiesa di san Nazario.
Solo alla fine del X secolo fu concesso loro di erigere un proprio
monastero. Il monastero del Ges Grande, infine, seguiva la
regola di san Francesco. Per quanto riguarda questo monastero,
era invalsa labitudine, da parte dei rappresentanti della citt (o
Eletti), di accedere personalmente al monastero, accompagnati
dal vicario, ogni volta che le monache dovevano eleggere una
nuova madre badessa. Il vicario aveva il compito di raccogliere il
voto di ciascuna monaca, dopo di che un cancelliere verbalizzava
quanto il vicario tornava a riferirgli. Nel 1627 fu costruito il
monastero di San Girolamo, anchesso di regola benedettina. In
questo caso il monastero nacque per volont di un nobile
capuano, Lelio Tomasi, per potervi collocare le proprie figlie. In
realt, da sempre, le figlie dei nobili capuani entravano nei
prestigiosi monasteri di San Giovanni delle Dame Monache e
Santa Maria delle Dame Monache. Questi luoghi, seppure vi si
praticava la clausura, erano a tutti gli effetti parte integrante della
citt e manifestazione concreta del potere aristocratico, dal
momento che entrambi erano sotto lo stretto controllo di quattro
famiglie nobili in particolare: Lanza, dAzzia, di Capua e del
Balzo. La famiglia di Capua e la famiglia dAzzia appartenevano
allaristocrazia pi antica, essendo presenti in citt sin dallAlto
Medioevo, e partecipavano molto attivamente alla vita politica
della citt. I monasteri si inquadravano alla perfezione in questo
schema politico: lingresso di una figlia in uno dei due monasteri

10
pi importanti assumeva una valenza tutta politica, dal momento
che la nuova monaca dava lustro e prestigio a tutta la sua
famiglia. Per questo, la monacazione di una figlia era un
avvenimento che, per la nobilt fuori piazza 17, aveva il sapore
di una legittimazione. Per esempio, la famiglia del Balzo aveva
diritto a un seggio in citt solo dal 1415, mentre per altri ancora,
come i Vitelli, il seggio era arrivato solo verso la fine del
Cinquecento. Queste famiglie cercavano, appena possibile, di far
monacare le proprie componenti femminili non destinate al
matrimonio in San Giovanni e Santa Maria, dove si sperava che
le giovani potessero ricoprire cariche adeguate alla propria
origine nobile. Le famiglie non nobili, ma che, per le loro
ricchezze, avevano una buona posizione a Capua, potevano,
invece, mandare le proprie figliole nel monastero di San
Girolamo18.
Lo stretto legame tra nobili e monasteri si evince anche dal
fatto che San Giovanni e Santa Maria furono in grado, fra il
Quattrocento e il Cinquecento, di ampliare di molto i loro
possedimenti. Successivamente, le nobili monache si sforzarono
di abbellire i propri monasteri commissionando opere darte a
prestigiosi artisti. In realt anche questo mecenastismo si deve
inquadrare nelle questioni di prestigio che mettevano i nobili

17 Vd. sopra, paragrafo 1.2.

18 Campanelli, M. Monasteri femminili e patriziato cittadino a Capua in et


vicereale, cit., pp. 32-35.

11
capuani uno contro laltro. Ad esempio, Giustina Caracciolo
pretese che nelle opere da lei commissionate fosse inserito lo
stemma della sua famiglia. Da questo si pu dedurre che in questi
monasteri non si praticasse certo la povert. Al contrario, il
tenore di vita era decisamente alto, tanto che il monastero del
Ges Grande nel Cinquecento affront gravi difficolt
economiche. Inoltre, le monache pi anziane si appropriavano
della dote portata dalle pi giovani. Proprio questi atteggiamenti,
andando contro il decoro che si immagina dovrebbe regnare in un
monastero, spingevano gli abitanti (e non, paradossalmente, le
istituzioni ecclesiastiche) di Capua a chiedere una riforma. Se,
infatti, le monache non rispettavano la regola di appartenenza,
esse rappresentavano un disonore per le loro famiglie. Fu per
questo motivo che nel 1551 gli Eletti di Capua dovettero
rivolgersi allabate di Montecassino affinch imponesse alle
monache di San Giovanni il rispetto della clausura (le monache,
infatti, avevano labitudine di lasciare il monastero per lunghi
periodi per soggiornare nella casa paterna). Naturalmente,
allinterno dei monasteri non fu facile accettare quella che veniva
considerata uningerenza della citt (tra laltro nel 1556 si decise
di nominare dei procuratori per sorvegliare che la clausura fosse
realmente messa in pratica). Si arriv a chiudere a chiave le
monache dalesterno, finch lintervento della Santa Sede non
blocc i provvedimenti presi dalla citt. Tuttavia, lopera di
riforma non poteva essere arrestata: nel 1574 labbazia di

