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Harry Stack Sullivan e la coda della lucertola: tra "caos famigliare" e

"disordine creativo". La psicosi come negoziazione disfunzionale del


bisogno di sicurezza interpersonale.
XVIII INTERNATIONAL FORUM OF PSYCHOANALYSIS 2014

17-19 September, 2014 Kaunas, Lithuania

Dott. Tiziano Carbone

Harry Stack Sullivan e la coda della lucertola: tra caos famigliare e disordine creativo.

La psicosi come negoziazione disfunzionale del bisogno di sicurezza interpersonale

Riassunto

Partendo dal concetto Sullivaniano di bisogno di sicurezza interpersonale lautore propone un sintetico
excursus attraverso teorie evoluzionistiche, infant research, teoria della mentalizzazione, teoria
dellattaccamento, ed il pensiero di Donnel Stern e di L.W. Sander, per illustrare come le strategie di
elaborazione dellangoscia presente nella diade infante-caregiver, possano condurre il soggetto a
negoziazioni disfunzionali col proprio ambiente necessario, e allabdicazione alla possibilit di
simbolizzare in modalit autocosciente, quanto pre-riflessivamente marcato come insopportabilmente
angoscioso.

La negoziazione descritta dalla. in un continuum da spinta motivazionale ad interagire col proprio


ambiente, coesistente al perseguimento dellauto-organizzazione (pre-negoziazione), a negoziazione in
un soggetto dotato di capacit decisionali implicite e successivamente esplicite. In questo quadro di
riferimento i segnali di pericolo ai quali i sistemi viventi reagiscono con la fuga o con la perdita di parti
importanti, ma non vitali, per salvare la coerenza globale (la coda della lucertola), si configurano
nellessere umano come la decisione di non formulare coscientemente le rappresentazioni di vissuti
relazionalmente angosciosi.

La terapia viene formulata dalla. come la rinegoziazione del suicidio del pensiero cosciente come
soluzione di coping allangoscia, attraverso una nuova negoziazione ove le manifestazioni dellangoscia
possano, da caos familiare, diventare, usando le parole di Donnel Stern disordine creativo.

La storia gratta il fondo

come una rete a strascico

con qualche strappo e pi di un pesce sfugge.

Qualche volta sincontra lectoplasma

duno scampato e non sembra particolarmente felice.

Ignora di essere fuori, nessuno glie n ha parlato.

Gli altri, nel sacco, si credono


pi liberi di lui.

(Eugenio Montale, La Storia)

Spesso i poeti riescono a condensare in poche parole concetti per i quali gli studiosi necessitano
lunghe argomentazioni per formulare unipotesi sul funzionamento della mente umana. Nella poesia
citata Montale descrive la Storia come una grossa rete a strascico che grattando il fondo del mare cattura
dei pesci, lasciandone sfuggire dagli strappi qualcuno, il cui ectoplasma, espressione fantasmatica e
misteriosa di un soggetto ormai morto, non appare molto felice ed ignora di essere fuori, guardato con
superiorit da chi, dentro la rete, si ritiene pi libero.

Prendendo a prestito questa metafora della Storia come narrazione dinteri popoli ed applicandola
alla storia individuale, potremmo pensare alle storie, narrazioni personali costruite in un contesto sociale,
come una rete che cattura e tiene insieme un gruppo di uomini: in altre parole il soggetto costruisce in un
contesto culturale la visione cosciente di s stesso e del mondo, mantenendo in tal modo la propria
coesione al gruppo e contribuendo egli stesso alla coesione del gruppo. Ma quando la narrazione si
strappa grattando il fondo, quando cio qualche dolore, unangoscia intollerabile nel gruppo irrompe
producendo uno strappo nella narrazione, qualche pesce sfugge.

