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0.

Funzioni di variabile complessa

In questo capitolo esporremo le linee essenziali della teoria delle funzioni


di variabile complessa. Questa teoria è una tra le più compiutamente svilup-
pate da un punto di vista teorico e più largamente utilizzata nelle applicazioni.
In essa molti concetti matematici hanno una formulazione più generale e sem-
plice; essa, inoltre, offre una serie di strumenti matematici essenziali per la
risoluzione di problemi di trasmissione del calore, della conduzione elettrica,
di elettromagnetismo e di molti altri settori scientifici.
Come problema matematico i numeri complessi nascono dall’esigenza di
ampliare il campo dei numeri reali; infatti è ben noto che l’insieme dei numeri
reali non è algebricamente chiuso, ovvero, non tutte le equazioni algebriche
hanno soluzioni reali (si pensi all’equazione x 2 + 1 = 0).
D’altro canto, a meno di isomorfismi, il campo dei numeri reali è l’unico
campo totalmente ordinato e completo; quindi se siamo pronti ad ampliarlo
dobbiamo essere pronti a perdere questa proprietà. In altri termini dati due
numeri complessi non potremo dire che un numero complesso è maggiore
dell’altro ma soltanto se sono uguali o diversi.

0.1. Il campo dei numeri complessi


Cominciamo la nostra trattazione richiamando alcune nozioni sui numeri
complessi ben note allo studente.
Introduciamo una struttura algebrica che rende R2 un campo, cioè definia-
mo in R2 un’operazione di somma ed una di prodotto
(a, b) + (c, d) := (a + c, b + d)
(a, b), (c, d) ∈ R2 .
(a, b) · (c, d) := (ac − bd, ad + bc)

Per indicare tale campo useremo il simbolo C, ed R2 dotato delle operazioni


suddette si chiamerà il campo complesso.
2 Funzioni di variabile complessa

L’insieme dei numeri complessi del tipo (a, 0), a ∈ R, è isomorfo ad R;


cioè C è un “ampliamento” di R.
Poniamo (0, 1) = i. Il numero complesso z = (a, b) si può riscrivere nella
forma z = a + ib; a è la parte reale di z ed ib la parte immaginaria; b si dice
coefficiente della parte immaginaria. Nel seguito porremo anche a = Re z,
b = Im z .
Il numero z̄ = a − ib si dice il coniugato di z. Sono di immediata
dimostrazione le seguenti proprietà:

z + z̄ = 2 Re z , z − z̄ = 2i Im z ,

z1 + z2 = z̄1 + z̄2 , z1 · z2 = z̄1 · z̄2 ,


 
1 1
z̄¯ = z , = .
z z̄
Dato z ∈ C poniamo
√ 
|z| = z · z̄ = Re2 z + Im2 z .

Il numero |z| si dice modulo del numero complesso z. Il modulo di un numero


complesso gode delle seguenti proprietà:

|z| ≥ 0 e |z| = 0 se e solo se z = 0;


| Re z|, | Im z| ≤ |z| ≤ | Re z| + | Im z| ;
||z1 | − |z2 || ≤ |z1 ± z2 | ≤ |z1 | + |z2 | .

Alla scrittura z = Re z + i Im z si dà il nome di forma algebrica del


numero complesso z. Eseguire somme e prodotti di numeri complessi in
forma algebrica diventa facile; basta operare con le usuali regole dell’algebra
tenendo presente che i 2 = −1.
Per operare più agevolmente con potenze e radici invece risulta più comodo
potere rappresentare i numeri complessi in un’altra forma, la cosiddetta forma
trigonometrica. Siano z ∈ C, z = 0 e θ ∈ R tale che
Re z Im z
cos θ = , sen θ = .
|z| |z|
Il numero θ è un “argomento” di z. Chiaramente, se θ è un argomento di z
lo sono anche i numeri θ + 2kπ con k ∈ Z; l’argomento è definito a meno di
multipli interi di 2π . Se z = 0 considereremo θ un qualsiasi numero reale.
Funzioni di variabile complessa 3

Denoteremo uno qualsiasi di tali numeri con arg z. Potremo allora scrivere,
per ogni z ∈ C, la forma trigonometrica del numero complesso z

z = |z|(cos arg z + i sen arg z).

I vantaggi di questa nuova rappresentazione sono evidenti. Infatti, si ha


facilmente
 
z1 · z2 = |z1 ||z2 | cos(arg z1 + arg z2 ) + i sen(arg z1 + arg z2 ) .

Da ciò si trae immediatamente la formula di De Moivre che risulta utilissima


per il calcolo delle potenze
 
zn = |z|n cos(n arg z) + i sen(n arg z) , z ∈ C, n ∈ N.

Affrontiamo adesso il problema della radice n-esima di un numero complesso.


Sia ω ∈ C. Vogliamo cercare gli eventuali numeri complessi z tali che zn = ω,
n ∈ N. Usando la forma trigonometrica, ciò equivale a richiedere che

|z|n = |ω| , n arg z = arg ω + 2kπ, k ∈ Z

e quindi
 
√ arg ω + 2kπ arg ω + 2kπ
(0.1.1) n
ω = | ω| 1/n
cos + i sen , k ∈ Z.
n n

Lo sfasamento angolare tra due radici consecutive è sempre lo stesso e


precisamente,

arg ω + 2(k + 1)π arg ω + 2kπ 2π


− = .
n n n
Le radici distinte sono quindi esattamente n e possono determinarsi dando a k
i valori 0, 1, . . . , n − 1.

0.2. Funzioni di variabile complessa


Iniziamo lo studio delle funzioni il cui argomento è un numero complesso
e che, in generale, sono a valori complessi. Lo scopo è quello di estendere in
questo nuovo contesto quanto si conosce per le funzioni reali di variabile reale.
Vedremo nel seguito che alcuni concetti si estendono in maniera immediata
e che alcune proprietà hanno delle formulazioni più generali rispetto alle
4 Funzioni di variabile complessa

analoghe proprietà nel caso reale. D’altra parte tutte le proprietà in cui si
fa uso dell’ordinamento non potranno essere estese alle funzioni complesse.
La struttura di spazio metrico di cui è munito R2 si trasporta immediata-
mente in C. Sia z0 ∈ C e sia δ > 0. L’insieme

Bδ (z0 ) = {z ∈ C : |z − z0 | < δ}

si chiamerà – come nel caso dello spazio euclideo in due dimensioni – intorno
(o disco) di centro z0 e raggio δ. Ci sarà poi utile nel seguito considerare
l’insieme
Bδ∗ (z0 ) = {z ∈ C : 0 < |z − z0 | < δ}
che chiameremo intorno bucato (o disco bucato) di centro z0 e raggio δ.
Sia I ⊆ C e sia z0 ∈ I . Diciamo che il punto z0 è interno ad I se esiste
un disco Bδ (z0 ) ⊂ I . L’insieme dei punti interni ad I sarà denotato con il
◦ ◦
simbolo I . Se I ≡ I l’insieme I si dirà aperto.
Diremo, poi, che un insieme è chiuso se è il complementare di un insieme
aperto. Le varie definizioni insiemistiche (punto di accumulazione, derivato
di un insieme, frontiera di un insieme, etc.) sono identiche a quelle che si
conoscono nel caso dello spazio euclideo R2 .
Consideriamo una funzione f (z) definita in I ⊆ C a valori complessi.
Ponendo z = x + iy e f (z) = Re f (z) + i Im f (z), la funzione

f : I ⊆C→C

si può identificare con la funzione

f : I ⊆ R2 → R2

che ha come componenti, rispettivamente, Re f (x , y) e Im f (x , y).


Consideriamo un insieme I ⊆ C e sia z0 un suo punto di accumulazione.
Sia f (z) una funzione definita in I a valori complessi. Diciamo che la
funzione f è convergente al numero l ∈ C al tendere di z a z0 e scriveremo
lim f (z) = l quando
z→z0

∀ ε > 0 ∃ δ > 0 : z ∈ Bδ∗ (z0 ) ∩ I ⇒ | f (z) − l| < ε .

È immediato provare che



⎨ lim Re f (z) = Re l
z→z0
lim f (z) = l ⇐⇒
z→z0 ⎩ lim Im f (z) = Im l.
z→z0
Funzioni di variabile complessa 5

Se l’insieme I non è limitato potremo dare significato alla scrittura


lim f (z) = l quando
z→∞

∀ ε > 0 ∃ R > 0 : z ∈ {z ∈ C : |z| > R} ∩ I ⇒ | f (z) − l| < ε .

Ovviamente tutti i risultati circa le interazioni tra le operazioni aritmetiche


e l’operazione di limite rimangono essenzialmente invariati rispetto al caso
delle funzioni reali.
Con il simbolo
lim f (z) = ∞
z→z0

si intende
lim | f (z)| = +∞.
z→z0

Diremo che una funzione è continua in un punto z0 di accumulazione per


I appartenente ad I quando lim f (z) = f (z0 ) e, ovviamente, la somma,
z→z0
il prodotto e la composizione di funzioni continue sono ancora funzioni
continue.
Definiamo adesso alcune importanti funzioni complesse.
Cominciamo con la funzione esponenziale. Per z = x + iy, poniamo

e z := e x (cos x + i sen y).

Si verifica facilmente che per essa continuano a sussistere proprietà analoghe


a quelle della funzione esponenziale nel campo reale.
Servendosi poi della funzione esponenziale, si definiscono le funzioni
trigonometriche ed iperboliche. Per z ∈ C poniamo

ei z − e−i z ei z + e−i z
sen z := , cos z := ;
2i 2
e z − e−z e z + e−z
senh z := , cosh z := .
2 2
Le funzioni iperboliche possono essere espresse mediante le funzioni
trigonometriche in maniera ovvia. Si ha, infatti,

ei(i z) − e−i(i z) 1
senh z = 2
= sen(i z)
2i i
ei(i z) + e−i(i z)
cosh z = = cos(i z) .
2
6 Funzioni di variabile complessa

Per tali funzioni continuano a valere molte proprietà valide per le analoghe
funzioni reali; ad esempio si provano facilmente le formule fondamentali
sen2 z + cos2 z = 1 , cosh2 z − senh2 z = 1 ,
e, di conseguenza, tutte le altre formule basate su queste. Tuttavia è da tener
presente che non tutto ciò che è vero nel campo reale è vero nel campo
complesso; ad esempio non è vero che il modulo delle funzioni sen z e cos z
sia minore o uguale ad uno.
Determiniamo la parte reale e la parte immaginaria delle funzioni trigono-
metriche e quindi delle funzioni iperboliche. Per la formula di addizione del
seno si ha
sen(x + iy) = sen x cos(iy) + cos x sen(iy) = sen x cosh y + i cos x senh y
e
| sen z|2 = sen2 x cosh2 y + cos2 x senh2 y

= sen2 x cosh2 y + senh2 y − sen2 x senh2 y = sen2 x + senh2 y .


In maniera analoga si prova poi
cos(x + iy) = cos x cosh y − i sen x senh y ,
| cos z|2 = cos2 x + senh2 y .
Sfruttando il legame tra le funzioni trigonometriche e le funzioni iperboliche
si ha
| senh z|2 = | sen(i z)|2 = senh2 x + sen2 y ,

| cosh z|2 = | cos(i z)|2 = senh2 x + cos2 y .


Porremo, poi,
sen z π
tang z = z = + kπ , k intero relativo
cos z 2
1 π
tangh z = tang(i z) z = i + ikπ , k intero relativo.
i 2
Esercizio 0.2.1. Determiniamo i numeri complessi z = x + iy tali che
sen z > 1.
Si deve avere che il numero sen x cosh y + i cos x senh y deve essere reale e
maggiore di uno. Cioè cos x senh y = 0; il che comporta o y = 0 e sen x > 1
impossibile, oppure x = π/2 + kπ , k intero relativo, e (−1)k cosh y > 1. In
definitiva le soluzioni della disequazione sen z > 1 sono i numeri complessi
π/2 + 2kπ + iy, y = 0.
Funzioni di variabile complessa 7

Definiamo il logaritmo di un numero complesso. Sia z = |z|ei arg z , z = 0;


diremo log z un numero complesso tale che

elog z = z

o, in altri termini, tale che

eRe log z ei Im log z = |z|ei arg z .

Pertanto deve essere

eRe log z = |z|


ei Im log z = ei arg z
da cui si ricava
log z = ln |z| + i arg z
dove con ln a si è indicato il logaritmo naturale del numero positivo a, cioè
l’unico numero reale per cui eln a = a. Risulta allora evidente che la funzione
logaritmo è una funzione ad infiniti valori definita in C \ {0}; fissato z = 0
la differenza tra due sue determinazioni è 2kπ i con k intero relativo. Fissato
α ∈ R la funzione

log z = ln |z| + i arg z , α ≤ arg z < α + 2π, z = 0

è una determinazione del logaritmo definita in C \ {0} ad un sol valore. Si noti


che in tal modo, piuttosto che considerare la funzione logaritmo come una
funzione ad infiniti valori, si considerano infinite funzioni ad un sol valore.
Generalmente tutte queste funzioni vengono indicate con lo stesso simbolo;
è bene, quindi, specificare di volta in volta con quale determinazione si sta
operando. In particolare per α = −π la funzione

log z = ln |z| + i arg z , −π ≤ arg z < π, z = 0

prende il nome di determinazione (o valore) principale del logaritmo.


Consideriamo la determinazione del logaritmo

log z = ln |z| + i arg z , −π ≤ arg z < π, z = 0.

Essa non è continua nei punti della semiretta z = x , x < 0. Ad esempio


proviamo che non è continua nel punto z = −1. Consideriamo la restrizione
della funzione log z alla semiretta z = −1 + iy, y > 0; si ha
  
lim ln 1 + y 2 + i arg(−1 + iy) = iπ ;
y→0+
8 Funzioni di variabile complessa

mentre considerando la restrizione alla semiretta z = −1 + iy, y < 0, si ha


  
lim ln 1 + y 2 + i arg(−1 + iy) = −iπ .
y→0−

Considerazioni analoghe potrebbero essere fatte per le altre determinazioni


del logaritmo; più precisamente fissato α ∈ R la funzione

log z = ln |z| + i arg z , α ≤ arg z < α + 2π, z = 0

non è continua nei punti della semiretta z = teiα , t > 0.


È possibile ovviare a ciò considerando la funzione

log z = ln |z| + i arg z , α < arg z < α + 2π, z = 0

che è definita nel cosiddetto piano tagliato lungo la semiretta z = teiα ,


t > 0. Si badi bene, però, che considerando il piano complesso privato di
una semiretta uscente dall’origine in esso sono definite infinite determinazioni
continue del logaritmo. Ad esempio considerando l’insieme C privato della
semiretta (x , 0), x ≤ 0 in esso sono definite la determinazione principale del
logaritmo e le determinazioni
log z = ln |z| + i arg z , (2k − 1)π < arg z < (2k + 1)π, k = ±1, ±2, . . .

Analoghe considerazioni valgono per la funzione radice–ennesima essen-


do, per z = 0,
√ 1 arg z
n
z = e n log z = |z|1/n ei n .
La funzione radice–ennesima è una funzione ad n valori e quindi si potrà
pensare ad essa come ad n funzioni ad un sol valore. Esse si ottengono
considerando, fissato α ∈ R,

α + 2(k − 1)π < arg z < α + 2kπ , k = 1, . . . , n.

Per mezzo del logaritmo possiamo definire le potenze ad esponente com-


plesso ponendo, per μ ∈ C e α ∈ R,
zμ = eμ log z = eμ ln |z| eiμ arg z , α < arg z < α + 2π

e per β ∈ C,
β z = e z log β , z ∈C
avendo cura di fissare preventivamente una determinazione di log β.
Funzioni di variabile complessa 9

0.3. Funzioni olomorfe


Consideriamo adesso l’operazione di derivazione pensando, in un primo
momento, la funzione f (z) come funzione delle variabili x ed y, poniamo:
∂f ∂ Re f ∂ Im f
= +i
∂x ∂x ∂x
∂f ∂ Re f ∂ Im f
= +i .
∂y ∂y ∂y
Agendo in questo modo, tuttavia, non si tiene adeguatamente conto della
natura della funzione, ma si opera su di essa pensandola come funzione delle
variabili reali x , y e non come funzione della variabile complessa z.
L’operazione di derivazione complessa agisce in modo apparentemente
identico al caso delle funzioni di una variabile reale ma produce effetti
profondamente diversi.
Fissiamo questa importante idea introducendo la seguente
Definizione 0.3.1. Sia
un aperto non vuoto di C. Consideriamo una
funzione f (z) definita in
a valori complessi. Sia z0 ∈
e supponiamo
che esista finito il limite
f (z) − f (z0 )
lim = f  (z0 ) .
z→z0 z − z0
In tal caso diciamo che la funzione f è derivabile in senso complesso o che è
olomorfa nel punto z0 .
Ovviamente una funzione olomorfa in z0 è ivi continua. Diremo, poi, che
una funzione è olomorfa in
se è olomorfa in tutti i punti di
. Una funzione
olomorfa in C si dirà intera.
Come si vede, la definizione è formalmente identica alla classica definizio-
ne di derivata appresa studiando le funzioni reali di una variabile reale. Occor-
re notare che, nella definizione di rapporto incrementale, e quindi di derivata,
si ha a che fare con l’operazione di moltiplicazione nel campo complesso e
conseguentemente ci convinceremo tra non molto che questa operazione di
derivazione è differente dall’analoga operazione nel campo reale.
Esempio 0.3.1. Sia f : C → C la funzione definita ponendo f (z) = z̄.
Verifichiamo che la funzione non è derivabile in C. Infatti sia z0 = x 0 + iy0 ; il
rapporto incrementale in z0 è
f (z) − f (z0 ) z̄ − z̄0
= .
z − z0 z − z0
10 Funzioni di variabile complessa

Consideriamo la restrizione del rapporto incrementale alla retta z = x 0 + iy,


y ∈ R. Si ha
−iy + iy0
= −i.
y − y0
Scegliendo invece la restrizione alla retta z = x + iy0 , x ∈ R il rapporto
incrementale diventa
x − x0
= 1.
x − x0
La funzione non è, quindi, derivabile in senso complesso in z0 .
Si noti peraltro che, essendo f (z) = x −iy, la funzione vista come funzione
da R2 in R2 risulta di classe C ∞ .
Consideriamo un altro esempio.
Esempio 0.3.2. Sia f : C → C la funzione definita ponendo f (z) = z.
La funzione differisce pochissimo da quella dell’esempio precedente, tuttavia
essa risulta derivabile in C. Infatti, calcoliamo il rapporto incrementale della
funzione f . Si ha
f (z) − f (z0 ) z − z0
= = 1.
z − z0 z − z0
La funzione risulta quindi derivabile e la derivata è identicamente uguale ad
1.
Anche in questo caso la funzione, guardata dal punto di vista reale, è una
funzione che ha componenti di classe C ∞ .
I due esempi precedenti mostrano che affinché una funzione complessa
risulti derivabile, non è sufficiente che la parte reale e la parte immaginaria
siano derivabili in senso reale. La derivazione in senso complesso è totalmen-
te diversa dall’analoga operazione per le funzioni di variabile reale; funzioni
di classe C ∞ nel senso reale possono essere non derivabili nel senso comples-
so. È allora di notevole importanza caratterizzare le funzioni che risultano
derivabili in senso complesso. Precisamente si ha il seguente
Teorema 0.3.1. (Cauchy–Riemann) Siano
⊆ C un aperto e f (z) una
funzione definita in
a valori complessi. Sia z0 = x 0 + iy0 ∈
. Poniamo
f (z) = u(x , y) + iv(x , y). La funzione f (z) è olomorfa in z0 se e soltanto se
le seguenti condizioni sono verificate:
1) u(x , y), v(x , y) sono differenziabili in (x 0 , y0 );
2) u x (x 0 , y0 ) = v y (x 0 , y0 ), u y (x 0 , y0 ) = −vx (x 0 , y0 ).
Quando le condizioni sono soddisfatte risulta
1 
f  (z0 ) = u x (x 0 , y0 ) + ivx (x 0 , y0 ) = u y (x 0 , y0 ) + iv y (x 0 , y0 )
i
Funzioni di variabile complessa 11

Dimostrazione. Supponiamo la funzione olomorfa nel punto z0 e poniamo


f  (z0 ) = a + ib. Poniamo

(0.3.1) ω(z) = f (z) − f (z0 ) − f  (z0 )(z − z0 ) ;

ovviamente
ω(z)
lim = 0,
z→z0 z − z0
ed anche
Re(ω(z)) Im(ω(z))
lim = lim = 0.
z→z0 |z − z0 | z→z0 |z − z0 |

Considerando la parte reale in (0.3.1) si ha

u(x , y) − u(x 0 , y0 ) − a(x − x 0 ) + b(y − y0 ) = Re(ω(z)),

e quindi
u(x , y) − u(x 0 , y0 ) − a(x − x 0 ) + b(y − y0 )
lim =0
z→z0 |z − z0 |
e cioè la funzione u(x , y) è differenziabile nel punto (x 0 , y0 ) e risulta

u x (x 0 , y0 ) = a , u y (x 0 , y0 ) = −b .

Ragioniamo alla stessa maniera con la parte immaginaria; otteniamo

v(x , y) − v(x 0 , y0 ) − b(x − x 0 ) − a(y − y0 ) = Im(ω(z)) ;

da cui segue che anche la funzione v(x , y) è differenziabile nel punto (x 0 , y0 )


e risulta
vx (x 0 , y0 ) = b , v y (x 0 , y0 ) = a .
Da un confronto delle eguaglianze ricavate si ha la tesi.
Proviamo adesso il viceversa ovvero che le 1), 2) implicano l’olomorfia
della funzione in z0 .
Ricordando la definizione di funzione differenziabile si ha
u(x , y) − u(x 0 , y0 ) − u x (x 0 , y0 )(x − x 0 ) − u y (x 0 , y0 )(y − y0 ) = ω1 (x , y)
v(x , y) − v(x 0 , y0 ) − vx (x 0 , y0 )(x − x 0 ) − v y (x 0 , y0 )(y − y0 ) = ω2 (x , y)
con
ω1 (x , y) ω2 (x , y)
lim = lim = 0.
z→z0 |z − z0 | z→z0 |z − z0 |
12 Funzioni di variabile complessa

Si ha, quindi,
 
f (z) − f (z0 ) − u x (x 0 , y0 ) + ivx (x 0 , y0 ) (z − z0 ) = ω1 (x , y) + iω2 (x , y)
da cui
f (z) − f (z0 )
lim = u x (x 0 , y0 ) + ivx (x 0 , y0 )
z→z0 z − z0
che è la tesi.

Per verificare l’olomorfia di una funzione sarà sufficiente verificare che
∂f 1 ∂f
=
∂x i ∂y
dopo avere controllato che le derivate siano funzioni continue.
Possiamo rivedere gli esempi precedenti alla luce di questo teorema. La
funzione f (z) = z̄ non è olomorfa, perché non sono soddisfatte le condizioni
di Cauchy–Riemann, mentre la funzione f (z) = z è olomorfa perché le
soddisfa.
L’estensione delle regole di derivazione valide per la derivazione nel campo
reale non presenta alcuna difficoltà. Si avrà quindi, se f, g sono funzioni
olomorfe
D(λ f (z) + μg(z)) = λ f  (z) + μg  (z) λ, μ ∈ C
D( f (z)g(z)) = f  (z)g(z) + f (z)g  (z)
1 f  (z)
D =− f (z) = 0
f (z) [ f (z)]2
Dg( f (z)) = g  ( f (z)) f  (z) .
A volte risulta utile esprimere le condizioni di olomorfia in coordinate
polari. Sia f (z) = u(x , y) + iv(x , y) una funzione olomorfa in un aperto
.
Poniamo z = eiθ , ( , θ ) ∈
 tale che il corrispondente punto z = eiθ ∈
.
Poniamo
g( , θ ) = f ( eiθ ) = u( cos θ, sen θ ) + iv( cos θ, sen θ ) , ( , θ ) ∈
 .
Si ha allora sfruttando le condizioni di olomorfia

⎪ ∂g

⎨ = (u x + ivx ) cos θ + i(v y − iu y ) sen θ = f  ( eiθ )eiθ

(0.3.2)

⎪ ∂g
⎩ = i i(u x + ivx ) sen θ + (v y − iu y ) cos θ = i f  ( eiθ )eiθ
∂θ
Funzioni di variabile complessa 13

e quindi

∂g 1 ∂g
(0.3.3) = .
∂ i ∂θ

Viceversa, supponiamo che valga la (0.3.3). Per le (0.3.2) si ha l’eguaglianza

(u x + ivx ) cos θ + i(v y − iu y ) sen θ = i(u x + ivx ) sen θ + (v y − iu y ) cos θ

che può essere riscritta nel modo seguente


 
(u x + ivx ) − (v y − iu y ) e−iθ = 0

da cui, essendo e−iθ = 0, si ricava

u x + ivx = v y − iu y

e cioè l’olomorfia delle funzione f . Si avrà anche

∂g −iθ 1 ∂g −iθ
f  ( eiθ ) = e = e .
∂ i ∂θ

Vediamo qualche esempio importante di funzione olomorfa.


Esempio 0.3.3. Sia n un intero positivo. La funzione zn è intera. Infatti,


n−1 n 
j
z j h n− j
(z + h) − z
n n
j =0
Dzn = lim = lim = nzn−1 .
h→0 h h→0 h

Pertanto i polinomi sono funzioni intere. Le funzioni razionali sono funzioni


olomorfe nel loro campo di esistenza.

Esempio 0.3.4. La funzione esponenziale e z = e x (cos y + i sen y) è intera e


si ha De z = e z . Infatti
∂e z 1 1 ∂e z
= e x (cos y + i sen y) = e x (− sen y + i cos y) =
∂x i i ∂y
14 Funzioni di variabile complessa

Esempio 0.3.5. Le funzioni trigonometriche e le funzioni iperboliche sono


intere e risulta, per ogni z ∈ C,
D sen z = cos z , D cos z = − sen z ,
D senh z = cosh z , D cosh z = senh z .
Risulta, poi,
1 π
D tang z = , z = + kπ, k ∈ Z
cos2 z 2
1 π
D tangh z = , z = i + kπ i, k ∈ Z .
cosh2 z 2

Esempio 0.3.6. Consideriamo il logaritmo nel campo complesso e proviamo


che tutte le determinazioni del logaritmo definite in un piano tagliato sono
funzioni olomorfe ed hanno tutte la stessa derivata.
Sia
log z = ln |z| + i arg z , α < arg z < α + 2π , α ∈ R .
Usando le coordinate polari si ha
log( eiθ ) = ln + iθ , > 0 , α < θ < α + 2π
e quindi
∂ 1 1 ∂
log( eiθ ) = = log( eiθ ).
∂ i ∂θ
Per le (0.3.3) si ha quindi l’olomorfia della funzione e
1 −iθ 1
D log z = D log( eiθ ) = e = .
z

Esempio 0.3.7. Utilizzando la derivata della funzione logaritmo, si ha anche


che
Dzμ = μzμ−1 , α < arg z < α + 2π , μ ∈ C , α ∈ R
e anche
Dβ z = β z log β , z ∈ C.
Funzioni di variabile complessa 15

0.4. Integrali su cammini


Consideriamo adesso il problema dell’integrazione delle funzioni comples-
se, avendo cura di distinguere il caso delle funzioni complesse di variabile
reale dal caso delle funzioni complesse di variabile complessa. Precisamente,
sia f : [a, b] → C; supponendo che le funzioni Re f, Im f siano sommabili
in [a, b] porremo:
 b  b  b
f (t) dt := Re f (t) dt + i Im f (t) dt .
a a a
Una diseguaglianza particolarmente utile è la seguente
 b   b
 
 f (t) dt ≤ | f (t)| dt .
 
a a

Proviamola. Consideriamo il numero complesso


 b  b 
 

f (t) dt =  f (t) dt  eiϕ .
a a

Si ha, allora,
 b   b  b
 
 
f (t) dt  = e −iϕ
f (t) dt = Re(e−iϕ f (t)) dt ≤

a a a
 b  b  b
−iϕ −iϕ
≤ | Re(e f (t))| dt ≤ |e f (t)| dt = | f (t)| dt .
a a a
L’integrazione delle funzioni complesse di variabile complessa si effettua
in maniera analoga a quella delle forme differenziali lineari integrandole su
“cammini”. Precisamente,
Definizione 0.4.1. Sia f :
→ C una funzione continua e sia f (z) =
u(x , y) + iv(x , y). Siano z0 , z1 ∈
e sia γ un cammino congiungente i punti
z0 , z1 , cioè una curva generalmente regolare con sostegno contenuto in
di
equazione parametrica z = z(t) : [a, b] →
tale che z(a) = z0 , z(b) = z1 .
Poniamo,
 z1  z1
(γ ) f (z) d z := (γ ) u(x , y) d x − v(x , y) d y
z0 z0
 z1
+ i(γ ) v(x , y) d x + u(x , y) d y.
z0
 b
= f (z(t))z (t) dt .
a
16 Funzioni di variabile complessa

Le forme differenziali u(x , y) d x − v(x , y) d y e v(x , y) d x + u(x , y) d y sono


le forme differenziali associate alla funzione f (z).
Esercizio 0.4.1. Per ogni m ∈ Z si consideri la funzione f (z) = zm . Cal-
coliamo l’integrale della funzione lungo il cammino γ , il cui sostegno è la
circonferenza di centro 0 e raggio r, percorsa in senso antiorario. Consideran-
do le equazioni parametriche della curva γ , z(t) = reit , t ∈ [0, 2π ] si ha
  2π

z d z = ir
m m+1
ei(m+1)t dt = 0 se m = −1
γ 0 2π i se m = −1

Naturalmente la possibilità di calcolare esplicitamente l’integrale è legata


al verificarsi di tante circostanze fortunate. A volte la valutazione esatta
dell’integrale è impossibile o comunque non necessaria. In questo senso
potrebbe essere utile una stima dell’integrale evitando il calcolo diretto.
Questo è il contenuto del prossimo risultato.
Lemma 0.4.1. (Darboux) Sia f :
→ C una funzione continua. Sia γ un
cammino congiungente i punti z0 , z1 ∈
. Allora,
  z1 
 
(γ ) f (z) d z ≤ |γ | max | f (z)|
 sostegno γ
z0

dove |γ | indica la lunghezza della curva γ .


