Grammatica sanscrita
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La grammatica della lingua sanscrita possiede un complesso sistema verbale, un sistema di declinazione dei sostantivi e
aggettivi e conosce inoltre un ampio utilizzo di sostantivi composti. Essa fu studiata e codificata da grammatici indiani a
partire dal tardo periodo dei veda (ottavo secolo avanti Cristo circa), culminando nella grammatica redatta dal grande
grammatico indiano Pini attorno al quarto secolo avanti Cristo.
Indice
1 Tradizione grammaticale
2 Verbi
2.1 Classificazione dei verbi
2.2 Sistema dei temi dei tempi verbali
2.2.1 Sistema del tema del presente
2.2.2 Sistema del tema del perfetto
2.2.3 Sistema del tema dell'aoristo
2.2.4 Sistema del tema del futuro
2.3 Participi
2.3.1 Participio presente
2.3.2 Participi passati attivi
2.3.3 Participi passati passivi
2.3.4 Participio perfetto
2.3.5 Participio aoristo
2.3.6 Participio futuro
2.4 Gerundivo
2.5 Coniugazione verbale
2.6 Terminazioni delle coniugazioni
3 Flessione del sostantivo
3.1 Declinazione del sostantivo e dell'aggettivo
3.1.1 Temi in A-
3.1.2 Temi in I ed U
3.1.3 Temi in vocale lunga
3.1.4 Temi in
3.2 Numerali
4 Pronomi personali e determinativi
5 Termini composti (samsa)
5.1 Amreita
5.2 Avyayibhva
5.3 Tatpurua (composti determinativi)
5.4 Karmadhraya (composti descrittivi)
5.5 Dvigu
5.6 Dvandva (composti coordinativi)
5.7 Bahuvrhi (composti esocentrici)
5.8 Madhyama-pada-lop-samsa
5.9 Upapada-samsa
5.10 Aluk-samsa
6 Sintassi
7 Bibliografia
8 Voci correlate
9 Collegamenti esterni
10 Riferimenti
Tradizione grammaticale
La tradizione grammaticale del sanscrito (vykarana, una delle sei discipline del cosiddetto Vedga) inizi nel tardo
periodo vedico indiano e trov il proprio punto di massima espressione intellettuale con la codificazione grammaticale
dell'Adhyy da parte del grammatico Pnini, un'opera consistente di 3990 aforismi. L'autore sanscrito Ktyyana
compose i Vrtikas (le spiegazioni) di Pnini. Patajali, vissuto tre secoli dopo Pnini, scrisse il Mahbhshya, il "Grande
Commentario" sull'Adhyy e sui Vrtikas.
grazie all'opera di questi tre antichi grammatici del sanscrito che la tradizione grammaticale di questa lingua in tale
epoca prende il nome di Trimuni Vykarana o "Grammatica dei tre saggi". In ultimo, al fine di spiegare ulteriormente il
significato dei suddetti sutras, gli autori Jayaditya e Vmana scrissero nel sesto secolo dopo Cristo il commentario Ksik.
La grammatica pniniana trova uno dei propri fondamenti nei cosiddetti 14 Shiva sutras o Maheshvara Sutras. Essi
espongono sinteticamente l'organizzazione dei fonemi della lingua sanscrita. Degna di nota per lo sviluppo della riflessione
grammaticale sulla lingua sanscrita fu nel dodicesimo secolo l'opera del grammatico Kaiyata che scrisse un commentario al
Mahbhshya di Patajali. Maggiormente influente fu il Rupvatra, ad opera di Dharmakrti, il quale divulg versioni pi
semplici della grammatica sanscrita.
Durante il diciassettesimo secolo l'opera di grammatica sanscrita pi importante fu il Siddhnta Kaumudi di Bhattoji
Dkshita, assieme alla quale esistono versioni derivate ad opera del grammatico Varadarja.