Queste espressioni mi sembrano una poetica descrizione del destino di quelle esperienze
preverbali le quali, non potendo essere raccolte dalla rete di una narrazione comunicabile, non sono
mentalizzabili e possono prendere la forma di sintomi psicotici. Come i pesci sfuggiti alla rete di cui parla
Montale, assumono forme bizzarre, ectoplasmi di scampati, fantasmi di personaggi morti per segreti
fatti angosciosi, i quali non appaiono felici e non sanno di essere fuori dal sacco: nessuno glie
nha parlato[TC1] .

La narrazione condivisibile pu essere perci intesa sia come un fattore generativo la coscienza di
un soggetto, in quanto facente parte di un determinato gruppo sociale, sia come un ambito chiuso e
difettosamente limitato in quanto incapace di riconoscere in infelici manifestazioni ectoplasmatiche, ma
comunque capaci di esprimersi, per quanto in forme bizzarre, individui funzionanti al di fuori del linguaggio
condiviso del gruppo per dolorose impossibilit a costruire narrazioni condivise, e pertanto inconsapevoli
di essere fuori dal sacco e inconsapevoli perch fuori dal sacco.

I pesci, dentro e fuori il sacco, sono sempre gli stessi, o, in altre parole, lattivit creativa inconscia
soggiacente ogni forma di pensiero, sia nel caso venga contenuta in un linguaggio condivisibile e dunque
cosciente, sia che non abbia trovato spazio in esso e sesprima in modalit divenute spettrali, sempre
la stessa; caos famigliare e disordine creativo, usando le espressioni di Donnel Stern, sono
manifestazioni dello stesso processo, ma nel primo caso sono risultato di un clima relazionale dominato
dallangoscia, nel secondo caso risultato di un clima relazionale di curiosit e valorizzazione, e quindi
passibile di emergenza cosciente in un linguaggio condivisibile.

Ma se la rete una metafora della coscienza, cosa rappresenta lo strappo?

Secondo lopinione di molti studiosi appartenenti a diversi campi scientifici, neuroscienze, psicologia
cognitivista, teorie dei sistemi complessi (Liotti G 2003, Tronick E, 2008) la coscienza una funzione di
un soggetto preparata da livelli dorganizzazione meno complessi ed emergente nellinterazione sociale.
Liotti (Liotti G, 2003, p.18) citando studi di neuropsicologia contemporanea, afferma che la coscienza

un fenomeno intrinsecamente relazionale, emergente continuamente nella comunicazione tra il cervello


individuale e il mondo, piuttosto che una propriet privata del cervello.
In modo simile, nel concetto di espansione diadica degli stati di coscienza, Tronick illustra come
nellinterazione madre-bambino si costruiscano gli stati di coscienza di entrambe (Tronick E, 2008, p.
242)

La mia ipotesi che gli scambi socio-emotivi tra madre e bambino (e tra tutti gli esseri umani) possano
potenzialmente espandere lo stato di coscienza dei singoli, determinando conseguenze poderose in termini di
esperienza e di sviluppo. Lipotesi dellespansione dinamica della coscienza tratta dalla teoria dei sistemi.
Uno dei principi fondamentali di questultima che i sistemi biologici aperti, come gli esseri umani, operano
per incorporare e integrare quantit crescenti di informazioni significative i stati pi coerenti. Questo
processo spesso considerato una caratteristica auto generata dei sistemi, intendendo che tutti sistemi sono
auto-organizzanti. In effetti, i sistemi sono autorganizzanti, ma altrettanto importante sottolineare che
nelluomo questo processo diadico, in quanto coinvolge due menti.

Il processo dinterazione e reciproca influenza tra due soggetti viene definito come
negoziazione da numerosi e rilevanti autori relazionali, come Stephen Mitchell, Lewis Aron, Stuard
Pizer (Mitchell S, 1995, Aron L 2004, Pizer S, 1998) e da alcuni autori dellinfant research quali
Louis Sander (Sander L, 2007), Beatrice Beebe e Frank M. Lachmann (Beebe B, Lachmann FL,
2003). Sander usa la parola negoziazione per decrivere sia gli scambi tra sistemi viventi a livelli
elementari, (Sander L, 2007 p. XXVIII) sia le prime interazioni tra madre e figlio, (Sander, L, 2007
p. 5) esaminate longitudinalmente nei primi 20 mesi nellintento di dimostrare come alcune sequenze
co-costruite diventino modalit di comportamento stabili del bambino.