Dimostrazione.
  z1   b   b
     
(γ ) f (z) d z = f (z(t))z 
(t) dt ≤  f (z(t))z (t) dt
   
z0 a a
 b
  
≤ max | f (z)|  z (t) dt = |γ | max | f (z)| .
sostegno γ a sostegno γ

Il teorema seguente è uno dei più importanti di tutta l’analisi complessa ed
ha notevoli conseguenze come vedremo nel seguito.
Teorema 0.4.1. (Cauchy–Goursat) Sia f (z) una funzione olomorfa nell’a-
perto
⊆ C e sia T un dominio regolare contenuto in
. Allora,

(0.4.1) f (z) d z = 0 (1 ).
+∂T

(1 ) Con +∂ T intendiamo la frontiera del dominio regolare T percorsa nell’usuale verso positivo.
Nel caso in cui ∂ T è una circonferenza o un arco di circonferenza con +∂ T intenderemo sempre la
circonferenza percorsa in verso antiorario.
Funzioni di variabile complessa 17

Osservazione 0.4.1. La dimostrazione del Teorema di Cauchy–Goursat è


banale se si aggiuge l’ipotesi della continuità della derivata. In tal caso, infatti,
le forme differenziali associate alla funzione f (z) sono chiuse e la (0.4.1) è
una conseguenza delle formule di Gauss–Green. Si osservi, daltronde, che,
come verrà provato in seguito, la continuità della derivata è una conseguenza
dello stesso Teorema di Cauchy–Goursat.
Dimostrazione del Teorema di Cauchy–Goursat. Basterà dimostrare la (0.4.1)
nel caso in cui T è un dominio normale regolare. Supponiamo in un primo
momento che T sia un triangolo. Indichiamo com λ il perimetro del triangolo
T . Per ε > 0 decomponiamo T nell’unione di un numero finito di triangoli
 j , j = 1, . . . , s, simili al triangolo T a due a due privi di punti interni comuni
e tali che sia possibile scegliere un punto z j ∈  j ( j = 1, . . . , s) tale che per
la funzione

⎨ f (z) − f (z j ) − f  (z ) se z ∈  j \ {z j }
j
ϕ j (z) = z − zj

0 se z = z j
si abbia
ε
|ϕ j (z)| ≤ .
λ2
Proviamo che tale decomposizione è possibile. Per assurdo supponiamo
che non sia possibile decomporre T nel modo suddetto. Poniamo T1 =
T . Decomponiamo il triangolo T , unendo i punti medi dei suoi lati, in
quattro triangoli (simili a T ) e diciamo T2 quello (o uno fra quelli) che non
sia possibile decomporre nel modo suddetto. Considerato il triangolo T2
e procedendo analogamente troveremo un triangolo T3 non decomponibile
come sopradetto. Si costruisce in tal modo una successione {Tn } di triangoli
decrescente e tale che la successione dei loro diametri sia infinitesima. Si avrà

Tn = {z0 } .
n∈N

Poniamo

⎨ f (z) − f (z0 )
− f  (z0 ) se z ∈
\ {z0 }
ϕ0 (z) = z − z0

0 se z = z0 .
Essendo lim z→z0 ϕ0 (z) = 0, si ha definitivamente per z ∈ Tn
ε
|ϕ0 (z)| ≤ ,
λ2
18 Funzioni di variabile complessa

e quidi l’assurdo.
Sia, dunque, T = 1 ∪ 2 ∪ . . . ∪ s . Indichiamo con λ j ( j = 1, . . . , s)
il perimetro del tringolo  j . Si ha
   
s  
    
 f (z) d z ≤  f (z) d z 
   
+∂T j =1 +∂ j
 
 s 
  

=  f (z j ) − z j f (z j ) d z + z f  (z j ) d z
 +∂j +∂ j
j =1
    
  s  
  
+ ϕ j (z) (z − z j ) d z =  ϕ j (z) (z − z j ) d z
+∂ j   +∂ j 
j =1

ε  2 ε  λ2
s s
< 2 λ = 2 | j | = ε .
λ j =1 j λ j =1 |T |

La (0.4.1) è dunque vera per i triangoli e quindi per i poligoni, essendo questi
ultimi decomponibili in un numero finito di triangoli a due a due privi di punti
interni comuni.
Sia T un dominio normale regolare; precisamente siano α(x ), β(x ) ∈
C 1 ([a, b]) e supponiamo in un primo momento che α(x ) < β(x ) per ogni
x ∈ [a, b]. Consideriamo il dominio regolare T definito da
 
(0.4.2) T = (x , y) ∈ R2 : a ≤ x ≤ b , α(x ) ≤ y ≤ β(x ) .

Per δ = dist (T, ∂


) (
= C) poniamo
 
Tδ = (x , y) ∈ R2 : a ≤ x ≤ b , α(x ) − δ/2 ≤ y ≤ β(x ) + δ/2 .

Ovviamente Tδ ⊂
.
Siano {gn (x )} e {h n (x )} due successioni di funzioni costanti a tratti in [a, b]
tali che
 b  b
(0.4.3) lim |gn (x ) − α  (x )| d x = lim |h n (x ) − β  (x )| d x = 0 .
n→∞ a n→∞ a

Poniamo  x
αn (x ) = α(a) + gn (t) dt
 a
x
βn (x ) = β(a) + h n (t) dt .
a
Funzioni di variabile complessa 19

Le diseguaglianze
 x  b

|α(x ) − αn (x )| ≤ |α (t) − gn (t)| dt ≤ |α  (t) − gn (t)| dt
a a
 x  b
|β(x ) − βn (x )| ≤ |β  (t) − h n (t)| dt ≤ |β  (t) − h n (t)| dt
a a

provano che
lim αn (x ) = α(x ) , lim βn (x ) = β(x )
n→∞ n→∞

uniformemente in [a, b]. Ne consegue che per n abbastanza grande αn (x ) <


βn (x ) in [a, b] e che considerato il poligono
 
Tn = (x , y) ∈ R2 : a ≤ x ≤ b , αn (x ) ≤ y ≤ βn (x )
 
si ha Tn ⊂
. Infatti, posto μ = min[a,b] β(x ) − α(x ) , definitivamente si ha

βn (x ) − αn (x ) = βn (x ) − β(x ) + α(x ) − αn (x ) + β(x ) − α(x )


μ μ
>− − +μ=0
2 2
e
Tn ⊂ Tδ ⊂
.
Si ha, allora, 
f (z) d z = 0 .
+∂Tn

Proviamo che  
lim f (z) d z = f (z) d z ,
n→∞ +∂Tn +∂T

o più dettagliatamente che


 b
(0.4.4) lim f (t + iαn (t)) (1 + ign (t)) dt
n→∞ a
 b
= f (t + iα(t)) (1 + α  (t)) dt ,
a

 βn (b)  β(b)
(0.4.5) lim f (b + it) dt = f (b + it) dt
n→∞ αn (b) α(b)
20 Funzioni di variabile complessa

 b
(0.4.6) lim f (t + iβn (t)) (1 + ih n (t)) dt
n→∞ a
 b
= f (t + iβ(t)) (1 + β  (t)) dt .
a

Proviamo la (0.4.4). Si ha
 b
| f (t + iαn (t)) (1 + ign (t)) − f (t + iα(t)) (1 + α  (t))| dt
a
 b
 
≤ max | f |  gn (t) − α  (t) dt
Tδ a
 b
 
+ max |1 + α (t)|  f (t + iαn (t)) − f (t + iα(t)) dt
[a,b] a

e la tesi si consegue ricordando la (0.4.3) ed osservando che

lim f (t + iαn (t)) = f (t + iα(t))


n→∞

uniformemente in [a, b].


La prova della (0.4.6) è analoga.
La prova della (0.4.5) segue, poi, dalla diseguaglianza
  
 βn (b) β(b) 
 f (b + it) dt − f (b + it) dt 

αn (b) α(b)
 β(b)  
≤ | f |1 − χ[α (a),β (b)]  dt
n n
α(b)

≤ max | f | |αn (b) − α(b)| + |βn (b) − β(b)| .

Consideriamo, infine, per il dominio regolare (0.4.2) il caso più generale:


α(x ) < β(x ) in ]a, b[. Consideriamo il dominio

 δ 
Tk = (x , y) ∈ R2 : a ≤ x ≤ b , α(x ) − ≤ y ≤ β(x ) .
2k
Per esso si ha 
f (z) d z = 0
+∂Tk
Funzioni di variabile complessa 21

e, quindi, basterà provare che


 
lim f (z) d z = f (z) d z .
k→∞ +∂Tk +∂T

Si ha, infatti,
 b  δ 
lim f t + iα(t) − i (1 + iα  (t)) dt
k→∞ a 2k
 b
= f (t + iα(t)) (1 + iα  (t)) dt ,
a

 β(b)  β(b)
lim f (b + it) dt = f (b + it) dt ,
k→∞ α(b)−δ/(2k) α(b)
 β(a)  β(a)
lim f (a + it) dt = f (a + it) dt .
k→∞ α(a)−δ/(2k) α(a)

La prima conseguenza di questo teorema è data dalla seguente formula.
Teorema 0.4.2. (Prima formula di Cauchy) Sia f (z) una funzione olomorfa
nell’aperto
⊆ C. Sia T un dominio regolare contenuto in
. Allora, per

ogni z ∈ T , si ha

1 f (ζ )
(0.4.7) f (z) = dζ.
2π i +∂T ζ − z


Dimostrazione. Sia z ∈ T . La frontiera del dominio T è un insieme compatto
e quindi dist(z, ∂ T ) > 0. Posto T  = T \ Bδ (z), 0 < δ < dist(z, ∂ T ), T  è un
dominio regolare e per il Teorema di Cauchy–Goursat si ha

f (ζ )
dζ = 0
+∂T  ζ − z

da cui, per l’additività dell’integrale curvilineo e usando le equazioni parame-


triche ζ (t) = z + δeit , t ∈ [0, 2π ], della circonferenza ∂ Bδ (z), si ottiene
   2π
f (ζ ) f (ζ )
dζ = dζ = i f (z + δeit ) dt .
+∂T ζ −z +∂ Bδ (z) ζ −z 0
22 Funzioni di variabile complessa

Passiamo al limite per δ → 0. Essendo

| f (z + δeit )| ≤ max | f (z)| 0 < δ < dist(z, ∂ T ), ∀ t ∈ [0, 2π ]


T

è possibile applicare il Teorema di Lebesgue di passaggio al limite sotto il


segno di integrale; si ha quindi:

f (ζ )
dζ = 2π i f (z) ,
+∂T ζ − z

e cioè la (0.4.7).

Si noti che
  ◦
f (ζ ) 2π i f (z) per z ∈ T
dζ =
+∂T ζ −z 0 per z ∈
\ T

La prima formula di Cauchy rivela una caratteristica interessante delle


funzioni olomorfe. Data una curva che sia la frontiera di un dominio regolare,
i valori assunti dalla funzione f (z) nei punti interni al dominio non sono
indipendenti dai valori che questa funzione assume sulla frontiera del dominio
anzi sono determinati univocamente da essi. In altri termini due funzioni
olomorfe che coincidono sulla frontiera di un dato dominio devono essere
identicamente uguali in tutti i punti interni al dominio. Questo fatto è
ovviamente falso nel caso di funzioni derivabili in senso reale.
Una importante conseguenza della prima formula di Cauchy e quindi
del Teorema di Cauchy–Goursat è il fatto che una funzione olomorfa è
necessariamente di classe C ∞ . Anche questo fatto è ovviamente falso per
funzioni derivabili in senso reale. Precisamente si ha
Teorema 0.4.3. (Seconda formula di Cauchy) Sia f (z) una funzione olomor-
fa nell’aperto
⊆ C. Allora f (z) è di classe C ∞ (
). Inoltre per ogni domi-
nio regolare T ⊂
e per ogni intero n ∈ N si ha

n! f (ζ ) ◦
(0.4.8) f (z) =
(n)
dζ , z ∈ T.
2π i +∂T (ζ − z) n+1

Dimostrazione. Fissato un dominio regolare T contenuto in


cominciamo
con il provare che

 1 f (ζ ) ◦
(0.4.9) f (z) = dζ , z ∈ T.
2π i +∂T (ζ − z) 2
Funzioni di variabile complessa 23


Fissato z∗ ∈ T , consideriamo Bδ (z∗ ), con 0 < δ < dist(z∗ , ∂ T ); pertanto

Bδ (z∗ ) ⊂ T . Ricordando la (0.4.7) si ha

 ∂ 1 f (ζ )
(0.4.10) f (z) = dζ , z ∈ Bδ (z∗ ).
∂ x 2π i +∂T ζ − (x + iy)
Osservato che, per ζ ∈ ∂ T e z ∈ Bδ (z∗ ), si ha
    f (ζ ) 
∂ f (ζ )
   
 ∂ x ζ − (x + iy)  =  (ζ − z)2 
1
≤ max | f | ,
T (dist(z∗ , ∂ T ) − δ)2
è allora lecito derivare sotto il segno di integrale nella (0.4.10), ottenendo la

(0.4.9) in Bδ (z∗ ) e, per l’arbitrarietà di z∗ , in T .
Serviamoci adesso della (0.4.9) per provare che f ∈ C 2 (
). Sia z∗ ∈
e
R > 0 tale che B R (z∗ ) ⊂
. Sia 0 < r < R; proviamo che
∂  1 ∂ 
f (z) = f (z)
∂x i ∂y
in Br (z∗ ) e quindi, per l’arbitrarietà di z∗ , in
. Per la (0.4.9) si ha

 1 f (ζ )
(0.4.11) f (z) = dζ , z ∈ Br (z∗ )
2π i +∂ B(z∗ ,R) (ζ − (x + iy))2
ed essendo, per ζ ∈ ∂ B R (z∗ ) e z ∈ Br (z∗ ),
    2 f (ζ ) 
∂ f (ζ )
   
 ∂ x (ζ − (x + iy))2  =  (ζ − z)3 
1
≤ 2 max | f |
B R (z∗ ) (R − r)3

è lecito derivare sotto il segno di integrale nella (0.4.11) ottenendo



∂  2 f (ζ )
f (z) = dζ , z ∈ Br (z∗ ).
∂x 2π i +∂ B R (z∗ ) (ζ − (x + iy))3
In maniera analoga si ha anche

∂  2i f (ζ )
f (z) = dζ , z ∈ Br (z∗ ).
∂y 2π i +∂ B R (z∗ ) (ζ − (x + iy))3
24 Funzioni di variabile complessa

Essendo, poi, sempre per il teorema di derivazione sotto il segno di integrale

∂  ∂ 
f (z) , f (z) ∈ C 0 (Br (z∗ ))
∂x ∂y

f  (z) risulta olomorfa in Br (z∗ ) e quindi in


. Con ragionamenti simili al
precedente si prova la (0.4.8) per n = 2 ed iterando il ragionamento la (0.4.8).


0.5. Primitive delle funzioni complesse


Esaminiamo adesso il problema delle primitive. Il concetto di primitiva
complessa è apparentemente simile al concetto di primitiva per una funzione
reale ma, in realtà, mostra maggiori analogie con il problema delle primitive
di una forma differenziale lineare. Incominciamo con la seguente
Definizione 0.5.1. Sia
un aperto di C e sia f :
→ C. Diciamo che
la funzione F :
→ C è una primitiva di f (z) se è olomorfa e risulta
F  (z) = f (z) in
.
Un primo risultato è il seguente.
Teorema 0.5.1. Sia f (z) una funzione definita in un insieme aperto connesso

⊆ C e sia F (z) una primitiva di f (z). Allora tutte e sole le primitive sono
date dalle funzioni F (z) + k, al variare di k costante arbitraria.
Dimostrazione. La funzione F (z) + k, con k ∈ C, è ancora una primitiva di
f (z).
Proviamo che le funzioni F (z) + k, k ∈ C, sono le sole primitive di f (z).
Sia G(z) olomorfa in
e G  (z) = f (z). Allora D[F (z) − G(z)] = 0
quindi, grad Re(F (z) − G(z)) = 0, grad Im(F (z) − G(z)) = 0. L’ipotesi di
connessione infine implica che Re(F (z) − G(z)) = cost, Im(F (z) − G(z)) =
cost.

L’olomorfia è una condizione necessaria per l’esistenza di primitive. Se
F (z) è una primitiva di f (z) in un aperto
, allora F (z) è olomorfa in
e
quindi di classe C ∞ . Ne segue che f (z) = F  (z) è olomorfa in
.
Si è stabilita, quindi, la
Proposizione 0.5.1. Sia
un aperto di C e sia f :
→ C. Supponiamo che
f (z) ammetta primitive in
. Allora f (z) è olomorfa in
.
In generale l’olomorfia non è sufficiente a garantire l’esistenza di una
primitiva. Consideriamo, infatti, il seguente
Funzioni di variabile complessa 25

Esempio 0.5.1. La funzione


1
f (z) = z = 0 ;
z
non è dotata di primitive.
Infatti sia F (z) una sua primitiva. La funzione logaritmo principale

log z = ln |z| + i arg z − π < arg z < π .

è un’altra primitiva di f (z) nel piano tagliato lungo il semiasse dei numeri reali
non positivi. Pertanto per il Teorema 0.5.1 si dovrebbe avere F (z) = log z + k
nel piano tagliato lungo il semiasse dei numeri reali non positivi e quindi
l’assurdo
lim log z = F (−1) − k .
z→−1

Contrariamente a quanto accade nel campo reale è possibile caratterizzare


l’esistenza di primitive per una data funzione. Precisamente si ha
Teorema 0.5.2. Sia
un aperto di C e sia f :
→ C, f (z) = u(x , y) +
iv(x , y). La funzione f (z) ammette primitive in
se e soltanto se
1) f (z) è continua in
;
2) le forme differenziali associate alla f , ud x −vd y e vd x +ud y sono esatte
in
.
Dimostrazione. Sia F = U + iV una primitiva di f in
. Per la Proposizio-
ne 0.5.1, f è olomorfa e quindi continua. Proviamo che U, V sono primitive
delle due forme differenziali ud x − vd y e vd x + ud y rispettivamente. La
funzione F è olomorfa, pertanto per le condizioni di Cauchy–Riemann si ha

Ux d x + U y d y = ud x − vd y

ed anche
Vx d x + V y d y = vd x + ud y .
Viceversa, supponiamo vere 1) e 2). Siano U, V primitive delle forme
differenziali ud x − vd y e vd x + ud y rispettivamente. Verifichiamo che la
funzione F (z) = U + i V è una primitiva di f . Infatti le funzioni U e V sono
differenziabili perché di classe C 1 (
). Inoltre si ha

Ux = V y = u , −U y = Vx = v .

La funzione F (z) è quindi olomorfa ed F  (z) = f (z).



26 Funzioni di variabile complessa

Osservazione 0.5.1. Sia


⊆ C un aperto semplicemente connesso ed f (z)
una funzione olomorfa in
. Dalle condizioni di Cauchy–Riemann e dalla
continuità di f  (z) segue che le forme differenziali ud x − vd y e vd x + ud y,
associate alla funzione f (z), sono chiuse e quindi esatte in
. Ne consegue
che considerati z0 , z ∈
l’integrale curvilineo relativo alla funzione f (z) non
dipende dal cammino congiungente z0 e z, talché potremo scrivere
 z
F (z) = f (ζ ) dζ
z0

e la funzione F (z) è una primitiva di f (z).


Concludiamo questo paragrafo con una caratterizzazione dell’olomorfia
che è conseguenza del Teorema 0.5.2.
Teorema 0.5.3. (Morera) Sia
⊆ C un insieme aperto e sia f :
→ C.
f (z) è olomorfa in
se e solo se
1) f (z) è continua in
;
2) per ogni z0 ∈
esiste un disco Bδ (z0 ) ⊂
tale che si abbia

f (z) d z = 0
γ

per ogni curva γ generalmente regolare chiusa con sostegno contenuto in


Bδ (z0 ).
Dimostrazione. Sia f (z) olomorfa in
e proviamo 1) e 2). f (z) è ovvia-
mente continua. Proviamo la 2). Sia z0 ∈
e Bδ (z0 ) un disco contenuto in

. Dalle condizioni di Cauchy–Riemann e dalla continuità di f  (z) segue che


le forme differenziali ud x − vd y e vd x + ud y sono chiuse e quindi esatte in
Bδ (z0 ), essendo il cerchio un insieme semplicemente connesso. La 2) è allora
immediata essendo
  
f (z)d z = ud x − vd y + i vd x + ud y = 0 .
γ γ γ

Viceversa siano vere 1) e 2). Dal fatto che le circuitazioni sono nulle nel
cerchio Bδ (z0 ), le forme differenziali ud x − vd y e vd x + ud y sono esatte e,
quindi, la funzione f (z) è dotata di primitive in Bδ (z0 ). La funzione è dunque
olomorfa in tale disco e, per l’arbitrarietà di z0 , è olomorfa in tutto
.

Osservazione 0.5.2. Sia f (z) una funzione olomorfa non nulla in un insieme
f  (z)
aperto connesso
⊆ C. Si consideri la funzione, olomorfa in
,
f (z)
Funzioni di variabile complessa 27

(derivata logaritmica) e si supponga che essa sia dotata di primitive. Esiste,


allora, una funzione ϕ(z) olomorfa in
tale che eϕ(z) = f (z). Infatti, detta
f  (z)  
F (z) una primitiva della funzione , si ha D f (z)e−F (z) = 0. Pertanto
f (z)
f (z)e−F (z) = k (k = 0) e
f (z) = ke F (z) = e F (z)+log k .
Si noti che la funzione ϕ(z) in generale non è una delle funzioni log f (z). Ad
esempio si consideri la restrizione della funzione sen z al semipiano Im z > 0.
Le funzioni log sen z non sono definibili mentre esiste una funzione ϕ(z) tale
che eϕ(z) = sen z in tale semipiano.

0.6. Serie di potenze


In questo paragrafo considereremo serie di funzioni del tipo

+∞
(0.6.1) an (z − z0 )n
n=0

dove {an } è una successione assegnata di numeri complessi e z0 ∈ C. Tali serie


di funzioni vengono dette serie di potenze di coefficienti an e centro z0 .
Occupiamoci del problema di determinare l’insieme dei punti in cui la serie
(0.6.1) converge. Tale insieme risulta evidentemente non vuoto dato che essa
converge in z0 .
Per cominciare dimostriamo il seguente
Lemma 0.6.1. (Abel) Valgono i seguenti fatti.
1) La serie (0.6.1) converga in z∗ = z0 , allora essa converge totalmente in
Bδ (z0 ), essendo δ < |z∗ − z0 |.
2) La serie (0.6.1) non converga z∗ , allora essa non converge nei punti z tali
che |z − z0 | > |z∗ − z0 |.
Dimostrazione. Proviamo la 1). La serie (0.6.1) converge in z∗ = z0 .
Pertanto |an (z∗ −z0 )n | → 0 e quindi esiste M > 0 tale che |an (z∗ −z0 )n | ≤ M.
Allora, se |z − z0 | ≤ δ, si ha
 n


n  z − z0 

|an (z − z0 ) | = |an (z − z0 ) |  ∗
n
z − z0 
 n  n
 z − z0  δ

≤ M ∗  ≤M .
z − z0  |z∗ − z0 |
28 Funzioni di variabile complessa

Essendo la serie numerica maggiorante convergente si ha la 1).


Proviamo la 2). Per assurdo, supponiamo che la serie (0.6.1) converga in
z con |z − z0 | > |z∗ − z0 |. Allora per la 1) la serie convergerebbe in z∗ .

Definizione 0.6.1. Sia

 
+∞

:= sup |z − z0 | : an (z − z0 )n converga .
n=0

è un numero non negativo oppure +∞ e si dice raggio di convergenza della


serie data.
Nello studio di una serie di potenze è di fondamentale importanza conosce-
re il raggio di convergenza. Vale infatti la seguente affermazione, conseguenza
immediata del Lemma 0.6.1.
Proposizione 0.6.1. Consideriamo la serie di potenze (0.6.1) e sia il suo
raggio di convergenza. Accade:
1) se = 0 la serie (0.6.1) converge solo in z0 ;
2) se > 0 la serie (0.6.1) converge totalmente in ogni insieme compatto
contenuto in B (z0 ) e non converge in C \ B (z0 )
3) se = +∞ la serie (0.6.1) converge totalmente in ogni insieme compat-
to.
La conoscenza del raggio di convergenza dice quasi tutto sul comporta-
mento della serie; l’unico dubbio concerne il comportamento della serie sulla
circonferenza di centro z0 e raggio nel caso in cui > 0. A tal proposito
vale il seguente risultato
Teorema 0.6.1. (Abel) Sia data la serie di potenze (0.6.1) con raggio di
convergenza > 0 e supponiamo che essa converga in un punto z1 con
|z1 − z0 | = . Consideriamo, per L ≥ 1, l’insieme

|z − z1 | 
A L = z ∈ B (z0 ) : ≤L .
− |z − z0 |

La serie (0.6.1) converge uniformemente in A L .


Dimostrazione. Cominciamo con il dimostrare la formula di sommazione di
Abel: date due successioni {bn }, {cn } si ha


n+ p

n+ p
(0.6.2) bk (ck − ck−1 ) = bn+ p cn+ p − bn cn − (bk − bk−1 )ck−1 .
k=n+1 k=n+1
Funzioni di variabile complessa 29

Si ha

n+ p

n+ p−1

n+ p
bk (ck − ck−1 ) = bn+ p cn+ p − bn cn + bk ck − bk ck−1
k=n+1 k=n k=n+1


n+ p

n+ p
= bn+ p cn+ p − bn cn + bk−1 ck−1 − bk ck−1
k=n+1 k=n+1


n+ p
= bn+ p cn+ p − bn cn − (bk − bk−1 )ck−1 .
k=n+1

Poniamo
 n 

z − z0
bn = , cn = − ak (z1 − z0 )k .
z1 − z0 k=n+1

Sia z ∈ A L ; applicando la (0.6.2) si ha



n+ p

n+ p
(0.6.3) ak (z − z0 ) =
k
bk (ck − ck−1 )
k=n+1 k=n+1
 n+ p  n
z − z0 z − z0
= cn+ p − cn
z1 − z0 z1 − z0
n+ p    k−1 
 z − z0
k
z − z0
− − ck−1 .
k=n+1
z 1 − z 0 z 1 − z 0

Consideriamo nella (0.6.3) il limite per p → ∞; ricordando che lim cn = 0,


n→∞
si ha
∞  n   ∞  k−1
z − z0 z − z0 z − z0
ak (z − z0 ) = −cn
k
− −1 ck−1
k=n+1
z1 − z0 z1 − z0 k=n+1
z1 − z0

e quindi, fissato ε > 0, per n abbastanza grande


 ∞   ∞  n 
   |z − z |  |z − z |
 ak (z − z0 )  < ε 1 +
k 1 0

k=n+1 n=1
 
|z − z1 |
=ε 1+ ≤ ε(1 + L) .
− |z − z0 |

30 Funzioni di variabile complessa

Osservazione 0.6.1. Un esempio di insieme in cui la serie (0.6.1) converge


uniformemente può essere costruito nel modo seguente.
Supponiamo che la serie (0.6.1) abbia raggio di convergenza > 0 e
converga in z1 con |z0 − z1 | = . Consideriamo due corde di equal lunghezza
passanti per il punto z1 . Detta 2ϑ la misura dell’angolo da esse formato,
le corde hanno lunghezza 2 cos ϑ. Sia 0 < r < 2 cos ϑ e consideriamo
l’insieme C(r, ϑ), costituito dal settore circolare di centro z1 e raggio r
intercettato dall’angolo formato dalle due corde, privato del punto z1 (il settore
z1 AB in figura 0.6.1)
.........................................
............... .........
......... .......
........ .......
......... .....
.. .... .....
.. .. ....
. ....
..... ....
.... ...
...
.. ..
.. .
.. .
.. .............
...
.
.........................
z 1
.. ..... ...... ................ ................. ...
... .......... ............. ϑ ......... ........ ..
...
..
A ..................
.............. ........ ................... ....
.. . ...
....... τ.... ....
..
.
.. .
.
.... ............ . ..
.
..
..
.. .................... ....... ............. ..
.................. .......
.....
..
..
..
.
..
z 0 ...................
.. ....
.. ....
. .
.... ... ..
.
..
..
...
.. ......... ..
.. .... . ..
.... .. ....
..... ...
.. ....
.. ..... . ....
.... ...
.... .....
. ...
.. .... ..
.
.. .. ..... .. ... .
.
.. ... . .. . .
...
.. ... ............ .. ....... ..... ...
...... .. . .. ..
..
.. ... .. ..... .... ..
..
.. ... ... ....... ...... .
.
..
.. ... .. ... .... ...
... .... ...
... ... ...
...
...
...
...
....z
... ......
....
...
. . ...
..
.... .... ... ..
.. ...
....
....
....
..... ......
...
.. . B . ......
....
....
..... . .
....... ...... ......
......... .......
............ .........
.................................................

Figura 0.6.1

Sia z ∈ C(r, ϑ); considerato il triangolo di vertici z, z0 , z1 si ha

|z − z0 |2 = 2 + |z − z1 |2 − 2 |z − z1 | cos τ

da cui
|z − z1 | + |z − z0 | 2
= ≤ ,
− |z − z0 | 2 cos τ − |z − z1 | 2 cos ϑ − r
e, per il Teorema di Abel, la convergenza uniforme della serie (0.6.1) in
C(r, ϑ).

Esercizio 0.6.1. Le serie


+∞ 
+∞ n
z 

n!z , n
, zn .
n=0 n=0
n! n=0

hanno raggio di convergenza = 0, = +∞, = 1 rispettivamente.


Funzioni di variabile complessa 31

La prima serie converge solo per z = 0 perché


(n + 1)!|z|n+1
= (n + 1)|z| → +∞ ∀ z = 0.
n!|z|n
La seconda serie converge ∀ z ∈ C. Infatti, per z = 0 si ha
n!|z|n+1 |z|
= → 0.
(n + 1)!|z|n (n + 1)
La terza è la serie geometrica di ragione z e quindi converge solo per |z| < 1.
Le serie di potenze si possono derivare termine a termine in analogia a
quanto avviene nel caso reale. Considerata una serie di potenze con raggio di
convergenza positivo , poniamo

+∞
f (z) = an (z − z0 )n , |z − z0 | < .
n=0

La funzione f (z) risulta olomorfa come si deduce facilmente dal seguente


teorema di derivazione
Teorema 0.6.2. (Weierstrass) Sia data una successione { f n } di funzioni
olomorfe in
, insieme aperto contenuto in C. Si consideri la serie


(0.6.4) f n (z) .
n=1

Supponiamo che la serie (0.6.4) converga in


alla funzione F (z). Supponia-
mo, inoltre, che per ogni z0 ∈
esista un disco Br (z0 ) tale che Br (z0 ) ⊂

e che la serie (0.6.4) converga uniformemente sulla circonferenza ∂ Br (z0 ). Si


ha allora
a) F (z) è olomorfa in
;
b) la serie delle derivate k-esime



(0.6.5) f n(k) (z) , k ∈N
n=1

converge in
alla derivata k-esima della funzione F(z);
c) per ogni k ∈ N0 la serie (0.6.5) converge uniformemente in ogni insieme
compatto contenuto in
.
32 Funzioni di variabile complessa

Dimostrazione. Sia z0 ∈
; dimostriamo che la funzione è olomorfa in z0 .
Sia Br (z0 ) il disco di cui all’ipotesi e consideriamo il disco B (z0 ), < r. Per
la prima formula di Cauchy (0.4.7) si ha

1 f n (ζ )
f n (z) = dζ , z ∈ B (z0 ) .
2π i +∂ Br (z0 ) ζ − z
Consideriamo la serie
∞
f n (ζ )
, ζ ∈ ∂ Br (z0 ) ;
n=1
ζ −z

F (ζ )
essa è converge uniformemente converge alla funzione . Si ha, allora,
ζ −z
integrando per serie

∞ ∞ 
1 f n (ζ )
(0.6.6) F (z) = f n (z) = dζ
n=1 n=1
2π i +∂ Br (z0 ) ζ − z

1 F (ζ )
= dζ z ∈ B (z0 ) .
2π i +∂ Br (z0 ) ζ − z
Dalla formula di rappresentazione (0.6.6) si deduce, allora, derivando sotto
segno integrale
∂ 1 ∂
F (z) = F (z) , z ∈ B (z0 )
∂x i ∂y
da cui l’olomorfia della funzione F (z) in B (z0 ) e per l’arbitrarietà di z0 in
.
Proviamo la b). Per k ∈ N, la serie di funzioni


f n (ζ )
, ζ ∈ ∂ Br (z0 )
n=1
(ζ − z)k+1

F (ζ )
converge uniformemente alla funzione . Si ha, allora, ricordando la
(ζ − z)k+1
seconda formula di Cauchy (0.4.8)

∞ ∞ 
k! f n (ζ )
f n(k) (z) = dζ
n=1 n=1
2π i +∂ Br (z0 ) (ζ − z)k+1

k! F (ζ )
= dζ = F (k) (z) , z ∈ B (z0 )
2π i +∂ Br (z0 ) (ζ − z)k+1
Funzioni di variabile complessa 33

e quindi, per l’arbitrarietà di z0 , la b).