Lo studio del sanscrito da parte di studiosi europei comincia nel diciottesimo secolo con Jean Franois Pons ed altri
studiosi minori. Bisogner attendere il diciannovesimo secolo per opere esaustive. Fra i pi importanti studiosi europei del
periodo ci sono Otto Boehtlingk, William Dwight Whitney e Jacob Wackernagel.
a i u e ai o au a a
ka kha ga gha a ca cha ja jha a
a ha a ha a ta tha da dha na
pa pha ba bha ma a a a a a
ya ra la va a a sa ha
Verbi
Classificazione dei verbi
Il sanscrito ha dieci classi verbali suddivise ulteriormente in due grandi categorie: i verbi tematici e atematici. Il primo
gruppo aggiunge una a tra il tema e la desinenza, rendendo cos i verbi pi stabili; il secondo gruppo non aggiunge vocale
tematica.
Nel sanscrito vedico, oltre alle dieci classi verbali, ce n' una in pi: si chiama il Lata, da lti, traducibile in italiano
con prendere, ricevere o attribuire.
L'elemento base di un verbo sanscrito la radice, alla cui base possono essere aggiunti altri elementi grammaticali che
danno sfumature precise e particolari, come prefissi, suffissi, infissi, raddoppiamenti, etc... Molti termini sanscriti possono
essere fatti risalire a una precisa radice verbale o a varie radici di uno stesso campo semantico. Questo fenomeno, sebbene
pi limitatamente, si presenta in molte altre lingue; in sanscrito, tuttavia, un'antica tradizione di codificazione grammaticale
e riflessione filosofica sul linguaggio hanno consentito la circoscrizione di determinate aree di significato facendole
discendere da un'unica radice vocalico-consonantica. Il sanscrito in grado di fornire termini semanticamente analizzabili
suddividendoli in fonemi portatori ciascuno di un particolare significato; il processo di formazione di una parola sanscrita
tende alla regolarit e alla trasparenza, ed peculiarit di questa lingua.
Una parte significativa delle radici verbali sanscrite trova riscontro anche in altre lingue della famiglia indo-europea; ci ha
consentito uno studio comparato di molti termini presenti nelle diverse lingue, consentendo una ricostruzione del
significato originario di alcuni suoni primitivi che poi hanno, per estensione e astrazione, generato altri termini con
significato sempre pi apparentemente distante. Alcuni esempi: la radice semantica t, composta dal suono t dentale "t" e
dalla r vocalica lunga "" (il sanscrito considera foneticamente la r anche con valore vocalico) connessa al senso
primario di passare attraverso, ma anche attraversare, raggiungere uno scopo, superare. La presenza di questo composto
rintracciabile anche in italiano, passando per il prefisso latino trans, al di l di, attraverso: per esempio attraversare (andare
oltre), trasportare (portare attraverso), tramontare (andare oltre i monti).
Il prefisso latino inter (in sanscrito antar) significa "dentro, in mezzo", nel quale in indica l'intero e ter, da tr, lo stare in
centro, in mezzo; per esempio internazionale (tra le nazioni), interpersonale (tra le persone).
Di seguito un esempio di verbo coniugato: si tratta della radice vad, che significa parlare, dire, coniugata nella sesta classe,
ovvero all'indicativo presente, al singolare:
I tempi verbali del sanscrito sono organizzati in quattro sistemi basati sulle differenti forme del tema verbale utilizzate
nella coniugazione del verbo stesso. I quattro sistemi dei temi dei tempi verbali sono i seguenti:
Il presente, da cui si ricavano il presente e imperfetto indicativo, l'imperativo e l'ottativo, indica l'azione continuata;
Il perfetto, da cui si ricavano perfetto e piuccheperfetto indicativo, e participio passato, indica l'azione compiuta;
L'aoristo, da cui si ricavano aoristo indicativo, l'ottativo precativo e l'ingiuntivo, indica l'azione puntuale;
Il futuro, da cui si ricavano futuro indicativo, condizionale e participio futuro, posiziona l'azione nel futuro.
