Analisi Matematica
elementi principali della teoria
1
g
x
0
a.a. 2006-2007
Per i corsi di Analisi Matematica I & II della Facolta di Ingegneria, Universita del
Salento
In copertina: Grafico delle funzioni f (x) := exp(x) e g(x) := sin x
Prefazione
Il presente manuale contiene gli elementi principali della teoria dei corsi di
Analisi Matematica I e II ed e indirizzato principalmente agli studenti dei
Corsi di Laurea in Ingegneria di nuova istituzione. E stato pertanto privile-
giato lobiettivo della sintesi, in qualche caso anche a discapito della comple-
tezza, degli argomenti trattati, e diverse parti della teoria sono state intro-
dotte in modo da basare lesposizione su un numero abbastanza contenuto di
definizioni di base. Sono stati spesso anche utilizzati strumenti intuitivi, so-
prattutto per cio che riguarda gli argomenti introduttivi quali la teoria degli
insiemi, gli insiemi numerici e la topologia degli spazi euclidei. Si e rinunciato
a qualsiasi giustificazione teorica sullintroduzione degli insiemi numerici per
cercare di introdurre subito gli strumenti fondamentali per lo studio delle
funzioni reali, come la teoria dei limiti, il calcolo differenziale e quello inte-
grale. Nonostante quanto sopra il presente manuale non e concepito come
un mero testo di calcolo; gli elementi della teoria sono stati esposti in modo
da favorire la formazione scientifica degli studenti e da incentivare linteresse
verso unanalisi critica dei problemi posti, nei limiti di tempo disponibile per
il corso. La successiva acquisizione di nuove nozioni trova inoltre una base
di partenza che non richiede la revisione di parti e concetti gia appresi; vie-
ne favorito cos in modo naturale il successivo approfondimento dei risultati
esposti.
Sono ovviamente graditi suggerimenti e segnalazioni di errori da far per-
venire preferibilmente per e-mail allindirizzo: michele.campiti@unile.it.
Michele Campiti
Indice
3 Equazioni e disequazioni 77
3.1 Equazioni e disequazioni razionali intere . . . . . . . . . . . . 77
3.2 Equazioni e disequazioni razionali fratte . . . . . . . . . . . . 80
3.3 Sistemi di equazioni e disequazioni . . . . . . . . . . . . . . . 82
3.4 Equazioni e disequazioni irrazionali . . . . . . . . . . . . . . . 84
3.5 Equazioni e disequazioni con valore assoluto . . . . . . . . . . 87
3.6 Metodo grafico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
Bibliografia 407
Elenco delle figure
Preliminari
1.1 Notazioni
Nelle sezioni seguenti sono raggruppate alcune delle notazioni adoperate nel
seguito del testo.
del prodotto (coppie ordinate) sono allora rappresentati come elementi del
rettangolo in Figura 1.1.
y P
E x
x E : P(x)
x E t.c. P(x)
Q Insieme dei numeri razionali, che possono cioe essere espressi nella
forma
m
, dove m Z ed n N r {0}.
n
Un numero razionale q si puo rappresentare in forma decimale:
q = a0 , a1 . . . ar ar+1 . . . ar+s
X I r {x0 } 6= (1.1.2)
allora A = N.
2. Per ogni n 2 e k = 1, . . . , n 1, si ha
n n (n 1) (n k + 1)
= .
k k!
3. Per ogni n N e k = 0, . . . , n
n n
= .
nk k
4. Per ogni n 1 e k = 1, . . . , n, si ha
n+1 n n
= + .
k k k1
Dimostrazione. Se n = 1, la tesi e ovvia. Si supponga ora che la tesi sia vera per un
numero naturale n 1.
1.2 Alcune proprieta degli insiemi numerici 13
e quindi la tesi e vera per il numero naturale n+1. Dal principio di induzione (Proposizione
1.2.1), si ottiene la tesi.
Dn,k = n(n 1) (n k + 1) .
Pn = n! .
Pnr = nn .
1. |x| 0 ;
2. |x| = 0 x = 0 ;
3. | x| = |x| ;
4. x |x| ;
5. |x y| = |x| |y| ;
16 Capitolo 1: Preliminari
6. |x + y| |x| + |y| ;
(infatti, se x + y 0, dalla proprieta 4., |x + y| = x + y |x| + |y|, mentre, se
x + y < 0, sempre dalle 4. e 3., |x + y| = x y | x| + | y| = |x| + |y|).
7. | |x| |y| | |x y| ;
(infatti, se |x| |y| 0, dalla proprieta 6. si ha |x| = |(x y) + y| |x y| + |y| e
quindi | |x| |y| | = |x| |y| |x y|; se |x| |y| < 0, si procede allo stesso modo
invertendo i ruoli di x e y.)
d(x, y) := |x y| .
1. (x, y) R2 : d(x, y) 0 ;
2. (x, y) R2 : d(x, y) = 0 x = y ;
:
r
1
0
y P
0 x -
Anche ora con il procedimento inverso, ad ogni punto del piano si puo
far corrispondere una ed una sola coppia di numeri reali. Quindi il piano
puo essere identificato con il prodotto cartesiano R2 .
Il punto O viene denominato origine del riferimento cartesiano e corri-
sponde ovviamente alla coppia (0,0) (mentre i punti U1 e U2 corrispondono
alle coppie (1,0) e rispettivamente (0,1)).
La retta r1 viene denominata asse delle ascisse e la retta r2 asse delle
ordinate. Inoltre le coordinate della coppia (x, y) al quale corrisponde il
punto P di vengono anche denominate ascissa e ordinata di P ed il punto
P di coordinate (x, y) viene indicato anche con P (x, y).
Nel caso particolare in cui le due rette r1 e r2 siano perpendicolari, il
riferimento cartesiano si dice ortogonale. Se, in piu, i punti U1 ed U2 su r1 e
rispettivamente r2 vengono fissati alla stessa distanza dallorigine O, allora il
riferimento ortogonale viene denominato ortonormale (vedasi la Figura 1.4).
Conviene osservare che la rappresentazione geometrica di R2 su un piano
cartesiano consente di definire anche in R2 una distanza con le stesse proprieta
di quella gia precedentemente introdotta in R. Infatti, per ogni coppia x =
(x1 , x2 ) e y = (y1 , y2 ) di elementi di R2 la distanza di x da y viene indicata
con d(x, y) ed e definita ponendo
p
d(x, y) := (y1 x1 )2 + (y2 x2 )2 .
y P
0 x -
r3 , che per semplicita vengono supposte perpendicolari tra loro, viene fissato
un ulteriore punto distinto da O e che viene denotato rispettivamente con
U1 , U2 e U3 . Il piano contenente le rette r1 , r2 viene spesso denominato piano
xy, quello contenente le rette r1 , r3 viene denominato piano xz ed infine il
piano contenente le rette r2 , r3 viene denominato piano yz.
Anche in questo caso si dice che e stato assegnato un riferimento cartesia-
no nello spazio , che viene denominato spazio euclideo. Ad ogni (x, y, z)
R3 , si puo far corrispondere una ed una sola terna (P1 , P2 , P3 ) con P1
r1 , P2 r2 e P3 r3 e successivamente si puo considerare il punto P di
ottenuto come intersezione dei piani paralleli ai piani yz, xz e xy e passanti
rispettivamente per i punti P1 , P2 e P3 (vedasi la Figura 1.5).
Il procedimento inverso fa corrispondere ad ogni punto di una ed una
sola terna di numeri reali. Quindi lo spazio puo essere identificato con il
prodotto cartesiano R3 .
Anche ora il punto O viene denominato origine del riferimento cartesia-
no e corrisponde ovviamente alla terna (0,0,0) (mentre i punti U1 , U2 e U3
corrispondono alle terne (1,0,0), (0,1,0) e rispettivamente (0,0,1)).
La retta r1 viene denominata asse delle ascisse, la retta r2 asse delle
ordinate e infine la retta r3 asse delle altezze.
Inoltre le coordinate della terna (x, y, z) alla quale corrisponde il punto
P di vengono anche denominate ascissa, ordinata e altezza (oppure quota)
di P ed il punto P di coordinate (x, y, x) viene indicato anche con P (x, y, z).
Per n 4 non e possibile una rappresentazione geometrica di Rn ; tutta-
via, e ancora possibile considerare una distanza che verifica le stesse proprieta
20 Capitolo 1: Preliminari
z6
-
0 y
x
+
di quella introdotta in R.
Si supponga infatti n 3. Per ogni coppia di n-ple x = (x1 , . . . , xn ) e
y = (y1 , . . . , yn ) di elementi di Rn , infatti, si puo definire la distanza d(x, y)
di x da y ponendo v
u n
uX
d(x, y) := t (yi xi )2 .
i=1
1.4 Funzioni
Rinunciando ad unesposizione precisa del concetto di funzione, bisogna tener
presente che intuitivamente assegnare una funzione vuol dire assegnare tre
oggetti: un insieme di partenza (denominato anche insieme di definizione
oppure dominio di f ), un insieme di arrivo ed il grafico della funzione, cioe
una corrispondenza che ad ogni elemento dellinsieme di partenza associa
uno ed un solo elemento dellinsieme di arrivo. Una funzione f che ha E
come insieme di partenza ed F come insieme di arrivo viene indicata con
f
f : E F (oppure talvolta con E F oppure con x 7 f (x)). Il valore
1
Tale proprieta costituisce la differenza sostanziale tra gli insiemi Q ed R; in Q, ad esem-
pio, linsieme limitato {q Q+ | q 2 < 2} non e dotato di estremo superiore (appartenente
a Q).
Nella prima forma dellassioma di completezza, equivalente a quella esposta, vengono
considerati sottoinsiemi separati di R; se A, B R, si dice che A e B sono separati se sono
non vuoti e verificano una delle seguenti proprieta:
La prima forma dellassioma di completezza asserisce allora che due sottoinsiemi separati
di R ammettono sempre almeno un elemento separatore.
Infine, si osserva che lelemento separatore non e in generale unico, a meno che non
si supponga che i sottoinsiemi A e B, oltre d essere separati, siano anche contigui, cioe
verifichino lulteriore condizione:
Quindi i valori della restrizione sono gli stessi della funzione; la restrizione
f|A tuttavia risulta definita nel sottoinsieme A anziche nellintero insieme E.
1.5 Funzioni reali 25
3
Si ricorda che I (x0 ) =]x0 , x0 + [ (vedasi la (1.1.1) a pag. 10).
1.5 Funzioni reali 29
x
m 0 p q
sup f = + , inf f = .
0 J
x
I
(rispettivamente,
x X ]x0 , x0 [: f (x) < f (x0 ) ,
x X ]x0 , x0 + [: f (x0 ) < f (x) ;
x X ]x0 , x0 [: f (x) f (x0 ) ,
x X ]x0 , x0 + [: f (x0 ) f (x) ;
x X ]x0 , x0 [: f (x) > f (x0 ) ,
x X ]x0 , x0 + [: f (x0 ) > f (x) ).
x
a 0 b
vuoto (infatti x A) e limitato superiormente (in quanto contenuto in [x, y]); dalla
seconda forma dellassioma di completezza, esso e dotato di estremo superiore x0
[x, y]. Poiche f e crescente in x0 , esiste R+ verificante le proprieta previste nella
Definizione 1.5.4. Dalla seconda proprieta dellestremo superiore, si puo trovare
t A tale che x0 < t x0 , da cui segue f (x) f (t) f (x0 ); quindi x0 A.
Inoltre, non puo essere x0 < y altrimenti, considerato t X]x0 , x0 + []x0 , y], si
avrebbe f (x0 ) f (t) e conseguentemente anche f (x0 ) f (t); cio comporterebbe
t A in contraddizione con il fatto che x0 < t e che x0 = sup A. Si e cos dimostrato
che y = x0 A e quindi, dalla definizione di A, f (x) f (y). Dallarbitrarieta di
x, y X tali che x < y segue che f e crescente.
1.6 Successioni
Una funzione f : N E viene denominata successione di elementi di E.
Nel caso in cui E = R si usera la denominazione di successione reale.
Linsieme dei valori di una successione viene denominato insieme degli
elementi della successione.
Pertanto, tutte le definizioni e le proprieta delle funzioni reali possono
essere applicate al caso delle successioni di numeri reali, riguardando queste
come particolari funzioni aventi N come insieme di definizione.
Per le successioni, tuttavia, si adoperano una terminologia e delle nota-
zioni particolari. Cos, anziche utilizzare le notazioni tipiche delle funzioni,
per le successioni si preferisce utilizzare la notazione (an )nN evidenziando
in tal modo il valore an che la successione assume in un generico elemento
n N.
A titolo di esempio, si passano ora in rassegna alcune delle definizioni
viste in generale per le funzioni traducendole nel caso delle successioni.
Se (an )nN e (bn )nN sono successioni reali, la somma e il prodotto delle
due successioni sono definite al modo seguente:
(an )nN + (bn )nN := (an + bn )nN , (an )nN (bn )nN := (an bn )nN .
n N : an M (rispettivamente, n N : M an ).
n N : an an+1 . (1.6.1)
N t.c. n N, n : an an+1 .
Analogamente, si dice che gli elementi di una successione (an )nN sono
definitivamente minori o uguali di quelli di una successione (bn )nN (o, piu
brevemente, che (an )nN e definitivamente minore o uguale di (bn )nN ) se
esiste N tale che, per ogni n N, n , si abbia an bn .
In base a quanto sopra, in generale potrebbe non interessare il compor-
tamento di una successione in un numero finito di elementi e addirittura la
successione (si continua a denominare tale) potrebbe essere definita solo da
un certo numero naturale p in poi, nel qual caso si adopera la notazione
(an )np .
Si conclude la presente sezione con un esempio molto importante di
successione che consente di definire il numero di Nepero.
n, m N : n < m an am .
inoltre, poiche 2k1 k! per ogni k 2 (tale diseguaglianza si stabilisce facilmente per
induzione completa (vedasi la Proposizione 1.2.1), si ottiene
n
X n1
X n1
X 1
1 1
en 2 + =2+ =1+ .
2k1 2 h 2h
k=2 h=1 h=0
fn (x) = xn .
1. fn (0) = 0 , fn (1) = 1 .
x
-1 0 1
-1
x
0 1
-1
nella notazione n b si puo omettere lindice n nel caso n = 2.
Tale risultato consente ora di definire la funzione radice. Sia n 2; se n
e pari, la funzione radice f1/n : R+ R e definita ponendo, per ogni x R+ ,
f1/n (x) := n
x. (1.7.1)
Dalla (1.4.7), infatti, tale inversa assume come valore in x proprio lunico
numero reale y tale che y n = x e quindi coincide con la funzione sopra
definita.
Seguono, a titolo di esempio, alcune delle proprieta delle radici n-esime.
2. Se x R+ , f1/n (x) 0 .
0
x
1
-1 0
x
1
-1
1
fn (x) := . (1.7.3)
xn
Tale funzione viene denominata funzione potenza ad esponente intero ne-
gativo n. Dalla definizione adottata, tale funzione non e altro che la funzione
reciproca della funzione potenza ad esponente intero positivo n.
Dalla definizione adottata e dalle proprieta gia viste delle funzioni potenza
ad esponente intero positivo, si possono ricavare altrettante proprieta della
funzione fn , che per brevita vengono omesse.
Si conclude pertanto con le Figure 1.131.14, nelle quali viene tracciato
approssimativamente il grafico delle funzioni potenza ad esponente intero
negativo nei casi n pari ed n dispari; viene usato il tratto continuo per la
funzione fn , e tratteggiato per la funzione fn2 .
0
x
-1 1
x
-1 1
-1
0
x
1
1
a
x
0 1
loga (x)
8. Per ogni x R+ : logb (x) = .
loga (b)
x
0 a 1 a
6
.........................................................Q
k
............ ..........Q
.....
........... .........
...Q
.......
...
... .....
....
.
.
. ....
.. ......
..... ..... P
... .....
... . .....
....
..
.. ......
... sin(x) ....... x
... .......
.
... .......
..... 0 ....... A
... -
... ...
...
...
cos(x) 1 ... ..
... ..
... . ...
... . .
... ...
...
... . . ..
... ..
.... ....
.....
..
. .....
...... ...
........ .......
.........
........... ................
................... ......
........................................
sin2 x + cos2 x = 1
1.7 Funzioni elementari 49
(il simbolo sin2 x e da intendersi come (sin x)2 ; la stessa convenzione vale per
il coseno e, piu in generale, per tutte le funzioni trigonometriche definite di
seguito).
Si descrivono ora alcune proprieta del seno e del coseno di un qualsia-
si numero reale x la cui dimostrazione e una immediata conseguenza delle
definizioni adottate.
Accanto alla proprieta di periodicita del seno e del coseno conviene tener
presente anche che la funzione seno e una funzione dispari mentre la funzione
coseno e una funzione pari (infatti, per ogni x R, sin(x) = sin x,
cos(x) = cos x). Le proprieta precedenti conseguono tutte dalle seguenti
formule di addizione del seno e del coseno. La dimostrazione di tali formule
per brevita verra omessa. Per ogni x, y R, si ha
x 1 + cos x
11. Per ogni x R: cos2 = .
2 2
x 1 cos x
12. Per ogni x R: sin2 = .
2 2
sin 0 = 0 , cos 0 = 1 .
1 3
sin = , cos = .
6 2 6 2
2 2
sin = , cos = .
4 2 4 2
3 1
sin = , cos = .
3 2 3 2
sin = 1 , cos = 0 .
2 2
Utilizzando le proprieta 1.4, dagli archi noti precedenti possono esserne
ricavati altri come, ad esempio,
3 5 7 5 4 3 5 7 11
, , , , , , , , , .
4 6 6 4 3 2 3 4 6
1.7 Funzioni elementari 51
Usando poi la periodicita delle funzioni seno e coseno si ricavano archi noti
non appartenenti a [0, 2[.
Il grafico delle funzioni seno e coseno e tracciato approssimativamente
nella Figura 1.19.
y
1
0 x
- 2
-- 2
-
-1
6
...............................................................
............ ..........
.....
........... ........ Q
.
. ...... ......
.....
....
.... .
. P
.....
...
.... .........
....
.... ....... tan(x)
..
.. .......
... x.......
... .......
.. .......
..
..... O B ....... A
... -
... ...
...
...
1 ... ..
... ..
... ....
... . .
... ...
...
... . . ..
... ..
.... ....
.....
...
.....
...... ...
........ .......
.........
........... ..
. .............
................... ......
........................................
cos x
cot x := . (1.7.7)
sin x
0 x
- 2
- - 2
-
Dal calcolo del seno di alcuni archi noti, si puo dedurre il valore della
54 Capitolo 1: Preliminari
6
C cot(x) Q
................................................................
...................
. ..........
....... ........
...... ......
.
...... .....
...P
.... B ......
..
. .....
... .....
... . .....
....
..
.. ......
... x .......
... .......
.
... .......
..... O ....... A
... -
... ...
...
...
1 ... ..
... ..
... . ...
... . .
... ...
...
... . . ..
... ..
.... ....
.....
...
. ....
...... ...
........ .......
.........
........... ..
. .............
................... ......
........................................
sin 0 = 0 arcsin 0 = 0 ,
1 1
sin = arcsin = ,
6 2 2 6
2 2
sin = arcsin = ,
4 2 2 4
3 3
sin = arcsin = ,
3 2 2 3
sin = 1 arcsin 1 = .
2 2
Inoltre, poiche la funzione seno ristretta allintervallo [/2, /2] con-
tinua ad essere una funzione dispari, anche la funzione arcoseno e dispari
(infatti se arcsin x = y, allora y [/2, /2] e sin y = x, da cui segue
anche y [/2, /2] e sin(y) = sin y = x; quindi arcsin(x) =
y = arcsin x). Nello stesso modo si puo anche riconoscere che la funzione
arcoseno e strettamente crescente.
Il grafico della funzione arcoseno e approssimativamente quello tracciato
nella Figura 1.24.
1.7 Funzioni elementari 55
x
- 0
2
-- 2
-
y
2
-
x
-1 1
2
--
altri archi noti viene lasciata per esercizio). Si puo inoltre riconoscere che la
funzione arcotangente e dispari e strettamente crescente.
Il grafico della funzione arcotangente e approssimativamente quello trac-
ciato nella Figura 1.26.
Infine, con procedimento esattamente analogo a quello svolto, si considera
la restrizione della funzione cotangente allintervallo aperto ]0, [, la quale
risulta strettamente decrescente e quindi iniettiva. Cio consente di definire la
funzione arcocotangente arccot : R R ponendo, per ogni x R, arccot x =
y, dove y e lunico elemento di ]0, [ tale che cot y = x. Tra le proprieta di
questa funzione si segnala il fatto che essa e strettamente decrescente, e
arccot 0 = /2, arccot 1 = /4, arccot (1) = 3/4.
Il grafico della funzione arcocotangente e approssimativamente quello
tracciato nella Figura 1.27.
1.7 Funzioni elementari 57
2
-
x
-1 0 1
y
2
-
0
x
2
--
2
-
x
0
i0 = 1 , i1 = i , i2 = 1 , i3 = i2 i = i , i4 = i2 i2 = 1 , ... ;
1. z + w = z + w , zw =zw .
2. z = z .
3. z + z = 2 Re z , z z = 2 Im z .
4. z z = |z|2 .
5. | z| = |z| .
6. |z| = |z| .
7. Re z |z| , Im z |z| .
8. |z w| = |z| |w| .
9. Se z 6= 0, allora |z 1 | = |z|1 .
y | P
|
|
....
....
...
...
... |
...
...
...
..
0
..
..
..
..
|x
..