Si osservi che
 n    n 
  (k)   k! f j (ζ ) − F (ζ ) 
 f j (z) − F (z) ≤ 
(k) j =1
dζ 
 2π i (ζ − z) k+1
j =1 +∂ Br (z0 )

 n 
k! r  
≤ max  f j (ζ ) − F (ζ ) 
(r − )k+1 ∂ Br (z0 ) j =1

e quindi la (0.6.5) converge uniformemente in B (z0 ).


Proviamo, infine, la c). Sia K un compatto contenuto in
. Abbiamo
provato che per ogni z ∈ K esiste un disco B (z) in cui la serie (0.6.5) converge
uniformemente a F (k) (z). Per il Lemma di Heine-Pincherle-Borel esiste un
mumero finito di dischi B j (z), j = 1, . . . , s tale che


s
K ⊂ B j (z)
j =1

e pertanto la c).

Risulta, quindi,
 +∞
d  
+∞
d f (z)
= an (z − z0 )n = nan (z − z0 )n−1 , |z − z0 | <
dz d z n=0 n=1

ed iterando il procedimento


+∞
(0.6.7) D k f (z) = n(n − 1) . . . (n − k + 1)an (z − z0 )n−k ,
n=k

|z − z0 | < , k ∈ N .
Dalla (0.6.7) si ha

f (k) (z0 )
(0.6.8) ak = , k ∈ N0 .
k!
34 Funzioni di variabile complessa

0.7. Analiticità delle funzioni olomorfe


Si è già provato che per una funzione complessa, la derivabilità implica
l’esistenza delle derivate di qualunque ordine; mettiamo ora in luce una
proprietà di maggiore regolarità: la caratterizzazione dell’olomorfia mediante
la sviluppabilità in serie di potenze. Rammentiamo la definizione di funzione
analitica.
Definizione 0.7.1. Sia
un aperto di C e f :
→ C. Diremo che f (z) è
analitica in z0 ∈
se esistono un disco Bδ (z0 ) ⊆
ed una serie di potenze di
centro z0 tale che

+∞
f (z) = an (z − z0 )n ∀ z ∈ Bδ (z0 ).
n=0

Diremo che la funzione è analitica in


se lo è in ogni suo punto.
Proviamo il seguente importante risultato sulle funzioni olomorfe.
Teorema 0.7.1. Sia
un aperto di C e f :
→ C. f (z) è analitica in
se
e solo se è ivi olomorfa.
Dimostrazione. Supponiamo f (z) analitica in
. Quindi, fissato z0 ∈
,
esiste un disco Bδ (z0 ) ⊂
in cui si ha

+∞
f (z) = an (z − z0 )n .
n=0

Per quanto visto sulle serie di potenze, f (z) è olomorfa in Bδ (z0 ) e quindi in

.
Viceversa, sia f (z) olomorfa in
e sia z0 ∈
. Sia δ = dist (z0 , ∂
)
(
⊂ C). Proviamo che, nel disco Bδ (z0 ) (C se
= C), f (z) è sviluppabile
in serie di potenze di centro z0 . Fissato z ∈ Bδ (z0 ) sia γ la circonferenza di
centro z0 e raggio con |z − z0 | < < δ. Allora, per la prima formula di
Cauchy, si ha

1 f (ζ )
(0.7.1) f (z) = dζ .
2π i +γ ζ − z
Essendo, per ζ ∈ γ , |z − z0 | < |ζ − z0 | si ha
1 1 1 1
= =
ζ −z ζ − z0 + z0 − z ζ − z0 1 − ζz−z0
−z0
+∞  
1  z − z0 n 
+∞
1
= = (z − z0 )n .
ζ − z0 n=0 ζ − z0 n=0
(ζ − z 0 ) n+1
Funzioni di variabile complessa 35

La serie ottenuta risulta totalmente convergente sulla circonferenza γ . Sosti-


tuendo nella (0.7.1) ed integrando per serie otteniamo
+∞ 
1  
+∞
f (ζ )
f (z) = dζ (z − z 0 ) n
= an (z − z0 )n
2π i n=0 +γ (ζ − z0 )n+1 n=0

dove 
1 f (ζ ) f (n) (z0 )
an = dζ = .
2π i +γ (ζ − z0 )n+1 n!

Sia f ∈ C ∞ (
) e z0 ∈
. Chiameremo serie di Taylor (di Mac-Laurin se
z0 = 0) della funzione f , la serie


+∞
f (n) (z0 )
(z − z0 )n .
n=0
n!

Il teorema precedente assicura, quindi, che una funzione olomorfa è sviluppa-


bile in serie di Taylor in un qualunque intorno di z0 contenuto in
.
Ovviamente un qualunque altro sviluppo in serie di potenze della funzione f
coinciderà con lo sviluppo di Taylor.
Osservazione 0.7.1. Il Teorema 0.7.1 è falso nel caso di funzioni reali di
variabile reale. Si consideri, ad esempio la funzione

e−1/x
2

f (x ) = se x > 0
0 se x ≤ 0

Essa è di classe C ∞ (R) ma non è analitica in 0. Si ha infatti f (n) (0) = 0 per


ogni n ∈ N0 e quindi f non è sviluppabile in serie di Mac-Laurin in nessun
intorno di 0.

Esempio 0.7.1. Sappiamo che la funzione e z è intera e quindi sviluppabile in


serie di Mac-Laurin. Si ha [D n (e z )]z=0 = 1 e pertanto


+∞
1 n
e =
z
z , ∀ z ∈ C.
n=0
n!
36 Funzioni di variabile complessa

Esempio 0.7.2. Le funzioni sen z e cosz sono intere e quindi sviluppabili


in serie di Mac-Laurin. Si ha D k (sen z) z=0 = 0 se k è pari mentre se k è
 
dispari, k = 2n + 1, si ha D 2n+1 (sen z) z=0 = (−1)n . Si ha quindi:


+∞
(−1)n 2n+1
sen z = z , ∀ z ∈ C.
n=0
(2n + 1)!

Derivando per serie nello sviluppo precedente si ottiene poi,


+∞
(−1)n
cos z = z2n , ∀ z ∈ C.
n=0
(2n)!

Esempio 0.7.3. Sia α ∈ C. Consideriamo la funzione

1
, z = α.
z−α
Essa è olomorfa nel suo campo di esistenza. Fissato allora z0 = α, la
funzione è sviluppabile in serie di Taylor nel disco di centro z0 e raggio
|z0 − α|. Determiniamone lo sviluppo. Osservato che D k (z − α)−1 =
(−1)k k! (z − α)−(k+1) , k ∈ N, si ha

1 
+∞
(−1)n 
+∞
(z − z0 )n
(0.7.2) = (z − z 0 ) n
= − .
z−α n=0
(z 0 − α) n+1
n=0
(α − z 0 ) n+1

Lo
 sviluppo
 precedente si può ottenere per altra via. Infatti, osservato che
 z − z0 
 
 α − z  < 1, si ha
0

1 1 1 
+∞
(z − z0 )n
= = − .
z−α z0 − α 1 − α−z
z−z0
0 n=0
(α − z0 )n+1

Sia p > 1, p ∈ N. La funzione (z − α)− p , z = α, è sviluppabile in serie di


Taylor nel cerchio |z − z0 | < |z0 − α|. Si ha
! +∞ "
1 (−1) p−1 p−1 1 (−1) p  (z − z0 )n
= D = D p−1 ,
(z − α) p ( p − 1)! z −α ( p − 1)! n=0
(α − z0 )n+1
Funzioni di variabile complessa 37

da cui derivando per serie si ottiene:

(−1) p  n(n − 1) . . . (n − p + 2)
+∞
1
= (z − z0 )n− p+1
(z − α) p ( p − 1)! n= p−1 (α − z0 )n+1
+∞ 
 
n 1
= (−1) p
(z − z0 )n− p+1 .
n= p−1
p − 1 (α − z 0 ) n+1

Il metodo esposto si può utilizzare per sviluppare in serie di potenze le fun-


zioni razionali ricordando che esse si possono decomporre in fratti semplici
del tipo (z − α)− p .

Esempio 0.7.4. La funzione tang z è olomorfa nel disco Bπ/2(0). Determinia-


mone lo sviluppo in serie di Mac-Laurin. La funzione tang z è dispari; le sue
derivate di ordine pari saranno, allora, dispari e calcolate in 0 saranno nulle.
Si ha, allora,

+∞
π
tang z = a2n+1 z2n+1 , |z| < .
n=0
2

Determiniamo i coefficienti del precedente sviluppo. Si ha


 +∞  +∞
  (−1)n
(0.7.3) sen z = tang z cos z = a2n+1 z 2n+1
z2n .
n=0 n=0
(2n)!

Eseguendo il prodotto secondo Cauchy delle due serie in (0.7.3) e ricordando


lo sviluppo in serie di Mac-Laurin di sen z, si ha
 n

+∞
(−1)n 2n+1   (−1)n−k
+∞
(0.7.4) z = a2k+1 z2n+1 .
n=0
(2n + 1)! n=0 k=0
(2n − 2k)!

Dall’eguaglianza delle due serie in (0.7.4) si ottiene il sistema di infinite


equazioni
(−1)n  (−1)n−k
n
= a2k+1 , n ∈ N0
(2n + 1)! k=0
(2n − 2k)!
38 Funzioni di variabile complessa

che permette di ricavare i coefficienti a2n+1 . Si ha infatti



⎪ a1 = 1



⎪ 1 1

⎪ − a1 + a3 = −

⎪ 2! 3!

⎨ 1 1 1
(0.7.5) a1 − a3 + a5 =

⎪ 4! 2! 5!

⎪ .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. .





⎪ (−1)n (−1)n−1 (−1)n
⎩ a1 + a3 + · · · + a2n+1 =
(2n)! (2n − 2)! (2n + 1)!
Il determinante dei coefficienti del sistema (0.7.5) è
 1 ... 0 
 0 0
 1 
 − ... 0 
 1 0
 2! 
 1 1 
 − ... 0  = 1 .
 1
 4! 2! 
 .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. 
 
 
 (−1)n (−1)n−1 (−1)n−2 
 ··· 1
(2n)! (2n − 2)! (2n − 4)!
Il sistema (0.7.5) è un sistema di Cramer e
 
 1 0 0 ... 1 
 
 1 1 
 − 1 0 ... − 
 2! 3! 
 
 1 1 1 
a2n+1 =  − 1 ... .

 4! 2! 5! 
 .. .. . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. 
 
 (−1)n (−1)n−1 (−1)n−2 (−1) 
n
 ···
 (2n)! (2n − 2)! (2n − 4)! (2n + 1)! 

Esempio 0.7.5. Consideriamo la funzione log(z + 1) e vediamo se essa è


sviluppabile in serie di Mac-Laurin. Evidentemente bisognerà precisare a
quale determinazione del logaritmo ci si riferisce.
Consideriamo le determinazioni del logaritmo definite nel piano tagliato
lungo il semiasse delle ascisse non positive e cioè
log w = ln |w| + i arg w , (2k − 1)π < arg w < (2k + 1)π , k ∈ Z .
Funzioni di variabile complessa 39

Le funzioni log(z+1) corrispondenti sono allora definite in C privato dei punti


per cui

Re(z + 1) = Re z + 1 ≤ 0
Im(z + 1) = Im z = 0
cioè il piano complesso privato dei punti della semiretta (x , 0), x ≤ −1.
Queste funzioni sono olomorfe nel disco B1 (0) e quindi sviluppabili in esso in
serie di Mac-Laurin. Essendo
D n log(z + 1) = (−1)n−1 (n − 1)!(z + 1)−n , n = 1, 2, . . .
si ha


(−1)n−1
log(z + 1) = log 1 + zn
n=1
n
∞
(−1)n−1 n
= 2kπ i + z , |z| < 1 , k ∈ Z .
n=1
n

Consideriamo le determinazioni del logaritmo definite nel piano tagliato lungo


il semiasse delle ascisse non negative e cioè
log w = ln |w| + i arg w , 2kπ < arg w < (2k + 2)π , k ∈ Z .
Le funzioni log(z + 1) sono definite nel piano complesso privato dei punti
della semiretta (x , 0), x ≥ −1; esse non sono quindi sviluppabili in serie di
Mac-Laurin.
Dal Teorema 0.7.1 si deduce il seguente notevole
Teorema 0.7.2. (Hermite–Liouville) Sia f (z) una funzione intera. Suppo-
niamo che esistano due numeri positivi R, L e un numero non negativo ν tali
che
| f (z)| ≤ L|z|ν , per |z| > R .
Allora f (z) è un polinomio di grado [ν] al più.
Dimostrazione. Per il Teorema 0.7.1 la funzione f (z) è sviluppabile in serie
di Mac-Laurin in C, cioè

+∞
f (z) = an z n , ∀z ∈C,
n=0

ed i coefficienti an sono espressi dalle formule



1 f (ζ )
an = dζ ,
2π i +γr ζ n+1
40 Funzioni di variabile complessa

essendo γr una qualunque circonferenza di centro 0 e raggio r > R. Appli-


cando il lemma di Darboux si ha
 
1  f (ζ )  maxγr | f (z)|
(0.7.6) |an | ≤ dζ  ≤ ≤ Lr ν−n
2π  ζ n+1+γr rn
Se n > [ν] allora ν −n < 0 e considerando nella (0.7.6) il limite per r → +∞
si ha an = 0 e quindi la tesi.

Il Teorema di Hermite–Liouville permette di dare una dimostrazione parti-
colarmente semplice dell’importante
Teorema 0.7.3. (Teorema fondamentale dell’Algebra) Sia P(z) un polino-
mio di grado n ≥ 1. Allora l’equazione P(z) = 0 ha almeno una soluzione in
C.
Dimostrazione. Per assurdo. Supponiamo che P(z) = 0 in C. Consideriamo
la funzione 1/P(z); essa è intera. Essendo, poi, lim 1/P(z) = 0, la funzione
z→∞
1/P(z) è limitata in C, cioè esiste una costante L > 0 tale che |1/P(z)| ≤ L.
Per il Teorema di Hermite–Liouville la funzione 1/P(z) e, quindi, P(z)
dovrebbe essere costante, fatto assurdo per un polinomio di grado n ≥ 1.


0.8. La serie di Laurent


Siano 0 ≤ R1 < R2 ≤ +∞ e z0 ∈ C. L’insieme
C R1 ,R2 = {z ∈ C : R1 < |z − z0 | < R2 }
si dice corona circolare di centro z0 raggio interno R1 e raggio esterno R2 .
Osserviamo esplicitamente che la corona circolare definita in questo modo
può essere un disco bucato (R1 = 0, R2 < +∞) oppure il complementare di
un cerchio (R1 > 0, R2 = +∞) oppure l’intero piano privato del punto z0
(R1 = 0, R2 = +∞).
Definizione 0.8.1. Sia {an }, n ∈ Z una successione bilatera di numeri com-

+∞
plessi. Diciamo che la serie bilatera an converge quando le due serie
n=−∞

−1 
+∞
an , an sono convergenti ed in tal caso poniamo
n=−∞ n=0


+∞ 
−1 
+∞
an := an + an .
n=−∞ n=−∞ n=0
Funzioni di variabile complessa 41

La scelta del valore zero riguardo allo spezzamento della serie bilatera è
ininfluente. Infatti è facile verificare che se la serie bilatera è convergente
si ha, fissato k ∈ Z,


+∞ 
k 
+∞
an = an + an .
n=−∞ n=−∞ n=k+1

Consideriamo adesso una funzione olomorfa in una corona circolare di


centro z0 . In generale non sarà possibile sviluppare la funzione in serie di
potenze di centro z0 ; risulta, tuttavia, possibile ottenere uno sviluppo come
somma di una serie bilatera in cui figurano anche potenze di z − z0 con
esponenti negativi. Precisamente si ha
Teorema 0.8.1. (Laurent) Sia C R1 ,R2 = {z ∈ C : R1 < |z − z0 | < R2 } e f (z)
una funzione olomorfa in C R1 ,R2 . Allora esistono, e sono unici, an ∈ C (n ∈ Z)
tali che:


+∞
(0.8.1) f (z) = an (z − z0 )n , ∀ z ∈ C R1 ,R2 .
n=−∞

dove

1 f (ζ )
(0.8.2) an = dζ, n ∈ Z,
2π i +γ (ζ − z0 )n+1

essendo γ la circonferenza di centro z0 e raggio , R1 < < R2 .


Dimostrazione. Sia z ∈ C R1 ,R2 ed r, R tali che R1 < r < |z − z0 | <
R < R2 . Denotiamo con γr , γ R le circonferenze di centro z0 e raggi r, R
rispettivamente. Per la formula di Cauchy si ha
 
1 f (ζ ) 1 f (ζ )
(0.8.3) f (z) = dζ − dζ .
2π i +γ R ζ −z 2π i +γr ζ −z

Ripetendo il procedimento usato nella dimostrazione del Teorema 0.7.1 si


ottiene:
  +∞
1 f (ζ )
(0.8.4) dζ = an (z − z0 )n
2π i +γ R ζ −z n=0
42 Funzioni di variabile complessa

dove

1 f (ζ )
(0.8.5) an = dζ n ∈ N.
2π i +γ R (ζ − z0 )n+1

Consideriamo il secondo integrale in (0.8.3). Se ζ ∈ γr si ha |ζ − z0 | < |z − z0 |


e quindi,

1 1 1  1
+∞
− = ζ −z0
= (ζ − z0 )k .
ζ −z z − z0 1 − z−z k=0
(z − z 0 ) k+1
0

Sostituendo nel secondo integrale della (0.8.3) ed integrando per serie si ha


  1+∞ 
1 f (ζ ) 1
− dζ = f (ζ )(ζ − z0 )k dζ
2π i +γr ζ −z k=0
2π i +γr (z − z0 )k+1

−1 
1 f (ζ )
= dζ (z − z0 )n .
n=−∞
2π i +γr (ζ − z0 ) n+1

e quindi
 −1
1 f (ζ )
(0.8.6) − dζ = an (z − z0 )n
2π i +γr ζ −z n=−∞

dove

1 f (ζ )
(0.8.7) an = dζ, n < 0.
2π i +γr (ζ − z0 )n+1

Dalle (0.8.3), (0.8.4) e (0.8.6) segue poi la (0.8.1).


Dimostriamo l’unicità dello sviluppo. Precisamente dimostriamo che se
vale la (0.8.1) allora i coefficienti an sono dati dalle (0.8.2). Poniamo


−1
h(z) = an (z − z0 )n
n=−∞


+∞
g(z) = an (z − z0 )n
n=0
Funzioni di variabile complessa 43

Consideriamo la circonferenza γ di centro z0 e raggio , R1 < < R2 e, per


k ∈ Z,
   +∞
g(z)
(0.8.8) dz = an (z − z0 )n−k−1 d z .
+γ (z − z0 )
k+1
+γ n=0


+∞
La serie an (z − z0 )n è una serie di potenze che ha raggio di convergenza
n=0
maggiore od uguale a R2 , pertanto essa è uniformemente convergente sulla
circonferenza γ . Essendo la funzione (z − z0 )−k−1 limitata su γ , anche la

+∞
serie an (z − z0 )n−k−1 è uniformemente convergente su γ . Si può, allora,
n=0
integrare per serie in (0.8.8), ottenendo
 
+∞ 
g(z)
dz = an (z − z0 )n−k−1 d z .
+γ (z − z0 )
k+1
n=0 +γ

Consideriamo
  
−1
h(z)
(0.8.9) dz = an (z − z0 )n−k−1 d z .
+γ (z − z0 )k+1 +γ n=−∞


−1
La serie an (z − z0 )n è uniformemente convergente su γ . Infatti, posto
n=−∞
z = z0 + 1/w, si ha

+∞
h(z0 + 1/w) = a− p w p , R2−1 < |w| < R1−1
p=1


+∞
La serie di potenze a− p w p ha raggio di convergenza maggiore od uguale
p=1
a R1−1 e converge uniformemente sulla circonferenza di centro 0 e raggio
−1 . Se ne deduce, considerando la sostituzione w = (z − z0 )−1 , che la
−1 
−1
serie an (z − z0 )n e quindi la serie an (z − z0 )n−k−1 è uniformemente
n=−∞ n=−∞
convergente su γ . È allora possibile integrare per serie in (0.8.9) , ottenendo
 −1 
h(z)
dz = an (z − z0 )n−k−1 d z .
+γ (z − z0 )k+1 n=−∞ +γ
44 Funzioni di variabile complessa

Si ha, allora,
 
+∞ 
f (z)
dz = an (z − z0 )n−k−1 d z
+γ (z − z0 )k+1 n=−∞ +γ

e ricordando l’Esercizio 0.4.1 la (0.8.2).




0.9. Zeri di una funzione olomorfa


Le funzioni olomorfe sono, nei riguardi dei punti in cui si annullano, simili
a polinomi; per esse si potrà parlare di ordine di uno zero. Premettiamo la
Definizione 0.9.1. Siano
⊆ C un aperto ed f (z) una funzione olomorfa
in
. z0 ∈
si dice zero di ordine m, m ∈ N, se esiste una funzione g(z)
olomorfa in
tale che f (z) = g(z)(z − z0 )m in
e g(z0 ) = 0.
Gli zeri di un qualche ordine si diranno zeri di ordine finito. Uno zero che
non sia di ordine finito si dirà zero di ordine infinito.
Teorema 0.9.1. Siano
⊆ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa in
.
Le due condizioni seguenti sono equivalenti:
1) z0 è uno zero di ordine m;
2) f (z0 ) = f  (z0 ) = · · · = f (m−1) = 0, f (m) (z0 ) = 0;
Dimostrazione. Proviamo che da 1) segue 2). Sia z0 uno zero di ordine
m e sia f (z) = (z − z0 )m g(z), g(z) funzione olomorfa in
, g(z0 ) = 0.
Consideriamo il disco Br (z0 ) ⊆
. In esso sia f (z) che g(z) sono sviluppabili
in serie di potenze e, quindi, si ha

+∞ 
+∞
f (z) = g(z)(z − z0 ) = (z − z0 )
m m
ak (z − z0 ) = k
ak (z − z0 )k+m
k=0 k=0

+∞
f ( p) (z0 )
= (z − z0 ) p .
p=m
p!

e quindi f ( j ) (z0 ) = 0, j = 0, . . . , m − 1 e f (m) (z0 ) = m! a0 = m! g(z0 ) = 0.


Viceversa proviamo che da 2) segue 1). Poniamo

⎪ f (z)

⎨ in
\ {z0 }
(z − z0 )m
g(z) =


(m)
⎩ f (z0 ) in z0
m!
Funzioni di variabile complessa 45

Se la funzione g(z) è olomorfa in


essa è la funzione cercata. Evidentemente
basta provare che essa è olomorfa in z0 essendo per z = z0 rapporto di due
funzioni olomorfe. Nel disco Br (z0 ) ⊆
consideriamo lo sviluppo in serie di
Taylor

+∞
f (n) (z0 ) 
+∞
f (n) (z0 )
f (z) = (z − z0 ) = (z − z0 )
n m
(z − z0 )n−m .
n=m
n! n=m
n!
La serie di potenze

+∞
f (n) (z0 )
(z − z0 )n−m
n=m
n!
ha raggio di convergenza maggiore od uguale ad r e la sua somma è una
funzione olomorfa. Essendo poi in Br (z0 )

+∞
f (n) (z0 )
g(z) = (z − z0 )n−m
n=m
n!
g(z) risulta olomorfa in z0 .

Denotiamo con il simbolo Z f l’insieme degli zeri della funzione f .
Definizione 0.9.2. Siano
⊆ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa in

. z0 ∈
si dice uno zero isolato se è un punto isolato per l’insieme Z f .
Teorema 0.9.2. Siano
⊆ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa in
.
Le due condizioni seguenti sono equivalenti:
1) z0 è uno zero di ordine finito;
2) z0 è uno zero isolato.
Dimostrazione. 1) implica 2). Se z0 è zero di ordine m si ha f (z) =
(z − z0 )m g(z), g(z) funzione olomorfa e g(z0 ) = 0. Per il teorema della
permanenza del segno, applicato alla funzione continua |g(z)|, esiste un
intorno di z0 in cui g(z) è diverso da zero e, pertanto, z0 è uno zero isolato
per f (z).
Viceversa proviamo che 2) implica 1). Proviamolo per assurdo. Sia z0 uno
zero di ordine infinito. Per il Teorema 0.9.1 f (n) (z0 ) = 0, per ogni n ∈ N.
Sviluppando la funzione in serie di Taylor si trova che in un intorno di z0 la
funzione è identicamente nulla, contrariamente alla ipotesi che z0 è uno zero
isolato.

Una notevole conseguenza della nozione di zero di una funzione olomorfa è
il seguente teorema di identità delle funzioni olomorfe; si noti che tale teorema
è falso per le funzioni reali.
46 Funzioni di variabile complessa

Teorema 0.9.3. (Principio di identità delle funzioni olomorfe) Sia


⊆ C un
aperto connesso e siano f (z), g(z) due funzioni olomorfe in
. Supponiamo
che l’insieme dei punti in cui le due funzioni coincidono ha un punto di
accumulazione appartente ad
. Allora f (z) = g(z) in
.
Dimostrazione. Consideriamo la funzione h(z) = f (z) − g(z). Essa è
olomorfa in
e l’insieme Zh ha un punto z0 di accumulazione appartenente
ad
. Sia {zn } una successione di punti di Zh convergente al punto z0 .
La funzione h(z) è continua; per cui, passando al limite nella relazione
h(zn ) = 0, ∀ n ∈ N si ottiene h(z0 ) = 0 e cioè il punto z0 è uno zero non
isolato per la funzione h(z). Siano

1 = {z ∈
: z zero di ordine infinito per h(z)},
2 =
\
1 .
Gli insiemi cosı̀ definiti sono aperti. Infatti sia z∗ ∈
1 ; ragionando come
nel Teorema 0.9.2 esiste tutto un intorno di z∗ in cui la funzione h(z) è
identicamente nulla e, pertanto, z∗ è interno ad
1 . Sia z∗ ∈
2 . Allora o
h(z∗ ) = 0 oppure z∗ è uno zero isolato per h(z) ed in ogni caso è possibile
trovare un suo intorno tutto contenuto in
2 . Dall’ipotesi di connessione segue
che uno dei due insiemi
1 ,
2 deve esser vuoto ed, essendo z0 ∈
1 ,
2 = ∅.

z
Osservazione 0.9.1. Dal principio di identità segue che le funzioni e , sen z
e cos z sono le uniche funzioni intere prolungamento nel campo complesso
delle corrispondenti funzioni reali.

0.10. Il principio del massimo


Premettiamo il seguente
Lemma 0.10.1. Sia
⊆ C un aperto connesso e f (z) una funzione olomorfa
tale che | f (z)| = cost. in
. Allora f (z) = cost. in
.
Dimostrazione. Se | f (z)| = 0 in
allora f (z) = 0. Sia
 2  2
(0.10.1) Re f (z) + Im f (z) = c > 0 ∀ z ∈
.
Dalla (0.10.1) si ricava
#     
Re f (z) Re f (z) x + Im f (z) Im f (z) x = 0
     
Re f (z) Re f (z) y + Im f (z) Im f (z) y = 0

quindi        
Re f (z) x
Im f (z) y
− Re f (z) y Im f (z) x = 0 .
Funzioni di variabile complessa 47

   
Per le condizioni di olomorfia si ha quindi ∇ Re f (z) = ∇ Im f (z) = 0 e
per l’ipotesi di connessione Re f (z) e Im f (z) sono costanti.

Teorema 0.10.1. Sia
⊆ C un aperto connesso e f (z) una funzione
olomorfa in
. Supponiamo che la funzione | f (z)| abbia un massimo relativo.
Allora la funzione f (z) è costante in
.
Dimostrazione. Sia z0 un punto di massimo relativo per la funzione | f (z)| e

| f (z)| ≤ | f (z0 )| ∀ z ∈ Br (z0 ) ⊂


.

Proviamo che
| f (z)| = | f (z0 )| ∀ z ∈ Br (z0 ) .
Supponiamo che esista z1 ∈ Br (z0 ) tale che | f (z1 )| < | f (z0 )| e sia B (z1 ) un
intorno di z1 , la cui chiusura è contenuta in Br (z0 ), per cui

| f (z)| < | f (z0 )| ∀ z ∈ B (z1 ) .

Si avrebbe, dette γ la circonferenza di centro z0 e raggio |z1 − z0 | e γ1 =


γ ∩ B (z1 ),
 
1  f (z) 
| f (z0 )| =  d z
2π +γ z − z0
    
1  f (z)  
  f (z) 

≤ d z + d z
2π  +γ1 z − z0   +γ \γ1 z − z0 
 
1 |γ1 | |γ \ γ1 |
≤ max | f (z)| + max | f (z)|
2π γ1 |z1 − z0 | γ \γ1 |z1 − z0 |
< | f (z0 )|

e quindi l’assurdo. Applicando il Lemma 0.10.1 e successivamente il principio


di identità delle funzione olomorfe (Teorema 0.9.3) si ottiene, poi, la tesi.

Dal teorema precedente conseguono i due teoremi che esprimono il princi-
pio di massimo per le funzioni olomorfe.
Teorema 0.10.2. (Teorema del massimo modulo) Sia
⊂ C un aperto
connesso limitato. Sia f (z) una funzione continua in
e olomorfa in
.
Allora
max | f (z)| = max | f (z)| .

48 Funzioni di variabile complessa

Dimostrazione. Se | f (z)| assume il massimo in un punto di


per il Teorema
0.10.1 la funzione è costante in
.

Teorema 0.10.3. (Teorema del minimo modulo) Sia
⊂ C un aperto con-
nesso limitato. Sia f (z) una funzione continua in
e olomorfa non nulla in

. Allora
min | f (z)| = min | f (z)| .

Dimostrazione. Sia z0 ∈
tale che
(0.10.2) min | f (z)| = | f (z0 )| > 0 .

Osservato che
1 1
max =

| f (z)| | f (z0 )|
la tesi si consegue per il teorema del massimo modulo.

Osservazione 0.10.1. Se la funzione f (z) si annulla in
la (0.10.2) potrebbe
essere falsa; si consideri ad esempio la funzione z in B1 (0).

