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ALGEBRA I

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Indice

I Insiemi e numeri 4

1 Insiemi e applicazioni 5
1.1 Insiemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2 Operazioni tra insiemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.3 Applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.4 Composizione di applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2 I numeri interi 15
2.1 Il principio di induzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2 Rappresentazioni b-adiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2.3 Divisibilit e numeri primi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
2.4 Combinatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.5 I numeri complessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
3 Operazioni, relazioni, cardinalit 28
3.1 Operazioni binarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.2 Equivalenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
3.3 Relazioni d'ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
3.4 Cardinalit di insiemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
4 Primi passi nella teoria dei numeri 37
4.1 Equazioni diofantee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
4.2 Congruenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

II Anelli e polinomi 44

5 Anelli 45
5.1 Prime propriet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
5.2 Tipi di anello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
5.3 Ideali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
5.4 Omomorsmi e isomorsmi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
6 Anelli notevoli 57
6.1 Anelli di classi di congruenza. Caratteristica di un anello . . . . 57
6.2 Anelli di matrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
6.3 Campo delle frazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
6.4 Quaternioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

2
7 Fattorizzazioni 68
7.1 Divisibilit e fattorizzazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
7.2 Ideali primi e massimali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
7.3 Domini a ideali principali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
7.4 Interi di Gauss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
8 Polinomi 78
8.1 Denizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
8.1.1 Costruzione formale dell'anello dei polinomi . . . . . . . . 81
8.1.2 Polinomi a pi indeterminate . . . . . . . . . . . . . . . . 82
8.2 Divisione tra polinomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
8.3 Radici e fattorizzazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
8.3.1 Serie formali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
8.4 Fattorizzazioni in Z[x] e Q[x] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
8.4.1 Fattorizzazioni in R[x] e in C[x] . . . . . . . . . . . . . . . 92
9 Quozienti 94
9.1 Anelli quoziente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
9.2 Quozienti e omomorsmi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
9.3 Quozienti di un PID e di F [x] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
9.4 Estensioni semplici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

3
Parte I

Insiemi e numeri

4
Capitolo 1

Insiemi e applicazioni

1.1 Insiemi
Si assumono come primitivi i concetti di oggetto (o ente ), insieme, elemento,
appartenenza. In generale si usano lettere maiuscole per indicare gli insiemi e
lettere minuscole per indicarne gli elementi.
Alcuni insiemi particolarmente importanti sono l'insieme dei numeri natu-
rali N = {0, 1, 2, 3, . . . }, l'insieme dei numeri interi Z = {0, 1, 1, 2, 2, . . . },
l'insieme dei numeri razionali Q = { m n | m, n Z, n 6= 0 }, l'insieme dei numeri
reali R, l'insieme dei numeri complessi C.
L'appartenenza di un elemento a ad un insieme X si indica con a X ,
mentre la non appartenenza con a / X . Un insieme viene descritto in genere
con delle informazioni contenute tra parentesi grae, che consistono nell'elenco
degli elementi oppure delle propriet che gli individuano (in generale introdotte
da una barra verticale o dai due punti). N l'ordine con cui sono elencati
gli elementi n le ripetizioni modicano l'insieme. Un insieme pu contenere
elementi di natura diversa, ad esempio numeri e insiemi. L'insieme privo di
elementi si chiama insieme vuoto e si indica con .
Assumiamo come primitivo, per ora, anche il concetto di numero di elementi
di un insieme. Un insieme X nito se contiene un numero nito di elementi;
se questo numero n, si scrive |X| = n. Se X contiene un numero innito di
elementi si dice innito e si scrive |X| = . Il simbolo |X|, che sar un numero
naturale o , si chiama ordine o cardinalit di X .

Paradosso di Russell. Non tutte le propriet deniscono insiemi; ad esempio,


se diciamo che un insieme normale se non contiene se stesso come elemento,
non possiamo denire l'insieme i cui elementi sono tutti gli insiemi normali,
perch esso non pu essere normale n non normale.

Denizione. Un insieme S si dice sottoinsieme di A (S A) se x S , x A;


si dice anche che S incluso in A. Invece S * A signica che x S : x / A.

Dalla denizione segue che, per ogni insieme A, A e A A. E' chiaro


che l'inclusione tra insiemi gode della propriet transitiva: se A B e B C ,
allora A C .

5
Denizione. Gli insiemi A e B si dicono uguali (A = B ) se x A, x B e
viceversa. Quindi A = B se e solo se vale la doppia inclusione, cio A B e
B A.
Un sottoinsieme S di A proprio se S 6= A, e si scrive S A.
Denizione. Dato un insieme A, si denisce insieme delle parti (o insieme
potenza ) di A l'insieme P(A) = { X | X A }.
Per ogni insieme X , P(X) e X P(X). Si dimostra che se A nito
e se |A| = n, allora |P(A)| = 2n .

1.2 Operazioni tra insiemi


Denizione. Si denisce unione degli insiemi A e B l'insieme
A B = {x | x A o x B }. (1.1)
Denizione. Si chiama intersezione degli insiemi A e B l'insieme
A B = {x | x A e x B }. (1.2)
Si verica facilmente che:
1. A = A ;
2. A = ;
3. A A B ;
4. A B A, B ;
5. A = A B A B ;
6. A = A B A B .
Due insiemi A e B si dicono disgiunti se A B = .
Proposizione 1.1. Per le operazioni di unione e intersezione valgono le se-
guenti propriet, per A, B, C insiemi:
1. A A = A ;
2. A B = B A (commutativa dell'unione);
3. A (B C) = (A B) C (associativa dell'unione);
4. A A = A ;
5. A B = B A (commutativa dell'intersezione);
6. A (B C) = (A B) C (associativa dell'intersezione);
7. A (B C) = (A B) (A C) e
8. A (B C) = (A B) (A C) (distributive) .
Dimostrazione. La 1. e la 2. sono immediate. Dimostriamo la 3.
Sia x A (B C). Allora si ha x A o x B C . Se x A, allora
x A B , e quindi x (A B) C . Se x B C , allora x B e quindi
x A B o x C , quindi anche in questo caso x (A B) C . Ci prova che
A (B C) (A B) C .
Sia ora x (A B) C . Allora si ha x A B o x C . Nel primo caso,
x A o x B , quindi x A (B C); nel secondo, x C implica x B C ,
quindi x A (B C ; ci prova che A (B C) (A B) C . La doppia
inclusione soddisfatta, quindi vale l'uguaglianza.
Similmente, la 4. e la 5. sono evidenti. Dimostriamo la 6.

6
Sia x A (B C). Allora x A e x B C , cio x A, x B e x C ,
quindi x AB e inne x (AB)C . Ci prova che A(BC) (AB)C .
Sia ora x (A B) C . Allora x A B e x C , perci x A, x B
e x C ; ma quindi x B C e inne x A (B C). Ci prova che
A (B C) (A B) C . La doppia inclusione soddisfatta, quindi vale
l'uguaglianza.
Dimostriamo ora le distributive, cominciando dalla 7.
Sia x A (B C). Allora x A e x B C ; da quest'ultima segue che
x B o x C . Dunque x A B o x A C ; inne x (A B) (A C).
Ci prova che A (B C) (A B) (A C).
Sia ora x (A B) (A C). Allora si ha x A e x B , oppure x A e
x C . In entrambi i casi vale sia x A che x B C ; quindi x A (B C).
Ci prova che A(BC) (AB)(AC). La doppia inclusione soddisfatta,
quindi vale l'uguaglianza.
Dimostriamo ora la 8.
Sia x A (B C). Allora x A oppure x B C ; nel secondo caso
x B C implica x (A B) (A B), nel primo caso si ha x A B
e x A C , quindi comunque risulta x (A B) (A C). Ci prova che
A (B C) (A B) (A C).
Sia ora x (A B) (A C). Dunque x A B e x A C . Perch sia
x A B , dev'essere x A o x B Nel primo caso, abbiamo x A (B C);
nel secondo, deve valere anche x A, che ci riconduce al primo caso, o x C ;
in tal caso x B C , perci comunque risulta x A (B C). Ci prova che
A (B C) (A B) (A C). La doppia inclusione soddisfatta, quindi
vale l'uguaglianza.

Denizione. Si denisce dierenza degli insiemi A e B l'insieme


A \ B = {x | x A e x
/ B }. (1.3)
Si verica facilmente che:
1. A \ A = ;
2. A \ = A;
3. A \ B = B \ A A = B.

Denizione. Se A un insieme e B A, deniamo il complementare di B


come B = A \ B .
Proposizione 1.2 (Leggi di De Morgan). Le propriet della dierenza tra
insiemi sono le seguenti, per A, B, C insiemi:
1. A \ (B C) = (A \ B) (A \ C) ;
2. A \ (B C) = (A \ B) (A \ C) .
Dimostrazione. 1. Supponiamo che x A\(BC). Allora x A e x / BC ,
quindi x A, x / B e x / C ; ne segue che x A \ B e x A \ C , quindi
x (A \ B) (A \ C). Ci prova che A \ (B C) (A \ B) (A \ C).
Sia ora x (A \ B) (A \ C). Allora x A \ B e x A \ C , perci
x A, x / B ex / C , quindi x / B C e x A \ (B C). Ci prova
che A \ (B C) (A \ B) (A \ C). La doppia inclusione soddisfatta,
quindi vale l'uguaglianza.

7
2. Sia x A \ (B C). Allora x A e x / B C . Quindi si ha x A \ C o
x A \ B , e perci x (A \ B) (A \ C). Ci prova che A \ (B C)
(A \ B) (A \ C) .
Sia ora x (A \ B) (A \ C). Allora x A \ B o x A \ C ; comunque
sia, vale x A \ (B C). Ci prova che A \ (B C) (A \ B) (A \ C).
La doppia inclusione soddisfatta, quindi vale l'uguaglianza.

Le leggi di De Morgan possono essere riformulate per il caso A, B U , dove


U l'insieme universo, come segue:
1. A B = A B ;
2. A B = A B .
Denizione. Si denisce dierenza simmetrica degli insiemi A e B l'insieme
AB = (A \ B) (B \ A). (1.4)
Proposizione 1.3. La dierenza simmetrica gode delle seguenti propriet, per
A, B, C insiemi:
1. AA = ;
2. A = A ;
3. AB = (A B) \ (A B) ;
4. AB = BA (commutativa);
5. A(BC) = (AB)C (associativa);
6. A (BC) = (A B)(A C) (distributiva dell'intersezione);
7. (AB) C A(B C), e l'uguaglianza vale se e solo se A C = .
Dimostrazione. 1. Ovviamente AA = (A \ A) (A \ A) = = .
2. A = (A \ ) ( \ A) = A = A.
3. Per la seconda legge di De Morgan, X \ (A B) = (X \ A) (X \ B). Ora,
AB = (A \ B) (B \ A) = (per la commutativit dell'unione)
= (B \ A) (A \ B) =
= ((A B) \ A) ((A B) \ B) = (per De Morgan, con X = A B)
= (A B) \ (A B).

4. Si usa la propriet commutativa dell'unione: AB = (A \ B) (B \ A) =


= (B \ A) (A \ B) = BA.

5. Dovremo applicare tre risultati che si dimostrano vericando la doppia


inclusione: (XY )\Z = (X\Z)(Y \Z); X\(Y \Z) = (X\Y )(XY Z);
(X \ Y ) \ Z = X \ (Y Z). Passiamo ora alla dimostrazione.
 
(AB)C = (AB) \ C C \ (AB) =
    
= (A \ B) (B \ A) \ C C \ (A B) \ (A B) =
   
= (A \ B) \ C (B \ A) \ C C \ (A B) C A B =
   
= A \ (B C) B \ (A C) C \ (A B) C A B .

8
Abbiamo ottenuto un risultato simmetrico in A, B, C ; dunque (AB)C =
= (BC)A = A(BC .

6. Faremo uso del fatto che A (B \ C) = (A B) \ (A C), vericabile con


la doppia inclusione. Passiamo alla dimostrazione.

(A B)(A C) = (A B) (A C) \ (A B) (A C)) =

= A (B C) \ (A B C) =

= A (B C) \ (B C) =
= A (BC).

7. Se x A(B C), x (A B C) \ A (B C) . Dunque x A B C




e x / A (B C) . Se x A, dev'essere x A \ (B C). Se x B ,
dev'essere x B \ A. Poich A \ (B C), B \ A e C sono sottoinsiemi di
(A \ B) (B \ A) C = (AB) C , abbiamo (AB) C A(B C),
cio la tesi.
Vediamo ora la seconda parte.
(AB) C = A(B C)
 
(A \ B) (B \ A) C = A \ (B C) (B C) \ A
 
(A \ B) (B \ A) C = (A \ B) (A \ C) (B C) \ A

Vediamo che A \ B = (A \ B) (A \ C) se e solo se A \ C = A, ovvero


A C = ; inoltre, (B \ A) C = (B C) \ A se e solo se A C = . La
tesi cos provata.

In molti casi, per contraddistinguere gli enti appartenenti ad una certa fami-
glia, si attribuiscono loro degli indici, presi spesso da un insieme noto, come N,
ma talvolta anche da un altro insieme generico, chiamato in genere I . Spesso,
l'indice ha a che fare con la denizione dell'oggetto che etichetta.
Se A, B, C sono insiemi, per la propriet associativa dell'unione e dell'inter-
sezione si pu scrivere senza ambiguit
ABC e A B C. (1.5)
Questo si pu estendere ad un numero qualunque di insiemi. Se F una fami-
glia, anche innita, di insiemi, la loro unione e la loro intersezione si deniscono
cos:
A = { x | x A per qualche A F } e A = { x | x A per ogni A F } .
[ \

AF AF
(1.6)
In genere gli insiemi di una famiglia sono indicizzati, esiste cio una corrispon-
denza tra gli insiemi di F e gli elementi di un insieme I . Si scrive che F la
famiglia degli insiemi (Ai )iI e l'unione e l'intersezione si deniscono cos:

Ai = { x | x Ai per qualche i I } e Ai = { x | x Ai per ogni i I } .


[ \

iI iI
(1.7)

9
1.3 Applicazioni
Denizione. Siano A, B insiemi con a A e b B . Si denisce la coppia ordi-
nata (a, b), che ha come prima componente a e come seconda b. La denizione
rigorosa
(a, b) = { { a } , { a, b } } . (1.8)
Due coppie ordinate (a, b) e (a0 , b0 ) sono uguali se e solo se a = a0 e b = b0 .
Denizione. Si denisce prodotto cartesiano dell'insieme A per l'insieme B
l'insieme
A B = { (a, b) | a A, b B } . (1.9)
Si osserva che
1. A = = A;
2. se A, B 6= , allora A B = B A A = B ;
3. se A0 A e B 0 B , allora A0 B 0 A B .
Proposizione 1.4. Nel caso di A, B insiemi niti, con |A| = n e |B| = m, si
ha che |A B| = |A| |B| = n m.
Dimostrazione. Se abbiamo A = { a1 , . . . , an } e B = { b1 , . . . , bm }, per deni-
zione A B = { (ai , bj ) | i = 1, . . . , n, j = 1, . . . , m }. Abbiamo n possibilit per
scegliere ai e m possibilit per scegliere bj , dunque |AB| = nm = |A||B|.
Si pu denire il prodotto cartesiano anche per un numero nito n di insiemi,
come
A1 A2 An = { (a1 , a2 , . . . , an ) | ai Ai i = 1, 2, . . . , n } . (1.10)
Valgono osservazioni simili a quelle gi fatte nel caso n = 2. Se i = 1, 2, . . . , n
si ha che Ai = A, si parla di insieme delle n-uple ordinate di A, e si scrive An .
Denizione. Siano A, B insiemi. Una applicazione o funzione f da A in B
una legge che ad ogni elemento di A associa uno e un solo elemento di B ; si
scrive f : A B , e se all'elemento a A f fa corrispondere b B si scrive
f (a) = b.
Volendo denire un'applicazione specica si enuncia invece la legge. Se
f : A B un'applicazione, si dice che A il dominio e B il codominio
di f . Due applicazioni f : A B e g : A0 B 0 sono uguali se A = A0 , B = B 0
e a A si ha f (a) = g(a).
Denizione. Il graco di un'applicazione f : A B l'insieme
(f ) = { (a, b) | a A, b B e b = f (a) } A B. (1.11)
Denizione (rigorosa). Siano A, B insiemi; una applicazione da A in B un
sottoinsieme f del prodotto cartesiano AB che soddisfa alla seguente propriet:
a A b B tale che (a, b) f. (1.12)
Dati gli insiemi A, B , la famiglia di tutte le applicazioni da A in B un
insieme, e si indica con B A P(A B). Se |A| = n e |B| = m, si dimostra che
|B A | = mn = |B| .
|A|

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Si denisce identit o applicazione identica dell'insieme A l'applicazione
A : A A denita da A (a) = a a A; essa si indica anche come 1A .
Se S A si denisce immersione di S in A l'applicazione f : S A denita
da f (s) = s s S .
Se S A e f : A B un'applicazione, si denisce immagine di S tramite
f l'insieme f (S) = { f (a) | a S } B , e f (A) = Im A si chiama immagine di
f . Se =6 S A, allora f (S) 6= ; se S = { a }, allora f (S) = { f (a) }.
Se Y B e f : A B un'applicazione, si denisce immagine inversa, con-
troimmagine, o retroimmagine di Y tramite f l'insieme f 1 (Y ) = { a | f (a) Y }
A. Si ha che f 1 (B) = A, o meglio: se Im(f ) Y B , allora f 1 (Y ) = A.
Pu essere 6= Y B e f 1 (Y ) = . Si ha sempre che S f 1 (f (S)) e
f (f 1 (Y )) Y .
Denizione. Un'applicazione f : A B si dice suriettiva se b B a A
tale che f (a) = b.
Quindi, f : A B suriettiva se e solo se Im(f ) = B , ovvero se e solo se
f 1 ({ b }) 6= b B . Data un'applicazione f : A B , si pu sempre denire
un'applicazione suriettiva f 0 : A f (A) con la legge x 7 f (x).
Denizione. Un'applicazione f : A B si dice iniettiva se x, y A x 6= y
implica f (x) 6= f (y), o equivalentemente se x, y A f (x) = f (y) implica
x = y.
Denizione. Un'applicazione f : A B si dice biettiva se iniettiva e suriet-
tiva.

1.4 Composizione di applicazioni


Denizione. Siano f : A B e g : B C due applicazioni. Si denisce
applicazione composta l'applicazione g f : A C , denita da (g f )(a) =
g(f (a)) a A.
In generale, g f 6= f g , anche quando A = B = C .
Proposizione 1.5. Siano A, B insiemi, sia f : A B un'applicazione e A , B
le applicazioni identiche su A e su B rispettivamente. Allora
1. B f = f ;
2. f A = f .
Dimostrazione. E' ovvia.
Proposizione 1.6 (Associativit della composizione). Siano A, B, C, D insiemi
e f : A B , g : B C , h : C D applicazioni. Allora
h (g f ) = (h g) f.

Dimostrazione. Intanto, le applicazioni h (g f ) e (h g) f hanno entrambe


dominio A e codominio D. Inoltre, a A,
(h (g f ))(a) = h((g f )(a)) = h(g(f (a))) = (h g)(f (a)) = ((h g) f )(a).

Quindi h (g f ) = (h g) f .

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Proposizione 1.7. Siano f : A B e g : B C due applicazioni.
1. Se f e g sono iniettive, allora g f iniettiva.
2. Se f e g sono suriettive, allora g f suriettiva.
3. Se f e g sono biettive, allora g f biettiva.
Dimostrazione. 1. Siano f e g iniettive, e siano a, a0 A tali che
(g f )(a) = g(f (a)) = g(f (a0 )) = (g f )(a0 ).

Poich g iniettiva, f (a) = f (a0 ), ma poich anche f iniettiva, a = a0 ;


dunque g f iniettiva.
2. Siano f e g suriettive, e sia c C . Per la suriettivit di g , esiste b B
tale che c = g(b), e per la suriettivit di f esiste a A tale che b = f (a).
Ma allora
(g f )(a) = g(f (a) = g(b) = c,
quindi g f suriettiva.
3. Segue dai punti 1. e 2.
Proposizione 1.8. Sia f : A B un'applicazione; supponiamo che esistano
applicazioni g, h : B A tali che g f = A e f h = B . Allora g = h.
Dimostrazione. Siano f, g, h come nelle ipotesi. Allora
h = A h = (g f ) h = g (f h) = g B = g.

Denizione. Un'applicazione f : A B si dice invertibile se esiste un'appli-


cazione g : B A tale che
g f = A e f g = B .
Dalla Proposizione 1.8 segue che se f invertibile, allora esiste un'unica
applicazione g : B A che soddisfa la denizione; essa si chiama inversa di f ,
e si denota con f 1 .
Teorema 1.1. Un'applicazione invertibile se e soltanto se biettiva.
Dimostrazione. Sia f : A B un'applicazione.
1. Supponiamo che f sia invertibile, e sia f 1 : B A la sua inversa. Se
b B , posto a = f 1 (b), si ha

f (a) = f (f 1 (b)) = (f f 1 )(b) = B (b) = b.

Questo prova che f suriettiva. Siano ora a, a0 A tali che f (a) = f (a0 ).
Allora
a = A (a) = (f 1 f )(a) = f 1 (f (a)) = f 1 (f (a0 )) = (f 1 f )(a0 ) = A (a0 ) = a0 .

Quindi f anche iniettiva; ci prova che essa biettiva.


2. Per quanto riguarda l'altra implicazione, supponiamo che f sia biettiva.
Sia b B ; poich f suriettiva, esiste a A tale che f (a) = b. Poich

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f suriettiva, tale elemento a unico per ogni b ssato, e lo denotiamo
con g(b). Per costruzione, l'applicazione g : B A denita da b 7 g(b)
l'inversa di f . Dunque f invertibile; perci vale la doppia implicazione
e il teorema dimostrato.
Proposizione 1.9. Sia f : A B un'applicazione. Allora
1. f iniettiva se e solo se esiste g : B A tale che g f = A ;
2. f suriettiva se e solo se esiste h : B A tale che f h = B .
Dimostrazione. 1. Supponiamo che f sia iniettiva. Fissiamo a A e denia-
mo un'applicazione g : B A ponendo

se y / f (A)
(
a
G(y) = y B.
l'unico x A tale che f (x) = y se y f (A)

Ora, per ogni x A, (g f )(x) = g(f (x)) = x, e quindi g f = A .


Supponiamo adesso che esista un'applicazione g : B A tale che g f =
A . Siano a, a0 A con f (a) = f (a0 ). Allora

a = A (a) = (g f )(a) = g(f (a)) = g(f (a0 )) = (g f )(a0 ) = A (a0 ) = a0 .

2. Faremo uso dell'Assioma della Scelta (paragrafo 3.3). Supponiamo che


f sia suriettiva; allora per ogni y B esiste almeno un elemento a A
tale che f (a) = b. Dunque, scelto un qualsiasi elemento y B , si ha
6= f 1 (y). Poniamo f 1 (y) = Fy e F = { Fy }yB . Ora, F una
famiglia non vuota di sottoinsiemi non vuoti di A, quindi per l'Assioma
della Scelta esiste un'applicazione s : F A tale che s(Fy ) = ay Fy .
Deniamo inoltre un'applicazione t : B F ponendo t(y) = f 1 (y) = Fy .
Adesso, poniamo h = s t. Dunque h : B A, e h(y) = ay . Perci
(f h)(y) = f (h(y)) = f (ay ) = y y B,

essendo ay f 1 (y). Dunque f h = B .


Supponiamo adesso che esista un'applicazione h : B A tale che f h =
= B . Allora per ogni b B abbiamo

b = B (b) = (f h)(b) = f (h(b)).

Poich A il codominio di h, h(b) A la retroimmagine di b tramite f ,


dunque f suriettiva.
Proposizione 1.10. Siano f : A B e g : B C applicazioni invertibili.
Allora
1. f 1 invertibile e (f 1 )1 = f ;
2. g f invertibile e (g f )1 = f 1 g1 .
Dimostrazione. La 1. evidente. Dimostriamo la 2.
Per il Teorema 1.1, se f e g sono invertibili esse sono biettive; quindi, per la
Proposizione 1.7, g f : A C biettiva e di nuovo per il Teorema 1.1 essa
invertibile. Ora,
(g f ) (f 1 g 1 ) = (g (f f 1 )) g 1 = (g B ) g 1 = g g 1 = C ,

13
e similmente
(f 1 g 1 ) (g f ) = (f 1 (g 1 g)) f = (f 1 B ) f = f 1 f = A .

Quindi, per l'unicit dell'applicazione inversa, f 1 g 1 = (g f )1 , e la tesi


dimostrata.

14
Capitolo 2

I numeri interi

2.1 Il principio di induzione


Uno degli assiomi dell'insieme N dei numeri naturali il seguente.
Assioma del buon ordinamento (o Principio del minimo). Ogni sottoinsieme
non vuoto di N ha un elemento minimo.
Diciamo che l'insieme N bene ordinato. Applichiamo questa propriet nel
seguente risultato.
Teorema 2.1 (della divisione con resto). Siano a, b Z e b 6= 0; allora esistono
q, r Z tali che
a = qb + r e 0 r < |b|.
Inoltre, ssati a, b, q, r sono univocamente determinati.
Dimostrazione. 1. Dimostriamo l'esistenza di q, r.
Dati a, b Z e b 6= 0, consideriamo l'insieme
S = { s N | s = a bz per qualche z Z } .

Abbiamo S 6= , infatti b|a| Z e poich b2 1 abbiamo a + b2 |a| 0,


dunque S 3 a b(b|a|) = a + b2 |a|.
Per l'Assioma del buon ordinamento, S ha un minimo, che chiamiamo r.
Poich r S esiste q Z tale che 0 r = a bq , ovvero a = qb + r.
Resta da provare che r < |b|. Supponiamo per assurdo che sia r |b|;
allora esiste y N tale che r = |b| + y . Ma allora
y = r |b| = a bq |b| = a b(q 1) S,

e poich r il minimo di S , dovrebbe essere r y , assurdo.


Quindi abbiamo 0 r < |b|.
2. Proviamo ora l'unicit di q, r.

15
Supponiamo che esistano q, r, q1 , r1 Z tali che sia
( (
a = qb + r a = q1 b + r1
e ;
0 r < |b| 0 r1 < |b|

allora abbiamo qb + r = q1 b + r1 e quindi r r1 = (q1 q)b. Passando ai


moduli:
|r r1 | = |q1 q| |b|.

Se q1 6= q allora |q1 q| 1 e perci |r r1 | 1 |b| = |b|. Ma 0 r < |b|


e 0 r1 < |b|, quindi |r r1 | < |b|. Ci assurdo: dev'essere dunque
q = q1 e di conseguenza anche r = r1 . Ci prova l'unicit di q, r.

Equivalente all'assioma del buon ordinamento il Principio di induzione,


importante strumento deduttivo in teoria dei numeri interi, che enunciamo in
due forme equivalenti.

Principio di induzione (1a forma). Sia n0 N, e supponiamo che per ogni


n n0 sia assegnata una proposizione P (n) e che siano soddisfatte le seguenti
condizioni:
1. P (n0 ) vera;
2. per ogni n n0 , se P (n) vera allora vera anche P (n + 1).
Allora P (n) vera per ogni n n0 .
Proviamo ad esempio che per ogni 1 n N si ha
n
n(n + 1)
(2.1)
X
1 + 2 + 3 + + n = i= .
i=1
2

Utilizziamo il principio di induzione su n:

1. P (1) vera, infatti 1 = 1(1+1)


2 ;

2. sia n 1, e supponiamo che P (n) sia vera (ipotesi induttiva ). Allora


anche P (n + 1) vera, infatti
n+1 n
X X n(n + 1) (n + 1)(n + 2)
i=n+1+ i=n+1+ = .
i=1 i=1
2 2

Per il principio di induzione, P (n) vera per ogni n 1.

Principio di induzione (2a forma). Sia n0 N, e supponiamo che per ogni


n n0 sia assegnata una proposizione P (n) e che siano soddisfatte le seguenti
condizioni:
1. P (n0 ) vera;
2. per ogni n n0 , se P (t) vera per ogni numero naturale t tale che n0
t n 1, allora anche P (n) vera.
Allora P (n) vera per ogni n n0 .

16
2.2 Rappresentazioni b-adiche
La nostra usuale rappresentazione decimale dei numeri interi positivi in base
b = 10; tuttavia si possono rappresentare i numeri naturali scegliendo come base
qualunque numero b N con b 2. Servono b simboli distinti per i numeri da
0 a b 1, e le cifre, da destra a sinistra, corrispondono alle potenze crescenti di
b.
Teorema 2.2. Sia Z 3 b 2. Allora ogni intero positivo n > 0 si pu scrivere
in modo unico nella forma
n = ak bk + ak1 bk1 + + a2 b2 + a1 b + a0 ,

dove gli a0 , a1 , . . . , ak sono interi tali che


(
0 ai b 1 i = 0, 1, . . . , k 1
,
1 ak b 1

e k l'unico intero positivo tale che bk n < bk+1 .


Dimostrazione. Fissato 2 b Z, sia n N e procediamo per induzione su n.
Per quanto riguarda l'esistenza, applichiamo la seconda forma del Principio
di induzione.
Per 0 < n b 1, la tesi ovvia.
Per n b, applichiamo il Teorema della divisione con resto: n = qb + r, con
0 r b 1. Poich n b e b 2, evidentemente 1 q < n. Possiamo allora
applicare l'ipotesi induttiva su q :
q = a0k bk + + a02 b2 + a01 b + a00

con 0 a0i b 1 i = 0, 1, . . . , k e a0k 6= 0. Allora, ponendo a0 = r, abbiamo


n = (a0k bk + + a02 b2 + a01 b + a00 )b + a0 = a0k bk+1 + + a02 b3 + a01 b2 + a00 b + a0 ,

dunque la tesi vale per ogni n N.


