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Dipartimento di Scienze della Formazione

Corso di Laurea triennale in Servizio Sociale e Sociologia (DM 270)

TITOLO DELLA TESI

Lassistente sociale e i Disturbi del Comportamento Alimentare

RELATORE LAUREANDA
Prof.ssa Annunziata Bartolomei Giulia Di Lorenzo

CORRELATORE
Prof. Fabio Riccardi

ANNO ACCADEMICO

2013/2014

1
Alla mia famiglia che mi ha incoraggiato e accompagnato lungo
questo mio percorso.

Al mio compagno Maurizio che mi sempre stato vicino anche e


soprattutto nei momenti pi difficili.

2
Indice
INTRODUZIONE ................................................................................................................... 4

CAPITOLO 1: INDIVIDUO -SOCIETA- D.C.A. ....................................................................... 6

1.1 I fattori predisponenti allo sviluppo dei D.C.A. ....................................................... 6

1.2 La societ e lideale di bellezza che esalta la magrezza .......................................... 8

1.3 I D.C.A.: unepidemia sociale. ................................................................................ 11

CAPITOLO 2: I D.C.A. OGGI................................................................................................ 15

2.1 La classificazione dei D.C.A .................................................................................... 15

2.2 Il percorso diagnostico-terapeutico delle persone affette da D.C.A. ................... 20

CAPITOLO 3: D.C.A. E SERVIZIO SOCIALE ......................................................................... 34

3.1 Limportanza della prevenzione e della promozione della salute........................ 34

3.2 La necessit di un approccio integrato multidisciplinare. ................................... 45

3.3 Lassistente sociale nei Servizi D.C.A. in Italia: il lavoro coi gruppi, il sostegno alle
famiglie ......................................................................................................................... 48

CONCLUSIONI.................................................................................................................... 59

BIBLIOGRAFIA.................................................................................................................... 61

SITOGRAFIA ....................................................................................................................... 63

3
INTRODUZIONE

Questo mio lavoro di tesi offre unampia panoramica delle


conoscenze e degli interventi oggi utilizzati in materia di Disturbi del
Comportamento Alimentare, non solo dai punti di vista strettamente
medico e psicologico (ad oggi di questi ultimi parla gi in maniera diffusa),
ma anche e soprattutto dal punto di vista sociale. La componente sociale
dei DCA infatti, fino a poco tempo fa considerata di secondaria importanza
rispetto ai versanti psicologico, nutrizionistico e psichiatrico, sta
acquisendo oggi sempre maggiore rilievo.
Viene qui proposta una lettura sociologica del fenomeno dei disturbi
alimentari (noti anche come DCA). Tali disturbi vengono considerati dagli
esperti secondo unottica bio-psico-sociale data la loro complessit
multifattoriale.
Appare oggi infatti imprescindibile ladozione di un approccio
multidisciplinare integrato nelleffettuare la diagnosi, la presa in carico, la
cura ed anche la prevenzione dei DCA. E noto che lequipe
multidisciplinare dei Servizi DCA solitamente costituita da diverse figure:
medici, psichiatri, psicologi, nutrizionisti e assistenti sociali, i quali insieme
apportano il loro contributo nella programmazione, esecuzione e
valutazione del progetto terapeutico.
Oltre alla descrizione dei ruoli e delle funzioni conferiti alle figure
prettamente mediche, viene posto laccento soprattutto su quelli conferiti
agli operatori sociali in materia di DCA, in particolare su quelli svolti
dallassistente sociale.
In Italia lassistente sociale, a differenza di molti stati europei e degli
USA, non presente in tutti i servizi DCA, e mancando una normativa
nazionale unitaria e sistematica valida in tutto il Paese, ogni regione
adotta dei propri protocolli e linee guida contenenti indicazioni riguardo
prevenzione, funzionamento degli appositi centri e personale (equipe)
preposto allaccoglienza e alla cura dei pazienti affetti da DCA.
In generale, lassistente sociale quando presente in equipe
svolge alcune funzioni peculiari. E necessario premettere che lassistente
sociale un professionista che opera secondo i principi e i valori propri del
servizio sociale.
Nello specifico, il lavoro che segue cos articolato: nel primo
capitolo viene argomentato il fenomeno dei DCA e la sua allarmante
diffusione soprattutto nei Paesi occidentali. Vengono descritti innanzitutto i
fattori predisponenti allo sviluppo dei disturbi alimentari, il ruolo giocato
dalla societ odierna per quanto riguarda linsorgenza ed il mantenimento
di tali disturbi, ed infine viene proposta una riflessione sullentit del
problema, considerato oggi una vera e propria epidemia sociale.

4
Nel secondo capitolo vengono descritti innanzitutto i tipi di DCA
oggi conosciuti, e in seguito liter diagnostico-terapeutico pi efficace
intrapreso solitamente dalle persone affette da DCA, e cio la psicoterapia
cognitivo-comportamentale.
Nel terzo e ultimo capitolo viene sottolineata in primis limportanza
della prevenzione e della promozione della salute dapprima in termini
generali e poi in modo specifico in materia di DCA. Viene poi argomentata
limportanza e la necessit dellapproccio multidisciplinare integrato a
partire dalla diagnosi, fino ad arrivare alla cura di questi disturbi.
Infine, considerando in modo specifico la componente sociale di
queste patologie, vengono messe in evidenza le funzioni che pu svolgere
lassistente sociale, quando previsto, negli appositi Centri per i DCA, e
cio laccoglienza degli utenti, il lavoro con i gruppi e in modo particolare
con le famiglie degli utenti, e il suo importante apporto in equipe, talvolta
nelle veci di coordinatore dellequipe stessa. Tali funzioni sono state
rintracciate grazie alla lettura di alcune realt territoriali italiane, ad
esempio di alcune ASL o comunit terapeutiche specifiche per la cura di
DCA presenti in modo disomogeneo sul territorio italiano.

5
CAPITOLO 1: INDIVIDUO -SOCIETA- D.C.A.

1.1 I fattori predisponenti allo sviluppo dei D.C.A.

Gli psicologi dello sviluppo hanno rilevato che la pubert un


periodo in cui il corpo accentra molto interesse e attenzione; raro trovare
un adolescente che non sia profondamente scontento di una qualche
parte del proprio corpo. Susan Harter1, indag quanto lautopercezione
della competenza in cinque aree fondamentali - la competenza scolastica;
la condotta, la competenza atletica, il piacere ai compagni e il proprio
aspetto fisico- fosse correlata allautostima complessiva delladolescente
americano2. Harter scopr cos che la soddisfazione del proprio aspetto
fisico supera per importanza qualsiasi altro fattore nel determinare se un
adolescente si piace e si accetta. Questo risultato vale non soltanto per i
teenager americani. Da indagini condotte da Harter e collaboratori, in vari
paesi occidentali su soggetti in fasi diverse della vita, risultato che
quando si soddisfatti del proprio aspetto, quasi sempre si soddisfatti di
s come persona. Echiaro che con la pubert, soprattutto tra le giovani
donne della cultura occidentale, esplode una sorta di epidemia: la mania
della dieta.
Allorigine di questa preoccupazione o mania possono esservi, in
parte, fattori biologici. In primis, gli ormoni sessuali intensificano la
consapevolezza di s.
Le bambine che raggiungono precocemente la pubert sono pi
sensibili rispetto alle altre agli enormi cambiamenti fisici che questultima
comporta e tendono a essere pi insoddisfatte riguardo al proprio aspetto
fisico.
Spesso per linsoddisfazione riguardo al proprio aspetto fisico, la
dieta restrittiva e lossessione della magrezza sono sintomi di un pi
profondo disagio interiore. Questi ultimi sono solo alcuni degli indicatori
che provano la presenza di un disturbo dellalimentazione.
Oggi la ricerca scientifica propone, per lo studio dei disturbi del
comportamento alimentare, modelli multifattoriali che fanno riferimento ad
un'ottica bio-psico-sociale3, in quanto non esiste una causa unica ma una

1
Susan Harter (1999). Psicologa dello sviluppo. Indag sullo sviluppo dellautostima;
mise a punto delle scale di auto-valutazione in ambiti rilevanti a diversi livelli di et. Tali
scale vanno dalla prima fanciullezza alladultit.
2
Belsky ,J. (2007), Psicologia dello sviluppo, Bologna: Zanichelli.
3
Eziopatogenesi dei DCA. Una breve guida di Gigli, D., Musacchio, M., Rocca, C.
Analisi del processo di insorgenza dei DCA.. Utilizzo del modello multifattoriale che fa
riferimento ad unottica bio-psico-sociale.

6
concomitanza di fattori che possono variamente interagire tra loro nel
favorire la comparsa e il perpetuarsi dei DCA.
Un ruolo determinante viene giocato da fattori genetici e fisiologici
che portano al malfunzionamento di determinati circuiti neuronali.
A livello individuale, un esempio di fattore predisponente l'et.
L'esordio della patologia avviene nell'adolescenza, in particolare tra i
quattordici e i diciotto anni. L'adolescenza, infatti, un periodo assai
delicato di passaggio dalla dipendenza dell'infanzia all'autonomia della
fase adulta, un periodo in cui diventano ferocemente efficaci i complimenti
e soprattutto le critiche dei coetanei. Visto dunque che il disturbo
alimentare pu nascere anche dall'incapacit di far fronte ai mutamenti
dell'adolescenza, dalla paura della maturit con il conseguente aumento di
responsabilit che questa comporta, il suo fine pu essere quello di far
restare o ritornare all'et infantile, cio in una situazione "protetta" sia sul
piano fisico che su quello affettivo, cognitivo e sociale.
A livello familiare, l'ambiente sicuramente importante nel favorire
l'insorgenza di DCA: pu stimolare lo sviluppo di una scarsa autostima,
pu accentuare tratti perfezionistici o non essere in grado di preparare allo
sviluppo ed al cambiamento adolescenziale. Sono pi a rischio i soggetti
che appartengono a famiglie al cui interno si vivono situazioni difficili,
come malattie croniche, disturbi psichici, rapporti familiari conflittuali,
oppure in quelle famiglie dove si osserva una esagerata attenzione al
peso da parte dei genitori o dei fratelli/sorelle.
Sotto il profilo psicologico e sociale, i fattori che sono ritenuti pi
frequentemente implicati nell'insorgere dei disturbi alimentari sono
l'estremo perfezionismo, la persistente bassa autostima4 con distorsione
della propria immagine corporea, l'intolleranza alle emozioni dolorose, le
difficolt nei rapporti interpersonali.
Talora il fattore precipitante non l'insoddisfazione corporea ma
gli impetuosi cambiamenti adolescenziali durante lo sviluppo puberale,
oppure il distacco dalla famiglia, o l'occasione di un viaggio senza i
genitori, l'inizio o la fine di una relazione affettiva, la perdita degli amici a
causa del cambio di residenza o di scuola, o ancora il verificarsi di
molestie fisiche o psicologiche. Altre volte il fattore scatenante si
manifesta sotto forma di situazioni collegate a momenti drammatici della
vita come la morte o una grave malattia di un parente o di un amico, una
crisi familiare.
Anche la cultura un fattore predisponente cruciale: i DCA sono
infatti disturbi tipici della cultura occidentale, specie dei paesi
industrializzati e di quelli in via di sviluppo che tanto pi hanno assimilato
la cultura occidentale quanto pi condividono l'idea di un adeguamento a

4
Marucci S, Dalla Ragione L.(2007), Lanima ha bisogno di un luogo: disturbi alimentari e
ricerca dellidentit, Milano: Tecniche Nuove.

7
modelli culturali che prospettano ideali di bellezza improntati a standard
esagerati di magrezza; sono invece rari i casi in oriente. Tali modelli
culturali possono avere un impatto notevole su persone vulnerabili alle
influenze esterne come gli adolescenti o i soggetti con tendenza al
perfezionismo e caratterizzati da bassa autostima.
Tutti questi eventi accrescono in un giovane le difficolt che
incontra nelle relazioni interpersonali e nello sviluppo della propria
autonomia e autostima.
Dunque interessante notare che la forte interazione tra natura e
cultura a determinare linsorgenza ma anche il perpetuarsi e levolversi dei
Disturbi del Comportamento Alimentare.

1.2 La societ e lideale di bellezza che esalta la magrezza

II contesto culturale nel quale siamo inseriti un elemento


determinante per la formazione degli ideali, delle convinzioni e delle
aspettative degli adolescenti. Le fonti prime di informazione quali riviste,
televisione, radio e mezzi multimediali, sono sempre pi fondate sul
mondo dellapparenza e dellesteriorit che non sui contenuti e sui
messaggi costruttivi per il senso critico dellindividuo. Numerosi studi
indicano che queste fonti giocano un ruolo importante in quel largo spettro
di problemi legati allimmagine corporea negativa, al modo scorretto di
alimentarsi e alle pratiche non salutari per il controllo del peso corporeo.
La magrezza e il rigido controllo del peso vengono apertamente
glorificati dai mass-media, mentre la grassezza svilita al punto da
essere definita non salutare, immorale e brutta. Purtroppo questo ideale
diffuso dai media non assume soltanto un significato estetico ma
associato a valori pi profondi, al successo in qualsiasi campo della vita,
allapprezzamento e allaccettazione sociale. Ladesione a certi canoni
diventato cos un bisogno e una necessit.
Esempi di messaggi trasmessi dai media possono essere i
seguenti:
a) la bellezza il principale obiettivo nella vita di una donna
b) la magrezza cruciale per raggiungere il successo e il
benessere
c) limmagine sostanziale
d) naturale che le donne siano consapevoli del proprio corpo e
che siano indissolubilmente legate a esso
e) il grasso dimostra la loro personale responsabilit per essere
deboli, fallite e impotenti
f) una donna volitiva e vincente pu rinnovarsi e trasformarsi
attraverso la moda, la dieta e lesercizio fisico rigoroso.

8
I livelli di magrezza proposti, pericolosi per la salute, si scontrano
con la normale fisiologia e fisionomia della maggior parte delle persone.
Spesso poi non si tiene conto del lavoro che si cela dietro le immagini
proposte e uniformate allinsegna della magrezza; non si parla
dellesercizio fisico, delle restrizioni alimentari, delle operazioni di trucco e
di fotomontaggio che portano al risultato finale.
Alle bambine fin da piccole vengono proposte immagini femminili
con proporzioni irrealistiche, presentate come ideali di bellezza. A
cominciare dalle bambole pi famose come le Winx e la celebre Barbie. Il
vedersi sempre sfilare sotto gli occhi veline, show girls, attrici dal fisico
perfetto pu produrre profonde reazioni nellanimo di una ragazzina in et
adolescenziale, spesso insicura: potrebbe pensare di non essere
allaltezza e di non poter esserlo mai.
Le nuove dive sono le top-model, esili e sottili, adatte ad indossare
qualsiasi vestito. Lo scopo dei creatori di questi abiti, di far risaltare il
vestito rispetto alla modella. Lideale di bellezza che esalta la perfezione e
scredita il grasso, costringe le donne ad un continuo e ossessivo
automonitoraggio del proprio fisico.
Ana Carolina Reston, alta un metro e settantadue, con i suoi
quarantasei chili, stata vittima dellingrato mondo delle passerelle
morendo di anoressia appena ventunenne. Mangiava una fetta di
cocomero ogni tanto, una mela o un pomodoro eppure si vedeva troppo
grassa: era continuamente ossessionata dal peso, perch temeva che
lagenzia la licenziasse se avesse preso qualche chilo. Unaltra vittima
Isabelle Caro5, una modella francese che aveva accettato il ruolo di
testimonial della campagna pubblicitaria italiana sul dramma
dellanoressia in cui mostrava il suo corpo di trentuno chili. Un problema
grave sta nel fatto che i corpi scheletrici delle modelle o delle ballerine ora
appartengono anche a ragazze qualunque: hanno gli occhi privi di
espressione, i volti scavati, gambe e braccia che sembrano bastoni coperti
di pelle e le costole che sporgono. Rifiutano il cibo, quindi anche la propria
persona e tutto questo solo per stare in linea con la moda.
Alcuni studi hanno confermato che essere belli e magri aiuta a
trovare lavori a volte anche pi gratificanti e meglio pagati, infatti tra pi
aspiranti ad un posto di commessa o di cameriera, limpiego andr
sicuramente alla pi carina. Solo in Italia oggi esistono circa trecentomila
siti web che istigano le ragazze a non mangiare e a dimagrire: insegnano
tutte le tecniche per essere anoressiche e bulimiche.

5
Isabelle Caro stata una modella e attrice teatrale francese. Soffriva sin dallet di 13
anni di una grave anoressia nervosa .Divenne famosa per aver posato nuda per una
controversa campagna pubblicitaria del fotografo Toscani nel 2007. Mor il 17 novembre
del 2010; aveva 28 anni e pesava 31 chili. Pochi anni prima, nel 2006, mor a causa dello
stesso disturbo anche la modella brasiliana A .Carolina Reston. Aveva 21 anni: pesava
40 chili per 1,74 di altezza.

9
Anche le industrie delle diete, dei cosmetici, della chirurgia estetica,
sono legate al mito della bellezza e cercano di convincere le donne che,
se comprano i loro prodotti o se vanno a farsi qualche ritocchino,
avranno il look e la forma giusta.
Il giro di affari in continua espansione. E cos, mentre le donne
diventano sempre meno sicure di s stesse e del loro corpo, le aziende
che lavorano per costruire la loro bellezza diventano sempre pi forti,
ricche e potenti.
Siamo arrivati al punto che si ha la convinzione che essere cos
come si non vada bene e che si debba correggere ci che non
corrisponde a quello che dice la societ.
La mercificazione del corpo femminile, argomentata negli anni
Novanta da Naomi Wolf 6, ha confermato la realt dei fatti attuale: lideale
di bellezza non qualcosa di naturale ed innato nelle donne, non
scaturito dai loro bisogni, ma un canone costruito dal mercato per farle
sentire inadeguate ed in difetto, sfruttandone cos le loro insicurezze per
scopi commerciali. Sempre secondo la scrittrice Wolf, il mito della bellezza
una menzogna costruita per necessit economiche. Le donne cos
spendono preziose energie che potrebbero impiegare per altri scopi,
piuttosto che sprecarle in inutili sensi di colpa e vergogna per i loro difetti
fisici.
Inoltre, lideale di magrezza dei personaggi e delle modelle
sottopeso proposto dai media sembra anche diffondersi e rafforzarsi
attraverso varie e complesse reti sociali come ad esempio i pari e la
famiglia, le esperienze di derisione e i processi di acculturazione.
Per quanto riguarda linfluenza dei pari: scuola, vicini e coetanei
sembrano giocare un ruolo importante nel trasmettere e nel rinforzare
lideale di magrezza e nellaumentare il rischio di sviluppare
insoddisfazione corporea. Recenti studi hanno riscontrato un pi alto tasso
di problemi alimentari e preoccupazioni per il peso nelle persone coinvolte
in attivit sportive nelle quali la magrezza valutata e incoraggiata, come
ad esempio la danza, il nuoto e la ginnastica.
Riguardo linfluenza della famiglia, questultima pu avere un ruolo
importante nel rinforzare gli ideali di magrezza culturali e nel favorire lo
sviluppo di un disturbo dellalimentazione. Il rinforzo dei familiari pu
essere diretto, ad esempio attraverso espliciti incoraggiamenti alla dieta o
alla perdita di peso, o indiretto, ad esempio attraverso comportamenti e
attitudini modellanti come il seguire delle diete per perdere peso. Tra le
ragazze preadolescenti, la pressione familiare a essere magre sembra

6
N. Wolf autrice di diversi saggi tra cui: Il mito della bellezza: come immagini di bellezza
sono usate contro le donne (Mondadori,1991); successo internazionale pubblicato in
numerosi paesi. I suoi scritti affrontano temi del femminismo, della giustizia sociale e
difesa delle libert civili.