0.11. Singolarità isolate delle funzioni olomorfe


Lo sviluppo in serie di Laurent è uno strumento molto efficace per lo
studio delle singolarità isolate di una funzione olomorfa. Cominciamo con
il precisare il concetto di singolarità isolata.
Definizione 0.11.1. Siano
⊂ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa in

. I punti della frontiera ∂


si chiamano punti di singolarità o punti singolari
della funzione f (z). Un punto singolare z0 si dirà una singolarità isolata se
esiste un intorno bucato Br∗ (z0 ) tale che Br∗ (z0 ) ∩ ∂
= ∅. Si osservi che
Br∗ (z0 ) ⊆
.
Sia f (z) una funzione olomorfa in
e z0 una singolarità isolata. È allora
possibile determinare un disco bucato Br∗ (z0 ) contenuto in
in cui la funzione
f (z) è sviluppabile in serie di Laurent (Teorema 0.8.1)

+∞
(0.11.1) f (z) = an (z − z0 )n , 0 < |z − z0 | < r .
n=−∞

Possiamo dare la seguente definizione.


Funzioni di variabile complessa 49

Definizione 0.11.2.
a) Il punto z0 è una singolarità eliminabile o fittizia se, nella (0.11.1)
an = 0, ∀ n < 0;
b) il punto z0 è un polo di ordine m, m intero positivo, se a−m = 0 e se
an = 0 ∀ n < −m;
c) il punto z0 è una singolarità essenziale se esistono infiniti valori dell’in-
dice n < 0 tali che an = 0.
Di particolare importanza è il coefficiente a−1 che prende il nome di residuo
della funzione f nel punto singolare isolato z0 ; nel seguito esso sarà indicato
con il simbolo Res( f (z); z0 ). Per la (0.8.2) si ha

1
(0.11.2) Res( f (z); z0 ) = f (z) d z ,
2π i +γ

essendo γ una qualunque circonferenza di centro z0 contenuta nel disco


bucato Br∗ (z0 ).
La classificazione di una singolarità può essere fatta senza ricorrere allo
sviluppo in serie di Laurent della funzione; la determinazione di tale sviluppo
potrebbe presentare notevoli difficoltà. Consideriamo i teoremi seguenti.
Teorema 0.11.1. Siano
⊂ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa in
.
Sia z0 una singolarità isolata. Le seguenti affermazioni sono equivalenti:
1) z0 è una singolarità eliminabile per f (z);
2) la funzione f (z) è convergente al tendere di z a z0 ;
3) esistono un disco bucato Br∗ (z0 ) ⊆
ed un numero L > 0 tali che
| f (z)| ≤ L in Br∗ (z0 ).
Dimostrazione. Dimostriamo che 1) implica 2). z0 è una singolarità elimina-
bile, esiste allora un disco bucato B ∗R (z0 ) ⊆
in cui si ha


+∞
f (z) = an (z − z0 )n .
n=0

La serie a secondo membro è una serie di potenze che ha raggio di convergen-


za maggiore od uguale ad R e, detta ϕ(z) la sua somma, si ha

f (z) = ϕ(z) per 0 < |z − z0 | < R .

Ne segue
lim f (z) = lim ϕ(z) = ϕ(z0 ) = a0 .
z→z0 z→z0

La 2) implica ovviamente la 3).


50 Funzioni di variabile complessa

Sia 3), proviamo la 1). Consideriamo il disco bucato Br∗ (z0 ) e lo sviluppo
in serie di Laurent

+∞
f (z) = an (z − z0 )n , 0 < |z − z0 | < r .
n=−∞

La tesi è conseguita se proviamo che an = 0 per n < 0. Per la (0.8.2) si ha



1 f (z)
an = dz
2π i +γ (z − z0 )n+1

con γ circonferenza di centro z0 e raggio < r.


Applicando il lemma di Darboux si ha
 
1  f (z) 

|an | ≤  d z  ≤ max | f | −n ≤ L −n
2π  +γ (z − z0 )n+1  γ

da cui la tesi passando al limite per → 0.



Teorema 0.11.2. Siano
⊂ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa in
.
Sia z0 una singolarità isolata. Le seguenti affermazioni sono equivalenti:
1) z0 è un polo di un qualche ordine per f (z);
2) esiste un intero positivo m tale che la funzione (z−z0 )m f (z) è convergente
ad un numero diverso da zero al tendere di z a z0 ;
3) la funzione f (z) diverge al tendere di z a z0 .
Dimostrazione. Proviamo che la 1) implica la 2). Sia z0 un polo di ordine m
e Br∗ (z0 ) un disco bucato contenuto in
. Si ha


+∞
f (z) = an (z − z0 )n , 0 < |z − z0 | < r ,
n=−m

e a−m = 0. Se ne deduce che


+∞ 
+∞
(z − z0 ) f (z) =
m
an (z − z0 ) n+m
= ak−m (z − z0 )k , 0 < |z − z0 | < r .
n=−m k=0

Ragionando come nella dimostrazione del Teorema 0.11.1 si deduce

lim (z − z0 )m f (z) = a−m .


z→z0
Funzioni di variabile complessa 51

La 2) implica la 3). Infatti si ha

1
lim f (z) = lim (z − z0 )m f (z) = ∞.
z→z0 z→z0 (z − z0 )m
Proviamo infine che la 3) implica la 1). Sia B ∗R (z0 ) un intorno bucato
contenuto in
in cui f (z) = 0. Poniamo

⎨ 1
in B ∗R (z0 )
F (z) = f (z)

0 in z0 .

La funzione F (z) è olomorfa ed ha in z0 uno zero isolato e quindi di ordine


finito. Esisteranno allora, un numero intero positivo p ed una funzione
olomorfa g(z), g(z0 ) = 0, tali che F (z) = (z − z0 ) p g(z).
Si ha, nel disco bucato B ∗R (z0 )

1 1
f (z) = .
(z − z0 ) p g(z)

e considerato lo sviluppo in serie di potenze della funzione olomorfa 1/g(z)

1  +∞
= an (z − z0 )n , a0 = 1/g(z0 ) ,
g(z) n=0

1 
+∞
f (z) = an (z − z0 )n
(z − z0 ) p n=0

+∞ 
+∞
= an (z − z0 ) n− p
= ak+ p (z − z0 )k
n=0 k=− p

che è la tesi.

Dai Teoremi 0.11.1 e 0.11.2 si dimostra facilmente per esclusione il
Teorema 0.11.3. Siano
⊂ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa in
.
Sia z0 una singolarità isolata. Le seguenti affermazioni sono equivalenti:
1) z0 è una singolarità essenziale per f (z);
2) non esiste nè finito nè infinito il limite della funzione f (z) al tendere di z
a z0 .
52 Funzioni di variabile complessa

Mediante l’uso dei Teoremi 0.11.1, 0.11.2 e 0.11.3 la classificazione di un


punto singolare isolato z0 si potrà fare semplicemente considerando il limite
della funzione al tendere di z a z0 e se detto limite è infinito, si potrà stabilire
l’ordine del polo, individuando il numero intero positivo per cui la funzione
(z − z0 )m f (z) converge ad un numero diverso da zero, al tendere di z a z0 .
Osservazione 0.11.1. Gli sviluppi in serie si prestano bene ad estendere alle
funzioni complesse le regole di de L’Hôpital riguardanti le forme indetermi-
nate 00 e ∞

con una dimostrazione più semplice di quella nota per le funzioni
reali. Ad esempio occupiamoci della forma 00 . Siano f (z), g(z) due funzioni
olomorfe in
e z0 sia zero per entrambe di ordine m e p, rispettivamente.
Proviamo che
f (z) f  (z)
lim e lim 
z→z0 g(z) z→z0 g (z)

esistono e sono eguali. z0 è uno zero isolato per entrambe le funzioni, pertanto
in un intorno bucato di z0 si ha
f (z) (z − z0 )m ϕ(z) m− p ϕ(z)
(0.11.3) = = (z − z 0 )
g(z) (z − z0 ) p ψ(z) ψ(z)
con ϕ(z), ψ(z) funzioni olomorfe in
, ϕ(z0 ) = 0, ψ(z0 ) = 0.
Dalla (0.11.3) segue

⎪ 0 se m > p

f (z) ϕ(z0 )
lim = se m = p
z→z0 g(z) ⎪
⎩ ψ(z0 )
∞ se m < p
Consideriamo il rapporto delle derivate. Si ha

f  (z) m(z − z0 )m−1 ϕ(z) + (z − z0 )m ϕ  (z)


=
g  (z) p(z − z0 ) p−1 ψ(z) + (z − z0 ) p ψ  (z)

mϕ(z) + (z − z0 )ϕ  (z)
= (z − z0 )m− p
pψ(z) + (z − z0 )ψ  (z)
da cui, al limite per z → z0

⎪0 se m > p
f  (z) ⎨ ϕ(z0 )
lim = se m = p
z→z0 g  (z) ⎪
⎩ ψ(z0 )
∞ se m < p
Funzioni di variabile complessa 53

In maniera analoga si tratta la forma ∞



una volta osservato che se z0 è un
polo per entrambe le funzioni f (z) e g(z) di ordine m e p rispettivamente, in
un disco bucato Br∗ (z0 ), si ha

ϕ(z) ψ(z)
f (z) = e g(z) =
(z − z0 )m (z − z0 ) p
dove ϕ(z), ψ(z) sono funzioni olomorfe nel disco Br (z0 ) e ϕ(z0 ) = 0, ψ(z0 ) =
0.

0.12. Il Teorema di Picard


Affrontiamo adesso il problema del comportamento di una funzione in un
intorno di una singolarità essenziale; anche in questo caso si ha una profonda
differenza con il caso reale. Cominciamo con un esempio.
Esempio 0.12.1. La funzione e1/z ha in zero una singolarità essenziale, come
è subito visto considerandone lo sviluppo in serie di Laurent


+∞
1 1
e1/z = n
, z = 0 .
n=0
n! z

Studiamo il comportamento della funzione nel disco bucato Bδ∗ (0). Sia α ∈ C,
α = 0; consideriamo il problema di determinare z ∈ C tale che

(0.12.1) e1/z = α e 0 < |z| < δ .

Si ha
1
= log α = ln |α| + i(θ ∗ + 2kπ ) , k ∈ Z
z
dove θ ∗ è un fissato argomento di α. Le soluzioni del problema (0.12.1)
saranno allora gli infiniti numeri complessi
 
1  1 
z= ∈  
ln |α| + i(θ ∗ + 2kπ )
con k Z tali che  ln |α| + i(θ ∗ + 2kπ )  < δ .

In altri termini, considerato un qualunque intorno bucato dello zero il codo-


minio della restrizione della funzione e1/z a tale insieme è C \ {0}.
La situazione messa in luce dall’esempio precedente è un fatto generale.
Vale, infatti, il seguente
54 Funzioni di variabile complessa

Teorema 0.12.1. (Picard) Siano


⊂ C un aperto e f (z) una funzione
olomorfa in
. Sia z0 una singolarità essenziale per f (z). Poniamo Aδ =

Bδ∗ (z0 ). Allora esiste al più un numero complesso λ tale che f ( Aδ ) = C \ {λ}
qualunque δ > 0.
Il Teorema di Picard è uno dei più profondi dell’Analisi complessa e di
difficile dimostrazione. Una sua versione indebolita e di gran lunga meno
precisa è data dal seguente
Teorema 0.12.2. (Casorati) Siano
⊂ C un aperto e f (z) una funzione
olomorfa in
. Sia z0 una singolarità essenziale per f (z). Poniamo Aδ =

∩ Bδ∗ (z0 ). Allora la chiusura di f ( Aδ ) è C qualunque δ > 0.


Dimostrazione. Per assurdo. Supponiamo che esista un δ ∗ > 0 ed un numero
complesso α per cui α ∈ / f ( Aδ∗ ) ∪ D f ( Aδ∗ ), cioè α non appartiene ad f ( Aδ ) e
non è di accumulazione per esso. Esisterà allora un numero r > 0 tale che
| f (z) − α| ≥ r , ∀ z ∈ Bδ∗∗ (z0 ) .
Risulta 1/| f (z) − α| ≤ 1/r . Per il Teorema 0.11.1 il punto z0 è una singolarità
eliminabile per ( f (z) − α)−1 e
1
(0.12.2) lim =l.
z→z0 f (z) − α
Dalla (0.12.2) si deduce

α+ 1
se l = 0
lim f (z) = l
z→z0 ∞ se l = 0
contrariamente al fatto che z0 è una singolarità essenziale.

Lemma 0.12.1. Sia ϕ(z) una funzione olomorfa in B R (0) e ϕ(0) = 0,
|ϕ  (0)| = p > 0. La funzione ϕ  (z) sia limitata e sia supB R (0) |ϕ  (z)| ≤ M.
Allora  
B Rp2/(4M) (0) ⊂ ϕ B R (0) .
 
Dimostrazione. Sia c un numero complesso tale che c ∈ / ϕ B R (0) ; proviamo
che
Rp2
|c| ≥ .
4M
Cominciamo con l’osservare che per z ∈ B R (0), detto σ il segmento unente z
e 0, si ha
  z 
 
(0.12.3) 
|ϕ(z)| = (σ ) ϕ (ζ ) dζ  ≤ M|z| < M R .

0
Funzioni di variabile complessa 55

Poniamo
ϕ(z)
(0.12.4) (z) = 1 − .
c
La funzione (z) è non nulla in B R (0) e per l’Osservazione 0.5.2 esiste una
funzione g(z) olomorfa in B R (0) tale che
e g(z) = (z) .
La funzione e g(z)/2 è, allora, sviluppabile in serie di Mac-Laurin in B R (0):


(0.12.5) e g(z)/2 = an z n , |z| < R .
n=0

Sia < R; poniamo in (0.12.5) z = eit , t ∈ [0, 2π ]. Si ha

it )/2


(0.12.6) e g( e = an n eint ,
n=0

e la serie (0.12.6) converge uniformemente  nell’intervallo


 [0, 2π ]. Osservato
g( e it )/2 2
che la funzione e appartiene
 a L [0, 2π ] e che la convergenza della
2
serie è anche nel senso di L [0, 2π ] , la (0.12.6) è lo sviluppo in serie di
it
Fourier della funzione e g( e )/2 . Per l’identità di Parceval si ha
 2π    2π 

  it   g( eit )/2 2
 e  dt = e  dt = 2π |an |2 2n .
0 0 n=0

Per le (0.12.3), (0.12.4) si ha, allora,


  
1 2π
  MR
(0.12.7) |a0 | + |a1 | ≤
2 2 2
 eit  dt < 1 + .
2π 0 |c|
Determiniamo lo sviluppo in serie di Mac-Laurin della funzione (z). Si ha

∞  
∞  ∞  n 
(z) = e g(z)/2
·e g(z)/2
= an z n
an z =
n
ak an−k zn .
n=0 n=0 n=0 k=0

Quindi
a02 = (0) = 1
ϕ  (0)

2a0 a1 =  (0) = − .
c
56 Funzioni di variabile complessa

Per la (0.12.7) segue che


p2 2
|c| >
4M R
e al limite per → R
p2 R
|c| ≥ .
4M

Teorema 0.12.3. (Bloch–Landau) Sia f (z) una funzione olomorfa in B1 (0) e
f  (0) = 1. Si consideri l’insieme

   
(0.12.8) B f = > 0 : ∃ α ∈ B1 (0) per cui B f (α) ⊆ f B1 (0) .

Si ha 1
0, ⊂ Bf .
16
Dimostrazione. Sia ∈ ]0, 1/16[. Per r ∈ [0, 16 ] definiamo

μ(r) = r max | f  (z)| .


|z|≤16 −r

La funzione μ(r) è continua e si ha μ(0) = 0 e μ(16 ) = 16 . Considerato


l’insieme  
r ∈ [0, 16 ] : 16 − μ(r) = 0
tale insieme non è vuoto e il suo estremo inferiore, che denoteremo con 2R, è
anche minimo; si avrà, allora,

μ(r) < 16 ∀r ∈ [0, 2R[ e μ(2R) = 16 .

Sia
      μ(2R) 8
 f (α) = max  f (z) = = .
|z|≤16 −2 R 2R R
Sia |z| < R e quindi |z + α| ≤ R + 16 − 2R < 1; poniamo

ϕ(z) = f (z + α) − f (α) z ∈ B R (0) .

La funzione ϕ(z) verifica le ipotesi del Lemma 0.12.1:

8
ϕ(0) = 0 , |ϕ  (0)| = | f  (α)| =
R
Funzioni di variabile complessa 57

μ(R) 16
|ϕ  (z)| = | f  (z + α)| ≤ max | f  (z)| = < .
|z|≤16 −R R R
Si ha, allora,  
B (0) ⊂ ϕ B R (0)
e      
B f (α) = B (0) + f (α) ⊂ ϕ B (0) + f (α) ⊆ f B1 (0) .

Lemma 0.12.2. Sia f (z) una funzione olomorfa in B1 (0). Supponiamo che
/ f B1 (0) e che δ sia tale che
0, 1 ∈

1
< | f (0)| < δ .
δ
Esiste, allora, una funzione g(z), olomorfa in B1 (0), tale che:
i) f (z) = −eπ cosh(2g(z)) , z ∈ B1 (0);
ii) esiste
  costante c dipendente solo da δ tale che |g(0)| ≤ c;
una
iii) g B1 (0) non contiene cerchi aperti di raggio 1.
f  (z)
Dimostrazione. La funzione è olomorfa in B1 (0); poniamo
f (z)
  z  
1 f (ζ )
h(z) = log f (0) + dζ z ∈ B1 (0) ,
2π i 0 f (ζ )
dove si è considerata la determinazione principale del logaritmo. Consideria-
mo la funzione
f (z)e−2π ih(z) .

Per essa si ha D f (z)e−2π ih(z) = 0; pertanto

f (z)e−2π ih(z) = f (0)e−2π ih(0) = 1

e quindi

(0.12.9) f (z) = e2π ih(z) .

La funzione h(z) è olomorfa e, per la (0.12.9), non assume nè il valore 0 nè il
valore 1. Osserviamo, inoltre, che
1  

1  
(0.12.10) |h(0)| ≤ ln | f (0)| + π ≤ ln δ + π = δ ∗ .
2π 2π
58 Funzioni di variabile complessa

Ricordando l’Osservazione 0.5.2 esistono due funzioni α(z), β(z) olomorfe in


B1 (0) tali che
eα(z) = h(z) , eβ(z) = h(z) − 1 .
Poniamo
u(z) = eα(z)/2
v(z) = eβ(z)/2 .
Ovviamente
u 2 (z) − v 2 (z) = 1 ,
pertanto u(z) − v(z) = 0. Consideriamo in B1 (0) la funzione
  
  z
u  (ζ ) − v  (ζ )
g(z) = log u(0) − v(0) + dζ ,
0 u(ζ ) − v(ζ )

dove si è considerata la determinazione principale del logatitmo. Con consi-


derazioni analoghe alle precedenti si prova che funzione
 
u(z) − v(z) e−g(z)

è costante e
u(z) − v(z) = e g(z)
1
u(z) + v(z) = = e−g(z)
u(z) − v(z)
e quindi u(z) = cosh g(z). Per la (0.12.9) si ha, allora,

= eπ i cosh(2g(z))+π i = −eπ i cosh(2g(z)) .


2
f (z) = e2π i cosh g(z)

La i) è pertanto provata.
Proviamo la ii). Per la (0.12.10) si ha
  √
|u(0) − v(0)| ≤ |u(0)| + |v(0)| ≤ |h(0)| + |h(0)| + 1 ≤ 2 δ ∗ + 1

ed anche
1 √
= |u(0) + v(0)| ≤ 2 δ ∗ + 1 .
|u(0) − v(0)|
Si ha, allora,
   √
|g(0)| ≤  ln |u(0) − v(0)| + π ≤ ln 2 δ ∗ + 1) + π .
Funzioni di variabile complessa 59

 Proviamo,
 infine, la iii). Supponiamo che il cerchio B1 (w) sia contenuto in
g B1 (0) . Per n ∈ N consideriamo gli intervalli
√ √  √ √ 
In = ln n − 1 + n , ln n + n + 1
√ √  √ √ 
I−n = − ln n + n + 1 , − ln n − 1 + n .

e valutiamone l’ampiezza. Gli intervalli I±1 hanno ampiezza ln(1 + 2). Per
n > 1 si ha
√ √  √ √   √   √ 
ln n + n + 1 − ln n − 1 + n ≤ ln 2 n + 1 − ln 2 n − 1
$
n+1 √
= ln < ln(1 + 2)
n−1

Gli intervalli I±n hanno, quindi, ampiezza minore od uguale a ln(1 + 2) e


+∞
In = R .
n=−∞

Si ha, anche,
+∞ 
 
π π
k , (k + 1) = R.
k=−∞
2 2
√ √
Sia ln(1 + 2) < 2σ < 16 − π 2 /2 < 2; il rettangolo
 
− σ + Re w, σ + Re w × − 1 − σ 2 + Im w, 1 − σ 2 + Im w

è contenuto
√ in B1 (w)
√  e quindi almeno un numero complesso della forma
± ln n + n − 1 + ikπ/2, n ∈ N e k ∈ Z, apparterrà al codominio della
funzione g(z). Sia
√ √  kπ
g(z∗ ) = ± ln n+ n−1 +i , |z∗ | < 1 .
2
Si ha ∗ ))
f (z∗ ) = −eπ i cosh(2g(z = −e(−1) π i(2n−1) = 1
k

contro l’ipotesi.

60 Funzioni di variabile complessa

Teorema 0.12.4. (Schottky)


  Sia f (z) una funzione olomorfa in B1 (0). Sup-
poniamo che 0, 1 ∈
/ f B1 (0) e che δ sia tale che

1
< | f (0)| < δ .
δ
Sia R un numero positivo minore di uno. Allora

max | f (z)| ≤ c ,
|z|≤R

con c costante dipendente soltanto da R e δ.


Dimostrazione. Sia g(z) una funzione olomorfa in B1 (0) verificante le i), ii)
e iii) del Lemma 0.12.2. Proviamo che

16
max |g  (z)| ≤ .
|z|≤R 1−R

Sia z∗ ∈ C tale che |z∗ | ≤ R e |g  (z∗ )| = 0. Poniamo


 
g z∗ + (1 − R) z
(0.12.11) h(z) = z ∈ B1 (0) .
(1 − R)g  (z∗ )

La funzione h(z) è olomorfa e verifica le ipotesi del Teorema di Bloch-Landau;


considerato, allora, l’insieme Bh definito come in (0.12.8) si ha
 
1
0, ⊂ Bh .
16

Verifichiamo che
1
(0.12.12) / Bh .

(1 − R)|g  (z∗ )|

Supponiamo che esista α ∈ B1 (0) tale che il cerchio aperto di centro h(α) e
raggio
1
(1 − R)|g  (z∗ )|
 
sia contenuto in h B1 (0) . Sia γ ∈ C tale che
 
γ − h(α) (1 − R) g  (z∗ ) < 1
Funzioni di variabile complessa 61

da cui  
 γ  1
 − <
 (1 − R) g  (z∗ ) h(α)  (1 − R) |g  (z∗ )| ,

e sia
γ
z∗ ∈ B1 (0) tale che h(z∗ ) = .
(1 − R) g  (z∗ )
Per la (0.12.11) si ha, allora,
   
g z∗ + (1 − R) z∗ = γ e h(α)(1 − R) g  (z∗ ) = g z∗ + (1 − R) α ,
 
e cioè g B1 (0) conterebbe un cerchio aperto di raggio 1; la (0.12.12) è,
quindi, provata. Si ha, allora,

1 1
(0.12.13) ≥ .
(1 − R) |g  (z∗ )| 16

Dalla (0.12.13) si deduce che

16
(0.12.14) |g  (z)| ≤ |z| ≤ R .
1− R
Sia |z| ≤ R e (σ ) il segmento unente z e 0. Si ha per la (0.12.14)
  z 
    16 16R
g(z) − g(0) = (σ ) g (ζ ) dζ  ≤

|z| ≤
 1− R 1− R
0

e quindi  
 cosh(2g(z)) ≤ e2|g(z)| ≤ e2|g(0)|+32 R/(1−R)

e per le i), ii) del Lemma 0.12.2 la tesi.



Dimostrazione del Teorema di Picard. Per dimostrare la tesi
 basterà provare
che se λ, μ ∈ C, λ = μ, uno almeno di essi appartiene a f Aδ .
Possiamo supporre che Bδ∗ (z0 ) ⊆
. Poniamo

f (z0 + δw) − λ
ϕ(w) = 0 < |w| < 1 .
μ−λ
 
Dimostriamo, allora, che ϕ B1∗ (0) contiene almeno uno dei due numeri 0 e 1.
 ∗ 
Supponiamo che 0, 1 ∈ / ϕ B1 (0) . Il punto z = 0 è una singolarità essenziale
62 Funzioni di variabile complessa

per la funzione ϕ(w). Per il Teorema di Casorati (Teorema 0.12.2) si può


costruire una successione di punti {wn }, wn ∈ B1∗ (0), tale che

1
(0.12.15) |wn+1 | < |wn | , lim wn = 0 e |ϕ(wn ) − 1| < .
n→∞ 2

Supponiamo, inoltre, |wn | < e−2π e poniamo


 
h n (ζ ) = ϕ wn e2π ζ |ζ | < 1 .

Per la (0.12.15)
1
< |h n (0)| < 2 ∀ n ∈ N .
2
Applicando il Teorema 0.12.4 alla funzione h n (ζ ) esiste una costante H
indipendente da n tale che

max |h n (ζ )| ≤ H .
|ζ |≤1/2

Consideriamo ζ = it, t ∈ [−1/2, 1/2]. Si ha

wn e2π it = |wn |ei(arg wn +2π t ) e arg wn + 2π t ∈ [arg wn − π, arg wn + π ] .

Pertanto considerate le circonferenze γn di centro 0 e raggio |wn |, n ∈ N, si ha

max |ϕ(w)| ≤ H .
w∈γn

 
Consideriamo la corona circolare Cn = w : |wn+1 | ≤ |w| ≤ |wn | . Si ha,
ricordando il Teorema 0.10.2,

max |ϕ(w)| = max |ϕ(w)| ≤ H


w∈Cn w∈γn ∪γn+1

ed, osservato che   


Cn = w : 0 < |w| ≤ |w1 | ,
n∈N

si avrebbe |ϕ(w)| ≤ H se 0 < |w| ≤ |w1 |. Per il Teorema 0.11.1 il punto


z = 0 sarebbe una singolarità fittizia per la funzione ϕ(z) e quindi l’assurdo.

Funzioni di variabile complessa 63

0.13. Il punto all’infinito


La serie di Laurent si presta anche per studiare il comportamento di una
funzione all’infinito. Precisamente daremo la seguente
Definizione 0.13.1. Siano
⊆ C un aperto tale che il suo complementare
sia un compatto; esisterà quindi, un numero positivo R tale che l’insieme
{z ∈ C : |z| > R} è contenuto in
. Sia f (z) una funzione olomorfa in
. La

funzione g(w) = f (1/w) è definita nel disco bucato B1/ R (0).

a ) Diremo che il punto all’infinito è regolare per f (z) se il punto w = 0 è
una singolarità eliminabile per la funzione g(w);
b ) diremo che il punto all’infinito è polo di ordine m per f (z) se il punto
w = 0 è polo di ordine m per la funzione g(w);
c ) diremo che il punto all’infinito è essenziale per f (z) se il punto w = 0
è una singolarità essenziale per la funzione g(w).
Definiamo il residuo nel punto all’infinito. Sia f (z) una funzione olomorfa
in un aperto
tale che il suo complementare sia un compatto e sia R > 0 tale
che l’insieme {z ∈ C : |z| > R} è contenuto in
. Consideriamo lo sviluppo
in serie di Laurent
+∞
(0.13.1) f (z) = an zn , |z| > R ,
n=−∞
il numero −a−1 è il residuo della funzione nel punto all’infinito e verrà
denotato con il simbolo Res( f (z); ∞). Per la (0.8.2) è, allora,

1
(0.13.2) Res( f (z); ∞) = − f (z) d z
2π i +γ
essendo γ una qualunque circonferenza di centro 0 e raggio maggiore di R.
Dallo sviluppo (0.13.1) si ottiene facilmente lo sviluppo in serie di Laurent

di g(w) = f (1/w) nel disco bucato B1/ R (0)


+∞
g(w) = an w−n
n=−∞
si trova, allora, la formula utilissima per il calcolo del residuo nel punto
all’infinito  1 1 
Res( f (z); ∞) = Res − 2 f ;0 .
w w
Come si è visto la classificazione del punto all’infinito è rimandata a quella
dello zero per la funzione g(w); è allora ovvio pensare a teoremi analoghi ai
Teoremi 0.11.1, 0.11.2 e 0.11.3 e la cui dimostrazione si consegue da essi,
operando il cambio di variabile w = 1/z. Limitiamoci ad enunciare detti
teoremi senza dimostrarli.
64 Funzioni di variabile complessa

Teorema 0.13.1. Sia


⊆ C un aperto tale che il suo complementare sia un
compatto ed f (z) una funzione olomorfa in
. Le seguenti affermazioni sono
equivalenti:
1) il punto all’infinito è regolare per f (z);
2) la funzione f (z) è convergente al tendere di z all’infinito;
3) esistono un r > 0 ed un numero L > 0 tali che | f (z)| ≤ L per ogni z ∈ C
tale che |z| > r.

Teorema 0.13.2. Sia


⊆ C un aperto tale che il suo complementare sia un
compatto ed f (z) una funzione olomorfa in
. Le seguenti affermazioni sono
equivalenti:
1) il punto all’infinito è un polo di un qualche ordine per f (z);
2) esiste un intero positivo m tale che la funzione f (z)/z m è convergente ad
un numero diverso da zero al tendere di z all’infinito;
3) la funzione f (z) diverge al tendere di z all’infinito.

Teorema 0.13.3. Sia


⊆ C un aperto tale che il suo complementare sia un
compatto ed f (z) una funzione olomorfa in
. Le seguenti affermazioni sono
equivalenti:
1) il punto all’infinito è essenziale per f (z);
2) non esiste nè finito nè infinito, il limite della funzione f (z) al tendere di z
all’infinito.

0.14. Residui
Il residuo di una funzione nei punti singolari isolati riveste una particolare
importanza ed in molte applicazioni è richiesto il suo calcolo effettivo. Ov-
viamente ciò richiede o lo sviluppo in serie di Laurent della funzione oppure
il calcolo di un integrale su di una circonferenza. Escludendo il caso di una
singolarità fittizia, in cui si ha residuo nullo, il calcolo del residuo potrebbe
essere piuttosto difficile.
Un caso importante in cui il calcolo del residuo si può eseguire senza
l’impiego dello sviluppo in serie o dell’integrazione, è quello del polo.
Precisamente si ha la seguente regola
Proposizione 0.14.1. Siano
⊆ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa
in
. Sia z0 un polo di ordine n ∈ N per f (z). Allora
1  
Res( f (z); z0 ) = lim D (n−1) (z − z0 )n f (z) .
z→z0 (n − 1)!
Funzioni di variabile complessa 65

Dimostrazione. Se il punto z0 è un polo di ordine n allora nell’intorno bucato


Br∗ (z0 ) ⊂
si ha


+∞
f (z) = ak (z − z0 )k , a−n = 0.
k=−n

Consideriamo la funzione

f (z)(z − z0 )n in Br∗ (z0 )
ϕ(z) =
a−n in z0 .

