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davvero il fallimento del referendum "2 s per l'acqua bene comune" quello

descritto da Sergio Rizzo su Repubblica? Una lettura della complessit

"La beffa dell'acqua pubblica" sarebbe che "dopo il s al referendum [le] tariffe [sono] quasi
raddoppiate". Cos Sergio Rizzo su Repubblica, in un articolo che segnala un aumento medio
complessivo delle bollette dell'89% dal 2011. Il vice-direttore del quotidiano, quindi, invita il lettore
a pensare che il fallimento del referendum sui servizi pubblici locali sia misurabile e quantificabile
nell'effetto sulle bollette a carico delle famiglie.

Si dimentica, per, di evidenziare un paio di aspetti: il referendum, con il secondo quesito promosso
dal Comitato "2 s per l'acqua bene comune" (e promosso con il 95,8% dei voti, non con il 54%,
come erronamente scrive Rizzo... che fa riferimento alla percentuale di votanti), invitava la politica
a mettere in discussione il modello tariffario basato sul full cost recovery, che prevede la "copertura
integrale dei costi" di gestione (investimenti compresi) mediante la tariffa. Ci si chiedeva, in pratica,
per quale motivo lo Stato continui ad accordare ingenti finanziamenti pubblici a fondo perduro per
"grandi opere" come le linee ferroviarie ad Alta velocit mentre la realizzazione di una "grande
opera" come l'ammodernamento della rete acquedottistica (che comprende anche i sistemi di
fognatura e depurazione) del Paese lasciato completamente in carico ai cittadini. Si tratta
ovviamente anche di un problema di redistribuzione: ogni cittadino italiano deve necessariamente
usare l'acqua potabile, mentre solo una piccola parte fruisce -ma solo un esempio- dell'Alta
velocit ferroviaria.

Se lo Stato non ha messo in discussione il modello tariffario del servizio idrico basato sul full cost
recovery, perch non ha voluto riconoscere il messaggio venuto dal voto di oltre 26 milioni di
cittadini italiani, di quell'ultimo movimento popolare e di massa che aveva fatto sperare nel
cambiamento anche un maestro come Stefano Rodot. Il fallimento, quindi, non del referendum,
ma della politica incapace di coglierne i segnali. Ecco perch l'articolo di Sergio Rizzo, che tralascia
questo passaggio fondamentale, non aiuta a comprendere fino in fondo le dinamiche che portano
oggi a "un'emorragia idrica preziosa".

Vale per la pena ricordare che l'acqua sprecata non sparisce per sempre. Che normalmente
"cercher" la sua strada per tornare in falda. Ed anche se evaporasse, alla fine del suo ciclo
tornerebbe naturalmente sulla Terra sotto forma di pioggia. Lo si studia alle elementari, il ciclo
dell'acqua. Se c' un problema, e c', riguarda il fatto che quest'acqua stata potabilizzata: la
comunit ha sostenuto un costo per renderla fruibile a tutti in sicurezza, e altri, energetici, per
immetterla in rete.
il "costo del servizio", ci che paghiamo, perch l'acqua non ha prezzo. E non perch essa debba
essere gratis (non mai stato, questo, uno slogan del Comitato "2 s per l'acqua bene comune"), ma
perch giuridicamente scorretto affermare che gli utenti comprano l'acqua. Sei anni dopo il
referendum del giugno 2011, mentre viviamo gli effetti di una crisi idrica provocati dagli "eventi
estremi" che stanno mettendo a nudo un sistema di gestione affidato ad imprese la cui prima
preoccupazione remunerare i propri azionisti, garantendo loro cospicui dividendi
(secondo acquabenecomune.org, le quattro sorelle dell'acqua, e cio la quattro multiutility quotate
in Borsa, IREN, A2A, ACEA, HERA, tra il 2010 e il 2014 hanno distribuito oltre 2 miliardi di euro
di dividendi, intaccando le riserve perch superano di 150 milioni di euro gli utili prodotti nello
stesso periodo). Di questo dobbiamo parlare mentre la Capitale del Paese rischia di restare
senz'acqua.

Luca Martinelli

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