10
favorire linsoddisfazione corporea pi della pressione dei media o dei
pari.
Circa le esperienze di derisione per il peso e le forme del corpo, le
adolescenti prese in giro per il peso corporeo da parte dei pari e dei
membri della famiglia riportano maggiore insoddisfazione corporea, spinta
alla magrezza e alla restrizione alimentare, e una pi bassa autostima.
Derisioni e discriminazioni legate alla razza sembrano pure giocare
un ruolo nello sviluppo dei disturbi dellalimentazione.
Infine per quanto riguarda i processi di acculturazione, dagli anni
80 ad oggi un gran numero di studi epidemiologici ha suggerito che le
transizioni sociali aumentano il rischio di DCA in individui vulnerabili7. Per
esempio, da studi su giovani donne dellAsia del sud, Egitto, Pakistan e
Grecia, risulta che il rischio di sviluppare un DCA maggiore nelle
popolazioni con esperienze di migrazione transnazionale rispetto a
spostamenti interni al paese di origine. Inoltre, la modernizzazione e
lesposizione a prodotti, immagini, idee e valori occidentali sembrano
contribuire al rischio, sebbene con un meccanismo non completamente
chiaro.

1.3 I D.C.A.: unepidemia sociale.

Nella seconda met del Novecento, nel mondo occidentale si


iniziato ad assistere ad un insieme di trasformazioni antropologiche
radicali del vivere sociale. Quale conseguenza della stretta correlazione
tra condizioni sociali di vita e variabilit delle manifestazioni psichiche,
nella popolazione si insinuato progressivamente un fenomeno fino ad
allora sporadico: per milioni di giovani il cibo inizia a diventare un nemico e
si diffondono i Disturbi del Comportamento Alimentare, manifestando una
modalit nuova di esprimere il proprio disagio psichico.
In ogni periodo storico, disturbi mentali di rilevanza epidemiologica
mostrano un aspetto specifico della natura umana, mettendo in evidenza
paure e conflitti di quel determinato periodo. Lesplosione esponenziale
dei disturbi dellalimentazione quindi si va a collocare su uno sfondo socio-
antropologico che diviene il catalizzatore della diffusione di sindromi
culture bound. Si sono cos delineati progressivamente i caratteri di una
vera e propria epidemia sociale che interessa lintero mondo occidentale.

7
Sito web AIDAP (Associazione Italiana dei Disturbi Alimentari e del Peso); articolo
scientifico a cura di R .Dalle Grave (presidente dell AIDAP), Disturbi dellalimentazione e
modelle sottopeso: dati della ricerca e raccomandazioni per lindustria della moda.

11
Secondo lOMS8, i Disturbi del Comportamento Alimentare
rappresentano un problema di salute pubblica in costante crescita nei
Paesi Industrializzati. Gli ultimi dati messi a disposizione dal Ministero
della Salute9, dicono che di alimentazione si ammalano oltre 9.000
nuove persone ogni anno, soprattutto nella fascia di et tra i dodici e i
venticinque anni. In media sei nuovi casi di disturbi del comportamento
alimentare ogni 100.000 abitanti. Lincidenza dellanoressia nervosa negli
ultimi anni risulta stabilizzata su valori di quattro-otto nuovi casi annui per
100.000 abitanti, mentre quella della bulimia nervosa risulta in aumento,
ed valutata in nove-dodici casi annui per 100.000 abitanti.
Ma i DCA riguardano anche lobesit, che in modo differente va a
minare la salute. Stando agli ultimi dati emersi dai monitoraggi dellOMS,
nel 2005 in tutto il mondo circa 1 miliardo e 600 milioni di adulti si
trovavano in una condizione di sovrappeso. Ben 400 milioni di persone al
di sopra dei quindici anni di et erano obesi. Non solo, se questa tendenza
rimarr stabile, nel 2015 si potranno contare almeno 2.300 milioni di adulti
in sovrappeso e 700 milioni di obesi. Il dato pi preoccupante riguarda i 20
milioni di bambini al di sotto dei cinque anni di et che si trovavano,
sempre nel 2005, in sovrappeso.
Di anoressia e bulimia si parla raramente. Ce ne si ricorda quando
qualche campagna provocatoria sbatte in faccia al mondo la vera realt
del problema, scatenando le inevitabili polemiche e mettendo a nudo gli
effetti devastanti che queste malattie procurano. Se non trattate
tempestivamente, infatti, possono diventare una condizione permanente e
nei casi gravi portare alla morte. Anoressia e bulimia colpiscono
prevalentemente persone del sesso femminile (solo 1 caso su 10 o meno
riguarda soggetti maschi), e riguardano in egual misura tutte le classi
sociali.
Gli studi epidemiologici internazionali hanno rilevato unincidenza
(nuovi casi) dei DCA nella fascia femminile tra i dodici e i venticinque anni
e nei paesi occidentali, compresa lItalia, la prevalenza dellAnoressia
nervosa intorno allo 0,2- 0,8%, quella della Bulimia nervosa intorno al 3%
e quella dei Disturbi Del Comportamento Alimentare Non Altrimenti
Specificati (DCA-NAS) tra il 3,7 e il 6,4%. Let di esordio compresa tra i
10 e i 30 anni, con unet media di insorgenza che si aggira intorno ai 17
anni. La patologia dunque sembrerebbe in continuo aumento per quanto
riguarda la Bulimia e il Disturbo da Alimentazione Incontrollata. Il rapporto
maschi/femmine ad oggi stimato pari a 1:9; ma il numero di maschi in

8
LOrganizzazione Mondiale della Sanit (OMS, o World Health Organization (WHO) in
inglese), agenzia specializzata dellONU per la salute, stata fondata nel 1946 ed
entrata in vigore il 7 aprile 1948 con sede a Ginevra. Lobiettivo dellOMS, cos come
precisato nella relativa Costituzione, il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni
del livello pi alto possibile di salute.
9
Ministero della salute. www.salute.gov.it,(portale web).

12
crescita: in particolare sta aumentando la patologia maschile in et
adolescenziale o pre-adolescenziale.
Esiste inoltre in molti giovani pazienti un continuum tra bulimia e
anoressia, e la frequente transizione da un disturbo allaltro. Si
riscontrata, tra i bambini affetti da disturbi del comportamento alimentare,
una aumentata incidenza di altri disturbi psichiatrici come ad esempio la
depressione o il disturbo ossessivo-compulsivo.
Comportamenti autodistruttivi quindi possono manifestarsi anche
prima delladolescenza. E perci opportuno che anche i pediatri abbiamo
unadeguata conoscenza dei disturbi della condotta alimentare, ai fini di
una diagnosi precoce, di una tempestiva presa in carico allinterno di un
percorso multidisciplinare e di un miglioramento dellevoluzione a lungo
termine.
LOrganizzazione Mondiale della Sanit informa che, tra le
adolescenti, le patologie di tipo anoressico e bulimico rappresentano la
seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali.
In Italia oggi sono circa due milioni gli adolescenti che soffrono di
disturbi del comportamento alimentare. Sempre nel nostro Paese negli
ultimi anni si registrato un notevole abbassamento dellet in cui i D.C.A.
fanno la propria comparsa: il 40% dei casi infatti si manifesta tra i quindici
e i diciannove anni, ma tali disturbi si evidenziano anche tra gli otto e i
dodici anni. Questi sono solo alcuni dei dati presentati a Bologna in
occasione del Corso Nazionale della Societ Italiana di Medicina
dellAdolescenza (SIMA), riunitasi qui per un momento di confronto. Al
centro di questi lavori: lanoressia, la bulimia, lobesit, lattivit fisica come
prevenzione, la preservazione della fertilit, e i disturbi dello sviluppo
puberale. La monografia incentrata sul tema dei D.C.A. nei giovani e le
patologie ad essi associate, mette in luce come questi disturbi
costituiscano unepidemia sociale in continua espansione.
Tra i segnali di allarme per linsorgere di un disturbo
dellalimentazione secondo quanto riferito dagli esperti, troviamo:
preoccupazione ossessiva per il cibo e il peso, pesarsi pi volte al giorno,
dieta eccessiva, conto delle calorie, sentirsi grassi pur avendo un peso
normale, eccessiva attenzione allesteriorit, ipersensibilit verso qualsiasi
tipo di critica, cambiamenti emotivi (tristezza, irritabilit, ritiro sociale) e
sensi di colpa relativamente allalimentazione, comportamenti bulimici.
Il presidente della SIMA10, Garofalo, ha motivato la decisione di
pubblicare una monografia in merito ai D.C.A. affermando che sono
presenti sotto gli occhi di tutti alcuni dati epidemiologici di incidenza,

10
La SIMA (Societ Italiana di Medicina dellAdolescenza) ha lo scopo di favorire la
cultura adolescentologica. A tale scopo promuove la ricerca e linsegnamento nel campo
dellAdolescentologia medica e tutte le altre iniziative che possano favorire la qualit
dellassistenza prestata ai soggetti in et adolescenziale.

13
prevalenza, co-morbilit, mortalit, pur se carenti per mancanza di
omogeneit.
Sempre Garofalo11 sostiene che oggi si in presenza di un nuovo
fenomeno: i genitori mostrano minore preoccupazione per gli insani
comportamenti alimentari dei figli; sono convinti infatti che la dieta e a
volte persino il vomito autoindotto possano rappresentare un rimedio
adeguato alla gestione del peso corporeo.
Tali tentativi di dimagrimento, trascurati dalle famiglie per mesi,
possono trasformarsi in D.C.A. in soggetti predisposti.
Non bisogna dimenticare che i disturbi alimentari sono patologie
spesso croniche ad alto rischio di recidiva: necessitano perci di un
attento monitoraggio clinico-comportamentale. La tendenza alla
cronicizzazione elevata, spesso precoce e bisogna considerare, come
per altre patologie, il problema del dopo le cure.
Le prospettive di guarigione, in seguito ad un trattamento adeguato,
sono buone: circa il 29% delle ragazze anoressiche guarisce entro tre
anni, il 64% entro sei anni. Il 36% invece cronicizza, con un effetto
invalidante e necessit di cure per tutta la vita.
I D.C.A. sono patologie di lunga durata che, se non trattate
adeguatamente, tendono ad avere un andamento cronico con frequenti
ricadute; esse necessitano di un trattamento integrato multidisciplinare
che coinvolge internisti, nutrizionisti e infermieri per la parte biomedica,
psicologi, psichiatri, psicoterapeuti e assistenti sociali per gli aspetti
relazionali e psico-sociali.

11
Il dottor Piernicola Garofalo, endocrinologo e presidente della SIMA.

14
CAPITOLO 2: I D.C.A. OGGI

2.1 La classificazione dei D.C.A

Scientificamente vengono racchiusi nella sigla DCA: Disturbi del


Comportamento Alimentare. Sole tre lettere per indicare quelle malattie
particolari, figlie di un insieme di cause, di motivi spesso difficili da capire e
da accettare, che vanno a distorcere profondamente il rapporto e la
visione che si ha del cibo e dellalimentazione. Al giorno doggi i DCA
costituiscono unemergenza sanitaria che sembra non trovare un argine
alla sua crescita esponenziale. I pi tristemente famosi sono lanoressia,
la bulimia e il disturbo da alimentazione incontrollata; questultima
appartiene alla famiglia dei DANAS, sigla che sta per: Disturbi
dellAlimentazione Non Altrimenti Specificati.
Ma ce ne sono altre, trasversali e altrettanto pericolose: lobesit fra
queste.
I Disturbi del Comportamento Alimentare sono malattie difficili,
spesso negate da chi ne colpito anche quando evidente la loro
presenza, generate da malesseri profondi, da incomprensioni e traumi. Un
mondo in cui difficile mettere le mani e che richiede necessariamente
laiuto di seri professionisti preparati sulla molteplicit di aspetti che queste
malattie vanno a comprendere.
Possono essere risolti in modo efficace e duraturo soltanto da un
approccio totale al problema, attraverso un percorso strutturato.
La classificazione dellAmerican Psychiatric Association (DSM-IV)12
individua i seguenti disturbi dellalimentazione: lAnoressia Nervosa (AN),
la Bulimia Nervosa (BN), e i Disturbi dellAlimentazione Non Altrimenti
Specificati (DANAS). Questi ultimi raggruppano i disturbi alimentari che
non rientrano nelle definizioni precedenti, ma che sono comunque
clinicamente significativi. Un esempio degno di nota di DANAS il
Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI), noto in inglese come Binge
Eating Disorder.

Riguardo lAnoressia Nervosa, per farne diagnosi, il DSM-IV


prevede che siano presenti tutti e quattro i seguenti criteri diagnostici:

12
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, noto anche con la sigla DSM
derivante dalloriginario titolo delledizione statunitense Diagnostic and Statistical Manual
of Mental Disorders, uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali o psicopatologici
pi utilizzato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, sia nella pratica clinica che
nellambito di ricerca. Nel corso degli anni il manuale, arrivato alla quinta edizione, si
progressivamente evoluto, aggiornato e migliorato. DSM-IV, in particolare, la quarta
revisione di un lavoro di ricerca di consenso di mezzo secolo da parte dellAmerican
Psychiatric Association.

15
a) rifiuto di mantenere il peso corporeo al peso minimo normale per
let e la statura (perdita di peso che porta a mantenere il peso
corporeo al di sotto dell85% rispetto a quanto previsto)
b) grande timore di acquistare peso o di diventare grassi, anche
quando si sottopeso
c) alterazione del modo in cui il soggetto vive la forma del corpo,
eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di
autostima, rifiuto di ammettere la gravit dellattuale condizione
di sottopeso
d) nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cio assenza di
almeno tre cicli mestruali consecutivi. (Una donna viene
considerata amenorroica se i suoi cicli si manifestano solo a
seguito di somministrazione di ormoni, ad esempio estrogeni).

Occorre inoltre specificare il sottotipo dellAN:


a) Con Restrizioni: nellepisodio attuale di Anoressia Nervosa il
soggetto non ha presentato regolarmente abbuffate o condotte
di eliminazione (per esempio vomito autoindotto, uso
spropositato di lassativi e/o diuretici).
b) Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione: nellepisodio attuale di
AN il soggetto ha presentato regolarmente abbuffate o condotte
di eliminazione (ad esempio vomito o uso inappropriato di
lassativi o diuretici).

Per fare diagnosi di Bulimia Nervosa, il DSM-IV richiede che siano


presenti ben cinque criteri diagnostici:
a) ricorrenti abbuffate. Unabbuffata caratterizzata da entrambi i
seguenti elementi:
! mangiare in un arco di tempo limitato (ad esempio due ore),
una quantit di cibo decisamente maggiore di quello che la
maggior parte delle persone mangerebbero nello stesso
tempo e in circostanze simili;
! sensazione di perdere il controllo durante lepisodio (ad
esempio la sensazione di non riuscire a smettere di
mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando);
b) ricorrenti e insane condotte compensatorie per prevenire
laumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi,
digiuno o esercizio fisico eccessivo;
c) le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe
in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi;
d) i livelli di autostima sono influenzati in modo significativo dalla
forma e dal peso corporei;
e) lalterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di
episodi di anoressia Nervosa.

16
Due sono i sottotipi della Bulimia Nervosa:
a) Con Condotte di Eliminazione: il soggetto ha presentato
regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di diuretici,
lassativi o enteroclismi.
b) Senza Condotte di Eliminazione: il soggetto ha utilizzato
regolarmente altri comportamenti compensatori nocivi, quali il
digiuno o lesercizio fisico eccessivo, ma non si dedica
regolarmente al vomito autoindotto o allabuso di lassativi,
diuretici o di enteroclismi.

Infine, parlando della categoria del Disturbo dellAlimentazione Non


Altrimenti Specificato, come gi detto, questi disturbi non soddisfano i
criteri di nessuno specifico disturbo della condotta alimentare. Gli esempi
includono:
a) per il sesso femminile, tutti i criteri dellAnoressia Nervosa in
presenza di un ciclo mestruale regolare.
b) Tutti i criteri dellAnoressia Nervosa sono soddisfatti e, malgrado
la significativa perdita di peso, il peso attuale risulta nei limiti
della norma.
c) Tutti i criteri della Bulimia Nervosa risultano soddisfatti tranne il
fatto che le abbuffate e le condotte compensatorie hanno una
frequenza inferiore a due episodi per settimana per tre mesi.
d) Un soggetto di peso normale che si dedica regolarmente ad
inappropriate condotte compensatorie dopo aver ingerito piccole
quantit di cibo (ad esempio linduzione del vomito dopo aver
mangiato due biscotti).
e) Il soggetto ripetutamente mastica e sputa, senza deglutirle,
grandi quantit di cibo.
f) Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI): ricorrenti episodi
di abbuffate in assenza delle regolari condotte compensatorie
inappropriate tipiche della Bulimia Nervosa.

Per il DAI, o in inglese Binge Eating Disorder (BED), nellappendice


B del DSM-IV sono stati proposti i seguenti criteri:
a) episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Un episodio di
alimentazione incontrollata si caratterizza per la presenza di
entrambi i seguenti elementi:
! mangiare, in un periodo di tempo definito (per esempio entro
un periodo di due ore), una quantit di cibo pi abbondante
di quella che la maggioranza delle persone mangerebbe in
un periodo simile di tempo e in circostanze simili;
! sensazione di perdita di controllo nel mangiare durante
lepisodio (ad esempio la sensazione di non riuscire a
fermarsi).