Valutando le interazioni abbiamo cercato di cogliere queste relazioni rappresentando il raggiungimento di tale punto sotto
forma di negoziazione di questioni riguardanti linterazione. (..) La questione risulterebbe negoziata quando laspettativa
del bambino si cristallizza (Sander L, 2007, p. 8)

Cosi possiamo affermare che la negoziazione giochi un ruolo fondamentale nel modellare i sistemi
viventi sin dalla loro origine, e possiamo presumere che sia in azione in un continuum da livelli elementari
dorganizzazione, nei quali pu essere intesa semplicemente come la tendenza dei sistemi viventi a
mettere insieme auto-organizzazione, ed interazione con lambiente per raggiungere stati di maggiore
coerenza (pre-negoziazione), a livelli pi complessi, nei quali la negoziazione diventa lattivit messa in
atto dai soggetti umani per relazionarsi con altri esseri umani. La negoziazione si verifica sia a livelli
impliciti che espliciti della processazione mentale.

Se il risultato delle negoziazioni possibili in un particolare clima relazionale influisce sugli schemi
previsionali del soggetto, forzandolo a lasciare dei buchi nella tessitura degli stati di coscienza (il trauma
costituito dallingiunzione implicita a non formulare significati coscienti?), ritengo sia possibile ipotizzare
i processi di pensiero psicotici come il risultato di negoziazioni disfunzionali, con impossibilit a
mentalizzare significati di alcune situazioni relazionali.
Montale dice: nessuno glie nha parlato: queste parole sembrano suggerire che riuscire a parlare con i
pesci fuoriusciti, in altre parole rinegoziare con essi narrazioni condivisibili in un clima in cui le antiche
angosce trovino contenimento, permetta al caos famigliare di diventare disordine creativo: sarebbe
cos possibile ricucire le maglie della rete della coscienza nella quale far rientrare, dar spazio e
definizione alle esperienze non formulate.

Se la rete la coscienza, gli strappi le discontinit co-costruite dal soggetto con lambiente sociale,
veniamo al movente. Perch la negoziazione deve essere disfunzionale dato che gli essere umani
tendono alla salute? (Sullivan 1940, p. 269)

Nel pensiero di Harry Stack Sullivan la necessit di non esperimentare angoscia, ossia il bisogno di
sicurezza interpersonale, una motivazione prioritaria dellinfante in relazione al genitore, ed
distinto dai bisogni appartenenti alla organizzazione corporea, pertinenti piuttosto ad una
dimensione culturale, con questo termine intendendo ogni forma di relazione sociale.

D'altro lato la ricerca della sicurezza riguarda pi strettamente il bagaglio culturale dell'uomo che la sua organizzazione
corporea. Col termine culturale, voglio indicare ci che intendono gli antropologi: (..) tutti quei movimenti, azioni,
parole, pensieri, fantasie cos via, che appartengono pi alla cultura di cui un dato individuo stato imbevuto, che alla
organizzazione dei suoi tessuti e delle sue ghiandole, tutto ci rientra propriamente in questa categoria della ricerca di
sicurezza. (H.S. Sullivan 1940, p. 20)

Ritengo che questo tema fondamentale del pensiero di Sullivan sia molto importante per comprendere
il funzionamento mentale negli psicotici, poich spiega come le negoziazioni precoci con lambiente
famigliare siano cruciali perch si verifichi dissociazione.

