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BIBLIOTECA
DELL
ECONOMISTA
SECONDA SERIE.
TRATTATI SPECIALI.
Voi. I.
TORINO
STAMPERIA DELL'UNIONE TIPOGR A FICO-EDITH! CE
Vii I. V. itfh Anj.ii, N- 1, cui Foti
1859
B^
v, /
LEONCE DE LAVERGNE
SAGGIO
SULL'ECONOMIA RURALE DELL'INGHILTERRA
DIVERSI
SULL'AGRICOLTURA INGLESE
M773888
tu
AVVERTIMENTO
QUISTIONI ECONOMICHE
CHE LE SI RIFERISCONO.
ART. AGRICULTURE.
fluenza sull'andamento dell'arte agraria, per non meritare di farvisi una speciale
attenzione.
Si sa fino a qual punto i lavori dell'industria manifattrice si prestino alla
separazione : quante materie da maneggiare vi sono, tante occupazioni o profes
sioni distinte ne sorgono. Inoltre, ad ognuna delle trasformazioni che esse abbiano
da subire, prima che si adattino alle esigenze del consumo» passano in nuove
mani, e mani tanto più abili nel loro genere di lavoro, quanto che, non facendo
mai altro, vi hanno acquistato una abitudine inveterata. È questa una fra le
cause della potenza che spiega l'industria manifattrice; è questo uno fra i van
taggi di cui essa gode, e che tanto facilitano i suoi progressi. Ora l'agricoltura
è affatto priva d'un tal vantaggio. I suoi lavori non potrebbero far nascere varii
mestieri , ed il minimo coltivatore è sempre aggravato da una moltitudine di
opere troppo dissimili tra loro, perchè egli potesse tutte adempirle con un'uguale
destrezza.
Ciò che aggrava l'inconveniente si è che non havvi impresa rurale , grande
o piccola, la quale realmente non sia una manifattura di diversissimi prodotti.
Si possono ben dividere le coltivazioni in categorie generali , chiamando l'una
quella dei cereali , l'altra quella delle erbe, una terza quella delle vigne ecc. :
ma queste qualificazioni non impediscono che ogni coltura sia costretta di riu
nire generi di produzioni, diversi da quello di cui principalmente si occupa, e da
cui prende il nome. Le terre non si prestano alla continua coltivazione degli stessi
prodotti; non tardano ad esaurirsi se non si variano le raccolte, ed è forza ri
correre a degli avvicendamenti senza dei quali il suolo finirebbe di rimunerare
la fatica del coltivatore. Da un altro lato, non vi ha coltura che possa dispen
sarsi di animali bastevoli, non solamente per effettuare i trasporti e i lavori, ma
anche per fornire i concimi indispensabili alla fecondazione del suolo. Così la
coltura dell'erbe si congiunge sempre alle altre, e si vedono pochi coltivatori
che non aggiungano ai cereali ed ai foraggi le radici e le piante industriali. La
medesima necessità si risente da tutte le classi di coltivatori. Il vignaiuolo non
può limitarsi a vegliare le viti che non gli diano lavoro se non per qualche
mese, e per le quali d'altronde bisogna che egli procuri gl'ingrassi consumati
dalle sue piante e non restituiti; e l'ortolano medesimo, quando non trova vicino
a sè i concimi, dalla cui abbondanza dipende affatto il buon successo dei suoi
sforzi , è costretto di mantenere animali, epperciò sforzarsi ad ottenere le erbe
e le radici con cui alimentarli.
Sicuramente, tutte le industrie hanno la loro utiiilà ; tutte colle loro opere
concorrono al benessere del genere umano; tutte si aiutano, si sostengono e si
vivificano a vicenda; ma, a considerarle nell'ordine medesimo della loro spe
ciale importanza, non v'è dubbio che il primo rango appartiene di pieno di
ritto all'agricoltura, non tanto per il gran numero delle braccia che essa occupa,
quanto per lo scopo a cui tendono i suoi sforzi. E l'agricoltura che sopperisce
alle più imperiose necessità dell'umana esistenza. Essa è che alta popolazione
fornisce i mezzi di sussistenza indispensabile; essa è che fornisce la maggior
parte delle materie prime, il cui uso è richiesto per risparmiare agli uomini un
gran numero di patimenti poco meno micidiali che la fame ; e le società non
fioriscono che in proporzione dell'aiuto che l'agricoltura presti alla soddisfazione
dei loro bisogni.
Poche osservazioni semplicissime bastano per togliere ogni dubbio su tal ri
guardo. Due cose determinano la potenza e la ricchezza delle nazioni: l'una è
la loro forza numerica, l'altra è l'estensione dei loro mezzi di consumo. Ora ,
queste due cose dipendono intieramente dallo stato più o meno prospero in cui
trovasi l'agricoltura. Essa è che nutre le popolazioni, e che con ciò medesimo ne
regola il numero. Invano una legge naturale ed inflessibile le spinge sempre n
moltiplicarsi; questa legge, fungi dal l'eseguirsi, diviene una causa di patimenti
tutte le volte che l'abbondanza delle raccolte non si aumenti. Le popolazioni che
urtino col limite delle sussistenze, soffrono privazioni il cui peso le schiaccia, e
allora sopravvengono le cause distruttive a contenere nei limiti della sussistenza
il loro progresso.
Se è necessario ehe la produzione agricola accompagni la moltiplicazione
degli uomini, è anche più necessario che accompagni il miglioramento della loro
sorte. Le società non si arricchiscono, se non in quanto pervengano a trarre un
ÀGBtCOtTtlRA. 7
miglior partito dall'uso delle loro forze. A misura che esse si istruiscono, un
lavoro più energico, perchè meglio diretto, aumenta la fecondità e riceve una
più ampia ricompensa. Tutto, in questo benefico movimento, dipende dallo sìan
cio dell'agricoltura. Se essa non moltiplica le materie prime, in modo che gli
uomini i quali abbiano imparato ad adoperarle con minor travaglio e tempo ne
trovino in maggior abbondanza, le conquiste dell'arte rimangono sterili; se essa
non accresce aubastanza le derrate alimentari per darne una maggior porzione
a coloro la cui industria sia divenuta più produttiva, questi non otterranno là
rimunerazione loro dovuta, e la societa non potrà elevarsi ad un grado supe
riore di agiatezza e benessere. Cosi i de-Uini dellumauiià non si compiono che
coli'aiuto dei perfezionamenti agrarii ; cosi non vi ha progresso di prosperità
sociale che non supponga come indispensabile condizione qualche progresso
agrario.
Tutto, nella storia dell'umanità, conferma l'esattezza di queste osservazioni.
È la pratica dell'agricoltura che mise un termine alla primitiva barbarie, e diede
alla civiltà le sole basi su cui poteva appoggiarsi e consolidarsi. Finchè la terra
rimase incolta, non fu abitata che da poveri selvaggi, condannati a vagare in cerca
di radici ed animali, decimati dalla fame, dal freddo e dalle malattie , pronti a
scannarsi tutte le volte che s'incontrassero, perchè le piccole tribù a cui appar
tenevano non potevano sfuggire agli orrori della fame, se non a condizione di
prendere per sè i deboli mezzi di sussistenza sparsi nei deserti d'intorno. Tutto
si mutò nel destino allora sì triste dell'untati genere, il giorno in cui si conobbe
l'arte di coltivare la terra. A dei mezzi incerti, precarii, e sempre insufficienti, se
ne sostituirono altri regolari, ottenuti ad epoche precise, dipendenti non più dal
caso, ma dalle volontà medesime di coloro che li creavano. Uomini la cui esi
stenza era già assicurata, godenti d'un'abbondanza ignota per il passato, ebbero
infine il tempo di dedicarsi a lavori di varii generi ; acquistarono cognizioni , e
ben presto la loro mente s'illumioò. Poterono costruirsi abitazioni, formarsi ve
stiti, cambiare fra loro i prodotti di varie industrie; la separazione delle occu
pazioni cominciò, ed a misura che nuove scoverte vennero a porli in grado di
perfezionare le loro opere ed aprire nuove vie alla loro attività, la scienza e la
ricchezza presero il luogo che prima era occupato dalt'ignoranza e dalla miseria.
a nulla trascurare di tutto ciò che possa rendere sempre più feconda là terra ne!
present* e nell'avvenire. , ' «
Sventuratamente tale non è l'effètto della maggior parte fra le convenzioni
che si facciano tra i proprietarii del suolo e quelli che lo lavorano. Vi si trovano
numerosi vestigii dei tempi In cui le classi rurali non appartenevano a se me
desime, e l'agricoltura stenta a liberarsi dal peso degli usi e delle costumanze
che continuano a Comprimerne lo svolgimento.
Fra i sistemi attualmente in vigore, due ve n'hanno f quali, per l'estesa loro
applicazione, domandano un'attenzione tutta particolare; l'uno è noto sotto il
nome di affitio, l'altro soito il nome di mezzeria. L'affitto è la cessione, fatta
dal proprietario, per un dato prezzo e per un tempo determinato, del diritto di
coltivare le terre che gli appartengono. Questo sistema ha dominato in Inghil
terra, in una parte della Francia, nel Belgio, e generalmente nelle contrade più
progredite, all'occidente ed al centro dell'Europa: Esso è evidentemente quello
le cui condizioni meglio si possano accordare coi veri interessi della produzione.
Il fitiamolo è libero di scegliere quella specie di coltura che, ad egual superficie,
produca di più. Purchè egli paghi regolarmente il suo fitto, e non deteriori il
tondo affidatogli, nulla lo limita nelle imprese di cui sono suoi i guadagni,
ed è necessariamente incitato a cavare dalla terra tulio ciò che esso può ren
dere. I difetti attribuiti ad un tal sistema sono: 1° che essa non opera abba
stanza sui proprietarii per interessarli ai miglioramenti le cui spese esigano il
loro concorso; 2° che non permette ai fittaiuoli se non quei miglioramenti i eui
frutti si raccolgano in poco tempo; 5° che li eccita o a trascurare o ad esaurire
le terre, da cui devono fra poco tempo uscir fuorù Questi inconvenienti son
veri, e non è possibile allontanarli del tutto. Vi ha nondimeno un rimedio
efficacissimo, ed è la lunga durata dei' fitti. Quanto èssi sono più lunghi,
tanto più i linaiuoli hanno interesse a rispettare il suolo, tanto più han motivo
di desiderarne il miglioramento. Le opere che sembrano troppo rischiose a chi
deve in pochi anni rifarsi della loro spesa, più non lo sono a chi può rifarsene
in una lunga serie d'anni; e dappertutto i coltivatori si mostrano tanto più i&-
clinati a fecondare l'avvenire, quanto più sappiano che l'avvenire loro appar
tenga. L'ostacolo ad allungare gli affitti consiste principalmente nel timore che
concepiscono i proprietarii, di non potere ben presto partecipare all'aumento di
reddito che la coltura produca. Ora quest'ostacolo non è del tutto invincibile.
Fra i varii modi propostisi per sopprimerlo, ecco quello che più d'ogni altro
sembra riunire tutte le desiderabili condizioni di buon successo. Lasciare ai fit
taiuoli il diritto, quando la locazione spiri, di ottenerne la rinnovazione, a patto
di un aumento convenuto anteriormente ; e lasciare al proprietario il diritto di
riprendere alla medesima epoca il suo fondo, a patto di una indennità la cui
somma dovrebbe essere del pari stabilita antieipatamente. Così, i fittaiuoli sa
rebbero certi di essere pienamente indennizzati, nel caso in cui il tempo di rac
cogliere il profitto delle loro anticipazioni venisse a mancare; e ciò basterebbe
per indurli a dei granili miglioramenti, ed" ai sacriflrii che essi sempre richie
dono. Certo, non v'ha combinazione che possa mai suscitare nei semplici fit.
taiuoli i sentimenti da cui è governato l'animo dei proprietarii; ma bisogna, per ,,^.
quanto si possa, cercare le condizioni più atte ad inspirarne almeno una parte. j^*
'fotto sta nell'aceordare al fittaiuolo una piena libertà di azione, ed una pien^r
'
12 PASSV.
sicurezza di avvenire. Ciò fatto, essi non esiterebbero più ad incontrare, per mi
gliorare la coltura, le spese avanti a cui indietreggiano ancora, nel timore di
travagliare a beneficio altrui.
Il sistema che chiamasi mezzeria, è praticato in quasi tutto il mezzodì d'Eu
ropa, e nella maggior parte dei dipartimenti occidentali, centrali e meridionali
della Francia. È un sistema che stabilisce una specie di strettissima associazione
tra il proprietario del fondo e il coltivatore. Entrambi concorrono per metà alla
compra ed all'estensione dei mezzi di coltura; il proprietario entra per qualche
cosa in certe spese, e divide col coltivatore i prodotti raccoltisi, lasciando a que
st'ultimo ordinariamente la cura di venderli. La divisione, come il nome mede
simo lo indica, ordinariamente si fa per metà, benchè vi siano dei luoghi in cui
il coltivatore ceda al proprietario i due terzi del prodotto lordo, ed altri in mi
non gli lasci che i due quinti o meno ancora. La mezzeria ha dei vantaggi la
cui importanza varia nei varii paesi ove esiste. Dapprima, il suo effetto è quello
di assicurare, colla stabilità delle condizioni su cui riposa, la stabilità della
sorte dei contadini, i quali non hanno, come i fittaiuoli, da temere la concor
renza di rivali che li costringano a ritirarsi. In secondo luogo, attribuendo im
mediatamente ai proprietarii una parte dei beneflcii risultanti dai miglioramenti,
li eccita ad incontrare tutti i sacrificii che occorrano. Son questi dei vantaggi
di cui certamente bisogna tenere un gran conto," ma essi non danno ognidove
frutti egualmente buoni; e vi son dei paesi in cui son ben lontani dal contrap-
pesare gl'inconvenienti, non meno reali, di un tal sistema.
Egli è nelle contrade meridionali dell'Europa, ehe la mezzeria riesce più utile
all'agricoltura. Tutto colà , nella costituzione e nel reggime delle campagne ,
rende necessario il continuo intervento, attivo e diretto, del proprietario. Da una
parte, una notabile porzione delle raccolte consiste in olii, in vini, in frutti,
qualche volta aucora in bozzoli ; e i coltivatori, naturalmente preoccupati più
del presente che dell'avvenire, sarebbero sempre poco disposti ad incaricarsi
delle spese di piantagioni di vigne e d'alberi, il cui prodotto dovrebbe attendersi
per lungo tempo. Da un altro lato, molti terreni non fruttano che a forza di
lavori d'irrigazione, i quali esigono forti spese di costruzione, impossibili a sop
portarsi da altri che dai proprietarii. Per ottenere e condurre l'acqua, senza la
quale il suolo sarebbe sterile, occorrono dei pozzi, dei serbatoi, delle macchine,
dei canati, dei rigagnoli, soggetti a deteriorarsi di continuo, cose tutte per la
manutenzione delle quali sarebbe impossibile contare su fittaiuoli esposti a do
ver uscire dal fondo tostochè venisse il termine del loro contratto. A differenza
di ciò che vediamo nel Nord, in Italia ed in Ispagna havvi un buon numero di
fondi nei quali si è dovuto immobilizzare, sotto forme di piantagioni e mezzi
d'irrigazione, capitali d'un valore ben superiore a quelli del terreno, e ciò spiega
la proporzione del prodotto, a primo aspetto eccessivo, che prendono i proprie
tarii. Infatti, dal canto loro vi son due distinti elementi, l'uno che rappresenta
il reddito della terra medesima, l'altro che rappresenta l'interesse delle conside
revoli somme, colle quali la terra si rese coltivabile o divenne più fertile. Le cir
costanze che rendono tanto utile nel mezzodì dell'Europa l'associazione fra i
padroni del fondo ed i suoi coltivatori, perdono il loro impero a misura che il
clima si raffredda, e che la produzione rurale finisce di esigere tante spese. Nel
centro, per esempio, della Francia le mezzerie non hanno nè oli veti, nè gelseti ;
AGRICOLTURA. ]3
la maggior parte anche non posseggono che pochissime vigne, e le loro raccolte
si aggirano in grani, in erbe e in animali. L'irrigazione non vi è indispensabile;
i proprietarii non hanno da mantenere e riparare che un piccolo numero di edi-
fieii; e come nulla da parte loro domanda continue spese produttive, cosi la
mezzeria vi presenta più inconvenienti che utilità. , •
Questo sistema ha un vizio radicale, da lungo tempo notato da Adamo Smith,
ed è la forma in cui si effettua la ripartizione del reddito territoriale. Attribuendo
al proprietario, come fitto del fondo, una porzione fissa del prodotto lordo, esclude
la coltivazione delle piante che esigono maggiori spese di produzione, o non
accorda loro un posto sufficiente ; e quindi arresta il progresso dell'arte e della
ricchezza agricola. Il che esige, per ben comprendersi, qualche spiegazione.
Ciò che segna il grado della ricchezza rurale è il reddito netto della terra. La
terra è il fondo, il capitale, che l'industria umana fa valere, e quanto maggiore
sia il suo reddito netto, a parità di superficie, tanto più è potente l'industria che la
coltiva, tanto maggiore è la ricchezza che essa fa nascere nell'interesse di lutti.
Non si deve tener conto della quantità di capitale circolante, per mezzo del quale
si pagano le spese di produzione ; giacchè, grande o piccola, essa in tutti i casi
ha la sua distinta retribuzione, prelevata sul raccolto lordo, ed il reddito netto
mai non consiste che nell'eccesso, dopo prelevala la parte del capitale circolante.
11 progresso dunque in agricoltura consiste nel far crescere la porzione di pro
dotto che, rimborsate le spese della produzione, rimanga di netto e serva a pa
gare il fitto, e dare un guadagno al coltivatore. Questo prodotto netto è ciò che
misura la potenza dell'arte; e le migliori coltivazioni sono dappertutto quelle le
quali lo innalzano più, tenuto conto della estensione del terreno. Ora la mez
zeria ha precisamente l'effetto di impedire che i coltivatori preferiscano quelle
raccolte le quali lascino un maggiore prodotto netto proporzionatamente alla
superficie. .. ,.'
La ragione è chiara. Il mezzaiuolo paga in generi : ciò che 'esso deve è una
certa porzione del prodotto lordo; e quindi egli ha un continuo interesse a sce
gliere le colture, non già in ragione di ciò che possano dare per ogni ettara
dopo sottratte le spese, ma in ragione del rapporto fra la somma delle spese ed
il valore totale delle raccolte. Per lui le migliori colture son quelle che richie
dono minori anticipazioni; le peggiori son quelle che ne domandano più, qualun
que possa esser la cifra del prodotto netto. Suppongasi, per esempio, un luogo in
cui ogni ettara di terreno coltivato a segala richieda una spesa dì 45 fr. per
fruttarne 125, ed in cui la medesima ettara coltivata a grano richieda 120 fr.per
fruttarne 250: un fitiamolo in tal caso non esiterà a preferire la coltivazione
del grano. È in danaro che esso paga il suo fitto, ed una coltura che gli renda
130 franchi di netto, varrà per lui molto più che un'altra la quale, a parità di
superficie, non gli renda che 80 franchi. Uh mezzaiuolo sarà costretto di fare
un calcolo intieramente diverso. L'eltara a segala, sopra 45 franchi ne rende
125; e toccando a lui la metà del raccolto, avrà un guadagno di 15 franchi:
l'ettara a grano, per lo contrario, costa 120 franchi e ne produce 250; quindi
per sua metà, tenuto conto delle sue anticipazioni, egli avrà 125 franchi, ossia
un guadagno di 5 franchi soltanto: senza dubbio sceglierà la coltura della se
gala. A più forte ragione, il mezzaiuolo si asterrà di rivolgere il suo lavoro sulle
piante che, come il lino, la canapa, il colia, costano una spesa di coltura che
14 PASSY.
superi la metà del valore ottenuto. Invano queste piante, a parità di superficie,
danno i migliori risultati ; nulla a lui resterà, quando si fora la divisione coi
proprietario; e se egli le facesse entrare nelle sue colture, perdite irrimediabili
verrebbero a punire la sua imprevidenza. Ecco come sui mezzaiuoli pesauo certe
condizioni di affitio sotto le quali egli non potrebbe, senza rovinarsi, attendere
a quelle specie di produzioni che, dando un maggior prodotto netto, sono le
più feconde in ricchezza e prosperita rurale. Ciò forma un grave ostacolo al
progressivo svolgimento delt'agricoltura, ed uno di quegli ostacoli che non si
possono con alcuna combinazione compiutamente rimuovere.
Se gl'inconvenienti della mezzeria son poco sensibili nelle regioni più me
ridionali d'Europa, bisogna saperne grado alle specie particolari ed alla pronta
successione delle raccolte. I più importanti prodotti di cui si compongono, esi
gono in generale poche spese annue; e ve n'ha un buon numero che il solo
tempo quasi fa fruttificare. Sismondi ha indicato, in un prospetto delle rac
colte d'una mezzeria di Toscana, i varii dementi che concorrono a formarle ;
e sopra un prodotto totale di 1275 libbre del paese, il vino, l'olio ed i bozzoli ,
vi entrano, essi soli, per 850 libbre. Con tali raccolte, è agevole al mezzaiuolo
di contribuire un buon lavoro, e trovare il suo vantaggio. Le vigne, i gelsi,
gli olivi, danno i loro frutti quasi gratuitamente; la coltura che esigono non ha
quasi alcun carico, e serve a compensare quel soprappiù di lavoro necessario
alla coltura dei cereali , delle piante farinacee e delle piante da orto, raccolte
proporzionatamente in piccola quantità. In Francia pure il mezzaiuolo che avesse
molte terre da prato, di cui venda le erbe, o in cui allevi o nutra animali,
perverrebbe ad ottenere dei guadagni, perchè raccoglierebbe, senza esser co
stretto a grandi anticipazioni e lavori ; ma tale non è il caso ordinario ; e
per poco che ci scostiamo dal litorale del Mediterraneo o dai punti in cui la
vigna costituisce il principale prodotto, non incontreremo più che mezzaiuoli
poveri, ed impotenti ad imprimere all'agricoltura il movimento progressivo di
cui essa ha bisogno.
Senza dubbio la proporzione, secondo cui si dividono i frutti, estende o re
stringe gl'inconvenienti della mezzeria. Il lavorante che gode due terzi della rac
colta , può intraprendere coltivazioni interdette a quello che non ha diritto a
più della metà; ma l'ostacolo, quantunque allontanato, non cessa per ciò. Si sa
che la decima è bastata per bandire la coltura della robbia dai paesi cattolici e
concentrarla nei protestanti. Così opera sempre la mezzeria riguardo ai prodotti
costosi e difficili ad ottenersi ; li coufina nei luoghi in cui le regole dell'affitto
lasciano ai coltivatori ogni libertà nella scelta dei loro lavori. Per migliorare la
condizione che essa impone alle colture, sarebbero d'uopo altre proporzioni ,
secondo le diverse nature dei prodotti ; ma allora, quanti imbarazzi e quante
difficoltà! Quanti sbagli nello valutazioni, e quanti stimoli offerti alla frode
ed alla mala fede.'
Egli è tanto più importante il lasciare ai coltivatori ogni latitudine nell'uso
della loro industria, quanto che la coltivazione non cresce in fecondità se non
a condizione di moltiplicare sempre più le anticipazioni di cui il suolo abbia bi
sogno. Quando si esamina nei diversi periodi del suo svolgimento, si vede che,
a misura che essa s'ingrandisca e prosperi, gli aggrava della produzione diven
gono più considerevoli, sopra una medesima estensione di terreno, e che i pro
AGRICOLTURA. |5
Intorno alla grandezza delle colture son nate quistioni che, da più che un
mezzo secolo non han cessato di preoccupare l'attenzione. In verità, son quistioni
da scuola, mal proposte, ed a cui la pratica, tutte le volte che sarà piunamente
libera, s'incaricherà di rispondere senza tener alcun conto delle varie speculazioni
teoriche. Alcune osservazioni intorno ad esse non saranno nondimeno qui
fuor di luogo,
Havvi, quanto alle dimensioni delle colture, una regola naturale, salvo che
le leggi ne contrariassero fortemente l'azione: ed è quella che tende a propor
zionarle col grado di attività personale che il genere di produzione esiga da chi
vi sovrintenda. Egli è impossibile, per esempio, che gli ortolani lavorassero
in grande. I prodotti da loro coltivati non riescono che a forza di travaglio ;
molti son troppo delicati per potersi dispensare dalle cure dirette dei padrone;
tale è la rooltiplicitù delle operazioni, di cui questi deve incaricarsi, che l'uomo
più abile è costretto di concentrare i suoi sforzi sopra un piccolissimo spazio.
I ooltivatgri che producono insieme piante e cereali, foraggi e frutta, han meno
opera a fare e dirigere, a parità di superficie, ed estendono più le loro colture.
I fittaiuoli, che dal suolo domandano soltanto il grano, le radici, i foraggi, pos
sono allargarsi ancora di più, e quelli che principalmente si danno ad allevare
gli animali possono senza imbarazzo occupare terreni d'un'irnmensa superficie.
Si può avere la curiosità di conoscere quali particolari dimensioni meglio conven
gano ad una data specie di prodotti; ma è ozioso generalizzare la quistione, perchè
essa definitivamente si riduce a domandare se sia o non sia bene, che un paese
abbia sul suo terreno più o meno giardini, più o meno colture miste, principal
mente di cereali e di erbe; e il dubbio sarà sempre risoluto secondo le convenienze
sociali e locali. Dappertutto, la qualità delle terre, la natura del clima, e princi
palmente le abitudini ed i bisogni dei consumatori, influiscono sul carattere e sulle
forme del lavoro. Cosìv il mezzodì d'Europa deve all'insieme delle circostanze,
che determinano il suo reggime rurale, la coesistenza de' due generi di coltiva
zione : le une piccolissime, sui terreni freschi ed irrigui, alle quali , per la diver
sità e successione delle raccolte, composte in parte di piante da orlo, bisogna
prodigare il lavoro umano; le altre grandissime, sulle terre secche, in cui non
possono venire che le granaglie ed i pascoli. In Inghilterra, la maggior parte
delle fattorie sono estesissime, perchè, da un lato, tutto iu quel paese favorisce
la produzione erbacea ; e dall'altro, le popolazioni non hanno per i prodotti dei
giardini il gusto che prevale nel rimanente d'Europa. In Francia, soventi sui
medesimi punti , vi sono colture di tutte dimensioni; allato alle piccole in cui
primeggia la vigna, si vedono le grandi in cui primeggiano i cereali ; e nel nord,
privo di vigne, un simile miscuglio di differenti colture è dovuto alla conside
revole quantità di legumi e di piante industriali, a cut i bisogni della popola
zione assicurano uno sbocco. i
accorra in loro aiuto, ed in cambio dei deboli sacrifizii neoessarii perchè possa
far uso dei mezzi del credilo, l'agricoltura rianimata non tarderà a creare nuove
ricchezze, la cui abbondanza reagirà probabilmente sul comune benessere. Forse,
nei paesi in cui le mutazioni di proprietà non son libere, in cui la terra non può
impegnarsi che a condizioni difficili ad avverarsi, il concorso diretto dello Stato
in materia di credito fondiario produce dei buoni effetti ; ed altrove, all'opposto,
tutto mostra che vi sarebbero inconvenienti maggiori dei vantaggi.
Prendendo le cose nella loro generalità, e tenuto conto dei vizii del reggime
ipotecario, non è vero, per esempio, che in Francia i proprietarii territoriali non
godano di tutto il credito che la condizione reale della loro fortuna comporli.
Ben lungi da ciò, la solidità medesima del pegno che possono offerire ai presta
tori, assicura loro la preferenza; e finchè vi sia danaro bisognoso d'impiega,
essi ne ottengono prima di ogni altro. Se vi sono molti proprietarii oberati, ciò
non viene da difetto di facilità ad effettuare imprestiti, viene da tutt'altra cagione.
Le popolazioni non acquistano che lentamente i lumi di cui le loro nuove con?
dizioni domandino l'applicazione. In Francia, colla libertà delle transazioni in
materia territoriale, non sono ancora sòrte quanto occorrerebbe le idee, le abi
tudini , i costumi che si richiedono per bene usarne ; ed un sentimento, onore
vole nel suo principio, ma pernicioso quando va all'eccesso, l'amore della pro
prietà, è divenuto una vera passione. Ciascuno nelle campague vuol posseder
qualche cosa, ad ogni costo ; il contadino soprattutto compra a qualunque prezzo,
illudendosi sui mezzi di pagamento possibili in avvenire; e malgrado l'infatica
bile attività del suo lavoro, troppo spesso soccombe in una lolla temerariamente
impegnata. È questa la catìsa precipua dei debiti che gravitano sulla proprietà.
Gli uni prendon la terra a condizioni a cui solo un caso felice potrebbe metterli
in grado di soddisfare; gli altri si ricusano a disfarsi, quando sieno ancora a
tempo, dei piccoli fondi la cui vendita sarebbe una liberazione per essi; e dal
momento in cui il reddito ipotecabile trovisi esaurito, cominciano gì' imprestiti
usurai. A questo male, grave, profondo, spaventevole, non havvi sostauzialmente
che un sol rimedio efficace, ed è quello che il tempo porta a lungo andare, i
l'esperienza, i cui fruiti, a misura che si producono, non mancano d'illuminare
le menti, mutarne e rettificarne le opinioni, ed indicare a tutti le opportune regole
di condotta, osservate con una cura tanto maggiore quanto maggiore sia il bia
simo che si leghi alla loro infrazione. ,..
Ebbene: invece di secondare la pronta formazione de: sentimenti di previ
denza e riserva, necessarii alle popolazioni rurali, le istituzioni che volessero
render loro meno oneroso l'imprestito, non potrebbero con ciò che rieccitare la
passione il cui ardore è causa di tante delusioni. In Germania, i contadini sono-
indebitati più che in Francia; e, senza dubbio, una fra le cause di ciò consiste
nelle istituzioni dette di credito fondiario. Uomini che, prima di avere accumulato
risparmii, non avrebbero secondato il loro desiderio di possedere il campo che
bramavano, non han dubitato di secondarlo tostochè è stato loro possibile d'otte
nere i mezzi di eseguire un primo pagamento. Che cosa è accaduto? Che la con
correnza dei compratori, sciolta da uno fra i principali suoi freni , divenne più
attiva, ed i prezzi si sono accresciuti proporzionatamente all'alleviamento dei
carichi. Così il beneficio promesso dal concorso dello Stato è disparso per co
loro medesimi che si volevano agevolare. Si è loro prestato del danaro a miglior
22 passv.
patto, ed essi han comperato più caro; ed il prodotto delle terre acquistate non
è riuscito più sufficiente di prima per operare la loro liberazione. Le cose non
andrebbero diversamente in Francia. L'ambizione della proprietà territoriale
qui è viva; e sarebbe tanto più eccitata, quante più illusioni le si offrissero ;
e la condizione dei piccoli proprietarii , lungi dal migliorarsi, finirebbe col
peggiorare.
L'abbassamento dell'interesse nei prestiti accessibili alla proprielà territo
riale, per mezzo dell'aiuto pecuniario del governo, comunicherebbe forse alla
produzione agricola ubo stancio più energico e più fecondo? li permesso di
dubitarne. Se i proprietarii non sempre compiono I miglioramenti a cui i loro
fondi si presterebbero, ciò certamente non è per difetto di credito, ma por di
fetto d'intelligenza e di previsione. Uomini abbastanza illuminali per avere il
gusto e l'intelligenza delle imprese agrarie, potrebbero calcolare i loro disegni,
e non incontrerebbero gravi ostacoli ad effettuarli. Io mancanza d'altri mezzi
d'azione, uno ne avrebbero sempre a loro disposizione; ed è quello di vendere
alcuni tratti di terra per procurarsi i mezzi di bonificare e migliorare il rima
nente. È questo, in ogni caso, il mezzo più sicuro, il più efJkuce, il solo che
definitivamente tolga gì' imbarazzi sempre maggiori che si devono attendere
dalla differenza tra la modicità del reddito territoriale e la elevazione degl'in
teressi da pagarsi quando i fondi sieno gravati di debiti. Sarebbe molto a de
siderarsi che un sentimento di vanità malintesa non istornasse così soventi i
proprietarii dal ricorrervi; molti così si sottrarrebbero alta penuria da cui non
possono sollevarsi, e l'agricoltura -vi guadagnerebbe.
D'altronde, è un errore il credere che la proprietà in Francia si trovi ecces
sivamente imbarazzata. Se vi sono dei luoghi in cui i proprietarii, i piccoli so
prattutto, soffrano; se ogni dove ancora se ne incontrano di quelli i cui beni si
trovino fortemente aggravati , tale nondimeno non è la condizione generale, e
in nessuna parte d'Europa la proprietà sì- trova in condizione migliore di quella
che ba presso noi. Fatti notabili lo attestano. Le cattive posizioni si liquidano
per mezzo di vendile; e quando ve ne sono molte, la sproporzione chesi genera
tra l'offerta e la domanda delle terre, ne attenua il prezzo. Or egli è notorio
che la Francia è in Europa il paese in cui da trent'anni in qua ilvalore venale
del suolo è stato di continuo più alto, comparativamente al valore della proprietà
mobile. Nei momenti più prosperi, quando l'avvenire sembrava meglio assicurato,
la terra vendevasi ad una ragione che ne lasciava il reddito annuo inferiore, per
un 2 per 0f0 almeno, a quello che si poteva ricavare dalla compra dei fondi
pubblici o dei valori mobili. Ora dappertutto la differenza era molto minore; e
nella stessa Germania non ascendeva, nella maggior parte degli Stati , a più
che 1 per 0[0. Certamente non sarebbe avvenuto rosi, se la proprielà territoriale
si fosse trovata negl'imbarazzi da cui dicesi sopraffatta.
Un secondo fatto più espressivo ancora si è, che il suolo in Francia trovasi
molto meno gravato che nel rimanente dell'Europa. Forse i vizii del reggime ipo
tecario ne sono una causa ; ma senza dubbio non basterebbero per ispiegare
l'enormità della differenza. Le ipoteche iscritte non arrivano alla somma di
12,000 milioni; e si sa che, sottratte le iscrizioni di semplice guarentigia legale
o mercantile, e quelle di cui si sia trascurata la canceltazione, sarebbe esagerato
it calcolare a 6500 milioni la somma dei veri crediti ipotecarti, Ora in mano
AGRICOLTURA. 23
dei privati esistono più di 46 milioni di ettari di terre, e circa 8 milioni di edi-
fieii, che in tempi ordinarli vagliono più di 50 mila milioni; e quindi è certo ehe
la porzione di capitale dovuta dai proprietari i non eccede il 13 per OiO. Questa
cifra scenderebbe ancora più basso, se si dividessero i debili della terra da quelli
d«igli edificii, che sono infinitamente maggiori, ed accrescono sensibilmente la
proporzione generale. Ora, qual'è in Europa la misura dei carichi cheTobera-
zione dei proprietarii fa gravitare sulla proprietà territoriale? In Germania è da
30 a 50 per 0f0, secondo i varii Stati ; in Inghilterra, stando a certi calcoli la
cni esattezza, giusta l'asserzione di Hill Burton, non è contestabile, ascende al
50 per 0|0, proporzione che s'innalza ancora di più nella Scozia e nell'Irlanda.
In breve, nulla nella posizione della proprietà territoriale in Francia vi ha,
che domandi l'aiuto e l'appoggio diretto dello Stato. Quanto si possa desiderare
che alcune istituzioni, saggiamente concepite, la pongano in grado di godere tutte
le facilità d'imprestHo, che possano venire dalla superiorità delle guarentigie che
la proprietà territoriale offre agl'imprestatori, tanto è poco da approvarsi che lo
Stato faccia di più per essa, e vada sino a privilegiarla in materia di credito.
Non si può mai diffidare abbastanza delle ultime conseguenze di tutti i favori
accordati all'industria; tanto è raro che essi non tradiscano il loro scopo. Tocca
agl'interessi privati il procurarsi da se medesimi il posto a cui abbian diritto
nell'economia sociale; ed in ciò non si possono aiutare, che sotto pena d'in
debolire il principale fra i loro elementi di prosperità, che sta nei progressi
dell'intelligenza, da cui la loro attività dev'essere governata.
del mercato, che il profitto delle proposte innovazioni non avrebbe coperto le
spese, e quindi si ricusavano. Egli è essenziale che, qualunque cosa oggi si lenii
per illuminare l'agricoltura ed eccitare i suoi sforzi, si procuri di discernere ret
tamente fibo a qual punto le circostanze momentanee permettano la tale o tal
altra modificazione delle pratiche ordinarie, e che non si pretenda sollecitare sin
d'ora quei perfezionamenti di cui non è ancora venuto il momento opportuno.
L'insegnamento, se è dato con prudenza, potrà rendere veri servigi. Se ten
desse a provocare l'esecuzione di opere il cui successo non sia ancora possibile
su tutti i punti del territorio, avrebbe il suo lato funesto; ma se si limila a sol
lecitare tutte le novità che abbiano per effetto l'attenuazione dette spese di pro
duzione, i suoi risultati saranno utili. Qualunque sia la condizione di smerclo e
di prezzi, qualunque sieno le quantità la cui rendita fosse certa , l'arte ha sempre
la sua parte d'anione; e si fa un progresso tutte le volle che essa giunga a pro
cedere con una spesa minore entro i limiti in cui lo stato del consumi locali re
stringa la produzione. L'Americano ed il Russo trattano in egual modo la terra,
perchè l'uno e l'altro han poco da domandarle; ma il primo, più ricco e pia
illuminato, si serve di strumenti d'una potenza superiore; porta nei suoi lavori
maggior sapere, maggiore intelligenza, maggiore attivila i risparmia meglio i
mezzi con cui opera, e la medesima somma di lavoro gli dà frutti maggiori. È
questo un immenso vantaggio; perchè i prodotti raccolti in ugual quantità, ma
a minor costo, giungono ai consumatori a più buon patto; e da ciò una generale
abbondanza che, favorendo il benessere delte popolazioni, le moltiplica, e di
viene cosi una causa di progressi agricoli.
Il mondo ha veduto operarsi rivoluzioni in pochi anni nello stato agrario di
molti paesi. Certe terre, fin allora mal coltivale, si sono rapidamente coperte di
ricche e floride messi, e ciò per semplice opera di un cangiamento considerevole
e brnsco avvenuto nello stato dei mercati. Dovunque le popolazioni urbane sono
state da cause particolari spinte a crescere ed arricchirei, il progresso delle cam
pagne ha tenuto lor dietro. È bastato che potessero vender più caro quei pro
dotti la cui ricerca non cessava di crescere, perchè portassero nei loro lavori
un'abilità di cui prima sembravano incapaci. Non vi ha un fatto di cui sia più
agevole addurre le prove.
Vedete l'Italia: ad una languida e povera agricoltura vi succedette quasi
di un colpo un'agricoltura più prospera insieme e più gagliarda. Tutto, nella
trasformazione effettuata, venne dalla rapida estensione degli sbocchi apertisi ai
prodotti delle campagne. Città in seno alle quali affluivano le popolazioni, arric
chitesi coi guadagni, allora enormi, dei commercio marittimo e dell'industria
manifattrice, non cessarono di sollecitare lo svolgimento delle eoltivaziooi ; e
grazie ai prezzi crescenti dèlie derrate, i contadini, fin allora ignoranti ed inabili,
non tardarono a spiegare l'attività più ingegnosa. Ciò che la grandezza di Mi
lano, di Pisa, di Lucca, di Siena e di Firenze, e di vent'altre capitali aveva fatto
per l'Italia, la grandezza di Bruges, di Gand, di Ypres, di Courtniy, di Anversa,
fece per una parte dei Paesi Bassi, ove si vide in un momento fiorire un'agri
coltura alla cui potenza il tempo nulla ha potuto aggiungere. Un simile muta
mento si è compiuto in Olanda coll'aiuto dei guadagni mercantili, raccoltisi da
una popolazione diventata ricca e numerosa. Immensi lavori fecero sorgere delle
fattorie nei polders; sterili paludi si convertirono in prati, ove si ammassarono
AGRICOLTURA. 27
necessità di rivolgersi ai terreni men fertili accresce le spese generali della pro
duzione ed il prezzo delle derrate: da un lato, i progressi dell'arte e un maggiore
impiego di capitali, divenuti tanto più abbondanti quanto più l'industria si sia
svolta, rimediano io parte a questo inconveniente; e dall'altro lato, i lavori la
cui potenza si accresce, ottengono una rimunerazione migliore, e ciascuno può
dedicare alla propria sussistenza mezzi più ampii. Nulla di più costante, nè di
più certo che questi fatti. Così, l'Inghilterra, il Belgio, il AVurtemberg, la Sviz
zera, la Francia settentrionale ed in parte l'orientale, malgrado clie le loro col
ture si sieno estese sopra terre la cui mediocrità le aveva fatte trascurare per
lungo tempo, sono nondimeno le parti dell'Europa media in cui si raccolgano,
a parità di superficie, le maggiori quantità di prodotti, ed i cui abitanti si tro
vino molto meglio provvisti. In Francia soprattutto, la statistica ufficiale mette
in mostra contrasti singolarissimi. Se si raffrontano le cifre dei dieci dipartimenti
più popolosi e più ricchi, con quelle dei dieci dipartimenti men popolosi e ricchi,
si trova che un ettare di terreno rende per termine medio da 15 a SO ettolitri
di frumento nei primi, e solamente da 7 1|2 a 11 nei secondi, sproporzione elio
si osserva riguardo a tutti gli altri prodotti. Quanto ai consumi, si trovano
egualmente differenze notabili. Il nutrimento non solo è superiore in qualità
nei dipartimenti più progrediti, lo è pure in quantità ed in ragion di testa; vi si
consuma sino a 30 per OiO di più, in peso, di quello che si consumi nei dipar
timenti men progrediti.
Egli è agevole il comprendere quanto simili informazioni sieno importanti ,
e quanto sia a desiderarsi che la statistica ce le fornisca in modo autentico «
compiuto. Il progresso è talmente essenziale alle società, che non sarebbe mai
troppa l'attenzione con cui s'investigassero le cause dalle quali possa dipendere
la condizione più o meno stazionaria di certi paesi; e su tal punto, i movi
menti dell'agricoltura, bene osservati e descritti, offriranno sempre le più
preziose informazioni.
Sventuratamente la sola Francia ha compiuto le sue statistiche agricole. Per
riuscirvi fu d'uopo sormontare numerosi ostacoli, dovuti ora alla novità del
l'impresa, ora alla diffidenza con cui le popolazioni hanno accolto quelle indagini
in cui supponevano nascondersi uno scopo fiscale. L'opera nondimeno è stata
condotta a buon fine. Senza dubbio, le cifre, in generale un po' deboli, non si
devono considerare che come semplici approssimazioni. Senza dubbio, sono su
molti punti incompiute, essendo impossibile il verificare molti fatti relativi alle
minute colture, ed essendosi dovuto passare sotto silenzio quelli che si riferiscono
al prodotto del pollame che tanto è considerevole in molte parti della Francia;
ma infine queste cifre hanno un significato reale, ed i termini di paragone che
offrono, soprattutto fra le diverse regioni della Francia, meritano per la loro uti
lità una seriissima attenzione.
Nessun altro paese è altrettanto avanzato sn tale riguardo; nè il Belgio, nè
l'Inghilterra sono arrivati al termine delle ricerche prescritte dai loro governi ;
e finora egli è in documenti imperfetti, contenuti nelle opere pubblicate da scrit
tori che non potevano vedere ogni cosa da sè, che bisogna attingere qualche ri
schiarimento, per lo più insufficiente e dubbio.
La Spagna, in varie epoche, e soprattutto nel 1805, ha procurato di ricono
scere la sua posizione agricola. È poco probabile che i dati raccoltisi sieno abba
AGRICOLTURA. 29
stanza esatti per ispirare fiducia; nondimeno, sono insieme curiosi e istruttivi,
in quanto che permettono di verificare sino a qual punto l'agricoltura del-
l'Etiropa meridionale differisce da quella del Nord per il genere di produzione,
e quale decisiva influenza il clima eserciti sui bisogni e sulle abitudini dei
consumatori.
lo Germania, è la Prussia il paese che abbia raccolto i dati più esatti in
torno alla sua condizione agricola. La cifra del bestiame, il consumo delle città,
la produzione locale, i progressi effettuatisi dal 1831 al 1841 ecc., questi e
simili fatti sono stati in Prussia raccolti, presentano un vero interesse, e sono
ben deani di attenzione.
Sarebbe qui ozioso il riprodurre le cifre contenute nelle pubblicazioni ufficiali
o private che l'Europa possiede; una tal cura non avrebbe una vera utilità, se
non aggiungendo alle cifre le opportune spiegazioni , per rettificarne il senso e
mostrare sino a qual punto meritassero la fiducia dei lettori. Sarebbe ciò un
lavoro delicato e troppo lungo, per aver luogo nel presente articolo ; meglio è
rinviare i lettori alle opere originali, e principalmente alla statistica ufficiale
della Francia: essivi troveranno di che soddisfare alla loro curiosità, ed al me
desimo tempo vi troveranno una larga sorgente d'istruzione.
i, ...'.- • .
ART. MORCELLEMENT
DI M. A. LEGOYT.
nelle provincie in cui gli altri modi di possesso dominano ... Si trovano al
cuni contadini ricchi; ma la massima parte sono miserabili, per effetto della
troppo grande divisione delle loro terre fra i loro figli . ,. lo ho veduto più
d'una volta spìngere a tale eccesso questa divisione, che dieci pertiche di terra,
con un albero fruttifero in mezzo, formavano la sede d'una famiglia ». La di
visione degli affitti attira egualmente l'attenzione del celebre viaggiatore in
glese. « Vi sono, dice, grandi fitti in Picardia, nell'Isola di Francia, nella Beauce,
in Artois e in Normandia; ma ciò non è generale. La divisione dei fitti, all'in
contro, e la popolazione, sono sì grandi, che ne risutta talvolta un'estrema
miseria . . , , . io ho veduto fattorie di un ottavo d'acre (questa è un'esagera
zione evidente), con una famiglia attaccatavi come se si fosse trattato d'un podere
di cento acri. La popolazione vi si moltiplica grandemente, ma è questa una
moltipliqazione di mere miserie. Le famiglie si propagano al di là dei bisogni
delle città e delle manifatture, e moltissimi individui periscono per le malattie
derivanti dal difetto di nutrimento. Ciò è spinto in Francia a tal punto, che
mi parrebbe assolutamente necessaria una legge la quale impedisse tutte le di
visioni di proprietà ai di sotto di un urpento » (1)..
All'epoca in cui Arturo Young faceva in tal modo conoscere la trista con
dizione agricola delta Franciq, gotto il punto di vista dello sminuzzamento dei
fondi, e con una convinzione forse alquanto appassionata difendeva la grande
coltura contro la piccola, appoggiandosi soprattutto sull'esempio del suo paese,
i Fisiocrati sostenevano l'opinione contraria, ed insegnavano, senza per altro
addurne la provi), che la piccola proprietà dà un prodotto netto maggiore di
quello che dia la grande. Questa dottrina è del pari, quantunque implicitamente,
professata da Adamo Smith. Nel suo notabile capitolo sulla storia dell'agricol
tura in Europa, combattendo il reggime delle sostituzioni e del dritto di primo
genitura, a cui quasi tutta l'Europa era sottoposta ai suoi tempi, egli si sforza
a dimostrare, con riflessioni di cui, bisogna ben dirlo, i fatti poscia hanno at
tenuato il valore, che i grandi proprietarii non possono accordare alle loro terre
l'attenzione, Jo zelo, le cognizioni speciali, che una buona coltura esige. « Un
gran proprietario, egli dice, raramente è un gran miglioratore di fondi: nel
medio evo, il gran proprietario non si occupava che di estendere il suo terri
torio o di difendersi contro i suoi vicini; non aveva il tempo di pensare alle
sue terre.'Quaudo l'ordine e le leggi gli accordarono questo tempo, gliene mancò
l'inclinazione, e quasi mai non .si trovò fornito delle qualità che una tale oc
cupazione richiede, ecc. ». "• ;
« Se la spesa deJla sua casa e della sua persona o uguagliava la sua en
trata o la eccedeva, come assai sovente avveniva, egli non aveva capitale da
impiegare in quella maniera. Se egli era economico, in generale trovava più
proTiltevole l'impiegare i suoi annuali risparmii in nuovi acquisti, anzichè nel
miglioramento delle sue antiche proprietà. Il migliorare la terra con profitto,
come tutte le altre imprese commerciali, esige una esatta attenzione ai piccoli
risparmii ed ai piccoli guadagni, della quale un uomo nato con una grande for
tuna, anco se sia naturalmente frugale, assai di rado è capace. La condizione di
infallibile dell'aumento del capitale nelle arti e nel commercio. Ma se egli è vero
che la divisione della proprietà territoriale, e la diffusione del capitale mobile,
sieno, entro a certi limiti, altamente importanti per l'aumento della ricchezza,
non è meno certo che, al di là di tali limiti, queste due cause debbano rilardare
il progresso della ricchezza, quanto dapprima «bbian potuto accelerarlo . . .
Il numero eccessivo dei piccoli proprietari di terra e capitale renderebbe impos
sibili tutti i grandi miglioramenti di coltura, tutte le grandi imprese nel com
mercio e nelle manifatture. I grandi effetti, in economia politica, relativamente
alla ricchezza, dipendono dalle proporzioni . . . Non vi ba un più parlante
esempio dell'influenza che le proporzioni esercitano sulla produzione delle ric
chezze, di quel che ai trovi nella divisione della proprietà territoriale, dove
mostra evidentemente che questa divisione, spinta all'estremo, nuoce al pro
gresso delle ricchezze. Si fa oggi in Francia una pericolosa esperienza sugli ef
fetti della grande suddivisione delle proprietà. La legge delle successioni vi
prescrive la divisione in parti eguali d'ogni specie di proprietà tra i figli, senza
riconoscere alcun dritto di primogenitura, senza fare alcuna distinzione di sesso,
e non permette di disporre per testamento che d'una piccolissima porzione.
Questa legge non è stata ancora applicata per un tempo assai lungo, onde po
tersene giudicare gli effetti sulla ricchezza e sulla proprietà della nazione. Se lo
stato presente della proprietà in Francia sembra favorevole all'industria, non si
potrà dedurne alcuna favorevole condizione per l'avvenire ». E poco dopo sog
giunse: «Se questa legge continua a regolare in quel paese la trasmissione ere
ditaria dei beni; se non si inventerà alcun mezzo di eluderla; se i suoi effetti
non saranno mitigati da una eccessiva prudenza nei matrimoni; vi ha ben luogo
di credere che la Francia, da qui ad un secolo, sarà tanto notabile per la sua
grande miseria, quanto per la straordinaria eguaglianza delle fortune (1) ».
In un capitolo destinato all'esame comparativo della grande e delia piccola
coltura (2), Giambattista Say insegna che, in molti casi, la questione è decisa
dalla natura del terreno, e dalle circostanze locali. • In un paese tagliato e
montagnoso, egli dice, solo i piccoli coltivatori possono vantaggiosamente sfor
zare il suolo . . . Egli è soltanto nei paesi di pianura, e capaci di coltivarsi col-
l'aiuto delle macchine, come l'aratro, il cilindro, l'erpice, il trebbiatoio, ecc., che
s'incontrano intraprese condotte dal proprietario o dal linaiuolo, e si coltivano
poderi di 300 o 400 arpenti ».
Giambattista Say esamina quindi i principali argomenti invocati in favore della
grande o della piccola proprietà; e senza decidersi in massima per quest'ultima,
fa notare che l'indole medesima delle imprese agricole « pone dei limiti neces
sarii alla estensione delle colture ». Avversario deciso delle sostituzioni e dei
dritti di primogenitura, i cui deplorabili effetti fa vedere in Italia ed in Ispagna,
senza nondimeno formalmente spiegarsi su quelli che il medesimo reggime può
avere avuti in Inghilterra, emette l'opinione che in Francia « l'uguaglianza delle
divisioni ha potuto condurre ad una troppo grande suddivisione di proprietà ;
ma non sembra, aggiunge, che questa suddivisione sia accompagnata dai gravi
LEGOYT.
ART. TENURE
MODO DI POSSEDERE LE TERRE.
istituzioni politiche che per mezzo delle istituzioni sociali, le quali dipendono
direttamente dalla natura e dallo stato delle terre ».
Avrebbe potuto aggiungere che la. condizione economica d'un popolo ne
dipende del pari.
Egli è da un tal punto di vista che ci è sembrato importante l'investigare
le condizioni del possesso del suolo in var,ii tempi e luoghi. Un tale argo
mento, trattato coil'ampiezza che merita, darebbe materia a un intero libro.