Si ha


+∞
ϕ(z) = f (z)(z − z0 ) = n
ak (z − z0 )n+k , z ∈ Br∗ (z0 )
k=−n

e quindi la funzione ϕ(z) nel disco Br (z0 ) è la somma della serie di potenze


+∞ 
+∞ 
+∞
ϕ ( p) (z0 )
ak (z − z0 ) n+k
= a p−n (z − z0 ) = p
(z − z0 ) p
k=−n p=0 p=0
p!

da cui
1 1
a−1 = ϕ (n−1) (z0 ) = lim ϕ (n−1) (z)
(n − 1)! (n − 1)! z→z0

1  
= lim D (n−1) (z − z0 )n f (z) .
(n − 1)! z→z0

L’individuazione dell’ordine di un polo si può fare utilmente sfruttando la
seguente osservazione.
Osservazione 0.14.1. Siano
⊆ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa
in
. Sia z0 uno zero di ordine n per f (z). Si ha, allora,

f (z) = g(z)(z − z0 )n

con g(z) funzione olomorfa in


e g(z0 ) = 0. In un disco bucato Br∗ (z0 ) ⊂

in cui g(z) = 0 si ha
1 1
=
f (z) g(z)(z − z0 )n
66 Funzioni di variabile complessa

e quindi
1 1
lim (z − z0 )n =
z→z0 f (z) g(z0 ) .
z0 è dunque un polo di ordine n per la funzione 1/ f (z).
Il risultato si potrebbe invertire; se z0 è un polo di ordine n per f (z), la
funzione 1/ f (z) è definita in un intorno bucato Br∗ (z0 ) di z0 e si può prolungare
in z0 ponendola uguale a zero (si ricordi che lim f (z) = ∞). La funzione cosı̀
z→z0
prolungata è olomorfa in Br (z0 ) e per essa z0 è uno zero di ordine n.
Un’altra semplice osservazione molto utile è la seguente.
Osservazione 0.14.2. Siano
⊆ C un aperto ed f (z), g(z) due funzioni
olomorfe in
. Sia z0 uno zero del primo ordine per g(z). Consideriamo la
funzione f (z)/g(z) in un opportuno disco bucato di centro z0 . Per essa z0
risulta o una singolarità eliminabile oppure un polo del primo ordine ed in
ogni caso
 f (z)  f (z0 )
(0.14.1) Res ; z0 =  .
g(z) g (z0 )
f (z)
Infatti se f (z0 ) = 0 il limite lim esiste finito e la (0.14.1) è banale. Se
z→z0 g(z)
f (z0 ) = 0 si ha
f (z) z − z0 f (z0 )  f (z) 
lim (z − z0 ) = lim f (z) =  = Res ; z0 .
z→z0 g(z) z→z0 g(z) − g(z0 ) g (z0 ) g(z)

Esercizio 0.14.1. Studiamo i punti singolari isolati ed il punto all’infinito


della funzione
zn
ϕ(z) = n∈Z .
cos(1/z)
2
I punti singolari isolati per ϕ(z) sono z = , k ∈ Z; il punto z = 0
π (2k + 1)
non è una singolarità isolata. Si tratta di poli del primo ordine, essendo zeri del
primo ordine per il denominatore di ϕ(z) (annullano il denominatore ma non
la sua derivata). Il residuo in tali punti è dato da (vedi l’Osservazione 0.14.2)
 2   2
n+2
1
Res ϕ(z); =
π (2k + 1) π (2k + 1) sen(π/2 + kπ )
 n+2
2
= (−1) k
, k ∈Z ,n∈Z.
π (2k + 1)
Funzioni di variabile complessa 67

2
La funzione è olomorfa per |z| > . Studiamo il punto all’infinito. Si
π
consideri la funzione
1 1 1 π
g(w) = ϕ = , 0 < |w| < .
w w cos w
n 2
Per n ≤ 0 il punto w = 0 è una singolarità fittizia per g(w) e quindi il punto
all’infinito è regolare per ϕ(z); infatti

0 per n < 0
lim g(w) =
w→0 1 per n = 0

Per n > 0 il punto w = 0, e quindi il punto all’infinito per ϕ(z), è un polo di


ordine n; infatti
lim wn g(w) = 1 .
w→0

Calcoliamo il residuo punto all’infinito ricordando che


 1 1 
Res(ϕ(z); ∞) = − Res ; 0 .
wn+2 cos w

Per n ≤ −2 la funzione w−n−2 (cos w)−1 ha in w = 0 una singolarità fittizia,


pertanto
 1 1 
Res(ϕ(z); ∞) = − Res ; 0 = 0.
wn+2 cos w
Per n ≥ −2 il punto w = 0 è un polo di ordine n + 2. La Proposizione 0.14.1
è in questo caso di scarso aiuto non essendo facilmente ottenibile una formula
che dia l’espressione della derivata di un qualunque ordine della funzione
1/ cos w. Utilizziamo, piuttosto, lo sviluppo in serie
 di Laurent. La funzione
1/ cos w è olomorfa nel disco w ∈ C : |w| < π/2 . Osservato che la funzione
è pari, il suo sviluppo in serie di Mac-Laurin è dato da

1  +∞
(0.14.2) = a2 p w 2 p .
cos w p=0

e quindi

1 1  +∞
π
(0.14.3) − =− a2 p w2 p−n−2 0 < |w| < .
wn+2 cos w p=0
2
68 Funzioni di variabile complessa

Il residuo è il coefficiente della potenza w−1 ; dovremo quindi determinare


l’indice p in modo che 2 p − n − 2 = −1 e cioè 2 p = n + 1. Pertanto, se n è
un intero non negativo pari, nello sviluppo in serie (0.14.3), manca l’addendo
relativo alla potenza w−1 e cioè il residuo sarà zero.
Se n = −1 o se n è un intero positivo il residuo è −an+1 .
Riassumendo si ha

0 per n ≤ −2 e per n ∈ N0 , n pari


Res(ϕ(z); ∞) =
−an+1 per n = −1 e per n ∈ N, n dispari
Ovviamente bisognerà a questo punto indicare un metodo per il calcolo dei
coefficienti della serie (0.14.2), altrimenti il calcolo del residuo è puramente
formale.
Ricordando che

+∞
(−1) p
(0.14.4) cos w = w2 p ∀w ∈ C
p=0
(2 p)!

ed eseguendo il prodotto secondo Cauchy delle serie (0.14.2) e (0.14.4) si ha


+∞ 
p
(−1) p− j a2 j
(0.14.5) 1= w2 p .
p=0 j =0
(2 p − 2 j)!

Da (0.14.5) si ricava il sistema di infinite equazioni



⎪ a =1
⎨ 0p
(0.14.6)  (−1) p− j

⎩ a2 j = 0 , p∈N
j =0
(2 p − 2 j)!

che permette di ricavare i coefficienti a2 p , ∀ p ∈ N. Calcoliamo, dunque, an+1


per n = 2k + 1. Dalle (0.14.6) per p = 1, 2, . . . , k + 1 si ha

⎪ a0 = 1



⎪ 1

⎪ − a0 + a2 = 0

⎪ 2!

⎨ 1 1
(0.14.7) a0 − a2 + a4 = 0

⎪ 4! 2!

⎪ .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . ..





⎪ (−1) k
(−1)k−1 (−1)k−2
⎩ a0 + a2 + a4 + · · · + a2k+2 = 0
(2k)! (2k − 2)! (2k − 4)!
Funzioni di variabile complessa 69

Il determinante dei coefficienti del sistema (0.14.7) è


 1 ... 0 
 0 0
 1 
 − ... 0 
 1 0
 2! 
 1 1 
 − ... 0  = 1 .
 1
 4! 2! 
 . . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. . 
 
 
 (−1)k (−1)k−1 (−1)k−2 
 ··· 1
(2k)! (2k − 2)! (2k − 4)!
Il sistema (0.14.7) è un sistema di Cramer e
 1 ... 1 
 0 0
 1 
 − . . . 0 
 1 0
 2! 
 1 1 
 − . . . 0  .
a2k+2 =  1
 4! 2! 
 .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. 
 
 
 (−1)k (−1)k−1 (−1)k−2 
 ··· 0
(2k)! (2k − 2)! (2k − 4)!

Esempio 0.14.1. Cosideriamo la funzione


z ez
f (z) = .
ez − 1
I suoi punti singolari sono z = 2kπ i, k ∈ Z \ {0}, tutti poli del primo
ordine con residui 2kπ i. Il punto z = 0 è una singolarità fittizia essendo
lim z→0 f (z) = 1. Determiniamo lo sviluppo in serie di Mac-Laurin della
funzione f (z), prolungata in z = 0 ponendo f (0) = 1, nel disco B2π (0). Si ha

+∞
Bn n
f (z) = z ,
n=0
n!

dove B0 = 1. I coefficienti Bn , ∈ N sono i numeri di Bernoulli. Indichiamo un


procedimento per il loro calcolo. Si osservi che dall’identità f (z)(e z − 1) =
z e z si ha, considerando gli sviluppi in serie,
 ∞   ∞   ∞
Bn n zn zn+1
z =
n=0
n! n=1
n! n=0
n!
70 Funzioni di variabile complessa

e quindi eseguendo il prodotto delle serie



∞ 
n
Bk  zn+1

zn+1 = ,
n=0 k=0
k!(n − k + 1)! n=0
n!

ed, eguagliando i coefficienti delle potenze di z aventi lo stesso grado, il


sistema di equazioni nelle incognite Bn

n
Bk 1
(0.14.8) = n ∈ N0 .
k=0
k!(n − k + 1)! n!

Moltiplichiamo la (0.14.8) per (n + 1)!; si ha


n+1 
 
n+1
(0.14.9) Bk − Bn+1 = n + 1 .
k=0
k

La (0.14.9) può essere riscritta simbolicamente nel seguente modo


(1 + B)n − Bn = n n∈N
dove nello sviluppare la potenza bisognerà sostituire B k con Bk . Si ottiene in
tal modo B1 = 1/2, B2 = 1/6. Proviamo che B2 p+1 = 0 qualunque sia p ∈ N.
La funzione
z ez + 1
f (z) − B1 z = f (z) − = z z
2 e −1
è una funzione pari; pertanto nel suo sviluppo in serie
∞
Bn n
1+ z
n=2
n!

saranno nulli tutti i coefficienti delle potenze di z di grado dispari. Si ha,


pertanto,

1  B2n ∞
(0.14.10) f (z) = 1 + z + z2n |z| < 2π .
2 n=1
(2n)!

Proviamo che
z ez z  1

 
(0.14.11) z = 1+ +2z2 , ∀ z ∈ C \ ±2nπ i, n ∈ N .
e −1 2 n=1
z + 4n π
2 2 2
Funzioni di variabile complessa 71

 
Consideriamo in C \ ± 2nπ i, n ∈ N0 la serie
1 

2z
+ ,
z n=1
z + 4n 2 π 2
2

proviamo che essa converge totalmente in ogni disco di centro 0 e raggio R


privato dei dischi Bδ (±2nπ i), dove n è tale che il punto ±2nπ i appartenga
a B R (0) e δ è opportunamente piccolo in modo che i dischi Bδ (±2nπ i) siano
ben contenuti in B R (0) e le loro intersezioni a due a due siano vuote.
Si ha, se 2nπ > R  
 2z  2R
 
 z2 + 4n 2 π 2  ≤ 4n 2 π 2 − R 2
e quindi quanto asserito.
Sia
1 

2z
(0.14.12) g(z) = + .
z n=1 z + 4n 2 π 2
2

Per il Teorema di derivazione di Weierstrass la funzione somma della serie


∞
2z
n=1
z2 + 4n 2 π 2
è olomorfa nel disco B2π (0); la funzione g(z) ha, allora, un polo del primo
ordine, con residuo 1, nel punto 0. Con ragionamento analogo e pensando
1 

1 1 2z
g(z) = + + + .
z + 2νπ i z − 2νπ i z n=1
z + 4n 2 π 2
2
n=ν

si prova che i punti ±2νπ i, ν ∈ N, sono tutti poli del primo ordine, con residui
1, per la funzione g(z).
La funzione
ez
ϕ(z) = z − g(z) ,
e −1
può, allora, essere prolungata a tutto C ottenendo una funzione intera.
La funzione ϕ(z) è periodica di periodo 2π i. Data la periodicità, di periodo
ez
2π i, della funzione z , basta, allora, provare che tale è la funzione g(z).
e −1
Consideriamo la somma parziale
1  
n n
1 1
Sn (z) = + + .
z k=1
z − 2kπ i k=1
z + 2kπ i
72 Funzioni di variabile complessa

Si ha
1  n
1  n
1
Sn (z + 2π i) = + +
z + 2π i k=1
z − 2(k − 1)π i k=1
z + 2(k + 1)π i
1 1
=− + + Sn (z)
z − 2nπ i z + 2(n + 1)π i
e passando al limite per n tendente ad ∞
g(z + 2π i) = g(z) .
Proviamo che esiste una costante L > 0 taleche
(0.14.13) |ϕ(z)| ≤ L |z| se |z| > 1 + π 2 .
Cominciamo con lo stabilire che 
 ez 
 
(0.14.14)  ez − 1  < 2
al variare di z sui fasci di rette z = x ± (2n − 1)π i, z = ±n + iy, n ∈ N. Si ha
 x±(2n−1)π i   x+iπ 
 e   e  x
 = = e
 e x±(2n−1)π i − 1   e x+iπ − 1  e x + 1 < 1 .
Si ha, anche,  n+iy 
 e  n
 ≤ e
 en+iy − 1  en − 1 < 2
 −n+iy 
 e  −n
 ≤ e
 e−n+iy − 1  1 − e−n < 1
e quindi la (0.14.14).
Stabiliamo una limitazione analoga per la funzione g(z)/z. Si ha
(0.14.15) |g(x ± (2n − 1)π i)| = |g(x + π i)|
 ∞  
 1  1 1 
=  + + 
x + πi k=1
x + (2k + 1)π i x − (2k − 1)π i 
 ∞  
 1 1 

= + 
x + (2k + 1)π i x − (2k + 1)π i 
k=0


2|x |
=
k=0
x 2 + (2k + 1)2 π 2


2
≤ |x ± (2n − 1)π i|
k=0
(2k + 1)2 π 2
= |x ± (2n − 1)π i|M1
Funzioni di variabile complessa 73

Per h tale che 2hπ − π < y ≤ 2hπ + π sia y = 2hπ + η; si osservi, inoltre,
che y 2 − η2 = 4hπ (hπ + η) ≥ 0. Si ha
   
(0.14.16) g(±n + iy) =  g(±n + iη)
1 ∞
| ± n + iη|
≤ +2 
| ± n + iη| k=1 (n + 4k 2 π 2 − η2 )2 + 4n 2 η2
2



1
≤ 1 + 2| ± n + iη|
k=1
n 2 + 4k 2 π 2 − η2


1
≤ 1 + 2| ± n + iη| ≤ | ± n + iy|M2 .
k=1
4k 2 π 2 − π2

Consideriamo la successione di rettangoli


 
Q n = (x , y) ∈ R2 : −n ≤ x ≤ n , −(2n − 1)π ≤ y ≤ (2n − 1)π , n∈N.

Per le (0.14.14), (0.14.15), (0.14.16) si ha, ricordando il principio del massi-


mo,
 ϕ(z)   ϕ(z) 
   
max   = max   ≤ 2 + M1 + M2
Q n \Q 1 z ∂ Q n ∪∂ Q 1 z

da cui la (0.14.13). Per il Teorema di Liouville-Hermite la funzione ϕ(z) è un


polinomio di grado 1 al più, ma, essendo periodica, si riduce ad una costante
α. Calcoliamola. Ricordando la (0.14.10) si ha

ez 1  1

α= z − − 2z
e −1 z n=1
z + 4n 2 π 2
2

1  B2n
∞  ∞
1
= +z z2n−2 − 2z
2 n=1
(2n)! n=1
z2 + 4n 2 π 2

da cui α = 1/2 e quindi la (0.14.11).

0.15. Il teorema dei residui

Uno strumento estremamente efficace in molte applicazioni è dato dal


74 Funzioni di variabile complessa

Teorema 0.15.1. (Teorema dei residui) Sia


⊆ C un aperto e z1 , . . . , zn ∈

. Sia f (z) una funzione olomorfa in


\ {z1 , z2 , . . . , zn } e T un dominio
regolare contenuto in
e tale che nessuno dei punti z1 , z2 , . . . , zn appartenga

alla frontiera di T . Supponiamo, inoltre, che l’intersezione {z1 , z2 , . . . , zn }∩T
non sia vuota. Allora
 
f (z) d z = 2π i Res( f (z); z j ) .
+∂T ◦
zj ∈T

Dimostrazione. I punti z1 , z2 , . . . , zn sono singolarità isolate per la funzione


f (z). Siano z1 , z2 , . . . , z p , p ≤ n, quelli tra essi interni a T . Considerato il
numero
 |z j − zk | 
δ = min dist (z j , ∂ T ), , j, k = 1, . . . , p, j = k ;
2

poniamo

T = T \ Bδ (z j ) .
j =1,..., p

T  è un dominio regolare e per il Teorema di Cauchy–Goursat


  p 

f (z) d z = f (z) d z − f (z) d z = 0
+∂T  +∂T j =1 +∂ Bδ (zj )

che, ricordando la (0.11.2), è la tesi.




Corollari del teorema dei residui sono i due seguenti teoremi, il primo dei
quali, a volte, è particolarmente utile per il calcolo dei residui.
Teorema 0.15.2. Siano z1 , z2 , . . . , zn ∈ C ed f (z) una funzione olomorfa in
C \ {z1 , z2 , . . . , zn }. Si ha


n
Res( f (z); z j ) + Res( f (z); ∞) = 0.
j =1
Funzioni di variabile complessa 75

Dimostrazione. Sia γ R la circonferenza centrata nell’origine e raggio R >


max{|z1 |, |z2 |, . . . , |zn |}. Applichiamo il teorema dei residui;
 
n
f (z) d z = 2π i Res( f (z); z j ) .
+γ R j =1

Calcoliamo il residuo della funzione f (z) in ∞. La funzione f (z)è certa-


mente definita nell’insieme z ∈ C : |z| > max{|z1 |, |z2 |, . . . , |zn |} ; per la
(0.13.2) si ha 
f (z) d z = −2π i Res( f (z); ∞)
+γ R

e quindi la tesi.

Esercizio 0.15.1. Calcolare il seguente integrale

1
e z2 −iz d z
+∂T

essendo T il quadrato {z ∈ C : | Re z| ≤ 2 , | Im z| ≤ 2}.


Per il teorema dei residui si ha

1  1 1 
e z2 −iz d z = 2π i Res(e z2 −iz ; 0) + Res(e z2 −iz ; i) .
+∂T

Ricordando che
1 1 1
Res(e z2 −iz ; 0) + Res(e z2 −iz ; i) + Res(e z2 −iz ; ∞) = 0 ,

basterà calcolare il residuo nel punto all’infinito.


Si ha
1 1 w2
Res(e z2 −iz ; ∞) = Res(− 2 e 1−iw ; 0) .
w
Essendo
1 w2
lim w2 2 e 1−iw = 1 ,
w→0 w
w2
il punto w = 0 è un polo del secondo ordine per la funzione −w−2 e 1−iw . Si
ha allora,

1 w2 w2 2w(1 − iw) + iw2 w2


Res(− e 1−iw ; 0) = − lim De 1−iw = − lim e 1−iw = 0 .
w2 w→0 w→0 (1 − iw)2
76 Funzioni di variabile complessa

Ed in definitiva 
1
e z2 −iz d z = 0 .
+∂T

Si osservi che la somma dei residui nei punti z = 0 e z = i si calcola


facilmente; più laborioso sarebbe stato il calcolo dei residui nei singoli punti,
essendo questi delle singolarità essenziali.

Teorema 0.15.3. (Teorema dell’indicatore logaritmico) Sia


⊆ C un aperto
e z1 , . . . , zn ∈
. Sia f (z) una funzione olomorfa in
\ {z1 , z2 , . . . , zn }
e supponiamo che z1 , z2 , . . . , zn siano poli per essa di ordine r1 , r2 , . . . , rn
rispettivamente. Supponiamo ancora che i punti w1 , w2 , . . . , w p ∈
\
{z1 , z2 , . . . , zn } siano zeri per f (z) di ordine s1 , s2 , . . . , s p rispettivamente.
Sia T un dominio regolare contenuto in
e tale che nessuno tra i punti
z1 , z2 , . . . , zn , w1 , w2 , . . . , w p appartenga alla frontiera di T . Si ha
    %
f  (z)
d z = 2π i sj − rk
+∂T f (z) ◦ ◦
j :w j ∈T k:zk ∈T

dove le sommatorie sono estese agli indici j e k tali che w j e zk sono interni
a T.
Dimostrazione. Applicando il teorema dei residui si ha
   %
f  (z)
d z = 2π i Res( f (z); w j ) + Res( f (z); zk ) .
+∂T f (z) ◦ ◦
w j ∈T zk ∈T

Basterà allora provare i seguenti due fatti:


a) sia f (z) una funzione olomorfa nell’aperto
e w∗ uno zero di ordine
s. Allora w∗ è un polo del primo ordine per la funzione f  (z)/ f (z) e
Res( f (z); w∗ ) = s;
b) sia f (z) una funzione olomorfa nell’aperto
e z∗ un polo di ordine
r. Allora z∗ è un polo del primo ordine per la funzione f  (z)/ f (z) e
Res( f (z); z∗ ) = −r.
Proviamo a). Sia f (z) = (z − w∗ )s g(z), con g(z) funzione olomorfa in

e g(w∗ ) = 0. Pertanto

f  (z) s(z − w∗ )s g(z) + (z − w∗ )s+1 g  (z)


lim∗ (z − w∗ ) = lim∗
z→w f (z) z→w (z − w∗ )s g(z)
= s = Res( f (z); w∗ ).
Funzioni di variabile complessa 77

La dimostrazione di b) è analoga; basta osservare che in un disco bucato di


centro z∗ si ha f (z) = (z − z∗ )−r g(z), con g(z) funzione olomorfa in detto
disco e g(w∗ ) = 0.


0.16. Applicazioni del Teorema dei residui


Il teorema dei residui è uno strumento molto efficace per il calcolo di alcuni
tipi di integrali. Vediamo come lo si può utilizzare in due casi significativi:
integrali di funzioni composte mediante funzioni trigonometriche, estesi ad
intervalli di ampiezza 2π ed integrali di funzioni di variabile reale, estesi a
rette o a semirette.
Consideriamo il primo tipo di integrali. L’integrale da calcolare è del tipo
 2π
F (sen t, cos t) dt
0

dove la funzione integranda è una funzione continua nell’intervallo [0, 2π ].


Esprimendo le funzioni trigonometriche mediante l’esponenziale complesso,
si ha
 2π  2π
 eit − e−it eit + e−it 
F (sen t, cos t) dt = F , dt
0 0 2i 2

 z − z−1 z + z−1  d z
= F ,
+γ 2i 2 iz
dove γ è la circonferenza di centro 0 e raggio 1. Si è ricondotti, in tal modo, al
calcolo di un integrale curvilineo di una funzione complessa e possibilmente
all’applicazione del teorema dei residui.
Esempio 0.16.1. Sia m ∈ N. Calcoliamo l’integrale
 2π
senm t dt .
0

Si ha, avendo indicato con γ la circonferenza di centro 0 e raggio 1,


 2π  2π it
(e − e−it )m
(0.16.1) sen t dt =
m
dt
(2i)m
0 0

1  m d z
= m
z − z−1
(2i) +γ iz
 m
m   
1
= (−1) k
zm−2k−1 d z .
(2)m i m+1 k=0 k +γ
78 Funzioni di variabile complessa

Ricordando l’Esercizio 0.4.1 l’ultimo integrale in (0.16.1) è diverso da zero,


soltanto quando m − 2k − 1 = −1 e cioè quando m = 2k. Si ottiene che
l’integrale (0.16.1) è nullo se m è dispari, mentre se m è pari vale l’addendo
della sommatoria in (0.16.1) ottenuto per k = m/2. In definitiva

 2π ⎨0 se m è dispari
sen t dt =
m 2π m!
0 ⎩ 2m  2 se m è pari
(m/2)!
Con piccole modifiche nel calcolo precedente si perviene allo stesso risultato
per l’integrale  2π
cosm t dt .
0

Veniamo al secondo tipo di integrali. Descriviamo un metodo che fa uso


della variabile complessa per il calcolo di integrali estesi a tutto R.
Facciamo delle considerazioni preliminari. Sia f (t) una funzione per il
momento supposta continua in R e a valori complessi. Cosa si deve intendere
per integrale della funzione f (x ) esteso alla retta reale?
Potremmo intendere l’integrale di Lebesgue
 +∞
f (x ) d x ,
−∞

e se esiste finito, parleremo di sommabilità nel senso di Lebesgue.


Oppure potremmo intendere
∗ +∞  0  b
(0.16.2) f (x ) d x := lim f (x ) d x + lim f (x ) d x
−∞ a→−∞ a b→+∞ 0

e se in (0.16.2) i due limiti esistono finiti parleremo di sommabilità in senso


improprio.
Infine potremmo intendere
 +∞  +R
v.p. f (x ) d x := lim f (x ) d x
−∞ R→+∞ −R

e se il limite esiste finito parleremo di sommabilità in valore principale o di


valore principale dell’integrale.
Valgono le implicazioni seguenti, nessuna delle quali invertibile,
sommabilità secondo Lebesgue ⇒ sommabilità in senso improprio ⇒
Funzioni di variabile complessa 79

sommabilità in valore principale


e se la funzione è sommabile secondo Lebesgue allora
 +∞ ∗ +∞  +∞
f (x ) d x = f (x ) d x = v.p. f (x ) d x ,
−∞ −∞ −∞

o se la funzione è sommabile in senso improprio


∗ +∞  +∞
f (x ) d x = v.p. f (x ) d x .
−∞ −∞

Il metodo di calcolo che fa uso della variabile complessa permette la de-


terminazione del valore principale dell’integrale che di volta in volta potrebbe
essere l’integrale di Lebesgue o l’integrale in senso improprio.
Supponiamo che esista una funzione ϕ(z) olomorfa nel semipiano Im z ≥
0 privato di un numero finito di punti z1 , z2 , . . . , zn , tutti appartenenti al
semipiano Im z > 0, e tale che ϕ(x ) = f (x ) (oppure tale che Re ϕ(x ) = f (x ))
ed applichiamo il teorema dei residui per valutare l’integrale curvilineo della
funzione ϕ(z), esteso ad un cammino chiuso C R , contenuto nel semipiano
Im z ≥ 0, unione dell’intervallo [−R, R] sull’asse reale ed un cammino  R
congiungente i punti (−R, 0) e (R, 0). Se R > max{|z1 |, |z2 |, . . . , |zn |} si ha
  R 
(0.16.3) ϕ(z) d z = f (x ) d x + ϕ(z) d z
+C R −R R

n
= 2π i Res(ϕ(z); z j ).
j =1

Passando al limite per R → +∞ la (0.16.3) fornirà


 +∞
v.p. f (x ) d x
−∞

se è possibile calcolare il

(0.16.4) lim ϕ(z) d z .
R→+∞ R

Il calcolo del limite (0.16.4), senza una scelta oculata dei cammini  R ,
potrebbe presentare notevoli difficoltà; generalmente si sceglie come  R la
semicirconferenza di centro 0 e raggio R e ci si serve dei seguenti lemmi
80 Funzioni di variabile complessa

Lemma 0.16.1. Sia ϕ(z) una funzione continua nell’insieme

S = {z ∈ C : |z| ≥ r, α ≤ arg z ≤ β} ,

con r ≥ 0, α, β ∈ [0, 2π ]. Supponiamo che lim z ϕ(z) = λ. Allora


z→∞


lim ϕ(z) d z = iλ(β − α)
R→+∞ + R

dove  R = {z ∈ S : |z| = R}.


Dimostrazione. Per ogni ε > 0 esiste δ > r tale che se z ∈ S e |z| > δ
risulta |z ϕ(z) − λ| < ε. Sia R > δ; si ha, tenendo presente che le equazioni
parametriche di  R sono z = Reit , t ∈ [α, β],
    
   β 
 ϕ(z) d z − (β − α)iλ =  ϕ(z) d z − iλ dt 

+ R + R α
  
 1 
=  ϕ(z) d z − λ dz
+ R + R z 

e applicando il lemma di Darboux,


 

 λ 
 ϕ(z) − d z ≤ (β − α) max |z ϕ(z) − λ| < (β − α)ε
+ R z R

da cui la tesi.

Lemma 0.16.2. Sia ϕ(z) una funzione continua nell’insieme

S = {z ∈ C : |z| ≥ r, α ≤ arg z ≤ β} ,

con r ≥ 0, α, β ∈ [0, π ]. Sia μ > 0 e lim ϕ(z) = 0. Allora


z→∞


lim eiμz ϕ(z) d z = 0
R→+∞ + R

dove  R = {z ∈ S : |z| = R}.


Il Lemma 0.16.2 è un caso particolare del più generale
Funzioni di variabile complessa 81

Lemma 0.16.3. (Jordan) Siano z0 , λ ∈ C e R > 0. Sia  R il cammino


parametrizzato dalla funzione
z(t) = z0 + R (t)eit t ∈ [α, β] ,
essendo (t) una funzione strettamente positiva di classe C 1 a tratti e
π 3π
− arg λ + ≤ α < β ≤ − arg λ + .
2 2
Sia ϕ(z) una funzione continua sul sostegno di  R ; si ha
 
 
 e λz
ϕ(z) d z  ≤ c max |ϕ(z)| ,
  sostegno R
+ R
con c costante dipendente unicamente dalla funzione (t) e dai numeri λ e
z0 .
Dimostrazione. Poniamo
 
m = min | (t)| , M = sup | (t)| + |  (t)| .
[α,β] [α,β]

Si ha
    
   λz 
(0.16.5)  λz  
e ϕ(z) d z = e 0
e λ(z−z0 )
ϕ(z) d z
+r +r
≤ R|eλz0 | max |ϕ(z)| ·
sostegno  R
 β
 λR (t )eit  
· e  | (t)| + |  (t)| dt
α
≤ R|eλz0 |M max |ϕ(z)| ·
sostegno  R
 β
· e R|λ| (t ) cos(t +arg λ) dt .
α
Operando nell’ultimo integrale in (0.16.5) la sostituzione t + arg λ = τ + π/2
si ottiene
 
 
(0.16.6)  e ϕ(z) d z ≤ R|eλz0 |M max |ϕ(z)| ·
λz

+r sostegno  R
 β+arg λ−π/2
· e−R|λ| (τ −arg λ+π/2) sen τ dτ
α+arg λ−π/2
 π
λz0
≤ R|e |M max |ϕ(z)| e−R|λ|m sen τ dτ
sostegno R 0
 π/2
λz0
= 2R|e |M max |ϕ(z)| e−R|λ|m sen τ dτ .
sostegno R 0
82 Funzioni di variabile complessa

Consideriamo la funzione
# sen t π
in 0 < t ≤
g(t) = t 2
1 in 0;
essa è decrescente; pertanto
2t
≤ sen t .
π
Dalla (0.16.6) si ha, allora,
  
  π/2
 λz  λz0
e ϕ(z) d z ≤ 2R|e |M max |ϕ(z)| e−2 R(|λ|m /π )τ dτ
 sostegno  R
+r 0
1 − e−R|λ|m
= |eλz0 |M π max |ϕ(z)|
|λ|m sostegno  R

M
< |eλz0 |π max |ϕ(z)|
|λ|m sostegno  R

e cioè la tesi.