12
Montecassino rinunci al controllo di San Giovanni, controllo
che fu ceduto alla citt di Capua e, lentamente, le monache
rinunciarono allabitudine di condurre vite separate le une adalle
altre e iniziarono, per esempio, a pranzare in refettorio tutte
insieme19.
Nel 1586 si decise che i monasteri di Capua dovessero
ospitare solo monache provenienti da Capua stessa (persino le
giovani dei casali appartenenti a Capua quali ad esempio,
Arnone, Brezza, Camigliano, Cancello, Grazzanise, Leporano,
Macerata, Marcianise, Pastorano, Portico, Recale, SantAngelo in
Formis, San Nicola la Strada e San Prisco erano escluse). Lo
scopo era rendere tali monasteri patrimonio esclusivo della citt,
ma va detto che a partire dal Settecento la norma, anche se
rimase in vigore, non fu pi rispettata20.
A Capua come a Napoli, le autorit pi volte dovettero
intervenire per mettere fine agli sprechi delle monache.
Addirittura alle monache di Santa Maria durante il Seicento si
dovette imporre di limitare le spese superflue, specialmente
quelle relative al cibo, nonostante nel secolo precedente lo stesso
monastero si fosse trovato in forti difficolt economiche21.
Il quadro che emerge, dunque, quello di due monasteri in
cui si trova il fior fiore della nobilt capuana. Sono monache che
19 Ivi, pp. 36-39.

20 Ivi, p. 44.

21 Ivi, p. 45.

13
vogliono mantenere lo stile di vita al quale erano abituate a casa
e, poich nel monastero portano con s le rivalit apprese in
famiglia, si rifiutano di vivere a stretto contatto con altre
monache appartenenti a casate diverse. Infatti, nel monastero del
Ges, dove le monache appartenevano a famiglie di certo pi
umili, non si verificavano tutti i problemi di San Giovanni e
Santa Maria. Per questo motivo, quando Roberto Bellarmino
assunse la guida della Diocesi nel 1602 si sforz di
democratizzare la vita allinterno dei monasteri e spiegare alle
monache che, quando si assume labito religioso, le ricchezze e
le origini nobiliari non contano pi, ma ci si deve solo dedicare a
perseguire la santit. Bellarmino era anche consapevole di quanto
una fanciulla realmente desiderosa di prendere i voti fosse
ostacolata dalla dote richiesta: il monastero di San Giovanni
chiedeva a ogni famiglia di versare 400 ducati, una somma
enorme che pochi potevano permettersi, un vero e proprio
ostacolo alle vocazioni22.
Nel 1605 Bellarmino affid al sacerdote Michele Monaco la
cura spirituale delle monache di San Giovanni. Ma, nonostante
tutti gli sforzi del sacerdote, lo stile di vita delle monache rimase
pressoch immutato23.

2.2 Lineamenti di storia architettonica dei monasteri capuani

22 Ivi, pp. 46-47.

23 Ivi, pp. 48; 52.

14
Per quanto concerne la chiesa e il monastero di Santa
Maria delle Dame Monache, il progetto della struttura attuale
risale al 1581 ed di Benvenuto Tortelli. Lo scopo era rinforzare
la clausura del monastero di Santa Maria, dal momento che nel
Cinquecento i costumi religiosi erano, come si visto, molto
rilassati e occorreva prendere seri provvedimenti. I lavori
durarono dal 1582 al 1588. Nel 1631 il monastero fu ampliato
tramite lacquisto di terreni adiacenti al monastero e nel
Settecento completamente ricostruito, sicch del progetto di
Tortelli non rimasto niente. Purtroppo non conosciamo
lidentit dellarchitetto settecentesco, nonostante abbia svolto un
buon lavoro. Il monastero accoglieva le donne delle famiglie pi
ricche e influenti, ad esempio DAquino e Strozzi. Non a caso vi
lavorarono grandi artisti come, appunto, Tortelli24.
Un altro monastero importante, come vedremo, fu San
Giovanni delle Dame Monache. Nel 1551 fu imposta la clausura
a questo altro complesso benedettino, ma i lavori non erano
ancora finiti nel 1564. Nel 1592 fu emanato un decreto di
estinzione del monastero. Esso, per, fu riaperto nel 1604, dopo
che fu isolato, con un apposito muro, dal resto della citt per
volere del Cardinale Bellarmino. Nel 1737 fu costruita una nuova
chiesa (quella precedente risaliva al Cinquecento). Il progetto era
di Ferdinando Sanfelice, anche se la realizzazione fu affidata

