Anda di halaman 1dari 64

Ogni dipintore dipinge sé.

Il profilo femminile
sul foglio 399v del Codice Atlantico
e il profilo nascosto.

CARLA GLORI

***
LA PREMESSA IN IMMAGINI
Ricerca di Carla Glori – Esecuzione delle immagini
a cura di Sergio Frumento
INDICE

p. 4 Linee guida relative alla presentazione dello studio del disegno sul f.399v. e della ricerca
sulle immagini
p. 6 Introduzione a “La premessa in immagini”

LA PREMESSA IN IMMAGINI
Ricerca di Carla Glori – Esecuzione a cura di Sergio Frumento

• SUL VERSANTE DEL GIOCO / SUL CRINALE DI ARTE E SCIENZA


p. I - XV: da SCHEDA 1 a SCHEDA 15

• UN PERCORSO LABIRINTICO TRA SPECCHI


p. XVI – XXII: da SCHEDA 16 a SCHEDA 22

p. XXIII: Concludendo

INTRODUZIONE
p. 30 In limine: nel profilo nascosto e svelato è la firma di Leonardo
p. 31 Una sciarada di corrispondenze

STUDIO SUL DISEGNO 399V. DEL CODICE ATLANTICO


PARTE I

p. 33 Una scoperta sorprendente: il profilo della fanciulla e il profilo rovesciato


p. 36 Analisi con presa visione dell’originale del f.399 recto e verso
p. 38 I due frammenti asportati sul verso e sul recto
p. 39 Gli scritti sul verso e sul recto
p. 40 La datazione

2
PARTE II

p. 41 Approfondimento analitico tra il disegno di profilo della fanciulla e il profilo scoperto nel
particolare
p. 42 L’inedito particolare dentro la forma arcuata: gioco di specchi o forma mutante?
p. 43 Il profilo celato nel disegno: un’impronta genetica?

PARTE III

p. 45 L’emblematico disegno tra anamorfosi e automimesi: deformazione e proiezione


anamorfica
p. 46 L’anomala prospettiva e l’effetto anamorfico
p. 48 “Errori della vista” ed “Effetti soggettivi”come ambito di ricerca
p. 49 Anamorfosi: gli studi dell’epoca, Leonardo e l’“ingegnoso effetto”
p. 51 L’automimesi in Leonardo: “Chi s’innamora volentieri s’innamorano di cose a loro
simiglianti”

PARTE IV

p. 54 Replicando due esperimenti celebri


p. 54 I due esperimenti e l’automimesi in Leonardo
p. 56 Sineddoche visiva come concetto chiave
p. 57 L’automimesi in Leonardo e il lascito di Lillian Schwartz
p. 58 La Gioconda e il profilo della fanciulla dell’Ambrosiana

NOTE
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

3
Linee guida relative alla presentazione
dello studio del disegno sul f. 399v.
e de “La premessa in immagini”

Il presente studio verte sul disegno di Leonardo del foglio del Codice Atlantico 399 verso della
Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano e si articola in quattro parti, compreso un apparato
di immagini.
La scelta di anteporre all’esposizione dello studio La premessa in immagini (che si avvale del
contributo del ricercatore grafico dottor Sergio Frumento), riportante l’insieme delle elaborazioni
delle immagini prodotte nel corso dello studio, anziché distribuirle in relazione ai rispettivi
argomenti trattati, è stata motivata dall’ esigenza di evitare una perdita di efficacia dimostrativa
del materiale visivo e dispersioni, con esiti di frammentazione e complessiva perdita del filo-
logico che lega l’apparato d’immagini in un complesso articolato e unitario.

Nella parte prima lo studio procede dall’analisi approfondita del disegno, esaminato in originale,
pervenendo alla scoperta di un particolare inedito, a partire dal quale vengono sviluppate nuove
ipotesi e linee di ricerca in esso implicate. Lo studio analitico condotto in questa prima parte
verte sul particolare scoperto, contenente un profilo simile a quello della fanciulla, ma differente
nella forma del naso, e tale da risultare pressoché coincidente con quello di Leonardo.

Conseguentemente, nella parte seconda viene operato il raffronto tra il particolare scoperto e il
disegno di profilo della fanciulla.
I risultati di questa prima fase evidenziano presenza di effetto anamorfico e di anamorfosi in
senso specifico, oltre che proiezione auto mimetica.

Nella parte terza lo studio si prefigge di dimostrare l’esistenza di procedure anamorfiche e


automimetiche nel lavoro in arte di Leonardo. A tal fine si avvale di una sintetica esposizione
teorica supportata da una bibliografia mirata sui seguenti argomenti: prospettiva, anamorfosi,
automimesi

Nella parte quarta l’uso di distorsioni anamorfiche unito a processi auto mimetici che impronta
il disegno dell’Ambrosiana viene trattato pure in relazione a due esperimenti celebri, concernenti
sia alcune tematiche trattate sia specificamente il contesto della “Premessa in immagini”:

4
1. il raffronto tramite misurazioni e comparazioni eseguite al computer nel 1984 da Lillian
Schwartz tra la fisionomia della Gioconda e quella di Leonardo, che attesta somiglianza tramite
semplice accostamento dei due emivolti
2. l’ipotesi di Carlo Pedretti formulata nel 1975 così come ripresa e validata da Piero Angela nel
2009, che individua – tramite cancellazione degli elementi sovrascritti - “sineddoche visiva” e
contestuale esistenza dell’intero ritratto giovanile di Leonardo sul foglio 10v. del Codice degli
uccelli della Biblioteca Reale di Torino.
In questa parte quarta vengono considerati sia gli aspetti scientificamente sostenibili che i limiti
dei due esperimenti in questione, assumendone alcune risultanze specifiche che convergono a
confermare l’esistenza di anamorfosi e automimesi in Leonardo. Il concetto chiave assunto al fine
di considerare ammissibili, sia pure in via approssimata, i profili di compatibilità graficamente
riscontrati in tali casi è quello di “sineddoche visiva”. Tale concetto chiave risulta pertinente
anche nel caso della forma del profilo scoperto nel disegno dell’Ambrosiana.
Nell’apparato di immagini posto in La premessa in immagini, alla luce delle acquisizioni
emergenti dall’approfondimento teorico e dal vaglio dei due esperimenti sopra citati, si procede
ad instaurare comparazioni e sovrapposizioni mirate (come da successiva Introduzione a “La
premessa in immagini”).

5
Introduzione a “La premessa in immagini”

La selezione di elaborazioni mirate e comparazioni di immagini qui proposta, è frutto dello studio
analitico condotto sul disegno 399 v. ed è finalizzata alla presentazione visiva di alcune risultanze
della ricerca.

LA PREMESSA IN IMMAGINI sviluppa una serie di analisi e comparazioni centrate su un


disegno del Codice Atlantico di Leonardo, mai pubblicato in precedenza, che è portatore di una
particolarità rimasta fino ad oggi inedita. La presa visione dell’originale del foglio 399verso e recto
ha infatti consentito di verificare, nel corpo del disegno della fanciulla di profilo, la presenza di un
particolare con un ulteriore profilo finora mai posto in luce, che qui si dimostra compatibile con
quello di Leonardo in grado tale da consentirne l’ identificazione.

La successione delle SCHEDE e delle FIGURE è, seppure in un’ottica flessibile, correlata con gli
argomenti affrontati nelle parti I-II-III-IV (di cui alla sintesi schematica posta in “Linee guida
relative alla presentazione dello studio del disegno sul f.399v.”). In particolare LA PREMESSA
IN IMMAGINI, realizzata con la collaborazione del ricercatore grafico dottor Sergio Frumento, si
suddivide in due sezioni:
“Sul versante del gioco/Sul crinale di arte e scienza”, che sottopone a comparazioni e
sovrapposizioni mirate: 1) il profilo inedito scoperto ed analizzato nel corso del presente studio,
ed il profilo della fanciulla, riscontrando coincidenza dei tratti ad eccezione della forma del naso;
2) la forma del profilo inedito e a) la forma del volto di Leonardo nell’Autoritratto di Torino e
b) la forma del profilo del ritratto di Francesco Melzi della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di
Milano. La conclusione a cui si perviene è che il profilo in questione sia quello dello stesso Leonardo
“Un percorso labirintico tra specchi”, che, con riferimento ai due precedenti esperimenti di Lillian
Schwartz del 1984 e di Piero Angela del 2009, estende le procedure di comparazione pure al fine del
raffronto tra la forma del profilo della fanciulla dell’Ambrosiana e la fisionomia della Gioconda,
prendendo in considerazione anche la prima versione soggiacente al ritratto scoperta da Pascal
Cotte nel 2015
L’apparato di FIGURE della PREMESSA IN IMMAGINI, in stretta connessione con lo studio
condotto sul foglio 399verso e relativi riferimenti teorici e bibliografici, concorre a dimostrare che
il disegno del foglio 399 verso – matrice di similitudini e corrispondenze fisiognomiche inedite - .è
portatore di particolarità che improntano gli studi scientifici e il lavoro in arte di Leonardo, quali
anomalie di prospettiva, effetti anamorfici, automimesi.

6
I

Ricerca. Carla Glori – Elaborazione immagini:Sergio Frumento

LA PREMESSA IN IMMAGINI

Ringrazio la Veneranda Biblioteca Ambrosiana

per avermi concesso di esaminare il disegno

originale di Leonardo sul foglio 399v e 399r.

SUL VERSANTE DEL GIOCO / SUL CRINALE DI ARTE E SCIENZA

SCHEDA 1

La serie di immagini qui proposta conferma, attraverso una serie di elaborazioni


grafiche e comparazioni mirate, l’esistenza del ritratto di profilo celato in un
particolare del disegno sul foglio 399v. del Codice Atlantico e ne dimostra
compatibilità e somiglianza con il volto di Leonardo, così come raffigurato nell’
Autoritratto della Biblioteca Reale di Torino e nel ritratto di profilo
dell’Ambrosiana, attribuito al suo allievo prediletto Francesco Melzi.

Inoltre – stante la coesistenza sul foglio del profilo della fanciulla col profilo
inedito in questione – vengono effettuati raffronti tra il profilo femminile e quello
somigliante a Leonardo celato nel particolare.

SCHEDA 2

L’esito dell’analisi che svela la bizzarra forma col profilo nascosto, unitamente ai
riscontri delle comparazioni di cui sopra, suscitano interrogativi che, ben al di là
delle similitudini individuate tra i due profili del foglio, intrecciano un insieme di
corrispondenze e connessioni anche con la fisionomia della Gioconda.

La rilevante quantità di coincidenze e similitudiniqui ben evidenti - sebbene in


La rilevante quantità di coincidenze e similitudini riscontrabili anche per i volti fem-
tutti i casi di comparazione sortisca solo “identificazione probabilistica” -è tale da
minili – non potendosi in questo caso prospettare identificazione “positiva” ma solo
risultare palesemente convincente,pur non potendosi conseguire identificazione
approssimativamente probabilistica – è comunque tale da risultare convincente.

7
II II

CHEDA 3 SCHEDA 3

risultanze
Le della
risultanze
ricercadella
effettuata
ricerca sul
effettuata
disegnosul
dell’Ambrosiana
disegno dell’Ambrosiana
stanno ad stanno ad
valorare l’uso
avvalorare
qui posto
l’uso
inqui
attoposto
da parte
in atto
di Leonardo
da parte didiLeonardo
“sineddoche
di “sineddoche
visiva” e di visiva” e di
ocedure comportanti
procedure comportanti
anamorfosi anamorfosi
e automimesi,
e automimesi,
in relazioneinairelazione
suoi studi
ai di
suoi studi di
tica e prospettiva,
ottica e prospettiva,
estesi ancheestesi
all’ambito
anchedegli
all’ambito
“effettidegli
soggettivi”
“effettiesoggettivi”
degli “errori
e degli “errori
lla vista” .della
Le conclusioni
vista” . Le conclusioni
tratte al riguardo
tratte si
al fondano
riguardo sull’analisi
si fondano approfondita
sull’analisi approfondita
l disegno del
chedisegno
viene sviluppata
che viene nella
sviluppata
PARTEnella
I e IIPARTE
dello studio,
I e II dello
e trovano
studio, nella
e trovano nella
ARTE III riferimenti
PARTE III nella
riferimenti
più vasta
nella
cultura
più vasta
scientifica
culturadiscientifica
Leonardo,diper
Leonardo,
un versoper un verso
gata al suo
legata
tempoal esuo
ai più
tempo
significativi
e ai più significativi
contributi della
contributi
tradizione
dellascientifica,
tradizione escientifica, e
r altro verso
pertale
altro
daverso
anticipare
tale dagli
anticipare
sviluppi conoscitivi
gli sviluppidei
conoscitivi
secoli a seguire.
dei secoli a seguire.

CHEDA 4 SCHEDA 4

Lo studio “Ogni dipintore


Lo studio “Ogni
dipinge
dipintore
sè - dipinge
Il profilosè
femminile
- Il profilo
sul
femminile
foglio 399v
sul foglio 399v

del Codice Atlantico


del Codice
e ilAtlantico
profilo nascosto
e il profilo
” concerne:
nascosto ” concerne:

a) il ricorso di
a) il
Leonardo
ricorso di
adLeonardo
anamorfosi/sineddoche
ad anamorfosi/sineddoche
visiva/automimesi
visiva/automimesi

b) la compatibilitò
b) la compatibilitò
e somiglianza:
e somiglianza:

1)del profilo
- 1)del
celatoprofilo
nel particolare
celato nel di
particolare
forma arcuata
di forma
conarcuata
il profilocon
di Leonardo
il profilo di Leonardo

2) della fisionomia
- 2) delladella
fisionomia
fanciulla
della
confanciulla
quella dicon
Leonardo
quella di
e della
Leonardo
Gioconda
e della Gioconda

3) del volto
- 3)della
del fanciulla
volto dellacolfanciulla
ritratto col
sottostante
ritratto sottostante
la Giocondala“scoperto”
Gioconda da
“scoperto” da
scal CottePascal
nel 2015
Cotte nel 2015

frase “Ogni
La dipintore
frase “Ogni
dipinge
dipintore
sé” assunta
dipinge sé”
nel assunta
titolo è emblematica,
nel titolo è emblematica,
in quanto inin quanto in
rie occasioni
varie Leonardo
occasioni esprime
Leonardola esprime
convinzione
la convinzione
che ogni pittore
che ogni
tenda
pittore tenda
utomaticamente
automaticamente
a ritrarre figure
a ritrarre
che “somigliano alli loro maestri”
figure che “somigliano alli loro maestri”
e tale tendenza
e tale tendenza
ene da luiviene
vissuta
da in
lui modo
vissuta
profondamente
in modo profondamente
conflittuale conflittuale
e combattuta e combattuta
come “il come “il
zio (che) ti vizio
bisogna
(che)
sommamante
ti bisogna sommamante
pugnare” pugnare”

8
III

SCHEDA 5 - FIGURA 1

Leonardo da Vinci, Codice Atlantico, foglio 399v., Biblioteca Ambrosiana,


Milano

(la riproduzione dell’immagine è vietata)

9
IV

SCHEDA 6

Il profilo della fanciulla è colto di scorcio e si assimila ai molti disegni di volti visti
da diverse prospettive. Il profilo nascosto e simile a quello di Leonardo qui
scoperto risulta duplicato, capovolto e ruotato di 180°, dentro la forma arcuata
all’altezza della manica.

L’anomalo ripasso scuro sul mento non è il “pentimento” tipico che ricorre in quel
punto nei ritratti di Leonardo.Già di per sé la forma identica del mento,
disarmonica e vistosamente ripassata in nero, induce a ipotizzare una relazione
tra i due profili sollecitando il raffronto tra le fisionomie visualizzato nelle
immagini che seguono.

Le molte spiegazioni plausibili circa l’anomalia del profilo femminile (ad esempio:
la posizione del tutto particolare assunta dalla fanciulla e fissata in una
istantanea; la prevedibile visibilità ostacolata dalla posizione di chi andava
disegnando e della fanciulla ritratta di scorcio; l’assunzione del profilo nell’
ambito della ricerca sugli “errori della vista” e le distorsioni nella
prospettiva…Tuttavia nessuna delle varie giustificazioni plausibili rende ragione
del difetto accentuato ad arte sul mento e specularmente replicato in entrambi i
profili individuati sul foglio, quasi a voler attrarre l’attenzione dell’osservatore.

Proprio la deformazione sul mento, macroscopicamente ripassato, scorciato e reso


aguzzo sortisce l’effetto di “pilotare” con una sorta di automatismo percettivo
l’attenzione sul particolare dalla forma ad arco che racchiude il profilo capovolto
“nascosto” all’altezza della manica. Quel particolare bizzarro, che a prima vista
sfuggiva e che, se svelato, poteva sembrare insignificante, nel corso dello studio
veniva a costituirsi quale “pietra d’angolo” di un’indagine conoscitiva condotta in
varie direzioni e con molteplici sviluppi.

