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4.

1 I testi nel tempo: fattori di sopravvivenza

La nostra conoscenza di autori e testi antichi dipende dalla conservazione o meno dei manufatti che
ce ne tramandano la testimonianza. Nel tracciare un profilo (storico, biografico, letterario) di un certo
autore, rischiamo spesso di dimenticare che la sopravvivenza maggiore o minore delle sue opere
condiziona in massimo grado la sua moderna percezione.
Oltre che imprevedibile, il viaggio del testo un percorso avventuroso: dobbiamo immaginare
che per strada si sia persa una percentuale altissima delle testimonianze manoscritte originariamente
esistenti, e studi recenti hanno utilizzato il calcolo delle probabilit per avere unidea del fenomeno e
dei suoi effetti sulla documentazione superstite (TROVATO-GUIDI 2004). Per le edizioni a stampa
disponiamo talora di informazioni sulla tiratura originaria: nellambito di una utilissima panoramica
dei fattori di rischio pi comuni, HARRIS 2007a ricorda che la sopravvivenza di una sola copia di
gran lunga la situazione pi comune per le edizioni del Quattrocento (p. 26).
Il nostro discorso pu quindi muovere da una prima considerazione sulla caducit dei testi, e
sui fattori che ne possono invece favorire la conservazione e la sopravvivenza. La nostra
immaginazione pu correre ai molti eventi traumatici della storia o della cronaca: dai cataclismi
naturali, alle varie guerre, incendi e carestie che hanno segnato la storia dEuropa.
Indubbiamente luomo ha avuto un ruolo anche pi diretto nella selezione naturale che ha
decimato cos impietosamente le scritture del passato: non solo singole opere sono state distrutte dagli
organi di censura, ma intere collezioni e biblioteche sono andate al macero o al rogo, fino ai casi
dolorosamente recenti di Sarajevo e Bagdad, che hanno ispirato una pice di Amlie Nothomb del
1994 (Les combustibles, tradotto in italiano dalleditore Robin come Libri da ardere, 2003).
Senza dubbio, tuttavia, luomo rappresenta una minaccia per la sopravvivenza delle scritture
anche quando le ama: gli storici del libro sanno bene che i primi titoli a scomparire sono quelli che
hanno incontrato un successo pi vasto e immediato.

Della prima edizione (1483) de Linamoramento di Orlando di Matteo Maria Boiardo (1441-1494)
non resta alcuna traccia, mentre la seconda uscita a Venezia presso Piero de Piasi nel 1487
sopravvive in ununica, preziosa copia conservata alla Biblioteca Marciana di Venezia. Analoga
sorte toccata a un altro best seller del genere cavalleresco, il Morgante di Luigi Pulci: la prima
edizione in 23 canti del 1478 circa del tutto perduta, mentre le successive uscite nel 1482 a
Firenze, presso la stamperia di Ripoli, e a Venezia rimangono solo in copia unica, rispettivamente
a Modena e Parigi. Sulle edizioni quattrocentesche del poema pulciano, ancoar valida la
panoramica offerta da WILKINS 1951. Della stamperia di S. Jacopo di Ripoli, ospitata
nellomonimo monastero, sopravvive un Diario, dal quale apprendiamo che lesecuzione del
Morgante sarebbe stata pagata il 23 febbraio 1481; lanno vi citato secondo lo stile fiorentino di
datazione, che celebrava il capodanno il 25 marzo di ogni anno: nel computo attuale, dobbiamo
dunque intendere 1482 (v. par. 3.4).

Ci significa che il complesso delle testimonianze che sono giunte fino a noi va considerato, in prima
istanza, come la punta di un iceberg, di cui ci sfuggono le reali dimensioni e la complessit. Partendo
dai soli testimoni conservati, ogni passaggio del ragionamento dovr tenere presente le peculiari
caratteristiche di tale trasmissione: limmagine ricostruita non pu che essere parziale e viziata dalla
distorsione che le sue vicende storiche e culturali le hanno impresso. Nelle varie fasi della sua
elaborazione, unedizione affidabile deve dimostrarsi consapevole di tali insidie.