24 Giorgi L., Architettura religiosa a Capua: i complessi della SS. Annunziata, S.


Maria e S. Giovanni delle Dame Monache, Tip. Soc. Interstampa, Roma 1990, pp.
58; 60-61.

15
allarchitetto Domenico Antonio Vaccaro. In effetti, la chiesa di
San Giovanni delle Dame Monache assomiglia a una chiesa di
Napoli, Concezione a Montecalvario, che pure fu opera di
Vaccaro nella prima met del Settecento. Entrambe le chiese,
infatti, hanno pianta ottagonale sormontata da una cupola25.

3. Angela Marrapese e la Capua del XVIII secolo

3.1 Levoluzione della religiosit


A livello centrale si constata come nel Settecento la Chiesa
cattolica si fosse allontanata sia dal misticismo che dalleccessivo
rigore penitenziale che avevano caratterizzato il secolo
precedente. Ma anche a livello locale, cio quello dei singoli
monasteri, si nota una evoluzione che va verso una modifica
della concezione della clausura e della cultura monastica in
generale. Specchio di questa evoluzione lopera La vera sposa
di Ges Cristo (1760-1761) di SantAlfonso de Liguori, in cui il
sacerdote si dilunga a tratteggiare il nuovo ideale di monaca: ella
deve impegnarsi per rispettare la regola di appartenenza,
comunicarsi regolarmente, essere umile e aspirare alla perfezione
nella propria condotta di vita. Contemporaneamente, per,
assistiamo a ci che pu essere definito crisi delle monache: le
donne che prendevano i voti nel Settecento ci si mostrano
apertamente nella loro debolezza, addirittura nei dubbi sulla
25 Giorgi L., Architettura religiosa a Capua, cit., pp. 76-77.

16
realt della loro vocazione. Daltro canto anche il secolo che
vede figure di moanche molto forti, come Orsola Maria Comite e
Maria Crocifissa Broggia. Da una parte esse vivevano le stesse
estasi delle monache del Seicento, dallaltro erano pi razionali e
la loro fede si discostava gradatamente dal bisogno dei miracoli26.
Lallontanamento dal misticismo era una diretta
conseguenza della trasformazione del mondo esterno al
monastero. Infatti, una societ che andava lentamente
secolarizzandosi si interessava sempre di meno a miracoli e altri
eventi prodigiosi. Di conseguenza, la Chiesa ormai poteva
mantenere la sua presa sugli individui solo se i suoi componenti
operavano non prodigi ma opere di virt e dimostravano essi
stessi di obbedire alla Chiesa. In questo quadro di profondo
cambiamento va anche inserito un mutamento di atteggiamento
nei confronti delle converse: se in precedenza erano considerate
alla stregua di serve disprezzabili, ora SantAlfonso
raccomandava di trattarle con rispetto e di non caricarle di lavori
faticosi, perch anchesse hanno diritto a un poco di tempi
riservato alla preghiera, per poter rafforzare la propria devozione
e accedere ai sacramenti. Ma la novit pi sorprendente la
dichiarazione di SantAlfonso secondo cui anche una conversa
pu diventare santa. Questa era senzaltro una rottura rispetto al
passato27.

26 Campanelli M., Monasteri di provincia (Capua secoli XVI-XIX), FrancoAngeli,


Milano 2012, pp. 18-20.