Il lemma di Jordan permette, per il calcolo del limite (0.16.4), di scegliere
anche cammini diversi da archi di circonferenza e non solo limitatamente
al semipiano Im z ≥ 0. Cosı̀ se la funzione ϕ(z) ha i punti singolari nel
semipiano Im z ≤ 0 si può adoperare un procedimento analogo al precedente
facendo uso del seguente lemma deducibile dal Lemma 0.16.3.
Lemma 0.16.2 . Sia ϕ(z) una funzione continua nell’insieme

S = {z ∈ C : |z| ≥ r, α ≤ arg z ≤ β} ,

con r ≥ 0, α, β ∈ [π, 2π ]. Sia μ < 0 e lim ϕ(z) = 0. Allora


z→∞

lim eiμz ϕ(z) d z = 0
R→+∞ + R

dove  R = {z ∈ S : |z| = R}.


Il metodo esposto si può adattare anche al caso di funzioni che presentino
punti di discontinuità sull’asse reale. Supponiamo per semplicità che la
funzione abbia un sol punto di discontinuità e questo sia lo zero. Seguendo
la tecnica prima esposta la funzione ϕ(z) avrà una singolarità isolata in 0 e
Funzioni di variabile complessa 83

quindi saremo costretti a modificare il cammino C R . Riferendoci al caso del


semipiano Im z ≥ 0 consideriamo il seguente cammino Cε,R unione degli
intervalli [−R, −ε], [ε, R] sull’asse reale e delle due semicirconferenze γε , γ R
centrate in 0 e raggi ε ed R rispettivamente. Applicando il teorema dei residui
si ha
  −ε   R
(0.16.7) ϕ(z) d z = f (x ) d x − ϕ(z) d z + f (x ) d x
+Cε, R −R +γε ε
 
n
+ ϕ(z) d z = 2π i Res(ϕ(z); z j ).
+γ R j =1

Passando al limite per ε → 0 e R → +∞ la (0.16.7) fornirà


 +∞
v.p. f (x ) d x
−∞

se oltre al limite (0.16.4) siamo in grado di calcolare il



lim ϕ(z) d z .
ε→0 +γε

Per ciò sarà utile il seguente lemma, la cui dimostrazione è analoga a quella
del Lemma 0.16.1,
Lemma 0.16.4. Siano z0 ∈ C e ϕ(z) una funzione continua nell’insieme

S = {z ∈ C : 0 < |z − z0 | ≤ r, α ≤ arg(z − z0 ) ≤ β} ,

con r > 0, α, β ∈ [0, 2π ]. Supponiamo che lim (z − z0 )ϕ(z) = λ, allora


z→z0

lim ϕ(z) d z = iλ(β − α)
→0 +γε

dove γε = {z ∈ S : |z − z0 | = ε}.
Un opportuno adattamento del metodo potrà poi servire per il calcolo di
integrali estesi ad una semiretta. Consideriamo alcuni esempi illustrativi.
Esempio 0.16.2. Consideriamo la funzione
# sen x
se x > 0
f (x ) = x
1 se x = 0
84 Funzioni di variabile complessa

Abbiamo già visto che la funzione f (x ) non è integrabile secondo Lebesgue;


essa è sommabile in senso improprio e si ha
 
∗ +∞ sen x 1 ∗ +∞ sen x
(0.16.8) dx = dx
0 x 2 −∞ x
  +∞ i x  +∞ −i x 
1 e e
= v.p. d x − v.p. dx .
4i −∞ x −∞ x
Calcoliamo  +∞
ei x
v.p. dx .
−∞ x
Consideriamo la funzione complessa
ei z
ϕ(z) = ,
z
essa è olomorfa in C \ {0}. Per il Teorema di Cauchy–Goursat si ha (vedi
figura 0.16.1)

...
........
....
..
...........................................
.................. ........
. .... ......
..... ....
.... ....
...... ......
......
.
.. .. ...
...
.. . ..
.. . ..
.... ..
..
.. ..
.. ..
... ....... . . ........... ..
... ........ ...
..
..
. .......
. .
.
.
. ..........................................................................................
. ...
−R −ε 0 ε R

Figura 0.16.1

 −ε   R 
ei x ei x
(0.16.9) dx − ϕ(z) d z + dx + ϕ(z) d z = 0
−R x +γε ε x +γ R

dove γε = {z ∈ C : |z| = ε, Im z ≥ 0} e γ R = {z ∈ C : |z| = R, Im z ≥ 0},


0 < ε < R. Consideriamo il limite
ei z
lim z =1
z→0 z
per il Lemma 0.16.4 si ha

lim ϕ(z) d z = iπ .
ε→0 +γε
Funzioni di variabile complessa 85

Applicando successivamente il lemma di Jordan 0.16.3 si ha



lim ϕ(z) d z = 0 .
R→+∞ +γ R

Passando quindi al limite per ε → 0 e per R → +∞ nella (0.16.9) otteniamo


 +∞ i x
e
v.p. d x = iπ .
−∞ x
Il calcolo di  +∞
e−i x
dx v.p.
−∞ x
è simile. Si considera la funzione complessa
e−i z
ψ(z) = ,
z
e si ottiene (vedi figura 0.16.2)

...
........
...
..
....
...
...
...
...
−R −ε ... 0 ε........................................................R
...
...
....... ...
...
. .
..
.. .............................
..
... ..... ... ...
... .................... ...
... ..
.. ..
.
.. ..
..
... ...
..
...
... .....
......... ..
...
.... ....
..... ....
.....
........ ..........
.......... ......
..............................................

Figura 0.16.2
 −ε   R −i x 
e−i x e
dx + ψ(z) d z + dx − ψ(z) d z = 0
−R x +ε ε x + R

dove ε = {z ∈ C : |z| = ε, Im z ≤ 0} e  R = {z ∈ C : |z| = R, Im z ≤ 0},


0 < ε < R. Applicando il Lemma 0.16.4 e il lemma di Jordan 0.16.3 si ha
 +∞ −i x
e
v.p. d x = −iπ
−∞ x
e per la (0.16.8)
∗ +∞
sen x π
dx = .
0 x 2
86 Funzioni di variabile complessa

Esempio 0.16.3. Calcoliamo l’integrale


 +∞
1
(0.16.10) dx, s > 0.
0 1 + xs
Se 0 < s ≤ 1 la funzione (1 + x s )−1 non è sommabile e l’integrale (0.16.10)
vale +∞. Per s > 1 la funzione è sommabile; calcoliamo l’integrale.
Consideriamo la funzione complessa
1 1
f (z) = = , α < arg z < α + 2π
1+z s 1 + |z|z eis arg z

ed α è fissato in modo tale che − 2π < α < 0.
s
I punti singolari della funzione f (z) sono ei(π +2kπ )/s con k intero tale α <
π + 2kπ
< α + 2π e sono tutti poli del primo ordine. Il dominio
s
 2π 
ε ≤ |z| ≤ R, 0 ≤ arg z ≤ , 0 < ε < 1 < R.
s
è allora contenuto nel piano tagliato lungo la semiretta z = teiα , t > 0 e
contiene il solo punto singolare eiπ/s (vedi figura 0.16.3).
..
.......
...
....
...... .. ............................................
.... ........
.......... ......
....
... ....
... .....
... .......
... ...
... ...
.......
...
...
. e iπ/s ..
..
..
..
.. ..
... ...
.................... . ..
..... ...... ..
. .. . ... ε ....... .
.............................
.............. .
0 .... .....α .....
R
..
... .....
.....
.... .....
.

Figura 0.16.3
Applicando il teorema dei residui si ha
 R 
1
dx + f (z) d z
ε 1+x
s
+ R
 R 
1
−e 2iπ/s
dt − f (z) d z
ε 1+t e
s is(2π/s)
+ε

1
= 2π i Res( f (z); eiπ/s ) = 2π i
sei(s−1)π/s
Funzioni di variabile complessa 87

dove
 2π 
 R = z ∈ C : |z| = R, 0 ≤ arg z ≤
s
 2π 
ε = z ∈ C : |z| = ε, 0 ≤ arg z ≤
s
Facciamo tendere ε → 0 e R → +∞ e applichiamo i Lemmi 0.16.1 e 0.16.4.
Essendo
lim z f (z) = lim z f (z) = 0 ,
z→0 z→∞

otteniamo,  +∞
1 2π i iπ/s
(1 − e 2iπ/s
) dx = − e
0 1+x s s
ed infine
 +∞
1 2π i eiπ/s π 1
d x = − = .
0 1+x s s 1−e 2iπ/s s sen(π/s)

Dall’integrale (0.16.10) si deduce facilmente il calcolo dell’integrale


 +∞

(0.16.11) dx −1<α <1−β.
0 1 + xβ

Si ha, infatti,
 +∞  +∞
xα 1 (1 + α)x α
dx =  β/(1+α) d x
0 1+x β 1+α 0 1 + x 1+α
π 1
= .
β sen β
(1+α)π

Si osservi che per valori di α, β non interi sarebbe stato praticamente impos-
sibile calcolare l’integrale (0.16.11) servendosi di metodi di integrazione che
non facciano uso della variabile complessa.

Esercizio 0.16.1. Calcolare il seguente integrale


 +∞
ln x
x 1/n dx , n∈N.
0 (1 + x 2 )2
88 Funzioni di variabile complessa

La funzione è sommabile, essendo


ln x
lim x 1/n =0 e
x→0 (1 + x 2 )2
ln x 1
lim x α x 1/n = 0 se 1 < α < 4 − .
x→+∞ (1 + x 2 )2 n
Calcoliamo l’integrale per n = 1. Consideriamo la funzione
log z
f (z) = e1/n·log z
(1 + z2 )2
 i/n·arg z ln |z| + i arg z π 3
= |z|e , − < arg z < π ,
(1 + z2 )2 2 2
ed applichiamo il teorema dei residui considerando il dominio (figura 0.16.4),
{z ∈ C : ε ≤ |z| ≤ R , Im z ≥ 0} , 0 <ε < 1 < R.

...
........
...
...
....
............. . ........ . . .......................
........ ...........
............ ........
.......
... ..... .....
...... ....
....
...... ....
.... .........
.. ..
......
. i
...
...
...
... ...
.. . ..
..
... ..
.. ..
.. ..
.... ..
.......... ..
.. .............. .......... ...
... .. ... ..
... ... ..
. .......
.. .
.
.
....
.
...............................................................................................................
−R −ε ...O ε ...
R
.....
.....
....
.
.....
.
.....
...

Figura 0.16.4

Si ha
 R 
ln x
(0.16.12) x 1/n
dx + f (z) d z
ε (1 + x 2 )2 + R
 −ε
ln(−x ) + iπ
+ (−x )1/n eiπ/n dx
−R (1 + x 2 )2

− f (z) d z = 2π i Res( f (z); i)
+ε
Funzioni di variabile complessa 89

essendo
 R = {z ∈ C : |z| = R , Im z ≥ 0}
ε = {z ∈ C : |z| = ε , Im z ≥ 0}
Ponendo −x = t nel terzo integrale in (0.16.12) e scrivendo successivamente
x al posto di t si ha
 R
ln x
(0.16.13) (1 + e iπ/n
) x 1/n dx
ε (1 + x 2 )2
 R 
1
+ iπ e iπ/n
x 1/n dx + f (z) d z
ε (1 + x 2 )2 + R

− f (z) d z = 2π i Res( f (z); i) .
+ε

Dalla diseguaglianza
 1/n·log z    3 
 ze log z ≤ |z|1+1/n  ln |z| + π
2
si ha
lim z f (z) = 0 ,
z→0

e quindi per il Lemma 0.16.4



(0.16.14) lim f (z) d z = 0 .
ε→0 +ε

Analogamente, dalla diseguaglianza


 
 1/n·log z log z   
 ze  ≤ |z|1+1/n ln |z| + 3/2π |z| > 1
 (1 + z ) 
2 2 (|z|2 − 1)2

si ha
lim z f (z) = 0 ,
z→∞

e quindi per il Lemma 0.16.1



(0.16.15) lim f (z) d z = 0 .
R→+∞ + R
90 Funzioni di variabile complessa

Passando al limite nella (0.16.13) per ε → 0 e per R → +∞, tenendo conto


delle (0.16.14) (0.16.15), si ha
 +∞
ln x
(0.16.16) (1 + e )
iπ/n
x 1/n dx
0 (1 + x 2 )2
 +∞
1
+ iπ e iπ/n
x 1/n dx
0 (1 + x 2 )2
= 2π i Res( f (z); i) .

1 −iπ/(2n)
Moltiplichiamo la (0.16.16) per e ; si ha
2
 +∞
π log x
(0.16.17) cos x 1/n dx
2n 0 (1 + x 2 )2
 +∞
iπ iπ/(2n) 1
+ e x 1/n dx
2 0 (1 + x 2 )2
= π ie−iπ/(2n) Res( f (z); i) .

Calcoliamo il residuo in (0.16.17). Il punto z = i è un polo del secondo


ordine; pertanto

(0.16.18) Res( f ; i) = lim D(z − i)2 f (z)


z→i
 1 1
 1
1 n −1 n −1 (z + i)2 − 2z n (z + i) log z
n
z log z + z
= lim
z→i (z + i)4
√ √ √
2 n
i log i + 2 n i − 2 n i log i √ iπ + 2n − niπ
= n = n i
−8i −8ni
π (n − 1) + 2ni
= eiπ/(2n) .
8n
Sostituendo (0.16.18) in (0.16.17) otteniamo
 +∞ 
π ln x iπ iπ/(2n) +∞ 1/n 1
(0.16.19) cos x 1/n
dx + e x dx
2n 0 (1 + x )2 2 2 0 (1 + x 2 )2
π π 2(n − 1)
=− +i
4 8n
Funzioni di variabile complessa 91

Eguagliando la parte reale e la parte immaginaria dei numeri complessi in


(0.16.19) si ha
 +∞  +∞
π ln x π π 1 π
cos x 1/n
d x − sen x 1/n dx = −
2n 0 (1 + x ) 2 2 2 2n 0 (1 + x )
2 2 4
 +∞
π π 1 π 2 (n − 1)
cos x 1/n d x =
2 2n 0 (1 + x 2 )2 8n
da cui, per n =
 1
 +∞
1 π n−1 1
x 1/n dx = π ,
0 (1 + x )
2 2 4 n cos 2n
 +∞
ln x π 1 π2 n − 1 π 1
x 1/n d x = − π + tan π .
0 (1 + x )2 2 4 cos 2n 8 n 2n cos 2n

Si osservi che il precedente metodo non consente il calcolo dell’integrale per


n = 1. In tal caso si ha
 +∞  1  +∞
x ln x x ln x x ln x
dx = dx + dx.
0 (1 + x )
2 2
0 (1 + x )
2 2
1 (1 + x 2 )2
Nel primo integrale a secondo membro consideriamo il cambiamento di
variabile x = 1/t; si ha
 1  1  +∞
x ln x − 1t ln t 4  1  t ln t
dx = t − 2 dt = − dt ;
0 (1 + x ) +∞ (t + 1) (1 + t 2)2
2 2 2 2 t 1

pertanto  +∞
x ln x
dx = 0 .
0 (1 + x 2 )2

Esercizio 0.16.2. Calcolare l’integrale


 +∞
sen x
e−π x dx .
0 senh π x
La funzione è sommabile in [0, +∞[, essendo
sen x 1
lim e−π x =
x→0 senh π x π
92 Funzioni di variabile complessa

e  
 −π x sen x 
β
lim x e =0, β > 1.
x→+∞ senh π x
Consideriamo la funzione
sen z
f (z) = e−π z .
senh π z
Le sue singolarità sono z = hi, h intero relativo; pertanto non sarà possibile
applicare i procedimenti usati finora che fanno uso di semicerchi tali che tutti
i punti singolari siano in essi contenuti. Consideriamo, piuttosto, l’insieme
 
z ∈ C : 0 ≤ Re z ≤ R , 0 ≤ Im z ≤ 1 , |z| ≥ ε , |z − i| ≥ ε

0 < ε < 1/2, R > 1.


Applichiamo il Teorema di Cauchy–Goursat relativamente a tale insieme (vedi
figura 0.16.5).
.
...
.......
..
... (ε,1) (R,1)
i . ..
.
..
. .......
..
..
.......
1−ε..........

....
. .
.. ..
ε ............
....
...
..
. ..
....................................................................................................................................
.
O ε R

Figura 0.16.5

Si ha
 R  1
−π x sen x
(0.16.20) e dx + i f (R + it) dt
ε senh π x 0
 R 
−π (x+i) sen(x + i)
− e dx − f (z) d z
ε senh π (x + i) +ε
 1−ε 
−π it sen(it)
−i e dt − f (z) d z = 0
ε senh(iπ t) +ε

essendo  
ε = z ∈ C : |z| = ε , Re z ≥ 0 , Im z ≥ 0
 
ε = z ∈ C : |z − i| = ε , Re z ≥ 0 , Im z ≤ 1
Funzioni di variabile complessa 93

Osservato che
sen(x + i) sen x cos i + cos x sen i
e−π (x+i) = −e−π x
senh π (x + i) senh π x cosh π i + cosh π x senh π i

sen x cosh 1 + i cos x senh 1


= e−π x
senh π x
e che
sen(it)   i senh t
e−π it = cos π t − i sen π t
senh(iπ t) i sen π t
senh t
= cos π t − i senh t ,
sen π t
la (0.16.20) può essere riscritta
  R
  R
−π x sen x cos x
(0.16.21) 1 − cosh 1 e d x − i senh 1 e−π x dx
ε senh π x ε senh π x
   1
− f (z) d z − f (z) d z + i f (R + it) dt
+ε +ε 0
 1−ε  1−ε
senh t
−i cos π t dt − senh t dt = 0 .
ε sen π t ε

Facciamo il limite per ε → 0 e R → ∞. Si ha

sen i senh 1
lim z f (z) = 0 , lim(z − i) f (z) = e−π i =i .
z→0 z→i π cosh π i π
Pertanto per il Lemma 0.16.4 si ottiene
 
senh 1
lim f (z) d z = 0 , lim f (z) d z = − .
ε→0 +ε ε→0 +ε 2

Applichiamo il Teorema di Lebesgue sul passaggio al limite sotto il segno di


integrale per determinare il seguente
 1
lim f (R + it) dt .
R→+∞ 0
94 Funzioni di variabile complessa

Usando l’identità
 
 senh(α + iβ)2 = senh2 α + sen2 β α, β ∈ R ,
si ha
 
 −π (R+it ) sen(R + it) 
e  ≤ e−π R cosh t + senh t
 senh π (R + it)  senh π R
≤ 2(cosh t + senh t) , R > 1,
e la funzione cosh t + senh t è ovviamente sommabile in [0, 1]. Essendo, poi,
sen(R + it)
lim e−π (R+it ) =0
R→+∞ senh π (R + it)
si ha  1
lim f (R + it) dt = 0 .
R→+∞ 0
Passando al limite nella (0.16.21) si ha allora

  +∞ −π x sen x senh 1
1 − cosh 1 e d x = cosh 1 − −1
0 senh π x 2
ed infine  +∞
sen x 1 1
e−π x d x = cotangh − 1 .
0 senh π x 2 2
Si noti che dal calcolo precedente si deduce che
  R  1−ε 
−π x cos x senh t
lim senh 1 e dx + cos π t dt = 0
ε→0
R→∞ ε senh π x ε sen π t
il limite essendo una forma indeterminata ∞ − ∞. Infatti la funzione
cos x
e−π x è sommabile in [1, +∞[ e
senh π x
 1
cos x
e−π x d x = +∞ .
0 senh π x
senh t
La funzione cos π t è sommabile in [0, 1/2] e
sen π t
 1
senh t
cos π t dt = −∞ .
1/2 sen π t
Funzioni di variabile complessa 95

Esercizio 0.16.3. Consideriamo la funzione


1 cos z
f (z) = 2 p p∈N
z sen z
ed applichiamo il Teorema dei residui relativamente all’insieme
  1  1 
Tn = z ∈ C : | Re z| ≤ π n + , | Im z| ≤ π n + , n ∈N.
2 2

...
.......
...
π (n+1/2)(−1+i) .....
....
. π (n+1/2)(1+i)

...

. . . . . .
−nπ −2π −π 0 π 2π
.

...........................

...
.

.....
π (n+1/2)(−1−i) π (n+1/2)(1−i)

Figura 0.16.6
I punti singolari della funzione f (z) sono z = kπ , k ∈ Z. Precisamente i
punti relativi ai k = 0 sono poli del primo ordine, il punto z = 0 è un polo di
ordine 2 p + 1. Per il Teorema dei residui si ha
     
 n
(0.16.22) f (z) d z = 2π i Res f (z); 0 + Res f (z); kπ .
+∂Tn k=−n
k=0

Passiamo al limite per n → ∞ nella (0.16.22). Cominciamo con il provare


che esiste una costante L > 0 tale che
 cos z 
 
  ≤ L ∀ z ∈ ∂ Tn , ∀ n ∈ N .
sen z
Posto z = x + iy, si ha
 cos z 2  cos x cosh y − i sen x senh y 2
 
  = 
sen z  sen x cosh y + i cos x senh y 2
cos2 x cosh2 y + sen2 x senh2 y cos2 x + senh2 y
= =
sen2 x cosh2 y + cos2 x senh2 y sen2 x + senh2 y
96 Funzioni di variabile complessa

Pertanto per z = x ± iπ (n + 1/2), −π (n + 1/2) ≤ x ≤ π (n + 1/2), si ha


 cos(x ± iπ (n + 1/2)) 2 cos2 x + senh2 π (n + 1/2)
 
(0.16.23)  =
sen(x ± iπ (n + 1/2)) sen2 x + senh2 π (n + 1/2)
1 1
≤1+ ≤1+
senh π (n + 1/2)
2
senh2 π/2

Per z = ±π (n + 1/2) + iy, −π (n + 1/2) ≤ y ≤ π (n + 1/2), si ha


 cos(±iπ (n + 1/2) + iy) 2 senh2 y
 
(0.16.24)   = ≤ 1.
sen(±iπ (n + 1/2) + iy) senh2 y + 1

Dalle (0.16.23), (0.16.24) si ottiene


&
 cos z 
  1
 ≤ 1+ ∀ z ∈ ∂ Tn , ∀ n ∈ N .
sen z senh2 π/2

Dalla diseguaglianza provata segue, allora,


   1 cos z  
 1 cos z    1
 d z ≤ max  2p  8π n +
 2 p
z sen z  ∂Tn z sen z 2
+∂Tn
&
1 8π (n + 1/2)
≤ 1+
senh π/2 π 2 (n + 1/2)2
2

e quindi 
lim f (z) d z = 0 .
n→∞ +∂Tn

Dalla (0.16.22) si ottiene


n    
(0.16.25) Res f (z); kπ = − Res f (z); 0 .
k=−n
k=0

Calcoliamo i residui in (0.16.25). Per k = 0 si ha


  1
Res f (z); kπ = lim (z − kπ ) f (z) = .
z→kπ k2 p π 2 p
Funzioni di variabile complessa 97

Per calcolare il residuo nel punto z = 0 consideriamo lo sviluppo in serie di


Laurent della funzione
1 cos z
0 < |z| < π ;
z2 p sen z
a tale scopo basta determinare lo sviluppo in serie di Laurent della funzione
cos z
ϕ(z) = 0 < |z| < π .
sen z
La funzione ϕ(z) è dispari, si avrà allora

cos z 

= a2k−1 z2k−1
sen z k=0
 
con a−1 = Res ϕ(z); 0 = 1. Osserviamo che



(−1)k cos z
(0.16.26) z2k = cos z = sen z
k=0
(2k)! sen z

∞  
∞ 
(−1)k 2k+1
= z a2k−1 z 2k−1

k=0
(2k + 1)! k=0

Eseguendo il prodotto delle serie in (0.16.26) si ha



(−1)k 
∞ 
k
(−1) j −k
(0.16.27) z2k = a2 j −1 z2k .
k=0
(2k)! k=0 j =0
(2k − 2 j + 1)!

Eguagliando i coefficienti delle due serie in (0.16.27) si ottiene il sistema di


infinite equazioni


k
(−1) j −k (−1)k
(0.16.28) a2 j −1 = k ∈ N0
j =0
(2k − 2 j + 1)! (2k)!

che permette di determinare i coefficienti a2k−1 . Si avrà, allora,

1 cos z 

= a2k−1 z2k−2 p−1 0 < |z| < π.
z2 p sen z k=0
98 Funzioni di variabile complessa

Il residuo cercato è il coefficiente di z−1 e cioè a2 p−1 . Dalle (0.16.28) per


k = 0, 1, . . . , p si ottiene

⎪ a−1 = 1


⎪ 1
⎪ 1

⎪ − a−1 + a1 = −

⎪ 3! 2!

⎨ 1 1 1
a−1 − a1 + a3 =

⎪ 5! 3! 4!

⎪ . .. . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .





⎪ (−1) p (−1) p−1 (−1) p−2 (−1) p
⎩ a−1 + a1 + a3 + · · · + a2 p−1 =
(2 p + 1)! (2 p − 1)! (2 p − 3)! (2 p)!
Pertanto
 
 1 0 0 ... 0 1 
 
 1 1 
 − 1 0 ... 0 − 
 3! 2! 
 
 1 1 1 
a2 p−1 =  − 1 ... 0 .

 5! 3! 4! 
 . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. 
 
 (−1) p (−1) p−1 (−1) p−2 1 (−1) p 
 · · · − 
 (2 p + 1)! (2 p − 1)! (2 p − 3)! 3! (2 p)! 

ed infine per la (0.16.25)


 
 1 0 0 ... 0 1 
 
 1 1 
 − 1 0 ... 0 − 
 3! 2! 
∞  
1 π 2 p  1 1 1 
.
=−  − 1 ... 0 
k 2p 2  5! 3! 4! 
k=1
 . . .. .. . .. .. . .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. .. . .. . . 
 
 (−1) p (−1) p−1 (−1) p−2 1 (−1) p 
 · · · − 
 (2 p + 1)! (2 p − 1)! (2 p − 3)! 3! (2 p)! 

In particolare per p = 1 si ha
∞
1 π2
2
= .
k=1
k 6
Funzioni di variabile complessa 99

0.17. Cenni sulle trasformazioni conformi


Sia
⊆ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa in
. Abbiamo già
osservato che la funzione può essere vista come una funzione da R2 in R2 .
Posto f (z) = u(x , y) + iv(x , y); consideriamo la trasformazione

u = u(x , y)
(0.17.1)
v = v(x , y)
che ad ogni punto (x , y) ∈
fa corrispondere un punto del piano u, v
e poniamoci il problema della trasformazione inversa o in altri termini di
risolvere le (0.17.1) rispetto alle variabili x , y. Consideriamo le funzioni

F1 (x , y; u, v) = u(x , y) − u
(x , y) ∈
, (u, v) ∈ R2 .
F2 (x , y; u, v) = v(x , y) − v
Le (0.17.1) equivalgono quindi al sistema

F1 (x , y; u, v) = 0
(0.17.2)
F2 (x , y; u, v) = 0
Applichiamo il teorema del Dini sulle funzioni implicite. Tenendo conto della
olomorfia della funzione f (z) si ha
∂(F1 , F2 )  u x u y 
=  = u x v y − u y vx
∂(x , y) vx v y

= (u x )2 + (vx )2 = | f  (z)|2 , ∀ z ∈
.
Supponiamo allora, che f  (z0 ) = 0, z0 ∈
. In tali condizioni il teorema del
Dini permette di dimostrare che esistono due intorni B(z0 , δ) e B( f (z0 ), η)
tali che le equazioni (0.17.2) definiscono implicitamente un’unica funzione
f −1 (u, v) = x (u, v) + iy(u, v), definita in B( f (z0 ), η) e tale che
f −1 ( f (z)) = z ∀ z ∈ B(z0 , δ) e f −1 (B( f (z0 ), η)) = B(z0 , δ).
Applicando ancora il teorema del Dini, si ha
⎛ ∂F ∂ F1 ⎞−1 ⎛ ∂ F1
1 ∂ F1 ⎞
 
xu xv ⎜ ∂x ∂y ⎟ ∂u ∂v ⎟
(0.17.3) = −⎜ ⎟ ×⎜
⎝ ⎠
y y ⎝ ∂F ∂F ⎠ ∂F ∂ F2
u v 2 2 2
∂x ∂y ∂u ∂v
1  v y −u y

−1

0

=− ×
| f  |2 −vx ux 0 −1
1  v y −u y 
= 2 .
| f | −vx ux
100 Funzioni di variabile complessa

Da (0.17.3) si trae
⎧ 1

⎨ x u = yv =

| f  |2
ux


⎪ 1
⎩ −x v = yu = − vx
| f  |2
la funzione f −1 è dunque olomorfa e

D f −1 (w) = x u (u, v) + iyu (u, v)

f  ( f −1 (w)) 1
= =  −1 w ∈ (B( f (z0 ), η)).
| f ( f (w))|
 −1 2 f ( f (w))

Si suole esprimere quanto detto, dicendo che se in un punto la derivata della


funzione f (z) è diversa da zero, la funzione è invertibile localmente o in
piccolo. Sorge allora spontanea la domanda: se f  (z) = 0 in tutto
la
funzione è invertibile in
o è invertibile in grande? Ci si convince subito
del contrario; basta pensare alla funzione

f (z) = z2 1 < |z| < 2 .

Mettiamo in luce un’altra importante proprietà delle funzioni olomorfe.


Premettiamo la
Definizione 0.17.1. Sia f :
→ C,
aperto. Supponiamo che per ogni
punto z0 ∈
e per ogni coppia di curve regolari γ1 , γ2 con sostegno contenuto
in
, e passanti per z0 , l’angolo formato dalle tangenti alle curve in z0 (angolo
delle curve γ1 , γ2 ) sia lo stesso di quello formato nel punto f (z0 ) dalle curve
immagine f (γ1 ), f (γ2 ). In tal caso la trasformazione indotta dalla funzione f
si dice conforme nel punto z0 . Se la trasformazione è conforme in tutti i punti
di
allora si dice conforme in
.
Enunciamo due importanti teoremi senza dimostrarli.
Teorema 0.17.1. Sia
⊆ C un aperto e f (z) una funzione olomorfa in
.
La trasformazione indotta dalla f (z) è conforme in
se e solo se f  (z) = 0
in
.

Teorema 0.17.2. (Riemann) Sia


⊂ C un aperto semplicemente connesso.
Allora esiste una funzione f :
→ B1 (0) tale che le trasformazioni indotte
dalla funzione f e dalla sua inversa f −1 sono conformi.
Funzioni di variabile complessa 101

Esempio 0.17.1. Determiniamo la funzione inversa della funzione sen z;


precisamente determiniamo la funzione complessa che è il prolungamento
olomorfo della funzione reale arcsen x , x ∈ ] − π/2, π/2[.
La derivata di sen z è cos z; la funzione sen z è ,allora, localmente
 inverti-
bile nella striscia S = (x , y) ∈ R : x ∈ ] − π/2, π/2[ , y ∈ R . Proviamo
2

che essa è globalmente invertibile in S.