Nonostante limmediata notoriet di Dante Alighieri, della sua operetta Quaestio de aqua e terra non
ci resta alcun manoscritto: ne dobbiamo la sopravvivenza a unedizione a stampa del primo
Cinquecento (Venezia, Manfredo da Monferrato, 1508: BALDUINO, p. 101). Il senese Cecco
Angiolieri (ante 1260-c. 1312) certamente uno dei nostri pi noti poeti medievali, ripreso fra gli
altri anche dal cantautore Fabrizio De Andr nel brano Si fosse foco del 1968. Eppure di Cecco
avremmo unimmagine molto limitata e approssimativa senza il grande canzoniere K (Citt del
Vaticano, Chigiano L.VIII.305: Fig. 9): esso contiene da solo 99 dei 111 sonetti che ci restano di lui,
alle cc. 100r-114v, e per molti di essi *testimone unico (una panoramica sul poeta senese ora in
CARRAI-MARRANI 2005). Ma ci sono casi anche pi macroscopici: senza il grande canzoniere V
(anchesso alla Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 3793, latore di circa mille componimenti
poetici, perlopi del sec. XIII), della nostra poesia delle Origini avremmo solo pochi nomi di
particolare importanza, e faremmo molta fatica a ricostruirne il tessuto connettivo, ad esempio la
transizione fra Scuola Siciliana e lirica toscana (sulla scorta di unosservazione di Gianfranco Folena,
lo ricorda di recente ANTONELLI 2011, pp. 196-197).

Fig. 9: Sonetti di Cecco Angiolieri nel ms. Citt del Vaticano, Chigiano L.VIII.305, c. 107r.

4.2. Dinamiche di trasmissione dei testi

Analoghe forme di selezione naturale minacciano la sopravvivenza dei testi sul versante
della loro integrit e completezza: le dinamiche dei vari passaggi di copia, la perdita dinteresse nei
confronti di alcune parti di testi lunghi, lincidenza della memoria sono fattori che si ripercuotono
gravemente sulla fisionomia dellopera letteraria quale ci tramandata.
Per spiegare questo aspetto, il filologo classico A. C. Clark ha scritto che un testo come un
viaggiatore, che perde un bagaglio a ogni sosta del suo viaggio. Al netto del riferimento specifico
che lo studioso faceva alle omissioni di copia, la metafora del viaggio si adatta molto bene alla vicenda
storica e geografica che ci tramanda leredit testuale del passato, tanto pi lunga e complessa
quanto maggiore la distanza che ce ne separa.
Misurare la distanza percorsa da un testo antico per giungere fino a noi significa cos anche
cercare di comprendere i vari passaggi attraverso i quali esso stato tramandato: tanto attraverso le
sue proprie dinamiche di trasmissione, quanto attraverso i caratteri specifici del testo stesso, sul quale
incidono profondamente i rapporti con lesterno, le competenze linguistiche di copisti e lettori,
lambiente di circolazione e la relativa omogeneit culturale, che varia considerevolmente col passare
del tempo (in tale prospettiva, molto utile LEONARDI 2014).
La ricognizione delle varie testimonianze di unopera ci mette di fronte a un numero, talora
molto ampio, di *varianti, ovvero di versioni divergenti di uno stesso luogo del testo. Solo una parte
modesta di queste ha caratteristiche erronee: infatti, gli errori pi evidenti tendono, in tradizioni
testuali inclini allintervento, ad essere corrette nei successivi passaggi di copia, mentre sono molti
gli errori lievi che hanno apparenza di lezioni corrette, e non possono dunque, fino al termine del
confronto della tradizione, essere definite erronee.
Si tratta di un paradosso, da tempo evidenziato da Gianfranco Contini: solo al termine del
lavoro editoriale possibile stabilire quanto verosimilmente autentico e distinguerlo da errori e
innovazioni di copia. Eppure, riconoscere un certo numero di errori durante le fasi iniziali della
*collazione lassunto fondamentale su cui poggiano le fasi successive del metodo ricostruttivo
legato al nome del filologo tedesco Karl Lachmann (1793-1851): anticipato in certi suoi principi fin
dallUmanesimo e sviluppato in seguito da altri studiosi, esso dovrebbe ormai essere chiamato
senzaltro *metodo degli errori comuni o *metodo stemmatico (cap. 6).
Basato su una complessa stratificazione di principi eterogenei, il metodo associato al nome di
Lachmann propone due fondamentali acquisizioni: una classificazione delle testimonianze basata non
su generiche similitudini, ma sulla convergenza in lezione non originale (che si presume ereditata da
un comune antecedente); una scelta della lezione da porre a testo (*constitutio textus) che almeno
in linea di principio prescinde dal valore intrinseco di quella, e le attribuisce un valore che dipende
dalla collocazione del testimone che la riporta, ovvero dalla maggiore o minore distanza (misurata in
termini di passaggi di copia) che separa quel testimone dal presunto originale (FIESOLI 2000).