17
b) Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con tre
(o pi) dei seguenti sintomi:
! mangiare molto pi velocemente del normale;
! mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni;
! mangiare grandi quantit di cibo anche se non ci si sente
fisicamente affamati;
! mangiare da soli e di nascosto a causa dellimbarazzo per
quanto si sta mangiando;
! sentirsi disgustato verso s stesso, depresso, o molto in
colpa dopo le abbuffate.
c) E presente grande disagio circa il mangiare incontrollato.
d) Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta, in media,
almeno per due giorni alla settimana in un periodo di sei mesi.
e) Lalimentazione incontrollata non risulta associata con luso
sistematico di condotte compensatorie inappropriate (per
esempio, uso di purganti, digiuno, eccessivo esercizio fisico), e
non si verifica esclusivamente in corso di Anoressia Nervosa o
di Bulimia Nervosa.

La classificazione DSM-IV stata ideata con lobiettivo principale di


essere di utilit clinica (cio utile per migliorare la conoscenza e la cura
dei disturbi dellalimentazione), ma non sembra aver raggiunto appieno
tale scopo. In realt studi recenti hanno osservato che i DANAS
costituiscono la met circa dei pazienti ambulatoriali o ricoverati.
Lassenza di chiari criteri diagnostici per i DANAS ha fatto si che i
ricercatori abbiano praticamente ignorato questa categoria diagnostica
con il risultato che oggi sappiamo molto poco sulle cause, decorso e
risposta al trattamento di circa la met dei pazienti affetti da disturbi
dellalimentazione.
La prima descrizione dellAnoressia Nervosa stata proposta nel
1694 da Morton, e il disturbo stato ben definito nei due secoli successivi.
Nel 1979 stata descritta da Russell la Bulimia Nervosa, e nel 2000
lampia ed eterogenea categoria dei disturbi dellalimentazione NAS.
E noto che tutte e tre le famiglie dei disturbi alimentari (AN, BN,
DANAS) condividono la medesima psicopatologia specifica centrale.
Questo termine si utilizza per descrivere uno stato mentale (in inglese
mindset), caratterizzato da uneccessiva valutazione dellalimentazione,
peso, forma del corpo e loro controllo.
La psicopatologia specifica centrale si esprime in vari modi.
Lespressione pi caratteristica lestrema preoccupazione per il peso.
Molte persone affette da D.C.A. si pesano frequentemente e di
conseguenza sono preoccupate per le minime variazioni di peso; altre
invece evitano totalmente di pesarsi e mantengono la paura nei confronti
del peso. Unaltra espressione la preoccupazione per la forma del corpo

18
che spiega i continui comportamenti di check del corpo, come ad esempio
scrutinare parti del corpo allo specchio, prendere in mano le pieghe del
grasso, misurare parti del corpo e confrontare il proprio corpo con quello di
altre persone. A volte la psicopatologia specifica si palesa con un vero
disprezzo nei confronti del proprio corpo che si esprime attraverso levitare
di guardare il proprio corpo o di esporre parti del corpo alla vista degli altri.
La psicopatologia specifica spiega anche i comportamenti finalizzati
a modificare il bilancio energetico adottati da persone affette da D.C.A.
come, ad esempio, le regole dietetiche estreme e rigide: il successo nel
seguire regole dietetiche ferree produce una situazione di restrizione
dietetica calorica e di sottopeso che si associa alla comparsa di
caratteristici sintomi da denutrizione. Spesso, per, le regole dietetiche,
proprio perch estremamente rigide, vengono rotte e si verificano degli
episodi bulimici che, anche se sono seguiti da comportamenti di
compenso (ad esempio il vomito autoindotto), mantengono una situazione
di bilancio energetico in pareggio. Questultima situazione, chiamata
restrizione dietetica cognitiva, ma non calorica, tipica delle persone con
disturbi dellalimentazione non sottopeso.
I disturbi dellalimentazione presentano inoltre una psicopatologia
generale simile. Con questo termine i medici indicano la presenza di
problematiche come depressione, ansia, ossessioni sul cibo, peso e forma
del corpo, sbalzi di umore con comportamenti autolesionistici, abuso di
sostanze. In generale i sintomi depressivi si osservano con maggiore
frequenza nelle persone che hanno episodi bulimici, mentre quelli ansiosi
sono pi comuni in quelli con restrizione alimentare calorica; sintomi
ossessivi invece sono pi frequentemente riferiti dai pazienti sottopeso. In
molti casi per questi sintomi sono accentuati o secondari allo stato di
denutrizione e spariscono con la normalizzazione dellalimentazione e del
peso.
Si parla di psicopatologia generale perch questi problemi, pur
essendo frequentemente osservati nelle persone con disturbi
dellalimentazione, si trovano anche in soggetti non affetti da altri disturbi
psicologici.
Inoltre diversi studi hanno rilevato una frequente migrazione dei
disturbi dellalimentazione da una categoria diagnostica allaltra. Ad
esempio, una persona inizia nelladolescenza un disturbo con le
caratteristiche cliniche dellanoressia nervosa, poi nella prima et adulta
sviluppa episodi bulimici che compensa con il vomito autoindotto; infine
nellet adulta ha episodi bulimici non seguiti da condotte compensatorie
con un quadro clinico che soddisfa i criteri diagnostici del disturbo
dellalimentazione NAS. Secondo la classificazione medica questa
persona avrebbe avuto nel corso della sua vita ben tre disturbi
dellalimentazione, oppure un unico disturbo dellalimentazione con delle
caratteristiche cliniche modificatesi nel corso del tempo.

19
Studi longitudinali hanno anche osservato che raramente i D.C.A.
migrano verso altri disturbi psichiatrici, anche se a volte possono
coesistere con altri disturbi, come ad esempio la depressione clinica.
Ad oggi numerosi dati per indicano che lattuale sistema di
classificazione dei disturbi dellalimentazione di scarsa utilit clinica. Una
possibile soluzione ai problemi della classificazione DSM-IV adottare
una prospettiva transdiagnostica. Questultima considera i D.C.A. come
ununica categoria diagnostica piuttosto che tre disturbi separati, e postula
che tali disturbi siano mantenuti da meccanismi comuni e che perci
dovrebbero rispondere alle medesime strategie e procedure terapeutiche.
Il nuovo trattamento cognitivo-comportamentale13 derivato dalla
teoria transdiagnostica stato ideato per curare tutti i disturbi
dellalimentazione.
Ladozione di una soluzione transdiagnostica incoraggerebbe un
nuovo riesame dei D.C.A. attraverso la collezione di informazioni
transdiagnostiche su decorso e risposta al trattamento indispensabili per
identificare nuove suddivisioni clinicamente utili.

2.2 Il percorso diagnostico-terapeutico delle persone affette


da D.C.A.

Dal momento in cui la persona affetta da disturbi della condotta


alimentare riconosce di avere un problema e accetta di farsi aiutare potr
iniziare un iter diagnostico-terapeutico, a seconda della gravit del caso,
presso un apposito centro/ambulatorio per i D.C.A., oppure presso
unapposita casa di cura o comunit terapeutica. Si tratta di un percorso
che va dalliniziale valutazione diagnostica multidisciplinare alla presa in
carico finalizzata alla cura della persona.
La prima fase di questo percorso quindi la diagnosi. La
valutazione diagnostica delle persone con D.C.A. deve comprendere
lesame delle condizioni di salute fisica e nutrizionale, dei bisogni
psicologici, comportamentali, familiari e sociali14. In questa prima fase,
grande attenzione viene posta sulla storia clinica del paziente, dei sintomi,
dei comportamenti e dello stato mentale. Per quanto riguarda questultimo,
importante valutare eventuali elementi di rischio quali lideazione del
suicidio e leventuale presenza di comportamenti autolesivi.

13
C.G. Fairburn,, A. Carrozza, R. Dalle Grave (2010), La terapia cognitivo-
comportamentale dei disturbi dellalimentazione, Firenze: Eclipsi.
14
www.salute.gov.it,documento in pdf (2012).

20
Una valutazione esaustiva richiede tempo e prevede, oltre ad una
accurata anamnesi fisiologica, familiare e psicopatologica, la valutazione
della storia del peso del paziente; delle condotte in relazione alla
restrizione alimentare, le abbuffate, lesercizio fisico, lo stile di vita e i loro
cambiamenti; delle condotte di eliminazione e di altri comportamenti
compensatori inappropriati; delle convinzioni di base rispetto a peso,
forma fisica, cibo; di condizioni psichiatriche associate e dei disturbi di
abuso di sostanze; di eventuali disturbi del ciclo mestruale; della storia
familiare relativamente ai D.C.A. e allobesit; delle interazioni familiari;
della motivazione e del supporto sociale.
Il percorso diagnostico richiede inoltre un accurato esame obiettivo
volto a evidenziare o escludere condizioni patologiche associate, e
unapprofondita valutazione dello stato nutrizionale.
Le persone con D.C.A. devono essere valutate e ricevere un
determinato trattamento appena possibile per evitare di raggiungere
condizioni fisiche preoccupanti; il monitoraggio ravvicinato e il trattamento
di pazienti gravemente sottopeso deve essere una priorit15.
Laccesso principale al percorso terapeutico dovrebbe essere
quello ambulatoriale, che svolge funzione di filtro diagnostico e terapeutico
per i successivi livelli terapeutici di day-hospital, di ricovero ordinario e
residenziale, in relazione agli elementi clinici emersi durante la valutazione
interdisciplinare. Lambulatorio dovrebbe essere integrato e completo delle
diverse diverse figure professionali.
La scelta del livello assistenziale definita da precisi criteri clinici e
psichiatrici e viene accompagnata da un intenso lavoro di motivazione al
trattamento, laddove spesso non esiste n motivazione al trattamento n
consapevolezza di malattia.
Ad ogni livello di trattamento necessario che sia garantito un
approccio alla famiglia adeguato, considerando le famiglie una risorsa
importante e indispensabile nel percorso del paziente.
Linvio al Servizio DCA pu essere effettuato dal medico di
medicina generale, da un medico specialista, oppure direttamente da un
familiare o dal soggetto portatore del sintomo.
Lquipe ambulatoriale svolge i compiti di prima accoglienza,
consulenza, diagnosi, rinforzo della motivazione ed orientamento dei
pazienti. Il primo colloquio rivolto a persone con presunto Disturbo del
Comportamento Alimentare, o a familiari/conoscenti di persone con
presunto disturbo nel caso in cui il soggetto portatore del sintomo non sia
ancora sufficientemente motivato ad intraprendere un percorso di
valutazione.
Laccoglienza anche garante dellaccesso. del Servizio D.C.A. il
compito di assicurarsi che il paziente/cliente riceva le prestazioni previste
dal programma terapeutico con lui concordato nei tempi e nelle modalit

15
FIDA (Federazione Italiana Disturbi Alimentari) promuove una corretta informazione su
prevenzione e cura dei disturbi del comportamento alimentare.

21
adeguati; parimenti, vigila sul rispetto dei diritti dellutente enunciati nella
Carta dei Servizi.
Losservazione iniziale della persona che arriva ad un servizio per i
D.C.A. di norma multidisciplinare ed esita in una diagnosi multi-assiale.
La fase di osservazione comprende: la valutazione psicologica con
leventuale utilizzo di test, la valutazione delle condizioni organiche e delle
abitudini alimentari, lanalisi del contesto familiare e sociale del paziente. I
dati raccolti dai diversi professionisti sul medesimo paziente sono poi
riportati allquipe, che ha la funzione di integrare i punti di vista e le
osservazioni cos fatte e di formulare la diagnosi. Sulla base della
valutazione multiassiale effettuata, e con unattenzione particolare rivolta
al livello di motivazione e di cambiamento raggiunto dal paziente e dalla
sua famiglia, lquipe progetta un percorso di trattamento personalizzato
che poi propone al paziente.
I Servizi DCA devono garantire unampia gamma di opportunit,
nella convinzione che cure personalizzate, distanti da percorsi standard
uguali per tutti i pazienti sulla base di una comune diagnosi, abbiano
maggiore efficacia e riducano il tasso di drop out.
Molto importanti sono una serie di interventi per la famiglia, nella
convinzione, da un lato, che i genitori stessi abbiano bisogno di sostegno
e di aiuto e, dallaltro che, se adeguatamente coinvolti e sostenuti, essi
possano costituire dei validi alleati per i terapeuti e svolgere unimportante
azione co-terapeutica che permetta di arginare la patologia, impedire
laggravamento e stabilizzare i cambiamenti.
Si sottolinea come il rinforzo della motivazione al trattamento e al
cambiamento (rivolto al paziente ma anche al contesto) sia un compito
che impegna ogni operatore dei Servizi DCA, e una componente
essenziale di ogni intervento; il lavoro motivazionale sul paziente e
lazione istruttiva sul contesto sono finalizzati alla maturazione e al
progresso del paziente, verso gradi crescenti di autonomia dal sintomo,
dalle condizioni psicologiche ed ambientali che hanno favorito lo
strutturarsi della patologia e, infine, dal curante.

Un aspetto che gli orientamenti internazionali e nazionali degli


esperti in materia di D.C.A. considerano ormai indispensabile un
approccio multidisciplinare integrato16 per il trattamento dei Disturbi
dellAlimentazione, che si dimostrato pi efficace degli interventi di
singoli professionisti nella cura e nella riabilitazione di tali disturbi.
Secondo tali indicazioni la terapia dei D.C.A. deve essere concepita
in termini interdisciplinari e integrati. Sono necessarie strutture di cura, in
cui collaborino sistematicamente figure professionali diverse: internisti,
nutrizionisti, psichiatri, psicologi clinici, assistenti sociali, privilegiando,
senza mai escludere laltro, il versante somatico o psichico o sociale a
seconda delle fasi della malattia.

16
Caviglia G, Cecere, F. (2007), I disturbi del comportamento alimentare: lapproccio
multidisciplinare per un intervento efficace, Roma: Carocci Faber.

22
Gli studi di esito internazionali17 dimostrano che un trattamento
integrato ben effettuato ha alte probabilit di efficacia, mentre interventi
parcellizzati aumentano la percentuale di cronicizzazione del disturbo.
Un intervento cos complesso pu inoltre beneficiare dellattivazione
di una rete omogenea di sinergie tra il Sistema Sanitario Nazionale e
quelle associazioni del volontariato che svolgono attivit di studio,
sensibilizzazione, prevenzione, informazione e contrasto ai fattori di
rischio; e che nel corso degli anni hanno acquisito larga visibilit pubblica
pur operando spesso senza che sia stata avviata una efficace
comunicazione e cooperazione con i centri che operano nellambito del
SSN.

Un secondo aspetto riguarda i livelli di assistenza. Nel 1998 la


Commissione di Studio del Ministero della Sanit per lAssistenza ai
pazienti affetti da Anoressia e Bulimia Nervosa pubblic alcune indicazioni
specifiche in merito al trattamento di queste condizioni.
Tali indicazioni ipotizzavano un modello organizzativo articolato in
quattro livelli di trattamento, a seconda delle necessit di intervento
(ambulatorio, day-hospital, ricovero ospedaliero in fase acuta e
residenzialit extraospedaliera), prospettando una futura rete di
assistenza su tutto il territorio nazionale.
I quattro livelli di assistenza sono tutti necessari. Luno non esclude
laltro, anzi la presenza di una rete completa in tutte le sue parti garantisce
lappropriatezza dellintervento, con particolare riguardo alla presa in
carico globale del paziente e della sua famiglia.
Lambulatorio e deve rimanere il punto centrale dellintervento, ed
giusto che risponda al 60% della domanda di cura. E necessario per
che tale intervento garantisca un reale approccio integrato che comprenda
sia laspetto nutrizionale sia quello psicologico.
Il day-hospital garantisce un livello pi intensivo di assistenza in
ambiente ospedaliero, con un attento monitoraggio delle condizioni
cliniche e associato alla riabilitazione nutrizionale (pasti assistiti).
Il ricovero ospedaliero in fase acuta (salvavita) garantisce la presa
in carico in momenti pi critici della terapia, con lo scopo di stabilizzare le
condizioni medico- psichiatriche, gestire le complicanze acute associate al
disturbo, e preparare il paziente al passaggio ad un altro livello di
trattamento.
I livelli residenziali e semiresidenziali, necessariamente
extraospedalieri, garantiscono che la riabilitazione (che ha durata media di
tre-quattro mesi) possa avvenire in un ambiente adeguato, dove giovani
adolescenti e a volte bambini possano essere curati senza subire gli
inevitabili effetti negativi di una lunga ospedalizzazione.

17
www.disturbialimentarionline.it, DCA-Buone pratiche di cura e prevenzione sociale
(progetto).

23
La realizzazione di una rete di intervento completa in tutti i vari livelli
di assistenza dunque la condizione per un percorso di cura appropriato
e ottimizzato sul piano delle risorse impiegate.
Tale rete, completa nelle sue parti, consente di fornire ai pazienti un
percorso assistenziale coordinato e complessivo, valutando attentamente
lutilizzazione dei vari gradi di assistenza durante le diverse fasi della
terapia.
E necessario garantire lappropriatezza dellintervento terapeutico,
laccessibilit ad una diagnosi tempestiva e la presa in carico reale del
paziente e dei suoi familiari in tutte le varie fasi del trattamento.
La complessit dellintervento presuppone necessariamente, oltre
alla disponibilit della rete di interventi nei suoi vari livelli, una attenta
selezione dellutenza volta ad indirizzare il paziente al livello di trattamento
pi indicato per ciascun caso, una stretta correlazione tra le varie fasi del
trattamento allinterno delle strutture del circuito e una comunicazione
costante con i servizi territoriali ed ospedalieri invianti.

I disturbi alimentari nascondono spesso dietro a comportamenti


distorti rispetto a peso, cibo e corpo, profondi disagi di tipo evolutivo/
esistenziale, che impediscono al soggetto di superare il momento di crisi e
rendono estremamente facile la cronicizzazione del disturbo (pi di un
terzo dei casi totali)18.
Per questo motivo la terapia dei soggetti con DCA una terapia
lunga, in media di 2 anni, polistrutturata (medici, psicologi/psicoterapeuti,
nutrizionisti, educatori, terapeuti della famiglia), che si pone lobiettivo di:
a) ripristinare un ritmo biologico (idrosalino, nutrizionale, ritmo
sonno/veglia) sufficiente a consentire un buon funzionamento
psico-fisico (spesso i soggetti con DCA sono malnutriti al punto
da mostrare gravi segni di depressione o gravi sintomi
ossessivi) e ad arginare i pericolosi effetti fisici dei sintomi
alimentari (sia il digiuno che il vomito o i lassativi)
b) creare un terreno di accoglienza e confronto sui disagi e le
paure dei soggetti tale da facilitare il superamento del momento
di crisi e lacquisizione di nuovi e pi funzionali stati cognitivi ed
emotivi. Spesso la paura di non farcela a crescere, a vivere, a
prendere decisioni rende queste persone bloccate e incapaci di
fare altro che non sia mantenere i sintomi, pur soffrendone
moltissimo
c) valutare e trattare eventuali altre patologie concomitanti, sia dal
punto di vista fisico (facilmente questi soggetti soffrono di
disturbi gastrointestinali e endocrinologici, in parte causati dal

18
Nizzoli, U., Colli C., Covri, C. (2007), Dca: Disturbi del comportamento Alimentare.
Manuale per operatori, insegnanti, genitori, Roma: Carocci Faber.

