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Amedeo

Guillet: il Don Chisciotte italiano

Nel deserto il tentatore non il diavolo, il deserto stesso: tentazione naturale di tutti gli abbandoni.
Diario di scuola.
Daniel Pennac
II, 21, p. 83



Al Sayed Ibrahim al Yemani, era diretto a Barasol per barattare carne secca con farina e caff. Era una
notte di luna piena che illuminava il suo solito percorso di unintensit unica. Montando la sua
cavalcatura incedeva, ondeggiando, sulle dune del deserto dancalo. Nel silenzio e nelle frescure delle
tenebre, da dietro un avvallamento sent ergersi una voce che gli intimava di fermarsi, in nome di Allah.
Sayed Ibrahim conosceva bene le insidie del deserto, cos emise una serie di rumori gutturali per far
barricare il suo cammello, scese e si present. A terra trov davanti ai suoi occhi due uomini
moribondi, vestiti solo di una camicia, luno dal volto tumefatto, laltro sanguinante da una profonda
ferita sul capo. Cammin per un poco, avanti e indietro per decidere cosa fare, poi prese dellacqua e ne
vers accuratamente nella bocca delluno e dellaltro. Prese del pane azzimo, che mastic prima di
imboccarli, in modo tale che potessero semplicemente deglutire, considerato che non erano in
condizione di masticare. Pian piano, i due sventurati che si erano dichiarati yemeniti, iniziarono a
riprendere conoscenza e a proferire qualche parola. Si presentarono: luno come Ahmed Abdallah,
laltro come Daifallah.

Daifallah, che tra i due era quello con pi forze, inizi a raccontare come si fossero ritrovati sperduti nel
deserto, in seguito ad un tentativo fallito di attraversare il Mar Rosso, a bordo di un sambuco di
contrabbandieri, per raggiungere la propria patria. Raccont di come questi, temendo di essere
denunciati, li avevano gettati in mare. Raccont del loro incontro con dei pastori dancali che,
accanendosi, li bastonarono ripetutamente. Sayed Ibrahim, da buon samaritano, invert la rotta del suo
viaggio, fece salire sulla cavalcatura i due moribondi e ripresero il viaggio, questa volta verso la sua
dimora.

Quei poveri sventurati, nei giorni che trascorsero nella dimora di Sayed Ibrahim, raccontarono pi volte
le loro avventure. Sayed Ibrahim non aveva dubbi sulla veridicit delle storie da loro raccontate e
continuava ad osservare incuriosito quelluomo che si faceva chiamare Ahmed Abdullah. Quelluomo
che doveva essere un figlio di buona famiglia. Ponder a lungo prima di proferire quella proposta, che
aveva tenuto in riserbo nellattesa di valutare fino in fondo luomo che aveva di fronte.

Dietro al nome di Ahmed Abdallah si celava, in realt, il tenente Amedeo Guillet. Il tenente, dopo aver
prestato servizio per lesercito italiano in Eritrea e dopo la firma della resa italiana con gli inglesi, aveva
deciso di continuare a combattere, sferrando continui attacchi di guerriglia coadiuvato dalla sua Banda
di soldati indigeni. Riusc a mimetizzarsi e ad evitare la cattura, grazie al travestimento indigeno, ai tratti
mediterranei e alla perfetta conoscenza dellarabo. Cambi identit assumendo quella di Ahmed
Abdallah al Redai, soldato yemenita rimasto bloccato in Eritrea a causa della guerra.

La proposta che Sayed Ibrahim fece ad Amedeo era quella di rimanere a vivere l, con la sua famiglia,
sino alla fine della guerra, quando i rischi che avrebbe corso per raggiungere lo Yemen sarebbero stati
dimezzati. Lavrebbe aiutato a raggiungere Massawa da dove, era certo, partisse una nave chiamata
Adua diretta a Hodeida. Gli propose inoltre di sposare sua figlia, la quale lo avrebbe seguito quando
avrebbe deciso di fare ritorno in patria.

Amedeo fu tentato di accettare: doveva a quelluomo la riconoscenza per averlo strappato da una
morte certa, in quel deserto nel quale solingo, dopo anni di battaglie e avventure, aveva perso una parte
di se stesso, quella parte pi formale e occidentale, e ne aveva forgiata una nuova, nella quale aveva
rinnovato il legame con quei valori fondanti che lo avevano guidato, da sempre. Valori che aveva vissuto
insieme a quella Terra, allapparenza tanto selvaggia, sterile e desolata ma alla conoscenza, tanto
coraggiosa, piena di dignit e onest. Fermarsi e concedersi il silenzio che gli avrebbe donato una vita
semplice, senza affannose ricerche di pace con sordi nemici, ricerche di pace che avrebbe avuto cura di
portare avanti solo con se stesso , ringraziando un Dio che aveva dato a lui la possibilit di procurarsi, in
quella sua vita nuova, il cibo per sostentarsi. Il languore dellabbandonarsi, finalmente, ad un sospiro
liberatore. Ma quel languore non venne ascoltato. Fu cos il piemontese fesso e testardo, come lui
stesso si definisce, riprese la sua marcia verso la Patria.


Guerra dEtiopia

Gli eventi precipitano nellinverno 1934, quando Mussolini annunci al mondo le sue mire coloniali in
Africa orientale. Guillet non era fascista, come lui stesso aveva affermato in pi occasioni. Egli era
fermamente convinto che lesempio fosse lo strumento comunicativo migliore, ed anche in questo caso,
la lontananza ideologica dal fascismo, pi che proclamata era riscontrabile in una serie di scelte da lui
fatte nel corso degli anni.

Nel 1938 fu costretto a tornare in Africa dalla campagna spagnola, nella quale era rimasto ferito ad una
gamba e fu ricoverato nellospedale di Tripoli. L conobbe una laureanda in medicina, ebrea ed italiana,
che a causa delle leggi per la difesa della razza emanate nello stesso anno dal Duce, venne cacciata
dalluniversit. Per il tenente Guillet era intollerabile. Inizi, cos, a contattare tutte le personalit di
riguardo con cui intratteneva rapporti, sino ad arrivare a scomodare il Generale Italo Balbo, grazie al
quale riusc a far riammettere la ragazza alluniversit. Sebastian O Kelly, uno dei suoi biografi, in
unintervista mise in risalto in maniera concisa ed efficace quale fosse la sua cultura dorigine, la quale
dettava inevitabilmente uninclinazione di pensiero e di conseguenza, per Guillet, dazione: Amedeo
was an aristocrat. He was a monarchist. He was too conservative to be a Fascist.1

Nellagosto del 1935, il patriottismo e la fedelt alla casa Savoia ebbero il sopravvento, cos il tenente
Guillet, che era stato scelto come uno dei quattro cavalieri che avrebbero costituito la squadra italiana di
equitazione alle Olimpiadi del 1936, si fece raccomandare per evitare di partecipare alle Olimpiadi e
poter partecipare alle missioni di guerra nel corno dAfrica e servire cos il suo Re.