Karl Lachmann (1793-1851) applic le sue cure editoriali tanto alle lingue classiche, con le famose
edizioni di Properzio (1816) e Lucrezio (1850), quanto alla filologia neotestamentaria e
alledizione di testi germanici medievali, quali il Nibelungenlied, studiato e pubblicato a pi riprese
fra 1816 e 1840. Per questo motivo, Lachmann si distinto per lapplicazione sistematica di
principi e criteri che erano stati formulati in epoche molto diverse, dallUmanesimo alla grande
stagione della filologia nord-europea dal Cinque al settecento. Nel secondo Dopoguerra, il ruolo
del filologo tedesco stato conseguentemente ridimensionato, specie a partire dal classico studio
di TIMPANARO 1981, che tiene in debita considerazione non solo la filologia dei testi classici, ma
anche gli studi sul testo biblico svolti da importanti figure del Protestantesimo europeo. Per questo
motivo, si preferisce oggi parlare di neo-lachmannismo e il relativo metodo critico, per la sua lunga
stratificazione, meglio definito come *metodo stemmatico o *metodo degli errori comuni (dove
questultimo aggettivo pu essere sottinteso, come in DAGOSTINO). Il manuale pi specifico e
aggiornato sullargomento quello di TROVATO. Insieme obiettivo della ricostruzione genealogica
iniziale, e paradigma sul quale misurare lautorevolezza dei testimoni, il diagramma che riassume
i rapporti fra le testimonianze sopravvissute, detto *stemma codicum: per questo, le applicazioni
pi proficue del metodo pertengono alla *stemmatica, elaborata analiticamente nei suoi
procedimenti da Paul Maas (1880-1964) nel segno di unulteriore formalizzazione logica.
Originariamente redatto in tedesco (Textkritik, Leipzig, Teubner, 1926), il libro di Maas oggi
disponibile munito di un ampio commentario ad opera di MONTANARI 2003, che discute e verifica
puntualmente i singoli paragrafi dellopera.
Il metodo stemmatico non un teorema scientifico, esso procede per approssimazione alla ricerca
dellipotesi pi economica che possa spiegare i dati emersi durante la *recensio: in tutte le fasi del
lavoro pu essere necessario tornare su qualunque degli assunti o presupposti iniziali e ridiscuterli in
modo anche radicale, ad esempio riducendo o ampliando il numero degli errori dai quali si partiti,
per evitare quelli che possono essersi originati in diversi testimoni in modo indipendente.
Tutto ci presuppone un esame valutativo continuo delle varie ipotesi testuali via via proposte,
e delle loro ripercussioni sullinterpretazione complessiva del passo: della figura di Lachmann, appare
dunque superato almeno il celebre motto recensere sine interpretatione et possumus et debemus:
possibile e doveroso svolgere la *recensio senza interpretare (il passo). Lontano da ogni pretesa
positivistica di oggettivit, il filologo dovr al contrario valutare le varianti di ogni singolo passo alla
luce delle loro implicazioni, reciproche e sistemiche, per il contesto e per linterpretazione (BESSI-
MARTELLI, p. 35).