Noi ci limiteremo qui ad indicarne i tratti precipui.
Antichità,t- la Atene, il diritto di proprietà territoriale non poteva appar
tenere che a chi avesse i diritti di cittadino. Era interdetto allo straniero, quan
d'anche t'osse facoltuto a fissare il suo domicilio nella repubblica, l'acquisto di
beni immobili. A p.iù forte ragione lo schiavo non poteva divenire proprietario
di fondi. Questa proprietà non andava soggetta che alle lasse pubbliche; il pro
prietario ne disponeva liberamente per atto fra vivi o per testamento. Le terre
si dividevano in quattro classi: quelle dello Stato, quelle dei tempii, quelle delle
città e quelle dei particolari. Le prime tre si affittavano per pubblico incanto.
Tutti gli atti relativi alla proprietà territoriale erano rivestiti d'una certa solen
nità, e quelli die tendessero a restringerne l'esercizio ricevevano la più grande
pubblicità. Così, in materia d'ipoteche, se il creditore lo domandava, un palo
posto sul fondo indicava il nome del proprietario e de) creditore, la somma
prestata e l'epoca del pagamento (1).
In Roma si distinguevano parecchie specie di terre. 1° Quelle del demanio,
non concedute. Lo Stato affiliandole ne traeva una rendita, che formava il suo
principale patrimonio. La loro alienazione serviva nei casi di bisogno. Parecchie
di queste rendite si facevano a patto di una rendita annua e con facoltà di ri
compra. 2° Le terre del demanio pubblico chiamate vectigales, perchè lo Stato
le aveva concedute, mediante una rendita in generi (vectiyal). 5° Le terre del
municipio o di città, che erano ordinariamente affittate. 4° Le terre dei privati.
Le terre conquistate ordinariamente si dividevano in tre parti. Quelle che si
trovavano poste in coltura si assegnavano a dei coloni o rimanevano in potere
dello Stato per costituire il demanio pubblico. Le incolle si cedevano a chi vo
lesse dissodarle, mediante una decima delle raccolte, e una doppia decima dei
frutti. In fine le terre a pascolo si conservavano per uso comune, sotto la condi
zione di pagare un dritto (scriptum) per ogni testa d'animale. 1 possessori delle
due prime classi non erano proprietarii, perchè lo Stalo non accordava che il go
dimento del fondo, mediante una porzione dei fruiti; tuttavia questo godimento
costituiva una vera proprietà in faccia ai terzi; era in commercio come la pro
prietà ordinaria; si poteva donarla, venderla, trasmetterla per legato e succes
sione. Questo carattere di semplice possesso, congiunto al godimento delie terre
concedute, sembra essersi modificato col tempo. Il vectiyal riscosso non dalto
Slato ma da appaltatori, senza cadastro, senza ripartizione proporzionale, gra
datamente disparve, e dopo qualche tempo divenne difficilissimo distinguere
Yayer publicus dalla proprietà privata. È appunto a ritirare queste terre dalle
mani dell'aristocrazia che le aveva esclusivamente ottenute, ed a farle rientrare
cedeva in più modi ; cioè a titolo perpetuo ed ereditario, a vita, o a volontà del
padrone. ]1 titolo del tenimento dipendeva molto dalla condizione del tenitore.
Così quello del colono era perpetuo, mentrechè quello del lido o del servo non
godeva lo stesso vantaggio. .-. ._-,'.
il principale elemento della proprietà era il manso (mansum), specie di fat
toria e abitazione rurale a cui era attaccata in perpetuo una quantità di terra,
determinata ed invariabile. La ricchezza territoriale d'un proprietario si misu
rava dal numero de' suoi mansi. Tutti i mansi d'ugual natura appartenevano
alla medesima terra, e portavano generalmente i medesimi censi ed i mede
simi servigi. .
Le persone, considerate nei loro vincoli colla terra, si distinguevano in quat
tro classi: uomini liberi di primo, o secondo, o terz'ordine, ecotoni, lidi e servi.
Queste quattro classi, che finirono col confondersi, erano in principio separate
da insormontabili barriere.
Gli uomini liberi erano stabiliti nelle proprie terre, di cui l'amministrazione
e la giurisdizione, almeno in parte, apparteneva a loro medesimi. Le loro pro
prietà portavano il nome di altodio. Avevano, oltre al diritto di proprietà, giu
risdizione, immunità e signoria, quello di portare le armi e far guerra privata.
Quest'ultimo diritto permetteva loro di vendicare armata mano le ingiurie fatte
a loro o ai loro parenti. Quanto ai carichi loro imposti, consistevano nell'obbligo
d'andare alla guerra, assistere alle pubbliche assemblee, sedere in giustizia, ed
in certi casi procedere all'esecuzione dei giudizii, concorrere alla ristaurazione
delle vie e dei ponti, far la guerra, pagar le genti del principe, fornire loro i
cavalli. Era loro permesso di attaccarsi a particolari signori ed impegnarsi nel
vassallaggio, senza che per ciò ordinariamente perdessero libertà e nobiltà.
Gli uomini liberi del second'ordine non godevano alcuna giurisdizione nè
immunità. Erano sotto la giurisdizione del proprietario di cui abitavan le terre,
o del signore che avevano scelto.
Gli uomini liberi del terz'ordine ron possedevano nè terra nè giurisdizione;
erano, in generale, persone sottoposte a tributi o censi. Avevano minori diritti
che gli altri. Quando un uomo non si seativa assai forte per mantenersi da sè
nel godimento della sua libertà e proprietà, si poneva sotto il patrocinio di qual
che potente signore, gli consegnava i suoi beni, sotto la condizione di conser
varne il godimento perpetuo, mediante un censo annuo e fisso.
Gli uomini liberi stabiliti sopra un fondo altrui , e viventi sotto l'altrui
patrocinio, venivamo alienati insieme al fondo, e passavano nel dominio del
nuovo proprietario. . - - .... . .,.. .. , • -
I coloni possedevano fondi a titolo di affitto ereditario e perpetuo. Potevano
inoltre possedere del beni proprii, di cui disponevano in certi limiti. Di più ,
ereditavano dai loro parenti, e trasmettevano ai loro discendenti. Erari tenuti a
dei tributi e servigi verso il proprietario, laico o ecclesiastico, da cui dipende
vano, non solamente a causa dei loro lenimenti colonarii, ma ancora in ragione
dei beni che possedevano in proprio. - %. ...
II dritto del colono sulla terra da lui abitata andò sempre crescendo, e verso
gli ultimi anni del secolo decimo fini col divenire un vero dritto di proprietà.
Allora la parola colono perdette il suo primo significato, ed altro non servì ad
esprimere che un uomo dedicato alla coltivazione del suolo.
46 LEGOVT.
gioue di diciotto volte la loro somma. Se il tributario non vuole o non può usare
della facoltà di ricompra, il servigio della rendita è lrasportato ad un banco speciale
di ammortizzazione {rentenbank), che paga in lettere di credito il capitale a chi
spetta, calcolandolo alta ragione di venti volte la somma della rendita. Queste
lettere di credito portano interesse al 4 per 0|0, e si possono negoziare come i
titoli di fondi pubblici. Quanto al tributario, egli da una parte non paga al banco
che un interesse del 4 !|2, invece del 5 che doveva al signore, ciò che diminui
sce di un decimo il suo tributo; e dall'altra parte, ha il vantaggio di liberarsi
intieramente, nel corso ili cinquautasei anni e mezzo, per effetto dell'ammortizza
zione del capitale ed interessi. Egli è d'altronde libero di accelerare questa estin
zione, facendo dei pagamenti sul capitale, per quanto minimi voglia.
Si trovano disposizioni a un dipresso consimili negli altri Stati tedeschi , e
soprattutto in Sassonia, nel Wurtemberg ecc. In Sassonia, il banco di ammor
tizzazione è in esercizio sin dal 1834. Alcuni governi, come l'Austria, prendono
a loro carico una porzione del tributo; come l'Assia elettorale, fanno anticipa
zioni per 11 riscatto dei tributi, alla ragione del 3 1|2 per OiO. In quasi tutti ,
lo Stato ha dato l'esempio, rilasciando a titolo gratuito ai paesani del de
manio la piena proprietà dei loro possessi , sotto la sola condizione di pagare
i pesi pubblici.
(1) Questo articolo fu scritto prima che venisse al trono l'attuale Imperatore Ales
sandro. — Nota dell'Editore.
52 IEGjOYT.
1° Contadini liberi. Sono antichi servi emancipati dai toro signori, sia
gratuitamente, sia mediante prezzo, e che furono dotati d'una cerla estensione
di terre, o ne fecero acquisto. Essi non devono che il pagamento della capita
zione. Il numero di tali coltivatori proprietarii tende ad accrescersi di continuo.
Si può mettere nella medesima categoria una certa classe di contadini, che col
tivano insieme le terre loro appartenenti, e le terre dello Stato, che ae aveva
conceduto il godimento perpetuo ai loro antenati, a titolo di ricompensa, o per
tutt'altra cagiona.
2° Paesani degli appanaggi (demanii dati in douazione ai membri della
famiglia imperiale). La legge li assimila ai coltivatori liberi. Non son soggetti
alla corvata, ma pagano sotto il nome di obrok, una rendita la cui somma è
determinala secondo l'estensione e la qualità delle terre lor concedute.
5° Paesani dell'amministrazione delle foreste. Essi sono impiegati a
diversi lavori nelle foreste che forniscono il legname delle costruzioni marittime,
e ricevono una retribuzione determinata dai regolamenti.
In breve, secondo M. Tegoborski, possiedono il suolo a titolo di proprietarii
soggetti ad un tributo, sotto il nome di obrok o di capitazione. Quanto agli altri,
la loro sorte gradatamente si migliora; la corvata, questo principale attributo
della servitù, è stata regolata in modo da impedirne gli abusi.
MOLINARI.
(i) Al Re nel suo Consiglio, per i sudditi del He che reclamano la libertà in Fran
cia, contro certi monaci benedettini divenuti canonici di S. Claudio in Franca-Contea.
— Supplica de' Servi di S. Claudio al Cancelliere. —Ricorso al Re per i Servi di S.
Claudio. — Estratto d'una Memoria' per la totale abolizione della servitù in Francie,
ecc. (Miscellanea di politica e legislazione).
(2) Storia dell' incivilimento in Francia, t, IV, pag. 281.
56 MOLtNARt.
principio della prima razza, dice Montesquieu, si vede un infinito numero d'uo
mini liberi, sia tra i Franchi, sia tra i Romani ; ma il numero dei servi crebbe
talmente, che al principio della terza, tutti t lavoranti e quasi tutti gli abitanti
delle città si trovarono servi » (1). Guizot, dal canto suo, cita un passo di Sal-
viano, nel quale la causa di questa volontaria trasformazione degli uomini liberi
in servi o coloni si trova chiaramente indicata: « Impotenti a conservare la loro
proprietà e la dignità della loro origine, questi uomini liberi si sottopongono
all'umile condizione di colono; ridotti cosi a tanta estremità, che gli esattori
gli spogliano, non solamente dei loro beni ma dei loro stati, non solamente
di ciò che loro appartiene, ma di ciò che essi sono, perdono la propria persona,
mentre perdono i loro beni; non han più proprietà, e rinunciano al diritto della
libertà » (2). Questi uomini liberi che consentivano a scendere nella condizione
di servi per assicurarsi una protezione, naturalmente procuravano di non alie
nare che la minima porzione possibile della loro libertà. Quindi la servilo non
era una coudizione uniforme ; vi erano moltissime categorie di servi , for
manti come una serie di anelli fra la condizione dello schiavo e quella dell'uomo
libero.
Ai nostri giorni la servitù più non esiste in grandi dimensioni che nell'im
pero russo; ed anche là è in via di trasformazione e di decrescenza. Ma la ser
vitù nel modo in cui esiste in Russia presenta alcune particolarità degne di far
sene menzione. 1 servi russi son soggetti, gli uni alle corvate, gli altri a un
tributo in danaro, noto sotto il nome di obrok. La corvatà fu circoscritta ad un
maximum di tre giorni per settimana, in virtù di un ukase dell'imperatore Paole
nell'anno 1797. Nondimeno la legge ammette o tollera altre convenzioni, fino a
ohe non vi sia richiamo da parte dei campagnuoli. Vobrok varia d'importaii/a
secondo la fertilità della terra, le facilità di sbocco, il prezzo corrente dei pro
dotti agricoli, e ancora più secondo le morali ed industriali capacità dei cam
pagnuoli.
« Una cosa degna di osservazione, dice l'autore di un dotto trattato sulla
ricchezza nazionale della Russia, Alessandro Boutowski, si è che il lavoro dei
contadini nella corvata è generalmente quello che riesca men produttivo. Ciò si
spiega per il poco interesse, che eglino hanno, a bene impiegare le tre giornate
dovute ai proprietarii, per le abitudini d'infingardaggine e di negligenza che
contraggono e che influiscono in modo funesto sulle loro proprie coltivazioni.
Rarissime sono le eccezioni, e si devono quasi sempre alla presenza del signore
nelle sue terre, ed alla parte attiva ed illuminata che egli prende nelTammini-
strazione dei suoi beni. In queste condizioni, alcuni signori son giunti a vincere:
l'inerzia dei loro servi alla corvata, interessarli al buon successo dei loro lavori.
e quindi accrescere il loro reddito, migliorando insieme notabilmente la condi
zione dei campagnuoli. I signori al contrario abbandonano l'amministrazione dei
loro fondi a degli intendenti poco coscienziosi, servi alle volte essi medesimi ;
veggono venir meno i loro redditi ed il valore dei loro fondi, per effetto delle
cattive abitudini morali, e principalmente dell'ubbriachezza, che s'impadroni
(1) Boutowski, Ricchezza nazionale (in lingua russa). V. il- Giorn. degli Economi,
sii, t. XXVI, p. 247.
58 MOLINABI.
Ecco come nel 1838 si ripartivano i servi russi tra i proprietarii di quel vasto
impero. Le cifre indicano soltanto la popolazione mascolina.
Nel 1848, il numero dei campagnuoli , servi dei privati, si calcolava per
11,938,182. Alla medesima epoca i campagnuoli censitarii del demanio erano
9,209,200; si contavano inoltre 2,091,640 campagnuoli appartenenti a cate
gorie più o meno libere (1).
In breve, se si considera la servitù dall'aspetto economico, si trova, da un
lato, che il servo deve dare maggiore e miglior lavoro che lo schiavo, perchè
gode d'una maggiore libertà e proprietà. Da un'altra parte si trova che la ser
vitù è una condizione essenzialmente transitoria; perchè appena il servo senta
vivamente il bisogno di esser libero, non manca di rivolgere al suo riscatto
i risparmi che i naturali progressi della sicurezza e della ricchezza gli ab
biano permesso d'accumulare. Al risparmio, più che a qualunque altra cosa, è
dovuta la successiva abolizione della servitù dell'Europa occidentale; e sembra
che questo vestigio d'un'epoca barbara sparirà nel rimanente del mondo incivi
lito sotto 1'infiuenza della medesima causa.
THTp»ri»P'jSjj^
SCRITTI VARII
SULLA
MALTHUS.
. . DELIA
DELLA RENDITA.
{i) Non posso nulladimeno convenire nella sua opinione che ogni terra, la quale pro
duce cose necessarie al vitto, debba dare una rendita. Può accadere nei paesi pro
gressivi che si riducano a coltura terre le quali diano soltanto quanto basta a pagare i
profitti ed Ulavoro. Ma un buon profitto sui fondi impiegati, nel quale naturalmente si
comprende il pagamento del lavoro, è bastevole eccitamento a promuovere la colti
vazione.
DELLA RENDITA. 63
di tassare esclusivamente le rendite nette dei proprietarii, evidentemente dipende
dal considerare quelle rendite come interamente disponibili, nello stesso modo che
può disporsi dell'eccesso del prezzo sulla spesa di produzione, per cai si distingue
un monopolio ordinario.
Il signor Say, nel pregevole suo trattato d'economia politica, dove spiega con
molta chiarezza molti punti non abbastanza sviluppati da Smith, non ha però
trattato in un modo del tutto appagante il soggetto della rendita. Parlando dei
diversi agenti naturali, i quali del pari che la terra coadiuvano il lavoro dell'uomo,
egli fa osservare : Heureusemcnt personne ria pu dire: le vent et le soldi m'ap-
parliennenti et le service qu'ils rendent doìt m'ètre payè (1). Per quanto egli
ammetta, per ovvie ragioni, la necessità della proprietà delle terre, riguarda pure
la rendita come quasi esclusivamente dovuta a così fatta appropriazione, e alla
dimanda esterna.
Il signor De Sismondi, nell'eccellente sua opera intitolata, De la Rìchesse
Commerciale, dice in una nota, parlando della rendita : « Cette partie de la
« rente fonclere est celle que les Économistes ont dècorè du nom de produit nel,
« comme ètant le seul fruii du travail qui ajoute quelque chose à la richesse
« nationale. On pourrait au contraire soutenir contre eux, que c'est la seule partie
« du produit du travail , doni la valeur soit purement nominale, et n'aie rien de
« rèel: c'est en effet le rèsultat de l'augmentation du prix qn'obtient un vendeur
« en vertu de son privilège, sans que la chose vendue en vaille rèellement da-
« vantage ».
Verso questo modo di considerare il soggetto mi sembrano inclinare le opi
nioni preponderanti de' nostri più recenti scrittori ; e per non moltiplicare cita
zioni, mi limiterò ad aggiungere che l'idea di monopolio è spinta assai più oltre
in un'edizione della Ricchezza delte Nazioni, molto riputata, pubblicata poco
fa dal signor Buchanan d'Edimburgo. Sebbene gli scrittori precedenti riguardas
sero la rendita come retta dalle leggi del monopolio, pensavano pure essere
questo monopolio necessario ed utile. Ma il signor Buchanan ne parla talvolta
come di cosa decisamente pregiudiziale, giacchè priva il consumatore di ciò
che dà al proprietario. "'•_.' -. .
Trattando, nell'ultimo volume, del lavoro produttivo e del lavoro improdut
tivo, egli fa osservare che « il netto sovrappiù, da cui l'economista misura il
« vantaggio dell'agricoltura, deriva evidentemente dall'alto prezzo de' suoi pro-
« dotti, il quale, comunque vantaggioso al proprietario che lo riceve, non è cer-
« tamente di vantaggio alcuno al consumatore che lo paga. Vendendosi i prodotti
« dell'agricoltura a minor prezzo, non rimarrebbe, dedotte le spese, lo stesso so-
« prappiù; ma l'agricoltura sarebbe ancora egualmente produttiva per rispetto
« al fondo generale; colla sola differenza che, mentre nel primo caso arricchrvasi
« per gli alti prezzi il proprietario a spese della Società, nel secondo caso la So-
« cietà profitterebbe de' bassi prezzi, a spese del proprietario. L'alto prezzo in cui
« ha origine la rendita, ossia quel netto soprappiù che vi si trova, arricchisce bensì
nere quel limitato prodotto; allora, quantunque fossero più scarsi di quello che
ora sodo i viveri e più rare le materie prime, e nello stesso modo la terra fosse
fatta monopolio di privati proprietarii, egli è chiaro che ciò nonostante nè po
trebbe esistere la rendita, nè un soprappiù di prodotti sotto forma d'elevati
profitti.
È chiaro egualmente che, se le cose necessarie alla vita (e sono queste i pro
dotti più importanti del suolo) non avessero in sè facoltà di creare un aumento
di dimande proporzionato alla loro crescente quantità, l'incremento medesimo
di questa quantità ne farebbe ribassare il valore di cambio. Qualunque sia l'ab
bondanza dei prodotti d'un paese, la sua popolazione può rimanere stazionaria;
e così fatta abbondanza, senza una corrispondente domauda, ed insieme coll'alto
prezzo che avrebbe il lavoro calcolato in generi, come naturalmente accadrebbe
in simili circostanze, ridurrebbe il prezzo delle materie prime, del pari che il
prezzo degli oggetti manifatturati, al livello del costo di produzione.
Si è arguito alcuna volta mal intendersi il principio della popolazione da chi
s'immagina che l'aumento dei viveri e delle materie prime basii solo a cagionare
un proporzionato accrescimento di popolo. Ciò è vero senza dubbio, ma convien
dire, come fa giustamente osservare Adamo Smith, ehe « una volta provveduto il
vitto, riesce facile, in paragone, trovare quanto è necessario al vestito ed all'al
loggio» ; e dovrebbesi sempre ricordare che la terra non dà solamente una derrata,
ma che oltre la più indispensabile di tutte le derrate, vogliam dire il cibo, pro
duce anche le materie le quali servono alle altre necessità della vita: e natural
mente non avrebbesi mai a perdere di vista la fatica necessaria a lavorare quelle
materie (1).
Egli è quindi rigorosamente vero che la terra produce i generi di prima ne
cessità — cibo, materiali e lavoro — e produce i mezzi coi quali, e coi quali sol
tanto, un accrescimento di popolo può generarsi e sostenersi — e per questo
rispetto differisce sostanzialmente da ogni altro genere di macchina dall'uomo
conosciuta, epperciò è cosa naturale il supporre che sia pure collegata a certi
speciali effetti.
Se le macchine, le quali servono a lavorare il cotone, andassero aumentando
nella stessa proporzione d'oggidì, o più rapidamente ancora; ma se invece di
dare un solo particolare prodotto da usarsi in parte per vesti o per mobili, riu
nissero in sè le qualità proprie del suolo, e potessero somministrare con un po'
di lavoro, d'economia e d'industria, quanto bastasse a promuovere un aumento
di popolazione corrispondente all'aumentata provvigione di tali cose necessarie
alla vita; la dimanda de' prodotti di quelle macchine così migliorate con
tinuerebbe in eccesso al di sopra delle spese di produzione, e quest'eccesso
(1) Egli è certo però che, dove manchi luna o l'altra di queste materie, o dove l'in
dustria ed il capitale necessario a lavorarle Don possano formarsi per la poca sicurezza
della proprietà o per qualunque altra causa, i coltivatori rallenteranno presto i loro
sforzi, diminuendosi d'assai i motivi di accumulare e d'aumentare i toro prodotti. Ma in
questo caso sarà poca là dimanda del lavoro; e quatunque sia il buon mercato nomi
nale di viveri , il lavoratore non potrà realmente comandare tanta porzione delle
cose necessarie alla vita, comprendendovi ben inteso il vestito e l'alloggio, da venirne
promosso Paumento della popolazione.
Econom. 2a serie Tom. I. — 5.
66 MAirni's.
non apparterrebbe più esclusivamente all'uso della macchina della terra (1).
Evvi una differenza radicale tra la causa della dimanda d'oggetti rigorosa
mente necessarii a sostenere la vita dell'uomo, e la causa della dimanda di tutte
le altre merci. In tutte queste la dimanda è all'infuori della produzione e dalla
medesima indipendente; ed in caso di monopolio naturale od artificiale, l'eccesso
del prezzo in proporzione della scarsità del genere è comparativamente illimitalo.
Ma nel caso delte derrate di prima necessità, l'esistenza e l'aumento della di
manda, o dir si voglia del numero di coloro i quali dimandano, deve dipendere
dall'esistenza e dall'aumento di quelle medesime derrate ; e qui l'eccesso del
prezzo al di sopra dello spese di produzione deve pure dipendere, ed è in fatto
costantemente limitato dall'eccesso della loro quantità, al di là di quella che sia
indispensabile a mantenere il lavoro necessario per produrle: senza un simile
eccesso di qnantità, non vi potrebbe essere, secondo la legge di natura, dimanda
alcuna al di là di quello che abbisogni per sostentare i produttori.
Nella nuova edizione della Ricchezza delte Nazioni si è detto che la cagione
dell'alto prezzo dei prodotti grezzi si è, che una simile elevatezza di prezzo è
necessaria affinchè il consumo sia proporzionato alle provvigioni (2). Ciò è
Vero, ma non risolve il punto ia questione. Ci rimane ancora a sapere perchè
il consumo e le provvisioni siano tali da far sì che il prezzo ecceda di tanto
la spesa della produzione; e di ciò è manifestamente causa principale la fecon
dità àel\a terra nel produrre le cose necessarie alla vita. Si diminuisca quella
dovizia, si diminuisca la fertilità del suolo, e quell'eccesso andrà via via dimi
nuendo, e diminuendo ancora, finchè affatto svanirà. La causa dell'alto prezzo
delle cose di primo bisogno, al di sopra della spesa di produzione, si troverà
piuttosto nell'abbondanza che nella scarsità loro: e non solo essenzialmente dif
ferisce da quell'alto prezzo che. deriva da monopolii artifiziali, ma benanche dal
l'alto prezzo di quegli speciali prodotti della terra, i quali non si connettono col
vitto, e possono dirsi monopolii naturali e necessarii-.
Iq Francia il prodotto di certi vigneti, i quali per la specialità del terreno e
della posizione danno esclusivamente un vino d'un certo gusto squisito, si vende,
com'è naturale, ad un prezzo molto al di sopra delle spese di produzione. E ciò
si deve alla forte concorrenza delle domande, in paragone della scarsa raccolta
di quel vino, per la qual cosa se ne riduce l'uso ad un numero di persone così
ristretto, le quali, piuttostochè privarsene, sono pronte a pagare un alto prezzo
eccessivo. Ma se la fertilità di quei terreni si accrescesse in modo da farne
aumentare considerabilmente il prodotto , ne ribasserebbe il valore, e quindi
essenzialmente diminuirebbesi quell'eccesso dì prezzo sulle spese di produzione.
E se al contrario que' vigneti diventassero meuo produttivi, l'eccesso in discorso
potrebbe salire aU'infinito.
La causa ovvia di cotesti effetti si è che, in tutti i monopolii propriamente
(1) In questo caso ho supposto esistere un qualche limite alla provvista delle mac
chine per la manifattura del cotone; che se non vi fosse impedimento di sorta, se ne
vedrebbero gli effetti negli eccessivi profitti e negli eccessivi salarii, senza che però vi
fosse eccesso al disopra delle spese di produzione.
(2) Voi. IV, p. 35.
DELLA «ENDITA. 67
detti, naturali o artificiali, la dimanda è straniera alla produzione, e perciò dalla
medesima indipendente. Il numero delle persone vogliose per avventura di quei
vini rari, e desiderose di mettersi in concorrenza per farne l'acquisto, potrebbe
crescere quasi indefinitamente, ed intanto il prodotto medesimo diminuire, e
quindi il prezzo non avrebbe altro limite che il numero, la fortuna e i capricci
dei concorrenti.
Nella produzione delte cose di prima necessità, al contrario, la dimanda di
pende dallo stesso prodotto, e perciò gli effetti sono molto diversi : in questo
caso, è cosa materialmente impossibile che cresoa il numero delle dimande
mentre diminuisce il prodotto, poichè questo prodotto è il solo mezzo d'esi
stenza di coloro che lo dimandano. Quella fertilità del suolo e la conseguente
abbondanza de' prodotti da ima data quantità di terra, per la quale nel primo
caso diminuivasi l'eccesso del prezzo sulle spese di produzione, diviene nel caso
che ora contempliamo la causa specifica di simile eccesso ; e si può confidente
mente asserire che quella diminuita fertilità, la quale nel primo caso avrebbe
potuto far salire indefinitamente il prezzo al di sopra delle spese di produ
zione, diviene ora la sola causa per cui si possano permanentemente man
tenere le derrate di prima necessità ad un prezzo non eccedente la spesa di
produzione.
Or dunque, come mai si può egli dire ehe il prezzo delle cose necessarie alla
vita sia regolato sul principio d'un monopolio ordinario? e come mai riguardare
col signor Sismondi la rendita come il solo prodotto del lavoro che abbia un
valore puramente nominale, e come la pura conseguenza di quell'aumento di
prezzo che ottiene il venditore mercè uno speciale privilegio? ovvero col signor
Buchanan considerare la rendita, non già come un'addizione alla ricchezza
nazionale, ma semplicemente come un trastoeamento di valori, unicamente
vantaggioso ai proprietarii delle terre, e proporzionalmente dannoso ai con
sumatori ? . . . •
Ma non si ha egli qui al contrario un chiaro indizio di quella preziosissima
qualità del suolo che Dio ha largito all'uomo, — qualità per cui può servire a
sostentare un numero di persone maggiore di quello ehe sia necessario per la
vorarlo? E la rendita non è dessa una parte, e come ulteriormente vedremo,
parte necessaria, di quel soprappiù de' prodotti della terra (1), il quale si è af
fermato con ragione essere sorgente d'ogni potere e d'ogni bene? e senza cui
in effetto non vi sarebbero nè città, nè forze militari o navali, nè arti, nè Istru
zione, nè una sola delle più belle manifatture, e nessun oggetto di comodo o di
lusso ci verrebbe dal di fuori, e nulla infine si avrebbe di quella colta ed incivi
lita società, la quale innalza e fa dignitosa non solo ogni persona, ma spande
pure il suo benefico influsso sull'intiera massa del popolo ?
(1) S'intende che quel generale soprappiù, cui si allude, comprenda egualmente i
proli 1 1 1 del linaiuoto e le rendite del padrone della terra, e quindi abbracci l'intero
fondo pel sostentamento d'i persone le quali non sono direttamente impiegate intorno alla
terra. 1 profitti sono in realtà un soprappiù, perchè non sono in modo alcuno proporzio
nati (come si farebbe intendere dagli Economisti) ai bisogni ed alle necessità dei pro
prietari dei capitali, ma nel progresso della Società prendono una via diversa dalle
rendite, epperciò conviene tenerli affatto separati.
68 MALTHUS.
Nei primi periodi della società, 0 forse anche più notabilmente là dove le
cognizioni ed H capitale d'una società avanzata s'impiegano sopra terre vergini
e fertili, quel soprappiù, quel benigno dono della Provvidenza, si mostra princi
palmente negli alti e straordinarii profitti e salarti, e non appare che poco in for
ma di rendila. Mentre le terre fertili abbondano e possono ottenersi da chiun
que le dimandi, non si troverà senza dubbio chi voglia pagare una rendita ad
un proprietario. Ma la continuazione di questo stato di cose non è conciliabile
colle leggi di natura, nè con i limiti e le qualità della terra. Devono esistere in
tutti i paesi differenze di suolo e di posizione : ogni terra non può essere fer
tilissima , nè tutte le posizioni possono essere le più vicine ai mercati ed ai
fiumi navigabili. Ma l'accumulamento del capitale, oltre i mezzi d'impiegarlo
sopra terreni naturalmente più fertili o posti in situazione migliore, deve neces
sariamente far abbassare i profitti, intantochè la tendenza della popolazione ad
accrescersi al di là dei mezzi di sussistenza deve pure in un certo tempo far
abbassare i salarli.
La spesa di produzione sarà cosi diminuita, ma il valore de' prodotti, invece
di diminuire, aumenterà il valore dei prodotti, cioè crescerà la somma di lavoro
disponibile, e quella d'ogni altro prodotto del lfivoro, eccetto il frumento. Vi
sarà un numero sempre crescente di persone le quali dimanderanno la sussi
stenza, pronte ad offerire i loro servigi in qualunque modo possano rendersi
utili. Il valore di cambio dei viveri presenterà quindi un eccesso sulla spesa di
produzione, inclusovi i profitti del capitale impiegato nelle terre, calcolati nell'at
tuale ragione dei profitti di quel tempo. Quest'eccesso è la rendita.
Nè può accadere che cosi fatte rendite rimangano parie costante de' profitti
del capitale e dei salarii. Se potesse farsi luogo ad una accumulazione, per cui
ribassassero decisamente i profitti generali del capitale, e conseguentemente le
spese di coltivazione, in modo che convenisse di coltivare le terre meno fertili;
allora, nel caso che i coltivatori delle terre migliori non pagassero rendila di
sorta,, cesserebbero essi dall'essere semplici linaiuoli, ossia persone le quali vi
vono dei profitti del capitale impiegato nell'agricoltura, e riunirebbero in sè il
doppio carattere di fittaiuoli e di proprietarii; riunione che non di rado s'incontra,
ma la quale non altera menomamente la natura della rendita e l'essenziale sua
separazione dai profitti. Siano i generali profitti del capitale venti per cento, e
vi siano certe particolari porzioni di terra le quali diano il trenta per cento sul
capitale impiegato; dieci di questi trenta per cento formeranno ovviamente la
rendita, qualunque sia la persona che la riceva.
Accade in vero talvolta che, per vizio di governo, o per istravaganti abitu
dini e per una difettosa costituzione della società, l'accumulaziotìe del capitale
s'arresta, nello stesso mentre che le terre fertili considerabilmente abbondano ;
nel qual caso ì profitti possono continuare permanentemente molto elevati; ma
anche in tal caso i salarii devono necessariamente ribassare, per la qual cosa
riducendosi le spese di coltura, si fa luogo alla rendita. Nel progresso della
società non v'ha cosa così assolutamente inevitabile, quanto l'abbassamento delle
mercedi, quell'abbassamento cioè, il quale, combinato colle abitudini delle
classi lavoratrici, regolerà l'incremento della popolazione secondo i mezzi di sus
sistenza. E quando per difetto d'aumento di capitale si forma ostacolo all'au
mento de' prodotti, e perciò i mezzi di sussistenza si ristanno, i salarii del lavoro
DELLA RENDITA. 69
(1) Secondo i calcoli del signor CoIquhouB, il valore del nostro commercio interno
ed esterno e quello delle nostre manifatture, esclusivamente alle materie prime, sarebbe
quasi eguale al valore clie si ricava dalle Icrre. F. non v'è probabilmente altre parse
DELLA RENDITA. 71
the nei paesi comparativamente poveri, senza molto commercio interno ed esterno,
il valore del prodotti della terra costituisce quasi l'intera somma delle loro ric
chezze. Se, per Ipotesi, i salarli del lavoro si alzino in un coll'elevarsi dei pro
dotti talmente, che sia dato al lavoratore di ottenere gli stessi mezzi di sussistenza
che per lo avanti, e che si trovi pure in grado d'acquistare, col prezzo che ri
cava da una data quantità di grano, una maggiore quantità dì altri oggetti di
necessità o di comodo, nazionali od esteri; egli sarà egualmente ben nutrito, ben
vestito ed alloggialo, e l'incremento della popolazione potrà essere egualmente
incoraggiato, abbenchè i salarii non s'alzino nella stessa proporzione del prezzo
dei prodotti.
Ed ancorchè il prezzo del lavoro s'innalzi realmente in quella proporzione,
caso raro, ed il quale non può succedere se non quando la dimanda di lavoro o
precede o viene almeno contemporaneamente alla dimanda del prodotto, tutte le
altre uscite in cui si spende il capitale, come le decime da pagarsi, le quote di
parrocchia, le tasse, le materie che servono ad ingrassare le terre, e i capitali
iissi già accumulati duranti i precedenti bassi prezzi, non possono salire preci
samente nella medesima proporzione- e nello stesso tempo, nè può mancare di
incontrarsi un periodo di qualche seguito, in cui si aumenti la differenza tra li
prezzo del prodotto e la spesa di produzione^
In alcuni di questi casi l'aumento di prezzo dei prodotti della terra, parago-
nato alla spesa per gli strumenti di produzione, sembra, da quanto si disse, sola
mente temporaneo; e ciò darà spesso un forte stimolo alla coltivazione, accre*
scendo i profitti dell'agricoltura senza molto mostrarsi sotto forma di rendita ;
sebbene non manchi quasi mai d'accrescere la rendita stessa in ultima analisi.
È raro che quei maggiori capitali, i quali s'impiegano all'opportunità, quando se
ne possono avere a tempo grandi profitti, siano intieramente rimossi dalta terra
allo spirare degli affinamenti in corsoj ed al rinovarsi di questi, il padrone della
terra ne sente il benefizio nell'aumento delle soe rendite.
Ogni qualvolta pertanto, sotto l'azione delle quattro causa or ora mentovate,
cresce la differenza tra il prezzo del prodotto e la spesa per gli strumenti di pro
duzione, le rendite della terra aumenteranno.
Non è però necessario che le quattro cause agiscano simultaneamente; basti»
che la sopraccennata differenza si accresca. Se, per esempio, venisse ad alzarsi
il prezzo del prodotto, intanto che non crescano in proporzione i salarii ed i
prezzi negli altri rami del capitale; e se nello stesso mentre venissero in uso ge
neralmente metodi migliori di coltura; egli è chiaro che la differenza di cui, sf
tratta potrebbe aumentarsi, quantunque i profitti del capitale impiegato nel
l'agricoltura, non solo non diminuissero, ma ben anche salissero decisivamente
più alto.
Si riguarda per la più parte come generata dalta terra, e non eOme derivata
dal commercio o dalle manifatture, quella maggiore quantità di capitali che si
impiega sulla terra. E gli alti profitti del capitate agrario, dovuti ai migliora-
dove questo caso si verifichi [Trattato della ricchezza, della potenza e de' mezzi deh
l'Impero britannicii, p. 96). L'intero armuo prodotto è stimato a 450 milioni, ed i pro
dotti dell'agricoltura ;i circa 21G. milioni.
72 , , MALTHUS.
menti dei metodi di coltura ed alla costante elevazione dei prezzi, non seguitata
che da una lenta elevazione proporzionale negli altri diversi impieghi del capi
tale, forniscono incontestabilmente i mezzi d'un accumulamento così rapido
e così vantaggioso.
Così la coltivazione si estese ed aumentarono le rendite, quantunque uno degli
strumenti di produzione, il capitale, diventasse più caro.
Nello stesso modo l'abbassamento dei profitti e la mancanza di miglioramenti
nell'agricoltura, od una cosa o l'altra separatamente, potrebbero far salire le
rendite, non ostante l'aumento dei salari i.
Si può quindi stabilire come generalmente vero che le rendite crescono na
turalmente in ragione della differenza tra il prezzo del prodotto ed il costo degli
strumenti di produzione.
È chiaro inoltre che nessuna nuova terra può essere posta alla coltura, fin
chè le rendite non siano aumentate, o non si faccia luogo ad aumento sulle
terre già coltivate.
Vuoisi una grande quantità di capitale perchè le terre di qualità inferiore
possano dare un certo determinato prodotto; e se il prezzo attuale di questo pro
dotto non è tale da compensare pienamente la spesa di produzione, compresi ,
nella ragione ordinaria, i profitti correnti, forza è che quelle terre rimangano
incolte. Del resto, nulla monta che quel compenso si abbia da un aumento del
prezzo in danaro delle materie prime senza che vi corrisponda un aumento pro
porzionato nel prezzo degli strumenti di produzione, ovvero da upa diminuzione
di prezzo di questi strumenti senza che vi corrisponda una proporzionata dimi
nuzione nel prezzo dei prodotti. Ciò che fa d'uopo assolutamente, si è un buon
mercato relativo degli strumenti di produzione, tale da supplire alla quantità che
se ne richiede a fine d'ottenere da una terra povera un determinato prodotto.
Ma allorquando, per l'azioue dell'una o dell'altra delle cause preaccennate,
gli strumenti di produzione si hanno a miglior mercato, intanto che si accresce
la differenza tra il prezzo dei prodotti e le spese di coltivazione; aumentano al
lora naturalmente le rendite; e ne viene per diretta e necessaria conseguenza
che non può mai tornare in conto d'intraprendere la coltura delle terre di
qualità inferiore, finchè non abbiano aumentate, o non siano suscettive d'aumen
to, le rendite dei terreni prima coltivati.
E vero egualmente che, senza quella tendenza delle rendite a salire sotto
l'azione delle stesse cause, non può convenire l'impiego di nuovi capitali nei
miglioramenti delle vecchie terre , nell'ipotesi almeno che ogni podere sia già
fornito di quel tanto di capitale che può vantaggiosamente impiegarsi alla ragione
attuale dei profitti.
Basta enunziare questa proposizione per farne risaltare la verità. Può senza
dubbio accadere, e temo accada sovente, che i linaiuoli non. siano forniti di
tutto quel capitale che potrebbe impiegarsi nelle terre affittate all'attuale ragione
dei profitti agrarii; ma supposto che lo siano, ciò implica distintamente che non
se ne potrebbe impiegare di più senza perdila, finchè, per l'azione d'una o più
delle cause sopra enumerate, le rendite abbiano acquistato una tendenza ad
accrescersi.
Si vede quindi come la facoltà di estendere la coltura delle terre e d'accre
scerne il prodotto, imprendendo a coltivare terre nuove o a migliorare le anti
DEI.LA RENDITA. 73
che, dipende dall'esistenza di tali prezzi che, paragonati colle spese di produ
zione, possano far alzare le rendite nella presente condizione dell'agricoltura.
Ma se non può estendersi la coltivazione nè accrescersi il prodotto del paese,
se non in quello stato di cose che ammette nn aumento di rendita, giova far
osservare che quest'incremento di rendita non sarà però proporzionato all'esten
sione della coltura o all'aumento de' prodotti. Ogni relativo abbassamento nel
prezzo degli strumenti di produzione può far luogo all'impiego d'una conside
rabile quantità di maggiori capitali; e quando o si mettono in coltura terreni
incolti, o si migliorano i già coltivati, l'aumento del prodotto può essere rag
guardevole, quantunque l'aumento della rendita sia di poca entità. Noi vediamo
per conseguenza che, nel progresso del paese verso un'alta coltura, la quan
tità dei capitali impiegati nelle terre, e la quantità dei prodotti che se ne ri
cavano, offre una proporzione sempre Crescente al montare delle rendite, a
meno che non sia contrabbilanciata da miglioramenti straordinarii nei metodi
di coltura (1).
Secondo le informazioni date all'ufficio dell'agricoltura, la media proporzione
della rendita al valore della totalità del prodotto non eccederebbe, da quanto
pare, un quinto (2); mentre per lo avanti, quando impiegavasi meno di capitali
e producevasi più di valori, la proporzione ascendeva a un quarto, a un terzo, e
fino a due quinti. Ma pure la differenza numerica tra il prezzo del prodotto e
le spese di coltivazione cresce col progredire dei miglioramenti; e se ora tocca
al proprietario una quota minore per rispetto alla totalità dei prodotti, pure, at
teso il grande aumento dei prodotti medesimi, quella minor quota dà una mag
giore quantità, e mette quindi a sua disposizione e più grano e più lavoro di
prima. Sia il prodotto della terra eguale a sei, se il padrone della terra ne ha
un quarto, la sua quota sarà uno e mezzo. Ora cresca il prodotto fino a dieci,
ed il padrone della terra ne abbia un quinto, la sua quota sarà due. Cosicchè
nell'ultimo caso, quantunque la proporzione della quota del proprietario alla to
talità del prodotto sia di molto diminuita, pure la sua rendita reale, indipenden
temente dal prezzo nominale, si troverà aumentata nella proporzione di tre a
quattro. £ generalmente in tutti i casi, ne' quali i prodotti vanno aumentando,
a meno che la quota che ne viene al proprietario non diminuisca nella stessa
proporzione, cosa che, se accade sovente nel corso degli affidamenti, non ac
cade che rare volte o mai al loro rinnovamento, la rendita effettiva della terra
deve aumentare. .. "
Noi vediamo così come il progressivo elevarsi delle rendile si trovi colle
gato necessariamente colla progressiva coltura di terre incolte, e col migliora
c1) Ad onore dei coltivatori scozzesi, è da osservarsi aver essi applicato i loro ca
pitali con tate sagaci tà ed economia che, maravigliosamente aumentando i prodotti, ne
hanno pure accresciuta la porzione del padroue della terra. La differenza tra la parte
«he tocca al padrone della terra nella Scozia, e quella che gli tocca nell'Inghilterra, è
veramente straordinaria; molto maggiore di quella che potrebbe dipendere dalla natura
del suolo, o dal non aversi a pagare uè le decime, nè la tassa dei poveri. Si veda la pre
gevole descrizione dell'agricoltura dalla Scozia, ed il rapporto generale pubblicato non
ha guari. — Scritti ripieni d'utilissimi ed importantissimi ragguagli intorno alle cose
agrarie.
(2) Si vedano le prove davanti alla Camera dei Pari, riferite da Arthur Young, p. 66.
74 MALTHUS.
mento progressivo delle terre gii coltivate; e come quell'elevazione sia la con
seguenza naturale e necessaria dell'azione di quattro cause, nelle quali si ha
l'indizio più sicuro d'una ricchezza e d'una prosperità crescente — cioè del
l'accumulamento del capitale, dell'aumento della popolazione, de' miglioramenti
nell'agricoltura, e dell'alto prezzo delle derrate cagionato dall'estensione delle
nostre manifatture e del nostro commercio.
Da un altro lato si vedrà come l'abbassarsi delle rendite si connetta pure
necessariamente coll'abbandono delia coltura delle terre di qualità inferiore, e
col deterioramento continuo delle terre di superiore qualità; ed è questa una
conseguenza naturale indispensabile di cause, le quali sono indizii certi di po
vertà e di decadenza — cioè diminuzione di capitale, decremento di popolazione,
cattivi metodi di coltura, e basso prezzo dei prodotti della terra.
Se è vero che non possa estendersi la eoltura dei terreni se non quando i
prezzi, paragonati alle spese di produzione, sono tali da permettere un aumento
di rendite, ne segue naturalmente che, dove lo stato relativo dei prezzi fa calare
le rendite, la coltivazione deve decadere. Se gli strumenti di produzione diven
gono più cari a confronto del prezzo del prodotto, è segno certo che diventano
relativamente rari; ed in tutte le circostanze nelle quali si richiedono molti di
questi strumenti , come nella coltura d'una terra povera, mancheranno 1 mezzi
di procacciarseli, e la terra dovrà abbandonarsi.
Nel progresso della, coltivazione e delle rendite crescenti, si è veduto non
essere necessario che tutti gli strumenti di produzione calino di prezzo nello
stesso tempo, e potersi accrescere la differenza tra il prezzo del prodotto e la
spesa di coltivazione, quantunque, invece di abbassarsi, possano maggiormente
alzarsi i profitti del capitale ed i salarii del lavoro.
Parimente, quando il prodotto d'uno stato declina e le rendite cadono, non
è per ciò che tutti gli strumenti di produzione abbiano ad essere più cari. In un
paese il quale non avanza o decade, v'ha sempre on importantissimo strumento
di produzione a buon prezzo, vogliamo dire il lavoro. Ma quel buon mercato
del lavoro non controbilancia gli svantaggi del rincarire del capitale, d'un cat
tivo sistema di coltura, e soprattutto un abbassamento nel prezzo dei prodotti
della terra, maggiore di quello che è nel prezzo degli altri articoli di spesa, i
quali, in aggiunta al lavoro, sono indispensabili all'agricoltura.
SUè pure veduto che, in progresso di coltura e nel crescere delle rendite,
quantunque la rendita sia in somma effettivamente maggiore, si trova via via
in sempre minore proporzione alla quantità del capitale impiegato nelle terre
come alla quantità dei prodotti che se ne ritraggono. Secondo lo stesso princi
pio, quando si minora il prodotto e cade la rendita, quantunque il montante di
essa sia sempre minore, la sua proporzione però al capitale e al prodotto anderà
sempre crescendo. E come nel primo caso là diminuita proporzione delle ren
dite dovevasi alla necessità di mettere annualmente in coltura terre incolte di
qualità inferiore, e di progredire nel miglioramento dei terreni già coltivati, ri-
traendosene i soliti profuti del capitale soltanto e poca o nessuna rendita; così,
in quest'ultimo caso, l'alta proporzione della rendita si deve all'impossibilità di
ottenere un prodotto laddove si richiede molta spesa, ed alla necessità d'im
piegare il capitale del paese esclusivamente nella coltura delle terre più
feitìli. . . . • .
DELLA RENDITA. 75
pollame, delle materie che servono al vestito ed all'alloggio, dei minerali più
utili ecc. , paragonati al grano; ma non si è addentrato nella spiegazione delle
cause naturali che tendono a determinarne il prezzo. E per verità, egli ha la
sciato concludere al lettore ch'egli considera il prezzo del grano come soltanto
determinato dallo stato delle miniere, le quali, in quel dato tempo, forniscono il
mezzo circolante del mondo commerciale. Ma questa causa manifestamente non
vale a render conto dell'attuale differenza che si osserva nel prezzo dei grani
in pausi non lontani l'uno dall'altro e pressochè alta medesima distanza dalle
miniere.
Convengo intieramente con lui quanto alla grande utilità di ricercare le
cause degli alti prezzi, poichè dai risultamehti di tali ricerche può venirsi a co
noscere che quella medesima circostanza, di cui ci lagniamo, sia la necessaria
conseguenza ed il segno più sicuro d'una ricchezza e d'una prosperità crescente.
Ma di tutte le ricerche di tal genere, nessuna è certamente così importante e
d'un interesse così generale, come l'investigazione delle cause le quali influi
scono nel prezzo del grano, e cagionano in esse quelle differenze così notabili
nei diversi paesi.
Affermerò senza esilare che, prescindendo dalle irregolarità del corso della
moneta in uno Stato (1) ed altre temporanee accidentali circostanze, la causa
dell'alto prezzo comparativo del grano, in danaro, si è il reale suo alto prezzo
comparativo, cioè la maggiore quantità di capitale e di lavoro che si deve im
piegare a produrlo; e che la ragione per cui il prezzo del grano è più elevalo e
va continuamente crescendo in paesi già ricchi, ed i quali tuttora progrediscono
in prosperità ed in popolazione, si trova nelta necessità di ricorrere continua
mente alle terre più povere — alle macchine più dispendiose a mettersi in opera
— per la qual cosa ogni nuova aggiunta ai prodotti primi del paese deve acqui
starsi a più caro prezzo. Insomma, se ne troverà la ragione nell'importante verità
che, in un paese progressivo, il grano si vende al prezzo necessario perchè si
produca l'attuale provvigione; e quanto più questa diviene difficile ad ottenersi,
tanto più cresce in proporzione il prezzo (2). • ' .
Il prezzo del grano, qual è determinato da queste cause, potrà essere senza
dubbio assai modificato da varie altre circostanze, cioè dalle imposte dirette e
' (i) In tutte le nostre discussioni si dovrebbe procurare di separare quanto meglio si
può la parte dell'alto prezzo, la quale deriva da un eccesso di moneta, da quella parte
la quale è naturale. e proviene da cause permanenti.. Ciò è particolarmente necessario
in tutio il filo di questo argomento.
'i Si osservi che io dico in un paese progressivo, cioè un paese il quale richiede
annualmente l'impiego d'ua maggior capitale mobile per sostentare una popolazione
crescente. Se non fosse questione di nuovi capitali e d'aumento di popolazione, e tutte
le terre fossero buone, non sarebbe allora più vero che il grano debba essere venduto
al suo prezzo necessario. Potrebbe diminuirsi il prezzo attuale, se le rendite della terra
fossero diminuite in proporzione; potrebbe continuare la coltivazione come per lo avanti,
e si potrebbero produrre le slesse quantità. .Accade però assai di raro che tutte le terre
d'un paese, attualmente occupate, siano buone e diano una buona rendita netta. Edio
ogni caso, un abbassamento di prezzo deve diminuire il capitale agrario durante il
corso degli affinamenti , al cui rinnovarsi non vi sara più la stessa forza di pro
duzione.
78 MALTHUS.
indirette, dal perfezionamento de' metodi di coltura, dall'economia del lavoro
attorno alle terre, e particolarmente dall'importazione dei grani forestieri. E per
verità quest'ultima causa può fare in gran parte svanire gli effetti ordinarii
d'upa grande ricchezza sul prezzo dei grani; e può allora quella ricchezza mo
strarsi sotto forma diversa,
Si suppongano sette o otto grandi Stati non molto lontani l'uno dall'altro
ed in posizione non molto diversa per riguardo alle miniere, e nè pure essen
zialmente dissimili per rispetto al suolo ed all'industria agraria; si supponga
egualmente che la moneta in corso sia in uno stato naturale, che le tasse siano
zero, e sia libero il commercio, solo eccettualo il -commercio dei grani. E poi
si supponga che in uno di questi Stati cresca il capitale e l'industria delle ma
nifatture molto più che negli altri, e quindi esso diventi assai più ricco e più
popolato. Dico che quel comparativo aumento di ricchezza non avrebbe potuto
effettuarsi senza che grandemente si alzasse in paragone il prezzo dei prodotti
della terra, e che nelle circostanze supposte, quell'elevazione di prezzo sarebbe
segno naturale, e conseguenza assolutamente necessaria, dell'accresciuta ric
chezza e popolazione dello Stato.