Passiamo all'unicit. Il caso n < b banale; poniamo perci n b, e
supponiamo che sia
ak bk + + a2 b2 + a1 b + a0 = n = a0k bk + + a02 b2 + a01 b + a00 .

Poich n b dev'essere k 1. Allora, poich 0 a0 b 1 e n = (ak bk1 +


+a2 b+a1 )b+a0 , abbiamo che ak bk1 + +a2 b+a1 e a0 sono rispettivamente
il quoziente e il resto della divisione di n per b, e cos pure a0k bk1 + + a02 b + a01
e a00 . Allora, per l'unicit di quoziente e resto, si ha
ak bk1 + + a2 b + a1 = a0k bk1 + + a02 b + a01 e a0 = a00 .
Per induzione, abbiamo che ai = a0i i = 0, 1, 2, . . . , k, e la tesi provata.
La rappresentazione di un numero n N di cui abbiamo appena provato
esistenza e unicit si denisce rappresentazione in base b, o b-adica, di n. La
prima parte della dimostrazione fornisce un metodo per calcolare le cifre della
rappresentazione b-adica di un numero.

17
2.3 Divisibilit e numeri primi
Denizione. Dati due numeri a, b Z, si dice che a divide b, in simboli a | b,
se esiste c Z tale che ac = b. Si dice che a un divisore di b, oppure che b
un multiplo di a.
Si vede subito che per ogni b Z 1, 1, b, b sono divisori di b. Un divisore
proprio se a 6= 1, 1, b, b.
a di b si dice

Denizione. Siano a, b Z. Si dice massimo comun divisore (MCD) di a, b


ogni numero d Z tale che:
1. d | a e d | b;
2. per ogni x Z, se x | a e x | b, allora x | d.
Teorema 2.3. Siano a, b Z. Allora:
1. esiste un MCD d di a, b;
2. esistono , Z tali che d = a + b;
3. se d1 un MCD di a, b, allora d1 = d o d1 = d.
Dimostrazione. Se a = b = 0, il loro MCD 0 e valgono le tre propriet
enunciate.
Supponiamo dunque che a, b non siano entrambi nulli. Proviamo intanto le
prime due propriet. Abbiamo a2 + b2 > 0, e quindi l'insieme
{ s | s N e 0 6= s = ax + by con x, y Z }

non vuoto e per l'Assioma del buon ordinamento ammette minimo. Sia d =
min S e proviamo che d un MCD di a, b. Poich d S , esistono , Z tali
che d = a+b. Inoltre, se dividiamo a per d, otteniamo a = qd+r con q, r Z
e 0 r < d, poich d > 0. Allora
r = a dq = a (a + b)q = a(1 q) + b(q).

Ora, se fosse r > 0, dovrebbe essere r S e quindi r d = min S , assurdo.


Quindi dev'essere r = 0, cio a = qd e d | a. Si prova analogamente che d | b.
Sia ora c Z tale che c | a e c | b. Allora c | a e c | b, quindi c | a+b = d.
Abbiamo provato allora i primi due punti.
Per quanto riguarda il terzo punto, supponiamo che d1 sia un altro MCD di
a, b. Allora si ha d | d1 e d1 | d, cio esistono x, y Z tali che d = xd1 e d1 = yd.
Perci
d = xd1 = x(yd) = (xy)d
e poich d 6= 0, xy = 1. Dev'essere dunque x = y = 1 o x = y = 1, e quindi
d = d1 o d = d1 .

Osservazione. Dalla dimostrazione segue che, dati a, b Z non entrambi nulli,


esiste un MCD d di a, b tale che d 1; denotiamo tale MCD con (a, b). Esso
il minore numero intero che possa essere scritto nella forma d = a + b, con
, Z.

Denizione. Due interi a, b non entrambi nulli si dicono coprimi se (a, b) = 1.


Dalla dimostrazione del Teorema 2.3 discende il seguente risultato.

18
Criterio 2.1. Due interi a, b non entrambi nulli sono coprimi se e solo se
esistono , Z tali che a + b = 1.
Denizione. Un numero p Z si dice primo se
1. p 6= 0, 1, 1;
2. per ogni a Z, se a divide p allora a { 1, 1, p, p }.
Dunque un intero primo se diverso da 0, 1, 1 e non ha divisori propri.
Lemma 2.1. Siano a, b, p Z con p primo. Se p | ab, allora p | a o p | b.
Dimostrazione. Abbiamo per ipotesi che p | ab. Se p | a, la tesi vericata;
supponiamo dunque che p - a. Allora dev'essere (a, p) = 1, dunque esistono
x, y Z tali che xa + yp = 1. Perci possiamo scrivere

b = 1 b = (xa + yp) b = xab + ypb;

poich sappiamo che p | ab, concludiamo che p | b.


Con una dimostrazione analoga si prova che dati a, b, c Z, se c | ab e (a, c) =
1, allora c | b. Inoltre si verica per induzione su n che dati a1 , . . . , an , p Z,
con p primo tale che p | a1 an , allora esiste un i N, 1 i n, tale che
p | ai .
Teorema 2.4 (Teorema fondamentale dell'aritmetica). Sia z Z, con z 6=
0, 1, 1. Allora esistono numeri primi p1 , . . . , pn tali che
z = p1 pn .

Inoltre, tale fattorizzazione unica a meno del segno dei numeri primi e del
loro ordine nel prodotto.
Dimostrazione. Iniziamo con l'esistenza. Sia intanto z > 0, quindi z 2.
Applichiamo la seconda forma del Principio di induzione. Se z = 2, la tesi
ovvia. Supponiamo ora z 3 e assumiamo che una fattorizzazione in prodotto
di primi esista per ogni 2 k z 1. Se z primo, allora gia fattorizzato,
con un solo fattore. Supponiamo allora che non sia primo; esiste allora almeno
un suo divisore proprio k, tale che z = kb con 2 k, b z 1. Ma allora per
ipotesi induttiva k, b sono esprimibili come prodotto di numeri primi, e dunque
lo anche kb = z . Sia ora z < 0. Allora z > 0 e per quanto appena provato si
ha z = p1 pn con p1 , . . . , pn primi. Dunque z = (p1 ) p2 pn , e quindi
una fattorizzazione esiste per ogni z Z. Proviamo ora l'unicit. Supponiamo
che p1 , . . . , pn e q1 , . . . , qs siano numeri primi tali che
p1 pn = z = q1 qs .

Allora p1 | z = q1 qs e, per la generalizzazione del Lemma 2.1, p1 | qi per


almeno un i = 1, . . . , s. Riordinando se necessario i qi , possiamo scrivere p1 | q1 ;
tuttavia, essendo p1 , q1 primi, si ha p1 = q1 o p1 = q1 . Dividendo z per p1
otteniamo dunque
z
p2 pn = = q2 qs .
p1
Iterando il processo si ricava n = s e l'unicit della fattorizzazione in numeri
primi di z , a meno dei segni e dell'ordine dei fattori.

19
Teorema 2.5 (Euclide). Esistono inniti numeri primi positivi.
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che l'insieme dei numeri primi positivi
sia nito, e siano p1 , . . . , pt tutti i numeri primi positivi distinti. Consideriamo
il numero
N = p1 pt + 1 Z.
Allora N 2 ed esiste un numero primo q tale che q | N . Essendo primo, q
dev'essere uguale ad uno dei pi ; ma allora q | p1 pt e perci q | N p1 pt =
1, assurdo. Dunque l'insieme dei numeri primi positivi innito.

Teorema 2.6. Sia p un
numero primo positivo. Allora p un numero
irrazionale (in particolare, 2 irrazionale).
Dimostrazione.

Sia p un numero primo positivo, e supponiamoper assurdo che
sia p Q. Allora esistono n, m N tali che (n, m) = 1 e p = m n
. Allora
m p = n , da cui segue p | n . Ma per l'unicit della fattorizzazione in primi,
2 2 2

p | n, e perci p2 | n2 = m2 p. Ma allora p | m2 e quindi p | m, assurdo perch n



e m sono coprimi. Ne segue che p irrazionale.
Proposizione 2.1. Siano a, b Z e sia r il resto della divisione di a per b.
Allora (a, b) = (b, r).
Dimostrazione. Sia x = (a, b) e y = (b, r). Per denizione, x | a e x | b, dunque
x | (abq) = r e x | (b, r) = y . Analogamente, y | b e y | r, dunque y | bq +r = a
e y | (a, b) = x. Ci prova che x = (a, b) = (b, r) = y .
Algoritmo di Euclide. L'algoritmo di Euclide un antico metodo per calco-
lare il MCD di due numeri interi a, b, che possiamo supporre positivi in quanto
(a, b) = (|a|, |b|). Poniamo a1 = a e a2 = b. Dividiamo a1 per a2 ; a1 = q1 a2 +a3 ,
dove 0 a3 < a2 . Dividiamo quindi a2 per a3 e cos via. Si ottiene una catena
di resti
a2 > a3 > a4 > > an1 > an = 0,
che arriva a zero dopo un numero nito di passi. Segue dalla Proposizione 2.1
che se an1 l'ultimo resto non nullo, allora (a, b) = an1 .
Una volta determinato (a, b), percorrendo a ritroso i calcoli si possono de-
terminare anche i coecienti , Z tali che d = a + b.
Denizione. Siano a, b Z. Si dice minimo comune multiplo (m.c.m.) di a, b
ogni numero m Z tale che:
1. a | m e b | m;
2. per ogni x Z, se a | x e b | x, allora m | x.
Teorema 2.7. Siano a, b Z. Allora:
1. esiste un m.c.m. m di a, b;
2. se m1 un m.c.m. di a, b, allora m1 = m o m1 = m.
Dimostrazione. Si procede analogamente a quanto fatto per il Teorema 2.3.
Osservazione. Il Teorema 2.7 mostra che per ogni a, b Z esiste un unico
m.c.m. positivo; esso si denota con m.c.m.(a, b) o con [a, b].
Proposizione 2.2. Siano a, b Z. Allora [a, b] = ab/(a, b).

20
Dimostrazione. Possiamo scegliere a, b positivi in quanto [a, b] = [|a|, |b|] e
(a, b) = (|a|, |b|). Intanto

ab b a
m= = a= b,
(a, b) (a, b) (a, b)

dunque a | m e b | m. Sia ora z N tale che a | z e b | z . Allora esistono


h, k Z tali che z = ah = bk . Dunque,

a b | z(a, b) = z(a + b) = az + bz = abk + bah = ab(k + h).

Ci prova che m | z ; dunque [a, b] = m.

Osservazione. Siano 0 6= a, b N, e siano a = pn1 1 pn2 2 . . . pnk k e b = ps11 ps22 . . . pskk


le loro fattorizzazioni, dove p1 , . . . pk sono primi e gli esponenti ni N sono
eventualmente nulli. Intanto, se b | a esiste r = pr11 pr22 . . . prkk tale che a = br;
dunque ni = ri + si e perci ri ni per ogni i = 1, 2, . . . , k.
Ora, consideriamo gli elementi

d = p1
min{ n1 ,s1 } min{ n2 ,s2 }
p2
min{ nk ,sk }
. . . pk e
max{ n1 ,s1 } max{ n2 ,s2 } max{ nk ,sk }
m= p1 p2 . . . pk .

Evidentemente, d = (a, b) e m = [a, b].

2.4 Combinatoria
Proposizione 2.3. Sia A un insieme nito; allora |P(A)| = 2|A| .
Dimostrazione. Per induzione su |A| = n.
Se n = 0, allora A = e |P()| = |{ }| = 1 = 20 .
Se n > 0, supponiamo vera la tesi per n. Allora se |A| = n + 1, poniamo
B = A\{ a } dove a A. Allora P(A) = P(B){ X { a } | X P(B) },
e di conseguenza, per ipotesi induttiva, |P(A)| = 2 |P(B)| = 2 2n =
2n+1 .

Proposizione 2.4 (Principio della cassetta delle lettere). Sia A un insieme


nito, e sia f : A A un'applicazione. Allora le seguenti condizioni sono
equivalenti:
1. f iniettiva;
2. f suriettiva;
3. f biettiva.
Dimostrazione. Proviamo per induzione su n = |A| l'equivalenza delle condizio-
ni 1. e 2.
Se n = 0 non ha senso denire f ; se n = 1, la tesi ovvia.
Se n > 1, supponiamo vera la tesi per insiemi di cardinalit n. Sia |A| =
n + 1; allora B = A \ { a }, dove a A, un insieme di cardinalit n. Per
ipotesi induttiva, scelta comunque una funzione g : B B iniettiva, essa
suriettiva. Dunque deniamo f : A A nel modo seguente, per ogni

21
x A:
se x B \ { k }

g(x)
se x(= k = a


a
f (x) = ;
a se x = k
se

k 6
= a
g(k) se x = a

f iniettiva per costruzione, ed anche suriettiva. Analogamente, se g


suriettiva, costruiamo f similmente e otteniamo una funzione iniettiva.
Dunque, 1. e 2. sono equivalenti.
La condizione 3. discende per denizione di biettivit dalla compresenza di 1.
e 2., dunque le tre condizioni sono equivalenti.
Proposizione 2.5. Siano A, B insiemi, con |A| = n e |B| = m. Allora
1. |A B| = |A| |B| = nm;
2. se A e B sono disgiunti, allora |A B| = |A| + |B| = m + n, e in generale
|A B| + |A B| = |A| + |B|.

Dimostrazione. 1. Per denizione AB = { (a, b) | a A, b B }. Possiamo


scegliere a in n modi e b in m modi; dunque |A B| = nm.
2. Per denizione AB = { x | x A o x B }. Dunque AB contiene tutti
gli n elementi di A e tutti gli m elementi di B ; se A e B sono disgiunti,
evidentemente |A B| = m + n. Altrimenti gli elementi dell'intersezione
A B sono presenti una sola volta nell'unione; dunque

|A B| + |A B| = |A| + |B|.

Osservazione. La Proposizione 2.5 si generalizza al caso di k insiemi niti.


Siano A1 , . . . , Ak insiemi niti; allora
1. |A1 Ak | = |A1 | . . . |Ak |;
2. se A1 , . . . , Ak sono a due a due disgiunti, allora |A1 Ak | = |A1 | +
+ |Ak |; altrimenti, posto X = { 1, 2, . . . , k },
X \
|A1 Ak | = (1)|I|+1 | Ai |.
6=IX iI

Proposizione 2.6. Se A e B sono insiemi niti, con |A| = n e |B| = m, allora


il numero delle applicazioni da A in B |B||A| .
Dimostrazione. Poniamo B A = { f | f : A B applicazione }. Se A = { a1 , . . . , an },
ogni applicazione f B A individuata dalla n-upla delle immagini (f (a1 ), . . . , f (an ))
B n , ovvero l'applicazione : B A B n , denita per ogni f B A da

(f ) = (f (a1 ), . . . , f (an )),

una biezione. Dunque |B A | = |B|n = mn .


Denizione. Sia n N; si denisce n fattoriale (n!) come
(
0! = 1
n! = (n 1)! n = 1 2 (n 1) n se n 1.

22
Proposizione 2.7. Se A e B sono insiemi niti con |A| = n m = |B|, allora
il numero di applicazioni iniettive da A in B uguale a
m!
m(m 1) . . . (m n + 1) = .
(m n)!

Dimostrazione. La biezione : B A B n , denita per ogni f B A da


(f ) = (f (a1 ), . . . , f (an )),

fa corrispondere alle applicazioni iniettive da A in B n-uple di elementi distinti


di B . Per costruire una n-upla (b1 , . . . , bn ) B n di elementi distinti, possiamo
scegliere b1 in m modi, b2 in m 1 modi e cos via, no ad arrivare a scegliere
bn in m n + 1 modi possibili. Per le propriet dei fattoriali si ha inne
m!
m(m 1) . . . (m n + 1) = .
(m n)!

Proposizione 2.8. Sia A un insieme nito con |A| = n. Allora il numero di


applicazioni biettive da A in se stesso uguale a n!.
Dimostrazione. Per la Proposizione 2.4, le applicazioni biettive da A in s e le
applicazioni iniettive da A in s coincidono; allora per la Proposizione 2.7 esse
sono n!/(n n)! = n!.
Denizione. Siano k, n N, con k n. Il coeciente binomiale "n su k"
denito come
 
n n(n 1) . . . (n k + 1) n!
= = .
k k! k!(n k)!

Lemma 2.2. Siano k, n N, con k n. Allora


         
n n n1 n1 n
1. = ; 2. + = .
k nk k k1 k

Dimostrazione.
   
n n! n! n
1. = = = .
nk (n k)!(n n + k)! k!(n k)! k
   
n1 n1 (n 1)! (n 1)!
2. + = + =
k k1 k!(n k 1)! (k 1)!(n k)!
 
(n 1)!(n k) + (n 1)!k (n 1)!n n! n
= = = = .
k!(n k)! k!(n k)! k!(n k)! k

Teorema 2.8. Sia A un insieme nito con |A| = n, e sia N 3 k n; allora il


numero di sottoinsiemi di A che contengono esattamente k elementi n
.

k

Dimostrazione. Per induzione su n.


Se n = 0 o n = 1, l'aermazione ovvia, e cos per k = 0 o k = n per
qualunque n.
Per n 2 e 1 k n 1, sia A = { a1 , . . . , an }. Poniamo B =
{ a1 , . . . , an1 }. Per ipotesi induttiva, i sottoinsiemi di B di cardinalit k

23
e di cardinalit k 1 sono rispettivamente
   
n1 n1
e .
k k1

Ora, i sottoinsiemi di A di cardinalit k sono tutti quelli contenuti in B


pi tutti quelli costituiti da k 1 elementi di B e da an , ovvero
     
n1 n1 n
+ = .
k k1 k

Teorema 2.9 (binomio di Newton). Siano a, b Z numeri interi, e 0 6= n N.


Allora n  
X n k nk
(a + b)n = a b .
k
k=0

Dimostrazione. Per induzione su n.


Se n = 0, la tesi ovviamente vera.
Sia n 1. Allora
n   n1
X
X n k nk n n k nk
a b =a + a b + bn =
k k
k=0 k=1
n1
X n 1 n1
X n 1 
= an + ak bnk + ak bnk + bn =
k1 k
k=1 k=1
!
n2 
X n1  n1
X n 1 
= a an1 + aj bn1j + ak bn1k + bn1 b =
j=0
j k
k=1
n1
X  n1
X n 1
n 1 j n1j
=a a b +b ak bn1k =
j=0
j k
k=0
n1 n1
= a(a + b) + b(a + b) = (a + b)(a + b)n1 = (a + b)n .

Osservazione. Grazie al binomio di Newton possiamo dimostrare in un altro


modo che se A un insieme nito con |A| = n, allora |P(A)| = 2n . Infatti,
posto Pi (A) l'insieme dei sottoinsiemi di A di cardinalit i, per ogni i = 0, . . . , n,
poich tutti i Pi (A) sono disgiunti,
|P(A)| = |P0 (A) Pn (A)| = |P0 (A)| + + |Pn (A)| =
n   n  
X n X n k nk
= = 1 1 = (1 + 1)n = 2n .
k k
k=0 k=0

2.5 I numeri complessi


Denizione. L'insieme C = (R2 = RR, +, ), dove per ogni (a, b), (c, d) R2 ,
(a, b) + (c, d) = (a + b, c + d) e (a, b) (c, d) = (ac bd, ad + bc),

si denisce insieme dei numeri complessi.

24
Osservazione. L'insieme C un campo, infatti la somma associativa e com-
mutativa, dotata di elemento neutro (0, 0), e ogni elemento (a, b) ha un opposto
(a, b); la moltiplicazione associativa e commutativa, dotata di elemento
neutro (1, 0), e ogni elemento (a, b) 6= (0, 0) ha un inverso ( a2 +b
a
2 , a2 +b2 ); vale
b

la propriet distributiva della moltiplicazione rispetto alla somma, ovvero per


ogni z1 , z2 , z3 C si ha z1 (z2 + z3 ) = z1 z2 + z1 z3 .
Denizione. La denizione dei numeri complessi mediante coppie ordinate di
numeri reali consente di rappresentare gli elementi di C come punti di un piano
cartesiano, il piano di Argand-Gauss.
Denizione. L'applicazione da R in C che associa ad ogni a R l'elemento
(a, 0) C evidentemente iniettiva; dunque possiamo identicare ogni a R
con la sua immagine (a, 0) C e vedere R come un sottoinsieme di C. L'appli-
cazione descritta si dice immersione di R in C; i numeri reali sono rappresentati
sull'asse orizzontale (asse reale ) nel piano di Argand-Gauss.
Denizione. Poniamo i = (0, 1). Allora i2 = (0, 1) (0, 1) = (1, 0) = 1.
Deniamo i unit immaginaria, e l'asse verticale del piano di Argand-Gauss
asse immaginario.
Osservazione. Per ogni b R si ha b i = (b, 0) (0, 1) = (0, b) = i b.
Denizione. Un generico elemento z = (a, b) C si scrive usualmente nella
forma cartesiana :
z = (a, 0) + (0, b) = (a, 0) + (b, 0)(0, 1) = a + ib.

I numeri reali a e b si deniscono rispettivamente parte reale <(z) e parte


immaginaria =(z) di z .
Denizione. Il coniugato di un numero complesso z = a+ib il suo simmetrico
rispetto all'asse reale, ovvero
z = a + ib = a ib,

che corrisponde alla coppia (a, b). Il coniugio l'applicazione da C in s che


ad ogni z C associa il suo coniugato.
Proposizione 2.9. Siano z, z1 C. Allora:
1. z + z = 2<(z) e i(z z) = 2=(z);
2. z = z se e solo se z R;
3. z + z1 = z + z1 ;
4. z z1 = z z1 .

Dimostrazione. Poniamo z = a + ib e z1 = c + id. Allora:


1. z + z = a + ib + a ib = 2a = 2<(z) e
i(z z) = i(a ib a ib) = i(2ib) = 2b = 2=(z);
2. z = a ib = a + ib = z se e solo se ib = ib ovvero b = 0, dunque se e
solo se z R;
3. z + z1 = a + c + i(b + d) = a + c i(b + d) = a ib + c id = z + z1 ;
4. z z1 = ac bd + i(ad + bc) = ac bd i(ad + bc) = (a ib)(c id) =
= z z1 .

25
Denizione. La norma di z = a + ib C denita come
R 3 N (z) = z z = a2 + b2 0.

Denizione. Il modulo di z = a + ib C denito come


p p
|z| = N (z) = a2 + b2 ,

e nel piano di Argand-Gauss la lunghezza del segmento che congiunge l'origine


ed il punto (a, b).
Proposizione 2.10. Siano z, z1 C. Allora:
1. N (z) = 0 se e solo se z = 0;
2. N (z z1 ) = N (z) N (z1 ) e |z z1 | = |z| |z1 |;
6 0, allora z 1 = z/N (z).
3. se z =
Dimostrazione. Poniamo z = a + ib e z1 = c + id. Allora:
1. N (z) = a2 + b2 = 0 se e solo se a = 0 e b = 0, ovvero z = 0;
2. N (z z1 ) = (ac bd)2 + (bc + ad)2 = a2 c2 + b2 d2 + b2 c2 + a2 d2 =
= (a2 + bp p(z) N (z1 ), e dunque
2
)(c2 + d2 ) = N
N (z1 ) = |z| |z1 |;
p p
|z z1 | = N (z z1 ) = N (z) N (z1 ) = N (z)
3. se z 6= 0, (z z)/N (z) = N (z)/N (z) = 1.
Osservazione. Per sommare due numeri complessi in forma cartesiana suf-
ciente sommare separatamente parti reali e parti immaginarie. Nel piano di
Argand Gauss, ci equivale a seguire la regola del parallelogramma.
Denizione. La forma trigonometrica di un numero complesso la sua in-
dividuazione mediante coordinate polari nel piano di Argand-Gauss. Dato
z = a + ib C, poniamo = |z|, che un numero reale positivo e indica
la lunghezza del segmento che congiunge il punto (a, b) e l'origine, e indichiamo
con l'argomento o anomalia di z , ovvero l'angolo (in senso antiorario) forma-
to dalla semiretta dei reali positivi e dal segmento che collega (a, b) e l'origine.
Abbiamo a = cos e b = sen ; dunque la forma trigonometrica di z
z = (cos + i sen ) = |z|(cos + i sen ).

Proposizione 2.11. Il prodotto di due numeri complessi in forma trigonome-


trica ha come modulo il prodotto dei moduli e come argomento la somma degli
argomenti, eventualmente ridotta modulo 2.
Dimostrazione. Siano z, z1 C, con z = (cos + i sen ) e z1 = 1 (cos 1 +
i sen 1 ). Allora

z z1 = (cos + i sen ) 1 (cos 1 + i sen 1 ) =


= 1 (cos cos 1 sen sen 1 + i(sen cos 1 + cos sen 1 )) =
= 1 (cos( + 1 ) + i sen( + 1 )).

Denizione. Per ogni z = a + ib C si denisce la funzione esponenziale come


ez = ea (cos b + i sen b),

dove b indica l'ampiezza di un angolo espressa in radianti.

26
Osservazione. Se z R, l'esponenziale complesso coincide con l'esponenziale
reale. Se z = a + ib C, allora |ez | = ea , e se R, allora ei il punto
staccato sulla circonferenza unitaria di centro nell'origine da un raggio che forma
un angolo di radianti con l'asse orizzontale. Dunque la forma trigonometrica
di un numero complesso z si scrive in forma compatta come ei . In particolare,
ei = 1.
Proposizione 2.12. L'esponenziale complesso soddisfa le usuali regole per le
potenze: per ogni z, z1 C,
1. ez+z1 = ez ez1 ;
2. (ez )z1 = ezz1 .
Dimostrazione. Siano z = a + ib e z1 = a1 + ib1 . Allora
1. ez+z1 = ea+a1 +i(b+b1 ) = ea+a1 (cos(b + b1 ) + i sen(b + b1 )) =
= ea ea1 ei b ei b1 = ez ez1 ;
2. (ez )z1 = (ea eib )a1 (ea eib )ib1 = eaa1 eiba1 eaib1 ebb1 =
= eaa1 bb1 +i(ab1 +ba1 ) = ezz1 .
Proposizione 2.13 (formula di de Moivre). Siano z = (cos + i sen ) C
e n N. Allora z n = n (cos n + i sen n), o, in notazione esponenziale,
(ei )n = n ein .

Dimostrazione. Per induzione su n.


Se n = 0, z 0 = 1 = 0 ei0 .
Se n 1, supponiamo vera la tesi per n. Allora

z n+1 = z n z = n ein ei = n+1 ei(n+1) .

Denizione. Sia 1 n N. Si dicono radici n-esime dell'unit tutti i numeri


complessi tali che n = 1.
Teorema 2.10. Sia 1 n N. Allora esistono in C n radici n-esime dell'unit
distinte, date da
2k 2k 2k
k = ei n = cos + i sen ,
n n
per k = 0, 1, . . . , n 1.
Dimostrazione. Le radici n-esime dell'unit sono le soluzioni complesse dell'e-
quazione z n = 1, e poich C algebricamente chiuso, tale equazione ha esat-
tamente n soluzioni. Proviamo che i numeri della forma k sono soluzioni
dell'equazione, per ogni k = 0, 1, . . . , n 1:
2k 2k n
kn = (cos + i sen ) = cos 2k + i sen 2k = 1.
n n
L'argomento di k , 2k
n , assume valori diversi per ogni k = 0, 1, . . . , n1; dunque
le n radici n-esime dell'unit sono tutte distinte.
Osservazione. Nelle notazioni del Teorema 2.10, 0 = 1, e per ogni k =
0, 1, . . . , n 1, k = 1k . Nel piano di Argand-Gauss, le radici n-esime dell'u-
nit corrispondono ai vertici dell'n-agono regolare inscritto nella circonferenza
unitaria e tale che uno dei suoi vertici coincida con il punto (1, 0).

27
Capitolo 3

Operazioni, relazioni,

cardinalit

3.1 Operazioni binarie


Denizione. Sia A un insieme non vuoto. Un'operazione (binaria) o legge di
composizione su A un'applicazione : A A A. Scriviamo a b invece di
(a, b) .


Denizione. Un'operazione sull'insieme A si dice associativa se per ogni


a, b, c A, (a b) c = a (b c).

Denizione. Una coppia (A, ), dove A un insieme non vuoto e un'opera-


zione associativa su A, si dice semigruppo.
Osservazione. Se un'operazione associativa su A, per ogni 1 n N e per
ogni a1 , . . . , an A possiamo scrivere senza ambiguit
a1 an .

Denizione. Un'operazione sull'insieme A si dice commutativa se per ogni


a, b A si ha a b = b a.

Se (A, ) un semigruppo e commutativa, (A, ) si denisce semigruppo


commutativo.
Un esempio importante di operazione la composizione denita sull'insie-
me X X di tutte le applicazioni di X in se stesso, o sull'insieme Sym(X) di tutte
le applicazioni biettive di X in se stesso.
Denizione. Sia (A, ) un insieme con un'operazione . Un sottoinsieme B di
A si dice chiuso rispetto a se per ogni b, c B risulta b c B . In tal caso la
restrizione dell'operazione a B , B : B B B , si dice operazione indotta.
Se l'operazione di A associativa (commutativa), anche l'operazione indotta
B , con B sottoinsieme chiuso di A, associativa (commutativa).