Le ostilit ebbero inizio il 3 ottobre 1935, quando le truppe italiane varcarono il confine tra Eritrea ed
Etiopia, cogliendo di sorpresa le milizie del Negus Hail Salassi. Al tenente Guillet venne affidato un
contingente indigeno di 200 mercenari chiamati Spahi di Libia. Gli Spahi combattevano con le proprie
cavalcature e con proprie armi per 10 lire al giorno. Fu a Zuara, in Libia, che Guillet inizi a conoscere i
cavalieri libici ed ad imparare umilmente la lingua ed ad approfondire la conoscenza della cultura araba
per poter instaurare un rapporto diretto con suoi uomini. Egli fu uno dei primi e dei pochi ufficiali che
impararono larabo per poter impartire ordini direttamente alle proprie truppe, senza laiuto di uno
Shumbasi2. Impar larabo frequentando una scuola coranica araba per bambini, poi pian piano lo affin
con laiuto del barbiere del reggimento, il quale conosceva bene litaliano.

1
Amedeo era un aristocratico. Egli era un monarchico. Era troppo conservatore per essere un fascista.
Citato da Rory Carroll Rome, Italians' last action hero, Story of a brave cavalry officer and his lover may change attitudes to the
Mussolini era and legacy , The Observer , 26 maggio 2002.
2
sergente maggiore.
Successivamente il tenente Guillet si distinse in un sanguinoso corpo a corpo sulle pianure di Selaclac.
Fu qui che, salvatosi dallesplosione di un proiettile potenzialmente mortale la cui traiettoria venne
deviata dalla sua sella, rimase ferito ad una mano. Torn comunque vincitore, guadagnandosi la sua
prima medaglia conferitagli a Tripoli dal Maresciallo dItalia Italo Balbo.

Il 5 maggio 1936 le truppe di Badoglio entrarono trionfalmente ad Addis Abeba, lavanzata dellesercito
italiano sembrava inesorabile, fu cos che lEtiopia divent italiana e a Vittorio Emanuele III, il 9 maggio
1936, venne conferito il titolo d Imperatore dEtiopia.

Nel dicembre dello stesso anno Amedeo torn a Roma per un intervento alla mano. Il periodo di
convalescenza lo trascorse a Napoli a casa degli zii Gandolfo, dove rincontr Beatrice, una sua
giovanissima cugina. Amedeo si innamor perdutamente di Beatrice, alla quale chiese di diventare sua
sposa. Dopo qualche reticenza Beatrice, per tutti Bice, accett la proposta di matrimonio. Ma il lieto
evento, purtroppo, venne posticipato a causa di un imprevisto. Proprio in quel periodo, a causa delle
politiche per lincremento demografico, entr in vigore una normativa che favoriva la promozione degli
ufficiali e dei funzionari dello Stato coniugati, e bloccava lavanzamento di carriera a chi, invece, era
celibe. A questo punto il progetto di matrimonio di Amedeo con Bice si blocc. Amedeo ne spiegava cos
il motivo: ....innanzitutto per un doveroso riguardo nei confronti della mia fidanzata. Non volevo dare
limpressione che lavrei sposata per essere promosso. Speravo quindi di avere la promozione per merito di
guerra.3


Il Generale Frusci e la campagna spagnola

Nel giugno 1937 organizz, a Roma, la sfilata dei cavalieri libici in occasione del primo anniversario della
fondazione dellImpero. In questa circostanza conobbe il Generale Frusci. Il Generale rimase molto
colpito da quellufficiale che da poco tornato dallAfrica, raccontava la guerra coloniale in maniera cos
diversa rispetto alle descrizioni riportate dal Ministero della Guerra.

Il Generale Frusci, da poco designato al comando della Divisione delle Fiamme Nere preposta da
Mussolini per combattere al fianco di Franco, propose a Guillet di seguirlo in Spagna. Il Tenente accett
di buon grado, anche perch cos avrebbe avuto loccasione di conquistare la promozione che gli
avrebbe permesso di convogliare a nozze. Frusci nomin Guillet suo aiutante di campo, ma, resosi
presto conto che il lavoro dufficio non rientrava nelle vocazioni del Tenente, lo lasci fare esperienza
sul campo di battaglia: prima in un reparto di carri armati, poi con un gruppo di Arditi ed infine con un
tabor di cavalleria marocchina. Nel periodo in cui era in servizio in Spagna port a termine diverse
missioni rischiose, tutte premiate con medaglie al valore, sia spagnole che italiane.


Eritrea

Ferito ad una gamba, nel 1938, Guillet fu costretto a tornare in Africa, in Eritrea. Il paese che trov era
notevolmente cambiato rispetto a quando era partito, lopera italiana aveva plasmato il volto della sua
colonia. Riprese il comando di uno squadrone di indigeni, a cui era stato affidato il compito di condurre
opere di polizia coloniale.

Un giorno, mentre erano occupati in un giro di ricognizione, si imbatterono nellennesimo atto di
banditismo, un furto di bestiame. Guillet e la sua Banda aiutarono gli uomini del villaggio a ritrovare il
bestiame e una volta messi in fuga i banditi, vennero accolti trionfalmente dal villaggio. Era costume

3
Citato da Mario Mongelli, Amedeo Guillet un gentiluomo italiano senza tempo, Rivista Militare, pp.13.

donare il 10% dei capi recuperati alle forze amiche, ma Guillet rifiut lofferta proponendo al capo
villaggio di celebrare quellevento inaugurando qualche giorno di festa aperta agli abitanti del villaggio e
ai suoi uomini. Fu in quelloccasione che Amedeo conobbe Kadija, la figlia del dignitario del villaggio.