24
disturbo alimentare) che da quello psicologico
(depressione, abuso di sostanze, disturbi di personalit);
d) facilitare quanto possibile le risorse interne al nucleo familiare,
sia genitori e fratelli che compagni, in modo da consentire una
buona empatia ed una buona complicit verso lobiettivo
comune del miglioramento (questo solitamente un punto molto
delicato, dal momento che le dinamiche familiari possono avere
di per s un ruolo nello sviluppo e nel mantenimento dei disturbi
alimentari).
Inoltre grande attenzione deve essere posta da parte dei
professionisti sulle possibili complicanze cui vanno incontro i soggetti
affetti da DCA soprattutto nelle fasi acute della malattia. Esempi di
complicanze e della loro localizzazione si riferiscono a:
a) cavo oro-faringeo: erosione dello smalto soprattutto nella parete
interna dei denti frontali con grave compromissione irreversibile
della dentatura in generale. E frequente il riscontro di un
rigonfiamento delle ghiandole salivari, in particolare delle
parotidi. Questo rigonfiamento genera un aumento della
secrezione salivare; ma il gonfiore, che da al viso un aspetto
paffuto, viene a volte confuso con un ingrassamento
b) tratto gastro-esofageo: esofagite e gastrite con disturbi
caratterizzati da difficolt digestive, bruciori, digestione lenta e
difficoltosa. Una conseguenza frequente dellabbuffata la
comparsa di un fastidioso senso di pienezza gastrica, talvolta
dolorosa
c) alterazioni dellequilibrio idro-elettrolitico: la carenza di potassio
pu dar luogo ad alterazioni, anche gravi, del ritmo cardiaco.

Rispetto alla farmacoterapia numerosi studi mostrano risultati


contrastanti fra loro, specialmente in relazione allindicazione ed alla
efficacia dei farmaci utilizzati.
In unottica di trattamento integrato, la terapia farmacologica
comunque considerata un valido strumento terapeutico, da utilizzare
tuttavia sempre assieme agli interventi nutrizionali e psicoterapici, che
rappresentano il vero cardine della terapia dei DCA.
Riguardo alle psicoterapie, noto che gli approcci psicoterapeutici
sono molti e spesso molto diversi tra loro, sia per tipo di lavoro proposto
che per durata.

25
Andando al di l delle teorie di base, lobiettivo della psicoterapia
dovrebbe sempre essere quello di consentire al cliente di trarre dal lavoro
psicoterapeutico le risorse per sciogliere i sintomi ed il malessere,
imparando un modo di affrontare la realt e di leggere se stesso pi
costruttivo e pi adeguato.
In passato sono stati proposti interventi non focalizzati sui sintomi,
interventi comportamentali focalizzati sui sintomi, interventi focalizzati sul
sistema famiglia, e si osservato che:
a) indubbiamente nei casi di giovane et indicato (quando
possibile) trattare sia il soggetto che la sua famiglia
b) gli interventi comportamentali puri tendono ad avere unefficacia
limitata nel tempo se non sono supportati da un lavoro pi
ampio (o da un equilibrio di partenza gi molto elevato)
c) un approccio psicoterapeutico di matrice cognitiva o sistemico
relazionale sembra fornire i maggiori vantaggi, in termini di
riduzione dei sintomi e numero di ricadute.
Dunque, bisogna sottolineare come un approccio integrato possa
prevedere lutilizzo di diversi tipi di psicoterapie nei diversi momenti della
malattia; ad esempio lalimentazione meccanica (intervento di tipo
comportamentale puro che tratta il cibo come un farmaco stabilendo
rigidamente cosa, come e quanto mangiare) ha molto senso nei primi
momenti di terapia, quando i sintomi sono cos forti da mettere a rischio la
vita del paziente o compromettere la sua capacit di partecipare in modo
attivo alle cure. In concomitanza, le tecniche comportamentali dovrebbero
essere affiancate da interventi pi specifici sui nuclei psicopatologici.

Il modello terapeutico privilegiato oggi nel trattamento di tutti i tipi di


disturbi della condotta alimentare (AN, BN, DANAS) noto come
psicoterapia cognitivo- comportamentale19.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale infatti un percorso di
trattamento dei disturbi psicologici che mira ad alleviare la sofferenza
emotiva attraverso la modifica di schemi mentali e comportamenti
controproducenti; essa prevede incontri settimanali per una durata media
di tre-sei mesi che pu essere estesa fino a dodici mesi in casi di grave
sofferenza emotiva.
Il termine del percorso viene eventualmente seguito da alcune
sedute di controllo. Gli obiettivi generali della psicoterapia cognitivo-

19
Fairburn, Carrozza, Dalle Grave (2010), La terapia cognitivo comportamentale dei
disturbi dellalimentazione, Firenze: Eclipsi.

26
comportamentale sono: (1) identificare regole, credenze, stili di pensiero e
comportamenti che generano e mantengono il malessere emotivo, (2)
imparare a riconoscerli nel momento in cui si attivano, (3) modificarli e
sostituirli con pensieri e comportamenti alternativi e pi utili.
Attraverso queste tre tappe la psicoterapia guida lutente verso un
cambiamento che permetta di raggiungere obiettivi personali, migliorare la
qualit delle relazioni con gli altri e ridurre la propria sofferenza emotiva.
Questo modello terapeutico si avvale di tecniche basate sul colloquio
clinico, esercizi comportamentali e tecniche immaginative. Lacquisizione
stabile delle nuove strategie richiede sempre unesercitazione continua
che avviene attraverso compiti da svolgere tra le sedute.
La psicoterapia cognitiva dei disturbi alimentari propone
laccertamento e il trattamento dei pensieri di scarsa stima di s,
perfezionismo patologico e tendenza eccessiva al controllo che sono alla
base di questo tipo di disturbi. Lanoressia (il rifiuto di mantenere un peso
normale e sano e il timore eccessivo di ingrassare), la bulimia (la
tendenza ad abbandonarsi ad abbuffate in cui la persona ha la sensazione
di non poter fermarsi, unita al tentativo patologico di controllare il peso
attraverso condotte di eliminazione come vomito, assunzione di lassativi o
esercizio fisico eccesivo) e gli altri disturbi alimentari sono tutti
caratterizzati da sentimenti dolorosi di esclusione, emarginazione sociale
e disistima di s. Il controllo del peso e del grasso corporeo rappresenta
un tentativo rigido e meccanico di riconquistare la stima di s.
La terapia interviene sui sintomi e incoraggia ad abbandonare
questo modo esteriore di costruire la propria immagine di s a favore di un
atteggiamento pi flessibile e maturo. Proprio per le sue caratteristiche di
intervento, la terapia cognitivo-comportamentale sembra la pi efficace
anche per far recedere tutta la costellazione di sintomi correlati al disturbo
alimentare in senso stretto: per fare un esempio, in queste persone,
generalmente, c una necessit molto forte di avere un rimando
dallambiente esterno per comprendere ci che sta succedendo dentro di
loro, avendo una grossa difficolt a definirsi attraverso propri criteri interni
e a riconoscere e discriminare le proprie emozioni. Attraverso una terapia
di questo tipo i pazienti hanno lopportunit di imparare a dare un nome ai
propri stati interni ed utilizzarli come parametro per costruirsi unimmagine
stabile di s e dei confini propri, e attribuirsi il giusto valore senza pi il
bisogno profondo di utilizzare gli altri come fossero specchi dentro cui
guardarsi.

27
Riguardo lAnoressia Nervosa, il trattamento dura normalmente da
uno a due anni. In molti casi di AN la maggiore durata del trattamento
spesso necessaria per superare gli ostacoli motivazionali, per raggiungere
un incremento ponderale significativo del peso e perch sono spesso
necessari interventi di ricovero ospedaliero o di day-hospital.
La terapia dellAN divisa in tre fasi:
I) costruire un rapporto di fiducia
II) modificare i pensieri disfunzionali relativi al cibo e al peso e
allargare il focus dellintervento sul deficit del concetto di s e
sulle relazioni familiari e interpersonali disturbate
III) prevenire le ricadute e preparare la conclusione della terapia.
Nella fase I) (il primo mese) le sedute sono spesso programmate
due volte la settimana, durante la fase II) (un anno circa) settimanalmente,
e durante la fase III) (sei mesi circa) due volte al mese.
Se gli obiettivi riguardanti il peso sono raggiunti, divengono
prioritarie le problematiche personali e interpersonali identificate con il
soggetto.
Se gli obiettivi del peso non sono raggiunti allora:
a) si rivedono le implicazioni pratiche
b) si riprende lintervento motivazionale
c) viene introdotto il problemsolving20 per aiutare la paziente a
raggiungere gli obiettivi di peso e di alimentazione previsti.

Per quanto riguarda la Bulimia Nervosa, il trattamento in uso stato


sviluppato nellottica di erodere gradualmente i fattori implicati nel
mantenimento della malattia attraverso tre strategie generali:
1) normalizzare il comportamento alimentare della paziente
2) ridurre limportanza che la paziente affida al peso e alle forme
corporee per valutare se stessa
3) modificare alcune distorsioni cognitive generali come il
perfezionismo, il pensiero dicotomico e la concezione negativa
di s.
Il trattamento condotto a livello ambulatoriale ed strutturato in
diciannove sedute che si svolgono in diciotto settimane; ogni incontro ha
una durata di cinquanta minuti circa.

20
Problemsolving unespressione inglese che significa: soluzione dei problemi. Si tratta
di un processo, unattivit mentale grazie alla quale, quando ci troviamo di fronte a un
problema, esaminiamo la situazione e facciamo ipotesi su come risolverla o su quale sia
la strada migliore da percorrere. Il problemsolving pu essere usato non solo in economia
o in ambito aziendale, ma anche per migliorare la nostra vita in ambito personale
(problemsolving relazionale).

28
Il programma strutturato in tre fasi.
Nella prima fase, oltre alla presentazione del modello cognitivo di
mantenimento della Bulimia Nervosa, si utilizzano tecniche
comportamentali per sostituire le abbuffate con un pattern regolare di
alimentazione.
Nella seconda fase viene eliminata completamente la restrizione
alimentare e implementato un intervento cognitivo per modificare le
distorsioni cognitive (pensieri e attitudini problematiche o disfunzionali)
che mantengono il disturbo.
Nella terza fase lenfasi viene posta soprattutto sul mantenimento
dei nuovi schemi mentali acquisiti e sulla prevenzione delle ricadute.

Infine, per quanto riguarda i disturbi dellalimentazione Non


Altrimenti Specificati, la terapia cognitivo-comportamentale in uso stata
messa a punto presso lUniversit di Pittsburgh sul modello di Fairburn21.
La durata del trattamento pi lunga (ventidue sedute in ventiquattro
settimane).
E noto che della famiglia dei DANAS faccia parte il Disturbo
dellAlimentazione Incontrollata (DAI).
A tale riguardo, stato osservato che i soggetti con DAI si
differenziano dai soggetti con BN per:
a) obiettivi diversi (nei pazienti con DAI la motivazione maggiore
la perdita di peso e non la eliminazione delle abbuffate)
b) diverso comportamento alimentare (mostrano bassi livelli di
restrizione alimentare e non utilizzano altre condotte
compensatorie)
c) minori distorsioni cognitive.

Il 1 dicembre 2011 si svolto a Roma un convegno indetto dall


AIDAP 22 sul tema Trattamento dei disturbi dellalimentazione: progressi e
sfide future, durante il quale sono stati presentati i dati di uno studio
durato 7 anni e avviato da Villa Garda (Casa di cura per DCA) e dalle
Universit di Oxford e Leicester che dimostrano una rilevante percentuale
di miglioramenti significativi in pazienti con DCA grazie allapplicazione

21
C. Fairburn, professore di psichiatria presso lUniversit di Oxford, autore del testo La
terapia Cognitivo comportamentale dei disturbi dellalimentazione (2010).
22
La sigla AIDAP sta per Associazione Italiana Disturbi dellAlimentazione e del Peso;
unassociazione indipendente autonoma senza fini di lucro, ed riconosciuta come
societ medico scientifica dalla Federazione delle Societ Medico Scientifiche italiane
(FISM). Ha lo scopo di condividere un certo tipo di conoscenza e cultura sulla
prevenzione, educazione, trattamento e ricerca dei disturbi dellalimentazione e
dellobesit. Si propone di promuovere convegni, tavole rotonde, conferenze, gruppi di
studio e altre attivit di formazione nel campo medico, psicologico, scolastico e sociale.

29
della terapia cognitivocomportamentale per il trattamento dei disturbi
alimentari (in particolare anoressia e bulimia nervosa), associata ad un
intervento riabilitativo tempestivo.
Al termine della sperimentazione emerso che il 64% del campione
ha completato la terapia, raggiungendo un peso nella norma e risolvendo
il problema comportamentale legato al cibo.
Non questa la prima volta che la terapia cognitivo
comportamentale si dimostra la pi efficace nel trattamento dei disturbi
alimentari; infatti la CBTBN (Terapia CognitivoComportamentale per la
Bulimia Nervosa), ideata allinizio degli anni 80, ha una raccomandazione
di Grado A per la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione
incontrollata; una recente revisione di questo protocollo di trattamento
(CBT E) lha reso ancora pi efficace e adatto a curare tutte le categorie
diagnostiche dei disturbi dellalimentazione (anoressia nervosa, bulimia
nervosa e disturbi dellalimentazione non altrimenti specificati). I dati
preliminari che stanno emergendo indicano un tasso di remissione dei
sintomi del 60% in chi completa il trattamento, e i cambiamenti osservati
(normalizzazione del peso e riduzione delleccessiva valutazione del peso
e della forma del corpo) sembrano ben mantenuti anche dopo la
conclusione del trattamento.

La maggior parte dei soggetti affetti da DCA, se precocemente


trattata con terapie appropriate, pu guarire senza dover temere ricadute,
a patto per che la guarigione sia completa a partire dal recupero di un
peso sano e dal ripristino di un ciclo ovulatorio.
Una parte dei soggetti, pur presentando forme di pi lunga durata o
per ritardata diagnosi o per terapie parziali (o solo psicoterapia o solo
terapie mediche di supporto), pu ugualmente guarire ma solitamente i
percorsi di cura sono pi lunghi.
I trattamenti vanno sempre personalizzati a partire da: a) forma di
DCA presentata, b) la gravit del disturbo, c) il livello di consapevolezza
della malattia da parte del malato e della sua famiglia (cio lacquisizione
di essere malato e la disponibilit ad accettare le cure). Una parte di
soggetti, purtroppo ancora rilevante, non arriva ad una vera e propria
guarigione e rimane a rischio di frequenti ricadute. Infine va ricordato che
di DCA si pu anche morire.

Il concetto di guarigione23 viene ben poco esplorato dallattuale


cultura medica e psicologica. In effetti, conoscere il decorso e gli esiti dei
disturbi dellalimentazione indubbiamente importante per i terapeuti che
curano tali malattie, ma lo altrettanto per i pazienti, che possono cos
porsi non solo degli obiettivi determinati, ma anche ragionevoli e realistici
in ordine alle varie terapie intraprese.

Non sar inutile ricordare che tanto la letteratura non scientifica


quanto, almeno in parte, quella scientifica contribuiscono spesso a

23
www.researchgate.net, Sul tema della guarigione, ResearchGate (articolo scientifico).

30
diffondere molti miti e informazioni scorrette che riguardano lesito di
questi disturbi. Tra questi, il pi pericoloso certamente quello che recita
cos: Dai disturbi dellalimentazione non si pu mai definitivamente
guarire. Questo messaggio, e altri dello stesso tenore, sono decisamente
pericolosi perch inducono molti pazienti a procrastinare nel tempo la
decisione di intraprendere una terapia; alcuni addirittura sono scoraggiati
a iniziare una terapia vera e propria.
A rinforzare questo tipo di decisione contribuisce il fatto che i
disturbi dellalimentazione sono caratterizzati dalla natura egosintonica
dei sintomi; in altre parole, le persone che ne sono colpite non pensano di
essere malate e, anzi, trovano nella magrezza e nel controllo
dellalimentazione, del peso e delle forme corporee una pseudosoluzione
ad alcuni loro importanti problemi individuali e interpersonali.
Nel linguaggio comune, guarire significa ripristinare uno stato
originario di benessere percepito come normale. La cultura medica
ordinaria definisce, in genere, la guarigione come il risolvimento
favorevole e positivo di una condizione morbosa che ha avuto
uninsorgenza e un decorso.
Nel caso di malattie specifiche come i DCA giustamente
inquadrate in un ambito che comprende fattori psicologici di tipo sia
affettivo che cognitivo, e spesso caratterizzate anche da una forte
componente psichiatrica , il concetto di guarigione mostra tutta la sua
fragilit perch il disturbo psichico non una malattia che cambia il corso
dellesistenza, ma il cambiamento stesso dellesistenza.
Lo si potrebbe definire come unesperienza, un pezzo di vita, una
crisi e una vicenda che mutano una persona.
Pertanto, affrontare e definire il termine e il senso della parola
guarigione, specialmente nel caso dei DCA, pu avere una enorme
rilevanza. Per farlo, opportuno ricordare che per questo tipo di malattia
non sempre si pu intendere la guarigione secondo il modo ordinario, e
cio come ritorno da una condizione malata a una condizione di assenza
di malattia.
Potrebbe darsi, infatti, il caso che una paziente anoressica
mantenga unideazione centrata sul modello ideale di magrezza e sul
progetto di controllo dellalimentazione e delle forme corporee e, tuttavia,
accetti il suo peso naturale perch consapevole che ci salutare.
Ciononostante, ad oggi, i dati rilevati dalla ricerca scientifica
indicano che i principali segnali positivi di una guarigione, per cos dire,
stabile sembrano essere rappresentati dai seguenti aspetti:
a) un aumento in positivo dellautostima;
b) una migliore accettazione della propria immagine corporea;
c) la normalizzazione del peso (un raggiungimento cio del peso
naturale) con il ritorno spontaneo delle normali funzioni
biologiche;
d) una drastica riduzione e successiva eliminazione dei
comportamenti disfunzionali.
Riguardo gli studi di esito, dopo dieci anni, il 50% circa delle