17
Tuttavia, nella vita monastica era rimasto qualcosa
dellepoca precedente, che consisteva fondamentalmente nella
partecipazione alla preghiere comuni, nella preghiera interiore,
nelle letture devote, nel mantenere il silenzio e nellosservare in
ogno cosa la modestia. Inoltre, in alcuni monasteri si imitava
ancora santa Teresa dAvila per quanto riguarda le sue pratiche
penitenziali e lestasi. Per queste monache il contatto col divino
si basava su unintensa sofferenza ma anche sullesperienza
mistica dellamore di Dio28.
Su questo sfondo spiccano alcune figure di monache che
rifiutano di considerarsi subalterne al resto della Chiesa. Qui
citeremo solo lesempio di Maria Celeste Crostarosa che, oltre a
distaccarsi dal modello monacale secentesco, non voleva
annullare la propria personalit in nome dellobbedienza. Ella era
convinta che anche una monaca deve farsi guidare dalla ragione
prima ancora che dai suoi superiori religiosi. Per questo era
inevitabile che entrasse in conflitto con SantAlfonso, secondo il
quale, invece, una monaca doveva sempre mostrare obbedienza
alle autorit religiose29.

27 Campanelli M., Monasteri di provincia, cit., pp. 42-43.

28 Ivi, p. 45.

29 Ivi, p. 49.

18
3.2 Angela Marrapese e la fondazione del monastero di San
Gabriele a Capua
Nel 1738 il frate carmelitano Salvatore Pagnani si trovava
a Capua, proveniente da Melfi. Al suo seguito si trovava suor
Maria Maddalena della Croce, di Melfi, che era una bizzoca 30.
Costei and a vivere nella casa di un sacerdote capuano, Antonio
di Caprio, dove egli viveva con sua sorella, a sua volta terziaria
carmelitana. Le due donne presero labitudine di pregare insieme
e successivamente ad esse si un Angela Marrapese con sua
sorella Matilde, che provenivano da uno dei numerosi casali di
Capua, Pantoliano. A Capua Angela prese i voti dellordine
carmelitano e divenne Maria Angela del Divino Amore. Queste
quattro ragazze, sia pure non ancora accolte in un monastero,
vivevano proprio come le monache, praticando insieme esercizi
spirituali. Angela inizi ad avere le prime visioni 31. difficile
giudicare se ella fosse in buona fede o meno nel riportare le
proprie visioni, certo che, facendolo, rischiava tantissimo.
Infatti, nel 1703 cera stato un processo per stregoneria ai danni
di una certa Anna DUrso, accusata di apostasia ed eresia nei
confornti della Chiesa cattolica. Allepoca Capua aveva un
proprio tribunale dInquisizione, essendo sede metropolita. Dal
processo emerse che a Capua esisteva pi di una donna che
30 Con il termine bizzoca si intende una donna appartenente al terzo ordine sia
francescano che carmelitano. Le bizzoche praticavano povert assoluta e vita
ascetica.

31 Campanelli M., Monasteri di provincia, cit., pp. 94-95.

19
ricorreva a pratiche superstiziose: Anna DUrso era il loro punto
di riferimento, in quanto praticava arti magiche con cui riteneva
di poterle aiutare, per esempio per problemi di salute. Al termine
del processo, nel 1707, la donna fu condannata dalla Curia
arcivescovile di Capua ad essere frustrata in luogo pubblico e a
cinque anni di carcere, ma, poich confess la sua apostasia
contro la Chiesa, i cinque anni di prigionia le vennero
condonati32.
Tornando alla storia di Angela Marrapese, possibile che
le visioni fossero false e che ella vi ricorresse come a uno
strumento in grado di influenzare i Capuani: le quattro donne,
infatti, avevano lintenzione di fondare un ulteriore monastero,
ma gli abitanti di Capua inizialmente non intendevano
assecondare una simile iniziativa. Prevaleva il sospetto nei
confronti sia di Angela, che aveva atteggiamenti particolari, che
del sacerdote Pagnani, il quale credeva ai racconti di visioni
avute dalla donna. Infine, per, un diretto intervento di alcuni
nobili, in particolare i dAzzia e i Boccardi, spinse il parlamento
cittadino ad approvare la creazione di un nuovo monastero al
quale sarebbe stato concesso un sussidio annuale33.
Un aspetto interessante del nuovo monastero, che fu
dedicato allangelo Gabriele, che, diversamente da San

32 Ciociola F., Un processo per stregoneria a Capua dellinizio del Settecento, in


Capys 24-25, 1991-1992, pp. 155; 162.