L’ordine con cui le parti di testo sono distribuite sul foglio denota una sorta di
accuratezza nell’evitare di sovrapporsi ai due profili, rafforzando l’idea che
Leonardo avesse voluto riservare a quel disegno un certo riguardo. Girando il
foglio su più versi e capovolgendolo, oltre alle scritte sono tracciati segni sparsi e
un tratteggio irregolare sullo scollo che denota noncuranza

10
V

SCHEDA 7 – FIGURA 2

Il particolare di forma arcuata col profilo nascosto – Il profilo capovolto è stato


raddrizzato e ruotato di 180°.

11
VI

SCHEDA 8 – FIGURA 3

La posizione anomala del profilo della giovane è analoga a quella di molti


studi di volti ricorrenti nei disegni di Leonardo

Tre vedute della medesima testa, 1500 circa, Torino, Biblioteca Reale, n°6r
[ 15575r]

Leonardo si occupò di prospettiva e più specificamente di anamorfosi in rapporto


al tema delle ombre e a quello dei riflessi negli specchi piani, nelle sue ricerche
sulla costruzione geometrica delle anamorfosi catottriche e perfino per la
risoluzione delle esigenze prospettiche legate alla scenografia teatrale; in generale
se ne occupò per tutto quello che può essere utile ad un pittore o a un architetto
in materia di prospettiva Per il fatto che il suo interesse era orientato soprattutto
in ambito scientifico, Leonardo già anticipava la tendenza del Seicento, in cui la
prospettiva, e accanto ad essa l'anamorfosi, saranno oggetto di sempre più
numerose trattazioni, quasi sempre per mano di matematici e geometri ormai
impadronitisi della materia.

Specificamente per il curioso particolare celato nel foglio 399v. del Codice
Atlantico al centro di questo studio, si può ipotizzare un uso particolare
dell’anamorfosi: quello che Pietro Accolti nell’ultimo capitolo della Prima Parte del
suo libro Lo inganno delli occhi (cit., Firenze, 1625), considera quale
:"Dimostrazione di effetto quanto strano, tanto dilettoso e ingegnoso di prospettiva".
La particolarità per Leonardo viene qui a consistere nell’utilizzo dell’anamorfosi
per trasmettere "...il ritratto delle più care persone, e la pianta, e disegno delle più
gelose piazze, fortezze de gl'altrui stati, o de' proprij, senza sospetto..."

12
VII

SCHEDA 9 – FIGURA 4

Diciotto posizioni di un busto femminile, 1475-80, Windsor, Royal Library,


RL 12514

13
VIII

SCHEDA 9 – FIGURA 3

La distorsione anamorfica sul mento della giovane rinvia all’identico dettaglio


duplicato nella parte inferiore dentro la forma arcuata. Alzando tale dettaglio
sottostante in posizione conforme a quella del suo omologo sul mento della
fanciulla, si ricava una forma simile a un profilo.

14
IX

SCHEDA 10- FIGURA 4

L’ingrandimento della comparazione comprova la somiglianza tra i due profili

Tra le due fisionomie alquanto simili si intreccia una enigmatica


corrispondenza

…Come se, nel celare il bizzarro particolare, l’Artista volesse segnalarlo

operando quello che Pietro Accolti definì “un effetto quanto strano

tanto dilettoso e ingegnoso di prospettiva” per fissare

“il ritratto delle più care persone… senza sospetto”

15
X

SCHEDA 11- FIGURA 5

Il naso è tratto caratteristico della fisionomia di Leonardo e la sua forma singolare è


tale da renderlo riconoscibile. I due profili simili differiscono specificamente in
questo dettaglio fisionomico. Da qui l’ipotesi che il profilo nascosto sia altamente
compatibile con quello di Leonardo, tale da identificarlo.

L’immagine del profilo nascosto raddrizzato e ruotato di 180° ingrandita e


fortemente contrastata

16
XI

TAVOLA
SCHEDA 12
TAVOLA
12
L’esame del foglio 399 originale sul verso e sul recto ha provato impossibile XI che la
L’esame
del foglio
399 orignasale”
“protuberanza inale suche fuoriesce dal contorno arcuato sia dovuta a un effetto
protuber l verso e
anza nas
ale” che essendo estraneasal
di trasparenza, ul disegno
recto hadell’ingranaggio retrostante.
provato im
i traspar fuoriesce
enza, ess d a l contorn possibile
endo estr o arcuat che la
Inoltre la gobba nasale,anea al devidenziata in precedenza o sia d o
(più v chiara e discontinua) non
is e gno dell’i u t a a un effe
oltre la g ngranagg t t o
obba nas io rePertanto
trostanteè certo che trattasi di
è disegno, ale,essendo
evidenzincisa con una punta sottile. .
disegno, ia t a in
essendo preceden
in
disegno ecincisione
isa con unon casuali ma calcolati z a (più cehintenzionali.
egno e in na punta iara e dis
cisione n s o t t il continua
on casua e . P ertanto è ) non
li
Riguardo alla presa visionem a calcodell’originale, si rinviac e r
allat o studio,
c PARTE I
uardo all lati e inte he tratta
a presa v nzionali. si di
isione de
SCHEDA 13 – FIGURA ll’origin6a
HEDA 13 le, si rinv
ia alla stu
– FIGURA dio, PART
6 EI
La vista del particolare inedito contenente il profilo rivela una somiglianza con la
sta del p
articolar
fisionomiae inediditLeonardo
o conten incentrata sulla forma di naso e mento. Il naso è uno dei
nomia di ente il pr
Leonardo ofilostudiato
tratti del volto
incen trata sumaggiormente rivela un da Leonardo, come risulta da
del volt ll a a somigli
o m fo r m a d i anza con
a g giorment tratta dal Repertoriosdi
esemplificazione n a o enasi,
mentillustrazione a un la testo del Libro di
plificazio e studia o. Il naso
ne tratta to da è u n o dvaticano
pittura d(copiato
al Reperdal perduto Libro LA. eon1508-1519),
ardo, c dal Codice ei urbinate
(copiato torio di n o m e r
d a a s i, il is u lt a
l pef.108v.,
1270, rduto Lib Roma, Bibliotecalu strazione vaticana.
apostolica a un tes
da
.108v., R ro A. 15 t o
oma, Bib 0 8-1519), d el Libro d
lioteca ap dal Codic i
ostolica v e vatican
aticana. o urbinate

17
XII

SCHEDA 13 – FIGURA 6

La “sineddoche visiva” ne identifica il volto. La riprova si ha tramite confronto con


l’Autoritratto di Leonardo della Biblioteca Reale di Torino.

La compatibilità si ha pure col Ritratto di profilo di F.Melzi dell’ Ambrosiana

18
XIII

SCHEDA 14 – FIGURA 7

In questo caso - come in altri analoghi - Leonardo eccelle nella “sineddoche visiva”.
Come ad esempio nel foglio 864 r del Codice Atlantico, della Biblioteca Ambrosiana
di Milano, dove un occhio con due riccioli, per gli studiosi, è un “ricordo” della
fisionomia della Gioconda

Particolare del f. 864 r della


Biblioteca Ambrosiana di Milano

E nel foglio 10v. del Codice degli uccelli della Biblioteca Reale di Torino è
l’inconfondibile naso di Leonardo che traspare in mezzo alle scritte, scoperto nel ‘75
da Pedretti, e fatto oggetto da Piero Angela nel 2009 di un esperimento effettuato
con la collaborazione di RIS di Roma attraverso il quale, insieme al naso, ha fatto
emergere il volto di Leonardo tra le scritte.

19
XIV

SCHEDA 14 – FIGURA 7

Foglio 10 v del Codice degli Uccelli, Biblioteca Reale di Torino.

L’esperimento di Piero Angela (2009) è ripetuto da Sergio Frumento in FIG.8

20
XV

SCHEDA 15 – FIGURA 8

Il volto sottostante emerge tramite semplice sbiancamento delle scritte.

21
XVI

UN PERCORSO LABIRINTICO TRA SPECCHI

- La fanciulla del f.399v/Leonardo/La Gioconda -

SCHEDA 16 – FIGURA 9

È acclarata ( e parimenti avversata) la “tendenza auto mimetica” di Leonardo a


produrre figure somiglianti nell’aspetto alla sua persona. Ma perché occultare il
suo volto con sineddoche accentrata sul proprio naso dentro il disegno con il
profilo della fanciulla?

L’ingrandimento della FIGURA nella SCHEDA dimostra che accostando il profilo


di Leonardo a quello della fanciulla del disegno, si riscontra palese somiglianza,
tranne che nella forma del naso.
Sialle
rinvia alle III
PARTI PARTI
e IVIII e IVstudio,
dello dello studio,
ove laove la questione
questione è affrontata
è affrontata siasiasotto
sottol’aspetto
l’aspet-
to teorico
teorico checon
che conriferimento
riferimentoaiaidue
due esperimenti
esperimenti celebri
celebrididiPiero
PieroAngela
Angela deldel
2009 e die
2009
Lillian
di Schwartz
Lillian Schwartz del del
1984.1984.

Un risultato controverso, problematico e stimolante

L’esperimento della Schwart comprova similitudini tra Autoritratto e Gioconda.

L’esperimento di Lillian Schwartz fedelmente ripetuto da Sergio Frumento

22
XVII

SCHEDA 17 – FIGURA 10

“Chi s’innamora volentieri s’innamorano di cose a loro somiglianti”

- Verificate significative corrispondenze tra la forma del profilo della fanciulla e


quello celato nel disegno (SCHEDA 10 FIGURA 4) a sua volta somigliante ai due
ritratti riconosciuti di Leonardo (SCHEDA 13- FIGURE 6 e 6bis)

- Preso atto della similitudine dimostrata dall’esperimento di Lillian Schwartz tra


il volto della Gioconda e l’Autoritratto di Leonardo (SCHEDA 16 FIGURA 9)

la domanda che segue trova giustificazione logica:

“C’è compatibilità tra la fanciulla milanese del f.399v. e la Gioconda?”

La compatibilità riscontrata tra il profilo della fanciulla milanese e la Gioconda non


rileva ai fini dell’identificazione, tuttavia, con riferimento alla tesi che identifica la
Gioconda in una nobildonna della famiglia Sforza, potrebbe assumere importanza
qualora si trovassero riscontri storico-biografici documentati atti a validare con
valore di prova la predetta tesi.

23
XVIII

SCHEDA 18 – FIGURA 11

La Gioconda in 3D, progetto Unseen Art del designer Marc Dillon, 2015

La sovrapponibilità è verificata con approssimazione, conseguendo somiglianza


intuitiva. L’immagine utilizzata per comparare il profilo della Gioconda con quello
della fanciulla del disegno 399v. è desunta dal progetto Unseen Art del designer
finlandese Marc Dillon, che ha riprodotto l’opera al fine di permettere ai non
vedenti di “toccarla con mano”, stampandone l’immagine in 3D e riproducendola
secondo grandezza e qualità analoghe all’originale del Louvre con un materiale
simile alla sabbia.

24
XIX

SCHEDA 19 – FIGURA 12

La macchina multi spettrale di Pascal Cotte ha rivelato “sotto la Gioconda” il


ritratto di una donna dalla fisionomia diversa. L’immagine ricostruita
scientificamente è stata assunta per la comparazione come portatrice di
inevitabile approssimazione. Una diversa fisionomia nella radiografica pubblicata
da Hours nel 1954 era stata rilevata da Pietro Marani nel 2003 (ved. PARTE IV)

Radiografia della Gioconda 1954, Louvre

La “ricostruzione “ operata da Cotte, 2015

25
XX

SCHEDA 20 – FIGURA 13

26
XXI

SCHEDA 21

LA DATAZIONE DEL FOGLIO 399 RETTO E VERSO

f.399r.

La data del foglio 399 retto si colloca tra il 1490-94, poiché in un punto ora
rappezzato vi era il piccolo disegno del cavallo al passo asportato e conservato a
Windsor. Sul verso del foglio la zona “mancante” risulta reintegrata e coincide con
la nuca della fanciulla, dove Leoni aveva ridisegnato la capigliatura.

Una nota sul Regisole visto a Pavia nel ’90 richiama il progetto in corso del
monumento equestre. Sul foglio sono disseminati disegni di congegni e macchine
per la fusione e il trasporto del cavallo. Nel 1494 il bronzo destinato alla statua
equestre fu inviato dal Moro al duca d’Este, per farne cannoni. Quindi il disegno
sul verso del foglio con il profilo della fanciulla e il “profilo nascosto” va
ragionevolmente datato tra il 1490 e il 1494 e, in considerazione che i congegni e
macchinari sul retto erano funzionali alla fusione e al trasporto della statua –
ovvero in una fase ultimativa del progetto - il foglio è databile con più probabilità
nel biennio 1493-94 .

f.399v.

Coerentemente alla datazione del foglio di cui sopra, la datazione del verso più
probabile si aggira intorno al 1493-94 (o eventualmente più tarda). Il profilo
femminile, che risulta compatibile con la fisionomia della Gioconda e con quello
del primo ritratto ad essa sottostante scoperto da Pascal Cotte, apparteneva
quindi a una nobile milanese della corte sforzesca in periodo databile intorno al
1493-94.

Circa le comparazioni effettuate con il ritratto della Gioconda e quello ad esso


soggiacente, le misure dei tre volti sono conformi per approssimazione alle
proporzioni ricorrenti di Leonardo:

1/4 del viso dall’apertura della bocca al mento

1/3 del viso da sotto la base del naso al mento

1/2 del viso tra la metà del naso e sotto il mento

2/3 dall’inizio del naso tra le sopracciglia e il mento

Tuttavia, in base ai tratti ed alle misurazioni effettuate, rispetto alle altre donne
ritratte da Leonardo, i tre volti comparati risultano caratterizzati dalla linea del
naso è più diritta e più allungata e la fronte (come nella Ginevras Benci)è più alta.

27
XXII

SCHEDA 22 – FIGURA 14

Particolare del foglio 399r con riquadro bianco, senza il cavallo originariamente ivi
incluso (Pedretti C.,Fragments at Windsor Castle from the Codex Atlanticus cit.,e
con rinvio alla PARTE I). In area corrispondente sul verso è stato operato un
reintegro di tratti mancanti sulla nuca della fanciulla (probabilmente da Leoni).
La parte del f.399r.in cui si trovava il cavallo, nel punto dove si evidenzia il riquadro vuoto

Il piccolo cavallo asportato e divenuto il F. 12345 di Windsor.

Il piccolo cavallo asportato è qui richiamato da Leonardo – nel contesto delle sue
ricerche sul movimento da dare alla sua statua - con preciso riferimento al
cavallo del Regisole di Pavia, da lui visto con Francesco di Giorgio nel 1490.

“Di quel di Pavia si lalda più il movimento che nessun’altra cosa. L’imitazione delle
cose antiche è più laldabile che le moderne. Non po’ essere bellezza e utilità, come
appare nelle fortezze e nelli omini. Il trotto è quasi di qualità di cavallo libero. Dove
manca la vivacità naturale, bisogna farne una accidentale”

28
XXIIII

Concludendo

Nel rinviare alla lettura dello studio ““Ogni dipintore dipinge sè - Il profilo femminile
sul foglio 399v del Codice Atlantico e il profilo nascosto ”, il breve commento finale
alla rassegna di immagini e raffronti contenuta nella PREMESSA si differenzia in
relazione alle due parti in cui è stata divisa:

Per quanto concerne SUL VERSANTE DEL GIOCO / SUL CRINALE DI ARTE E SCIENZA , in cui
viene posto in luce il profilo celato nel corpo del disegno, e comparato con la
fisionomia di Leonardo, si può concludere circa l’effettiva presenza di un profilo
altamente compatibile con i tratti e la fisionomia di Leonardo, tale da consentirne
l’identificazione (in ordine a tale conclusione l’esperimento di Piero Angela,
replicato da Sergio Frumento con procedura facilmente ripetibile, costituisce un
“precedente” scientifico significativo). Inoltre, la comparazione del “profilo inedito”
con quello della fanciulla rivela evidenti coincidenze, circoscrivendo e focalizzando
nella forma del naso l’elemento caratterizzante e cruciale atto a differenziare le
due fisionomie.