Mettiamo ora che in quei medesimi paesi sia perfettamente libero il com
mercio dei grani, e siano insignificanti le spese del nolo; ed inoltre che uno
di essi venga a superare d'assai gli altri nel capitale e nell'industria dellemani-
fatture, come in popolazione ed in ricchezza: allora io dico che l'importazione
del grano impedirebbe ogni gran divario nel prezzo dei prodotti grezzi, nello
stesso modo che impedirebbe ogni notabile differenza nella quantità di capitale
impiegato nelle terre e nella quantità di grano che se ne raccoglierebbe; che
non potrebbe farsi luogo per conseguenza a quel grande aumento di ricchezza,
senza molto dipendere dalle altre nazioni per le provvigioni di grano; e che cosif
fatta dipendenza, nelle supposte circostanze, sarebbe segno naturale, e conse
guenza assolutamente necessaria, dell'incremento di ricchezza e di popolazione
nello Stato di cui si parla.
Queste sono, a nostro credere, le due alternative inerenti a un grande ac
crescimento comparativo di ricchezza; e la nostra ipotesi, salve le debile restri
zioni, si applica allo stato dell'Europa.
In Europa le spese del trasporto dei grani sono sovente assai considerabili,
formano una barriera naturale all'importazione; ed anche nei paesi i quali abi
tualmente dipendono dal grano estero, i prezzi de" prodotti agrarii devono es
sere assai più alti del livello comune. In fatto, i prezzi delle materie prime
nei vari i paesi d'Europa, devono essere diversamente modificati da terreni molto
diversi, da tasse più o meno gravi, o dai differenti gradi d'avanzamento nella
scienza dell'agricoltura. Onerose imposte e magre terre possono far salire, com
parativamente, i prodotti ad alto prezzo, o cagionare una gran dipendenza dagli
altri paesi, senza che si abbia per ciò molta ricchezza e popolazione, intanto che
importanti perfezionamenti nell'agricoltura, e terre di buona qualità, possono te
ner basso il prezzo del prodotto; cosicchè, non ostante una ragguardevole ric
chezza, può mantenersi lo Stato indipendente dal grano forestiero. Ma i principii
stabiliti sono principii generali sulla materia, e nel farne l'applicazione a un
caso particolare, deve sempre tenersi conto delle speciali circostanze che vi si
connettono.
.
DELLA RENDITA. 79
(i) Anche nel sistema d'importazione, nello stato attuale e nella posizione dei paesi
d'Europa, i più alti prezzi necessariamente accompagnano una ricchezza superiore e
crescente. .
(2) Non bisogna lasciarsi indurre in errore dalle inchieste fatte in Parlamento, sulla
mancanza di connessione tra il prezzo del grano e quello del lavoro, in modo da sup
porre che siano in effetto l'uno dall'altro indipendenti. Il prezzo delle cose di prima
necessità, è in fatto ciò che costa il lavoro di produzione. Non si può avere il bisogne
vole se non si paga; e sehliene vi sia sempre qualche latitudine in grazia di certe va
riazioni nell'industria e nel vivere, e dell'intervallo di tempo che passa Ira l'incoruggia-
mento dato atla popolazione, ed il periodo nel quale se ne vedono i risultamenti sul
mercato; tuttavia supporre il prezzo del lavoro non connesso con quello del grano, è un
errore piò grande ancora di quello che sia il supporre che il prezzo del grano regoli
immediatamente e completamente il prezzo del lavoro. Grano e lavoro vanno raramente
di fronte; ma vi è un limite ovvio al di là del quate non possono separarsi. In ordine
agli sforzi straordinarii delle classi laboriose in tempo di carestia, donde si ha l'abbassa
mento dei salarii, avvertito nella sopraccennata inchiesta, sono tali sforzi molto meritorii
individualmente, e favoriscono senza dubbio l'incremento del capitale; ma non vie
amico dell'umanità il quale possa desiderarli continuati senza lena. Sono ammirabili come
un sollievo momentaneo; ma se fossero costantemente in atto, ne risulterebbero effetti
anatoghi a quelli che derivano dallo spingersi la popolazione d'un paese agli estremi
limiti della sua sussistenza. Non vi sarebbe compenso nella scarsità. Non vedrei volen
tieri, il confesso, estendersi troppo l'uso d'un lavoro stentato ; che troppo è veramente,
per una creatura umana, un forte lavoro di dodici o quattordici ore continuate, per
giorno. Alcuni intervalli sono indispensabili al benessere e alla salute; e se può farseite
abuso accidentalmente, non è ragione che valga a respingerne l'uso.
DELLA RENDITA. 81
del lavoratore non si sono alterate in fatto di prudenza, o per riguardo alla
quantità di lavoro ch'egli è disposto a fare. • •
Il male più da temersi è che l'alto prezzo in danaro del lavoro ne dimi
nuisca la dimanda; e non si può negare che abbia questa tendenza, mentre
tende particolarmente ad accrescere i prezzi delle merci d'esportazione. Ma
una ripetuta sperienza ci ha dimostrato essere simili tendenze continuamente
controbilanciate ed anche più che controbilanciate, da altre circostanze. E nel
uostro paese siamo stati testimonli d'un'estensione di commercio all'estero,
maggiore e più rapida di quello che sia stata mai, sotto lo svantaggio apparente
d'un grande aumento nel prezzo del grano e del lavoro, comparativamente ai
prezzi degli Stati vicini.
I>'altra parte abbondano per ogni dove gli esempi di molte basse mercedi che
non contribuissero per nulla a far crescere la dimanda del lavoro. E tra le classi
laboriose dei diversi paesi non se ne trovano certamente più miserabili di
quelle dove, nè cresce la dimanda del lavoro, uè la popolazione, e pure i prezzi
delle provigioni sono estremamente bassi, in paragone di quelli delle manifat
ture e delle merci forestiere. Per quanto bassi però siano i prezzi, egli è certo
che in simili circostanze non toccherà a chi lavora più di quanto è per l'appunto
indispensabile a sostentare l'attuale popolazione; e la sua condizione sarà de
pressa, non solo perchè la dimanda di lavoro non cresce, ma perchè il lavora
tore ne avrà inoltre il danno di non poter disporre, col poco sovrappiù che gli
resta, se non d'una piccola porzione di manifatture o di merci straniere. Se per
esempio, dove la popolazione non cresce, si suppone che le famiglie spendano
in media proporzione due terzi dei salarii pell'acquisto de' viveri necessarii, il
più o il meno di convenienze e di comodi che potrà procurarsi coll'altro terzo
farà una differenza notabile nella condizione del povero ; e quasi invariabil
mente con quel sovrappiù potranno ottenersi agi tauto maggiori, quanto più
elevato sarà il prezzo del grano.
L'alio o il basso prezzo de' viveri è quindi evidentemente in ogni paese un
indizio molto incerto dello stato in cui si trovino le classi povere. È chiaro che
la loro condizione dipende da altre cause più forli, ed è forse buona egualmente
tanto spesso, e più spesso ancora, nei paesi dove il granò è caro, che nei paesi
dov'è a prezzo vile.
È da osservarsi nello stesso tempo che l'alto prezzo del grano, cagionalo
dalla difficoltà di procurarselo, può considerarsi come l'estrema barriera al pro
gresso indefinito d'un paese in ricchezza ed in popolazione. E sebbene, per cause
interne od esterne, l'attuale progresso delle nazioni nei loro diversi gradi di
movimento sia sottoposto a molte variazioni , . sarebbe temerità il dire che uno
Stato ben popolato, il quale in oggi move lento, non possa da qui a quarant'anni
rapidamente avanzare; pure devesi confessare che le probabililà d'un rapido
progresso futuro sono diminuite per i prezzi del grano e del lavoro tropp'alti,
comparativamente a quelli degli altri paesi.
Importa quindi assai che questi prezzi si accrescano il meno possibile arti
ficialmente per l'effetto delle tasse. Ma ogni tassa, la quale cada sul capitale agra
rio, tende ad impedirne l'applicazione, tanto per ridurre Duove terre a coltura,
quanto per migliorare le terre già prima coltivate. Si è dimostrato in una prima
Eamom. 2a serie Tom. 1. — 6.
82 . MALTHUS.
parte di queste disamina come, avanli che possa farsi luogo ad una simile
applicazione dei capitali, il prezzo del prodotto, paragonato a quello degli
strumenti di produzione , deve salire tanto che basti a pagare il fittaiaolo.
Ma se si aggravano colle tasse le sempre crescenti difficoltà da superarsi
allora è necessario , avanti che possano intraprendersi i progettati migliora
menti, che i prezzi salgano al punto, non solo da pagare il linaiuolo, ma
pur anche da poter pagare il governo. Ed ogni tassa che pesa sul capitale
agrario impedisce quei miglioramenti , o fa che si debbano comprare a più
caro prezzo.
Al rinnovarsi degli affinamenti, il carico della tassa si riporta generalmente
sul padrone della terra. Il linaiuolo fa, o dovrebbe fare almeno, il suo contraito
in modo che, ogni spesa pugata, gji rimangano i profitti ordinarli del capitale
agrario nelle attuali circostanze del paese,, qualunque essi siano, ed in qualun
que modo possano essere stati colpiti dalle fasse, e particolarmente da un'im
posta cosi generale, come sarebbe l'imposta sui redditi. Perciò, quando rin
nova il fitto , pagando al proprietario una rendita minore , il fittaiuolo resta
esonerato da ogni speciale sopraccarico, e può continuare a coltivare secondo il
solito cogli ordinarii profitti. Ma il suo nuovo contratto non gli rende per nulla
il coraggio d'impiegare nuovi capitali in miglioramenti. Un simile incoraggia
mento nel filiamolo, come nel proprietario medesimo, dipende esclusivamente
dal prezzo del prodotto paragonato al prezzo degli strumenti di produzione; e
dove quest'ultimo prezzo si è fatto più alto a cagione dell'imposta, non v'è di
minuzione di rendita che serva. È questa in sostanza una questione dove la
rendita non ha che fare. E, sotto il riguardo de' miglioramenti progressivi, si
può confidentemente affermare che la totale abolizione delle rendite sarebbe
meno efficace di ciò che aia la rimozione di quelle tasse le quali cadono sul
capitale agrario.
Credo prevalga l'opinione che la grande spesa della coltivazione del grano
in questo nostro paese sia quasi esclusivamente da attribuirsi alla gravezza del
l'imposta. Non so dubitare della tendenza di molte nostre tasse ad accrescere le
spese di coltura, e però il prezzo del grano; ma come rileverà il lettore dal filo
del ragionamento seguitato in questa disamina, penso ehe una parte (Ji sif
fatto prezzo, e forse parte non piccola, derivi da una causa la quale ha più
profonde radici, e sia veramente necessario effetto della grande superiorilà
della nostra ricchezza e della nostra popolazione, in paragone della qualità del
nostro suolo e dell'estensione del nostro territorio; .
È queste una causa, la quale può solo essere modificata essenzialmente dal
l'abituale importazione del grano forestiero, e da una diminuita coltivazione, del
grano nazionale. Si è discussa in aliro luogo la convenienza d'un simile sistema.
Naturalmente però agni alleviamento d'imposta tenderà, sotto qualunque siasi
« sistema, a rendere meno alto il prezzo del grano, e renderne meno necessaria
l'importazione. . .
Nel progresso d'un paese verso un alto stato di civiltà, la ricchezza posi
tiva del proprietario, secondo i principii sopra stabiliti, dovrebbe crescere gra
datamente; se non che, la sua condizione relativa, e la sua importanza in
mezzo alla società, andrebbe forse piuttosto diminuendo, attesa la ricchezza ed
DBLL4 RENDITA. 83
il numero crescente di coloro i quali vivono d'un soprappiù (1) molto maggiore
ancora — vogliamo diro dei profitti del capitale.
Il progressivo abbassamento del valore dei metalli preziosi in tutta Eu
ropa, abbassamento. più grande ancora nelle più ricche contrade, io un coll'au-
mento dei prodotti ottenuti dal suolo, deve condurre il proprietario ad aspet
tarsi un incremento di rendila al rinnovarsi dei fitti. Nel riaffittare però le sue
terre, egli va soggetto a cadere in due errori, nocivi egualmente ai di lui pri
vati interessi ed agli interessi del paese.
In primo luogo, egli può essere indotto, dall'immediato prospetto d'una
rendila esorbitante offertagli dai fitiamoli competitori, ad affittare le lerre a
qualcuno il quale non possegga capitali sufficienti a coltivarle ed a farvi i neces
sari miglioramenti. F. questa, senza dubbio, una maniera d'agire a ben corla
vista, e se ne sono fatti osservare sensibilmente i cattivi effetti dai più intelli
genti agrimensori nell'esame ultimamente fatto davanti al Parlamento. Se ne
ebbero, più che altrove, notabili esempi nell'Irlanda, dove per l'imprudeuza dei
padroni delle lerre, a questo riguardo, combinata forse coll'attuale difficoltà di
trovare solidi fitiamoli, ci è accresciuto il malcontento del popolo, e si sono
frapposti i più gravi ostacoli nella via d'un migliore sistema di coltura. La con
seguenza di un tai errore si è, per il proprietario, la perdita certa di tutta quella
sorgente di rendita, e per lo Stato, di tutta quella ricchezza, la quale deriva dal
l'incremento del prodotto.
L'altro errore cui va soggetto il proprietario, si è d'ingannarsi prendendo
un rialzamento di prezzo, soltanto temporaneo, come durabile in modo da poter
guarentire un aumento di rendita. Accade sovente che una o due annate scarse,
ovvero una straordinaria dimanda proveniente da qualche altra cagione, facciano
crescere il prezzo del prodotto della terra a un'altezza cui non può mantenersi.
I fittamoli, i quali prendono terre in affitto mentre quell'alto prezzo prevale,
probabilmente falliranno al ritornare delle cose nel loro stato naturale, e la
sceranno le terre rovinate ed esauste. Questi brevi periodi degli alti prezzi sono
d'una grande importanza, creando capitali attorno alle terre, quando se ne la
scia il vantaggio ai filiamoli ; ma se voglionsi afferrare prematuramente dal
proprietario , allora il capitale , invece d'accumularsi, è distrutto, ed il pro
prietario e il paese , invece d'averne benefizio, vanno egualmente incontro ad
una perdita.
Una simile precauzione è necessaria nel levare le rendite, anche allorquando
l'alzamento dei prezzi sembrerebbe dover essere permanente. Nel progresso dei
prezzi e delle rendite , la rendita dovrebbe rimanersi alquanto indietro ; non
solo per dar campo ad accertare se quell'alzamento sia temporaneo o durabile ,
ma pure, in quest'ultimo caso, per lasciare un po' di tempo all'accumulazione
del capitale sulla terra, il di cui possessore è sicuro di risentirne infine tutto il
vantaggio. .-•►.. ...-,•-. "..., . .
Non v'è giusto motivo di credere che, se le terre dovessero dare tutte le loro
(i) Già prima accennava in una Dota coree il nome di soprappiù potesse darsi non
impropriamente ai profitti ; ma soprappiù o no, i profitti sono sempre la più copiosa
fonte di ricchezza , come pure indubitatomente sono principale sorgente d'aecurauv
lazione. . ,, '.'
84 MALTHUS.
(1) Smith rammenta le cattive conseguenze degli alti profitti sulle abitudini del capi
talista. E possono senza dubbio dar motivo a stravaganze; ma generalmente direi die
più sovente le abitudini stravaganti sono cagione della scarsità dei capitali e degli alti
> profitti, di quelto che gli alti profitti siano causa di stravaganti abitudini.
DELLA RENDITA. 85
deve ancora continuare alcun poco, prima che possiamo ritornare ai pagamenti
in effettivo. Coloro i quali affittarono le loro terre durante il periodo della mas
sima differenza tra i biglietti e il contante, dovranno probabilmente ribassare i
fitti, qualunque sistema venga adottato intorno al commercio dei grani. Questi
indietrèggiamenti sono sempre infelici ; e le alte rendite, le quali derivano in
parte da simili cause , intralciano il corso regolare dei prezzi, e confondono
egualmente i calcoli del fittaiuolo e del proprietario.
Colle precauzioni qui accennate nell'affittare le terre, il proprietario può ra
gionevolmente aspettarsi un aumento di rendita, graduato e costante; e, ge
neralmente, non solo proporzionato all'elevarsi del prezzo del prodotto, ma ben
anche ad un aumento maggiore ancora, procedente dall'acerescersi della quantità
del prodotto medesimo.
Assumendo rendite convenienti del pari al padrone ed al fittaiuolo, se si
vede che negli affinamenti successivi le rendite non crescano, in proporzione,
alquanto più del prezzo dei prodotti, dovrà ciò attribuirsi alle forti tasse.
Quantunque non sia punto vero, come si asserisce dagli economisti, che
tutte le imposte cadano sulle rendite nette dei proprietarii , egli è però indubi
tato che sono essi più spesso, e direttamente e indirettamente, tassati di quelto
che le altre classi di cittadini, e che hanno minori mezzi di rilevarsi. E pa
gando, come certamente fanno, molte delle tasse cadenti sul capitale del fit
taiuolo e sui salani del lavorante, non che le tasse1 loro direttamente imposte,
devono risentirsene di necessità nella diminuzione di tutta quella parte di pro
dotto, la quale sarebbe loro toccata in circostanze diverse. Ma fino a qual grado
le varie classi della società siano colpite dalle tasse , è questo un ampio soggetto
il quale appartiene ai principii generali dell'imposta, e merita di essere separa
tamente trattato.
^
87
JONES:
SAGGIO
SULLA
PREFAZIONE.
nero ben presto lo scopo di avide indagini e meditazioni. Qui A. Smith si mise
alla testa-, e nulla, fra tutto ciò che dopo lui si sia fatto col medesimo intento,
può reggere al paragone di ciò ette egli fece. Ma fra gli studiosi dei varii rami
d'Economia politica, ben presto un altro punto, al di là di quelli che A. Smith
aveva contemplati, si presentò. Non era possibile investigare accuratamente le
circostanze che influissero sulla pubblica ricchezza senza sentirsi colpito dal
l'importanza e dal predominio di quelle che son collegate colla sua distribuzione;
e i tentativi fatti per iscoprire le legyi secondo cui vengono determinate le ri
spettive porzioni spettanti ai proprietarii del suolo, ai possessori di capitale ed ni
lavoranti, dalla massa comune dell'annuo prodotto, diedero occasione ad un gran
numero di ricerche, o piuttosto ad un gran numero di teoretiche speculazioni.
Le quali furono seguite più avidamente quando si comprese, come necessaria
mente dovevasi, che la possibilità, per le nazioni, di sopportare e rendere pro
duttive le loro speciali forme d'imposte non si poteva comprendere, fino a che
non si fossero sviluppate quelle leggi che determinano le varie rate secondo
cui i diversi ordini di cittadini vengano a partecipare nella ricchezza annual
mente creata.
Ma gli sforzi di coloro che hanno investigato i principii della distribu
zione delle ricchezze , non furono finora coronati da alcun felice successo ,
pari a quello che coronò gli sforzi degli altri economisti, i quali si diedero ad
investigare le circostanze che giovano alla somma della ricchezza. Intorno
a questo secondo ramo dell'argomento molte cognizioni si sono accumulate e
molti principii stabiliti, entrambi importanti in teoria ed in pratica, quantunque
difficile ne fosse sovente l'applicazione a' peculiari accidenti dei luoghi e dei
tempi. Questa parte di cognizioni costituisce una somma di verità, nella solidità
e permanenza delle quali il più gran numero delle persone illuminate e riflessive
può riposare tranquillo; laddove i tentativi fatti per ispiegare la distribuzione
della ricchezza, e le leggi che limitano e determinano le rendite, le mercedi ed
i profitti, non hanno finora prodotto che opinioni contraddittorie, e sventurata
mente talvolta non altro che strani, spiacevoli e perniciosissimi paradossi.
Il germe delle dottrine dei più antichi scrittori su questo punto, gli Economisti
francesi, si può chiaramente trovare in certe proposizioni precipitose, e certa
mente erronee, del nostro gran Locke. Quella setta di fitosofi finalmente imma
ginò di potere rigorosamente mostrare che una parte della rendita (il prodotto
netto) costituiva un fondo speciale, da cui tutti i redditi dello Stato dovevano
direttamente o indirettamente promanare; e questo strano e futile dogma venne
da loro basato sopra ragionamenti ed asserzioni, da cui sembrò risultare che
la somma delle mercedi e la rata dei profitti sono determinate da cause im
mutabili, e si conservano intatte sotto qualunque azione d'ogni possibile sistema
d'imposte. Insieme ad alcune assurdità ed avventati e sofistici ragionamenti, gli
scritti dei fisiocrati contengono molte verità, ed alcune d'un ordine e d'una su
prema importanza, ma queste non bastano per salvarli dal discredito; ed es
sendo intralciate in un gran numero di errori, trovarono poco favore e prodns
PREFAZIONI!. 89
sero poco bene, molto meno di quello che in altro caso avrebbero fatto. Il loro
sistema, è vero, trovò alcuni partigiani devoti e fanatici ; ma in onta allo zelo
di questi, ed in onta alla sua propria plausibilità teoretica, il giudizio istintivo
del genere umano si rivoltò contro quelle strane conclusioni; e dal più gran
numero delle persone istruite il sistema fu deriso, ed è oggi obbliato nella
scienza, ove rimane soltanto come un monumento letterario. Smith dal canto
suo poco tentò di esplorare questa parte dell'argomento, e quel poco che fece,
noi fece bene : ma il suo buon senso lo tenne affatto lontano da assurdità simili a
quelle che deturpano le opere di alcuni fra i suoi predecessori e di molti che
vennero dopo di lui; e le precauzioni che egli usò nel tenersi lontano dal vero
punto di simili investigazioni, mostrano forse come egli sentisse le difficoltà che
gli conveniva evitare. Di lui, nondimeno, può dirsi con verità, che ha fatto
quanto si poteva aspettare da una mente umana, quando ha illustrato, applicato,
collegato e moltiplicato le verità che avanti di lui esistevano isolatamente, ed in
gran parte mal dimostrate, sopra la porzione precipua della sua scienza. La quale,
già lo sappiamo, fu di stancio elevata, per effetto della fortuna che ebbe il suo
libro, al livello dei grandi oggetti cui mirano gli sforzi intellettuali del genere
umano, e ad un posto che probabilmente non potrà perder mai più, ed il quale,
osiamo sperarlo, un giorno gioverà altamente per assicurare il pieno svolgimento
di tutto ciò che vi si trovi ancora intricato.
Malthus fu il primo filosofo, dopo Smith, che si può dire aver gettato le basi
di un ulteriore progresso. Le prime idee distinte di quelle leggi che governano
i redditi del proprietario territoriale e le mercedi del lavorante, nei più alti stadii
della civiltà (1), si devono sempre ripetere dalle sue opere sulla popolazione e
sulla rendita; e non gli sarà mai tolto il carattere di un pensatore energico ed
originale, quando il corso del tempo e gli sforzi di molte altre menti avranno
corretto alcuni capitali errori ed alcune precipitose applicazioni de' suoi principii
— principii veri in se stessi, quantunque degni d'un'applicazione più limitata e
locale che quella da lui accordata nel fervore della sua scoverta. Ma M. Malthus
è stato sventuratissimo presso i suoi successori ; secondo essi lo trattano, le sue
opere, invece di formare le fondamenta all'edilizio di utili verità, si son riguar
date come artificiosa apparenza di verità, data ad una massa di errori, ingegnosi
ed innocenti in qualche parte, ma illusorii, e sventuratamente perniciosissimi,
quando si prendano nel loro insieme.
Sull'argomento della rendita M. Malthus, scartando gli errori degli Economi
sti, mostrò in modo soddisfacente che, ove la terra è coltivata da capitalisti che
vivono sui profitti dei loro fondi, e possono a loro bel grado trasìocarli da un
impiego ad un altro, ivi le spese del coltivare la più cattiva qualità di terre
poste in coltura, determina il prezzo medio dei prodotti agrarii, mentre la diffe
renza di qualità, tra le terre migliori e le ultime, misura le rendite che si pro
ducono sulle prime.
(1) Riguardo alla rendita, Edoardo West merita una parte di questa lode.
90 JONES.
effetto sopra l'ulteriore progresso del sapere: — effetto in verità più disastroso
di quello, che si sarebbe potuto vaticinare da chiunque non fosse dotato della
potenza di antivedere la strana combinazione di credulità ed ardire che forma
il carattere di molte tra le opere in cui le sue idee sono state spinte alle loro
supposte deduzioni pratiche.
Prendendo insieme i due argomenti della rendita e della popolazione, in
quanto influiscano sulle mercedi, noi troveremo che i germi di verità messi in
luce da Malthus sono serviti di apparente sostegno a dottrine simili a queste; —
che i redditi dei proprielarii del suolo sulla superficie del globo esistono solamente
perchè le qualità dei varii terreni differiscono fra loro, e possono unicamente
accrescersi qualora le differenze di produttività nei varii terreni coltivati si ac
crescane; — che questo aumento è sempre contemporaneo al decremento delle
forze produttive dell'agricoltura e dei guadagni che vi facciano le classi produt
trici, e porta seco mai sempre perdite e penuria; — che gl'interessi dei proprie
larii, ai quali conviene che un tale incremento si effettui, sono perciò sempre
e necessariamente nemici agli interessi della nazione e di ciascuna fra le altre
classi della società. Là fortuna e la condizione dei proprietarii di capitale, che
formano la seconda classe importante nella società, vengon decise secondo uno
spirito egualmente cupo. Gli effetti di quella diminuzione nelle forze produttive
dell'industria, che si suppone venire indicata dall'aumento delle rendite, si esten
dono, secondo l'autore, ai proprietarii di capitale, e si manifestano sotto forma
di un decremento nella rata dei loro profitti; e così la loro rimunerazione e la
loro capacità di accumulare nuovi fondi per alimentare il lavoro, sono sempre
in via di necessaria e graduale diminuzione, mentre la coltivazione si sparge
sui nuovi terreni, o moltiplica la sua efficacia sugli antichi. Cosicchè, fra le due
più ricche classi della società, miao minacciata dal pericolo che l'aumento della
popolazione e la diffusione della coltura le serva come sorgente di una sua pe
culiare ricchezza, invidiata perchè fondata sulta penùria pubblica ; e l'ultra e
minacciata da una graduale, ma inevitabile decadenza, prodotta dalle medesime
cause, e progressiva col medesimo passo.
Il destino, rivelato alle masse del popolo che formano la più importante por
zione della società, fu ancora più scoraggiante. In quanto ad esse, un'altra causa,
soggetta, come la decrescente fertilità della terra, ad una immutabile legge di
natura, le spingerebbe incessantemente verso la miseria o Il delitto. Per effetto
, della loro fisica costituzione, esse avrebbero una potenza ed una tendenza a
moltiplicarsi più rapidamente, di quel che crescano i mezzi di vivere ; e il loro
numero non potrebbe esser tenuto al livello della sussistenza, se non per mezzo
di freni che si risolvono nel delitto o nella miseria, ovvero in uno stato di mo
rale costrizione, il quale, secondo l'infelice e stretta definizione datane dall'au
tore, sarebbe necessariamente si raro, da potere esercitare un piccolissimo pre
dominio per impedire l'azione della fame e del vizio. Quest'ultima opinione era
principalmente basata sopra l'errore logico elle ho accennato, sopra la maniera
di ripartire quelle cause in cui gli ostacoli alfaumerrto della popolazione «i vanno
92 JONES.
a risolvere; ma fu piantala e spinta alle sue piò repulsive conseguenze con una
ferma e perniciosa insistenza, e servì ad accrescere la somma di quegli spaven
tevoli elementi di discordia e di dolore, che l'autore credeva aver dimostrati
come inerenti alla costituzione dell'uòmo ed alla terra da lui abitata; e che,
secondo la sua scuola, sono necessariamente chiamati ad esercitare la loro
azione a misura che il mondo si vada più popolando, e le nazioni si avanzino
nella loro carriera. Il metodo con cui si arrivò a tali conclusioni implica,
in verità, quasi tutti i difetti, a cui può dare origine la trascuranza dei fatti e
l'abuso del ragionamento. In primo luogo, vi si assume un decremento continuo
nella potenza dell'industria agraria, a misura che le nazioni crescano in numero
ed in civiltà ; poscia si assume che coloro i quali producono la sussistenza per
mezzo dei loro sforzi personali, le classi che lavorano la terra, sono esclusiva
mente mantenute sopra fondi risparmiati dal, reddito ; — supposizione la quale,
se è vera in uu punto del mondo, diviene essenzialmente falsa ed illusoria quando
si vuole stabilire come un fatto universale: — e poscia ancora, a questi errori
fondamentali e fatali si è aggiunta l'idea, che la meta decrescente dei profitti, la
quale si può osservare in ogni nazione crescente in numero ed in ricchezza, indichi
una decrescente potenza di accumulare nuovi mezzi d'industria; opinione che
non si potrebbe abbracciare per un solo istante, senza volontariamente metter
da canto ogni esperienza, o disprezzare le prove che la condizione storica e sta
tistica cTogni paese fornisce, in favore delle leggi che realmente determinano le
differenze tra le diverse società, intorno alla potenza di accumulare i capitali. Ma
l'erroneità teoretica di queste dottrine, per quanto dovesse riuscire evidente a
tutti coloro ehe fossero abituati a sottoporre alla prova del fatti le verità astrane,
venne eclissata dal terribile ardire mostratosi nelle pratiche conclusioni a cui
la dottrina si è spinta. L'ipotesi di una continua diminuzione nei prodotti agrarii,
i suoi supposti effetti nel progresso della accumulazione, e quindi, per una er
ronea deduzione da un fatto in se medesimo falso, un'analoga incapacità dell'u-
màn genere di procurarsi i viveri necessarii al cresciuto suo numero d'individui
— questi punti furono sostenuti con un'aria dommatica di superiorità scienti
fica, ed un'apparente incompatibilità ne discese tra la stabilità del benessere
umano e la naturale azione delle leggi che la Provvidenza aveva lor decretate.
Fu oscuramente, ma con fiducia e fermezza, asserito che i migliori sentimenti
morali da cui il cuore umano sia guidato, sarebbero in fin dei conti non altro
che un ammasso di superstizioni , che col progresso della filosofia è da sperare
che vengan distrutte; che esiston dei mezzi, pronti a svolgersi, di eludere le
passioni inserite dal Creatore nella costituzione originaria della razza umana;
e che cosi l'umana saggezza potrebbe un giorno trionfare dei difetti con cui la
Provvidenza ha preordinato la condizione fisica degli uomini. Noi dobbiamo qui
calare un velo sopra le ardite peculiarità di cui questa miserabile fitosofia si
mantello, e sulle circostanze dalle quali fu messa in contatto con una parte della
popolazione. Ma che la teoretica difesa di tali visioni abbia, fino a certo punto,
intaccato i sentimenti morali d'una porzione delle classi educate, una porzione
tnv.r a zione. 93
noi speriamo ben piccola, — che la maniera industriosa con cui codesti principii
furono disseminati da partigiani degni dell'ufficio che assumevano, abbia inco
minciato la vile intrapresa di degradare ed estinguere ogni sentimento di morale
dignità in una parte delle intime classi, — questi son fatti, che chiunque conosca
una tal materia, sa benissimo di non ammettere sventuratamente alcun dubbio.
Ed egli importa che noi non attenuassimo la gravità degli effetti morali e delle
conseguenze di un leggiero sistema fitosofico, quando dobbiamo raccomandarci
agli sforzi laboriosi e congiunti, che son necessarii per piantare le larghe basi
di quel corpo di verità, che speriamo vedere riedificato solidamente intorno al
l'argomento di cui si tratta. * „ .
Ma quantunque siffatte dottrine abbiano la loro particolare sfera di effetti
perniciosi ed illusorii, sarebbe nondimeno un errore il credere che abbian trovato
una generale accoglienza. 1 fitosofi, impegnati a far prevalere una teoria precon
cetta, possono sovente chiudere gli occhi alle mentite che il mondo pratico desse
alle loro idee; ma la massa del genere umano ha diverse abitudini , fondate
sopra più sane idee intorno al modo con cui i grandi principii generali devono
seguirsi in mezzo alla confusa azione di molte cause. Non le manca una gran
dose di logica sagacità per concepire che, in Economia politica, le massime uni
versali non possono fondarsi che sopra idee tratte dalla più piena cognizione
delle società. I principii che determinano la condizione e il progresso, e gover
nano la condotta delle grandi associazioni umane, collocate sotto circostanze di
verse, non si possono imparare che appellandone all'esperienza, Dev'essere ve
ramente un leggiero ragionatore quegli, che con semplici sforzi di senso intimo,
col solo ricorrere alle sue proprie idee, ai suoi sentimenti e motivi, alla stretta
sfera delle sue personali osservazioni, e col ragionare a priori, si lusinga di po
tere vaticinare la condotta, il progresso, la fortuna di grandi masse d'uomini,
differenti tra loro in fisico e morale temperamento, e soggette all'influenza dei
varii climi, terreni, elementi di religione, di educazione e di governo. Ma tutta
la credenza prestata a quelle massime sulla distribuzione della ricchezza, di cui
abbiamo parlato, deve subitamente svanire appena che dalla immaginazione in
dividuale si faccia appello ai risultati d'una esperienza, attinta sulla realtà delle
aggregazioni sociali , quali esistono al mondo. Appena che noi ritiriamo lo
sguardo dai libri per volgerlo alla mappa statistica del globo, troveremo che i
paesi in cui la rendita della terra è più alta, invece di offrire sempre indizii di
una decadenza agraria, sono ordinariamente quelli in cui le più numerose popo
lazioni vivono nella maggiore abbondanza, e per effetto del lavoro di braccia
comparativamente poche. Il decremento nella meta del profitto, che si suppone
osservabile in ogni periodo di progresso in popolazione e ricchezza, è tanto lon
tano dal procedere insieme con un decremento di potenza produttiva nei varii
rami d'industria, che nei paesi in cui i profitti son bassi, come in Inghilterra ed
Olanda, ivi l'industria trovasi più produttiva, ed il capitale più rapidamente si
accumula. Dall'altro iato, in quei paesi nei quali la meta del profitto si è lun
gamente e permanentemente tenuta alta, come in Polonia ed in molle fra le meno
94 JONES.
(1) Non si creda che noi alludiamo alla legge di natura proclamata da M. Sadler,
secondo cui la fecondità delle donne diminuisce a misura che la popolazione divenga
più densa. Su di ciò avremo in appresso da dire poche parole. Per ora basii il mostrare
che una rapida osservazione è sufficiente per rivelare l'esistenza di quelle cause mode
ratrici delle quali qui parliamo, e mostrarle distinte dalla miseria, dal vizio o dal difetto
della morale costrizione. Mostrare la natura di quelle cause, chiarire tutte le loro par
ticolarità, presentare la maniera in cui la loro azione si sperimenti nei diversi periodi
della civiltà, e nelle società diversamente costituite — questa è una seria impresa, per
riuscire alla quate, occorre un'ampia e paziente osservazione, ed una gran cautela nel
trarne le consegueuze. Dna parte di questa impresa sarà appresso tentata, ma con una
profonda convinzione tanto della sua importanza, quanto delle sue difficoltà.
PREFAZIONE. 95
darsi, si son creduti troppo numerosi, troppo variabili, troppo capricciosi nelle
loro combinazioni, per poterli supporre esattamente osservati ed analizzati, od,.
in conseguenza, capaci di condurre a principii generali, sicuri e permanenti : e
gli uomini si mostrarono inclinati ad evitare la fatica di discutere opinioni, che
loro son parse come atte soltanto a colpire senza convincere, per poi eclissarsi
e lasciare il lor posto ad una nuova serie di paradossi.
Questa svogliatezza ha prodotto il suo tristo effetto sull'aumento del sapere,
ed ha distratto dai lavori necessarii per promuoverne il progresso molti di co
loro, le cui menti eran dotate della potenza di sradicare gli errori e promuovere
la verità. Ma ognuno potrà comprendere che la svogliatezza, generata da coloro
che abbiano trattato questi argomenti, non si potrebbe senza ingiustizia attri
buire alla materia in se stessa.
Bisogna riconoscere che l'Economia politica, se vuol fondare delle massime
che abbiano un carattere universale, deve ricorrere ad una esperienza estesa e
laboriosamente raccolta; — bisogna ricordarsi che le tante cause, il cui concorso
è necessario a produrre i varii fenomeni di cui questa scienza si occupa, non si
possono sceverare, esaminare e pienamente comprendersi se non per mezzo della
ripetuta osservazione dei fatti che accadono, o sono accaduti nella storia delle
nazioni ; e non si possono mai sottoporre (salvo in casi rarissimi) ad un esperi
mento premeditato; — e noi non possiamo sfuggire all'inevitabile conclusione
che il progresso del sapere, sopra una tal materia, deve riuscire difficile e lento (1);
e ciò, quasi in precisa proporzione con la vastità del campo su cui si aggirano
le nostre osservazioni, e colla complicazione dei fatti che esso presenta. Le quali
considerazioni, nondimeno, se motto giovano per renderci cauti nel nostro me
todo di procedere, non devono estinguere il nostro coraggio. All'incontro, per
una mente che ben conosca la via ordinaria per la quale la scienza induttiva è
proceduta verso il suo perfezionamento, la gran copia e la varietà dei materiali
su cui deve lavorare, servono a sostenere le sue buone speranza.
Il progresso della navigazione e dello spirito d'intraprese , la sete del sapere,
del guadagno e della potenza, hanno fatto conoscere la struttura della società
umana, sopra la maggior parte della superficie del globo : e noi possiamo abbrac
ciare in un'ampia rivista l'influenza di questa struttura sulla ricchezza e la feli
cità degli esseri umani, nei loro diversi stadii, dal più ruvido al più incivilito e
sotto tutte le loro differenze di forma, A questo ampio campo d'osservazioni e
fatti viventi, la storia universale dei tempi andati ne aggiunge un altro che non
è forse men ampio. Vero è, che i fatli, che meglio chiariscono i principii d'ogni
ramo del sapere umano, son quelli che meno vengono ricordati nella storia,
prima che questi principii medesimi sieno venuti in qualche luce. Da ciò la ne-
(1) Vedi all'Appendice alcune osservazioni di 11. tterschel, sulle diverse maniere
in cui progrediscono quelle scienze che dipendano dalla semplice osservazione, è quelle
per le quati si può ricorrere all'esperimento. lo ho avuto dall'autore il permesso di citare
queste sue riflessioni, quantunque forse la sua opera non siasi ancora pubblicata.
96 JOHES.
gligenza degli storici dei tempi passati a conservare tutte quelle specie di fatti che
ora riuscirebbero preziosissime al filosofo osservatore; e da ciò, senza dubbio,
nei nostri tempi medesimi, la ragione per cui si perdono e possono esser dimen
ticati un gran numero di avvenimenti e di circostanze, che il pieno svolgimento
del nostro tema ci mostrerà in seguito quanto sarebbero stati fecondi di insegna
menti. Ma pure, negligenti o imperfette per quanto sieno state le osservazioni
degli scrittori contemporanei, la storia è piena ognidove di fatti , che possono
a forza di diligenza rendersi atti ad illuminare e correggere le nostre investiga
zioni. Il passato ed il presente, dunque, concorrono ad offerirci una gran copia
di materiali per la costruzione d'un sistema di economiche verità, che sarà sicura
mente fondato sulla effettiva esperienza dell'uman genere. Se noi osserviamo
pienamente questi materiali, e deduciamo da essi con modestia e precauzione,
sarebbe una capitale viltà il disperare che si possa pervenire ad una sana cogni
zione di lutti i rami dell'Economia politica. Quantunque difficile sia l'impresa,
noi possiamo cosi sperare di giuugcre finalmente ad un preciso concetto delle
leggi, secondo le quali il prodotto della terra e del lavoro si ripartisce tra le varie
classi che compongono le umane società in tutta la varietà delle loro forme e delle
loro circostanze; come della estensione fino a cui l'influenza delle diverse ma
niere d'una tale divisione si senta, quando reagisce sulle forze produttive, sul
carattere morale e politico, e sull'ordinamento delle nazioni.
Nè le fugaci teorie, adottatesi successivamente e successivamente disparse, su
questi rami dell'Economia politica, dovrebbero scoraggiarci per l'avvenire. Qui si
è chiaramente ripetuto un errore, che nell'indagare altri oggetti degli umani studii
si commise tanto spesso, che il solo sforzo di esporlo è divenuto un noiosissimo
ufficio. Si òdi nuovo perduta di vista l'avvertenza del gran profeta, di quella sa
pienza che l'uomo acquista come « servo ed interprete della natura • (1). Gli
uomini hau preferito il metodo del vaticinio a quello dell' induzione (2); si sono
sottratti alle inevitabili condizioni, al necessario sforzo, per mezzo del quale il sa
pere si può unicamente acquistare; nel loro sforzo per istabilire generali principii,
han troppo presto abbandonato il dovere di arrestarsi per lungo tempo ed umil
mente avanti alla natura delle cose, ed han voluto prematuramente darsi al più
lusinghiero ufficio di mettere innanzi quelle massime più generali ed imponenti,
che sembrano atte ad innalzare l'indagatore facendone il legistatore d*lla sua
materia, e dotandolo, come per una subita rivelazione di potenza intellettuale, di
un subitaneo comando sopra i punti più remoti e minuti.
La verità dunque si è smarrita, non perchè un fermo e largo riflettere sulla
storia e la condizione dell'uman genere non produca la verità anche su questo
intricato soggetto; ma perchè coloro i quali si son più distinti nel mettere in
circolazione l'errore, hanno realmente voltato le spalle all'ufficio di procedere
sull'osservazione dei fatti : han confinato le osservazioni sulle quali basavano i
(1) Ua esempio di ciò, che sembra quasi ostinazione (riguardo nondimeno ad una
dottrina d'inferiore importanza), si trova in una operetta economica di Destuit de Tracy,
eminente fitosofo. Egli è curioso, perchè l'errore è presentato in una formola la quale
sembra diretta a formare la sua giustificazione in questo ed alni simili casi. Dopo
avere citato la sua personale esperienza, come proprietario in diversi punti della Francia,
egli dice: « Quando si ba un campo sufficiente d'osservazioni, si guadagna più ad ap
profondirle che ad estenderte»; e quindi, appoggiato sulla forza di una massima cosi
consolante per ogni speculatore indolente, passa ad annunciare come legge univer
sale, che la coltivazione per mezzeria appartiene esclusivamente ai cattivi terreni :
«Cesi le propre des mauvais pays » ; assunto la cui fallacia avrebbe dovuto imme
diatamente scoprirsi a M. Tracy, o a quatunque altro osservatore, se egli avesse voluto
estendere le sue osservazioni sopra altri paesi o tempi, invece di speculare profonda
mente sopra il ristretto campo delle sue pratiche conoscenze. — Trattato d'Economia
politica, pp. 122, 123, e nota. — Ciò che Tracy ha fatto su tal punto, altri hau fatto
per sistemi interi, come appresso vedremo. - jt
Econotn. 2a ferie. Tom. I. — 7, i
98 jo*ks.
st'ampia indagine, taluni importanti principii si sono svolti, i quali riescono ap
plicabili a tutta la massa delle rendite, presa dal più generale punto di vista.
La seconda, ed anche più importante porzione dell'annuo prodotto, è quella
che vien consumata come mercede del lavoro; e vien posta in secondo luogo, sola
mente perchè una chiara percezione delle ruuse che influiscono sulla rimunera
zione che tocca in sorte alla più gran parte dei lavoranti (i coltivatori della terra)
può solamente ottonerai dopochè si siano esaminate le forme e le condizioni
delle varie rendite che essi sieno tenuti u pagare.
Investigando la materia delle mercedi, io ho cominciato dal fare un appello
all'esperienza del presente e del passato, perchè c'insegni, iu primo luogo, qual
è il fondo che alimenta la popolazione lavoratrice nel globo; in secondo luogo,
quali sono le leggi secondo cui il numero di coloro che debbono partecipare ad
un tal fondo venga determinato.
Unendo i risultati di queste due indagini , noi possiamo riportarne la co
gnizione delle circostanze che determinano lo stato e le speranze di quelle
varie classi di lavoranti, che , esaminando diligentemente tutta la superficie
dell'umana società, si presentano al nostro sguardo.
Nello enumerare primieramente i fondi su cui il lavoro si alimenta, vi gì
trovano variazioni e differenze; e quella porzione che viene risparmiata sopra
il reddito annuale, e che chiamasi propriamente capitale, si trova costituire
soltanto la minima parte del tutto.
Venendo al numero di coloro che devono parteciparvi, tutto l'argomento della
popolazione si presenta; e non si può far a meno di esaminare, tanto le leggi che
determinano la potenza della razza umana a moltiplicarsi, quanto quelle per le
quali l'esercizio e l'effetto di questa potenza vengono raffrenati e diretti. Per ap
plicare, nondimeno, i risultati di questa generate disamina al nostro immediato
argomento delle mercedi, sarà necessario di ricorrere a quei diversi fondi che
alimentano il lavoro, l'origine ed i limiti dei quali si saranno già analizzati ; e
dimostrare, appoggiandoci sulla storia e sulla condizione delle diverse parti del-
l'uman genere, alimentate da ciascuno di questi fondi, quali sieno le specialità
d'ognuna di esse, che più influiscano sulle abitudini dei lavoranti, e per mezzo
di esse che più eccitano e raffrenano la loro tendenza a moltiplicarsi.
Una volta spiegate le leggi che determinano le fluttuazioni nella cifra delle
classi lavoratrici, e nella somma dei viveri destinati ad alimentarle, vengono le
circostanze determinanti la meta delle mercedi, nei diversi stadii e nelle diverse
forme della società. Dopo esserci così preparati e forniti di sufficienti cogni
zioni statistiche sulla morale e politica condizione delle varie società, noi pos
siamo con qualche fiducia passare a dei generali principii, sia per ispiegare
il loro stato presente, sia per prevedere l'andamento futuro della massa delle
loro popolazioni.
Egli è sul medesimo disegno, di ricavare i principii dalla più ampia disa
mina, che mai si possa, di tutte le particolarità e le varietà che l'umana razza
presenti, è su questo medesimo disegno che ho cercato di investigare la porzione
PREFAZIONE. 99
dell'annuo prodotto, destinata ai proprietarii del capitale. Nel far ciò, non mi
sono limitato a quelle sole circostanze che influiscono sulla rata dei profitti; ma
ho considerato l'aumento della loro massa, come un punto di eguale o forse di
maggiore importanza. Nell'intento di concepire le fluttuazioni possibili in ognuna
di queste quantità, io ho esaminato, nel mondo tal quale ci si presenta, le varie
e moltiplici funzioni del capitale accumulato. Esse sono state descritte, in primo
luogo, secondo si presentano in quelle rozze tribù o nazioni, presso le quali il
selvaggio si può vedere occupato a lavorare le sue freccie, o il coltivatore occu
pato a fare i primi tentativi agrarii con l'aiuto di un piccolissimo capitale ; e
quindi, passando per molti gradi intermedii, come si presentano in quei più
splendidi teatri d'industria e di arti, ove l'uman genere si può vedere arricchito
dulie successive accumulazioni fatte da molte generazioni passate, non meno che
dall'industria propria; ed occupato ad esercitare col loro aiuto una potenza pro
duttiva ampia e sempre crescente, sia adoperandosi a moltiplicare la produttività
della terra, sia adoperandosi a conformare secondo i proprii intenti la materia
che lo circonda.
Ad ogni passo di una tale carriera, la società si presenta come modificata
di continuo e ridotta a delle forme tutte particolari. Per iscoprire le leggi che
determinano tali mutazioni, noi esamineremo l'incremento dei capitalisti , e li
vedremo dapprima appena possibili a distinguersi come corpo speciale; poi stac
carsi lentamente dalla massa degli operai e dei proprietarii coi quali eran prima
confusi; prendere gradatamente una ingerenza sempre maggiore nella direzione
dell'industria nazionale; ed infine esercitare (in pochi casi) una decisa influenza,
non solamente sulle forze produttive, ma ancora su tutti gli elementi sociali e
politici della nazione. Procedendo ad una tale rivista, si vedranno moltiplicare
gradatamente ed allargarsi le varie sorgenti da cui promana il successivo au
mento della ricchezza attuale ed accumulata.
Dopo ciò noi passiamo alle cause ohe determinano il rapporto in cui
l'annuo reddito dei proprietarii stia verso la massa dell'accumulata ricchezza,
cioè le cause che determinano la rata proporzionale dei profitti; e nel descri
vere i mutamenti che avvengono intorno a ciò , a misura che le società si
arricchiscano, noi ci troveremo, secondo i risultati dell indagine precedente,
collocati in grado di spiegare un fenomeno, l'esistenza del quale (per quanto
sia contraria alle dottrine vigenti) ci verrà dimostrata come superiore ad ogni
dubbio o sofisma, dagli esempi del nostro paese e di alcuni altri : — il feno
meno cioè, che la potenza di rapidamente accumulare il capitale procede di
pari passo con il decremento della rata proporzionale dei profitti.
Dopo avere studiato cosi le renditele mercedi ed i profitti , ci rimane ad
esaminare le « sorgenti delle imposte ». Qui faremo di nuovo un appello alla
storia ed ai fatti, per dissipare l'errore che è stato comune a più d'una classe
di ragionatori (1), i quali hanno insegnato che certe porzioni della ricchezza
(1) Locke, e gli Economisti, riguardo ai un.liiti ed alle mercedi ; Ricardo (più
specialmente) riguardo alle mercedi.
100 JONES.
annualmente prodotta e ripartita presentano la peculiarità di non produrre alcun
reddito allo Stato, e che coloro a cui esse appartengono sono, senza saperlo, do
tati della facoltà di far cadere sulle altre classi le imposizioni che nominalmente
dicono di sopportare. Osservando ancora una volta la società nelle diverse sue
forine e nei suoi diversi periodi d'incivilimeoto, noi ci sforzeremo di far vedere
qual sia in ciascuna la natura e la somma del reddito ehe lo Stato ritragga dai
redditi dei lavoratiti, dei proprietarii e dei capitalisti. Tenteremo allora di osser
vare i limiti fino a cui la produttività finanziaria d'ogni classe si estenda; e de
terminare il punto ove ogni tentativo di moltiplicare i carichi dell'una, finisca
col divenire un aggravio sopra le altre.
Prendendo poscia il reddito pubblico nel suo insieme, ci sarà forse possibile
il calcolare fin dove lo Stato riesca a partecipare nella complessiva ricchezza
dei suoi cittadini, senza imprimere un moto retrogrado alla produzione della ric
chezza; e dove si trovino i limiti, al di là dei quali ogni tentativo di estrarre
dal popolo un reddito permanente fallisca, e l'ostinazione nel farlo serva unica
mente a disseccare le scaturigini della ricchezza.
Io non mi lusingo di avere pienamente esplorato, raccogliendone tutti i
frutti possibili, un campo sì vasto come quello di cui ho qui segnato le linee.
Ma per quanto possa rimanere ancora a farsi, mi è consolante il riflettere clie
tutte le cognizioni raccoltene saranno tratte da una legittima e diligente espe
rienza che non può ingannarci.
Imperfetto per quanto sarà il nostro studio, sarà sempre sufficiente a procu
rarci cognizioni abbastanza, per dimostrare quanto sieno erronee quelle sciaurate
idee di una perpetua discordia esistente fra i rivali interessi della società; di una
inevitabile tendenza al dccadimento definitivo, la quale, a rendersi fino a certo
punto plausibile ed accettala, ha formato il trionfo dei bizzarri ragionamenti
ultimamente propagati su queste materie. Noi vedremo dapprima prodursi in
tutte le parti del globo questo supremo ed ineluttabile fatto: — che, sotlo nes
suna forma o modificazione qualunque dei rapporti fra i proprietarii e i colti
vatori, gl'interessi permanenti del proprietario si trovano mai opposti a quclH
di tutta la società. Osserveremo poscia le circostanze ed i legami che in ogni
periodo e forma di civiltà si producono per identificare i veri interessi dei pro
prietarii del suolo con quelli della società ; e rendere il permanente progressivo
aumento delle rendite, non solo armonico, ma anche inesorabilmente collegato
colla prosperità dei coltivatori, e di tutta la società della quale fan parte. Quindi
si vedrà che il decadimento della rata dei profitti, che comunemente si vede
come fenomeno compagno alla crescente popolazione e ricchezza, è tanto lontano
dall'indicare un indebolimento di qualche ramo d'industria, quanto è ordinaria
mente accompagnato da una maggiore produttività in tutti i rami, e da una mag
giore potenza di accumulare capitali in maggior copia e più rapidamente (1).
(i) Se le preoccupazioni del lettore gli facessero a prima giunta riguardare questa
proposizione come paradossale, io lo pregherei di rivolgere il suo sguardo all'aumento
delle forze di produzione ed accumulazione, spiegate dall'Inghilterra nell'ultimo secolo,
PREFAZIONE. 101
e paragonarle con quelle dei paesi europei, in cui i profitti abbiano continuato ad /
essere alti. Questo esame, io credo, dovrebbe renderlo abbastanza paziente per atten
dere la dimostrazione promessa della verità stabilita qui sopra.