33 Campanelli M., Monasteri di provincia, cit., p. 96.

20
Giovanni e Santa Maria, era composto, perlomeno allinizio, da
donne che dovevano lottare contro tutta la famiglia per poter
prendere i voti34. Altra particolarit che il monastero fondato da
Angela Marrapese, a dispetto di quanto veniva raccomandato
dalle Regole monastiche, accoglieva ben poche ragazze
provenienti dal circondario, mentre accettava volentieri ragazze
provenienti da territori anche molto lontani, per esempio le
Marche. La maggior parte di queste donne provenivano da
famiglie di ufficiali dellesercito, in particolare famiglie
spagnole. In effetti, allinizio la dinastia borbonica aveva una
corte e uno stato maggiore formati in larga parte da persone
provenienti dalla Spagna, evento dovuto al fatto che Carlo di
Borbone (vd. paragrafo 1.1), salito al trono di Napoli e Sicilia nel
1735, era figlio di Filippo V di Spagna. Queste famiglie
sceglievano per le loro figlie il monastero di San Gabriele
fondato da Angela Marrapese perch, come detto allinizio di
questa trattazione (vd. paragrafo 1.1), Capua era una postazione
militare molto importante, fedele al re e alla Spagna e questo la
rendeva una scelta adatta alle figlie dei militari. Inoltre, e questo
il motivo pi importante per cui i militari sceglievano San
Gabriele, era che tale monastero godeva del favore speciale del re
che, in molti casi, pagava personalmente la dote richiesta alle
fanciulle, anche quelle povere, per entrare nel convento e
prendere i voti, tanto pi se le giovani erano figlie degli ufficiali

34 Ivi, p. 97.

21
del suo esercito. Angela Marrapese, sia pure involontariamente,
il personaggio che, dunque, riesce a interrompere la tradizione,
che durava fin dal Cinquecento, di accogliere nei conventi di
Capua solo le fanciulle capuane, escludendo persino quelle dei
casali circonvicini. Ma, cosa ancora pi importante, la presenza
di Angela, con le sue visioni estatiche, concentrava tutta
lattenzione della famiglia reale sul monastero di San Gabriele,
cosa che Angela cerc di sfruttare quanto pi possibile, poich
anche molti membri della corte, spinti dallesempio del re e della
regina, decisero di elargire speciali benefici a San Gabriele35.
Tra tutti i membri della famiglia reale, la regina Maria
Amalia era quella che maggiormente amava intrattenersi con
Angela Marrapese. La presenza fisica della regina allinterno
delle mura del monastero bast a tacitare tutti quelli che, a
Capua, ancora non accettavano la nuova istituzione e
disprezzavano Angela considerandola unimbrogliona o, peggio,
una strega. Le due donne avevano una relazione di amicizia
personale molto stretta e, anche quando non si vedevano, erano
solite intrattenere una fitta corrispondenza. La regina Maria
Amalia fu letteralmente calamitata dalla personalit della monaca
e dalle sue esperienze estatiche che, spesso si verificavano
proprio in presenza della regina. Lo stretto rapporto tra le due
donne si risolse in un vantaggio economico per il monastero, che
riceveva molti doni da parte di Maria Amalia, sia in denaro e

35 Ivi, pp. 100-104.

22
generi alimentari sia sotto forma di interventi architettonici e
opere darte36.
In questo, la regina era spinta dalla sua salda religiosit,
quindi lecito sospettare che le visioni della monaca, perlomeno
quelle che avvenivano al cospetto della regina, non fossero
dovute ad una autentica estasi, bens a un tentativo, portato a
buon fine, di impressionare Maria Amalia allo scopo di trarne un
profitto. In effetti, la regina era una donna facilmente
impressionabile e molti suoi cortigiani sapevano sfruttare questo
suo punto debole37.
Lamicizia tra Angela Marrapese e la regina ebbe fine solo
con la morte di questultima, avvenuta nel 1760. In seguito
Angela continu ad avere affettusi rapporti epistolari con quasi
tutti i membri della famiglia reale, ma il periodo pi prospero del
monastero di San Gabriele termin insieme alla vita della regina.
(Ad ogni modo la nuova regina, Maria Carolina, nel 1771 si rec
in visita al monastero). Quanto al marito di Maria Amalia, il re
Carlo, egli aveva sempre incoraggiato la moglie a frequantare la
monaca di San Gabriele. Carlo stesso laveva incontrata almeno
una volta e, di tanto in tanto, le scriveva. Questo rapporto
epistolare si intensific dopo la morte della regina, allorch tutta
la famiglia reale si era trasferita in Spagna. In quel periodo
Angela raccoglieva le confidenze del re e cercava di consolarlo