31
persone affette da anoressia nervosa non presenta pi le caratteristiche
cliniche per soddisfare i criteri richiesti per porre diagnosi di questo
disturbo. Ma questo dato sufficiente per definire la guarigione?
In effetti, un quarto circa di queste pazienti continua ad essere
sintomatica e, nel 10% circa dei casi, persistono i sintomi nonch una
psicopatologia che rientra nei quadri descritti dalle forme croniche di
anoressia nervosa. Inoltre, da rilevare che alcune di queste pazienti, in
un certo momento della loro vita, presentano sintomi che soddisfano i
criteri diagnostici che consentono di fare diagnosi di bulimia nervosa o
anche di un disturbo dellalimentazione non altrimenti specificato.
noto infatti che un potente fattore di rischio per lo sviluppo della
bulimia nervosa la guarigione apparente dallanoressia nervosa.
Daltra parte, nella bulimia nervosa, nonostante gli esiti favorevoli
siano maggiori rispetto allanoressia, da rilevare che una minoranza
continua ad avere il disturbo, almeno sotto-soglia.
Del resto, alcuni individui sembrano guarire completamente
dallanoressia nervosa e non presentano alcuna caratteristica che li
distingua dalle persone che non hanno mai avuto questo disturbo.
Altri continuano a mantenere alcune caratteristiche cognitive e
comportamentali del disturbo, nonostante un deciso miglioramento del
quadro clinico.
Tali caratteristiche sono rappresentate, in genere, da uno schema
di autovalutazione disfunzionale basato sul valore eccessivo attribuito al
controllo del comportamento alimentare, del peso e delle forme corporee.
Nel caso della bulimia nervosa, infine, le persone che vengono
considerate guarite spesso conservano caratteristiche residue del
disturbo. In particolare, si riscontra la tendenza a perdere il controllo
sullalimentazione, con episodi di abbuffate soggettive e oggettive in
risposta alle emozioni negative, e quella di usare condotte di compenso.
Si pone, quindi, il problema di individuare sia i criteri per la
definizione di una autentica guarigione, sia luso di una stessa misura,
diretta o anche indiretta, del risultato ottenuto dal paziente nel suo
percorso di uscita da una patologia in cui la riduzione del quadro
sintomatologico (aspetto quantitativo) spesso non si accompagna a una
modifica della psicopatologia centrale del disturbo stesso (aspetto
qualitativo).
Non si dovr mai dimenticare, infatti, che lesito spesso
influenzato da altre variabili, che si aggiungono a quella rappresentata
dalla qualit delle cure erogate. Fra le variabili ulteriori, possono venire
considerate quelle relative alle differenti caratteristiche presentate da
ciascun singolo paziente. Ad esempio, dovranno venire attentamente
valutate le differenze che concernono la gravit dei sintomi presentati o la
loro durata, e lentit di eventuali problemi concomitanti, da ricondurre
anche alla possibile presenza di circostanze complicate della vita che
interferiscono seriamente sulla terapia.
Ebbene, tutti questi fattori possono determinare non solo una
variazione molto significativa nella risposta al trattamento ma, altres, una
difficolt non di poco conto a definire la fine del trattamento stesso.

32
In conclusione, e in accordo con alcuni autorevoli esperti,
possibile affermare che lecito utilizzare il termine guarigione anche nei
casi in cui il paziente, pur conservando in forma latente uno schema di
autovalutazione disfunzionale, non traduce questo schema in un assetto
cognitivo e comportamentale tale da interferire gravemente
sullandamento della sua esistenza.

33
CAPITOLO 3: D.C.A. E SERVIZIO SOCIALE

3.1 Limportanza della prevenzione e della promozione della


salute.

Il concetto di prevenzione appare strettamente correlato a quello di


promozione della salute definita, dallOrganizzazione Mondiale della
Sanit (WHO), come: <<il fornire alle persone i mezzi adeguati per
divenire pi padroni della propria salute e per migliorarla>>. Al fine di
ottenere un giusto equilibrio tra benessere fisico, mentale e sociale, un
soggetto o il gruppo deve essere in grado di definire e concretizzare le
aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni e di modificare lambiente, cos
da adattarvisi. La salute, dunque, stimata come una risorsa della vita
quotidiana e non come lo scopo dellesistenza; essa un concetto positivo
che mette in evidenza limportanza delle risorse sociali e personali, cos
come delle capacit fisiche. La promozione della salute non riguarda
solamente il settore della sanit, ma va oltre gli stili di vita sani per
includere la nozione di benessere.
La promozione della salute, a cui si ispira la prevenzione, pone le
basi per interventi utili a poter aumentare il controllo sulla propria salute,
migliorandola, per raggiungere la capacit di identificare e realizzare le
proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni, cambiare lambiente
circostante e farvi fronte, cos da poter raggiungere uno stato completo di
benessere fisico, mentale e sociale.
Lo stato di salute delluomo determinato anche dalle condizioni di
vita, dal grado di istruzione, dal tipo di occupazione e dallambiente in
generale. Lazione della prevenzione, quindi, deve mirare a diffondere
uneducazione che proponga un sano stile di vita, fornendo attenzione
maggiore al benessere generale che, per prima cosa, passa per la salute.
Risulta chiaro che il principale scopo di una prevenzione cos strutturata
debba essere la popolazione giovanile, ossia la fascia pi vulnerabile della
societ. In questo modo, la prevenzione risulta larma vincente su cui
investire nel medio e lungo termine, soprattutto per incoraggiare e
proteggere il potenziale mentale e produttivo delle giovani generazioni: per
queste ragioni, la maggior parte degli interventi di prevenzione avviene in
ambito scolastico o nei luoghi di aggregazione giovanile.
Un concetto centrale molto diffuso nellambito della prevenzione e
delleducazione alla salute, in modo particolare negli interventi rivolti ai
giovani, quello delle life skills24.

24
www.actroma.it, Roma Capitale, articolo: Prevenzione e promozione della salute:
limportanza di sviluppare le Life Skills.

34
Per life skills, secondo la definizione dellOMS, si intende
lacquisizione delle capacit di condurre e gestire relazioni interpersonali,
di sapersi assumere le responsabilit legate al proprio ruolo sociale, di
saper valutare e risolvere i problemi senza ricorrere a comportamenti che
danneggino se stessi e gli altri. In sostanza, dunque, le life skills sono le
capacit personali e sociali, richieste ai giovani e non solo, per rapportarsi
con fiducia e in modo competente con se stessi, con i pari e con la
comunit in generale. Pi precisamente, le abilit o competenze
psicosociali che, nella maggior parte degli studi, vengono individuate
come centrali per la promozione della salute e del benessere degli
studenti, sono le seguenti:
1) capacit di prendere decisioni
2) capacit di risolvere i problemi
3) pensiero creativo
4) pensiero critico
5) comunicazione efficace
6) capacit di relazioni interpersonali
7) autoconsapevolezza
8) empatia
9) gestione delle emozioni
10) gestione dello stress.

Leducazione alle life skills rappresenta una promozione della


motivazione a prendersi cura, in maniera efficace, di s e dellaltro,
favorendo un percorso formativo fondamentale in tutti gli ambiti della vita
di un ragazzo, sia scolastico che extrascolastico, e contribuendo a creare
il senso di autoefficacia indispensabile per poter contrastare i
comportamenti a rischio. Attraverso laddestramento alle life skills
possibile agire su un numero elevato di fattori che, se non sviluppati in
modo adeguato, possono aumentare le possibilit dellemergere di
comportamenti devianti. Inversamente, se correttamente sviluppati, tali
fattori diventano protettivi nei confronti delle condizioni di vulnerabilit.
Le strategie di vita rendono gli individui capaci di tradurre
conoscenze, attitudini e valori morali in abilit reali e pratiche, e cio cosa
fare e come farlo. Contribuiscono alla percezione dellautoefficienza, della
fiducia in s e dellautostima.
Studi in tema indicano che fornire queste abilit, come parti di
programmi, di strategie di vita ad ampia base, un approccio efficace
alleducazione alla prevenzione primaria.
I contesti pi importanti in cui i giovani possono ricevere
precocemente i supporti educativi e formativi sono la famiglia e la scuola: i
programmi di prevenzione, dunque, devono supportare fortemente questi

35
due sistemi, con specifiche e concrete azioni, e promuovere una perfetta
sintonia di intenti e di azioni tra le differenti agenzie educative25.
Il protagonismo e la creativit dei giovani vengono riconosciuti
come strumenti di prevenzione e contrasto dellesclusione sociale e come
strategia di sviluppo dellautonomia personale e professionale dei giovani
stessi.
Lidea di fondo che quanto pi il giovane ha lopportunit di
sentirsi coinvolto e considerato in un ambiente valorizzante e quanto pi
messo nelle condizioni di compiere delle esperienze personali interessanti
e stimolanti, tanto pi svilupper un legame forte con esso, e tanto pi
potr acquisire risorse in grado di proteggerlo dallintraprendere
comportamenti a rischio.
Nello specifico, quando si parla di prevenzione, si intende l'insieme
di azioni finalizzate ad impedire o ridurre il rischio, ossia la probabilit che
si verifichino eventi non desiderati. Gli interventi di prevenzione sono in
genere rivolti all'eliminazione o, nel caso in cui la stessa non sia
concretamente attuabile, alla riduzione dei rischi che possono generare
dei danni. In ambito sanitario, si indica con il termine "prevenzione"
l'azione tecnico-professionale o l'attivit di policy che mira a ridurre la
mortalit, la morbilit o gli effetti dovuti a determinati fattori di rischio o ad
una certa patologia, promuovendo la salute ed il benessere individuale e
collettivo ("salutogenesi").
Le attivit di prevenzione, essendo parte della pi ampia attivit di
"tutela della salute", sono parte delle competenze professionali tipiche
delle professioni sanitarie, nei loro diversi ambiti applicativi (medico,
infermieristico, ostetrico, psicologico...).
Esistono tre livelli di prevenzione, che si riferiscono ad atti e fasi
diverse:
1) prevenzione primaria: la forma classica e principale di
prevenzione, focalizzata sull'adozione di interventi e
comportamenti in grado di evitare o ridurre l'insorgenza e lo
sviluppo di una malattia o di un evento sfavorevole. La maggior
parte delle attivit di promozione della salute verso
la popolazione sono, ad esempio, misure di prevenzione
primaria, in quanto mirano a ridurre i fattori di rischio da cui
potrebbe derivare un aumento dell'incidenza di quella patologia.
Frequentemente la prevenzione primaria si basa su azioni a
livello comportamentale o psicosociale (educazione sanitaria,
interventi psicologici e psicoeducativi di modifica dei
comportamenti, degli atteggiamenti o delle rappresentazioni).

25
Ragionamenti: dalla prevenzione alla promozione della salute attraverso una scuola
attraente, a cura di Giuseppe Verni (verni- prevenzione, pdf- Adobe Reader).

36
Un esempio di prevenzione primaria rappresentato dalle
campagne antifumo promosse dai governi
2) prevenzione secondaria: si tratta di una definizione tecnica che
si riferisce alla diagnosi precoce di una patologia, permettendo
cos di intervenire precocemente sulla stessa, ma non evitando
o riducendone la comparsa. La precocit di intervento aumenta
le opportunit terapeutiche, migliorandone la progressione e
riducendo gli effetti negativi. Un esempio di prevenzione
secondaria lo svolgimento del Paptest nella popolazione
femminile sana
3) prevenzione terziaria: un termine tecnico relativo non tanto
alla prevenzione della malattia in s, quanto dei suoi esiti pi
complessi. La prevenzione in questo caso quella
delle complicanze, delle probabilit di recidive e della morte
(anche se, in tale caso, tutti i trattamenti terapeutici sarebbero in
un certo senso, paradossalmente, "prevenzione"). Con
prevenzione terziaria si intende anche la gestione dei deficit e
delle disabilit funzionali consequenziali ad uno stato patologico
o disfunzionale.

Dal momento che la prevenzione riveste un ruolo di massima


importanza soprattutto in ambito sanitario, non possono passare
inosservate la rilevanza e le finalit della prevenzione anche in materia di
disturbi del comportamento alimentare.
Infatti, gli effetti negativi dei disturbi dellalimentazione sulla salute
fisica e il funzionamento psicosociale degli individui che ne sono colpiti, la
parziale efficacia dei trattamenti in un ampio sottogruppo di pazienti e
lelevata incidenza di questi disturbi nelladolescenza e nella prima et
adulta hanno stimolato negli ultimi anni un considerevole interesse nei
confronti della loro prevenzione. In particolare, molti sforzi sono stati
dedicati allo sviluppo di programmi di prevenzione scolastici perch i
disturbi dellalimentazione iniziano nelladolescenza, e la scuola
potenzialmente il luogo migliore per accedere alla maggior parte degli
adolescenti. Programmi scolastici di prevenzione sono stati sviluppati e
valutati da studi controllati in numerosi Paesi occidentali (es. Canada, Stati
Uniti dAmerica, Norvegia, Svizzera, Olanda, Inghilterra, Italia, Spagna,
Croazia, Australia ed Israele) e un ampio bagaglio di conoscenza oggi
disponibile sulla loro efficacia e i loro limiti.
La prevenzione dei disturbi dellalimentazione26 si colloca allinterno
delle aree di intervento della salute pubblica, e viene definita come il
26
Riva E. (2007), Lautostima allo specchio: la prevenzione dei disturbi del
comportamento alimentare in adolescenza, Milano: Angeli.

37
processo che mobilizza risorse locali, regionali, nazionali e internazionali
per risolvere i maggiori problemi che affliggono la comunit. In origine il
sistema di classificazione per la prevenzione nel campo della salute
pubblica, proposto dalla Commission on Chronic Illness27, prevedeva tre
livelli di prevenzione (primaria, secondaria e terziaria) definiti in termini di
obiettivi nei confronti del disturbo o della malattia. I tre tipi di prevenzione
forniti dalla Commission on Chronic Illness nel 1957 sono i seguenti:
a) prevenzione primaria. Cerca di diminuire il numero di nuovi casi
di un disturbo o di una malattia (incidenza)
b) prevenzione secondaria. Cerca di diminuire il tasso di casi
stabiliti di un disturbo o una malattia nella popolazione
(prevalenza)
c) prevenzione terziaria. Cerca di diminuire la quantit di disabilit
di un disturbo esistente.

Sta di fatto per che la definizione della Commission on Chronic


Illness non stata universalmente accettata e ha determinato disaccordi e
confusione. Gordon (1983-1987) ha proposto un nuovo sistema di
classificazione adottando una prospettiva basata sul rischio beneficio
derivata dallassunto che il rischio di un individuo di ammalarsi deve
essere pesato contro il costo, il rischio e il disagio dellintervento
preventivo. Il sistema di classificazione di Gordon, che prevedeva tre livelli
di prevenzione (universale, selettiva e indicata), stato successivamente
modificato dallInstitute of Medicine28 ed oggi adottato dalla maggior
parte degli operatori della salute che si occupano di prevenzione. I tre
livelli di prevenzione di Gordon, modificati in seguito dallInstitute of
Medicine (Mrazek& Haggerty,1994) sono i seguenti:
a) prevenzione universale. Sono interventi diretti al grande
pubblico o a un intero gruppo di una popolazione che non
stato identificato sulla base del rischio individuale
b) Prevenzione selettiva. Sono interventi diretti agli individui o a un
sottogruppo della popolazione il cui rischio di sviluppare un
disturbo mentale significativamente al di sopra della media,

27
The Commission on Chronic Illness stata fondata nel 1949 negli USA dalla American
Hospital Association, l'American Medical Association, l'American Public Health
Association e l'American Public Welfare Association. Oltre a questi gruppi fondatori,
molte organizzazioni influenti e molte persone hanno sostenuto questo lavoro. I risultati di
sette anni di intenso studio sono ora messi a disposizione.
28
Linstitute of Medicine (IOM) un organizzazione non governativa americana senza
scopo di lucro fondata nel 1970, sotto il Congresso charter della National Academy of
Sciences. Il suo scopo quello di fornire consulenza nazionale sulle questioni relative
alla scienza biomedica, medicina e salute, e la sua missione quella di fare da
consulente alla nazione per migliorarne la salute.

38
come evidenziato da fattori di rischio biologici, psicologici o
sociali
c) prevenzione indicata. Sono interventi diretti a individui ad alto
rischio che sono identificati per avere sintomi o segni
premonitori minimi ma rilevabili di un disturbo mentale, o
marcatori biologici che indicano la predisposizione a un disturbo
mentale, ma che non soddisfano i criteri DSM.

Per quanto riguarda levoluzione dei programmi scolastici di


prevenzione dei disturbi dellalimentazione29, stato rilevato che i
programmi di prima generazione hanno adottato un approccio
psicoeducativo (didattico) che forniva informazioni sulla nutrizione,
sullimmagine corporea, sui disturbi dellalimentazione e sui loro effetti
dannosi. Questi programmi hanno determinato un incremento della
conoscenza ma non una modificazione delle attitudini disfunzionali (per
esempio leccessiva valutazione del peso e della forma del corpo) e dei
comportamenti non salutari (ad esempio la restrizione dietetica).
I programmi di seconda generazione, invece, hanno affrontato
alcuni fattori di rischio empiricamente stabiliti, mantenendo un approccio
didattico. In generale questi programmi hanno ridotto alcuni fattori di
rischio, ma non i sintomi dei disturbi dellalimentazione.
I programmi di terza generazione, infine, hanno affrontato alcuni
fattori di rischio empiricamente stabiliti utilizzando un approccio educativo
interattivo ed esperienziale e innovative procedure e strategie progettate
per modificare le attitudini disfunzionali e i comportamenti non salutari.
Esempi includono lapproccio basato sulla dissonanza cognitiva, le
tecniche di ristrutturazione cognitiva per sfidare le attitudini disfunzionali
nei confronti del peso e della forma del corpo, i messaggio video per
dissuadere i partecipanti a fare una dieta, le tecniche attive (ad esempio
lautomonitoraggio) per incoraggiare una modificazione delle abitudini
alimentari, i videotape di prevenzione sulla diete e sullimmagine corporea,
le strategie per migliorare limmagine corporea e lautostima, e i
programmi multimediali su Internet con materiale psicoeducativo di auto-
aiuto. Questi programmi hanno ridotto alcuni fattori di rischio e sintomi dei
disturbi dellalimentazione.
Inoltre riguardo gli effetti dei programmi scolastici di prevenzione
dei disturbi dellalimentazione, negli ultimi quindici anni molti di questi
particolari programmi sono stati valutati da studi controllati e randomizzati,
e lefficacia di questi studi stata analizzata da revisioni sistematiche. Le
conclusioni di una recente metanalisi, che ha esaminato 66 studi di 51
programmi di prevenzione diversi, sono le seguenti:

29
AIDAP (sito web). Articoli scientifici: Prevenzione dei DCA. A cura di Della Grave R,
medico e segretario scientifico dellAIDAP.