Proposizione 3.1. Se {Bi }iI una famiglia di insiemi chiusi, allora iI Bi


T
un insieme chiuso.

28
Dimostrazione. Per ogni a, b iI Bi , a, b BiTper ogni i I . Essendo i Bi
T
chiusi, a b Bi per ogni i I ; ma allora a b iI Bi .

Denizione. Sia (A, ) un semigruppo. Si denisce elemento neutro, o elemento


identico, o identit un elemento e A tale che per ogni a A, a e = e a = a.
Proposizione 3.2. Sia (A, ) un semigruppo. Se e1 , e2 A sono elementi
neutri, allora e1 = e2 .
Dimostrazione. Basta osservare che
e1 = e1 e2 = e2 .

Denizione. Un semigruppo (A, ) dotato di elemento neutro si dice monoi-


de. L'elemento neutro si indica con 1A (notazione moltiplicativa) o con 0A
(notazione additiva; in questo caso, l'operazione si indica in genere con +).
Denizione. Sia (A, ) un monoide con elemento neutro 1A , e sia a A. Un
elemento b A tale che ba = 1A si dice inverso sinistro di a; un elemento c A
tale che ac = 1A si dice inverso destro di a.
Proposizione 3.3. Sia (A, ) un monoide con elemento neutro 1A , e sia a A.
Sia b A un inverso sinistro di a e sia c A un inverso destro di a. Allora
b = c.

Dimostrazione. Siano a, b, c elementi di A che soddisno le ipotesi. Allora


b = b 1A = b (a c) = (b a) c = 1A c = c.

Un elemento di un monoide pu tuttavia avere diversi inversi destri o diversi


inversi sinistri; ma se ha un inverso destro e un inverso sinistro, essi coincidono.
Denizione. Sia (A, ) un monoide con elemento neutro 1A . Un elemento a A
si dice invertibile se esiste b A tale che a b = 1A = b a.
Denizione. Sia (A, ) un monoide con elemento neutro 1A . Se a A inver-
tibile, allora l'elemento b A tale che b a = 1A = a b si dice inverso di a e si
indica con a1 (nella notazione additiva, si dice opposto e si indica con a).
L'elemento identico di un monoide sempre invertibile, ed esso coincide con
il suo inverso.
Denizione. Deniamo insieme unit di un monoide (A, ) l'insieme U (A) dei
suoi elementi invertibili.
Proposizione 3.4. Sia (A, ) un monoide con elemento neutro 1A , e siano
a, b A invertibili. Allora
1. a1 invertibile e (a1 )1 = a;
2. a b invertibile e (a b)1 = b1 a1 .
Dimostrazione. 1. Si ha che a1 a = 1A = a a1 , dunque a1 invertibile
e per l'unicit dell'inverso (a1 )1 = a.

29
2. Abbiamo
(b1 a1 ) (a b) = b1 (a1 a) b = b1 1A b = b1 b = 1A ;
(a b) (b1 a1 ) = a1 (b1 b) a = a1 1A a = a1 a = 1A .

Dunque a b invertibile e per l'unicit dell'inverso (a b)1 = b1 a1 .

Denizione. Sia (A, ) un monoide con elemento inverso 1A , e sia B A. Se


1A B e per ogni a, b B si ha a b B , B si dice sottomonoide di A.
Denizione. Un monoide (A, ) si dice gruppo se ogni suo elemento invertibile.
Dunque le propriet che individuano un gruppo sono:
1. per ogni a, b, c A, a (b c) = (a b) c;
2. esiste 1A A tale che a 1A = a = 1A a per ogni a A;
3. per ogni a A esiste b A tale che a b = 1A = b a; tale b unico e si
denota con a1 .
Sono esempi di gruppi i monoidi additivi (Z, +), (Q, +), (R, +), (C, +) e i
monoidi moltiplicativi (Q \ { 0 } , ), (R \ { 0 } , ), (C \ { 0 } , ); se X un insieme
non vuoto, (Sym(X), ) un gruppo, detto gruppo simmetrico su X ; se (M, )
un monoide, (U (M ), U (M ) ) un gruppo.
Deniamo commutativo o abeliano un gruppo (A, ) se l'operazione com-
mutativa.

3.2 Equivalenze
Denizione. Sia A un insieme. Una relazione (binaria) su A un sottoinsie-
me del prodotto cartesiano A A. Se (a, b) , si scrive ab ("a in relazione
con b").
Osservazione. In generale, non si deniscono le relazioni scrivendo per esteso
il sottoinsieme del prodotto cartesiano, ma piuttosto indicando la caratteristica
delle coppie ordinate appartenenti al sottoinsieme.
Denizione. Sia una relazione sull'insieme A. Essa si dice:
1. riessiva se per ogni a A, aa;
2. simmetrica se per ogni a, b A, ab implica ba;
3. transitiva se per ogni a, b, c A, ab e bc implicano ac.
Denizione. Una relazione si dice relazione d'equivalenza se simmetrica,
riessiva e transitiva.
Osservazione. Ogni insieme A 6= ammette almeno due relazioni di equiva-
lenza:
l'uguaglianza (x y se e solo se x = y );
la relazione banale (x y se e solo se x, y A).
Tali equivalenze sono distinte se e solo se |A| 2. Inoltre, la propriet riessiva
per una relazione sull'insieme A equivale alla condizione { (x, x) | x A } ,
mentre la relazione banale equivale all'intero prodotto cartesiano A A; dunque
l'uguaglianza e la relazione banale sono rispettivamente la minima e la massima
tra le equivalenze di A.

30
Denizione. Sia una relazione di equivalenza sull'insieme A, e sia a A.
Deniamo classe di equivalenza di a modulo l'insieme di tutti gli elementi di
A che sono in relazione con a:

[a] = { b | b A, a b } .

Osservazione. Per la propriet riessiva dell'equivalenza, a [a] per ogni


a A, dunque [a] 6= . Inoltre,
[
[a] = A.
aA

Proposizione 3.5. Sia una relazione di equivalenza sull'insieme A, e siano


a, b A. Allora
[a] = [b] a b.
Dimostrazione. Sia [a] = [b] . Per la propriet riessiva dell'equivalenza,
b [b] = [a] e dunque a b.
Sia ora a b. Allora per la propriet simmetrica b a. Sia x [a] ; allora
a x, e per la propriet transitiva b x, ovvero x [b] . Dunque [a] [b] .
Sia invece y [b] ; allora b y e per la propriet transitiva a y , ovvero
y [a] . Quindi [b] [a] ; ci prova che [a] = [b] .
Denizione. Per la Proposizione 3.5, se b [a] , allora [a] = [b] . In tal
caso, a e b si dicono rappresentanti della classe di equivalenza [a] .
Proposizione 3.6. Sia una relazione di equivalenza sull'insieme A, e siano
a, b A. Se [a] [b] 6= , allora [a] = [b] .
Dimostrazione. Se [a] [b] 6= , esiste x [a] [b] . Dunque a x e b x,
da cui segue a b, ovvero, per la Proposizione 3.5, [a] = [b] .
Denizione. Sia una relazione di equivalenza sull'insieme A. Deniamo
insieme quoziente di A modulo l'insieme di tutte le classi di equivalenza di
elementi di A:
A/ = { [a] | a A } .
Denizione. Sia una relazione di equivalenza sull'insieme A. La proiezione
canonica di A su A/ l'applicazione : A A/ denita, per ogni x A,
da (x) = [x] .
Denizione. Sia A un insieme non vuoto. Una famiglia F di sottoinsiemi di
A si dice partizione di A se
1. S
X 6= per ogni X F ;
2. XF X = A;
3. per ogni X, Y F , se X 6= Y allora X Y = .
Osservazione. L'insieme quoziente di un insieme A modulo una qualsiasi re-
lazione di equivalenza contiene sottoinsiemi di A non vuoti, disgiunti (per la
Proposizione 3.6), la cui unione l'insieme A; dunque esso una partizione di
A. Viceversa, se F una partizione di A, la relazione F su A denita da

a F b se esiste X F tale che { a, b } X


una relazione di equivalenza, e se F = A/ , allora F =.

31
Denizione. Sia f : A B un'applicazione. L'equivalenza denita da f la
relazione f sull'insieme A denita per ogni x, y A da x f y se f (x) = f (y).
Osservazione. Sia f : A B un'applicazione. La relazione f un'equiva-
lenza, infatti:
1. riessiva, in quanto per ogni x A f (x) = f (x), dunque x f x;
2. simmetrica, in quanto per ogni x, y A se x f y allora f (x) = f (y),
dunque f (y) = f (x) e y f x;
3. transitiva, in quanto per ogni x, y, z A se x f y e y f z allora
f (x) = f (y) e f (y) = f (z), dunque f (x) = f (z) e x f z .
Osservazione. Un'applicazione f : A B iniettiva se e solo se l'equivalenza
denita da f l'uguaglianza, e in tal caso l'insieme quoziente A/ f si pu
identicare con A.
Osservazione. Gli elementi dell'insieme quoziente sono insiemi; dunque quan-
do si denisce qualcosa su di esso, occorre vericare di aver dato una buona
denizione, ovvero che non dipenda dalla scelta dei rappresentanti ma solo dalle
classi di equivalenza.
Teorema 3.1. Sia f : A B un'applicazione, sia l'equivalenza denita da
f e sia : A A/ la proiezione canonica di A su A/ . Allora esiste ed
unica l'applicazione f : A/ B tale che f = f . Inoltre f iniettiva e
Im(f ) = Im(f ), dunque se f suriettiva, f biettiva.
Dimostrazione. Per ogni a A, la sua classe di equivalenza modulo denita
da
[a] = { x | x A, a x } = { x | x A, f (x) = f (a) } .
Deniamo l'applicazione f : A/ B come f ([x] ) = f (x) per ogni x A.
Essa ben denita, in quanto per ogni a, b A, se [a] = [b] , allora a b,
cio f (a) = f (b). Evidentemente
(f )(x) = f ((x)) = f ([x] ) = f (x)

per ogni x A, dunque f = f .


Proviamo che f unica. Sia g : A/ B tale che f = g . Allora, per
ogni [x] A/ ,
g([x] ) = g((x)) = (g )(x) = f (x) = f ([x] ),

dunque g = f .
Dalla denizione di f chiaro che Im(f ) = Im(f ). Proviamo dunque che
f iniettiva: siano [a] , [b] A/ tali che f ([a] ) = f ([b] ). Allora, per
denizione di f , f (a) = f (b), dunque a b e [a] = [b] .

3.3 Relazioni d'ordine


Denizione. Una relazione sull'insieme A si dice antisimmetrica se, per ogni
a, b A, da ab e ba segue a = b.
Denizione. Una relazione sull'insieme A si dice relazione d'ordine o ordi-
namento parziale se riessiva, antisimmetrica e transitiva.

32
Denizione. Un insieme parzialmente ordinato (p.o.) una coppia (A, ),
dove A un insieme e una relazione d'ordine su A.
Denizione. Un insieme parzialmente ordinato (A, ) si dice totalmente ordi-
nato se per ogni a, b A, a b o b a.
Denizione. Sia (A, ) un insieme parzialmente ordinato. Un elemento a A
si dice:
1. elemento massimo di A se per ogni b A, b a;
2. elemento minimo di A se per ogni b A, a b;
3. elemento massimale di A se per ogni b A, da a b segue a = b;
4. elemento minimale di A se per ogni b A, da b a segue a = b.
Osservazione. Ogni elemento massimo (minimo) di un insieme parzialmente
ordinato anche un elemento massimale (minimale). Un insieme parzialmente
ordinato pu avere pi elementi massimali (minimali).
Proposizione 3.7. Sia (A, ) un insieme parzialmente ordinato. Se (A, )
ha un elemento massimo (minimo), allora esso l'unico elemento massimale
(minimale) di (A, ).
Dimostrazione. Sia a A un elemento massimo (minimo) di (A, ), e sia b un
massimale (minimale). Per denizione di massimo (minimo), b a (a b); ma
per denizione di massimale (minimale), b = a.
Osservazione. Dalla Proposizione 3.7 segue che il massimo (minimo) di un
insieme parzialmente ordinato (A, ), se esiste, unico, e si denota con max(A)
(min(A)).
Denizione. Sia (A, ) un insieme parzialmente ordinato e sia B A. L'ele-
mento a A si dice
1. maggiorante di B se per ogni b B , b a;
2. minorante di B se per ogni b B , a b.
Denizione. Sia (A, ) un insieme parzialmente ordinato e sia B A. De-
niamo
1. estremo superiore supA (B) di B in A, se esiste, il minimo dei maggioranti
di B ;
2. estremo inferiore inf A (B) di B in A, se esiste, il massimo dei minoranti
di B .
Osservazione. La denizione di estremo superiore (inferiore) ben posta, in
quanto per la Proposizione 3.7, se esiste il minimo dell'insieme dei maggioranti
(il massimo dell'insieme dei minoranti) di B , esso unico. Per denizione, poi,
se B ha massimo (minimo), allora supA (B) = max(B) (inf A (B) = min(B)).
Osservazione. Se A un insieme e =
6 S P(A), allora

e
[ \
U= X = sup (S) W = X = inf (S),
P(A) P(A)
XS XS

infatti U (W ) un maggiorante (minorante) di S in (P(A), ), e se Y un


maggiorante (minorante) di S allora X Y (Y X ) per ogni X S , dunque
U Y (Y W ).

33
Denizione. Un reticolo un insieme parzialmente ordinato (A, ) in cui per
ogni a, b A esiste sup({ a, b }) = a b e inf({ a, b }) = a b.
Osservazione. Se X un insieme, (P(X), ) un reticolo, e per ogni Y, Z
P(X), Y Z = Y Z e Y Z = Y Z .
Denizione. Sia (A, ) un insieme parzialmente ordinato. Deniamo =
6 C
A una catena se (C, ) totalmente ordinato.
Denizione. Un insieme parzialmente ordinato (A, ) si dice induttivo se per
ogni sua catena C esiste almento un maggiorante di C in A.
Lemma di Zorn. Ogni insieme parzialmente ordinato induttivo ha almeno un
elemento massimale.
Assioma della Scelta. Sia S un insieme e F una famiglia non vuota di
sottoinsiemi di S . Allora esiste un'applicazione f : F S tale che per ogni
X F , f (X) un elemento di X .
Osservazione. Si pu dimostrare che il Lemma di Zorn e l'Assioma della Scelta
sono equivalenti.

3.4 Cardinalit di insiemi


Denizione. Si dice che due insiemi A e B hanno la stessa cardinalit (sono
equipotenti ) se esiste un'applicazione biettiva f : A B . In tal caso si scrive
|A| = |B|.
Osservazione. Per le propriet delle applicazioni biettive, la relazione di equi-
potenza gode delle tre propriet delle equivalenze, anche se non un'equivalenza
vera e propria in quanto non denita su un insieme.
Denizione. Un insieme A nito di ordine o cardinalit n se esiste una
biezione tra A e l'insieme { 1, 2, . . . , n } N. In tal caso si scrive |A| = n.
Denizione. Un insieme A si dice numerabile se esiste una biezione tra A e N.
Osservazione. L'applicazione f : N Z denita per ogni n N da

se n pari
(
n
f (n) = 2
n+1
2 se n dispari
biettiva; dunque Z numerabile.
Proposizione 3.8. Sia A un insieme numerabile. Allora anche A A
numerabile.
Dimostrazione. Sia A un insieme numerabile. Allora esiste una biezione f da N
in A. Perci l'applicazione g : N N A A denita per ogni (a, b) N N
da g((a, b)) = (f (a), f (b)) biettiva; dunque |A A| = |N N|.
Ora, ogni naturale n 1 pu essere scritto in modo unico come n = 2a m
con m dispari. Dunque l'applicazione h : N N N \ { 0 } denita per ogni
(a, b) N N da h((a, b)) = 2a (2b + 1) biettiva, e poich N \ { 0 } numerabile,
N N numerabile, e di conseguenza lo anche A A.

34
Proposizione 3.9. Sia A un insieme numerabile. Allora:
1. per ogni X A, X nito o numerabile;
2. se esiste un'applicazione suriettiva g da A in un insieme B , allora B
nito o numerabile.
Dimostrazione. 1. Se A numerabile, esiste una biezione f : N A. Dun-
que, se X A, f 1 (X) N. Per l'Assioma del buon ordinamento,
f 1 (X) ha un minimo, che chiamiamo k1 ; ma anche f 1 (X) \ { k1 } ha
un minimo, che chiamiamo k2 , e cos via. Se esiste kn tale che si otten-
ga f 1 (X) \ { k1 , . . . , kn } = , l'applicazione h : { 1, 2, . . . , k } f 1 (X)
denita per ogni n N da h(n) = kn evidentemente biettiva; per la Pro-
posizione 1.7, la composizione f h : { 1, 2, . . . , k } X biettiva, dunque
X nito. Altrimenti, l'applicazione h : N f 1 (X) denita per ogni
n N da h(n) = kn biettiva; per la Proposizione 1.7, la composizione
f h : N X biettiva, dunque X numerabile.
2. Se esiste un'applicazione suriettiva g : A B , deniamo la famiglia F di
sottoinsiemi di A come
F = { f 1 (b) | b B } .

Per l'Assioma della scelta, esiste un'applicazione : F A tale che per


ogni X F , (X) X . Per denizione di F , l'applicazione g1 da
(F ) in B denita da g1 ((X)) = g((X)) per ogni X F biettiva.
Poich (F ) A, per il punto 1. (F ) nito o numerabile, dunque
esiste una biezione f1 tra N o un suo sottoinsieme nito e (F ); allora, la
composizione tra g1 e f1 una biezione e B nito o numerabile.
Proposizione 3.10. L'unione di una famiglia nita o numerabile di insiemi
niti o numerabili nita o numerabile.
Dimostrazione. Sia I un insieme nito o numerabile, : N I una biezione,
e per ogni i I , sia Ai un insieme nito o numerabile.S Per ogni i esiste
dunque un'applicazione suriettiva i : N Ai . Sia A = iI Ai . Deniamo
un'applicazione f : N N A ponendo per ogni (n, m) N N f ((n, m)) =
(n) (m). Evidentemente f suriettiva, dunque per la Proposizione 3.9, A
nito o numerabile.
Proposizione 3.11. L'insieme Q dei numeri razionali numerabile.
Dimostrazione. Ogni numero 0 6= a Q si scrive in modo unico nella forma
a = m(a)/n(a), con m(a) Z, 0 6= n(a) N e (m(a), n(a)) = 1. Dunque
l'applicazione f : Q Z Z denita da f (0) = (0, 0) e per ogni 0 6= a Q,
f (a) = (m(a), n(a)) iniettiva; allora |Q| = |f (Q)| Z Z, ma Z numerabile,
Z Z numerabile per la Proposizione 3.8 e Q e f (Q) sono numerabili per la
Proposizione 3.9.
Proposizione 3.12. L'insieme R dei numeri reali non numerabile.
Dimostrazione. Per la Proposizione 3.9 suciente dimostrare che un sottoin-
sieme di R non numerabile. Sia dunque
A = (0, 1] = { x R | 0 < x 1 } R.

35
Ogni x A ha una rappresentazione decimale del tipo 0, x0 x1 x2 . . . , dove xi
{ 0, 1, . . . , 9 } per ogni i N (1 = 0, 999...). Tale rappresentazione unica se si
conviene che il numero di cifre diverse da zero non dev'essere nito.
Supponiamo per assurdo che esista una biezione f : N A. Allora per ogni
n N si pu scrivere f (n) = 0, xn,0 xn,1 xn,2 . . . , con xn,i { 0, 1, . . . , 9 } per
ogni i, n N. Ora, per ogni i N sia ai { 0, 1, . . . , 9 }, con ai 6= 0, xi,i .
Consideriamo A 3 y = 0, a0 a1 a2 . . . . Poich f una biezione, esiste k N tale
che
y = f (k) = 0, xk,0 xk,1 xk,2 . . . ,
ma allora xk,k = ak , che una contraddizione. Dunque una tale f non esiste,
ovvero A = (0, 1] non numerabile.
Teorema 3.2 (Cantor). Sia A un insieme e sia P(A) l'insieme delle parti di
A. Allora |P(A)| =
6 |A|.
Dimostrazione. Sia A un insieme e supponiamo per assurdo che esista una bie-
zione f : A P(A). Poniamo U = { a A | a / f (a) }. Ora, U P(A), e
poich f suriettiva esiste x A tale che U = f (x). Adesso, x U oppure
x / U ; se x U , allora x
/ f (x) = U , e se x
/ U , allora x f (x) = U ; ci
assurdo, dunque una tale f non esiste e |P(A)| = 6 |A|.
Osservazione. Il Teorema di Cantor mostra che P(N) non numerabile.
Denizione. Si dice che un insieme X ha la cardinalit del continuo se |X| =
|P(N)|.
Proposizione 3.13. L'insieme R dei numeri reali ha la cardinalit del conti-
nuo.

36
Capitolo 4

Primi passi nella teoria dei

numeri

4.1 Equazioni diofantee


Denizione. Con l'espressione equazione diofantea si indica genericamente
un'equazione algebrica le cui soluzioni cercate sono numeri interi.
Proposizione 4.1. Siano a, b, n Z, con a, b 6= 0; allora l'equazione ax + by =
n ammette soluzioni intere se e solo se (a, b) | n.
Dimostrazione. Supponiamo che esistano x, y Z tali che ax + by = n. Allora
(a, b) | ax + by = n.
Supponiamo ora che (a, b) | n. Allora esiste k Z tale che k(a, b) = n. Per le
propriet del massimo comun divisore, esistono , Z tali che (a, b) = a+b;
dunque a(k) + b(k) = n, e quindi la coppia (k, k) Z Z soluzione
dall'equazione ax + by = n.
Osservazione. La Proposizione 4.1 si pu generalizzare per induzione al caso
di equazioni diofantee in k incognite della forma
a1 x1 + a2 x2 + + ak xk = n,

che ammettono soluzioni intere se e solo se (a1 , a2 , . . . , ak ) | n.


Osservazione. Se per ogni a Z poniamo aZ = { az | z Z }, e per b Z
poniamo
aZ + bZ = { x + y | x aZ, y bZ } = { az1 + az2 | z1 , z2 Z } ,

la Proposizione 4.1 aerma che se 0 6= a, b, allora aZ + bZ = (a, b)Z.


Proposizione 4.2. Siano a, b, n Z con a, b 6= 0. Allora le soluzioni dell'equa-
zione diofantea ax + by = n sono tutte e sole quelle della forma
 
b a
x0 + t , y0 t ,
(a, b) (a, b)

con (x0 , y0 ) soluzione particolare, al variare di t Z.

37
Dimostrazione. Sia
  
b a
S = x0 + t , y0 t |t Z .
(a, b) (a, b)

Proviamo che ogni elemento di S soluzione dell'equazione ax + by = n:


ab ab
ax0 + t + by0 t = ax0 + bx0 = n,
(a, b) (a, b)

vera in quanto (x0 , y0 ) soluzione particolare.


Sia ora (x1 , y1 ) una generica soluzione dell'equazione ax + by = n. Proviamo
che (x1 , y1 ) S . Intanto abbiamo ax1 + by1 = n = ax0 + by0 , dunque
a(x1 x0 ) = b(y0 y1 ) = .

Evidentemente a | e b | , dunque [a, b] = a b/(a, b) | . Perci esiste t2 Z


tale che t2 a b/(a, b) = . Ma allora
ab b
= t2 = a(x1 x0 ), dunque x1 = x0 + t2 , e
(a, b) (a, b)
ab a
= t2 = b(y0 y1 ), dunque y1 = y0 t2 ,
(a, b) (a, b)

pertanto (x1 , y1 ) S .
Teorema 4.1 (Fermat - Wyles). Sia n un numero naturale. Se n 3, non
esistono soluzioni intere dell'equazione xn + yn = z n tali che xyz 6= 0.
Proposizione 4.3. Ogni soluzione intera dell'equazione x2 + y 2 = z 2 si scrive
nella forma x = k(m2 n2 ), y = 2kmn, z = k(m2 + n2 ), con m, n, k N \ { 0 }
e (m, n) = 1.
Dimostrazione. Ogni terna (x, y, z) della forma detta soluzione dell'equazione
x2 + y 2 = z 2 ; infatti,

x2 + y 2 = z 2
k 2 (m2 n2 )2 + 4k 2 m2 n2 = k 2 (m2 + n2 )
2k 2 m2 n2 + 4k 2 m2 n2 = 2k 2 m2 n2 .

Viceversa, sia (x, y, z) Z3 una generica soluzione di tale equazione. Allora


poniamo k = (x, y). Poich k | x e k | y , k2 | x2 + y 2 = z 2 ; dunque k | z e di
conseguenza k | (x, z) e k | (y, z). Ora, x2 = y 2 z 2 e y 2 = z 2 x2 ; dunque
(y, z) | x e (x, z) | y . Perci k = (x, y) = (x, z) = (y, z).
Siano allora a, b, c N \ { 0 } tali che x = ka, y = kb e z = kc. Allora
(a, b) = (a, c) = (b, c) = 1 e a2 + b2 = c2 . Quindi

c2 = a2 + b2 = (a + b)2 2ab.

Essendo coprimi, a e b non sono entrambi pari. Se fossero entrambi dispari,


allora a+b e c sarebbero pari, dunque avremmo 4 | c2 e 4 | (a+b)2 , da cui 4 | 2ab,

38
assurdo. Assumiamo quindi a dispari e b pari (e dunque c dispari). Poniamo
d = (c + a, c a); allora 2 | d, d | (c + a) + (c a) = 2c e d | (c + a) (c a) = 2a;
dunque, poich (a, c) = 1, d = 2. Siano allora 0 6= u, v N tali che c + a = 2u e
c a = 2v . Necessariamente (u, v) = 1; inoltre

b2 = c2 a2 = (c + a)(c a) = 4uv.

Dunque u, v sono quadrati: poniamo u = m2 e v = n2 . Allora


b2 = 4m2 n2 b = 2mn y = 2kmn;
2 2 2 2
2c = 2(u + v) = 2(m + n ) c=m +n z = k(m2 + n2 );
2a = 2(u v) = 2(m2 n2 ) a = m2 n2 x = k(m2 n2 ).

4.2 Congruenze
Denizione. Sia 1 n N. Deniamo a, b Z congrui modulo n se n | a b,
e scriviamo a b (mod n).
Osservazione. Due interi a, b sono congrui modulo n se e solo se esiste z Z
tale che a b = zn, ovvero se e solo se b = a + nz per qualche z Z.
Osservazione. Per ogni 1 n N, la relazione di congruenza modulo n
un'equivalenza su Z. Infatti, :
1. riessiva, poich per ogni a Z si ha n | 0 = aa e dunque a a (mod n);
2. simmetrica, poich per ogni a, b Z, se a b (mod n), allora n | a b,
dunque n | (a b) = b a e b a (mod n);
3. transitiva, poich per ogni a, b, c Z, se a b (mod n) e b c (mod n),
allora n | (a b) e n | (b c), dunque n | (a b) + (b c) = (a c) e
a c (mod n).

Denizione. Sia 1 n N. Per ogni a Z, la classe di equivalenza di a


modulo la congruenza modulo n si denisce classe di congruenza di a modulo
n, e si indica con

a = { b Z | a b (mod n) } = { b Z | b = a + nz con z Z } = a + nZ.

Denotiamo con Z/nZ l'insieme di tutte le classi di congruenza modulo n, ovvero


l'insieme quoziente di Z modulo la congruenza modulo n.
Lemma 4.1. Sia 1 n N. Per ogni a Z, sia r il resto della divisione di a
per n; allora a r (mod n).
Dimostrazione. Per il Teorema della divisione con resto, esistono q, r Z tali
che a = qn + r con 0 r < n. Dunque n | nq = a r e a r (mod n).

Teorema 4.2. Sia 1 n N. Allora


Z/nZ = { 0, 1, . . . , n 1 } .

Dunque |Z/nZ| = n.

39
Dimostrazione. Sia a Z. Per il Lemma 4.1, a r (mod n), dove r il resto
della divisione di a per n. Poich 0 r n 1, ogni classe di congruenza
modulo n coincide con una delle classi 0, 1, . . . , n 1. Mostriamo ora che queste
sono a due a due distinte. Siano j, k N tali che 0 j k n1 e supponiamo
che j k (mod n), ovvero j = k. Dunque n | k j , ma 0 k j n 1,
dunque dev'essere k = j .
Teorema 4.3. Sia 1 n N, e siano a, b, c, d Z tali che a b (mod n) e
c d (mod n). Allora
a + c b + d (mod n) e ac bd (mod n).

Dimostrazione. Poich a b (mod n) e c d (mod n), n | a b e n | c d.


Dunque
n | (a b) + (c d) = (a + c) (b + d) e
n | (a b)c + b(c d) = ac bc + bc bd = ac bd,

perci a + c b + d (mod n) e ac bd (mod n).


Proposizione 4.4. Un numero n N divisibile per 11 se e solo se la somma
delle sue cifre di posto pari congrua modulo n alla somma delle sue cifre di
posto dispari.
Dimostrazione. Mostriamo intanto per induzione su k che 10k (1)k (mod 11):
per k = 0, 100 = 1 1 = (1)0 (mod 11);
per k 1, supponiamo vera la tesi per k . Allora

10k+1 = 10k 10 (1)k 10 (mod 11);

ma 10 1 (mod 11), dunque 10k+1 (1)k+1 (mod 11).


Scriviamo ora il numero n in base 10:
n = ak 10k + ak1 10k1 + + a2 102 + a1 10 + a0 .