36 Ivi, p. 122-125.

37 Ivi, p. 127.

23
per il dolore provato alla morte della moglie. Queste lettere sono
di grande interesse per i posteri, perch talvolta Carlo scriveva ad
Angela su temi importanti per la storia dellepoca, come i difficili
rapporti con lInghilterra38.
Nonostante il tono affettuoso e consolatorio, Angela
cercava di perpetuare il comportamento tenuto con la regina e
scriveva al re e agli altri componenti della famiglia per perorare
cause a cui teneva per s e per le persone che le erano vicine. Ad
esempio, scrisse per lamentarsi della soppressione di alcuni
conventi, ma specialmente per chiedere denaro per il proprio
convento e, almeno in questo, fu accontentata dal re Carlo. Ma
con i figli della coppia reale non sempre il risultato corrispose
alle aspettative: se Maria Luisa, divenuta granduchessa di
Toscana nel 1768, si rec subito a far visita ad Angela, la
principessa Maria Giuseppa, ricevendo pressanti richieste
economiche dalla monaca, rifiut laiuto richiestole, adducendo
come motivo la mancanza di risorse della stessa famiglia reale.
Nel caso del principe Ferdinando, che non era andato a vivere in
Spagna, ma era rimasto a Napoli, evidente un forte affetto nei
confronti della monaca, affetto che si manifestava con frequenti
visite a Capua, nonostante il fatto che, essendo il monastero un
luogo di clausura, tali visite fossero sconvenienti. Ferdinando

38 Ivi, pp. 128-129; 132-133.

24
continu a interessarsi di persona del monastero capuano fino
alla morte di Angela Marrapese nel 178939.

3.3 La personalit di Angela Marrapese


La badessa del monastero di San Gabriele era famosa ben
oltre i confini di Capua, grazie al suo stile di vita e alle sue
visioni. A parte la famiglia reale, erano molte le personalit
celebri che ricercavano contatti con lei. Tra tali personalit non
pochi erano gli uomini di Chiesa, tra cui ricordiamo
larcivescovo di Capua, Adelmo Pignatelli, che intrattenne con
lei uno scambio epistolare e il vescovo di Capri, Antonio Rocco
che si raccomandava alle preghiere della ormai famosa monaca40.

39 Ivi, pp. 134-137.

40 Ivi, p. 138.

25
Ma anche SantAlfonso Maria de Liguori41 fu
impressionato dalla personalit di Angela Marrapese. Nel 1753 le
scrisse per chiedere aiuto. Circa venti anni prima, infatti, il futuro
Santo aveva fondato lordine dei Redentoristi (vd. n. 41), ma
aveva bisogno dellexequatur (=assenso) del re, documento senza
il quale i Redentoristi non solo non potevano operare
liberamente, ma rischiavano di scomparire. Il re non sembrava
affatto incline a concedere la sua approvazione ai Redentoristi,
nonostante essi esistessero fin dal 1732 e fossero molto attivi nel
loro zelo missionario e amati sia dal popolo che dai vescovi.
Naturalmente SantAlfonso non era disposto a cedere, specie in
un momento in cui lIlluminismo diffondeva dappertutto
pericolose idee anticlericali. Decise, quindi, di chiedere aiuto ad
Angela Marrapese, pregandola di intercedere presso la regina
Maria Amalia, ben conoscendo il rapporto affettuoso che legava

41 Forse il santo pi rappresentativo del Settecento. Nacque a Nocera, presso


Salerno, alla fine del Seicento. Sin dalla prima adolescenza avvert in s lurgenza
di predicare il Vangelo e si abitu a seguire tutte le pratiche devote della Chiesa.
Decise di diventare avvocato, mantenendo, per, nella sua professione, gli stessi
ideali evangelici adottati sin da bambino. Successivamente entr a far parte della
Congrega di Santa Maria della Misericordia, organizzazione caritatevole che si
occupava specialmente dei carcerati e dei malati. Nel 1726 il giovane Alfonso
divenne sacerdote e pot, cos, iniziare a svolgere, come aveva sempre desiderato,
una pastorale assidua a Napoli, nei quartieri pi miseri. Qui, nelle cappelle
serotine riuniva i lavoratori per catechizzarli. Ma lopera evangelizzatrice di
Alfonso ben presto si estese a tutta la Campania e alla Puglia. Di certo il compito
che si era assunto era troppo vasto. Ecco perch nel 1732 fond lordine dei
Redentoristi, per avere al suo fianco un gruppo di sacerdoti che condividessero il
suo ideale missionario. Trentanni dopo fu nominato vescovo di SantAgata dei
Goti. Investito del nuovo potere, attu una riforma dei costumi del clero, innalz il
livello dei seminari e dimostr sempre la pi grande carit nei confronti del popolo.
Nel 1775 Alfonso si ritir a vivere a Pagani, presso Salerno, dove mor nel 1787.