Kadija, di soli 16 anni, era una ragazza incantevole dai tratti delicati e nobili, dal dignitoso portamento
che nascondeva una volubilit distinta. Amedeo rimase piacevolmente colpito da quella ragazza,
intraprendente, dal carattere determinato e indomito, sfumato da una volubilit tutta femminile. Alle
ripetute e compite avances che Kadija port avanti nel corso del tempo, Amedeo aveva risposto sempre
in maniera fredda e distaccata, nonostante fosse lusingato da tali attenzioni. Quando venne il momento
di ripartire, al Gruppo Bande si unirono anche alcuni abitanti del villaggio. Tra questi vi era anche il
fratello di Kadija, che questultima decise di seguire con il resto dei famigliari dei nuovi arruolati.
Amedeo non era a conoscenza del fatto, ma quando se ne rese conto, rimase alquanto infastidito dalla
caparbiet e dallinsistenza della ragazza, che prosegu costante e temeraria nel perseguire il suo
obiettivo.

Uno dei problemi a cui il gruppo di Spahi dovevano porre freno era quello di un gruppo di banditi
contrabbandieri specializzati nellattacco di convogli, che portavano avanti un modus operandi semplice
ed efficace: uccidevano lautista e si appropriavano del carico. Fu proprio a causa di uno scontro
violento con questo gruppo di banditi che la morte avvolse tra le sue braccia il valoroso Mussa. La
morte dellamico Spahi gett Amedeo nello sconforto.
Qualcosa in lui si stava lentamente trasformando, di fronte ad una guerra che gli sembrava sempre pi
insensata e lontana dai principi appresi in Accademia, le sue convinzioni iniziarono a vacillare. In quel
momento di dolore e profonda solitudine, Amedeo si arrese al conforto donatogli da Kadija.

Da questo momento in poi, il giovane ufficiale inizi a prendere decisioni prima impensabili: quando
catturarono le truppe di Uven Tessemma, uno dei pi pericolosi capi della guerriglia del negus Hail
Selassi, Guillet si sarebbe dovuto comportare secondo direttive ben precise: giustiziare ogni singolo
ribelle trovato in possesso darmi. Ma visti i volti fieri di quei nemici, che avevano combattuto con
valore per la loro causa, il Tenente decise non solo di non procedere allesecuzione, ma propose loro di
entrar a far parte del suo squadrone.
Chi non vuole non obbligato a seguirmi. Chi vuole venire, mi segua. Ma il primo che mi tradisce, lo
uccido.4 Queste furono le uniche condizioni poste. Rimasero tutti al suo servizio.


Il 10 Giugno 1940 lItalia entr ufficialmente nel Secondo Conflitto Mondiale, a fianco delle potenze
dellAsse dichiarando guerra a Francia ed Inghilterra. In Africa la situazione divent subito drammatica,
gli inglesi riuscirono a riconquistare molto velocemente Sidi el Barrani in Libia (oggi Egitto), continuando
inesorabilmente la loro avanzata.


Gruppo Bande Amhara a cavallo

Considerato loperato in battaglia di Guillet e la sua precedente esperienza al comando di reparti
indigeni, il generale Frusci si convinse sempre maggiormente che il Tenente fosse luomo adatto per il
suo progetto. Voleva affidargli il comando di una grande unit indigena, mobile ed autonoma, la quale
avrebbe avuto come obiettivo principe quello di combattere al meglio la guerra profilatasi in Africa
orientale, che esigeva per sua efficacia spostamenti rapidi su grandi distanze.

4
Citato dal documentario televisivo di Elisabetta Castagna, Amedeo Guillet, la leggenda del Comandante diavolo, La storia siamo
noi, Rai Educational.
Quellincarico generalmente sarebbe stato affidato ad un colonnello, grado che Amedeo non aveva
acquisito a causa del suo status di scapolo. Questopportunit era sintomo della stima riservata dal
generale Frusci nei confronti delle qualit militari di Guillet.
Il Tenente accett con entusiasmo e in breve pianific insieme allo stato maggiore del Generale i
dettagli logistico - militari riguardanti la banda. Erano molti gli ufficiali superiori che non concordavano
con la decisione di assegnare ad un semplice Tenente, per quanto acuto conoscitore dellambiente in cui
avrebbe operato, un contingente di quasi duemila soldati e per di pi formato da indigeni,
raccogliendo sotto questo aggettivo una vasta rappresentanza eterogenea : ex ribelli, yemeniti, libici,
eritrei, contrabbandieri sauditi, conoscitori del Sudan (dove si prevedeva che il gruppo avrebbe dovuto
operare). Questa era anche loccasione che gli avrebbe fornito la possibilit di mettere in pratica le sue
teorie sulla guerra coloniale: in questo frangente era necessario dare spazio a giovani ufficiali dotati di
carisma e pieni di spirito di iniziativa al comando di truppe indigene, con le quali avrebbero dovuto
interagire grazie alla conoscenza delle lingue locali, per instaurare un rapporto attivo privo di
intermediari.

Cos nacque il Gruppo bande Amhara a cavallo, costituito da sei bande comandate ognuna da un
ufficiale montante una cavalcatura bianca, in modo tale da farsi riconoscere dai propri uomini e anche in
rappresentanza di una sorta di sfida cavalleresca nei confronti del nemico. Guillet aveva voluto
sottolineare con Amhara, nome della lingua nazionale etiopica, che lunit era in gran parte
composta dai nuovi sudditi dellImpero, a cui venne affidato il compito di combattere il nemico nella
regione Nord-occidentale dellEritrea.


La carica di Cher

La sera del 20 gennaio del 1941 il Tenente Guillet stava rientrando con le sue bande da una lunga ed
estenuante, quanto infruttuosa, ricognizione su suolo nemico. Guillet aveva limpressione che quelle
missioni basate su informazioni incomplete o imprecise fossero lesemplificazione di quanto fossero
aleatori i piani degli alti comandi. Lentrata in guerra aveva sviluppato un clima di peculiare entusiasmo e
spirito difensivo che con il passare dei mesi (non molti dal giugno 40 al gennaio del successivo) si era
trasformato in una ritirata precipitosa e intempestiva.

Mentre le sue Bande si accingevano al meritato riposo, il Tenente si stava recando dal Generale Fongoli5,
per fare il rapporto sulla missione. Non ebbe il tempo neanche di proferire parola che il Generale inizi a
ragguagliarlo sugli ordini ricevuti e sulla strategia che intendeva adottare. Gli chiese, non aspettandosi
una risposta positiva, se fosse stato in grado di ripartire entro poche ore per affrontare gli inglesi della
Gazelle Force che stavano per catturare migliaia di soldati italiani in manovra di arretramento verso
Agordat. Lobiettivo era trattenere il nemico il pi a lungo possibile sulla strada che dalla piana di Aicot
va verso Barent. Il Tenente non rispose subito e dopo un lungo silenzio si limit a pronunciare un:
Far tutto il possibile, Generale. Con tono calmo, fermo, sicuro che non ammetteva nessun tipo di
sfumatura che non corrispondesse allaccettazione dellincarico.