Alla ricerca di una presunta oggettivit, il *metodo stemmatico ha dato particolare rilievo ai casi in
cui la scelta della lezione da mettere a testo suggerita dalla classificazione genealogica dei
*testimoni e quindi dal relativo peso e non dalla sua qualit intrinseca. Ma tale scenario si
verifica solo in condizioni particolari di trasmissione (*recensio chiusa o meccanica, 7.2), la cui
incidenza stata ridimensionata per unottantina di tradizioni classiche da ALBERTI 1974, e rischia
di essere vicina allo zero per le particolari condizioni di trasmissione dei testi volgari, in cui molto
difficile anche dimostrare la discendenza da un unico *archetipo (7.2, 7.5). Del funzionamento del
metodo stemmatico tratter pi diffusamente il capitolo 6, ma importante avvertire che lastrazione
logica pu essere utile a scopo didattico, ma la massima parte dei criteri che costituiscono il *metodo
stemmatico devessere applicato alla realt dei vari profili tradizionali, cio in un ambito valutativo
e di estrema discrezionalit: tali riserve sono state avanzate in ambito classicistico (FLORES, Elementi
critici di critica del testo, p. 45) e valgono a maggior ragione in ambito per le tradizioni volgari.
Retaggio delle origini positivistiche, la loro presunzione di oggettivit, naturalit e scientificit
soltanto apparente.

4.2. Tipologie di errori e varianti

Classificare i manoscritti in base alla loro correttezza, cio al fedele rispecchiamento della lezione
originale, si presta ad alcuni equivoci. Prima di tutto, appare evidente che i luoghi in cui le
testimonianze rispecchiano il perduto originale appariranno uguali in ognuna di esse, e non
permetteranno alcuna classificazione. Laddove il testo si presenta identico in tutti i testimoni (in
presenza cio del cosiddetto *consensus codicum), viene meno il problema della classificazione e il
passo salvo casi rarissimi risulta soddisfacente e pu essere accettato nelledizione.
Dobbiamo pertanto trovare alcuni tratti peculiari che, distinguendo i vari raggruppamenti,
sono da considerare *innovazioni caratteristiche di uno dei loro componenti, che le ha poi trasmesse
genealogicamente ai discendenti. Negli *errori che passano da una copia allaltra possiamo
riconoscere un tracciato genealogico che ci aiuta a seguire le direttrici di trasmissione del testo,
mentre per definizione le parti genuine di questo possono trovarsi in qualsiasi testimonianza e non
offrono alcuna indicazione utile. Una classificazione genealogica delle testimonianze pu essere
proposta solo in base alla progressiva trasmissione di alcuni errori, detti *monogenetici perch
una volta introdotti da un copista tendono a persistere nelle fasi successive (per la loro natura,
improbabile cio che vengano corretti o eliminati).
Una selezione preventiva degli errori significativi nella classificazione pu rivelarsi
fondamentale per impostare correttamente la classificazione dei testimoni: a partire da Maas (4.2),
gli errori di questo genere sono detti *errori guida (calco del tedesco Leitfehler). Qualunque
deviazione dal testo originario pu contribuire allo scopo, se la sua natura atta a resistere a correzioni
o ulteriori innovazioni da parte dei successivi copisti.
In altre parole, gli *errori guida debbono essere abbastanza evidenti da essere presunti tali in
via preliminare, ma al contempo non abbastanza palesi da essere soggetti a correzioni congetturali da
parte dei copisti successivi (cap. 4.3), fatto che interromperebbe la loro discendenza, e la conseguente
tracciabilit del rapporto di filiazione fra copie. Per questo motivo, servono perfettamente allo scopo
le lacune che si producono (anche per cause materiali come strappi, cadute, macchie) in un testimone,
e che rendono impossibile riprodurre nei discendenti la porzione di testo colpita dal guasto (INGLESE,
p. 59).

Nella pratica, occorre decidere caso per caso come bilanciare questi due opposti requisiti: in una fase
istruttoria della *recensio, opportuno selezionare *lezioni che abbiano caratteri sicuramente
erronei. Ad esempio il v. 59 della canzone Donna me prega del primo amico di Dante, Guido
Cavalcanti (c. 1258-1300) appare nel citato canzoniere K (Chigiano L.VIII.305) in una forma
certamente errata perch *ipometra: non po choverto stare s giunto; tuttavia, anche accorgendosi
del problema, difficimente un successivo scriba avrebbe indovinato la giusta correzione, che si legge
in alcuni testimoni indipendenti: non po coverto star quand s giunto; (AGENO, pp. 69-71). Si
pu dunque ammettere che un eventuale *codice derivato da K avrebbe necessariamente ereditato il
guasto (o avrebbe tentato di rabberciarlo con qualche zeppa), mentre un codice che non lo possiede
si propone se altri esempi rafforzano questipotesi come indipendente dal canzoniere chigiano.