. -
= n , n = + 2k con k Z;
+ 2k
quindi = n e= , con k Z; si osserva a questo punto che, al
n
+ 2k
variare di k Z, gli argomenti = non danno tutti luogo a numeri
n
2.3 Forma trigonometrica dei numeri complessi 67
+ 2(k + n) + 2k
= + 2 ;
n n
quindi si possono considerare solo n argomenti distinti corrispondenti ai valori
k = 0, . . . , n 1 e tali argomenti forniscono tutte le possibili radici n-esime
di z, che sono date quindi da:
+ 2k + 2k
wk = n
(cos + i sin ), k = 0, 1, . . . , n 1 . (2.3.6)
n n
Quindi ogni numero complesso z diverso da 0 ammette esattamente n
radici distinte. Dalla formula precedente, si ricava che le radici n-esime di z
si trovano tutte su una stessa circonferenza con centro nellorigine e raggio
uguale alla radice n-esima del modulo di z e formano i vertici di un poligono
regolare con n lati (geometricamente, quindi, e sufficiente individuare uno
dei vertici che ha argomento uguale alla n-esima parte dellargomento di z).
Nella Figura 2.2 si rappresenta un esempio di radici terze e quinte di un
numero complesso z.
6 6
.........
...........
. r
...............................................................
.........
z .........
...........
.
...............................................................
.........
z
......
.
.............. .......
.......
...... r ......
.
.............. .......
.......
......
........
.....
....
....
........
.....
....
....
r .....
.
..
....
... .....
.
..
....
...
...
...
...
... ...
...
...
...
....
... ...
.. ....
... ...
r
..
r
0 0
.. ..
... ..
.. ... ..
..
... ...
...
..
..
..
.
..
- ...
..
..
..
.
..
-
.. .. .. ..
.. .. .. ..
.. .. .. ..
... .. ... ..
... . ... .
... ... ... ...
... ... ... ...
... .. ... ..
.... ..... .... .....
.... ... .... ...
... ...
r
....
.....
...... ......
....
....
.....
...... ......
....
....... ........ ....... ........
........
.........
............. r
.........
.........................................................
.......... ........
.........
r
............. .........
.........................................................
..........
z = ei . (2.4.3)
1. ez+w = ez ew ;
2. ez 6= 0 ;
3. |ei | = 1 ;
4. ez+2ki = ez ;
5. |ez | = eRe z ;
b c
z1 + z2 = , z 1 z2 = .
a a
Le radici z1 e z2 coincidono solo nel caso in = 0; se cio accade, lunica
radice e data da z0 = b/2a e si puo scrivere P (z) = a(z z0 )2 (si dice in
questo caso che z0 e una radice di molteplicita 2.
Se il polinomio di secondo grado e a coefficienti reali, cioe se a, b, c R,
anche e un numero reale. Nel caso in cui > 0, si ha w1 = e
w2 = e quindi il polinomio P ammette le due radici reali distinte
b b +
x1 = , x2 = ,
2a 2a
e si puo scrivere come P (z) = a(z x1 )(z x2 ).
Se = 0, P ammette ununica radice reale data da x0 = b/(2a) e si ha
P (z) = a(z x0 )2 .
Infine,
se < 0, le radici complesse di sono w1 = i Delta e
w2 = i ; quindi il polinomio P ammette due radici complesse coniugate
date da
b i b + i
z1 = , z2 = .
2a 2a
Per i polinomi di grado 3 oppure 4 esistono delle formule esplicite per la
determinazione degli zeri. Invece, per i polinomi di grado superiore a 4, si
dimostra che non e possibile stabilire un procedimento generale che consenta
di ottenerne gli zeri.
Si considera ora la divisione di due polinomi. Si ha innanzitutto il se-
guente risultato di cui si omette per brevita la dimostrazione.
P (z) = a0 + + an z n .
P (x) = an (xx1 )h1 (xxp )hp (x2 +b1 x+c1 )k1 (x2 +bq x+cq )kq , (2.5.7)
f (x) = g(x) .
S := {x X Y | f (x) = g(x)} .
f (x) g(x) , f (x) g(x) , f (x) < g(x) , f (x) > g(x)
P (x) = 0
oppure, rispettivamente,
con P polinomio.
In precedenza ci si e soffermati sulle soluzioni delle equazioni polinomiali
e pertanto ora si prenderanno in considerazione soprattutto le disequazioni;
ovviamente, queste hanno senso solo per polinomi a coefficienti reali in quanto
in C non si possono considerare disequazioni. Passando, se necessario, alla
disequazione opposta, nel seguito si potra supporre, qualora lo si ritenga
conveniente, che il coefficiente della potenza di grado massimo del polinomio
sia strettamente positivo.
Si studiano dapprima i casi piu semplici in cui il grado del polinomio P
e 0, 1 oppure 2 e poi si passa al caso generale.
Si supponga dapprima che P sia un polinomio di grado 0, cioe P (x) = a0
per ogni x R con a0 6= 0. In questo caso, se a0 > 0, le disequazioni
P (x) 0 e P (x) < 0 non sono mai soddisfatte per cui S = , mentre le
disequazioni P (x) 0 e P (x) > 0 sono sempre soddisfatte per cui S = R; il
caso a0 < 0 si discute in maniera analoga.
Si considera ora il caso in cui P sia un polinomio di grado 1, cioe P (x) =
mx + n per ogni x R con m, n R ed m > 0; in questo caso, e facile
vedere che le disequazioni in esame hanno rispettivamente come soluzioni i
seguenti intervalli: S =] , n/m], S = [n/m, +[, S =] , n/m[,
S =] n/m, +[. Ad esempio, la disequazione 2x+30, ha come soluzioni
linsieme S =] 3/2, +[, mentre la disequazione 3 4(5 x) 2x + 5 ha
come soluzioni linsieme S =] , 11].
Sia ora P (x) = ax2 + bx + c un polinomio di secondo grado con a, b, c R
ed a > 0. In questo caso bisogna tener presente che:
Se < 0, risulta sempre P (x) > 0 (se a < 0, risulta sempre P (x) < 0).
P (x) = a0 + a1 x + + an xn , xR.
In questo modo, il segno del polinomio sara positivo negli intervalli in cui
vi e un numero pari di fattori negativi e negativo negli intervalli in cui vi e
un numero dispari di fattori negativi. Alla fine, si considerano gli intervalli
corrispondenti al tipo di disequazione richiesta.
80 Capitolo 3: Equazioni e disequazioni
2 1 2
x20
x+10
x+20
P (x) 0
Poiche si vuole che il segno di P sia strettamente positivo, alla fine van-
no considerate le soluzioni date dallinsieme S :=] 2, 1[]2, +[; nella
seguente rappresentazione geometrica si e convenuto di rappresentare con
un cerchietto pieno gli estremi inclusi nellinsieme, o in cui e soddisfatta la
diseguaglianza in esame, e con un cerchietto vuoto i rimanenti estremi.
2 1 2
S
X := {x R | Q(x) 6= 0}
R(x) 0
82 Capitolo 3: Equazioni e disequazioni
0 1
S
(rispettivamente,
f1 (x) g1 (x) ,
f2 (x) g2 (x) ,
..
.
f (x) g (x) ),
n n
con f1 : X1 R, . . . , fn : Xn R e g1 : Y1 R, . . . , gn : Yn R funzioni
reali assegnate.
Le soluzioni di un sistema di equazioni (rispettivamente, disequazioni)
sono date dallinsieme
S := {x X1 Xn Y1 Yn | f1 (x) = g1 (x), . . . , fn (x) = gn (x)}
(rispettivamente,
S := {x X1 Xn Y1 Yn | f1 (x) g1 (x), . . . , fn (x) gn (x)} ).
Quindi, per determinare linsieme S si determinano separatamente gli insie-
mi S1 , . . . , Sn di ognuna delle equazioni (rispettivamente, disequazioni) del
3.3 Sistemi di equazioni e disequazioni 83
2x > 5 ,
x2 5x + 6 = 0 ,
x 6= 0 .
0 2 5/2 3
S1
S2
S3
2
x + 5 2x2 + 4 ,
x4 16 < 0 ,
2x 1 > 0 .
2 1 1/2 1 2
S1
S2
S3
f (x) = g(x)n
se n e dispari.
Per quanto riguarda le disequazioni irrazionali conviene considerare sepa-
ratamente i seguenti due casi:
pn
p
f (x) g(x) , f (x) n g(x)
nel senso che le soluzioni della disequazione sono date dallunione delle solu-
zioni dei due sistemi.
Ad esempio, si consideri la disequazione
x2 x 2 < x + 1 .
S1 =] , 1[[2, +[ , S2 = [1, +[ , S3 =] 1, +[
1 2
S1
S2
S3
S0
S 00
3.5 Equazioni e disequazioni con valore assoluto 87
Ad esempio, lequazione
|x2 + x + 1| = x2 3x + 2
0 2 7 9
S1
S2
S3
x + 1 < |x2 3x 8| ,
S
90 Capitolo 3: Equazioni e disequazioni
Si consideri la disequazione
log x < 1 .
x
0 1 S e
Confrontando il grafico della funzione sin con la retta orizzontale passante per
il punto (0, 1/2), si deduce subito che nellintervallo [, ], la disequazione
e soddisfatta nellinsieme S0 =]/6, 5/6[ (vedasi la Figura 3.2).
x
- 0 S0
Tenendo poi conto della periodicita della funzione seno, si ricava linsieme
S di tutte le soluzioni dato da
[ 5
S= + 2k, + 2k .
kZ
6 6
Piu generale, il metodo descritto negli esempi precedenti puo essere ap-
plicato anche nei casi in cui il confronto non sia necessariamente con una
retta; in tali casi lutilizzo del calcolo differenziale puo essere utile per la
dimostrazione di qualche diseguaglianza. Inoltre, il teorema degli zeri puo
anche essere utilizzato per una determinazione approssimata delle soluzioni,
nei casi in cui non sia possibile descrivere le soluzioni in maniera precisa.
Ad esempio, si consideri la seguente disequazione:
x4 + e x 1 .
Confrontando i grafici della funzione 1 ex e della funzione x4 (vedasi la
Figura 3.4), si riconosce subito che tali funzioni assumono lo stesso valore in
un punto x0 < 0 e in 0 e conseguentemente, le soluzioni della disequazione
assegnata sono date dallinsieme S =]x0 , 0[. Il punto x0 non puo essere
determinato in modo preciso, tuttavia esso e sicuramente compreso tra 1 e
1/2 in quanto nel punto 1/2 la disequazione e soddisfatta (come si verifica
direttamente), mentre nel punto 1 non lo e.
y
2
-
6
-
x
-1 1 1
2
-
2
--
0
x
S
` = lim f (x)
xx0
La lettera x che compare nella notazione del limite e muta nel senso
che essa puo essere sostituita con una qualsiasi altra lettera che non sia gia
stata utilizzata nello stesso contesto.
94 Capitolo 4: Limiti delle funzioni reali
allora necessariamente `1 = `2 .
Dimostrazione. Si supponga, per assurdo, che `1 6= `2 . Allora si possono trovare un
intorno I1 I(`1 ) ed un intorno I2 I(`2 ) tali che I1 I2 = .
Dalle ipotesi segue da un lato lesistenza di un intorno J1 I(x0 ) tale che, per ogni
x X J1 r {x0 }, f (x) I1 , e dallaltro lesistenza di un ulteriore intorno J2 I(x0 )
tale che, per ogni x X J2 r {x0 }, f (x) I2 . Si consideri ora J = J1 J2 ; tale
insieme e anchesso un intorno di x0 e poiche x0 e un punto di accumulazione per X, deve
essere X J r {x0 } 6= . Si considera un qualsiasi elemento x X J r {x0 }, si ha sia
x X J1 r {x0 }, da cui f (x) I1 ed anche x X J2 r {x0 }, da cui f (x) I2 ; dunque
f (x) I1 I2 e cio e escluso dal fatto che gli intorni I1 ed I2 sono disgiunti.
Unaltra proprieta importante del limite di una funzione riguarda il suo
carattere locale. Questa proprieta assicura che e equivalente considerare il
limite di una funzione f : X R in un punto x0 e quello della sua restrizione
f|XJ0 ad un intorno J0 di x0 . Infatti, basta verificare la definizione di limite
considerando J J0 (che e ancora un intorno di x0 ) al posto di J.
Altre proprieta, di immediata verifica, sono elencate di seguito.
96 Capitolo 4: Limiti delle funzioni reali
1. (Limitatezza locale)
i) Se ` R, allora f e limitata in un intorno di x0 , cioe esistono
M0 R ed un intorno J0 di x0 tali che, per ogni x X J0 , |f (x)|
M0 .
ii) Se ` = + (rispettivamente, ` = ), allora f e limitata
inferiormente (rispettivamente, superiormente) in un intorno di x0 ,
cioe esistono M0 R ed un intorno J0 di x0 tali che, per ogni x
X J0 , M0 f (x) (rispettivamente, f (x) M0 ).
Quindi, la proprieta ii) e verificata ponendo M0 = 0 oppure M0 := min{0, f (x0 )} nel caso
in cui f sia definita in x0 . Il caso rispettivo si dimostra analogamente.
Si dimostra ora la 2. Si considera dapprima la proprieta i). Se ` > 0 si pone r = |`|/2
e si applica la definizione di limite allintorno I :=]` r, +[ di `. Se ` = +, si applica
la definizione di limite considerando lintorno I :=]1, +[ di ` e la tesi e soddisfatta con
r = 1. La proprieta ii) si dimostra analogamente. Infine, le proprieta iii) e iv) seguono
dalle i) e ii) procedendo per assurdo.
Per quanto riguarda la 3., si supponga dapprima che esista un intorno J0 di x0 tale
che, per ogni x X J0 r {x0 }, f (x) g(x). Se, per assurdo, fosse `0 < `, si potrebbero
considerare due intervalli disgiunti I I(`) e I 0 I(`0 ); quindi, per ogni y I e per ogni
y 0 I 0 , si avrebbe y 0 < y. Applicando la definizione di limite, si ottiene lesistenza di un
intorno Jdix0 tale che, per ogni x X J r {x0 }, f (x) I ed un intorno J 0 di x0 tale
che, per ogni x X J 0 r {x0 }, g(x) I 0 . Si consideri ora linsieme J 00 = J0 J J 0 ; esso
e un intorno di x0 e, poiche x0 e di accumulazione per X, deve essere X J 00 r {x0 } 6= .
Considerato un punto x X J 00 r {x0 }, si ha f (x) > g(x) (in quanto f (x) I e
g(x) I 0 ). Cio e assurdo poiche deve essere f (x) g(x) in quanto x X J0 r {x0 }.
Per il viceversa si ragiona in modo analogo.
supposto che uno dei due limiti esista (nel qual caso, quindi, esiste anche
laltro e sono uguali).
Trattandosi di un particolare limite, quindi, valgono tutte le proprieta
esposte nella sezione precedente; in particolare, anche il limite destro e quello
sinistro, quando esistono, sono unici.
Inoltre, sempre dalle uguaglianze precedenti, segue che il punto x0 e di
accumulazione solo a destra (rispettivamente, solo a sinistra) lesistenza del
limite della funzione in x0 equivale a quella del limite destro (rispettivamente,
sinistro) in x0 . In questo caso, quindi, il limite destro o sinistro non aggiunge
nulla di nuovo rispetto al limite.
Nel caso, invece, in cui il punto x0 sia di accumulazione sia a sinistra che
a destra per X, si ha la seguente caratterizzazione.
a) Esiste il limite di f in x0 .
2. Esistono i limiti di g ed h in x0 e si ha
lim f (x) = ` .
xx0
100 Capitolo 4: Limiti delle funzioni reali
Conviene osservare che lipotesi 2. del Teorema 4.5.2 non prevede lesi-
stenza del limite di g in x0 . Ovviamente, se esiste il limite di g in x0 ed e un
102 Capitolo 4: Limiti delle funzioni reali
(o viceversa), non si puo concludere nulla sul limite della somma. In tale
circostanza, si dice che il limite limxx0 (f (x) + g(x)) si presenta nella forma
indeterminata + (oppure + ).
Nel seguito si introdurranno gli strumenti opportuni che consentiranno di
studiare anche tali tipi di limiti.
Si considera ora il caso del limite del prodotto di due funzioni. Anche ora
conviene distinguere il caso in cui le due funzioni siano dotate di limiti reali
da quello in cui una delle due ammetta un limite infinito.
Quindi, anche nel caso del limite del prodotto di due funzioni, si puo dire
che esistono entrambi i limiti delle funzioni f e g e sono numeri reali, il limite
del prodotto di due funzioni e uguale al prodotto dei loro limiti. Tale regola
non si puo estendere in generale al caso in cui i limiti delle due funzioni non
siano entrambi reali.
Si ha tuttavia il seguente risultato.
m M
f (x) g(x) > r (rispettivamente, f (x) g(x) < (r) = M ).
r r
Dallarbitrarieta di M R segue la tesi.
Se invece accade che uno dei limiti sia infinito e laltro sia 0, i teoremi sul
prodotto non consentono di concludere nulla. In questo caso, si dice che il
limite si presenta nella forma indeterminata 0 (+) oppure 0 ().
Si studia a questo punto il comportamento del limite della funzione reci-
proca.
0 + +
, , , , ,.
0 + +
106 Capitolo 4: Limiti delle funzioni reali
2. Se f e decrescente:
lim f (x) = inf f (x) , ( lim+ f (x) = sup f (x) ).
xx xX, x<x0 xx0 xX, x>x0
0
lim f (x) lim+ f (x) (rispettivamente, lim f (x) lim+ f (x) ), (4.6.2)
xx
0 xx0 xx0 xx0
e in piu, se x0 X, si ha anche
nel punto x0 = 0.
Nel caso in cui x0 = , si ha il seguente risultato analogo al Teorema
4.6.1; la dimostrazione e del tutto analoga a quella del Teorema 4.6.1 e viene
omessa per brevita.
1. Se f e crescente:
2. Se f e decrescente:
l
x
Se x0 R, si ha lim xn = xn0 .
xx0
Se x0 = +, si ha lim xn = +.
x+
1/n
Se x0 R+ , si ha lim x1/n = x0 . Se n e dispari, la stessa uguaglianza
xx0
vale per ogni x R.
Se x0 R+ , si ha lim xr = xr0 .
xx0
Se x0 R, si ha lim ax = ax0 .
xx0
2. Se x0 = , si ha
(
+ , se an > 0 ;
lim P (x) = lim an xn =
x+ x+ , se an < 0 ;
(
+ , se (1)n an > 0 ;
lim P (x) = lim an xn =
x x , se an < 0 ;
(si osservi che (1)n an > 0 se n e pari e an > 0 oppure se n e dispari
e an < 0). Lultima uguaglianza si ottiene facilmente mettendo in
evidenza il termine an xn (si ottiene il limite del prodotto di due funzioni
di cui una e un infinito e laltra tende ad 1).
P (x) = a0 + + an xn , Q(x) = b0 + + bm xm ,
con an 6= 0 e bm 6= 0.
Posto X = {x R | Q(x) 6= 0}, si considera la funzione razionale R :
X R definita ponendo, per ogni x X,
P (x)
R(x) =
Q(x)
P (x)
lim
xx0 Q(x)
P (x) P (x)
lim = + , lim+ =
xt ox0 Q(x) xt ox0 Q(x)
oppure
P (x) P (x)
lim = , lim+ = + .
xt ox0 Q(x) xt ox0 Q(x)
P (x) an xn
lim = lim
xt o Q(x) xt o bm xm
6
..................................................
............... ...........
..
...
............ ......... Q
.
.
.........
. .......
.....
...
... .. P
....
......
.... ........
...
.... .......x
.
...
.. .......
. ...... tan x
.... sin x .......
...
.. .......
..... O ........ 1
. -
B A
tan x
2. lim = 1.
x0 x
Infatti, tenendo presente il limite 1. precedente,
tan x sin x 1
lim = lim =1
x0 x x0 x cos x
4.9 Limiti notevoli 117
.
1 cos x 1
3. lim 2
= .
x0 x 2
Infatti, tenendo presente il limite 1. precedente,
1 cos x (1 cos x)(1 + cos x) 1 1 cos2 x
lim = lim = lim
x0 x2 x0 2
x (1 + cos x) 2 x0 x2
2
1 sin x 1
= lim =
2 x0 x 2
.
arcsin x
4. lim = 1.
x0 x
Infatti, posto y = arcsin x (da cui x = sin y) e osservato che y 0 per x 0 e
inoltre che arcsin x 6= 0 per ogni x [1, 1] r {0}, si puo applicare il teorema sul
arcsin x
limite delle funzioni composte (Teorema 4.5.6) dal quale si ricava lim =
x0 x
y
lim = 1.
y0 sin y
arctan x
5. lim = 1.
x0 x
Si procede come nel caso precedente ponendo y = arctan x;dal teorema sul limite
arctan x y
delle funzioni composte (Teorema 4.5.6) si ottiene lim = lim = 1.
x0 x y0 tan y
a x a x
9. Per ogni a 6= 0: lim 1+ = ea , lim 1+ = ea .
x+ x x x
Infatti, se a > 0,
x/a !a y a
a x 1 1
lim 1+ = lim 1+ lim 1+ = ea ,
x x x x/a y y
loga (1 + cx) c
11. Per ogni c 6= 0 e per ogni a > 0, a 6= 1: lim = . In
x0 x log a
log(1 + cx)
particolare: lim = c.
x0 x
Infatti, dal limite notevole precedente,
loga (1 + cx) c
lim = lim loga (1 + cx)1/x = loga ec = c loga e = .
x0 x x0 log a
ax 1 ex 1
12. Per ogni a > 0, a 6= 1: lim = log a. In particolare: lim =
x0 x x0 x
1.