Riguardo alla parte successiva “UN PERCORSO LABIRINTICO TRA SPECCHI - La


fanciulla del f.399v/Leonardo/La Gioconda “ la sciarada delle comparazioni si
sposta maggiormente sul versante del gioco, caro a Leonardo che, come noto,
padroneggiava con grande perizia effetti gli illusionistici. In tale contesto si mira
ad evidenziare la presenza di proiezioni auto mimetiche nella Gioconda (e a tal
fine è stata effettuata replicazione della nota comparazione di Lillian Schwartz).
Inoltre, pur escludendo l’intento di pervenire a ipotesi di identificazione, ci si è
avventurati - nel “labirinto di specchi” venutosi a configurare in progress - in
alcuni raffronti tra il volto della sconosciuta fanciulla di profilo milanese del
f.399v. (già riscontrato altamente simile a quello di Leonardo) con quello della
Gioconda. La presentazione dei risultati comporta per l’osservatore un giudizio
soggettivo . Stante l’esistenza di teorie supportate da argomenti documentati che
identificano la modella della Gioconda in una nobildonna Sforza, qualora
emergessero al riguardo prove concrete, il “gioco di corrispondenze” intrecciato in
questo PERCORSO LABIRINTICO … perverrebbe ad assumere dignità di ipotesi.

29
INTRODUZIONE
In limine: nel profilo nascosto e svelato è la firma di Leonardo

La scoperta presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano di un particolare inedito nel disegno


“Profilo di fanciulla” di Leonardo da Vinci sul foglio 399 del Codice Atlantico è al centro di
questo studio.

Il disegno in questione per le sue peculiarità si è rivelato cruciale ai fini della ricerca , in quanto
sintesi di anomalie di prospettiva, effetti anamorfici e automimesi; inoltre è risultato essere una
sorta di emblematica matrice di somiglianze e corrispondenze fisionomiche

Gli approfondimenti analitici condotti sul disegno del foglio 399v con il supporto di un apparato
di immagini didattiche e comparative ideate in corso di ricerca - portate ad esecuzione da Sergio
Frumento - e basati su riferimenti bibliografici a testi di illustri studiosi dell’opera vinciana e
relativi alle tematiche oggetto dello studio (segnatamente automimesi e anamorfosi), convergono
a dimostrare l’esistenza certa di un profilo mai visto prima dentro una forma arcuata , e rendono
conto di un complesso di connessioni tra il suddetto profilo “in ombra” e il ritratto femminile
che campeggia sul foglio.

Lo studio perviene a dimostrare che “l’anomalia” insita in quel profilo capovolto, speculare a
quello della fanciulla,è un artificio che sottende una sapienza psicologica e gestaltica all’epoca
non comune, capace di attivare meccanismi subliminali nell’osservatore, inducendolo ad
afferrarne l’insolita e singolarissima analogia con il profilo femminile. E, d’altra parte, come non
cogliere nel sottile gioco di nascondimento/svelamento adombrato il gusto e il senso sapiente
dell’enigma che accompagna il lavoro in arte del Maestro? E al tempo stesso quell’acuta arguzia
che contraddistingue, accanto ai vari disegni e caricature, i suoi motti e le storie e i suoi giochi
linguistici?…

Evidentemente Leonardo intendeva instaurare una relazione non meramente formale tra
il proprio volto e i due profili coesistenti nel disegno. Da tale relazione si sviluppa una
concatenazione di connessioni “ad ampio raggio”, indagate nel corso dello studio anche tramite
analisi e comparazioni di immagini atte a individuare analogie, similitudini e rapporti dei profili
in questione con altri disegni e ritratti di Leonardo.
Dal presente studio si può ricavare certezza che Leonardo abbia intenzionalmente disegnato in
una curiosa “forma arcuata” il suo profilo rovesciato e ruotato di 180 gradi rispetto a quello

30
della fanciulla, e che abbia scientemente posto in relazione tale profilo con quello della fanciulla
(essendo le linee dei rispettivi volti palesemente similari, inclusa l’identica macroscopica
deformazione del mento). Per converso risulta alquanto arduo dar conto della valenza simbolica
insita nel “nascondimento” operato e del perché del rapporto instaurato tra i due profili.
Parimenti complesso è decifrare criticamente l’insieme di corrispondenze e somiglianze che, per
una magia di specchi sottilmente deformanti, viene in luce nella PREMESSA IN IMMAGINI tra
il suo stesso profilo svelato, quello della fanciulla e la fisionomia della Gioconda.

Una sciarada di corrispondenze

La sciarada di comparazioni che si proietta nella PREMESSA IN IMMAGINI come in un dedalo


di specchi, potrebbe creare un po’ di sconcerto per chi affrontasse la lettura con aspettative di
un approccio tradizionale. Ma l’anomalo disegno impone un discostamento dai percorsi noti e
codificati, esigendo accentuata divergenza e problematica apertura a nuove ipotesi.

Infatti l’esistenza del “profilo nascosto” da Leonardo è un fatto che non può essere liquidato
come inconsistente o rientrante in una casistica di normalità: qualora se ne faccia oggetto di
indagine, non si può prescindere dalla sua natura di “anomalia” difficilmente spiegabile. Sia che
lo si intenda come gioco o illusionismo sia che lo si concepisca quale matrice di una complessità
di elementi significativi e simbolici, il particolare scoperto della “forma ad arco con profilo
leonardesco” è di per sé portatore di un potenziale di connessioni, tale da generare disparati
interrogativi.

Il ramificarsi in più direzioni delle comparazioni prodotte ne LA PREMESSA IN IMMAGINI,


che riflette una galleria di volti, corrisponde al tentativo di rispondere a tali interrogativi,
riannodando il filo delle similitudini e dei nessi inesplicabili tra il profilo nascosto e quello della
fanciulla, tra il volto conosciuto di Leonardo (ovvero il suo autoritratto e il ritratto del Melzi) e il
volto della Gioconda… È una sorta di problem solving indefinitamente aperto lungo un percorso
erratico quello raffigurato nella PREMESSA IN IMMAGINI, che non si arroga risposte certe, ma
mira a lasciare all’occhio dell’osservatore ogni libertà nel cogliere regolarità ben visibili e varianti
imponderabili.

Il gioco – che non è solo un gioco - del nascondimento del proprio profilo, e l’illusionismo del
rispecchiamento dei volti che si instaura a partire dalle analisi e dalle comparazioni qui sviluppate,
riconduce al tema dell’enigma che permea l’opera di Leonardo, alla potenza simbolica della sua
arte, alla ricerca di senso e significato e alla profondità del conoscere di cui è depositario.

31
È sull’orlo vertiginoso, che prospetta sulle profondità dei simboli e che sconfina nell’enigma -
cifra costante dell’opera vinciana - che questo studio sul verso del disegno 399 si arresta. Non
senza avvertire – nella percezione della verità insoluta - la domanda pervasiva, sommessamente
perturbante e ardua da tacitarsi: “…dove sta il confine tra gioco illusionistico e sfida per la ricerca
della verità in Leonardo?”.

Carla Glori
9 agosto 2014

Postilla: Nel dicembre 2015 si è provveduto ad integrare alcune parti dello studio, a seguito della sopravvenuta
scoperta del “primo ritratto”, soggiacente al ritratto della Gioconda, scoperto da Pascal Cotte con strumentazione
multi spettrale, che rivela un volto dalla diversa fisionomia in concordanza con le risultanze degli esami radiografici
note già a far data dal 1954.

32
STUDIO SUL DISEGNO 399V.
DEL CODICE ATLANTICO

PARTE I
UNA SCOPERTA SORPRENDENTE:
IL PROFILO DELLA FANCIULLA E IL PROFILO ROVESCIATO

Era un pomeriggio dell’autunno 2010 quando, nella pace raccolta della Veneranda Biblioteca
Ambrosiana, quel disegno mi è apparso inaspettatamente tra i libri del Codice Atlantico. Dal
carrello carico dei possenti esemplari avevo pescato quel volume e stavo sfogliandolo un po’ a
caso, quando il disegno di una fanciulla di profilo aveva attratto la mia attenzione. Il disegno si
sviluppava sull’intero foglio. Quella giovane di profilo si ergeva in primo piano tra costellazioni
testuali scritte “a specchio” e ordinate in blocchetti, distribuite sullo spazio del foglio con
calligrafia abbastanza regolare, in modo da non invadere il disegno.

La figura colta di profilo della donna, a piena pagina, spiccava tra gli altri fogli affollati di disegni
e di scritti minuti, a segnalare una atipica presenza, che tuttavia, per la apparentemente rapida e
schematica esecuzione poteva non essere notata a prima vista o comunque non essere ritenuta
degna di approfondimenti.
Mi ero soffermata ad analizzarla. A partire dal busto appena abbozzato e tratteggiato qua e là
da segni spontanei e con uno strano motivo posto dietro il giro manica… e poi su, fino al collo
ornato da una collanina di perline, e quindi fino al volto in posa netta, delineato con tratto sottile
e incisivo, che sul mento si faceva disarmonico e scurito dai tipici insistiti aggiustamenti sfumati:
ma quei “pentimenti vinciani, usuali in quel punto, qui apparivano eccessivamente accentuati.

Sembrava allo sguardo superficiale un semplice schizzo, affrettato. Ma nei disegni di Leonardo a
volte quella che si presenta a prima vista come rudimentalità e approssimazione “può semplicemente
riflettere le differenti funzioni dei disegni nei suoi processi di pensiero”. Di tale specifico modus operandi,
ricco di implicazioni significative, che ci rammenta l’importanza di un riflessivo e problematico
approccio al “Leonardo disegnatore”, si è fatto interprete Kemp, laddove scrive “ I rozzi disegni
risalenti a fasi precedenti della sua carriera (nel capitolo Kemp si riferiva all’ultimo periodo), inoltre,
servono a ricordarci che anche un grande disegnatore può essere goffo e approssimativo quando cura
e finitura non sono richieste e, anzi, possono essere d’impaccio.” NOTA 1

33
Tali puntuali, interessanti e condivisibili considerazioni, alla luce di una approfondita analisi si
sono dimostrate applicabili solo in parte al disegno preso in esame, il quale si è rivelato portatore
di elementi di studio e ricerca, la cui spiegazione complessa ha comportato richiami a concetti
di comprensibilità tutt’altro che immediata (quali anamorfosi, automimesi e problemi di
prospettiva). Più in generale lo studio del disegno 399v del Codice Atlantico ha posto in luce che
un giudizio sullo stesso improntato solo sul suo carattere di immediatezza ne avrebbe travisato
e anche azzerato il valore e l’importanza. Peraltro non vanno sottaciuti i giudizi del Marinoni
(che ne rileva una certa rozzezza) o quelli di Clark e Pedretti (i quali ne ponevano in dubbio
l’autografia (in “Fragments at Windsor Castle from the Codex Atlanticus”, London, Phaidon
Press, 1957, p., 31).

Quel disegno, in passato vagamente sospettato di essere prodotto della mano di un allievo,
emanava una particolare aura. L’atteggiamento del volto della fanciulla e lo sguardo, improntati
a pacata serietà, nella loro configurazione armonica contrastavano con la forma del mento
palesemente irregolare, visibilmente deformato. Armonico per i due terzi superiori del volto,
quel profilo denotava acuta disarmonia per il terzo inferiore, nella deformazione accentuata sul
mento aguzzo.
La messa a fuoco dei dettagli vanificava via via l’iniziale impressione di un profilo rozzo tout
court. Infatti non pareva casuale l’eterogenea commistione di tratti di cui era portatore. Il mento
aguzzo si segnalava per una sorta di deformazione, in guisa caricaturale, e tuttavia il contesto nel
quale si inseriva era quello di un volto composto. Armonia e disarmonia si fondevano nell’unicum
di quel profilo, suscitando il mio interesse.

Le motivazioni della deformazione operata potevano intuitivamente essere imputate a vari


fattori. Ad esempio:
– la visibilità ostacolata, dovuta alla posizione rispettiva di chi andava disegnando e della modella;
– la particolare e insistita attenzione alla parte del mento, in cui il focalizzarsi dei “pentimenti”,
tipico di Leonardo in quel punto, assumeva tuttavia eccessiva evidenza, lasciando presumere
intenti di studio;
– la posizione del tutto particolare assunta in quel momento dalla fanciulla, tale da stimolare
colui che la stava scrutando per fissarne, accentuandola, la bizzarra posa…

Molte le motivazioni plausibili per l’anomalo profilo. Ma quale la vera ragione? Ben al di là del
costante ricorrere del tipico vezzo del “pentimento” sul mento che caratterizzava i disegni dei
volti del Maestro, pareva in questo caso che egli in quel punto volesse se mai sottolineare anziché
correggere il difetto, forse a volervi attrarre lì attenzione dell’osservatore.

I “blocchetti di testo” erano distribuiti sul foglio, con l’accuratezza di chi avesse mirato a non
sovrapporsi alla linee del disegno né a invaderne l’interno se non in zone irrilevanti (ad esempio

34
sulla scollatura), risparmiando, oltre al profilo della fanciulla, il particolare della curiosa forma
ad arco (di luna crescente) posto all’altezza della manica. Tale disposizione confermava l’idea
che Leonardo avesse inteso riservare a quel particolare secondario un certo rispettoso riguardo.
Infatti (come attestano vari fogli del Codice Atlantico) normalmente non si curava di scrivere o
disegnare sopra forme precedenti e anche sopra disegni di volti.

Proprio la deformazione scurita del mento, per una sorta di attrazione magnetica. “pilotava”
il mio sguardo sul tracciato lineare delineato nel “particolare arcuato”, che avevo inizialmente
scambiato per una decorazione bizzarra all’altezza della manica: un supplemento di attenzione
mi portava a concludere che si trattava di un profilo disegnato a rovescio. E tale scoperta si
imponeva come parte costitutiva del processo di ricerca che stavo per iniziare. Quel particolare
curioso, e che a prima vista sembrava privo di significato, paradossalmente andava a costituirsi
quale insospettabile “pietra d’angolo” di una indagine conoscitiva condotta in varie direzioni e
dai molteplici sviluppi.

35
ANALISI CON PRESA VISIONE DELL’ORIGINALE
DEL F. 399 RECTO E VERSO
IL FOGLIO 399 VERSO

L’analisi sul verso del foglio, oggetto dello studio, rivelava le seguenti particolarità.

IL PROFILO DELLA FANCIULLA SUL VERSO Il profilo è tracciato nitidamente in un


continuum incisivo e armonico fin sotto il labbro inferiore, ma il mento è ritoccato con
accuratezza a linea dura e ispessita sul contorno, e con sfumatura scura all’interno. La linea
del sopracciglio è nervosa e parimenti i riccioli abbozzati in sinuosità rapide. Anche l’occhio
appare risolto con decisa rapidità. Curiosamente si nota, a coprire l’iride, una sorta di segno
a forma di croce di sant’Andrea: probabilmente Leonardo aveva così inteso soprassedere dal
soffermarsi sulla definizione dell’occhio, al quale notoriamente riservava una strenua cura, stante
la stesura istantanea e grezza del ritratto. Stranamente accurata è invece la collanina di perline
girocollo, distintamente formate ad una ad una, ad accentuare il tratto infantile e la semplicità
della modella. Entro la zona delimitata dalla linea della collanina e la linea del giro manica sulla
spalla, compare un discontinuo e confuso tratteggio irregolare, che fuoriesce dai contorni del
collo, come fosse eseguito sovrappensiero o con noncuranza (probabilmente aggiunto da mano
estranea); tali linee e i vari lacerti sparsi qua e là risultano tracciati girando più volte il foglie in
diverse direzioni.

IL PARTICOLARE INEDITO Il particolare oggetto della scoperta è posto dietro il giro manica
dell’abito. È stato tracciato nella forma ad arco, la quale, al pari del particolare in essa inscritto appare
formata sul foglio capovolto di 180 gradi rispetto al profilo femminile. La forma arcuata è delimitata
superiormente da una parte con una linea diritta che scende perpendicolare. Tale tracciato verticale
ha una precisa funzione in quanto atto a delimitare da un lato il contorno in cui è incluso il profilo:
rispetto a tale linea verticale il mento (copia speculare del mento della fanciulla) fuoriesce di un
minimun e, sempre rispetto ad essa, è stata delineata la protuberanza tracciata con segno più leggero
che si presenta simile a un naso. Tale protuberanza che costituisce la gobba nasale – come appurato
sull’originale – è in realtà tracciata con una incisione. Il tracciato lineare incluso nella forma ad arco,
se viene visto col foglio capovolto, risulta essere un profilo somigliante al profilo della fanciulla. Il
tratto alquanto leggero raffigurante il naso, coincide con una carrucola cilindrica disegnata sul retro
del foglio, molto calcata, che traspare visibilmente entro un alone scurito. L’analisi dell’originale
ha escluso categoricamente la possibilità che vi siano sovrapposizioni o interferenze di sorta tra il
disegno del particolare sul verso e la forma della carrucola tracciata sul recto.