Il tema del presente ci permette di ricavare il presente e l'imperfettivo indicativo, l'imperativo, l'ottativo e alcune antiche
forme di congiuntivo.
Il sistema del tema del presente pu essere formato in vari modi, come i seguenti punti mostrano:
Prima classe: utilizzo del suffisso della vocale tematica a con un rafforzamento apofonico finale; per esempio bhva,
da bh, essere.
Seconda classe: nessuna modificazione; per esempio ad, da ad, mangiare;
Terza classe: raddoppiamento premesso attraverso un prefisso alla radice verbale; per esempio juhu, da hu,
sacrificare;
Quarta classe: utilizzo del suffisso ya, per esempio dvya, da div, "giocare
Quinta classe: utilizzo del suffisso nu (guna, ovvero grado zero di no), per esempio sunu, da su, estrarre.
Sesta classe: utilizzo del suffisso in vocale a con conseguente spostamento dell'accento su quest'ultima vocale, per
esempio tud, da tud, colpire, spingere.
Settima classe: utilizzo dell'infisso na o n prima della consonante finale della radice (con gli opportuni cambiamenti
dovuti alle regole del sandhi), per esempio rundh o runadh, da rudh, ostruire, bloccare.
Ottava classe: utilizzo del suffisso u (guna, o grado zero, di o), ad esempio tanu, da tan, distendere.
Nona classe: utilizzo del suffisso n, ad esempio krna o krn, da kr, ottenere, comprare.
Decima classe: si forma con l'allungamento dell'ultima vocale del tema, l'aggiunta del suffisso ya e rafforzamento
finale dato dall'aggiunta di un ulteriore suffisso; per esempio bhvaya, da bh, essere.
(!) Oggigiorno, l'ottava classe considerata come una sottoclasse della quinta. (!) La prima, la quarta e la sesta classe sono
per i verbi tematici, le altre per i verbi atematici
aoristo indicativo, l'ottativo precativo e l'ingiuntivo Il sistema dell'aoristo include l'aoristo propriamente detto (con aspetto
puntuale, il nostro passato remoto; es. abhh, tu fosti) e alcune forme di una pi antica forma di ottativo precativo e di
ingiuntivo, utilizzato quasi esclusivamente con il prefisso "m" nelle proibizioni, ad esempio m bhh, non essere!.
L'aoristo radicale formato direttamente dal tema della radice con l'aumento temporale, e le desinenze secondarie:
es. (bh- : a-bh-t, egli fu).
L'aoristo tematico comporta l'inserimento della vocale tematica a nel tema.
L'aoristo sigmatico formato per mezzo di un suffisso sibilante in "s" applicato al tema verbale.
Il sistema del futuro formato tramite l'uso del suffisso sya oppure iya (nel quadratino vi una s con un puntino sotto:
suono semi-retroflesso) pi un cambiamento apofonico. Esso include il condizionale, formato dal tema del futuro. Il
condizionale si riferisce ad azioni ipotetiche e trova un uso sporadico nel sanscrito classico. Come forma, il condizionale
una sorta di "imperfetto" costruito sul tema del futuro: infatti, si costruisce premettendo l'aumento temporale al tema del
futuro e utilizzando le desinenze secondarie. es:
Participi
I participi passati vengono formati direttamente dalle radici verbali di molti verbi, ad eccezione dei verbi della decima
classe, la cui forma viene presa dal tema del presente. Tutti i participi, tranne il presente, hanno un senso perfettivo, ovvero
indicano l'azione compiuta, conclusa e possono liberamente sostituire le forme finite dei verbi coniugati al passato.
Participio presente
Il participio presente formato dal tema del presente ed formato in modo differente a seconda che il verbo sia classificato
come parasmaipada (diatesi attiva) o tmanepada (diatesi media). Il participio presente non pu sostituire un verbo in
forma finita. Il participio presente possiede un senso imperfettivo indicando un'azione colta nel suo svolgersi.