Lansia intensa scatenata da una reazione emotiva improvvisa, intensa e negativa da parte dellambiente significativo
.tende a cancellare qualunque possibilit di rielaborazione delle circostanze esatte in cui si verific; e tuttal pi non
rester che un ricordo incompleto e generico dellevento (.) Tutta questa angoscia indifferenziata, improvvisa e violenta
viene vissuta come sgomento irreale ed arcano(..) Pi Avanti negli anni questa angoscia generale subisce qualche lieve
elaborazione, che si reassume in quattro parole: sgomento, paura, ribrezzo ed orrore (Sullivan, 1953, p. 352)

Per Sullivan, autore seminale per le moderne prospettive relazionali e dellattaccamento (Albasi C,
2006, p. 127) questi passaggi critici nella formazione della coscienza del soggetto si giocano interamente
nella relazione tra infante e care-giver.

La sorte delle esperienze, se potranno essere elaborate o no in esperienza cosciente, segnata dalla
quantit di angoscia che il comportamento del bambino produce nel caregiver, perch per Sullivan, ci
che nelladulto accudente produce intollerabile angoscia, viene percepito empaticamente dal bambino ed
esperimentato come un colpo in testa (Sullivan 1953, p. 314) in grado di disorganizzare lesperienza, e
la capacit di sviluppare previsioni (Sullivan, 1953, p. 62).

Il processo avviene ai livelli desperienza definiti da Sullivan prototassico e paratassico, ripresi e sviluppati
da autori successivi, come Lyons Ruth nel concetto di conoscenza procedurale, o conoscenza
relazionale implicita (Lyons Ruth K, 1998) o come Beebe-Lackmann nel modello desperienza (Beebe
B, Lackmann F L, 2002, p. 12). Affermano Beebe-Lackmann:

nella prima infanzia i modelli esperenziali si organizzano come aspettative di sequenze di scambi reciproci e
vengono associate a stili autoregolatori particolari.
Dunque le operazioni di sicurezza descritte da Sullivan come una mancanza di processazione, ma che
potremmo anche descrivere come una sorta di marcatura che preserver dallaccesso alla coscienza,
pu essere pensato come uno stile auto-regolatorio mediante il quale il bambino, ad un livello procedurale
ed implicito decide di sacrificare la simbolizzazione di interazioni angosciose con ladulto, per
preservare la relazione con esso/a. I dinamismi utilizzati possono essere pi o meno intensi, dalla
disattenzione selettiva, per cui alcuni interazioni potranno anche essere diventare coscienti, ma non
cogliendone le implicazioni, non saranno oggetto di riflessione per il soggetto, alla dissociazione vera e
propria.

Il sacrificio di una parte importante, ma non vitale, di un sistema vivente, pur di salvare la vita, non
una novit nel mondo degli organismi viventi. A livelli pi semplici, nei quali secondo la logica dei sistemi
complessi (Sander L, 2007), il sistema persegue lo stato dinterezza cercando il massimo livello di
coerenza in un equilibrio costante con le sollecitazioni ambientali, una lucertola aggredita, come strategia
per salvare la vita, pu lasciare la coda nella bocca del predatore.

Nella messa a punto dellinterazione c sempre la percezione dello stato proprio e di quello altrui, utile anche
a descrivere il flusso di energia che attraversa il sistema vivente individuo-ambiente circostante (.) Lo stato
dinterezza diventa spinta motivazionale, come un impeto fondamentale a cercare, a riconquistare, la coerenza
in un processo creativo organizzativo man mano che lindividuo pi impegnato in un sempre maggiore
complessit di coinvolgimento con lambiente (Sander 2007, p. XVIII)

Il sistema bambino-caregiver si autoregola dirigendosi verso la dissociazione-psicosi del


bambino/futuro adulto, perch la relazione richiede che alcuni aspetti dellinterazione non siano mai
elaborate al livello cosciente nelle loro implicazioni.