36
Ad un approfondimento, tale scelta del punto in cui collocare il tratto sottile della protuberanza
del naso è da considerarsi mirata: infatti quel punto in cui traspare la forma scura molto calcata
dal recto – ovverossia la carrucola – è atto a confondere alla vista la protuberanza del naso ivi
disegnata e in parte incisa, ma al tempo stesso, qualora la si metta a fuoco, a dare certezza che
la linea leggera del naso – disegnata e in parte incisa sul foglio - non può in alcun modo essere
imputabile alla trasparenza. La conclusione che ne emerge è che trattasi di deliberata scelta del
disegnatore, che ha voluto imprimere in quel punto, con mano discontinuamente più lieve ed
incidendo in parte a punta sottile, quella particolare forma. L’attitudine a celare, offrendo al
tempo stesso gli indizi rivelatori per scoprire quanto è stato celato, ricorre in vario grado nei
disegni e nelle opere pittoriche di Leonardo, e la scoperta di quel particolare inedito occultato
e insieme evidenziato entro la forma arcuata, se per un verso risulta sorprendente, per l’altro è
portatore di una certa continuità e coerenza, essendo tipico del suo modus operandi.

L’analisi del disegno nelle sue varie parti evidenzia frequenti spostamenti del foglio da parte del
disegnatore:
– voltando il foglio dall’alto in basso di 180 gradi, per effettuare il disegno del particolare nella
forma arcuata, nella quale si evidenzia la linea verticale di riferimento per la tracciatura
del “profilo” ivi capovolto, incluso il “pentimento” sul mento specularmente operato e la
protuberanza a tratto lieve del naso tramite incisione
– voltando inoltre il foglio da più parti per la posteriore scrittura dei vari blocchetti di frasi distribuiti
con ordine sulla superficie libera (molto probabilmente in un tempo successivo al disegno)
– girando il foglio in varie direzioni, per i segni e lacerti sparsi, per il tratto a spirale più scuro che
attraversa il busto e per il fitto e confuso tratteggio sul collo della fanciulla (con ogni probabilità
da parte di mano estranea)

IL FOGLIO 399 RECTO

Sul recto del foglio 399 compare il disegno di vari elementi meccanici (prevalentemente strumenti
per sollevamento di pesi e carrucole cilindriche), tra i quali assume particolare importanza la
verifica della forma scura della carrucola cilindrica al fine dell’accertamento di una eventuale
ipotizzabile trasparenza sul verso nella zona della protuberanza del naso. Infatti essa risulta
collocata sul retro giustappunto in coincidenza con la protuberanza del naso che fuoriesce dalla
forma arcuata, delineata a tratto sottile, la quale – per le modalità del suo posizionamento, del
segno, dell’incisione e della conformazione – viene ad assumere con certezza forma e sussistenza
autonoma. Si esclude pertanto possa trattarsi di effetto di trasparenza. La protuberanza a tratto
lieve sul 399 verso è stata quindi incisa per delineare un naso di profilo, frutto di studio e di

37
costruzione. E nel suo insieme la forma inclusa nella “lunetta capovolta” corrisponde a un
profilo speculare e simile, ma al tempo stesso sapientemente differenziato, tramite una minimale
variante, rispetto a quello della fanciulla.

I DUE FRAMMENTI ASPORTATI SUL VERSO E SUL RECTO

Il foglio 399 recto presenta alcune particolarità distintive, in quanto nella metà destra due
frammenti del foglio sono stati asportati dal Leoni e sostituiti con un rattoppo. Di conseguenza,
ciò aveva comportato “mancanze” in corrispondenza delle medesime due zone sul verso.

Sul VERSO, l’asportazione operata non ha inciso sul disegno del profilo della fanciulla se non
in modo irrilevante, in quanto 1) il primo frammento asportato coincideva con la sommità
posteriore del capo, e, nel “rattoppo” operato, qualcuno (probabilmente il Leoni stesso) aveva
effettuato un ritocco tramite piccole linee sinuose che nell’intenzione dovevano confondersi con
quelle originali della capigliatura; 2) il secondo frammento risultava posto nell’opposto angolo
superiore, in zona priva di relazione con il profilo e priva di raffigurazioni o segni.

Sul RECTO: il foglio 399r ha alcune particolarità di per sé oltremodo interessanti e , per quanto
riguarda lo studio del 399 v., contiene informazioni che consentono la sua datazione. Dal recto
furono estratti da Pompeo Leoni due frammenti ora a Windsor: il primo frammento asportato,
recante la figura di un cavallo, è divenuto il F. 12345 di Windsor, mentre il secondo frammento
recante un grottesco profilo caricaturale maschile è divenuto il F. 12472 di Windsor. Tra questi,
molto significativo è il frammento col cavallo ispirato al monumento equestre del Regisole
ammirato da Leonardo a Pavia con Francesco di Giorgio Martini nel giugno 1490. La visione
del cavallo ispirò a Leonardo alcune celebri frasi sull’antichità quali: “l’imitazione delle cose
antiche è più laldabile che quella delle moderne”. La frase “Non può essere bellezza e utilità,
come appare nelle fortezze e nelli omini (?)” è stata letta come interrogazione retorica da Pietro
Marani (1984) – confortato in ciò da Carlo Pedretti (1992), che cita un passo del De civitatate
Dei di Sant’Agostino (Libro XII, cap.24) – a conferma che per Leonardo utilità e bellezza sono
strettamente legate.

Nell’angolo superiore un probabile piedistallo a forma di gradinata è simmetricamente opposto


alla statua equestre del cavallo asportata, alla quale intuitivamente rimanda. Analogamente gli
elementi meccanici per il sollevamento di pesi disseminati sul foglio sono in gran parte da riferirsi
a problemi di sollevamento nei lavori di fusione della statua equestre.

38
GLI SCRITTI SUL VERSO E SUL RECTO

Circa gli scritti sul VERSO: La grafia è ordinata e distribuita in blocchetti distinti e non invasivi
rispetto al disegno di profilo e al particolare in lunetta. Per quanto riguarda la trascrizione del
testo sul VERSO, si tralascia di riportare quanto ivi scritto in quanto trattasi di annotazioni
indipendenti dal disegno. Al proposito si riporta il sintetico ed esaustivo commento del Marinoni
nel commento alla trascrizione del foglio:
“Salvo le righe biffate su un fenomeno ottico, tutta la pagina ripete con varianti più o meno incerte
un’unica osservazione circa l’urto di una palla contro un’altra con istantaneo trasferimento della
forza dalla palla in moto che si arresta a quella ferma che immediatamente si muove”.

Gli scritti sul RECTO, unitamente al piccolo cavallo asportato, consentono la datazione del foglio.
Il più esteso dei testi scritti sul RECTO contiene frasi riferibili alla forma da dare alla statua equestre,
con un’allusione a quella del Regisole di Pavia. Al proposito Kemp cita una nota del ms C. “A dì
23 d’aprile 1490 cominciai questo libro e ricominciai il cavallo” NOTA 2, e sottolinea che nel 1490
Leonardo aveva accompagnato Francesco di Giorgio a fornire una consulenza sull’architettura
della cattedrale di Pavia, e lì aveva visto la statua del Regisole, (andata poi distrutta) Lo schizzo
del cavallo sul recto del foglio 399 viene ricollegato da vari studiosi nell’immediatezza di tale
occasione. In realtà l’impressione suscitata in Leonardo dalla vista del cavallo in quel viaggi fu
tale da dare esiti di lungo periodo in quanto costituì l’avvio di un programma di ricerca destinato
a durare almeno un triennio.

Carlo Pedretti NOTA 3 annota “The sketch of a horse is of the type of the Sforza monument and
perhaps inspired by the Regisole at Pavia, being cut from the folio on which the following note
occurs…” Laddove sul f.399r. si legge:
Di quel di Pavia si lalda più il movimento che nessun’altra cosa. L’imitazione delle cose antiche
è più laldabile che le moderne. Non po essere bellezza e utilità, come appare nelle fortezze e nelli
omini. Il trotto è quasi di qualità di cavallo libero. Dove manca la vivacità naturale, bisogna farne
una accidentale.

Secondo Pedretti “The Codex Atlanticus folio is therefore of the periodo f Leonardo’s journey to Pavias
with Francesco di Giorgio (June, 1490)”. Il riferimento alla statua del Regisole è evidente ma, sebbene
quando scrive Leonardo abbia già visto quel cavallo, nulla attesta dell’immediatezza temporale di
quella occasione con lo scritto di cui sopra, che anzi pare più incentrato su problemi di ideazione ed
esecuzione del monumento equestre in progress – con l’espresso intento di imprimergli il movimento
e la vivacità naturale del Regisole – piuttosto che sul modello citato. L’attività progettuale e la fase
attuativa si protrasse certamente per tre anni dopo il 1490. Sul foglio 151 v. del Codice di Madrid
infatti annotò:”A dì 20 di dicienbre 1493 conchiudo gittare il cavallo senza coda e a diacere”.

39
LA DATAZIONE

L’analisi del disegno sul f.399 r. dell’Ambrosiana si rivela fondamentale per la datazione del
foglio. Tutto fa riferimento al progetto del cavallo che sappiamo – come ben sintetizza Pietro
Marani in Leonardo da Vinci, Dizionario biografico degli Italiani Treccani – era “in corso di
attuazione il 17 maggio 1491 (Madrid, Biblioteca Nacional, ms8936, c.157v.: Qui si farà ricordo
de tucte quelle cose le quali fieno al proposito del cavallo in bronzo del quale al presente sono in
opera)” e probabilmente concluso, con il modello del cavallo al passo pronto per la fusione, il 20
dicembre 1493 (ibid., c.151v), inclusi tutti i dettagli tecnici relativi alla fusione “a tasselli” e lo
studio delle armature per il trasporto della forma del cavallo, ora pienamente noti grazie alla
scoperta dei codici di Madrid…”.

Il foglio 399r. – come evidenzia Marinoni, segnalando “nell’angolo superiore un probabile piedestallo
a forma di gradinata” - è disseminato di elementi meccanici e in particolare di strumenti di vario
tipo per il sollevamento dei pesi, con evidente analogia rispetto ai disegni del f.12349 di Windsor,
riferibili a problemi di sollevamento di pesi nei lavori di fusione di una statua equestre. L’allusione
alla statua del Regisole è quindi piuttosto da considerarsi funzionale alla forma del cavallo che si
sta plasmando in vista della fusione. La presenza di quegli specifici elementi meccanici (tra cui
spiccano in particolare le carrucole cilindriche) suggerisce che il progetto sia ormai nella sua fase
terminale. Conforta tale ipotesi la collocazione del cavallo da un lato del foglio e dal lato opposto
la citata collocazione del piedistallo, quasi a segnalare la separata predisposizione di due elementi
pronti, che attendono di essere ricongiunti per il compimento unitario dell’opera.
La datazione del foglio 399r. può quindi porsi fondatamente in data successiva al 1490 e – alla luce
del contesto complessivo – con alta probabilità nella fase finale del progetto, ovvero nell’anno 1493 .

Circa la datazione del 399 verso, l’esecuzione del disegno col profilo della fanciulla può datarsi
con massima probabilità tra il 1493 e il 1494. Contribuisce ad avvalorare la datazione posteriore
ai disegni sul recto anche la dislocazione sul verso del particolare in forma d‘arco col profilo
incluso, poiché risulta locato in modo da far coincidere la parte del naso con protuberanza incisa
alla zona scurita e calcata, che traspare dalla retrostante carrucola cilindrica ragionevolmente
preesistente, con l’esito di rendere più visibile il tratto dell’incisione. Non pare fuori luogo
supporre da parte dell’autore l’intento di rimuovere ogni dubbio che la forma ivi impressa sul
verso potesse essere l’effetto di trasparenza o casualità.
Il fatto che lo scritto sul verso sia diviso in blocchetti ordinati e disposti in modo che non vadano
a coprire le linee essenziali della figura sta da un lato ad attestare che le scritte sono successive
all’effettuazione del ritratto e per altro verso che Leonardo intendeva evitare di intaccare il
suddetto profilo con altri disegni, segni o scritti (come invece spesso faceva coi disegni analoghi
di volti sui fogli del Codice Atlantico), sottendendo con ciò una sorta di rispettoso riguardo verso
la fanciulla di profilo portatrice del “particolare inedito”, nascosto dietro la manica del suo abito..
40
PARTE II
APPROFONDIMENTO ANALITICO TRA IL DISEGNO
DI PROFILO DELLA FANCIULLA E IL PROFILO SCOPERTO
NEL PARTICOLARE

Sulla base di un’accurata analisi del foglio 399 verso in ogni sua parte e di puntuali richiami
a problematiche significative del lavoro in arte di Leonardo ad esso correlate (in particolare
l’anamorfosi e l’automimesi), il percorso di ricerca delinea passaggi in cui le ipotesi trovano
proiezioni e verifiche sul piano del visibile attraverso una serie di esperimenti di raffronto e
comparazione tra immagini (ved. LA PREMESSA IN IMMAGINI).

Nel rinviare all’ analisi del disegno originale condotta nella PARTE I, seguono alcune osservazioni
ed integrazioni aggiuntive in ordine ai due profili coesistenti nel disegni.
Circa l’aspetto della fanciulla, la sua appartenenza alla cerchia nobiliare è ipotizzabile dalla
dignità della figura, dalla quale emana un’aura assorta e vagamente severa. Nel Codice
Atlantico compaiono vari ritratti, tuttavia quelli “a pieno foglio” sono percentualmente rari.
Non irrilevante è il fatto che il pur “istantaneo” disegno di profilo sia in conformità coi ritratti
di profilo tradizionalmente riservati ai membri della famiglia Sforza, e comunque si presume
che Leonardo riservasse prevalentemente la sua attenzione a soggetti appartenenti al contesto
nobiliare. La datazione del disegno. desunta dalla relativa disamina di cui alla PARTE I, si attesta
tra il 1490-1494, e più probabilmente verso il ’93-’94. All’epoca l’età della nobildonna raffigurata
doveva coincidere con l’adolescenza, in quanto, nonostante l’aspetto serio e concentrato, ella
presenta tratti di semplicità e dal suo volto traspare un certo candore.

Un particolare marginale attira l’attenzione, poiché rivelatore di dati e tratti psicologici legati
alla persona. Nel contesto pare stranamente accurata la traccia del piccolo collier con perline che
adorna il collo, accentuando l’essenziale sobrietà della giovane. L’ accuratezza con cui sono formate
le singole perline lascia pensare che si sia inteso dare risalto al dettaglio. Va osservato che si tratta
di una specie di collanina di ricercata semplicità, diversa dagli ornamenti preziosi esibiti dalle
donne mature di alto rango, indicativa di un gusto essenziale e alieno dall’ostentazione del lusso.
La tipologia della giovane donna ritratta rientra nel tipo femminile spoglio da gioielli e ornamenti
‘incarnato’ ne la Gioconda, e ancor più si assimila al tipo di donna semplice e raffinato emerso dalla
ricostruzione della prima versione soggiacente il ritratto del Louvre operata da Pascal Cotte.
Le perle – in questo caso trattasi più verosimilmente di ambra nera - compaiono pure nel ritratto

41
di Cecilia Gallerani, NOTA 4 la cui lunga collana con un giro che aderisce al collo suggerisce
ricercatezza e sofisticata essenzialità. L’animale candido che ha con sé, è per un verso simbolo di
purezza congiunta a natura selvatica e per l’altro richiama la figura del Moro che nel 1488 aveva
ricevuto l’investitura dell’ordine dell’ermellino dal re di Napoli . Forse pure i grani di ambra nera
della collana, che richiamano le perle nere, alludono al legame con il Moro, evocando un che di
sensuale e magico (è noto che all’epoca la perla nera – generata da una specie di ostriche perlifere
a labbra nere - era usata nei rituali magici).
Al contrario, dalla collanina di perline che cingono, in un solo giro aderente, il collo della fanciulla
dell’Ambrosiana, promana un senso di virginale semplicità, conferendo al soggetto un’aura quasi
infantile: all’occhio contemporaneo essa ricorda molto le collanine di pietre non preziose in uso
presso le adolescenti.
Il ritocco “grezzo” fatto sui capelli nella zona della nuca da Pompeo Leoni, al fine di mascherare
il vuoto creato dall’asportazione del cavallo sul retto (ora Frammento 12345 ora al Castello
di Windsor) è appariscente e probabilmente non corrisponde all’acconciatura originale della
fanciulla, che poteva anche essere raccolta o magari racchiusa in una cuffia.
L’abito è appena abbozzato, ma denota estrema semplicità, e si presenta privo dei nastri di gran
moda ai primi degli anni Novanta, dopo l’arrivo a corte di Beatrice d’Este. La non conformità
alla moda in voga in quegli anni sta a segnalare uno stile in linea con un tipo di donna sobrio ed
essenziale, che ricorda la Gioconda.

L’INEDITO PARTICOLARE DENTRO LA FORMA ARCUATA:


GIOCO DI SPECCHI O FORMA MUTANTE?