Cominciamo con il determinare il codominio della funzione sen z, z ∈ S.
Ricordando che

sen z = sen x cosh y + i cos x senh y

studiamo la trasformazione

u = sen x cosh y
(0.17.4) (x , y) ∈ S .
v = cos x senh y

Consideriamo le immagini delle rette x = k, k ∈ ] − π/2, π/2[. Poniamo


x = k nelle (0.17.4). Sia k = 0; l’immagine della retta x = 0 è la retta u = 0.
Sia k > 0; si ha ⎧

⎪ u2
⎨ = cosh2 y
sen2 k

⎪ v2
⎩ = senh2 y
2
cos k
da cui
#
u2 v2
(0.17.5) − =1
sen2 k cos2 k
u>0
La (0.17.5) è l’equazione di un ramo di iperbole di semiassi sen k, cos k e
fuoco nel punto (1, 0). In maniera analoga per k < 0 si ottiene il ramo di
iperbole di semiassi − sen k, cos k avente il fuoco nel punto (−1, 0)
#
u2 v2
(0.17.6) − =1
sen2 k cos2 k
u<0
Indichiamo con  la famiglia costituita dalla retta u = 0 e dai rami di iperbole
(0.17.5), (0.17.6).  
Determiniamo l’immagine dei segmenti (x , h) |x | < π/2 . Ponendo
y = h nelle (0.17.4) si ottiene rispettivamente:
102 Funzioni di variabile complessa

 
— per h = 0 il segmento (u, 0), |u| < 1 ;
— per h > 0 la semiellisse

⎨ u2 v2
(0.17.7) 2
+ 2
=1
⎩ cosh h senh h
v>0
— per h < 0 la semiellisse

⎨ u2 v2
(0.17.8) 2
+ 2
=1
⎩ cosh h senh h
v<0
Si osservi che le suddette semiellissi hanno fuochi nei punti (−1, 0), (1, 0) e
semiassi cosh h, | senh h| e che cosh h > | senh h|.  
Indichiamo con  la famiglia costituita dal segmento (u, 0), |u| < 1 e dalle
semiellissi (0.17.7), (0.17.8).
L’immagine dell’insieme S tramite la funzione sen z è l’unione  delle due
famiglie
  e  e cioè il piano complesso privato delle semirette (u, 0), |u| ≥
1 (vedi figura 0.17.1).

..
......... v
..... .... .. ...
... . .... ....
..
.....
.....
... ...
... ... ... .....
.... ...
.
... . ... .. . ....
..... ....
.
... ........................................... ... .. ... . ......
..... . .... .. . ....
. .................... . .....
.... ......................... .... .... .. . .... ....
......... .. ..
... ... .. ... ...................
....... ....... ..... .... .. .. . .....
....... ... .. ...
. . .. .... ......
. ....
. ... .. .. ....
.... ... .. .. .... . .. ..
.... .... .....
....
.... . ... ... .. .
. . ...
...
.... ... ....................................................... ..
.. . . . ...
.. ..
.
... .............. .... ... .
.
. ... ... ... ...........
. .. ...
.. .. ....... ... .. ...
. .
.
. .
. .. ... .......
.. ..
.... ... . ... .
. .. ... ... .... ..
... .... . . . .
......................................................... . .. ... ..
.. .. . . ... . ...
.... .. .
.
.......... ... ... ... ... .. .. ... .......... ...
. ...
.. ... .. .. .. .. .. .. ...
.
...
.
.
..
..
.
....−1 ... .. .. .. .. .. ...
. . . . . .
............................................................................................... ... ... ... ... .... .. ... ..............................................................................................................
. .
.
.
.
..
... .
... ........ .. . .. .. ... .. ... ........
................ .
.
.
1 ... .
. .
.
. ..
.
u
.. ... . . . ..... . .
.. .... . . ........................................... ....
.. ..
..
.. .... .
... ... .... .
.
. .
. .. ..
. .... ...
...... .. .. .. . .
... ......... ... ... ... .... ... .. .. .............. ..
.
............. .. .. .. ..................
... . .. .. ...
... .. ................................................ .... ..... ...
....
.... ..... .... .... .
.
. .. .. ... .. ....
. ... ... ... ....
.... .
... ... .... .... ... .....
.....
...... .. .... .... ...
... ... .
.. .. ... .. .....
.......
.. .................
.
... ... ... ... ...................
... .. .
. .. ........ .. .....
... . ... ..... .
..... ... .......................................................................... ..... .....
..... .... . ... ... ... .....
..... .. ... ... ... ... ....
... ... . . ... .. .... .
. ...
...
...
.....
.....
.. .. . .....
.

Figura 0.17.1

Verifichiamo che la funzione è globalmente invertibile; proviamo, cioè, che


se z1 , z2 sono due punti di S e sen z1 = sen z2 si ha z1 = z2 . Sia w∗ =
sen z1 = sen z2 . Per il punto w∗ passano due sole curve 1 , 2 appartenenti
rispettivamente agli insiemi  e ; i punti z1 , z2 coincideranno con il punto
Funzioni di variabile complessa 103

 
di incontro della retta x = k e del segmento (x , h), −π/2 < x < π/2
controimmagini delle curve di 1 e 2 .
Determiniamo
 la funzione arcsen w inversa della funzione sen z, z ∈ S.
Sia w ∈ C \ (Re w, 0) , | Re w| ≥ 1 ; determiniamo l’unica soluzione in S
dell’equazione
sen z = w
e cioè dell’equazione

(0.17.9) e2i z − 2iwei z − 1 = 0 .

L’equazione (0.17.9) ha infinite soluzioni, date, al variare delle determinazioni


della radice e del logaritmo, dalla formula

1   
z= log iw + 1 − w2
i  
   
= −i ln iw + 1 − w2  + arg iw + 1 − w2 ,

e arcsen w è una di queste soluzioni. Per precisare quale, teniamo conto che
la funzione che stiamo cercando è il prolungamento al campo complesso della
 w definita
funzione arcsen √ in ] − 1, 1[ e a valori in ] − π/2, π/2[. Se w è un
numero reale iw + 1 − w2  = 1 e
  
z = arg iw + 1 − w2 .

Deve essere allora,


π    π
− < arg iw + 1 − w2 < ;
2 2
pertanto bisognerà scegliere la determinazione della radice in modo che la
radice di un numero reale positivo sia quella aritmetica e una determinazione
del logaritmo in modo tale che l’intervallo che limita l’argomento contenga
] − π/2, π/2[; ad esempio potremmo scegliere la determinazione principale
del logaritmo.
In definitiva
1   
(0.17.10) arcsen w = log iw + 1 − w2
i
 
con w ∈ C \ (Re w, 0) , | Re w| ≥ 1 dove si sono considerate la determi-
nazione principale del logaritmo e la determinazione principale della radice e
104 Funzioni di variabile complessa

cioè quella che ridà la radice aritmetica nel caso che w sia un numero reale
positivo.
Consideriamo la funzione cos z. Con considerazioni analoghe alle prece-
denti si può provare che essa è invertibile in
 
S1 = (x , y) ∈ R2 : x ∈ ]0, π [ , y ∈ R

e che il suo codominio è ancora l’insieme w ∈ C \ (Re w, 0) , | Re w| ≥
1 . La funzione inversa arccos w è subito trovata sfruttando la (0.17.10) e
l’identità
π
arcsen w + arccos w =
2
valida per w ∈ ] − 1, 1[ e quindi, per il principio di identità
 delle funzioni
olomorfe, nell’insieme w ∈ C \ (Re w, 0) , | Re w| ≥ 1 .
Consideriamo, infine, la funzione tang z, nella striscia S. Con consi-
derazioni
 simili alle precedenti
 si prova che il suo codominio è l’insieme
C \ (0, Im w) , | Im w| ≥ 1 e che la funzione è invertibile. La funzione
arctang w è la soluzione in S dell’equazione

1 e2i z − 1
(0.17.11) tang z = =w
i e2i z + 1
 
w ∈ C \ (0, Im w) , | Im w| ≥ 1 . Risolvendo la (0.17.11) si trova

1 1 + iw
arctan w = log
2i 1 − iw

dove si è scelta la determinazione principale del logaritmo.

0.18. Fattorizzazione delle funzioni intere

0.18.1 Prodotti infiniti.


Premettiamo qualche nozione sui prodotti infiniti.
 
Definizione 0.18.1. Sia an n∈N una successione di numeri complessi. Dire-
mo che il prodotto infinito
-

an
n=1
Funzioni di variabile complessa 105

è convergente se la successione dei prodotti parziali


-
n
Pn = ak n∈N
k=1

è convergente. Il limite lim Pn si chiama il valore del prodotto infinito.


n→∞

Ovviamente se per qualche n è an = 0 il valore del prodotto infinito è zero.


Nel seguito escluderemo tale caso banale; supporremo, cioè, an = 0 per ogni
n ∈ N. Ciò non esclude che il valore del prodotto infinito sia zero; diremo in
tal caso che il prodotto infinito è nullo.
Teorema 0.18.1. Si consideri il prodotto infinito
-

an an ∈ C \ {0} .
n=1

Condizione necessaria e sufficiente affinchè esso converga e non sia nullo è


che per ogni ε > 0 esista un intero positivo ν tale che
 -
n+k 
 
 a j − 1 < ε ∀ n > ν e ∀ k ∈ N.
j =n+1

Dimostrazione. La condizione è necessaria. Si ha


lim |Pn | > 0 ;
n→∞

esiste, quindi, un numero m > 0 tale che |Pn | ≥ m ∀ n ∈ N. Per il criterio di


Cauchy si ha che per ogni ε > 0 esiste un indice ν per cui

    - n+k 
 Pn+k − Pn  =  Pn  
a j − 1 < εm , n > ν, k ∈ N ,
j =n+1

e quindi
 -
n+k 
 
 a j − 1 < ε , n > ν, k ∈ N .
j =n+1

La condizione è sufficiente. Sia, per n > ν + 1,


 - n  1
 
 a j − 1 < ,
j =ν+2
2
106 Funzioni di variabile complessa

e, quindi, anche
 - n  1
 
 |a j | − 1 < .
j =ν+2
2
Si ha, allora, per n > ν + 1,

1-   3-
ν+1 ν+1
|a j | <  Pn  < |a j | .
2 j =1 2 j =1

Dette, allora, l, L due costanti positive tali che


(0.18.1) l ≤ |Pn | ≤ L , n∈N,
si ha, per n > ν e k ∈ N,
    - n+k 
 Pn+k − Pn  =  Pn  
a j − 1 < Lε .
j =n+1

La successione dei prodotti parziali converge e, ricordando la (0.18.1), il suo


limite non è nullo.

Dal Teorema 0.18.1 segue il
Corollario 0.18.1. Si supponga che il prodotto infinito
-

an an ∈ C \ {0} ,
n=1

converga e non sia nullo. Si ha


lim an = 1 .
n→∞

Nel seguito scriveremo i fattori di un prodotto infinito nella forma 1 + cn ,


cn = −1.
Definizione 0.18.2. Sia il prodotto infinito
-

(1 + cn ) cn = −1 .
n=1



Diremo che esso è assolutamente convergente se la serie cn è assolutamen-
n=1
te convergente.
Funzioni di variabile complessa 107

Teorema 0.18.2. Sia il prodotto infinito

-

(1 + cn ) cn = −1
n=1

assolutamente convergente, allora esso è convergente e non nullo.


∞
Dimostrazione. La serie |cn | è convergente; ne segue che esiste un indice
n=1
ν tale che |cn | < 1/2 se n > ν. Si ha, allora, per n > ν



(cn ) p
(0.18.2) log(1 + cn ) = − (−1) p ,
p=1
p

dove si è considerata la determinazione principale del logaritmo.


Dalla (0.18.2) se cn = 0 segue
   
 | log(1 + cn )|   log(1 + cn )   ∞
|cn | p−1
 − 1  ≤  − 1  ≤
 |cn |   cn  p
p=2

1 1   1  p−1 1
∞ ∞
≤ |cn | p−1 ≤ =
2 p=2 2 p=2 2 2

da cui
1   3
(0.18.3) |cn | ≤  log(1 + cn ) ≤ |cn | .
2 2


La (0.18.3) vale anche se cn = 0. Ne segue che la serie log(1 + cn ) è
n=1
assolutamente convergente e quindi convergente. Posto


n
Sn = log(1 + c p ) ,
p=1

sia S = lim Sn . Si ha
n→∞

-
n -
n
Pn = (1 + cn ) = elog(1+cn ) = e Sn
p=1 p=1
108 Funzioni di variabile complessa

e quindi
lim Pn = e S .
n→∞

Osservazione 0.18.1. Un prodotto infinito potrebbe essere convergente ma
non assolutamente convergente. Si consideri infatti il prodotto infinito
 1  1  1  1
1− 1+ 1− 1− ···
2 3 4 5
Si ha
1 4 3 2n 2n − 1 1
P2n−1 =· · ··· · = ,
2 3 4 2n − 1 2n 2
2n + 2 1 2n + 2
P2n = P2n−1 · = · .
2n + 1 2 2n + 1
Ne segue, quindi, lim Pn = 1/2, e la serie
n→∞

∞  n
 (−1) 
 
n=1
n+1

diverge.

Teorema 0.18.3. Si consideri il prodotto infinito


-

(1 + cn ) cn ≥ 0 .
n=1

Condizione necessaria e sufficiente affinchè esso sia convergente e non nullo




è che la serie cn sia convergente.
n=1
Dimostrazione. La condizione è necessaria. Si ha

n -
n
Sn = cp < (1 + c p ) = Pn .
p=1 p=1

e, posto P = lim Pn ,
n→∞

-
n+1 -
n
P ≥ Pn+1 = (1 + c p ) ≥ (1 + c p ) = Pn .
p=1 p=1
Funzioni di variabile complessa 109

La successione {Sn } è limitata superiormente e, pertanto, convergente.


La sufficienza della condizione segue facilmente dal Teorema 0.18.2.

Si osservi che dato il prodotto infinito
-

(1 + cn ) cn = −1 ,
n=1

esso è convergente e non nullo se è convergente il prodotto infinito


-

(1 + |cn |) .
n=1

Teorema 0.18.4. Sia


-

(1 + cn ) cn = −1 ,
n=1

un prodotto infinito assolutamente convergente. Si consideri il prodotto


infinito
-∞
(1 + dn )
n=1

ottenuto riordinando i suoi fattori; esso è ancora assolutamente convergente


ed ha lo stesso valore del prodotto.

0.18.2 Fattorizzazione delle funzioni intere secondo Weiersrass.


È ben noto che dati i numeri complessi a1 , a2 , . . . , an la funzione
c(z − a1 )(z − a2 ) · · · (z − an ) c ∈ C \ {0}
risolve il problema di determinare un polinomio (funzione intera non trasce-
dente) avente come zeri i numeri assegnati. Proponamoci di risolvere il pro-
blema analogo per le funzioni intere trascendenti anche nel caso che gli zeri
siano infiniti.
Definiamo i fattori primari di Weierstrass.
Definizione 0.18.3. Sia p ∈ N. La funzione intera
2 /2+···+z p / p
E p (z) = (1 − z)e z/1+z
prende il nome di fattore primario di Weierstrass di genere p.
Definiamo, poi, E 0 (z) = (1 − z).
110 Funzioni di variabile complessa

Cominciamo con il dimostrare il seguente


Lemma 0.18.1. Sia E p (z) il fattore primario di genere p. Valgono i seguenti
fatti:
 
1.  E p (z) − 1 ≤ 1 − E p (|z|);
 
2.  E p (z) − 1 ≤ |z| p+1 se |z| ≤ 1;
3. 1 − E p (|z1 |) ≤ 1 − E p (|z2 |) se |z1 | ≤ |z2 |.
Dimostrazione. Sia p ∈ N; p = 0 è un caso banale.
Determiniamo lo sviluppo in serie di Mac-Laurin della funzione E p (z).
Posto
z z2 zp
G(z) = + + · · · + ,
1 2 p
si ha
 
(0.18.4) E p (z) = − 1 + (1 − z)G  (z) e G(z)
 
= − 1 + (1 − z)(1 + z + · · · + z p−1 ) e G(z) = −z p e G(z) .

Sviluppiamo in serie di Mac-Laurin la funzione e G(z) . Le sue derivate sono


della forma: prodotto di un polinomio a coefficienti interi positivi per la
funzione e G(z) . Pertanto potremo scrivere


e G(z)
= ( p + n + 1)αn zn
n=0

dove αn , n ∈ N, sono numeri razionali positivi e α0 = (1 + p)−1 .


La (0.18.4) si scrive, quindi,


(0.18.5) E p (z) = − ( p + n + 1)αn zn+ p .
n=0

Per z ∈ C consideriamo il segmento σ unente 0 con z. Integrando per serie


nella (0.18.5) lungo detto segmento si ha

∞  z
(0.18.6) E p (z) = E p (0) − ( p + n + 1)αn ζ n+ p dζ
n=0 0



=1− αn zn+1+ p .
n=0
Funzioni di variabile complessa 111

Poniamo in (0.18.6) z = 1; si ha


1= αn .
n=0

Dalla (0.18.6) si deduce


   ∞
 E p (z) − 1 ≤ αn |z|n+1+ p = 1 − E p (|z|)
n=0

e per |z| ≤ 1
  
∞ 

 E p (z) − 1 ≤ |z| p+1 αn |z| ≤ |z|
n p+1
αn ≤ |z| p+1 .
n=0 n=0

Infine si ha per |z1 | ≤ |z2 |



∞ 

1 − E p (|z1 |) = αn |z1 | n+1+ p
≤ αn |z2 |n+1+ p = 1 − E p (|z2 |) .
n=0 n=0

Si hanno i seguenti teoremi che risolvono il problema posto.
Teorema 0.18.5. Sia f (z) una funzione intera priva di zeri. Esiste una
funzione intera ϕ(z) tale che
f (z) = eϕ(z) .
Dimostrazione. Consideriamo la funzione
 z 
f (ζ )
(z) = dζ ,
0 f (ζ )
dove si è integrato su un qualunque cammino γ unente 0 con z. Si ha
 
D f (z) e−(z) = f  (z) e−(z) − f (z) (z) e−(z) = 0 .
Pertanto
f (z) = f (0) e(z) = elog f (0)+(z) .

Teorema 0.18.6. Sia f (z) una funzione intera avente un numero finito di
zeri. Siano essi ai , i = 1, 2, . . . , n, di ordini ri rispettivamente. Esiste, allora,
una funzione intera ϕ(z) tale che
-n
f (z) = (z − ai )ri eϕ(z) .
i=1
112 Funzioni di variabile complessa

Dimostrazione. La funzione
f (z)
.n
i=1 (z − ai )
ri

è una funzione intera. La tesi si ottiene, quindi, per il Teorema 0.18.5.



Sia f (z) una funzione intera non identicamente nulla avente un numero
infinito di zeri che indichiamo con N f . L’insieme
 N f è numerabile. Infatti
consideriamo la successione di dischi chiusi Bn (0) n∈N invadente C. In
 
ognuno dei dischi chiusi Bn (0) la funzione ha un numero finito di zeri
altrimenti per il principio di identità delle funzioni olomorfe la funzione
sarebbe identicamente nulla. L’insieme N f è, dunque, l’unione numerabile
di insiemi costituiti
  da un numero finito di zeri. Ordiniamo gli elementi di N f
in successione an n∈N tale che |an | ≤ |an+1 |, n ∈ N.
Ovviamente si avrà lim |an | = +∞.
n→∞

Teorema 0.18.7. Sia f (z) una funzione intera avente un numero infinito
  di
zeri ordinati in successione an n∈N tale che successione dei moduli |an | n∈N
sia monotonanon  decrescente e divergente. Supponiamo, inoltre, che |a1 | sia
positivo. Sia kn n∈N una successione di numeri interi non negativi tali che la
serie
∞ 
 |z| kn +1
n=1
|an |

sia convergente per ogni z ∈ C.


Esiste, allora, una funzione intera ϕ(z) tale che

-
∞ z
f (z) = E kn eϕ(z) .
n=1
an

 
Dimostrazione. Cominciamo con l’osservare che la successione kn n∈N può
essere sempre trovata. Infatti sia kn = n. Fissato z ∈ C esiste un indice ν tale
che per n > ν
|z| 1
< ,
|an | 2
e quindi
 |z| n+1 1
< n+1 .
|an | 2
Funzioni di variabile complessa 113

Sia z ∈ C \ N f . Proviamo che il prodotto infinito

-
∞ z
E kn
n=1
an

è convergente e diverso da zero. Per il Teorema 0.18.2 basta provare che la


serie
∞  z 
 
(0.18.7) E kn − 1
n=1
an

|z|
è convergente. Sia ν ∈ N tale che per n > ν si abbia < 1. Si ha per la 2.
|an |
del Lemma 0.18.1  z   |z| kn +1
 
 E kn − 1 ≤
an |an |
per n > ν e quindi la convergenza della serie (0.18.7). La funzione

-
∞ z
E kn
n=1
an

ha, quindi, gli stessi zeri e con lo stesso ordine di zeri della funzione f (z).
Proviamo che essa è intera. Poniamo
-
n z
Pn (z) = Ekp .
p=1
ap

Si ha
-
∞ z ∞
 
(0.18.8) E kn = P1 (z) + Pn+1 (z) − Pn (z) ;
n=1
an n=1

.∞  
dimostreremo l’olomorfia della funzione n=1 E kn azn mediante il Teorema
di derivazione di Weierstrass. Acciò basterà provare che, per ogni R > 0, la
serie in (0.18.8) converge totalmente nel disco chiuso B R (0).
Cominciamo con il provare che esiste una costante L > 0 tale che
 
(0.18.9)  Pn (z) ≤ L in B R (0) .
114 Funzioni di variabile complessa

R
Sia ν ∈ N tale che per n > ν si abbia < 1. Si ha, ricordando il Lemma
|an |
0.18.1, per n > ν e |z| ≤ R
n   - n   z 
  -  z   
 Pn (z) = 1 + E k p − 1 ≤ 1 + E k p − 1
p=1
ap p=1
ap
n 
-  |z|  - n   R 
≤ 1 + 1 − Ekp ≤ 1 + 1 − Ekp
p=1
|a p | p=1
|a p |

Per il Teorema 0.18.3 il prodotto infinito


∞ 
-  R 
(0.18.10) 1 + 1 − E kn
n=1
|an |

è convergente, essendo per n > ν


 R   R kn +1
1 − E kn ≤ .
|an | |an |
La (0.18.9) è, allora, acquisita data la non decrescenza della successione dei
prodotti parziali del prodotto infinito (0.18.10).
Si ha, infine, per n > ν e |z| ≤ R
    z    R kn+1 +1
 Pn+1 (z) − Pn (z) ≤ L  E k − 1

 ≤ L |
n+1
an+1 |an+1 |
e quindi la totale convergenza della serie in (0.18.8).
La dimostrazione del teorema si conclude, poi, osservando che la funzione

-
∞ z
f (z) / E kn
an
n=1

è intera ed applicando il Teorema 0.18.5.



Dal teorema precedente segue, poi, il
Teorema 0.18.8. Sia f (z) una funzione intera avente un numero infinito di
 z = 0 sia uno zero di ordine m e che la successione
zeri. Supponiamo che  
dei rimanenti zeri an n∈N sia tale che la successione dei moduli |an | n∈N
sia monotona non decrescente e divergente. Supponiamo, inoltre, che |a1 | sia
Funzioni di variabile complessa 115

 
positivo. Sia kn n∈N una successione di numeri interi non negativi tali che la
serie
∞ 
 |z| kn +1
(0.18.11)
n=1
|an |

sia convergente per ogni z ∈ C.


Esiste, allora, una funzione intera ϕ(z) tale che
-
∞ z
f (z) = z m
E n−1 eϕ(z) .
n=1
an

Dimostrazione. Basta applicare il Teorema 0.18.7 alla funzione intera


z−m f (z) .

Osservazione 0.18.2. Se l’insieme N f è finito la serie in (0.18.11) è una
somma finita e si potrà scegliere kn = 0 riottenendo in tal modo il Teorema
0.18.6

0.18.3 La funzione (z).


Costruiamo una funzione
 intera che abbia
∞come zeri del primo ordine i
punti della successione − n n∈N0 . La serie n=1 n12 è convergente allora nel
Teorema 0.18.8 possiamo prendere kn = 1; la funzione cercata è del tipo
∞ 
- z  −z
F (z) = zeϕ(z) 1+ e n,
n=1
n

dove ϕ(z) è una funzione intera. Particolarizziamo ϕ(z) ponendo ϕ(z) = γ z


con γ costante. Determiniamo la costante γ in modo da risultare F (1) = 1 e
cioè
∞ 
- 1 −1
(0.18.12) eγ 1+ e n = 1.
n=1
n

Dalla (0.18.12) si ha
n   %
1  −1/ p
n 
-
γ
 1 1
ln lim e 1+ e = lim γ + ln 1 + − = 0.
n→∞
p=1
p n→∞
p=1
p p
116 Funzioni di variabile complessa

n
Da cui, ponendo Hn = 1
p=1 p ,

n  
 1 p + 1
(0.18.13) γ = lim − ln = lim Hn − ln(n + 1) .
n→∞
p=1
p p n→∞

La costante γ in (0.18.13) è la costante di Eulero.


Poniamo
∞ 
z  −z
n 
1 - - z  − zp
= zeγ z 1+ e n = zeγ z lim 1+ e
(z) n=1
n n→∞
p=1
p
-n
z + p −Hn z
= lim e(Hn −ln n)z z e
n→∞
p=1
p

e quindi
n z n!
(0.18.14) (z) = lim .
n→∞ z(z + 1)(z + 2) · · · (z + n)
La funzione (z) è la funzione euleriana di seconda specie . Essa è una
 olomorfa in tutto C privato dei punti dei punti della successione
funzione
− n n∈N0 . Poniamo nella (0.18.14) z = z + 1. Si ha

n z+1 n!
(0.18.15) (z + 1) = lim
n→∞ (z + 1)(z + 2) · · · (z + n + 1)

nz n z n!
= lim
n→∞ z + n + 1 z(z + 1)(z + 2) · · · (z + n)

= z (z) .

Dalla (0.18.15) si deduce per n intero positivo

(z + n) = (z + n − 1)(z + n − 2) · · · z (z)

e, quindi,
(n + 1) = n! .
I punti z = −n, n intero non negativo, sono poli del primo ordine per (z). Si
ha infatti
(z + n + 1) (−1)n
lim (z + n) (z) = lim = .
z→−n z→−n (z + n − 1)(z + n − 2) · · · z n!
Funzioni di variabile complessa 117

Proviamo che se Re z > 0 la funzione (z) ha la seguente espressione


 +∞
(0.18.16) (z) = e−t t z−1 dt .
0

Poniamo per Re z > 0 e n ∈ N


 n  1
t n z−1
π (z, n) = 1− t dt = n z
(1 − u)n u z−1 du .
0 n 0

Integrando per parti si ha


 1  1 
uz n 1
(1 − u) u
n z−1
du = (1 − u) n
+ (1 − u)n−1 u z du
0 z 0 z 0

n 1
= (1 − u)n−1 u z du
z 0
ed iterando il procedimento
 1  1
n!
(1 − u)n−1 u z du = u z+n−1 du
0 z(z + 1) · · · (z + n − 1) 0
n!
= .
z(z + 1) · · · (z + n)
Pertanto  
n
t n z−1
(z) = lim π (z, n) = lim 1− t dt
n→∞ n→∞ 0 n
Per stalire la (0.18.16) basterà allora provare che
 n  %
−t t n z−1
(0.18.17) lim e − 1− t dt = 0 .
n→∞ 0 n
Si ha, tenendo presenti le diseguaglianze
1
1 + x ≤ ex ≤ , 1 − nx ≤ (1 − x )n 0 ≤ x < 1,
1−x
 t n  t n  t n
0 ≤ e−t − 1 − ≤ e−t 1 − 1 + 1−
n n n
 t 2 n
t 2
= e−t 1 − 1 − 2 ≤ e−t .
n n
118 Funzioni di variabile complessa

Si ottiene, pertanto,
 n   %   

 −t t n z−1  1 n −t Re z−1 1 +∞ −t Re z−1
 e − 1− t dt  ≤ e t dt ≤ e t dt
0 n n 0 n 0

e quindi la (0.18.17).
Accanto alla funzione Gamma viene considerata la funzione Beta o funzio-
ne euleriana di prima specie. La funzione Beta è una funzione di due variabili
complesse definita dalla posizione

(z) (w)
B(z, w) =
(z + w)
z e w numeri complessi non interi negativi ed inoltre tali che z + w = 0. Se
Re z e Re w sono positivi per la funzione Beta si ha la seguente espressione
integrale
 1
(0.18.18) B(z, w) = u z−1 (1 − u)w−1 du .
0

Proviamo la (0.18.18). Si ha
 +∞  +∞
−t z−1
(z) (w) = e t dt e−u u w−1 du
0 0

= e−(t +u) t z−1 u w−1 dtdu


R2+

 
dove R2+ = (t, u) ∈ R2 : t ≥ 0, u ≥ 0 . Eseguiamo il cambiamento di
variabili
t + u = x
t − u = x (2y − 1)
Si ha con facili calcoli
  +∞  1 
−(t +u) z−1 w−1 −x w−1
e t u dtdu = e x z+w−1
y z−1
(1 − y) dy dx
R2+ 0 0

e quindi la (0.18.18)
Un’altra formula interessante è la formula dei complementi
π
(0.18.19) (z) (1 − z) =
sen(zπ )
Funzioni di variabile complessa 119

con z numero complesso non intero.


Per il principio di identità delle funzioni olomorfe basterà stabilire la
(0.18.19) per 0 < z < 1. Si ha, ricordando l’Esempio 0.16.3,
 1
(z) (1 − z) = B(z, 1 − z) = u z−1 (1 − u)−z du
0
 +∞ z−1 
t 1 +∞ dy π
= dt = = .
0 1+t z 0 1 + (y )
z 1/z sen(zπ )
Dalla (0.18.19) segue in particolare
1 √
 = π.
2
Esempio 0.18.1. La funzione Gamma interviene nella formula che esprime
la misura della sfera unitaria in Rn .
Si ha infatti,
  2 π n/2
(0.18.20) ωn = {x ∈ Rn : |x | ≤ 1} = .
n (n/2)
Proviamo la (0.18.20). Applicando il teorema di Fubini si ha
  1/2 
ωn =  (x  , t) ∈ Rn−1 × R : |t| ≤ 1 , |x  | ≤ 1 − t 2 
 1  1
 
2 (n−1)/2
 (n−1)/2 −1/2
= 1−t ωn−1 dt = ωn−1 1−u u du
−1 0

n + 1 1   
 n−1
 2 + 1  12
= ωn−1 B , = wn−1  
2 2  n2 + 1
 
√ n − 1  n−1
= ωn−1 π 2
n  n2
da cui, ricordando che ω1 = 2, si ottiene facilmente la (0.18.20).