Ponendo y = ax 1, si ha x = loga (1 + y) e quindi dal limite notevole precedente
e dal teorema sul limite della funzione reciproca (Teorema 4.5.5), si ha
ax 1 y
lim = lim = log a .
x0 x y0 loga 1 + y
(1 + x)a 1
13. Per ogni a 6= 0: lim = a.
x0 x
Si ha, infatti,
e da cio la tesi.
|f (x)|
lim =0 rispettivamente, = + ). (4.10.3)
xx0 |g(x)|
4.10 Infinitesimi ed infiniti 121
|f (x)|
lim = + rispettivamente, = 0 ). (4.10.4)
xx0 |g(x)|
|f (x)|
lim = ` R+ . (4.10.5)
xx0 |g(x)|
f (x)
lim =1, (4.10.6)
xx0 g(x)
f1 (x) f2 (x)
Allora, il limite lim esiste se e solo se esiste il limite lim e, in
xx0 g1 (x) xx0 g2 (x)
tal caso, i due limiti coincidono.
f (x)
2. Se ord f (x) = ord g(x), e se lim = ` con ` R r {0} e ` 6= 1,
xx0 xx0 xx0 g(x)
allora la somma f + g e un infinitesimo (rispettivamente, un infinito)
in x0 e si ha
f (x) + g(x) equiv (` + 1)g(x) .
xx0
f (x)
3. Se limxx0 = 1, allora la somma f + g e un infinitesimo in x0
g(x)
di ordine maggiore di quello degli infinitesimi f e g (rispettivamente,
non e detto che f + g sia un infinito in x0 ; nel caso cio accada, lordine
di f + g e minore di quello degli infiniti f e g).
(rispettivamente,
f (x) + g(x) f (x)
lim = lim +1 = 1 ),
xx0 g(x) xx0 g(x)
e da cio segue la tesi.
2. Nelle ipotesi previste, si ha
f (x) + g(x) ` 1
lim = + =1.
xx0 (` + 1) g(x) `+1 `+1
f (x)
3. Infatti, se limxx0 = 1, si ha
g(x)
f (x) + g(x)
lim = 1 + 1 = 0
xx0 g(x)
f (x)+g(x)
e analogamente limxx0 g(x) = 1 + 1 = 0.
in particolare,
ord f (x) = , ord g(x) = ord f (x) g(x) = .
xx0 xx0 xx0
126 Capitolo 4: Limiti delle funzioni reali
1
2. Se ord xx0 f (x) > ord xx0 , allora f g e un infinitesimo in x0 e
g(x)
si ha
ord f (x) g(x) < ord f (x) ;
xx0 xx0
in particolare,
ord f (x) = , ord g(x) = ord f (x) g(x) = .
xx0 xx0 xx0
Tale metodo e basato naturalmente sui teoremi sul prodotto e sul quo-
ziente di infinitesimi ed infiniti.
1. Se y0 R:
> > >
ord (f (x) y0 ) < , ord g(x) < ord g(f (x)) < .
xx0 = xx0 = xx0 =
2. Se y0 = :
> > >
ord f (x) < , ord g(x) < ord g(f (x)) < .
xx0 = xx0 = xx0 =
lim an , lim an
n+ n
e viene denominato il limite della successione (an )nN (si puo sottintendere
nel punto + in quanto cio non da luogo ad equivoci).
Piu esplicitamente, una successione (an )nN che ammette un limite ` R,
viene denominata regolare. Nel caso invece in cui non esista il limite, la
successione si dice invece non regolare oppure oscillante. Una successione
regolare che ha come limite un numero reale, si dice convergente; se, invece, ha
come limite + oppure , essa viene denominata divergente positivamente
oppure divergente negativamente.
La proprieta di una successione di essere convergente, divergente positiva-
mente o negativamente oppure oscillante viene spesso definita come carattere
della successione.
Esplicitamente, una successione (an )nN risulta
M R N t.c. n : an > M ;
M R N t.c. n : an < M .
Teorema 5.1.1 Sia (an )nN una successione di numeri reali. Allora:
Dimostrazione. La prima parte della tesi segue dal Teorema 4.6.3. Lultima parte deriva
dalla (5.1.1) e dal fatto che se una successione e limitata, allora supnN an R (nel caso
rispettivo, inf nN an R).
Poiche per le successioni valgono teoremi analoghi a quelli visti per i limiti
di funzioni, i limiti delle successioni possono spesso essere trattati e risolti
nello stesso modo dei limiti di funzioni nel punto +. Nel seguito, tuttavia,
sara possibile analizzare alcuni risultati specifici per le successioni. Prima
di esaminarli, si studia la seguente caratterizzazione dellesistenza del limite
di una funzione mediante limite di successioni, che costituisce appunto un
legame tra limiti di funzioni e limiti di successioni.
a) lim f (x) = `.
xx0
Dimostrazione. a) b) Sia (an )nN una successione di elementi di X r {x0 } tale che
limn+ an = x0 . Per dimostrare la b), si fissi un intorno arbitrario I di `; dalla a), si
puo considerare un intorno J di x0 tale che, per ogni x X J r {x0 }, si abbia f (x) I.
Poiche limn+ an = x0 , in corrispondenza dellintorno J di x0 , deve esistere N tale
132 Capitolo 5: Successioni e serie numeriche
Esempi 5.1.5
lim sin x
x+
non esiste.
Infatti, si considerino le successioni (/2 + 2n)nN e (3/2 + 2n)nN , entrambe
divergenti positivamente. Si ha
3
lim sin + 2n = 1 , lim sin + 2n = 1
n+ 2 n+ 2
3. Si studi il limite
tan2 x + 1
lim .
x x2
Inoltre, se an > 0 per ogni n N,1 si puo definire la successione (G[an ])nN
delle medie geometriche di (an )nN ponendo
v
u n
uY
G[an ] : n+1
a0 an (= t
n+1
ak ).
k=0
Dimostrazione. Si supponga dapprima che (an )nN sia convergente, cioe che ` R e sia
> 0; allora esiste 1 N tale che
n 1 : |an `| < .
2
1
Cio assicura che la successione delle medie geometriche non sia definitivamente nulla.
5.1 Limiti di successioni 135
P1 P1
1
Poiche la successione n+1 k=0 |ak `| tende a 0 in quanto il termine k=0 |ak `|
nN
e costante, esiste 2 N tale che
1 X1
n 2 : |ak `| < .
n+1 2
k=0
Il risultato precedente non puo essere invertito, nel senso che la successione
delle medie aritmetiche puo risultare regolare pur non essendolo la successione di
partenza, come ad esempio per la successione ((1)n )nN .
In alcuni casi lutilizzo del risultato precedente consente di studiare piu age-
volmente la regolarita di una successione assegnata.
136 Capitolo 5: Successioni e serie numeriche
Dimostrazione. Si supponga dapprima che ` ]0, +[. Sia 0 < < 3; poiche la
successione (an /`)nN converge verso 1, esiste 1 N tale che
an
n > 1 : 1 < <1+ ;
3 ` 3
da cio segue, per ogni n 1 + 1,
n+1 n1 a +1 an n1 n+1
1 < 1 < 1 < 1+ < 1+
3 3 ` ` 3 3
e quindi
r
a1 +1 an
1 < n+1
<1+ .
3 ` ` 3
p
Anche la successione n+1 a0 /` a1 /` converge verso 1 e quindi esiste 2 N tale
nN
che r
a0 a
n 2 : 1 < n+1
1 < 1 + .
3 ` ` 3
Allora, per ogni n = max{1 + 1, 2 }, si ha
r r r
2 a0 a a1 +1 an a0 an
1 = 1 1 < n+1
1 n+1
= n+1
3 3 3 ` ` ` ` ` `
e analogamente
r
a0 an 2
n+1
< 1+ .
` ` 3
Da cio segue, essendo < 3,
r
n+1 a0 an 2 1 2 1
1 < + 2 < + 3 = .
` ` 3 9 3 9
Si supponga ora ` = + esia M > 0. Allora esiste 1 N tale che an > 2M per ogni
p
n 1 . Poiche la successione n+1 a0 /(2M ) a1 /(2M ) tende ad 1, si puo trovare
nN
2 N tale che, per ogni n 2 ,
r
1 1 a0 a 1 3
=1 < n+1
1 1 < 1 + = .
2 2 2M 2M 2 2
Allora, posto = max{1 , 2 }, per ogni n , si ha
r
1 a0 a
M = 2M < 2M n+1 1 = n+1 a0 a1 2M (2M )(1 +1)/(n+1)
2 2M 2M
= n+1 a0 a1 (2M )(n1 )/(n+1) < n+1 a0 a1 (an )(n1 )/(n+1)
Definizione 5.1.8 Sia (an )nN una successione di numeri reali e si consideri
una successione strettamente crescente (k(n))nN di numeri naturali. Allora
la successione (ak(n) )nN viene denominata successione estratta di (an )nN .
Proposizione 5.1.9 Sia (an )nN una successione regolare di numeri reali.
Allora, ogni successione estratta (ak(n) )nN di (an )nN e anchessa regolare e
si ha
lim ak(n) = lim an .
n+ n+
viene denominato massimo limite della successione (an )nN e viene denotato
con uno dei seguenti simboli
viene denominato minimo limite della successione (an )nN e viene denotato
con uno dei seguenti simboli
Proposizione 5.1.10 Sia (an )nN una successione di numeri reali e sia ` R.
Allora, le seguenti proposizioni sono equivalenti:
Dimostrazione. Si considera solamente il primo caso, essendo quello rispettivo del tutto
analogo.
a) b) Poiche ` R, la successione (an )nN e necessariamente limitata superiormente.
Fissato > 0, dalla seconda proprieta dellestremo inferiore esiste N tale che e00 < `+;
conseguentemente, dalla prima proprieta dellestremo superiore si ha, per ogni n ,
an < ` + . Cio dimostra la proprieta 1). Siano ora > 0 e N fissati. Dalla prima
proprieta dellestremo inferiore, si ha ` < e00 ; conseguentemente, dalla seconda proprieta
dellestremo superiore si deduce lesistenza di n tale che ` < an .
b) a) Basta far vedere che ` verifica le proprieta caratteristiche dellestremo inferiore
della successione (e00k )kN . Infatti, sia k N; dalla 2) della b), per ogni > 0 esiste n N
tale che n k e ` < an ; da cio segue ` < supnk an = e00k e quindi ` e00k + ; poiche
> 0 e arbitrario, si deve avere ` e00k . Cio dimostra che ` verifica la prima proprieta
caratteristica dellestremo inferiore. Sia ora > 0; dalla 1) della b), esiste N tale
che an < ` + per ogni n ; allora ` + e un maggiorante della successione (an )n e
quindi deve essere e00 ` + ; pertanto ` verifica anche la seconda proprieta caratteristica
dellestremo inferiore da cui la tesi.
Infatti, si supponga vera la proprieta 2) e si fissi > 0. Se, per assurdo, linsieme
{n N | ` < an } fosse finito, esso sarebbe dotato di massimo N. Allora, applicando
la proprieta 2) al numero naturale + 1 si troverebbe un elemento n + 1 tale che
` < an e cio contraddirebbe il fatto che e il massimo {n N | ` < an }. Viceversa,
si supponga vera la proprieta 2) e siano > 0 e N. Se, per assurdo, non esistesse
alcun elemento n tale che ` < an , linsieme {n N | ` < an } sarebbe contenuto
in {0, 1, 2, . . . , } e quindi sarebbe finito; cio contraddice evidentemente la proprieta 2).
B Poiche ovviamente e0k e00k per ogni k N si ha sempre
`0 `00 .
Infatti, se ` e il massimo limite della successione (an )nN , fissati > 0 e N, dalla
proprieta 1) della b) nella Proposizione 5.1.10, si ha lesistenza di 1 N tale che an < `+
per ogni n 1 . Applicando la proprieta 2) della b) nella stessa Proposizione 5.1.10 con
max{, 1 } al posto di si ottiene lesistenza di n max{, 1 } tale che ` < an ; dunque
n e poiche n 1 , per tale n si ha anche an < ` + , da cui la tesi. Se ` e il minimo
limite della successione (an )nN , si procede ovviamente in maniera analoga.
Proposizione 5.1.12 Sia (an )nN una successione di numeri reali e siano `00 ed
`0 il suo massimo limite e rispettivamente il suo minimo limite. Allora esistono
almeno due successioni estratte (ak1 (n) )nN e (ak2 (n) )nN regolari e tali che
lim ak1 (n) = `00 , lim ak2 (n) = `0 .
n+ n+
Dimostrazione. a) b) Sia ` il limite della successione (an )nN e si fissi > 0. Allora
esiste N tale che |an `| < /2 per ogni n . Conseguentemente, per ogni n, m ,
si ha |an am | = |(an `) + (` am )| |an `| + |am `| < /2 + /2 = e quindi
(an )nN verifica la condizione la b).
b) a) Si dimostra innanzitutto che la successione (an )nN e limitata. Applicando la
proprieta b) con = 1, si ottiene lesistenza di N tale che |an am | < 1 per ogni
n, m ; in particolare, per ogni n , si ha a 1 < an < a + 1. Allora, posto
m = min{a0 , . . . , a1 , a 1} ed M = max{a0 , . . . , a1 , a + 1}, si ha m an M per
ogni n N e cio dimostra che la successione (an )nN e limitata. Si denotino ora con `00
ed `0 il massimo limite e rispettivamente il minimo limite della successione (an )nN , che
per quanto osservato devono essere reali e `0 `00 . Si fissi ora > 0; dalla b), esiste N
tale che |an am | < /3 per ogni n, m . Dalla seconda proprieta caratteristica del
massimo limite applicata ad /3 e (vedasi la b) della Proposizione 5.1.10, esiste n
144 Capitolo 5: Successioni e serie numeriche
tale che `00 /3 < an e analogamente, dalla seconda proprieta caratteristica del minimo
limite, esiste m tale che am < `0 + /3. Allora, poiche n, m , si ha
2 2
`00 `0 < an + am + |an am | + < + = ,
3 3 3 3 3
e conseguentemente `00 < `0 + ; poiche > 0 e arbitrario, segue `00 `0 e quindi `00 = `0 .
Dalla Proposizione 5.1.11, si conclude che (an )nN e convergente.
B Una successione (an )nN che verifica la condizione b) del Teorema 5.1.15
precedente viene denominata successione di Cauchy (oppure successione fon-
damentale).
e rispettivamente
lim inf f (x) , lim0 f (x) , lim f (x) .
xx0 xx0 xx0
e
lim e0 (c) , (rispettivamente, lim e0 (c) ).
c+ c
+
X +
X
Analogamente, si ha an = + (rispettivamente an = ) se e solo
n=0 n=0
se
n
X
M R N t.c. n : ak > M (rispettivamente < M ).
k=0
Una prima condizione necessaria per la convergenza di una serie puo essere
ricavata facilmente dalle definizioni assunte.
Proposizione 5.2.1 Sia (an )nN una successione di numeri reali e si sup-
P+
ponga che la serie n=0 an sia convergente. Allora limn+ an = 0.
Dimostrazione. Si consideri la successione (sn )nN delle somme parziali della serie
P +
n=0 an e sia s R la somma della stessa serie. Allora
Si riconosce facilmente che una serie e le sue serie resto hanno lo stesso carattere e inoltre,
se una delle due e convergente risulta
+
X +
X
an = sn + ak .
n=0 k=n+1
P+
Dalluguaglianza precedente segue che se la serie n=0 an e convergente, allora necessa-
riamente la successione
P+(rn )nN dei resti n-esimi e infinitesima. Infatti, denotata con s la
somma della serie n=0 an , deve essere limn+ rn = limn+ s sn = 0.
La somma parziale p-esima del resto n-esimo rn viene denominata resto parziale della
serie di indici n e p e viene denotato con rn,p ; quindi
n+p
X
rn,p = ak = sn+p sn .
k=n+1
Da quanto osservato segue anche che una serie indeterminata deve ave-
re necessariamente infiniti termini strettamente positivi ed infiniti termini
strettamente negativi.
Un primo criterio elementare di confronto si puo ricavare direttamente
dai teoremi di confronto per i limiti.
+
X +
X
an bn .
n=0 n=0
P+
2) Se
P+ la serie n=0 an e divergente positivamente, lo e anche la serie
n=0 bn .
5.2 Serie numeriche 151
Dimostrazione. 1) Dalla definizione di limite, esiste N tale che `/2 < an /bn < 3`/2
per ogni n , da cui
` 3`
bn < an < bn .
2 2
Applicando il primo criterio di confronto (Proposizione 5.2.5) tenendo conto di entrambe
le diseguaglianze, si deduce che le due serie hanno lo stesso carattere.
2) Dalla definizione di limite, esiste N tale che 1 < an /bn < 1 per ogni n , da
cui, in particolare, an < bn . Allora, dalla Proposizione 5.2.5, segue interamente la tesi.
3) Basta applicare il caso 2) invertendo i ruoli delle due serie e tenendo presente che, nel
caso in esame, limn+ bn /an = 0.
+
X
an+1
1) Se lim sup < 1, allora la serie an e convergente.
n+ an n=0
an+1
2) Se la successione e definitivamente maggiore o uguale di
an nN
+
X
1, allora la serie an e divergente positivamente.
n=0
152 Capitolo 5: Successioni e serie numeriche
an+1
Dimostrazione. 1) Si ponga `00 := lim sup ; poiche `00 < 1, si puo considerare `00 <
n+ an
q < 1 e dalla prima proprieta caratteristica del massimo limite (applicata con := q `00 )
esiste N tali che, per ogni n , an+1 /an < q, da cui an+1 < qan . Si riconosce ora
che, per ogni n , risulta an q n a ; infatti, tale proprieta e ovviamente vera per
n = e, supposta vera per unP certo n , si ha an+1 < q q n a = q n+1 a . Poiche
+
0 < q < 1, la serie geometrica n=0 q n e convergente e quindi, per la Proposizione 5.2.5,
P+
lo e anche la serie n=0 an .
2) Dalle ipotesi fatte, segue che la successione (an )nN e definitivamente crescente e quindi,
essendo a termini positivi, essa non puo essere infinitesima. Dalla Proposizione 5.2.1, segue
P+
che la serie n=0 an non e convergente e quindi essa deve essere divergente positivamente.
an+1
B Si supponga che esista il lim e lo si denoti con `. Allora, la
n+ an
P+
serie n=0 an e convergente se ` < 1 (in tal caso infatti `00 = ` < 1) ed e
divergente positivamente se ` > 1 (in tal caso, infatti, si ha an+1 /an > 1
definitivamente); se ` = 1, non si puo invece dire nulla.
B Ad esempio, si consideri la serie
+ n
X a
, aR.
n=0
n!
an+1 an+1 n! a
= n
=
an (n + 1)! a n+1
e quindi limn+ an+1 /an = 0. Dal Teorema 5.2.7 segue allora che la serie e
convergente per ogni a R.
Dimostrazione. 1) Si ponga `00 := lim supn+ n an e si consideri q R tale che
`00 < q < 1; dalla prima proprieta caratteristica del massimo limite, esiste N tale che,
per ogni n , si abbia n an < q, e quindi an < q n . Poiche q < 1, la serie geometrica
P+ n
n=0 q e convergente
P+
e quindi, per il primo criterio di confronto (Proposizione 5.2.5),
anche la serie n=0 an e convergente.
5.2 Serie numeriche 153
2) Dalla seconda proprieta caratteristica del massimo limite applicata con = `00 1,
segue che linsieme {n N | an > 1} e infinito e quindi la successione (an )nN non puo
P+
essere infinitesima. Dalla Proposizione 5.2.1 segue che la serie n=0 an non puo essere
convergente e pertanto essa e necessariamente divergente positivamente.
B Ovviamente, anche in questo caso se esiste il limite limn+ n an = `, la
serie e convergente se ` < 1 ed e divergente positivamente se ` > 1, mentre
non si puo dire nulla nel caso ` = 1.
P
B Ad esempio, si consideri la serie + n=0 an , dove
2n , n pari;
an =
3n , n dispari.
Si ha lim supn+ n an = max{1/2, 1/3} = 1/2 e quindi dal Teorema 5.2.8,
la serie e convergente. Si osservi che il criterio del rapporto in questo caso
non e applicabile.
Si enuncia ora un ulteriore criterio generale di convergenza.
nan (n + 1)an+1
an+1 .
q1
154 Capitolo 5: Successioni e serie numeriche
P+
Denotata con sn la somma parziale n-esima della serie n=0 an , da questultima relazione
segue, per ogni n ,
in quanto il primo membro e somma di 2k addendi ognuno dei quali e minore o uguale al
primo addendo a2k (a causa della decrescenza della successione (an )nN ). Sommando per
k = 0, . . . , n si ha
2n+1
X1 n 2X
X 1k+1
n
X
s2n+1 1 = ak = aj 2k a2k = n ,
k=1 k=0 j=2k k=0
(il numero degli addendi a secondo e infatti 2k 2k1 1 + 1 = 2 2k1 2k1 = 2k1
ed ognuno di essi e maggiore o uguale di quello con lindice maggiore, cioe a2k ) e quindi,
sommando per k = 1, . . . , n,
n ! n 2n
1 1 X k 1X k X
(n a1 ) = 2 a2k + a1 a1 = 2 a 2k ak = s2n a0 a1 ;
2 2 2
k=1 k=1 k=2
da cio segue che la convergenza della prima serie implica quella della seconda.
156 Capitolo 5: Successioni e serie numeriche
di termine generale n-esimo |an |; tale serie e a termini positivi e quindi deve
essere o convergente oP divergente positivamente.
Si dice che la serie +
n=0 an e assolutamente
P convergente (rispettivamente,
assolutamente divergente) se la serie + n=0 n e convergente (rispettivamen-
|a |
te, divergente positivamente).
La condizione di assoluta convergenza e piu restrittiva della convergenza
di una serie, come si riconosce nella proposizione successiva.
Proposizione
P 5.2.12 Sia (an )nN una successione di numeri reali. Se la
serie + a
n=0 n e assolutamente convergente, allora essa e anche convergente.
Dimostrazione.
P+ Sia > 0; dal criterio di convergenza di Cauchy applicato alla serie
n=0 |an |, esiste N tale che, per ogni n e per ogni p N, risulti
n+p
X
|ak | < .
k=n+1
Teorema
P+ 5.2.13 (Criterio dellordine di infinitesimo per le serie)
Sia n=0 an una serie arbitraria di numeri reali. Allora
2) Se la successione
P (an )nN e un infinitesimo di ordine minore o uguale
di 1, la serie +
n=0 an e assolutamente divergente.
ePconvergente (si veda lEsempio 5.2.10), dalla Proposizione 5.2.5 segue che anche la serie
+
n=0 |an | e convergente.