Al contrario, non hanno alcuna utilit per la *constitutio textus le tipologie di errore che,
indotte dalla particolare natura in quel luogo del testo, possono essere commesse da pi scribi in
modo parallelo, senza che questa convergenza indichi fra loro alcun rapporto genealogico. Questo
tipo di innovazioni si definisce *poligenetico, ed sufficiente il sospetto di una tale origine per
sconsigliarne limpiego in sede di classificazione delle testimonianze.
Naturalmente, i fattori che possono determinare linsorgenza poligenetica dello stesso errore
sono diversi e non sempre definibili con sufficienti margini di sicurezza. Per questo motivo, gli
studi pi recenti si esprimono in termini di tendenza alla *poligenesi, che pu risultare da uno o pi
fattori indotti dal testo di partenza. Nella maggior parte dei casi, tale tendenza devessere valutata
caso per caso: la memoria di un determinato luogo parallelo, ad esempio, pu far scattare in diversi
copisti la stessa associazione mnemonica, specie in presenza di testi poetici che, spesso imparati a
memoria, offrivano contesti di apparenza simile, in cui fattori prosodici o di rima possono far
scattare simili associazioni.

Si tenga presente che meccanismi poligenetici possono essere indotti dall*adattamento al contesto,
linguistico o stilistico, del passo (ZACCARELLO 2012, p. 118): si tratta di un fattore spesso
sottovalutato nel confrontare le varianti, anche a causa dellarchiviazione di queste ultime in
elenchi che le riportano con un contesto minimo o del tutto assente. La casistica del poema
dantesco molto ricca e diversificata, ma mi limito a tre esempi: A Inf. XXV 144 qui mi scusi / la
novit se fior la penna abborra (dove fior un antico avverbio, col valore di un poco; abborra
vale abborracciare, tratteggiare in modo approssimativo), molti codici hanno la variante in s
*adiafora (5.3) se fior la lingua. Dante stesso mostra di impiegare i due termini in modo
interscambiabile nella dittologia di Par. VI 62-63: fu di tal volo, / che nol seguiteria lingua n
penna. Ma nel passo infernale la lingua compariva fra gli elementi pi importanti della
metamorfosi uomo-serpente avvenuta pochi versi prima (vv. 133-135: e la lingua, chava unita e
presta / prima a parlar, si fende, e la forcuta / ne l'altro si richiude): non ci sarebbe da stupirsi se la
persistenza fonica e mnemonica lavesse sovrapposta a penna, che elemento nel complesso
preferito da Dante in simili contesti (ad es. Par. XXIV 24-25: la mia fantasia nol mi ridice. / Per
salta la penna e non lo scrivo). Altrettanto vale per Inf. XXX 104-105 e mastro Adamo li
percosse il volto / col braccio suo, che non parve men duro, dove assai diffusa la variante col
pugno suo. A prima vista, le alternative sono perfettamente *adiafore, ma pugno riverbero pi
facile perch in identica sede prosodica del gesto di Sinone solo tre versi prima (v. 102, col
pugno li percosse lepa croia). Anche se la si trova in molti codici, pertanto, la variante pugno
presenta unaltissima probabilit di *poligenesi. Anche in questo caso, malgrado ladiaforia
sostanziale, assai facile stabilire secondo un criterio di plausibilit ed economia quale delle
due varianti debba costituire linnovazione, e stabilirne la presumibile eziologia.