La mentalizzazione di aspetti specifici, come la coda della lucertola, devono essere sacrificati
(suicidio parziale) per assicurasi una priorit pi importante. La sicurezza interpersonale assicurata
dal mantenimento della realazione col care-giver la ragione per cui il bambino decide che una
esperienza ben identificata non dovr essere comunicabile. un operazione di sicurezza del soggetto
e del gruppo, le cui coerenze verrebbero distrutte se qualche implicazione della relazione venisse
processata al livello conscio. In questo modo la negoziazione disfunzionale modella il repertorio di
auto-rappresentazioni conscie del soggetto, e verr attivamente perseguita in quanto identit
cosciente.

Sullivan descrive tale dinamismo, per cui alcune esperienze andranno a costituire il nonme
(Sullivan 1952, p. 161), la parte della personalit al di fuori della coscienza del soggetto, come il risultato
di una sorta dinerzia, per cui si tenderebbe a concentrare lattenzione solo sul conosciuto, per cui il
nuovo, per un meccanismo impersonale, non avrebbe alcuna possibilit di entrare nella coscienza;
lautore non spiega in termini di un soggetto che decide cosa evitare la selettivit dei vissuti proto e
paratassici che non arrivano alla coscienza.

Ma a questo punto occorrerebbe domandarsi: se il problema evitare lo sconosciuto e nella mente


non esistono precise indicazioni di pericolo, gi visto, evitare, levitamento del nuovo dovrebbe essere
indiscriminato. Ma le manovre diversive messe in atto dai pazienti psicotici, al fine di evitare argomenti
pericolosi e dunque evitare lesperienza di terrore, paura, disgusto ed orrore, non sono per nulla
generiche, non evitano la novit in generale bens le novit riguardanti precise aree, che il paziente
coscientemente non sa e non pu formulare: ma un pericoloso avvicinamento a zone calde
invariabilmente segnalato dalla comparsa o accentuazione del delirio: come se il significato
esperienziale fosse conosciuto, temuto e dunque evitato. Il soggetto non convenzionalmente cosciente,
usando lespressione di Stern lesperienza non stata formulata, ma egli sa proceduralmente che
meglio non elaborare e divenire convenzionalmente cosciente. Egli sa gi, ma non pu dirselo nel
linguaggio del gruppo. Non formula ci che conosce di non poter formulare.

Nelle parole di Sullivan il soggetto risulterebbe diviso in un parte cosciente (me buono e me cattivo)
ed una parte incosciente, il non me: il me cosciente il risultato delle interazioni approvate o criticate
non eccessivamente dal genitore, mentre il me non cosciente la parte che aveva trovato forte
avversione e dunque angoscia nel genitore. Il non me, e con esso le esperienze proto e paratassiche
correlate non scompaiono, ma si manifestano in proiezioni ed agiti al di fuori della coscienza del soggetto.
Sembrerebbe dunque che anche nella teorizzazione di Sullivan ci sia un soggetto (non istanze
impersonali), bench non consapevole nelle modalit verbali condivise.

La questione a questo punto diventa confusa perch non si capisce se a decidere sia una forza
impersonale o un soggetto, per quanto inconscio.

Sullivan sembra contraddirsi quando afferma che la coscienza mantiene attivamente fuori dalla
coscienza alcuni aspetti della vita, come dire che tiene se stessa fuori da se stessa.

facile scambiare la dissociazione per una specie di trucco magico, mediante il quale una parte di s
viene gettata fuori, nel buio, dove resta tranquillamente per anni. Ma questa una semplificazione assurda ( .
.) vero che, finch funziona, la dissociazione funziona con questa magica semplicit; (..) Essa funziona
perch la coscienza continuamente allerta e mantiene operanti certi processi (nella traduzione italiana
omesso laggettivo supplementari) che impediscono di vedere i segni, di solito evidenti, che indicano come
una parte della propria vita si svolga senza che ne siamo consapevoli (nelloriginale: senza alcuna
coscienza) (Sullivan 1953, p. 356)

Sullivan non aveva a disposizione le attuali conoscenze delle neuroscienze sui sistemi di
processazione impliciti ed espliciti, ma quando nella frase sopra citata usa la prima volta la parola
coscienza, pare riferirsi ad una forma di coscienza implicita ed inconscia, al lavoro con strani mezzi (i
processi supplementari) per assicurarsi che alcuni aspetti di esperienza della vita non arrivino alla
coscienza, come intesa classicamente.