Sono formati in modo regolare tramite il suffisso -vant applicato al participio passato passivo. Modificano il soggetto del
verbo dal quale sono formati.
Il participio passato passivo (ktnta) formato postponendo la sillaba -ta alla radice del verbo, in certi casi preceduta dalla
vocale -i-. Per diversi verbi anche la radice stessa viene modificata. Ad esempio, la radice vac, parlare, d origine al
participio passato ukta.
Participio perfetto
Il participio perfetto un participio passato di senso attivo ed raramente utilizzato nel sanscrito classico.
Participio aoristo
Il participio aoristo, usato nel sanscrito vedico, fu perso nel sanscrito classico.
Participio futuro
Il participio futuro viene formato a partire dal tema del futuro nello stesso modo in cui il participio presente formato dal
tema del presente. Il participio futuro descrive un'azione non ancora successa ma che potrebbe accadere in un futuro
ipotetico.
Gerundivo
Il gerundivo (da non confondere con il gerundio) pu essere pensato come un participio prescrittivo passivo futuro
indicante il fatto che la parola modificata dovrebbe essere oggetto dell'azione da parte del participio.
Il suo significato simile al gerundivo latino, ovvero esprime l'idea di "dovere", o "necessit". Esempio: il latino "liber
legendus" si tradurr come "il libro da leggere", "il libro che deve essere letto".
Si ottiene in sanscrito usando la radice con grado gua o vddhi pi il suffisso -ya-, -tavya-, -itavya-, -anya-; -tavya- e
-anya- si attaccano alla radice guata, mentre -ya- a radici vddhate, guate oppure deboli; alcune radici in vocale
aggiunguno -tya-, ma solo nelle forme cosiddette deboli.
Esempi: dalla radice k (fare, produrre) si ottiene kartavya-, karaya-, krya-, ktya-, da farsi, da compiere.
D- (vedere) dya, da vedersi, degno di essere visto, che deve essere visto; ji- (vincere) jetavya oppure jeya-, destinato ad
essere vinto.
Coniugazione verbale
Ogni verbo possiede una voce grammaticale di senso attivo (diatesi attiva), una di senso passivo (diatesi passiva) ed una di
senso medio (diatesi media).
Il medio pu essere inteso come un'azione che un soggetto compie per se stesso dando un'idea di riflessivit.
Senso attivo: il giocatore (soggetto) sistema (verbo in forma attiva) il pallone (oggetto) per battere la punizione.
Senso passivo: il pallone (soggetto) viene sistemato (verbo in forma passiva) dal giocatore (agente) per battere la
punizione.
Senso medio: il giocatore (soggetto) si aggiusta (verbo in forma media) il pallone (oggetto) per battere la punizione.
Esiste inoltre una voce impersonale che pu essere descritta come una voce passiva dei verbi intransitivi. Il verbo sanscrito
ha un modo indicativo, un ottativo e un imperativo. Anticamente era presente anche un modo congiuntivo caduto tuttavia
in disuso con l'avvento del sanscrito classico.
La tabella che segue un prospetto parziale delle principali forme verbali che possono essere create a partire da una
singola radice del verbo. Non tutte le radici prendono tutte le forme; alcune radici spesso sono limitate ad alcuni temi
verbali.
Le forme verbali della tabella sono tutte in terza persona singolare e possono essere coniugate in tre persone e tre numeri:
singolare, duale e plurale.
Radice: bh (essere, diventare, essere in divenire), radice verbale della prima classe tematica. Tema del presente: bhava-
Tema passivo: bhya- Tema del futuro: bhavishya-
Tenendo conto del fatto che ciascuna forma di participio declinata in sette casi nominali, tre numeri e tre generi e ciascun
verbo coniugato anch'esso in tre persone, tre numeri, e poi in temi di forma primaria, causativa e desiderativa per questa
radice quando considerati assieme i participi hanno oltre un migliaio di forme.