L’impressione che il disegno dell’Ambrosiana sia in realtà portatore di ‘qualcosa’ di non


interamente decifrabile è rafforzata, oltre che dalle atipiche proporzioni del volto femminile,
soprattutto dalla bizzarra forma arcuata disegnata dietro il giro manica dell’abito. A prima vista
potrebbe sembrare un’apertura dell’abito per consentire il movimento del braccio. Una volta
messa a fuoco, è facile scorgervi, rovesciata di 180° e virata specularmente, la medesima forma
del mento ( identicamente “ritoccato” secondo il particolare modus operandi di Leonardo), e
della bocca, ma con il naso sensibilmente differente.
L’intento di ‘celare’ un significato nascosto nel disegno appare in linea con la dimensione
enigmatica intrinseca al lavoro vinciano in arte. In questo caso il dettaglio leggibile nel disegno,
posto approssimativamente sotto la manica, viene a rappresentare un elemento anamorfico
avente una carica simbolica e un qualche significato recondito. Ciò accredita l’importanza di
questo disegno finora tralasciato.

42
Tale curiosa e interessante particolarità può avere varie spiegazioni plausibili.
– Se il “profilo celato nel particolare” fosse appartenente alla giovane, allora sarebbe come
se venisse riflessa a specchio e capovolta la medesima parte del viso. In tal caso si potrebbe
ipotizzare tout court – in chiave logica e con una spiegazione lineare – ad un tentativo
preliminare di tracciare quella parte di disegno ( mento,naso,bocca) poi eseguita sul foglio
raddrizzato; una volta girato il foglio, il profilo del “particolare” sarebbe stato pari pari
replicato nel profilo della fanciulla.
– Alternativamente - con procedimento inverso e successivo – si può ipotizzare che Leonardo
abbia inteso replicare in quel modo e in quel punto sottostante il profilo della fanciulla,
racchiudendolo dentro la forma arcuata ‘anomala’, come estrapolandola dal disegno del profilo
femminile intero

Entrambi i profili sono portatori della identica deformazione anamorfica, che si direbbe dovuta
a sorta di trazione laterale del mento.
Si può constatare nei due casi in esame che il profilo inspiegabilmente riflesso a specchio e
rovesciato entro il particolare sottostante suscita, in chi vi concentri l’attenzione e lo noti,
interrogativi sul perché di tale singolarità. Inoltre l’atipicità della conformazione pare mirata
per un verso a “pilotare” subliminalmente la percezione di chi osservi su tale anomalia e per
altro verso a stimolare associazioni e connessioni mentali che riconducono al volto dello
stesso Leonardo, così come raffigurato nel suo Autoritratto e nel ritratto di profilo attribuito
al Melzi.
A ben vedere associazioni e connessioni mentali paiono legittimamente fondate, tanto più
che qualcosa tra i due profili apparentemente identici “non quadra”, inficiando un giudizio di
identità. E infatti le prove di sovrapposizione effettuate segnalano lievi ma cruciali difformità
(visibili anche ad occhio nudo) giusto nella zona del naso.

IL PROFILO CELATO NEL DISEGNO: UN’IMPRONTA GENETICA?

Il “profilo nascosto” capovolto di 180° - che per tutto il resto è coincidente con quello della
fanciulla - presenta un naso “forte” sensibilmente più carnoso e caratterizzato da una gibbosità.
Tale specificità del naso non emerge a prima vista - stante la tenuità delle linee che lo tracciano
– e quel naso somiglia curiosamente al naso di Leonardo. Le prove di comparazione (ved. LA
PREMESSA IN IMMAGINI) lo confermano, rivelando un buon grado di compatibilità del
disegno in questione e l’Autoritratto della Biblioteca Reale di Torino. Considerando la differente
posizione del volto - poiché l’autoritratto è più frontale - si è proceduto anche a riprova tramite
comparazione col ritratto di profilo di Leonardo della Biblioteca Ambrosiana attribuito al Melzi,
ottenendo conferma di compatibilità e somiglianza davvero convincenti.
43
Alla logica domanda “Che senso può avere per Leonardo questa bizzarra operazione, che lo
identificherebbe attraverso lo schizzo del proprio naso (che risulta nascosto, data la localizzazione
che ha sul foglio)?”

Questo interrogativo comporta un’associazione tra la pratica dell’anamorfosi (qui intesa in quanto
artificio teso a fissare nascostamente sul foglio il proprio ritratto) e l’automimesi (un impulso che,
a detta dello stesso Leonardo, esercitava su di lui forte condizionamento, controllabile a fatica
e fatto oggetto di riflessione autocritica nei suoi scritti). La risposta più probabile alla domanda
è che in un esperimento di automimesi, non privo di elementi riconducibili alla sfera del gioco,
abbia inteso utilizzare l’anamorfosi per fissare, “senza destare sospetto nell’osservatore”, il proprio
autoritratto sullo stesso foglio in cui aveva formato lo schizzo della fanciulla. Quel “naso fatale”
rivela quindi il volto di Leonardo in un sapiente artificio in cui “la parte sta per il tutto”. E l’esito
felice della “sineddoche visiva” posta in essere è rivelatrice della rara perizia di chi, attraverso la
minima variante del tratto, riesca a caratterizzare in modo inequivocabile e unico una determinata
fisionomia, differenziandola da altra, per tutto il resto simile e coincidente.

44
PARTE III
L’EMBLEMATICO DISEGNO TRA ANAMORFOSI E AUTOMIMESI
- DEFORMAZIONE E PROIEZIONE ANAMORFICA NOTA 5

È legittimo chiedersi se il disegno del profilo femminile sia stato sottoposto scientemente a
deformazione anamorfica al mento (per giunta accentuata da tratto calcato e più spesso con un
alone scuro sfumato), per il raggiungimento di precisati fini posti dal disegnatore. Moltissimi
disegni di volti Leonardo attestano di ricerche analoghe sulla prospettiva e sulle fisionomie
(a volte financo deformate in eccessi caricaturali). Un esempio interessante è il disegno della
Windsor Royal Library, RL 12514 (1475-1480), raffigurante diciotto posizioni del busto e della
testa femminile; un altro esempio è costituito dallo studio Tre vedute della medesima testa,della
Biblioteca Reale di Torino (1500 circa)…

Tra le spiegazioni circa la deformazione in questione, tre parrebbero le più plausibili:


A. l’accentuazione dell’espressività della modella colta ‘nell’attimo’, connessa con l’attenzione
leonardesca alla problematica dei ‘moti psicologici’, centrali nel ritratto. In tale caso l’artificio
prospettico operato sarebbe funzionale a cogliere l’espressività del soggetto come in una sorta
di “istantanea mossa”, ove forma e proporzioni subiscono alterazioni anomale
B. l’artificio prospettico dell’anamorfosi ottica, reso attraverso ‘manipolazione’ di parte del viso
(tra il labbro inferiore e fino a sotto il mento), in questo secondo caso sarebbe funzionale
a rendere una sorta di effetto illusionistico, atto a indurre nell’osservatore una connessione
percettiva immediata con l’analoga forma capovolta replicata nel particolare in lunetta,
ponendolo così in grado di svelare ciò che era stato occultato
C. una scelta finalizzata a omologare il profilo della fanciulla al proprio profilo disegnato
capovolto nel particolare sottostante, privilegiando una caratteristica identificativa della
propria fisionomia (il naso) che, nel consentire l’identificazione del suo volto, non risultava
tuttavia tale da inficiare la somiglianza con il profilo della fanciulla. In quest’ultimo caso è
come se si realizzasse una sorta di “anamorfosi nell’anamorfosi”, in quanto il profilo rovesciato,
coincidente con il proprio, appare come proiettato a partire dal profilo della fanciulla nello
spazio sottostante, realizzando corrispondenze punto per punto ma con deformazione
ulteriore rispetto al profilo di partenza…

Il termine anamorfosi, data l’ampiezza delle sue applicazioni non può essere racchiuso entro
una definizione univoca. Etimologicamente è derivato dal greco e significa ‘riformazione’. Il
45
termine è qui considerato nel suo significato generale e riferito al campo della geometria. Cito per
esigenze di brevità ed elementare chiarezza dal vocabolario Treccani: “Corrispondenza ottenuta
proiettando da un centro di proiezione i punti di una figura, appartenente a un dato piano, su
una porzione di superficie piana o curva, sulla quale si ottiene una figura corrispondente punto
per punto a quella proiettata, ma deformata rispetto a questa. Corrispondenze di questo genere si
stabiliscono talora nei fenomeni di riflessione e di rifrazione; vi ricorrono talvolta i pittori per creare,
dipingendo su superfici curve, delle illusioni ottiche”. In seconda istanza si considera il termine
anamorfosi in senso specifico. Prosegue il Treccani:” Più specificamente è così chiamato un tipo
di rappresentazione pittorica realizzata secondo una deformazione prospettica che ne consente
la giusta visione da un unico punto di vista ( risultando invece deformata e incomprensibile se
osservata da altre posizioni)”.

Concludendo approssimativamente, il disegno sul f.399v. allo studio presenta in ambo i casi
distorsione anamorfica del profilo incentrata sulla deformazione del mento, e anamorfosi in
senso specifico in quanto il profilo e incluso nella forma arcuata risulta distintamente visibile
ruotando il punto di vista di 180 gradi.

L’ANOMALA PROSPETTIVA E L’EFFETTO ANAMORFICO

L’analisi del profilo suggerisce che la posizione di chi disegna sia obliquamente retrostante e
fortemente angolata rispetto alla figura femminile, come se il volto di lei fosse osservato ‘di
sbieco’. La giovane non pare accorgersi di essere ritratta, tutta intenta e protesa col volto un poco
ripiegato alla propria sinistra verso un centro di interesse per noi non visibile. Il suo profilo può
definirsi come un’istantanea fermata nell’attimo e fissata in memoria.
Dovendo immaginare un’ambientazione della scena, si può supporre l’occasione di una festa, di
una rappresentazione teatrale ( magari curata da Leonardo stesso), o una pubblica riunione…
Una situazione cioè in cui occorra ‘mettere a fuoco’ e inquadrare un soggetto essendo impediti
ad avvicinarlo posizionandosi in modo precario, magari perchè limitati nel movimento o perché
disturbati da interferenze visuali ( ad esempio perché il soggetto ritratto è seduto tra altri e chi
ritrae è sensibilmente indietro ed angolato rispetto ad esso…).
La particolare angolazione con cui è inquadrata la parte inferiore del volto del soggetto è tale
da non lasciar capire se la posizione atipica sia del soggetto stesso (il cui volto all’altezza del
mento parrebbe obliquamente ‘attratto’ a sinistra) oppure del disegnatore, forse costretto a
inclinare il capo lateralmente per poterlo riprendere. Le due variabili potrebbero aver concorso
simultaneamente. Va tuttavia sottolineato che, all’interno dell’anomala inquadratura, imputabile
forsanche alla peculiare veduta prospettica, sussiste un artificio, essendo i “pentimenti” evidenziati
sul mento piuttosto che interventi con finalità correttive, in realtà mirati ad estremizzare il difetto.

46
Il profilo femminile riflette un viso dolce e volitivo ( carattere accentuato dal ritocco marcato del
mento), che lascia supporre nella fanciulla il senso di appartenenza ad una cerchia aristocratica.
In tale compostezza l’evidente trasgressione alle regole della proporzione, alle quali Leonardo
riservava stretta osservanza, è ancor più stridente.
Come osserva Martin Kemp NOTA 6 “La teoria rinascimentale dell’imitazione in arte poneva
caratteristicamente l’accento sulle certezze della visione…” In tale contesto rientrava il rispetto
dei principi proporzionali “Leonardo, nei primi anni della sua carriera, è un autentico erede
della dottrina dell’Alberti secondo cui le immagini devono essere costruite sulla base dell’ordine
intrinseco alla natura”.
Prosegue Kemp: NOTA 7 “Alla dottrina secondo cui il vero intendimento si fonda sull’esperienza
sensoriale, Leonardo rimase fondamentalmente fedele per tutta la vita, ma la sua iniziale fiducia
nella semplice immediatezza della conoscenza visiva fu soggetta sempre più a riserve, finchè gli
errori della vista giunsero ad esigere altrettanta ( se non più) attenzione della geometrica razionalità
della visione.”
L’evoluzione connessa ai suoi studi di ottica e alla ricerca in campo pittorico infatti aveva in breve
comportato una svolta in cui i cosiddetti “effetti soggettivi” avevano ricevuto una considerazione
pressoché paritaria alle regole imposte dai canoni proporzionali e comunque rigorosi ai quali pur
sempre si ispirava.
Nel citare il trattato De aspectibus o Perspectiva di Alhazen, una sistematica esposizione delle
stravaganze della visione scritta nell’XI secolo, in cui a lungo il filosofo islamico si soffermava
sugli ‘errori della vista’ ( deceptiones visus), Kemp aggiunge che “Leonardo…diede la caccia alle
percezioni problematiche non meno di Alhazen…anche se la sua esposizione non raggiunse mai
l’ordinata logica del libro III del De aspectibus…” NOTA 8 Precisando di seguito, nella stessa
pagina “Non c’è segno che Leonardo si sia mai applicato a ordinare le sue osservazioni di fenomeni
soggettivi su una base sistematica, se non per un passo del tardo ms.”, ed esponendo “una serie
coerente di interessi su cui si concentrò sempre di più nella misura in cui le sue idee sul vedere e il
rappresentare si facevano più complesse e sofisticate.” NOTA 9
Infatti: “Esisteva, tuttavia, una serie di fenomeni più bizzarri, non spiegabili con l’ottica geometrica,
e in definitiva più eversivi per la scienza del pittore. Tali fenomeni – che nel XIX secolo sarebbero
stati chiamati ‘effetti soggettivi’ – nascevano dai processi stessi di percezione e cognizione, e
potevano essere spiegati solo con le stravaganze congiunte degli apparati visivo e cerebrale di cui
siamo dotati” NOTA 10
Nel disegno dell’Ambrosiana l’attenzione all’ “errore della vista” e la messa in opera di “effetto
soggettivo” paiono associarsi alla caratterizzazione fisiognomica di entrambi i profili, e soprattutto
all’insistita cura di Leonardo a quel particolare punto del volto – il mento – ove era uso effettuare
ripetute rettifiche, che in questo caso si manifestano abnormemente accentuate.
“Errori della vista” ed “effetti soggettivi” rientravano in generale nel suo campo di interesse e
ricerca. Ma nel caso specifico la concentrazione pressoché eccessiva dei “pentimenti” sul mento
pareva avere un’autonoma ragione di essere.

47
“ERRORI DELLA VISTA” ED “EFFETTI SOGGETTIVI” COME AMBITO DI RICERCA

Lo studio del movimento della figura e della prospettiva accompagna fin dall’inizio la ricerca
di Leonardo. Secondo Carlo Pedretti Leonardo aveva scritto un libro sulla prospettiva. NOTA
11 A proposito di questo libro perduto, Pedretti dice che Benvenuto Cellini acquistò nel 1542
in Francia da un gentiluomo caduto in povertà una copia di un trattato di architettura, scultura
e pittura di mano leonardesca, giudicando eccezionale la trattazione della prospettiva in esso
contenuta. Nel segnalare la lettura antecedente al 1482 (prima del suo soggiorno in Milano) di
autori quali Alhazen, Ruggero Bacone ed altri, Pedretti fissa al 1504 ( al tempo della Battaglia di
Anghiari) l’estensione degli studi per la prospettiva, spinta fino a comportare la visione grande
angolare.

È comunque provato l’interesse di Leonardo circa la rappresentazione della figura vista da sotto e
dall’alto (Pedretti attesta nei primi del 1500 una rilevante intensificazione degli studi svolti in tale
ambito). Ed è soprattutto nei disegni che il Leonardo ligio ai canoni e ai parametri proporzionali
“ricorre a una varietà di accorgimenti grafici per cogliere una considerevole gamma di effetti” E
progressivamente nel tempo si può osservare un che “ di eroico nel modo in cui egli dà la caccia
a effetti visivi che cadono al di fuori dei parametri accettabili della pratica pittorica, erodendo le
sue certezze d’un tempo e indebolendo gravemente la sua rivendicazione per la pittura, in quanto
definitiva scienza visiva, di una portata universale.” NOTA 12

Alieno dal ricadere in ‘eccessi prospettici’ e alterazioni deformanti della figura umana, applica
tuttavia la sua vis sperimentale in vari ambiti , conducendo ricerche pur non sistematiche nel
campo dei fenomeni visivi più problematici. NOTA 13
Il singolare disegno sul foglio 399 v., affrettato ma incisivamente efficace, dalle ‘proporzioni
atipiche’ e comunque non rispondenti ai canoni, può essere incluso a pieno titolo nella categoria
eterogenea dei disegni vinciani comprendenti “errori della vista” ed “effetti soggettivi”. E, oltre a
presentare alterazioni prospettiche e deformazioni anamorfiche, per la particolarità del profilo in
esso celato lascia supporre che sia stato eseguito con intenti di ricerca.