La particolare natura degli errori, in sintesi, devessere valutata in modo non meccanico, e senza
dimenticare il contesto del brano da una parte, e le particolari coordinate socio-culturali della copia:
un procedimento difficile, ma nella natura degli errori reperiti, pi che nella loro abbondanza, sta
sia la chiave nel comprendere il progressivo deterioramento di testi, sia la soluzione per restaurarne
la *lezione originale.
Una tipologia di errore poligenetico su cui c relativo accordo l*errore paleografico,
ovvero indotto dalle caratteristiche della tipologia scrittoria del *modello: la scrittura gotica o
cancelleresca, ad esempio, creava problemi per lestrema somiglianza delle lettere con trattino breve
verticale: i, n, m, u (nella fig. 8, si vedano le sequenze lanima e li vien in Inferno V 7-8). Inoltre, in
molte tipologie grafiche del nostro Medioevo, ragioni di economia inducevano a un modulo di
scrittura piccolo, in cui i singoli grafemi risultavano molto ravvicinati quando non legati: ci poteva
indurre particolare confusione nello sciogliere le forme abbreviate, quando segni sovrapposti a vocali
ravvicinate potevano ingenerare confusione fra i copisti.

In tutti i codici, lottava 113 delloperetta boccacciana Ninfale fiesolano legge che allo scoccare
della freccia verso il giovane Africo gi Amor lavea del cor tratto / ogni crudel pensiero, e fatto
unito (vv. 3-4). Ma lunione del giovane con la ninfa Mensola ancora molto lontana a quel
momento, e la lezione corretta senzaltro fatto nvito. Come bene ricostruisce leditore (lesempio
citato e discusso in BALDUINO, p. 88), devessere intercorso un equivoco imputabile alla *scriptio
continua: in mancanza di distinzione fra u e v, da un fattuito i successivi scribi hanno attribuito il
*titulus al grafema successivo, producendo fattoito fatto unito; il vincolo della rima ha evitato
lulteriore equivoco che avrebbe prodotto fattouto ossia fatto vinto. Lequivoco pu essersi
prodotto in un momento iniziale della tradizione, fatto che ne giustificherebbe la diffusione, ma per
la sua natura paleografica e dunque intrinsecamente *poligenetica pu essere stato introdotto anche
da singoli copisti in fasi successive.

difficile valutare lattendibilit di una data *lezione senza riconoscere lazione vasta e
diversificata che la fenomenologia della copia esercita sul passo, con modalit differenti in relazione
alle varie epoche e alla diversa cultura di scriventi e lettori. Inevitabilmente, la dinamica della copia
investe non solo vari aspetti di lingua (stilistici, metrici o retorici), ma lintero sistema di riferimenti
culturali: elaborato dallautore per il pubblico del suo tempo, esso soggetto a un rapido oscuramento
nei secoli successivi.
Per una lingua non regolata quale il volgare, la dinamica di copia implica importanti
conseguenze a livello formale: si detto che nel Medioevo come oggi chi deve trascrivere un
testo osserva il suo *modello e copia tale porzione dettandola a se stesso (2.2). in questo momento
di autodettatura che avviene gran parte della transizione dal sistema elaborato dallautore a quello
che, allestito dal copista, cerca di rispondere alle esigenze di chi dovr leggere: a parte glinevitabili
errori e accidenti di copia, importante osservare che nella dettatura il colorito linguistico del modello
sar interpretato, e dunque adattato, secondo le competenze di chi legge e scrive.
La tradizione letteraria italiana, caratterizzata dalla prolungata circolazione di testi in aree
linguisticamente assai eterogenee, molto ricca di esempi in tal senso, a partire dalla massiccia
toscanizzazione in cui sono stati conosciuti fin dalla loro prima ricezione i poeti della Scuola
Siciliana, di cui restano pochissimi frammenti nellimpasto linguistico originale.