Indicativo
Attivo Medio
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Prima persona dvmi dvivs dvims dvi dvivhe dvimhe
Seconda
dvki dvihs dvih dvik dvi the dvihv
Presente persona
dvi egli dvis loro due dvinti essi
Terza persona dvi dvi te dvite
odia odiano odiano
Prima persona dveam dviva dvima dvii dvivahi dvimahi
Seconda
Imperfetto dve dviam dvisa dvihs dvithm dvihvam
persona
Terza persona dve dvim dvian dvia dvitm dviata
Ottativo
Attivo Medio
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Prima persona dviy m dviy va dviy ma dviy dvivahi dvimahi
Imperativo
Attivo Medio
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Prima persona dvi dvva dvma dvi dvvahi dvmahi
Le terminazioni delle coniugazioni in sanscrito esprimono la persona, il numero e la voce. Le differenti forme delle
terminazioni vengono usate in relazione a quale tempo e modo verbale sono attribuite. I temi verbali o le stesse
terminazioni possono essere modificate o in qualche modo oscurate dalle regole del sandhi.
Attiva Media
Persona Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
1 mi vs ms vhe mhe
Primaria 2 si ths th s the dhv
3 ti ts nti, ti t te nte, te
1 am v m , vhi mhi
Secondaria 2 s tm t ths thm dhvm
3 t tm n, s t tm nta, ta, rn
1 a v m vhe mhe
Perfetto 2 tha thus s the dhv
3 a tus s te r
1 ni va ma i vahi mahi
Imperativo 2 dh, h, tm t sv thm dhvm
3 tu tm ntu, tu tm tm ntm, tm
Le terminazioni primarie sono utilizzate con il presente indicativo e le forme del futuro. Le terminazioni secondarie sono
usate con l'imperfetto, il condizionale, l'aoristo e l'ottativo. Le terminazioni del perfetto e dell'imperativo vengono usate
rispettivamente con il perfetto e l'imperativo.
Possiede otto casi: nominativo, vocativo, accusativo, strumentale, dativo, ablativo, genitivo e locativo.
Il numero effettivo delle declinazioni oggetto di dibattito. Pnini identifica sei cosiddetti krakas corrispondenti ai casi
nominativo, accusativo, dativo, strumentale, locativo e ablativo. Pnini stesso nella sua opera Ashtdhyyi (I.4.24-54) li
definisce come segue:
1 Apdna (letteralmente "prendere il via"): l'equivalente del caso ablativo, che indica un oggetto stazionario o fermo dal
quale il movimento prende il via rispondendo alla domanda implicita "da chi?", "da cosa?", "da dove proviene l'azione
espressa dal verbo?"
2 Sampradna (donazione o cessione): l'equivalente del caso dativo, che indica il destinatario o il ricevente in un'azione
di dono o conferimento di qualcosa in senso concreto o astratto dando risposta alla domanda implicita "a chi?", a cosa?",
"verso chi o cosa?".
3 Karaa ("strumento"): equivale al caso strumentale e indica il mezzo con cui si compie una determinata azione.
4 Adhikaraa ("ubicazione"): il caso locativo e indica dove si trovi qualcuno o qualcosa rispondendo alla domanda
"dove?".
5 Karman ("il fatto/"l'oggetto"): il caso accusativo rispondente alla domanda implicita "chi oggetto dell'azione?", "che
cosa oggetto nell'azione?".
6 Kart (colui che agisce): il nominativo, il caso che risponde alla domanda implicita "chi compie l'azione?", "cosa
compie l'azione?". (On the basis of Scharfe, 1977: 94)
I casi possessivo (Sambandha) e vocativo sono assenti nella grammatica redatta da Pnini.
In questo articolo sono suddivisi in cinque declinazioni. La declinazione alla quale un nome appartiene in buona parte
determinata dalla forma del sostantivo medesimo.