102 JONER.
al delitto dalla Provvidenza medesima. Queste due importanti riflessioni giovano
moltissimo a rimuovere la cupa e depravata tendenza, con mi taluni si rodo
ostinati ad interpretare il principio della costante presenza nel mondo d'una certa
quantità di male morale. Se noi applichiamo la medesima distinzione alle eocielà,
ed alla specie particolare di mali che stiamo considerando, troveremo nella storia
delle nazioni soddisfacenti fndizii di questa verità che, quantunque i casi di pa
timenti nazionali cagionati da un eccesso di popolazione si possano attribuira
alla costituzione fisica dell'uomo e dell'universo, e quindi probabilmente dovranno
sempre incontrarsi nel mondo, pure, in primo luogo, la somma un dia di tali
patimenti può venire repressa dagli sforzi umani, e dulia reazione delte cause
morali; ed inoltre nessuna società è futalmente desliuatu ail esserne vittima. Il
qual concetto evidentemente riuscirà consolatite per ogni illuminata e Iteti go
vernata società, come certamente sara istruttivo all'individuo privato, a cui ser
virà di lezione per insegnargli che il suo inteuto e la sua sagqezca dovranno
sempre consistere nell'adempire ai pioprii doveri, nel consolidare gli elementi del
proprio benessere, senza cercare cause di perplessità o di scusa nella massa ge
nerale dei mali che affliggono la società in mezzo a cui vive.
Comprese una volta sitratte idee, noi potremo inoltrarci ; e si vedrà chiara
mente che, essendo l'argomento della popolazione, per il suo vincolo con quello
delle mercedi, un importante ramo delle nostre indagini, sarà nostro ufficio ap
pellarci all'esperienza del genere umano, tal quale ci si presenta nella sua storia
passata e nella sua attuale condizione; e quindi raccogliervi In cognizione delle
circostanze che, sotto le diverse forme ed epoche sociali, contribuiscano a deter
minare il predominio del principio morale sulla forza generatrice. Noi riusciremo
ai risultati seguenti. Riguardando dapprima l'argomento come cosa che operi in
generale sulla razza umana, e senza riferirlo alle mercedi, noi vedremo che la
tendenza ad esercitare liberamente lu forza generatrice degli uomini, comincia a
trovarsi raffrenata nelle cla*si superiori, ove si vengono accumulando i varii
motivi di astinenza, che necessariamente si moltiplicano e si rafforzano insieme,
a misura che vadan crescendo quei bisogni artificiali che sono effetto della cre
sciuta ricchezza e civiltà. Limitando poi le nostre osservazioni sui lavoranti, nelle
società meno incivilite, osserveremo una grande influenza esercitata sopra di
loro dall'esempio delleclassi superiori; epassandodai più ruvidi stadii dell'incivili
mento a quelli in cui le infime classi, a somiglianza delle alte, si trovano abbando
nate intieramente all'impulso di quei motivi di costrizione che possono sorgere nel
seno loro, vedremo anche allora gli effetti della civiltà e della moltiplicazione
dei bisogni artificiali, gradatamente influire su tutta la massa, come avevan già
fatto sulla porzione più elevata dei cittadini. E in tutti i casi, nei quali vedremo
che la diffusione dell'incivilimento non produca l'effetto di raffrenare la troppa
propagazione degli uomini , potremo facilmente accorgerci che ciò venga o da
speciali circostanze contrarie, o da difetti legisìativi.
Nel corso d'una tale rivista ci si presenteranno molte opportunità di osser
vare che quelle naturali e salutari cause di ritardo, le quali si svolgono coll'au
PRIVAZIONE. 103
mento della comune prosperità, non sono mai necessariamente accessorie al pro
gresso delle viziose abitudini, e molto meno ne dipendono. La Provvidenza, che
ha messo nel cuore dell'uomo il sentimento del giusto e dell'ingiusto, non si
vedrà mai incoerente al suo proprio scopo, tanto da aver voluto che la corru
zione e il delitto divenga un mezzo di conseguire o conservare la felicità dei
genere umano. All'incontro, quella parte di volontaria costrizione, «he è indi
spensabile per influire sulla propagazione degli uomini, in modo da conservare
il ragionevole equilibrio che occorra in ogni periodo sociale, si troverà divenuta
causa d'una lunga serie di conseguenze felici, fra le quali l'aumento della di»
gnità, dell'energia, della intelligenza e della morale. Tutto contrappesato, questi
vantaggi si troveranno superiori a quella porzione di mali che, attesa la condi
zione dell'umanità, in questo come in ogni altro caso, si deve trovare mischiata
con le conseguenze delle migliori istituzioni, e delle più nobili e vive passioni
del nostro cuore.
Quando noi siamo andati sì lungi nell'esame del fenomeno che regola o
segue la distribuzione dell'annuo prodotto, in rendite, mercedi e profitto, avremo
per lo meno mostrato che le dense tenebre, di cui si credeva coverta la maggior
parte dell'argomento, non erano che un'illusione. Nessuna causa d'inevitabile de
cadimento minaccia la fortuna di alcuna classe durante il progressivo svolgimento
delle ricchezze di un paese; nessuna parte della società ha mai un interesse per
manentemente contrario a quello di ogni altra classe; e nulla vi ha, nè nella
costituzione fisica dell'uomo, nè in quella della terra da lui abitata, che necessa
riamente debba affievolire le speranze e gli sforzi di coloro a cui è commesso
l'alto e consolante ufficio, se bene è compreso, di lavorare, per mezzo delle savie
leggi e dell'onesto governo, a render sicura e permanente l'armonia e la comune
prosperità di tutte le classi.
Ma queste idee generali non sono che una porzione del nostro argomento,
quantunque, secondo l'attuale stato della pubblica opinione ne sieno forse lu
più importante. Rimangono a svilupparsi e spiegarsi molte verità di secon-
d'ordine, le quali, se questo ramo dell'Economia politica dovrà mai essere una
guida sicura ed utile, devono bene appoggiarsi sulla solida base dell'esperienza.
I prineipii che in molte di esse si contengono, si troveranno, è da sperarsi, qui
stabiliti; ma io mostrerei di mal comprendere l'estensione e la difficoltà della
materia, ed il modo di dominarla, che io stesso ho tanto energicamente racco
mandato, se non mi dichiarassi convinto che, per avere una piena cognizione di
tutto ciò che si possa realmente e sicuramente conoscere sugli argomenti trattati
in questo libro, sarà necessaria la paziente ed assidua osservazione, e lo sforzo
di molte menti, e forse ancora di più generazioni. In questo frattempo, l'affret
tarsi ad erigere intieri sistemi, il voler presto risalire a dei prineipii generali ,
formerà probabilmente sempre la causa di errori da cui bisogna sapersi guardare.
Non è certamente col cedere a tali errori e coll'incoraggiarli, che i limiti del
l'ornano sapere in questa direzione si potranno con buon successo toccare. Le
verità che si possono dapprima conquistare, devono necessariamente ridursi a
104 JONES.
principii ristretti, fondati sopra una limitata esperienza, e riflettuti con riintela e
pazienza. Le generalità alquanto più ampie e più scientifiche non si possono
conseguire che dopo avere ben posseduto la cognizione di siffatte verità inter
medie. Tale è sempre il corso in cui procede la vera e durevole scienza. Il sal
tare precipitosamente da poche ed isolate osservazioni agli assiomi più univer
sali; Svolare da uno stato d'ignoranza e confusione ai fondamentali elementi di
una scienza sistematica, senza correre il rischio di stramazzare sul suolo; questo
è metodo da teorico inconsiderato, non da saggio fitosofo : e coloro che spesso
lo hanno adoprato, devono troppo bene sapere che la semplicità e l'aria di pre
dominio delle proposizioni cosi raggiunte è molto più spesso un indizio della
mal sicura loro applicazione, che una prova della lor verità.
Non si crederà, io spero, che questi miei timori vengano da uno spirito di
codardia. Se io non vedessi distintamente una meta lontana e degna di tutti gli
sforzi, non mi sarei applicato all'umile ufllcio di spingere per qualche passo di
più il carro della scienza, lo fermamente credo che il giorno verrà, in cui i pro
blemi più intricati e pratici della distribuzione delle ricchezze saranno pronta
mente sciolti per mezzo dell'applicazione di principii solidamente stabiliti e pie
namente compresi; nè credo che questa fiducia sia avvelenata da un sentimento
di audacia. Se, nella via che per mezzo dell'osservazione e dell'induzione conduce
alla verità, gli uomini possono solamente progredire per passi lenti e laboriosi,
è almeno un privilegio di coloro che la battono il vedere da lungi un consolante
spettacolo di finali trionfi. Contemplando i progressi provvidenziali d'una car
riera così maestosa e così lusinghiera di belle speranze, essi possono senza pre
sunzione dimenticare la propria debolezza e quella dei loro simili, e fissare lo
sguardo sulle ultime conquiste serbate agli sforzi uniti della razza umana, e sulle
successive scoverte di molte fra le sue generazioni.
Prima di chiudere questa prefazione, mi rimane ad adempire al grato ufficio
di rendere i miei ringraziamenti all'Università di Cambridge, ed ai sindaci della
sua Stampa, per avermi largamente aiutato nel mio tentativo. Queste pagine fu
rono stampate coi suoi torchi ed a sue spese. L'aiuto che così mi fu dato, costi
tuisce in se stesso un'obbligazione da parte mia; ma i sentimenti con cui io l'ho
ricevuto, furono in me eccitati anche più, considerandoli come una rinnovazione,
nella mia età matura, di quei vincoli che mi legarono con un corpo scientifico
al quale non ho mai cessato di conservare gli antichi sensi di affetto e di vene
razione; giacchè io so che l'essere appartenuto a quel corpo è una circostanza a
cui devo la più parte della cara e vera felicità che accompagnò la mia tenera
vita , e devo ancora molte occasioni di coltura intellettuale, cose tutte per
le quali conservo una gratitudine tanto maggiore, quanto che, progredendo
negli anni , esse semprepiù chiaramente mi mostrano quali beneficii quella
istituzione può spargere su coloro che abbiano la buona fortuna e la capacità di
approfittarsene. .
105
LIBRO PRIMO.
CAPITOLO PRIMO.
Divisione dell'argomento.
(i) Principii di Ecutt. politica., pag. 28. — Io credo che questa definizione, tal
quate è data, è nel tutto preferibile a quella che con una lieve alterazione è adottata
da Malthus, dopo la pubblicazione delle sue Definizioni, p. 234. Nè i'una nè l'altra
forse troncano tutte le difficoltà. Entrambe rispondono bene al nostro intento attuale,
di restringere entro alcuni precisi confini l'argomento nel quale entriamo.
106 IONES.
a farli sorgere con il layoro delle proprie mani dal seno della terra. Se la ferra
appartiene ad altri, ciò basta perchè il coltivatore divenga tributario del suo pos
sessore; ed una parte del prodotto si cede a lui come rendita. Se oltre al suolo
altre cose occorrono per agevolare i suoi sforzi, un'altra parte del prodotto deve
cedersi al possessore di tali cose, e quindi nasce il profitto. La porzione del la
vorante, il compenso del suo sforzo personale, in qualunque forma o maniera
o tempo che si riceva, costituisce la mercede del lavoro. In queste tre por
zioni, Rendita, Profitto e Mercede, 'l'annuo prodotto della terra e del lavoro
viene dapprima diviso, e lutti gli altri redditi non sono che suddivisioni di
questi tre rami. Quindi l'argomento della distribuzione della ricchezza natural
mente si ripartisco in tre capi, i quali possono convenieulemente formare il sog
getto di tre libri, destinati all'esame di quelle circostanze che, nei diversi stadii
della società, determinano l'ammontare della Rendila, della Mercede e dei Pro
fitti. In un quarto libro, se il nostro disegno potrà esser compiuto, tenteremo di
mostrare il reddito che lo Stato successivamente arriva a cavare da ciascuna
delle tre sorgenti.
SEZIONE I.
(1) V. Appcnd., n, 2.
108 johbs.
ia un magazzino comune, e ripartito Fra tutti secondo i rispettivi bisogni » (1).
Nel Perù « tutte le terre coltivabili si dividevano in tre porzioni; l'una si de
stinava al Sole, ed il suo prodotto si destinava alla edificazione dei tempii, e
serviva per sopperire alla celebrazione dei pubblici riti religiosi. La seconda ap
parteneva agli Inca, e si metteva da parte come mezzo di mantenere il governo.
La terza e la più abbondante riserbavasi per alimento del popolo fra cui veniva
distribuito. Nè gl'individui, nondimeno, nè le società avevano alcun dritto esclu
sivo alla porzione riserbata per loro uso. Tutti possedevano per un anno, spiralo
il quale, una nuova divisione facevasi, proporzionatamente ai ranghi, al numero
ed alle esigenze d'ogni famiglia » (2).
In tutta l'Asia, i sovrani sono sempre stati possessoria titolo esclusivo, del suolo
da loro dominato, ed hanno conservato questo titolo in uno stato di perfetta inte
grità. Le popolazioni generalmente colà non sono che tanti fittuarii del sovrano,
unico proprietario; e le usurpazioni dei suoi delegati sono l'unico caso in cui di
tanto in tanto vengono a rilassarsi temporaneamente gli anelli di questa catena di
dipendenza. E questa universale dipendenza dal trono, per tutto ciò che serva ad
alimentare la vita, costituisce il vero fondamento dell'inflessibile dispotismo che
domina in Oriente, come costituisce la base della ricchezza dei principi, e dello
stato di depressione che la società vi assume sotto i suoi piedi.
Nell'Europa moderna il medesimo sistema prevalse una volta, ma ben presto
vi fu temperato, ed in fine disparve. I capi subalterni che seguivano i condot
tieri delle barbare irruzioni, erano poco avvezzi a tollerare una dipendenza con
tinua ed un regolare governo, e poco adatti a divenirne il sostegno e gli agenti.
Nondimeno, anche da essi il diritto astratto del sovrano alla proprietà del suolo
fu generalmente riconosciuto. Nella lingua delle nostre leggi se ne trovano an
cora le traccie; il più alto titolo a cui un suddito possa aspirare è quello di teni
tore del feudo, e le condizioni della sua investitura costituirono in origine
l'unica differenza che v'era nell'estensione degli interessi sui fondi. Tutti sanno
per quali passi gradatamente i possessori beneficiarii diventarono proprietarii
reali. Qui ci basta il vedere che in Europa, come in' Asia e nell'America meri
dionale, il suolo fu praticamente appropriato dal sovrano, o da un piccol numero
d'individui, in un'epoca in cui la massa del popolo non aveva altro mezzo per
alimentarsi che quello di occupare una parte del suolo, ed in cui perciò divenne
inevitabilmente tributaria dei suoi possessori.
Gli Stati Uniti dell'America settentrionale, quantunque spesso cititi in soste
gno di diverse idee, non danno un notabile esempio di potenza investita nelle
mani dei proprietarii del suolo, quando la sua occupazione costituisce l'unico
mezzo di sussistenza per il popolo. I lerritorii dell'Unione finora non occupati,
dai limiti del Canada sino alle coste delle Floride, dall'Attantico al Pacifico, sono
legalmente e praticamente supposti proprietà del governo. Possono venire occu
pati con tutto ciò ebe contengono, per porzioni fissate e concedute dagli agenti
del governo, ed al patto di un prezzo anticipatamente pagato. Il governo, è vero,
non converte in suoi dipendenti le schiere di nuovi occupanti che successivamente
È raro che scorra molto tempo dopo la formazione d'una società agricola,
e prima che qualche imperfetta separazione avvenga tra i varii rami d'industria.
La massa degli artigiani si trova da priucipio in una piccolissima proporzione
con la totalità degli abitanti : ben presto taluni di loro si mettono in grado di
accumulare una tal quantità* di viveri, arnesi e materiali, da potere alimentare
ed impiegare altri individui, ricevere i risultati del loro lavoro, e nuovamente
cambiarli in viveri ed in altri oggetti indispensabili alla continuazione della loro
industria. Così si forma una classe di capitalisti distinta da quella dei lavoratori
e da quella dei proprietarii del suolo. Questa classe spesso (ma, prendendo nel
suo insieme la terra, rarissimamente) si presenta a preudere su di sè il carico
della coltivazione. Il lavorante agrario allora non più dipende dalla sua raccolta
per ottenere i suoi mezzi di vivere; ed il proprietario, invece di ricevere diretta
mente la sua rendita dalle mani del lavorante, la riceve indirettamente per
mezzo del capitalista industrioso e intermedio.
Queste rendite, in quanto all'ordine dell' incivilimento, tengono dietro a
quella di cui già abbiamo parlato, si possono chiamare secondarie; ed in quanto
il capitalista che diviene responsabile della rendita, su di una terra che egli col
tiva per mezzo dell'altrui lavoro, ordinariamente chiamasi un fitiamolo, queste
rendite si posson chiamare rendite da fUtaiuolì,, e cosi distinguersi dalle rendile
da paesani.
Vi sono, senza dubbio, dei casi in cui è ben difficile determinare a quale delle
due classi appartenga una data rendita. Ma questa è una circostanza che non
deve imbarazzare le indagini di chiunque non prende uno speciale diletto a cir
condare di sottigliezze e difficoltà fittizie l'argomento del suo studio. Noi trove
remo le due classi di rcodita sopra vaste regioni del globo, distintamente e lar
gamente separate nella loro forma, noi loro effetti e nelle cause delle loro varia
zioni ; e sarebbe un inutile capriccio l'imbarazzarci di quelle che, limitate sopra
piccoli spazii, vi si presentano in uno stato di miscela e confusione. Le circo
stanze che determinano l'ammontare delle reudite da paesani sono meno com
plesse di quelle che determinano l'ammontare delle rendite da fitiamoli. Nel
caso di quest'ultime, la mercede del lavoro è primieramente determinata da cause
estranee al contrailo passalo tra il proprietario ed il coltivatore, e quindi la,
DIVISIONE DEM/ARGOMENTO. 111
somma delle rendite è strettamente limitata dalla somma dei profitti sul capitale
adopratosi, capitale che se quei profitti non si raccolgono, può essere distratto
e rivolto ad un nitro impiego. Le cause che determinano la mela ordinaria di
quei profitti, son pure indipendenti dal contratto fra il proprietario ed il coltiva
tore, e formano il soggetto di un'altra indagine separata. Nel caso poi della prima
ehisse di rendite, la somma della mercede e della rendita viene unicamente de
terminata dal contiatto consentitosi fra i proprietarii ed una classe di lavoranti,
i cui bisogni la incatenano al suolo, col piccolo capitale che essi adoprano per
aiutarsi nel loro lavoro e procurarsi i loro alimenti; e le cause che governano
le condizioni di un tal contratto sono comparativamente semplici.
La rendita da finainolo è la più conosciuta in Inghilterra, o forge la sola che
eia conosciuta; e questa circostanza è la cagione per cui le rendite da paesani,
nelle loro numerose variazioni, sono state non solo neglette nelle nostre indagini,
ma si può dire, in verità, affatto dimenticate. E nondimeno, come abbiamo no
tato,, la massa delle rendite da fitiamolo, che si possono trovare nel mondo, può
dirsi veramente piccola comparativamente alle altre. In Inghilterra e nella mag
gior parte della Neerlandia, le rendite secondarie sono quelle che eselusivamente
prevalgono. Nelle montagne della Scozia, appena oggidì esse si vanno sostituendo
ai residui della rendita primitiva. In Francia, prima della Rivoluzione, non forma
vano che circa un settimo di tolte le rendite territoriali. In altri paesi d'Europa
sono ancora più rare, ed in Asia son quasi ignote. Noi faremmo una supposi
zione anche eccessiva, se mettessimo l'ipotesi che di tutta la superficie coltivata
nel mondo, appena la centesima parte sia coltivata sotto il sistema delle rendite
secondarie. '- .', .
- Se consideriamo soprattutto il gran numero degli uomini sul cui destino le
rendite primitive influiscono, o l'estensione dei paesi di cui determinano la so
ciale condizione, esse ci sembreranno senza dubbio la parie più interessante del
nostro argomento. Se poi vogliamo trattarlo come un problema scientifico, il
cui principale interesse consista nel pascolo che possa dare allo spirito di analisi
e combinazione, forse allora la seconda classe, la rendita da linaiuoli , non ci
sembrerà indegna dell'attenzione esclusiva che le si è consacrata.
SEZIONE II.
Rendite da paesani : loro separazione in rendita, In lavoro rendita da mezzaiuolo,
rendita da ryot, e rendita da cottier.
Sino a che il lavorante è confinato alla coltivazione del suolo per proprio conto,
perchè è questa l'unica maniera in cui possa ottenere quella rimunerazione al
suo lavoro, dalla quale dipende la sua sussistenza, la forma e l'ammontare della
rendita che egli paga, vengono determinate da una contrattazione diretta fra lui
e il proprietario. Le condizioni di un tal contratto sono spesso derivate dalle
leggi, e quasi sempre dalle antiche consuetudini del paese in cui si fanno: e il
principale oggetto che si propongono, è quello di assicurare un reddito ai pro-»
prietarii, col minimo rischio ed incomodo che sia possibile da canto loro.
Quantunque tutte le varietà di queste rendite primitive sieno soggette all'in
fluenza di qualche principio fondamentale, nondimeno oavvi una varietà quasi
112 J0NE5.
infinita nelle loro speciali condizioni. Ma in tutti i casi, le medesime circostante
conducono ai medesimi espedienti; cosicchè la massa generale delle rendite pri
mitive può dividersi , dapprima in tre grandi ramificazioni, cioè : 1* la rendita
in lavoro, 2° il sistema della mezzeria, 3° il sistema dei ryot (prendendo questa
parola dal paese in cui più un tai sistema prevale, l'India).
Queste tre specie di rendita si troveranno stabilite in masse contigue nel vec
chio mondo, dalle isole Canarie sino alle spiaggie della Cina e del mar Pacifico,
e, ciascuna nella sua sfera, decide, non solamente le relazioni economiche fra
i proprietarii ed i coltivatori , ma anche la sociale e politica condizione della
massa del popolo.
Una quarta ramificazione può aggiungersi, quella del sistema dei cottiers ossia
rendita pagata da un lavorante, il quale riceve la sua rimunerazione dalla terra,
ma paga la sua rendita io danaro, come è in Irlanda ed in una parte della Sco
zia. Questa classe è molto piccola, ma interessa peculiarmente gl'Inglesi, perchè
predomina nell'isola loro sorella, e perchè ha esercitato una grande influenza, e
per molto tempo probabilmente continuerà ad esercitarla, sui progressi e le
condizioni economiche della popolazione inglese.
CAPITOLO II.
Rendite servili.
• ì
SEZIONE I.
SEZIONE II.
In Russia i contadini, stabiliti sul suolo, ricevono dal proprietario una por-
rione di terra, più o meno piccola, secondo che la discretezza o l'utilità del pro
prietario suggerisca, dalla quale ricavano il loro alimento. Sono tenuti a lavo
rare sui fondi del proprietario per tre giorni ogni settimana. Quest'obbligo non
sarebbe gravissimo se non si dovesse tener conto delle conseguenze che genera.
In Russia questo modo d'occupare la terra ha stubilito la compiuta dipendenza
de! paesano, il quale è divenuto, egli e tutta la sua famiglia e i suoi discendenti,
lo schiavo del suo signore. Cosi è sempre avvenuto quando relazioni consimili
tra il proprietario ed il coltivatore si sono ammesse fra popoli semibarbari e sotto
governi deboli (I). Dalte parti occidentali della Russia questo sistema, altra volta
comune, va disparendo gradatamente. Nella Russia centrale sussiste ancora per
intero, come fortificato nella sua cittadella.
Non è difficile descrivere i varii passi pei quali le rendite in lavoro prepara
rono tanto generalmente la condizione servile dei contadini, e coprirono l'Europa
nel medio evo con una razza di sudditi prediali. Un popolo ruvido, obbligato
a sperare la sua sussistenza dal proprio lavoro sopra la poca terra assegna
tagli, si trovava spesso esposto alle estreme penurie per poco che le raccolte
mancassero o la guerra infierisse. Il proprietario ordinariamente trovavasi in
grado di sovvenire alle neoessilà dei coltivatori, fornendo loro dei viveri dai suoi
magazzini, il cui prezzo non potevano essi altrimenti restituire che offerendo un
addizionale lavoro. Questa ed altre cause fecero sì, che i vassalli si trovarono
impegnati a dover dedicare tutto il loro tempo in vantaggio del loro signore (2).
Oltre a ciò essi dipendevano principalmente da lui per ciò che era la protezione
contro gli assalti degli stranieri e dei proprii compagni. Il signore della terra,
dal suo tribunale domestico conciliava le loro differenze, e puniva le loro colpe
con una autorità che il governo era sempre impotente a reprimere, e che a lungo
andare ricevette la sanzione della consuetudine e prese la forza di legge. L'auto
rità patriarcale dei capi de' montanari non ebbe altra origine. In essi fu una volta
desunta e moderata dai supposti vincoli di sangue. Altrove non subì la stessa
mitigazione. Cosi i contadini, abbandonati alla volontà dei loro superiori, e messo
alia disposizione di questi il loro tempo e le loro persone, non ebbero più alcun
mezzo di raffrenarne le successive usurpazioni. Una delle più comuni sembra es
sere stata l'introduzione di un dritto, secondo cui il proprietario, provvedendo
alla sussistenza del vassallo, poleva strapparlo al suolo su cui lo aveva collocato,
e adoperarlo in qualunque altra parte che a lui piacesse. Da ciò venne il prin
cipio che la fuga di un servo dal fondo del suo padrone, capitalista e giudice,
si dovesse riguardare come un delitto. Ciò sanzionato una volta dalla legge e
dalla consuetudine, le catene del servo si trovarono ribadite, ed egli divenne un
pretto schiavo, proprietà assoluta del suo padrone. In Russia è ancora così; ma
talune "successive modificazioni lo hanno ogni dove rlstaurato in alcuni, per lo
meno, dei privilegi inerenti alla condizione dell'uomo libero.
Non fu sempre precisamente questo il modo in cui i contadini scesero nello
stato di servitù. Le nazioni presso le quali le rendite in lavoro ebbero origine in
Europa, conoscevano la domestica servitù prima che si dessero all'agricoltura per
trovarvi la propria sussistenza, e probabilmente taluni dei loro primi coltivatori
erano già schiavi domestici. Ma quando noi osserviamo, non una porzione del
popolo in istato di schiavitù, ma tutto il corpo dei contadini in una nazione in
tieramente agricola, come in Russia ed una volta in Ungheria, allora è impossi
bile il non credere che quella servitù così estesa si sia gradatamente propagala
su lotta la loro razza. I Russi medesimi sostengono che la servitù dei loro con
tadini non fu compiuta prima del regno di Boris Godounoff, che ascese al trono
nel 1605(1).
Nelle provincie georgiane della Russia, il proprietario riceve dai coltivatori
una rendita mista in lavoro e prodotti : essi lavorano per conto suo soltanto un
giorno la settimana invece di tre, e pagano un settimo della raccolta fatta nelle
terre loro rispettivamente assegnate (2) . Salvo questa ed altre poche eccezioni
locali, l'insieme dei servi russi che sono coltivatori, pagano rendite in lavoro,
fissate nominalmente alla ragione dì tre giorni la settimana; ma in realtà la loro
condizione è degenerata in uno stato di perfetta servitù, e le esigenze del proprie
tario, quantunque raffrenate dalla consuetudine, non hanno in verità altro limite
cbe quello della sua discretezza. La commutazione in danaro di tali rendile,
quando è permessa, come generalmente lo è, chiamasi, come il riscatto della
schiavitù personale, obroc o abroc, ed è affatto arbitraria, determinata dal padrone
secondo l'opinione che egli abbia intorno all'abilità del servo (3).
proprietario. Questa legge comincia ad avere filetto appena che il contadino arrivi al
l'età di 15 anni. Se il proprietario ,preferisce impiegarlo in altri giorni, lo può, per es.,
in una manifattura; ma atlora gli dì cibo e vestito. Nondimeno il vantaggio reciproco
generalmente affievolisce il rigore di questa legge ; e se si eccettuano quetli che sono
adoprati ai servigi domestici, o quelli che sono adoprati nelle manifatture, i servi in
generale pagano un certo obrock, o rendita, per ottenere il permesso di lavorare tutta
la settimana per proprio conto. Il proprietario è obbligato a dar loro una casa ed un
piccolo tratto di terra.
(1) Questo privilegio fu dato nel 1811, e nel 1810 i contadini della Corona avevano
comprato terre per un vatore di 2 milioni di rubli in assegoati del Banco. Durante
lo stesso periodo, tutte le altre classi non nobili avevano solamente comprato per una
somma di rubli 5,611,000.
(2) Per attre particolarità intorno a queste alterazioni, vedi Storck, voi. V1, noia Ì9a,
pag. 266.
■ BNDITfi SERVILI. 117
dovere incoraggiare e promuovere, e in talune delle provincie unite alla Russia,
essi van soggetti ad esser venduti, o regalati, o prestati in favore d'individui che
la corte desideri di arricchire. Se questa larga porzione degli abitanti dell'impero
potesse intieramente emanciparsi da ogni oppressione, e porsi in grado di ac
cumulare dei capitali, la Russia ben presto avrebbe un ceto medio, ed un attivo
corpo di coltivatori, capaci di trarre pieno profitto dalle qualità territoriali di
cui la natura è stata larghissima a quell'impero. 1 contadini dei fondi della co
rona si mostrano già, nel loro insieme (1), in una condizione superiore a quella
dei servi privati; ma il loro progresso è ritardato da cause che non sembrano
vicine ad esser distrutte. Per quanto impegno gl'imperatori possano avere a spo
gliarsi del carattere di proprietarii di schiavi, essi evidentemente, per il corso
di molte generazioni, saranno costretti a conservare quello di despoti, e Vi hit
ben da temere che gli ordinarli difetti della loro forma di governo si opporranno
per lungo tempo a qualunque sforzo che facciano come proprietarii di terre. Gli
ufficiali del governo russo sono proverbialmente mal pagati. L'oppressione e
l'estorsione affligge sempre la massa dei contadini; e la condizione dei servi della
corona è spesso peggiore di quella in cui vivono gli schiavi appartenenti alla
nobiltà (2).
Intanto l'insensibilità per la quale sono rinomati i contadini russi, sembra
che cominci a scuotersi. Poco dopo l'intronizzamento dell'attuale imperatore,
molti fra i paesani della corona si ricusarono al pagamento del loro obroc, e i
servi dei proprietarii privati si ricusarono a prestare il loro ordinario tributo in
travaglio. Apparve allora manifesto, che riprendeva le loro strane pretensioni e
li minacciava, in uno siile troppo orientale, di severi castighi se osassero di di
rigere allo czar domande di questo genere. Ma noi non dobbiamo giudicare la
condotta del governo russo dal duro linguaggio di un manifesto emesso in una
circostanza così difficile. Lo spinto che ha guidato gli czar nel trattamento dei
loro servi è stato fin quf evidentemente paterno. La forma del loro governo è
per se stessa cattiva; ma la Russia nOn offre oggidì materia a un governo men
barbaro, ed il graduale progresso della condizione di un tal popolo, per quanto
lentameute lo vediamo procedere, è probabilmente più assicurato nelle mani del
monarca, di quello che il sarebbe nelle mani della popolazione, o in quelle
dei nobili.
SEZIONE III.
In Ungheria i soli nobili possono divenire proprietarii di terra per via di ere
dità o per via di compra. Essi stanno come uno a ventuno, in una popolazione di
8 milioni di anime (5). Il rimanente è per lo più composto di contadini ; giacchè
nel 1777 non vi erano che 30,921 artigiani, e- dicesi che questa cifra non siasi
.-..•-. . . - -: • , -i
(1) Storck, voi. VI, p. 308.
(2) V. Brighi.
(3) Storck, voi. VI, p. 308.
(4) Schmalz, Econ. poi. (traduzione francese, voi. Il, p. 109). « Senza dubbio sona
i proprietarii medesimi che hanno dato luogo alla proibizione toro fatlasi, di riprenderti
i loro fondi dalle mani dei contadini, perchè essi hanno cercato, ed hanno ottennio,
di farsi sgravare dalle iniposte che i coniadini pagano atto Siato, ed in conseguenza to
Stato ha interesse a uon permettere che r linaiuoli o rtreizarfri sieoo riuniti at fondo
nobile del signore, e così affrancati dall'imposta».
120 JONKX.
SEZIONE IV.
Rendite in lavoro nella Polonia.
(1) Fino al regno di' Casimiro il Grande, atla metà circa del secoto XIV, i nobili
polacchi esercitavano sui loro contadini un illimitato potere di vita e di morte. La loro
rendita ordinaria era di tre giorni di lavoro: — Burnett, Stato attuale della Polonia,
pag. 102.
RENDITE SKRTILI. 121
ottenute a palto di minore lavoro, e nel coraggio che i contadini han preso ad usare
della loro libertà, ed emigrare da un fondo all'altro a misura che si sia svilup
pata la domanda delle loro braccia (1).
SEZIONE V.
mente affidare alla forza armata (1). I contadini della Livonia, dunque, ricevet
tero i nuovi privilegi con più ritrosìa che i polacchi. Quantunque era in essi
compreso il beneficio della proprietà e la sicurezza dei mezzi di sussistenza per
poco che si fosser decisi a fur qualche sforzo per procurarsela. Più tardi il loro
malcontento sembra aver preso un altro colore. Dicesi che furono appunto essi
quella parte di contadini, contro cui era diretto il manifesto dell'imperatore NI-
cola, il quale accusava e minacciava i servi che avevano ventilato la pretensione
di sottrarsi bruscamente ad ogoi obbligo di rendita e di servigi.
SEZIONE VI.
H) Narrazione di Don Juan Von Halen, ecc., voi. II, p. 38. — Don Juan sbagliò
sulla (Idia del decreto; il quale fu emanato nel 1804 dall'imperatore Alessandro, per
emancipare io parte alcuni fra i servi della Livonia.
(2) Heden, voi. i, p. 7. — Append. 6.
(3) Ved. XllCarWi Il, r. 21.
124 JONES.
manici, sono ancora collidati dai nobili medesimi, si trovano generalmente nel-
l'Annover affittati per una rendita in moneta, a persone che li occupano come
fittaiuoli, e che godono il beneficio dei servigi a cui i contadini sono tenuti. Al
cuni di questi grossi fittaiuoli, che portano il nome di Amlmen, esercitano l'im
portante giurisdizione territoriale, ancora appartenente ai nobili, e tenuta viva e
distinta anche nei possedimenti della Corona (1). Gli Amtmen non sono ordina
riamente agricoltori pratici, ma forensi o impiegati del governo, le sole classi che
sembrano possedere dei capitali sufficienti per questo genere d'intrapresa. Essi
risiedono frequentemente nelle citta, e si servono di procuratori o intendenti per
sorvegliare i loro vasti poderi (2). Questi intendenti sono i migliori agricoltori
pratici della Germania, ordinariamente bene educati (spesso anche nelle dottrine
agrarie), e non sono inferiori, per cognizioni teoretiche e pratiche, a nessuna
classe di coltivatori che esista nel mondo.
Sarebbe fortuna per la forza e la prosperità della Germania, se f suoi terreni
fossero generalmente sottoposti ad una simile amministrazione. Ma la più gran
parte, forse i quattro quinti, è occupata da una classe di uomini chiamata
Bauer; la quale, sotto un nome diverso, corrisponde ai servi che in Polonia,
in Ungheria, in Russia, costituiscono la classe di contadini soggetti ai nobili.
Quando si pensa alle leggi (emanate, come abbiam notato, per intenti fiscali) ,
le quali in molti Stati germanici impedirono che il proprietario coltivasse qua
lunque terra posta una volta in mano dei Bauers, non può far meraviglia l'estensione
che questa classedi occupatori della terra ha preso. In alcune parli dell'Annover si
presentano distinti in due classi, che poi si suddividono in molte altre. Si chia
mano Leibeigener e Meyer. I primi sono nella condizione del villano inglese,
quando la rendita in lavoro finì di essere arbitraria, ma pagavasi in generi dopo
che il suo dritto ereditario sulla terra era stato riconosciuto. Il Leibeigener paga
una rendita di lavoro rappresentata in generi, e coltiva le terre del signore per un
eerto numero di giorni ogni anno ; trasporta a casa di lui il legno, adempie ad al
tri servigi a cui venga chiamato, ed è soggetto ad alcune gravi e vessatorie restri
zioni, come quella del metodo di disporre le sue coltivazioni in modo da lasciare
sempre un terzo del podere a maggese ed a pascolo per il bestiame del proprie
tario. Ma le condizioni con cui egli possiede la terra sono detcrminate, ed il
possesso è ereditario nella sua progenie. Egli somiglia molto al contadino della
Livorni, dopo l'epoca della sua riforma, se si eccettua la circostanza di non essere
indissolubilmente legato al suolo.
Il Meyer è un Bauer la cui rendita in lavoro si è commutata in danaro od
in grano, ed in alcuni casi in una definita porzione della messe; quantunque ri
manga ancora soggetto ad alcuni lievi servigi personali. Il proprietario non può
innalzare la rendita, nè ricusarsi alla rinnovazione del lìtio, salvo che il coltiva
tore sia un idiota, o che non abbia soddisfallo al pagamento della rendita; ma
come questo contratto in molti casi è moderno, così spesso la rendita equivale
quasi a tulio il valore della terra. La condizione del Meyer si è gradatamente
sostituita a quella dei Leibeigener, ed egli somiglia molto al copyholder inglese,
all'epoca ia cui fu liberato dall'obbligo dei personali servigi, e in cui la sua ren
dita divenne un pagamento affatto nominale.
In alcuni casi la totalità di un podere è occupata dai Mover e Leibeigeuer,
ed il proprietario non ha alcuna terra demaniale.
1 lì, uii'i' iu tutta la Germania son quasi tutti liberi. Incatenati da molti vin
coli al suolo, non sono però proprietà del signore, nè legalmente coiiimati sulla
terra che coltivano. Ala hanno ottenuta una tal liberta, non come in Inghil
terra, per avere gradatamente sciolto le loro catene, ina per effetto di una volon
taria determinazione dei loro sovrani. Una donna, Sofia Maddalena di Danimarca,
ne diede nel 1761 il primo esempio. Tra il 1770 e il 1790 fu imitata dal mar
gravio di Baden ed altri principi minori. Nel 1781, Giuseppe li abolì la srhia
vita negli Siati germanici dipendenti dall'Austria. Dal .1810 in poi la servitù fu
abolita in Russia, ed ultimamente nel Mecklemburgo (1). Le alte classi hanno
per molte generazioni largamente partecipato alla civiltà generale degli Europei.
La loro antipatia verso lo stalo di degradazione delle infime classi, è ciò a cui
queste devono la loro emancipazione, di cui in molli casi non conoscono ancora
tulio il valore. Al momento in cui divennero uomini liberi, si convertirono tal
volta in piccoli proprietarii soggetti al pagamento d'una rendita perpetua. Noi
avremo appresso occasione di notare che questo carattere in Prussia fu loro for
zutamente conferito.
SEZIONE VII.
^ Avendo ora narrato il sistema delle rendite in lavoro dalla Russia al Reno (2),
possiamo passar oltre. Ne esistono veramente le reliquie all'occidente del Reno,
ma come resti di una innondazione passata , e che sono raramente cosparsi ,
senza che più abbiano la forza di imprimere una forza speciale ai rapporti tra
i diversi organi della società.
Pure, di questi frammenti uno dei più interessanti per noi esiste ancora, nella
primitiva sua forma, in un angolo della nostra medesima isola. Fra i montanari
del nord, i capi sembrano non aver mai potuto introdurre le rendite in prodotto
o in moneta esclusivamente, cioè affidare al popolo il carico di procurarsi la
propria sussistenza. Ogni capo adunque fu padrone di un territorio considere
vole; il rimanente del suo paese si divise fra i Tacksmen o infima parte del
clan; ed ognuna di queste divisioni fu suddivisa fra una razza di contadini, i
quali pagavano In lavoro una gran parte della rendila promessa, con l'aggiunta
di pollame, uova ed altri capi di produzione domestica, precisamente nel modo
che si fa in Ungheria. Nei registri delle loro rendile, la servitù va sempre com
presa come uno degli articoli più importanti. L'interesse dei proprietarii li ha
condotti, dopo il 1745, a sostituire, invece di questa razza di contadini, un certo
numero di fittuarii di larghe greggi. La coltivazione degli antichi contadini fu sem
pre stupida, rozza, inefficace, e la loro condizione estremamente miserabile; ma
sezione vrn.
Riassunto sulle rendite servili.
Noi abbiamo osservato le rendite servili nei diversi paesi in cui predominano
ancora, e nel modo in cui, secondo le epoche e le circostanze, si sono variamente
modificate. Gioverà ora forse il restringere in poche parole i principali caratteri,
comuni a tutte le loro modificazioni, e raccogliere solto unico punto di vista i
(1) Cotoro che volessero pienamente conoscere to spirito e gli effetti dell'antico modo
di dividere e coltivare i terreni montagnosi, e le conseguenze del brusco cambiamento
effettuatosi net 17i5, possono consultare l'opera di lord Lelkirk, pubblicata nel 1805
sotto il i itoto : "Osservazioni sul presente stato delle montagne di Scozia, con una
rivista delle cause e delte probabili conseguenze dell'emigrazione». La troveranno ir»
un'opera ben fatta, interessante ed istruttiva.
RKNniTK SERVILI. 127
generali priocipii che sorgono dai Fatti che abbiamo notati. Questo metodo sarà
da noi ripetuto intorno alle altre classi di rendile da paesani, a misura che suc
cessivamente vi arriveremo.
- Il carattere più rilevato nel sistema delle rendite servili è stato comune a
tutte le forme dì rendite da paesani ; ed è la stretta connessione che esse creano
fra la mercede del lavoro e la reudita. I servi costituiscono la maggior massa
dei lavoranti nell'Europa orientale. La reale mercede del servo, la ricchezza che
egli annualmente consuma dipende da ciò che egli sia capace di estrarre dalla
porzione di terra accordatagli; e questo ancora dipende, in parie dall'estensione
e fertilità, in parte dalla coltura che egli sia capace di adoperarvi. Ma il lavoro
(;he egli può spendervi per i suoi proprii intenti, è limitato da ciò che egli pro
duca come rendita del signore. Varia quindi nei diversi paesi, e nei divèrsi tempi
io ciascun paese, spesso direttamente ed esplicitamente, spesso in modo tacito e
insensibile. Cosi in Ungheria, il numero delle giornate nominalmente dovute dai
contadini per ogni sezione, viene praticamente raddoppiato per effetto della com
mutazione in lavoro, di molti altri tributi che son tutti leggeri, e di cui atcuni
son veramente indefiniti. In molti luoghi inoltre l'autorità del signore gli per
mette di domandare, oltre al lavoro formalmente dovutogli, tulio quel tempo e
quel travaglio che a lui piaccia d'imporre sui suoi paesani. Quando colali ri
chieste sono eccessive, la terra del servo non può che imperfettamente coltivarsi;
e da un certo punto in poi, ogni nuova domanda del proprietario diviene una
reale attenuazione di prodotti nella terra del contadino, una vera diminuzione
della sua mercede. Per ben comprendere adunque la condizione dei servi colti
vatori, e le cause che determinano l'ammontare della loro reale mercede, è ne
cessario conoscere minutamente il loro contratto col proprietario, ed inoltre la
maniera in cui i patti vengano praticameBle interpretati e fatti eseguire. Questa
decisa influenza, che l'indole e l'ammontare delle rendite che i servi pagano sui
redditi e la condizione della classe lavoratrice, è uno dei più importami effetti
generati dall'esistenza di un sistema di rendite in lavoro. Noi troveremo lo stesso
effetto, prodotto in un modo alquanto diverso, ma come costante carattere di
tutte le forme di rendite da paesani.
(i) V. Jacob, Germania, p. 342, ov'è un esempio della maniera in cui i diritti dei
proprietarii vengono frustrati quando essi sono traiti avanti ai tribunali. Le Corti sas
soni sembrano attivarsi quando hanno un'opportunità d'iotroroettersi fra il proprietario
e l'inquilino, per la medesima tendenza verso la libertà, che formò l'onore di quelle
dell'Inghilterra, che sembrano avvicinarsi al loro scopo con quell'astuzia che suggerì
taluna fra le nostre leggi.
(t) Hodgskin, voi. Il, p. 6. — Nell'Annover, alcune di queste piccole corti patri
moniali sono state abolite; ma vi sono ancora, o vi erano fino al 1819, non meno che
160 tribunali locali nei fondi del demanio, oltre a quelli cbe appartengono a proprietari
privati ed a niunicipii.
132 JONBS.
(4) Nell'opera (parecchie volte citai»; di M. Burnett intitolata Stato pretenie della
Polonia, il lettore troverà alcuni curiosi particolari intorno alla degradazione morale
in cui sono caduti i contadini polacchi. L'untore fu per qualche tempo educatore pri
vato in una famiglia polacca. — V. Append. 5*.
RENDITI SERVILI. 135
avranno operato con successo per qualche tempo, riescano lutti a preparare
la via delle due grandi misure a cui gli uomini tendono in una più incivilita
condizione sociale, cioè, in primo luogo, la generale commutazione del travaglio
servile in rendita materiale, e poscia l'introduzione nei fondi coltivati dai pro-
prietarii medesimi, d'una classe di contadini atti a liberarli dalle cure della col
tivazione, e in grado di pagare in prodotto o io danaro la rcudita della terra.
Ma questi risultati sono difficili a conseguirsi, e in tolti i rasi non si possono
conseguire in un breve corse di tempo. La maniera in cui una simile rivoluzione
si effettuò in Inghilterra , è certamente la più facile e più sicura. Fu l'opera
di motti secoli; avvenne insensibilmente: i vittani di grado in grado arrivarono
al carattere di censuarii tenuti a delle contribuzioni fisse, che poco a poco si
commutarono in rendite da pagarsi in danaro, e fra di tanto, la popolatone
libera moltiplicò il numero dei lavoranti a giornata, coll'aiuto dei quali i pro-
prietarii poterono intraprendere la coltivazione dei loro dominii senza aver bi
sogno di servi, fino a che la progressiva prosperità di una classe intermedia diede
capitalisti agricoli, i quali, dopo un lungo intervallo, costituirono una razza di
uomini capaci di liberare i proprietarii dalle cure dell'agricoltura , e che, per il
cresciuto commercio interno, per lo spaccio che sui mercati trovavano i loro
prodotti, potè agevolmente offerire e soddisfare delle rendite in danaro ai pos
sessori del suolo. Lo stesso avviene attualmente nelle parti occidentali della Ger
mania, quantunque colà sia ancora lontano dall'esser compiuto. 1 servi son di
venuti liberi leibeigener, obbligati a servigi fissi ; il ieibeigener si va gradata
mente mutando in meyer, i cui servigi sono mutati in contribuzione materiale ;
pochi lavoranti liberi esistono (1), e son presi a stipendio dai proprietarii che
coltivino per loro conto, ed i loro fondi cominciano a passare nelle mani di una
razza di coltivatori, la quale anticipa il rapitale necessario, pa»a rendite in da
naro, e libera così intieramente i proprietarii da ogni ingerenza nelle faccende
della coltura.
In questo frattempo, non dee far meraviglia se i sovrani e i proprietarii delle
contrade più orientali, vedendo la lentezza con cui si procede, e calcolando che
molti secoli ci vorrebbero per arrivare all'ultimo scopo, sono impazienti , e
vogliono colla forza anticipare ciò che dovrebbe compirsi in un lungo corso
di tempo.
Il governo prussiano è quello che più decisamente si è affaccendato con que
st'intento ed ha emanato le più larghe provvidenze. In unagran parie della Prussia
i servi hanno acquistato positivi diritti tanto al possesso ereditario dei loro fondi,
quanto alla loro occupazione vitalizia; diritti che, quantunque imperfetti , costi
tuiscono nondimeno un gran passo. Dichiarare semplici coltivatori amovibili
i servi sarebbe probabilmente sembrato una grande audacia, e non si sarebbe
probabilmente potuto tentare in larghe dimensioni, senza produrre convulsioni
e violenze. Dichiararli proprietarii del suolo da essi occupato era un'ingiustizia
verso i proprietarii. Il governo si attenne ad un sistema mezzauo. Nel 1811 le
rendite in lavoro, nelle parli ad oriente dell Elba, furono soppresse, e si decise
che i contadini, acquistando un diritto ereditario al possesso delle loro terre ,
(1) Diversi ragguagli sono stati pubblicati intorno ai fatti di questa generale coni -
mutazione. Schmalz nondimeno, che era consigliere intimo del redi Prussia, e pro
fessore di diritto pubblico a Berlino, dev'essere considerato come un'autorità inappel
labile. — Schmalz, voi. IT, p. 105.
(2) La servitù personale è tegalmente finita dal 10 novembre 1810. —Schmalz, Voi.
Il, p. 103.
(3) L'attuale tendenza della popolazione a crescere con estrema rapidità, mostra che
questi timori sodo ben lontani dall'essere fantastici. — V. Jacob, Secondo rapporto.
RENDITE SERVILI. 137
CAPITOLO III.
SEZIONE !.'".
Rendite da mezzaiuoli.
(1) Quando furono scritte queste pigine, io non aveva ancora veduto il secondo
rapporto di M Jacob, che è staio poi pubblicato io forma da potere entrare Mila cir
colazione generate. Questo gentiluomo è stato sui tuoghi, ed lui rivolto il suo acutis
simo e praticissimo sguardo sull'attuale condizione e sul probabile progresso della
parte agricola dell'Europa orientate. È venuto a delle conclusioni notabilmente simili
a quelle che io ho avventurato partendo da una cognizione molio più tontana e gene
rica delle circostanze di fatto. L'influenza tuttavia predominante delle rendite ia la
voro; la generale mancanza di capitate fra i proprietarii; il rapido aumento dei colti
vatori, avvenuto dacchè la loro dipendenza verso i proprietarii cominciò ad essere meno
servile; i deboli vantaggi ebe in veni' anni sono derivati all'agricoltura ed alla ge
nerale costituzione della società, dalle energiche misure del governo prussiano; le
difficoltà che ogni dove si oppongono ai subiti mutamenti dell'antico sistema di colti
vazione; la grandissima probabilità apparente ebe il futuro progresso dell'Europa orien
tale, qualunque sforzo si faccia, non sarà mai molto più rapido di quello che sia stato
in Inghilterra, quando questo paese si trasse fuori da un analogo stato di cose; tutti
questi punti, sui quali io posso ora riferirmi con grandissima soddisfazione alle cono
scenze locati ed all'autorita di M. Jacob, appoggiano le idee che io ho fin qui enun
ciate. — V. il Secondo rapporto, passim, ma piii specialmente a pp. 140 e segg.
BEND1TK DA MIEZAIUOLI. 159
SEZIONE II.
Mezzeria io Grecia.
La Grecia del tempo a cui risalgono le memorie autentiche della sua storia,
era, in grandissima parte, divisa in tanti piccoli fondi, coltivati dai proprietarii
medesimi, coll'aiuto dei loro schiavi. Ma prima di esaminare in che modo un
tale stato di cose apri la via alle mezzerie, convien notare che in molte parti
della Grecia esistevano allora le reliquie d'un sistema, che portava i segni
d'un'alta antichità, e cominciava già ad abolirsi.
Avanti l'epoca storica, varie irruzioni straniere, sulle quali gli eruditi con
tendono invano, avevano versato sulle provinole greche una gran quantità di
padroni stranieri. Costoro, in molti casi almeno, trovarono gli abitanti indigeni
già avviati nella coltura della terra, ai lavori della quale i conquistatori non si
sentivano inclinati, nè forse ancora capaci di partecipare. Quindi convertirono
i coltivatori in una specie di contadini, diversi dai servi della moderna Europa,
in quanto che, sebbene attaccati al suolo, e in certo modo tributari, pure pa
gavano una rendita in prodotto, e non in personale servizio, la quale in molti
casi apparteneva allo Slato, non ai privati. Questi vassalli si chiamavano in
Creta Perieci, Mnoti, Afarnioti; nella Laconia, Ferieci ed Iloti; nell'Attica, Teti
e Pelati; nella Tessaglia Ponesti; ed in altre provincie, con altri nomi (1).
Le rendite in prodotto, che si pagavano in Creta al governo, permisero ai
legisìatori di quell'isola di istituire pubblici banchetti nelle diverse divisioni del
paese, nei quali venivano alimentati gli uomini liberi e le loro famiglie (2).