Leonardo – in virtù dei suoi studi sulla prospettiva e in generale sui fenomeni visivi ‘problematici’
e stravaganti – possedeva le conoscenze più raffinate per padroneggiare i principi e le tecniche
della deformazione anamorfica. Il suo interesse sulla prospettiva inoltre ricomprendeva
l’approfondimento della ‘visione’, impostato su uno studio rigoroso dell’anatomia dell’occhio e
della fisiologia della visione. A ciò si accompagnava il suo impegno di sperimentatore e di inventore
di macchine e strumenti in vari ambiti. Ad esempio il disegno giovanile del Codice Atlantico f.5r,
datato 1480 circa, raffigura un Prospettrografo NOTA 14 e mostra uno sperimentatore intento
a ritrarre una sfera traguardata attraverso uno schermo. Ciò sta a testimoniare il suo precoce
interesse per l’uso dei prospettrografi descritti dall’Alberti e poi illustrati e codificati dal Durer.

48
Su particolarità della prospettiva Leonardo si soffermerà nel Trattato della pittura in vari
capitoli. Ad esempio, nel capitolo 87, Modo di ritrarre un sito col vetro, descrive come delineare
direttamente sul vetro l’oggetto da ritrarre. Il vetro è per Leonardo la macchina prospettica più
elementare, e nell’applicazione di correttivi della visione si dimostrerà un precursore, come nel
caso delle “lenti di vetro” e degli occhiali considerati allora strumenti deformanti che davano
un’immagine falsata della realtà. Molte le tecniche da lui sperimentate, quali ad esempio l’uso
dello schermo graticolato per traguardare i punti osservati e trasferirli su foglio posto in piano
e parimenti graticolato ecc. Si ritiene comunemente che egli fosse a conoscenza delle ingegnose
invenzioni del Durer (lo ‘sportello del Durer’ e anche il vetro “finestra” e la griglia).

Nel sottolineare la volontà vinciana di “fornire una base scientifica alla pratica di pittura” Pietro
Marani (introduzione a L’occhio di Leonardo: studi di ottica e di prospettiva. Disegni dal Codice
Atlantico) riassume una vasta gamma di esperimenti ottici e prospettici che trovano “il loro esito
e la loro più appropriata traduzione e impiego in pittura solo nel Cenacolo”, autentica summa delle
sperimentazioni vinciane tra il 1482 e il 1490: “…dai riflessi colorati sui piatti di peltro, e al riflesso
della luce al loro interno, alla raffigurazione delle trasparenze dei vetri e dell’acqua, delle ombre
primarie e secondarie, all’intreccio delle sorgenti luminose provenienti…”da plurime direzioni.
Come emerge nella parte conclusiva dell’introduzione di Marani, ogni approccio, pur rigoroso e
puntuale, che riducesse “la ricchezza di interessi e sperimentazioni” di Leonardo artista nel campo
dell’ottica e della prospettiva alla dimensione tecnico-scientifica sarebbe perlomeno insufficiente,
poiché il suo operare riconduce sempre “alla capacità creativa e trasfiguratrice della mente del
pittore, e quindi alla pittura, al suo primato e al primato dell’occhio del pittore”. NOTA 15

ANAMORFOSI: GLI STUDI DELL’EPOCA, LEONARDO


E L’”INGEGNOSO EFFETTO”

Seppure il particolare e complesso campo dell’anamorfosi e più in generale della prospettiva


sia stato scientificamente sistematizzato solo a partire dai primi anni del 1600 già tra il XV e
il XVI secolo fu esplorato e fatto oggetto di interessanti sperimentazioni. NOTA 16 Trattasi di
tecnica dalle origini antiche; il primo a scriverne fu proprio Leon Battista Alberti, che nella prima
metà del Quattrocento nel De Pictura fornisce l’iniziale trattazione della prospettiva scientifica
e deduce la possibilità di deformazione e quindi dell’aberrazione prospettica di una immagine.
Nel Rinascimento il procedimento dell’anamorfosi fu molto utilizzato, fino a raggiungere la
perfezione formale nel XVII secolo con Andrea Pozzo, grande esponente del barocco.
Per quanto concerne Leonardo, i suoi approfondimenti nel campo delle ‘deceptiones visus’ e gli
studi ‘ pluri-disciplinari’ attestati nel Trattato della Pittura (sul tema delle ombre e nel campo

49
dell’ottica e delle rifrazioni luminose, gli esperimenti di anatomia, le ricerche sul movimento
della figura umana…) stanno a motivare e giustificare discostamenti e variazioni dalle regole
codificate, da lui scientemente adottati in vari casi. La straordinaria abilità nel produrre illusione
ottica che gli deriva da studi e sperimentazioni è pure potenziata dalle sue realizzazioni e
dall’esperienza in campo teatrale. NOTA 17
Leonardo è uomo del Rinascimento , periodo molto significativo per gli studi sulla rappresentazione
prospettica. La centralità dell’uomo impronta la visione della realtà e la prospettiva è tesa a
rappresentare la realtà pensata dalla mente. Già a partire dall’inizio del ‘500 si sperimentarono
sempre più nuovi effetti, avvalendosi dell’uso delle tecniche prospettiche attraverso viste dal
basso, dall’alto e a volo d’uccello. Giulio Romano, Baldassarre Peruzzi, Donato Bramante aprono
a quegli effetti scenografici e illusionistici che Andrea Pozzo, un secolo dopo, elaborando la teoria
della “Prospettiva d’angolo” porterà a risultati spettacolari e scenografici con la rappresentazione
illusionistica di architetture in prospettiva su pareti e soffitti.

Gli studi e le ricerche di Leonardo in materia di anamorfosi vanno viste in rapporto a quelli
sulla prospettiva (la geometria di Euclide, le opere di Vitruvio e di Tolomeo erano tra i suoi
più importanti punti di riferimento). Così pure aveva appreso i concetti albertiani (che l’Alberti
fisserà nel De Pictura,opera compilata nel 1435 in latino, tradotta in volgare nel 1436 con il titolo
Della Pittura, pubblicata a stampa per la prima volta in Basilea nel 1540).
Nel Libro Primo della versione tradotta in volgare dallo stesso Alberti, vi è un passo in cui Corrado
Verga rileva quella che potrebbe essere la prima esposizione scritta del ‘rischio anamorfotico”.
ove il fenomeno dell’anamorfosi è inteso come aberrazione prospettica. Dato il timore di far
incorrere il suo pubblico di lettori in ‘eccessi’ prospettici l’Alberti fa solo questo breve, distaccato
accenno nel corpo di un testo che mirava all’esaltazione dell’arte pittorica come imitazione della
natura da realizzarsi attraverso la conoscenza scientifica delle leggi naturali, preoccupazione
centrale che - come sopra premesso - fu pure di Leonardo. Nondimeno il suo interesse e le sue
ricerche scientifiche nel campo della prospettiva precorsero i tempi.
Egli si occupò di prospettiva e più specificamente di anamorfosi in rapporto al tema delle
ombre e a quello dei riflessi negli specchi piani, nelle sue ricerche sulla costruzione geometrica
delle anamorfosi catottriche e perfino per la risoluzione delle esigenze prospettiche legate alla
scenografia teatrale; in generale se ne occupò per  tutto quello che può essere utile ad un pittore
o a un architetto in materia di prospettiva…

Pertanto il processo deformante anamorfico è posto da Leonardo in relazione con vari campi
di ricerca, e in linea di massima si potrebbe sintetizzare il suo interesse per “tale deformazione”
con quanto ne scriverà poco più di un secolo dopo, nel 1648, Emanuel Maignan in Perspectiva
Horaria, definendola soprattutto “quella forma del procedimento artistico che teoricamente è
il più possibile conforme alla natura della visione effettuata da lontano e obliquamente, come
dimostrano sia l’esperienza che la ragione”

50
In base ai suoi studi, legati al suo tempo e anticipatori, Leonardo padroneggiava concetti e tecniche
per formare una figura/configurazione che, per quanto confusa e difforme in apparenza, essendo
inquadrata da un certo punto di vista, rappresentasse perfettamente un oggetto o immagine.
Così pure conosceva aspetti della “prospettiva bizzarra”, relativa alle apparenze negli specchi
ed era in grado di costruire delle figure tali da rivelare o rappresentare per riflesso una cosa ben
diversa da quella che appare nella visione diretta. Come attesta il citato disegno del Prospettografo
conosceva le teorie sulla prospettiva del Durer e i suoi esperimenti con le macchine prospettiche
(Albrecht Durer, Institutionem geometricarum. Libri quatuor, 1525).

Per il fatto che il suo interesse era orientato soprattutto in ambito scientifico, Leonardo già
anticipava la tendenza del Seicento, in cui la prospettiva, e accanto ad essa l’anamorfosi, saranno
oggetto di sempre più numerose trattazioni, quasi sempre per mano di matematici e geometri
ormai impadronitisi della materia.
Specificamente per il curioso particolare celato nel foglio 399v. del Codice Atlantico al centro
di questo studio, si può ipotizzare un uso particolare dell’anamorfosi: quello che Pietro Accolti
nell’ultimo capitolo della Prima Parte del suo libro Lo inganno delli occhi (cit., Firenze, 1625),
considera quale :”Dimostrazione di effetto quanto strano, tanto dilettoso e ingegnoso di prospettiva”.
La particolarità per Leonardo viene qui a consistere nell’utilizzo dell’anamorfosi per trasmettere
“...il ritratto delle più care persone, e la pianta, e disegno delle più gelose piazze, fortezze de gl’altrui
stati, o de’ proprij, senza sospetto...”
È evidente che Leonardo, nel cogliere con quell’insolita angolazione il profilo della fanciulla, intendesse
porlo in relazione con la curiosa forma di profilo rovesciato e ad esso speculare racchiuso nella
lunetta e viceversa. Così come è evidente che tale “effetto quanto strano, tanto dilettoso e ingegnoso di
prospettiva “ nella lunetta fosse finalizzato a trasmettere di per sé un profilo “senza sospetto...”. Tra le due
forme esiste una relazione enigmatica, oscillante tra duplicazione dell’immagine del volto femminile
capovolto e la creazione di un altro profilo “riformato” sapientemente, al limite dell’impercettibile, e
straordinariamente simile al suo autoritratto e al ritratto di profilo attribuito al Melzi.

L’AUTOMIMESI IN LEONARDO: “CHI S’INNAMORA VOLENTIERI


S’INNAMORANO DI COSE A LORO SIMIGLIANTI”

Lo sviluppo dell’indagine sul disegno col “doppio profilo” richiede il preliminare riferimento
al concetto leonardiano di automimesi. Anche - e specialmente - per Leonardo vale il detto
rinascimentale “ogni dipintore dipinge sé”.
Possibili implicazioni di marca neoplatonica, facilmente associabili alla formula linguistica
in questione (riecheggiante concetti quali ‘idee’ ed ’anima’propri della filosofia ficiniana e del

51
pensiero neoplatonico in generale) trovano trattazione nel capitolo omonimo “Ogni dipintore
dipinge sé…” di “Lezioni dell’occhio..” NOTA 18 E in effetti la frase “chi s’innamora volentieri
s’innamorano di cose a loro somiglianti” suona come un’affermazione vicina all’interpretazione
ficiniana dell’amore come forma di affinità…

La posizione contradditoria e non priva di aspetti conflittuali di Leonardo in materia è espressa


nel Trattato della Pittura, 105 Del massimo difetto de’ pittori, ove è scritto: Sommo difetto è de’
pittori replicare i medesimi moti e medesimi volti e maniere di panni di una medesima istoria, e
fare la maggior parte de’ volti che somigliano al loro maestro…E tale devianza dell’artista – che
egli afferma da contrastarsi – la spiega così: Ed avendo io più volte considerato la causa di tal
difetto, mi pare che sia da giudicare che quell’anima che regge e governa ciascun corpo si è quella
che fa il nostro giudizio innanzi sia il proprio giudizio nostro…Ed è di tanta potenza questo tal
giudizio, chj’egli muove le braccia al pittore e gli fa replicare se medesimo…E se trova alcuno che
assomigli al suo corpo, ch’essa ha composto, essa l’ama, e s’innamora spesso di quello…
La citazione di questo passo dà l’idea della complessità e profondità – quasi prefigurante l’idea
dell’inconscio - con cui Leonardo vive e intende quell’”automatismo” che induce il pittore a
produrre figure che “somigliano alli loro maestri “. Questa problematica lo accompagnerà per un
lungo periodo, indicativamente dal 1492 al 1510, e non è facile né corretto epurarne la “natura
platonica”, riducendolo al concetto leonardiano di esperienza in coerenza con la filosofia naturale
aristotelica. Se, in ultima istanza, la frase ogni dipintore dipinge sé, può essere riferita alla tendenza
del pittore a produrre figure somiglianti nell’aspetto esteriore alle sue fattezze, non se ne può
rimuovere il senso profondo e carico di implicazioni emotive e intellettuali pena amputarne la
comprensione.

Per Leonardo – in conflitto con la pulsione all’automimesi, di cui si imponeva il superamento - è


lo studio delle regole di fondo della natura, associate all’esperienza e alla matematica che, solo
consente di affinare e perfezionare l’uso di prospettiva e proporzione così che ‘Le figure così
composte saranno conformi alle vere regole della proporzione; mentre non lo saranno all’aspetto
del loro ‘maestro’” NOTA 19 Solo attraverso il processo scientifico col quale l’artista accorda la
sua opera inventiva alle leggi della Natura egli potrà conseguire il superamento dell’automimesi,
che per Leonardo il è il massimo difetto de pittori, un vizio originale che ha a che fare con la
natura dell’essere umano.
Affinché le opere siano conformi alle regole della bellezza della Natura e della proporzione e non
invece all’aspetto del loro ‘maestro’ è necessario quindi non solo un processo altamente scientifico
ma anche una conquista infrapersonale, una strenua lotta per superare l’imitazione - l’amore -
delle proprie fattezze.
Nella visione leonardiana (in parte prossima alla concezione materialistica dell’anima mutuata
da Avicenna, in cui l’anima è individualmente variabile e genera la forma singolare di ogni corpo
NOTA 20 ), amore e automimesi, affinità in amore e somiglianza nelle apparenze, condividono

52
un ambiguo legame, non riducibile alla sfera razionale. In questa visione l’amore, sottratto
all’immutabile sfera iperurania risulta incarnato nei singoli e dipendente dalle varietà di giudizio
di ogni singola anima, e pertanto va assunto in un più ampio e vario significato di mutua attrazione
di individui, la cui somiglianza abbraccia la sfera delle apparenze e delle affinità elettive.
Alla luce di quanto sopra, allora quel piccolo particolare nascosto nel foglio 399v., finora non visto
e magari apparentemente insignificante per chi adesso, pur avvertito, lo colga superficialmente,
si fa – per chi volesse raccoglierne le implicazioni - portatore di una problematica vissuta in
profondità dal suo autore.

Come sia radicata nella natura umana l’automimesi lo enuncia Leonardo stesso, definendola: …
il vizio (che) ti bisogna sommamente pugnare, conciossiachè egli è mancamento ch’è nato insieme
col giudizio; perché l’anima, maestra del tuo corpo, è quella che (fece) il tuo proprio giudizio; e
volentieri si diletta nelle opere simili a quella ch’ella operò nel comporre del suo corpo… In questa
lotta tra la sfera istintuale e la luce della ragione, per uscirne vittorioso:
“Debbe il pittore fare la sua figura sopra la regola d’un corpo naturale il quale communemente
sa di proporzione laudabile. Oltre di questo, fa misurare sé medisimo e vedere in che parte la sua
persona varia, assai o poco, da quella antidetta laudabile. E fatta questa notizia, debbe riprare con
tutto il suo studio di non incorrere nei medesimi mancamenti, nelle figure da lui operate, che nella
persona sua si trova.” NOTA 21

Ma a ribadire la potenza di questo ‘vizio’ originale, con cui egli deve aver fatto i conti a lungo,
sta quest’altro passo del perduto libro A: “le figure spesso somigliano alli loro maestri (…)chè
il giudizio nostro è quello che move la mano alla creazione de’ lineamenti d’esse figure (…) E
perché esso giudizio è una delle potenze dell’anima nostra, con la quale essa compose la forma
del corpo dov’essa abita, secondo il suo volere, onde, avendo co’ le mani a rifare un corpo umano,
volentieri rifà quel corpo di che essa fu prima inventrice. E di qui nasce che chi s’innamora volentieri
s’innamorano di cose a loro simiglianti”. NOTA 22
Risulta quindi ben fondato per Leonardo il sospetto che – in un esperimento di automimesi -
abbia inteso utilizzare l’anamorfosi per fissare il proprio autoritratto “senza sospetto”sullo stesso
foglio in cui aveva formato lo schizzo della fanciulla di Milano.