Nella tabella che segue dato lo schema fondamentale di utilizzo dei suffissi della declinazione validi per buona parte dei
sostantivi e aggettivi. A seconda del genere grammaticale e della terminazione in consonante o vocale della radice non
flessa del sostantivo o dell'aggettivo, esistono determinate regole dette del sandhi (armonia eufonica). Tra parentesi le
terminazioni dei casi di genere neutro, le altre sono valide per i generi maschile e femminile. Vengono date anche le
versioni in scrittura sillabica devanagari e la traslitterazione in IAST.
Temi in A-
I temi in "a"(// or /a/) comprendono una vasta classe di sostantivi. Di norma i sostantivi appartenenti a questa classe, con
tema non flesso terminante in A breve (//), sono maschili o neutri. I sostantivi terminanti in A lunga (/a/) sono in
massima parte femminili. Gli aggettivi con tema in A prendono il genere maschile e neutro in A breve (//), e quello
femminile in A lunga (/a/). Questa classe cos vasta perch comprende anche il tema in O- del protoindoeuropeo.
Temi in I ed U
Temi in I-
Masc. and Fem. (gti- "passo, andatura") Neutro (v ri- "acqua")
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Nominativo gtis gt gtayas v ri v ri v ri
Temi in U-
Masc. and Fem. (tru- "nemico") Neutro (mdhu- "miele")
Singolare Duale Plurale Singolare Duale Plurale
Nominativo trus tr travas mdhu mdhun mdhni
Accusativo trum tr trn mdhu mdhun mdhni
Strumentale tru trubhym trubhis mdhun mdhubhym mdhubhis
Dativo trave trubhym trubhyas mdhune mdhubhym mdhubhyas
Ablativo tros trubhym trubhyas mdhunas mdhubhym mdhubhyas
Genitivo tros trvos trm mdhunas mdhunos mdhnm
Temi in
I temi in sono prevalentemente derivati della terminazione che indica il concetto di agente come dt "donatore", sebbene
includano termini di parentela quali pit "padre", mt "madre", and svs "sorella".
Numerali
I numeri da uno a dieci sono: 0 unya (zero) 1 ka 2 dv 3 tr 4 catr 5 paca 6 7 sapt, spta 8 a, a 9 nva 10
da
I numeri dall'uno al quattro sono declinabili. ka declinato come un aggettivo pronominale, ovviamente mancante della
forma duale. Dv appare soltanto in forma duale. Tr e catr vengono invece declinati in modo irregolare.
Tre Quattro
Maschile Neutro Femminile Maschile Neutro Femminile
Nominativo tryas tri tisrs catvras catvri ctasras
Nota: dove vengono date due forme, la seconda enclitica e alternativa alla prima. Gli ablativi al singolare e al plurale
possono essere estesi tramite la sillaba -tas; in tal modo si ottengono forme come mat o mattas, asmat o asmattas.
Dativo mahyam, me vbhym, nau asmabhyam, nas tubhyam, te yuvbhym, vm yumabhyam, vas
Genitivo mama, me vayos, nau asmkam, nas tava, te yuvayos, vm yumkam, vas
Il dimostrativo "ta", declinato sotto, usato anche come pronome di terza persona.
Amreita
Un termine composto consistente nella stessa parola ripetuta due volte, con la peculiarit di avere l'accento sul primo
termine del termine composto. [1] (http://findarticles.com/p/articles/mi_go2081/is_200310/ai_n9761222) Gli amreditas
vengono utilizzati per esprimere ripetitivit; per esempio, da dv (giorno) si ottiene div-dive ("giorno dopo giorno",
"quotidianamente") e da dev ("Dio") si ottiene dev-devam oppure dev-devas ("Dio dopo Dio").[2]
(http://www.utexas.edu/cola/centers/lrc/eieol/vedol-EI-X.html)
Avyayibhva
Il primo membro di questa tipologia di termine composto indeclinabile; a questo viene aggiunto un secondo termine di
norma declinabile, in modo tale da rendere il nuovo termine cos composto, a sua volta nel suo complesso indeclinabile.