Licurgo introdusse la medesima istituzione in fsparla, dove quelle tavole ve
nivano fornite dal prodotto dell'industria a cui erano forzati gli Iloti; e do
vunque le stssizie, o tavole comuni, son menzionate, si può con molta proba-
bililà argomentare che fossero mantenute col lavoro di qualche altra razza
consimile. Nell'Attica, l'esistenza dei Teti o Pelati (come quei vassalli chiama-
vansi), non esercitò sulle abitudini dei cittadini l'influenza che aveva esercitato
in Creta, in Isparta, ed in altri Stati dorici; e quando essi furono da Solone
' (1) Questo schizzo dei sistemi di coltivazione peculiari all'antica Grecia, avrebbe
potuto rendersi più largo e furs'nuco più preciso. Si può riscontrarlo in molti altri
distretti, ed alcune distinzioni certamente se ne trarrebbero fra le classi qui sopra
nominate; ma questo è un argomento che sarebbe difficile esaminare troppo minuta
mente, senza dilungarci in una tunga discussione, o appoggiarci precipitosamente sopra
fatti, che in- verità si riducono a mere congetture. Coloro ebe vogliono penetrare in
questa mateiia e risalire alle fonti, possono consultare le note di Ruhnken, sulle pa
role m; irti; e irgv{7Ti%9>, nella sua edizione del Lessico Platonico di Timeo, due
note relative alle istituzioni della Laconia e di Creta, apposte all'Aristotele di Goet-
tling , e soprattutto l'elaborata storia di gli Stati dorici , di Muller , opera preziosa,
.delta cui traduzione in inglese siamo debitori a Tuflnell e Lewis. Citando i due ultimi
scrittori tedeschi, che or ora ho menzionato, conviene avvertire che vi sono uno o due
punti sui quati io non posso assentire alle loro conclusioni. — V. nell'Appendice il
num. 7.
(2) Aristotele, Politica, lib. Il.
BENDITI DA MEZZAIUOLI. 141
restituiti alla libertà personale, quantunque non ai diritti politici del cittadino,
un tal cangiamento non produsse notabili conseguenze (1).
Vuoisi qualche attenzione per discernere la loro passata esistenza fra gli
Ateniesi; e le particolarità della loro coudizione sfuggono forse oggidì alle nostre
ricerche.
Moprh ora il nome applicato indifferentemente, per quanto sembra, tanto
alia porzione che pagavasi come rejidita, quanto a quella che rimaneva ai Teti.
La rendita ordinariamente era un sesto del prodotto; quindi il suo nome di
èxTnizóptot; spesso era un quarto, ed allora i Pelati si chiamavano Teipxxitytv.
1 Pene,sti della Tessaglia costituivano un corpo simile. Ad eccezione dei distretti
occupati da questa specie particolare di coltivatori (2) e delle terre appartenenti
alle città, che spesso sembrano essersi date in fitto per alcuni anui ed a patto
di una rendita in danaro, le terre greche generalmente erano in possesso degli
uomini liberi, coltivatori di piccole tenute con l'aiuto dei loro schiavi.
Gli schiavi erano numerosissimi. Uomini ripartiti, come i Greci, in piccole
tribù di individui rozzi e liberi, sono probabilmente l'esempio del più alto grado
di spirito guerriero, che mai si possa citare nella storia dell'umanità. Si è so
venti notato, ed a ragione, che in una tale condizione di società, la schiavitù
domestica indica un notabile raddolcimento di costumi. Egli è quando una na
zione guerriera abbia trovato il modo di trar profitto dal lavoro dei prigionieri,
egli è allora che si decide a conservarli in istato di schiavitù. Prima di arrivare
ad una tale scoperta, i prigionieri son condannati a morte. Fra gl'indigeni del
l'America settentrionale, nessun uomo può sperare di vivere, se non procuran
dosi colle sue mani il proprio alimento; quindi nessun profitto vi ha da trarre
dall'opera dello schiavo; e quindi.se il prigioniero non viene scelto per assumere,
come padre o marito, il carico di proteggere ed alimentare una famiglia rimasta
priva del suo capo, sarà immancabilmente ucciso. Alcune tribù tarlare, sui con
fini delta Persia, scannano tutti i veri credenti che loro cadano fra le mani, e
conservano gli erelici ed infedeli, appunto perchè la loro religione vieta di con
vertire in ischiavi i veri credenti, e permette di vendere o assoggettare gli uomini
di qualunque altro culto.
I Greci adoperavano gli schiavi, di cui le loro guerre li tenevano sempre
foroiti, in lutti i lavori materiali; e l'idea che tali occupazioni fossero esclusiva
mente riserbate agli schiavi divenne cosi famigliare in Grecia, che anche i primi
filosofi non dubitarono mai della sua giustizia ed opportunità. Una società,
dice Aristotile, si compone di famiglie, ed una famiglia non può essere com
piuta, se non si componga di liberi e schiavi (3); e nel determinare la forma
del governo, secondo lui, più perfetto, e più conducente al benessere dell'uma-
(1) Boeckb, nondimeno sembra di opinione che in una certa epoca della storia
dell'Attica, tutti i coltivatori del suo territorio erano Teti (Voi. I, p. 150, traduzione
inglese). Può darsi ebe sia stato cosi ; ma è impossibile, io credo, leggere il quinto
libro dei Memorabili (l'Oixovopixòi Uyo,.) di Senofonte, senza convincersi ebe ai suoi
tempi questo stato di cose non esisteva neanche nella memoria. 1 leti continuarono ad
esistere come una classe speciale luogo tempo dopo che aveano finito di essere colti
vatori esclusivi, se mai to furono.
(2) Append., n" 7. '-.»".. ' , , .
(3) Poi., lib. I, e. III.
141 JONES.
nità, egli esige che il suo territorio sia coltivato da schiavi di diverse razze, e
privi di intelligenza, perchè riescano pia utili al lavoro, e perchè manchino di
ogni tendenza a rivoltarsi (1). La condizione dell'Africa attuale, per un tal ri
guardo, può dirsi molto simile a quella della Grecia di allora. Uno degli ultimi
viaggiatori raccontava ad un capo africano che iu Inghilterra non esiste uno
schiavo. « Non esistono schiavi ? » esclamò l'africano ; « e chi vi serve adun
que ?» *
In Grecia la coltivazione fu da principio divisa tra il padrone e lo schiavo.
Cosi sempre dev'essere quando i poderi son piccoli; e così fu pure nel Lazio.
Cincinnato sarebbe morlo di fame sui suoi quattro acri di terreno, se avesse
abbandonato unicamente ai suoi schiavi la cura di coltivarli, e non avesse egli
medesimo posto la mano all'aratro. Ma come l'incivilimento progrediva in Gre
cia, le proprietà si allargarono. I possessori del suolo vi affluirono nelle città,
dove i governi popolari offrivano agli uomini aitivi molti doveri da adempire,
molte ambizioni da soddisfare, ed offrivano agli uomini indolenti e voluttuosi
ogni specie di sollazzo, fatto più seducente da tutte le vaghezze di forma che
poteva creare il gusto e l'immaginazione appartenente in modo esclusivo ai
Greci d'allora. In questo genere di vita i principali fra i Greci divennero cosi
agiati, che si ricusarono ad accordare il menomo tempo e la menoma attenzione
alla sorveglianza dei loro schiavi domestici (2). Coloro che continuarono ad
amministrare i loro poderi, dovettero trovare molta noia e molti rischi in tal
genere di occupazioni. Senofonte ci ha lasciato una minuta descrizione del modo
in cui i ricchi greci dei suoi tempi guidavano la coltivazione dei loro fondi. In
uno fra i dialoghi dei Memorabitia, Socrate riferisce una conversazione da lui
avuta con Iscomaco, che, per confessione di tutti, uomini e donne, cittadini e
stranieri, era uno degli uomini più buoni e gentili (xaXès xal àyaSòq). Isco
maco racconta le particolarità della sua domestica economia, a cui princi
palmente doveva la sua riputazione , e spiega il modo con cui governava
la sua casa, la sua famiglia, ed il suo podere. Si vede da quel dialogo che
il fondo di Iscomaco trovavasi ad una breve distanza da Atene, che egli fre
quentemente vi si recava, che presumigli una continua attenzione personale,
e sorvegliava con grandissima cura tutto l'ordinamento e l'esecuzione dei la
vori. Finchè la coltivazione era guidata da uomini tali , finchè i proprie-
tarii liberi da ogni necessità di personale lavoro, istruiti, generosi, e ricchi,
diligentemente applicarono le loro forze intellettuali all'agricoltura ; quest'arte
fece rapidi progressi, ed una serie di scrittori intorno ad essa apparirono in
varie parti della Grecia, le cui opere mostravano insieme e quanta intelligenza
consacravasi ad eccitare le forze produttive del suolo, e quanto la coltivazione
era già progredita.
Ma intanto operavano in silenzio le cause che distrussero un tal sistema. Il
(1) Aristotele, Poi., lib. VIII, cap. X. — Se questi non si possono ottenere. Ari
stotete esprime il desiderio di barbari Perieci (composti di servi, di mezzaiuoli e di
schiavi} di simile disposizione.
(2) Aristotete, Poi., lib. I, cap. IV: — Coloro che possono sfuggire a queste vessa
zioni, si procurano un intendente che prenda l'impresa sopra di sè, mentre essi si ri
volgono alla politica o alla fitosofia.
RBNDITE DA MEZZAIUOLI. 143
SEZIONE HI.
Mezzaiuoli in Roma.
« lalis generis praedium, si, ut dixi, domini praesentia cariturum est, censeo
« locandum » (1).
Una razza speciale di coltivatori acquistò allora gradatamente il possesso di
lutto il suolo italiano e provinciale. Ve n'erano di diverse specie; ma i coloni
parziarii, o i tnedietarii, mezzaiuoli, sembrano essere stati sempre favoriti ; e
le condizioni sotto cui coltivavano, sembrano essersi riguardate come le più giu
ste ed utili. Plinio, dopo aver provato, come pare, varie altre forme di contratti
colonici, e trovatele inefficaci, dichiara in una delle sue lettere la determinazione
di adottare il sistema della mezzeria, come il migliore rimedio possibile. « L'unico
rimedio, egli dice, io credo essere quello di non riserbarmi una rendila iti
danaro, ma in generi (parlibus), e destinare qualcuno dei miei servi a soprin
tendere la coltivazione ; e prender cura della mia porzione di prodotto ; giac
chè io non credo che siavi un reddito più giusto di quello il quale viene de
terminato dal suolo, dal clima, dalle stagioni » (2).
Il sistema prevalse finalmente in tutte le provincie dell'impero; e nella parte
occidentale di Europa non fu mai compiutamente estirpato nelle convulsioni
che ne accompagnarono la caduta. In molti casi, veramente, le prime violenze
dei Barbari misero in fuga ogni spirilo industriale, e nello stato di barbarie che
essi crearono, furon costretti ad introdurre la servitù e le reudite in lavoro. Il
sistema feudale inoltre, e la schiera di vassalli a cui esso diè origine, mutarono
l'occupazione d'una gran parte delle campagne. Ma nondimeno, in mezzo alla
folta nebbia dì cui furon coperte le reliquie dell'incivilimento romano, i suoi
effetti non andarono tutti perduli. La lingua, i costumi, le leggi sopravvissero,
e contrappesando le contrarie influenze, comunicarono ai conquistatori una
parte di quel carattere misto da cui si distinse la razza naia in occidente; ca
rattere diversamente graduato nelle diverse contrade , ma bastevole in tutte
per far distinguere i loro abitanti dalle primitive razze sbucate dall'oriente
del Reno.
La classe dei mezzaiuoli fu una probabilmente delle cose che mai non ven-
ner distrutte; ed a misura che l'azione del tempo raddolcì il carattere dei con
quistatori, e generò qualche grado di fiducia e sicurezza nei loro rapporti coi
sudditi coltivatori, l'industria agraria riprese il suo antico cammino. Piacque
sempre al proprietario del suolo il potere sostituire una rendita in prodotto al
lavoro servile, ed rn coltivatore che prendesse sopra di sè tulta la cura della
coltivazione, in luogo del bifolco germanico o sìavo, il cui lavoro non lasciava
sperare grandi prodotti, se non quando fosse dal proprietario vigilato e coman
dato. I mezzaiuoli dunque si moltiplicarono; i dominii dei grandi proprietarii
caddero generalmente nelle loro mani, ed essi riacquistarono, in gran parte,
quel generale possesso dell'agricoltura nell'occidente di Europa, che quasi sem
brano ancora di ritenere.
SEZIONE IV.
Mezzeria in Francia.
quali da luogo tempo eransi stabiliti come rispettabili abitanti di diverse città
della Francia, e della stessa Parigi, ma i quali, come si provava con docu
menti, in origine non erano stati che servi attaccati ai fondi delle persone
che li reclamavano. Il contrasto fra la condizione di questa sventurata classe
ed il rimanente della popolazione francese, divenne troppo aspro per potersi
sofferire ; ma quantunque la naturale sensibilità di Luigi sembri essersi ec
citata in questa occasione , pure egli appena osò liberare i servi dei suoi
dominii, e indirettamente abolire il diritto di rivendicazione, vietando ai suoi
tribunali di metter mano sulla persona o sulla proprietà di coloro che, quan
tunque servi in origine, fossero stati una volta domiciliati in libere provincie.
Nell'editto che su tal riguardo fu pubblicato dall'infelice monarca, egli dichiara
che quello stato di schiavitù esisteva in parecchie provincie, ed abbracciava un
gran numero de' suoi sudditi; e dolendosi di non essere ricco abbastanza per
poterli tutti riscattare, aggiunge che il suo rispetto verso i dritti di proprietà non
gli permetteva di intrudersi fra i servi ed i loro padroni, ma desiderava che il
suo esempio, e l'amore dell'umanità così peculiare alla nazione francese, avreb
be poco a poco prodotto l'emancipazione generale di tutti i suoi sudditi (1).
Ritorniamo al nostro speciale argomento, la mezzeria. In onta alla coltiva
zione dei vassalli e servi, la quale senza dubbio fu una volta estesissima in Fran
cia, i mezzaiuoli, avanti la Rivoluzione, possedevano già quattro settimi di tutta
la superficie di quel paese (2). Un altro sesto o settimo era posseduto da capita
listi, provveduti di capitale proprio, e paganti rendite in moneta (5). Il rima
nente del territorio restava in mano ai proprietarii, o ai servi, o ai contadini
feudali.
Le condizioni colle quali i mezzaiuoli francesi coltivavano i loro fondi, diffe
rirono molto da un'epoca all'altra : le quali differenze non colpiscono immedia
tamente l'occhio d'un osservatore, perchè la rendita nominale, e la nominale
porzione del coltivatore, subirono piccoli cambiamenti, e sempre il mezzaiuolo
figura come avente diritto a quella medesima porzione di prodotto, cioè alla
metà, da cui il suo nome deriva. Ma mentre il mezzaiuolo francese pagava no
minalmente la medesima rendita, la sua porzione reale veniva diminuita in due
modi : assoggettandolo ad una maggior massa di carichi pubblici ; o diminuendo
l'estensione del fondo affidatogli.
Questo secondo modo di attenuazione, per quanto io sappia, non recò gran
danno al mezzaiuolo francese: e cinquanta acri non era un'estensione straordi
naria per lui ; e nelle provincie povere egli abbracciava ancora una maggior
superficie di suolo (4).
si ridusse aHa più profonda' miseria. Queste riflessioni, egli dice, spiegano come
sia divenuto possibile che i coltivatori cadessero in quell'eccesso di miseria in
cui si trovavano allora nel Limosino e nell'Angoulemine, e quasi in tutte le pro
vincie di « piccola coltura ». Questa miseria, egli dice, è tuie, che sulla mag
gior parte dui fondi, i coltivatori non hanno, dopo pagate le loro imposte, più
che 25 o 30 lire a testa da disporre annualmente per ciascuna persona (non in
danaro, ma in valore di viveri che essi consumino); spesso hanno anche meno,
e quando non possono più sussistere, il proprietario è obbligato a prendere sopra
di sè il carico di alimentarli. Taluni proprietarii, aggiunge, sono stati per forza
condotti a convincersi che la loro pretesa esenzione dalla taglia è riuscita molto
più dannosa a loro medesimi che ai loro inquilini, e che un'imposta la quale ha
rovinato intieramente i coltivatori, andava a ripiombare qhasi tutta sopra i pa
droni del suolo. Ma le illusioni dell'interesse proprio mate compreso, sostenute
dalla vanità, avevano per lungo tempo predominato nelle loro menti, e soltanto
svanirono quando le cose furono spinte a tale eccesso, che i proprietarii non
trovavano più braccia per coltivare le loro terre, se non contentandosi di divi
dere coi loro mezzaiuoli il carico dell'imposta. Quest'uso a'veva cominciato ad
introdursi in molte parti del Limosino, ma non erasi propagato: il proprietario
deveniva ad una tale convenzione soltanto quando non gli era possibile, senza
di essa, trovare dei mezzaiuoli; ed anche in tal caso, il mezzaiuolo veniva
sempre ridotto a ciò che eraali strettamente necessario perchè non morisse di
fame (1).
La taglia evidentemente non cominciò a passare darle spalle del lavorante
a quelle di chi lo impiegava, se non quando il lavorante erasi gradatamente ri
dotto al minimo possibile della sua sussistenza; ed allora tanta parte se ne ri
mosse, quanta ne era strettamente indispensabile per preservarlo dal pericolo di
cadere in questa estremità.
La Rivoluzione cambiò in piccoli proprietarii molli di questi mezzaiuoli che
non di meno abbondano ancora in Francia; e la loro condizione sembra essersi
meno mutata in meglio, di quello che si sarebbe potuto attendere dalle riforme i
operatesi nel sistema delle imposte. M. Tracy, membro dell' Istituto e Pari di
Francia sotto l'Impero, il quale era stato per quarantanni proprietario di fondi
dati a mezzeria, fa una miserabile descrizione del loro stato, ed aggiunge di co
noscere mezzerie le quali mai, a memoria d'uomo, non avevano permesso ai
loro coltivatori di trovare il proprio alimento nella metà del prodotto loro spet- '
tante. Essendo la sua descrizione il più autentico ragguaglio che si possa avere
sulla attuale mezzeria in Francia, io la soggiungo testualmente (2).
« Essi formano ciò che chiamasi comunemente una mezzeria, e che spesso
comprende altrettante terre, e più ancora, che se ne trovano nelle grandi fatto
rie, soprattutto se non si tien conto dei terreni vaghi, ordinariamente non rari
in questi paesi, e non del tutto inutili, poichè servono a farne dei pascoli, o
qualche volta ancora a seminarvi del grano nel tempo in cui si lascino in
(1) Così, anche in ciò, il mezzaiuolo 6 sempre ridotto a ciò ebe precisamente è
indispensabile perchè non muoia di fame. — Turgot, t. IV, pp. 277-27-i, 275. Memoria
presentata al Consiglio; opere di Turgot, t. IV, pp. 271, 272.
(2) Tracy, fico», poi., p. 216.
160 JONB4.
riposo I campi abitualmente coltivati Il proprietario è dunque
ridotto a fornirli di bestiame, di utensili, e di tutto ciò che occorra alla coltiva
zione e stabilirvi una famiglia di contadini, i quali altro non abbiano fuorchè
le proprie braccia, e coi quali ordinariamente conviene di ceder loro la mela
del prodotto, invece che un salario fisso. Perciò è che si chiamano mezza
iuoli, lavoratori a metà. Se la terra è troppo cattiva, questa metà dei prodotti
riesce insufficiente ad alimentare, anche nel modo più misero, il numero d'uo
mini necessarii per lavorarla; ed essi s'indebitano ben presto, fino a che biso
gnerà congedarli. Non di meno se ne trovano sempre per rimpiazzarli, giacchè
vi son sempre degl'infelici i quali non saprebbero che cosa fure. I congedati
medesimi accorrono altrove , e vanno di nuovo ad incontrare la medesimi
sorte. lo conosco talune mezzerie le quali, a memoria d'uomo, non han mai
alimentato i loro coltivatori per mezzo della metà del prodotto ».
Da un articolo pubblicato nella Foreign Quarterly, mentre queste pagine
erano sotto il torchio, si vede che, ad onta della moltiplicazione der piccoli
proprietarii dopo la Rivoluzione del 1789, i mezzaiuoli coltivano ancora una
metà del territorio francese. La loro condizione attuale sembra un po'migliorata,
per il mutamento avvenuto nel sistema finanziario, e i loro patimenti sono ag
gravati per la propagazione d'una classe di mediatori (esistenti sempre fino ad
un certo punto), i quali, senza mutare le condizioni sotto le quali il coltivatore
lavora la terra, pagano una rendita in danaro al proprietario, ed opprimono il
contadino, perchè possano cavar profitto dalla loro speculazione.
Avendo abbastanza spiegato la condizione dei mezzaiuoli francesi, possiamo
ora rapidamente passare a rassegna la medesima specie di coltivatori in altri
paesi, e vedere le peculiari differenze che la distinguono da quella di Francia.
SEZIONE V.
Mezzerie in Italia.
(II Cine dove le lorrc =oan Guidale, i piccoli proprietarii non t-ono rari.
BENDITI! DA. MEZZAIUOLI. 151
cole che le francesi. La loro estensione è determinata secondo ciò che i proprie-
tarii credano più utile ai loro interessi: se importa loro il non avere un minor
numero di braccia, di quanto basti alla compiuta coltura, sono pure interessati
a non averne di troppe. La quantità della terra che un mezzaiuolo colla sua fa
miglia possa lavorare, deve molto dipendere dal metodo che siegua nella col
tura. In Francia il sistema, che era generale una volta nell'Europa settentrio
nale, predomina ancora dappertutto ; cioè, la coltura del grano fino a che la
terra possa sopportarlo, e poi il maggese o per uno o più anni, con molta
terra incolta destinata a pascolo. Seguendo un tal metodo, ogni famiglia esige,
e può governare un gran tratto di terra. In Malia la rotazione usata dai Romani
si adopera ancora; i legumi raccomandati da Virgilio sono coltivati estesa
mente, ed il bestiame si nutre spesso col prodotto delle terre arative. Con tal
sistema una quantità molto minore di terra, è quella che può esser occupata
da una famiglia, e può bastare ad alimentarla. Quindi i mezzaiuoli si trovano
sempre disposti ad accettare la suddivisione delle loro partite. Per ragioni che
tra poco spiegheremo, quei motivi che volontariamente inducono a raffrenare i
matrimonii precoci nelle alte classi di tutti i paesi, ed in tutte le classi in
qualche paese, raramente influiscono sulla popolazione contadina, che trae la
sua sussistenza da un fondo che essa medesima coltiva. Tali sono i mezza
iuoli: la loro moltiplicazione, come abbiam veduto avvenire nel caso della Fran
cia, ordinariamente procede fin dove non s'incontri l'estremo limite della sussi
stenza, o come più spesso avviene, fino a che i proprietarii non si ricusino
a suddividere le partite, già abbastanza fornite di braccia, ed insuscettibili a
ricevere senza scapito del proprietario, un lavoro addizionale (1). Le mezzerie
italiane sono di estensione diversa; quelle della Toscana si aggirano fra i dieci
acri; ma in Napoli non sorpassano i cinque acri, ed i coltivatori pagano due
terzi del prodotto al proprietario, il loro clima e la natura delle loro terre
permette di farlo : il clima reride superflue molte cose che in altri paesi sono
di estrema necessità; e la terra, fertilissima com'è, produce otto raccolti in cin
que anni, in campi ove si può ad un tempo tenere una ricca foresta d'alberi
fruttiferi, ed una buona vigna. Pure, tenendo anche conto di questi vantaggi,
un terzo del prodotto possibile a ricavarsi da cinque acri di terra, dev'esser
sempre una miserabile sussistenza per il coltivatore, soggetto a tutte le ves
sazioni di un cattivo governo, e d'una aristocrazia armata d'ogni sorta di per
niciosi poteri e privilegi, e sempre dispostissima ad abusarne. I mezzaiuoli
toscani si considerano come migliori di tutti, e vicino a Firenze hanno tutta l'ap
parenza di una considerevole agiatezza, la quale è principalmente attribuita alla
manifattura dei cappelli di paglia, lavoro generale per essi. Ma a qualche di
stanza dalla capitale , la loro condizione è misera , grossolana ; cattivo , e
scarso il toro cibo; e la penuria è tale da ritenerli in un perpetuo stato di
(i) Vi sodo nondimeno alcune parti della Toscana dove è costume che il solo
figlio maggiore si ammogli ; ma nessuna restrizione di tal genere ba impedito ai
mezzaiuoli italiani , in generale , di moltiplicarsi fino al limite estremo della pos
sibilità u>r proprieta™, ed in molti casi, fino a divenire un grave carico per l'agri
coltura.
152 JONfcS.
debito verso i proprietarii da cui ricevono continui aiuti di diverso genere (lì.
Mr. Coxe, che alcuni anni addietro visitò la Valtellina, e Me. Gilly, che ul
timamente fu tra i Valdesi, descrive come poverissimi i mezzaiuoli di quelle
contrade. Del pari nelle provincie spagnuole in cui più abbondano, si dice che
sieno estremamente poveri , come nelle isole Canarie ove la mezzeria è l'unico
modo di coltivare la terra.
Nell'Afganistan una razza di coltivatori si trova, chiamati Buzgurs (2), i quali
non differiscono sotto alcun riguarJo dai mezzaiuoli dell'Europa occidentale. E
questo l'unico esempio che si possa citare in Asia, dove la mezzeria, benchè
spesso si trovi parzialmente innestata sul sistema dei ryots, nondimeno in nes
sun luogo si potrebbe rinvenire nella sua pura forma. Ma l'Afganistan ù uno
strano paese, io cui, per le peculiarità della sua coudizione geografica e polilica,
i franamenti di quasi tutte le istituzioni civili conosciute nel rimanente del
mondo continuano a coesistere in uno stato di confusione molto simile al
l'anarchia. ' - '.
SEZIONE VI.
CAPITOLO IV. ,
SEZIONE I.
Le rendile dei ryots sono, con poche eccezioni, peculiari all'Asia (1). Sono
rendite in prodotto, pagate da un coltivatore che riceve dalla terra la sua ri
munerazione, al sovrano come proprietario del suolo. Ordinariamente sono ac
compagnate da un dritto precario, nel coltivatore, di rimanere occupante della
sua partita di suolo, finchè non cesserà di pagare la rendita che gli si domanda.
L'origine di queste rendite è nel dirilto attribuito al sovrano, rome unico pro
prietario del suolo su cui domina. Abbiamo veduto che drilli simili sono stali
riconosciuti in altre epoche dalla maggior parte delle nazioni. In Europa spari
rono o divennero puramente nominali ; ma i sovrani asiatici continuano ad es
sere, come furono per una lunga serie di secoli, i diretti signori dei contadini,
che vivono coi prodotti del suolo dei loro dominii. Di tanto in tanto si presen
tano alcuni indi/.ii che ci fanno argomentare in quella parte del globo uno stato
di cose esistito altra volta, sotto il quale i diritti sulla terra devono essere stati
in condizione diversa da quella in cui oggidì li vediamo; ma ciò rimonta ad una
antichità così primitiva, da deludere tutte le nostre indagini. Dall'epoca in cui
comincia il periodo storico, tutti i grandi imperi dell'Asia sono stati sempre al
lagati da stranieri; e i loro diritti come conquistatori sono la base su cui si ap
poggiano le pretese degli attuali sovrani. La Cina, l'India, la Persia e la Turchia
asiatica, paesi collocati tutti all'estremo limite del gran bacino dell'Asia centrale,
furono successivamente soggiogati dalle irruzioni delle sue tribù, e taluni parec-
. H) Esse sono state introdotte dagli Asiatici nella Turchia europea. Esistono in
Egitto, e molte forse se ne potranno rinvenire in Africa. •• ;
RENDITE DEI RYOTS. 157
chie volte. La Cina anche in questo momèrrlo con difficoltà sembra potersi sot
trarre al pericolo ili un'altra conquista. Dovunque questi invasori sciti han preso
stanza, stabilirono una dispotica forma di governo, a cui si sono prontamente
sottoposti essi medesimi, obbligando a soltoporvisi gli abitanti dei paesi con
quistati.
L'uniformità del sistema politico da loro adottato, è una sorprendente pecu
liarità, e diviene sempre più notabile quando la meniamo in contrasto colle li
bere istituzioni introdotte dalle orde germaniche, le quali, nelle parti occiden
tali dell'antico mondo, s'impossessarono di paesi più ricchi e più inciviliti che
la loro patria. Si è creduto che la differenza possa attribuirsi alle native abitu
dini dei Tartari come tribù pastorali. Ma anche i Germani eran pastori, e la dif
ferenza delle loro istituzioni bisogna attribuirla a qualche altra causa. Forse in
gran parte si troverà nel diverso carattere delle loro primitive sedi. Fra le paludi
dei loro boschi, i Germani, quando non erano in guerra, vivevano in una sop
portabile sicurezza; le loro abitudini di ubbidienza militare si rilassavano, ed
essi godevano quella ruvida ed indolente libertà, che i barbari guerrieri mai non
abbandonano se non vi sono costretti da bisogno. Alcune fra le tribù degli
Afgani presentano un notabile esempio dei diversi gradi dì sommissione all'au
torità che nascono fra le nazioni pastorali, sotto il predominio dei diversi sen
timenti di sicurezza o di pericolo. Lentamente e parzialmente abbandonano le
loro abitudini migratorie: in una parte dell'anno sono stazionimi, fermandosi
nel paese in cui si sentono sicuri ; in un'altra parte si muovono verso pascoli
lontani. Mentre sono saldi e tranquilli, le loro istituzioni sono libere come
quelle degli antichi Germani, e su molti punti si rassomigliano perfettamente.
Quando si muovono, e cominciano a sentire vicino il pericolo, o la necessità di
agire in concerto, passano ben tosto ad una dispotica forma di governo. Un
kan, la coi autorità, quand'erano stazionarli e salvi non riconoscevasi, diviene
lutt'insieme investito di un potere supremo; ed essi ne sentono tanto il bisogno
che, quando per privati motivi il kan desidera rimanersi a casa, ed occuparsi
di altro che la guida della tribù, lo reclamano istantemente e lo costringono ad
accettare la loro sommissione marciando alla loro testa (1). Ma i Tartari del
l'Asia centrale abitano vaste pianure, traversate in ogni senso da montanari ne
mici. L'ufficio di custodire le loro proprietà e le loro vite diviene una guerra
costante; e le loro abitudini di sommissione militare non s'interrompono più:
son uomini che nascono e muoiono sempre in questo sistema. Egli è possibile
(i) Elphinstone, Caubul, voi. Il, p. 215. — Quando il popolo è rnccolto in campo,
e governato dai suoi mooshirs, senza alcuna dipendenza dal kaun; e quando è sparso
nel paese, sussiste senza alcun governo di sorta; ma quando si iratta di una marcia,
immediatamente si sottopone al kaun, e se si deve passare in paese nemico, egli è no
minato capo dei chelwashtees, assume un'autorità assoluta e diviene oggetto di vene
razione per tutta la tribù. Uoa prova dell'importanza del kaun durante una marcia, si
trova nella condotta del nauser quando tunus Khan, il loro capo attuale, si ricuso di
accomp gnarli in una delle toro migrazioni. Egli desiderava rimanere nel Damaun con
200. o 300 de'suoi per aiutare Surwur kaun contro i Vizeerees; ma la sua risoluzione
costernò la tribù, la quale dichiarò essere impossibile il marciare senza il suo kaun.
Furono così vive le rimostranze, che lunus si sentì in fine costretto di abbandonare
il suo primo disegno, e si decise ad accompagnarla nella sua marcia al Khorassaun.
158 JiiNfcs.
che, quando s'impadronirono dei grandi imperi asiatici, essi in molti casi tro
varono già introdotto il diritto esclusivo del sovrano sulla proprietà del suolo;
non come un superiore rimoto o nominale, ma come un diretto ed effettivo pro
prietario. Un tal diritto può essere residuo di prime conquiste, o in altri casi
più antichi può essere il risultato di circostanze simili a quelle da cui gl'indi
geni dell'Africa, del Perù, o della Nuova Zelanda, furono indolii a riconoscere,
nel darsi all'agricoltura, il diritto dei loro sovrani a disporre del territorio che
la nazione occupava. Comunque sia, egli è cerio che i Tartari hanno ognidove
o adottato o Introdótto un sistema politico, perfettamente in armonia colle loro
abitudini di sottomissione da parie del popolo, e di potere assoluto da parte dei
capi: e le loro conquiste lo hanno o introdotto o ristabilito dalle sponde del
Mar Nero fino a quelle del Mar Pacifico, da Pechino a Nerbudda. In tutta l'Asia
agricola (eccettuata la Russia) il medesimo sistema prevale. Non vi ha nè capi
tali nè capitalisti, che possano con precedenti accumulazioni di prodotti alimen
tare la massa del popolo. Il coltivatore deve o avere un po' di terra da colti
vare, o morire di fame. Il corpo delia nazione dunque in ogni caso dipende dal
gran proprietario sovrano, pei mezzi di alimentare la vita. Il rimanente del
popolo è forse ancora più dipendente: vive da soldato, sopra una parte del red
dito proveniente dal lavoro dei coltivatori; non vi sono classi intermedie ed
indipendenti; e grandi o piccoli, tutti sono letteralmente ciò che professano di
essere, gli schiavi di quel padrone dal cui arbitrio i loro mezzi di sussistenza in
tieramente dipendono. L'esperienza di molti lunghi secoli d'un'oppressione mo
notona ha sufficientemente mostrato come una tale condizione di cose, una volta
introdotta, tenda a perpetuare il dispotismo che genera.
Quantunque un sistema consimile predomini in tutti i grandi imperi del
l'Asia, pure in ciascuno di essi si presenta con qualche modificazione , dovuta
alle differenze di clima, di suolo, ed anche di governo, giacchè lo stesso dispo
tismo ha le sue varianti. Di queste modificazioni ci basta il soggiungere qualche
breve notizia.
SEZIONE II.
Sembra prohabile che gli antichi Egiziani, e gl'Indiani adoratori degli idoli
braminici, abbiano avuto una comune origine; ma da dove vennero, o in quale
stato di cose nacquero le loro istituzioni , difficilmente potrebbesi indovinare.
Nell'India, le rendite dei ryots sono esistite fin da quando avvenne l'invasione
guidata o accompagnata dai Bramini, e forse prima. I libri sacri degli Indi at
tribuiscono alla conquista il diritto del sovrano sopra il suolo del paese.
« Per effetto della conquista, la terra divenne proprietà del sacro Parasa
Rama; per effetto di un dono, divenne proprietà del Sage Casyapa; e da lui fu
affidata ai Csatrias (la casta militare) onde proteggerla; e successivamente
cadde in possesso di polenti conquistatori, non di sudditi coltivatori. Ma la pro
prietà si acquista annualmente da questi ultimi, mercè il pagamento di un annuo
reddito, e per quell'anno il re non può legalmente dare, vendere, o riprendere
la porzione concedutane. Se la concessione è fatta in questa forma « lu la go«
REMi ''I E DEI RYOTS. 159
drai per tanti anni », il re non può disporne nel corso di tali anni, nè può
concederla ad altri, finchè il primo concessionario non manchi al pagamento
della rendila. Ma se non havvi alcuna esplicita convenzione di tempo, basterà
che un altro individuo venga ad offerire un censo maggiore, perchè la terra si
possa ritogliere al primo coltivatore ed assegnarla a quest'altro » (1).
Lo spirito e la lettera di questa legge soventi citata, è perfettamente d'accordo
colla pratica dei varii sovrani dell'India, nativi o stranieri. Quei dritti subordinati
del popolo ad un temporaneo possesso, che nacquero in tempi pacifici, son sem
pre rimasti precarii ed imperfetti : ma il dritto del sovrano è il dritto del più
forte; e quando o le guerre intestine o le invasioni straniere hanno condotto nel
paese un nuovo padrone, la sua spada ha ristaurato il diritto del sovrano in
tutta la sua primitiva purezza.
La rata di prodotto presa dui principe è stata sempre variabile, o per un
motivo o per un altro; e non sempre egli si è contentato di limitarsi ad una
qualunque rata definita. Le leggi, per quanto sembra, la fisserebbero ad un
sesto del prodotto; ma in pratica questa regola si è sempre trascurata. Strabone
dice che ai suoi tempi, éarìv ti xai/sa BxaiXtxii najsx, pioòod S'oivtìiv kitì tet*/)-
tous èpyàfyvTxt rcòv xxpnav, dove, sforzando un poco i Greci, la rendita
sembra essere stata da un quarto a tre quarti del prodotto. I conquistatori
mongoli riscuotevano le loro rendite in rata proporzionale, la quale variava
di molto, secondo la qualità del suolo, e più particolarmente secondo l'acqua
di cui vi si poteva disporre; ma in pratica nessuna proporzione definita è stata
ammessa.
Sotto il governo degli Indi, si è sempre avuta una certa disposizione a
rendere ereditarti alcuni subordinati diritti al possesso del suolo ed agli ufflcii
riguardanti la riscossione delle imposte. Il più importante di questi ufficii era
quello dei zemindars. Costoro erano incaricati di riscuotere il reddito pubblico
delle provincie, ed avevano diritto a ritenere per sè un decimo del suo ammon
tare, oltrechè spesso avevano una porzione di terra in assoluta proprietà , ed
erano rivestiti di un potere grandissimo. Solevano frequentemente anticipare le
sementi ed il capitale necessario al coltivatore, a patto di ripagarsene sulla rac
colta. Quando il figlio fu ammesso a succedere al padre, per molte genera
zioni, nell'ufficio di zemindar, i vincoli e gl'interessi del zemindar col popolo
a lui soggetto, divenivano cosi moltiplici e stretti, che una trasìocazione, la
quale non fosse suggerita da cattiva condotta o da fallimento, diveniva agli
occhi dei ryots un atto di tirannica oppressione. In generale i ryots occu
pavano in comune le loro terre, ed erano riuniti in tanti villaggi, soggetti a
pubblici ufficiali da loro medesimi nominati, i quali distribuivano ai colti
vatori ed ai trafficanti le loro rispettive porzioni del prodotto comune. Gli
ufficii del villaggio, ed i varii rami di traffico, divennero ereditarli. Il ryot me
desimo, il coltivatore effettivo, andava men soggetto che gli ufficiali superiori
ad essere disturbato nel possesso delle sue terre. Purchè la quota dell'imposta
fosse pagata, non v'era interesse ad inquietare gli umili agenti della produzione,
ed anzi v'era un interesse grandissimo a ritenerli. È perciò che si lasciò poco
SEZIONE IH.
Fra tutti i governi dispotici d'Oriente, quello della Persia è forse il più vorace
ed il più arbitrario; nondimeno, l'indole speciale di quel paese ha introdotte al
cune preziose modificazoini, ed ha costretto il governo, per quanto sia scevro
di scrupoli, a trattare con molti riguardi gl'interessi sulla proprietà del suolo,
subordinati al diritto della corona.
Una delle più notabili condizioni geologiche dell'antico mondo, è quel gran
tratto di deserto sabbioso, che si estende su tutta la sua larghezza, ed impone
un'indole speciale alle tribù che lo frequentano o che sono stanziate sul sii0
confine. Esso forma le sponde dell'Attantico sulla costa occidentale dell'Africa,
e costituisce il gran Sahara, il quale è stato la causa per cui le regioni centrali
dell'Africa rimasero sempre nascoste alla curiosità degli Europei. Esso forma
inoltre la superficie dell'Egitto, se se ne eccettua la vallata del Nilo; si estende
sopra l'Arabia, la Siria, la Persia e l'India superiore; e volgendosi dalla Persia
verso il nord, attraversa fra Mushed ed Ilerat (1), le montagne di Elburz e di
Paropamis, che fanno parte della catena del Caucaso e dell'Himalaya ; corre
verso il nordest attraversando la Tartaria, e gira attorno ai confini settentrio
nali della Cina; e finalmente va a finire sotto le onde del mar Pacifico. In mag
gior parte le provincie della Persia consistono di un tal deserto, oppure son
poste al suo limite; e tanto partecipano alla sua aridità e sterilità, che anche
da una breve distanza l'occhio non sa distinguere ove finisca la terra vegetale e
cominci il deserto (2). Ora questo suolo non ha altro mezzo di fruttificare, al-
l'infuori dell'irrigazione. Ma l'acqua, dice Frazer, è il beneficio di cui più siasi
mostrata avara la natura in quei luoghi; la Persia non ha che pochi e piccoli
fiumi e ruscelli, non affatto comuni, ed applicabili solamente alla coltivazione di
una ristrettissima superficie del suolo. Nelle contrade più fortunate, i piccoli
tratti posti a coltura somigliano a tante oasi nel deserto, e col loro contrasto
fanno sempre più risaltare l'aridità delle terre d'intorno (3).
Siccome le sorgenti e le correnti naturali non bastano alla coltivazione indis
pensabile per l'alimento del popolo, così i Persiani aprono, a grandissimo stento,
certe sorgenti artificiali chiamate cannauls. Scavano sul fianco delle colline lun
ghe catene di cisterne o pozzi, a diversa profondilà, e li mettono lutti in comu
nicazione con un canale che conduce le acque nella parte più bassa, dove si
distribuiscono sui campi che son destinate a fertilizzare. Queste opere, sempre
costose ed importanti, variano in dimensione; si cita qualche catena di pozzi ,
estesa per una lunghezza di trentasei miglia; e nel Chorassan si parla di un can-
(i) Sulla direzione di queste sabbie nei confini della Persia e della Tartaria, vedi
Frazer, Khorassan, pag. 253.
(2) Ivi.
(3) Ivi, pag. 163.
<'
Econom. Vaserie. Tom. I. —11.
162 JONES.
nuul, entro il quale un uomo a cavallo poteva correre colla sua lancia in alio (1).
Ma ordinariamente i canali son piccoli, e la catena dei pozzi non supera una
lunghezza di due miglia. Dovunque, con questo o con altri mezzi, l'acqua viea
portata sul suolo, si presentano le scene della rapida e lussureggiante vegeta
zione orientale. Se la guerra, o l'oppressione, o i naturali accidenti, o l'azione
del tempo distrugge o trascura queste opere umane, tutta la scena di fecondità
svanisce ed il deserto riprende il suo dominio. La pianura di Yezid Kbaust nella
strada da Shiraz a Teheran era celebre una volta per bellezza e fertilità; M. Frazer
la traversò nel 1821, e cosi la descrive: « La pianura di Yezid-Khaust, che si
estende nella linea della nostra strada verso Komaishah, presenta, vicino a que
st'ultimo punto, un deplorabile esempio del generale decadimento della prospe
rità persiana. Le rovine di grandi villaggi che vi erano sparsi dintorno, e i
rimasugli di muraglie che chiudevano mercati e giardini , ci annunziano l'an
tica esistenza di tempi migliori , e stanno come un memento mori ai re ed
ai governi. L'intiera pianura era punteggiata di piccoli baluardi, che indicano il
corso dei canali, una volta sorgenti di ricchezza e fertilità, ora ostruiti ed aridi,
perchè non havvi nè uomo uè coltivazione che ne ricerchi l'aiuto » (2). Il di
stretto di Nishapore era un'altra celebre sede della coltivazione persiana. .. Ci
si aggiunse, dice Frazer (parlando delle informazioni che riceveva intorno a que
sto luogo), che nei diversi dipartimenti del Nishapore si riconoscono quattordici
mila distinti villaggi tutti abitati, ed irrigati da dodicimila canali o diciotto ru
scelli derivanti dalle montagne. Questa magnifica descrizione non è senza dubbio
esagerata, non essendo che la ripetizione di ciò che tradizionalmente si sa in
torno a quei luoghi nei loro giorni di alta prosperità : nulla oggi esiste di tanta
popolazione e di tale coltura; i villaggi son rovinali; ed i canali, le cui reliquie
sparse sulla pianura attcstano la verità della tradizione, sono tutti ostruiti e
secchi » (3).
Ora il reddito principale del monarchi persiani deriva dal prodotto della
terra, di cui essi sono i proprietarii supremi. Non può sfuggire ai loro occhi,
per quanto siano accecati dall'avidità e dalle abitudini di rapina, che la spesa
di strappare al deserto tanti tratti di terra e mantenerli fruttiferi, non si po
trebbe mai atfrontare, senza rendere realmente sicura la loro proprietà, e gene-
(I) Questa è forse una favola, ma i caonauls devono spesso versare considerevoli
volumi d'acqua. Frazer, che per la prima voltali vide a Kauzerooo, dice: I caonauts,
o canali sotterranei, sono stati frequentemente descritti, e costituiscono quasi l'unica
specie di miglioramenti costosi, finora eseguitisi in Persia, perchè la loro proprietà è
protetta e rende un profitto considerevole, nè molto lontano; sono, in vero, più co
munemente costruiti da persone autorevoli, che dispongono a poco costo dell'acqua
in questo modo condotta alla superficie del suolo. Alcuni se ne sono recentemente
costruiti nella valle del Kauzeroon, e si può avere un'idea del valore di una tale pro
prietà, quando si sappia che il rivolo di Dalakee frutta un reddito di 4 mila rupie
all'anno, e che un cannaut recentemente aperto da Kulb Alleo Khan, governatore di
Kuuzeroon, fornisce una corrente cinque o sei volte maggiore. Fra gli altri usi, serve
ad irrigare un giardino che contiene aranci dolci ed amari, limoni, limoncelli, melo-
granati, delle specie migliori che si possano trovare nel paese. — Frazer, Khorassan,
pag. 79.
(2) Ivi, p. H8.
(3) Ivi, p. 40».
RENDITE DEI RYOTS. 165
rare il sentimento che sarà sempre rispettata in avvenire. Secondo dunque ie
leggi persiane, colui che porta l'acqua alla superficie del suolo ove prima non era,
è garantito dal sovrano nell'ereditario possesso della terra da lui fecondata; e fino
a che non cessi di pagare allo shali la rendila dì un quinto del prodotto, può
disporne a suo bell'agio, ed è un proprietario reale, soggetto soltanto al carico
d'una rendita. Se egli può affittare l'acqua ad altre persone che abbiano una
terra da coltivare, e che in tal caso pagheranno la rendita del sovrano, allora
il fitto dell'acqua appartiene a lui, e la corona profitta soltanto della nuova ferti
lità che l'acqua ha recato alla terra già soggetta ad un'antica rendita. Tra i pro-
prietarii persiani, e più ordinariamente fra i pubblici impiegati, una favorita spe
culazione è quella di aprire canali; i contadini medesimi talvolta si riuniscono
a costruirne; e ciò prova che la guarentigia dal sovrano promessa è sempre
fedelmente osservata.
, Nondimeno, tenendo conto di questo maggiore rispetto usato ai subordinati
interessi e suggerito dalla spesa di uu artificiale irrigazione, i sovrani della Per
sia si comportano nell'amministrazione del territorio da loro dominato, in un
modo molto simile al sistema indiano. :1 ryots abitano nei villaggi e coltivano
in comune la terra, o se la dividono in partite da loro medesimi designate. Il
loro interesse è ereditario. L'antica consuetudine, dice Frazer, riguardo alla pro
prietà, chiaramente provvide con molto interesse alla sicurezza del ryot. I dritti
del coltivatore sono custoditi, per lo meno, con tutta la cura che si accorda a
quelli del suo signore. Il suo titolo alla coltivazione della sua terra gli deriva
dalla origine del villaggio a cui appartiene, e non può nè esser posto in dubbio,
nè esser negato; nè il signore del villaggio può espellere alcun ryot, finchè eyli
si comporti regolarmente, e paghi la sua porzione di rendita » (1).
Attualmente ciò che si esige dal ryot è il quinto del prodotto; ma questa
proporzione ha variato, ed è stata diversamente distribuita secondo la discre
zione dei varii principi, più particolarmente Nushirvan e Timour. I Persiani ora
dicono che, secondo l'antica costumanza, solo un decimo del prodotto dovevasi;
che l'altro decimo fu imposto a condizione di far cessare il Saaduraut, o le lasse
Irregolari; ma che praticamente poi il secondo decimo si continuò a riscuotere,
senza che le altre imposte si diminuissero (2).
Al di sopra di questi ereditarli coltivatori sta un proprietario subordinato,
che Frazer chiama spesso il signore del villaggio, e che ha diritto ad un decimo
della raccolta. Si riconosce in esso il zemindar indiano ; ma quantunque la pa
rola zemindar fosse di origine persiana, pure non sembra che sia attualmente
familiare nella Persia. Il diritto ad una ereditaria successione in questo inter
medio interesse, non può essere stato pienamente riconosciuto per lungo tempo'.
Chardin dice che a' suoi tempi la pratica di prenderlo in fitto dalla corona per
novantanove anni cominciava appena ad introdursi. Bernier decisamente rilega
che mai si sia conosciuta in Persia qualche cosa di simile ad una privata pro
prietà di terra. Gl'interessi di questa classe d'uomini naturalmente hanno acqui
stato forza e permanenza in Persia, anche più rapidamente che in India, a causa
SEZIONE IV.
flnanza e di governo, simile a quella delle altre tribù tarlare, si appoggiò sull'as
sunto che i loro condottieri erano divenuti legittimi proprietarii del suolo con
quistato. La rendita imposta sopra i coltivatori sembra essersi dapprima calco
lata alla ragione di un decimo del prodotto lordo, ed il valore di ogni provincia,
su tal piede, trovavasi fino ad un'epoca molto recente registrato nei libri del te
soro. Di questi libri si fa ancora uso nei conti coi pascià delle diverse provincie.
Ma siccome la rendita contribuita da ogni distretto mai non varia, qualunque
mutamento avvenga nella sua coltivazione, così il decadimento dell'agricoltura
e della popolazione ha aggravato moki fra i coltivatori, d'un peso assai maggiore
di quello che dapprincipio s'Intese aver loro addossato. Un settimo del prodotto
lordo quando il coltivatore è turco, un quiuto quando è cristiano, sarebbe, sc-
coudo gli ultimi viaggiatori in Grecia, il medio attuale di ciò che pagasi alla
corona.
La violenza con cui i Turchi misero in pratica le loro asiatiche nozioni in- .
torno al supremo diritto del loro sovrano sulla proprietà della terra, si può me
glio giudicare da un'ultima misura a cui si sono appigliati.
Il sultano concedette una gran parte de' suoi diritti di proprietà ad altri in
dividui, ad oggetto di formare una specie di feudale milizia. Gli alti ufficiali dello
Stato ricevettero certe partite di terre, chiamate ziamets e limars, in cui i loro
diritti rappresentano quelli del sovrano. Il numero di queste partite eccede le
cinquantamila. Vi ha una differenza tra il ziamet ed il limar, perchè quest'ultimo
abbraccia una maggior superficie. In compenso di simili concessioni, costoro si
obbligarono a prestare militari servigi, con un numero specificato di uomini. Le
loro forze costituirono, fino alla nascita dei Giannizzeri, la principale forza del
l'impero, ed ammontavano a 150 mila uomini. Concessioni simili si conoscono
in India sotto il nome di jaghires, in Persia sotto quello di leecools, ma colà
furono stabilite in un modo men sistematico che in Turchia. Le terre concedute
in quei paesi non divennero mai ereditarie; sono ancora negli stretti termini di
un possedimento vitalizio. Nei primi tempi della loro istituzione servirono per
eccitare l'emulazione militare. Alia morte del possessore, uno fra i più bravi suoi
camerati era immediatamente eletto per succedere nel possesso dei suoi fondi,
e si conosce un limar conceduto otto volte nel corso di una sola campagna (1).
Nondimeno, queste successive concessioni divennero per lungo tempo affatto ve
nali. Un agà non di rado compra, durante la sua vita, la riversione del suo
fondo a favore della sua famiglia; ma se trascura di farlo, i suoi parenti, appena
lui morto, vengono spossessati, se non hanno l'abilità di soppiantare ogni altro
competitore (2). Ad eccezione di questi interessi vituli/.ii, e dei fondi destinati agli
ulema, 0 espositori della legge maomettana, in Turchia non havvi alcun ricono
sciuto diritto di proprietà ; quantunque, come fra i ryots dell'India e della Per
sia, ed ognidove in Oriente, vi sia di fatto un possesso di terre ereditariamente
trasmesso. Finchè il coltivatore paghi al sultano o all'agà proprietario del ziamet
o del limar la rata legale del suo prodotto, il suo diritto di occupare e trasmet
tere alla sua progenie it fondo non vien mai contrastato, ed egli ne è sicuro,
' .