Adesso, 11 | n se e solo se n 0 (mod 11), ovvero se e solo se (supponendo k


pari)
ak 10k + ak1 10k1 + + a2 102 + a1 10 + a0 0 (mod 11)
ak (1)k + ak1 (1)k1 + + a2 (1)2 + a1 (1)1 + a0 0 (mod 11)
ak ak1 + + a2 a1 + a0 0 (mod 11)
ak + ak2 + + a2 + a0 ak1 + ak3 + + a3 + a1 (mod 11).

Teorema 4.4 (Fermat). Sia p N un numero primo, e sia a Z tale che p


non divida a. Allora
ap1 1 (mod p).
Dimostrazione. Sia S = { 1, 2, . . . , p 1 }. Per ogni k S , denotiamo con ak il
resto della divisione di a k per p. Poich p primo e non divide n a n k, allora
p non divide a k , dunque ak S ; inoltre per il Lemma 4.1, ak a k (mod p).
Consideriamo l'applicazione : S S che ad ogni k S associa ak . Essa
iniettiva, infatti se per k, t S si ha ak = at , allora a k = a t (mod p), dunque

40
p | (k t) e k = t. Poich S nito, per la Proposizione 2.4, una biezione.
Quindi
a1 a2 ap1 = 1 2 (p 1) = (p 1)!.
Dunque
ap1 (p 1)! = (a 1)(a 2) . . . (a (p 1)) a1 a2 ap1 = (p 1)! (mod p),

dunque
p | ap1 (p 1)! (p 1)! = (ap1 1)(p 1)!,
e poich p non divide (p 1)!, necessariamente p | ap1 1, da cui la tesi.
Denizione. Sia 1 n N e sia f (x) un polinomio a coecienti interi
nell'indeterminata x. Un'equazione di congruenze un'espressione del tipo
f (x) 0 (mod n). Una soluzione di una simile equazione un numero a Z
tale che f (a) 0 (mod n).
Lemma 4.2. Sia 1 n N, e sia a Z una soluzione dell'equazione di
congruenze f (x) 0 (mod n). Allora ogni elemento di a soluzione di tale
equazione.
Dimostrazione. Sia b Z tale che a b (mod n). Allora n | a b, e poich
f (a) e f (b) sono numeri interi ottenuti a partire da a e b solo con addizioni e
moltiplicazioni, per il Teorema 4.3 n | f (a) f (b) e f (a) f (b) (mod n).
Osservazione. Se un'equazione di congruenze ha soluzioni, esse sono innite;
tuttavia esse corrispondono a un numero nito di classi di congruenza.
Denizione. Sia 1 n N e sia f (x) 0 (mod n) un'equazione di congruenze.
Deniamo numero di soluzioni di tale equazione il numero di classi di congruenza
distinte i cui elementi sono soluzione dell'equazione, ovvero il numero di interi
0 a n 1 tali che f (a) 0 (mod n).
Denizione. Si denisce equazione di congruenze lineare un'espressione del
tipo ax b (mod n), con a, b Z e 1 n N.
Proposizione 4.5. Siano a, b Z e 1 n N. Allora l'equazione di con-
gruenze ax b (mod n) ammette soluzioni intere se e solo se (a, n) | b.
Dimostrazione. L'equazione ax b (mod n) ha soluzione c Z se e solo se
n | ac b, ovvero se e solo se esiste d Z tale che ac dn = b. Dunque, risolvere
tale equazione equivale a risolvere l'equazione diofantea lineare ax + ny = b, che
ha soluzioni intere se e solo se (a, n) | b per la Proposizione 4.2.
Corollario 4.2.1. Sia p N un numero primo e siano a, b Z. L'equazione
ax b (mod p) ha soluzioni se e solo se p divide b oppure p non divide a, e nel
secondo caso la soluzione unica.
Teorema 4.5 (cinese dei resti). Siano m1 , m2 , . . . , ms N \ { 0 } a due a due
coprimi, e sia n = m1 m2 . . . ms . Allora l'applicazione
Z Z Z Z
:
nZ m1 Z m2 Z ms Z
a + nZ 7 (a + m1 Z, a + m2 Z, . . . , a + ms Z)

41
una biezione.
Dimostrazione. Intanto verichiamo che ben denita. Siano a, b Z tali
che a + nZ = b + nZ. Allora n | a b, dunque per ogni i = 1, 2, . . . , s, mi | a b
e a + mi Z = b + mi Z. Pertanto (a + nZ) = (b + nZ).
Proviamo ora che iniettiva. Siano a + nZ, b + nZ Z/nZ tali che
(a+nZ) = (b+nZ). Allora per ogni i = 1, 2, . . . , s, a+mi Z = b+mi Z, dunque
mi | a b. Poich gli mi sono a due a due coprimi, n = m1 m2 . . . ms | a b,
dunque a + nZ = b + nZ.
Mostriamo inne che suriettiva. Sappiamo che

Z
= n = Z Z Z = Z Z Z ,


nZ m1 Z m2 Z ms Z m1 Z m2 Z ms Z

dunque un'applicazione iniettiva tra due insiemi niti con la stessa cardina-
lit, e pertanto suriettiva.
Corollario 4.2.2. Se m1 , m2 N \ 0 e (m1 , m2 ) = 1, allora per ogni a, b Z,
il sistema (
x a (mod m1 )
x b (mod m2 )
ammette soluzioni intere.
Dimostrazione. L'applicazione denita nel Teorema cinese dei resti suriet-
tiva, dunque esiste x0 Z tale che
(x0 + m1 m2 Z) = (x0 + m1 Z, x0 + m2 Z) = (a + m1 Z, b + m2 Z),

e dunque x0 soluzione del sistema dato.


Teorema 4.6. Siano m1 , m2 N \ { 0 } con (m1 , m2 ) = 1. Allora tutte e sole
le soluzioni del sistema di congruenze
(
x a (mod m1 )
x b (mod m2 )

sono della forma x x0 (mod m1 m2 ) con x0 = am2 + bm1 , avendo posto


m1 + m2 = 1.

Dimostrazione. Sia x della forma detta. Allora


(
x0 am2 a (mod m1 )
x .
x0 bm1 b (mod m2 )

Viceversa, sia c una soluzione del sistema. Allora c = a + rm1 = b + tm2 .


Inoltre, essendo m1 , m2 coprimi, esistono , Z tali che 1 = m1 + m2
Proposizione 4.6. Siano m1 , m2 N \ { 0 }. Il sistema di congruenze
(
x a (mod m1 )
x b (mod m2 )

42
ammette soluzioni intere se e solo se (m1 , m2 ) | a b.
Dimostrazione. Se (m1 , m2 ) | ab, allora esistono , Z tali che m1 +m2 =
a b; dunque a m1 = b + m2 = Z, e evidentemente soluzione del
sistema.
Supponiamo invece che esista una soluzione c Z del sistema. Allora c =
a + m1 r = b + m2 t. Dunque (m1 , m2 ) | rm1 + sm2 = a b.
Proposizione 4.7. Siano m1 , m2 N \ { 0 } con (m1 , m2 ) | a b. Allora tutte
e sole le soluzioni del sistema di congruenze
(
x a (mod m1 )
x b (mod m2 )

sono della forma xt = x0 + t[m1 , m2 ] con x0 soluzione particolare, al variare di


t Z.

Dimostrazione. Proviamo che xt della forma detta soluzione del sistema:


(
x0 a (mod m1 )
xt = x0 + t[m1 , m2 ]
x0 b (mod m2 ),

in quanto x0 soluzione particolare.


Viceversa, sia c una soluzione del sistema. Allora
(
a x0 (mod m1 )
c
b x0 (mod m2 ),

dunque m1 , m2 | c x0 , ovvero [m1 , m2 ] | c x0 , pertanto c = x0 + t[m1 , m2 ]


con t Z.

43
Parte II

Anelli e polinomi

44
Capitolo 5

Anelli

5.1 Prime propriet


Denizione. Un anello un insieme A dotato di due operazioni +, (che
chiameremo "somma" e "prodotto") che soddisfano le seguenti propriet:
S1 per ogni a, b, c A, a + (b + c) = (a + b) + c;
S2 per ogni a, b A, a + b = b + a;
S3 esiste 0A A tale che per ogni a A, a + 0A = a;
S4 per ogni a A esiste a0 A tale che a + a0 = 0A ;
P1 per ogni a, b, c A, a (b c) = (a b) c;
P2 esiste 1A A tale che per ogni a A, a 1A = a = 1A a;
D per ogni a, b, c A,
a (b + c) = a b + a c,
(b + c) a = b a + c a.

Quindi un anello soddisfa le propriet associativa e commutativa della som-


ma, associativa del prodotto e distributiva del prodotto rispetto alla somma;
inoltre possiede un elemento neutro per entrambe le operazioni ed costituito
da soli elementi invertibili rispetto alla somma. Esso quindi un gruppo com-
mutativo rispetto alla somma ed un monoide rispetto al prodotto. Sono anelli
gli insiemi (Z, +, ), (Q, +, ), (R, +, ), (C, +, ) e l'insieme delle matrici quadra-
te n n a coecienti in R, con le operazioni di somma e prodotto righe per
colonne tra matrici.
Deniamo commutativo un anello se il prodotto commutativo. Sono com-
mutativi gli anelli (Z, +, ), (Q, +, ), (R, +, ), (C, +, ), ma non l'anello delle
matrici quadrate n n a coecienti in R per n 2.
Talvolta la denizione di anello data senza richiedere la propriet P2; un
anello che la soddisfa viene allora chiamato anello con unit.
Denizione. Un anello (A, +, ) si dice campo se commutativo rispetto al
prodotto ed ogni suo elemento invertibile rispetto al prodotto.
Proposizione 5.1. Sia (A, +, ) un anello. Allora, per ogni a, b, c A,
a+b=a+c b = c.

45
Dimostrazione. Siano a, b, c tre elementi di A che soddisfano le ipotesi poste, e
sia a0 A tale che a0 + a = 0A . Allora,
b = 0A +b = (a0 +a)+b = a0 +(a+b) = a0 +(a+c) = (a0 +a)+c = 0A +c = c.

Osservazione. Nella denizione di anello, la propriet S2 segue dalle altre.


Infatti, siano a, b A. Allora,
(a + b) (1A + 1A ) = (a + b) 1A + (a + b) 1A = a + b + a + b, e
(a + b) (1A + 1A ) = a (1A + 1A ) + b (1A + 1A ) = a + a + b + b;

quindi
a+b+a+b=a+a+b+b e
b + a = a + b.

Proposizione 5.2. Sia (A, +, ) un anello, e siano a, b A. Allora:


1. a 0A = 0A a = 0A ;
2. a (b) = (a b) = (a) b;
3. (a) (b) = a b.
Dimostrazione. 1. Abbiamo
a 0A = a (0A + 0A ) = a 0A + a 0A ,

ma poich
a 0A + 0A = a 0A = a 0A + a 0A ,
per la Proposizione 5.1
0A = a 0A .
La dimostrazione per il caso 0A a analoga.
2. Si ha
a (b) + (a b) = a (b + b) = a 0A = 0A ,
dunque a(b) = (ab). Analogamente si dimostra che (a)b = (ab).
3. Si ha
(a) (b) = (a (b)) = ((a b)) = a b.

Osservazione. Se in un anello (A, +, ) abbiamo 1A = 0A , allora A = { 0A };


infatti per ogni a A si ha a = a 1A = a 0A = 0A . In questo caso, deniamo
A anello banale o degenere.

D'ora in avanti, considereremo sempre anelli non degeneri.


Denizione. Sia A un anello e siano a A e n N. Deniamo la potenza
n-esima an di a ponendo (
a0 = 1A
an+1 = a an .

Proposizione 5.3. Sia A un anello e siano a A e m, n N. Allora


1. am+n = am an ;

46
2. amn = (an )m .
Dimostrazione. 1. Procediamo per induzione su n:
Se n = 0 si ha am+0 = am = am 1A = am a0 .
Se n 0, e supponiamo am+n = am an , allora

am+(n+1) = a(m+n)+1 = am+n a =


= (am an ) a = am (an a) = am an+1 .

2. Procediamo per induzione su n:


Se n = 0 si ha am0 = a0 = 1A = am = (am )0 .
Se n 0, e supponiamo amn = (am )n , allora

am(n+1) = amn+m = amn am =


= (am )n am = (am )n+1 .
Proposizione 5.4. Sia A un anello e siano a A e 1 n N. Allora
an 1A = (a 1A )(an1 + + a + 1A ).

Dimostrazione. Si procede per induzione, come nel caso A = Z.


Osservazione. In generale, se A un anello e a, b A, non vale (ab)n = an bn ,
per n 2; un esempio l'anello delle matrici 2 2 a coecienti in Q. Tuttavia,
se A commutativo, allora (a b)n = an bn vera per ogni a, b A e per ogni
n N. Infatti, procediamo per induzione su n:
Se n = 0, allora (a b)0 = 1A = 1A 1A = a0 b0 .
Se n 0, e supponiamo che valga (a b)n = an bn , allora

(a b)n+1 = (a b)n (a b) = an bn a b = an a bn b = an+1 bn+1 .

Denizione. Sia A un anello e siano a A e n Z. Deniamo na multiplo


n-esimo di a ponendo

se n = 0

na = 0A

(n + 1)a = na + a se n 0
se n < 0.

na = n(a)

Proposizione 5.5. Sia A un anello e siano a, b A e m, n Z. Allora:


1. n(a) = (n)a = na;
2. n(a + b) = na + nb;
3. (m + n)a = ma + na;
4. m(na) = (mn)a = mna.
Dimostrazione. 1. Si procede per induzione su n:
Se n = 0, allora 0(a) = 0A = 0a.
Se n 0, e supponiamo vera n(a) = (n)a = na, allora

(n + 1)(a) = n(a) a = (n + 1)a = (n 1)a.

2. Si procede per induzione su n:

47
Se n = 0, allora 0(a + b) = 0A .
Se n 0, e supponiamo vera n(a + b) = na + nb, allora

(n+1)(a+b) = n(a+b)+(a+b) = na+nb+a+b = na+a+nb+b = (n+1)a+(n+1)b.

3. Si procede per induzione su n:


Se n = 0, allora (m + 0)a = ma = ma + 0A = ma + 0a.
Se n 0, e supponiamo vera (m + n)a = ma + na, allora

(m+(n+1))(a) = ((m+n)+1)a = (m+n)a+a = ma+na+a = ma+(n+1)a.

4. Si procede per induzione su n:


Se n = 0, allora m(0a) = m(0A ) = 0A = (m0)a.
Se n 0, e supponiamo vera m(na) = (mn)a = mna, allora

m((n + 1)(a)) = m(na + a) = mna + ma = (mn + m)a = (m(n + 1))a.

Proposizione 5.6. Sia A un anello commutativo e siano a, b A. Allora, per


ogni n N,
n  
X n
(a + b)n = ani bi .
i=0
i

Dimostrazione. Si procede per induzione, come nel caso A = Z.


Denizione. Sia A un anello. Un sottoinsieme S 6= di A si dice sottoanello
se:
1. 1A S
2. a b S per ogni a, b S ;
3. a b S per ogni a, b S .
Osservazione. Se S un sottoanello di A, allora:
1. 0A = 1A 1A S ;
2. a = 0A a S per ogni a S ;
3. b S per ogni b S , quindi a + b = a (b) S ;
4. 0A = 0S , 1A = 1S ;
5. S dunque un anello rispetto alle operazioni indotte +, .
Denizione. Sia A un sottoanello di B . Se B un campo, deniamo A
sottocampo di B .
Denizione. Se A un anello e U, V 6= sono sottoinsiemi di A, allora
possiamo denire la somma di U e V come
U + V = { x + y | x U, y V } ;

U + V ancora un sottoinsieme non vuoto di A.

5.2 Tipi di anello


Denizione. Se A un anello, un elemento 0A 6= a A si dice divisore dello
zero se esiste 0A 6= b A tale che a b = 0A .

48
L'anello M(2, R) contiene divisori dello zero; infatti .
01
 11
 00

01 00 = 00

Denizione. Un anello commutativo privo di divisori dello zero si chiama


dominio di integrit.
Un dominio di integrit (Z, +, ). L'anello delle funzioni reali RR un
esempio di anello commutativo che non un dominio di integrit.
Proposizione 5.7 (Legge di cancellazione). Sia A un dominio di integrit.
Allora, per ogni a, b A e per ogni 0A 6= c A,
ac = bc a = b.

Dimostrazione. Siano a, b, c come nelle ipotesi. Allora,


ac = bc (ac bc) = 0A (a b)c = 0A ;

poich in A non vi sono divisori dello zero e c 6= 0A , dev'essere a = b.


Proposizione 5.8. In un anello A, un elemento invertibile non mai un
divisore dello zero.
Dimostrazione. Sia 0A 6= a A invertibile. Supponiamo per assurdo che esista
b A tale che a b = 0A . Allora,

b = 1A b = (a1 a) b = a1 (a b) = a1 0A = 0A .

Dunque, a non un divisore dello zero.


Corollario 5.2.1. Un campo sempre un dominio di integrit; tuttavia non
vale il viceversa.
Denizione. Siano A, B anelli. Deniamo prodotto diretto l'anello (AB, +, ),
dove:
A B = { (a, b) | a A, b B };
(a, b) + (c, d) = (a + c, b + d) per ogni (a, b), (c, d) A B ;
(a, b) (c, d) = (a c, b d) per ogni (a, b), (c, d) A B .
Osservazione. Siano A, B anelli, e consideriamo il loro prodotto diretto (A
B, +, ). Allora:
1AB = (1A , 1B ) e 0AB = (0A , 0B );
A B commutativo se e solo se A, B sono commutativi;
A B non mai un dominio di integrit, infatti

(0A , 1B ) (1A , 0B ) = (0A 1A , 1B 0B ) = (0A , 0B ).

Denizione. Sia A un anello. Deniamo un elemento a A idempotente se


a2 = a.
Osservazione. Sia A un anello. Allora:
0A e 1A sono idempotenti;
se a A idempotente e a 6= 0A , 1A , allora a un divisore dello zero,
infatti abbiamo a2 = a e quindi a(a 1) = 0A ;
per i due punti precedenti, se A un dominio di integrit i suoi unici
elementi idempotenti sono 0A e 1A ;

49
se a A idempotente, allora an = a per ogni 1 n N , e si dimostra
per induzione: a1 = a ovviamente, e se an = a, allora an+1 = an a =
a2 = a.

Denizione. Un anello in cui ogni elemento idempotente si dice booleano.


Un esempio di anello booleano , dato un insieme X , l'anello (P(X), , );
infatti per ogni Y P(X), Y 2 = Y Y = Y .
Proposizione 5.9. Sia A un anello booleano. Allora A commutativo e a = a
per ogni a A.
Dimostrazione. Per ogni a, b A, a b A; dunque, poich A booleano, anche
a b idempotente. Perci abbiamo

a b = (a b)2 = (a b) (a b) = a (b a) b,

ma anche
a b = a2 b2 = a a b b = a (a b) b.
Ci prova che a b = b a, dunque A commutativo.
Inoltre, per ogni a A si ha
a = (a)2 = (a) (a) = a a = a2 = a.

Denizione. Sia A un anello. Un elemento a A si dice nilpotente se esiste


1 n N tale che an = 0A .

Osservazione. Sia A un anello. Allora:


0A nilpotente;
se 0A 6= a A nilpotente, allora a un divisore dello zero, infatti,
posto 1 m N il minimo intero per il quale si ha am = 0A , otteniamo
am = a am1 = 0A ;
per i due punti precedenti, se A un dominio di integrit il suo unico
elemento idempotente 0A ;
se a A nilpotente, 1 a invertibile, infatti

1A = 1A an = (1A a)(1A + a + a2 + + an1 ).

L'anello M(2, R) contiene elementi nilpotenti; infatti 00 10 00 10 = .


  00

00

5.3 Ideali
Denizione. Sia A un anello. Deniamo ideale (bilatero ) un sottoinsieme I di
A che goda delle seguenti propriet:
1. I 6= ;
2. a b I per ogni a, b I ;
3. a b, b a I per ogni a A, b B (propriet di assorbimento ).
Osservazione. Sia A un anello. Allora:
per ogni I ideale di A, 0A I , infatti, poich I 6= , esiste almeno un
elemento a I , ma allora anche a a = 0A I ;

50
A ha almeno due ideali: l'ideale improprio A e l'ideale nullo o banale
{ 0A };

Un esempio di ideale , nell'anello ZZ delle funzioni f : Z Z, l'insieme


I0 = { f ZZ | f (x0 ) = 0 }, con x0 Z ssato.

Proposizione 5.10. Sia A un anello e sia F = { Ij | j J }, con Ij ideale di


A per ogni j J . Allora \
I= Ij
jJ

un ideale di A.
Dimostrazione. Verichiamo che I possiede le propriet che contraddistinguono
gli ideali.
1. I non vuoto, poich 0A Ij per ogni j J , e dunque 0A I .
2. Per ogni a, b I , dev'essere a, b Ij per ogni j J , e dunque a b Ij
per ogni j J ; ma quindi, a b I .
3. Per ogni a I , c A, abbiamo che a Ij per ogni j J , dunque a c Ij
per ogni j J e inne a c I .
Denizione. Sia A un anello, X A. Deniamo ideale generato da X l'insieme
(X) = IF I , dove F la famiglia degli ideali I di A tali che X I , ed essa
T
non vuota perch contiene almeno A.
Osservazione. L'ideale generato da X il pi piccolo ideale cheT contiene X .
Infatti, se I0 un ideale dell'anello A e X I0 , allora (X) = IF I I0 , e
dunque I0 = min { F , }.
Criterio 5.1. Sia A un anello, sia X A e sia I un ideale di A. Allora
(
XI
I = (X)
J ideale di A tale che X J, si ha I J.
Dimostrazione. L'implicazione data dalla denizione di ideale generato da
X e dall'Osservazione appena fatta.
Proviamo l'implicazione . L'insieme (X) un ideale, e per denizione
X (X). Ma allora,Tper la seconda condizione, I (X). Inoltre, poich I un
ideale e X I , I i Ji = (X), dove X Ji per ogni i. La doppia inclusione
vericata, dunque I = (X).
Se A un anello e A X = , allora (X) = { 0A }. Se X = { a }, scriviamo
(a) invece di ({ a }). Se a = 0A , (0A ) = { 0A }; se a 6= 0A , allora
( n )
X
(a) = xi ayi | 1 n N, xi , yi A i = 1, . . . , n .
i=1

Denizione. Se A un anello commutativo e a A, deniamo l'insieme


(a) = { ax | x A }

ideale principale generato da a.

51
Osservazione. In qualsiasi anello commutativo A, l'ideale nullo e l'ideale im-
proprio sono ideali principali, infatti (0A ) = { 0A } e (1A ) = A.
Denizione. Un anello commutativo che sia un dominio di integrit e contenga
esclusivamente ideali principali si dice dominio a ideali principali (PID).
Teorema 5.1. Sia I un ideale dell'anello Z. Allora I = nZ per un opportuno
n Z, ovvero Z un dominio a ideali principali.
Dimostrazione. Sia I un ideale di Z. Osserviamo intanto che se I = { 0 },
allora I = 0Z = (0). Possiamo perci assumere I 6= { 0 }, e dimostrare la tesi
vericando la doppia inclusione.
Proviamo che nZ I per un opportuno n Z. Sia 0 6= a I . Abbiamo
osservato che anche a I ; dunque l'insieme N K = { x I | x > 0 }
diverso dal vuoto. Per l'assioma del buon ordinamento di N, K ha un minimo
n, tale che 0 < n N e n I . Poich n I , per la propriet di assorbimento
nz I per ogni z Z. Ci prova che nZ I .
Dimostriamo ora che I nZ per un opportuno n Z. Sia a I ; per il
Teorema della divisione con resto, possiamo scrivere a = nq + r, con n = min K ,
q, r Z e 0 r < n. Dunque r = a nq , dove a I e nq I per la propriet di
assorbimento, dunque r I . Ora, se r > 0, allora r K ; ma poich n = min K ,
dovremmo avere n < r, assurdo. Allora abbiamo r = 0, ovvero a = nq nZ, e
inne I nZ.
Entrambe le inclusioni sono soddisfatte, dunque la tesi provata.
Osservazione. Sia I ideale di Z. Allora esiste un unico n N tale che I =
nZ. L'esistenza provata dal Teorema 5.1. Per quanto riguarda l'unicit,
supponiamo che esistano n, m Z, n 6= m, tali che I = nZ = mZ. Ma allora
n mZ e m | n, e m nZ e n | m. Quindi n = m, e ogni ideale di Z ha un
unico generatore positivo.
Proposizione 5.11. Sia A un anello e siano I, J ideali di A. Allora la somma
I + J = { x + y | x I, y J } un ideale di A, ed il pi piccolo ideale di A
che contiene I J .
Dimostrazione. Verichiamo che I +J possiede le propriet caratteristiche degli
ideali:
1. 0A I, J , dunque I + J 3 0A + 0A = 0A , e quindi I + J 6= ;
2. per ogni a + b, c + d I + J , abbiamo a, c I e b, d J e quindi a c I
e b d I , ma allora
(a + b) (c + d) = (a c) + (b d) I + J;

3. per ogni a + b I + J , con a I e b J , e per ogni x A, abbiamo


x a I e x b J , ma allora

x (a + b) = x a + x b I + J.

Inoltre, ogni ideale che contenga I e J deve necessariamente contenere


I + J per denizione di ideale. Dunque I + J il pi piccolo ideale di A
che contenga I J .
Osservazione. Dato un anello A e due suoi ideali I, J , in generale l'insieme
I J = { x y | x I, y J } non un ideale.

52
Lemma 5.1. Sia I un ideale dell'anello A. Se esiste a I invertibile, allora
I = A.
Dimostrazione. Per ogni b A abbiamo
b = b 1A = b (a1 a) = (b a1 ) a I,

per la propriet di assorbimento.


Teorema 5.2. Sia A un anello commutativo. Allora A un campo se e solo
se i suoi unici ideali sono { 0A } e A.
Dimostrazione. Proviamo la doppia implicazione.
Supponiamo che A sia un campo. Se I 6= { 0A } un ideale di A, allora esiste
0A 6= a I . Ma poich A un campo, a invertibile, e quindi per il Lemma
5.1 I = A.
Supponiamo ora che gli unici ideali di A siano { 0A } e A. Sia 0A 6= a A,
e poniamo I = (a). Abbiamo I 6= { 0A }, perch a I ; dunque I = A. Allora
1A I , e quindi esiste b A tale che a b = 1A .
Ci prova il teorema.
Osservazione. Il Teorema 5.2 vale solo per anelli commutativi: infatti, l'anello
non commutativo M(2, R) ha come unici ideali { 0M(2,R) } e M(2, R), ma esso
contiene elementi non invertibili.

5.4 Omomorsmi e isomorsmi


Denizione. Siano A, B anelli. Un'applicazione : A B si dice omomor-
smo (di anelli) se:
1. (a + b) = (a) + (b) per ogni a, b A;
2. (a b) = (a) (b) per ogni a, b A;
3. (1A ) = 1B .
Se A = B , si dice endomorsmo. Denotiamo con End(A) l'insieme degli
endomorsmi di A.
Osservazione. Siano A, B anelli e sia : A B un'applicazione. Se soddisfa
le propriet 1. e 2. della denizione di omomorsmo, non soddisfa necessaria-
mente la 3., come mostra ad esempio l'applicazione f : Q M(2, Q) denita
per ogni a Q da f (a) = a0 00 .


Denizione. Siano A, B anelli. Un omomorsmo : A B si dice isomor-


smo (di anelli) se biettivo. In tal caso, deniamo A e B isomor. Se A = B ,
deniamo automorsmo. Denotiamo con Aut(A) l'insieme degli automorsmi
di A.
Se gli anelli A e B sono isomor, scriviamo A ' B . Da un punto di vista
algebrico, si considerano lo stesso anello, in quanto hanno le medesime propriet
algebriche.
Lemma 5.2. Siano A, B anelli e sia : A B un omomorsmo. Allora:
1. (0A ) = 0B ;
2. se a A invertibile in A, allora (a) invertibile in B , e ((a))1 =
(a1 );

53
3. (an ) = ((a))n per ogni a A e per ogni n N;
4. (za) = z(a) per ogni a A e per ogni z Z.
Dimostrazione. 1. Abbiamo
0B + (0A ) = (0A ) = (0A + 0A ) = (0A ) + (0A )

e quindi 0B = (0A ) per la proposizione 5.1.


2. Abbiamo
(a) (a1 ) = (a a1 ) = (1A ) = 1B ,
dunque per l'unicit dell'inverso ((a))1 = (a1 ).
3. Procediamo per induzione su n:
se n = 0, (a0 ) = (1A ) = 1B = ((a))0 ;
se n > 0 e supponiamo vera la tesi per n 1, allora

(an ) = (a an1 ) = (a) (an1 ) = (a) ((a))n1 = ((a))n .

4. Per il caso z 0, procediamo per induzione su z :


se z = 0, (0a) = (0A ) = 0B = 0(a);
se z > 0 e supponiamo vera la tesi per z 1, allora

(za) = (a+(z1)a) = (a)+((z1)a) = (a)+(z1)(a) = z(a).

Se invece z < 0, allora z > 0, e abbiamo


(za) + (za) = (za za) = (0A ) = 0B ,

quindi (za) = (za) = (z)(a) = z(a).


Proposizione 5.12. Siano A, B, C anelli e : A B , : B C omomor-
smi. Allora : A C un omomorsmo.
Dimostrazione. Verichiamo che soddisfa le tre propriet caratteristiche
degli omomorsmi.
1. Per ogni a, b A,
( )(a + b) = ((a + b)) = ((a) + (b)) =
= ((a)) + ((b)) = ( )(a) + ( )(b).