Esempio 0.18.2. Provare che


∗ +∞ sen x  απ 
(0.18.21) d x = cos (1 − α)
0 xα 2
∗ +∞ cos x  απ 
(0.18.22) d x = sen (1 − α)
0 xα 2
120 Funzioni di variabile complessa

con 0 < α < 1.


Consideriamo la funzione
ei z ei z
ϕ(z) = = − π < arg z < π
zα |z|α eiα arg z
e applichamo il teorema di Goursat relativamente all’insieme (figura 0.18.1)
 
z ∈ C : ε ≤ |z| ≤ R , Im z ≥ 0 , Re z ≥ 0 0 < ε < R .

....
........
....
..
............................
... .........
......
.... ....
.. ....
... ....
.......
.... ...
..... ...
.. ...
..... ..
..
.. ..
... ..
............. ...
.. ...... ..
.... .. ...
.
............................................................................................................................................................................
Oε R

Figura 0.18.1
Si ha
   
R
ei x R
e−x
(0.18.23) dx + ϕ(z) d z − i dx − ϕ(z) d z = 0
ε xα + R ε x α eiαπ/2 +ε

essendo  π
 R = z ∈ C : |z| = R , 0 ≤ Im z ≤
2
 π
ε = z ∈ C : |z| = ε , 0 ≤ Im z ≤
2
In (0.18.23) facciamo tendere R a +∞ e ε a zero. Osservato che |zϕ(z)| =
|z|1−α e− Im z ≤ |z|1−α , si ha
lim z ϕ(z) = 0
z→0

e di conseguenza, 
lim ϕ(z) d z = 0
ε→0 +ε

Grazie al lemma di Jordan, dalla (0.18.23) si ottiene,


 +∞  
cos x + i sen x απ απ  +∞ −x −α
d x = i cos − i sen e x dx
0 xα 2 2 0
 απ απ 
= sen + i cos (1 − α) .
2 2
Funzioni di variabile complessa 121

Eguagliando le parti reali e le parti immaginarie si ottiene quanto richiesto.


Dagli integrali (0.18.21), (0.18.22) si deducono gli integrali di Fresnel
$
∗ +∞ ∗ +∞ 1 π
sen(x ) d x =
2
cos(x ) d x =
2
.
0 0 2 2
Infatti, per quanto riguarda il primo dei due si ha
$
∗ +∞ 
1 ∗ +∞ sen t 1 π 1 1 π
sen(x ) d x =
2
√ dt = cos  = .
0 2 0 t 2 4 2 2 2
L’altro si valuta in maniera identica.

0.19. Prolungamento analitico


Definiamo gli elementi analitici secondo Wierstrass
Definizione 0.19.1. Sia α ∈ C e consideriamo la serie di potenze


(0.19.1) an (z − α)n .
n=0

Se la serie in (0.19.1) converge per qualche z = α essa prende il nome di


elemento analitico di centro α. In tal caso sia α il raggio di convergenza
della serie (0.19.1). Il disco B α (α) (C se α = +∞) è detto il campo di
esistenza dell’elemento analitico.
Nel seguito escludiamo il caso banale α = +∞. Indicheremo, poi, con il
simbolo A(α; α ) l’elemento analitico di centro α e raggio di convergenza α .
Considerato l’elemento analitico A(α; α ) sia f (z) la somma della serie
(0.19.1). La funzione f (z), olomorfa in B α (α), si dirà rappresentata dall’ele-
mento analitico A(α; α ). Sia β tale che |β − α| < α e consideriamo la serie
di potenze
∞
f (n) (β)
(0.19.2) (z − β)n .
n=0
n!

Nel disco di centro β e raggio α − |β − α| la serie (0.19.2) ha per somma


f (z). Essa individua, quindi, l’elemento analitico A(β; β ) con
(0.19.3) β ≥ α − |β − α| .
Diamo, allora la seguente definizione
122 Funzioni di variabile complessa

Definizione 0.19.2. L’elemento analitico A(β; β ) si dice dedotto diretta-


mente dall’elemento analitico A(α; α ). Prolunghiamo la definizione di f (z)
nell’insieme B β (β)\ B α (α) ponendola uguale alla somma della serie (0.19.2).
Si osservi che per il principio di identità delle funzioni olomorfe le due serie
(0.19.1) e (0.19.2) hanno la stessa somma in B β (β) ∩ B α (α).

Proposizione 0.19.1. Sia A(α; α ) un elemento analitico e A(β; β ) un


elemento analitico dedotto direttamente da esso. Si ha

| β − α | ≤ |β − α| .

Dimostrazione. Per la (0.19.3) basta provare che

β ≤ α + |β − α| .

Supponiamo che
β > α + |β − α| .
La funzione f (z) rappresentata dai due elementi analitici A(β; β ) e A(α; α )
sarebbe olomorfa in un disco di centro α e raggio maggiore di α e la serie
(0.19.1) avrebbe un raggio di convergenza maggiore di α .

Definizione 0.19.3. Dato un numero finito di elementi analitici,

A(α1 ; 1 ), A(α2 ; 2 ), . . . , A(αn ; n ) ,

ognuno dei quali è dedotto direttamente dal precedente, diremo che A(αn ; n )
è dedotto da A(α1 ; 1 )

Proposizione 0.19.2. Siano A(α1 ; 1 ), A(α2 ; 2 ), . . . , A(αn ; n ) n elementi


analitici tali che A(αn ; n ) sia dedotto da A(α1 ; 1 ). Allora A(α1 ; 1 ) è
dedotto da A(αn ; n ).
Dimostrazione. Basta provare che se l’elemento analitico A(β; r) è dedotto
direttamente dall’elemento analitico A(α; ) allora quest’ultimo è dedotto da
A(β; r).
Se |α − β| < r la tesi è evidente, essendo A(α; ) dedotto direttamente da
A(β; r).
Sia |α − β| ≥ r. Consideriamo il punto β1 appartenente al segmento di
estremi α, β tale

1  1
|β1 − β| = − |α − β| ≤ r .
2 2
Funzioni di variabile complessa 123

Il punto β1 appartiene, quindi, al disco Br (β). Consideriamo l’elemento


analitico A(β1 ; r1 ) dedotto direttamente dall’elemento A(β; r). Si ha

r1 ≥ − |β1 − α| > − |α − β| .

Consideriamo il punto β2 appartenente al segmento di estremi α, β1 tale che

1  1
|β1 − β2 | = − |α − β| ≤ r1 .
2 2
Sia, allora, A(β2 ; r2 ) l’elemento analitico dedotto direttamente dall’elemento
analitico A(β1 ; r1 ). Cosı̀ procedendo si perviene a un punto βn del segmento
di estremi α, βn−1 tale che

1 
|α − βn | ≤ − |α − β| .
2
Ne consegue che l’elemento analitico A(α; ) è dedotto direttamente dall’e-
lemento analitico A(βn ; rn ); il che completa la dimostrazione.

Possiamo, quindi, dare la seguente definizione
Definizione 0.19.4. Una funzione f (z) si dice analitica (secondo Weier-
strass) quando è rappresentata dalla somma di un elemento analitico e dalle
somme di tutti gli elementi analitici da esso dedotti. Il campo di esistenza della
funzione f (z) è l’insieme aperto unione dei campi di esistenza degli elementi
analitici che la compongono.
Se z0 è un punto del campo di esistenza di una funzione analitica esso
potrebbe appartenere a dischi relativi ad elementi analitici aventi in z0 somme
diverse. Diremo in tal caso che la funzione è polidroma. Una funzione che
non sia polidroma si dice monodroma.

Esempio 0.19.1. La funzione z è una funzione polidroma.
Consideriamo, infatti, la serie di potenze

∞ 1
(0.19.4) 2
(z − 1)n .
n=0
n

Essa individua l’elemento analitico A(1; 1). La somma della serie (0.19.4) è
la funzione
f (z) = |z|1/2 ei arg z/2 − π < arg z < π .
124 Funzioni di variabile complessa

Consideriamo la serie
∞
f (n) (eiπ/4)
(z − eiπ/4)n
n=0
n!
essa converge ad f (z) nel disco di centro eiπ/4 e raggio 1, e cioè individua
l’elememto analitico A(eiπ/4; 1) dedotto direttamente dall’elemento analitico
A(1; 1). Consideriamo, poi, la serie
 ∞
f (n) (i)
(0.19.5) (z − i)n .
n=0
n!
La (0.19.5) individua l’elemento analitico A(i; 1) dedotto direttamente dal-
l’elemento analitico A(eiπ/4; 1) e la sua somma è ancora f (z). Consideriamo,
adesso, la funzione
g(z) = |z|1/2 ei arg z/2 0 < arg z < 2π .
Nel semipiano Im z > 0 si ha f (z) = g(z). La serie (0.19.5) coincide quindi
con la serie
∞
g (n) (i)
(z − i)n .
n=0
n!
Quest’ultima serie individua l’elemento analitico A(i; 1) dedotto direttamente
dall’elemento analitico A(eiπ/4 ; 1). Proseguendo il procedimento individua-
mo gli elementi analitici A(−1; 1), A(ei5π/4; 1), A(−i; 1) quest’ultimo indi-
viduato dalla serie
∞
g (n) (−i)
(0.19.6) (z + i)n .
n=0
n!
Consideriamo la funzione
h(z) = |z|1/2 ei arg z/2 π < arg z < 3π .
Essa coincide con la funzione g(z) nel semipiano Im z < 0. La serie (0.19.6)
coincide, quindi, con la serie
 ∞
h (n) (−i)
(z + i)n .
n=0
n!
Individueremo in tal modo gli elementi analitici A(ei7π/4; 1), A (1; 1) que-
st’ultimo individuato dalla serie
 ∞
h (n) (1)
(z − 1)n .
n=0
n!
Si ha quindi f (1) = 1 e h(1) = −1.
Funzioni di variabile complessa 125

Un teorema notevole è il seguente


Teorema 0.19.1. Sia dato l’elemento analitico A(α; α ) e sia f (z) la fun-
zione analitica da esso rappresentata. Esiste almeno un punto singolare per
f (z) appartenente alla circonferenza γα = {z ∈ C : |z − α| = α }.
Dimostrazione. Consideriamo i punti di γα , zt = α + α eit 0 ≤ t ≤ 2π ,
e supponiamo che siano regolari per f (z). I punti zt sono, allora, i centri
degli elementi analitici A(zt ; (t)) che rappresentano f (z). La funzione (t),
0 ≤ t ≤ 2π , è continua. Infatti sia t0 ∈ [0, 2π ]. Per la continuità di zt si ha
che se 0 < ε < (t0 ) esiste δ > 0 tale che

|t − t0 | < δ ⇒ |zt − zt0 | < ε .

Per la Proposizione 0.19.1 si ha

| (t) − (t0 )| ≤ |zt − zt0 | < ε .

Sia r = min[0,2π ] (t). Dividiamo γα in un numero pari di archi tali che le


corde ad essi sottese abbiano lunghezza minore di r: siano α1 , α2 , . . . , α2n
gli estremi di questi archi. Consideriamo gli elementi analitici A(α1 ; α1 ),
A(α3 ; α3 ); i relativi dischi di convergenza hanno intersezione non vuota (α2
appartiene ad entrambi). Considerate le circonferenze frontiere dei suddetti
dischi, sia β1 il punto dell’intersezione di tali circonferenze che non appartiene
a B α (α). Analogamente consideriamo i punti βi , i = 2, 3, . . . , n ottenuti
considerando le coppie di elementi analitici A(α2i−1 ; α2i−1 ), A(α2i+1 ; α2i+1 )
(con α2n+1 si intenda α1 ). Detto
 
σ = min |βi − α| , i = 1, 2, . . . , n ,

la funzione f (z) sarebbe olomorfa nel disco Bσ (α) avente raggio maggiore di
α .


Teorema 0.19.2. (Vivanti) Consideriamo l’elemento analitico A(0; ) indi-


viduato dalla serie



(0.19.7) cn zn cn > 0 .
n=0

Allora il punto z = è singolare.


126 Funzioni di variabile complessa

Dimostrazione. Supponiamo che il punto z = sia regolare per la funzione


f (z) somma della serie (0.19.7). Sia z = a un punto interno al segmento
di estremi 0, . Consideriamo l’elemento analitico A(a; r) individuato dalla
serie
 ∞
f (n) (a)
(z − a)n ;
n=0
n!
si ha r > − a.
Sia z0 tale che |z0 | = a e consideriamo la serie
∞
f (n) (z0 )
(0.19.8) (z − z0 )n .
n=0
n!

Si ha


| f (k) (z0 )| ≤ n(n − 1) · · · (n − k + 1)cn |z0 |n−k
n=k


= n(n − 1) · · · (n − k + 1)cn a n−k = f (k) (a) .
n=k

Il raggio della serie (0.19.8) è non inferiore ad r. Tutti i punti della circonfe-
renza |z| = sarebbero, allora, regolari per f (z) contro quanto asserito dal
Teorema 0.19.1.

Definizione 0.19.5. Due elementi analitici A(α; ), A(β; r) si dicono con-
tigui quando B (α) ∩ Br (β) = ∅ e in tale intersezione le serie relative ai due
elementi analitici hanno la stessa somma.

Teorema 0.19.3. Siano A(α; ), A(β; r) due elementi analitici contigui.


Allora uno qualunque tra i due è dedotto dall’altro.
Dimostrazione. Proviamo che A(β; r) è dedotto da A(α; ). Se β ∈ B (α)
A(β; r) è dedotto direttamente da A(α; ).
Sia |α − β| ≥ . Consideriamo il segmemento σ di estremi α e β e sia h la
distanza tra σ e l’insieme R2 \ B (α) ∪ Br (β). Decomponiamo σ in n segmenti
medianti i punti α = c0 , c1 , c2 , . . . , cn−1 , cn = β tali che |ci+1 − ci | < h, i =
0, 1, . . . , n −1. I dischi di centri ci , i = 1, 2, · · · , n −1, e raggi h sono, quindi,
contenuti nell’insieme B (α) ∪ Br (β). Ne consegue l’elemento analitico
A(ci+1 ; ri+1 ) è dedotto direttamente dall’elemento analitico A(ci ; ri ), i =
0, 1, · · · , n − 1, r0 = , rn = r.

Funzioni di variabile complessa 127

Definizione 0.19.6. Definiamo catena di elementi analitici un numero finito


di elementi anlitici A(ci ; ri ), i = 1, 2, . . . , n, tali che ognuno di essi è
contiguo al successivo.
Proponiamoci di caratterizzare le funzioni monodrome.
Consideriamo una funzione analitica f (z) definita nell’aperto
. Sia
A(α; ) un elemento analitico relativo alla funzione f (z). Per β ∈
con-
sideriamo una curva  generalmente regolare avente un estremo in α e l’altro
in β con sostegno contenuto in
. Siano

x = x (t)
t ∈ [a, b] .
y = y(t)
le equazioni parametriche di .
Supponiamo che l’intervallo [a, b] possa essere decomposto in un numero
finito di intervalli [t0 , t1 ], [t1 , t2 ], . . . , [tn−1 , tn ] (t0 = a, tn = β) in modo tale
che esista una catena di elementi analitici A(α0 ; r0 ) coincidente con A(α; ),
A(α1 ; r1 ), . . ., A(αn−1 ; rn−1 ) con il requisito che la curva i

x = x (t)
t ∈ [ti , ti+1 ] i = 0, 1, . . . , n − 1
y = y(t)
abbia sostegno contenuto nel disco Bri (αi ), campo di esistenza dell’elemento
analitico A(αi ; ri ). Definiamo in [a, b] la funzione
ϕ(t) = f (x (t) + iy(t)).
Denoteremo la funzione ϕ(t) con la dizione funzione generata dall’elemento
analitico A(α; ) lungo la curva . Diremo, anche, che si è effettuato il
prolungamento analitico di A(α; ) lungo la curva .
Proposizione 0.19.3. Sia ϕ(t), t ∈ [a, b], una funzione generata dall’elemen-
to analitico A(α; ) lungo una curva . La funzione ϕ(t) non dipende dal-
la decomposizione dell’intervallo [a, b] nè dalla catena di elementi analitici
considerata.
Dimostrazione. Consideriamo [a, t1 ], [t1 , t2 ], . . . , [tn−1 , b] e [a, t1 ], [t1 , t2 ],

. . . , [tm−1 , b] due decomposizioni dell’intervallo [a, b] e due catene di ele-
menti analitici A(α; ), A(α1 ; r1 ), . . ., A(αn−1 ; rn−1 ) e A(α; ), A(α1 ; r1 ),
 
. . ., A(αm−1 ; rm−1 ) definite come in precedenza. Diciamo ϕ(t) e ψ(t) le fun-
zioni relative alle due decomposizioni e alle due catene di elementi analitici.
Proviamo che ϕ(t) ≡ ψ(t) in [a, b]. Consideriamo una terza decomposizione
a = τ0 < τ1 < · · · < τ p−1 < τ p = b ottenuta riunendo i punti delle due
decomposizioni. Il sostegno della curva

x = x (t)
t ∈ [a, τ1 ]
y = y(t)
128 Funzioni di variabile complessa

è contenuto nel disco B (α); pertanto ϕ(t) = ψ(t) in [a, τ1 ]. La tesi è, allora,
acquisita se l’identità ϕ(t) = ψ(t) in [a, τi ] implica ϕ(t) = ψ(t) in [τi , τi+1 ],
i = 1, 2, . . . , p − 1. Consideriamo il sostegno della curva

x = x (t)
t ∈ [τi , τi+1 ] ;
y = y(t)
esso è contenuto in un insieme Brj (α j )∩ Brs (αs ). Dall’equaglianza ϕ(t) = ψ(t)
in [a, τi ], e quindi in un intorno sinistro di τi , segue che le funzioni f (z) e g(z)
rappresentate dagli elementi analitici A(α j ; r j ) e A(αs ; rs ) rispettivamente
coincidono nell’aperto Brj (α j ) ∩ Brs (αs ). Da cui ϕ(t) = ψ(t) in [τi , τi+1 ].

Teorema 0.19.4. Sia f (z) una funzione analitica nell’aperto
. La funzione
f (z) è monodroma se e solo se considerati un suo elemento analitico A(α; ),
un punto β ∈
e una curva  unente α e β, generalmente regolare con
sostegno contenuto in
, il prolungamento analitico di A(α; ) lungo  sia
possibile e risulti indipendente da .
Dimostrazione. Supponiamo che la funzione f (z) sia monodroma. Conside-
rati, allora, l’elemento analitico A(α; ), il punto β ∈
ed una curva general-
mente regolare  con sostegno contenuto in
unente α e β; si deve provare
che il prolungamento analitico di A(α; ) lungo  sia possibile. Siano

x = x (t)
t ∈ [a, b]
y = y(t)
le equazioni parametriche della curva , e supponiamo che non sia possibile
effettuare il prolungamento analitico di A(α; ) lungo . Divididiamo [a, b]
in due intervalli mediante il punto medio (a + b)/2 ed indichiamo con [a1 , b1 ]
l’intervallo fra i due (oppure uno dei due) tale che considerato un elemento
analitico nel cui disco di convergenza è contenuto il punto x (a1 ) + iy(a1)
non sia possibile considerarne il prolungamento analitico lungo la porzione
di curva  relativa a suddetto intervallo [a1 , b1 ]. Applichiamo lo stesso
procedimento all’intervallo [a1 , b1 ] e successivamente agli intervalli di volta
in volta trovati. Si determinano in tal modo due successioni, la successione
{an } degli estremi sinistri e la successione {bn } degli estremi destri di tali
intervalli; si ha
lim an = lim bn = c .
n→∞ n→∞

Il punto x (c) + iy(c) apparterrà ad un disco Bσ (z∗ ) campo di esistenza


dell’elemento analitico A(z∗ ; σ ). Scegliendo n in modo che la curva

x = x (t)
t ∈ [an , bn ]
y = y(t)
Funzioni di variabile complessa 129

abbia sostegno contenuto in Bσ (z∗ ) si perviene ad una contraddizione.


Proviamo che sotto la condizione che stabilita nell’enunciato la funzione
f (z) è monodroma. Sia β ∈
e supponiamo che appartenga ai dischi B (α)
e B ∗ (α ∗ ), campi di esistenza rispettivamente degli elementi analitici A(α; )
e A(α ∗ ; ∗ ). L’elemento analitico A(α ∗ ; ∗ ) è dedotto dall’elemento analitico
A(α; ); sarà, quindi, possibile determinare una catena di elementi analitici
contigui con A(α; ) e A(α ∗ ; ∗ ), rispettivamente primo ed ultimo elemento
della catena. Sia essa
A(α; ) , A(α1 ; 1 ) , . . . , A(αn−1 ; n−1 ) , A(α ∗ ; ∗ )
Consideriamo la poligonale 1 di vertici α, α1 , . . . , αn−1 , α ∗ , β ed il segmento
2 di estremi α e β. I prolungamenti analitici dell’elemento analitico A(α; )
lungo  e lungo 1 sono la stessa funzione. Ne consegue che le somme delle
serie relative agli elementi analitici A(α; ) e A(α ∗ ; ∗ ) coincidono in β.

In maniera analoga si dimostra, poi, il
Teorema 0.19.5. Sia f (z) una funzione analitica nell’aperto
. La funzione
f (z) è monodroma se e solo se considerati un suo elemento analitico A(α; ),
un punto β ∈
e una poligonale  unente α e β, con sostegno contenuto
in
, il prolungamento analitico di A(α; ) lungo  sia possibile e risulti
indipendente da .

La funzione Zeta di Riemann.


Proposizione 0.19.4. Si consideri la serie
∞
1
z
.
n=1
n
Essa converge assolutamente ed uniformemente nel semipiano Re z ≥ 1 + ε,
ε > 0.
Dimostrazione. Basta osservare che
 
1
 ≤ 1 .
 n z  n 1+ε

Corollario 0.19.1. Sia
∞
1
(0.19.9) ζ (z) = z
, Re z > 1 .
n=1
n
La funzione ζ (z) è olomorfa.
130 Funzioni di variabile complessa

Dimostrazione. Fissato z0 tale che Re z0 > 1, si consideri il disco Bδ (z0 ) con


δ tale che 1 + ε < Re z0 − δ, ε > 0. La tesi è, allora, conseguenza della
Proposizione 0.19.4 e del Teorema di derivazione di Weierstrass.

La funzione ζ (z) definita in (0.19.9) prende il nome di funzione Zeta di
Riemann.
Il seguente teorema stabilisce una formula di rappresentazione per la
funzione ζ (z).
Teorema 0.19.6. Per Re z > 1 si ha
 +∞ z−1
1 t
(0.19.10) ζ (z) = dt .
(z) 0 et − 1

t z−1
Dimostrazione. La funzione è sommabile in [0, +∞[.
et − 1
Consideriamo la formula di rappresentazione per la funzione (z) valida
per Re z > 0; si ha
 +∞
(0.19.11) (z) = e−t t z−1 dt .
0

Poniamo in (0.19.11) t = nu, n ∈ N, si ottiene


 +∞
(z) = n z
e−nu u z−1 du ,
0

e quindi
n  +∞   n 
1 −ku
(z) z
= e u z−1 du
k=1
k 0 k=1
 +∞ z−1  +∞ z−1 −nu
u u e
= du − du .
0 e −1
u
0 eu − 1
La (0.19.10) sarà, dunque, stabilita se si prova che
 +∞ z−1 −nu
u e
(0.19.12) lim du = 0 .
n→∞ 0 eu − 1
Applichiamo il Teorema di Lebesgue sul passaggio al limite sotto segno
integrale. Si ha
 u z−1 e−nu  u Re z−1
 
 u ≤ u ∈ L 1 ([0, +∞[) ,
e −1 e −1
Funzioni di variabile complessa 131

e quindi la (0.19.12).

Consideriamo, adesso, il prolungamento analitico della funzione Zeta.
Proveremo che la funzione ζ (z) può essere prolungata analiticamente in tutto
C\{1}. Cominciamo con il prolungarla nel semipiano Re z > 0. Consideriamo
la funzione
 1 1  z−1
(0.19.13) − t .
et − 1 t
Nell’Esempio 0.14.1 si è provato che

z ez 1  B2n

(0.19.14) = 1 + z + z2n , |z| < 2π .
ez − 1 2 n=1
(2n)!

Ponendo nella (0.19.14) z = −z si ottiene


1  B2n 2n−1

1 1
(0.19.15) − = − + z , |z| < 2π ,
ez − 1 z 2 n=1 (2n)!

e quindi
 1 1 1
lim z − =− .
z→0 e − 1 z 2
La funzione in (0.19.13) è, allora, sommabile nell’intervallo [0, 1] se Re z >
0; potremo allora riscrivere la (0.19.10) nel modo seguente
 1   +∞ z−1 
1 1 1  z−1 1 t
ζ (z) = − t dt + + dt ,
(z) 0 et − 1 t z−1 1 et − 1
esprimendo ζ (z) come somma di funzioni olomorfe nel semipiano Re z > 0
privato del punto z = 1, polo del primo ordine con residuo 1.
Per 0 < Re z < 1 riscriviamo la funzione ζ (z)
 1   +∞ z−1
1 1 1  z−1 t
(0.19.16) ζ (z) = − t dt − dt
(z) 0 e −1 t
t
1 t
 +∞ z−1 
t
+ dt
1 et − 1
 1 
1 1 1 1  z−1 1
= − + t dt −
(z) 0 e −1 t
t 2 2z
 +∞   
1 1
+ − t z−1 dt .
1 e −1 t
t
132 Funzioni di variabile complessa

Si osservi che dalla (0.19.15) segue


 1 1 11 B2
lim − + = ;
z→0 e −1 z
z 2 z 2
la funzione  1 1 1  z−1
− + t
et − 1 t 2
è, allora, sommabile nell’intervallo [0, 1] se Re z > −1 e l’ultimo membro
della (0.19.16) esprime ζ (z) come somma di funzioni olomorfe nella striscia
−1 < Re z < 1. Il punto z = 0 è un punto di regolarità essendo

1 1
lim = lim = 1.
z→0 z(z) z→0 (z + 1)

Per −1 < Re z < 0 potremo rappresentare la funzione ζ (z) mediante


 
1 +∞
1 1 1  z−1
ζ (z) = − + t dt .
(z) 0 et − 1 t 2

Ricordando la (0.14.11) dell’Esempio 0.14.1 si ha

 1 1 1  1

− + = 2t , t ∈ R \ {0} ,
et − 1 t 2 n=1
t 2 + 4π 2 n 2

e, quindi,
 +∞ 
∞ 
2 1
(0.19.17) ζ (z) = t z dt
(z) 0 n=1
t + 4π n
2 2 2

 1 ∞ 
2 1
= t z dt
(z) 0 n=1
t 2 + 4π 2 n 2

 +∞   ∞  
1
+ t dt .
z

1 n=1
t 2 + 4π 2 n 2

La serie


tz
n=1
t 2 + 4π 2 n 2
Funzioni di variabile complessa 133

è uniformemente convervente nell’intervallo [1, +∞[ essendo


 tz 
  1
 2 ≤ .
t + 4π n2 2 4π 2 n 2
Nell’intervallo [0, 1] consideriamo la funzione g(t) somma della serie unifor-
memente convergente
∞
1
.
n=1
t + 4π 2 n 2
2

Si ha, allora,
 
n
1   Re z
|t z
| ≤ max g(t) t ∈ L 1 ([0, 1]).
k=1
t 2 + 4π 2 k 2 [0,1]

In (0.19.17) si potrà integrare per serie ottenendo


∞ 
2  +∞ tz
ζ (z) = dt
(z) n=1 0 t 2 + 4π 2 n 2
2 

π 1
= (2nπ )z−1
(z) n=1 2 sen((z + 1)π/2)
π (2π )z−1  ∞
π (2π )z−1
= n z−1 = ζ (1 − z) ;
(z) cos(π z/2) n=1 (z) cos(π z/2)

nel calcolo degli integrali si è fatto uso dell’Esempio 0.16.3 Ricordando la


formula dei complementi
π
(z) (1 − z) =
sen(π z)
si ha
πz
(0.19.18) ζ (z) = 2(2π )z−1 sen (1 − z) ζ (1 − z) .
2
La (0.19.18), detta equazione di Riemann per la funzione zeta, è stata stabilita
nell’ipotesi −1 < Re z < 0. D’altro canto il secondo membro della (0.19.18)
è una funzione olomorfa nel semipiano Re z < 0 e pertanto può essere usata
per ottenere il prolungamento analitico della funzione ζ (z) a tutto il semipiano
Re z < 0.
134 Funzioni di variabile complessa

Esercizi proposti
0.1. Sviluppare in serie di Laurent la funzione,

z+1
z2 + 1
in un intorno bucato del punto z = i, precisando tale intorno.
0.2. Determinare lo sviluppo in serie di Laurent della funzione

1  
, z ∈ C : 0 < |z| < 1 .
ez − 1

0.3. Determinare il residuo nel punto z = i della funzione

1
sen z sen .
z −i

0.4. Studiare i punti singolari della funzione


z
sen2 z
determinandone i residui.
0.5. Sia f (z) una funzione intera tale che la restrizione all’asse reale sia una
funzione reale. Provare, usando la serie di Mac-Laurin, che

f (z) = f (z) .

0.6. Calcolare il residuo nei punti singolari e nel punto all’infinito della
funzione
1
ϕ(z) = 2 e1/z .
z − 3z + 2

0.7. Studiare i punti singolari della funzione

1
sen sen(z − i) ,
z
determinandone i relativi residui.
Funzioni di variabile complessa 135

0.8. Calcolare il seguente integrale



1 1
e z−i d z
+∂T z2

essendo T il quadrato
 
z ∈ C : | Re z| ≤ 2 , | Im z| ≤ 2 .

0.9. Calcolare il seguente integrale



sen z
dz , n∈N
+ (1 + z )
2 n

essendo  la circonferenza di centro l’origine e raggio 2.


0.10. Considerata la funzione complessa di variabile complessa

1 cos z
f (z) =
z2 sen z
applicare il teorema dei residui relativamente all’insieme
  1  1 
Tn = z ∈ C : | Re z| ≤ π n + , | Im z| ≤ π n + , n ∈ N,
2 2
e dedurne la somma della serie


+∞
1
2
.
n=1
n

0.11. Calcolare il seguente integrale


 2π  
e−2 cos t cos nt + sen t dt. n ∈ N0
0

0.12. Calcolare il seguente integrale


 π
cos 2nϑ
dϑ , n ∈ N.
0 2 − cos 2ϑ
136 Funzioni di variabile complessa

0.13. Calcolare il seguente integrale:


 +∞
x sen x
dx
0 1 + x2

specificando se l’integrale esiste nel senso di Lebesgue, nel senso dell’ inte-
grale improprio oppure nel senso del valore principale.
0.14. Calcolare il seguente integrale
 +∞
sen4 x
dx .
0 x2

0.15. Dire per quali valori del parametro reale α la funzione


(1 + x )(1 + x 2 )

è sommabile in [0, +∞[ ed in tal caso calcolare l’integrale


 +∞

dx .
0 (1 + x )(1 + x 2 )

0.16. Calcolare il seguente integrale


 +∞
cosh x
dx , a ∈ R.
−∞ cosh(ax )

0.17. Calcolare  +∞ √
x
v.p. dx .
0 (x − 1)(x 2 + 1)

0.18. Calcolare il seguente integrale


 +∞
log x
√ dx .
0
3
x (1 + x 2 )

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