2) Poiche la successione (an )nN e un infinitesimo di ordine minore o uguale di 1, si ha
limn+ n|an | = ` con ` > 0 oppure ` = + (se lordine di infinitesimo e minore di
1). Dalla definizione di limite, considerato > 0 tale che < `, esiste N tale che,
P+
per ogni n , si abbia n|an | , da cui |an | /n. La serie n=1 /n e divergente
P+
positivamente (Esempio 5.2.4) e quindi, dalla Proposizione 5.2.5, anche la serie n=0 |an |
e divergente positivamente.
Dalle uguaglianze (1) e (2) segue che la successione estratta (s2n )nN e decrescente,
mentre la successione estratta (s2n+1 )nN e crescente; inoltre, dalla (3), s2n+1 s2n
per ogni n N e quindi s1 s2n e s2n+1 s0 . Dunque, le successioni (s2n )nN e
(s2n+1 )nN sono monotone e limitate e quindi, dal Teorema 5.1.2, esse sono convergenti.
Posto s = limn+ s2n e tenendo presente che la successione (an )nN e infinitesima, si
ha anche limn+ s2n+1 = limn+ s2n a2n+1 = limn+ s2n limn+ a2n+1 = s.
Infine, dalla monotonia delle successioni (s2n )nN e (s2n+1 )nN e dalla (3) segue, per ogni
n N,
quindi sia nel caso in cui n sia pari o dispari si ha |s sn | an+1 ; da cio segue che la
successione (sn )nN delle somme parziali converge verso s e vale la (5.2.1).
con p ]0, +[, la quale viene denominata serie armonica a segni alterni di
ordine p; se p = 1, essa viene denominata semplicemente serie armonica a
segni alterni.
Si e gia visto che tale serie e assolutamente convergente (e quindi conver-
gente per la Proposizione 5.2.12) se p > 1. Se p 1, si puo tener presente che
la successione (np )n1 e decrescente ed infinitesima e quindi per il criterio di
5.2 Serie numeriche 159
P+
la serie n=0 cn di termine n-esimo
n
X
cn := ak bnk . (5.2.2)
k=0
P+ P+
Dimostrazione. Si supponga dapprima che le serie n=0 an e n=0 bn siano a termini
P+
positivi e, per ogni n N, si denoti con sn la somma parziale n-esima della serie n=0 an ,
160 Capitolo 5: Successioni e serie numeriche
b7 a0 b7
@
@
b6 @a1 b6
@
@ a b
b5 25
@
@
@ a3 b4
b4
@
@
@ a4 b3
b3
@
@
@ a5 b2
b2 @
@
b1 @a6 b1
@
@
b0 @a7 b0
a0 a1 a2 a3 a4 a5 a6 a7
P+
con tn la somma parziale n-esima della serie n=0 bn ed infine con un la somma parziale
P+
n-esima della serie n=0 cn . Allora, per ogni n N, si ha
un = a0 b0 + (a0 b1 + a1 b0 ) + + (a0 bn + a1 bn1 + + an1 b1 + an b0 )
a0 (b0 + + bn ) + + an (b0 + + bn )
= (a0 + + an )(b0 + + bn )
= sn t n
a0 b0 + (a0 b1 + a1 b0 ) + + (a0 b2n + a1 b2n1 + + a2n1 b1 + a2n b0 )
= u2n .
Per lultima diseguaglianza conviene tener presente che gli elementi al di sotto della
diagonale n-esima appartengono a quelli interni al quadrato avente come vertici gli elementi
a0 b0 , an b0 , an bn e a0 bn e che questi ultimi si trovano al di sotto della diagonale 2n-esima.
Dalla diseguaglianza P+un sn tn , tenendo presente che la successione (un )nN e crescen-
te, segue che la serie n=0 cn e convergente. Inoltre, dalla diseguaglianza un sn tn u2n ,
segue u s t u, da cui segue interamente la tesi. P+ P+
Si considera ora il caso generale. Poiche le serie n=0 an e n=0 bn sono asso-
lutamente
P+ convergenti,
P+ dalla prima parte dimostrata segue che la serie prodotto delle
serie
Pn n=0 |an | e n=0 |b n | e convergente. Il termine n-esimo di tale serie e dato da
k=0 |ak bnk |; poiche, per ogni n N,
Xn X n
ak bnk |ak bnk | ,
k=0 k=0
5.2 Serie numeriche 161
P+ P+
la serie prodotto secondo Cauchy di n=0 an e n=0 bn e assolutamente convergente.
Infine, si riconosce facilmente che
2n
X n
X
|sn tn un | |ak bnk | |ak bnk | ,
k=0 k=0
Pk(n+1)1 P
di termine n-esimo j=k(n) aj si dice ottenuta dalla serie + n=0 an raggrup-
pandone i termini.
La proprieta
P+ di completa additivita delle serie convergenti asserisce che
se la serie n=0 an e convergente (rispettivamente, divergente positivamente,
divergente negativamente, assolutamente convergente, assolutamente diver-
gente), allora anche le serie ottenute da essa raggruppandone i termini sono
convergenti (rispettivamente, divergenti positivamente, divergenti negativa-
mente, assolutamente convergenti, assolutamente divergenti) e le loro somme
coincidono.
Conviene osservare che una serie ottenuta raggruppando i termini puo
essere convergente senza che lo sia la serie di partenza. In particolare, se una
serie e indeterminata, non e detto che una serie ottenuta da essa raggruppan-
P
done i termini sia anchessa indeterminata. Ad esempio, la serie + n=0 (1)
n
162 Capitolo 5: Successioni e serie numeriche
Funzioni continue
Una delle proprieta piu importanti delle funzioni elementari riguarda il fat-
to che il limite in un punto x0 in cui la funzione e definita si puo deter-
minare semplicemente calcolando la funzione in x0 . Tale proprieta viene
approfondita nel presente capitolo.
(rispettivamente,
> 0 > 0 t.c. x X]x0 , x0 ] : |f (x) f (x0 )| < ).
Si riconosce facilmente che se x0 e un punto di accumulazione a destra
(rispettivamente, a sinistra) per X, allora f e continua a destra (rispettiva-
mente, a sinistra) in x0 se e solo se esiste il limite destro (rispettivamente,
sinistro) di f in x0 e si ha
lim f (x) = f (x0 ) (rispettivamente, lim f (x) = f (x0 ) ).
xx+
0 xx0
3) In tutti i casi rimanenti, cioe se uno dei due limiti da sinistra o da destra
non esiste oppure e infinito, si dice che x0 e un punto di discontinuita
di seconda specie.
C(X) := {f : X R | f e continua} .
6.2 Funzioni continue su intervalli chiusi e limitati 167
Dimostrazione. Lipotesi f (a) f (b) < 0 esprime il fatto che negli estremi a e b la funzione
f assume valori di segno opposto. Si supponga, per fissare le notazioni, che f (a) < 0 e
f (b) > 0 (la dimostrazione e analoga nel caso f (a) > 0 e f (b) < 0).
Si ponga I1 := [a, b] e si consideri il punto medio x1 [a, b]; se f (x1 ) = 0, la tesi e
vera, altrimenti la funzione f assume valori di segno opposto in almeno uno degli intervalli
[a, x1 ] e [x1 , b]; denotato con I2 tale intervallo si denota ora con x2 il punto medio di I2 e
si considera il valore f (x2 ). Se f (x2 ) = 0, la tesi e vera, altrimenti la funzione f assume
valori di segno opposto in almeno uno degli intervalli aventi come estremi x2 ed uno dei
punti considerati in precedenza; tale intervallo viene denotato I3 e si ripete il procedimento
esposto. Se dopo n iterazioni di tale procedimento si trova un punto xn [a, b] tale che
f (xn ) = 0, la tesi e vera, altrimenti si trova una successione di intervalli (In )n1 tale che,
per ogni n 1, In+1 In e In ha ampiezza (ba)/2n1 . Per ogni n 1 si denotino con an
e bn gli estremi di In e precisamente con an lestremo in cui f assume un valore negativo e
con bn lestremo in cui f assume un valore positivo; si ottengono cosle successioni (an )nN
e (bn )nN di elementi di [a, b]. La successione (an )nN e limitata e quindi, dal Corollario
5.1.13, essa ammette unestratta (ak(n) )nN convergente verso un elemento x0 [a, b].
ba
Poiche k(n) n, si ha 2k(n)1 2ba
n1 e conseguentemente
ba ba ba ba
ak(n) ak(n) k(n)1 bk(n) ak(n) + k(n)1 ak(n) n1
2n1 2 2 2
(in realta, bk(n) coincide con ak(n) (ba)/k(n) oppure con ak(n) +(ba)/k(n)), si ha anche
per confronto limn+ bk(n) = x0 ; dalla continuita di f in x0 e dalla caratterizzazione
sequenziale del limite (Teorema 5.1.3) segue
infine, poiche f (an ) 0 deve essere anche f (x0 ) 0 e analogamente, poiche f (bn ) 0
deve essere anche f (x0 ) 0; si conclude che deve essere f (x0 ) = 0 e cio completa la
dimostrazione.
a x0 0 b
x
Il primo passo consiste nel cercare due elementi a, b I tali che f (a) f (b) <
0. A questo punto, applicando il metodo descritto nella dimostrazione del
Teorema degli zeri 6.2.2, alla restrizione di f allintervallo [a, b], si riesce ad
approssimare una soluzione dellequazione con la precisione desiderata.
Ad esempio, si supponga di voler determinare una soluzione dellequazione
ex = x
0
x
x0
Dimostrazione. Si puo supporre che f sia crescente, altrimenti basta applicare lo stesso
procedimento alla funzione f . Per ogni x0 X, si denoti con s(x0 ) il salto della funzione
f in x0 , definito come segue
lim+ f (x) lim f (x) , x0 di accumulazione a sinistra e a destra per X ,
xx0 xx0
dei punti di discontinuita di f in cui il salto della funzione e maggiore o uguale di 1/(m+1).
Ovviamente, [
D(f ) = Dm (f ) .
mN
Si considerino ora una successione decrescente (an )nN ed una successione crescente
(bn )nN di elementi di X tali che limn+ an = inf(X) e limn+ bn = sup(X).
In ogni insieme X [an , bn ] la funzione e limitata in quanto e crescente ed e definita
agli estremi; segue che per ogni m N linsieme Dn,m (f ) := Dm (f ) X [an , bn ] e finito
in quanto la somma di un numero finito di salti maggiori o uguali di 1/(m + 1) non puo
superare la differenza f (bm ) f (am ). Allora
!
[ [ [
D(f ) = Dm (f ) = Dn,m (f )
mN mN nN
Pertanto, il numero reale strettamente positivo dipende oltre che dal nume-
ro > 0 anche dallelemento x X fissato. Ci si occupera ora delle funzioni
continue per le quali sia possibile scegliere in corrispondenza di ogni > 0
un numero che soddisfi la condizione precedente per ogni x X.
Precisamente, si assume la seguente definizione.
Dimostrazione. Si supponga, per assurdo, che f non sia uniformemente continua. Allora,
negando la condizione (6.4.1), deve esistere 0 > 0 tale che, per ogni > 0, si possono
trovare x [a, b] e y [a, b] verificanti le condizioni |x y| < e |f (x) f (y)| 0 . In
particolare, per ogni n N, applicando tale proprieta con = 1/(n + 1), si ottengono
an [a, b] e bn [a, b] tali che |an bn | < 1/(n + 1) e |f (an ) f (bn )| 0 . Si considerino
ora le successioni (an )nN e (bn )nN di elementi di [a, b]. Esse sono limitate e quindi
dal Corollario 5.1.13 esiste una successione (ak(n) )nN estratta dalla successione (an )nN
6.4 Funzioni uniformemente continue 175
convergente verso un numero reale x0 R; poiche an [a, b] per ogni n N, deve essere
anche x0 [a, b]. Inoltre, per ogni n N,
1 1
0 |ak(n) bk(n) | < (1)
k(n) + 1 n+1
e quindi limn+ |ak(n) bk(n) | = 0, da cui limn+ bk(n) = limn+ ak(n) + (bk(n)
ak(n) ) = x0 . Poiche la funzione f e continua in x0 , dalla caratterizzazione sequenziale del
limite (Teorema 5.1.3) si deve avere limn+ f (ak(n) ) = f (x0 ), limn+ f (bk(n) ) = f (x0 )
e conseguentemente limn+ |f (ak(n) ) f (bk(n) )| = 0. A questo punto, poiche 0 > 0,
dalla definizione di limite, deve esistere N tale che, per ogni n , |f (ak(n) )
f (bk(n) )| < 0 , e cio contraddice la (1).
1) f + g e (L1 + L2 )-lipschitziana.
3) Se R, la funzione f e || L-lipschitziana.
Capitolo 7
Calcolo differenziale
pertanto
f (x) f (x0 )
f 0 (x0 ) := lim . (7.1.1)
xx0 x x0
Se, in piu, il limite (7.1.1) esiste ed e finito, si dice che f e derivabile in
x0 .
178 Capitolo 7: Calcolo differenziale
da cui la tesi.
P
P0
0 x0 t
x
d2 f
f 00 (x0 ) , D2 f (x0 ) , (x0 ) .
dx2
Inoltre, se A e un sottoinsieme di X, si dice che f e dotata di derivata se-
conda (rispettivamente, derivabile) in A, se essa e dotata di derivata seconda
(rispettivamente, derivabile) in ogni x0 A.
Infine, si dice che f e dotata di derivata seconda (rispettivamente, deri-
vabile) se essa e dotata di derivata seconda (rispettivamente, derivabile) in
X.
dn f
e la funzione derivata n-esima con il simbolo f (n) (oppure Dn f , ).
dxn
Per uniformita di notazioni conviene anche porre f (0) = f .
B Se X e un sottoinsieme di R, si ricorda che il simbolo C(X) denota
linsieme di tutte le funzioni reali continue definite in X.
Piu in generale, sara utile considerare, per ogni numero naturale n N,
linsieme
Linsieme C 0 (X) coincide con C(X) e linsieme C 1 (X) e costituito dalle fun-
zioni derivabili tali che f 0 C(X).
Le funzioni f : X R che sono derivabili n volte per ogni n N vengono
denominate infinite volte derivabili ; si pone
da cui la tesi.
Dimostrazione. Poiche
f 1
=f ,
g g
la derivabilita di f /g deriva direttamente dai Teoremi 7.1.6 e 7.1.5 precedenti; inoltre,
dagli stessi teoremi segue
0 0
f 1 1 f 0 (x0 ) g(x0 ) f (x0 ) g 0 (x0 )
(x0 ) = f 0 (x0 ) + f (x0 ) (x0 ) = .
g g(x0 ) g g(x0 )2
Da cio segue
g(f (x)) g(f (x0 )) g(f (x)) g(f (x0 )) f (x) f (x0 )
lim = lim
xx0 x x0 xx0 f (x) f (x0 ) x x0
g(f (x)) g(y0 ) f (x) f (x0 )
= lim lim
xx0 f (x) y0 xx0 x x0
0 0
= g (y0 )f (x0 )
e quindi la tesi.
e quindi
n1
X
xn xn0
lim = lim xk x0nk = nxn1
0
xx0 x x0 xx0
k=0
(se n = 1, si assume per convenzione x00 = 1 per x0 = 0). Pertanto la funzione
potenza fn e derivabile in x0 e (fn )0 (x0 ) = nx0n1 .
Dallarbitrarieta di x0 R, segue che fn e derivabile e, per ogni x R,
Dxn = nxn1 .
Funzioni radice
Si consideri la funzione radice f1/n , n 1. Se x0 6= 0, si ha
n
x0 + h n x 1 n
x 0 + h n
x
lim = n x0 lim
h0 h h0 n x0 h
p
n
h/x0 1
= n x0 lim
h0 h
1/n
h
n x
1+ 1
0 x0
= lim
x0 h0 h/x0
1 (1 + y)1/n 1 1 1
= p lim = p .
n n1 y0
x0 y n n
x0n1
Segue che f1/n e derivabile in ogni x ]0, +[ per n pari ed in ogni
x R r {0} se n e dispari e la sua derivata e data da
1 1
.
n xn1
n
Funzioni esponenziali
Sia a > 0, a 6= 1 e si consideri la funzione esponenziale expa : R R. Allora,
per ogni x0 R, si ha
ax0 +h ax0 ah 1
lim = ax0 lim = ax0 log a .
h0 h h0 h
Quindi expa e derivabile e, per ogni x R,
D(ax ) = ax log a .
In particolare, per ogni x R, si ha D(ex ) = ex .
Funzioni logaritmo
Sia a > 0, a 6= 1 e si consideri la funzione logaritmo loga :]0, +[ R.
Dal Teorema 7.1.9 segue che essa e derivabile e, per ogni x ]0, +[, posto
y = loga x, si ha
1 1 1
D(loga x) = y
= y = .
D(a ) a log a x log a
In particolare, per ogni x R, D(log x) = 1/x.
190 Capitolo 7: Calcolo differenziale
Funzioni trigonometriche
Si considerano ora le funzioni seno, coseno, tangente e cotangente. Per ogni
x0 R, risulta
e analogamente
Essendo quoziente di funzioni derivabili, dal Teorema 7.1.7 segue che anche
le funzioni tangente e cotangente sono derivabili e si ha, per ogni x R r
{/2 + k | k Z},
1
D(tan x) = = 1 + tan2 x .
cos2 x
e analogamente, per ogni x R r {k | k Z},
1
D(cot x) = 2 = (1 + cot2 x) .
sin x
posto y = arcsin x ] /2, /2[, si ottiene sin y = x e cos y = 1 x2 (si e
tenuto presente che nellintervallo ] /2, /2[ il coseno e positivo), per cui
1 1 1
D(arcsin x) = = = .
D(sin y) cos y 1 x2
Per quanto riguarda i punti 1 ed 1, si verifica direttamente che in tali punti
la funzione arcoseno e dotata di derivata uguale a +.
Per la funzione arcocoseno il procedimento e analogo a quello precedente;
si osserva che la restrizione della funzione coseno allintervallo [0, ] e deri-
vabile e la sua derivata si annulla solamente nei punti 0 e ; tali valori sono
assunti dalla funzione arcocoseno nei punti 1 e rispettivamente 1. Appli-
cando il Teorema 7.1.9 si deduce che la funzione arcocoseno e derivabile in
] 1, 1[ e
per ogni x ] 1, 1[, posto y = arccos x ]0, [, si ottiene cos y = x
e sin y = 1 x2 in quanto il coseno e positivo nellintervallo ]0, [; pertanto
1 1 1
D(arccos x) = = = .
D(cos y) sin y 1 x2
Nei punti 1 ed 1, si verifica direttamente che la funzione arcocoseno e
dotata di derivata uguale a .
Si consideri ora la funzione arcotangente. In questo caso, la restrizione
della funzione tangente allintervallo ]/2, /2[ e derivabile e la sua derivata
e sempre diversa da 0. Dal Teorema 7.1.9 segue che la funzione arcotangente
e derivabile e inoltre, per ogni x R, posto y = arctan x ] /2, /2[, si
ottiene tan y = x, per cui
1 1 1
D(arctan x) = = 2
= .
D(tan y) 1 + tan y 1 + x2
0 x0
x
f (b) f (a)
h(x) := f (x) (g(x) g(a)) .
g(b) g(a)
f (b) f (a)
h(a) = f (a) (g(a) g(a)) = f (a) ,
g(b) g(a)
f (b) f (a)
h(b) = f (b) (g(b) g(a)) = f (b) f (b) + f (a) = f (a) ,
g(b) g(a)
e quindi h(a) = h(b). Si puo pertanto applicare il teorema di Rolle alla funzione h, e si
conclude che esiste x0 ]a, b[ tale che h0 (x0 ) = 0. Poiche, per ogni x ]a, b[,
f (b) f (a) 0
h0 (x) = f 0 (x) g (x) ,
g(b) g(a)
da h0 (x0 ) = 0 segue
f (b) f (a) 0
f 0 (x0 ) = g (x0 ) ,
g(b) g(a)
e dividendo entrambi i membri per g 0 (x0 ) 6= 0, si ottiene la tesi.
f (b) f (a)
f 0 (x0 ) = . (7.2.2)
ba
Dimostrazione. Si consideri lulteriore funzione g : [a, b] R definita ponendo, per ogni
x [a, b], g(x) = x. Tale funzione e derivabile e, per ogni x [a, b], g 0 (x) = 1 6= 0. Sono
quindi soddisfatte le ipotesi del teorema di Cauchy precedente e pertanto esiste un punto
x0 ]a, b[ tale che
f 0 (x0 ) f (b) f (a)
= ;
g 0 (x0 ) g(b) g(a)
poiche g 0 (x0 ) = 1 e g(b) g(a) = b a, la tesi e completamente dimostrata.
y
B
0 x0
x
f (x)
lim ,
xx0 g(x)
0
che si presenta nella forma indeterminata , si ha
0
f (x) f 0 (x0 )
lim = 0 .
xx0 g(x) g (x0 )
f (x) f (x0 )
f (x) f (x) f (x0 ) x x0 f 0 (x0 )
lim = lim = lim = 0 .
xx0 g(x) xx0 g(x) g(x0 ) xx0 g(x) g(x0 ) g (x0 )
x x0
Una situazione piu generale viene esaminata nei risultati successivi.
f (x) f 0 (x)
lim = lim 0 . (7.3.1)
xx0 g(x) xx0 g (x)
punti e cio e escluso dalle ipotesi. In una prima fase si considera il caso in cui ` R.
Allora, fissato > 0, deve esistere x1 I tale che, per ogni x ]x1 , x0 [,
f 0 (x)
` < 0 <`+ .