39
a) il 51% ha ridotto almeno un fattore di rischio empiricamente stabilito
b) Il 29% ha prodotto una riduzione significativa dei sintomi dei disturbi
dellalimentazione
c) il programma Progetto Corpo basato sulla dissonanza cognitiva, il
cui manuale disponibile anche in lingua italiana, ha ridotto il
rischio futuro dinsorgenza dei disturbi dellalimentazione. In
particolare, i partecipanti assegnati allintervento hanno ottenuto
una riduzione del 60% del rischio dinsorgenza di disturbi
dellalimentazione rispetto ai controlli durante il periodo di tre anni di
follow-up
d) La riduzione dei fattori di rischio non si traduce sempre in una
riduzione dei sintomi
e) leffectsize degli interventi piccolo (r = .10 to .18 per i fattori di
rischio al post-test; r = .13 al post-test e al follow-up per i sintomi
dei disturbi dellalimentazione), questo significa che c un ampio
spazio per migliorare lefficacia dei programmi preventivi
f) numerosi programmi hanno ridotto i sintomi dei disturbi
dellalimentazione anche al follow-up
g) i programmi efficaci si sono focalizzati sullinsoddisfazione corporea
e sulle pressioni socio-culturali
h) solo il programma di Stice e collaboratori ha prodotto effetti in studi
replicati dipendenti e indipendenti. La metanalisi ha anche valutato
delle categorie di moderatori dei programmi, che specificano per chi
e in quale condizione il programma funziona
i) caratteristiche del programma: effetti pi grandi sono emersi nei
programmi selettivi rispetto a quelli universali, offerti solo alle
femmine e ai partecipanti di et maggiore di 15 anni
j) caratteristiche dellintervento: effetti pi grandi sono emersi nei
programmi interattivi rispetto a quelli didattici, che hanno usato
sedute multiple, somministrati da professionisti, focalizzati
sullaccettazione del corpo, che he hanno usato uninduzione della
dissonanza per cambiare le attitudini e comportamenti e che non
hanno incluso materiale psicoeducativo
k) caratteristiche del disegno sperimentale: effetti pi grandi sono
emersi negli studi che hanno usato misure validate e periodi pi
brevi di follow-up (un artefatto). Le conclusioni della revisione di
Stice e collaboratori e di altre revisioni sistematiche, forniscono utili
informazioni sulla conoscenza delle caratteristiche dei programmi di

40
prevenzione scolastica dei disturbi dellalimentazione, associate a
un esito buono, che possono essere riassunte nei punti seguenti:
! i programmi di prevenzione selettiva tendono a ottenere
risultati migliori rispetto a quelli universali. La maggior parte
dei programmi universali ha raggiunto lobiettivo di migliorare
la conoscenza dei partecipanti, ma solo pochi hanno
prodotto effetti positivi nelle attitudini disfunzionali e nei
comportamenti non salutari. La maggior parte dei programmi
selettivi, al contrario, ha prodotto effetti positivi sia sulle
attitudini disfunzionali sia sui comportamenti non salutari.
Effetti positivi negli individui ad alto rischio sono stati riportati
da alcuni programmi universali, ma non da tutti. Due ragioni
principali possono spiegare i risultati scadenti ottenuti dai
programmi di prevenzione universale: (1) il livello di attitudini
disfunzionali e di comportamenti non salutari in campioni non
selezionati pu essere cos basso che difficile dimostrare
qualsiasi effetto significativo dellintervento; (2) il campione
non selezionato pu non essere sufficientemente motivato a
ingaggiarsi attivamente nel programma di prevenzione
! i programmi didattici hanno ottenuto minori effetti positivi
rispetto a quelli interattivi. I programmi educativi didattici
hanno in genere determinato delle modificazioni sulla
conoscenza, ma pochi miglioramenti delle attitudini e dei
comportamenti. Questa osservazione aggiunge unulteriore
evidenza alla conclusione raggiunta da ricercatori in altre
aree, e cio che gli interventi psicoeducativi didattici sono
meno efficaci rispetto a quelli che coinvolgono attivamente gli
studenti e insegnano loro nuove abilit
! i programmi diretti agli studenti pi anziani (pi di 15 anni)
hanno prodotto un effetto preventivo pi potente sulle
attitudini disfunzionali e i comportamenti non salutari. Una
spiegazione possibile di questo risultato che pochi studenti
giovani (11-12 anni) adottano comportamenti di controllo del
peso non salutari o evidenziano attitudini disfunzionali nei
confronti del peso, della forma del corpo e del controllo
dellalimentazione. Di conseguenza molto difficile
raggiungere una riduzione significativa delle misure di esito.
Un modo migliore di valutare lefficacia dei programmi di
prevenzione nei partecipanti pi giovani potrebbe essere
quello di seguirli negli anni per valutare gli effetti a lungo
termine dellintervento preventivo. Unaltra possibilit che
gli studenti pi giovani senza preoccupazioni sul peso, sulla
forma del corpo e sul controllo dellalimentazione non siano
sufficientemente motivati a impegnarsi in un programma di

41
prevenzione. Infine, gli interventi possono essere stati pi
efficaci negli adolescenti perch sono stati somministrati
durante il periodo di picco di rischio di inizio della
psicopatologia del disturbi dellalimentazione
! i programmi somministrati dai professionisti sono pi efficaci
di quelli somministrati da provider endogeni (es. insegnanti e
consulenti). Due ragioni principali possono spiegare questo
risultato. Primo, i provider endogeni hanno richieste
competitive (es. insegnare) che ostacolano il mantenimento
della fedelt al programma. Secondo, i provider endogeni
spesso ricevono una minore formazione sul programma in
confronto a quella dei professionisti. , comunque, da
sottolineare che uno studio italiano ha osservato che gli
studenti possono ottenere dei benefici da un intervento di
prevenzione universale somministrato dagli insegnanti
l) alcuni contenuti dellintervento sembrano produrre un esito
migliore. Il numero di procedure e strategie utilizzate nei programmi
molto vario ed esiste una loro sovrapposizione a quelli che hanno
avuto un esito positivo e negativo. di conseguenza molto difficile
trarre delle conclusioni su quali possano essere stati i contenuti
specifici del programma di prevenzione che abbiano determinato un
positivo effetto sulle attitudini disfunzionali e i comportamenti non
salutari. Gli interventi di induzione di dissonanza cognitiva
sembrano produrre il pi largo effetto sullinteriorizzazione
dellideale di magrezza, linsoddisfazione corporea, i comportamenti
dietetici, gli stati danimo negativo e la psicopatologia del disturbo
dellalimentazione, rispetto agli altri programmi. Risultati positivi
sono stati ottenuti anche da programmi focalizzati sullaccettazione
del corpo, su attivit educative che aiutano a costruire lautostima,
sul controllo salutare del peso, sullanalisi critica dellideale di
magrezza promosso dai media e sulluso del computer e di internet
come mezzo di trasmissione delle informazioni. Al contrario,
interventi con un focus psicoeducativo e socioculturale o di
gestione degli eventi stressanti hanno avuto effetti limitati. Questi
dati indicano che la prevenzione della psicopatologia dei disturbi
dellalimentazione pu essere ottenuta attraverso numerose e
diverse procedure e strategie.
I risultati ottenuti dai programmi di prevenzione scolastica dei
disturbi dellalimentazione permettono alcuni suggerimenti pratici che
possono essere utili per chiunque sia impegnato nel campo della
prevenzione scolastica.

42
Primo, non esiste alcuna evidenza statistica indicante che i
programmi di prevenzione scolastica esaminati dalle revisioni sistematiche
producano effetti dannosi negli studenti. I risultati fino ad ora ottenuti
possono rassicurare i genitori e gli insegnanti che la prevenzione
scolastica dei disturbi dellalimentazione non ha effetti generali dannosi sui
comportamenti e le attitudini degli studenti.
Secondo, i risultati promettenti osservati con i programmi di
prevenzione selettiva negli studenti ad alto rischio dovrebbe incoraggiare
gli stakeholder della salute a promuovere ed investire risorse economiche
in questi interventi negli adolescenti, in particolare quelli con pi di 15
anni, a rischio di sviluppare un disturbo dellalimentazione. I programmi,
preferibilmente somministrarti da professionisti, dovrebbero affrontare i
fattori di rischio empiricamente stabiliti e promuovere un salutare controllo
del peso. Dal momento che i programmi selettivi possono avere la
potenzialit intrinseca di produrre la discriminazione dei partecipanti, la
ricerca futura dovrebbe studiare anche strategie per evitare che questo
possa accadere. Alcune recenti tecnologie (es. CD-roms, compiti a casa
su Internet, chat-room guidate) possono aiutare a risolvere questi
potenziali problemi.
Terzo, i risultati scadenti ottenuti dai programmi di prevenzione
universale suggeriscono che per il momento non consigliabile dedicare
risorse economiche in modo indiscriminato per questi interventi. Dal
momento, per, che alcuni casi clinici di disturbi dellalimentazione
derivano dal gruppo di studenti a basso rischio, la ricerca sulla
prevenzione universale dovrebbe continuare e la scuola rimane un luogo
importante dove poter effettuare queste interventi. Poich i programmi di
prevenzione universale non sono generalmente efficaci nel migliorare i
comportamenti non salutari e nel progettare nuovi programmi,
auspicabile porre pi enfasi sui cambiamenti comportamentali includendo
un maggior legame tra la conoscenza, le attitudini e i comportamenti.
Gli esiti scadenti dei programmi di prevenzione possono essere in
larga parte attribuiti alla limitata conoscenza dei fattori di rischio dei
disturbi dellalimentazione e allinsufficiente efficacia dei metodi usati per
manipolare i fattori di rischio potenziali identificati. I risultati incoraggianti
ottenuti dai programmi preventivi di terza generazione suggeriscono che la
ricerca ha per le capacit potenziale di migliorare lesito degli interventi di
prevenzione. Di seguito sono suggerite alcune strategie per cercare di
migliorare i programmi futuri di prevenzione scolastica dei disturbi
dellalimentazione:
a) la maggior parte dei programmi di prevenzione scolastica dei
disturbi dellalimentazione stata progettata senza essere
guidata dalla moderna ricerca sui fattori di rischio. Sebbene la
conoscenza dei fattori di rischio causali sia ancora scadente,
raccomandabile che i futuri programmi di prevenzione siano
empiricamente costruiti con lo specifico proposito di affrontare i
fattori di rischio causali evidenziati dalla ricerca. anche
importante sviluppare nuovi strumenti per identificare gli

43
individui ad altro rischio basandosi sulle ultime scoperte della
ricerca sui fattori di rischio
b) la maggior parte degli studi soffre di numerosi difetti
metodologici. Molti studi pubblicati non includono un gruppo di
controllo e senza questa condizione impossibile distinguere gli
effetti dellintervento da quelli del passare del tempo. In molti
casi il follow-up stato inadeguato per poter raggiungere delle
conclusioni utili
c) alcune strategie per migliorare lefficacia dei programmi di
prevenzione per i disturbi dellalimentazione possono essere
imparate da altri campi della prevenzione (es. depressione). Ad
esempio, alcuni interventi psicosociali sono stati disegnati con il
proposito di ridurre il rischio di depressione nei figli di genitori
depressi, senza tenere conto della trasmissione del rischio
(genetico o appreso) (Pearson et al., 2002). Nessuno studio,
fino ad ora, stato mirato ai figli dei genitori affetti da disturbi
dellalimentazione
d) un altro campo, da dove potrebbero utilizzare qualche strategia i
ricercatori che si occupano di prevenzione, lauto-aiuto con
manuali adottato nel trattamento dei disturbi dellalimentazione
pi lievi. Questo approccio ha evidenziato effetti positivi nel
trattamento della bulimia nervosa e del disturbo da
alimentazione incontrollata (Loeb et al., 2000, Dalle Grave,
1997). Lauto-aiuto con i manuali pu essere usato senza laiuto
di un terapeuta (auto-aiuto puro) o con il supporto e la guida di
un terapeuta, anche non specialista (auto-aiuto guidato). I
contenuti di alcuni libri di auto-aiuto sono derivati dalla teoria e
terapia cognitivo comportamentale della bulimia nervosa, la pi
efficace forma di trattamento valutato nelle ricerche controllate
(Wilson and Shafran, 2005). Lauto-aiuto con manuali usa
alcune strategie efficaci per aumentare la motivazione al
cambiamento, per ridurre la restrizione alimentare e leccessiva
importanza attribuita al peso e alla forma del corpo. Le ricerche
sulla prevenzione, con poche eccezioni (Stice et al., 2008a),
hanno completamente trascurato limportanza di aumentare la
motivazione dei partecipanti e non hanno sistematicamente
usato le efficaci strategie cognitivo comportamentali per ridurre i
comportamenti e le attitudini disfunzionali sullalimentazione, sul
peso e sulla forma del corpo. Luso di alcune strategie
dimostratesi efficaci nellauto-aiuto con manuali potrebbe essere
un modo per ottenere dei risultati positivi con interventi di
prevenzione indicata a individui che mostrano i prodromi del
disturbo dellalimentazione
e) sarebbe opportuno creare un ambiente con meno fattori di
rischio: i fattori socioculturali sembrano giocare un ruolo chiave
nello sviluppo dei disturbi dellalimentazione, unaffermazione
supportata da almeno quattro linee di evidenza (Striegel-Moore
et al., 2007): (1) la preponderanza di individui colpiti da disturbi

44
dellalimentazione appartiene al genere femminile; (2)
laumentata incidenza dei disturbi dellalimentazione associata
con la diminuzione del peso ideale delle donne; (3) la maggiore
incidenza e prevalenza di disturbi dellalimentazione nelle
culture che valorizzano lideale di magrezza e (4) lassociazione
significativa tra interiorizzazione dellideale di magrezza e
sviluppo futuro di disturbi dellalimentazione. Qualche tentativo
per modificare alcuni fattori di rischio ambientali per i disturbi
dellalimentazione stato fatto in alcuni Paesi occidentali. In
Italia, ad esempio, stato pubblicato il Manifesto di
Autoregolamentazione della Moda Italiana Contro lAnoressia
(Ministro per le Politiche Giovanili e le Attivit Sportive, 2006)
che ha raccomandato, ma non obbligato, ai produttori di moda
di: (1) disseminare un modello di bellezza mediterraneo; (2)
proteggere la salute delle modelle non permettendo di
partecipare alle sfilate quelle che hanno una diagnosi di disturbo
dellalimentazione di gravit clinica valutato da un medico e che
tenga conto anche dellIMC; (3) non far sfilare modelle di et
inferiore ai 16 anni; (4) promuovere presso gli associati e le
aziende che sfilano linserimento generalizzato nella produzione
delle collezioni per il consumatore finale delle taglie 46 e 48; (5)
affiancare le istituzioni e le associazioni mediche specializzate
nel promuovere campagne di comunicazione che modifichino
positivamente i modelli estetici ispiratori della formazione
dellidentit e dei comportamenti sociali; (6) impegnarsi a
prevedere nei regolamenti interni misure idonee a garantire il
rispetto dei principi espressi nel manifesto.

3.2 La necessit di un approccio integrato multidisciplinare.

Lapproccio multidisciplinare integrato30 indicato dal Ministero


della Sanit e dalle Linee Guida nazionali ed internazionali, come il pi
valido per la riabilitazione e la cura dei disturbi del comportamento
alimentare. Il modello multidisciplinare utilizza lintervento di unquipe
composta da diverse figure professionali: internisti, nutrizionisti, psichiatri,
psicologi clinici, assistenti sociali, privilegiando, senza mai escludere
laltro, il versante somatico o psichico a seconda delle fasi della malattia.
Tale rete, completa nelle sue parti, consiste di fornire alle pazienti un
percorso assistenziale coordinato e complessivo, valutando attentamente
lutilizzazione dei vari gradi di assistenza durante le diverse fasi della

30
Caviglia, Cecere (2007), I disturbi del comportamento alimentare: lapproccio
multidisciplinare per un intervento efficace, Roma: Carocci Faber.

45
terapia. E necessario garantire lappropriatezza dellintervento terapeutico
e laccessibilit ad una diagnosi tempestiva. In precedenza si gi
accennato al fatto che gli studi di esito internazionali dimostrano che un
trattamento integrato ben effettuato ha elevate probabilit di efficacia,
mentre interventi parcellizzati aumentano la percentuale di cronicizzazione
del disturbo. Gli interventi non integrati, infatti, rischiano di essere poco
coerenti luno rispetto allaltro, ridondanti su certi versanti e magari
insufficienti su altri; facilmente si sovrappongono e talvolta arrivano ad
essere contrastanti31. Ne deriva una notevole dispersione di risorse e di
energia sia dei terapeuti sia del paziente (e del suo contesto), con il rischio
di rafforzare i meccanismi di scissione e di favorire il mantenimento dello
status quo.
E importante sottolineare che solamente il servizio pubblico pu
davvero strutturare un intervento cos complesso e garantire la presa in
carico reale del paziente e dei suoi familiari in tutte le fasi del trattamento.
E altres importante e auspicabile attivare una rete omogenea di sinergie
tra i servizi pubblici e quelle associazioni del volontariato (e non a scopo di
lucro) che si dedicano allo studio e alla prevenzione dei DCA. Queste
ultime nel corso degli anni hanno acquisito larga visibilit pubblica ma
spesso operano senza che sia stata avviata una efficace comunicazione e
cooperazione con i centri pubblici del territorio.
Il contesto istituzionale il luogo nel quale si integrano le diverse
competenze degli psicoterapeuti e degli altri operatori che, insieme al
paziente, costruiscono un progetto psicoterapeutico, individuale o di
gruppo, oltre che medico-nutrizionale ed eventualmente psichiatrico. La
dimensione psicoanalitica non prevede leliminazione del disturbo o la
rieducazione forzata del comportamento alimentare, ma considera il
sintomo come lunico linguaggio, al momento possibile per il paziente, per
esprimere e contenere il dolore.
Il paziente, secondo questo approccio, pu cos essere seguito in
un unico luogo e inserito in un percorso che include i suoi diversi livelli di
funzionamento (corporeo, individuale, familiare e relazionale), trattati in
modo sia specifico sia integrato. Gli interventi possono essere svolti con
diverse modalit e differenti livelli di intensit allinterno del percorso
terapeutico, che vengono stabiliti in base ad ogni soggetto.
Un adeguato modello di cura dei disturbi alimentari prevede che gli
interventi multidisciplinari integrati possano essere svolti con diversa
intensit, (ambulatorio, day-hospital, ricovero ospedaliero in fase acuta,
residenzialit) valutata e, ricalibrata ciclicamente, in base allevoluzione di
ogni soggetto ma anche alle sue resistenze e difficolt di cambiamento.
Esso prevede inoltre la costruzione di una rete di intervento sul territorio in
collaborazione con altri professionisti, servizi e strutture per favorire la

31
Nizzoli U. (2004), Valutazione ed efficacia dei trattamenti dei disturbi del
comportamento alimentare, Padova: Nuova Libraia.