2. Per ogni a, b A,
( )(a b) = ((a b)) = ((a) (b)) =
= ((a)) ((b)) = ( )(a) ( )(b).

3. ( )(1A ) = ((1A )) = (1B ) = 1C .


Proposizione 5.13. Siano A, B anelli e sia : A B un isomorsmo. Allora
anche 1 : B A un isomorsmo.
Dimostrazione. Per denizione di isomorsmo, un'applicazione biettiva,
dunque esiste l'applicazione inversa 1 ed essa biettiva. Basta allora provare
che essa soddisfa le tre propriet caratteristiche degli omomorsmi.

54
1. Per ogni a, b B ,
(1 (a) + 1 (b)) = (1 (a)) + (1 (b)) = a + b = (1 (a + b)),

dunque, poich iniettiva, 1 (a) + 1 (b) = 1 (a + b).


2. Per ogni a, b B ,
(1 (a) 1 (b)) = (1 (a)) (1 (b)) = a b = (1 (a b)),

dunque, poich iniettiva, 1 (a) 1 (b) = 1 (a b).


3. 1 (1B ) = 1 ((1A )) = 1A .
Denizione. Siano A, B anelli e sia : A B un omomorsmo. Deniamo
l'immagine di come Im() = { (a) | a A } e il nucleo di come ker() =
{ a A | (a) = 0B }.
Proposizione 5.14. Siano A, B anelli e sia : A B un omomorsmo.
Allora Im() un sottoanello di B .
Dimostrazione. Proviamo che Im() soddisfa le tre propriet caratteristiche dei
sottoanelli.
1. 1B Im(), poich (1A ) = 1B .
2. Per ogni a, b Im(), esistono a0 , b0 A tali che (a0 ) = a e (b0 ) = b.
Dunque
a b = (a0 ) (b0 ) = (a0 b0 ),
e poich a0 b0 A, (a0 b0 ) = a b Im().
3. Per ogni a, b Im(), esistono a0 , b0 A tali che (a0 ) = a e (b0 ) = b.
Dunque
a b = (a0 ) (b0 ) = (a0 b0 ),
e poich a0 b0 A, (a0 b0 ) = a b Im().
Teorema 5.3. Siano A, B anelli e sia : A B un omomorsmo. Allora:
1. ker() un ideale di A;
2. iniettivo se e solo se ker() = { 0A }.
Dimostrazione. 1. Verichiamo che ker() soddisfa le tre propriet caratte-
ristiche degli ideali.
(a) (0A ) = 0B , quindi 0A ker() e ker() 6= .
(b) Per ogni a, b ker(),
(a b) = (a) (b) = 0B 0B = 0B ,

quindi a b ker().
(c) Per ogni a A e per ogni b ker()
(a b) = (a) (b) = (a) 0B = 0B e
(b a) = (b) (a) = 0B (a) = 0B ,

quindi a b, b a ker().
2. Supponiamo che sia iniettivo. Allora poich (0A ) = 0B , non esiste
0A 6= a A tale che (a) = 0B .

55
Supponiamo ora che ker() = { 0A }. Allora, siano per assurdo a, b A
tali che a 6= b e (a) = (b). Avremo quindi
0B = (a) (b) = (a b),

quindi 0A 6= a b ker(), assurdo. Dunque iniettivo.


Corollario 5.4.1 (1). Siano A, B anelli e sia : A B un omomorsmo.
Allora un isomorsmo se e solo se Im() = B e ker() = { 0A }.
Corollario 5.4.2 (2). Siano A, B anelli e sia : A B un omomorsmo. Se
A un campo, allora iniettivo.
Dimostrazione. Abbiamo che (1A ) = 1B , dunque ker() 6= A; ma allora, per
il Teorema 5.2, ker() = { 0A }.

56
Capitolo 6

Anelli notevoli

6.1 Anelli di classi di congruenza. Caratteristica


di un anello
Sia N 3 n 2. Possiamo allora denire l'insieme delle classi di congruenza
modulo n,
Zn = Z/nZ = { a | a Z } = { 0, 1, . . . , n 1 } ,
dove a la classe di congruenza modulo n di a, ovvero
a = a + nZ = { a + nz | z Z } .

Abbiamo |Z/nZ| = n.

Denizione. Siano a, b Z. Per a, b Zn , deniamo la somma come a + b =


{ x + y | x a, y b } e il prodotto come a b = { x y | x a, y b }.

Osservazione. Consideriamo l'insieme Zn e le classi a, b Zn .


Le operazioni di somma e prodotto tra classi di congruenza sono ben
denite, infatti se a a0 (mod n) e b b0 (mod n), allora a = a0 e b = b0 ,
e quindi
a + b = { x + y | x a, y b } = { x + y | x a0 , y b0 } = a0 + b0 e
a b = { x y | x a, y b } = { x y | x a0 , y b0 }= a0 b0 .

L'insieme Zn chiuso rispetto alla somma e al prodotto fra classi di


congruenze. Infatti
a + b = { x + y | x a, y b } = { (a + nz1 ) + (b + nz2 ) | z1 , z2 Z } =
= { (a + b) + n(z1 + z2 ) | z1 , z2 Z } = { (a + b) + nz | z Z } =
= a + b, e
a b = { x y | x a, y b } = { (a + nz1 ) (b + nz2 ) | z1 , z2 Z } =
= { (a b) + n(z1 b + a z2 + z1 z2 | z1 , z2 Z } =
= { (a b) + nz | z Z } = a b.

57
Proposizione 6.1. Sia N 3 n 2. L'insieme (Zn , +, ) un anello commuta-
tivo, e si denisce anello delle classi resto modulo n.
Dimostrazione. Verichiamo che (Zn , +, ) soddisfa le propriet caratteristiche
degli anelli. Per ogni a, b, c Zn abbiamo:
S1 a + (b + c) = a + b + c = a + (b + c) = (a + b) + c) = a + b + c = (a + b) + c;
S2 a + b = a + b = b + a = b + a;
S3 a + 0 = a + 0 = a, e quindi 0Zn = 0;
S4 a = a, infatti a + a = a a = 0;
P1 a (b c) = a b c = a (b c) = (a b) c) = a b c = (a b) c;
P2 a b = a b = b a = b a;
P3 a 1 = a 1 = a, e quindi 1Zn = 1;
D a (b + c) = a b + c = a (b + c) = a b + a c = a b + a c = a b + a c.
Teorema 6.1 (Piccolo teorema di Fermat). Sia p N primo e sia 0 6= a Zp .
Allora ap1 = ap1 = 1.
Proposizione 6.2. Sia N 3 n 2. L'applicazione : Z Zn denita per ogni
z Z da (z) = z ( riduzione modulo n) un omomorsmo suriettivo.

Dimostrazione. Proviamo intanto che soddisfa le tre propriet caratteristiche


degli omomorsmi.
1. Per ogni a, b Z,
(a + b) = a + b = a + b = (a) + (b).

2. Per ogni a, b Z,
(a b) = a b = a b = (a) (b).

3. (1Z ) = (1) = 1 = 1Zn .


Basta poi osservare che per ogni a Zn , ogni b a tale che (b) = a,
infatti b a (mod n) e dunque b = a.
Anche se irrilevante ai ni della dimostrazione, osserviamo che
ker() = { a Z | (a) = 0 } = { a Z | a = 0 } = { a Z | a 0 (mod n) } = { nz | z Z } .

Teorema 6.2. Sia N 3 n 2. Allora:


1. U (Zn ) = { a | (a, n) = 1 };
2. Zn un campo se e solo se n primo.
3. Zn un dominio di integrit se e solo se n primo.
Dimostrazione. 1. Sia a Zn . L'elemento a invertibile in Zn se e solo se
esiste b Zn tale che a b = a b = 1. Dunque a b 1 (mod n), e
n | a b 1. Ci vale se e solo se esiste z Z tale che a b 1 = n z ; ma
allora 1 = a b n z , e (a, n) = 1.
2. Abbiamo che n primo se e solo se (a, n) = 1 per ogni a Z, 0 a < n.
Ma per ogni b Z, abbiamo b = a, dove a Z, 0 a < n; quindi,
l'insieme { a | (a, n) = 1 } = U (Zn ) contiene tutti gli elementi di Zn , e Zn
un campo.

58
3. Se n primo Zn un campo, e quindi anche un dominio di integrit. Se Zn
un dominio di integrit, supponiamo per assurdo che esistano a, b Z,
1 < a, b < n, tali che n = ab. Dunque 0 = n = a b, ma a, b 6= 0, e quindi
a, b sono divisori dello zero in Zn , assurdo.

Corollario 6.1.1. Per ogni numero primo p N esiste un campo di cardinalit


p.
Proposizione 6.3. Se A un anello, esiste un unico omomorsmo : Z A.
Dimostrazione. Per denizione di omomorsmo, (1) = 1A ; ma poich possiamo
scrivere ogni z Z come z1, per il Lemma 5.2 abbiamo (z) = (z1) = z(1) =
z 1A per ogni z Z. Dunque unico; resta da mostrare che esso soddisfa le
altre due propriet caratteristiche degli omomorsmi.
1. Per ogni a, b Z,
(a + b) = (a + b)1A = a1A + b1A = (a) + (b).

2. Per ogni a, b Z,
(a b) = (a b)1A = a1A b1A = (a) (b).

Denizione. Dato un anello A, deniamo sottoanello primo o fondamentale di


A l'immagine dell'unico omomorsmo : Z A, e indichiamo tale sottoanello
con PA = { z1A | z Z }.
Osservazione. Sia A un anello. Allora PA il minimo sottoanello di A. Infatti,
sia B un sottoanello qualunque di A: esso contiene 1A , ed chiuso rispetto alla
somma; dunque |1A + 1A {z+ + 1A = n1A B per ogni n Z, e PA B .
}
n

Denizione. Sia A un anello, e sia l'unico omomorsmo da Z in A. Deniamo


caratteristica di A il numero n N tale che ker() = (n); scriviamo n = char(A).
Osservazione. Sia A un anello e char(A) la sua caratteristica. Allora:
char(A) = 0 se e solo se ker() = { 0 }, ovvero iniettivo;
char(A) 6= 0 se e solo se { k N | k1A = 0A } =
6 , e in tal caso char(A) =
min { k N | k1A = 0A };
char(A) 2, perch se char(A) = 1 allora (1) = 0A , e quindi non un
omomorsmo;
char(A) = char(PA );
char(A) a = 0A per ogni a A; ci ovvio se char(A) = 0, mentre se
char(A) = n 6= 0

char(A) a = a + + a = (1A + + 1A )a = (n1A )a = 0A a = 0A ;


| {z } | {z }
n n

char(Z) = char(Q) = char(R) = char(C) = 0;


per N 3 n 2, char(Zn ) = n;
se A un anello booleano, allora char(A) = 2, perch per la Proposizione
5.9 2 1A = 1A + 1A = 0 in quanto a = a per ogni a A.

59
Proposizione 6.4. Sia A un anello e sia PA il suo sottoanello fondamentale.
Allora:
1. char(A) = 0 se e solo se PA ' Z;
2. char(A) = n 6= 0 se e solo se PA ' Zn .
Dimostrazione. 1. Se char(A) = 0, allora l'unico omomorsmo : Z A
iniettivo; se restringiamo l'immagine a PA rendiamo suriettivo per de-
nizione di sottoanello fondamentale, dunque : Z PA un isomorsmo
e Z ' PA .
2. Se char(A) = n 2, deniamo : Zn PA , ponendo per ogni z Zn
(z) = z1A . L'applicazione ben denita, infatti se z = z0 allora
z z0 (mod n), quindi z z0 0 (mod n) e (z z0 ) = 0 1A , ovvero
(z) = z1A = z0 1A = (z0 ).
Proviamo che un omomorsmo:
(a) per ogni a, b Zn abbiamo
(a + b) = (a + b)1A = a1A + b1A = (a) + (b);

(b) per ogni a, b Zn abbiamo


(a b) = (a b)1A = a1A b1A = (a) (b);

(c) (1) = 1 1A = 1A .
Inoltre, biettivo. Infatti, se (z) = z1A = 0A , allora z = 0, dunque
ker() = { 0 }, dunque iniettivo; inne, per ogni a PA , esiste z Z
tale che a = z1A , dunque a = (z) Im().
Corollario 6.1.2. Se A un dominio di integrit, char(A) = 0 o char(A) = p
con p primo.
Dimostrazione. Se A un dominio di integrit, anche PA un dominio di inte-
grit. Se n 6= 0, allora PA ' Zn , dunque char(A) = char(PA ) = char(Zn ) = n
dev'essere un numero primo per il Teorema 6.2. Altrimenti, se n = 0 la tesi
gi dimostrata.

6.2 Anelli di matrici


Denizione. Sia A un anello commutativo e sia 1 n N. Una matrice
quadrata di ordine n a coecienti in A una tabella

a11 ... a1n
(aij ) = ... ..
.
..
. ,

an1 ... ann

con aij A per ogni i, j = 1, . . . , n. L'insieme delle matrici quadrate di ordine


n a coecienti in A si indica con M(n, A).

Denizione. Siano A, B M(n, A) matrici, A = (aij ), B = (bij ). Deniamo


la somma S = (sij ) = A + B ponendo sij = aij + bij per ogni i, j = 1, . . . , n, e

60
il prodotto P = (pij ) = A B ponendo
n
X
pij = aik bkj ,
k=1

per ogni i, j = 1, . . . , n.

Proposizione 6.5. L'insieme (M(n, A), +, ) un anello non commutativo.

Dimostrazione. Verichiamo che (M(n, A), +, ) soddisfa le propriet caratteri-


stiche degli anelli.

S1 per ogni A, B, C M(n, A), A = (aij ), B = (bij ), C = (cij ),


A + (B + C) = (aij ) + ((bij ) + (cij )) = ((aij ) + (bij )) + (cij ) = (A + B) + C;

S2 per ogni A, B M(n, A), A = (aij ), B = (bij ),


A + B = (aij ) + (bij ) = (bij ) + (aij ) = B + A;

S3 0M(n,A) = O, con O = (oij ) dove oij = 0 per ogni i, j = 1, . . . , n, infatti per


ogni A M(n, A), A = (aij ),
A + O = (ai j) + (oij ) = (aij + 0) = (aij ) = A;

S4 per ogni A M(n, A), A = (aij ), A = (aij ), infatti

P1 per ogni A, B, C M(n,


A +A), A ==(a
(A) (aijij)), +
B (a , CO;= (cij ),
= (bijij))=
n
! n n
!!
X X X
A (B C) = (aij ) bik ckj = ait btk ckj =
k=1 t=1 k=1
! !
n
X n
X n
X
= ait btk ckj = ait btk ckj = (A B) C;
k,t=1 k=1 t=1

P2 1M(n,A) = I , con I = (dij ) dove dij = 1 per ogni i = j e dij = 0 per ogni
i 6= j , infatti per ogni A M(n, A), A = (aij ),
n
!
X
AI = aik dkj = (aij ) = A;
k=1

61
D per ogni A, B, C M(n, A), A = (aij ), B = (bij ), C = (cij ),
n
! n n
!
X X X
A (B + C) = (aij ) ((b + c)ij ) = aik (b + c)kj = aik bkj + aik ckj ) =
k=1 k=1 k=1
= (aij ) (bij ) + (aij ) (cij ) = A B + A C, e
n
! n n
!
X X X
(B + C) A = ((b + c)ij ) (aij ) = (b + c)ik akj = bik akj + cik akj ) =
k=1 k=1 k=1
= (bij ) (aij ) + (cij ) (aij ) = B A + C A.

Inne, basta calcolare il prodotto tra due matrici


 qualsiasi per vericare che
non commutativo: ad esempio,

12 23 = 3 5 11 7 =
M(n, A) 3 1 1 1 7 10 =6 4 3
= 11 31 .
2 3
 1 2

Come abbiamo gi osservato, l'anello M(n, A) contiene divisori dello zero ed


elementi nilpotenti.
Denizione. Possiamo denire un'applicazione det : M(n, A) A che associa
ad ogni matrice un elemento dell'anello A, detto determinante.
Proposizione 6.6. Alcune importanti propriet del determinante, che non
dimostriamo, sono le seguenti:
1. per ogni n 1, det(In ) = 1A ;
2. per ogni A, B M(n, A), det(A B) = det A det B ;
3. ogni A M(n, A) invertibile in M(n, A) se e solo se det(A) invertibile
in A;
4. l'insieme degli invertibili dell'anello M(n, A) un gruppo rispetto al pro-
dotto, che si indica con GL(n, A).
Denizione. In un anello A non commutativo, come M(n, A), utile denire
il concetto di ideale destro (sinistro ), un sottoinsieme I A tale che:
1. I 6= ;
2. per ogni a, b I , a b I ;
3. per ogni a I e per ogni x A, ax I (xa I ).

6.3 Campo delle frazioni


Denizione. Siano A, B anelli. Allora B si dice estensione di A se esiste un
omomorsmo : A B iniettivo. In tal caso A ' (A) B .
Teorema 6.3. Sia A un dominio di integrit. Allora esiste un campo F che sia
un estensione di A e tale che ogni campo K estensione di A sia un'estensione
di F .
Dimostrazione. Dimostriamo intanto l'esistenza di F . Poich A un dominio di
integrit, esso commutativo e privo di divisori dello zero. Consideriamo l'in-
sieme A A = { (a, b) | a, b A, b 6= 0A }, e deniamo su di esso una relazione
ponendo, per ogni (a, b), (c, d) A A ,

(a, b) (c, d) ad = bc.

Proviamo che una relazione di equivalenza:

62
1. riessiva, infatti ab = ba perch A commutativo e quindi (a, b)
(a, b);
2. simmetrica, infatti ad = bc implica cb = da, sempre per la commuta-
tivit di A, e quindi da (a, b) (c, d) segue (c, d) (a, b);
3. transitiva, infatti se ad = bc e cf = de, abbiamo
(af )d = (ad)f = (bc)f = b(cf ) = b(de) = b(ed) = (be)d,

e poich d 6= 0D e D privo di divisori dello zero, per la legge di can-


cellazione af = be; ma dunque se (a, b) (c, d) e (c, d) (e, f ), allora
(a, b) (e, f ).

Per ogni (a, b) AA indichiamo con a


b la sua classe di equivalenza modulo
, e deniamo F nel modo seguente:
A A na o
F = = |(a, b) A A .
b
Deniamo le operazioni di somma e prodotto su F :
a c a c ad + bc a c ac
, F, + = , = .
b d b d bd b d bd
Verichiamo che si tratta di buone denizioni. Siano a/b, a0 /b0 , c/d, c0 /d0 F
tali che (a/b) (a/b0 ) e (c/d) (c0 /d0 ). Allora ab0 = ba0 e cd0 = dc0 , e perci:

abbiamo

(ad + bc)b0 d0 = adb0 d0 + bcb0 d0 = ab0 dd0 + cd0 bb0 =


= ba0 dd0 + dc0 bb0 = a0 d0 bd + b0 c0 bd = (a0 d0 + b0 c0 )bd,

dunque
a c ad + bc a0 d0 + b0 c0 a0 c0
+ = = = + ;
b d bd b0 d0 b0 d0
abbiamo poi
acb0 d0 = ab0 cd0 = ba0 dc0 = a0 c0 bd,
dunque
a c ac a0 c0 a0 c0
= = 0 0 = 0 0.
b d bd bd b d
Mostriamo ora che (F, +, ) un campo. Per ogni a/b, c/d, e/f F ,
abbiamo:
a  
c e ad + bc e adf + bcf + ebd a cf + de a c e
S1 + + = + = = + = + + ;
b d f bd f bdf b df b d f
a c ad + bc cb + da c a
S2 + = = = + ;
b d bd db d b
a 0A a1A + b0A a 0A
S3 + = = , quindi 0F = ;
b 1A b1A b 1A
a a ab + b(a) 0A a a
S4 + = = , quindi = ;
b b bb 1A b b

63
a  
c e ac e ace a ce a c e
P1 = = = = ;
b d f bd f bdf b df b d f
a c ac ca c a
P2 = = = ;
b d bd db d b
a 1A a1A a 1A
P3 = = , quindi 1F = ;
b 1A b1A b 1A
a b ab 1A  a 1 b
P4 se a 6= 0A , = = , quindi = ;
b a ba 1A b a
 
a c e a cf + de acf + ade ac ae a c a e
D + = = = + = + .
b d f b df bdf bd bf b d b f

Proviamo che F un'estensione di D mediante l'applicazione : A F ,


denita per ogni a A da (a) = 1aA . Essa un omomorsmo, infatti:
1. per ogni a, b A,
a+b a1A + b1A a b
(a + b) = = = + = (a) + (b);
1A 1A 1A 1A 1A
2. per ogni a, b A,
ab ab a b
(a b) = = = = (a) (b);
1A 1A 1A 1A 1A
3. (1A ) = 1A /1A = 1F .
Inoltre, iniettivo; infatti, per a A, (a) = a/1A = 0A /1A = 0F se e
solo se abbiamo a = a1A = 1A 0A = 0A , quindi ker() = { 0A }. Dunque F
un'estensione di A e A ' (A) F .
Proviamo ora che F la minima estensione di A. Sia K un campo estensione
di A. Allora esiste un omomorsmo iniettivo : A K . Poich iniettivo,
se b 6= 0A allora (b) 6= 0K ; dunque (b) invertibile in K . Deniamo allora
l'applicazione : F K ponendo per ogni a/b F = (a)((b))1 . Provia-
mo che tale applicazione ben denita: siano a/b, c/d F tali che a/b = c/d.
Allora avremo ad = bc e quindi
(ad) = (bc)
1 1
((b)) ((d)) (a)(d) = (b)(c)((b))1 ((d))1
(a)((b))1 = (c)((d))1
a c
= .
b d
Inoltre, un omomorsmo, infatti
1. per ogni a/b, c/d F ,
a  
c ad + bc
+ = = (ad + bc)((bd))1 =
b d bd
= (a)(d)((b))1 ((d))1 + (b)(c)((b))1 ((d))1 =
a c
= (a)((b))1 + (c)((d))1 = + ;
b d

64
2. per ogni a/b, c/d F ,
a c  ac 
= = (ac)((bd))1 =
b d bd a c
= (a)((b))1 (c)((d))1 = ;
b d
3. (1F ) = (1A /1A ) = (1A )((1A ))1 = 1K 1K = 1K .
Inoltre, iniettivo. Infatti, per a/b F , (a/b) = (a)((b))1 = 0K se e
solo se abbiamo (a) = 0K , in quanto (b) 6= 0; ma allora dev'essere a = 0A e
quindi a/b = 0F . Dunque ker() = { 0F }. Perci, K un'estensione di F .
Denizione. Dato un dominio di integrit A, il campo F denito nella dimo-
strazione del Teorema 6.3 detto campo delle frazioni.
Il campo dei razionali Q si costruisce come campo delle frazioni del dominio
di integrit Z.

6.4 Quaternioni
Denizione. Un anello in cui ogni elemento non nullo invertibile si dice anello
con divisione o corpo. Un campo quindi un anello con divisione commutativo.
Proposizione 6.7. L'insieme
  
a b
H= | a, b C
b a

un sottoanello di M(2, C).


Dimostrazione. Verichiamo che H soddisfa le tre propriet caratteristiche dei
sottoanelli:
1. 1M(2,C) = H, infatti se a = 1 R, a = a = 1, e se b = 0 R,
10

01
b = b = 0.
2. per ogni a, b, c, d C,
       
a b c d a+c b+d a+c b+d
= = H;
b a d c b d a+c b + d a + c

3. per ogni a, b, c, d C,
!
ac bd
    
a b c d ac bd ad + bc ad + bc
= = H.
b d bc ad bd + ac

a c ad + bc ac bd

Denizione. L'anello H cos denito si chiama anello dei Quaternioni ed


stato il primo anello con divisione non commutativo ad essere costruito (nel
1843, da W.R.Hamilton).
Osservazione. L'anello H non commutativo: ad esempio,
           
0 1 i 0 0 i 0 i i 0 0 1
= 6= = .
1 0 0 i i 0 i 0 0 i 1 0

65
Proposizione 6.8. In H ogni elemento non nullo invertibile.
Dimostrazione. Sia  
a b
0H 6= H
b a
con a, b C non entrambi nulli, e sia d = aa (bb) = aa + bb il suo deter-
minante. Allora, per le propriet dei coniugati, d R, e d =
6 0 perch a, b non
sono entrambi nulli. Dunque
1 1
!
a d1 b d1 a d  b d
 
= H,
b d1 a d1 b d1 a d1

e
1 1 1
b d1
! !
a d  b d a d
    
a b a b 1 0
= = = 1H ,

b a b d1 a d1 b d1 a d1 b a 0 1

dunque ogni elemento di H invertibile in H.


Proposizione 6.9. L'anello H un'estensione di C, e quindi di R.
Dimostrazione. Deniamo un'applicazione : C H, ponendo per ogni z C
(z) = z0 z0 . Proviamo che un omomorsmo:


1. per ogni z, z1 C,
       
z + z1 0 z + z1 0 z 0 z 0
(z+z1 ) = = = + 1 = (z)+(z1 );
0 z + z1 0 z + z1 0 z 0 z1

2. per ogni z, z1 C,
      
z z1 0 z z1 0 z 0 z 0
(zz1 ) = = = 1 = (z)(z1 );
0 z z1 0 z z1 0 z 0 z1

3. (1C ) = (1) = 10 01 = 1H .


Inne, iniettivo; infatti, per z C, (z) = = 0H se e solo se


z 0
 00

0 z = 00
z = z = 0, ovvero ker() = { 0 }.
Osservazione. L'anello H uno spazio vettoriale su R, e dim H = 4. Infatti,
consideriamo i seguenti elementi di H:
     
i 0 0 1 0 i
i= , j= , k= .
0 i 1 0 i 0

Intanto, osserviamo che i2 = j2 = k2 = 1, e che ij = ji  = k, jk = kj = i e


ki = ik = j. Identichiamo inoltre ogni R con 0 0 H.
Siano ora a, b C, con a = + i e b = + i e , , , R. Allora
   
a b + i + i
= =
b a + i i
       
0 i 0 0 0 i
= + + + =
0 0 i 0 i 0
= 1 + i + j + k,

66
e tale scrittura unica. Una base di H dunque { 1, i, j, k }.

67
Capitolo 7

Fattorizzazioni

7.1 Divisibilit e fattorizzazioni


Denizione. Sia A un anello commutativo, e siano a, b A. Diciamo che a
divide b (a un fattore di b) se esiste c A tale che ac = b. Scriviamo allora
a | b. Deniamo a e b associati, in simboli a b, se a | b e b | a. Un divisore x
di b si dice proprio se non invertibile e non associato a b.
Osservazione. Sia A un anello commutativo. Se u A invertibile in A,
allora u | b per ogni b A, infatti b = u(u1 b).
Proposizione 7.1. Sia A un dominio di integrit. Due elementi a, b A sono
associati se e solo se dieriscono per un fattore invertibile.
Dimostrazione. Supponiamo che a b. Allora esistono c, d A tali che ac = b
e bd = a; dunque a = a(cd), e per la legge di cancellazione abbiamo cd = 1A ;
dunque c, d sono invertibili.
Supponiamo ora che sia b = u a, con u invertibile. Ma allora a | u a, e
u a | u a u1 ; dunque a ua = b.

Proposizione 7.2. Sia A un anello commutativo, e siano a, b A. Allora


1. a | b se e solo se (b) (a);
2. a b se e solo se (a) = (b).
Dimostrazione. 1. Abbiamo che (b) (a) se e solo se b (a), ovvero se e
solo se esiste c A tale che b = ac, e quindi a | b.
2. Per denizione, a b se e solo se a | b e b | a; ci equivale, per il punto 1,
a (b) (a) e (a) (b). Vale la doppia inclusione, dunque a | b se e solo se
(a) = (b).

Denizione. Sia A un dominio di integrit. Un elemento a A si dice


irriducibile se:
1. a 6= 0A e a non invertibile;
2. a non ha divisori propri (ovvero ha come soli divisori gli elementi invertibili
e gli elementi associati).
Dunque, gli elementi irriducibili di Z sono i numeri primi, mentre un campo
non contiene elementi irriducibili.