J66 JONES.
mai non si diminuiscono; e per quanto si possa, si fan cadere su coloro che re
stano ; cosi la popolazione si va successivamente diradando, le terre rimangono
abbandonate, e la desolazione si fa permanente ». È in tal modo che una scarsa
e poverissima popolazione si trova ad occupare dei tratti che erano una volta la
gloria dell'antica civiltà; ed il cui clima e suolo son tali, che gli uomini vi si
potrebbero moltiplicare ed arricchire, quasi senza sforzo, se il governo di quei
luoghi si decidesse a proteggere i suoi sudditi, con metà di quella energia che
spesse volte dispiega per ritogliere agli spoliatori del popolo una meschina
frazione di ciò che essi hanno strappato, e farla versare nell'imperiale tesoro.
SEZIONE V.
Noi conosciamo abbastanza la Cina per sapete che colà, come dappertutto
in Asia, il sovrano è l'unico proprietario del suolo, ma sappiamo ben poco per
poter giudicare accuratamente quali siano le modificazioni peculiari che questo
sistema di una proprietà imperiale ha ricevuto in quel paese. Il modo in cui il
governo cinese prende possesso della terra, e v'impone una rendita, nel caso di
nuove conquiste, è curiosamente descritto in una lettera di un comandante vit
torioso, indirizzata all'imperatore, e pubblicata da .Al. Patton (1). Quantunque un
decimo del prodotto sia la rendita nominale, non è improbabile che praticamente
si riscuota una rata molto diversa. Gioverebbe l'avere ragguagli ed osservazioni
più numerose e particolareggiate sui pratici effetti di un tal sistema presso i
Cinesi, se la gelosia del governo avesse conceduto di poterle raccogliere.
Il progresso e le conseguenze delle rendite dei ryots nella Cina deve neces
sariamente essere stato assai diverso da quello che si è veduto nell'India, nella
Persia e nella Turchia. Iu questi ultimi paesi i vizii del governo, l'oppressione e
la degradazione che ne risultano, ci han lasciato pochi mezzi di giudicare quali
sarebbero stati i risultati del sistema, se per un lungo tempo si l'osse condotto
in un modo più mite, e tale da assicurare le persone ed i beni dei coltivatori.
Nella Cina un tale esperimento sembra essersi felicemente eseguito. Le arti
del governo sono, fino a certo punto, note a dei cittadini appositamente edu
cati a ciò, e destinati a condurre gli affari dell'impero ; il paese, fino a poco
tempo fa, è stato alfatto libero da intestine convulsioni o serie guerre straniere,
e la sua amministrazione è stata bene ordinata, pacifica ed attiva. La condotta
del governo cinese presenta un notabile contrasto con quella delle vicine mo
narchie asiatiche, il popolo-delie quali, avvezzo a vedere le violenze e le stragi
divenute stromento ordinario del suo governo, rimane attonito quando, entrando
in Cina, gli si presenta lo spettacolo di autorità cinesi che comandano colla
penna anzichè colla spada (2). Un effetto ci è noto, come derivante da questa
SEZIONE VI.
. - •
Miscela delle rendite dei ryots, con altre specie di rendita.
sezione vn.
Riassunto dei caratteri delle rendite di ryot.
Nulla nelle rendite dei ryots può dirsi direttamente dannoso. Ordinariamente
esse soo moderate; e qnando si restringano ad un decimo o anche ad un sesto,
un quinto o un quarto del prodotto, e se sono pacificamente e regolarmente ri-
. scosse, divengono una specie d'imposta territoriale, e lasciano al contadino un
possesso ereditario e benefico. Egli è adunque dagli effetti indiretti e dalla forma
del governo in cui quelle rendile nascono e con cui si perpetuano, che bisogna
ripetersi tutto il male di cui sono capaci, e per cui in pratica riescono più di
struttive della proprielà e civiltà dei popoli, di quello che possa esserlo qualun
que altra forma di rapporti fra il proprietario e il coltivatore.
Il diritto di proprielà del sovrano, ed il suo largo e praticamente indefinito
interesse nel prodotto, costituisce un ostacolo alla formazione di qualunque corpo
indipendente. Per mezzo della distribuzione delle rendite che il suo territorio
produce, il monarca mantiene la miglior parte della popolazione nel carattere
di suoi ufficiali civili o militari. Rimangono soltanto gli abitanti delle città per
opporre un ostacolo alla sua potenza; ma la maggioranza di loro vive suHa
spesa del sovrano e dei suoi servitori. Noi avremo una migliore occasione di
mostrare eome la prosperità, o per dir meglio l'esistenza, delle città asiatiche
deriva dalle spese che localmente vi fa il governo. Siccome i cittadini sono affatto
privi di una forza reale, così i sovrani asiatici, non avendo alcun corpo di po
tenti e privilegiati proprietarii della terra, che possa contender con essi,, non
hanno avuto, come i monarchi europei, alcun motivo di favorire e nutrire le
Littà, come macchine di politica influenza; e quindi i loro abitanti sono prover
bialmente i più disperati ed avviliti fra gli schiavi asiatici. Nulla hanno nella loro
società che possa modificare la potenza di un sovrano, supremo proprietario di
un territorio coltivato da una intiera popolazione. Tutta la parte di una tale
popolazione vede nel sovrano l'unica sua sorgente, non solo d'ogni protezione ,
ma d'ogni misera sussistenza ; ed egli è perciò necessariamente un despota. Ma
gli effetti del despotismo asiatico sono sempre stati gli stessi: quand'esso è forte,
i suoi poteri vengono delegati ed abusati dai suoi agenti; quand'egli è debole ed
in declinio, i suoi poteri vengono violentemente usurpati dai suoi sudditi , e la
sua autorità viene abusata anche più. Forte o debole, egli è sempre il distruttore
dell'industria e della ricchezza de' suoi sudditi, e d'ogni arie pacifica; ed ecco
perchè questo speciale sistema di rendile, su di cui riposa la sua potenza, riesce
peculiarmente calamitoso ai paesi in cui predomina.
Le mercedi della maggioranza del popolo, nei paesi coltivali dai ryots, ven
gono determinate dalla rendita che essi pagano, come accade, dobbiam ricor
darcene, sotto tutte le varietà di rendite da paesani. Essendo la quantità del
prodotto determinata dalla fertilità del suolo, dall'estensione delle varie parlile
assegnate, dall'industria, abilità ed efficacia del ryot; la divisione di un tal pro
RENDITE DEI RYOTS. 171
dotto, da cai la sua mercede dipende, è determinata dalle sue contrattazioni col
proprietario, cioè dalla rendita che paga.
In egual modo l'ammontare della rendita in tali paesi è determinato dall'am
montare delle mercedi. Essendo il prodotto deciso come abbiam detto, la por
zióne del proprietario, la rendita dipende dai patti che egli contragga col lavo
rante, cioè dalla quantità delle mercedi dedotte.
L'esistenza ed il progresso delle rendite, nel sistema dei ryots, non dipende
affatto dalla esistenza delle diverse qualità di terreni, o di diversi profitti del
capitale e del lavoro in essi impiegati. Il sovrano proprietario ha il mezzo
di permettere che una massa di lavoranti si procuri una sussistenza che,
senza l'aiuto della terra che loro concede, lor mancherebbe e li costringe
rebbe a morire di fame. Ciò gli assicura una porzione del prodotto, la quale
non potrebbe mancargli quand'anche le terre fossero tutte perfettamente eguali
in fertilità.
Le rendite dei ryots possono crescere in due modi: o per un aumento di
prodotto, derivante da maggiore abilità, industria ed attività del coltivatore; e
per un aumento nella rata appartenente al sovrano proprietario, rimanendo inal
terato il prodotto, e diminuendosi soltanto la rata del coltivatore.
Quando le rendite crescono ed il prodotto rimane stazionario, l'aumento
non indica alcun progresso di pubblica ricchezza ; vi sarà un trasferimento, non
un incremento di ricchezza; e l'uno rimane impoverito di tanto, di quanto pre
cisamente l'altro arricchisce. Ma quando le rendite dei ryots crescono perchè il
prodotto della terra è cresciuto, il paese si arricchisce di altrettanto. Di altret
tanto cresce la sua potenza di mantenere flotte ed eserciti, e crescono tutti gli
elementi della sua pubblica forza; havvi un reale incremento di ricchezza, non
un mero trasferimento da una mano ad un'altra. Un tale incremento inoltre in
dica un progresso nei redditi dei medesimi ryots. Se il decimo od il sesto appar
tenente al sovrano si raddoppia, i nove decimi o i cinque sesti appartenenti al
ryot bisogna che si raddoppino pure dal canto loro.
L'aumento di rendite che Cosi va di pari passo coll'aumento della ricchezza
generale, è quelto che solamente può, a lungo andare, riuacire vantaggioso al
proprietario. Quando un aumento di rendite in prodotto ha la sua sorgente in
più copiose raccolte, esso può procedere innanzi fin dove si possa estendere l'in
dustria dell'uomo e la fertilità della terra, cioè dire indefinitamente. I coltiva
tori asiatici, se ai vantaggi del loro suolo e clima unissero l'industria e l'energia
dei migliori coltivatori europei , potrebbero creare una produzione agraria
superiore a tutto ciò che fin qui si conosca, e cosi pagare rendite sempre cre
scenti al loro sovrano, aumentando al medesimo tempo la somma dei loro
redditi. E finchè la prosperità dei ryots accompagnasse cosi l'aumento delle
rendite, il risultato sarebbe, non un semplice aumento di raccolte sulle terre già
coltivate, ma una rapida propagazione di coltura sulle altre terre. Una popola
zione protetta, prospera e crescente, occuperebbe ben presto le fertili pianure
delta Turchia e dell'India, e farebbe rivivere la rinomata fecondità dei deserti
della Persia, moltiplicando ad ogni passo tanto il reddito del sovrano proprieta
rio, quanto la generale ricchezza degli abitanti. Prendendo l'Asia in un insieme,
simili progressi sembrano affatto visionari ; ma in piccole dimensioni si presen
tano per modo che apertamente prova come sarebbero possibili , ed anche
172 JONES.
agevoli, ad operarsi in grande (1). Un aumento di rendite derivante da un pro
dotto stazionario, ed una diminuzione della parte spettante al ryot,. sono il ri
sultato sventuratamente comune in Asia. Nella condizione in cui i ryots attual
mente vivono, diminuire il loro reddito è un danneggiare, se non distruggere,
la loro efficacia come agenti della coltivazione. Quando esso seriamente avviene,
sempre suol esser seguito, e quando avviene fino ad un certo punto deve neces
sariamente esser seguito dall'abbandono delle terre e da una totale disparizionc
di rendite. L'avidità dei governi orientali ordinariamente si lascia sedurre dal
l'esca di un guadagno presente, dimentica o di proposito trascura le ultime con
seguenze, che devono tener dietro allo smodato aumento dei loro redditi terri
toriali. Quindi, in gran parte devesi a ciò attribuire l'attuale condizione dell'Asia,
la miseria del popolo, la povertà e la debolezza di quei governi. Esaminando
la natura e gli effetti delle rendite dei ryots, ciò che principalmente ci deve far
pena è il considerare che le istituzioui politiche e sociali di quella gran parte
del globo probabilmente resteranno quali sono per un lungo corso di secoli.
Noi non possiamo rivelare il futuro; ma nel carattere della popolazione asiatica
si trova ben poco che ci possa far prevedere il giorno in cui la sua condizione
sociale possa essere differente dall'attuale e dalla passata.
CAPITOLO V.
(1) Appendice.
RENDITE DEI COTTIEBS. 173
distribuisce una gran parie dell'annuo prodotto, mentre riesce loro estrema
mente difficile ti toccare e spendere le più piccole somme in danaro contante.
Le rendite in danaro, per verità, sono tanto raramente pagate da contadini col
tivatori, che, dove esistono, bisogna supporre la possibilità di tali pagamenti,
appoggiata sopra circostanze particolari del paese. Nel caso dell'Irlanda, egli è la
vicinanza dell' Inghilterra, ed i vincoli che passano fra i due paesi, che permettono
il sistema delle rendite in danaro pagate dai coltivatori. Da ogni parte dell'Irlanda
si può direttamente o indirettamente andare ai mercati inglesi, e vendervi per da
naro it prodotto delle terre irlandesi. In alcuni luoghi sembra anche che il modo
di trovar danaro consista nel recarsi a lavorare in Inghilterra all'epoca delle
messi ; ed in molte delle testimonianze raccolte dal Comitato di emigrazione
si vede apertamente che, se questo mezzo venisse meno, in più d'un luogo
mancherebbe la possibilità di contribuire rendite in danaro. Se l'Irlanda fosse
collocata in un'altra rimota parte del mondo, circondata da nazioni non più in
civilite di essa, e se i suoi coltivatori non avessero altro modo di far danaro che
quello di dipendere dalle interne occasioni di cambi , probabilmente i proprietarii
irlandesi sarebbero costretti ad adottare un sistema di rendite in lavoro o in
prodotti, simili a quelle che predominano sopra la gran parte del globo coltivata
da altre classi di contadini.
Una volta però introdotte le rendite dei cottiers presso una popolazione agri
cola, esse producono importanti effetti, vantaggiosi talvolta, talvolta nocevoli.
Nel valutarli noi abbiamo la sfavorevole necessità di non poter formare il no
stro giudizio se non sull'unico esempio dell'Irlanda. Quanto non sarebbero iuesatte
le nostre idee intorno ai caratteri della rendita in lavoro, se non potessimo esa
minarla che nel caso di un sol paese, per esempio dell'Ungheria !
Gli svantaggi delle rendite dei cottiers si possono dividere in tre classi. In
primo luogo, la mancanza di alcun freno esterno all'aumento della popolazione
agraria al di là dei limiti di una comoda sussistenza. In secondo luogo, la man
canza di protezione ai loro interessi, per l'influenza delle consuetudini che deter
minano l'ammontare dei loro pagamenti. Ed in terzo luogo, l'assenza di queil'
ovvio e diretto interesse eomune fra i proprietarii ed i coltivatori del suolo, che
negli altri sistemi di rendile da paesani, assicura al coltivatore l'aiuto e l'indul
genza del proprietario nelle epoche di calamità.
Il primo e certamente il più importante svantaggio sta nell'assenza di quei
freni esterni, èhe contribuiscono a reprimere gli effetti della disposizione, comune
a tutti i contadini, a moltiplicarsi fino a toccare gli estremi limiti della sussistenza.
Per bene spiegarlo noi dobbiamo, fino a certo punto, toccare l'argomento della
popolazione. Lo faremo quanto più brevemente si possa. Noi sappiamo che il
principio generatore negli uomini è tale, da potere con grandissima rapidità po
polare le contrade in cui essi si trovino stanziati. Quando il loro numero arriva
al limile della popolazione che il territorio possa mantenere abbondantemente,
se gli effetti di una tale moltiplicazione non vengono raffrenati, bisogna che la
loro condizione peggiori. Ma quando son raffrenati, ciò deve avvenire o per l'a
zione di motivi interni, che impediscono la piena azione del principio generatore,
o da cause esterne che agiscano indipendentemente dall'umana volontà. Una po
polazione agraria, che viva sui prodotti del suolo e li consumi direttamente, qua
lunque sia la forma delle sue rendite, subisce ^eneralmenie ben poco l'azione dei
174 JONES.
freni interni o dei motivi che possano raffrenare la sua tendenza alla moltipli
cazione. Diremo qui appresso perchè. Ma la conseguenza si è, che, se una qual
che causa esterna, affatto indipendente dalla loro volontà, non costringe siffatti
coltivatori a rallentare il progresso della loro moltiplicazione, essi, col limitato
lor territorio, qualunque sia la forma delle loro rendite, rapidamente si avvici
neranno ad una condizione di penuria sempre crescente, e non si arresteranno
fino a che non abbiano toccato la fisica impossibilità di procurarsi una sussi
stenza. Dove prevalgono le rendite in lavoro o le rendile dei mezzaiuoli, queste
cause esterne di repressione si trovano nell'interesse e nella influenza dei proprie-
tarii; dove prevalgono le rendite dei ryots si trovano nei vizii e nelle oppressioni
del governo (1); dove prevalgono le rendite dei cottiers, simili cause esterne
mancano, ed il principio generatore, lasciato alla sua libera espansione, molti
plica gli uomini per ispingerli nell'estrema miseria. Le rendite dei cottiers, adun
que, evidentemente differiscono in peggio, sotto un tal riguardo, dalle rendite
servili e da mezzaiuoli. Non [è già che i servi e i mezzaiuoli non crescano fino
al punto in cui i loro bisogni li mettano alla piena discrezione dei proprietarii ;
ma l'interesse dei proprietarii li spinge a negare ogni loro assenso ad una ulte
riore divisione del suolo, e quindi fa mancare il mezzo di creare nuove famiglie,
ben prima che la terra divenga sovraccarica di coltivatori, a cui non possa offe
rire che il più miserabile alimento. I nobili russi ed ungheresi non accettano nei
loro poderi un maggior numero di servi, che quanti ne bastino alla coltivazione;
e si ricusano di assegnare nuove partite, o niegano il loro consenso ai matri-
monii. Questa facoltà è stata sempre considerata come un dritto legale, dovun
que si usassero le rendite in lavoro. Il proprietario di un fondo coltivato da mez
zaiuoli ha interesse a non moltiplicarne il numero e le bocche al di là di quanto
occorra per la piena coltivazione del fondo. Quand'egli si niega a suddividere i
poderi, non vi è luogo alla formazione di nuove famiglie, e l'aumento della po
polazione viene ad esserne raffrenato. Nei paesi soggetti a rendite di ryot, la
popolazione si dirada ordinariamente per mezzo delle violenze e dei vizii del go
verno ; nè vi ha dubbio che questo non sia il mezzo con cui tanta parte dell'
Asia si mantiene mal popolata e così desolata. Ma quando si sono introdotte le
rendite dei coltiers, l'influenza del proprietario non è adoperata come freno alla
moltiplicazione dei coltivatori, finchè non arrivino i casi estremi. I primi effetti
della popolazione crescente, cioè la più ardente concorrenza per ottenere conces
sioni di terre, ed il generale aumento di rendite che ne risutta, sembrano per
qualche lempo vantaggi indubitati iti favore dei proprietarii, 1 quali non hanno
alcun diritto o evidente motivo di negarsi ad ulteriori divisioni della terra, o a
permettere lo stabilimento di nuove famiglie, fino a che non divenga palpabil
mente impossibile il riscuotere le rendile convennte, o forse fino a che la turbo
lenza dei contadini affamati nou venga ad avvertire i proprietarii d'essere già
arrivato il tempo in cui il loro medesimo interesse imperiosamente richieda che
si ponga un freno alla moltiplicazione dei coltivatori. Noi sappiamo nondimeno,
dall'esempio dell'Irlanda , l'unieo su cui si possano in grande appoggiare le
(1) Dove si può osservare il fenomeno di un governo mite ed efficace, sopra una
razza di ryots, come nella Cina, ivi si vedono moltiplicarsi con estrema rapidità.
RENDITE DEI COTTIERS. 175
gono che sia prima avvenuto un grande progresso nel commercio interno della
nazione, ed ordinariamente è l'effetto, uon l'origine, d'un miglioramento nella
condizione dei coltivatori. Ma il cottier è già proprietario del suo piccolo capi
tale, esiste in una società in cui il pagamento delle rendite in moneta è già in
trodotto. Se il suo lavoro ha buon successo, nulla gl'impedisce di allargare la
estensione del suo fondo, accrescere il suo avere, divenire capitalista e fitiamolo
nel preciso senso della parola. Fa piacere l'udire che i proprietarii irlandesi ,
residenti nella loro patria e che abbiano avuto la cura, a costo di qualche sacri
ficio, di cooperare al miglioramento del carattere e della condizione dei loro in
quilini, rendono la loro testimonianza in favore di questo fatto, ed attestano la
rapidità con cui, sotto i loro auspicii, alcuni coltiers hanno acquistato un capi
tale sufficiente per convertirsi in piccoli fittaiuoli. La maggior parte dei paesi oc
cupati da mezzaiuoli, da servi e da ryots, probabilmente conterrebbero un gran
numero di simiti coitivatori, senza che per molti secoli un simile cangiamento vi
si producesse. Se gli avvenimenti da qui a cinquant'anni favoriranno l'Irlanda,
è probabile che i suoi cottiers dispariranno, e che vi si vedrà sorgere una diver
sissima razza di coltivatori. Questa facilità di cambiare in meglio la propria
condizione, è un vantaggio, e vantaggio grandissimo, che il sistema dei cottiers
presenta a paragone degli altri, e col quale rimane in certo modo contrappesato
il male in esso contenuto.
Salvo dunque questa peculiarità, gli effetti del sistema dei coltiers sulle
mercedi del lavoro, e sulle altre relazioni sociali, saranno simili a quelli che
nascono in generale da tutte le rendite di paesani. Essendo la quantità del prodotto
determinata dalla fertilità del suolo, dall'estensione delle varie partite, dalVabi-
lità ed industria del contadino, la divisione di quel prodotto, da cui dipende la
sua mercede, è determinata dal suo contratto col proprietario dalla rendila che
gli paga; e viceversa, essendo la somma del prodotto determinata allo stesso
modo, la porzione del proprietario, la rendita, dipende dalla parte lasciata al
contadino, cioè dalla sua mercede. L'esistenza della rendita, sotto il sistema dei
cottiers, non dipende affatto dalla esistenza di diverse qualità di terreno, o dai
diversi prodotti del capitale e dal lavoro adoperatovi. Dove, come si è ripetuta
mente osservato, non esiste alcun fondo sufficiente per alimentare la massa dei
coltivatori, essi devono o procurarsi il loro vitto dal seno della terra, o morire
di fame; e questa circostanza li renderebbe sempre tributarii del proprietario, e
farebbe nascer le rendite, e le accrescerebbe col loro moltiplicarsi in numero,
anche nel caso che tutte le terre fossero perfettamente eguali in fertilità.
La rendila sotto il sistema dei cottiers, come ogni altra specie di rendite da
paesani, può crescere in due modi; in primo luogo per un aumento di prodotto,
aumento di cui il proprietario riceve il tutto o una parte; in secondo luogo, rima
nendo immutato il prodotto, la rendita può crescere per un aumento nella por
zione spettante al proprietario, nel qual caso la porzione del coltivatore sarà
diminuita di tanto, quanto quella del proprietario si accresca.
Quando la rendila aumenta ed il prodotto rimane stazionario, l'aumento non
indica alcun progresso di ricchezza e di reddito pubblico del paese: vi ha un
semplice trasferimento, non una moltiplicazione di beni; gli uni rimangono im*
poveriti, precisamente di quanto gli altri arricchiscono.
Eeotwm. 2a serie Tom. I. — 12.
178 JONES.
CAPITOLO VI.
Insieme a questo imperfetto svolgimento delle forze produttive del suolo, noi
troveremo uno stentato aumento di tutte le elussi che non sieno direttamente
legate al lavoro agrario. Egli è evidente che il numero relativo di quegli indivi
dui , i quali possano alimentarsi senza lavorare la terra, dipende intieramente
dalla produttività dei coltivatori. Dove costoro sieno industriosi, la terra renderà
quauto basti per mantenere se stessi ed altri individui ; dove la coltivazione è
meno efficace, la terra produrrà appena per mantenere le braccia che la colti
vano, e pochi individui di più. Il numero relativo delle classi non agricole non
sarà dunque mai così grande, ove le forze della terra sieno eccitate da una scarsa
od inefficace industria, quanto lo sono ove un'industria più energica le metta in
moto. In Francia ed in Italia l'agricoltura può dirsi buona, se si paragona con quella
di altri paesi coltivati col medesimo sistema; ma nondimeno il numero delle classi
non agricole in Francia sta all'agricola, come uno a due, ed in Italia come quat
tro a tredici, laddove in Inghilterra, con un suolo ed un clima inferiore (sotto
il riguardo della coltivazione) i produttori non agrarii stanno agli agrarii come
uno ad uno (1). La proporzione e l'influenza delle classi cittadìne modifi
cano grandemente, come abbiamo altrove osservato, le circostanze sociali e
politiche dei diversi paesi: e decidono sovranamente quali materiali ogni paese
possa contenere per la formazione di quel misto reggime, in cui il potere so
vrano, o il predominio di una aristocrazia territoriale, vengano contrappesati
dalla influenza della massa dei cittadini, e da una proprietà libera da ogni di
pendenza dal suolo.
Non si creda del resto che io intenda prendere come essenziale all'esistenza
delle istituzioni democratiche la presenza di una numerosa classe non agraria:
moltissimi esempi si troverebbero in contrario. Ma quando una potente aristo
crazia già esiste, come nei paesi ove prevalgono le rendite primitive, allora l'ef
ficace introduzione degli elementi democratici dipende quasi intieramente dal
numero e dalla proprietà delle classi non agrarie. L'indiretta influenza, adunque,
Una piccola riflessione basta per dimostrarci che, sotto tutte le forme delle
rendite primitive, l'interesse dei proprietarii è indissolubilmente legato con quello
dei loro inquilini e di tutta la società. L'interesse dello Stato evidentemente si è,
che le forze produttive del suo territorio sieno pienamente sviluppate da una
classe di coltivatori, ricchi, liberi, prosperi, ed atti all'ufficio a cui son destinati.
L'interesse del coltivatore deve sempre esser quello di accrescere il prodotto del
suolo, che forma la base del suo alimento, e quindi liberarsi dalle catene di ogni
dipendenza servile: e conseguire quella forma che lo lasci più libero, e gli pre
senti il minor numero possibile di ostacoli all'accumulazione della sua proprietà.
L'interesse del proprietario si accorda con quello dello Stato e del contadino.
Havvi, è vero, un metodo per mezzo del quale il suo reddito sì può aumentare,
senzachè ne ridondi il vantaggio della società o del coltivatore; e consiste nel-
l'usurpare sempre più una maggiore rata del prodotto, senza che questo si ac
cresca. Ma un tal metodo è miserabile e limitato, portando in se stesso la causu
che lo arresti e lo faccia fallire. Quel pieno svolgimento delle forzo produttive
di un territorio, che è essenziale all'aumento progressivo del reddito territoriale,
non può sicuramente effettuarsi per mezzo di un continuo decadimento della
condizione dei coltivatori. Finchè il coltivatore è un agente o uno strumento
precipuo di produzione, l'agricoltura del paese non potrà mai prosperare per un
sistema qualunque che implichi la depressione del contadino. Se le pianure
deserte dell'Asia, e le foreste dell'Europa orientale, devono sempre produrre ai
loro proprietarii un reddito simile a ciò che uguali quantità di terre produ
cono nelle parti meglio coltivate del mondo; ciò non potrà avvenire accrescendo
la penuria di quella classe che attualmente vi è stanziata e con tanta negligenza
la coltiva. La loro cresciuta miseria non può che diminure la coltivazione e
renderla men produttiva. La miserabile scarsezza dei prodotti agrarii, che una
gran parte della terra ci rende, evidentemente è dovuta all'attuale povertà e
degradazione dei coltivatori. Ma il vero interesse dei proprietarii non potrà mai
esser quello di strappare piccoli guadagni da un fondo, che, ad ogni nuova usur
pazione, perde qualche cosa della sua produttività, quando invece essi si potreb
bero assicurare un aumento contiuuo col continuo migliorare il fondo medesimo.
È quindi evidentemente più vantaggioso pei proprietarii, che i loro redditi cre
scano per l'accrescimento del prodotto, che per il decremento della rata spet
tante ai coltivatori ; e sotto un tal riguardo il loro interesse coincide perfetta
mente con quello dello Stato e con quello dei coltivatori.
Inoltre i proprietarii, non meno che le altre classi della società, sono inte
ressati ad ottenere che le rozze ed oppressive forme dei loro contratti coi conta
dini vengano gradatamente mutate in altre, più compatibili con il benessere so
ciale e politico della classe agraria. Il proprietario che riscuote rendite in lavoro
non può far a meno di essere coltivatore egli slesso ; il proprietario d'una terra
182 JONES.
coltivata a metà deve subire la maggior parto dei carichi della coltivazione, e
partecipare ai suoi rischi ; il proprietario di terre coltivate dai cottiers dev'esser
esposto a frequenti perdile derivanti dalla deficienza di mezzi del coltivatore,
ed esposto, quando si arrivi ad un certo grado di depressione, a grandissimi
danni provenienti dalla sua disperata condizione. Tutti i vantaggi della con
dizione del proprietario si ottengono nella loro miglior forma quaodo il suo
reddito è fisso, e (salvo i casi straordinari) certo; quando egli è libero affatto
da ogni cura e da ogni rischio di coltivazione ; quando, col progresso della pro
sperità nazionale, i suoi fondi acquistano l'estrema potenza di produzione per
gli sforzi di una classe di coltivatori, provvista d'idee e di mezzi adattati al suo
ufficio. Per colui che riscuote rendite in lavoro, sarà un guadagno il poterle far
divenire rendite in prodotti ; per colui che riceve rendite in prodotti, sarà un
guadagno il poterle commutare in danaro. Il proprietario di terre da cottiers
guadagna quando i suoi inquilini divengono capitalisti; ed il sovrano di un paese
coltivato dai ryots guadagna quando il tributo da loro dovutosi sia commutato
in pagamenti di delerminate somme di danaro. Non havvi un sol passo nella
carriera progressiva della coltivazione, in cui l'interesse del proprietario non sia
immedesimato con quello dei contadini; e ciò è vero, anche ad onta che si rico
nosca la possibilità di un meschino guadagno pei proprietarii, fondato sopra la
crescente penuria dei coltivatori.
luoghi della Francia, dell'Ilalia, della Germania, e della Spagna. In una seconda
parte del globo vediamo le cause che hanno ognidove prodotto simili muta'
menti, agire ancora, ma con effetti incompiati. Senza alcun proposito delibe
rato da parte di una classe qualunque, mutazioni avvengono silenziosamente e
pacIficamente, per mezzo delle quali le popolazioni agrarie procedono verso una
condizione simile a quella dei coltivatori e dei linaiuoli inglesi, Ciò può vedersi
nella Germania occidentale, ove i serti, nel corso di molti secoli, si sono grada
tamente convertili in leibeigener, coltivatori ereditarii, soggetti a rendite fisse in
lavoro, ma non incatenati alla gleba. I leibeigener lentamente prendono il ca
rattere dei meyer, soggetti ad una inalterabile rendita in prodotto; ancora po
chi passi, e i meyer passeranno allo stato del copyholdcr inglese; ed allora
gli effetti sostanziali della loro primitiva condizione, come coltivatori obbligati a
delle rendite in lavoro, saranno intieramente disparsi.
Havvi nondimeno questa considerevole differenza fra la condizione passata
dell'Inghilterra, e la condizione attuale della Germania. In Inghilterra i conta
dini che, Dell'abbandonare il lavoro servile, assunsero l'ufficio della coltivazione
dei fondi dei proprietarii, si trovavano sulla terra, erano yeomen. In Germania,
i coltivatori dei dominii signorili derivano da una popolazione non agraria, ed
il loro capitale si è accumulato in industrie diverse dall'agricoltura. In Inghil
terra, la sorgente da cui i nuovi contadini provenivano, era vasta, e la loro dif
fusione fu rapida; in Germania è una piccola sorgente, e la creazione di questa
classe deve in conseguenza aver bisogno d'un lungo corso di tempo. Ma la ri»
voluzione in ambi i paesi è stata lenta. La coltivazione per mezzo di contadini
asserviti durò lungo tempo prima che disparisse del tutto dal suolo britannico :
l'obbligazione legale a prestare questo genere di lavoro si dileguò insensibil
mente, senza che si possa assegnarne l'epoca precisa. Così del pari, in quelle
parti della Germania in cui il progresso delle relazioni fra i proprietarii ed i
cainpagnuoli segue il naturale suo corso, probabilmente occorrerà un lungo
corso di tempo, prima che le rendite in lavoro possano intieramente sparire.
Tutti i mutamenti spontanei nelle abitudini delle nazioni per l'ordinario avven
gono con lentezza, ed esigono molti secoli.
Le graduali alterazioni del modo di tenere e coltivare la terra occupata da
inquilini lavoratori, non son limitale ai paesi in cui predomini la rendita in la
voro: in alcuni luoghi i mezzaiuoli han fatto luogo agli inquilini capitalisti, ed
in altri si trovano in uno stato di transizione; proprietarii di un capitale, pa
ganti alle volte una quantità fissa di prodotti agrarii, alle votte una rendita in
danaro, ed evidentemente apparecchiati a prendere sopra di sè tutte le cure e
tutti i rischi della coltivazione. -;
l due rami di rendita di cui abbiamo or ora parlato, non comprendono,
unitamente, che una piccola porzione della superficie della terra. Abbiamo ve
duto che in esse un movimento progressivo dei coltivatori medesimi è avvenuto,
il quale derivò dall'insensibile miglioramento della loro condizione, e fini in un
caso, ed è probabile, che finisca in un altro, con una alterazione nella forma delle
rendite. Ma nella maggior parte della terra di cui dobbiamo ancora parlare,
non v'è stato un tale progresso spontaneo, e non vi è tendenza ad un sensibile
mutamento. Pure in piccola porzione rapidissime alterazioni si stan facendo, in
modo diverso e per diversa cagione. E ciò costituisce un terzo ramo di rendite
184 JONES.
da contadini, quando si vogliano classificare sotto il riguardo delle loro ten
denze a mutarsi.
Nelle contrade orientali dell'Europa, la popolazione non ha ottenuto nè i
mezzi, nè anche il desiderio di migliorare il suo stato : il modo di coltura, ed i
rapporti fra i proprietarii ed i loro inquilini, potrebbero, in quanto riguarda gli
sforzi dei coltivatori medesimi , essere stati sempre gli stessi dacchè esiste
la terra.
Ma in questi paesi, l'intelligenza ed il sapere delle alte classi son molto al
disopra dell'apatia ed ignoranza stazionaria delle basse. I proprietarii han po
tuto mettere in confronto la condizione del loro paese e della loro proprietà
collo stato di nazioni più incivilite; ed han cominciato a sentire il desiderio di
mutare la condizione dei contadini, ed il metodo della coltura. Questo spirito
comune ha prodotto, e continuamente produce un gran numero di alterazioni,
diverse secondo le circostanze dei diversi paesi, ma aventi tutti un doppio scopo;
cioè l'elevazione del carattere e delle circostanze dei coltivatori , ed il migliora
mento della coltivazione nei fondi appartenenti direttamente ai proprietarii.
Noi abbiam già veduto che gli ultimi risultati di queste varie mutazioni
sono ancora problematici; che qualunque si fossero, un lungo corso di tempo
probabilmente trascorrerà, prima che si sieno pienamente svolti.
Facendo, nondimeno, astrazione dalle tre specie di paesi che abbiamo con
siderati finora, cioè quello in cui le rendite primitive si sono già abbandonate ,
quello in cui vanno lentamente abbandonandosi, e quello in cui si sono forzo
samente soppresse; rimane ancora una quarta specie: una gran massa intatta,
nella quale, nè alcun moto interno, nè alcuna esterna influenza han finora fatto
apparire i segni di qualche vicina mutazione.
Siccome la nostra mente è per l'ordinario più facile a sentirsi colpita da
ciò che presenti agitazione e molo, che dalle cose di grande importanza, ma
inerti e stazionarie; così i paesi in cui le alterazioni nei metodi di coltura sono
in progresso, attirano la nostra osservazione più prontamente di quel che fac
ciano i paesi che realmente offrono un fenomeno più curioso ed interessante; i
paesi in cui le forme di occupazione del «uolo primitivamente adottate, i sistemi
ed i rapporti sociali su di esse fondati, prevalgono ancora; in cui l'aspetto della
società ha subito per secoli così poche alterazioni come la natura materiale, e
gli uomini sembrano immutabili come le regioni da loro abitate. I ryots in Asia,
e i contadini in una gran parte di Europa, sono precisamente ciò che sempre
furono. In onta alle fluttuazioni naturali a tutte le umane istituzioni, ed in onta
agli evidenti svantaggi dei loro sistemi agrari», si mantengono sempre; ed è pro
babile che si manterranno fino a che non avvenga qualche generale rivolgimento
da parte delle alte classi, che strappi le basse alla loro apatia e povertà; o pure
fino a che non si rigeneri insensibilmente la loro condizione, e le metta in grado
d'intraprendere da se medesime il proprio miglioramento.
Gli sforzi delle alte classi per introdurre forzosamente utili novità nella con
dizione delle basse, fanno poco sperare di divenire generali e sistematiche so
pra una gran parte della superficie del globo. Supporre una generale diffusione
di sapere politico, che sopprima ognidove le tendenze dell'egoismo, può essere
un bel sogno, ma nulla ha che lo giustifichi come un razionale concetto. I pro
prietarii dei servi nell'Europa orientale han fatto, è vero, vigorosi sforzi, ma sono
RIASSUNTO DELLE RENMTE DA PAESANI. 185
stati stimolati dagli intollerabili carichi, e dagli imbarazzi che l'antico sistema
faceva gravitare sopra di loro; e null'attro all'infuori di ciò, avrebbe potuto spin
gerli a tali sforzi. I nobili italiani o spagnuoli non mostrano alcun indizio di
sentirsi eccitati a mutare i termini del contratto coi loro inquilini: la stessa
nobiltà francese, avanti la Rivoluzione, era puramente passiva, sotto i mali e le
perdile che la condizione dei suoi mezzaiuoli rendeva comuni al paese. I prin
cipi asiatici hanno poca probabilità di divenire riformatori dell'economia agraria
del loro paese. Noi vediamo quanto poco, su tal riguardo, abbia fatto il mede
simo governo anglo-indiano.
Ma se le alte classi non presentano probabilità di spiegare una generale
energia come riformatori, allora, come fondamento dei futuri progressi fra i
coltivatori d'una gran parte del mondo, non rimane che la speranza di quelle
alterazioni le quali possano insensibilmente avvenire nella condizione delle
basse classi ; di quei beneficii che queste potranno appropriarsi silenziosamente
col corso del tempo e col succedersi degli avvenimenti.
Così essendo, si comprenderà che l'attuale stato di penuria, che rende
disperati i coltivatori, costituisce il grande ostacolo che attraversa l'inizio dei
nazionali progressi, costituisce il grau peso che tiene stazionaria la civiltà, in
ricchezza e popolazione sopra una gran parte della terra. Io in verità credo
che questo sia unicamente un solo dei tanti aspetti sotto il quale è applicabile
la verità geuerale, che la degradazione e la miseria delle classi infime non può
mai trovarsi in armonia colla ricchezza nazionale e colla forza politica. Ma
quando le basse classi esistono col carattere di inquilini coltivatori, questa verità
diviene ancora più palpabile. Nei poveri paesi, dove la popolazione cittadina
è in debolissimo rapporto con la popolazione agraria, ordinariamente è vano-
Io attendersi che il capitale e l'industria, indispensabili per effettuare un gran
miglioramento di coltura, si possano attingere altrove che nel seno medesimo
della terra, e si possan trovare in uomini diversi da coloro che la coltivano.
Se dunque i contadini si trovano così abbassati in condizione e in carattere,
da non avere nè mezzi, nè desiderio, nè speranza, di acquistare dei beni e mi
gliorare la loro condizione; lo stato della produzione agraria, ed il rapporto
fra le classi cittadine e le agrarie, bisogna che rimangano quasi stazionarii; ed
allora tutte le proposte per migliorare l'agricoltura, e con essa la condizione dei
contadini, le quali non sieno fondate sul principio, che innanzi tulio si debbano
migliorare i mezzi del coltivatore, necessariamente abortiranno. Le leggi che con
feriscano a lui sicurezza e diritti politici, non sono che lettera morta, quando la
miseria lo reprime, e lo inchioda alla sua antica condizione. I mezzaiuoli fran
cesi da lungo tempo avevan cessato di esser soggetti al potere arbitrario dei loro
proprietarii : all'infuori di qualche eccezione, le loro persone ed i loro beni si tro
vavano al sicuro come quelli d'ogni altra classe di cittadini francesi ; e non
dimeno la loro condizione e la coltura delle loro terre, rimasero, per lo meno,
stazionarie, e in certi luoghi indietreggiarono. L'uno dei grandi scopi degli Eco
nomisti francesi fu quello di sostituire ad una lai classe di coltivatori una classe
di capitalisti, paganti rendite in moncla; e l'errore delle loro proposte, tendenti
a conseguire un tale scopo, fu che, invece di raccomandare misure alte ad ope
rare la generale trasformazione dei mezzaiuoli in capitalisti, fondarono tutte Ié
loro speranze sulla rimozione dei mezzaiuoli, e sulla graduale propagazione dei
186 JONES.
capitalisti, dai paesi in cui si erano già introdotti. Questo andamento si sarebbe
soltanto potuto avverare sotto uno stata eminentemente favorevole ai mercati
della produzione agricola, ed è chiaro che avrebbe richiesto l'opera di molti
secoli, se consideriamo qual piccola porzione del territorio francese era occupata
da capitalisti, e qual grandissima superficie di suolo era lavorata da mez
zaiuoli. La trasformazione dei mezzaiuoli medesimi era mer.o difficile, ma le si
opponeva l'ostacolo morale di cui parliamo, che forma il vero impedimento al
progresso della civiltà, sotto tutte le forme di rendita primitiva. Abbisognava
un distinto sacrifizio di reddito immediato, da parte dei proprietarii, o del go>
verno. 1 mezzaiuoli erano oppressi dalle imposte, più che dalla rendila. La rata
del proprietario nel prodotto della terra non erasi mai accresciuta; ma le ves
sazioni del governo sulla parte dei coltivatori, li avevano ridotti a quello stato
di miseria che Turgot ha descritto. Per mettere i coltivatori in grado di miglio
rare lo stato loro, di accumulare, e di finalmente mutare le condizioni del loro
contratto, bisognava cominciare dall'ai leggeri re i pesi su di essi gravitanti : e
per far ciò, o il governo avrebbe dovuto rinunziare ad una parte delle imposte,
o i proprietarii avrebber dovuto consentire a prenderle sopa di sè, e così rinun
ziare ad una parte dei loro redditi. Dal lato del governo, la pubblica necessità,
reale in parte, ed in parte pretestata da ministri che non sapevano prevedere te
calamità che apparecchiavano alla popolazione ; da parte dei proprietarii, ciò che
Turgot ha voluto chiamare illusioni del malinteso interesse proprio; impedirono
che queste gravezze si alleggerissero, e che i contadini potessero fare un primo
sìancio di progresso : continuarono dunque costoro poveri, inetti, stazionarti ; e
l'agricoltura della nazione si trovò arrestata. In onta alle calamità di quella
Rivoluzione, per la quale la libertà dei coltivatori fu rivendicata, il reddito
agrario della Francia, preso insieme, è tanto cresciuto, che quel paese consuma
più che il triplo delle manifatture che consumava avanti il 1789, e la sua popa?
lazione non agraria si è raddoppiata. 1 quali l'atti ci mostrano quanto la Francia
perdette in forza e ricchezza, a causa della debolezza dell'industria agraria
sotto il suo antico reggime. Ma rivolgimenti simili a quelli che in Francia
distrussero le relazioni tra il proprietario ed il coltivatore, e convertirono in
piccoli proprietarii una gran parte dei suoi mezzadri; non si devono contare nel
corso ordinario delle cose umane; e quando le esazioni dei proprietarii, o dello
Stato, o qualunque altra circostanza, abbian ridotto alla penuria i contadini, la
medesima difficoltà costantemente si oppone ad ogni inizio di progresso. Niuno
vuol fare, niuno ordinariamente pensa di fare, un diretto sacrificio di reddito,
coll'intento di accrescere i loro mezzi d'industria ; eppure non ci vuol meno di
ciò perchè il primo passo si dia. Nell'India il governo ha certamente il merito
di aver voluto assicurare la tranquillità ed i diritti civili ai suoi sudditi indiani;
ma quando si trailo di dover sacrificare una parte del suo reddito, non ostante
qualunque convinzione sui vantaggi che quelle popolazioni ne avrebbero derivati
per migliorata coltura e moltiplicate ricchezze, il governo non potè consentire
l'abbandono d'un 25 o 15 per 0/0 sulle rendite che percepiva; e finì col con
cludere che lo stato della coltivazione, e la povertà dei coltivatori, dovessero cou>.
tinuare senza alterazione (1).
fi) la questo caso l'inquilino, che prima doveva una metà del suo lavoro al pro
prietario, non può esser costretto a subire pretesa di più che due giorni per settimana,
ossia un terzo. . _.. . f
188 JONES.
In piccoli traili, dei quali è uno l'Inghilterra, si possono vedere gli effetti
d'un diverso sistema. L'agricoltura si è innoltrata verso la sua perfezione; e da
ciò viene una capacità di alimentare più numerose le classi non agrarie, dalle
quali sorge un eccellente materiale per contrappeso all'arbitrio governativo ; da
ciò l'intelligenza, il sapere, e tutti gli elementi di un'alta civiltà, moltiplicati e
concentrati. Se tutta la terra fosse coltivata con eguale efficacia, quanto diversa
non sarebbe la somma dei mezzi commerciali, delle istituzioni politiche, l'intel
ligenza e la civiltà del genere umano!
Nondimeno, la crescente ricchezza dei contadini non sempre genera un du
rabile miglioramento della loro condizione, o un'alterazione negli elementi co
stitutivi della società, nè sempre indica un medesimo grado d'incivilimento.
Spesso da un aumento di reddito agrario nei contadini, ciò che nasce si è
una rapida moltiplicazione del loro numero, e dopo qualche tempo una massa
di coltivatori, più numerosi bensì, ma poveri quanto prima. Più che un sol dato
è uopo riunire, perchè la loro prosperità cominci e divenga base d'un generale
progresso della nazione. Noi avremo appresso l'occasione di mostrare quali
siano tutti questi dati, quando esamineremo le cause che, a diversi momenti
ed io diverse condizioni sociali, promuovono o ritardano il miglioramento delle
abitudini d'un popolo. Per ora ci basti vedere che una lunga durata ed una
condizione stazionaria nei coltivatori d'una gran parte del mondo , devesi
principalmente attribuire allo stato di miseria in cui rimasero per lungo tempo:
— ad uno stato il quale. finchè duri, impedisce la possibilità di qualunque
movimento progressivo, nato nei contadini medesimi ; movimento che non può
aver origine, se non da qualcuno di quei sacrificii, che le alte classi raramente
possano e voglian fare.
Nello esaminare le diverse specie di rendita primitiva, noi abbiamo avuti
presenti quei fatti che mostrano come la maggiore efficacia dell'agricoltura,
seguita da un incremento di prodotto agrario, ed in conseguenza da una mag
giore forza e ricchezza naziouale, è la base su cui unicamente si possano ap
poggiare le speranze di un aumento durevole e progressivo nei redditi dei pro-
prietarii territoriali.
Opinioni stranissime si sono in questi ultimi tempi messe avanti, riguardo
ad una supposta ed indispensabile opposizione fra gl'interessi dei proprietarii e
quelli del rimanente della società. Il miglior mezzo di far conoscere l'erroneità
di questa teoria, è la semplice esposizione dei fatti, tali quali esistono attorno a
noi, anzichè seguire i suoi autori nel labirinto delle astratte argomentazioni di cui
si servono. Chiunque conosca gli ultimi senili di economia politica, saprà i dogmi
a cui alludo; e la loro sostanza e la loro tendenza si posson raccogliere dai passi
seguenti: « L'attitudine di un paese ad alimentare ed impiegare i coltivatori,
non dipende affatto dai suoi vantaggi di posizione, dalla fecondità del suolo, o
dalle estensioni del territorio » (1). — « Sembra dunque che nei primi periodi
sociali, quando le sole terre più fertili si coltivano, mai non si paga una ren
dita. I proprietarii, come tali, non cominciano ad avere una parte nel prodotto
éel suolo, se non quando divien necessario il coltivare terre d'una inferiore
qualità, od applicare alle terre migliori nuovo capitale con un profitto minore.
Quando ciò accada, allora la rendita comincia ad esser pagata; e continua a
crescere, a misura che la coltivazione si estenda su terreni più poveri ; come
diminuisce a misura che questi poveri terreni vengano sottratti dalla sfera della
coltivazione » (1). — « L'aumento delle rendite adunque, non è, come gene
ralmente si crede, effetto dei progressi agrarii, o di una cresciuta fertilità della
terra. Risulta intieramente dalla necessità di ricorrere ai terreni men fertili, a
misura che la popolazione si vada moltiplicando. La rendita varia in ragione
inversa del prodotto ottenuto, per mezzo del capitale e del lavoro impiegati nella
coltivazione; cioè la rendita cresce quando i profiti» del lavoro agrario dimi
nuiscono e si attenua quando essi si accrescono » (2). — « L'aumento della
rendila è sempre un effetto della cresciuta ricchezza del paese, e della difficoltà
di provvedere all'alimento d'una cresciuta popolazione. È un sintomo, non è
una causa, della ricchezza » (5). — « Nient'altro può innalzare la rendila,
fuorchè la domanda di nuove terre inferiori, o fuorchè qualche causa, la quale
produca un'alterazione nella relativa fertilità delle terre già coltivate » (4). —
« L'interesse del proprietario è sempre opposto a quello del consumatore e del
manifattore » (5). — « Gli affari che passano tra il proprietario ed il pubblico
non somigliano punto agii affari di commercio, ove il compratore ed il venditore
ugualmente guadagnano ; ma qui la perdita è intieramente da un lato, e da un
altro sia tutto il guadagno » (6). — « La rendita dunque è una creazione di
valore, non una creazione di ricchezza; nulla essa aggiunge ai mezzi di un
paese, non gli permette di mantenere una maggior somma di navi e soldati;
il paese potrebbe disporre di un maggior fondo, se le sue terre fossero di miglior
qualità e potessero impiegare il medesimo capitale, senza generare una rendita,
bisogna dunque ammettere che Sismondi e Uuchanan, giacchè le loro opinioni
sono sostanzialmente uniformi, avevan ragione, quaudo consideravano la ren
dita come un valore puramente nominale, che nulla aggiunge alla ricchezza na
zionale, ma trasferisce unicamente il valore in vantaggio dei proprietarii, e pro
porzionatamente in danno dei consumatori » (7).
Quanto queste opinioni siano erronee, quando se ne faccia applicazione alle
rendile primitive, io ho cercato di separatamente mostrarlo nelle osservazioni
fatte intorno ad esse; cioè, per le rendite in lavoro, a pagina 133; per la mez
zeria, a pagina 154; per il sistema dei ryots a pagina 171; e per quello dei
cottiers, a pagina 177.
Ma immaginiamo per un momento qual effetto produrrebbe un discorso,
tenuto da un fitosofo di questo secolo, ad un'assemblea composta di sovrani,
proprietarii di territorii occupati da ryots, o coltivati da servi, mezzaiuoli, o
cottiers. Costui direbbe, con le parole di Mac Cullarli, che la fecondità dei loro
CAPITOLO VII.
Rendita da linaiuoli.
Introduzione.
SEZIONE II.
Diversi modi in cui le rendite da [inainoli si possono accrescere.
Nei paesi rozzi e scarsamente popolati, la quantità del lavoro e del capitale
adoperati nella coltivazione del suolo, è ordinariamente piccola, quando si para
goni all'estensione della terra occupata. Vasti pascoli naturali, su cui uno scarso
gregge trovi a nutrirsi precariameute, terre arative spossate e poi neglette, gros
solani arnesi, pochi ed ilici i, mancanza di siepi e di fognature, questi sono i ca
ratteri che distinguono l'agricoltura della Polonia e dell'Ungheria e quella di
molti altri paesi oggidì, come distinguevano un tempo quella dell'Inghilterra.
A misura che una popolazione cresca in numero "ed in industria, i metodi di
coltivazione si cambiano : le contrade abbandonate in forma di boschi o di
pascoli naturali spariscono, la terra vien convertita in ricche praterie, o arata,
ed assoggettata ad un savio avvicendamento di raccolte, che costituiscono e
rinforzano il sistema generale degli affitti. La porzione dell'antico suolo, una
volta lasciata a maggese, viene diligentemente occupata, si restringe in estensio-
ae, e si fa più produttiva, rendendo raccolte intermedie a quelle del grano.
Mentre questo rivolgimento accade, il bestiame da tiro o da macello rapida
mente si moltiplica: migliori e più numerosi strumenti appaiono, si aprono sol
chi di scolo, si assiepano i campi, si fanno edificiì rurali : tutto, o forse più che
tutto, il lavoro ed il capitale che una volta occupava 600 acri di terra, diviene
ora concentrato sopra 100 soltanto.
Noi dobbiamo esaminare quali saranno gli effetti di questo progressivo au
mento di capitale, sul profitto esuberante, o sulla rendila, ricavata da ogni por
zione del suolo.