53
PARTE IV
REPLICANDO DUE ESPERIMENTI CELEBRI

Ne LA PREMESSA IN IMMAGINI viene elaborata una serie di comparazioni in connessione con


le varie fasi dello studio, centrate sul disegno 399v di Leonardo, che mettono a fuoco quanto
riassunto di seguito:
– le caratteristiche peculiari in esso reperite, con particolare attenzione alla scoperta del profilo
nascosto ed al raffronto tra i due profili presenti sul foglio
– le similitudini riscontrate tra il profilo del particolare del disegno 399v e le corrispondenti
caratteristiche fisionomiche dell’Autoritratto di Leonardo e del suo ritratto di profilo attribuito
al Melzi
– la compatibilità del profilo della fanciulla milanese con il volto della Gioconda, e - tramite
ulteriore raffronto - anche con il ritratto ad essa sottostante scoperto da Pascal Cotte

Particolare rilievo nella PREMESSA è assegnato alla ripetizione da parte di Sergio Frumento
di due esperimenti famosi, effettuati da Lillian Schwartz (1984) e Piero Angela (2009) in casi
diversi, ma tali da conseguire obiettivi analoghi a quelli prefissi dalla presente ricerca sul disegno
dell’Ambrosiana, in quanto anch’essi attestanti l’uso da parte di Leonardo di “sineddoche visiva”,
di anamorfosi e di processi auto mimetici nel ritrarre
Gli esperimenti di cui sopra concorrono quindi a supportare alcune conclusioni tratte dal
presente studio.

I DUE ESPERIMENTI E L’AUTOMIMESI IN LEONARDO

Una frase, esplicitata in chiusura della PARTE III, se virata in chiave interrogativa, trova nei
due esperimenti di Lilllian Schwartz e Piero Angela alcune conferme: “Può ritenersi fondato il
sospetto che – in un esperimento di automimesi – Leonardo abbia inteso utilizzare l’anamorfosi
per fissare il proprio autoritratto “senza sospetto”sullo stesso foglio in cui aveva formato lo schizzo
della fanciulla?” A questa, consegue l’ulteriore domanda:” Leonardo aveva proprio rappresentato
se stesso nello schizzo del proprio profilo celato sul particolare del f.399v.?”
Che si tratti di domande niente affatto peregrine lo attesta il ritrovamento sul foglio 10v del
Codice degli uccelli del caratteristico “naso” di Leonardo, accuratamente celato dalla tramatura

54
fitta dello scritto. La sorprendente scoperta è avvenuta nel 2009, tramite esperimento di Piero
Angela supportato da intervento tecnico dei Reparto di Investigazioni Scientifiche di Roma
(RIS). Nel corso di tale esperimento si è provveduto a ripulire dai segni sovrapposti il sottostante
ritratto a sanguigna, operando alcuni interventi mirati, che ne hanno ricostruito il volto.

Prima di sintetizzare il percorso che ha condotto all’esperimento sul Codice degli uccelli, va
richiamata alla memoria una ulteriore scoperta di Carlo Pedretti, anch’essa concernente
“sineddoche visiva”. Si tratta della valutazione da lui data (1959 – 1975 – 1979) del “disegno di
un occhio e ciocche di capelli, (Studi geometrici e sul moto, circa 1513/’15), Foglio 864 r., Codice
Atlantico, Biblioteca Ambrosiana, Milano, ponendolo in relazione con la Gioconda, della quale
avrebbe costituito un rarissimo “ricordo” (non quindi un disegno preparatorio). Anche in questo
caso “la parte sta per il tutto”, in quanto l’occhio e il dettaglio dei riccioli sono individuati come
elementi identificativi dell’intero volto.
Anche l’analoga scoperta relativa al foglio 10v della Biblioteca Reale, portata a compimento
da Piero Angela nel 2009, origina da una intuizione di Pedretti datata 1975, non portata ad
esecuzione per mancanza di strumentazioni tecnologiche idonee.

L’esperimento realizzato da Piero Angela, qui assunto quale significativo “precedente” ha provato
che il “naso” celato nel foglio 10v. del Codice degli uccelli ha rivelato alta compatibilità con
quello dell’Autoritratto di Leonardo allorché la scrittura, che confonde la visibilità delle linee
e dei dettagli, è stata rimossa, ripulendo il background al fine di offrirne una presentazione il
più possibile indipendente da interferenze visive e altre variabili incidenti. La finitura ulteriore
– effettuata con minimali interventi integrativi – ha restituito un vero e proprio “autoritratto
giovanile” a sanguigna di Leonardo che, secondo il giudizio dell’equipe dei ricercatori RIS,
comprova “compatibilità tale da ritenere ragionevole che le stesse ritraggano il medesimo
soggetto”. Non vanno sottaciute alcune confutazioni dell’esito dell’esperimento, espresse all’epoca
da Mario Taddei, che si è dichiarato autore della scoperta già a far data dal 2007 (con precisazione
dello stesso Pedretti di esserne autore fin dal 1975), sostenendo che in ogni caso l’identificazione
del “ritratto giovanile” con Leonardo doveva essere assunta con ottica dubitativa, non essendo
possibile un giudizio di identificazione certa. E in effetti tale risultato resta nell’ambito di una
alta probabilità confortata dalla adesione della grande maggioranza degli osservatori e dal
riconoscimento della somiglianza straordinaria riscontrabile “a vista”.

L’esperimento di Angela viene riproposto nella prima parte della PREMESSA IN IMMAGINI,
tramite ripetizione puntuale offerta dal dottor Sergio Frumento, il quale, operando con strumenti
tecnologici “poveri”, ha intenzionalmente limitato il suo intervento alla ripulitura delle scritte,
ottenendo anche in questo caso una somiglianza fedele con il volto dell’Autoritratto La “replica”
da lui effettuata per mezzo di semplice cancellazione per “sbiancamento” dei segni della scrittura
ha provato che, anche solo con tale minimo accorgimento, emerge distintamente la forma di

55
un naso e il resto del volto di un giovane che somiglia in modo impressionante a Leonardo.
L’osservatore, già istintivamente e autonomamente portato a ‘riconoscere’ solo dal naso, così
singolarmente caratterizzato, la sua fisionomia inconfondibile, consegue la conferma dalla
ripulitura del foglio, che restituisce i tratti essenziali del volto, svelando il ritratto di Leonardo
da giovane. La riproposizione dell’esperimento (a cui si rinvia in PREMESSA…) ha il pregio di
essere eseguita e verificata con tecnologia hardware e software a disposizione di chiunque, tramite
operazioni elementari e facilmente ripetibili, scevre da qualunque pur minima integrazione o
modifica (garantendo il requisito scientifico della “ripetibilità dell’esperimento”).

Per quanto concerne la scoperta del profilo tracciato nel particolare del f.399v. dell’Ambrosiana,
la sua messa in rapporto con la scoperta di Pedretti e l’esperimento di Angela necessita di
alcuni distinguo. Infatti, nel prendere atto di importanti analogie (trattandosi anche nel caso
dell’Ambrosiana di “naso” e profilo intero avente alta compatibilità a somiglianza con l’Autoritratto
e il ritratto di Leonardo del Melzi), va precisato che, per quanto riguarda il caso della Biblioteca
Reale, la conclusione ricavata dall’esame del foglio è stata che si tratti di un vecchio foglio ri-
utilizzato, e quindi databile prima della stesura del Codice degli uccelli, pervenendo a datare il
preesistente ritratto anch’esso nel primo soggiorno milanese, tra l’82 e il ’99. Nel caso del foglio
del Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana, il “profilo nascosto” è stato progettualmente
inserito quale parte costitutiva del disegno complessivo all’atto della sua esecuzione.

SINEDDOCHE VISIVA COME CONCETTO CHIAVE

È intuitivo che Leonardo abbia voluto rappresentare sé stesso tramite la parte più singolare e
riconoscibile del suo volto: il suo inconfondibile naso. Un artificio per lui non raro, dato che di
esempi della sua capacità di trasformare una parte per il tutto sono disseminati i fogli dei suoi
Codici (l’occhio, la mano, i drappeggi, un frammento pur minimo, financo un segno impercettibile
restituiscono entro un contesto o anche singolarmente la totalità di figure o ambienti).

L’uso della ‘sineddoche visiva’ – ove la parte sta per il tutto – in molti casi per Leonardo non è
solo il modo di rappresentare nella forma più essenziale e sintetica il soggetto nella sua interezza e
individualità, ma si fa segno tangibile e distintivo della figura e del “carattere”. Un segno che equivale
a un’ “impronta genetica” , alla “ presenza”, e che al contempo è pure “traccia di memoria” impressa
nello spazio del foglio per essere conservata e vista nel tempo. Ecco allora che, in generale, un
singolo elemento separato (e nel caso specifico lo schizzo del proprio naso), si fa vicario dell’identità
di colui che l’ha fissato tangibilmente ( in questo caso disegnato) su un supporto, e continuerà a
restare legato alla sua soggettività, anzi – qualora si tratti di elemento tale da rendersi distintivo
della persona che l’ha impresso – potrà costituirsi quale fedele “autoritratto”.
56
L’AUTOMIMESI IN LEONARDO
E IL LASCITO DI LILLIAN SCHWARTZ

A lungo sono stata affascinata dalla ricerca di Lillian Schwartz. NOTA 23 Tale fascinazione si spiega
non solo perché la sovrapposizione da lei operata al computer dell’Autoritratto di Leonardo e del
volto della Gioconda ha rivelato una sorprendente coincidenza di alcuni parametri fisionomici,
tale da risultare impressionante, ma anche perché mi sentivo convintamente partecipe dell’idea
che il ritratto, (di cui la Schwartz nell’84 identificava la prima ispiratrice in Isabella d’Aragona,
già notando sull’abito i nodi vinciani), in ultima istanza coincidesse con una sorta di ritratto
idealizzato dello stesso Leonardo.
Solo allorché - dopo anni di ricerca - sono pervenuta per parte mia alla formulazione della tesi
sulla localizzazione dello sfondo , identificando un’altra Sforza nella “prima modella ispiratrice”
(ovvero Bianca Sforza), ho giocoforza rivisitato in parte la conclusione dell’artista americana.
A ben vedere, l’idea di un Leonardo platonico, creatore di un’immagine idealizzata di sé di
sesso femminile – quasi una sorta di alter ego spirituale - non poteva coincidere con l’immagine
dell’uomo/scienziato/artista che emergeva da una obiettiva lettura del suo lavoro in arte e della
maggior parte dei suoi scritti. Fermo restava il convincimento che non poteva che aver dipinto
una donna realmente esistente, in un posto precisato e con precisi elementi caratterizzanti
quel luogo, operando da “discepolo dell’esperienza” par suo, e la sua “invenzione” – per quanto
indefinitamente complessa - non poteva non accordarsi alla ‘regola d’un corpo naturale’ e alle
leggi della Natura.
Tuttavia, a fronte di non secondarie riserve, ‘qualcosa’ del lavoro di Lillian Schwartz ancora
resiste. Resta a mio avviso convincente, soggettivamente e nel metodo (in quanto oggettivamente
verificabile e ripetibile) la sovrapposizione operata dalla Schwartz con specifico riguardo alla
parte dell’Autoritratto corrispondente al “naso”. L’esperimento qui ripetuto ne LA PREMESSA
IN IMMAGINI conferma somiglianza di questa parte del volto nell’Autoritratto e della Gioconda.
Se ne potrebbe ragionevolmente dedurre che Leonardo con un artificio abbia introdotto una
sottile deformazione anamorfica nel volto della modella originaria facendo in modo da instaurare
una somiglianza attraverso una pur minima modificazione del di lei naso che lo rendesse affine
al suo. La medesima operazione può essere agevolmente riscontrata nel corpo del disegno sul
f.399v., ove la variante “auto mimetica” del naso compare in tutta evidenza apportata sul profilo
racchiuso nella forma arcuata, per il resto del tutto identico a quello della fanciulla.

L’emergere di insospettate “corrispondenze” tra le due fisionomie, tratte in luce tramite le


comparazioni documentate nella PREMESSA IN IMMAGINI, sollecita interrogativi circa il
perché del “gioco di specchi” sottilmente deformante posto in atto:
– forse per conseguire con un artificio una complessiva somiglianza dei profili in questione: alla
luce degli scritti di Leonardo circa l’automimesi tale accentuazione della somiglianza richiama

57
alla memoria le due emblematiche frasi ricorrentemente citate “ogni dipintore dipinge sé” e “chi
s’innamora volentieri s’innamorano di cose a loro somiglianti” ;
– o forse, inversamente, per celare con tale artificio il suo stesso profilo - la propria “presenza”
- all’interno del disegno con la fanciulla attraverso un mirato procedimento anamorfico: quel
naso infatti era la caratteristica inconfondibile del suo volto, di per sé in grado di renderlo
immediatamente riconoscibile (la parte per il tutto) al pari di un autoritratto o di una firma.

LA GIOCONDA E IL PROFILO DELLA FANCIULLA


DELL’AMBROSIANA

La somiglianza tra la Gioconda e Leonardo evidenziata dall’esperimento della Schwartz


congiuntamente alla problematica dell’automimesi, vissuta conflittualmente da Leonardo, ha
suscitato nel tempo svariate supposizioni che hanno voluto vedere nella modella della Gioconda
una sorta di ‘chimera’, una ibridazione alchemica (biologica e simbolica) atta a rappresentare
una sorta di ‘coincidentia oppositorum’ ( l’androgino o perfino il travestito). L’aura di mistero
intorno all’identità della modella è stata inoltre alimentata dalle testimonianze confuse sul
ritratto, a partire da quella originale del del De’ Beatis del 1517, che hanno suggerito che Leonardo
intendesse nascondere l’identità della donna. In ogni caso né la testimonianza del Vasari né
quella del de Beatis offrono elementi utili ad una identificazione certa della modella, che resta un
enigma.
Gli esami di laboratorio condotti da Pascal Cotte direttamente sul capolavoro del Louvre tramite
la macchina multi spettrale da lui inventata e resi noti nel 2015 hanno rivelato un preesistente
ritratto sotto quello della Gioconda, e la fisionomia scientificamente ricostruita della “modella
originaria” è risultata essere diversa da quella della Gioconda. La scoperta del ritratto soggiacente
operata da Cotte – sebbene non ufficialmente riconosciuta dal comitato scientifico del Louvre – è
da ritenersi degna di considerazione, pur dovendosi ammettere un certo grado di approssimazione
nella ricostruzione scientifica da lui resa della fisionomia originaria. L’attenta osservazione della
radiografia del 1954 lascia tuttavia supporre che sussista una sufficiente affidabilità nell’identikit
ricavato dallo scienziato parigino.