Esempi: yath+akti, ecc. Nei termini composti avyayibhva, il primo membro del termine composto ha un ruolo
primario(prva-pada-pradhna) e l'intera parola composta si comporta come un termine indeclinabile a causa della natura
grammaticale della prima parte indeclinabile del composto nominale.
Diversamente dai composti avyayibhva, nei composti Tatpurua il ruolo primario detenuto non dal primo ma dal
secondo membro del termine composto (uttara-pada-pradhna). Esistono molti tatpuruas (uno per ciascun caso nominale,
oltre ad alcuni altri). In un tatpurua, il primo componente del termine composto in una relazione logica con l'altro in un
modo altrimenti esprimibile attraverso un consueto caso nominale esistente. Per esempio, un "parafango" in italiano un
composto ablativo, il parafango infatti un oggetto che para (protegge) DAL fango.
una variet di Tatpurua considerato separatamente. La relazione tra il primo e l'ultimo membro di un termine
composto di apposizione, attributiva o avverbiale.
Dvigu
In un composto karmadhraya una parte si comporta come aggettivo per l'altra. Se la parte che si comporta come aggettivo
un numero si ha un termine composto dvigu. Il termine "dvigu" stesso in realt un termine composto: dvau+gvau. Nei
composti dvigu, la principale la parte finale, esattamente come nei composti Tatpurua.
Questi consistono di due o pi temi del sostantivo connessi nel senso attraverso una congiunzione (come nella
congiunzione italiana "e"). Esistono due tipologie di costruzione di "dvandva" in sanscrito. La prima chiamata itaretara
dvandva, una parola composta enumerativa il cui significato si riferisce in egual misura a tutti i membri del termine
composto. Il termine composto che ne risulta in numero duale o plurale e prende il genere grammaticale dell'ultimo
membro della parola composta. Esempi: Rma-Lakmaau Rama e Lakshmana, oppure Rma-Lakmaa-Bharata-
atrughnh Rama, Lakshmana, Bharata e Satrughna.
La seconda tipologia chiamata samhra dvandva, una parola composta che ha valore collettivo, il cui significato si
riferisce ad una collezione ovvero ad un insieme dei suoi membri costituenti. La parola composta che ne risulta in
numero singolare e sempre di genere neutro. Pipdam "membra", letteralmente mani e piedi, da pi = mano e pda =
piede.
Secondo alcuni grammatici esiste una terza tipologia di dvandva chiamata ekaea dvandva o composto residuale. Essa
prende le forme duale e plurale della sola parte finale del composto, ad esempio: pitarau per "mt" + "pit",
madre+padre= genitori ("padri", includendo con tale termine duale sia il genitore maschio che quello femmina) In ogni
caso secondo altri grammatici lo "ekaea non affatto un termine composto.
Bahuvrhi, o letteralmente "molto-riso", indica una persona ricca qualcuno che possiede molto riso o usando una
metafora nota della lingua italiana: qualcuno che ha molto "grano". I composti di tipologia Bahuvrhi si riferiscono ad un
sostantivo composto nel quale non sia dato conoscere il possessore; in altri termini, un nome composto che si riferisce a
qualcosa che non in se stessa parte del termine composto.
Ad esempio, "senzatetto" (in italiano nel senso di persona senza fissa dimora).
Dal momento che nel termine composto "senza-tetto" non presente il soggetto che privo del tetto (esattamente come il
termine sanscrito molto-riso non indica una specie di riso ma la natura di chi ne possiede molto) e il termine non indica un
tipo di tetto, si pu parlare in questo caso di termine composto di tipologia Bahuvrhi. I termini composti Bahurvrhis
possono spesso essere resi in italiano attraverso un participio presente oppure una forma perifrastica del tipo "(colei/colui
che possiede..." per esempio "possidente molto riso", piuttosto che "colei/colui che possiede molto riso".