46
cura del paziente anche in caso di ricovero o di invio a una struttura
residenziale.
L'esistenza stessa di un'equipe multidisciplinare costringe il
paziente con DCA a riflettere sui vari aspetti del proprio disagio e permette
a questultimo di "riunire" le varie parti della propria sofferenza e di
elaborarle in un percorso terapeutico. Dal punto di vista dei terapeuti, poi,
l'integrazione in un'quipe permette di far fronte a quel senso di impotenza
che talvolta pu sopraggiungere di fronte a casi molto problematici, in cui
la situazione appare molto complicata, la famiglia fortemente invischiata, il
paziente difficilmente agganciabile. In queste situazioni, molto spesso,
lquipe svolge non solo la funzione, di per s comunque molto
importante, di ottenere un inquadramento diagnostico e unanalisi di
contesto pi approfonditi e arricchiti dai diversi punti di vista delle differenti
professionalit, ma anche quella di suddividere tra i componenti della
stessa quipe compiti che sarebbero incompatibili se svolti dal medesimo
terapeuta. Rilevante inoltre la funzione dellquipe di supportare ogni
professionista nelle sue scelte e nello svolgimento del suo lavoro; proprio
perch le situazioni sono spesso complesse (talvolta con rischi di
sopravvivenza del paziente) e impongono interventi su pi fronti (organico
e psicologico, con il paziente e con la famiglia), il confronto costante, la
suddivisione dei compiti e il coordinamento degli interventi diventano
protettivi per la salute e la motivazione degli operatori stessi, e quindi
preventivi rispetto al rischio di burn out..
Un trattamento multimodulare prevede che si propongano interventi
differenziati a seconda della fase della patologia e dallo spazio di manovra
che il paziente o la situazione lasciano, considerando che:
1) ciascuna fase caratterizzata da specifici bisogni, un diverso grado di
consapevolezza di malattia, un certo livello motivazionale, determinati
meccanismi difensivi, difficolt, risorse;
2) per quanto il clinico, o meglio lequipe, si sforzi di calibrare lintervento
sulla fase di cambiamento del paziente e sugli elementi specifici che ha
raccolto nellosservazione e diagnosi, ladesione al trattamento , in ultima
istanza, una scelta del paziente. Una proposta di intervento che tenga in
debito conto la struttura di personalit del paziente e gli elementi
situazionali, le resistenze, le risorse, i fattori protettivi e di rischio riduce ma
non annulla la possibilit di rifiuto da parte del paziente di partecipare al
trattamento proposto, con rischio di drop out32 se il clinico (o lequipe
curante) non riesce a ristrutturare la situazione (innalzando la motivazione
del paziente o formulando unipotesi alternativa).
Sempre di pi laspetto sociale, sanitario, preventivo e assistenziale
si intrecciano nella complessit della realt che viviamo, connotata da
instabilit e incertezza, da maggiori rischi di esclusioni e sperequazione,
da domande di salute e tutela per bambini e adolescenti, pi rispondenti ai
32
Interruzione volontaria del trattamento.

47
loro tempi e spazi, adeguati ai nuovi scenari familiari e sociali. Lapproccio
multidisciplinare sicuramente il pi consono alla comprensione del
complesso mondo delladolescenza e dei giovani adulti; implica un grande
investimento nella cooperazione tra settori e una solida collaborazione tra
diversi professionisti, tutti ugualmente importanti per la presa in carico del
ragazzo o della ragazza che vive un disagio o a rischio di patologie:
medici, psicologi, assistenti sociali e sanitari, avvocati e giudici, volontari
laici e cattolici, insieme dovrebbero tessere una rete che offra sostegno,
ascolto ed aiuto effettivi ai ragazzi, supporto e consulenza agli adulti.

3.3 Lassistente sociale nei Servizi D.C.A. in Italia: il lavoro coi


gruppi, il sostegno alle famiglie.

Le linee guida nazionali33 e internazionali (APA, NICE) pongono


laccento sul ruolo fondamentale giocato dallequipe multidisciplinare nei
servizi per i DCA. Questultima infatti si occupa della diagnosi, della presa
in carico globale e della cura dellutente affetto da DCA.
E noto che lequipe solitamente costituita da diverse figure:
medici, psichiatri, psicologi, nutrizionisti e assistenti sociali, i quali insieme
apportano il loro contributo nella programmazione, esecuzione e
valutazione del progetto terapeutico34. Si gi parlato abbondantemente
in precedenza delle indispensabili funzioni svolte, in ambito di DCA, dalle
figure prettamente mediche quali psichiatri, nutrizionisti ma anche dagli
psicoterapeuti. Meno spesso invece si parla dei compiti, altrettanto
importanti, spettanti allassistente sociale appartenente allequipe nei
DCA. In Italia lassistente sociale non presente in tutti i servizi DCA, e
mancando una normativa nazionale unitaria e sistematica valida in tutto il
Paese, ogni regione adotta delle proprie linee guida e dei protocolli
contenenti indicazioni riguardo la prevenzione, il funzionamento di
servizi/centri e il personale (equipe) preposto allaccoglienza e alla cura
dei pazienti affetti da DCA.
In generale, lassistente sociale quando presente in equipe
svolge alcune funzioni peculiari. E necessario premettere che lassistente
sociale un professionista che opera secondo i principi e i valori propri del
servizio sociale.

33
www.salute.gov.it
34
Articolo web. Ministero della salute. DCA- Buone pratiche di cura e prevenzione sociale
(progetto).

48
Allassistente sociale dunque, se presente in un equipe che si
occupa di DCA, spetta limportante funzione dellaccoglienza degli utenti,
allinterno del servizio. In particolare questo professionista effettua una
serie di colloqui, informativi (volti allo scambio di informazioni) e
diagnostici (al fine di identificare il disturbo e definire il bisogno). Grazie
alle informazioni acquisite, insieme allequipe, procede con lanalisi, la
valutazione ed eventualmente la presa in carico dellutente.
Oltre alle funzioni di rapporto diretto con lutenza e di front-office,
lassistente sociale specialista pu svolgere funzioni di back-office,
mediante una forma di coordinamento interno dellequipe stessa,
programmando e gestendo attivit e interventi dei professionisti, e una
forma di coordinamento esterno volta a promuovere e programmare
interventi nellambito del sistema integrato di servizi sociali e sanitari.
In particolare, lassistente sociale specialista si trova costantemente
a tessere una rete sul territorio, al fine di creare servizi sempre pi in
grado di rispondere ai bisogni della popolazione in modo efficace ed
efficiente.
Lassistente sociale svolge dunque un ruolo essenziale in unequipe
che opera nel sostegno, orientamento e cura dei DCA, pertanto
chiamato ad intervenire nel rispetto dellutente, dei principi dettati dal
codice deontologico e in una logica di empowerment e case management.
Per il servizio sociale, e in modo particolare per lassistente sociale,
il gruppo un concetto fondamentale in quanto ricopre il duplice ruolo di
risorsa e di metodo professionale specifico avente obiettivi e principi
propri35.
Lassistente sociale che attiva un gruppo o vi partecipa, sa che si
tratta di unentit che si costruisce nel tempo e pu disintegrarsi, in cui si
incontrano molteplici ordini di diversit. Per promuovere unaggregazione
e per incoraggiare a parteciparvi, bisogna poterne garantire, almeno per
certi aspetti, la congruenza con i bisogni delle persone, che vanno poi
negoziati allinterno di un ambiente rassicurante.
Parlando nello specifico di gruppi di lavoro, questi ultimi non si
formano sulla base di bisogni personali: listanza cui risponde un team di
progetto relativa allefficacia dellintervento, che, se vissuta come
esigenza e sperimentata come bisogno, pu far desiderare la
sopravvivenza del gruppo.
Lassistente sociale pu configurare il gruppo come un potenziale
sistema di risorse, da mobilitare in direzione degli obiettivi: quindi, averne
una visione positiva risulta determinante per poter, di conseguenza,
svolgere unazione promozionale finalizzata alla pi ampia partecipazione.
Lassistente sociale si interrogher lungo il percorso del gruppo sui
fenomeni che si sono richiamati:
a) come interagiscono i membri
35
Ferrario, F. (2001), Il lavoro di gruppo nel servizio sociale, Roma: Carocci.

49
b) quali bisogni trovano risposta e quali rimangono scoperti
c) quali fattori favoriscono od ostacolano la coesione
d) quale struttura si definita, in base a quali ruoli e attraverso
quale processo negoziale
e) quali regole sono condivise e quale filosofia attraversa il gruppo
f) come si muove/ mosso il gruppo di fronte alla necessit di
decidere
g) quale fase della sua vita sta attraversando o ricoprendo.

Sulla scia del processo di de-istituzionalizzazione, iniziato in Italia


negli anni settanta, viene valorizzato il territorio come spazio di interventi:
il lavoro di gruppo e con gruppi diventa la modalit di impegno elettiva, in
cui lassistente sociale si trova coinvolto. Il gruppo costituisce uno
strumento fondamentale nella ridefinizione organizzativa dei servizi
residenziali quali le comunit protette: gruppi di operatori e gruppi di ospiti,
che partecipano alla gestione della quotidianit o che svolgono attivit di
tempo libero, in cui lassistente sociale si spende assumendo ruoli non
sempre propri, ma pi squisitamente educativi e talvolta terapeutici.
Per quanto riguarda lo sviluppo dei diversi modelli di gruppo, se si
percorre la successione storica dei gruppi emblematici, si possono
individuare tre possibili filoni: luno relativo ai gruppi si socializzazione,
laltro concernente i gruppi costitutivi dellorganizzazione e dei suoi
rapporti con le realt esterne, il terzo riguardante i gruppi di
rappresentanza e partecipazione civica: dapprima i comitati, poi i gruppi di
pressione e infine i gruppi di territorio con caratteristiche di autonomia.
Mentre il primo filone viene pressoch ad esaurirsi per gli AASS (sigla
usata per indicare gli assistenti sociali), lasciando campo agli educatori
professionali, si ampliano e diversificano le esperienze dei gruppi di lavoro
nellorganizzazione e tra i servizi. Il terzo filone si traduce nella
partecipazione a gruppi di progetto, che si rendono autonomi e si
rinforzano, giovandosi anche della presenza dellassistente sociale, o nello
stimolo e supporto a iniziative collettive. A fianco di questi tre filoni, i
gruppi a contenuto terapeutico, mai considerabili come emblematici di
unepoca, e considerati aspecifici rispetto allazione dellassistente sociale,
anche se comunque presente, continuano ad interessare questo
operatore in funzione di affiancamento di altri professionisti direttamente
coinvolti (vedi il campo psichiatrico), in parte si pu sostenere mutino la
loro configurazione trasformandosi nei gruppi con contenuti di mutuo-
aiuto36 attivati da professionisti, microcollettivi alla ricerca di nuove
modalit risolutive, che mettano a frutto le risorse delle persone.
I vocaboli variet e insieme possono essere utilizzati per
sintetizzare come attualmente si configuri limpegno dellassistente sociale
in rapporto alluniverso dei gruppi.

36
P.R. Silverman (2001), I gruppi di mutuo aiuto, Trento: Erickson.

50
Relativamente al concetto di variet: il rapporto con i gruppi si apre
a ventaglio, in quanto lassistente sociale attraversa potenzialmente
diversi contesti collettivi, condizione che postula lo sviluppo di capacit
diversificate in rapporto al tipo e alle finalit del collettivo: partecipare nei
gruppi di servizio, sviluppare relazioni con gruppi autonomi, organizzare
iniziative e promuovere lautonomia dei microcollettivi di cittadini, eccetera.
Rispetto al concetto di insieme: da operatore sociale unico degli
anni cinquanta, lassistente sociale deve oggi collocarsi come membro
attivo in un sistema multi professionale e pluralistico, in cui molti
professionisti sono interessati e coinvolti nella pratica di gruppo e i ruoli si
ridefiniscono nei fatti in base alle competenze dimostrabili, alla
disponibilit di giocarsi e alla capacit di condividere e perseguire obiettivi
comuni con una propria identit.
Le persone, quando sono in difficolt, non necessitano sempre di
interventi professionali, perch si possono aiutare tra di loro, in base a una
serie di fattori significativi, che fondano la cultura dei gruppi di auto-mutuo-
aiuto:
a) le esperienze di vita costituiscono dei contenitori di conoscenze
b) la condivisione di unesperienza conferisce una particolare
capacit di comprensione reciproca
c) la parit tra i soggetti, contrapposta al rapporto sbilanciato con i
professionisti, crea una condizione favorevole allaiuto
d) lo scambio di esperienze, tentativi e fallimenti ha un esito de-
stigmatizzante e propulsivo di mutuo beneficio.
Le esperienze dei membri trasformano ogni gruppo in serbatoio di
conoscenze, quindi in ambito di potenziale apprendimento, in cui i membri
possono aiutarsi in base alla sofferenza provata e alla ricerca intrapresa in
quanto esperti del problema: le esperienze di ciascuno costituiscono un
contenuto che riguarda tutti, le diverse proposte suscitano curiosit,
trasposizione immaginaria nella propria storia e messa alla prova della
concretezza, mentre il confronto semplificato dallintento risolutivo che
accomuna. I soggetti riconoscono il problema comune e assumono le
proprie responsabilit rispetto alla situazione, per impegnarsi con vincolo
reciproco in unalleanza finalizzata.
Lassistente sociale si occupa di gruppi che per lo pi non sono di
auto-mutuo-aiuto puri, ma ne contengono la potenzialit, tanto che lo
sviluppo di reciproco sostegno viene considerato da alcuni autori come il
fondamento del lavoro di gruppo con le persone, in direzione di una loro
migliorata autonomia.
Al di l della distinzione tra gruppo di lavoro comune ad altri
professionisti e gruppo con le persone, si apre il ventaglio delle differenti
letture di ruolo oppure se ne accentua una componente considerata
particolarmente significativa, ad esempio la mediazione o la facilitazione.
Se si considerano le funzioni dellassistente sociale rispetto ai gruppi, esse

51
riguardano le due grandi componenti del partecipare e del condurre e
concernono:
1) il tipo di contribuzione allinterno del processo partecipativo, in
qualit di soggetto con identit specifica, a contatto con diversit
di identit e di apporti: membro, esperto, informatore ecc., ruoli
che non sempre si escludono, ma che possono prevalere a
seconda dei casi
2) le modalit del controllo del processo e i livelli di partnership e
condivisione: dalla guida-organizzazione-gestione,
allattivazione-facilitazione-accompagnamento del processo di
gruppo, dalla regia al percorso codefinito.
Anche se le funzioni possono variare nelle diverse situazioni, il
ruolo dellassistente sociale nei gruppi comunque legato allidentit di
fondo della professione e supera la distinzione tra gruppo strumento o
situazione di lavoro plurale o relazione con soggetti collettivi.
Attingendo anche alla letteratura prodotta sul tema, le funzioni
dellassistente sociale possono essere fruttuosamente incrociate con i
tempi dellazione:
a) prima del gruppo, lassistente sociale ideatore/coideatore:
sviluppa idee, immagina possibilit, inventa modalit per
realizzare
b) allavvio, un promotore, che favorisce il realizzarsi dellevento
e il suo evolversi, o un sostenitore, se vi gi uniniziativa
c) nel percorso un coordinatore del processo e nel contempo
garante delliniziativa, facilitatore nel senso che favorisce gli
avvenimenti, anche abilitatore, quando contribuisce al processo
di autonomizzazione.
E comunque portatore di conoscenze specifiche, messe a
disposizione con modalit costruttive, non per demolire le conoscenze o i
processi di ricerca altrui: pu aiutare nellanalisi della realt, orientare sul
metodo di lavoro e le procedure per decidere e operare.
Le due funzioni giocate, denominabili anche funzioni contenitore,
sono collocabili idealmente su due assi incrociati, in cui quello verticale
unisce le competenze, che attribuiscono al ruolo dellassistente sociale
una posizione dispari rispetto ai componenti: progettare/organizzare e
condurre/accompagnare, mentre quello orizzontale collega le
competenze, che richiamano la pariteticit nel rapporto con altri:
partecipare, relazionare.
Proprio grazie alla sua competenza professionale in materia di
gruppi e di supervisione, di analisi sociale dei bisogni, di riabilitazione
sociale da un lato, e al frequente ricorso a questi strumenti (soprattutto
nelle forme di gruppo dei familiari oppure nella forma del counselling, ecc.)
da parte del Sistema DCA dallaltro, lassistente sociale nei Servizi DCA, in
Italia, effettua i suoi interventi principalmente nei gruppi, come ad esempio
nei gruppi dei familiari di pazienti che soffrono di disturbi
dellalimentazione, oppure svolgendo la funzione di counselling per le

52
coppie di genitori degli stessi pazienti, o ancora assumendo il ruolo di
coordinatore dellequipe, spesso effettuando anche lanalisi sociale dei
bisogni portati dagli utenti con conseguente attivazione del lavoro di rete
per il reperimento delle risorse necessarie agli utenti e al Servizio.
Non essendoci ancora una normativa nazionale unificata in merito,
le diverse Regioni disciplinano le funzioni e i compiti spettanti a questa
figura secondo proprie linee guida, delibere della Giunta, protocolli. Perci
lassistente sociale in alcune regioni presente (nellequipe dei DCA) in
misura maggiore rispetto ad altre in cui la sua presenza scarsa o
addirittura nulla.
Da un confronto tra le diverse linee guida regionali, emerge che
alcune regioni italiane sono allavanguardia per quanto riguarda la
disciplina e il regolamento di specifiche funzioni da conferire allassistente
sociale nei Servizi per i DCA rispetto alle altre.
Ad esempio, lEmilia Romagna, nello specifico lAzienda USL di
Reggio Emilia37, prevede che il counselling per la coppia genitoriale sia
svolto dallassistente sociale. Il counselling rivolto a familiari di pazienti
gi in carico presso il Sistema DCA e a familiari di pazienti con presunto
Disturbo del Comportamento Alimentare che non accettano di rivolgersi al
Sistema DCA perch negano o minimizzano il problema; esso consiste in
uno o pi colloqui di sostegno terapeutico, finalizzati allanalisi dei bisogni
e delle difficolt nelle relazioni familiari, anche in rapporto al Disturbo del
Comportamento Alimentare. I colloqui sono finalizzati ad individuare gli
aspetti pi significativi (e naturalmente a favorire un insight riguardo ad
essi nei genitori) della storia del soggetto con DCA, delle relazioni
intrafamiliari, dellatteggiamento del paziente percepito dal contesto
familiare come particolarmente disturbante e/o distorto, della
comunicazione, dei sensi di colpa, vissuti di rabbia, insofferenza,
delusione nei genitori, delle modalit relazionali che influenzano
negativamente la qualit delle competenze genitoriali, delle ipotesi sulle
cause sottese allinsorgere del DCA. Gli obiettivi del counselling sono:
a) favorire nei genitori la consapevolezza che il Disturbo del
Comportamento Alimentare il segnale di un malessere
intrapsichico legato a un processo di crescita difficoltoso
(esternalizzazione del conflitto)
b) individuare un percorso di aiuto per i genitori stessi (altri
colloqui di counselling, gruppo psico-educativo, terapia
familiare)
c) se il soggetto con presunto Disturbo del Comportamento
Alimentare non ancora in carico presso il Sistema DCA,

37
Articolo scientifico a cura di Aldrovandi R., Benedetti A., Bosi R., Bronzoni B., Coppola
E., Dallai N., Di Buono A., Manicardi E., Martinelli F., Poldi M., Sangiorgi A., Siligardi S.,
Zannini A.(2012),Prevenzione, assessment e trattamento dei disturbi del comportamento
alimentare, www.psychiatryonline.it

53
aiutare i genitori ad individuare la strategia pi utile per motivare
il figlio al trattamento.