26
le due donne. Dobbiamo rilevare, per, come anche
lintercessione di Angela non ebbe i risultati sperati dal santo42.
Ma Angela Marrapese non aveva buone relazioni solo con
i santi: a volte, anzi, per il desiderio di accrescere la sua rete di
relazioni utili, le accadde di entrare in contatto con persone dalla
dubbia moralit, come la duchessa di Castropignano, Zenobia
Revertera. Le due donne si erano conosciute nel 1752. La
duchessa era una figura di donna dedita agli inganni per il
proprio tornaconto personale e il suo stile di vita era quanto pi
lontano possibile dallideale di una monaca, eppure riusciva
sempre a conquistare la fiducia di chi era pi in alto di lei. Forse
proprio per questo motivo, Angela cap che lamicizia di una
simile donna poteva essere vantaggiosa per lintero monastero,
poich Zenobia era molto vicina alla regina. Infatti, era la
duchessa di Castropignano ad accompagnare Maria Amalia nelle
sue visite a San Gabriele e ad assistere con lei alle estasi di
Angela. A questo punto, possibile sospettare che fosse proprio
la duchessa a spingere Angela a inventare visioni alla presenza
della regina. Eppure, Zenobia Revertera ci colpisce esibendo,
nelle sue lettere ad Angela Marrapese, grandi sensi di colpa per
gli atti malvagi compiuti nella propria vita e la volont di
cambiare i propri comportamenti riprovevoli, con laiuto di Dio.
In realt, il rapporto con la duchessa levento pi misterioso
della vita di Angela. Non si riesce, infatti, a capire se la duchessa

42 Campanelli M., Monasteri di provincia, cit., pp. 142-143; 145.

27
fosse sinceramente pentita delle sue colpe o scrivesse solo per
prendersi gioco di Angela. Dopotutto, nella prima lettera che le
aveva scritto, la duchessa aveva blandamente accusato la monaca
di praticare essa stessa linganno per ottenere quello che voleva.
In questo quadro, difficile intuire quali fossero i veri pensieri
delle due donne. La cosa pi probabile che la duchessa abbia
inventato di sana pianta i suoi sensi di colpa per tenere in qualche
modo desta su di s lattenzione di Angela, pur sempre una donna
di Chiesa, e riuscire, cos, a rimanere inserita nelle relazioni
instauratesi tra Angela e la regina. Del resto la duchessa non
cambi mai la propria condotta di vita, tanto che il re, dopo la
morte di Maria Amalia, ne approfitt per allontanarla dalla corte
e rispedirla in Spagna43.
Finora abbiamo visto solo esempi di persone che
apprezzavano Angela o intendevano servirsi di lei, sia pure a fin
di bene. Ma Angela Marrapese aveva anche dei nemici che si era
procurata per il suo carattere tuttaltro che docile e la sua
abitudine di tempestare il re e la regina con le sue richieste. Era
un atteggiamento che poteva dare adito a sospetti, come, infatti,
avvenne. Il principale oppositore di Angela Marrapese, fu
Bernardo Tanucci, un potente uomo di corte che ricopr molte
cariche, tra cui quella di Ministro della Giustizia. Tanucci si era
assunto come compito particolare quello di impedire la nascita di
nuove congregazioni religiose e di limitare linfluenza di quelle