68
Denizione. Sia A un dominio di integrit. Diciamo che un elemento a A
ammette una fattorizzazione in irriducibili se esso pu essere scritto come pro-
dotto di irriducibili di A. Deniamo essenzialmente unica una fattorizzazione
a = s1 s2 . . . sn , con si irriducibile per ogni i = 1, . . . , n, se per ogni altra fat-
torizzazione a = r1 r2 . . . rk , con rj irriducibile per ogni j = 1, . . . , k, abbiamo
k = n ed esiste una permutazione di { 1, 2, . . . , n } (ovvero una biezione da
{ 1, 2, . . . , n } in s) tale che si r(i) per ogni i = 1, . . . , n.
Denizione. Un dominio di integrit A si dice dominio a fattorizzazione uni-
ca (UFD) se ogni elemento non nullo e non invertibile di A ammette una
fattorizzazione in irriducibili ed essa essenzialmente unica.
L'anello Z un esempio di dominio a fattorizzazione unica.
Osservazione. Per ogni elemento non nullo e non invertibile di un dominio a
fattorizzazione unica, il numero di fattori che compongono una sua fattorizza-
zione in irriducibili ssato, e dipende solo dall'elemento stesso.
Lemma 7.1. Sia A un dominio a fattorizzazione unica, sia a A un elemento
non nullo e non invertibile e sia a = s1 , s2 , . . . , sn una sua fattorizzazione in
irriducibili. Sia b un divisore proprio di a. Allora il numero di fattori irriducibili
in una fattorizzazione di b strettamente minore di n.
Dimostrazione. Osserviamo intanto che poich b un divisore proprio di a, b
non invertibile e non associato ad a. Sia b = r1 r2 . . . rk una fattorizzazione
in irriducibili di b. Poich b | a, esiste c A tale che b c = a. Ora, c non
invertibile, altrimenti dovremmo avere b a, e non associato ad a, altrimenti
b dovrebbe essere invertibile; dunque anch'esso un divisore proprio di a, ed
esso ammette una fattorizzazione in irriducibili c = rk+1 rk+2 . . . rm . Avremo
allora
a = s1 , s2 , . . . , sn = r1 r2 . . . rk rk+1 rk+2 . . . rm .
Ora, poich A un dominio a fattorizzazione unica, m = n, ed esiste una
permutazione di { 1, 2, . . . , n } tale che si r(i) per ogni i = 1, 2, . . . , n.
Inoltre, poich c un divisore proprio di a, la sua fattorizzazione in irriducibili
sar composta almeno da un fattore, e dunque k n 1.
Denizione. Sia A un dominio di integrit. Un elemento a A si dice primo
se:
1. a 6= 0A e a non invertibile;
2. per ogni b, c A, se a | bc, allora a | b o a | c.
Nell'anello Z, elementi primi e irriducibili coincidono.
Lemma 7.2. Sia A un dominio di integrit. Allora ogni elemento primo di A
irriducibile.
Dimostrazione. Sia a A primo. Per denizione, a non invertibile ed diverso
da 0A . Sia b un divisore di a; allora esiste c A tale che bc = a, e quindi a | bc.
Poich a primo, si ha a | b o a | c. Nel primo caso abbiamo a b e c invertibile,
nel secondo a c e b invertibile. Dunque i divisori di a sono associati ad a o
invertibili, e quindi a irriducibile.
Teorema 7.1. Sia A un dominio di integrit. Allora A un dominio a fatto-
rizzazione unica se e solo se:

69
1. ogni elemento irriducibile di A primo;
2. non esistono catene innite a0 , a1 , a2 , . . . di elementi di A tali che ai+1
un divisore proprio di ai per ogni i N.
Dimostrazione. Supponiamo intanto che A sia un dominio a fattorizzazione
unica.
1. Sia a A un irriducibile. Allora per denizione a 6= 0A e a non inver-
tibile. Siano b, c A tali che a | bc; allora esiste d A tale che ad = bc.
Possiamo assumere b, c 6= 0A , infatti a | 0A . Inoltre, se b invertibile
allora adb1 = c, dunque a | c; similmente, se c invertibile allora ab-
biamo a | b. Supponiamo allora che b, c non siano invertibili. Allora,
entrambi ammettono una fattorizzazione in irriducibili: b = s1 s2 . . . sn e
c = r1 r2 . . . rm .
Ora, d non invertibile, perch altrimenti avremmo a = d1 bc, e dunque
uno tra b o c dovrebbe essere invertibile. Dunque d non invertibile ed
diverso da 0A , avendo supposto b, c non nulli; dunque anch'esso ammette
una fattorizzazione in irriducibili d = q1 q2 . . . qk . Abbiamo dunque
aq1 q2 . . . qk = s1 s2 . . . sn r1 r2 . . . rm ,

e per l'essenziale unicit della fattorizzazione di ad = bc A, a dev'essere


associato a si per un i = 1, . . . , n o a rj per un j = 1, . . . , m, e dunque
dev'essere a | b o a | c. Dunque, a primo.
2. Siano a0 , a1 , a2 , A tali che ai+1 un divisore proprio di ai per ogni
i N. Sia ni il numero di fattori di una fattorizzazione di ai in irriducibili
per ogni i N. Per il Lemma 7.1, abbiamo n0 > n1 > n2 > . . . ; dunque
deve esistere k n0 tale che nk = 1, ovvero tale che ak sia irriducibile.
Poich un elemento irriducibile non ha divisori propri, la catena si arresta
a ak .
Supponiamo ora che A sia un dominio di integrit che soddisfa le propriet
1 e 2, e proviamo che esso un dominio a fattorizzazione unica. Sia a A non
nullo e non invertibile.
Proviamo che esiste un irriducibile b1 che divide a. Se a irriducibile,
allora b1 = a. Altrimenti, poniamo a = a0 , e deve esistere a1 divisore
proprio di a0 ; se esso irriducibile, allora b1 = a1 , in caso contrario a1 ha
un divisore proprio a2 e cos via. Per la propriet 2, la catena a0 , a1 , a2 , . . .
in cui ai+1 un divisore proprio di ai per ogni i N deve essere nita,
ovvero deve esistere ak irriducibile tale che ak un divisore proprio di ai
per ogni 0 i < k. In particolare, ak | ao = a, e quindi b1 = ak .
Proviamo ora che a ammette una fattorizzazione in irriducibili. Se a
irriducibile, la tesi evidente. Supponiamo allora che a non sia irridu-
cibile. Poniamo a = a0 , e per quanto appena provato esiste b1 divisore
irriducibile di a0 . Possiamo scrivere allora a0 = a1 b1 ; poich a0 non
irriducibile, a1 non invertibile. Se a1 irriducibile, abbiamo ottenuto la
fattorizzazione cercata; altrimenti esiste b2 divisore proprio di a1 = b2 a2
e cos via. Otteniamo quindi una catena a0 , a1 , a2 , . . . tale che ai+1 un
divisore proprio di ai e ai = bi+1 ai+1 per ogni i N. Per la propriet 2,

70
esiste un irriducibile an bn + 1 tale che la catena si arresta a an ; ma
allora
a = a0 = b1 a1 = b1 b2 a2 = = b1 b2 . . . bn bn+1 ,
e quindi a ammette una fattorizzazione in irriducibili.
Proviamo inne che tale fattorizzazione essenzialmente unica. Suppo-
niamo che esistano due fattorizzazioni in irriducibili di a:
a = r1 r2 . . . rn = s1 s2 . . . sk ,

e proviamo la tesi procedendo per induzione su n.


 Se n = 1, allora r1 = s1 s2 . . . sk irriducibile, dunque k = 1 e r1 s1 .
 Se n 2, supponiamo che la fattorizzazione di a sia essenzialmente
unica se costituita da al pi n 1 fattori. Ora, r1 irriducibile,
dunque per la propriet 1 anche primo. Poich r1 | s1 s2 . . . sk ,
esiste sj tale che r1 | sj per un j = 1, . . . , k, e a meno di riordinare i
termini possiamo supporre j = 1. Quindi r1 | s1 , e poich entrambi
sono irriducibili, si ha r1 s1 , ovvero s1 = ur1 con u invertibile.
Allora
a = r1 r2 . . . rn = ur1 s2 . . . sk = r1 s02 . . . s0k ,
dove s02 = us2 , e s0j = sj per ogni 3 j k. Per la propriet di
cancellazione,
r2 . . . rn = s02 . . . s0k ,
e, per ipotesi induttiva, n = k e rj s0j per ogni 2 j n, a meno di
riordinare i fattori s0j . Dunque la fattorizzazione in irriducibili di a
essenzialmente unica, e ci prova che A un dominio a fattorizzazione
unica.
Denizione. Sia A un dominio di integrit, e siano a, b A. Allora d A si
dice massimo comun divisore (MCD) di a, b se:
1. d | a e d | b;
2. per ogni d0 A tale che d0 | a e d0 | b si ha d0 | d.
Osservazione. Il massimo comun divisore, se esiste, denito a meno di asso-
ciati; infatti se c e d sono due MCD di a, b, allora c | d e d | c, ovvero c d. Vi
sono comunque domini di integrit in cui non esiste sempre un MCD.
Proposizione 7.3. Se A un dominio a fattorizzazione unica, allora esiste un
MCD per ogni a, b A.
Dimostrazione. Per ogni classe di elementi irriducibili associati di A possiamo
scegliere un rappresentante, e chiamare P l'insieme degli elementi scelti. Allora
ogni 0A 6= x A si pu scrivere in modo unico (a meno dell'ordine dei fattori)
come
x = upn1 1 pn2 2 . . . pnk k ,
dove u A invertibile e pi P e ni N per ogni i = 1, . . . , k; se a invertibile,
basta porre ni = 0 per ogni i = 1, . . . , k. Siano allora a, b A. Se uno dei due
uguale a 0A , allora l'altro un MCD di a, b; supponiamo allora che sia a, b 6= 0A ,
e fattorizziamo a, b mediante gli elementi di P :
a = upn1 1 pn2 2 . . . pnk k e b = vpm 1 m2 mk
1 p2 . . . pk ,

71
con u, v invertibili e pi P e ni , mi N per ogni i = 1, . . . , k, avendo posto
esponente 0 per i fattori che dividono uno solo tra a e b. Consideriamo l'elemento
min{ n1 ,m1 } min{ n2 ,m2 } min{ nk ,mk }
d = p1 p2 . . . pk .

Chiaramente d | a e d | b; inoltre, se d0 = wph1 1 ph2 2 . . . phk k tale che d0 | a e


d0 | b, allora hi ni , mi per ogni i = 1, . . . , k , dunque hi min { ni , mi } per
ogni i = 1, . . . , k e d0 d.

7.2 Ideali primi e massimali


Denizione. Un ideale I di un anello commutativo A si dice primo se:
1. I 6= A;
2. per ogni a, b A, se ab I allora a I o b I .
Osservazione. Sia A un anello commutativo. L'ideale nullo { 0A } primo se e
solo se A un dominio di integrit, infatti in tal caso non esistono 0A 6= a, b A
tali che ab = 0A .
Proposizione 7.4. Sia A un dominio di integrit, e sia 0A 6= a A. Allora
l'elemento a primo se e solo se l'ideale (a) primo.
Dimostrazione. Supponiamo che l'elemento 0A 6= a A sia primo. Allora per
denizione a non invertibile, e quindi (a) 6= A. Siano ora x, y A tali che
xy (a). Dunque, a | xy , e poich a primo, a | x, (e quindi x (a)) o a | y (e
quindi y (a)). Ci prova che l'ideale (a) primo.
Supponiamo ora che l'ideale (a) sia primo. Allora (a) 6= A, e quindi a non
invertibile. Se x, y A sono tali che xy (a), ovvero a | xy , allora x (a) (e
quindi a | x) o y (a) (e quindi a | y ). Perci, l'elemento a primo.
Denizione. Un ideale I di un anello A si dice massimale se:
1. I 6= A;
2. per ogni ideale J di A, se I J A allora J = I o J = A.
Proposizione 7.5. Gli ideali massimali di Z sono tutti e soli gli insiemi del
tipo pZ, dove p un numero primo.
Dimostrazione. Sia p Z un numero primo. Allora pZ un ideale proprio di
Z. Sia nZ, con N 3 n 1, un altro ideale di Z tale che pZ nZ. Allora, per
la Proposizione 7.2, n | p; ma allora n = 1 (e quindi nZ = Z) o n = p (e quindi
nZ = pZ). Dunque pZ massimale.
Sia ora mZ un ideale massimale di Z. Per denizione, mZ 6= Z e quindi m 6=
1. Supponiamo che q sia un divisore primo di m. Allora, per la Proposizione
7.2, mZ qZ, ma poich mZ massimale e qZ 6= Z, dev'essere qZ = mZ. Ma
allora m | q e dunque m = q , ovvero m primo.
Corollario 7.2.1. Nell'anello Z, l'insieme degli ideali primi coincide con quello
degli ideali massimali.
Proposizione 7.6. Sia A un anello commutativo. Allora ogni ideale massimale
di A primo.

72
Dimostrazione. Sia I un ideale massimale di A. Per denizione I 6= A. Siano
a, b A tali che ab I , e supponiamo che b / I . Allora (b) 6 I , e quindi
(b) + I I . Poich I massimale, dev'essere A = (b) + I . Esistono cio x A
e y I tali che 1A = bx + y . Quindi
a = a1A = a(bx + y) = (ab)x + ay I,

poich ab, y I , e quindi I primo.


In generale, la Proposizione 7.6 non si inverte.
Proposizione 7.7. Sia A un dominio a ideali principali, e sia 0A 6= a A.
Allora a un elemento irriducibile se e solo se (a) un ideale massimale di A.
Dimostrazione. Sia 0A 6= a A un irriducibile. Allora a non invertibile, e
quindi (a) A. Sia J un ideale di A tale che (a) J . Poich ogni ideale di A
principale, esiste b A tale che J = (b). Per la Proposizione 7.2, b | a, ma
poich a irriducibile, si ha a b (e quindi (a) = (b)) o b invertibile (e quindi
(b) = A). Dunque (a) massimale.
Supponiamo ora che l'ideale (a) A, con 0A 6= a A, sia massimale.
L'elemento a non invertibile perch (a) 6= A. Sia b A un divisore di a. Per
la Proposizione 7.2, (a) (b). Poich (a) massimale, si ha (b) = (a) (e quindi
b a) o (b) = A (e quindi b invertibile). Dunque a irriducibile.

7.3 Domini a ideali principali


Teorema 7.2. Ogni dominio a ideali principali un dominio a fattorizzazione
unica.
Dimostrazione. Sia A un dominio a ideali principali.
1. Proviamo che ogni elemento irriducibile di A primo. Sia a A irridu-
cibile. Allora, per la Proposizione 7.7, l'ideale (a) massimale, e per la
Proposizione 7.6 esso primo. Inne, per la Proposizione 7.4, a primo.
2. Proviamo che non esistono catene innite a0 , a1 , a2 . . . di elementi di A
tali che ai+1 un divisore proprio di ai per ogni i N. Siano dunque
a0 , a1 , a2 . . . elementi di A tali che ai+1 un divisore proprio di ai per
ogni i N. Per la Proposizione 7.2, a questa catena corrisponde la catena
di ideali
(a0 ) (a1 ) (a2 ) . . . .
Sia ora [
I= (ai ).
i

Tale insieme un ideale di A, infatti:


(a) I 6= , poich 0A (ai ) per ogni i N;
(b) per ogni a, b I , dev'essere a, b (ai ) per qualche i N; dunque,
a b (ai ) per qualche i N e a b I ;
(c) per ogni a I , abbiamo a (ai ) per qualche i N; ma allora, per
ogni x A, ax = xa (ai ) per qualche i N, e quindi ax = xa I .

73
Inoltre, I 6= A, poich se fosse I = A, avremmo 1A (ai ) per qualche
i N, ovvero (ai ) = A; dunque ai sarebbe invertibile, contro l'ipotesi che
esso sia un divisore proprio di ai1 .
Ora, poich A un dominio a ideali S principali, esiste b A non invertibile
tale che (b) = I . Dunque b (b) = i (ai ), e quindi b (an ) per qualche
n N; ma allora I = (an ), ovvero (an ) = (an+1 ), e quindi la catena si
arresta con an .
Per il Teorema 7.1, A un dominio a fattorizzazione unica.

Denizione. Un dominio d'integrit A si dice dominio euclideo se esiste un'ap-


plicazione : A \ { 0A } N, detta valutazione euclidea, tale che per ogni
a, b A, con b 6= 0, esistano q, r A che soddisno le seguenti propriet:
1. a = qb + r;
2. r = 0 oppure (r) < (b).
Osservazione. L'anello Z un dominio euclideo, con valutazione (z) = |z|.
Teorema 7.3. Ogni dominio euclideo un dominio a ideali principali.
Dimostrazione. Sia A un dominio euclideo e una sua valutazione. Sia I un
ideale di A. Se I = { 0A }, allora I = (0A ); supponiamo dunque I 6= { 0A }.
Allora l'insieme S = { (a) | 0A 6= a I } un sottoinsieme non vuoto di N,
e per l'Assioma del buon ordinamento ammette minimo. Sia b I tale che
(b) = min S . Proviamo che I = (b). L'inclusione (b) I segue direttamente
dalla denizione di S . Sia dunque a I : per le propriet della valutazione,
esistono q, r A tali che a = qb + r e (r) < (b) oppure r = 0A . Dunque
possiamo scrivere r = a qb, e pertanto r I ; ma allora non pu essere
(r) < (b) in quanto b = min S . Dunque r = 0A e a = qb (b); ci prova che
I (b) e inne abbiamo I = (b).

Osservazione. Non tutti i domini a ideali principali sono domini euclidei, anche
se ci dicile da provare. Un esempio

di dominio a ideali principali che non
un dominio euclideo l'anello Z[ 2 ].
1+ 19

Proposizione 7.8. Sia A un dominio a ideali principali, siano a, b A e


sia d A il loro massimo comun divisore. Allora esistono , A tali che
d = a + b .

Dimostrazione. Per denizione di massimo comun divisore abbiamo d | a e


d | b. Per la Proposizione 7.2, (a) (d) e (b) (d); quindi (a) + (b) (d).
Ora, (a) + (b) = ({ a, b }) un ideale di A, e poich A un dominio a ideali
principali esiste c A tale che (a) + (b) = (c). Dunque (c) (d). Ora, sempre
per la Proposizione 7.2, abbiamo c | a e c | b, quindi c | d per denizione di
massimo comun divisore, ovvero (d) (c). Dunque (a) + (b) = (c) = (d), e
dunque esistono , A tali che d = a + b .

Osservazione. Se A un dominio euclideo, il calcolo del massimo comun


divisore tra due elementi non nulli si pu eettuare mediante l'algoritmo di
Euclide.

74
7.4 Interi di Gauss
Denizione. Deniamo interi di Gauss gli elementi di C della forma u + iv ,
con u, v Z.
Proposizione 7.9. L'insieme Z[i] degli interi di Gauss un anello; in parti-
colare, esso un dominio di integrit.
Dimostrazione. E' suciente mostrare che Z[i] un sottoanello di C, vericando
che esso soddisfa le tre propriet caratteristiche dei sottoanelli:
1. 1C = 1Z + 0Z i Z[i];
2. per ogni u+iv, u1 +iv1 Z[i], u+iv(u1 +iv1 ) = (uu1 )+i(vv1 ) Z[i];
3. per ogni u + iv, u1 + iv1 Z[i], (u + iv) (u1 + iv1 ) = (uu1 vv1 ) + i(uv1 +
vu1 ) Z[i].

Teorema 7.4. L'anello Z[i] degli interi di Gauss un dominio euclideo.


Dimostrazione. Usiamo come valutazione la restrizione a Z[i] della norma com-
plessa, denita per ogni z = u + iv Z[i] da
(z) = zz = (u + iv)(u iv) = u2 + v 2 .

Per ogni z = u + iv, z1 = u1 + iv1 Z[i] abbiamo


(zz1 ) = ((u + iv) (u1 + iv1 )) = ((uu1 vv1 ) + i(uv1 + vu1 )) =
= (uu1 vv1 )2 + (uv1 + vu1 )2 =
= u2 u21 + v 2 v12 2uu1 vv1 + u2 v12 + v 2 u21 + 2uv1 vu1 =
= u2 u21 + v 2 v12 + u2 v12 + v 2 u21 = u2 (u21 + v12 ) + v2 (v12 + u21 ) =
= (u2 + v 2 )(u21 + v12 ) = (u + iv)(u1 + iv1 ) = (z)(z1 ).

Siano a, b Z[i], con b 6= 0. Ora, ab1 Q[i], dunque esistono , Q tali


che ab1 = + i . Pertanto esistono u, v Z tali che
1 1
| u| e | v| .
2 2
Ponendo  = u e = v , abbiamo
a = b(ab1 ) = b( + i) = b(( + u) + ( + v)i) =
= b(u + iv) + b( + i) = b(u + vi) + b( + i) = bq + r,

con q = u + vi Z[i] e r = b( + i) = a bq Z[i]. Inoltre, se r 6= 0,


1
(r) = (b)(2 + 2 ) (b).
2
Dunque, Z[i] un dominio euclideo.

Corollario 7.4.1. L'anello Z[i] degli interi di Gauss un dominio a ideali


principali e quindi anche un dominio a fattorizzazione unica.

75
L'anello degli interi di Gauss utile per le sue applicazioni alla teoria dei
numeri.
Proposizione 7.10. Sia p un numero primo tale che p 1(mod 4); allora
esiste z Z tale che z 2 1(mod p).
Dimostrazione. Se p un primo tale che p 1(mod 4), allora 4 | (p 1). Sia
s N tale che p 1 = 4s. Dobbiamo provare che il polinomio x2 + 1 ammette
radici in Z/pZ. Sia 0 6= a Z/pZ. Per il teorema di Fermat, a4s = 1; dunque
a2s radice di x2 1. Poich Z/pZ un campo e p 6= 2, le radici di x2 1 sono
solo due, e sono 1. Inoltre, le radici di x2s 1 in Z/pZ sono al pi 2s. Siccome
2s < p 1, deve esistere 0 6= a Z/pZ tale che a2s 6= 1. Ma abbiamo mostrato
che a2s radice di x2 1, e dunque dev'essere a2s = 1, e quindi as radice di
x2 + 1, ovvero (as )2 1(mod p).

Proposizione 7.11. Un numero primo positivo p si pu scrivere come una


somma p = a2 + b2 , con a, b Z, se e solo se p = 2 o p 1(mod 4).
Dimostrazione. Supponiamo che esistano a, b Z tali che p si possa scrivere
come p = a2 + b2 . Ora, possiamo avere p = 2, e in questo caso abbiamo gi la
tesi, o p dispari. Nel secondo caso, a e b non possono essere entrambi pari n
entrambi dispari, e possiamo supporre a = 2h e b = 2k + 1, con h, k Z. Ci
implica
a2 = 4h2 0(mod 4) e b2 = 4k2 + 4k + 1 1(mod 4).
Dunque p 1(mod 4).
Supponiamo ora che sia p 1(mod 4) o p = 2; il secondo caso ovvio in
quanto 2 = 1+1, dunque possiamo considerare solo il primo. Per la Proposizione
7.10, esiste z Z tale che p | (z 2 +1). Dunque, in Z[i], p | (z 2 +1) = (z+i)(zi),
e quindi p non pu essere un primo in Z[i], poich un numero n Z divide un
elemento di Z[i] se e solo se divide la sua parte reale e la sua parte immaginaria,
e dunque p non divide z + i n z i. Allora p non irriducibile in Z[i], ovvero
esistono , Z[i] non invertibili tali che p = . Dunque
p2 = (p) = ()(),

e poich , non sono invertibili, abbiamo Z 3 (), () > 1 e inne otteniamo


() = () = p. Ora, se = a + ib, con a, b Z, abbiamo () = a2 + b2 = p,
che prova la tesi.

Lemma 7.3. Sia Z[i]. Allora, un primo di Z[i] se e solo se una delle
seguenti condizioni soddisfatta:
1. p, con p Z primo tale che p 3(mod 4);
2. () = p, con p Z primo tale che p = 2 o p 1(mod 4).
Dimostrazione. Supponiamo che = a+ib sia un primo di Z[i]. Allora abbiamo
Z 3 () = > 1, e quindi esistono p1 , p2 , . . . , ph Z primi in Z tali che
= p1 p2 . . . ph . Ma poich primo in Z[i] abbiamo | p = pi , ovvero
pi = p = con Z[i], per qualche i = 1, . . . , h. Dunque () | (p) = p2 .
Poich 1 6= () N, abbiamo due possibilit.

76
1. Se () = p2 , da p = otteniamo
p2 = (p) = ()() = p2 (),

dunque () = 1 e invertibile, ovvero p. Perci, p primo e


quindi irriducibile in Z[i], dunque p 6= 2 e p 6 1(mod 4), altrimenti per la
Proposizione 7.11 avremmo
p = x2 + y 2 = (x + iy)(x iy),

con x + iy, x iy Z[i] non invertibili.


2. Se invece () = a2 + b2 = p, per la Proposizione 7.11 abbiamo = 2 o
1(mod 4).
Supponiamo ora che Z[i] soddis una delle condizioni poste.
1. Se p con p Z primo tale che p 3(mod 4), supponiamo che sia
riducibile. Allora anche p riducibile in Z[i], e p = con , Z[i] non
invertibili. Dunque p2 = (p) = ()(), e poich 1 < (), () N,
abbiamo () = p. Dunque p = x2 + y 2 per opportuni x, y Z e per la
Proposizione 7.11 abbiamo = 2 o 1(mod 4), assurdo. Dunque
irriducibile, e quindi primo poich Z[i] un dominio a fattorizzazione
unica.
2. Se () = p, con p Z primo, evidentemente non esistono , Z[i] tali
che (), () 6= 1 e = , e dunque irriducibile, ovvero primo.
Osserviamo anche che se vale la 1, un numero reale o immaginario puro,
mentre se vale la 2 allora <(), =() 6= 0.

77
Capitolo 8

Polinomi

8.1 Denizioni
Denizione. Sia A un anello commutativo. Un polinomio a coecienti in A
nell'indeterminata x un'espressione della forma
a0 + a1 x + a2 x2 + + an xn ,

con n N e a0 , a1 , . . . , an A coecienti del polinomio. Deniamo a0 termine


noto del polinomio. Indichiamo con A[x] l'insieme dei polinomi a coecienti in
A.
Denizione. Due polinomi a0 + a1 x + + an xn e b0 + b1 x + + bm xm , a
coecienti nell'anello commutativo A, si dicono uguali se ai = bi per ogni i 0,
dove per convenzione i coecienti non scritti sono uguali a 0A .
In generale, invece di 1A xn scriviamo semplicemente xn . Inoltre, dato
un anello commutativo A, tutti i suoi elementi possono essere considerati dei
polinomi, dunque A A[x]. Indicheremo i polinomi con lettere minuscole.
Denizione. Sia A un anello commutativo. Sull'insieme A[x] dei polinomi a
coecienti in A deniamo somma e prodotto ponendo per ogni
f = a0 + a1 x + + an xn , g = b0 + b1 x + + bm xm A[x],

con n m,
f + g = c0 + c1 x + + cn xn e
f g = d0 + d1 x + + dm+n xm+n ,

dove
j
e
X
ci = ai + bi dj = ar bjr ,
r=0

per ogni i = 0, 1, . . . , n e per ogni j = 0, 1, . . . , m + n.


Proposizione 8.1. Sia A un anello commutativo. L'insieme (A[x], +, ) un
anello commutativo, e si denisce anello dei polinomi nell'indeterminata x a
coecienti in A.

78
Dimostrazione. Verichiamo che (A[x], +, ) soddisfa le propriet caratteristiche
degli anelli. Per ogni f, g, h A[x], con
n
X m
X k
X
f= ai xi , g= bi x i , h= ci xi
i=0 i=0 i=0

e n m k, abbiamo:
n k n m
S1
X X X X
(f + g)+h = (ai + bi )xi + ci xi = ai xi + (bi + ci )xi = f + (g + h);
i=0 i=0 i=0 i=0
n n
S2
X X
f +g = (ai + bi )xi = (bi + ai )xi = g + f ;
i=0 i=0
n
S3 infatti f + 0A =
X
0A[x] = 0A , (ai + 0A )xi = f ;
i=0
n n
S4 infatti f f =
X X
f = (ai )xi , (ai ai )xi = 0A ;
i=0 i=0
! !
m+n i k m+n+k i r
P1
X X X X X X
(f g) h = ar bir xi ci x i = aj brj cir xi =
i=0 r=0 i=0 i=0 r=0 j=0
! !
m+n+k
X Xi Xir n
X m+k
X i
X
= ar bj cirj xi = ai x i
br cir xi = f (g h);
i=0 r=0 j=0 i=0 i=0 r=0
m+n i
! m+n i
!
P2
X X X X
f g = ar bir xi = br air xi = g f ;
i=0 r=0 i=0 r=0
n i
!
P3 infatti f 1A =
X X
1A[x] = 1A , ar 1A xi = f ;
i=0 r=0
n
! m
! m+n i
!
D
X X X X
f (g + h) = ai xi (bi + ci )xi = ar (bir + cir ) xi =
i=0 i=0 i=0 r=0
m+n i
! m+n i
!
X X X X
= ar bir xi + ar cir xi = f g + f h.
i=0 r=0 i=0 r=0

Osservazione. Sia A un anello commutativo. Allora:


A[x] un anello e 1A[x] = 1A , dunque A un sottoanello di A[x];
char A = char A[x], perch essendo 1A[x] = 1A , l'unico omomorsmo
: Z A[x] associa agli elementi di Z elementi di A.

Denizione. Sia A un anello commutativo, e sia 0A 6= f A[x], con


f = a0 + a1 x + a2 x2 + + an xn ,

dove an 6= 0. Il numero naturale n si dice grado del polinomio f , e scriviamo


n = deg f . Deniamo an coeciente direttivo del polinomio f , e se an = 1A
deniamo f monico.

79
Osservazione. Sia A un anello commutativo, e f A[x]. Allora, deg f = 0 se e
solo se f A \ { 0A }. Per convenzione, consideriamo 0A il coeciente direttivo
del polinomio nullo.
Lemma 8.1. Sia A un anello commutativo e siano 0A 6= f, g A[x]. Allora:
1. deg(f + g) max { deg f, deg g };
2. deg(f g) deg f + deg g, e l'uguaglianza vale se A un dominio di
integrit.
Dimostrazione. Siano 0A 6= f, g A[x], con
n
X m
X n
X m+n
X
f= ai xi , g= bi x i , f +g = ci xi , f g = di xi
i=0 i=0 i=0 i=0

e n m.PPer denizione di somma e prodotto su A[x], abbiamo cn = an + bn e


dm+n = r=0 ar bm+nr . Allora:
m+n

deg(f + g) n = max { deg f, deg g };


deg(f g) m + n = deg f + deg g , e se A un dominio di integrit vale
l'uguaglianza poich necessariamente dm+n 6= 0A .
Proposizione 8.2. Sia A un dominio di integrit. Allora:
A[x] un dominio di integrit;
U (A[x]) = U (A).