Il grano si può vendere, o ad un prezzo di monopolio, cioè un prezzo che
renda più che il costo e il profitto di coloro i quali lo coltivino sotto le men
favorevoli circostanze; o ad un prezzo che solamente renda il loro profitto
ordinario. Consideriamolo prima nel caso d'un prezzo di monopolio. Allora,
fatta astrazione da ogni differenza di fertilità nelle terre coltivate, la rendita
consisterà in quella porzione del prezzo, che superi il costo di produzione, e
la meta ordinaria del profitto sopra un tal costo. Supponiamo che la meta
ordinaria dei profitti sia al 10 per 0/0. Se il grano prodotto sopra uri dato
tratto di terra con 100 lire, si vende per 115, la rendita sarà rappresentata
da 5 lire. Se col progresso dell'industria, il capitale impiegato sulla medesima
terra si raddoppiasse, ed il prodotto si raddoppiasse del pari, allora 200 lire
di capitale darebbero un prodotto di 230 ; ed essendo 220 là somma del ca
pitale e del suo profitto, il sovrappiù cioè lire 10, costituirebbe la rendita,
che perciò si troverebbe raddoppiata. Se ri grano, adunque, è ad un prezzo di
monopolio, un maggior prodotto ottenuto da un maggior capitale (rimanendo
RENDITA DÀ HTTAU'OU. 195
agrario, che tenga dietro ad un aumento di capitale e lavoro nella loro coltiva
zione, sembra una causa naturalissima ed ovvia dell'aumento di rendite.
Nondimeno si è positivamente negato che le rendite possano mai aumentarsi
in tal modo; anche nel più forte dei casi che noi abbiam messo, quello, cioè, di
un prodotto costante per ogni capitale addizionale, e di una costante proporzione
nel prodotto dei diversi terreni. Si è detto che questo prodotto costante, per ogni
nuovo capitale impiegato sulla terra, è naturalmente impossibile; e se fosse pos
sibile, deprimerebbe le rendite: che lutti i progressi agrarii tendono appunto a
diminuire la rendila, ed essere perciò pregiudizievoli ai proprietarii : e che
ntitta può aumentare le rendite, se non sia una causa la quale alteri la relativa
fertilità delle terre coltivate. Queste sono le ben note opinioni di Ricardo. Egli,
avendo adottato come base di un complicatissimo ed ingegnosissimo sistema
sulla distribuzione della ricchezza, il singolo fatto di una progressiva ed inva
riabile diminuzione nei prodotti del lavoro agrario, decise che questa era la
causa, e l'unica causa, d'ogni generale aumento di rendite, che potesse avvenire
nei progressi della civiltà. Diviene dunque indispensabile a lui il dimostrare che
ogni altra sorgente di elevazione nelle rendile sia immaginaria; e quindi anche
quella che noi abbiam detta, cioè il generale aumento di prodotto, proveniente
dall'impiego di maggiori quantità di capitale. Ricardo quindi dichiara primie
ramente : « che ad ogni nuovo capitale impiegato sopra la terra, necessaria
mente avverrà una diminuzione proporzionale di prodotlo » (1).
Ciò asserito, sarebbe stato impossibile che il prodotto crescesse, come noi
abbiamo supposto, nella medesima proporzione in cui si aumenti il capitale.
Ma egli passa a dichiarare che, se mai il prodotto crescesse, non per ciò ne se
guirebbe alcun aumento di rendita. Egli dice « se il capitale si potesse indefi
nitamente impiegare sulle antiche terre senza risentirne una diminuzione pro
porzionale nel prodotto, non vi sarebbe alcun aumento di rendita » (2). « f
miglioramenti agrarii, che son comuni a tutte le terre, e non disturbano molto
le relative proporzioni che prima fra loro esistevano, non possono elevare la
rendita; perchè nulla può elevare la rendita, fuorchè la ricerca di nuove terre
inferiori in qualità, o fuorchè una causa qualunque, la quale alteri la relativa
fertilità delle terre già coltivate ». « La rendita invariabilmente proviene dal
l'impiego d'una nuova quantilà di lavoro, con un prodotto proporzionatamente
minore » (5).
L'opinione che la potenza produttiva del capitale agrario necessariamente
decresce, a misura che si accresca la quantilà adopratane, è forse una di quelle
delle quali più imporla scoprire l'errore. Se nessun nuovo prodotto si potesse
mai ottenere dal suolo, senza una diminuzione nel profitto del capitale e del
lavoro impiegatovi, una tal legge di produzione, senza dubbio, influirebbe mol
tissimo, quantunque in diversi modi, sulle fortune di tutte le classi sociali. E
se una tal legge non è vera, coloro i quali han cominciato dall'assumerne l'esi
stenza e la continua azione, devono essersi molto ingannati riguardo alle vere
fra i loro prodotti. Sia A il rappresentante d'una classe di terre, che rendano
solamente gli ordinarli profitti del capitale al 10 per 0/0 e che non paghino
alcuna rendita. Siano B, C, D, i rappresentanti di altre terre migliori, colti
vate ancora con un capitale di 100 lire, e i cui prodotti siano come segue:
A B C D
L. 110 L. 115 L. 120 L. 130
Tutto ciò che superi le 110 lire in ciascuna, sarà un esuberante profitto o
una rendita; di cui B pagherà lire 5, C lire 10, e D lire 20. Supponiamo
raddoppiato il capitale di ciascheduna, senza una diminuzione di prodotto, e
senza turbare il rapporto fra i loro prodotti, o alterare la loro fertilità: le pro
duzioni dunque saranno:
A B C D
L. 220 250 240 260
Tutto ciò che superi le lire 220 in ciascuna sarà un profitto esuberatde
o una rendita; di cui B pagherà lire 10, C lire 20, e D lire 40; o in altri
termini, la rendita di tutte si sarà raddoppiata.
Egli è chiaro che, ad ogni nuova quaulità di capitale impiegato in tale
ipolesi, le rendite proporzionatamente cresceranno, cioè si raddoppieranno
quando il capitale è doppio, si triplicheranno quando è triplo, si quadrupliche
ranno quando è quadruplo, e così indefinitamente, fintantochè il capitale possa
impiegarsi sulle antiche terre senza una diminuzione di prodotto e senza alte
rare la relativa fertilità dei terreni già coltivati. ,
Egli è abbastanza evidente che, fatta astrazione da ogni altra causa di au
mento, le rendite crescono, e devono crescere in questo modo, in tutti i paesi
progressivi, a misura che una maggior somma di capitale si vada impiegando
in agricoltura. Noi abbiamo nondimeno veduto, che non è essenziale al loro
aumento, che la proporzione tra la fertilità dei varii terreni fosse esattamente
stazionaria (1). ,
ì Dal modo in cui ragiona Ricardo, si crederebbe che egli, negando l'efficacia
del capitale accumulato ad innalzare le rendite senza un qualche decremento
della sua potenza produttiva, abbia intieramente perduto di vista gli effetti ne
cessariamente ineguali di un capitale sopraggiunto a delle lerre inegualmente
fertili; ed abbia creduto di assumere che l'effetto generato nei cattivi terreni da
ogni nuovo capitale agrario, sia pari a quello che si genera sui migliori terreni.
. Nondimeno, egli qui non commette un tale sbaglio, perchè egli stesso aggiunge
la supposizione che il loro prodotto dovrebbe proporzionatamente accrescersi, e
quindi non si saprebbe spiegare in che modo egli nieghi gli effetti inevitabili di
questo disuguale aumento. Un'altra asserzione da notarsi si è, che nulta possa
elevare le rendite, fuorchè una dimanda di nuove terre non fertili, o una causa
qualunque che alteri la relativa fertilità delle terre già coltivate. La quale opi
nione non è certamente meno erronea di quella che decide la assoluta inefficacia
d'una indefinita accumulazione di capitale nell'innalzare le rendite ; ma si può
(1) Per un calcolo simile, vedi indietro pag. 196. — Io li bo conservati entrambi}
importa che si comprendano bene.
(2) Passi della nota A.
204 JONES.
egli dice, un milione di quarters di grano occorrono per alimentare una data
popolazione , e se esso si produce su terre di diverse qualità rappresentate
dai numeri 1, 2, 5; supponendo un progresso per cui la medesima quantilà
di grano si possa produrre colle sole terre numero 1 e numero 2, senza impie
gare il numero 3, egli è evidente che l'effetto immediato di un tal progresso
sarebbe il decadimento della rendila: perchè il numero 2, invece del numero
3, sarebbe allora coltivato senza il carico d'una rendita; e la rendita del nu
mero 1, invece di consistere nella differenza tra il prodotto del numero 5 e del
numero 2, consisterebbe nella differenza tra quella del numero 2 e del numero
1. Quando la popolazione non cresce, non vi può essere una cresciuta domanda
di grano; il capitale ed il lavoro impiegati nel numero 3 saran dedicati alla
produzione di altre merci, e non avranno alcun effetto nel rialzo delle rendite,
salvochè le materie gregge di cui quel capitale è fatto non si possano ottenere
senza impiegare nuovi capitali sulla terra, con minore vantaggio, nel qual caso
il numero 3 rientrerebbe nella sfera della coltivazione ». Questo passo contiene
la sostanza dei ragionamenti su cui Ricardo fonda la sua asserzione frequente
mente ripetuta, che i miglioramenti agrarii riescono sempre dannosi agl'interessi
dei proprietarii.
Ora noi non ci daremo la pena di investigare ciò che avverrebbe, se il pro
dotto crescesse per qualche tempo lentamente e fermamente, mentre la popola
zione e la domanda dei prodotti agrarii continuasse a rimanerti qual'era. Questo
è un caso che mai non può avvenire. Nè è il caso supposto da Iticardo medesi
mo ; egli suppone un subitaneo progresso, per il quale, come al tocco d'una
verga magica, due terzi dei terreni di un paese divengati capaci di produrre
quanto poco prima si produceva dalla totalità dei terreni, mentre la popola
zione rimanga intatta; nella quale ipolesi egli immagina che l'ultimo terzo di
venga affatto soverchio, cessi di coltivarsi, e perciò le rendite decadano su
tulto il paese.
Occorre solamente ricordare la lentezza con cui procedono i miglioramenti
agrarii, con cui si fauno le nuove scoperte, si compiono, si diffondono, per
convincerci quanto sia immaginaria l'ipotesi di Ricardo. Se i due terzi dei ter
reni inglesi possano mai produrre quanto tutta l'Inghilterra attualmente pro
duce (caso estremamente probabile), noi possiamo esser sicuri che mai non
avverrà per effetto di un subitaneo e magico progresso : che i mezzi di ottenere
un tal risultato verrebbero scoverti poco a poco, forse con grandi intervalli di
tempo, ed ancora più lentamente verrebbero messi in pratica; anzi, possiamo
quasi predirlo, noi farebbero che vincendo poco a poco la resistenza dei sospetti
e del mal volere (1). Nel frattempo, la popolazione e la domanda delle derrate
agrarie non rimarrebbero stazionarie. Nell'andamento con cui nuove quantilà
di viveri vengon prodotte per una popolazione crescente, noi non osserviamo
(1) L'uso di arare le terre leggiere con due cavalli ed un uomo, gli avvicenda
menti, i grandi miglioramenti dei tempi moderni, sono stati pienamente noti per più
che mezzo secolo. Se si diffondono non più celeremente di quelto che abbiano fatto
sinora, un altro mezzo secolo dovrà scorrere, prima ebe si vedano adottati io futte le
terre atte a ciò.
RENDITA DA VtTTAtl'OLI. 205
quelle disìocazioni tra la domanda e l'offerta, non que' salti improvvisi, che
Ricardo ha dovuto supporre, per poter provare che tulli i progressi agrarii rie
scano sfavorevoli all'interesse del proprietario. A misura che la massa delle
popolazioni lentamente si accresce, noi vediamo gradatamente crescere la ri
cerca dei prodotti, e servire di stimolo ai miglioramenti agrarii, i quali, con una
progressione impercettibile, procedono di pari passo colla popolazione che son
destinati ad alimentare. Mentre questi progressi si vanno effettuando, ogni au
mento di prodotto, derivante dalla generale applicazione di un maggior capitale
sulle vecchie terre, operando su di esse con disuguali effetti, secondo la dif
ferenza della loro primitiva fertilità, innalza le rendite; e l'interesse dei pro-
prietarii in nessun momento si trova contrastato dai miglioramenti agrarii, i
quali, mentre accrescono la massa dei prodotti, favoriscono tanto l'aumento
delle rendite in favore dei proprietarii, quanto sono essenziali al benessere della
popolazione.
Non è necessario di mostrare che l'aumento delle rendile, generato nel modo
che ora abbiamo detto, costituisce una porzione di nuova ricchezza, creata dal
l'industria del paese, ed è un segno non dubbio e soddisfacente del generale
aumento dei suoi mezzi. Nondimeno il medesimo ragionamento da cui Ricardo
e tutta la sua scuola sono stati indolii a dire che le rendite non possono
crescere se non per una sola cagione (cioè nel caso in cui un nuovo capitale si
impieghi sulla medesima terra con un compenso minore, e quindi con una di
minuzione nella rata spettante alle classi produttive in tutto il rimanente
delle terre), li ha condoni a sostenere, come conseguenza della teoria, che un
Innalzamento di rendite sia, in tutti i casi, un mero trasferimento della ricchezza
esistente, non mai una creazione di nuova ricchezza ; nulla aggiunga ai mezzi
del paese, non permetta di mantenere flotte ed eserciti ; sia un semplice pas
saggio di valori, vantaggioso soltanto al proprietario e proporzionatamente dan
noso al consumatore. Se si suppone esatta l'opinione di Ricardo, riguardo
all'unica ed esclusiva cagione d'ogni aumento di rendite, non si potrà negare
l'esattezza di una tal conseguenza (1). Se i terreni A, B. C, e D producano, A
lire 110, B lire 115, C lire 120, D lire 130} se la porzione spetlante alle classi
produttrici è di 110 in ciascuna; A sarà esente di reudile, e le rendite di B,
C, e D, saranno cinque, dieci, e venti. Ora, ammettendo che l'unico modo di
innalzare le rendite pagate da questi terreni sia quello di diminuire la porzione
delle classi produttive, facendola scendere da 110, per esempio, a 108, e
trasferendo la differenza ai proprielarii, allora si avrà costante il prodotto di
(1) Ricardo, 2* ediz., pag. 499, 500, 501. «Uno di questi errori (parla di alcuni
supposti errori di Malthus) sta nel supporre che la rendita sia un guadagno netto ed
una nuova creazione di ricchezze ». — « La rendita dunque è tiensl creazione di va
lore, ma non di ricchezza; nulla essa aggiunge ai mezzi di un paese, non gli permette
di mantenere flotte ed eserciti, ecc., ecc. ». — Il lettore avra già notato quanto fallaci
ed inapplicabili sieno questi ragionamenti e principii, se si vogliono applicare alle
rendite da paesani, cioè al più gran numero delle rendite che attualmente si paghino.
lo son sicuro che si troveranno egualmente fallaci, quando si prendano come esclusi
vamente applicabili al profitto esuberante che si raccoglie dalla terra, cioè atle rendite
da linaiuoli.
206 jones.
L. 110 in A, L. 115 in B , L. 120 in C, L. 130 in D , ma la porzione
spettante ai lavoratori sarà ridotta a L. 108 in ciascuna di quelle terre, e
quindi le rendite si aumenteranno di L. 8 in tutte. La terra A, che prima non
pagava alcuna rendita, ora pagherà 2 L; fi pagherà 7 L., C 12, D 22. Ma
quantunque le rendite sieno cresciute, i mezzi del paese rimarranno precisa
mente nello stato In cui erano; vi sarà stato un parziale trasferimento di ric
chezza, nessuna alterazione nella sua somma totale; questo traferimento sarà
riuscito senza dubbio vantaggioso ai proprietarii, e proporzionatamente dan
noso ai lavoratori; e dal rialzo nel valore relativo delle derrate, che per motivi
che ora non occorre spiegare, accompagnerebbe un tal mutamento, il trasferi
mento di cui si tratta riuscirà, fino a certo punto, dannoso ad ogni classe di
consumatori. In questo caso , noi abbiamo supposto che il prodotto , come
Ricardo suppone, sia stazionario (1); questo è certamente un modo in cui le
rendite possono crescere fino a certo limite ; ma è solamente un modo , e
certamente il meno ordinario, e che costituisce la meno efficace fra tutte le
cause che possano accrescere le rendite dei fondi dati in fitto. È impossibile
evitare gravissimi errori, se, nell'esporre i principii generali sulla teoria della
rendila, ci confiniamo a considerare così imperfeltamente le varie sorgenti
del suo aumento; ed argomentando sopra un'ipotesi così contraria ai fatti
più owii, ed alla esperienza quotidiana, deduciamo che, mentre le rendile
crescono, la somma del prodotto nazionale rimanga sempre stazionaria.
Gli effetti generati sulla ricchezza nazionale da un rialzo di rendite, prove
niente da cresciuto prodotto per l'impiego di nuovo capitale, sono molto più
complessi di quelli che Ricardo si è limitato a contemplare. Suppongasi che le
terre A, B, G, D, producano rispettivamente 110, 115, 120, e 130, in un
paese in cui l'arte agraria si trovi molto ritardata ed imperfetta. A misura che
l'industria e la ricchezza si accrescono, si vada sempre più migliorando la col
tivazione e si raddoppi il capitale impiegato su quel fondo, in modo che esse
arrivino a produrre (rimanendo intatti i prezzi), A L. 220, B 230, C 240,
D 260. Nessuna rendita sarà. pagata dalla terra A, ma le rendite delle altre si
saranno aumentate, divenendo 10 in B, 20 iti C, 40 in D ; il quale aumento
diventerà un sovrappiù di mezzi nazionali, fondato sulla creazione di, nuova
ricchezza; nessuna classe se ne troverà impoverita; nulla sarà avvenuto che possa
credersi dannoso ad alcuno; non vi sarà stato alcun trasferimento di ricchezza;
il valore relativo delle derrate sarà rimasto perfettamente stazionario ; ed in
proporzione all'aumento dei mezzi nazionali, il paese avrà maggior copia di
cose necessarie, utili e gradevoli alla vita , sarà più atto a mantenere Dotte
ed eserciti, o fare ogni altro sforzo finanziario, di quel che prima si era. L'au
mento della rendita, nondimeno, non costituirà che una parte, e non la più im
portante, della cresciuta ricchezza, che la medesima moltiplicazione di capitale,
da cui deriva la rendita, produrrà e collocherà in mani diverse da quelle dei
proprietarii. In tale ipotesi, mentre le rendite si saranno raddoppiate, il capitale
(t) Ricardo, terza ediz., p. 485. — Noi dovremmo, egli dice, avere precisamente
la medesima quantità, non più, di merci, ed i medesimi milioni di misure di grano, che
prima si avevano (cioè prima che sorgesse la rendita).
RENDITA Di PITTAIUOLI. 207
Fin qui noi abbiamo descritto gli effetti che produce sulle rendite l'accumu
lazione generica del capitale, cioè, senza distinguere tra gli effetti delle diverse
forme in cui il capitale possa adoperarsi nel corso dei suoi successivi aumenti;
e finchè non era quistione che dell'effetto inevitabile di una tale accumulazione
sopra le rendite, questa maniera generica di considerare il problema riusciva
sufficiente.
Ma per vedere più distintamente il progresso probabile dell'aumento di ca
pitale agrario, ed il suo ultimo limite ; per riconoscere i suoi effetti sugli inte
ressi della società, sul numero e sull'importanza relativa delle classi che la
compongono, sulla natura e la direzione della loro industria, bisogna che accu
ratamente distinguiamo tra gli effetti di un capitale cresciuto, qualora si appli
chi sotto forma di un cresciuto lavoro, e qualora si applichi sotto forma di
materia ausiliare all'industria dei lavoranti già occupati, senza accrescerne il
numero.
Io so che, seguendo Ricardo ed alcuni recenti scrittori, non si dovrebbe
208 JONES.
tenere alcun conto d'una tale distinzione. Secondo loro questo capitale ausilia
re è il risultato del lavoro, e rimontando abbastanza indietro, non si riduce
che a mero lavoro. Il suo impiego, adunque, si può considerare come impiego
del lavoro spesovi una volta per produrlo : e sia che un uomo travagli dieci
giorni a costruire un aratro da adoperarsi nella coltivazione del suolo, o che
travagli dieci giorni lavorando il suolo medesimo, in ambi i casi egli virtual
mente non fa che una cosa medesima; in ambi i casi si tratta di dieci giornate
spese a coltivare la terra. Vi sono forse alcuni punti di vista in cui questa for
zosa identificazione dei risultati del lavoro col lavoro in se stesso, si possa am
mettere, ed anzi possa riuscire opportuna per istituire dei calcoli. Ricardo, e
gli scrittori che ne hanno seguilo le traccie, generalmente parlano del lavoro
che una merce è costata, come unica base e misura del suo valore relativo a
tutte le altre merci. Una massa di grano, prodotta col lavoro d'un uomo nel
corso d'un mese, ed un aratro prodotto colla stessa quantità di lavoro di un
altro uomo, avranno, secondo essi, precisamente lo stesso valore. Quindi tutte
le merci devono considerarsi come altrettanto lavoro accumulalo. « Il capitalo,
o ciò che è la medesima cosa, il lavoro » , è un'espressione propria di Ricardo,
che naturalmente discende dalla sua teoria sull'origine e sulla misura del va
lore. Non occorre qui discutere una tal teoria. Io desidero, nondimeno, esser
posto fra coloro i quali la credono difettosa, e pensano che, nel paragonare il
valor di cambio di diverse merci, altre circostanze devono prendersi in consi
derazione, oltre la quantità del lavoro direttamente o indirettamente in esse
adoprato. Ma buona o non buona che sia questa dottrina, noi, nell'intento
della indagine di cui siamo occupati, dobbiamo necessariamente pensare e par
lare del lavoro, e dei suoi risultati materiali come di cose affatto diverse.. Non
potrebbe negarsi che, usando un arnese od un ingrasso per produrre un dato
effetto agrario, od usando direttamente sulla terra il lavoro che fu speso per
apparecchiare l'arnese o l'ingrasso, si fanno due operazioni sostanzialmente di
stinte e diverse; le quali posson condurre a risultati diversi, e le quali possono
in pratica riuscire più o men profittevoli secondo le circostanze. Ora sono alcuni
tra gli effetti di tali differenze, che io voglio qui dimostrare, perchè a mio cre
dere la loro retta intelligenza ci rivelerà importanti vedute sull'attuale condi
zione e sui progressi futuri dell* nazioni, come sulle cause di quei mutamenti
che digrado in grado avvengono nel numero relativo e nella influenza delta
diverse classi di uomini, di cui si compongono le nazioni.
La prima differenza a notarsi, tra la applicazione del capitale agrario in
forma di nuove braccia umane, e la medesima applicazione in forma di stru
menti, ingrassi, fognature, o qualunque altra cosa che risulti da un passato
lavoro, e serva di aiuto agli sforzi delte braccia attualmente adoprate, è questa:
che, nel primo caso, la quantità della forza umana, comparativamente al capi
tale adoprato, rimane inalterata, — e nel secondo caso, immancabilmente si
accresce. Se un capitale si adopera per impiegare tre uomini sul suolo, e poi
questo capitale si raddoppia impiegandone sei, la forza dedicata alla coltivazione
sarà doppia, ma non più che doppia; non abbiamo alcuna buona ragione per
assumere che il lavoro dei secondi tre uomini adoperati riesca più efficace di
quanto riusciva quello dei tre primitivamente adoperato. Ma se, invece di impie
gare questo secondo capitale sotto forma di tre nuovi lavoratori, si trova il
V
RENDITA DA FlTTAIUOLt. 209
mezzo di adoprarlo sotto una forma di capitale ausiliare per accrescere la forza
dei tre primitivi lavoratori, allora possiamo sicuramente asserire che l'efficacia
dell'umano lavoro, impiegato direttamente e indirettamente nell'agricoltura, si
sarà accresciuta; e che i tre uomini, aiutati da questo capitale ausiliare,
avranno una somma di forze, le quali non si sarebbero avute da sei uomini
impiegati direttamente a lavorare il terreno. Per persuadersi di ciò, non occorre
se non ricordarsi quale aia stato il motivo da cui gli uomini sieno stati condotti
a rivolgere le loro capacità produttive verso la costruzione di strumenti e mac
chine, anzichè impiegarle direttamente ad ottenere il fine per cui intendevano
apparecchiare quei mezzi ; e ricordarsi quali sieno ordinariamente i varii passi,
per cui gli sforzi agrarii e manifattori delle nazioni incivilite acquistano una
crescente efficacia, e passano, dallo stato più ruvido e debole, alla potenza ed
alla perfezione delle arti esercitate presso i popoli più progrediti.
L'uomo, negli sforzi che fa per soddisfare ai suoi bisogni con la creazione
degli oggetti che desidera, differisce dagli altri animali principalmente in ciò,
che la sua intelligenza gli permette di rivolgere i risultati del suo passato la
voro verso l'intento d'accrescere l'efficacia del lavoro attuale, al di là dei limiti
a cui potrebbesi spingere per effetto delle forze puramente animali. Il selvaggio
cacciatore, quando si alimenta colla selvaggina della foresta, dedica una por
zione del suo tempo a prepararsi i suoi archi e le sue freccie. Se questi stru
menti, una volta eseguiti, non gli permettessero di conquistare una caccia
maggiore di quella che avrebbe ottenuto col solo sforzo delle sue mani in un
tempo eguale, possiamo esser certi che non si darebbe la menoma pena d'oc
cuparsi in tali lavori preparati. Il coltivatore, dopo avere per qualche tempo
graffiato la terra con una branca d'albero, concepisce infine il disegno di co
struirsi un aratro di ferro ; ma se questo nuovo strumento non potesse pro
durre sul suolo effetti maggiori di quelli che la branca poteva produrre con
altrettanto tempo e lavoro, è certo che il coltivatore non sentirebbe il menomo
impulso a costruire l'aratro. È sempre così che l'uomo ragiona nell'invenzione
dei suoi strumenti, a contare dai più semplici e deboli fino ai più complicati e
potenti. Se il lavoro, adoperato a costruire una macchina a vapore, si potesse
applicare, col medesimo effetto, alle diverse arti della vita, possiamo esser certi
che le macchina a vapore non si sarebbero introdotte nel mondo. Quando
dunque noi vediamo il capitale d'una nazione accumularsi in forma di aiulo
materiale al lavoro dell'uomo; quando, invece di usarlo come sussistenza di
nuovi lavoranti, si preferisce di convertirlo in ona di quelle forme che possano
aiutare il lavoro degli uomini già esistenti, possiamo con tutta certezza dedurne
che l'efficacia dell'umana industria si è moltiplicata, relativamente alla totalità
del capitale impiegato.
In agricoltura gli effetti di un capitale ausiliare, sono meno evidenti,
forse, che nelle arti, ma non son meno importanti. Se noi osserviamo la
quantità di strumenti, animati ed inanimati, le siepi, le fognature, gli edifizii;
che si riscontrano sopra mille acri di terra perfettamente coltivati , e para
goniamo tutto ciò con le contrade selvaggie e quasi disoccupate dei popoli
rozzi, vedremo che, anche in agricoltura, gli sforzi dell'intelligenza umana,
diretti ad usare i risultati del lavoro passato come mezzo di rinforzare la po
tenza attuale dei coltivatori, onde svolgere le forze della terra, sono stati im-
Econom. 2a serie. Tom. I. — 14.
210 JONBS.
mensi. La diversa estensione a cui i diversi popoli hanno potuto spingere questo
intento, forma uno dei precipui segni da cui si distioguono fra di loro. Come
l'uomo, nel suo più ruvido stato, e quando principalmente è rivolto a sod
disfare i suoi più grossi bisogni fisici, si distingue dalla natura bruta per
mezzo della sua capacità di usare i risultati dei suoi sforzi anteriori per accre
scere il suo dominio sul mondo materiale; così quando lo vediamo in una con
dizione più progredita, e cerchiamo di calcolare le cause che hanno introdotto
profonde distinzioni fra la potenza di diverse società, forse egualmente illumi
nate, troveremo che i diversi gradi di una tale potenza sono da' determinarsi, e
quasi misurarsi, dalla diversa estensione a cui le varie nazioni abbian saputo
spingere questa prerogativa inerente all'umana razza. I bisogni ed i piaceri
della vita, in tutti i paesi inciviliti, son soddisfatti con l'aiuto d'una certa quan
tità di capitale ausiliare. Ala ltavvi una grandissima differenza nella quantità
di un tal capitale posseduta ed usata da ciascun paese. Sotto questo riguardo,
l'Inghilterra sta alla testa di tutto il mondo incivilito, e non si distingue meno
nella sua agricoltura, di quel che faccia in ogni altro ramo d'industria. Dai dati
in diverse occasioni raccolti dalla Camera d'Agricoltura, si vede che tutto il ca
pitale agrario dell'Inghilterra sta al capitale adoprato per alimento dei lavoranti,
come cinque ad uno; cioè, bavvi quattro votte tanto in capitale ausiliare con
sacrato alla coltivazione, di quel che siavi in capitale direttamente applicato al
mantenimento del lavoro. In Francia, il capitale ausiliare non ascende (come
si vede dall'opera di Chaptal) a più che il doppio del capitale speso in mante
nimento del lavoro agrario. In altri paesi europei, questo rapporto, secondo io
credo, si troverebbe anche minore.
Ritenendo dunque beue che, ad ogni passo che si faccia nell'accumulazione
di un capitale ausiliare destinato alla coltura delle terre, una differenza si crea
nell'efficacia dell'umano lavoro, ditferenza che non sorge del pari quando il ca
pitale si vada unicamente accrescendo in forma di sussistenza per nuove braccia
direttamente impiegate alla coltura del suolo; noi possiamo passare alla secon
da differenza che esiste fra gli effetti dell'impiego di un capitale ausiliare, e gli
effetti del medesimo capitale applicato al mantenimento di un nuovo lavoro,
differenza la quale si è, che quando una data quantità di capitale si applica in
forma di risultati del lavoro passato per aiutare i lavoranti attuali, basterà un
minore prodotto annuo per rendere profittevole, e perciò permanentemente
praticabile, l'impiego di un tal capitale, di quel che occorrerebbe, qualora la
medesima quantità di nuovo capitale si volesse adoprare sotto forma di sussi
stenza di nuove braccia.
Suppongasi che la somma di lire cento venga impiegata sopra la terra per
mantenervi tre uomini, che producano la propria mercede, e più un profitto
come dieci al capitalista, in tulto centodieci. Si raddoppii un tal capitale. E
primieramente si faccia servire la nuova somma, come mantenimento di tre
nuovi lavoratori. In tal caso, il cresciuto prodotto dovrà consistere di tutto ciò
che occorra per la loro mercede, e più il profitto ordinario del Capitate; cioè
si dovranno produrre lire cento pei lavoranti, e lire dieci per il capitalista,
in tutto centodieci. Si faccia ora consistere il nuovo capitale in arnesi, ingrassi,
o qualunque altro risultato d'un anteriore lavoro, rimanendo inalterato il nu
mero dei lavoranti; e suppongasi che queste forme abbiano una durata di
RENDITA DA FITT AIUOLI. 211
cinque anni. In tal caso l'annuo prodotto per ripagare il capitalista dovrà con
sistere di dieci lire per suo profitto, e venti lire per la ristaurazione del capitale;
in tutto lire trenta, che basteranno perchè le seconde cento lire possano con
tinuarsi a tenere impiegate profittevolmente su quella terra; laddove nel primo
caso il prodotto annuo, indispensabile al medesimo intento, non era meno di
centodieci.
Si vede adunque che l'accumulazione d'un capitale ausiliare nell'agricol
tura sarà eseguibile quando l'impiego della medesima somma di capitale in
manteuimento d'un maggior lavoro sia cessato; e che una tale accumula
zione può procedere sempre oltre per un corso indefinito di tempo : — cioè
può continuare fino a che l'ingegno umano sappia adoperarlo per eccitare il
progresso delta efficacia umana nell'accrescere la fertilità del suolo, o, ciò che
è lo stesso, nell'accrescere l'efficacia dei lavoranti adopratisi sopra di esso —
purchè solamente il maggior prodotto ottenuto ad ogni stadio di un lui pro
gresso, basti a pagare la meta ordinaria del profitto sul nuovo eapitule così
impiegato, insieme al valore della parte di esso che si consumi.
Nondimeno, di passo in passo, a misura che il capitale si accresce, l'ingegno
umano deve sforzarsi di rinvenire nuovi modi d'usarlo. Per impiegare un mag
gior lavoro ad accrescere la produzione della terra, tutto ciò che occorre è dì
avere i mezzi per alimentarlo. Per impiegare una maggior quantità di risultati
materiali del lavoro passato, e farli servire di aiuto agli attuali lavoratori della
terra, si vuole inoltre continuo sforzo di facoltà inventiva, un'industria sem
pre crescente.
Aumentandosi la massa del capitale ausiliare In agricoltura, le rendite cre
sceranno, per i disuguali effetti che un tal capitale produce su terreni di disu
guale bontà. Ma l'innalzamento delle rendite proveniente dall'impiego d'una
data quantità di capitale ausiliare, sarà minore di quello che deriverrebbe dal
l'impiego della medesima somma di capitale ad alimento di nuovo lavoro. Il
nuovo prodotto annuo, lo abbiamo veduto, sarà minore; e la differenza tra la
somma del prodotto di uguali capitali impiegati in diverse gradazioni di terreno
(differenza da cui le rendite dipendono) sarà quindi larga, quando largo è il
prodotto; e sarà minore se il prodotto è più piccolo. Per esempio, suppongasi
che le terre A, B, C e D, producano come segue:
A B C D
L. 110 L. 115 L. 120 L. 130.
Le differenze, i profitti esuberanti, o le rendite sopra B, C, D, saranno
5+10 + 20 o insieme 35. Suppongasi che un capitale nuovo di 100 lire,
adoperato a mantenere un addizionale lavoro , accresca il loro prodotto nel
modo seguente:
A B C D
L. 220 L. 230 L, 240 L. 260
Le rendite saranno raddoppiate. La somma aggiunta ad esse ascenderà ad
altre L. 35. Ma suppongasi ancora che il nuovo capitale di L. 100 si ap
plichi sotto forma di risultati di un lavoro passato, come aiuto al lavoro già
adoperato; e che L. 30 bastino per pagare i profitti di un tal capitale, e rim
212 J0KES.
borsare il consumo annuo del capitale impiegato sulla terra A. Se B, C, e D
rendono un prodotto che sia al nuovo capitale in esatta proporzione colla loro
primitiva superiorità verso A, il loro prodotto non eccederà (per ipotesi)
A 140, B (115 + 32) = 147, C (120+34) = 154, D (150+36) = 166.
L'insieme delle rendite nelle tre terre sarà dunque L. 47, invece di L. 35.
Ma invece di trovarsi le rendite raddoppiate, e, come nell'altro caso, invece di
ammontare a L. 35, ammonteranno soltanto a L. 12; quantunque, nel frat
tempo, la somma dei profitti raccolti dai fittaiuoli si sia raddoppiata, come nel
primo caso. Il progresso delle rendite adunque, quantunque fermo e continuo,
sarà lento, e verso il capitale accresciuto, e verso i redditi dei capitalisti, si
troverà, quando l'aumento del capitale agrario vien fatto sotto forma di capitale
ausiliare, in proporzione minore di quel che sarebbe quando fosse fatto in for
ma di mercedi destinate ad alimentare i coltivatori: — svantaggio pei proprie-
tarii, il quale è ampiamente compensato dalla possibilità di impiegare masse
sempre nuove di capitale ausiliare, onde ottenerne nuovi prodotti , quando
l'alimentare un nuovo lavoro col medesimo intento sarebbe impraticabile e
non profittevole. Dobbiamo dunque esser convinti che il progresso del capitale
ausiliare accresce il dominio dell'uomo sulle forze della terra, relativamente
alla somma di lavoro direttamente o indirettamente impiegatovi; ed al tempo
medesimo diminuisce l'annuo prodotto, necessario per far sì che il progressivo
impiego di certe date quantità di capitale riesca profittevole: — cioè presenta
nella sua accumulazione una sorgente di aumento di rendite meno copiosa, ma
più durabile, e più lenta a toccare il suo limite estremo, di quel che sia quando
provenga da un impiego diretto di maggiore travaglio.
(1) Intendendosi lavoro Don produttivo di ricchezza, nel modo io cui abbiamo de
finito la ricchezza, cioè ricchezza materiale.
214 jones.
come due ad uno. In ogni altro esteso paese, gli agricoltori formano la maggio-
rauza degli abitanti. In Francia sono due terzi di tutta la popolazione; sono an
che di più in molti altri paesi.
L'aumento del capitale ausiliare non è certamente l'unica circostanza che
possa modificare il rapporto in cui stieno le due grandi classi, l'agraria e la
cittadina. Ogni altra causa che accresca l'efficacia degli attuali coltivatori, avrà
il medesimo effetto; ma l'aumento del capitale ausiliare è l'unica causa, che,
nell'andamento ordinario dei popoli inciviliti, deve senza fallo esercitare una
crescente influenza su tal riguardo.
Un altro punto, su cui gli effetti del capitale ausiliario e del capitale con
sumato in diretto mantenimento del lavoro, differiscono, si è, che crescendo
relativamente il capitale ausiliario, avviene un grande incremento nei redditi
relativi delle classi medie, o per usare un'espressione più esatta, delle classi
intermedie- Questo effetto non è peculiare all'aumento del capitale agrario,
ma in tutti i rami dell'umana industria si sperimenta. Noi dovremo esten
derci altrove intorno a tal punto: ma le nostre idee, riguardo agli effetti che
possono accompagnare l'aumento delle rendite, derivante da una generale
accumulazione di capitali sulla terra, sarebbero incompiute, se qui non ne te
nessimo conto. Supponendo un capitale (per esempio L. 100) impiegato sui
suolo, e tutto dedicato a retribuire il lavoro, cou un profitto del 10 per 0/0,
il reddito del linaiuolo evidentemente sarebbe uguale ad un decimo di quello
dei lavoranti. Se il capitale si raddoppia o si quadruplica, e se si raddop
pia e quadruplica insieme il numero dei lavoranti, allora il reddito dei tit-
taiuoli continuerà a trovarsi nello stesso rapporto in cui era verso quello dei
coltivatori. Ma se il numero di quest'ultimi rimane lo stesso , la somma
del capitale diviene doppia, i profitti, alla stessa ragione, divengono 20,
ossia uu quiuto del reddito dei coltivatori. Quadruplicando il capitale, i proliiti
divengono quaranta, ossia due quinti del reddito, dei coltivatori. Se il capitale
s'innalza fino a 500, i profitti divengono 50, ossia meta del reddito dei colti-
vatori. E la ricchezza, l'influenza, e probabilmente ancora, Uno a cerio punto,
il numero dei capitalisti, proporzionatamente si accresceranno. Questo è, per lo
meno, il punto a cui l'accumulazione del capitale ausiliario in agricoltura è ar
rivata nell'Inghilterra. Tutto il capitale impiegatosi sta a quello che si anticipa
come mercede, per lo meno nel rapporto di 5 a 1. Il capitale ausiliario, adun
que, è uguale per lo meno a quattro volte il capitale usato in mautenimento del
lavoro; ed il reddito dei capitalisti agrani è uguale, per lo meno, alia metà
delle mercedi che si paghino al coltivatore.
Nei calcoli fatti sin qui, io ho supposto che la somma del lavoro impiegato
nella coltivazione sia dimorala stazionaria, mentre il capitale ausiliario si sia
venuto accumulando. Ciò iu pratica è ben difficile ad avvenire. Cu grande au
mento di capitale, di qualunque genere fosse, adoperato in un'arte qualunque,
ordinariamente rende necessario l'impiego d'una maggiore quantità di lavoro.
Questa circostanza, nondimeno, non impedirà il fermo progresso relativo del
capitale ausiliario.
RENDITA »A FITTA1U0L1. 215
SEZIONE III.
delle rendite, quantunque la loro coltura non vi sia essenziale. La loro esistenza
è una protezione degl'interessi del consumatore, senza che si opponga a quelli
de' proprietarii. Essa impedisce che il grano si venda ad un prezzo di monopo
lio, e recide le rendite esagerate che un tal prezzo creerebbe; senza esser d'osta
colo al benefico incremento de' redditi territoriali, il quale scaturisce sia datla
sorgente che stiamo esaminando, sia da una migliore applicazione di capitalo,
sia dalla causa che abbiamo già esaminata , la cresciuta quantità di capitale
agrario.
Adunque, la maggiore efficacia del capitale agrario innalza le rendite, ac
crescendo il profitto esuberante d'un dato tratto di suolo.
Genera immancabilmente questo aumento di esuberante profitto , salvo il
caso in cui aumenti la massa del prodotto agrario, tanto da impedire l'accresci
mento della domanda: ciò che è rarissimo ad accadere.
L'aumento di efficacia nel capitale agrario, ordinariamente avviene col pro
gresso dell'industria agricola, e coll'accumulazione d'una maggior massa di ca
pitale ausiliario.
Un innalzamento di rendite proveniente da questa causa , viene general
mente seguito dalla propagazione della coltura ne' terreni infimi , senza alcuna
diminuzione nel prodotto che il capitale agricolo ottenga sulle pessime specie
di terreni.
La propagazione della coltura non deve, nullostante, confondersi con le
cause dell'innalzamento delle rendite sui vecchi terreni, col quale non è af
fatto legata, benchè nelle sue conseguenze lo raffreni e lo limiti.
SEZIONE IV.
Terza sorgente dell'aumento delle rendite da linaiuoli, cioè decremento della rata
spettante ai produttori rimanendo inalterato il prodotto.
dita, vi sarà un aumento, per effetto del decremento avvenuto nella porzione
delle classi produttrici, senza che il prodotto medesimo si alterasse.
Fin là, la diminuzione della rata spettante alle classi produttrici, e l'analogo
aumento delle rendite, sono stati affatto indipendenti dalia coltivazione, o an
che dalla esistenza delle terre inferiori. L'aumento del prodotto agrario viene
sempre dapprima da un'accresciuta domanda senza che l'offerta si accresca. Se
un paese non avesse alcuna terra a cui ricorrere, al di là di quelle che sieno già
coltivate, la domanda potrebbe sempre tenersi al di sopra della offerta lenta
mente progressiva; e l'aumento possibile del relativo valore del prodotto agra
rio, e quindi l'aumento delle rendite, sarebbero indefiniti.
Ma quando i terreni di qualità inferiore esistono, e si può ad essi ricorrere,
l'aumento del valore di cambio del prodotto agrario è limitato. Si arresterà
quando il prezzo del grano basta a rimpiazzare, col profitto ordinario, la spesa
della coltivazione di tanti inferiori terreni, quanti ne occorrano per dare il
prodotto necessario a ristaurare l'equilibrio tra la domanda e l'offerta. Questo
stato di cose è quello che ordinariamente esiste nei grandi paesi forniti di ter
reni variamente fertili; ed è quello che noi più particolarmente esamineremo,
descrivendo gli effetti d'un aumento di rendita, derivato da una diminuzione
della parte che le classi produttrici attingono ai prodotti del suolo. Ma noi non
dobbiamo per ciò perder di vista il fatto, che l'aumento delle rendite, il quale
avvenga per la causa or ora detta, è antecedente, ed indipendente dalla diffu
sione della coltura dei terreni inferiori ; e dovrebbe avvenire fino ad un grado
maggiore di quello che mai abbiamo veduto, se non esistessero terreni inferiori.
L'umana industria non è tutta rivolta alla produzione agraria; e la sua cre
scerne efficacia in altri rami può compensare, e più che compensare, la decre
scente potenza dell'agricoltura: può permettere alla società di risparmiare il
maggior numero d'uomini, e la maggiore quantità di capitale, che si richiedano
per produrre una medesima quantità di viveri, necessarii ad un numero crescente
di uomini, e ciò senza attenuare la massa della ricchezza goduta da ogni classe
di cittadini. Il che si vedrà più chiaro, prendendo un esempio o due, sdì quali io
invoco l'attenzione del lettore, perchè contengono la prova di un fatto importan
tissimo a ben comprendersi, quando si considerano i progressi possibili dell'uma
na società, ove la popolazione sia divenuta più densa, ed il capitale e le arti ab
biano fatti dei grandi progressi. Prendiamo innanzi tutto il caso più semplice, che
implica il principio che io desidero di spiegare; e supponiamo dieci marinai
naufragati, che approdino sopra una spiaggia deserta, e si dividano fra loro la
cura di provvedere al cibo, al vestito, ed all'alloggio comune. Nel corso del
primo anno, suppongasi che gli sforzi di cinque uomini bastino a provvederli
tutti di cibo, e gli sforzi di altri cinque bastino per provvederli di abiti ecc. Nel
second'anno, il cibo può essere divenuto più scarso, in modo che per ottenerlo
occorrano gli sforzi di otto fra i dieci supposti individui. Ma fra di tanto, l'indu
stria degli artigiani può essersi tanto accresciuta, che due individui divengano
capaci di assicurare a tutti la medesima quantità di abiti, di alloggio ecc. che
prima esigeva l'industria di cinque. In questo caso, quattro quinti delle braccia
operose saranno occupati a cercare i viveri, invece di occuparvene una metà
come prima facevasi. Pertanto, il consumo dei varii articoli, in questa piccola
società, rimane qual era. Noi possiamo spingere più oltre l'ipotesi. Se un sol
RENDITA DA F1TTAIU0LI. 223
uomo diviene capace di fornire gli abiti a tutti, la società potrà destinarne nove
alla ricerca del cibo, e potrà ottenerne anche di più, senza diminuire per nulla
il consumo degli altri oggetti che prima godeva.
Osserviamo ora quali effetti si produrrebbero da un tale cangiamento nelle
attitudini produttive delle varie classi, se avvenisse fra una popolazione, i cui
goclali rapporti fossero men semplici di quelli che abbiamo supposti in quel
gruppo d'uomini; e mettiamo una società composta di ventiquattro individui,
dedicati per metà alla produzione del grano, e per metà alla produzione del
panno. Il grano qui rappresenti pure tutte le specie di prodotto agrario; e il
panno rappresenti tutte le merci prodotte dall'industria nazionale, e distinte dalla
produzione propriamente agraria.
Suppongasi che i coltivatori producano quattordici misure di grano, e i ma
nifattori quattordici pezze di panno; e che in ambe le produzioni, 12 rap
presenti le mercedi, e 2 i profitti. Allora, se ciascuna classe cambia metà del
suo prodotto con quello dell'altra classe, ogni lavorante, in ciascuna, avrà una
mezza misura- di grano, ed una mezza pezza di panno: ed i due intraprenditori
avranno ciascuno una pezza di panno ed una misura di grano.
Suppongasi poscia che questa popolazione lavoratrice si raddoppi ; che vi
sieno 48 lavoratori invece di 24; e che per produrre una doppia quantità di
grano, sia divenuto necessario, attesa la decrescente fertilità delle nuove terre,
adoperare in agricoltura, non già un doppio numero delle braccia che prima vi
erano impiegate, ma qualche cosa più che il doppio, cioè il triplo, o 36 uomini.
Allora, secondo l'ipotesi, 56 individui producono una quantità di grano doppia
di quella che prima si produceva, ossia 28 misure. Nel frattempo, suppongasi
che l'efficacia produttiva dei pannajuoli siasi tanto accresciuta, che per produrre
una doppia quantità di panno non sia necessario raddoppiare il numero dei
lavoranti, ma ne bastino per esempio 12: cosicchè 12 individui produrranno
una doppia quantità di panno, ossia 28 pezze. Ma come 36 individui producono
28 misure di grano, mentre 12 altri producono 28 pezze di panno, così ogni
misura di grano si permuterà con tre pezze di panno (I). Fra i 48 individui,
si dovranno dividere 28 misure di grano, e 48 pezze di panno, che daranno ad
essi la loro antica mercede, di mezza misura di grano e mezza pezza di panno
per ciascheduno, lasciando ancora 4 misure di grano e 4 pezze di panno da ser
vire come profitto. Il capitalista nell'industria del panno, impiegando soltanto
un quarto degli uomini, prenderà soltanto un quarto del profitto, ossia una
pezza di panno ed una misura di grano. Il capitalista agrario, impiegando tre
quarti degli uomini, prenderà tre quarti del profitto, ossia tre misure di grano
e tre pezze di panno. Siccome la rata proporzionale delle mercedi rimane preci
samente qual'era, cosi la rata dei profitti resterà intatta: perchè ciascun intra-
prenditore che impieghi 12 uomini, secondo l'antica mercede, guadagnerà sem
pre una pezza di panno ed una misura di grano, come profitto sulle sue antici
pazioni. '..•.: .i
SEZIONE V.
Fallacia di alcune supposte indicazioni della decrescente efficacia del lavoro agrario.
zamento delle mercedi dovrà esser maggiore di quello che sia nel primo esempio.
La somma anticipata dal capitalista è 500 L., il prodotto totale è 560. Quando
le mercedi crescono del 10 per 0/0, e divengono 110, l'anticipazione del capita
lista sarà 510, e supponendo stazionario il prezzo, il suo profitto sarà 50 L.,
ossia quasi il 10 per 0/0. Supponendo adunque che tutto il capitale impiegato
equivalga a dieci volte la somma delle mercedi (cosa che in Inghilterra è il caso
più comune), un rialzo del IO per O/O nelle mercedi, cioè un'aggiunta di un
solo sceltino sopra 10 anticipati al lavorante, abbasserà i profitti dal 12 al 10
per 0/0; e questo moderato aumento di mercedi potrebbe produrre in pratica
quasi tutta la differenza osservabile nella meta corrente dei profitti, nei diversi
Stati d'Europa (1).
In questi calcoli noi abbiamo supposto immutata la potenza produttiva del
l'industria nazionale. Se cosi realmente sempre avvenisse, l'influenza delle flut
tuazioni di mercedi sulla meta dei profitti apparirebbe più evidente ad ogni
pratico osservatore, di quello che attualmente faccia; ma in verità, la potenza
produttiva dell'industria nazionale raramente, o forse non mai, rimane stazio
naria; e quando questa potenza varia, gli effetti de' suoi mutamenti devono
spesso bilanciare, fino a certo punto, e quindi snaturare l'influenza delle altera
zioni di mercedi sul corso dei profitti.
Così, se torniamo a supporre che si spendano 100 L. in mercedi, e rendano
12 per 0/0 di profitto, il prodotto sarà L. 112. Ma se la potenza produttiva del-
l'industria crescesse tanto che, rimanendo inalterati i prezzi, il prodotto diven
ga L. 154. 8, allora le mercedi potrebbero salire a 120, ed i profitti non varie*
rebbero affatto; sarebbero sempre al 12 per 0/0; mentre le mercedi saran cre
sciute di un quinto, e tutta la differenza sarebbe in un aumento della massa di
capitale dedicato ad anticipare la somma delle mercedi. Quando le forze pro
duttive del lavoro si cangiano, noi possiamo perciò aspettarci che l'influenza
delle oscillazioni di mercedi sul corso dei profitti può facilmente sfuggire. Sem
bra nondimeno che grandi e notabili variazioni nel corso dei profitti possono
risultare dai soli mutamenti che avvengano nella meta delle mercedi. Ne segue
che un ribasso di profitti non è indizio sicuro di una diminuita potenza produt
tiva in qualche ramo dell'industria umana; ed in conseguenza non può mai ac
cettarsi come prova di una decresciuta efficacia dell'agricoltura.
- Queste proposizioni, riguardo all'influenza che le variazioni delle -mercedi
possano esercitare sul corso dei profitti, mi sembrerebbero, io lo confesso, quasi
troppo evidenti, per meritare che 'vengano formalmente annunziate, se non si
fossero formalmente negate, e se sopra una tale negazione non si fosser fon
dati ragionamenti di gran conseguenza. Ricardo, ed altri fra i suoi seguaci,
ban credulo di potere attribuire ogni possibile variazione di profitti ad un de
cremento di potenza produttiva agraria. Per provare questa loro opinione,
si son limitati a mostrare che nessun'altra cauàa possa influire sulla meta dei
li) Strk presto mostrato che in un paese ben provveduto di capitale, come è l'In
ghilterra, è sempre altamente probabile che la meta delle mercedi sarà sufficiente
mente più alta che quella dei paesi più poveri, per produrre uoa lieve inferiorità
nella rata dei profitti del paese più ricco, quantunque la sua potenza produttiva sia
maggiore, ed in uno stato di rapido incremento.
228 joses.
profitti ; e perciò che nulla vi possano le variazioni delle mercedi. Il modo
in cui si son comportati è semplicissimo ; consiste nel sostenere (trattando dei
profitti) che un mutamento durevole nella meta delle mercedi reali non può
mai aver luogo.