Penso che Sullivan stesse cercando di descrivere con i mezzi a sua disposizione, ci che ogni
clinico che si occupi di paziente psicotici esperimenta, di avere limpressione che il paziente sappia molto
pi di quanto ci dica e si dica. Egli/essa teme le conseguenze che il sapere coscientemente
rappresenterebbe. Cos i clinici devono dire che il paziente, in qualche modo intenzionalmente, sta
tenendo fuori qualcosa dal campo della coscienza, ma le parole disponibili nel linguaggio condiviso sono
insufficienti a descrivere, ed appaiono affermazioni contradditorie e paradossali.
Tutti questi aspetti costituiscono unimportante questione teorica, oggetto di acceso dibattito (per
una rassegna vedi Stern D, 2007) e cio la relazione tra esperienze proto-paratassiche (inconsce) e
sintattiche (verbali condivise coscienti)

A questo proposito Donnel Stern osserva criticamente come Sullivan ritenga esistere un significato proto-
paratassico traducibile univocamente in forma verbale.

Ma Sullivan sembra anche ritenere, insieme alla maggior parte degli altri teorici del suo tempo, che esista
unesatta corrispondenza tra il significato paratassico ed il linguaggio che potrebbe essere usato per
esprimerlo. Lesperienza fantastica, cio, pu essere validamente formulate solamente in ununica maniera..
una esperienza inconscia, come i contenuti dellinconscio freudiano, che deve essere semplicemente
abbinata etichette verbali per poter arrivare alla dimensione conscia (Stern D, 2007, p. 99)

Donnel Stern, al contrario, ritiene

Il significato paratassico , dunque, sconosciuto anche a noi stessi, e linsight non semplicemente una
questione di imparare ci che gi sappiamo. Il significato paratassico non esiste in alcuni settori della mente
nei quali si era barricato; piuttosto non stato mai formulato. Dal momento che non riponiamo fiducia nel non
famigliare, temendo che possa in futuro minacciare la nostra sicurezza, siamo particolarmente inclini a non
simbolizzare la nuova esperienza in termini consensualmente validati (Stern D, 2007, p. 99)

Questa antitesi tra una posizione corrispondentista ed una posizione costruttivistico-ermeneutica ritengo
sia unespressione della difficolt a formulare una teoria del soggetto in una continuit tra livelli
dorganizzazione dei sistemi viventi, da quello biologico a quello autocosciente, una persistenza della
problematica introdotta dal dualismo cartesiano.

In sostanza sipotizza una separazione arbitraria del soggetto tra una parte in grado di dire io sono me
(res cogitans), ed una parte inconscia non pensante, res extensa, in definitiva posta in una discontinuit
insanabile, rispetto al soggetto cosciente, unico interprete capace di parola, ma condannato ad un mero
esercizio ermeneutico senza poter neppure pensare di accedere allesperienze fondanti il proprio essere.

Il problema affrontato da Egdar Morin, (Morin E, 1981, p. 270) studioso dalle molteplice competenze
(dottore in Storia, Sociologia, Economia, Filosofia e Diritto) ma per lo scopo di questo lavoro illuminante
in quanto esperto di sistemi complessi, il quale afferma che essere soggetto che dice io sono me
implicito dai primi livelli dei sistemi viventi:

Veniamo ora al concetto di soggettoemerso in filigrana nel campo scientifico dellimmunologia (..)
limmunologia stata costretta a fondarsi sullidea di opposizione self/non self: questa distinzione s/ non s
dunque una distinzione di natura cognitiva

Lo specifico di ogni organizzazione vivente la sua dimensione cognitiva inseparabile dellorganizzazione

Ora il batterio vive, si organizza e questo, con evidenza, da se e per se.ma questa computazione per se
pu essere chiamata egocentrica , se si da a questa parola un senso strettamente letterale: mi sento al
centro del mio mondo per poterlo trattare (..)