Dimostrazione. Sia A un dominio di integrit.


1. Siano 0A 6= f, g A[x]. Allora deg f, deg g 0, e per il Lemma 8.1,
deg(f g) = deg f + deg g 0, dunque deg(f g) denito e f g 6= 0A .

2. Sia f A[x] invertibile. Allora esiste g A[x] tale che 1A = f g , dunque


per il Lemma 8.1, 0 = deg 1A = deg f + deg g , e inne deg f = deg g = 0,
ovvero f, g U (A).
Corollario 8.1.1. Se A un campo, U (A[x]) = A \ { 0A }.
Teorema 8.1 (Principio di sostituzione). Siano A, B anelli commutativi, sia
: A B un omomorsmo e sia b B . Allora esiste uno e un solo omomor-
smo b : A[x] B tale che
per ogni a A
(
b (a) = (a)
b (x) = b.

Dimostrazione. Supponiamo che esista un omomorsmo b : A[x] B che sod-


dis le propriet richieste. Allora per ogni f = a0 + a1 x + + an xn A[x]
dev'essere
b (f ) = b (a0 )+b (a1 )b (x)+ +b (an )b (xn ) = (a0 )+b(a1 )+ +bn (an ).

Dunque, se esiste, b univocamente determinato. Proviamo ora che l'applica-


zione b : A[x] B denita ponendo
b (f ) = (a0 ) + b(a1 ) + + bn (an ) f = a0 + a1 x + + an xn A[x]

80
un omomorsmo. Per ogni
f = a0 + a1 x + + an xn , g = b0 + b1 x + + bm xm A[x],

con n m, abbiamo
f + g = c0 + c1 x + + cn xn e f g = d0 + d1 x + + dm+n xm+n ,
dove
j
e
X
ci = ai + bi dj = ar bjr .
r=0

Ora,
1. (ci ) = (ai ) + (bi ), dunque
 b (f + g) = b (f ) + b (g);
2. (di ) = r=0 (ar )(bjr ) il coeciente i-esimo
Pj Pj
r=0 ar bjr =
del polinomio f g , dunque b (f g) = b (f ) b (g);
3. b (1A ) = (1A ) = 1B .

Osservazione. Sia A un sottoanello dell'anello commutativo B .


Sia A un sottoanello dell'anello commutativo B . Un'applicazione del Prin-
cipio di sostituzione l'omomorsmo di sostituzione b : A[x] B , de-
nito ponendo per ogni f = a0 + a1 x + + an xn A[x] e per un b B
ssato
b (f ) = f (b) = a0 + a1 b + + an bn .
L'immagine A[b] dell'omomorsmo di sostituzione

R[b] = { f (b) | f A[x] } = { a0 + a1 b + + an bn | n N, a0 , a1 , . . . , an A } ,

ed il minimo sottoanello di B che contiene A { b }; infatti esso un


sottoanello in quanto immagine di un omomorsmo, ed il pi piccolo in
quanto qualsiasi sottoanello di B che contenga A e { b } contiene anche le
potenze bn e i prodotti abn , per ogni n N, a A.
Il nucleo Ib dell'omomorsmo di sostituzione

Ib = { f A[x] | f (b) = 0 } .

Osservazione. Sia n 2. Un'altra applicazione del Principio di sostituzione


la riduzione modulo n, n : Z[x] (Z/nZ)[x], denita per ogni f = a0 + a1 x +
+ an xn Z[x] da

f 7 f = a0 + a1 x + + an xn ,

avendo scelto come b l'elemento x (Z/nZ)[x].

8.1.1 Costruzione formale dell'anello dei polinomi

Sia A un anello commutativo. Consideriamo l'insieme di tutte le sequenze inni-


te (a0 , a1 , a2 , . . . ), con a0 , a1 , a2 , A, che possiamo identicare con l'insieme
AN delle applicazioni da N in A associando ad ogni sequenza (a0 , a1 , a2 , . . . )
l'applicazione f AN tale che f (i) = ai per ogni i N.

81
Deniamo il sottoinsieme delle sequenze che hanno un numero nito di
termini diversi da 0:
B = { f : N A | k N : f (i) = 0 i k } .

Sugli elementi di B deniamo una somma e un prodotto ponendo per ogni


a = (a0 , a1 , a2 , . . . ), b = (b0 , b1 , b2 , . . . ) B
0 1 2
a+b = (a0 +b0 , a1 +b1 , a2 +b2 , . . . ) e ab = (
X X X
ar br , ar b1r , ar b2r , . . . ).
r=0 r=0 r=0

Rispetto a tali operazioni, B un anello commutativo, come si verica ana-


logamente a quanto fatto per l'anello dei polinomi a coecienti in un anello
commutativo; gli elementi neutri sono 0B = (0, 0, 0, . . . ) e 1B = (1, 0, 0, . . . ).
Consideriamo ora l'applicazione : A B che associa ad ogni elemento
a A l'elemento (a, 0, 0, . . . ) B . Essa evidentemente un omomorsmo
iniettivo di anelli; dunque possiamo identicare ogni elemento a A con la sua
immagine (a), e considerare A come sottoanello di B .
Poniamo adesso x = (0, 1, 0, 0, . . . ) B . Per la denizione di prodotto,
abbiamo
xn = (0, . . . , 0, 1, 0, . . . ) n N.
| {z }
n

Perci per ogni a A abbiamo


a xn = (a, 0, 0, . . . ) (0, . . . , 0, 1, 0, . . . ) = (0, . . . , 0, a, 0, . . . ).
| {z } | {z }
n n

Dunque possiamo scrivere ogni elemento f = (a0 , a1 , . . . , an , 0, . . . ) B come


f = (a0 , 0, 0, . . . )+(0, a1 , 0, . . . )+ +(0, . . . , 0, an , 0, . . . ) = a0 +a1 x+ +an xn .
| {z }
n

Dunque abbiamo A B = A[x], e deniamo B anello dei polinomi a coecienti


in A nell'indeterminata x.

8.1.2 Polinomi a pi indeterminate

Possiamo estendere la costruzione dell'anello dei polinomi al caso di pi inde-


terminate. Se A un anello commutativo e x, y sono due indeterminate diverse,
si pone A[x, y] = (A[x])[y]. In generale, sia N 3 n 2 e siano x1 , x2 , . . . , xn
indeterminate distinte; allora
A[x1 , . . . , xn ] = (A[x1 , . . . , xn1 ])[xn ].

Ovviamente vale la seguente catena di inclusioni tra sottoanelli:


A A[x1 ] A[x1 , x2 ] A[x1 , . . . , xn ].

I risultati trovati per A[x] si estendono ad A[x1 , . . . , xn ]: se A un dominio di


integrit, lo anche A[x1 , . . . , xn ], e U (A) = U (A[x1 , . . . , xn ]).

82
Nel caso di due indeterminate x, y , ogni elemento f A[x, y] si scrive in
modo unico nella forma X
f= aij xi y j
i,jN

con gli elementi aij A non nulli per un un numero nito di coppie (i, j).
Le due indeterminate sono commutative, e ci si pu provare anche usando il
Principio di sostituzione. Infatti l'isomorsmo tra A[x] e A[y], tale che a 7 a
per ogni a A e x 7 y , si estende per il Principio di sostituzione ad un unico
omomorsmo
: A[x, y] = A[x][y] A[y, x],
evidentemente invertibile; dunque un isomorsmo e A[x, y] ' A[y, x].

8.2 Divisione tra polinomi


Denizione. Sia A un anello commutativo, e siano f, g A[x]. Diciamo che f
divide g, e scriviamo f | g, se esiste h A[x] tale che g = f h.
Se A un anello commutativo e 1 m, n N con m | n, allora xm 1A
A[x] divide xn 1A A[x]. Infatti, se n = md,

xn 1 = (xm 1)(x(d1)m + + x2m + xm + 1).

Teorema 8.2. Sia A un anello commutativo e sia f = a0 + a1 x + + an xn


A[x], con an U (A). Allora per ogni g A[x] esistono unici due polinomi
h, r A[x] tali che:
1. g = hf + r;
2. r = 0A oppure deg(r) deg(f ) 1.
Dimostrazione. Siano f = a0 +a1 x+ +an xn , g = b0 +b1 x+ +bm xm A[x],
e proviamo l'esistenza di h, r con le propriet richieste. Se g = 0A , allora
g = 0A f + 0A . Supponiamo dunque g 6= 0A e procediamo per induzione su
m = deg(g).
Se m = 0, allora g A. Se deg(f ) = n 1 possiamo scrivere g = 0A f +g ,
e deg g = 0 < n = deg(f ); se invece deg(f ) = 0, abbiamo f = a0 invertibile
in A, dunque g = a0 (a1
0 g) + 0A .
Se m 1, supponiamo vera la tesi per ogni deg(g) < m, e proviamola per
deg(g) = m. Se m n 1, allora possiamo scrivere g = 0A f + g . Sia
allora m n, e poniamo
g1 = an g bm xmn f =
= an (b0 + b1 x + + bm xm ) bm xmn (a0 + a1 x + + an xn ) =
= an b0 + + an bm xm a0 bm xmn an bm xm .

Dunque deg(g1 ) m1; allora per ipotesi induttiva esistono h1 , r1 A[x]


tali che g1 = h1 f + r1 e r1 = 0A oppure deg(r1 ) n 1. Quindi abbiamo
g = a1
n (g1 + bm x
mn
f ) = a1
n (h1 f + r1 + bm x
mn
f) =
= a1
n (h1 + bm x
mn
)f + a1
n r1 ,

83
e per h = a1n (h1 + bm x
mn
) e r = a1
n r1 si ha la tesi.
Proviamo ora l'unicit di h, r. Supponiamo che sia g = hf + r = h0 f + r0 ,
con r, r0 nulli o di grado inferiore a n 1. Allora (h h0 )f = r0 r, e se fosse
h 6= n0 avremmo

deg f deg (h h0 )f = deg(r r0 ) deg(f ) 1,




assurdo. Dunque h = h0 e r = r0 .
Teorema 8.3. Sia A un campo. Allora:
A[x] un dominio euclideo;
A[x] un dominio a ideali principali. Pi precisamente, se I 6= { 0A }
un ideale di A[x], e 0 6= f I un polinomio di grado minimo tra quelli
appartenenti a I , allora I = (f ).
Dimostrazione. Sia A un campo.
1. Per il Teorema 8.2, A[x] un dominio euclideo e la sua valutazione il
grado.
2. Sia I un ideale di A[x]. Se I = { 0A }, allora I = (0A ). Sia dunque I 6=
{ 0A }; allora I contiene almeno un f 6= 0A . Sia n = min { deg f | 0A 6= f I },
e sia f un elemento di I tale che deg f = n. Proviamo che I = (f ).
Intanto, (f ) il minimo ideale che contiene f , e poich f I abbiamo
(f ) I .
Sia ora g I . Per il Teorema 8.2, esistono unici q, r A[x] tali che
g = f q + r e r = 0A o deg r < deg f = n. Poich f q I per la propriet
di assorbimento, r = g f q I . Se fosse r 6= 0, avremmo deg r < n =
min { deg f | 0A 6= f I }, assurdo; dunque r = 0A e g = f q (f ). Allora
I (f ).
Vale la doppia inclusione, dunque I = (f ).
Osservazione. Il Teorema 8.3 non vale in generale se A un dominio di in-
tegrit; ad esempio, Z[x] non un dominio a ideali principali, come si verica
considerando l'ideale I = { a0 + a1 x + + an xn Z[x] : 2 | a0 } = (2, x).
Lemma 8.2. Sia A un campo e siano 0A 6= f, g A[x] tali che g | f . Allora:
1. g un divisore proprio di f se e solo se 0 < deg g < deg f ;
2. f | g se e solo se esiste 0A 6= c A tale che g = cf .
Dimostrazione. 1. Per denizione, g un divisore proprio di f se e solo se g
non invertibile e g, f non sono associati. Ora, poich U (A[x]) = U (A) =
A, g non invertibile se e solo se g / A. Inoltre, per la Proposizione 7.1,
g, f sono associati se e solo se esiste c U (A) = A \ { 0A } tale che g = cf .
Dunque, dev'essere deg g > 0 e deg g < deg f .
2. Per ipotesi g | f , dunque abbiamo che f | g se e solo se f g , ovvero,
per la Proposizione 7.1, se e solo se esiste c U (A) = A \ { 0A } tale che
g = cf .

Osservazione. Sia A un campo, e sia I 6= { 0A } di A[x] un ideale. Due


polinomi f, g I sono tali che I = (f ) = (g) se e solo se esiste 0A 6= c A tale

84
che cf = g . Infatti, (f ) = (g) implica f | g e g | f , ovvero f g , e dunque
per il Lemma 8.2 essi dieriscono per un elemento di A non nullo. Dunque ogni
ideale I 6= { 0A } di A[x] ha uno e un solo generatore monico.
Osservazione. Sia A un campo. Un polinomio f F [x] irriducibile se e solo
se deg f 1 e non esistono g, h A[x] tali che f = g h e deg g, deg h < deg f ;
infatti in tal caso f privo di divisori propri, come segue dal Lemma 8.2. In
particolare, se A un campo, ogni polinomio f A[x] tale che deg f = 1
irriducibile.
Osservazione. Sia A un campo. Poich per il Teorema 8.3 A[x] un dominio
a ideali principali, e quindi un dominio a fattorizzazione unica, ogni coppia
di elementi f, g di A[x] ammette un massimo comun divisore d, ed esistono
, A[x] tali che d = f + g ; inoltre, tra i polinomi che possono essere
scritti in tale forma, uno di quelli con grado minimo (ma non nullo). Per il
Lemma 8.2, se d e d1 sono due MCD di f, g , essi dieriscono per un fattore non
nullo; dunque per ogni f, g A[x] esiste un unico MCD monico, che si denota
con (f, g). I polinomi f, g si dicono coprimi se (f, g) = 1. Per calcolare l'MCD
tra due polinomi possibile applicare l'algoritmo di Euclide.

8.3 Radici e fattorizzazioni


Corollario 8.3.1. Sia A un campo. Allora A[x] un dominio a fattorizzazione
unica.
Dimostrazione. Segue immediatamente dal Teorema 8.3 e dal Teorema 7.2.
Osservazione. Se A un campo, ogni polinomio f A[x] \ A si scrive in modo
essenzialmente unico, a meno dell'ordine dei fattori, come f = an f1 f2 fk ,
dove an il coeciente direttivo di f e f1 , f2 , . . . , fk sono polinomi monici irri-
ducibili in A[x]. Infatti se f A[x]\A, f non nullo e non invertibile, e poich A
un dominio a fattorizzazione unica esso ha una scrittura essenzialmente unica
come prodotto di irriducibili; inoltre, poich ogni classe di polinomi associati di
A[x] contiene uno e un solo elemento monico, possiamo scegliere di considerare
solo elementi monici nella fattorizzazione di f .
Denizione. Sia A un anello e sia 0A 6= f A[x]. Un elemento a A si dice
radice o zero di f se f (a) = 0A .
Teorema 8.4 (Runi). Sia A un anello commutativo, sia 0A 6= f A[x] e sia
a A. Allora a una radice di f se e solo se (x a) | f .
Dimostrazione. Supponiamo che f (a) = 0A , e dividiamo f per (x a). Esistono
h, r A[x] tali che f = (x a)h + r, con r = 0A o deg r = 0 e quindi r A,
ovvero r(a) = r. Ora,
0A = f (a) = (a a)h(a) + r(a) = 0h(a) + r = r,

dunque f = (x a)h cio (x a) | f .


Adesso, supponiamo che (x a) | f . Allora esiste h A[x] tale che f =
(x a)h, e quindi

f (a) = (a a)h(a) = 0A h(a) = 0A ,

85
e ci prova che a una radice di f .

Osservazione. Sia A un campo. Un polinomio 0A 6= f A[x] ha divisori di


grado 1 se e solo se ha radici in A. Infatti g = ax + b = a(x (ba1 )) A[x]
un divisore di f se e solo se anche x (ba1 ) un divisore di f , ovvero se e
solo se ba1 una radice di f .
Denizione. Sia A un campo, sia 0A 6= f A[x] un polinomio e sia a A una
radice di f . Deniamo la molteplicit (algebrica) di a come il massimo numero
naturale m(a) tale che (x a)m(a) divide f . Se m(a) = 1, deniamo la radice a
semplice, altrimenti la deniamo multipla.
Osservazione. Poich (x a)m(a) divide f , dal Lemma 8.2 segue che 1
m(a) deg f . Possiamo scrivere f come f = (x a)m(a) h, dove h A[x]
tale che h(a) 6= 0A .
Teorema 8.5. Sia A un campo, e sia 0A 6= f A[x] un polinomio tale che
deg f = n. Siano a1 , a2 , . . . , ak le radici distinte di f A, e per ogni i =
1, 2, . . . , k sia mi = m(ai ) la molteplicit della radice ai . Allora m1 + m2 + +
mk n.

Dimostrazione. Proviamo per induzione su k che il polinomio (x a1 )m(a1 ) (x


a2 )m(a2 ) . . . (x ak )m(ak ) divide f .
Il caso k = 1 segue naturalmente dal Teorema 8.4 e dalla denizione di
molteplicit.
Supponiamo ora che (xa1 )m(a1 ) (xa2 )m(a2 ) . . . (xak1 )m(ak1 ) divida
f . Allora esiste g A[x] tale che

f = (x a1 )m(a1 ) (x a2 )m(a2 ) . . . (x ak1 )m(ak1 ) g.

Abbiamo perci
0A = f (ak ) = (ak a1 )m(a1 ) (ak a2 )m(a2 ) . . . (ak ak1 )m(ak1 ) g(ak ).

Poich le radici ai sono distinte per ipotesi, dobbiamo avere g(ak ) = 0A .


Ora, ak ha la stessa molteplicit algebrica sia come radice di f che come
radice di g . Infatti, sia per assurdo mg (ak ) la molteplicit di ak come
radice di g , e sia mg (ak ) 6= m(ak ). Allora esiste g 0 A[x] tale che possiamo
scrivere g = (x ak )mg (ak ) g 0 e g 0 (ak ) 6= 0A . Dunque scriviamo f come
f = (x a1 )m(a1 ) (x a2 )m(a2 ) . . . (x ak )mg (ak ) g 0 ;

necessariamente dev'essere mg (ak ) = m(ak ). Ci prova la tesi.


Dunque, il polinomio h = (x a1 )m(a1 ) (x a2 )m(a2 ) . . . (x ak )m(ak ) divide f ;
ma allora deg h = m(a1 ) + m(a2 ) + + m(ak ) deg f .

Corollario 8.3.2. Sia A un campo, e sia 0A 6= f A[x] un polinomio tale che


deg f = n. Allora il numero di radici distinte di f in A al pi n.
Teorema 8.6 (Wilson). Sia p un numero primo positivo. Allora
(p 1)! 1 (mod p).

86
Dimostrazione. Per p = 2 la tesi ovvia. Sia allora p dispari. Consideriamo
il campo Z/pZ. Per il Teorema di Fermat, se 0 6= a Z/pZ allora ap1 = 1.
Quindi 1, 2, . . . , p 1 sono le radici distinte del polinomio f = xp1 1
Z/pZ[x]. Dunque, poich f monico e deg f = p 1,

xp1 1 = (x 1)(x 2) . . . , (x p 1).

Confrontiamo i termini noti:


1 = (1) (2) (p 1) = (1)p1 1 2 (p 1) = (p 1)!.

Dunque (p 1)! 1 (mod p).

8.3.1 Serie formali

Denizione. Sia A un campo. Deniamo serie formali le espressioni del tipo


X
ai xi = a0 + a1 x + a2 x2 + + an xn + . . .
iN

dove ai A per ogni i N. Deniamo somma e prodotto tra serie formali come
! !
e
X X X X X X
i i
ai x + bi x = (ai + bi )xi ai x i
bi x i
= ci xi ,
iN iN iN iN iN iN

dove, per ogni i N, ci = ij=0 aj bij .


P

Proposizione 8.3. Sia A un campo. L'insieme


( )
X
i
A[[x]] = ai x | ai A i N
iN

delle serie formali a coecienti in A, con le operazioni di somma e prodot-


to appena denite, costituisce un anello; in particolare, esso un dominio di
integrit.
Dimostrazione. E' suciente estendere le considerazioni analoghe gi fatte per
i polinomi.
Osservazione. Sia A un campo. Il sottoinsieme di A[[x]] delle serie formali tali
che esiste n N con la propriet che ai = 0A per ogni i n l'anello A[x] dei
polinomi a coecienti in A; il sottoinsieme di A[[x]] delle serie formali tali che
ai = 0A per ogni i 1A il campo A stesso.
Proposizione 8.4. Sia A un campo. Allora
( )
X
i
U (A[[x]]) = ai x A[[x]] | a0 6= 0A .
iN

Dimostrazione. Se una serie = ai xi A[[x]] invertibile, allora esiste


P
= bi xi A[[x]] tale che
P

1A[[x]] = 1+0x+0x2 + = = a0 b0 +(a0 b1 +a1 b0 )+(a0 b2 +a1 b1 +a2 b0 )x2 +. . .

87
ovvero se e solo se esistono b0 , b1 , b2 , A tali che a0 b0 = 1, a0 b1 + a1 b0 = 0 e
cos via. Dunque dev'essere a0 6= 0A . Adesso, supponendo a0 6= 0A , deniamo
b0 = a1
(
0 P 
i
bi = a01 j=1 aj b ij 1 i N.

Abbiamo allora ( ai xi )1 = bi xi ; quindi entrambe le implicazioni sono


P P
vericate.
Osservazione.PDato un campo A, l'insieme degli elementi non invertibili di
A[[x]] J = { ai xi A[[x]] | a0 = 0A }. Evidentemente J = (x). Ora, ogni
ideale proprio di A[[x]] contenuto in J ; infatti, se per assurdo I fosse un ideale
proprio di A[[x]] tale che I 6 J , esisterebbe f I \ J . Allora, per denizione di
J , f sarebbe invertibile, pertanto (f ) = A[[x]] I , assurdo perch I proprio.

Denizione. Sia A un anello commutativo. Se esiste un ideale J di A tale che


per ogni I ideale proprio di A sia I J , A si dice anello locale. Ogni campo
un anello locale banale (per J = { 0 }).
Proposizione 8.5. Sia A un campo. Allora A[[x]] un dominio a ideali
principali.
Dimostrazione. L'anello A[[x]] ha un solo elementoP irriducibile, a meno di asso-
ciati. Infatti x A[[x]] irriducibile, e se = ai xi A[[x]] non invertibile
esiste un naturale n 1 tale che ai = 0A per ogni 0 1 < n e an 6= 0A , pertanto
X
= xn an+i xi xn ,
iN

dato che an+i xi invertibile. Dunque irriducibile se e solo se n = 1 e


P
x. Concludiamo che f A[[x]] si scrive in modo essenzialmente unico nella
forma f = xn g , con n 0 e g A[[x]] invertibile. Dunque gli ideali propri non
banali di A[[x]] sono tutti e soli quelli del tipo (xn ) con n 0.

8.4 Fattorizzazioni in Z[x] e Q[x]


Denizione. Sia 0 6= f = a0 + a1 x + + an xn Z[x]. Deniamo f primitivo
se MCD(a0 , a1 , . . . , an ) = 1.
Lemma 8.3. Sia 0 6= f Z[x]. Allora f = df0 , con d Z e f0 primitivo, e
tale fattorizzazione unica a meno del segno.
Dimostrazione. Proviamo che la fattorizzazione richiesta esiste. Consideriamo
il polinomio 0 6= f = a0 +a1 x+ +an xn Z[x], e sia d = MCD(a0 , a1 , . . . , an ).
Allora f0 = ad0 + ad1 x + + adn xn Z[x] primitivo e f = df0 . Per quanto
riguarda l'unicit, sia f = cf1 , con c Z e f1 Z[x] primitivo. Allora c divide
tutti i coecienti di f e quindi c | d; similmente dc divide tutti i coecienti di
f1 che primitivo, dunque c = d e f1 = f0 .

Lemma 8.4. Sia 0 6= f Q[x]. Allora f = f0 con Q e f0 Z[x]


primitivo, e tale fattorizzazione unica a meno del segno.

88
Dimostrazione. Proviamo che la fattorizzazione richiesta esiste. Consideriamo
il polinomio 0 6= f = a0 + a1 x + + an xn Q[x]. Per ogni i N sia ai = srii ,
con ri , si Z. Poniamo s = s0 s1 . . . sn ; allora sf Z[x] e per il Lemma 8.3
sf = df0 con d Z e f0 primitivo; dunque f = ds f0 , con ds Q. Per quanto
riguarda l'unicit, sia f = ab f1 , con a, b Z e f1 Z[x] primitivo. Allora
bdf0 = asf1 Z[x], dunque per il Lemma 8.3 f1 = f0 e bd = as da cui
b = s.
a d

Lemma 8.5 (Gauss). Il prodotto di polinomi interi primitivi primitivo.


Dimostrazione. Siano f, g Z[x] e supponiamo che f g non sia primitivo. Allora
esiste un primo p che divide tutti i coecienti di f g ; considerando la riduzione
modulo p si ha 0 = f g = f g . Poich Z/pZ un dominio di integrit,
dev'essere f = 0 o g = 0, ovvero p deve dividere tutti i coecienti di f o di g .
Dunque f e g non possono essere entrambi primitivi. Ci prova che se f, g sono
primitivi, allora f g primitivo.

Proposizione 8.6 (Gauss). Sia 0 6= f Q[x], e scriviamo f = f0 con Q


e f0 Z[x] primitivo. Allora f irriducibile in Q[x] se e solo se f0 irriducibile
in Z[x].
Dimostrazione. Supponiamo che f sia riducibile in Q[x]. Allora esistono g, h
Q[x] tali che f = gh e deg g, deg h < deg f . Per il Lemma 8.4, possiamo scrivere
g = g0 e h = h0 , con , Q e g0 , h0 Z[x] primitivi. Allora f = f0 =
g0 h0 . Per il Lemma di Gauss g0 h0 primitivo, e quindi per il Lemma 8.4
f0 = g0 h0 , ovvero f0 riducibile in Z[x].
Supponiamo ora che f0 sia riducibile in Z[x]; allora esistono g, h Z[x] tali
che f0 = gh e g, h 6= 1. Poich f0 primitivo, g, h / Z; quindi deg g, deg h <
deg f0 = deg f , e inne f = (h)g una decomposizione in fattori propri di f
in Q[x].

Le precedenti considerazioni possono essere estese sostituendo a Z un domi-


nio a fattorizzazione unica qualunque, e a Q il suo campo delle frazioni.
Teorema 8.7. Sia A un dominio a fattorizzazione unica. Allora A[x] un
dominio a fattorizzazione unica.
Dimostrazione. Sia 0A 6= f A[x] \ U (A). Proviamo che f ammette una fatto-
rizzazione in irriducibili essenzialmente unica (ovvero unica a meno dell'ordine
dei fattori e di moltiplicazione per invertibili).
Scriviamo f = df0 , con d A e f0 primitivo (la denizione di polinomio
primitivo pu essere estesa a tutti i domini a fattorizzazione unica perch in
essi esiste il massimo comun divisore, come provato con la Proposizione 7.3).
Fattorizziamo f in F [x], dove F il campo delle frazioni di A, e F [x] un
dominio a fattorizzazione unica per il Corollario 8.3.1. Abbiamo f = g1 g2 . . . gk
con g1 , . . . , gk polinomi irriducibili in F [x], individuati a meno di moltiplicazione
per elementi non nulli di F . Scriviamo, per ogni i = 1, 2, . . . , k, gi = i gi0 , con
i F e gi0 A[x] primitivo individuati a meno di moltiplicazione per invertibili.
Poniamo = 1 2 . . . k F e g = g10 g20 . . . gk0 A[x], e abbiamo
df0 = f = 1 g10 2 g20 . . . k gk0 = g.

89
Per il Lemma di Gauss g primitivo, dunque estendendo il Lemma 8.4, abbiamo
= d A e g = f0 . Inoltre, essendo per ogni i = 1, 2, . . . , k gi irriducibile
in F , gi0 irriducibile in A per la Proposizione di Gauss. Fattorizziamo d in A,
come d = p1 p2 . . . ps . Dunque, a meno di moltiplicazione per invertibili,
f = p1 p2 . . . ps g10 g20 . . . gk0

una fattorizzazione in irriducibili di f in Z[x].


La fattorizzazione ottenuta essenzialmente unica, in quanto essenzialmente
uniche sono la fattorizzazione f = df0 , la fattorizzazione in irriducibili di d in A
e la fattorizzazione in irriducibili di f in F .
Corollario 8.4.1. L'anello Z[x] un dominio a fattorizzazione unica, ed
un esempio di dominio a fattorizzazione unica che non un dominio a ideali
principali.
Enunciamo ora alcuni criteri per studiare la riducibilit di un polinomio in
Z[x] o in Q[x].

Proposizione 8.7. Sia f = a0 + a1 x + a2 x2 + + xn Q[x] un polinomio


monico, tale che ai Z per ogni i = 0, 1, . . . , n 1 e a0 6= 0. Allora le radici di
f in Q[x] sono numeri interi che dividono (in Z) il termine noto a0 .

Dimostrazione. Sia f Q[x] come nell'ipotesi. Supponiamo che esista una


radice q = a/b Q di f , dove a, b Z, (a, b) = 1 e b 1. Allora
a an
0 = f (q) = a0 + a1 q 1 + + q n = a0 + a1 + + n .
b b
Moltiplicando per bn , otteniamo
an = a0 bn +a1 abn1 + +an1 an1 b = b(a0 bn1 +a1 abn2 + +an1 an1 ).