Alle prime luci del 21 gennaio la Gazzelle Force di Masservy attacc le posizioni italiane di Cher occupate
dalla 41esima brigata indigena del Generale Fongoli Mentre gli artiglieri stanno sistemando i cannoni,
vengono caricati da uno squadrone di cavalleria del Gruppo Bande Amhara, comandato dal tenente Renato
Togni Con straordinaria audacia i cavalieri galopparono sino ad una trentina di metri dalle posizioni
britanniche, sparando selvaggiamente dalla sella e lanciando bombe a mano. I cannonieri girarono i pezzi a
180 e aprirono il fuoco con lalzo a zero. A volte i proiettili scivolarono sul terreno senza esplodere ma altri

5
comandante del forte di Cher.
trafissero i cavalli da parte a parte. Il Royal Regiment dovette ricorrere alle armi portatili prima di aver
ragione di quella furiosa carica.6


Il tenente Togni faceva parte del Gruppo Bande a cavallo Amhara, un reparto di cavalleria comandato dal
tenente Guillet. Unora dopo questultimo temerariamente, ma non con foga cos selvaggia, attacc di
nuovo con tutta la sua banda, composta da pi di cinquecento uomini. Soverchiarono i sikh che si erano
portati avanti e deviarono, quando vennero a trovarsi di fronte allartiglieria dietro di essi, Deve essersi
trattata dellultima grande carica di cavalleria guidata da europei in Africa e Churchill stesso, che in
giovent era andato alla carica con gli ussari a Ondurman, lavrebbe ammirata.7*


Guillet decise di organizzare unoperazione a sorpresa, spericolata, probabilmente suicida, ma forse
realmente lunica che poteva avere successo. Lintento era quello di attaccare nel mezzo dello
schieramento inglese, facendo affidamento sul fatto che lartiglieria britannica non avrebbe potuto
sparare loro, in quanto inevitabilmente avrebbero colpito anche la fanteria indiana. Riusc ad evitare
laccerchiamento inglese grazie alla carica del tenente Togni8. Poco dopo, Guillet insieme ai suoi uomini
riuscirono a creare una tale confusione che gli inglesi non riuscirono ad avanzare per circa 5-6 ore,
permettendo alle truppe italiane di mettersi in salvo ad Agordat.
Quella del Tenente Guillet fu lultima carica di Cavalleria nella storia militare dAfrica.


La guerriglia

Nellaprile 1941 la situazione dellesercito italiano in Africa orientale era disperata. Dopo 6 lunghi giorni
di resistenza, lesercito italiano viene spazzato via dagli inglesi. Asmara viene dichiarata citt aperta dal
generale Frusci. Firmata la resa, si cre una situazione di disordine e spaesamento nella vecchia colonia.
Era dunque giunto il momento di prendere un decisione, una decisione radicale, imprevedibile. Lordine
di resa impartito da Roma era vincolante per gli italiani, ma per gli indigeni non era necessariamente
cos, dato che per loro Roma non era altro che un concetto astratto. Gli indigeni erano legati allautorit
locale, detentrice di potere e di valori che corrispondevano alla loro cultura: valori come il coraggio, la
dedizione, il sacrificio. Toccava a Guillet continuare a rappresentare quei valori per i suoi ex soldati e per
gli indigeni che gli erano rimasti fedeli. Senza soluzione di continuit tra passato e presente.

La sostituzione di ci che gli rimaneva dei suoi indumenti da europeo, con una futa e il turbante avvolto
intorno al capo, fu linizio di un mutamento esteriore e interiore, con il quale prendeva forma e
contenuto quellAhmed Abdallah Al Redai, musulmano yemenita, soldato smobilitato dalle truppe
coloniali italiane, in attesa di rimpatrio. Riun i suoi uomini, defin e spieg le condizioni del suo piano di
guerriglia: avrebbero portato avanti operazioni solo contro obiettivi militari, non sarebbero stati
ammessi atti di banditismo e taglieggio della popolazione. Non poteva promettere loro altro che una
vita di sacrifici e di stenti ma le loro imprese avrebbero portato onore agli stessi e alle loro famiglie. Non
poteva promettere una paga, non prima che lEritrea fosse tornata sotto il dominio italiano. Chi non
fosse stato disponibile a sottostare a queste condizioni, era obbligato ad andarsene. Nessuno accenn a
muoversi. Iniziarono cos otto lunghi mesi di guerriglia.

Si nascose, insieme a Kadija, in una fattoria italiana ad Asmara dove prest opera come bracciante al
servizio del Signor Rizzi, lunico italiano con cui era rimasto in contatto. L sarebbe passato inosservato
fra i molti indigeni che prestavano la opera nelle terre della fattoria. Amedeo soffriva per la ferita al

6
The Abyssinian Campaign, Issued for the War Office by the Ministry of Information, His Majestys Stationary Office, London 1942,
p.32. Citato da Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale: la caduta dellimpero, Laterza, 1982, pp.401-402.
7
Anthony Mockler, Storia delle guerre italiane in Abissinia e in Etiopis, Vol.II,pp. 419-422, Rizzoli 1977. Citato da Vittorio Dan Segre,
La guerra privata del Tenente Guillet, pp. 116.
8
Morto nella carica per la quale gli venne attribuita la Medaglia dOro al valor militare alla memoria.
piede e per quanto si impegnasse, coltivava molta difficolt a portare a termine il suo lavoro giornaliero.
Il Signor Rizzi se ne era reso conto, per questo gli aveva affidato nuove mansioni: come giardiniere del
giardino di sua moglie e di controllo nei campi di banane e papaia. Durante il soggiorno nella fattoria,
Guillet si allontanava di tanto in tanto per qualche operazione di guerriglia, abilmente coperto dal Signor
Rizzi che si occupava di diffondere voce, tra gli altri operai, che lassenza di Ahmed era dovuta a compiti
affidatigli fuori dalla fattoria dallo stesso proprietario.