Si pu allora dire computo ergo sum, solo, in prima persona. Esisto in quanto soggetto.
In questo modo il soggetto referente unitario (Minolli M, 1993) pu essere pensato come un continuum
nel quale la res extensa gi pienamente soggettiva e fonte dellemergenza delle coscienza, la res
cogitans. Nelle parole di Morin

Lerrore, lillusione metafisica, era di credere che ci fosse un inscindibilit tra la nozione di soggetto e la
nozione di coscienza, mentre la coscienza unefflorescenza, ad ora lultima, della soggettivit. ( Morin E, p.
272)

Dunque nella computazione delle interazioni, dai livelli pi elementari di organizzazione, il soggetto
evolve sviluppando lungo un continuum non dissezionabile, funzioni sempre pi evolute espressioni di
un unico soggetto, funzioni emergenti da una continua negoziazione tra autopoiesi ed interazione sociale.
Eartificiale separare le funzioni cognitive alla base della coscienza implicita da quelle alla base della
coscienza esplicita, e la seconda sempre decisa dalla prima. In una sorta di rovesciamento di poteri
tra Segreteria e Direzione Generale, i contenuti che devono, o possono arrivare alla coscienza
esplicita, vengono continuamente selezionati dalla coscienza implicita, come ampiamente illustra lo
stesso Stern quando descrive come ogni aspetto creativo del pensiero, come ad esempio qualche
importante evoluzione nella terapia analitica, sia inconscio ed appaia alla coscienza come una sorpresa,
pur risuonando come qualcosa di sempre conosciuto, lo shock del riconoscimento (Stern D, 2007,
p.121)

La sorpresa efficace contraddistingue la simbolizzazione dell'esperienza, l'uso creativo del linguaggio, il fiorire
del significato esplicito. La formulazione dellesperienza un mistero; ci appartiene davvero pi di quanto ci
possa appartenere qualsiasi altra cosa, ma non siamo in grado di controllarla. Provoca in cui la sensazione di
riconoscimento, lo shock di riconoscimento, perch abbiamo visto prima il suo profilo nella forma
paratassica, mossa, sentita, nelle nostre sensazioni di intenzionalit

Dunque solo una traduzione cosciente verbale di significato pare sia stata elaborata, ma lesperienza
nella forma paratassica era stata vista, pur in una modalit diversa: se vista avr lasciato una memoria
esistente nella mente: Stern pare contraddire la precedente affermazione che il significato paratassico
non esiste in alcuni settori della mente nei quali si era barricato. Certamente non era stato mai formulato
coscientemente, ma credo vi sia un problema di linguaggio: perch si pu parlare di formulazioni del
soggetto, dunque produzioni di un ambito simbolico che corrisponda ad un idea informante il
comportamento su un dato argomento, solo a livello esplicito? La formulazione non pu essere
semplicemente pensata come una forma di pensiero, lultima efflorescenza prodotta da un pensiero
inconscio?

Nel ritiro psicotico per cui, secondo Stern (Stern D, 2007, p. 95) le esperienze non simbolizzate
semplicemente non sono (non esistono in una parte della mente dove sono barricate), dobbiamo al
contrario dire che lo psicotico evita esperienze ben conosciute, ma simbolizzate, elaborate a livelli
preverbali inconsci, negate alla coscienza convenzionale ed in tale stato mantenute attivamente, per
rispettare lo status quo, la coerenza del gruppo sociale.