In questa relazione tutti i termini sono interi, e siccome dev'essere b | a, ma


(a, b) = 1, naturalmente b = 1. Dunque q = a Z, e riscrivendo la relazione
come
a0 = a1 a + a2 a2 + + an1 an1 + an = a(a1 + a2 a + + an1 an2 + an1 )

troviamo che a | a0 (in Z).


Criterio 8.1. Sia f = a0 + a1 x + + an xn Z[x] primitivo, sia p Z un
primo tale che p non divida an e sia f Z/pZ[x] la riduzione di f modulo p.
Se f irriducibile in Z/pZ, allora f irriducibile in Z[x] (e quindi anche in
Q[x]).

Dimostrazione. Basta provare che se f riducibile in Z[x], allora riducibile in


Z/pZ[x].
Se f riducibile in Z[x], allora esistono in Z[x] g = b0 + b1 x + + bm xm
e h = c0 + c1 x + + cs xs tali che f = g h, deg g, deg h < deg f perch
f primitivo, e p non divida bm , cs . Applicando la riduzione modulo p, si ha
f = g h, e poich p non divide bm , cs , deg g, deg h < deg f . Quindi f riducibile
in Z/pZ.

90
Osservazione. Esistono polinomi irriducibili in Z[x] ma tali che la loro ridu-
zione modulo un primo p sia riducibile in Z/pZ.
Criterio 8.2 (Eisenstein). Sia f = a0 + a1 x + + an xn Z[x], con n 1 e
an 6= 0, e supponiamo che esista p Z primo tale che:
1. p non divide an ;
2. p divide a0 , a1 , . . . , an1 ;
3. p2 non divide a0 .
Allora f irriducibile in Q[x] e, se primitivo, irriducibile in Z[x].
Dimostrazione. Assumiamo che f sia primitivo, e supponiamo per assurdo che
f = gh con g = b0 + + bm xm e h = c0 + + cnm xnm polinomi interi di
grado non nullo. Consideriamo la riduzione modulo p di f : per 1. e 2. si ha
g h = f = an xn .

Poich Z/pZ un dominio a fattorizzazione unica e x un suo elemento irridu-


cibile, i divisori propri di an xn sono del tipo cxk , con 0 6= c Z/pZ e 0 k n.
Quindi g = bm xm e h = cnm xnm . In particolare, b0 = c0 = 0, ovvero p | b0 e
p | c0 ; ma allora p2 | b0 c0 = a0 , che contraddice la 3.
Se f non primitivo, si fattorizza come f = df0 , con d Z e f0 primitivo; per
la 1. p non divide d, e dunque si pu applicare il criterio al polinomio primitivo
f0 .

Osservazione. Se A un campo, e a, b A con a 6= 0A , allora f (x) A[x]


irriducibile se e solo se f (ax + b) irriducibile. Infatti il cosiddetto "cambio
di variabile", l'omomorsmo : A[x] A[x] tale che (c) = c per ogni c A e
(x) = (ax + b) (che esiste unico per il Principio di sostituzione) ammette un
inverso se e solo se a invertibile. In questo caso allora un automorsmo di
A[x].

Proposizione 8.8. Sia p un numero primo. Allora il polinomio ciclotomico


p-esimo
p = xp1 + xp2 + + x2 + x + 1
irriducibile in Q[x].
Dimostrazione. Poniamo y = x + 1, e scriviamo p (y) = (x + 1)p1 + + (x +
1) + 1. Abbiamo visto che p (x) irriducibile se e solo se p (y) irriducibile.
Si ha
xp (y) = (y 1)(y p1 + + y + 1) = y p 1 = (x + 1)p 1 =
   
p p1 p
= xp + x + + x+11=
1 p1
   
p p2 p
= x(xp1 + x + + x + p).
1 p2

Ora, possiamo applicare il Criterio di Eisenstein al polinomio


   
p1 p p2 p
p (y) = x + x + + x + p,
1 p2

91
in quanto p | pi per ogni i = 1, . . . , p 1; quindi p (y) irriducibile in Q[x],


ed essendo primitivo anche in Z[x].


Osservazione. Le radici complesse di p sono le radici dell'unit diverse da 1,
infatti (x 1)p = xp 1.

8.4.1 Fattorizzazioni in R[x] e in C[x]


Denizione. Un campo A si dice algebricamente chiuso se ogni polinomio
f A[x] tale che deg f 1 ammette almeno una radice in A.
Teorema 8.8 (Teorema fondamentale dell'algebra). Il campo C dei numeri
complessi algebricamente chiuso.
Proposizione 8.9. Sia A un campo algebricamente chiuso. Allora
1. I polinomi irriducibili di A[x] sono tutti e soli i polinomi di grado 1.
2. Ogni polinomio f A[x] con deg f = n 1 si decompone in A[x] come
f = a(x 1 )(x 2 ) . . . (x n ) con a, 1 , 2 , . . . , n elementi di A.
Dimostrazione. 1. Ogni polinomio f A[x] con deg f 1 ammette almeno
una radice in A. Dunque, per il Teorema di Runi, (x ) | f , ovvero
f riducibile, tranne nel caso in cui deg f = 1. In tal caso, f e (x )
dieriscono a meno di un elemento di A, dunque sono associati e f
irriducibile.
2. Per induzione su n.
Se n = 1, siamo nel caso analizzato nel punto 1. e f = a(x 1 ).
Se n 1, supponiamo che la tesi sia vericata per deg f = n 1.
Allora, se deg f = n, esiste una radice n di f ; per il Teorema di
Runi, (x n ) | f , ovvero esiste f0 tale che f = (x n )f0 . Poich
deg f0 = n 1, per ipotesi induttiva f = a(x 1 )(x 2 ) . . . (x
n ).
Lemma 8.6. Se C una radice del polinomio f R[x], allora anche il suo
coniugato una radice di f .
Dimostrazione. Sia f = a0 + a1 x + + an xn , con n 1. Poich il coniugio in
C un isomorsmo che manda ogni numero reale in se stesso,

0 = a0 + a1 + + an n = a0 +a0 + +an n = a0 +a1 + +an n = f ().

Proposizione 8.10. Gli irriducibili di R[x] sono:


1. i polinomi di grado 1;
2. i polinomi ax2 + bx + c tali che a 6= 0 e b2 4ac < 0.
Dimostrazione. Ogni polinomio di grado 1 irriducibile in R[x] (ci vale in A[x]
con A campo qualsiasi).
Sia quindi f R[x] un polinomio irriducibile con deg f 2. Allora f non
ha radici reali, altrimenti per il Teorema di Runi avrebbe un fattore di grado
1. Sia C \ R una radice di f ; ovviamente 6= . Per il Lemma 8.6, anche
radice di f ; per il Teorema di Runi, g = (x )(x ) C[x] divide f ,
ovvero esiste h C[x] tale che f = gh. Ora, se = u + iv , con u, v R,
g = (x )(x ) = x2 ( + )x + = x2 2ux + (u2 + v 2 ) R[x].

92
Allora, se f = gq + r la divisione di f per g in R[x], essa anche la divisione
di f per g in C[x], e poich in C[x] f = gh e q, r sono unici, dev'essere r = 0 e
h = q R[x]. Quindi g | f in R[x]. Poich f irriducibile, deve essere f = ag
con a R, dove a il coeciente direttivo di f ; dunque deg f = 2.
Sia f = ax2 + bx + c R[x]. Esso irriducibile se non ha radici in R, e
sappiamo ci accade se e solo se b2 4ac < 0.
Osservazione. Ogni polinomio g R[x] \ R si fattorizza in R[x] come prodotto
di polinomi di grado 1 o 2. In particolare, ogni polinomio f di grado dispari ha
almeno un fattore di grado 1, quindi una radice reale, come si dimostra per via
analitica applicando il Teorema di esistenza degli zeri alla funzione associata al
polinomio, f (x) : R R tale che a = f (a) per ogni a R.

93
Capitolo 9

Quozienti

9.1 Anelli quoziente


Denizione. Sia A un anello e sia I un suo ideale proprio. Per ogni a A si
denisce classe laterale modulo I di rappresentante a l'insieme non vuoto
a + I = { a + x | x I } A.

Osservazione. Deniamo su un anello A una relazione I , dove I un ideale


proprio di A, ponendo a I b se e solo se ab I . Tale relazione una relazione
di equivalenza, poich
1. riessiva, infatti a a = 0A I e quindi a I a;
2. simmetrica, infatti se a b I allora 0A (a b) = b a I e quindi
se a I b allora b I a;
3. transitiva, infatti se a b I e b c I allora (a b) (0A (b c)) =
a c I e quindi se a I b e b I c allora a I c.
Ora, per ogni a A,
[a]I = { b A | b a = x I } = { b A | b = a + x } = { a + x | x I } = a+I.

Lemma 9.1. Sia A un anello, sia I un suo ideale proprio e siano a, b A.


Allora
a+I =b+I a b I.

Dimostrazione. Abbiamo
a + I = [a]I = [b]I = b + I a I b a b I.

Proposizione 9.1. L'insieme quoziente A/ I , che indichiamo con A/I , con


le operazioni di somma e prodotto denite ponendo per ogni a + I, b + I A/I
(a + I) + (b + I) = (a + b) + I e (a + I) (b + I) = ab + I,

un anello, detto anello quoziente di A modulo I .


Dimostrazione. Mostriamo intanto che le denizioni di somma e prodotto sono
buone denizioni. Siano a + I, a0 + I, b + I, b0 + I A/I tali che a + I = a0 + I

94
e b + I = b0 + I . Allora (a a0 ), (b b0 ) I , e di conseguenza:
(a + b) (a0 + b0 ) = (a a0 ) + (b b0 ) I e
ab a b = ab a b + a b a b = (a a0 )b + a0 (b b0 ) I
0 0 0 0 0 0

dunque (a + b) + I = (a0 + b0 ) + I e ab + I = a0 b0 + I .
Proviamo ora che l'insieme (A/I, +, ) un anello. Per ogni a+I, b+I, c+I
A/I ,
S1 (a + I) + ((b + I) + (c + I)) = (a + I) + ((b + c) + I) = (a + (b + c)) + I =
= ((a + b) + c) + I = ((a + b) + I) + (c + I) = ((a + I) + (b + I)) + (c + I);
S2 (a + I) + (b + I) = (a + b) + I = (b + a) + I = (b + I) + (a + I);
S3 (a + I) + (0A + I) = (a + 0A ) + I = a + I , quindi 0A + I = 0A/I ;
S4 (a + I) + (a + I) = (a a) + I = 0A + I , quindi (a + I) = a + I ;
P1 (a + I) ((b + I) (c + I)) = (a + I) (bc + I) = a(bc) + I = (ab)c + I =
= (ab + I) (c + I) = ((a + I) (b + I)) (c + I);
P2 (a + I) (1A + I) = a 1A + I = a + I = 1A a + I = (1A + I) (a + I), quindi
1A + I = 1A/I ;
D (a + I) ((b + I) + (c + I)) = (a + I) ((b + c) + I) = (a (b + c)) + I =
= (a b + a c) + I = (a b + I) + (a c + I) = (a + I) (b + I) + (a + I) (c + I),
((b + I) + (c + I)) (a + I) = ((b + c) + I) (a + I) = ((b + c) a) + I =
= (b a + c a) + I = (b a + I) + (c a + I) = (b + I) (a + I) + (c + I) (a + I).
Osservazione. Per n 2, l'anello delle classi di congruenza Z/nZ l'anello
quoziente di Z modulo l'ideale nZ.
Osservazione. Sia A un anello. Se I non un ideale proprio, A/I degenere.
Teorema 9.1. Sia A un anello commutativo, e I un ideale di A. Allora I un
ideale primo se e solo se l'anello quoziente A/I un dominio di integrit.
Dimostrazione. Supponiamo che I sia un ideale primo. Allora I 6= A, dunque
A/I non degenere. Siano a + I, b + I A/I tali che

ab + I = (a + I)(b + I) = 0A/I = I.

Allora ab I , e poich I primo, a I o b I ; nel primo caso a+I = I = 0A/I ,


nel secondo b + I = I = 0A/I . Dunque A/I un dominio di integrit.
Supponiamo ora che A/I sia un dominio di integrit, e siano a, b A tali
che ab I . Allora
0A/I = I = ab + I = (a + I)(b + I).

Poich A/I un dominio di integrit, dev'essere a + I = 0A/I = I , ovvero a I ,


oppure b + I = 0A/I = I , ovvero b I . Dunque I primo.

9.2 Quozienti e omomorsmi


Proposizione 9.2. Sia A un anello. Un sottoinsieme I di A un ideale se e
solo se il nucleo di qualche omomorsmo dell'anello.
Dimostrazione. Supponiamo che I sia un ideale di A. Allora, la proiezione ca-
nonica : A A/I , denita da (a) = a+I per ogni a A, un omomorsmo,
infatti per ogni a, b A:

95
1. (a + b) = (a + b) + I = (a + I) + (b + I) = (a) + (b);
2. (a b) = a b + I = (a + I) (b + I) = (a) (b);
3. (1A ) = 1A + I = 1A/I .
Inoltre, suriettivo, perch per ogni a + I A/I esiste a A tale che
(a) = a + I . Ora, per il Lemma 9.1,

ker() = { a A | (a) = 0A/I } = { a A | a + I = I } = { a A | a I } = I.

L'implicazione inversa gi stata provata con il Teorema 5.3.


Teorema 9.2 (di omomorsmo). Sia : A B un omomorsmo di anelli.
Siano I = ker() il suo nucleo e la proiezione canonica di A su A/I . Allora
esiste un unico omomorsmo : A/I B tale che = ; inoltre
iniettivo e Im() = Im().
Dimostrazione. Sia : A B un omomorsmo e sia I = ker(). Deniamo
un'applicazione : A/I S ponendo, per ogni a + I A/I , (a + I) = (a).
Proviamo che questa una buona denizione. Siano a + I, a0 + I A/I tali
che a + I = a0 + I ; allora a a0 I = ker(), e quindi
0B = (a a0 ) = (a) (a0 ) = (a + I) (a0 + I),

da cui (a + I) = (a0 + I).


Mostriamo ora che un omomorsmo. Per ogni a+I, b+I A/I abbiamo:
1. ((a + I) + (b + I)) = ((a + b) + I) = (a + b) = (a) + (b) = (a) + (b);
2. ((a + I) (b + I)) = (a b + I) = (a b) = (a) (b) = (a) (b);
3. (1A/I ) = (1A + I) = (1A ) = 1B .
Proviamo che iniettivo:
ker() = { a + I A/I | (a + I) = 0B } = { a + I A/I | (a) = 0B } =
= { a + I A/I | a I } = { I } = { 0A/I } .

Mostriamo ora che Im() = Im():


Im() = { b B | a + I A/I : (a + I) = b } = { b B | a A : (a) = b } = Im().

Inne, per ogni a A,


(a) = ((a)) = (a + I) = (a),

e dunque = .
Corollario 9.2.1. Sia : A B un omomorsmo di anelli. Allora A/ ker() '
Im(); in particolare, se suriettivo allora A/ ker() ' B .
Lemma 9.2. Sia : A B un omomorsmo suriettivo di anelli. Allora:
1. Se I un ideale di A, la sua immagine (I) un ideale di B .
2. Se J un ideale di B , la sua immagine inversa 1 (J) un ideale di A
e ker 1 (J).
Dimostrazione. 1. Sia I un ideale di A. Proviamo che (I) un ideale di B :
(a) (I) 6= , poich 0A I e 0B = (0A ) (I);

96
(b) per ogni x, y (I) esistono a, b I tali che (a) = x e (b) = y ,
dunque x y = (a) (b) = (a b) (I);
(c) per ogni x (I) e per ogni d B esistono a I e c A tali che
(a) = x e (c) = d, dunque d x = (c) (a) = (c a) (I).

2. Sia J un ideale di B . Proviamo intanto che ker() 1 (J): per ogni


h ker(), (h) = 0B J , dunque h 1 (J). Mostriamo adesso che
ker() 1 (J) un ideale di A:
(a) 1 (J) 6= , poich 0B J e 0B = (0A ), dunque 0A 1 (J);
(b) per ogni a, b 1 (J), (a), (b) J , (a) (b) = (a b) J e
dunque a b 1 (J);
(c) per ogni a 1 (J) e per ogni x A, (a) J e (x) B , dunque
(a)(x) = (ax) J e allora ax 1 (J).

Teorema 9.3 (di corrispondenza). Sia : A B un omomorsmo suriettivo


di anelli, e sia I = ker(). Allora denisce una biezione tra l'insieme A
degli ideali di A che contengono I e l'insieme B di tutti gli ideali di B . Inoltre,
per J1 , J2 A con J1 J2 , (J1 ) (J2 ). Inne, per ogni K A , K
massimale (primo) in A se e solo se (K) massimale (primo) in B .
Dimostrazione. Sia : A B un omomorsmo suriettivo. Denotiamo con A
e B , rispettivamente, l'insieme degli ideali di A che contengono I = ker()
e l'insieme di tutti gli ideali di B . Per il Lemma 9.2, possiamo denire le
applicazioni
: A B : B A
K 7 (K) T 7 1 (T ).

Mostriamo che esse sono l'una l'inversa dell'altra.


Sia K A . Allora
( )(K) = ((K)) = ((K)) = 1 ((K)) K.

Sia a 1 ((K)). Allora (a) (K), e dunque esiste b K tale che


(a) = (b); perci (a b) = 0B , ovvero a b ker() K . Ne segue che
b + (a b) = a K . Abbiamo provato allora che 1 ((K)) = K .
Sia ora T B . Allora
( )(T ) = ((T )) = (1 (T )) = (1 (T )) T.

Sia t T . Poich suriettivo, esiste s A tale che (s) = t; dunque


s 1 (T ). Ci prova che T (1 (T ), e inne abbiamo T = (1 (T ).
Pertanto e sono biezioni.
Siano J1 , J2 A , e supponiamo che J1 J2 . Sia a (J1 ) = (J1 ); ora,
se fosse a / (J2 ) = (J2 ), allora dovrebbe esistere b J1 tale che (b) = a, e
b/ J2 , assurdo. Dunque (J1 ) (J2 ).
Sia J A massimale. Allora J 6= A e per ogni J1 A tale che J J1 ,
J = J1 . Dunque (J) 6= (A) = B e se (J) (J), allora (J) = (J1 ).
Sia K B massimale. Allora K 6= B e per ogni K1 B tale che K K1 ,
K = K1 . Dunque (K) = J 6= A, poich (A) = B . Inoltre, se supponiamo per

97
assurdo che esista J1 A tale che J J1 , allora si ottiene (J) = K (J1 ),
assurdo.
Sia J A primo. Sia a1 b1 (J) = (J); allora esiste ab J tale che
(ab) = (a)(b) = a1 b1 , e poich J primo, dev'essere a J (e dunque
a1 (J)) o b J (e dunque b1 (J)).
Sia ora K B primo. Per ogni a1 b1 K esiste ab J = (K) tale che
(ab) = (a)(b) = a1 b1 . Poich K primo, si ha a1 K (e quindi a J ) o
b1 K (e quindi b J ).
Corollario 9.2.2. Sia I un ideale dell'anello A. Gli ideali dell'anello quoziente
sono tutti e soli gli ideali del tipo T /I = (T ) = { a + I | a T }, dove T un
ideale di A tale che I T .
Dimostrazione. La proiezione canonica : A A/I un omomorsmo suriet-
tivo e ker() = I . Per il Teorema di corrispondenza, gli ideali di A/I sono tutti
e soli gli ideali del tipo (K), dove K un ideale di A che contiene I .
Osservazione. Consideriamo l'anello quoziente Z/nZ, con n 1. Per il
Corollario 9.2.2, gli ideali di Z/nZ sono tutti e soli gli ideali del tipo
mZ/nZ = { x + nZ | x mZ } = { mz + nZ | z Z } = { mz + nZ | 0 mz n 1 } .

9.3 Quozienti di un PID e di F [x]


Teorema 9.4. Sia A un anello commutativo, e sia I un ideale proprio di A.
Allora I massimale se e solo se A/I un campo.
Dimostrazione. Sia I un ideale massimale. Allora I 6= A, dunque l'anello quo-
ziente A/I non degenere. Per il Corollario 9.2.2, gli ideali di A/I sono tutti
e soli gli ideali del tipo J/I , dove J un ideale di A contenente I . Poich I
massimale, J coincide con A o con I . Dunque gli ideali di A/I sono A/I stesso
e I/I = { 0A/I }, perci A/I un campo per il Teorema 5.2.
Supponiamo ora che A/I sia un campo. Per il Teorema 5.2, i suoi ideali sono
A/I e { 0A/I }. Per il Corollario 9.2.2, essi sono in corrispondenza biunivoca
con gli ideali di A che contengono I , ed essi sono A e I stesso; dunque I
massimale.
Teorema 9.5. Sia A un dominio a ideali principali, e sia 0A 6= a A. Le
seguenti condizioni sono equivalenti:
1. (a) primo;
2. a irriducibile;
3. (a) massimale;
4. A/(a) un campo.
Dimostrazione. La 1. implica la 2. per il Lemma 7.2. La 2. implica la 3. per
la Proposizione 7.7. La 3. implica la 4. per il Teorema 9.4. Ora, se A/(a) un
campo, allora A/(a) un dominio di integrit, dunque per il Teorema 9.1 (a)
primo, e per la Proposizione 7.4 a primo.
Teorema 9.6. Sia A un campo, e sia 0A 6= f A[x]. Allora le seguenti
condizioni sono equivalenti:
1. f irriducibile;

98
2. (f ) un ideale massimale di A[x];
3. A[x]/(f ) un campo.
Dimostrazione. Si tratta semplicemente di applicare il Teorema 9.5 all'anello
A[x], che, se A un campo, un dominio a ideali principali per il Teorema
8.3.
Proposizione 9.3. Sia A un campo, sia I = (f ) un ideale non nullo e proprio
di A[x] e sia deg f = n. Allora ogni elemento di A[x]/I si scrive in modo unico
nella forma
a0 + a1 x + + an1 xn1 + I,
con a0 , a1 , . . . , an1 A.
Dimostrazione. Poich I = (f ) proprio e non nullo si ha n 1. Sia g + I
A[x]/I . Dividendo g per f si ottiene g = f q + r, con q, r A[x] e r = 0 o
deg r n 1; quindi r = a0 + a1 x + + an1 xn1 con a0 , a1 , . . . , an1 A.
Ora, g r = f q I ; dunque g + I = r + I , ovvero
g + I = a0 + a1 x + + an1 xn1 + I.

Per quanto riguarda l'unicit, siano b0 , b1 , . . . , bn1 A tali che


a0 + a1 x + + an1 xn1 + I = b0 + b1 x + + bn1 xn1 + I.

Allora
h = (a0 b0 ) + (a1 b1 )x + + (an1 bn1 )xn1 I,

dunque h = f t per qualche t A[x]; ma essendo deg h n 1, h = 0, e dunque


ai = bi per ogni i = 0, 1, . . . , n 1.

9.4 Estensioni semplici


Denizione. Sia A un sottoanello dell'anello commutativo B , e sia b B s-
sato. Denotiamo con A[b] il minimo sottoanello di B che contenga A { b }, e
diciamo che esso ottenuto da A con l'aggiunzione dell'elemento b. Un estensio-
ne di A ottenibile mediante l'aggiunzione di un solo elemento si dice estensione
semplice di A.
Osservazione. Sia A un sottoanello dell'anello commutativo B e sia b B .
Allora A[b] = A se e solo se b A. Inoltre possiamo estendere la notazione al
caso di aggiunzione di 2 o pi elementi: naturalmente A[b1 , b2 ] = A[b1 ][b2 ] =
A[b2 ][b1 ] e cos via.

Teorema 9.7. Sia A un sottoanello dell'anello commutativo B e sia b B .


Allora ( n
)
X
A[b] = ai bi | n N, a0 , a1 , . . . , an A .
i=0

Dimostrazione. Ogni sottoanello di B che contenga b contiene anche bn per ogni


n N; dunque ogni sottoanello di B che contenga A { b } contiene ogni abn ,

99
con a A e n N e dunque contiene ogni elemento del tipo
n
X
a0 + a1 b + a2 b2 + + an bn = ai bi .
i=0

Proviamo che l'insieme


( n )
X
i
X= ai b | n N, a0 , a1 , . . . , an A
i=0

un sottoanello di B : per ogni


n
X m
X
u= ai bi , v = ci bi
i=0 i=0

con ai , ci A per ogni i = 0, 1, . . . , n e n N, supponiamo n m e riscriviamo


v ponendo ci = 0 per ogni m + 1 i n. Allora

1. 1B A 1B b0 X;
X n n
X n
X
2. uv = ai bi ci bi = (ai ci )bi X;
i=0 i=0 i=0
n
! m
! n+m
X X X
i i
3. uv = ai b ci b = di bi X,
i=0 i=0 i=0

essendo
i
X
di = ar cir
r=0

per ogni 0 i n + m. Dunque X un sottoanello di B , ed contenuto in


ogni sottoanello di B che contenga A { b }; perci X = A[b].
Teorema 9.8. Sia A un sottoanello dell'anello commutativo B , e sia b B .
Allora
{ f A[x] | f (b) = 0A } = Ib
un ideale di A[x] e A[b] ' A[x]/Ib .
Dimostrazione. Sia f A[x]. Per il Teorema 9.7, f (b) A[b], anzi, A[b] =
{ f (b) | f A[x] }, che l'immagine dell'omomorsmo di sostituzione b : A[x]
B denito da b (f ) = f (b) per ogni f A[x]. Il nucleo di b Ib , dunque Ib
un ideale di A[x] e per il Teorema di omomorsmo A[b] ' A[x]/Ib .
Denizione. Sia A un sottoanello dell'anello commutativo B e sia b B .
1. L'elemento b si dice algebrico su A se esiste un polinomio 0A 6= f A[x]
tale che f (b) = 0A .
2. L'elemento b si dice trascendente su A se per ogni polinomio 0A 6= f A[x]
si ha f (b) 6= 0A .
Teorema 9.9. Sia A un sottoanello dell'anello commutativo B e sia b B
trascendente su A. Allora A[b] ' A[x].

100
Dimostrazione. Per il Teorema 9.8, A[b] ' A[x]/Ib ; ma per denizione di ele-
mento trascendente su A, Ib = { 0 }. Dunque A[b] ' A[x].
Denizione. Sia A un campo, sottoanello di B , e sia b B algebrico su A.
Deniamo polinomio minimo di b su A l'unico generatore monico dell'ideale
Ib = { g A[x] | g(b) = 0A }.

Osservazione. Poich A un campo, l'ideale Ib = { g A[x] | g(b) = 0A }


principale e non nullo. Per il Teorema 8.3, un generatore di Ib un polinomio
di grado minimo tra i polinomi di Ib \ { 0A }. Se f, f1 sono due generatori di Ib ,
essi sono associati, ovvero diericono per un invertibile. Dunque esiste un solo
generatore monico di Ib .
Proposizione 9.4. Sia A un sottocampo di B , e sia b B algebrico su A.
Allora il polinomio minimo di b su A irriducibile.
Dimostrazione. Sia f A[x] il polinomio minimo di b su A. Supponiamo che
esistano g, h A[x] tali che f = gh; poich f 6= 0, allora g, h 6= 0. Usando
l'omomorsmo di sostituzione, si ottiene 0 = f (b) = g(b)h(b); essendo A[x] un
campo, si ha g(b) = 0 o h(b) = 0. Sia g(b) = 0; allora, poich g 6= 0, dev'essere
deg g = deg f , dunque deg h = 0 e h A; se invece h(b) = 0, allora g A.
Essendo A un campo, f irriducibile in A[x].
Osservazione. Se f A[x] un polinomio monico irriducibile che ammette b
come radice in B , allora f il polinomio minimo di b su A. Infatti il polinomio
minimo g di b su A divide f e quindi deg g = deg f , da cui g = f poich g, f
sono monici.
Teorema 9.10. Sia A un sottocampo di B , sia b B algebrico su A. Allora
A[b] un campo.
Dimostrazione. Sia f il polinomio minimo di b su F . Per la Proposizione 9.4,
f irriducibile, dunque, per il Teorema 9.6, A[x]/(f ) un campo, inne per il
Teorema 9.8 A[b] ' A[x]/(f ) e quindi A[b] un campo.
Proposizione 9.5. Sia A un sottocampo di B , sia b B algebrico su A e sia
f A[x] il suo polinomio minimo. Allora ogni elemento di A[b] si scrive in
modo unico nella forma
a0 + a1 b + + an1 bn1 ,

dove n = deg f e a0 , a1 , . . . , an1 A.


Dimostrazione. Per la Proposizione 9.3, ogni elemento di A[x]/(f ) si scrive in
modo unico nella forma
a0 + a1 x + + an1 xn1 + (f );

utilizzando l'isomorsmo tra A[b] e A[x]/(f ), si ha la tesi.


Denizione. Sia A un sottocampo di B . Allora possiamo vedere B come uno
spazio vettoriale su A; la sua dimensione si chiama grado di B su A, e si denota
con [B : A].

101
Proposizione 9.6. Sia A un sottocampo di B , sia b B algebrico su A e sia
f A[x] il suo polinomio minimo. Allora [A[b] : A] = deg f .
Dimostrazione. Sia deg f = n. La Proposizione 9.5 mostra che { 1, b, . . . , bn1 }
una base di A[b] come spazio vettoriale su A; dunque dim F [b] = [A[b] : A] =
deg f .

102

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