Caso classico di progressivo adattamento dei testi attraverso le successive dinamiche di copia, la
poesia siciliana ci si presenta oggi in veste quasi integralmente toscanizzata. Ne fu tratto in inganno
anche Dante, che nel De Vulgari Eloquentia, I XII 2, elogia le canzoni Ancor che laigua per lo
focho lassi e Amor che lungiamente mi menato (ambedue di Guido delle Colonne, c. 1210-
c.1287) come esempio di lingua e stile sostenuti: ma quella apparente omogeneit con i lirici toscani
opera dei copisti dellItalia continentale che fecero conoscere questa poesia attraverso una
progressiva erosione dei tratti originari. Questi ultimi possono oggi essere apprezzati in pochi ma
significativi componimenti, quale la canzonetta Pir meu cori alligrari di Stefano Protonotaro, attivo
verso la met del sec. XIII, o il frammento recentemente scoperto da Giuseppina Brunetti
Resplendiente stella de albur del rimatore coevo Giacomino Pugliese (si vedano rispettivamente
ANTONELLI-COLUCCIA-DI GIROLAMO 2008, pp. 355-356 e BRUNETTI 2011).
Fra le scoperte pi recenti, si possono citare le vestigia linguistiche marchigiane che, riconoscibili
nellantichissima canzone Quandeu stava in le tu cathene, ritrovata nel 1999 da Alfredo Stussi e
databile tra fine XII e inizio XIII secolo, spostano considerevolmente il baricentro delle Origini
della nostra lirica damore. La relativa scoperta stata annunciata in STUSSI 1999 e il testo stato
riedito con alcuni ritocchi in SEGRE-OSSOLA 2005 (5.1).

4.3 Tra formulazione dautore e ricezione di copia

Ricapitolando, il viaggio del testo parte dalla sua formulazione da parte dellautore, dalla
concrezione di una qualche *volont dautore in relazione a quellopera. Si tratta di un fenomeno che,
a sua volta, non pu ritenersi immediato n univoco: tutti sappiamo che un autore rivede, corregge e
spesso cambia del tutto opinione riguardo al suo lavoro. Dal punto di vista della trasmissione, inoltre,
lopera letteraria non sempre una libera e completa espressione della *volont dautore: le diverse
e problematiche manifestazioni di questultima imprimono ulteriori direttrici di mutamento al testo e
la sovrapposizione delle consuete dinamiche di trasmissione e rielaborazione a unoriginaria pluralit
redazionale produce fenomeni molto complessi, difficili da ricostruire a partire dalla documentazione
superstite.
La limitata disponibilit di *autografi o materiali risalenti agli autori non deve farci
dimenticare che le dinamiche di produzione e prima diffusione del testo esercitano un forte
condizionamento sulle vicende storiche dellopera, ben al di l dellazione diretta di questultimo. La
distinzione pi ovvia va fatta tra i testi che lautore intendeva pubblicare, o che immise lui stesso in
un determinato circuito di lettura, e quelli che invece non pervennero a uno stadio di elaborazione
ritenuto soddisfacente: che vedessero la luce suo malgrado, o restassero allo stadio di abbozzi privati
o segreti, i secondi offrono spesso basi incerte alledizione, tanto nella struttura generale dellopera
quanto nella fissazione puntuale della sua *lezione.

Una delle opere pi importanti della nostra letteratura, la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso
(1544-1595), venne pubblicata a dispetto dellautore, suscitandone lira: furono le varie edizioni
clandestine che divulgarono lopera a partire da un Goffredo del 1580, a spingere lautore a
pubblicarne una autorizzata a Ferrara per le cure dellamico Febo Bonn (1581). Ci non distolse il
Tasso, tormentato da scrupoli di ortodossia religiosa, da una radicale revisione dellopera, che
privata di molte scene amorose e rafforzata nellimpianto sacro usc a Genova nel 1590 col titolo
definitivo Gerusalemme conquistata (GIGANTE 2007 e 2010). Questultima, oggi appannaggio
pressoch esclusivo di studiosi e filologi della letteratura, rappresenta la pi vistosa eccezione al
criterio dellultima volont dellautore, e ci porta a ribadire la fondamentale esigenza di astenerci
da criteri astratti, calibrando le scelte di metodo sulla peculiarit storica e tradizionale del singolo
testo.

Occorre ricordare che lidea stessa di fedelt al dettato dautore, da parte di editori e lettori,
da ritenersi in gran parte anacronistica almeno fino al Settecento, quando gli stationers (librai)
inglesi ottengono il riconoscimento dei primi diritti dellautore sullopera dingegno (1710), e
soprattutto al 1793, quando in Francia viene pubblicata la dclaration des droits du gnie (STUSSI, p.
151), che d compimento a una lunga riflessione filosofica maturata in Francia e soprattutto in
Germania durante il sec. XVIII (POZZO 2005).

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