Cos la Banda Guillet continuava a portare avanti una battaglia senza quartiere contri gli inglesi:
sabotando ferrovie, tagliando linee telegrafiche, facendo saltare ponti e saccheggiando depositi militari.
Le loro azioni vennero attribuite, in un primo momento, a fuorilegge locali, a banditi del deserto; poi la
stampa inizi ad intuire qualcosa e le attribuirono proprio al tenente Guillet, creando un mito, il mito del
Cummandar es Sciaitan (il Comandante Diavolo).
Lo storico Luigi Goglia spiega cos il soprannome dato a Guillet dai suoi compagni indigeni: Lo
chiamavano comandante diavolo perch era un diavolo di comandante, nel senso che era coraggioso e
riusciva nelle sue imprese. Un nome ironico, ma allo stesso tempo di ammirazione, datogli dai suoi
ascari9.


Il maggiore Max Harari

Il capo dellintelligence militare inglese in Etiopia, Max Harari, scrisse una lunga scheda sul tenente
italiano. Harari ammirava cavallerescamente quella figura donchisciottesca, che perseguiva i suoi ideali e
valori conducendo una guerriglia tanto inesorabilmente destinata alla sconfitta quanto serrata. Avrebbe
voluto parlare con quellufficiale italiano per chiedergli come riusciva a procurarsi le armi, da dove
provenisse il denaro con cui pagava i suoi uomini. Curiosit e ammirazione avrebbero mosso quelle
domande pi che la necessit di ottenere informazioni utili alla contro-guerriglia. Dagli italiani non riusc
ad ottenere informazioni utili, Guillet dopotutto non intratteneva rapporti con i suoi connazionali ed
Harari era cosciente del fatto che avrebbe ottenuto informazioni valide solo da indigeni pronti a tradirlo.

Ormai Guillet era braccato, non era pi protetto dalle leggi internazionali, in quanto aveva dismesso la
divisa da militare, sulla sua testa pesava una taglia di ben 1000 sterline doro, vivo o morto. Nonostante
questo, come ha ben sottolineato un suo biografo, Vittorio Dan Segre: Cerano decine di persone che
erano a conoscenza della sua esistenza e dei suoi nascondigli, per i quali 1000 sterline avrebbero
rappresentato un patrimonio considerevole. Mai nessuno, per, and dalle autorit inglesi per
denunciarlo. 10

Delle operazioni di Guillet in Eritrea, il Maggiore era riuscito a trarre notizia solo da un vecchio stato di
servizio recuperato negli archivi del Comando italiano, e da un articolo pubblicato nel 1940 su Azione
coloniale in cui linviato di guerra raccontava di aver rintracciato il tenente Guillet nel bassopiano
eritreo, mentre con le sue bande a cavallo scorazzava lungo il confine del Sudan anglo-egiziano. Aveva
divulgato il soprannome di Cummandar-as-shaitan e laveva descritto come un corsaro del deserto:
magro, bruciato dal sole, con un viso che dagli arabi fra cui aveva vissuto a lungo e di cui conosce la
lingua e i dialetti, ha preso lespressione un po assorta, enigmatica.

A differenza di ci che si considerava pericoloso, delle operazioni portare avanti da Guillet dagli alti
comandi inglesi, ovvero il fatto che queste sparpagliate attivit di resistenza italiana potessero ricreare
un secondo fronte in Africa; il maggiore Harari era turbato dal fatto che la Banda di Guillet era lunica

9
Citato dal documentario televisivo di Elisabetta Castagna, Amedeo Guillet, la leggenda del Comandante diavolo, La storia siamo
noi, Rai Educational.
10
Citato dal documentario televisivo di Elisabetta Castagna, Amedeo Guillet, la leggenda del Comandante diavolo, La storia siamo
noi, Rai Educational.

formata completamente da indigeni e per questo, oltre a dar fastidio alloperato inglese con le continue
operazioni di guerriglia, contraddiceva la tesi della liberazione degli eritrei dal gioco fascista,
pregiudicando la credibilit della propaganda alleata. Sarebbe tuttavia stato inutile cercare informazioni
tra gli italiani antifascisti, nel suo rapporto non vi erano tracce di simpatia per il regime anzi, vi era
riportata notizia di specifiche azioni che andavano contro le direttive di Roma. Ad esempio nel 1938, in
seguito alle gi citate leggi per la difesa della razza, arruol nei suoi reparti degli ebrei etiopi, detti
falasci. La caccia a questo personaggio dal cipiglio romantico, che lo aveva decisamente affascinato, gli
era cosa alquanto sgradita, ma non aveva altra scelta che portarla avanti e vincerla perch quella era
una guerra che non ammetteva partite chiuse alla pari.


LAddio.

A mettere fine a quella che stata definita la Guerra privata del Tenente Guillet, fu la nostalgia.
Nostalgia che si insidi, infida, nelle sue membra allascolto di un disco di opera italiana, che arrivava dal
grammofono del Signor Rizzi. Sulle note de Le Maschere di Mascagni, pervaso dalla malinconia inizi
a veder scorrere nella sua mente le persone a lui care, si domand di come avessero affrontato la guerra
i suoi anziani genitori, pens ai Gandolfo e a Bice, si domandava se lo stesse ancora aspettando.

Ma allimprovviso qualcuno lo scosse con vigore e, destandosi dalle sue fantasticherie, vide la signora
Rizzi (proprietaria della fattoria) che lo avvert del ritorno dei soldati inglesi. Erano stati alla fattoria, per
controllare se vi fossero italiani nascosti, gi diverse volte, ma questa fu diversa. Il posto che fino a
qualche minuto prima era stato concesso alla malinconia venne strappato dalla paura che
dittatorialmente lo aveva lasciato vittima di un panico profondo ed irrazionale. Avrebbe potuto
giustificare la sua presenza nel salotto, come aveva gi fatto diverse volte, con la scusa che si stava
occupando delle pulizie, oppure si sarebbe potuto, molto pi semplicemente, nascondere aspettando
che i soldati andassero via. Ma Amedeo scavalc la finestra, ignorando lautocarro dellesercito davanti
alla villa dei Rizzi. Si incammin, con passo controllato e lento, su per la collina verso la tomba del
pellegrino (dove si recava 5 volte al giorno per pregare Dio), soffocando la tentazione quasi irresistibile
di mettersi a correre. Ud delle urla alle sue spalle. Un sergente gli intim di fermarsi, lordine fu ripetuto,
prima in arabo, poi in inglese, ma Amedeo continu a camminare con la medesima andatura verso la
tomba del pellegrino. Riecheggi uno sparo, che Amedeo sent sibilare sulla sua testa. Il sergente
riprese la mira, ma a questo punto intervenne il capo operaio della fattoria, che urt il fucile e spieg al
sergente che quelluomo non era altri che un musulmano, sordo, che stava andando pregare. Amedeo
che aveva sentito tutto, una volta arrivato in cima alla collina, croll a terra prostrandosi in preghiera.