Nella realt provinciale reggiana, nella cura e prevenzione dei


disturbi del comportamento alimentare opera dalla fine del 1998, come
servizio pubblico, il Sistema DCA: esso si basa su un progetto
interdipartimentale e interaziendale, ed sorto allo scopo di creare una
rete che permetta di ottimizzare tutte le risorse presenti sul territorio
provinciale. Lquipe clinica multidisciplinare infatti composta da
operatori che, oltre a possedere competenze in differenti discipline, hanno
diversa provenienza: giungono sia da Aziende diverse (lAUSL e
lArcispedale Santa Maria Nuova), sia da vari Servizi e Dipartimenti della
stessa AUSL (tra cui la Neuropsichiatria Infantile, i Servizi Sociali, la
Psichiatria, il Sert).

In Veneto, la Comunit Silesia che nasce nel 2000 come Comunit


Terapeutica Residenziale e che accoglie ospiti con Disturbi del
Comportamento Alimentare, stata autorizzata allesercizio dalla Giunta
Regionale del Veneto; essa ha sede a Vicenza. Il progetto di questa
comunit, voluto dalla Cooperativa Sociale Linte, ha attirato lattenzione
della comunit scientifica nazionale e internazionale, poich stato il
primo a cogliere e a proporre una riabilitazione sociale unita a quella
sanitaria38. Nellequipe multidisciplinare di questa comunit prevista
anche la figura dellassistente sociale, la quale svolge alcuni compiti
specifici. Lassistente sociale,infatti, aiuta gli utenti ad utilizzare in modo
valido le risorse disponibili e a sviluppare la propria autonomia e
responsabilit, organizzando e promuovendo prestazioni e servizi il pi
possibile rispondenti alle esigenze degli ospiti, valorizzando e coordinando
a tale scopo tutte le risorse pubbliche che private istituite per realizzare gli
orientamenti della politica sociale. Il suo apporto si sviluppa attraverso
colloqui ed incontri con gli ospiti.
Essa svolge inoltre unanalisi approfondita dei problemi da questi
presentati, giungendo ad uno studio sociale del caso e a una diagnosi o
valutazione della situazione, come base per la formulazione e attuazione
di un piano di intervento. Ci avviene attraverso unazione coordinata
delle risorse intorno al problema evidenziato, nonch attraverso la verifica
dei risultati ottenuti in rapporto alla soluzione del problema stresso.
Questa attivit accompagnata, pi propriamente, da interventi di
tipo amministrativo-organizzativo allinterno della Comunit, ed
finalizzata a raccogliere informazioni sui maggiori problemi dellarea di
utenza di propria competenza, a integrare e coordinare servizi diversi, a
promuovere iniziative che rendono pi efficace lattivit di riabilitazione
psicosociale.

38
www.comunitasilesia.it

54
Lassistente sociale parte integrante dellquipe. Il suo compito
contribuire allanalisi del bisogno sociale o socio-assistenziale presentatosi
in concomitanza con il ricovero della persona e allimmediata
pianificazione e attuazione dellintervento. In particolare la funzione
professionale favorisce il buon utilizzo delle risorse presenti sul territorio di
riferimento per lospite.
Questa figura svolge il collegamento tra il dentro e il fuori della
Comunit Silesia, ovvero tra i bisogni della comunit e dei suoi ospiti e le
risorse disponibili. Ricerca eventuali percorsi lavorativi , tirocini di
formazione o di orientamento, corsi di formazione e percorsi scolastici.
Sempre la Regione del Veneto, in un progetto a cura del
Dipartimento di Salute Mentale ULSS 5 Arzignano (VI) prevede la
presenza dellassistente sociale nellequipe multidisciplinare.

Per quanto riguarda lUmbria, le Linee Guida Regionali per la


diagnosi e il trattamento dei DCA prevedono lintervento dellassistente
sociale in determinati, seppur limitati, contesti. In particolare, il Centro
diurno Il Nido delle Rondini di Todi, operativo da marzo 2012,
interamente ed esclusivamente dedicato a pazienti che presentano una
lunga storia di malattia e necessitano di un trattamento riabilitativo meno
intensivo rispetto ad un ricovero residenziale, ma pi prolungato nel
tempo, che consenta un graduale ripristino delle abilit sociali e il
reinserimento nel mondo lavorativo o dello studio. Il Servizio
interdipartimentale afferisce al Distretto Media valle del Tevere. Lequipe
integrata arricchita da uninsegnante e un assistente sociale che si
occuperanno specificatamente del reinserimento sociale. La struttura
dispone di 15 posti letto.
Anche nell AUSL Umbria 2 Terni, ambulatorio integrato dedicato
nellambito del DSM, per la diagnosi, terapia e la prevenzione dei DCA,
particolarmente centrato su terapie della famiglia, lassistente sociale si
occupa dei gruppi dei familiari degli utenti con disturbi alimentari.
Inoltre, le associazioni presenti in Umbria promuovono attivit di
sostegno alla famiglia, anchessa direttamente coinvolta nella
problematica, attraverso interventi educativi e di mutuoaiuto, avvalendosi
a volte della consulenza di esperti per affrontare tematiche specifiche
legate alla gestione della sofferenza e delle difficolt relazionali. Tale
contesto consente ai familiari di recuperare un ruolo attivo potenziando,
nel confronto con i pari, le proprie abilit educative e genitoriali, cosi da
rendere pi efficace lo stesso percorso terapeutico intrapreso presso un
servizio specialistico. Un esempio di associazione di questo tipo
lAssociazione Mi fido di te, la quale nasce nel 2006 per volont di un
comitato promotore di genitori di pazienti con DCA afferenti al centro
Palazzo Francisci di Todi. LAssociazione persegue esclusivamente
finalit di solidariet sociale e sociosanitaria, operando in sostegno dei

55
pazienti e dei loro familiari in collaborazione con i Centri Palazzo Francisci,
Nido delle Rondini e Centro DAI dellUSL Umbria 1.
Le attivit dellassociazione si svolgono allinterno di rapporti di
convenzione con la Provincia di Perugia, con la USL Umbria 1
(convenzione n. 346 del 01/06/2011, rinnovata successivamente il
2/10/2012) e con lente tuderte ETAB La Consolazione (convenzione del
24/07/2012)39.

Le attivit previste sono:


a) sensibilizzazione e prevenzione mediante lorganizzazione di
seminari specifici rivolti ad operatori sanitari, organizzazione di
incontri pubblici rivolti alla cittadinanza sui temi e le
problematiche legate ai DCA e incontri di formazione e
prevenzione nelle scuole medie e superiori, per informare gli
studenti e soprattutto gli insegnanti sulle principali caratteristiche
di tali sindromi
b) gestione dellappartamento la casa di Pandora, per ospitalit di
pazienti affetti da DCA e delle loro famiglie, in accordo di
convenzione con lente ETAB la Consolazione
c) sostegno psicologico alle famiglie mediante la creazione di
gruppi di aiuto e sostegno per genitori, parenti e amici di
persone affette da DCA presso il Centro Palazzo Francisci. Da
qualche anno lAssociazione organizza dei seminari residenziali
destinati a genitori, parenti o operatori del settore in cui vengono
approfonditi dei temi importanti riguardanti la patologia
attraverso interventi teorici e lavori esperienziali
d) formazione di operatori o persone interessate ad approfondire la
tematica dei DCA attraverso lorganizzazione di un Master di
durata annuale, in collaborazione con lUniversit degli Studi di
Perugia, dal titolo Le buone Pratiche di cura dei disturbi del
comportamento alimentare, di cui la prima edizione si svolta
nel 2009. Attualmente si giunti alla terza edizione
e) sensibilizzazione attraverso materiale informativo e produzione
di testi quali Il vaso di pandora e Universi confusi, come
guida per i genitori e operatori sociosanitari.

Anche il progetto sperimentale Disturbo dellalimentazione:


Conoscere per curare e per vivere, ad esempio, promosso dal CSM di
Soverato (Calabria), nellesigenza di dotare i Comprensori di Soverato
Chiaravalle di un centro per la diagnosi e la cura dei D.A., prevede
esplicitamente che in questo centro, in particolare nel suo Centro Diurno,
tra le modalit di intervento(nel trattamento dei DCA) quella
psicoeducazionale professionale e quella dei gruppi psicoeducazionali per
i genitori siano svolte dallassistente sociale oltre che dalleducatore.

39
Regione Umbria, LINEE GUIDA REGIONALI per la diagnosi ed il trattamento dei
disturbi del comportamento alimentare. Edizioni Regione Umbria (2013).

56
Nel Lazio, e in particolare a Roma, la presenza dellassistente
sociale tuttaltro che scontata e automatica. La situazione infatti varia di
ASL in ASL. Mentre ad esempio, nella UOC DCA della Asl RM/C manca la
figura dellassistente sociale in equipe, nel Centro DCA della Asl RM/E
invece essa presente e si occupa principalmente di fornire sostegno alle
famiglie degli utenti con un disturbo alimentare attraverso il gruppo.
In Basilicata40 invece, il Centro per la cura dei Disturbi del
Comportamento Alimentare e del Peso G. Gioia situato nel centro abitato
di Chiaromonte (PZ), attivo dal mese di Agosto 2006 ed ha gi ospitato
pazienti provenienti da molte regioni italiane. La complessit del
trattamento, ha richiesto la costituzione di unequipe composta da molte
figure professionali che lavorano allinterno di un progetto terapeutico
condiviso:
a) una Responsabile del DCA
b) un Responsabile Amministrativo
c) unassistente sociale coordinatrice
d) undici educatori
e) uno psichiatra
f) due nutrizionisti
g) tre psicologi-psicoterapeuti
h) uno psicologo-psicoterapeuta (supervisore attivit cliniche ed
integrate)
i) un endocrinologo internista
j) due dietiste
k) due pediatri Internisti
l) un infermiere coordinatore
m) due infermieri professionali
n) un fisioterapista coordinatore
o) un ginecologo
p) una biologa
q) una antropologa
r) una musicoterapeuta
s) due operatori-tecniche di rilassamento
t) un operatore attivit di laboratorio
u) tre operatori attivit ippo-onoterapia.

La Regione Marche, nello specifico il Servizio DCA di Pesaro


(ASUR Zona territoriale 1)41, propone diverse attivit terapeutiche, tra
queste: psicoterapie individuali, di gruppo, incontri psicoeducazionali di

40
http://www.aspbasilicata.net, SERVIZIO SANITARIO REGIONALE BASILICATA,
Azienda Sanitaria Locale di Potenza.
41
www.asurzona1.marche.it

57
gruppo, psicoterapie familiari, supporto ed informazioni per i familiari, ecc.,
e unequipe composta dalle seguenti figure professionali:
a) 2 medici psichiatri psicoterapeuti
b) 2 infermiere
c) 6 psicologhe
d) 1 assistente sociale
e) 1 dietista
f) psicologi tirocinanti.

In Sicilia, la situazione riguardo la cura dei DCA davvero critica.


Attualmente attivo un solo centro specializzato per il trattamento
dei DCA, il CEDIAL di Palermo istituito presso il PTA Enrico Albanese e
riconosciuto come Struttura di eccellenza della ASP di Palermo dal 2011.
In conseguenza anche della crescente incidenza dei Disturbi del
Comportamento Alimentare rispetto alla popolazione in generale, il
numero dei pazienti accolti dal CEDIAL aumentato, negli anni, in
maniera esponenziale al punto che attualmente appare evidente la
necessit di istituire altri centri specializzati nel trattamento dei DCA in
Sicilia orientale e, segnatamente, in provincia Catania. La Sicilia priva di
Centri riabilitativi nutrizionali che garantiscono ai soggetti malati il ricovero
e lassistenza ai pasti giornalieri. Vi sono dei piccoli ambulatori con
mediocre professionalit e per accedervi bisogna aspettare lunghe liste
dattesa, anche di sei mesi. La maggior parte delle persone affette da
DCA, per, necessitano, per il loro stato grave di salute, limmediato
bisogno di cure e sono costrette a rivolgersi presso le strutture che ne
garantiscono limmediata presa in carico, collocate nelle altre regioni
italiane. Questa loro obbligata scelta, comporta gravi difficolt economiche
e disagi per le famiglie. Pochissimi sono, infatti, i pazienti che
economicamente possono accedere a degli ambulatori privati o facenti
parte di associazioni, allavanguardia come il Centro di Riabilitazione
Nutrizionale di Oliveri in provincia di Messina, poich ha un costo minimo
di 300 euro settimanali per la durata intensiva di due mesi. Questi
ambulatori, essendo privi di qualsivoglia convenzione regionale, non
possono assumersi il carico di assistenza di chi non ha disponibilit
economiche.

58
CONCLUSIONI

In relazione agli studi menzionati nei capitoli precedenti possibile


notare come i disturbi del comportamento alimentare siano patologie
psichiatriche che utilizzano il corpo come mezzo destrinsecazione della
sofferenza. Per tale motivo estremamente importante attuare un
approccio diagnostico che tenga in dovuta considerazione le componenti
di natura organica della patologia, quelle di matrice psicologica, nonch
degli aspetti sociali per avere una corretta visione del problema e per
attuare un trattamento il pi efficace possibile.
La presa in carico di questo tipo di pazienti richiede una lettura
globale che consideri sia gli aspetti organici, metabolico-nutrizionali,
endocrini, sia quelli pi specificamente intrapsichici-relazionali e sociali.
Lintegrazione di pi specialisti nella programmazione terapeutica e
nella cura di tali pazienti rimane la forma dintervento delezione. E noto
che lequipe multidisciplinare dei Servizi DCA solitamente costituita da
diverse figure: medici, psichiatri, psicologi, nutrizionisti e assistenti sociali,
educatori, i quali insieme apportano il loro contributo nella
programmazione, esecuzione e valutazione del progetto terapeutico.
In questo mio lavoro, dopo aver descritto il fenomeno dei Disturbi
del Comportamento Alimentare dal punto di vista medico e sociale e
riportato gli interventi oggi pi diffusi in materia di prevenzione,
programmazione e cura di questi disturbi, ho posto lattenzione sulle
funzioni che svolge lassistente sociale, nellequipe curante nei vari
Sistemi DCA presenti sul territorio italiano.
In Italia lassistente sociale, a differenza di molti stati europei e degli
USA, non presente in tutti i servizi DCA, e mancando una normativa
nazionale unitaria e sistematica valida in tutto il Paese, ogni regione
adotta delle proprie linee guida, protocolli, progetti contenenti indicazioni
riguardo la prevenzione, il funzionamento di servizi/centri e il personale
(equipe) preposto allaccoglienza e alla cura dei pazienti affetti da DCA.
Da un confronto tra le diverse linee guida regionali, delibere di
Giunta e progetti stato possibile rilevare che alcune regioni italiane sono
allavanguardia per quanto riguarda la disciplina e il regolamento di
specifiche funzioni da conferire allassistente sociale nei Servizi per i DCA
rispetto alle altre.
Bisogna precisare che, lassistente sociale, quando prevista
nellequipe del Sistema DCA di una regione, svolge compiti peculiari
secondo lottica del servizio sociale professionale.
Lassistente sociale svolge innanzitutto un ruolo essenziale nell
unequipe che opera nel sostegno, orientamento e cura dei DCA:
chiamato ad intervenire nel rispetto dellutente, dei principi dettati dal
codice deontologico e in una logica di empowerment e case management.

59
Dai dati emersi si rilevato che nei Centri per i DCA lassistente
sociale effettua i suoi interventi principalmente nei gruppi, ad esempio si
occupa (svolgendo funzioni di sostegno) dei gruppi dei familiari di pazienti
che soffrono di disturbi dellalimentazione, e ci succede ad esempio in
Umbria, nel Lazio, in Veneto; questi gruppi di familiari che lassistente
sociale gestisce e conduce vengono detti psicoeducazionali.
Questa figura professionale pu altres svolgere la funzione di
counselling per le coppie di genitori degli stessi pazienti, come accade ad
esempio in Emilia Romagna; o ancora pu assumere il ruolo di
coordinatore dellequipe, come succede anche in Basilicata, spesso
effettuando anche lanalisi sociale dei bisogni portati dagli utenti con
conseguente attivazione del lavoro di rete per il reperimento delle risorse
necessarie agli utenti nel processo daiuto e al Servizio.
Pu inoltre assumere il ruolo di mediatore e referente per le
associazioni di familiari degli utenti con disturbi dellalimentazione.
Sulla base dei dati da me rilevati sui servizi per i DCA,distribuiti in
maniera fortemente disomogenea in Italia, ritengo che sarebbe opportuno
prendere in considerazione da parte dello Stato lidea di realizzare una
mappa dei servizi specificamente dedicati al trattamento dei DCA, con la
duplice funzione di informare il cittadino sulle possibilit di trattamento
offerte a livello nazionale, e di fornire alle istituzioni indicazioni sulle
necessit di potenziamento dellofferta terapeutica utili alla promozione di
ulteriori azioni finalizzate alladeguamento e omogeneizzazione della
risposta ai problemi di salute preventivi, diagnostici, terapeutici,
assistenziali e riabilitativi, in termini di numero e tipologia dei servizi, di
prestazioni erogate, di risorse impiegate e di presenza di percorsi
coordinati e completi in ciascuna Regione. Allinterno di questo progetto
nazionale perci, devono essere ridefiniti anche i ruoli e le funzioni
dellassistente sociale che opera nel Sistema DCA in maniera dettagliata e
sistematica, prefissando i tipi di intervento che dovrebbe sempre effettuare
un assistente sociale nei servizi per i DCA presenti sul territorio nazionale.

60
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