2 g (x) 2
Per ogni x, t ]x1 , x0 [, x 6= t, dal Teorema 7.2.2 di Cauchy, esiste c ]x1 , x0 [ tale che
e quindi
f (x) f (t)
`< (1)
g(x) g(t) 2
Sia ora x ]x1 , x0 [; dal fatto che limtx0 f (t) = 0 e limtx0 g(t) = 0, segue anche
limtx0 (f (x) f (t))/(g(x) g(t)) = f (x)/g(x); se fosse
f (x)
`> ,
g(x) 2
f 0 (x)
>M +1.
g 0 (x)
Come nel caso precedente, per ogni x, t ]x1 , x0 [, x 6= t, dal Teorema 7.2.2 di Cauchy, si
trova c ]x1 , x0 [ tale che
f 0 (c) f (x) f (t)
=
g 0 (c) g(x) g(t)
e quindi
f (x) f (t)
> M + 1. (2)
g(x) g(t)
Sia ora x ]x1 , x0 [; dal fatto che limtx0 f (t) = 0 e limtx0 g(t) = 0, segue anche
limtx0 (f (x) f (t))/(g(x) g(t)) = f (x)/g(x); se fosse
f (x)
<M +1,
g(x)
7.3 Applicazioni al calcolo dei limiti 199
f (x) f (t)
<M +1
g(x) g(t)
f (x)
M +1>M
g(x)
f 0 (x)
3. Esiste il limite lim .
xx0 g 0 (x)
f (x)
Allora esiste anche il limite lim e si ha
xx0 g(x)
f (x) f 0 (x)
lim = lim 0 . (7.3.2)
xx0 g(x) xx0 g (x)
Si fissi t ]x1 , x0 [; per ogni x ]x1 , x0 [, x 6= t, dal Teorema 7.2.2 di Cauchy, esiste c ]x1 , x0 [
tale che
f 0 (c) f (t) f (x)
=
g 0 (c) g(t) g(x)
e quindi
f (t) f (x)
` < <`+ . (1)
2 g(t) g(x) 2
200 Capitolo 7: Calcolo differenziale
Poiche limxx0 |f (x)| = +, limxx0 |g(x)| = +, si puo trovare x2 ]x1 , x0 [ tale che,
per ogni x ]x2 , x0 [, |f (t)| < |f (x)| e |g(t)| < |g(x)|. Pertanto, posto
f (t)
1
f (x)
(x) :=
g(t)
1
g(x)
per ogni x ]x2 , x0 [, si ha (x) > 0 e
f (t) f (x) f (x)
= (x) ;
g(t) g(x) g(x)
conseguentemente, la (1) puo essere scritta al modo seguente, per ogni x ]x2 , x0 [,
` /2 f (x) ` + /2
< < . (2)
(x) g(x) (x)
Poiche limxx0 (x) = 1, si puo considerare x3 ]x2 , x0 [ tale che, per ogni x ]x3 , x0 [,
` /2 ` + /2
` , `+
(x) (x)
e quindi, dalla (2),
f (x)
`< <`+.
g(x)
Dallarbitrarieta di > 0 segue limxx0 f (x)/g(x) = ` e quindi la tesi.
Si considera ora il caso in cui ` = + (se ` = il procedimento e analogo).
Fissato M R, da limxx0 f 0 (x)/g 0 (x) = `, segue lesistenza di x1 I tale che, per ogni
x ]x1 , x0 [,
f 0 (x)
>M +1.
g 0 (x)
Si fissi ora t ]x1 , x0 [; per ogni x ]x1 , x0 [, x 6= t, dal Teorema 7.2.2 di Cauchy, esiste
c ]x1 , x0 [ tale che
f 0 (c) f (t) f (x)
=
g 0 (c) g(t) g(x)
e quindi
f (t) f (x)
>M +1. (3)
g(t) g(x)
Come nel caso precedente, poiche limxx0 |f (x)| = +, limxx0 |g(x)| = +, esiste
x2 ]x1 , x0 [ tale che, per ogni x ]x2 , x0 [, |f (t)| < |f (x)| e |g(t)| < |g(x)| e quindi, posto
f (t)
1
f (x)
(x) := ;
g(t)
1
g(x)
dunque, la (3) diviene, per ogni x ]x2 , x0 [,
f (x) M +1
> . (4)
g(x) (x)
7.3 Applicazioni al calcolo dei limiti 201
+
il quale si presenta nella forma indeterminata ; tenendo presente che,
+
per ogni x > 1,
x x x
,
x+1 x + sin x x1
si riconosce subito che tale limite e uguale ad 1; invece, il limite lim 1/(1 +
x+
cos x) del rapporto delle derivate non esiste.
B Bisogna naturalmente anche accertarsi che il limite si presenti in una delle
forme indeterminate previste nei teoremi precedenti, altrimenti lapplicazione
delle regole di LHopital puo portare a risultati errati.
Ad esempio, il limite
log(cos x) + x tan x
lim
x+ x+1
non esiste, mentre il limite limx+ x (1 + tan2 x) del rapporto delle derivate
e uguale a +.
202 Capitolo 7: Calcolo differenziale
B In generale, puo anche capitare che il limite del rapporto delle derivate si
presenti anchesso in una forma indeterminata. In tal caso, si puo cercare di
continuare ad applicare ancora la stessa regola di LHopital e studiare cos
il limite del rapporto delle derivate seconde o ancora successive delle due
funzioni. Piu precisamente, se f : I R e g : I R sono funzioni reali
derivabili n volte (n 1) e si supponga che, per ogni k = 1, . . . , n e per ogni
x I, g (k) (x) 6= 0. Se, per ogni k = 0, . . . , n 1,
lim f (k) (x) = 0 , lim g (k) (x) = 0
xx0 xx0
oppure
lim |f (k) (x)| = + , lim |g (k) (x)| = + ,
xx0 xx0
nel punto x0 il valore del polinomio e quello delle sue derivate fino ad un ordi-
ne fissato uguali rispettivamente al valore della funzione e delle sue derivate
nel punto x0 fino allo stesso ordine.
(x x0 )2
Tn (x) := f (x0 ) + f 0 (x0 )(x x0 ) + f 00 (x0 ) + (7.3.4)
2
(x x0 )n
+ + f (n) (x0 )
n!
Xn
(x x0 )k
= f (k) (x0 ) (7.3.5)
k=0
k!
T2 T6 T10
x
0
T4
T8
Tale aspetto dei polinomi di Taylor viene messo in evidenza nel risultato
seguente.
per ogni j = 1, . . . , n 1 e quindi, ancora dalla (7.3.8) e dal Teorema 7.3.1, si ottiene
f (x) Tn (f )(x) f 0 (x) Tn1 (f 0 )(x)
lim n (x) = n! lim n
= n! lim
xx0 xx0 (x x0 ) xx0 n(x x0 )n1
f 00 (x) Tn2 (f 00 )(x)
= (n 1)! lim = ...
xx0 (n 1)(x x0 )n2
(x x0 )n
f (x) = Tn1 (x) + f (n) () . (7.3.12)
n!
Dimostrazione. Si fissi x I r {x0 } e si denoti con I lintervallo chiuso avente x ed x0
come estremi. Si definisce ora la funzione F : I R ponendo, per ogni t I,
(x t)n
F (t) := Tn1 (f, t)(x) + (f (x) Tn1 (f, x0 )(x))
(x x0 )n
n1
n1
!
X (x t)k
(x t)n X (x x 0 ) k
= f (k) (t) + f (x) f (k) (x0 ) .
k! (x x0 )n k!
k=0 k=0
Dalle ipotesi assunte sulla funzione f , segue che F e continua in I e derivabile in I(x0 , x);
inoltre
e quindi, dal Teorema 7.2.1 di Rolle, esiste I(x0 , x) tale che F 0 () = 0. Tenendo
presente che, per ogni t I(x0 , x),
X
n1
(x t)k (x t)k1
F 0 (t) = f 0 (t) + f (k+1) (t) f (k) (t)
k! (k 1)!
k=1
n1
!
n(x t)n1 X (x x0 )k
(k)
f (x) f (x0 )
(x x0 )n k!
k=0
n1
X n2
(x t)k X (k+1) (x t)k
= f 0 (t) + f (k+1) (t) f (t)
k! k!
k=1 k=0
n1
!
n(x t)n1 X (x x0 )k
f (x) f (k) (x0 )
(x x0 )n k!
k=0
(x t)n1
= f 0 (t) + f (n) (t) f 0 (t)
(n 1)!
n1
!
n(x t)n1 X (x x0 )k
(k)
f (x) f (x0 )
(x x0 )n k!
k=0
n1
!
(x t)n1 n(x t)n1 X (x x0 )k
(n) (k)
= f (t) f (x) f (x0 )
(n 1)! (x x0 )n k!
k=0
n1
!!
n(x t)n1 (x x0 )n X (x x0 )k
(n) (k)
= f (t) f (x) f (x0 ) ,
(x x0 )n n! k!
k=0
|| < |x|.
Nel caso n = 1, la (7.3.12) si riduce ovviamente al Teorema 7.2.3 di
Lagrange.
|x x0 |n
|f (x) Tn1 (x)| M . (7.3.14)
n!
Conviene a questo punto scrivere la formula di Taylor per alcune funzioni
elementari.
Nel caso della funzione esponenziale avente come base il numero di Nepero,
le formule precedenti diventano, per ogni x R,
n1 k
X
x x xn
e = + e ,
k=0
k! n!
con I(0, x) e
n1
x X xk |x|n
e max{ex , 1} .
k! n!
k=0
con I(1, x). In varie applicazioni puo essere utile scrivere questultima
formula nella forma seguente, per ogni x ] 1, 1],
n1
X (1)k1 (1)n1 n
loga (1 + x) = xk + x ;
k=1
k log a n n log a
Procedendo con gli stessi metodi dei casi precedenti, si possono scrivere le
formule di Mc Laurin di ordine 2n + 1 e rispettivamente 2n delle funzioni
seno e coseno. Tenendo presente che D(sin x) = cos x e D(cos x) = sin x, si
deduce che le derivate di ogni ordine di tali funzioni assumono valori compresi
tra 1 ed 1. Inoltre, nel punto 0 le derivate di ordine pari della funzione seno
e quelle di ordine dispari della funzione coseno sono nulle. Pertanto le relative
formule di Mc Laurin assumono la seguente forma, per ogni x R,
n1
X (1)k 2k+1 x2n+1
sin x = x + (x) ,
k=0
(2k + 1)! (2n + 1)!
n1
X (1)k x2n
cos x = x2k + (x) ,
k=0
(2k)! (2n)!
Gli esempi precedenti possono essere estesi con gli stessi metodi per scri-
vere la formula di Taylor di ogni funzione elementare relativa ad un fissato
punto x0 .
7.3 Applicazioni al calcolo dei limiti 211
f (x) = o(g(x)) , x x0 ,
f (x)
se lim = 0 (se f e g sono infinitesime in x0 , cio equivale al fatto che f
xx0 g(x)
e un infinitesimo in x0 di ordine maggiore di g).
Inoltre, si dice che f (x) e o grande di g(x) per x tendente verso x0 e si
scrive
f (x) = O(g(x)) , x x0 ,
f (x)
se il rapporto e limitato in un intorno di x0 (se f e g sono infinitesime
g(x)
in x0 , cio equivale al fatto che f e un infinitesimo in x0 di ordine maggiore o
uguale di g).
Tali notazioni consentono di scrivere in modo piu semplice diverse for-
mule evitando lintroduzione di funzioni che denotano infinitesimi di ordine
superiore.
Ad esempio, la formula di Taylor (7.3.9) si puo scrivere
e quindi f (x) = 2x2 /2! + o(x2 ) = x2 + o(x2 ) per x 0; quindi f (x) x2 per
x 0.
Si considera come esempio lo studio del limite
x arcsin x
lim .
x0 sin x arcsin x
x arcsin x x3 /3! 1
lim = lim 3
= .
x0 sin x arcsin x x0 2x /3! 2
Pertanto, bisogna trovare n 1 tale che 3/n! < 1/100 e quindi basta con-
siderare, ad esempio, n = 6. Il valore approssimato richiesto e quindi dato
da
X5
1 1 1 1 1 163
e =1+1++ + + + = 2, 71667 .
k=0
k! 2 6 24 120 60
f (x) f (x0 )
x0 < x < x0 + = >0.
x x0
Pertanto il numeratore ed il denominatore del rapporto incrementale devono avere lo stesso
segno, da cui
x0 < x < x0 + 1 = f (x) > f (x0 ) , x0 1 < x < x0 = f (x) < f (x0 ) .
(oppure rispettivamente,
Dimostrazione. Dalle ipotesi fatte, tenendo conto della Proposizione 7.4.3, 1), segue che
f e crescente in ]x0 , x0 [ e decrescente in ]x0 , x0 + [ (rispettivamente, f e decrescente in
2
Un punto x0 si dice interno ad X se esiste > 0 tale che ]x0 , x0 + [ X, in
altri termini se X e un intorno di x0 . Un punto interno ad X e sempre ovviamente di
accumulazione per X. Nelle ipotesi di derivabilita di f si e pertanto supposto lecitamente
che ]x0 , x0 + [ X.
7.4 Applicazioni allo studio del grafico delle funzioni reali 217
]x0 , x0 [ e crescente in ]x0 , x0 + [); dal Teorema 4.6.1 sul limite delle funzioni monotone
e tenendo presente che f e continua in x0 , si ha
(rispettivamente,
f (x0 ) = inf f (x) = inf f (x) ).
x]x0 ,x0 [ x]x0 ,x0 +[
Pertanto, per ogni x ]x0 , x0 +[r{x0 }, risulta f (x) f (x0 ) (rispettivamente, f (x0 )
f (x)) e quindi x0 e un punto di massimo relativo (rispettivamente, di minimo relativo)
per f .
Per quanto riguarda lultima parte della tesi, se il punto x0 non fosse un punto di
massimo (rispettivamente, di minimo) relativo proprio per f , esisterebbe x1 ]x0 , x0 +
[r{x0 } tale che f (x1 ) = f (x0 ); applicando il Teorema 7.2.1 di Rolle alla restrizione di
f allintervallo chiuso di estremi x0 ed x1 , si troverebbe x I(x0 , x1 ) tale che f 0 (x) = 0
contraddicendo le ipotesi assunte nellultima parte.
Dimostrazione. Infatti, se fosse f 00 (x0 ) > 0 (rispettivamente, f 00 (x0 ) < 0), dalla Propo-
sizione 7.4.5 precedente e dal Corollario 7.4.2, x0 sarebbe un punto di minimo (rispettiva-
mente, di massimo) relativo proprio per f .
218 Capitolo 7: Calcolo differenziale
|f (n) (x)|
|n (x)| < . (2)
2
7.4 Applicazioni allo studio del grafico delle funzioni reali 219
f 0 (x) = 0 , x X0 .
3. Bisogna considerare i punti esclusi nei casi precedenti, che sono gli ele-
menti di X che non appartengono ad X 0 (cioe in cui f non e derivabile)
e gli elementi di X che non sono di accumulazione a sinistra e a destra
per X (in generale gli estremi appartenenti ad X degli intervalli di cui
X e costituito). Tali punti si presentano solitamente in numero finito
(in qualche caso numerabile) e per ognuno di essi bisogna verificare
in maniera diretta se si tratta di un punto di massimo o di minimo
relativo per f . Per quanto riguarda i punti in cui la funzione non e
derivabile conviene osservare che se in uno di tali punti la funzione e
continua ed il punto e angoloso o cuspidale, il primo criterio potrebbe
comunque assicurare se si tratta o meno di un punto di massimo o mi-
nimo relativo; ad esempio, in un punto angoloso i segni delle derivate
destre e sinistre descrivono precisamente il punto (se la derivata sini-
stra e quella destra sono entrambe positive in un punto x0 la funzione
e strettamente crescente in x0 , se sono entrambe negative la funzione e
strettamente decrescente in x0 , se la derivata sinistra e positiva e quella
destra e negativa il punto x0 e di massimo relativo per f ed infine se
la derivata sinistra e negativa e quella destra e positiva il punto x0 e di
minimo relativo per f ).
f (x) := x2 + |x 3| .
(rispettivamente,
(rispettivamente,
f (x0 )+f 0 (x0 )(xx0 ) f (x) (rispettivamente, f (x) f (x0 )+f 0 (x0 )(xx0 )).
f (x0 )+f 0 (x0 )(xx0 ) < f (x) (rispettivamente, f (x) < f (x0 )+f 0 (x0 )(xx0 )).
(rispettivamente,
x
x0 x1 0 x2
B Si osservi che puo accadere che una funzione sia derivabile in un punto x0
e che non verifichi alcuna delle condizioni previste nella Definizione 7.4.10;
ad esempio, la funzione
3
x sin x1 , x 6= 0 ,
f (x) :=
0, x=0,
e derivabile in 0 e risulta f 0 (0) = 0; conseguentemente, la retta tangente al
grafico di f in 0 ha equazione y = 0, mentre la funzione non e ne positiva ne
negativa in alcun intorno di 0.
B I criteri maggiormente utilizzati per lo studio della convessita e della con-
cavita di una funzione sono collegati allo studio del segno della sua derivata
seconda.
Tali criteri sono essenzialmente basati sullosservazione seguente.
(Basta tenere presente le definizioni adottate e che (x0 ) = 0, da cui segue che e positiva
(rispettivamente, negativa) in un intorno di x0 se e solo se x0 e di minimo (rispettivamente,
di massimo) relativo per . )
(oppure rispettivamente,
Dimostrazione. Dalla Proposizione 7.4.4, applicata alla derivata prima di f , segue che
x0 e un punto di minimo (rispettivamente, di massimo) relativo per f 0 e quindi, per quanto
osservato preliminarmente, anche per 0 , da cui la prima parte della tesi. Lultima parte
della tesi si ottiene nello stesso modo osservando che in questo caso il punto x0 risulta
un minimo (rispettivamente, un massimo) relativo proprio per f 0 per quanto osservato
nellultima parte della Proposizione 7.4.4.
Dimostrazione. Deve essere innanzitutto f 00 (x0 ) = 0 per il Corollario 7.4.13. Se, poi,
fosse f (3) (x0 ) < 0 (rispettivamente, f (3) (x0 ) > 0), dalla Proposizione 7.4.16 x0 sarebbe un
punto di flesso discendente (rispettivamente, ascendente) proprio per f , in contraddizione
con le ipotesi.
Allora
7.4.3 Asintoti
Le nozioni seguenti possono risultare utili per una descrizione piu dettagliata
del comportamento di una funzione reale sia in punti di accumulazione reali
nei quali la funzione non e definita oppure non e continua (mediante gli asin-
toti verticali), sia nei punti + e nel caso in cui la funzione sia definita
in un insieme non limitato superiormente oppure inferiormente (mediante gli
asintoti orizzontali oppure obliqui).
f (x)
lim =aR, lim f (x) ax = b R ,
x+ x x+
(rispettivamente,
f (x)
lim =aR, lim f (x) ax = b R ).
x x x
7.4 Applicazioni allo studio del grafico delle funzioni reali 231
x
0 x0
lim f (x) ax b = b b = 0
x+
Limportanza della proposizione precedente risiede nel fatto che essa for-
nisce un metodo per individuare il possibile coefficiente angolare ed il termi-
ne noto dellequazione dellasintoto obliquo. Bisogna tuttavia sempre ve-
rificare che entrambi i limiti previsti esistano e siano finiti; ad esempio,
la funzione logaritmo non e dotata di asintoto obliquo a destra in quanto
limx+ log x/x = 0, ma limx+ (log x 0 x) = +.
232 Capitolo 7: Calcolo differenziale
f (x)
lim =1, lim f (x) x = ,
x x x 2
e quindi la retta di equazione y = x + /2 e un asintoto obliquo a destra per
f mentre la retta di equazione y = x /2 e un asintoto obliquo a sinistra
per f .
4) Continuita.
determinate facilmente anche le altre radici, che sono x 1 := (5 17)/4 (ap-
prossimativamente, x1 0, 22) e x2 := (5 + 17)/4 (approssimativamente,
x2 2, 28; dunque, x2 / Xf ); si puo allora dedurre che la derivata prima e
strettamente positiva in ] , 1[] 1, x1 []3, 5[ e strettamente negativa
in ]x1 , 1[]1, 2[]5, +[. La funzione e pertanto strettamente crescente in
ognuno degli intervalli ] , 1[, ] 1, x1 ] e [3, 5] e strettamente decrescente
in [x1 , 1[, ]1, 2] e [5, +[; i punti x0 e x1 di massimo relativo proprio per f
ed i punti corrispondenti del grafico hanno coordinate
p ! !
5 17 2 25 17 + 103 17 + 5 6
D , , E 5,
4 10 17 + 38 24
D
-1 0 1 A B x
CE
approssimativamente il grafico
x2
f (x) := log 1 .
x+3
Xf :=] , 3[]2, +[ .
5 (e 1)2
f0 (x0 ) = lim f 0 (x) = lim = ,
xx0 xx0 (x 2)(x + 3) 5e
5 (e 1)2
f+0 (x0 ) = lim+ f 0 (x) = lim+ = .
xx0 xx0 (x 2)(x + 3) 5e
7.4 Applicazioni allo studio del grafico delle funzioni reali 237
00 5(2x + 1) log x2
x+3
1
f (x) =
(x 2)2 (x + 3)2 log x2 1 .
x+3
Dallo studio del segno della derivata seconda, si deduce che f e strettamente
convessa in ognuno degli intervalli ]2, +[ e [x0 , 3[ mentre e strettamente
concava nellintervallo ] , x0 ]. Il grafico della funzione viene tracciato
approssimativamente nella Figura 7.8 seguente.
x
A 0
Calcolo integrale
|P | := max (xi+1 xi ) .
i=1,...,n1
240 Capitolo 8: Calcolo integrale
y y
0 x 0 x
e analogamente
j(i+1)1
X
mi (xi+1 xi ) = mi (yj(i+1) yj(i) ) mj (yj+1 yj ) .
j=j(i)
Rb
(Talvolta viene anche utilizzata la notazione a
f .)