La perdita di controllo su se stesso gli fece comprendere fino in fondo che ormai la farsa con gli inglesi
non sarebbe potuta andare avanti ancora a lungo. Le ferite riportate dalle varie battaglie, le febbri
malariche che continuavano a perseguitarlo, la coscienza di essere ormai arrivato ad un punto dove la
razionalit, la disciplina e la ferma volont nel portare a compimento la parola data, non erano pi
sufficienti a superare il logoramento di tante e tali vicissitudini. Era arrivato il momento di tornare a casa.
Era arrivato il momento degli addii e di sciogliere, con sommo dolore, il suo Gruppo Bande Amhara:

Abbiamo lottato fino allo stremo delle nostre forze, abbiamo fatto pi del nostro dovere e non ha senso
continuare a combattere senza rifornimenti n basi sicure. Non cessiamo la lotta perch siamo stati battuti;
la sospendiamo per decisione nostra, dopo aver tenuto testa per mesi a forze cento volte superiori,
impedendo agli inglesi di spostarle in Egitto. Le notizie che giungono dallAfrica del Nord sono buone. Gli
inglesi sono stati costretti a ritirarsi dalla Libia; le truppe italiane e tedesche hanno ripreso Tobruk e
catturato trentamila prigionieri. Se loffensiva continuer e lEgitto verr occupato, potremo ricevere aiuti.
Allora vi mander a chiamare, uno per uno, dai vostri villaggi per combattere di nuovo assieme. Ora, per,
ci dobbiamo lasciare, se vogliamo essere in grado di riprendere la lotta quando ci sar ancora bisogno di
noi. Siamo stati fratelli di guerra. Lo resteremo anche in futuro. 11

Laddio pi greve e doloroso fu quello dato alla sua amata Kadija, che con il capo chino in un cenno
dassenso e con un profondo silenzio, indossato con dignit e velato dal dolore stretto sulle sue spalle
come il suo sciamma, senza un cenno di saluto, si alz e and via. Seduto per terra, con le spalle
poggiate ad un masso di pietra, Amedeo silenziosamente piangeva.


Deserto

Iniziava ora il viaggio verso lo Yemen, stato neutrale, dove avrebbe trovato rifugio dagli inglesi, viaggio
nel quale verr accompagnato solo dallo yemenita Daifallah.12. Riuscirono a raggiungere Massawa, dove
si rifugiarono in una baraccopoli. Il problema da risolvere adesso, era quello di procurarsi il necessario
denaro per poter pagare la traversata per raggiungere lo Yemen. Adattandosi ai lavori pi umili,
Amedeo si improvvis facchino al molo e guardiano notturno. Essendo questi lavori troppo pesanti e
poco remunerativi e considerando laggravarsi della ferita al piede, ad Amedeo, fortunatamente, venne
lidea che avrebbe risolto il loro problema. Riusc a mettersi in affari con un vecchio acquaiolo che viveva
nella baraccopoli: il vecchio avrebbe fornito il capitale, lasino con cui raggiungere la fonte a circa 2 km di
distanza; lui, invece, avrebbe investito il proprio lavoro per poi a fine giornata dividere il guadagno. Il
vecchio accett di buon grado e cos, facendo due viaggi al giorno e riuscendo ad essere molto
competitivo sul mercato dellacqua, riusc in breve tempo a risparmiare il necessario per pagare la
traversata anche a Daifallah.

Trovati dei contrabbandieri disposti a trasbordarli, partirono per le coste yemenite. Il viaggio procedeva
lentamente; ad un certo punto per il contrabbandiere, dopo aver fatto un affare molto vantaggioso,
per paura di essere denunciato una volta sbarcati nello Yemen, decise di disfarsi di loro. Il miglior
pretesto per poter attaccar briga era ovviamente quello religioso, cos il contrabbandiere, che era
ortodosso di rito sciafeita, chiese loro se fossero zeiditi, cosa di cui era gi a conoscenza. Ricevuta
risposta positiva, inizi ad accusarli di essere dei nemici, dei traditori come daltronde lo erano tutti gli
altri zeiditi. Espose le sue condizioni: gli avrebbero riportarti sulla costa eritrea e restituito i soldi della
traversata. Amedeo reag con insolenza al torto subto tanto che venne gettato in mare, mentre
Daifallah (che non sapeva nuotare) venne accompagnato a riva.13 Sfuggendo ai pescecani, Amedeo
riusc a raggiungere la costa eritrea. Iniziarono a peregrinare nel deserto della Dancalia, dove stanchi ed
assetati, incontrarono dei pastori nomadi vicino ad un pozzo. Ma anche i pastori, anzich aiutarli, li
picchiarono e li lasciarono sanguinanti sulle roventi sabbie del deserto. Sotto un sole cocente, senza
acqua, allo stremo delle forze continuarono a camminare, barcollando e perdendo talvolta il senso
dellorientamento sino alla sera, quando storditi, si accasciarono a terra.

La notte era illuminata da una grande luna piena che stava sorgendo lentamente, e fu grazie a quella
luna che i due sventurati videro, in lontananza, un qualcuno avvicinarsi su una cavalcatura. Decisero
allora che quella era lultima possibilit di mettersi in salvo, avrebbero rischiato di essere nuovamente
aggrediti, ma questa volta sarebbero stati pronti a reagire. Il piano era semplice: rubare la cavalcatura e
sperare in quel modo di mettersi in salvo. Si nascosero in un avvallamento, al passaggio delluomo,
Amedeo gli intim di fermarsi e Daifallah, che aveva nel frattempo cercato un masso con cui stordirlo,
era pronto al comando di Amedeo. Luomo credendo di essere incappato in un gruppo uomini armati,

11
Citato da Vittorio Dan Segre, La guerra privata del Tenente Guillet, pp. 165.
12
uno degli ultimi componenti delle Bande Amhara.
13
portare la disputa sul piano religioso era la cosa pi facile, visto che lui, musulmano ortodosso di rito sciafita, non aveva motivo
di simpatizzare con due zeiditi come loro, appartenenti ad una corrente della Sci a (sciiti), lIslam minoritario e secessionista. Il re
dello Yemen, Yahia, che come imam era anche califfo, capo religioso degli zeiditi, non aveva trattato con mano molto pietosa i
sunniti di rito sciafita. Citato da Vittorio Dan Segre, La guerra privata del Tenente Guillet, pp. 185.
davanti ai quali non era saggio n fuggire n tentare di reagire, fece accomodare la cavalcatura e scese.
Amedeo gli chiese chi fosse, tentando di pronunciare quella domanda con voce grossa e minacciosa.
Al Sajed14 Ibrahim al Yemani. Sentito pronunciare tale nome e indicare la provenienza yemenita,
Amedeo disse: Signore, siamo due yemenitie stramazzarono a terra.