Dunque non si evita il nuovo, si evita disfunzionalmente il vecchio, e si resta nella vecchia disfunzionalit
perch gli elementi di pensiero non sdoganabili in linguaggio condivisibile, continuano a funzionare,
esprimendo la loro generativit di significati in modo spettrale, rimanendo in tal modo nel caos familiare.
(Stern D, 2007, p. 86). Il risultato di quello che soggetti impliciti negoziano di sapere al livello esplicito,
solo una particolare forma, condivisa, perch condivisibile, dei processi di coscienza. Se dovessimo
restringere la coscienza a questa sua manifestazione autoriflessiva comunicabile dovremmo dire che la
coscienza ignora se stessa.

Prendendo a prestito le parole di Morin:

Si potrebbe osservare che strano che la nostra conoscenza si ignori. S, molto strano: la nostra conoscenza
ignora molto di se stessa, nasce da un fondo di incoscienza e cresce attraverso dei processi inconsci. ()

In effetti, quando diciamo io penso, questo implicitamente vuol dire io penso che io penso, ed evidente che
io penso unoperazione riflessiva che separa da s il fatto che io penso.

Ma la coscienza esplicita non tutto il soggetto, e forse non neppure la parte pi cosciente del soggetto,
solo unefflorescenza finale, le cui modalit di emersione sono decise dallo stesso soggetto umano
nelle negoziazione condotte con altri soggetti al livello di coscienza implicita. Pu presentare pertanto
delle discontinuit, (Liotti G, 2003) mentre le manifestazioni computanti del soggetto umano definite
inconsce, tra cui anche le spettralit psicotiche, non presentano discontinuit: il soggetto continua ad
elaborarle, ed appaiono strane solo perch alcune maglie della rete, il codice condivisibile dal gruppo,
la cos detta coscienza, sono venute meno. Per usare le parole di Montale sono fuori dalla rete.

Non sono meno libere, aspettano solo condizioni pi favorevoli per rientrare nelle forme comunicabili, per
essere integrate.

Questo processo di ricerca e perseguimento di condizioni pi favorevoli, non sembra essere governato
ai livelli espliciti: il caos familiare diventa disordine creativo e genera significati consci solo se
cambiato qualcosa al livello implicito, permettendo che qualcosa di nuovo fiorisca nella coscienza.

Secondo alcuni autori come Lyons Ruth, Tronick e Svetvold (Svetvold J, 20014) gli effetti terapeutici non
dipendono dalle interpretazioni, ma da qualcosa in pi. Tronick afferma che le modificazioni
terapeutiche dipendono da stati diadici di coscienza, che sono essenzialmente co-creazioni emotive,
procedurali, in altre parole negoziazioni implicite:

in quanto tali, danno impulso al cambiamento dellorganizzazione mentale del paziente, offrendo cos quel
qualche cosa in pi alla terapia (Tronick E, 2008, p. 247).

In modo simile Jon Svetvold parla di auto-esperienza incarnata e di intersoggettivit incarnata per
spiegare linterazione clinica, i cui effetti non sono determinati dallesperienza esplicita (Svetvold J, 2014,
pag. X).

Cos, nel modo in cui intendo, un incontro di due soggettivit (incarnate), per esempio analista e paziente, pu
essere caratterizzata sia da un livello basso o alto di intersoggettivit (incarnata), intesa come unesperienza
condivisa di riconoscimento reciproco di grado basso o alto. La capacit di esperimentare queste similitudini
e differenze fra i nostri stati corporei e quelli degli altri costituisce la base per la registrazione di esperienze
affettive significative che emergono in una relazione. Queste registrazioni hanno luogo senza il coinvolgimento
del pensiero riflessivo o forme tradizionali di rappresentazione simbolica. Ritengo che queste registrazioni non
verbalizzate, siano critiche per la nostra capacit di navigare nella relazione analitica.
Si tratta di esperienze, ma implicite, inconsce e non formulate, le stesse che si verificano in bambini i
quali sacrificano alcune aree di possibile futuro pensiero conscio, la coda della lucertola, per assicurarsi
la relazione col genitore.

Bibliography

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