Infatti in questo caso si ha s(f, P ) = S(f, P ) = c(ba) per ogni P ([a, b]).
Tuttavia, in generale la definizione precedente non risulta sufficientemente
maneggevole nelle applicazioni al fine di stabilire se una funzione e o meno
integrabile secondo Riemann. Per questo motivo, e particolarmente utile
avere a disposizione dei criteri di integrabilita di piu semplice applicazione.
Rb
s(f, P ) < ; allora, dalla prima proprieta dellestremo inferiore e superiore, risulta a f
Rb
S(f, P ) e analogamente, dalla prima proprieta dellestremo superiore, segue s(f, P ) a f .
Pertanto
Z b Z b
f f S(f, P ) s(f, P ) < .
a a
n1
X
S(f, P ) s(f, P ) = (f (xi+1 ) f (xi ))(xi+1 xi )
i=0
n1
X
(f (xi+1 ) f (xi ))
i=0
= (f (x0 ) + f (xn )) = (f (b) f (a)) < .
f (b) f (a) + 1
Dimostrazione. Anche ora conviene osservare subito che f e sicuramente limitata come
conseguenza del teorema di Weierstrass (Teorema 6.2.1.
Dal teorema sulluniforme continuita di Cantor (Teorema 6.4.2), f e uniformemente
continua e quindi, fissato > 0, si puo trovare > 0 tale che, per ogni x, y [a, b] verificanti
la condizione |xy| , si abbia |f (x)f (y)| /(ba). Si fissi ora una suddivisione P =
(xi )i=0,...,n di [a, b] tale che |P | . Per ogni i = 0, . . . , n 1, dal teorema di Weierstrass
applicato alla restrizione di f allintervallo [xi , xi+1 ], si possono trovare ci , di [xi , xi+1 ]
246 Capitolo 8: Calcolo integrale
tali che f (ci ) = maxx[xi ,xi+1 ] f (x) =: Mi e f (di ) = minx[xi ,xi+1 ] f (x) =: mi . Poiche
|ci di | xi+1 xi |P | , deve essere anche f (di ) f (ci ) /(b a); pertanto,
n1
X n1
X
S(f, P ) s(f, P ) = (f (di ) f (ci ))(xi+1 xi ) (xi+1 xi )
i=0
b a i=0
= (x0 + xn ) = (b a) < .
ba ba
Dunque e verificata la condizione c) della Proposizione 8.1.3 e pertanto f e integrabile
secondo Riemann in [a, b].
Dimostrazione. Le proprieta enunciate sono tutte basate sulle definizioni e sul criterio di
integrabilita mediante suddivisioni. Per brevita, si omettono i dettagli della dimostrazione.
[ +
X
H [an , bn ] , (bn an ) < . .
nN n=0
Tale condizione esprime il fatto che linsieme H ha misura nulla secondo una
teoria della misura denominata di Lebesgue. Per brevita, si rinuncia alla
dimostrazione di tale risultato.
B Si riconosce facilmente, invece, che lunica funzione continua e positiva
avente integrale uguale a 0 e la funzione nulla. Precisamente, se f : [a, b] R
e una Rfunzione continua e positiva e se esiste x0 [a, b] tale che f (x0 ) > 0,
allora [a,b] f > 0.
(Infatti f e continua in x0 e quindi, dalla proprieta di permanenza del segno, esistono
r > 0 e > 0 tali che, per ogni x [a, b] [x0 , x0 + ], f (x) r. Allora, posto
c := max{x0 , a} e d := min{x0 + , b}, si ha
Z Z Z
f (x) dx f (x) dx r dx r(d c) > 0 . )
[a,b] [c,d] [a,b]
e pertanto Z
1
f (c) f (x) dx f (d) .
ba [a,b]
R
Allora il numero reale [a,b] f (x) dx/(b a) e compreso tra il minimo ed il massimo di f
e quindi Rdal teorema di Bolzano (Corollario 6.2.3), segue lesistenza di x0 [a, b] per cui
f (x0 ) = [a,b] f (x) dx/(b a).
Infine, il punto x0 puo essere considerato in ]a, b[. Infatti, se il teorema fosse valido
solamente per x0 = a o per x0 = b, la funzione essendo continua dovrebbe assumere valori
sempre strettamente maggiori oppure sempre strettamente minori di f (x0 ) in ]a, b[. Nel
primo caso, f (x0 ) sarebbe il minimo di f ; si consideri x1 ]a, b[ tale che f (x1 ) > f (x0 )
e si fissi r R tale che f (x0 ) < r < f (x1 ); dalla continuita di f ed essendo [r, +[ un
intorno di f (x1 ), si puo trovare un intervallo ]x1 , x1 + []a, b[ tale che f (x) r per
ogni x ]x1 , x1 + [; allora
Z Z Z Z
f = f+ f+ f
[a,b] [a,x1 ] [x1 ,x1 +] [x1 +,b]
f (x0 )(x1 a) + r(x1 + (x1 )) + f (x0 )(b x1 )
f (x0 )(x1 a) + 2r + f (x0 )(b x1 )
= f (x0 )(b a) + 2(r f (x0 )) > f (x0 )(b a) ,
e quindi non potrebbe valere luguaglianza prevista nella tesi. Allo stesso risultato si
perviene in maniera analoga se f assume sempre valori strettamente minori di f (x0 ) in
]a, b[. Pertanto la tesi e completamente dimostrata.
Geometricamente, il Teorema 8.1.7 esprime il fatto che larea del trape-
zoide relativo ad una funzione continua e positiva e equivalente allarea di un
rettangolo avente come base lintervallo [a, b] ed altezza lintervallo [0, f (x0 )]
per un opportuno elemento x0 di ]a, b[ (vedasi la Figura 8.2 successiva).
x
0 x0
F 0 (x) = f (x) .
Teorema 8.1.9 (Teorema della media integrale per gli integrali de-
finiti)
Sia f : I R una funzione continua in un intervallo I. Allora, per ogni
a, b I, esiste x0 I(a, b) tale che
Z b
f (x) dx = f (x0 )(b a) .
a
Poiche
Z x Z x0 Z x
Fa (x) Fa (x0 ) = f (t) dt f (t) dt = f (t) dt = f ()(x0 x)
a a x0
si ottiene
Fa (x) Fa (x0 )
= f () .
x x0
Inoltre I]x0 , x0 + [, e quindi f (x0 ) < f () < f (x0 ) + . Si e cos dimostrato
che, per ogni x I]x0 , x0 + [,
Fa (x) Fa (x0 )
f (x0 ) < < f (x0 ) + ,
x x0
e cio, essendo > 0 arbitrario, dimostra la tesi.
Dunque linsieme delle primitive di una funzione continua e sempre non
vuoto.
Il risultato successivo mette in relazione le primitive di una funzione
continua con il calcolo degli integrali definiti.
Per comodita, il secondo membro della (8.1.5) viene spesso denotato con
uno dei seguenti simboli
b
[G(x)]ba , G(x)a ;
254 Capitolo 8: Calcolo integrale
cio e dovuto essenzialmente al fatto che nel calcolo esplicito delle primitive di
una funzione si perviene solitamente al valore che essa assume in un generico
elemento x in cui e definita.
2. Si ha Z
1
dx = log |x| + c , cR,
x
in ognuno degli intervalli [0, +[ oppure ] , 0].
4. Si ha
Z Z
sin x dx = cos x + c , cos x dx = sin x + c , cR, xR.
5. Si ha Z
1
dx = tan x + c , cR,
cos2 x
8.1 Lintegrale secondo Riemann 255
4. Si ha Z
1
f 0 (x) dx = tan f (x) + c , cR,
cos2
f (x)
purche esista k Z tale che /2 + k < f (x) < /2 + k per ogni
x I.
Le precisazioni effettuate di volta in volta sulla validita delle formule pre-
cedenti sono indispensabili per il calcolo degli integrali definiti mediante la
formula fondamentale del calcolo integrale. Il calcolo degli integrali indefi-
niti puo invece essere esteso a funzioni definite nellunione di piu intervalli
considerando una costante arbitraria in ognuno di essi.
256 Capitolo 8: Calcolo integrale
2
Ricordando che lintegrale indefinito e un insieme di funzioni, si precisa che il prodotto
A di uno scalare per un sottoinsieme e da intendersi come A := {a | a A}; inoltre
la somma di due insiemi che e da intendersi al modo seguente: A + B := {a + b | a
A , b B}. Quindi, nel caso in esame, il secondo membro significa
Z Z Z Z
f (x) dx + g(x) dx = F + G | F f (x) dx , G g(x) dx .
8.1 Lintegrale secondo Riemann 257
Dal teorema fondamentale del calcolo integrale (Teorema 8.1.10), la funzione F e una
primitiva di f e la funzione G e una primitiva di (f ) 0 . Poiche, per ogni t [a, b],
risulta anche (F )0 (t) = F 0 ((t)) 0 (t) = f ((t))0 (t), le funzioni G ed F devono
differire per una costante; essendo, poi, G(a) = 0 e F ((a)) = 0, tale costante deve essere
nulla e si ottiene G = F ; in particolare G(b) = F ((b)) da cui la tesi.
2) Basta osservare che F e una primitiva di (f ) 0 .
Dimostrazione. Dalla regola di derivazione del prodotto di due funzioni risulta (F g)0 =
F 0 g + F g 0 = f g + F g 0 e quindi f g = (F g)0 F g 0 ; poiche le funzioni f g e
(F g)0 F g 0 sono definite nellintervallo I, le primitive di f g coincidono con le primitive
di (F g)0 F g 0 ; ma F g e una primitiva di (F g)0 e pertanto le primitive di (F g)0 F g 0
sono date dalla differenza di F g e le primitive di F g 0 e da cio deriva la tesi. Lultima
parte segue direttamente da quanto dimostrato.
e quindi tale funzione non puo essere integrabile in senso improprio in [1, 1];
risulta inoltre
Z Z 1
1 1 1
lim+ dx + dx = lim+ [log x] 1 + [log x] = 0
0 1 x x 0
R1 1
e quindi (v.p.) 1 x
dx = 0.
B Se f : [a, b] R e una funzione generalmente continua discontinua in n
punti x1 , . . . xn [a, b], lintegrabilita in senso improprio di f viene definita
applicando quanto sopra separatamente a ciascuno dei punti x1 , . . . xn ; pre-
cisamente, si consideri una suddivisione y0 , . . . , yn di [a, b] in n intervalli tali
che ogni xi appartenga solamente allintervallo [yi1 , yi ], i = 1, . . . , n, allora
si dice che f e integrabile in senso improprio in [a, b] oppure che lintegrale
improprio di f e convergente se, per ogni i = 1, . . . , n, la restrizione di f al-
lintervallo [yi1 , yi ] (che presenta un solo punto di discontinuita) e integrabile
in senso improprio in [yi1 , yi ], cioe esistono e sono finiti i limiti
Z xi Z yi
lim+ f (x) dx , lim+ f (x) dx
0 yi1 0 xi +
Lo stesso discorso puo essere applicato nel caso in cui f non sia continua
in b oppure in uno o piu punti interni allintervallo [a, b].
Quindi, si puo concludere che una funzione generalmente continua risulta
o assolutamente integrabile in senso improprio oppure lintegrale in senso
improprio e assolutamente divergente.
Per questo motivo per indicare che una funzione e assolutamente integra-
bile in senso improprio e sufficiente scrivere
Z b
|f (x)| dx < + .
a
mentre, se 6= 1,
Z b
1 1 b
dx = |x x0 |+1 x0 +
x0 + |x x0 | + 1
1
= (b x0 )+1 +1 .
+ 1
Si deduce allora che
Z b (b x0 )1
1 , 0<<1,
lim+ dx = 1
0 x0 + |x x0 |
+ , 1.
R x
Le stesse conclusioni valgono se si suppone a < x0 e si considera a 0 1/|x
x0 | dx. Quindi f e integrabile in senso improprio in [a, b] se 0 < < 1,
mentre non lo e se 1.
Dimostrazione. 1) Dalle ipotesi fatte, esistono > 0 ed M R tali che, per ogni
x [a, b]]x0 , x0 + [, |f (x)| M/|x x0 | (cio vale anche se f non e un infinito in x0
considerando ]0, 1[ arbitrario). Poiche < 1, dallEsempio 8.2.6 e dalla Proposizione
8.2.5, 1), segue che f e assolutamente integrabile in senso improprio in [a, b].
2) Dal fatto che f e un infinito in x0 di ordine maggiore o uguale di 1, si deduce lesistenza
di > 0 ed M R tali che, per ogni x [a, b]]x0 , x0 + [, |f (x)| M/|x x0 |.
8.2 Integrali impropri 265
Ancora dallEsempio 8.2.6 e dalla Proposizione 8.2.5, 2), segue che lintegrale improprio
di f e assolutamente divergente.
Anche ora conviene osservare che lesistenza del limite (8.2.6) non com-
porta in generale che f sia integrabile in senso improprio in tutto R.
Se uno dei limiti (8.2.5) tende a e laltro ad un numero reale, oppure
se tendono entrambi a + o a , si dice che lintegrale improprio di f e
divergente (positivamente o negativamente).
Una situazione piu generale e quella in cui la funzione e generalmente
continua in un intervallo illimitato. In questo caso lintegrabilita in senso
improprio viene considerata separatamente in un intorno di ogni punto di
discontinuita ed eventualmente nei punti + e ; e sufficiente che lin-
tegrabilita fallisca in un intorno di tali punti per concludere che la funzione
non e integrabile in senso improprio.
268 Capitolo 8: Calcolo integrale
f (x) := an .
Da cio segue subito b) a); per il viceversa, basta osservare che, per ogni n N e
Rb
b [n, n + 1[, lintegrale 0 f (x) dx e compreso tra min{sn , sn+1 } e max{sn , sn+1 }. Se `
denota la somma della serie, fissato > 0, si puo trovare N tale che, per ogni n ,
272 Capitolo 8: Calcolo integrale
R
b
risulti |sn `| < e conseguentemente anche 0 f (x) dx ` < . Da cio segue la b) ed
anche luguaglianza prevista nellultima parte della tesi.
I casi rispettivi si dimostrano in maniera analoga.
e quindi la serie e convergente in quanto e a termini positivi e le sue somme parziali sono
limitate superiormente. Si ha inoltre
+
X Z +
an f (0) + f (x) dx .
n=0 0
Viceversa, per ogni b [0, +[, considerato n N tale che b [n, n + 1[, dalla
positivita di f segue
Z b Z b Z n+1 Z n+1 n
X
f (x) dx f (x) dx + f (x) dx = f (x) dx ak ;
0 0 b 0 k=0
poiche f e positiva e il suo integrale improprio e limitato superiormente dalla somma della
serie, si ottiene la a) e inoltre
Z + +
X
f (x) dx an ,
0 n=0
Equazioni differenziali e
funzioni di piu variabili reali
Nella seconda parte del corso, viene completato lo studio delle funzioni di
una variabile reale con ulteriori capitoli riguardanti lo studio delle successioni
e delle serie di funzioni e quello delle equazioni differenziali ordinarie; inoltre,
vengono illustrati alcuni aspetti riguardanti le funzioni di piu variabili reali,
quali il calcolo differenziale, lo studio dei massimi e minimi relativi e vincolati
e lo studio degli integrali multipli corredato da alcuni strumenti elementari
di teoria della misura.
Capitolo 9
Essa viene denominata limite puntuale (oppure limite semplice) della succes-
sione (fn )nN e viene denotata con
f = lim fn puntualmente.
n+
oppure, equivalentemente,
f = lim fn uniformemente.
n+
Si fissi a tal fine > 0 e, per la uniforme convergenza di (fn )nN verso f , si consideri N
tale che, per ogni n e per ogni x X, si abbia |fn (x) f (x)| /4. Si dimostra
ora che, per ogni n, m , risulta |`n `m | e cio completera la dimostrazione. Si
fissino pertanto n, m ; dallipotesi i), si possono trovare un intorno J1 di x0 tale che,
per ogni x X J1 r {x0 }, |fn (x) `n | /4 ed un intorno J2 di x0 tale che, per ogni
x X J2 r {x0 }, |fm (x) `m | /4. Allora, fissato x X J1 J2 r {x0 }, risulta
|`n `m | = |`n fn (x) (`m fm (x)) + fn (x) f (x) (fm (x) f (x))|
|`n fn (x)| + |`m fm (x)| + |fn (x) f (x)| + |fm (x) f (x)|
+ + + = .
4 4 4 4
Si e cos dimostrato che la successione (`n )nN e convergente. Si ponga ` := lim `n .
n+
Sia ora > 0; poiche (fn )nN e uniformemente convergente verso f , esiste 1 N tale che,
per ogni n 1 e per ogni x X, si abbia |fn (x) f (x)| /3. Inoltre, la successione
(`n )nN converge verso ` e quindi esiste 2 N tale che |`n `| /3 per ogni n 2 . Si
fissi ora n max{1 , 2 }; poiche fn converge verso `n per x x0 , si puo trovare un intorno
J di x0 tale che, per ogni x X J r {x0 }, risulti |fn (x) `n | /3. Conseguentemente,
per ogni x X J r{x0 }, risulta anche |f (x)`| |f (x)fn (x)|+|fn (x)`n |+|`n `|
/3 + /3 + /3 = ; dallarbitrarieta di > 0, segue quindi la tesi.
Dimostrazione. Basta applicare il Teorema 9.2.1 precedente tenendo presente che, per
ogni n N, si ha limxx0 fn (x) = fn (x0 ).
Dimostrazione. Poiche, per ogni n N, fn e una funzione continua, dal Teorema 9.2.2
precedente segue che anche f e continua e quindi integrabile in [a, b]. Inoltre, fissato > 0,
dalla uniforme convergenza di (fn )nN verso f , segue lesistenza di N tale che, per
ogni n e per ogni x [a, b], si abbia |fn (x) f (x)| /(b a); pertanto, per ogni
n , si ha
Z Z b Z Z b
b b
f (x) dx f (x) dx |fn (x) f (x)| dx dx = ,
a n a a ba a
in [a, b] e si ha
Z b Z b
lim fn (x) dx = lim fn (x) dx .
n+ a a n+
P
Fissato x [0, 1[, risulta limn+ |f (x) nk=0 fk (x)| = 0 e pertanto
la serie di termine generale fn converge verso f puntualmente nellintervallo
[0, 1[.
Poiche, per ogni n N,
Xn 1 1 x n+1 n+1
sup f (x)
fk (x) = sup = sup x = + ,
x[0,1[ k=0
x[0,1[ 1 x 1 x x[0,1[ 1 x
P
serie +n=0 |fn | di termine generale |fn | e convergente (puntualmente oppure
rispettivamente uniformemente) (in X).
B Ovviamente ogni serie di funzioni assolutamente convergente (puntual-
mente oppure rispettivamente uniformemente) risulta convergente (puntual-
mente oppure rispettivamente uniformemente), mentre il viceversa non vale.
B Sia (fn )nN una successione di funzioni reali limitate definite in un insieme
X e si pongaPche, per ogni n N, kfn k := supxX |fn (x)|. Si dice che la serie
di funzioni + P+
n=0 fn di termine generale fn e totalmente convergente se la
serie numerica n=0 kfn k e convergente.
B (Criterio di Weierstrass
P per la totale convergenza) Si riconosce facilmente
che una serie di funzioni +n=0 fn e totalmente convergente se e solo se esiste
una
P+successione (an )nN di numeri reali (positivi) tale che la serie numerica
n=0 an sia convergente ed inoltre, per ogni n N e per ogni x X, risulti
|fn (x)| an .
B Ogni serie di funzioni totalmente convergente risulta anche uniformemen-
te convergente. P +
Si ricorda innanzitutto che una serie n=0 an e convergente se e solo se la successione
(sn )nN delle sue somme parziali e convergente e quindi se e solo se (sn )nN verifica la
condizione di Cauchy, che puo essere scritta al modo seguente
> 0 N t.c. n , p N : |sn+p sn | ,
Pn+p Pn+p Pn
e da cio, tenendo presente che k=n+1 ak = k=0 ak k=0 ak = sn+p sn , si ottiene
la condizione
n+p
X
> 0 N t.c. n , p N : ak .
k=n+1
P+
Conseguentemente, una serie di funzioni n=0 fn , con fn : X R converge pun-
P+
tualmente (in X) se e solo se per ogni x X la serie numerica n=0 fn (x) verifica la
condizione di Cauchy precedente, e cioe se e solo se
n+p
X
x X > 0 N t.c. n , p N : fk (x) .
k=n+1
Lindice previsto
P+ sopra dipende da x X oltre che da > 0. La convergenza uni-
forme della serie n=0 fn sara conseguentemente caratterizzata dalla seguente condizione
di Cauchy
n+p
X
> 0 N t.c. n , p N x X : fk (x) .
k=n+1
P+
A questo punto, la condizione di Cauchy per la serie n=0 kfn k si esprime al modo
seguente
n+p
X
> 0 N t.c. n , p N : kfk k ,
k=n+1
288 Capitolo 9: Successioni e serie di funzioni
1
In realta, si potrebbe considerare lipotesi leggermente Ppiu lieve che la successione
+
(an (x1 x0 )n )nN sia limitata anziche supporre che la serie n=0 an (x1 x0 )n sia con-
vergente ed osservare, come appena dimostrato, che la convergenza della serie implica la
limitatezza della successione (an (x1 x0 )n )nN .
9.4 Serie di potenze 289
P+
A questo punto, si osserva che la serie n=0 |x2 x0 |n /|x1 x0 |n e convergente in quanto
e una serie geometrica di ragione positiva e strettamente minore di 1, e quindi si puo
concludere
P+ che, per il criterio di confronto delle serieP numeriche a termini positivi, anche
+
la serie n=0 |an (x2 x0 )n | e convergente e quindi n=0 an (x2 x0 )n e assolutamente
convergente.