Yemen

Questa volta a Massawa, spacciandosi per uno yemenita malato di mente, riusc ad ottenere un
passaggio regolare verso lo Yemen. Alla fine del dicembre del 1941, finalmente sbarcarono ad Odeida.
qui che Amedeo, dopo anni in cui ha pregato Dio secondo rito musulmano, recit la professione di fede
islamica: Non vi altro Dio al di fuori di Dio e Maometto il suo profeta.

Divent sempre pi difficile nascondere la propria identit, poich poteva fingersi yemenita in terra
straniera, non di certo in Yemen. Fu probabilmente a causa dei suoi modi raffinati o per la perfetta
conoscenza della lingua araba, tanto che il funzionario portuale si insospett e lo fece rinchiudere in
prigione con laccusa di essere una spia inglese. Paradossalmente fu proprio grazie ai suoi principali
inseguitori, gli inglesi, che anche questa volta Guillet riusc ad avere la vita salva. Infatti, quando le
autorit inglesi appresero la notizia della cattura del tenente, chiesero subito allo Yemen di estradarlo. A
questo punto gli yemeniti si insospettirono dalla strana richiesta avanzata dal comando inglese, non
riuscivano a spiegarsi per quale motivo potessero essere tanto interessati ad un prigioniero tanto
malridotto. LImam Yahia venne informato di quello strano prigioniero per il quale gli inglesi facevano
pressione, cos lo convoc al suo cospetto.
Quando il tenente Guillet raccont allImam la sua storia, il sovrano rimase cos favorevolmente colpito,
che decise di ospitarlo nel suo palazzo. In breve tra Amedeo e lImam si cre un rapporto di stima
reciproca. Il sovrano lo fece curare, gli assicur una casa e lo nomin gran maniscalco della sua corte.
Pass un anno nello Yemen, al termine del quale per Guillet giunse il tempo di partire.

Salutato Daifallah, part per Massawa dove era in partenza una nave della Croce Rossa, la Giulio Cesare,
che era stata messa a disposizione per permettere a tutti i civili italiani che lo volessero, di tornare in
Patria. Guillet, grazie allaiuto fornitogli dallImam, raggiunse Massawa, dove egli avrebbe dovuto
trovare un modo per imbarcarsi senza essere arrestato dagli inglesi. Ancora una volta la fortuna lo
assistette. Infatti, i vecchi amici del porto che non lo avevano dimenticato, lo aiutarono a salire
furtivamente sulla nave.

Una straordinaria coincidenza fece s che Guillet venisse scoperto dal capitano della Giulio Cesare. Il
tenente vedendo i nastrini delle campagne della Prima guerra mondiale appuntati sulluniforme del
Capitano, confess la propria identit spiegandogli che nel caso fosse caduto nelle mani degli inglesi, il
suo destino era stato gi scritto. Lanziano Capitano decise di aiutare Guillet in quellultimo viaggio verso
la madre Patria, cosicch una volta che la nave ebbe mollato gli ormeggi, fece trasferire discretamente
Guillet nel manicomio accanto al sanatorio, dove pass tutto il periodo del viaggio. Dopo 40 giorni di
navigazione, compiendo il periplo dellAfrica, la Giulio Cesare arriv in Italia il 2 settembre del 1943.


In Italia

Dopo anni di peripezie finalmente Amedeo in Italia, decise di mantenere segreta la sua presenza in
patria a Bice e alla sua famiglia, perch aveva solo una cosa in mente: mantenere la promessa fatta ai
suoi uomini, tornare a combattere con loro. Per questo motivo, come prima cosa si present al

14
Gli arabi che si proclamano Sayed, (signore) sono ritenuti discendenti del Profeta. Non una distinzione sociale, fra essi ci pu
essere un sovrano come un contadino, ma chi di stirpe sceriffale ha diritto di essere ossequiato da chi non lo , fosse anche un
principe o un governatore. Citato da Vittorio Dan Segre, La guerra privata del Tenente Guillet, pp. 197.
Comando dellesercito a Roma, per prendere contatto con i suoi superiori, ma qui Amedeo era gi
Maggiore. La tanto agognata promozione infatti gli era stata assegnata da tempo, ma nessuno era
riuscito a trovarlo per comunicarglielo. Espose al Comando il suo piano: se lavessero paracadutato in
Etiopia, poteva sollevare le popolazioni, a lui personalmente fedeli, contro il nemico.

La missione venne approvata, ma dopo pochi giorni, l8 settembre 1943, venne resa pubblica la notizia
della firma dellarmistizio con gli Anglo-americani, avvenuta il 3 settembre in Sicilia. LItalia cadde nel
caos, Guillet trov le porte del Comando sbarrate, ma non si arrese. Egli aveva prestato fedelt al Re,
quindi, lunica cosa da fare era andare dal monarca, perch solo lui lo avrebbe potuto sciogliere dal suo
impegno e restituirlo alla vita da civile.
La monarchia era il faro della vita di Amedeo, la luce che lo guidava. Per Amedeo lemblema dei Savoia
esigeva molta pi lealt dei tre colori della bandiera italiana. Per questo Guillet part e raggiunse Brindisi,
dove nel frattempo il Re Vittorio Emanuele III si era trasferito. Il re lo accolse, si fece raccontare la sua
storia ed infine gli disse: Lei ha fatto il suo dovere, Le sono molto grato, ma si ricordi, noi passiamo ma
LItalia rimane. Dobbiamo servirla sempre in ogni modo. La cosa pi grande che un uomo possa avere
la propria Patria.15

Amedeo e Bice si sposarono il 21 settembre 1944 a Napoli. Ebbero 2 figli, Paolo e Alfredo. Amedeo
divent Generale a soli 37 anni. Con la proclamazione della Repubblica italiana, per Amedeo la carriera
militare non aveva pi senso, cos si dimise e inizi la sua collaborazione con i servizi segreti militari.
Alla fine del 1945, Amedeo torn in Eritrea per una missione dei servizi segreti, ma subito gli venne
affidato un altro difficile compito, questo affidatogli dalla consorte. Bice chiese ad Amedeo di incontrare
Kadija per consegnarle un suo braccialetto con solitario, in segno di profonda ammirazione e sincero
ringraziamento per tutto ci che aveva fatto per Amedeo. Dopo le prime perplessit, Amedeo
acconsent ad assecondare il desiderio della moglie. Kadija ed Amedeo si incontrarono per lultima volta
in una sala da t. Entrambi sapevano che quella sarebbe stato il loro ultimo incontro. Si intrattennero
per alcune ore, senza parlare, mano nella mano.