Anche quel “primo ritratto celato e ricostruito in laboratorio” è stato incluso nelle comparazioni
prodotte nella seconda parte de LA PREMESSA IN IMMAGINI, sia per completezza che per
coerenza rispetto all’ipotesi che intende la modella della Gioconda non quale entità idealizzata
ma essenzialmente come donna reale, portatrice di una propria identità e storia. La conclusione
che può legittimamente trarsi alla luce della parte II e III del presente studio, integrato con questa
ultima scoperta di Pascal Cotte, è che la Gioconda sia la risultante in arte di una complessa

58
trasformazione, a partire da una diversa fisionomia femminile originaria, nella quale ha avuto
parte preponderante la confessata e combattuta propensione all’automimesi di Leonardo. In
questo senso suonano profetiche le parole di Pietro Marani, che già a far data dal 2003 aveva
individuato nell’immagine radiografica pubblicata per la prima volta da Hours nel 1954 un volto
diverso da quello della modella del Louvre, scrivendo:
“L’immagine radiografica…mostra quanto diversa sia stata l’impostazione iniziale del volto che,
privo de velo nero, appariva meglio caratterizzato per contrasti di masse, più smagrito sulla guancia
destra (quella a sinistra per chi guarda), privo delle lunghe ciocche di capelli ricadenti sul petto a
sinistra e soprattutto ancora mancante di quell’accenno di sorriso che avrebbe caratterizzato la
dama e condizionato gran parte delle letture del dipinto. Anzi, la bocca appare, nella radiografia,
ben serrata e con un’espressione quasi amara. Queste differenze, spiegabili per via del fatto che
Leonardo sarebbe andato a precisare meglio la forma e i vari dettagli sovrapponendo sottilissime
velature di colore a olio (prive quasi di pigmento bianco e perciò non registrabili attraverso i raggi
X) l’una sull’altra, non fanno che confermare la lunga elaborazione del dipinto e la sua graduale
trasformazione in un volto idealizzato” NOTA 24
L’estensione della ricerca sul disegno della fanciulla milanese a esperimenti di comparazione
centrati sul volto della Gioconda e su quello della modella del “primo ritratto” scoperto da
Cotte, non andrebbe quindi liquidata come arbitraria, essendo anch’essa coerente con ipotesi ed
obiettivi alla base del presente studio sul f.399v. che implica questioni di automimesi. Inoltre –
seppure in forma problematica e in via secondaria - non pare immotivato il tentativo di cercare
una risposta alla perturbante domanda: “la misteriosa Gioconda ha forse qualcosa a che fare col
disegno della fanciulla di profilo della Biblioteca Ambrosiana? “.*

*Al riguardo si fa rinvio alle FIGURE e al commento conclusivo della sezione “UN PERCORSO LABIRINTICO TRA
SPECCHI - La fanciulla del f.399v/Leonardo/La Gioconda”, in PREMESSA IN IMMAGINI

59
NOTE
NOTA 1 Kemp M., Lezioni dell’occhio Leonardo discepolo dell’esperienza, Vita e pensiero,
Milano, 2004, p. 204
NOTA 2, Kemp M., Lezioni dell’occhio cit., p. 329
NOTA 3, Pedretti C., in “Fragments at Windsor Castle from the Codex Atlanticus” (London,
Phaidon Press, 1957, p., 31)
NOTA 4 Per alcuni trattasi di una collana di ambra nera, assai di moda a quel tempo e visibile in
alcuni ritratti di donna della fine del Quattrocento. Si può ipotizzare tuttavia che Leonardo con
l’ambra abbia inteso fare un richiamo alle perle nere per sottolineare, oltre all’estrema raffinatezza
della donna, ritratta anche il significato simbolico e rituale legato alla perla.. La perla potrebbe
essere pure associata al simbolismo della conchiglia, che richiama pure il legame all’erotismo e
alla fertilità. In tale interpretazione, legata alla fertilità e alla generazione, va ricordato che nel
1491 ( in prossimità della datazione del quadro) la Gallerani diede un figlio – chiamato Cesare
- al Moro, sposatosi in quell’anno con Beatrice d’Este; in tal caso l’ermellino potrebbe essere
emblematicamente riferito proprio al Moro, (l’italico morel/ bianco ermellino), e al fatto che la
Gallerani ne portava in grembo il figlio. A proposito dell’animale vi è un contrasto interpretativo
tra chi sostiene trattarsi di un ermellino ( in greco galè, a echeggiare il nome Gallerani) e chi un
furetto ( che in latino pure echeggia il nome dell’amante del Moro). A ben vedere l’ermellino
parrebbe più calzante in quanto richiama proprio la figura dello Sforza, che il Bellincioni in
un sonetto definì appunto ‘L’italico morel/bianco ermellino’: infatti Ludovico il Moro nel 1488
ottenne l’agognata investitura dell’ordine dell’ermellino da parte del re di Napoli. Fa propendere
inoltre per l’ermellino il fatto che per la sua natura selvatica e indomabile è l’animale che più si
avvicina all’unicorno, figura leggendaria dell’immaginario medievale, addomesticabile solo da
una fanciulla pura. Da notare, in tale ottica, l’isomorfismo tra occhi e sguardo della giovane
e quelli dell’ermellino a simbolizzare un’affinità emblematica tra l’animo della fanciulla e la
peculiare natura dell’animale. Va aggiunto infine che per alcuni storici (ad es.: A. Rosemberg,
1907 e G. Poggi, 1919) l’animale va visto nel contesto di una disputa tra castità rappresentata
dall’ermellino e corruzione rappresentata dalla faina, e quest’ultima specie potrebbe essere quella
dipinta da Leonardo in riferimento specificamente al Ludovico il Moro. Circa la datazione, va
notato che Cecilia indossa abiti di foggia spagnola e che la sua acconciatura e il modo di fermare
i capelli è pure spagnolo: ciò orienta la data del dipinto al 1490 poichè tale moda fu introdotta alla
corte di Milano da Isabella d’Aragona.
NOTA 5, Per la parte terza (con particolare riguardo al paragrafi ANAMORFOSI: gli STUDI
DELL’EPOCA, LEONARDO E L’”INGEGNOSO EFFETTO”) si fa rinvio alla bibliografia
specifica indicata alla voce “Approfondimenti bibliografici relativi a questioni di prospettiva
e ad anamorfosi”
NOTA 6 Kemp M., Lezioni dell’occhio... cit., p. 299

60
NOTA 7 Kemp.M., Lezioni dell’occhio…cit., p. 301-302
NOTA 8 Kemp M., Lezioni dell’occhio…cit., p. 305
NOTA 9 Kemp M., Lezioni dell’occhio…cit., p. 305
NOTA 10: Kemp M., Lezioni dell’occhio…cit., p.303
NOTA 11: Pedretti C., Leonardo “discepolo della sperientia” in Nel segno di Masaccio , Filippo
Camerota ( a cura di), Galleria degli Uffizi, Firenze, p. 167 e segg. A proposito di questo libro
perduto, Pedretti dice che Benvenuto Cellini acquistò nel 1542 in Francia da un gentiluomo
caduto in povertà una copia di un trattato di architettura, scultura e pittura di mano leonardesca,
giudicando eccezionale la trattazione della prospettiva in esso contenuta.
NOTA 12: Kemp M., Lezioni dell’occhio…cit., le due citazioni rispettivamente alle pagine 302 e
319
NOTA 13 È nelle deformazioni caricaturali che Leonardo rivela il suo “sguardo” ironico e
tagliente, spinto fino alla dissacrazione, utilizzando anche le conoscenze di anatomia e psicologia
per rappresentare il lato comico, aberrante e grottesco dei personaggi e della natura umana. Allora,
il suo occhio reso lucido e spietato, riesce cogliere nella natura umana il disumano al limite del
bestiale e implicitamente la violenza esterna ( miseria, emarginazione…) che condanna l’umano
alla caduta nell’ abbruttimento. Pur restii dal voler vedere nella ricerca e nella sperimentazione di
Leonardo sugli “errori della vista” e gli “effetti soggettivi” un’anticipazione delle innovazioni del
XIX secolo, si può cogliere qualcosa di provocatoriamente attuale nelle sue caricature.
NOTA 14 Riprodotto in Carlo Pedretti, Art Dossier, Leonardo. Il ritratto, Giunti, Firenze, 1998,
p. 35
NOTA 15, Marani P.C., L’occhio di Leonardo: studi di ottica e di prospettiva. Disegni dal Codice
Atlantico, De Agostini, Milano, 2014, introduzione, p.12 e p.15
NOTA 16 Si tralascia di considerare in questo contesto il campo delle interessantissime applicazioni
delle anamorfosi nelle sperimentazioni dell’arte contemporanea. Frequente è l’uso di questa
tecnica anche da parte degli artisti di strada. Nella pubblicità oggi trova un intensivo impiego
strumentale in associazione con le più avanzate tecnologie, finalizzato al condizionamento e alla
manipolazione psicologica, stante la potenza con cui questa tecnica può agire – anche in via
subliminale - sulle strutture profonde dell’inconscio
NOTA 17 Nel suo capolavoro Il Cenacolo è presente uno dei primi esempi di “prospettiva
accelerata”: l’ambiente viene a coincidere con una gabbia prospettica in cui le direttrici convergono
nel ‘fuoco’ posto all’infinito sopra la testa di Cristo creando grande profondità di campo, con
effetto di sfondamento della parete su cui si trova il dipinto, così da mostrarlo come un ambiente
nell’ambiente-refettorio stesso. La dimensione dei personaggi è ingrandita in rapporto alla tavola
e le figure occupano tutto lo spazio che contiene la scena. Già nell’Annunciazione si può cogliere
l’attitudine leonardesca a realizzare una sorta di impercettibile distorsione anamorfica della figura
nella posizione del braccio della Vergine. E nella Madonna dei fusi gli studiosi segnalano un
artificio anamorfico. Mentre tuttavia per Kemp “i rifletto grammi a infrarossi indicano che la testa
della Vergine è stata allargata solo allo stadio del disegno preliminare”, per Pedretti e Joannides

61
l’uso di una “ forma di distorsione anamorfica, specie nella testa della Vergine, in relazione a
un punt o di vista decentrato…” farebbe “...pensare a un ponderato sistema di distorsione ottica
applicato in tutto il dipinto” (ved. testi di riferimento inclusi in bibliografia, con rinvio puntuale
a Martin J. Kemp, Lezioni dell’occhio. Leonardo da Vinci discepolo dell’esperienza,Vita e pensiero,
Milano, 2004, p. 269 e nota 2 in calce alla stessa pagina).
NOTA 18 Kemp M., Lezioni dell’occhio…cit., -----“ Ogni dipintore dipinge sé: un’eco neoplatonica
nella teoria di Leonardo?” pp. 69 e segg.
NOTA 19 Martin J.Kemp, Lezioni dell’occhio…cit., p.85
NOTA 20 Kemp ritiene che per Leonardo (al pari di Avicenna) l’anima materialisticamente intesa
“determina proprio le caratteristiche e peculiarità individuali del corpo di ognuno” ; la citazione è
estrapolata da Kemp M, Lezioni dell’occhio…cit., p.75, il quale a p. 76 prosegue precisando che
“ Tale versione prosaica dell’anima che produce direttamente la forma particolareggiata di ogni
singolo corpo non sembra riflettere la visione neoplatonica ( essenzialista) dell’anima creatrice di
forma, ma piuttosto una lineare versione (materialista) della teoria ippocratica della generazione
trasmessa a Leonardo da Avicenna”. L’interpretazione offerta da Kemp, in parte condivisibile,
tralascia tuttavia di considerare altri importanti aspetti connessi alla problematica dell’automimesi
in Leonardo, così come da lui stesso profilata in vari scritti (e in particolare nel citato punto 105
del Trattato della pittura)
NOTA 21 Pedretti C., Leonardo da Vinci, On Painting: A Lost Book (Libro A) Reassembled from
the Codex Vaticanus 1270 and from the Codex Leicester, Berkeley, Los Angeles, Cal.,1964 p.53
NOTA 22 Pedretti C., Leonardo da Vinci, On Painting: A Lost Book (Libro A) Reassembled from
the Codex Vaticanus 1270 and from the Codex Leicester, Berkeley, Los Angeles, Cal.,1964 p.35
NOTA 23 Lillian Schwartz è un’artista americana famosa nel mondo per il suo lavoro pionieristico
nell’uso del computer sia nel fare arte che nell’analizzare opere d’arte. In particolare è nota per
i suoi esperimenti al computer applicati alle opere pittoriche di Leonardo (Il Cenacolo e La
Gioconda): molto scalpore ha fatto soprattutto la sovrapposizione dell’Autoritratto di Leonardo
al volto della Gioconda, che ha raccolto sia consensi che contestazioni nella comunità scientifica.
Tale ricerca è stata presentata in Italia ad un convegno organizzato dalla provincia di Firenze
nel 2006 (ma già da un ventennio le sovrapposizioni al computer erano state rese note). A
sostegno della sua tesi sono intervenuti Renzo Manetti, studioso e scrittore di iconologia e storia
dell’architettura e (con alcuni distinguo) Alessandro Vezzosi, fondatore del Museo Ideale di
Leonardo da Vinci. Il suo lavoro di ricerca sulla Gioconda ( comprendente le relative immagini
al computer) è stato pubblicato nel libro Il volto nascosto di Leonardo/Leonardo’s Hidden Face,
Polistampa, Firenze
NOTA 24 Marani P.C., La Gioconda, in Art dossier, giugno 2003, p 33

62
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI

AA.VV, La rappresentazione pittorica, a cura di Gabriele Tomasi, Autori: Caldarola E., Chiodo
S., Hyman John, Voltolini A., Spinicci P., Centro Internazionale Studi di Estetica Aesthetica
Preprint, 2009AA.VV,
Gombrich E.H.- Hochberg Julian - Black Max,Arte, percezione e realtà. Come pensiamo le
immagini, Piccola biblioteca Einaudi. Nuova serie, Einaudi, Torino, 2002
Arnheim Rudolf, Arte e percezione visiva, Milano, Feltrinelli, 1962.
Chastel A., Art et humanisme au temps de Laurent le Magnifique, études sur la Renaissance et
l’humanisme platonicien., Presses universitaires de France, Paris, 1982.
Gombrich E.H , Immagini simboliche. Studi sull’arte nel Rinascimento, Torino: Einaudi, 1978
Gombrich, L’immagine e l’occhio. Altri studi sulla psicologia della rappresentazione pittorica,
Einaudi, Torino, 1985
Gombrich E.H , Arte e illusione. Studio sulla psicologia della rappresentazione pittorica, Phaidon,
Londra-New York, 2008
Goodman N., I linguaggi dell’arte, il Saggiatore, Milano, 1976
Huyghe René, in La Gioconda, a cura di Pietro Marani, Giunti Martello, Firenze, 1982
Marani P.C.et al., Leonardo e i leonardeschi nei musei della Lombardia, Electa, Milano, 1990
Marani P.c., Leonardo. Dentro la pittura, Electa, Milano, 1994
Marani P.C., La Gioconda, in Art dossier, giugno 2003
Marinoni A , I rebus di Leonardo da Vinci raccolti e interpretati, Olschki, Firenze, 1956
Pedretti C., “Fragments at Windsor Castle from the Codex Atlanticus” (London, Phaidon Press,
1957, p., 31)
Pedretti C., Art Dossier, Leonardo. Il ritratto, Giunti, Firenze, 1998, p. 35
Pedretti C., Leonardo “discepolo della sperientia” in Nel segno di Masaccio , Filippo Camerota ( a
cura di), Galleria degli Uffizi, Firenze,
Pedretti C., Leonardo, Giunti, Firenze, 2006
Pedretti C., Il tema di profilo, o quasi in Fiorio M.T.-Marani P.C. (a cura di ), I leonardeschi a
Milano, fortuna e collezionismo, Milano, 1991
Pedretti C., Leonardo da Vinci, On Painting: A Lost Book (Libro A) Reassembled from the Codex
Vaticanus 1270 and from the Codex Leicester, Berkeley, Los Angeles, Cal.,1964
Piana G. Fenomenologia e psicologia della forma, (testo tratto dale lezioni del 1988), Università
degli Studi di Milano
Pirenne M.H., “The Scientific Basis of Leonardo da Vinci’s Theory of Perspective”, British Journal
for the Philosophy of Science, London, vol. III, no. 10, 1952, pp. 169-185
Veltman K. H - Kenneth D, Studies on Leonardo da Vinci Vol. I. Linear Perspective and the
Visual Dimensions of Science and Art,Geutscher Kunstverlah, Munich 1986,

63
Veltman K.H., Perspective, Anamorphosis and Vision Marburger Jahrbuch, Marburg, Vol. 21,
(1986), pp. 93-117
White J., “Developments in Renaissance Perspective”, Journal of the Warburg and Courtauld
Institutes , London, vol. 12, 1949, pp. 58-79, and vol. 14, 1951, pp. 42-69.
Joannides V., Creative Distorsion in the Renaissance: Lippi, Leonardo and Parmigianino, Apollo,
CXXXVI (1992), pp.239-242
Katz D., La psicologia della forma, Einaudi, Torino, 1950
Kemp M., Lezioni dell’occhio. Leonardo da Vinci discepolo dell’esperienza,Vita e pensiero, Milano,
2004
Klee,P., Teoria della forma e della figurazione, Feltrinelli, Milano, 1952, Vol. I
Schwartz L.-Vezzosi A.-Manetti R., Il volto nascosto di Leonardo/Leonardo’s Hidden Face,
Polistampa, Firenze

APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI RELATIVI AD ANAMORFOSI E QUESTIONI


DI PROSPETTIVA - Sviluppi pubblicati nei due secoli successivi delle problematiche che, pur
in forme embrionali o parziali, furono affrontate da Leonardo in ottica scientifica.

Pubblicazioni del XVI secolo


Alberti, Leon Battista De Pictura, pubblicato a Basilea, 1540
Barbaro Daniele, La pratica della perspettiva, pubblicato a Venezia, 1568
Lomazzo Giovanni Paolo. Trattato dell’Arte della Pittura, Scultura ed Architettura, pubblicato a
Milano, 1584

Il XVII secolo si apre con la pubblicazione di un trattato di grande valore scientifico, il


“Perspectivae Libri Sex” di Guidubaldo del Monte, per merito del quale la prospettiva assume i
connotati scientifici che fin dal primo momento si era inteso darle.
Accolti Pietro, Lo inganno delli occhi, Firenze 1625
del Monte Guidubaldo, Perspectivae, Libri Sex, pubblicato a Pesaro nel 1600
de Caus Salomon, La Perspective, avec la Raison des Ombres et de Miroirs, pubblicato a Londra
nel 1612
du Breuil Jean, La perspective pratique, Parigi, 1642
Herigon Pierre, Cursus Mathematicus, 1637
Maignan Emanuel, Perspectiva Horaria, 1648
Niceron Jean Francois, La perspective curieuse, Parigi, 1638
Pozzo Andrea, Perspectiva Pictorum et Architectorum, 1693
Kircher Athanasius, Ars Magna Lucis et Umbrae, 1646

64

Anda mungkin juga menyukai