Per quanto riguarda lultima parte della tesi, sia 0 < r < |x1 x0 |; allora, per quanto
P+ n
dimostrato la serie n=0 |an | r e convergente e, per ogni x [x0 r, x0 + r], si ha
n n
|an (x x0 ) | |an | r ; pertanto, la serie e totalmente convergente in [x0 r, x0 + r].
B Dalla proprieta precedente segue che linsieme dei numeri reali per i quali
una serie di potenze risulta convergente costituisce un intervallo di R con
centro x0 ; tale intervallo potrebbe in generale anche ridursi al solo punto x0
oppure coincidere con tutto R e, negli altri casi, potrebbe contenere o meno
uno o entrambi gli estremi.
Per studiareP in modo piu approfondito lintervallo di convergenza di una
serie di potenze + n
n=0 an (xx0 ) , conviene introdurre il raggio di convergenza
R di una serie di potenze, definito nel modo seguente
( +
)
X
R := sup [0, +[ | an n e convergente . (9.4.1)
n=0
P
B Si consideri una serie di potenze + n
n=0 an (x x0 ) e si denoti con R il
suo raggio di convergenza.
Si ha ovviamente R 0 e puo risultare eventualmente R = +. Inoltre,
dalla definizione di R e dal Teorema 9.4.1, si ottengono subito le seguenti
proprieta di R:
1. Se R = 0, la serie converge nel punto x0 e non converge in alcun altro
numero reale.
2. Se R = +, la serie converge puntualmente in ogni punto di R ed
inoltre la convergenza e uniforme in ogni intervallo limitato di R.
3. Se 0 < R < +, la serie converge in ogni punto dellintervallo aperto
]x0 R, x0 + R[, e non converge nei punti esterni allintervallo chiuso
[x0 R, x0 + R]; nei punti x0 R e x0 + R, non si puo dire nulla in
generale e quindi le serie
+
X +
X
n
an (x0 R x0 ) = (1)n an Rn ,
n=0 n=0
+
X +
X
n
an (x0 + R x0 ) = an Rn
n=0 n=0
290 Capitolo 9: Successioni e serie di funzioni
Allora, si ha
+ , `=0;
R= 0, ` = + ; (9.4.2)
1,
` ]0, +[ .
`
P+
2. (Criterio della radice), Assegnata la serie di potenze n=0 an (x
x0 )n si supponga che esista il seguente limite
p
lim n |an | = ` ;
n+
e quindi, dal criterio del rapporto per le serie numeriche, segue che la serie e (assolutamen-
te) convergente per ` |x x0 | < 1 (cioe |x x0 | < 1/` se ` ]0, +[) ed e assolutamente
divergente positivamente per ` |x x0 | > 1. Dalle proprieta del raggio di convergenza
segue allora la tesi in ognuno dei casi previsti.
9.4 Serie di potenze 291
e applicando il criterio della radice per le serie numeriche anziche quello del rapporto.
B Nel caso in cui nessuno dei due limiti previsti nel criterio del rapporto e
della radice esista, si puo riconoscere che R viene comunque dato dalla (9.4.2)
con p
` := lim sup n |an | .
n+
+ n
X n X
+
3 2 1
3
1 = (1)n 3
n=1
n 3 n=1
n
+ n
X n X
+
3 4 1
3
1 =
n=1
n 3 n=1
n3
3. Si consideri la serie
+
X
nn (x + 2)n .
n=1
4. Si consideri la serie
+
X
(x 1)2n .
n=1
pertanto il criterio del rapporto e quella radice non possono essere ap-
plicati; poiche i coefficienti valgono alternativamente 0 e 1 si riconosce
tuttavia facilmente che lim supn+ n an = 1 e quindi il raggio di
convergenza della serie assegnata e 1.
9.5 Serie ottenute per derivazione ed integrazione 293
Allora la serie
+
X +
X
n an (x x0 )n1 = (n + 1) an+1 (x x0 )n
n=1 n=0
P+
viene denominata serie ottenuta da n=0 an (xx0 )n per derivazione, mentre
la serie
+
X an
(x x0 )n+1
n=0
n + 1
P
viene denominata serie ottenuta da + n
n=0 an (x x0 ) per integrazione.
Si riconosce facilmente che
s
p p
n an
n n
lim sup |an | = lim sup |(n + 1) an+1 | = lim sup .
n+ n+ n+ n + 1
che converge in ] 1, 1[, mentre quella ottenuta per integrazione dalla serie
geometrica e data da
+
X 1
xn+1
n=0
n + 1
294 Capitolo 9: Successioni e serie di funzioni
e quindi, dal criterio del rapporto, essa e convergente; da cio segue che il termine generale
n-esimo deve essere infinitesimo, cioe
M (n+1)
lim |x x0 |n+1 = 0 ,
n+ (n + 1)!
e quindi anche
lim |f (x) sn (x)| = 0 ,
n+
da cui la tesi.
La condizione (9.6.2) e sicuramente soddisfatta nel caso in cui le derivate
della funzione f siano equilimitate, cioe
M > 0 t.c. n N x I : |f (n) (x)| M .
In base al risultato precedente, si puo ora considerare lo sviluppo in serie
di Taylor di alcune funzioni elementari.
X +
1
= 1 x + x2 x3 + = (1)n xn . (9.6.3)
1+x n=0
X +
x2 x3 x4 xn+1
log(1 + x) = x + + = (1)n .
2 3 4 n=0
n+1
X +
x3 x5 n x2n+1
sin x = x + = (1) ,
3! 5! n=0
(2n + 1)!
X +
x2 x4 n x
2n
cos x = 1 + = (1) .
2! 4! n=0
(2n)!
298 Capitolo 9: Successioni e serie di funzioni
X +
x3 x 5 x7 x2n+1
arctan x = x + + = (1)n .
3 5 7 n=0
2n + 1
Dn (1 + x) = ( 1) ( n + 1) (1 + x)n , x > 1 .
B Per quanto riguarda la convergenza della serie binomiale (9.6.5) nei punti
estremi, si ha quanto segue
Per brevita ci si limita ad osservare che in entrambi gli estremi dal criterio di Raabe
segue la convergenza assoluta nel caso > 0 e lassoluta divergenza nel caso < 0. Se
1, la successione dei coefficienti binomiali generalizzati n non e infinitesima e
pertanto la serie in esame non puo convergere. Infine, se 1 < < 0, la convergenza in 1
segue dal criterio di Leibnitz.
B Si studia ora la somma della serie (9.6.5). Si denoti per brevita con g
la funzione somma della serie (9.6.5); dalle proprieta delle serie di potenze
ed applicando il Teorema 9.3.4 di derivazione termine a termine, per ogni
x ] 1, 1[
+
X
0 n ( 1) ( n + 1)
g (x) = xn1
n=1
n!
+
X ( 1) ( n + 1)
= xn1
n=1
(n 1)!
+
X( 1) ( 1 n + 1) n
= x
n=0
n!
+
X
1 n
= x ;
n=0
n
300 Capitolo 9: Successioni e serie di funzioni
y0 = y,
1+x
3
Nellultima uguaglianza si e utilizzata la proprieta
1 1
+ = ,
n n1 n
scrivendo x2 al posto di x
+
X
1 (2n 1)!! 2n
=1+ x .
1 x2 n=1
(2n)!!
+
a0 X
+ (an cos nx + bn sin nx) , xR. (9.7.1)
2 n=1
+
a0 X
f (x) := + (an cos nx + bn sin nx) ; (9.7.2)
2 n=1
+
X
(|an | + |bn |) .
n=1
si ricava anche
Z Z
1 1
am = f (t) cos mt dt , bm = f (t) sin mt dt , m1.
(9.7.3)
B Si supponga ora che sia assegnata una funzione 2-periodica f : R R.
Se f e assolutamente integrabile in [, ], tutte le funzioni f (x) cos mx
e f (x) sin mx sono integrabili in [, ] (infatti |f (x) cos mx| |f (x)| e
|f (x) sin mx| |f (x)|) e quindi si possono considerare i coefficienti am e bm
precedenti. Tali coefficienti vengono denominati coefficienti di Fourier di f
e la serie
Z + Z
1 1X
f (t) dt + f (t) cos nt dt cos nx (9.7.4)
2 n=1
Z
+ f (t) sin nt dt sin nx , xR,
esiste ed e finito limxx0 f (x) se x0 > inf I ed esiste ed e finito limxx+0 f (x)
se x0 < sup I.
Per brevita, nel seguito, si pone
x + y := (x1 + y1 , . . . , xn + yn ) ,
x := (x1 , . . . , xn ) .
e1 , e2 , . . . , en ,
Dunque, per ogni R, risulta 0 (x|x) + 2|(x|y)| + 2 (y|y) e cio comporta che il
discriminante := 4|(x|y)|2 4(x|x)(y|y) del polinomio (x|x) + 2|(x|y)| + 2 (y|y) di
secondo grado in deve essere negativo. Quindi |(x|y)|2 (x|x)(y|y) 0 da cui la tesi.
10.1 Cenni sulla struttura metrica di Rn 309
Siano x, y E. Allora
(x + y|x + y) = (x|x) + (y|x) + (x|y) + (y|y) = (x|x) + (x|y) + (x|y) + (y|y)
= (x|x) + 2Re (x|y) + (y|y) (x|x) + 2|(x|y)| + (y|y)
p p p p
(x|x) + 2 (x|x) (y|y) + (y|y) = ( (x|x) + (y|y))2 ,
1. d(x, y) 0 ;
2. d(x, y) = 0 x = y ;
Inoltre, si dice che (an )nN e una successione di Cauchy se e soddisfatta la seguente
condizione
> 0 N t.c. n, m : d(an , am ) < .
Si verifica facilmente che ogni successione convergente verifica la condizione di Cauchy.
Il viceversa non vale in generale; se accade che ogni successione di Cauchy e anche
convergente, si dice che (E, d) e uno spazio metrico completo.
Se la struttura dello spazio metrico (E, d) viene dedotta da una norma k k e se (E, d)
e completo, allora lo spazio normato (E, k k) su K viene denominato spazio di Banach
su K. Se la norma di uno spazio di Banach (E, k k) su K viene dedotta da un prodotto
scalare (|), allora la coppia (E, (|)) viene denominata spazio di Hilbert su K.
e un prodotto scalare su Rn .
In questo caso la verifica delle proprieta del prodotto scalare e imme-
diata.
Nel seguito, Rn verra considerato sempre munito del prodotto scalare
definito dalla (10.1.4).
La norma dedotta dal prodotto scalare in Rn e conseguentemente defi-
nita ponendo, per ogni x = (x1 , . . . , xn ) Rn ,
v
u n
uX
kxk = t x2i , (10.1.5)
i=1
e un prodotto scalare su Cn .
Anche in questo caso la verifica delle proprieta del prodotto scalare e
immediata.
La norma e la distanza possono essere dedotta come nel caso precedente
e si ha, per ogni x = (x1 , . . . , xn ) Cn e y = (y1 , . . . , yn ) Cn
v
u n
uX
kxk = t |xi |2 , (10.1.8)
i=1
e v
u n
uX
d(x, y) = t |xi yi |2 . (10.1.9)
i=1
Si puo dimostrare tuttavia che con tale distanza C([a, b]) non e uno
spazio metrico completo.
10.1 Cenni sulla struttura metrica di Rn 313
A := A (Rn r A) .
10.1 Cenni sulla struttura metrica di Rn 315
ai bi , i = 1, . . . , n ,
[a, b] := {x = (x1 , . . . , xn ) Rn | i = 1, . . . , n : ai xi bi } ,
]a, b[ := {x = (x1 , . . . , xn ) Rn | i = 1, . . . , n : ai < xi < bi } ,
[a, b[ := {x = (x1 , . . . , xn ) Rn | i = 1, . . . , n : ai xi < bi } ,
]a, b] := {x = (x1 , . . . , xn ) Rn | i = 1, . . . , n : ai < xi bi } ,
x = x0 + tv , tR,
ed in coordinate parametriche
x1 = (x0 )1 + tv1 ,
x2 = (x0 )2 + tv2 ,
.. tR.
.
x = (x ) + tv ,
n 0 n n
316 Capitolo 10: Calcolo differenziale in piu variabili
Xf := {(x, y, z) R3 | x2 + y 2 1 , 1 z 1}
= {(x, y) R2 | x2 + y 2 1} [1, 1] .
log(1 + x3 y 2 )
lim p .
(x,y)(0,1) x2 + (y 1)2
Esso si presenta nella forma indeterminata 0/0. Sebbene sia possibile utiliz-
zare i limiti notevoli ed ottenere il limite
log(1 + x3 y 2 ) log(1 + x3 y 2 ) x3 y 2
lim p = lim p
(x,y)(0,1) x2 + (y 1)2 (x,y)(0,1) x3 y 2 x2 + (y 1)2
x3 y 2
= lim p ,
(x,y)(0,1) x2 + (y 1)2
x3 y 2 u3 (1 + v)2
lim p = lim ,
(x,y)(0,1) x2 + (y 1)2 (u,v)(0,0) u2 + v 2
320 Capitolo 10: Calcolo differenziale in piu variabili
Si osservi che lultima uguaglianza e giustificata dal fatto che il limite tende
a 0 indipendente da ; infatti il fattore cos3 (1 + sin )2 e limitato in un
intorno del punto = 0 e quindi
M 2 2 cos3 (1 + sin )2 M 2 ,
con M > 0 costante opportuna; poiche lim0+ M 2 = 0, per confronto si
ottiene che anche il limite assegnato e 0.
B Si passa ora a considerare la nozione di continuita.
Definizione 10.2.2 Siano A Rn ed f : A R una funzione reale di piu
variabili reali. Se x0 A, si dice che f e continua in x0 se e soddisfatta le
condizione seguente
> 0 > 0 t.c. x A B (x0 ) : |f (x) f (x0 )| < . (10.2.4)
Se x0 e un punto di accumulazione per A, la condizione precedente equiva-
le a limxx0 f (x) = f (x0 ), mentre se x0 A non e un punto di accumulazione
per A, allora f e automaticamente continua in x0 .
Si dira poi che f e continua in un sottoinsieme B A se e continua in
ogni x0 B.
Infine, si dice che f e continua se e continua in ogni x0 A.
Le nozioni di continuita a destra ed a sinistra non hanno significato per
le funzioni di piu variabili, mentre e possibile estendere il seguente risultato,
di cui per brevita viene omessa la dimostrazione.
Teorema 10.2.3 (Teorema di Weierstrass in piu variabili)
Siano A un sottoinsieme chiuso e limitato di Rn ed f : A R una funzione
reale continua. Allora f e dotata di minimo e di massimo, cioe esistono
c, d A tali che, per ogni x A, f (c) f (x) f (d).
Anche il teorema degli zeri puo essere generalizzato nel caso di funzioni
di piu variabili nel modo seguente.
Teorema 10.2.4 (Teorema degli zeri in piu variabili)
Siano A un sottoinsieme di Rn ed f : A R una funzione reale continua.
Se a, b A sono tali che f (a) f (b) < 0 e se esiste una poligonale P [a, b] di
estremi a e b interamente contenuta in A, allora esiste c A (in particolare
c P [a, b]) tale che f (c) = 0.
Dimostrazione. Basta applicare il teorema degli zeri per funzioni di una variabile reale
alla restrizione di f alla poligonale P [a, b].
10.3 Derivate direzionali e parziali e differenziabilita 321
L(x1 , . . . , xn ) = a1 x1 + + an xn , (x1 , . . . , xn ) Rn ,
con a, b, c R fissati ed x, y, z R.
Dallespressione ottenuta dei funzionali lineari segue subito che essi sono
funzioni continue in quanto somma di n funzioni potenza di grado 1.
B Sia L : Rn R un funzionale lineare su Rn . Allora, linsieme dei punti
y = y0 + L(x x0 ) , x Rn , y R ,
y = y0 + (eL |x x0 ) , x Rn , y R .
f
(x0 ) .
xi
Pertanto, da quanto osservato sopra e tenendo presente che x0 + tei =
(x0 )1 , . . . , (x0 )n ) + t(0, . . . , 1, . . . , 0) = ((x0 )1 , . . . , (x0 )i + t, . . . , (x0 )n ),
f
(x, y) = ex+y y sin(xy) .
x
f
(x, y) = ex+y x sin(xy) .
y
10.3.3 Differenziabilita
Si studia ora il concetto di funzione differenziabile di seguito introdotto.
e quindi la tesi.
Si osservi che se f e derivabile rispetto ad ogni direzione in x0 non e detto
che essa sia continua in x0 (risulta essere continua solamente la restrizione di
f ad ogni retta passante per x0 ).
Esempio 10.3.4 Si consideri la funzione f : R2 R definita ponendo, per
ogni (x, y) R2 , 2
x /y , y 6= 0 ,
f (x, y) :=
0, y=0.
Si consideri il punto (0, 0) e sia v = (, ) una direzione di R2 ; allora, se
6= 0, si ha
f (t, t) f (0, 0) (t)2 /(t) 2
lim = lim = ,
t0 t t0 t
3
Infatti, si supponga che L1 ed L2 siano funzionali lineari verificanti la (10.3.5). Si
consideri > 0 tale che B (x0 ) A e sia 0 < t < ; allora, per ogni i = 1, . . . , n, risulta
x0 + t ei A e inoltre
L1 (t ei ) L2 (t ei ) L1 (x0 + t ei x0 ) L2 (x0 + t ei x0 )
L1 (ei ) L2 (ei ) = =
t t
f (x0 + t ei ) f (x0 ) L2 (x0 + t ei x0 )
=
kx0 + tei x0 k
f (x0 + t ei ) f (x0 ) L1 (x0 + t ei x0 )
;
kx0 + tei x0 k
quindi, considerando il limite per t 0, dalla (10.3.5) si ottiene L1 (ei ) = L2 (ei ). Poiche
i = 1, . . . , n e arbitrario, i funzionali lineari L1 ed L2 coincidono sui vettori della base
canonica e quindi devono essere uguali.
326 Capitolo 10: Calcolo differenziale in piu variabili
mentre, se = 0, risulta
f (t, t) f (0, 0)
lim =0;
t0 t
dunque, f e derivabile rispetto ad ogni direzione nel punto (0, 0) e si ha
2
f / , 6= 0 ,
(0, 0) = v = (, ) .
v 0 , =0,
Tuttavia f non e continua in (0, 0) in quanto, ad esempio, sulla curva di
equazione y = x2 , passante per (0, 0), assume il valore 1 in ogni punto diverso
da (0, 0) mentre in (0, 0) assume il valore 0.
In realta, sempre con riferimento allesempio considerato, lesistenza delle derivate
direzionali comporta la continuita in 0 della restrizione di f ad ogni retta passante per
lorigine; questo, in termini analitici, vuol dire che, fissato > 0 e fissata una direzione
v = (, ) di R2 , esiste > 0 tale che, per ogni t ] , [, si abbia |f (t, t) f (0, 0)| < ;
tuttavia, in questo caso il numero > 0 dipende dalla direzione oltre che da (si puo
riconoscere facilmente che, imponendo la condizione |(t)2 /(t)| = |f (t, t) f (0, 0)| <
deve essere = / per ogni 6= 0) e quindi non e possibile considerare una sfera di centro
lorigine in cui vale la diseguaglianza |f (x, y) f (0, 0)| < .
f
(x0 ) = df (x0 )(ei ) . (10.3.7)
xi
Quindi i valori che il differenziale assume nei vettori della base canonica sono
proprio le derivate parziali di f in x0 ; ricordando che tali valori determinano
univocamente il differenziale, dalle espressioni (10.3.1) e (10.3.2) si ottiene la
seguente espressione del differenziale, per ogni x = (x1 , . . . , xn ) Rn ,
Xn
f
df (x0 )(x) = (x0 ) xi = (f (x0 )|x) . (10.3.8)
i=1
xi
trovano tutte sullo stesso piano, denominato piano tangente al grafico del-
la funzione f nel punto x0 ; tale piano, per le proprieta generali dei fun-
zionali lineari, ha equazione y = f (x0 ) + df (x0 )(x x0 ) (oppure anche
y = f (x0 ) + (f (x0 )|x x0 )) oppure, ancora piu esplicitamente,
Xn
f
y = f (x0 ) + (x0 ) (xi (x0 )i ) , x = (x1 , . . . , xn ) Rn , y R ,
i=1
x i
i) esiste > 0 tale che, per ogni x B (x0 ), f sia derivabile parzialmente
rispetto ad ogni variabile in x;
Allora f e differenziabile in x0 .
2f 2f
(x0 ) = (x0 ) .
xi xj xj xi
f f 2f 2f
, , , .
xi xj xj xi xi xj
332 Capitolo 10: Calcolo differenziale in piu variabili
2f 2f
, .
xj xi xi xj
sono continue in x0 .
Allora si ha
2f 2f
(x0 ) = (x0 ) .
xj xi xi xj
3f
(x0 )
xk xj xi
e da intendersi come
2f
(x0 ) ,
xk xj xi
2
supposto che la derivata parziale seconda xj x f
i
esista in tutto un intorno
del punto x0 .
Se le derivate parziali sono continue, dal Teorema 10.3.8 di Schwarz segue
che non e importante specificare lordine in cui si effettuano le derivazioni par-
ziali ma solamente quante volte viene effettuata la derivata parziale rispetto
ad ogni variabile.
A tal fine, risulta molto utile introdurre i multi-indici, che consentono di
esprimere in maniera piu sintetica anche derivate di ordine elevato.
Un multi-indice = (1 , . . . , n ) e da intendersi semplicemente come una
n-pla di numeri naturali (quindi, per ogni i = 1, . . . , n, si ha i N). Inoltre,
si definisce lunghezza del multi-indice il seguente numero naturale
|| := 1 + + n .
|| f
D f (x0 ) , (x0 )
x1 1 xnn
denota la derivata parziale di f in x0 fatta 1 volte rispetto alla variabile
x1 , 2 volte rispetto alla variabile x2 e cosvia fino ad n volte rispetto alla
variabile xn .