43 Ivi, pp. 145-148.

28
gi esistenti. Egli era spinto a questopera dalla constatazione che
i troppi privilegi fiscali di queste organizzazioni le rendevano
come parassiti per le casse dello Stato. Era inevitabile che un
uomo come lui aborrisse Angela Marrapese che, ai suoi occhi,
incarnava tutto quello contro cui lui si batteva44.
Ma chi era veramente Angela Marrapese? Era sincera?
Oppure si trattava di una semplice truffatrice? Non facile
rispondere a queste domande se prendiamo in considerazione
Angela come un fenomeno isolato. Al contrario il suo
personaggio va inserito in un contesto molto pi ampio. Secondo
lo studioso austriaco Peter Dinzelbacher le donne, in determinati
periodi storici, non avevano alcun modo per esprimere
liberamente se stesse e le proprie aspirazioni. Quindi, la vita
monastica e santa o, allopposto, la stregoneria, erano gli unici
spazi autonomi lasciati alla donna. In questo quadro Angela,
monaca e visionaria, cerca di muoversi in entrambe le
dimensioni, pur senza essere n una santa n una strega. Chi la
osservava dallesterno, per esempio prima che le fosse concesso
di fondare il monastero di San Gabriele, poteva deriderla per i
suoi atteggiamenti insoliti, come camminare scalza per la citt, e
poteva anche considerarla una strega, visto che affermava di
avere delle visioni. Infatti, Angela fu accusata apertamente di
essere una strega e dovette anche essere esaminata da uomini di
Chiesa affinch ogni dubbio venisse tolto. Ma noi oggi non

44 Ivi, pp. 148-149.

29
dobbiamo dimenticare che laccusa di stregoneria era spesso
strumentale e certo lo fu nel caso di Angela: se ella si fosse
rivelata una strega, il problema che assillava molti, cio
linopportuna creazione di un nuovo monastero a Capua, si
sarebbe risolto da solo. Ad ogni modo, come si diceva, i vari
uomini di Chiesa che interrogarono Angela fugarono ogni
dubbio, anche se, da questo punto di vista, solo linizio del
rapporto con la regina Maria Amalia allontan per sempre ogni
sospetto dalla monaca45.
Allinterno del monastero di San Gabriele, Angela
perpetu i modelli di vita delle monache carmelitane precedenti,
tra cui Santa Teresa. Da questo punto di vista si spiegano sia le
frequenti estasi sia pratiche penitenziali anche crudeli. Angela,
infatti, mangiava per terra, si faceva calpestare dalle altre
monache e trascinava una pesante croce per tutto il monastero a
imitazione del percorso di Ges verso il Golgota46. Senzaltro
tutto questo avveniva nel secolo sbagliato: nel Settecento la
Chiesa aveva messo da parte estasi e pratiche di mortificazione
cruente in nome di un ideale di santit pi razionale. In questo
senso Angela Marrapese era estranea al secolo in cui visse. Resta
da capire lorigine delle sue visioni. Le spiegazioni sono
molteplici: per esempio, possibile che si trattasse del sintomo di
un disturbo psicologico. Ma forse, nel suo caso, il motivo molto

45 Ivi, p. 153-155.

46 Ivi, pp. 156; 160.

30
pi razionale di quanto a prima vista si potrebbe pensare. Angela
Marrapese era una donna che, a differenza di infinite altre, aveva
scelto di diventare una bizzoca spontaneamente. Questa
condizione le aveva permesso di conquistare un grado di
autonomia impensabile per le altre donne. Quando, nel 1738,
entr finalmente nel monastero di clausura da lei fondato, non
possibile che fosse disposta a perdere lautonomia e i legami
sociali instaurati nel mondo esterno. Cos, potremmo giudicare
le sue visioni sulla base degli effetti concreti che producevano:
un modo per attirare lattenzione dei potenti, restare al centro
della scena pubblica e ricavarne vantaggi per il monastero47.

Bibliografia
Andreoli F., Capua e lambiente storico-culturale napoletano
del Sec. XVII, in Capys 3, 1968-1969, pp. 59-71; Capys 5,
1971, pp. 103-112

Campanelli M., Monasteri femminili e patriziato cittadino a


Capua in et vicereale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli
2005

47 Ivi, pp. 160-161.

31
Monasteri di provincia (Capua secoli XVI-XIX), FrancoAngeli,
Milano 2012

Ciociola F., Un processo per stregoneria a Capua dellinizio del


Settecento, in Capys 24-25, 1991-1992, pp. 155-162

De Rosa D. Fusco L., Cappelle e altari delle nobili famiglie


capuane, Edizioni Pro Loco, Capua 2008

Giorgi L., Architettura religiosa a Capua: i complessi della SS.


Annunziata, S. Maria e S. Giovanni delle Dame Monache, Tip.
Soc. Interstampa, Roma 1990

Martone A., Vita sociale a Capua nella seconda met del


Seicento, in Capys 16, 1983, pp. 78-90

32

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