La carriera diplomatica

Terminata anche la collaborazione con i servizi segreti militari, Guillet laureato in Scienze Politiche e
Coloniali, scelse la carriera diplomatica.
....mi avevano proposto di avvalermi di norme speciali per accedere alla carriera diplomatica senza
concorso. Ho preferito la strada del pubblico concorso perch la ritenevo pi corretta.16
Nel 1947, a 38 anni, inizi la nuova attivit. Sar ambasciatore di Egitto, Yemen, Marocco, Giordania,
India, sino a quando nel 1975 collocato a riposo si trasfer in Irlanda.




Ormai diversi anni orsono, Idro Montanelli in un articolo dedicato allavventurosa esistenza di Amedeo
Guillet scrisse:
ora vive in Irlanda, perch l pu continuare ad allevare cavalli e (a quasi novant'anni) montarli.
Quando cade e si rompe qualche altro osso (non ne ha pi uno sano), mi telefona e ogni tanto viene a
trovare me e l'altro suo grande amico e biografo, Dan Segre. Ecco perch io mi ostino a sentirmi e a
voler essere ancora italiano: perche' in Italia, in mezzo a tanto letame, ci sono ancora i Durand e i
Guillet. 17

15
Citato dal documentario televisivo di Elisabetta Castagna, Amedeo Guillet, la leggenda del Comandante diavolo, La storia siamo
noi, Rai Educational.
16
Citato da Mario Mongelli, Amedeo Guillet un gentiluomo italiano senza tempo, Rivista Militare, pp.42.
17
Citato da articolo di Idro Montanelli, Amedeo Guillet, come la Primula Rossa , Corriere della Sera, 16 febbraio 1997, pp. 34.


Il ritorno nel deserto

Nel 2000, allet di 91 anni Amedeo torn in Eritrea. Ad Asmara venne accolto come un eroe e fu lo
stesso Presidente eritreo ad ospitarlo con onori degni di un Capo di Stato.

Il ritorno in quella Terra, con la quale era entrato in cos intimo contatto, nel quale aveva perso quasi se
stesso, sfiorando il baratro del non ritorno sino a risorgere dalle sabbie. In quella Terra, nella quale tanti
volti di anime autentiche e valorose lavevano accompagnato negli anni. In quella Terra, il congedo non
poteva risolversi in un semplice, seppur estremamente caloroso, cerimoniale. Era arrivato il momento di
rincontrare quelluomo che lo aveva riportato alla vita, quando il deserto lo aveva strappato da tutte le
forze e lo stava trascinando verso la rinuncia.

Al Sayed Ibrahim Aljiemani non riconobbe quellanziano italiano, ma come sempre fu ben lieto di
accogliere un viandante, anche se mortificato di non potergli offrire dellacqua, a causa del crollo di una
parete del pozzo. Ma quellimpedimento gli forn il pretesto per raccontare una storia che da anni
raccontava a chiunque lo ascoltasse. La storia di quando salv nel deserto due yemeniti moribondi, di
come si fosse affezionato ad uno di loro. Il vecchio mercante era sicuro che quegli uomini erano stati
inviati da Allah, che spesso mette alla prova la fede e la carit dei suoi fedeli, ponendo sul loro cammino
incontri speciali e soprannaturali.18

Negli anni trascorsi in quella Terra Amedeo aveva preso coscienza dellimportanza suprema di quanto
laneddoto avrebbe preso lentamente la sembianza di leggenda, dove il confine tra realt e
trascendente volubile e sottile come la leggerezza repentina con cui si trasformano le linee del
deserto.

Fu per questo che non gli rivel la sua vera identit e gli disse di essere convinto che prima o poi i due
pellegrini sarebbero riapparsi, magari proprio per riparare il suo pozzo. Congedatosi, Amedeo pag
degli operai per far in modo che quella notte stessa aggiustassero il pozzo del vecchio. Cos
allindomani, Sajed Aljiemani avrebbe avuto una nuova straordinaria novella da raccontare ai pellegrini
del deserto. . Quello stesso deserto dove si sono incrociati i destini di eroi senza nome e senza tempo.
Testimone delle prodezze del Tenente Guillet, delle scorribande del Comandante Diavolo e dei miracoli
di Allah.19

Marta Pomponio

18
Citato dal documentario televisivo di Elisabetta Castagna, Amedeo Guillet, la leggenda del Comandante diavolo, La storia siamo
noi, Rai Educational.
19
Citato dal documentario televisivo di Elisabetta Castagna, Amedeo Guillet, la leggenda del Comandante diavolo, La storia siamo
noi, Rai Educational.




Bibliografia

Vittorio Dan Segre (1997) La guerra privata del tenente Guillet La resistenza italiana in eritrea durante la
seconda guerra mondiale, prima edizione, TEA (Storica), Milano.

Sebastain OKelly (2002) AMEDEO: vita, avventure e amori di Amedeo Guillet un eroe italiano in Africa
Orientale, Rizzoli, Milano.

Articoli e Riviste
Mario Mongelli (2007) Amedeo Guillet un gentiluomo italiano senza tempo, Rivista Militare, Roma.

Idro Montanelli, Amedeo Guillet, come la Primula Rossa , Corriere della Sera, 16 febbraio 1997, pp.
34,
<archiviostorico.corriere.it/1997/febbraio/16/Amedeo_Guillet_come_Primula_Rossa_co_0_9702166439.s
html>.

Rory Carroll Rome, Italians' last action hero, Story of a brave cavalry officer and his lover may change
attitudes to the Mussolini era and legacy , The Observer , 26 maggio 2002,
<www.guardian.co.uk/world/2002/may/26/humanities.highereducation>.

Documentario
Elisabetta Castagna, Amedeo Guillet, la leggenda del Comandante diavolo, La storia siamo noi, Rai
Educational. < http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=524>

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