10.3 Derivate direzionali e parziali e differenziabilita 333
dove lordine delle potenze e da intendere come ordine delle derivate parziali
da considerare. Quindi, ad esempio,
(3)
f f
x (x0 , y0 ) + y (x0 , y0 )
x y
3f 3f 3f 3
3 f
= x3 3 (x0 , y0 ) + 3x2 y 2 (x0 , y0 ) + 3xy 2 (x 0 , y 0 ) + y (x0 , y0 ) .
x x y x y 2 y 3
Con tale notazione, la formula di Taylor puo essere enunciata come segue.
X p
1 f
f (x) = f (x0 ) + (x0 ) (x1 (x0 )1 ) + . . . (10.3.10)
h=1
h! x 1
(h)
f
+ (x0 ) (xn (x0 )n )
xn
(p+1)
1 f f
+ () (x1 (x0 )1 ) + + () (xn (x0 )n )
(p + 1)! x1 xn
p
X 1 1
= f (x0 ) + (f (x0 )|x x0 )(h) + (f ()|x x0 )(p+1) .
h=1
h! (p + 1)!
f f
f (x) f (x0 ) = () (x1 (x0 )1 ) + + () (xn (x0 )n )
x1 xn
= (f ()|x x0 ) . (10.3.11)
2f 2f 2f
(x0 ) (x0 ) . . . (x0 )
x21 x1 x2 x1 xn
2f 2f 2f
(x0 ) (x0 ) ... (x0 )
=
x1 x2 x22 x2 xn .
.. .. .. ..
. . . .
2f 2f 2f
(x0 ) (x0 ) . . . (x0 )
x1 xn x2 xn x2n
Si osserva che la matrice hessiana e una matrice quadrata di ordine n
simmetrica (per il Teorema 10.3.8 di Schwarz).
Per ogni k = 1, . . . , n, il minore principale5 di H(f, x0 ) di ordine k viene
denominato minore hessiano di ordine k di f in x0 e denotato con Hk (f, x0 ).
In particolare, Hn (f, x0 ) (cioe, il determinante della matrice hessiana di f in
x0 ) viene denominato hessiano di f in x0 e denotato con H(f, x0 ).
In tutte le notazioni assunte sopra la funzione f puo essere omessa se
cio non da luogo ad equivoci; pertanto la matrice hessiana, i minori hessiani
e lhessiano possono essere rispettivamente denotati con H(x0 ), Hk (x0 ) ed
H(x0 ).
La matrice hessiana consente di stabilire le seguenti ulteriori condizioni
per massimi e minimi relativi.
2. Potrebbe a questo punto accadere che non esiste il piu grande (o il piu
piccolo) valore della funzione nei punti cosottenuti6 e in tal caso si
potra concludere che il massimo assoluto (o il minimo assoluto) della
funzione non esiste in quanto i punti di massimo o minimo assoluto
sono necessariamente anche punti di massimo o minimo relativo.
6
Ad esempio, basta considerare la funzione f : R2 R definita ponendo, per ogni
(x, y) R2 , f (x, y) := x + sin x y + sin y. I punti stazionari sono ( + 2h, 2k)
con h, k Z e in tali punti la funzioni assume il valore f ( + 2h, 2k) = + 2(h k).
Linsieme di tali valori costituisce un insieme non limitato superiormente ne inferiormente.
342 Capitolo 10: Calcolo differenziale in piu variabili
Lintegrale di Riemann in Rn
Poiche la misura e nulla se i due punti hanno una delle coordinate uguali, tale
misura rimane immutata se si considera un intervallo aperto (o semiaperto)
anziche un intervallo chiuso.
Si passa ora a considerare la misura di un plurintervallo di Rn . Innan-
zitutto si precisa che un plurintervallo di Rn e unione di un numero finito
di intervalli di Rn . Quindi P Rn e un plurintervallo di Rn se esistono un
numero finito di intervalli I1 , . . . , Im tali che
m
[
P = Ij .
j=1
Pe (A) := {P P | A P } ,
Pi (A) := {P P | P A} .
Risulta ovviamente
mi (A) me (A) .
Nel caso in cui valga luguaglianza mi (A) = me (A), linsieme A viene detto
misurabile secondo Peano-Jordan e in tal caso la sua misura m(A) viene
definita ponendo
m(A) = mi (A) = me (A) .
e analogamente
Z b
f (x) dx = sup s(f, P ) = sup m(P ) = mi (T (f )).
a P ([a,b]) P Pi (T (f ))
0 Ap
x
1
Poiche
1
, p>1,
n
lim m(A [r, r] ) = p1
r+
+ , p1,
si conclude che Ap e misurabile se e solo se p > 1 e, in tal caso, si ha
m(Ap ) = 1/(p 1).
350 Capitolo 11: Lintegrale di Riemann in Rn
Inoltre, il numero
|P | := max m(Ai )
i=1,...,m
s(f, P1 ) S(f, P2 ) .
Pertanto il sottoinsieme di R
S(d, P ) = 1 , s(d, P ) = 0 ,
e conseguentemente
Z Z
d=0, d=1.
A A
T (f ) := {(x, y) Rn R | x A , 0 y f (x)} .
Nel caso in cui f non abbia segno costante, si puo applicare quanto sopra
alla parte positiva f+ := sup{f, 0} ed alla parte negativa f := inf{f, 0} di
f.
Vista la definizione adottata, lintegrale multiplo soddisfa proprieta ana-
loghe a quelle viste nella Proposizione 8.1.6 e nel Teorema 8.1.7; per brevita
si omette di elencare tali proprieta.
Per quanto riguarda invece il calcolo degli integrali multipli non si puo
ricorrere a metodi analoghi a quelli utilizzati per le funzioni di una variabile
in quanto non vi e un analogo del concetto di primitiva per una funzione di
piu variabili.
Gli strumenti maggiormente utilizzati sono lintegrazione su domini nor-
mali ed il cambiamento di variabili.
1
Lipotesi che f sia limitata e automaticamente soddisfatta, per il teorema di
Weierstrass, se si suppone che A sia chiuso.
354 Capitolo 11: Lintegrale di Riemann in Rn
A := {(x, y, z) R3 | x2 + y 2 1 , 0 z 1}
11.2 Cenni sullintegrale di Riemann in Rn 357
(1 , . . . , n )
dove denota il determinante jacobiano det J(, (y1 , . . . , yn )))
(y1 , . . . , yn )
della trasformazione .
Conviene osservare che la formula precedente continua a valere se le con-
dizioni imposte alla trasformazione valgono in B r H, con H insieme di
misura nulla. In particolare, la formula sul cambiamento di variabili rimane
valida se il determinante jacobiano si annulla in un numero finito di punti.
B Si osservi che la funzione esprime il seguente cambiamento di variabili
x1 := 1 (y1 , . . . , yn ) ,
x2 := 2 (y1 , . . . , yn ) ,
..
.
x := (y , . . . , y ) ,
n n 1 n
D
x
dove D e il settore circolare del cerchio unitario con centro nellorigine deli-
mitato dalle semirette y = x, x 0.
Utilizzando il cambiamento di variabili in coordinate polari
x = cos ,
y = sin ,
x = cos sin ,
y = sin sin ,
z = cos .
cos sin sin sin cos cos
J(, , ) = sin sin cos sin sin cos ,
cos 0 sin
ed il suo determinante e
2 sin ,
ZZZ
x2 (y z) dx dy dz ,
D
n o
3
B := (, , ) R | 0 1 , , 0
2
11.2 Cenni sullintegrale di Riemann in Rn 361
dove D e il cilindro che ha come base il cerchio unitario con centro lorigine nel
piano xy ed altezza lintervallo [0, 1] sullasse z. Utilizzando la trasformazione
in coordinate cilindriche, il dominio D e limmagine del seguente dominio
B := (, , z) R3 | 0 1 , , 0 z 1
362 Capitolo 11: Lintegrale di Riemann in Rn
Inoltre, una curva si dice chiusa se il suo intervallo base e un intervallo chiuso
e limitato agli estremi del quale la curva assume lo stesso valore; quindi
: [a, b] Rn e chiusa se (a) = (b).
(t1 ) (t0 )
y = (t0 ) + (t t0 ) , (t, y) R Rn ,
t1 t0
B Nel caso delle curve regolari a tratti, si possono definire in ogni punto le
equazioni delle rette tangenti a sinistra e a destra.
Si verifica facilmente che le curve considerate negli Esempi 12.1.1 prece-
denti sono regolari a tratti.
Ad esempio, nel caso dellEsempio 12.1.1, 1., per ogni t0 [0, 1] si ha
0 (t) = b a e quindi la retta tangente al sostegno di nel punto (t0 , (t0 ))
ha equazione
y = (t0 ) + (t t0 ) (b a) = a + t0 (b a) + (t t0 ) (b a) = a + t(b a) ,
(t, y) R Rn .
Si considerino ora i punti distinti a0 , a1 , . . . , am Rn e sia p[a0 , . . . , am ] :
[0, 1] Rn la poligonale congiungente i punti a0 , a1 , . . . , am definita nellE-
sempio 12.1.1, 2.; allora p[a0 , . . . , am ] e una curva regolare a tratti e, per ogni
i = 0, . . . , m 1 e t ]i/m, (i + 1)/m[ si ha p[a0 , . . . , am ]0 (t) = ai+1 ai . Per
ogni i = 0, . . . , m 1 e t0 ]i/m, (i + 1)/m[, la retta tangente al sostegno di
p[a0 , . . . , am ] in (t0 , (t0 )) ha equazione y = ai + t(ai+1 ai ), t R; tale equa-
zione rappresenta anche la retta tangente a destra in (ai , p[a0 , . . . , am ](ai ))
ed a sinistra in (ai+1 , p[a0 , . . . , am ](ai+1 )).
Si consideri infine la curva (x0 ,y0 ),r : [0, 2] R2 definita nellEsempio
12.1.1, 3. Essa e regolare e, per ogni t0 [0, 1],
0
(x 0 ,y0 ),r
(t0 ) := (r sin t, r cos t) .
Lequazione della retta tangente in (t0 , (x0 ,y0 ),r (t0 )) ha equazione
0
(x, y) = (x0 ,y0 ),r (t0 ) + (t t0 ) (x 0 ,y0 ),r
(t0 )
= (x0 + r cos t, y0 + r sin t) + (t t0 ) (r sin t, r cos t)
= (x0 + r cos t r (t t0 ) sin t, y0 + r sin t + r (t t0 ) cos t) ,
12.1 Curve regolari e lunghezza 367
cioe lequazione della retta tangente al grafico di f nel punto (t0 , f (t0 )) (vedasi
la (7.1.4)).
B Sia : I R una funzione continua e positiva e si consideri la curva
: I R2 definita ponendo, per ogni I,
(x, y) = (0 ) + ( 0 ) 0 (0 )
= ((0 ) cos 0 , (0 ) sin 0 )
+( 0 ) (0 () cos () sin , 0 () sin + () cos )
= ((0 ) cos 0 + ( 0 ) (0 () cos () sin ),
(0 ) sin 0 + ( 0 ) (0 () sin + () cos )) ,
B Si osservi che lintervallo base di una curva puo essere modificato a secon-
da delle necessita considerando una opportuna trasformazione lineare. Ad
esempio, se : [a, b] Rn e una curva definita in un intervallo chiuso e
limitato con a < b e se [c, d] e un ulteriore intervallo di R con c < d si puo
considerare la funzione j : [c, d] [a, b] definita ponendo, per ogni s [c, d],
ba ad bc
j(s) := s+ .
dc dc
Allora, la curva := j : [c, d] Rn ha lo stesso sostegno di e inoltre,
poiche j e j 1 sono derivabili e le loro derivate sono sempre diverse da zero, la
curva e regolare (rispettivamente, regolare a tratti) se e solo se e regolare
(rispettivamente, regolare a tratti).
Sia ora t0 [a, b] tale che sia derivabile in t0 con 0 (t0 ) 6= 0. Considerato
s0 := j 1 (t0 ), si ha che e derivabile in s0 e la sua derivata e 0 (s0 ) =
(d c)/(b a). Conseguentemente, la retta tangente al supporto di in
(s0 , (s0 )) ha equazione
dc 0
y = (s0 )+(ss0 ) 0 (s0 ) = (t0 )+(ss0 ) (t0 ) = (t0 )+(tt0 ) 0 (t0 ) ,
ba
(t, y) R Rn , e quindi lequazione della retta tangente non dipende dalla
scelta dellintervallo base.
B Piu in generale, le proprieta precedenti possono essere verificate per le
curve equivalenti, nel senso di seguito specificato.
Si dice che due curve : I Rn e : J Rn sono equivalenti se esiste
una funzione j : J I invertibile e di classe C 1 insieme alla sua inversa
12.1 Curve regolari e lunghezza 369
(cioe sia j che j 1 sono derivabili e con derivata continua) tale che, per ogni
s J, si abbia j 0 (s) 6= 0 ed inoltre = j.
Si verifica facilmente che se due curve sono equivalenti, esse hanno lo
stesso sostegno (e quindi se una e chiusa o rispettivamente semplice anche
laltra lo e) ed inoltre la regolarita (rispettivamente, la regolarita a tratti)
delluna comporta quella dellaltra; in tal caso, le rette tangenti dipendono
solamente dal punto del sostegno e non dalla curva equivalente considerata.
Assegnate due curve equivalenti : I Rn e : J Rn con = j,
si dice che e hanno lo stesso verso di percorrenza (rispettivamente, che
hanno versi di percorrenza opposti ) se, per ogni s0 J, posto t0 := j(s0 ) I,
si ha
o (t) := (a + b t) . (12.1.3)
f
= Fi (12.2.3)
xi
(cioe f = F ).
Ogni funzione f : A R verificante la (12.2.3) viene denominata poten-
ziale oppure primitiva del campo vettoriale F .
B Nel seguito, per ogni k N, si denotera per brevita con C k (A) linsieme
di tutte le funzioni dotate di tutte le derivate parziali continue fino allordine
k in A, con la convenzione C 0 (A) = C(A). Una funzione appartenente a
C k (A) verra piu brevemente denominata di classe C k (A). Tali notazioni
si applicano ovviamente anche alle funzioni vettoriali intendendole vere per
ogni componente (quindi F C k (A) significa che tutte le componenti di F
sono dotate di tutte le derivate parziali continue fino allordine k in A).
B Poiche F e continua, affinche valga la (12.2.3), un potenziale deve ne-
cessariamente avere tutte le derivate parziali continue e quindi, in base alle
notazioni assunte, f C 1 (A).
B I potenziali di un campo vettoriale su un insieme aperto connesso sono
determinati a meno di una costante, nel senso che aggiungendo una funzione
costante ad un potenziale si ottiene ancora un potenziale e viceversa due
potenziali differiscono sempre per una costante.
I campi vettoriali conservativi sono caratterizzati mediante proprieta degli
integrali curvilinei.
376 Capitolo 12: Curve, campi vettoriali e superfici
a) F e conservativo;
Infatti
Z Z b Z n
bX
F d` = (F ((t)) | 0 (t)) dt = Fi ((t)) 0i (t) dt
a a i=1
Z n
bX Z b
f
= ((t)) 0i (t) dt = (f )0 (t) dt = f ((b)) f ((a)) .
a i=1 xi a
di ha rango 2.
Si supponga che K R2 sia chiuso, limitato e connesso e coincida con
la chiusura del proprio interno (K = K); una funzione : K R3 si
dice superfice regolare compatta se la sua restrizione allinterno di K e una
superfice regolare. Inoltre, una superfice regolare compatta si dice chiusa se
esiste un sottoinsieme di R3 la cui frontiera coincide con (K), cioe
B R3 t.c. B = (K) .
x y := (x2 y3 x3 y2 , x3 y1 x1 y3 , x1 y2 x2 y1 ) ;
380 Capitolo 12: Curve, campi vettoriali e superfici
ZZ
A() := (u, v) (u, v)
u v du dv . (12.3.2)
K
B Sia f : K R una funzione di classe C 1 (K) e si consideri la funzione
f : K R3 definita dalla (12.3.1).
Utilizzando la (12.3.2), larea della superfice f , cioe del grafico di f , e
data da
s 2 2
ZZ
f f
A(f ) = 1+ (x, y) + (x, y) dx dy .
K x y
4
Si ricorda che
F1 F2
div F (x, y) := (x, y) + (x, y) .
x y
Capitolo 13
(m1)
B Assegnato un punto (x0 , y0 , y00 . . . , y0 ) A (si osservi che
(m1)
y0 R n , y00 Rn , ..., y0 Rn )
1. x0 I;
(m1)
2. u(x0 ) = y0 , u0 (x0 ) = y00 , . . . , u(m1) (x0 ) = y0 .
386 Capitolo 13: Equazioni differenziali ordinarie
1. u e derivabile in I;
1. x0 I;
2. u(x0 ) = y0 .
Allora w = 0.
Dimostrazione. Sia > 0 e si consideri la funzione v : I [x0 , +[ R definita
ponendo, per ogni x I [x0 , +[
Z x
v (x) := + L w(t) dt .
x0
e quindi, poiche Z x
v0 (t) v (x)
dt = log ,
x0 v (t) v (x0 )
si ha
v (x) v (x0 ) eL(xx0 ) = eL(xx0 ) .
Essendo, per ipotesi, w(x) v (x), risulta anche w(x) eL(xx0 ) e dallarbitrarieta di
> 0, si ottiene w(x) = 0.
Nellintervallo I] , x0 ] si procede in maniera analoga oppure applicando quanto
gia dimostrato alla funzione w(x) := w(x0 x).
1
La definizione adottata e basata sulla definizione generale di funzione lipschitziana.
Se E ed F sono spazi normati ed f : A F e una funzione definita in un sottoinsieme A
di E, si dice che f e lipschitziana se esiste una costante L > 0 tale che, per ogni x, y A,
risulti
kf (x) f (y)k L kx yk .
Il numero L viene denominato costante di Lipschitz di f ed f viene anche denominata
funzione L-lipschitziana.
Pertanto, f e lipschitziana se tutti i rapporti incrementali
kf (x) f (y)k
, x, y A , x 6= y ,
kx yk
sono limitati ed in questo caso lestremo superiore di tali rapporti incrementali risulta
essere una costante di Lipschitz per f .
392 Capitolo 13: Equazioni differenziali ordinarie
ed u1 ed u2 sono due sue soluzioni; dalla proprieta di unicita locale segue allora che
u1 = u2 in un intorno J I1 I2 di x1 in I1 I2 . Poiche I1 I2 e un intervallo ed U e un
suo sottoinsieme non vuoto contemporaneamente chiuso ed aperto in I1 I2 , deve essere
U = I1 I2 , da cui u1 = u2 in I1 I2 .
Dimostrazione. Infatti, dal Teorema 13.3.3, per ogni [a, b] I tale che x0 ]a, b[, esiste
una ed una sola soluzione u : [a, b] Rn del problema di Cauchy assegnato. Si consideri
ora una successione crescente (Jn )nN di intervalli chiusi e limitati tali che x0 sia interno
a ciascuno di essi e tale che lunione sia coincida con I. Per ogni n N, si denoti con
un : Jn Rn lunica soluzione nellintervallo Jn del problema di Cauchy assegnato. Si
riconosce allora facilmente che la funzione u : I Rn definita ponendo, per ogni x I,
u(x) := un (x) dove n N e tale che x Jn e ben definita ed e lunica soluzione del
problema di Cauchy assegnato definita in I.
da cui cj = 0.
Infine, considerata u S e posto
y = c 1 u1 + + c n un , c1 , . . . , c n R .
y = c1 u1 + + cn un + u , c1 , . . . , cn R .
w(x) = eA(x)
y = cw , cR.
u0 (x) = w0 (x) B(x) + w(x) B 0 (x) = a(x) w(x) B(x) + b(x) w(x) eA(x)
= a(x) u(x) + b(x) eA(x) eA(x) = a(x) u(x) + b(x) ).
y = cw + u = w (c + B) , cR.
13.4 Equazioni differenziali lineari 401
sia una funzione continua che non rientra tra quelle considerate nel caso
precedente. Si puo allora ricorrere al metodo della variazione delle costanti
arbitrarie di Lagrange. Una volta determinate le n soluzioni linearmente
indipendenti u1 , . . . , un dellequazione omogenea, tale metodo consiste nel
cercare una soluzione particolare della forma
u(x) := c1 (x) u1 (x) + + cn (x) un (x) , (13.4.9)
dove c1 , . . . , cn : I R sono funzioni da determinare (da qui deriva la
denominazione del metodo).
Imponendo le condizioni previste nel seguente sistema di n equazioni nelle
incognite c01 (x), . . . , c0n (x)
0
c1 (x) u1 (x) + + c0n (x) un (x) = 0 ,
0 0 0 0
c1 (x) u1 (x) + + cn (x) un (x) = 0 ,
..
. (13.4.10)
(n2) (n2)
0
c (x) u1 0
(x) + + cn (x) un (x) = 0 ,
10 (n1) (n1)
c1 (x) u1 (x) + + c0n (x) un (x) = f (x) ,
si riconosce che la corrispondente funzione u e una soluzione dellequazione
completa.
Infatti,
Pn utilizzando le relazioni previste in (13.4.10), per le derivate della funzione
u= i=1 i i , si ha
c u
n
X n
X n
X
u0 = c0i ui + ci u0i = ci u0i ,
i=1 i=1 i=1
n
X n
X Xn
u00 = c0i u0i + ci u00i = ci u00i ,
i=1 i=1 i=1
..
.
n
X n
X n
X
(n2) (n1) (n1)
u(n1) = c0i ui + ci ui = ci ui ,
i=1 i=1 i=1
Xn Xn Xn
(n1) (n) (n)
u(n) = c0i ui + ci ui =f+ ci ui ,
i=1 i=1 i=1
(il calcolo di ogni derivata utilizza lespressione ottenuta nel passaggio precedente). A
questo punto si osserva che
Michele Campiti
Dipartimento di Matematica E. De Giorgi
Universita del Salento
P.O.Box 193
73100 Lecce
E-Mail: michele.campiti@unile.it