Madhyama-pada-lop-samsa
una variet di composto Karmadhraya Tatpurua nel quale la parte mediana o centrale scompare. Esempio:
devapjaka+brhamaa = devabrhamaa; ryukta+Rma = rrma
Upapada-samsa
Si tratta di una variet di composto Tatpurua nella quale i sostantivi si fondono con dei verbi come in Kumbham+karoti
= kumbhakra.
Aluk-samsa
Sintassi
Grazie al complesso sistema di declinazioni l'ordine delle parole nella frase piuttosto libera nel sanscrito, sebbene sia
presente una tendenza ad organizzare la frase sul modello SOV.
Esistono inoltre alcune regole sintattiche al fine di ridurre le possibili ambiguit in una qualsiasi proposizione.
Bibliografia
A Sanskrit Grammar for Students A. A. Macdonell ISBN 81-246-0094-5
Grammatica sanscrita elementare- Traduzione in italiano dell'opera originale "A Sanskrit Grammar for Students" di
A. A. Macdonell a cura di G. Bechis - ISBN 88-555-0687-0
Corso di sanscrito - Carlo Della Casa con una introduzione di A. Passi - ISBN 88-400-0700-8
Grammatica sanscrita - Saverio Sani- con comparazione indoeuropea- ISBN 88-814-7361-5
Dizionario sanscrito - sanscritoitaliano, italianosanscrito - Tiziana Pontillo - ISBN 88-119-4152-0
Devavpraveik: An Introduction to the Sanskrit Language Robert P. Goldman ISBN 0-944613-40-3
Massimo Morroni, Sanscrito semplice. Introduzione allo studio, Roma, Gruppo Editoriale L'Espresso, 2012. - ISBN
978-88-91037-04-6
Voci correlate
Devanagari
IAST
Lingua sanscrita
Pini
protoindoeuropeo
Sanscritizzazione
Collegamenti esterni
http://omero.humnet.unipi.it/matdid/68/La%20lingua%20sanscrita.pdf (in italiano in formato pdf)
http://warnemyr.com/skrgram/grammar/toc.html (in inglese)
http://chitrapurmath.net/sanskrit/step-by-step.htm (in inglese)
http://www.scribd.com/doc/10528654/Sanskrit-Grammar (piccola grammatica in forma di libro online in inglese)
http://spokensanskrit.de/ (dizionario online inglese sanscrito, sanscrito inglese)
Riferimenti
W. D. Whitney, Sanskrit Grammar: Including both the Classical Language and the Older Dialects
W. D. Whitney, The Roots, Verb-Forms and Primary Derivatives of the Sanskrit Language (A Supplement to His
Sanskrit Grammar)
Jacob Wackernagel, Albert Debrunner, Altindische Grammatik, Gttingen.
vol. I. phonology [3] (http://books.google.com/books?vid=ISBN1421247127&id=mWaIUMIoUvkC&
dq=Altindische) Jacob Wackernagel (1896)
vol. II.1. introduction to morphology, nominal composition, Wackernagel (1905) [4] (http://books.google.com
/books?vid=ISBN1421247100&id=qql6RRqTAuIC&dq=Altindische)
vol. II.2. nominal suffixes, J. Wackernagel and Albert Debrunner (1954)
vol. III. nominal inflection, numerals, pronouns, Wackernagel and Debrunner (1930)
B. Delbrck, Altindische Tempuslehre (1876) [5] (http://books.google.com/books?vid=ISBN1421246880&
id=_-9K_xT8OBAC&dq=Altindische)
Frits Staal, Word order in Sanskrit and Universal Grammar, Foundations of Language, supplementary series 5,
Springer (1967), ISBN 978-9027705495.
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