Sembrerebbe a prima vista che i profitti dipendano in parte dalla somma
del prodotto, in parte dalla ripartizione di questo prodotto fra i lavoranti e
i capitalisti ; e che la loro somma perciò potrebbe variare per ogni muta
mento che avvenisse in ognuno di questi elementi. Se certi lavoranti , le
cui mercedi ascendono a 100 L., o 100 misure di grano, producono 112 L.,
o 112 misure di grauo, il profitto sarà eguale al 12 per 0/0; ma il profitto
scenderà a 10 se le mercedi crescono a 102 L., o misure di grano, appunto
come certamente farebbero se la potenza produttiva dei lavoranti si diminuis
se, e, rimanendo stazionarie le mercedi, essi producessero soltanto 110 L.
o misure di grano. Ma se si potesse provare che la porzione dei lavoranti
era iu verità immutabile, che ad eccezione dei brevi intervalli di tempo, essi
devono continuare a ricevere 100 L. o misure di grano, non più nè meno, ne
seguirebbe che tutte le variazioni permanenti nella rata dei profitti dovreb
bero provenire soltanto da analoghe variazioni nella potenza produttiva dell'in
dustria. Noi abbiam già notato che una diminuzione di profitti raramente deriva
da una diminuzione di produttività nell'industria non agraria, la quale può in
nalzare la meta dei profitti, o sostenerla, quando stia per cadere sotto l'azione
di altre cause, ma non può cagionarne il ribasso. Se dunque si ammettesse che
i profitti mai non ribassano per effetto di variazioni avvenute nelle mercedi, ne
seguirebbe che essi devono ordinariamente ribassare per effetto di un decre
mento nella produttività nell'industria non agricola. La teoria della permanente
immutabilità delle mercedi reali, o della continua identità delle cose neces
sarie al consumo dei lavoranti, sulla quale riposa l'opinione che attribuisce
esclusivamente la diminuzione dei profitti al decremento di produttività nel la
voro agrario (1), non esige una seria confutazione. Ricardo medesimo non la
professa decisamente, fuorchè quando si occupa in particolare delle variazioni
che avvengano nella meta del profitto. In altri luoghi egli non esita a parlare di
permanenti alterazioni nella condizione e nelle abitudini del lavorante, di va
riazioni nella meta delle mercedi naturali e reali. Ma quando vuol semplificare
la sua analisi delle cause che influiscono sulla meta dei profitti, e rigettare l'in
fluenza di tutte fuorchè dell'unica che è da lui favorita, cioè il prodotto del
l'ultimo capitale impiegato sul suolo, egli retrocede a prendere questa posizione
egualmente in disaccordo coi fatti e colle sue argomentazioni medesime ; ed
(1) « Noi abbiamo veduto, trattando delle mercedi, che esse immancabilmente cre
scono con il crescere del prezzo dei prodotti agrarii. Si può prendere per dimostrato
che, in circostanze ordinarie, nessun permanente aumento avviene nel prezzo delle
cose necessarie, senza cagionare un aumento di mercedi, o essere stato preceduto da un
aumento di mercedi. Cosi noi arriviamo di nuovo alla medesima conchiusione che ave
vamo cercato di stabilire che, io tutti i paesi e tutti i tempi, i profitti dipendono dalla
quantità di lavoro necessaria per provvedere di oggetti indispensabili i lavoranti, su
quella terra, o con quel capitale che non produce rendita». — Iticardo. pagine
118, 128.
RENDITA DA FI TTAtl OLI. 229
asserisce ripetutamente che variazioni durevoli nella meta delle mercedi reali mai
non avvengono, e mai perciò non si devono tenere in conto nel calcolare le
cause che determinano la meta dei profitti.
La difesa di questo assunto, quando egli cerca di farla, riposa sopra un'esa
gerazione di alcuni fatti collegati all'argomento della popolazione. I mutamenti
delle mercedi reali, in certe circostanze, e fino a certo punto, spingono o riar
dano la moltiplicazione delle classi lavoratrici ; e cangiando il loro rapporto col
fondo dei viveri su cui si mantengono, reagiscono sulla mela delle mercedi. Ua
questo fatto indubilato, molti sono stati condotti, in parte per precipitane, in
parte per isforzo d'ingegno, a trarre l'ampia e fallacissima conseguenza, che ogni
aumento o decremento di mercedi reali dovrà produrre un'espansione o restrin
gimento di popolazione, precisamente bastevole per ristaurare, dopo un certo
tempo, l'antico rapporto fra il numero dei lavoranti e la massa dei viveri, e cosi
ricondurre le mercedi alla loro antica meta.
Questa opinione degli effetti provenienti dalle alterazioni delle mercedi
sulla cifra della popolazione, sarà da noi nuovamente incontrata, quando il
nostro argomento ci condurrà ad esaminarla un po' meglio. Per ora, senza più
oltre discuterla, possiamo fermarci a dei fatti di una comune evidenza, e di una
esperienza quotidiana. Noi vediamo differentissime mete di mercedi reali pre
dominare in paesi molto somiglianti fra loro per condizioni di clima e di suolo,
e spesse volte in paesi soggetti ad un medesimo governo, come sono l'Inghil
terra e l'Irlanda. Noi osserviamo nei medesimi luoghi che di secolo in secolo,
e di generazione in generazione, avvengono mutamenti nel cibo, nel vestire,
nell'alloggio, nelle abitudini, e nel tenore generale della vita del popolo. Abbia
mo già veduto (1) che un piccolissimo mutamento nella mela delle mercedi
basta, rimanendo intatta la potenza produttiva dell'industria, per generare un
grandissimo mutamento nella meta dei profitli; e quindi possiamo per ora av
venturarci ad assumere, senz'altra prova, che non sia nè impossibile nè impro
babile un aumento di reali mercedi, così durevole da potere produrre nel corso
dei profitti alterazioni eguali alle differenze che si osservano in qualche paese
europeo. Ciò basterà per mantenere il nostro assunto, che un ribasso di profitti
non è mai prova certa d'una decresciuta produttività agraria; giacchè può
venire da una diversa ripartizione, fra i lavoranti e i capitalisti, del prodotio
dell'industria nazionale, restandone inalterata la somma totale, od anche sup
ponendola cresciuta in tutti i suoi rami. . , •.
..,",.. . # . . . .. .»
L'aumento del valore relativo del prodotto agrario non prova
la decresciuta efficacia delt'industria agraria.
Vi sono varie cagioni che possono innalzare il valor monetario del prodotto
agrario; ed una è indubitatamente la minore fertilità del terreno, che regola i
prezzi. Se in due vicini paesi, che paghino eguali mercedi, la terra è tale da esi
gere tre uomini almeno per produrre l'effetto che due uomini possan produrre
nel più fertile fra i due paesi ; l'altro non potrà vendere i suoi prodotti ad un
prezzo così discreto come il più ricco può fare. Pure i diversi prezzi non sono
un indizio certo di diversa fertilità. Posson venire almeno da tre altre cause:
1° da un più atto corso di mercedi; 2° da imposte più gravi; 5" da diverso
valore dei metalli preziosi.
Qualunque effetto sui prezzi si possa generare dalla necessità di adope
rare un maggior numero d'uomini nella produzione agraria, verrà sempre dalI«
necessità di pagare mercedi più alte agli uomini attualmente adonrati, o di
pagare più alte imposte. Quando il coltivatore del grano, per ottenere la me
desima quantità di prodotto, è costretto di pagare una maggior somma, sia
che la nuova spesa si faccia sotto forma di minori mercedi per nuo*i la
RENDITA DA PITTAIUOLI. 23}
voranti , o di più alte mercedi agli antichi , o di imposte più gravi , ciò
sarà indifferente per lui ; e per quanto riguarda la coltivazione, ciò si riduce
alla medesima cosa. Supponendo due paesi coltivatori di grano, con la me
desima spesa di lavoro e di capitale, un'alterazione nella rata delle mercedi,
o nella somma delle imposte, può elevare le spese di coltura nell'uno più di
quanto Faccia nell'altro, quantunque il paese in cui il costo è maggiore sia sta
zionario, od anche sia (fino & certo punto) progressivo nella efficacia della sua
industria agraria. •"
Havvj ancora una terza cagione, affatto diversa dalla decrescente fertilità
del suolo, che può innalzare i prezzi dei prodotti agrarii in un paese, mentre
quelli degli altri paesi rimangano stazionarli; ed essa consiste nel decrescente
valore dei metalti preziosi, peculiari al paese in cui i prezzi sono più cari. Cbe
questa sia una causa la quale abbia qualche effetto sui prezzi dei diversi paesi
del mondo non può dubitarsene. Desidero nondimeno che non mi si attribuisca
alcuna opinione decisa sulla possibile estensione, e sui limili di questo effetto.
L'eminente scrittore che vado ora a citare per primo, crede « che la maggior
parie della dilferenza che passa tra l'alto prezzo del grano nel nostro paese, ed
il prezzo degli altri Stati d'Europa » , proviene da ciò. « Le cause, dice Mal
thus (1), che influiscono sul prezzo del grano ed occasionano le differenze così
notevoli in questo prezzo in varie contrade, par che sieno due: primo, una diffe
renza nel valore dei metalli preziosi in diverse contrade sotto diverse circostanze;
secondo, una differenza nella quantità del lavoro e del capitale necessarii alla
produzione del grano. La prima causa occasiona indubbiamente la maggior parte
di qnella disuguaglianza nel prezzo del grano cosi notevole in ispecie in contrade
a distanza ragguardevole l'una dall'altra. Più di tre quarti della differenza pro
digiosa fra il prezzo del grano nel Bengala e in Inghilterra sono probabilmente
causati dalla differenza nel valore della moneta in queste due contrade, e la
maggior parte dell'alto prezzo del grano in Inghilterra, paragonato a quello della
più parte degli Stati d'Europa deriva dalla medesima causa ». In una nota ad
alcune successive osservazioni sul medesimo subbietto Malthus osserva di poi (2):
« Questa conclusione parrà contraddittoria alla dottrina del pareggiamento dei
metalli preziosi ; e cosi è pur vero se per pareggiamento intendevi pareggiamento
del valore ragguagliato nella maniera usuale. Io tengo questa dottrina come non
appoggiata menomamente dai fatti. I metalli preziosi tepdono sempre ad uno
stato di riposo o ad uno stato di cose da rendere il loro movimento non neces
sario. Ma quando questo stato di cose fu pressochè raggiunto , e i cambii di
tutte le contrade sono pressochè al pari, il valore de' metalli preziosi in varie
contrade ragguagliato in grano e lavoro o alla massa delle merci, è ben lungi
dalresser lo stesso ». Ricardo ha espresso opinioni consimili : « Quando una
contrada primeggia nelle manifatture in modo da occasionare un'affluenza di
danaro verso di essa, il valore del danaro sarà più basso, e i prezzi delirano e
del lavoro relativameute più alti in questa contrada che altrove. Questo valore
più alto del danaro non verrà indicato dal cambio. Le cambiali si possono pur
una cresciuta rapidità di circolazione, 50 milioni fanno l'ufficio che prima era
esercitato da 100 milioni, l'effetto sarà lo stesso, e la massa del danaro se ne
risentirà egualmente. Ora in Inghilterra, l'arte di trovare ed adoperare i surro
gati della moneta, è spinta ad un grado che altrove non si conosce. Indipen
dentemente dai biglietti del Banco d'Inghilterra, e dei banchi provinciali, le cam
biali private si calcolano costantemente in circolazione per una somma di 100
nilioni (1), Le operazioni dell' Ufficio di liquidazione (clearing-house) son
note al pubblico, e bastano per diminuire, in grandissima parte, la quantità di
danaro effettivo che sarebbe indispensabile per eseguire le contrattazioni che si
fanno in tutto il paese. La rapidità della circolazione in Inghilterra non ha
rivali.
Aggiungendo dunque gli effetti dei suoi maggiori progressi nell'arte di sur
rogare il credito al danaro metallico, e della maggiore rapidità di circolazione,
ii risultati che provengono dalla sua superiorità nel lavoro delle manifatture
Jcstinate all'esportazione, si vedrà che tutte le cause collegate col valore dei
.retalli preziosi, che tendono a rincarare nominalmente le merci, agiscono più
ìotentemente in Inghilterra che in ogni altro paese europeo; e che, qualunque
ossario essere gli effetti di quelle cause nell'abbassare il valore dei metalli
neziosi ed i prezzi monetarii, quegli effetti si devono risentire di più e più po
«entemente nel nostro paese che in alcun altro.
Lasciando nondimeno da parte il caso speciale dell'Inghilterra, riprendiamo
a proposizione generale, che, fatta astrazione da ogni differenza nella produtii-
. ita dell'agricoltura, i prezzi venali dei prodotti agrarii uei diversi paesi possono-
ariare per differenza di valore nei soli metalli preziosi.
Si è mostrato che i prezzi dei prodotti agrarii, alti quando si paragonino'
on quelli dei paesi vicini, possono venire da tre cause, che agiscono isolata-
nenie o insieme, e tutte affatto diverse dalla decrescente fertilità del terreno;
ioè, da mercedi più alte, da più gravi imposte, e da un valore relativamente
iti basso dei metalli preziosi. Soltanto l'ultima di queste cause è stata da un
ininente scrittore dichiarata tanto efficace, da doversi ad essa attribuire la
ìaggior parte della differenza ehe passa fra il prezzo del grano in Inghilterra, e
prezzo del grano negli altri Stati d'Europa (2). Gli alti prezzi venali adunque,
aragonati con quelli dei paesi vicini, a parità di suolo e di clima, non si ptw-
>no prendere come indizio di una decresciuta produttività dell'industria agraria
el paese in cui i prezzi sieno più alti.
Noi abbiamo già veduto che, nè una bassa meta di profitti, nè un alto va-
ire de' prodotti agrarii, paragonati con altre merci indigene, formano indizii
erti di decresciuta produttività agraria. Havvi una circostanza che a prima vista.
ombra essere un indizio più sicuro di quelli che abbiamo finora esaminati; mai
un'apparenza ancora più fallace.
Quando, fatta astrazione dagli effetti delle imposte, un'apparente diminuzione
vviene nei redditi delle classi produttrici prese in complesso; quando havvi
in ribasso nella mela dei profitti, non compensato da un aumento di mercedi ;
comparativamente a quelli dei paesi rli clima e suolo consimile, può venire da
cause diverse e distinte. Non si ha, mi sembra, alcun metodo per verificare la
fertilità dei terreni da cui i prezzi son governati e che si trovino coltivati effet
tivamente in un dato paese, relativamente alla fertilità di quelli che nello stesso
paese si coltivavano per lo innanzi, o che in altri paesi si coltivassero alla
medesima epoca. L'unico metodo è quello di paragonarli direttamente. La prima
parte di quest'indagine sarebbe difficile: non può agevolmente compararsi il
costo di produzione in un secolo, con quello di un altro, nel medesimo paese.
lì pia facila paragonare, ad una medesima epoca, il costo di produzione del
grano nel paese in cui sia più caro, col costo di produzione nei paesi vicini in
cui si venda a minor prezzo ed abbia un minore valore relativo. Per esempio,
non è possibile prendere l'Inghilterra, la Polonia, o la Germania, ed assog
gettarle ad un tal paragone, scegliendo dai terreni più poveri eguali quantità di
una grande estensione in ciascun paese ''giacchè le osservazioni su piccoli tratti
di terra riescono, per molte ragioni, fallaci); ed allora accertare (fatta astrazione
dai prezzi in moneta) la quantità di lavoro e la quantità di capitale ausiliario
adoperati in ciascun paese, ed il loro rispettivo prodotto. Il risultato mostre
rebbe con sufficiente accuratezza la potènza produttiva del lavoro e del capitale
agrario in ciascun paese. Se si vedesse che nell'uno, ove i prezzi venali e le
rendite sono più alti, il lavoro ed il capitale agrario realmente producono più
di quel che facciano, a parità di circostanze, nei paesi in cui i prezzi venali dei
prodotti agrarii sono comparativamente bassi; allora noi dovremo attribuire
l'alto prezzo dell'ini paese, o ad imposte più gravi, o ad una più alta meta di
mercedi, o ad un più basso valore dei metalli preziosi, o all'azione riunita di
tutte queste cause, non alla sterilità dei terreni coltivati, o alla poca produtti
vità dei capitali gradatamente applicati agli antichi terreni. Ed ogni aumento
di rendita che possa essere avvenuto, deve (fatta astrazione dai mutamenti
accaduti nel valore della moneta) essere attribuito, non certamente ad un de
cremento che mai non venne nella produttività dell'industria agraria applicata
ai terreni che governano i prezzi, ma ad un graduale incremento di prodotto,
comune a tutti i terreni, ma maggiore sopra i migliori, e ad un successivo pro
gresso nell'efficacia del capitale agrario.
• . " - ., .
SEZIONE VI.
Di alcuni imlizii delle reali sorgenti da cui promana il progresso delle rendite, e che
si possono nei casi speciali osservare; 1" nelle variazioni che avvengono sulla
cifra comparativa delle classi agricola e non agricola ; 2° nelle alterazioni che
Si rivelano sulla rata proporzionale, spettante al proprietario, della massa del
prodotto. ' -
Abbiamo già detto che, all'infuori di una precisa enumerazione delle mer
cedi e dei capitali impiegati per ottenere eguali quantità di prodotto, niente può
permetterci di decidere, con piena certezza, qual sia la attuale comparativa (1)
(-1) La comparativa fertilità potenziale dei terreni, cioè la fertilità di cui ciascuno
può essere fornito, dopo essere stato coltivato per qualche tempo col massimo e mi- ,
236 jonks.
fertilità dei terreni che governano i prezzi, tanto in divergi paesi al medesimo
tempo, quanto in epoche diverse di uno stesso paese. Questo paragone può
essere soventi impossibile. Pure, osservando l'aumento del reddito territoriale
di un paese, naturalmente può nascerci il desiderio di conoscere, in ogni caso,
se quell'aumento sia venuto « dall'essersi impiegata una nuova quantità di la
voro, con un prodotto proporzionatamente mioore » (ciò che è la sola causa
delle rendite secondo Ricardo (1) ), oppure da una origine più naturale, dall'es-
sersi ottenuto un maggior prodotto per mezzo di un maggior capitale, e dall'es
sersi migliorata l'efficacia produttiva del capitale primitivamente impiegato.
Vi sono due circostanze, che ci possono guidare in questa ricerca, e con
durci, se non ad una piena certezza, per lo meno ad un'alta e soddisfacente
probabilità: ed esse sono, 1° le variazioni che avvengano nella cifra relativa
della classe agricola e della non agricola; 2° le alterazioni che si possono sco
prire nella rata proporzionale del prodotto, presa dai proprietarii. In verità, la
prova che queste due circostanze posson fornire, avrebbe dovuto accettarsi,
come vedremo, dalla scuola di Ricardo come piena e decisiva, quantunque gli
scritti di quella scuola ci impediscano di supporre che mai essa se ne sia av
veduta.
Quando, nell'epoche in cui la coltivazione si estende, « una nuova quantità
di lavoro viene impiegata con un prodotto comparativamente minore » , il nu
mero degli agricoltori devesi accrescere, comparativamente a quello dei non
agricoltori: un semplice calcolo può mostrarlo. Sieno 2 milioni di coltivatori,
che producano 4 milioni di misure di grano, bastevoli a mantenere 4 milioni di
abitanti. Il numero degli agricoltori e dei non-agricoltori in tal caso (fatta astra
zione dall'esterno commercio di grani), saranuo precisamente eguali. Ma facciasi
che la popolazione cresca fino ad 8 milioni : se la fertilità delle nuove terre è
uguale a quella delle antiche, allora 4 milioni di coltivatori potranno produrre
dei viveri per 8 milioni d'abitanti, ed il numero relativo della classe agricola e
della non-agricola rimarrà nella proporzione in cui era. Ma se per produrre il
soprappiù di viveri le nuove terre esigono una maggiore quantità di lavoro con
un prodotto proporzionatamente minore, allora un numero superiore ai 2 milioni
di uomini dovrà essere adoperato a produrre il vivere per se stessi e per gli
altri 2 milioni. Suppongasi che questo numero ascenda a 5 milioni; ed allora
5 milioni d'agricoltori saranno adoperati a produrre il vilto di 8 milioni di uo
mini. Gli agricoltori costituivano una metà della popolazione, ed ora ne formano
i cinque ottavi; e se la popolazione continua a crescere, e la terra da cui deb
bano estrarsi i loro viveri continua ad assorbire « una maggiore quantità di
lavoro con un prodotto proporzionatamente minore » , il numero dei coltiva
tori deve anche proporzionatamente ingrossarsi in rapporto al numero dei
non-coltivatori.
glior grado d'industria, abiliti e mezzi, è qualche cosa molto diversa dalla loro com
parativa fertilità attuale ; circostanza che dovrebbe aversi sempre presente, quando
ai tratta di coltivare terreni apparentemente sterili.
(1) • La rendita immancabilmente deriva dall'adoperarsi una maggiore quantità di
lavoro con un prodotto proporzionatamente minore ». — Ricardo, 1* edizione, p. 60.
RENDITA DA FtTTAHJOLI. 237
l1) Lo stesso Ricardo era perfettameute conscio (e non potrebbe essere altrimenti)
che ciò formava una necessaria conclusione della sua dottrina intorno atl'unica causa
dell'aumento delle rendite. « La medesima causa, egli dice, la difficoltà delta produ
zione, innalza il valor di cambio dei prodotti agrarii, ed innalza ancora la rata pro
porzionale di prodotto agrario, pagata al proprietario sotto titolo di rendita ». —Se
conda ediz. p. 71.
238 Jones.
natore sarebbe indotto a sospettare, o piuttosto convincersi dell'erroneità del
sistema. L'esempio del nostro paese, guardato al lume di tali principii, avrebbe
evidentemente mostrato che la causa supposta da Ricurdo come unica sorgente
d'ogni progresso di rendite non potè avere agito 'nell'epoca in cui producevasi
il grande aumento di rendite che qui attualmente è avvenuto. Su questo sog
nito, l'esempio dell'Inghilterra è il più importante che si possa addurre, per
chè è in Inghilterra soltanto che noi possiamo osservare, sopra proporzioni
abbastanza larghe per riuscire soddisfacenti, il progresso delle rendite, ed il
vincolo che lo collega al progresso della fortuna di tutte le classi.
SEZIONE VII.
L'interesse dei proprietarii non è in opposizione con quello delle altre classi.
Havvi gran ragione di credere che son rarissimi i casi in cui le rendite dei
paesi coltivati da linaiuoli si accrescano, non perchè la terra produca di più,
(1) Alcuni di questi dati si possono vedere nell'opera di Lowe, seconda ediz., p. 155.
— Si noterà che le spese soltanto sono qui comparate colla rendita; aggiungendoi' mi
nimi pretini possibili, si vedrà che la rendita ordinariamente deve essere circa un
quinto del prodotto lordo. Anche ciò supera i calcoli ordinarti di alcuni pratici estima
tori di terre.
(2J Per ben calcolare questo maggior prodotto, bisogna sempre rammentarsi che
noi non debbiamo limitare le nostre idee at maggior prodotto di grano su piccoli tratti
di terreno, quantunque sia notabile, ma dobbiamo por mente alle variazioni di pro
dotto sopra considerevoli tratti, o per lo meno sopra intiere fattorie.
240 JOHES.
ma perchè la rata delle classi produttrici si sia diminuita accrescendosi le diffi
coltà della produzione. Noi abbiamo or ora veduto che in Inghilterra, l'unico
paese considerevole in cui le rendite da fittaiuoli sieno predominanti, è eviden
temente provato che questa circostanza non ha in alcun modo influito sui pro
gressi delle rendite. Nondimeno si è ammesso che, in nn caso estremo, può
questa essere una causa di aumento di rendite; e la credenza oggi sparsa che
essa sia non solamente una causa possibile, ma una causa attualmente attiva,
ci deve impegnare a correggere un'erronea preoccupazione, fondata sull'opinione
che gl'interessi delle varie classi sociali possano trovarsi in permanente opposi
zione fra loro. Ricardo, il quale non sapeva concepire alcuna causa di aumentu
nelle rendite dei proprietarii, fuorchè « l'impiego di nuovo lavoro con un pro
dotto comparativamente minore », fu condotto, dalla sciaurata limitazione drl
suo sistema, ad accusare l'interesse dei proprietarii come sempre nemico di
quello d'ogni altra classe della società (1). Quando noi abbiamo considerato in
complesso le sorgenti da cui promana il progresso delle rendite , ed abbiamo
mostrato la maniera in cui quest'aumento necessariamente lieo dietro alla con
centrazione ed al miglioramento della coltura, abbiamo raccolto i materiali che
ci permettono di dimostrare quanto sia insensata questa ripulsiva dottrina. Egli
è vero che vi sono dei casi in cui i proprietarii possono ritrarre un limitato van
taggio da circostanze che tendono a diminuire il benessere delle altre classi;
ma la loro permanente prosperità, e il graduale incremento dei loro redditi che
li sostiene nella loro relativa condizione, deve per necessità provenire da sor
genti più benefiche e più copiose. Se per reputare una classe conte permanente
mente nemica all'interesse delle altre, bastasse il trovarla qualche volta avvan
taggiata del male altrui, Ricardo, per essere coerente e giusto, avrebbe dovuto
rivolgere la stessa accusa a tutte le classi, includendovi i capitalisti ed i lavo
ranti medesimi, poichè non v'ha dubbio che essi hanno soventi un interesse
affatto contrario a quello del rimanente della società; e che le mercedi si pos
sono accrescere a scapito dei profitti, i profitti a scapito delle mercedi, come le
rendite si possono qualche volta elevare a scapito dei redditi delle classi pro
duttrici. Ma sarebbe evidentemente illogico inferire da ciò che gl'interessi di tutte
le classi sieno in continua e perpetua opposizione reciproca. Il fatto vero si è,
che la prosperità d'ogni classe non può riuscire che limitata e mal sicura quando
risulla dalla depressione delle altre. I vantaggi che ciascheduna può trarre dalle
sorgenti della ricchezza comune a tutti, o per lo meno da cause non dannose ad
alcuno, sono sicuri e capaci di spingersi ad un grado di cui non possiamo cal
colare e non conosciamo i limiti. E sotto un tale riguardo non liavvi la menoma
differenza fra la condizione sociale dei proprietarii e quella d'ogni altro ordine
di cittadini. .•-.,-.....
Quando i redditi di una classe si accrescono, l'aumento può in ogni caso ve
nire da due cagioni : 1°. da un'invasione sui redditi di altre classi, rimanendo
inalterato l'insieme dei redditi sociali; 2° da una cresciuta produzione, la quale
(I) Ricardo, Saggio sull'influenza del basso prezzo, ecc., pag. 20 : — «Segue adun
que che l'interesse del proprietario è sempre opposto a quelto d'ogni altra classe
sociale ». 'v .
RENDITA DA FITTA1U0LI. 241
lasciando intatti i redditi di tutte le altre slassi, presenti un aumento alla somma
totale del reddito della nazione.
Una breve riflessione ci mostrerà che egli è solamente in quest'ultimo modo,
cioè nel modo più vantaggioso, che il reddito d'ogni classe può crescere pro
gressivamente e sicuramente. Noi passiamo a provare questa verità, dapprima
nel caso dei lavoranti e dei capitalisti, poi in quella dei proprietarii.
Rimanendo stazionaria la potenza produttiva di un popolo, le mercedi, come
sappiamo, possono crescere a discapito dei profitti; ovvero, crescendo la forza
produttiva della popolazione, possono aumentarsi le mercedi senza che i profitti
si diminuiscano. Nel primo caso, noi abbiamo già avuto l'occaeione di mostrare
che un piccolo aumento nella rato delle mercedi produrrà una grande depres
sione di profitti; ed abbiamo veduto (l)che, supponendo un capitale ascendente
ad un quintuplo delle mercedi che con esso si paghi, ogni scellino aggiunto su
10 nelle mercedi, produrrebbe nei profitti un ribasso dal 12 al 10 per 0/0.
Nello stato ordinario del mondo, gli ulteriori progressi delle mercedi, accompa
gnati da un tale effetto, ben presto finiranno di esser possibili. Molto tempo in
nanzi che i profitti sieno discesi a metà di quel che erano, il capitale si sarà
rivolto all'estero, il lavoro sarà divenuto scarso, e l'aumento delle mercedi si
sarà arrestato. Ma se l'aumento delle mercedi è accompagnato da un aumento
di produttività, esso può procedere all'infinito senza che lo accompagni una de
teriorazione, anzi potendo essere accompagnato da un aumento, nella rata dei
profitti, nel reddito dei capitalisti ; e perchè si arresti, bisogna prima arrivare
al punto in cui la potenza produttiva del genere umano abbia toccato il suo
limite estremo. Non è dunque interesse del lavorante, o è un vantaggio pu
ramente momentaneo e fugace, che le sue mercedi crescano a scapito dei pro
fitti del capitalista. Il suo interesse e quello del capitalista non sono dunque in
opposizione perpetua ; perchè la sua prosperità, se si vuole che sia permanente e
progressiva, può unicamente ottenersi sotto circostanze in cui sia perfettamente
compatibile con l'integrità dei redditi di coloro che impiegano le loro braccia.
Jn ugual modo, rimanendo stazionaria la potenza produttiva del lavoro, la
mela dei profitti può crescere per una diminuzione di mercedi, ed i capitalisti
hanno perciò un momentaneo vantaggio a vedere depressa la fortuna dei lavo
ranti. Ma la Provvidenza ha disposto che il loro grande e durevole interesse non
può fondarsi sopra un sì funesto principio. A misura che la povertà e la degra
dazione del popolo cresce, le forze produttive dei lavoranti, e fino a certo punto
la sicurezza della proprietà, si diminuiscono. Noi ne abbiamo un esempio nei
servi dell'Europa orientale, e nei contadini irlandesi. I servi non fanno che un
terzo del lavoro ottenibile da un lavorante libero e ben pagato; ed il contadino
irlandese, colla sua meschina mercede, lavora poco meglio, se si confronta o col
contadino inglese, od anche con se medesimo quando non sia oppresso. Ma
una differenza de' due terzi nell'efficacia produttiva basterà per più che bilanciare
ogni differenza nelta rispettiva meta delle mercedi fra il meglio ed il peggio pa
gato degli operai europei. I capitalisti inglesi adunque avrebbero un danno se
le mercedi inglesi si conformassero alle germaniche o alle irlandesi; se i loro
capitale ultimo ad impiegarsi sopra la terra ; dal qual prodotto essi fanno intie
ramente ed esclusivamente dipendere il corso dei profitti (1). Se anche si do
vessero menar per buone tutte queste idee, diverrebbe evidente che i vantaggi
del proprietario, derivati da una tal causa, sono limitatissimi. Quando, in diversi
paesi, che abbiano relazioni di traffico fra di laro, una meta ordinaria di profitti
si è introdotta, qualunque causa che la diminuisca in uno di quei paesi tende a
cacciare il capitale verso degli altri. La meta dei profitti in Inghilterra si man
tiene ad un grado alquanto inferiore a quello dei paesi vicini, ma ae dovesse
scendere ancora al dissolto di questo punto, noi per esperienza sappiamo che il
capitale rapidamente ci sfuggirebbe. In un brevissimo tempo, adunque, durante
il quale limitatissimi effetti si potrebbero generare, basterebbe per arrestare del
tutto l'innalzamento delle rendite fondate soltanto sulla decadenza continua dei
profitti. Ed i proprietarii d'un paese progressivo si vedrebbero ben presto ridotti
a termini insignificanti, se questa fosse l'unica sorgente sulla quale potessero fon
dare l'aumento dei loro redditi, a misura che il numero e la ricchezza di tutte le
altre classi si andassero intorno ingrossando.
Per vedere, nondimeno, più chiaramente che le attuali sorgenti del progresso
di rendite sono perfettamente compatibili colla prosperità e la ricchezza del po
polo, non bisogna circoscrivere le nostre idee ad una cosi imperfetta maniera di
considerare le cause dell'incremento. Una diminuzione nella rata spettante alle
classi produttrici, bisogna ancora ripeterlo, è certamente una causa possibile, ma
limitata e rarissima, di un aumento nelle rendite dei proprietarii; quel graduale
incremento, che accompagna di passo in passo la riochezza degli altri ordini
sociali, scaturisce da sorgenti più copiose e salubri.
Noi abbiamo veduto che l'accumulazione e la concentrazione del capitale, e
la sua efficacia crescente a misura che la potenza e l'industria dell'uomo si
avanzino, son cause di aumento nella massa delle rendite, la cui azione costante
dipende dalle medesime leggi che regolano le forze produttive della terra, ed il
progresso delle nazioni civili nell'arte del coltivarla. Aia nè l'aumento del capi
tale, nè quello della scienza e dell'efficacia agricola, possono ragionevolmente at
tendersi in mezzo a un popolo il cui moltiplicarsi sia di continuo accompagnato
da un'invasione dei proprietarii sugli interessi delle classi coltivatrici. Un au
mento di rendite fondato sopra questo genere d'invasione, se è dannoso al popolo,
non è meno sfavorevote al reddito medesimo dei proprietarii: offre loro un van
taggio momentaneo e limitato, mentre distrugge le speranze di un progresso più
largo « durevole. Noi, quando esaminammo le varie specie di rendite da paesani,
abbiamo veduto che, mentre esse durano, la depressione dei coltivatori impedisce
il progresso di quei mutamenti nel modo di tenere la terra, che l'agiatezza e
l'interesse dei proprielarii richiederebbe a misura che la società ne divenga ca
pace; e quando il capitalista entra in iscena come un elemento a parte nella so
cietà, egli è chiaro che al proprietario interessa di vedere ogni piocolo tratto di
terra beneficato dal concorso di tutio il capitale ausiliario che la ricchezza del
paese possa offerire, divenuto sempre più produttivo per mezzo dell'industria e
delle forze, che l'intelletto, il sapere e l'esperienza possano creare. Queste sono
(1) Riewdo, pp. 118, 138. V. i passi sopra citati Mila nota a p. 158.
244 jottis.
sorgenti di rendite le quali non portano seco alcuna cagione di ristagno o di
decadimento ; e le quali, per un'epoca indefinita, possono continuare ad innalzare
le rendite e l'influenza dei proprietarii, quand'anche il numero e la ricchezza
delle altre classi si vada attorno a loro rapidamente moltiplicando. Abbiamo
veduto che, mentre queste cause salutari agiscono, la potenza e la ricchezza del
paese si avanza, il territorio diviene capace di nutrire una popolazione più nu
merosa, ed il capitale ed il reddito di questa popolazione più numerosa riceve
continui e considerevoli accrescimenti. Le circostanze adunque che più riescono
essenziali alla continua prosperità dei proprietarii sono pure essenziali alla ric
chezza ed alla forza della nazione. 1 miserabili guadagni che è possibile fare
attenuando il godimento di un popolo impoverito, non distruggono meno la po
tenza prolifica delle rendite, di quel che riescano dannosi alle classi produttrici.
Pari a tutti gli altri ordini della società, esse sono interessate a diminuire i red
diti di coloro che partecipano al prodotto del suolo. Come nel caso di tutte le
altre classi, i loro guadagni, provenienti da una tale diminuzione, riescono limi
tati, scarsi e temporanei, laddove la permanenza ed il pieno svolgimento della
loro prosperità, può solamente assicurarsi, quando procede di pari passo con la
ricchezza, la potenza e l'industria del popolo.
Fu dunque un errore il supporre che i proprietarii abbiano qualche cosa di
speciale nel trovarsi qualche volta in una condizione opposta all'interesse di tutti
gli altri ordini. Fu un errore più grave quello che li fece riguardare come un'ec-
cezione a quella regola generale della Provvidenza, la quale ha voluto rendere ste
rile e fuggitivo ogni vantaggio, che una classe della società ricavi a spese delle
altre: che i proprietarii sieno i soli ad avere una sorgente di prosperità non comune
con quella di tutti gli altri cittadini, e costituiscano una classe, distinta dalla
miserabile singolarità di non avere alcun altro interesse, nel progresso dell'in
dustria e della ricchezza nazionale, fuorchè quello di essere in perpetua ostilità
con tutto il rimanente dell'uman genere. .
Noi abbiamo allora veduto che le rendite possono crescere per effetto di una
diminuzione nel prodotto del capitale ultimo ad impiegarsi sul suolo seguita da
un trasferimento verso i proprietarii di una porzione del prodotto degli antichi
terreni, sufficiente a parificare la rata delle classi produttrici su tutti i terreni
posti in coltura : — che la rendita così generata non accresce per nulla l'insieme
dei redditi nazionali: — che essa rende comparativamente minore la somma
riunita delle mercedi e dei profitti ; — che è minore di quanto sarebbe stata,
se nessuna diminuzione fosse avvenuta nel prodotto del capitale agrario: — che
nessun positivo decremento nella somma delle mercedi e dei profitti, necessa
riamente segue, perchè la cresciuta produttività delle classi non agricole possa
bilanciare, o più che bilanciare, la decresciuta potenza dell'industria agraria: —
che questa causa dell'aumento di rendita non è, come le due cause dapprima
esaminate, costantemente in azione, o a misura che i popoli crescono in numero
ed in ricchezza ; — che la sua presenza ed influenza nell'elevazione delle rendite,
non sono attestate dalle circostanze che ordinariamente si citano come i più certi
indizii della sua azione; — che dove il numero relativo della classe non agraria
si sia accresciuto, o jlove la rata del prodotto spettante ai proprietarii non si sia
accresciuta, havvi una forte e decisiva ragione di credere che questa causa per
nulla abbia contribuito a qualunque incremento che fosse avvenuto nelle rendite
RENDITA DA FITTAtUOt.t. 245
(1) «Trattando dei profitti del capitale, è necessario considerare i prracipii che
governano l'aumento o il ribasso della reodila ; giacchè Ja rendita ed il profitto hanno
un intimo rapporto reciproco». — Ritardo, Saggio sull'influenza, ecc., introduzione,
pi, — « I profitti generali del capitale dipendono intieramente dai profiui che renda
quella porzione di capitate, che sia stata l'ultima ad impiegarsi nella terra. Ricardo,
ivi, p. 20. — « Ha io credo di potere in modo soddisfacente provare che io ©gni so
cietà, la quate progredisca per ricchezza e popolazione, iudipeudentemente datl'effetto
delte mercedi generose o scarse, i profitti generali devono decadere, satvo che avven
gano miglioramenti agrarii, o che il grauo si possa importare ad un prezzo minore.
Sembra cio una conseguenza inevitabile dei principii che abbiamo stabiliti come regola
tori del progresso detta rendita. — Ricardo, ivi, p. ». — Ma coloro che conoscono beue
le opere di Rieardo, noo avranno bisogno dì attre citazioni per sapere la maniera in
cui le sue idee, riguardo alla sorgente peculiare delle rendite, servano di base a tutti
i suoi ragionamenti sulla distribuzione delle ricchezze.
(t) « Se, colt'iutroduzione della coltura avvicendata, o coll'uso di un più energico
concime, io posso ottenere il medesimo prodotto con un minor capitale, la rendiia si
abbasserà». — Rieardo, rVtncip»», secenda ediz., p. 68. —La citazione di questo strano
passo avrebbe dovuto esser Uita innanzi. Ritardo passa ad argomentare che, net caso
da lui supposto, la terra necessariamente sarebbe tratta fuori dada eoiuvazwue, « e una
parte diversa e più produttiva vi sarebbe, la quate formerebbe il tipo con cui ogoi
attra dovrebbe paragonarsi». -Il lettore ha veduto (p. 2I8J io qual maniera l'intro-
duziooe detla cottura dei ravizzoni, e la sua graduate diffusione a misura che la po
polazione cresceva, ha innalzato la rendiia d'una gran parte dell'Inghilterra, e spinto
la coltivazione verso uà gran numero dì terreni che prima erano incotti, molti dei quali
pagano una rendita.
RENDITA DA F1TTAR0LI. 947
(1) Io dovrei forse eccettuare i Paesi Bassi; ma avrò più tardi l'occasione di ino
ltrare che, quantunque colà le rendite da fittaiuoli prevalgano, pure la loro condizione
economica è molto diversa da quella dell'Inghilterra.
RENDITA DÀ F1TTA1U0LI. 249
Nello scorrere questo argomento delle rendite da fittaiuoli, non è facile, forse
non è ancora desiderabile, di evitare che dalla loro contemplazione in un punto
di vista astratto e generico, si passi all'applicazione dei priucipii che nascono
da un tale esame, rivolgendoli al caso speciale dell'Inghilterra, ed alle peculiarità
che distinguono la sua attuale condizione. Volendo io toccare di ciò, senza punto
entrare in ciò che comunemente si chiama politica, devo nondimeno fare alcune
osservazioni che mi sarehbe impossibile il lasciare indietro.
Noi abbiamo veduto che il fermo pregresso dei proprietarii dipende molto
dalla crescente ricchezza ed industria del fitiamolo o capitalista agrario. Nes
sun passo può farsi in agricoltura, nessun migliorameuto di metodo, nessuna
nuova forza può introdursi nell'arte di usufruttare la terra, che, adottandosi ge
neralmente, non debba, per l'inuguaglianza dei suoi effetti sulla superficie del
suolo, innalzare la massa delle rendite. La proprietà, l'energia e l'attività men
tale dei finainoli, sono cosi il principale, l'unico permanente mezze, su cui pos
sono i proprietarii contare. Ogni causa qualunque che diminuisca la loro ric
chezza, la loro sicurezza, la loro fiducia ed energia, deve proporzionatamente
riuscire dannosa agli interessi dei proprietarii. Havvi, io credo, pochissimo a du
bitare che, se i mutamenti e le fluttuazioni che avvennero dopo la pace, non
avessero mutilato i mezzi e rallentato le intraprese dei fitiamoli, avrebbero, dif
fondendo i buoni metodi della coltivazione nei luoghi ove non penetrarono an
cora, prodotto una gran massa di rendite che oggi non esistono. La loro non
esistenza è certamente una grave e gratuita sventura pei proprietarii , e forse la
maggiore che abbian sofferta; perchè se non fosse avvenuta, i loro redditi, in
onta alle mutate circostanze del paese, sarebbero rimontati all'antico loro livello.
Ma i proprietarii non soffrono solamente quando il nazionale progresso, svilup
pando le forze del suolo, viene difficoltato dall'impoverimento e dallo scoraggia
mento dei linaiuoli. Le classi non-agricole soffrono dal canto loro, e ciò in tal
modo, e fino a tal punto che non è il meno formidabile, perchè non è facile cal
colare accuratamente la perdita nel suo progresso e diffusione, o misurare il suo
"preciso ammontare. È probabile che, dopo avere provveduto al proprio consumo,
11 valore del prodotto cambiato dagli agricoltori coi non agricoltori, non è meno
di 100 milioni. Questo fatto può ben mostrare la reciproca dipendenza delle due
glandi classi dello Stato. Supponiamo che spaventati da perdite e da pericoli,
i linaiuoli ritirino un quarto della loro annua spesa dalle operazioni della col
tura. Questo è un metodo cheohiunque conosca gli affari del paese concepirà di
potersi tranquillamente e quasi impercettibilmente eseguire, adoperando meno
lavor.0, o prendendo in fitto una minore quantita di terreno. Se una proporzio
nata diminuzione di prodotto ne seguisse, e quindi una simile diminuzione di
traffico interno fra gli agricoltori e i non-agricoltori, il decremento nella domanda
dei prodotti dell'industria di questi ultimi sarebbe considerabilmente più che ana
logo al decremento di domanda che terrebbe dietro alla distruzione d'una metà
del commercio coll'estero. Io non dico che un tal caso sia avvenuto, o che pro
babilmente avverrà, quantunque abbia udito alcune ardite opinioni su tal materia,
\
RENDITA DA FITTA1U0LI. 251
lamente distrutto Ja felicità dei contadini, e corrotto i loro costumi, come lavo
ranti e come uomini. Questi effetti si son generati in modo da non lasciare al
cun dubbio. Gli ultimi disturbi avvenuti nelle campagne per effetto di mera
ignoranza, si possono attribuire a qualche peculiare penuria. La tempera, i senti
menti e le delusioni, da cui nacquero, si sono formati nel corso di qualche
tempo. I tumulti avvenuti potevano prevedersi da quanti (ed alcuni li han pre
veduti) fossero famigliari col modo pratico di agire, e coi risultati del sistema: '
e fino a che esso non sia annichilato, o essenzialmente e radicalmente alterato,
simili disturbi non saranno mai statigli ultimi, nè i più dannosi. Ad ogni modo,
qualunque sia il male che abbian recato, si può riguardarli sicuramente come
uno fra gli effetti e gl'indizii degli snaturati sentimenti da cui provengono. La
nostra legislazione su tal materia è stata cattiva, e merita senza dubbio gran
parte del biasimo che si è' riversato sugli omeri di coloro che ne hanno ammi
nistrato l'esecuzione. Ma se anche l'amministrazione fosse stata irreprensibile,
le lèggi eran cattive in se stesse: e quindi, talvolta perchè male eseguite con
buonissime intenzioni, talvolta perchè male eseguite con intenzioni assai dubbie,
il fatto è che i poveri gradatamente sono stati condotti in una condizione in cui
ragionevolmente attribuiscono tutti i loro mali ai loro vicini, ai quali si trovan
soggetti, e che sono per essi la sorgente visibile di tutti i beni ed i mali che loro
toccano in sorte. Quando gli uomini si trovano in tale condizione, le conse
guenze sono eminentemente fatali, e naturali ad un tempo. Possiamo noi mera
vigliarsi se il loro carattere si sia intristito, e le loro idee intorno al giusto ed
all'ingiusto, ed all'irragionevole si sieno pervertite? Il fatto è, che il più perico
loso germe di disordini politici si è per lungo tempo venuto spargendo in questa
classe della popolazione, generandovi un sentimento di astio verso i suoi imme
diati superiori ; e fra di tanto i suoi principii e le sue abitudini han preso un
carattere che nou possiamo far a meno di compiangere; che i saggi possono fa
cilmente far risalire a delle cagioni su cui i poveri medesimi non hanno alcun
dominio; ma che difficilmente può generare la fiducia e la buona volontà di co
loro che han da fare con essi ; e tende perciò a perpetuare ed accrescere il mal
umore fra i lavoranti e coloro che debbono governarli e promuovere la loro
fortuna.
Queste cause e questi effetti ci han dato un doloroso esempio del vincolo
che passa tra il male morale e l'economico. Il primo è stato compiuto; l'onestà
dei lavoranti, il sentimento del proprio decoro , il loro valore nel carattere di
operai, ogni speranza di migliorare la loro condizione per mezzo della buona
condotta, dell'industria, della prudenza; il sentimento dei loro reciproci doveri
e diritti, come padri e figli; tutte insomma le abitudini e tutti i sentimenti che
contribuiscono a costituire il buon cittadino e l'uomo dabbene, furono compro
messi o forse ancora compiutamente distrulti.
Nessun rimedio tendente a migliorare la condizione dei poveri può meritare
il nome di saggia provvidenza se non sia di un'indole abbastanza generale e
complessiva per farci sperare sollievo o guarigione a tutte queste infermità. Io
rienz.'i. Io nondimeno dovrei forse dire che la mia esperienza personale è stata limi
tata ai lavoranti agrarii, ed alle contee del Kent e del Sussex.
254 jones.
non credo che si debba disperare di rinvenire un rimedio di tal genere: l'idea
di una distribuzione di terre a tale intento, è stata abbastanza discussa e pro
vata, per permetterci di giudicarne l'efficacia. Se il paese potesse, modificando le
leggi esistenti, od introducendone delle nuove, adottare generalmente un tal si
stema, riuscirebbe non solo a raddolcire nelle campagne la penuria attuale ed i
pericoli da cui son minacciate per efi'etto delle leggi sui poveri; ma a sradicare
la vera sorgente del male, cioè rompere affatto e per sempre il legame che passa
tra le leggi dei poveri ed i lavorami validi di corpo (1). Nei frattempo, sarebbe
un pericoloso esperimento pei capi di uuo Stato posto in tale condizione, l'in
crocicchiare le loro braccia, ed attendere l'avvenire. Gli sforzi individuali lenti,
e troppo spesso dubbii ed imbarazzati , non possono generare una forza suffi
ciente per arrestare il progresso del morale contagio che si è da lungo tempo
propagato fra noi, e che. sta già per soffocarci. È necessario ricorrere alla le
gisìazione , ed una legisìazione ampia e decisiva, quale la gravità del caso la
richiede; ma al tempo medesimo (sarebbe soverchio il dirlo) condotta secondo
uno spirito così calmo e benefico, come dev'esser ferma e risoluta; e sempre
guidata, lo speriamo, dal grande scopo di promuovere la prosperità delle classi
lavoratrici, come quella che l'orma la base migliore e più salda della prosperità e
pace nazionale. ../«.-.
. lo devo aggiungere, su tal soggetto, che nessun metodo tendente a soppri
mere le pretensioni degli operai validi sui soccorsi delle loro parrocchie, mi
sembrerà giusto od utile, se non quando sia combinato in modo da collocarli ,
non solamente come ultimo risultato, ma ad ogni passo che si vada compiendo,
in una condizione non solamente analoga a quella io cui sono attualmente, ma
affatto migliore. Senza dimenticare o coonestare le loro colpe attuali, dobbiamo
nondimeno ricordarci che il miserabile sistema, per effetto del quale i migliori
loro principii, e fino a certo punto la loro libertà di corpo e di mente , sono
stati barattati, per così dire, contro il soccorso della lassa dei poveri, non era
nò immaginato uè desiderato da loro ; e sarebbe vano ed ingiusto il contare
sopra dicessi, perchè facciano ogni sforzo onde liberarsi dagli effetti di mi tal
sistema, salvo il caso in cui distintamente si faccia loro vedere che, non il ri
schio, o la perdita, o i patimenti, ma il guadagno ed il premio, è ciò che si
venga loro ad offrire.
Bisogna ricordarsi che la decima e le leggi pei poveri qui si sono soltanto
considerate come influenti sulla questione generale delle leggi sui grani, e per
mezzo di una tal questione influenti sull'armonia delle classi agrarie e non agra
rie, e sulla loro ferma cognizione della comunità ed indivisibilità dei loro iute-
CONCLUSIONE.
Nota. Ili si è detto che io ho troppo insistito sulla possibilità di confondere il carattere
dei ryots come inquilini, coi loro diritti come creditori occupanti del suolo. Io ho ag
giunto la nota Vili nell'Appendice, in cui questo punto è considerato, sull'autorità del
colonnello Tod nella sua ultima opera intorno al Rajast'han.
APPENDICE.
Ivi, pag. 382. — A sei ore noi arrivammo in un piccolo villaggio lontano
circa un miglio dalla sponda, e facilmente ottenemmo di passare la notte in
una sopportabile capanna, che apparteneva ad un marinaio inglese là sta
bilitosi. Egli ci ricevette con molta urbanità, ed uccise un porco per darci
da cena, il quale, infornato con le radici di larrow, ci forni un pasto ec
cellente. • •
Ivi, pag. 883. — Il marinaio inglese mi raccontò che tutta la terra di quei
contorni apparteneva a Krimakoo, il ministro del re, ordinariamente chiamato
billypil, dal quale egli ne aveva ricevuto sessanta acri. Sopra una parte di essi
aveva piantato dei tarrow , che formavano la sua sussistenza' il resto gli
era, egli disse, inutile. Quest'uomo viveva in un'estrema miseria; coverto di
una vecchia camicia e di vecchi pantaloni, più sucidi e laceri di quello che mai
potrebbesi immaginare; ed era così sfigurato da una folta barba cresciutagli da
molte settimane, da parermi d'un aspetto assai più selvaggio che quello degli
isolani.
Senza accordare molto peso ai ragguagli datimi da questo povero coltivatore,
trovai molto interesse in ciò ch'egli mi raccontava , e mi fece pietà l'abbietta
condizione di dipendenza alla quale trovavasi ridotto. Fra le altre sue doglianze,
egli si sfogava amaramente, e ben a ragione, contro la tirannia dei capi, i quali
si credono in diritto di possedere tutta la ricchezza privata che nasca sopra i lor
fondi, e metter mano su qualunque cosa che vogliano, appartenente alle infime
classi. Mi disse che, ovunque un individuo industrioso mettesse a coltivare una
quantità di terra, maggiore di quella che occorra per la sua sussistenza, o alle
vasse un gregge qualunque, il capo, appena informatone, non esiterebbe ad im
possessarsene. Il che avviene indipendentemente dall'uso dei doni e dei tributi.
Ogni menomo dollaro ottenuto per via di traffico cogli stranieri, bisogna, se si
può, celarlo, sotto pena d'incorrere nella collera del signore. Alla medesima op
pressione son soggetti gli Europei; e questa generale mancanza di sicurezza
nella privala proprietà , è la causa che soffoca ogni idea d'industria e di pro
gresso , tanto fra di loro, quanto presso gii abitanti naturali del paese.
262 jonbs.
Ivi, pag. 412. — La sera dello stesso giorno io diedi il mio addio al gover
natore Coxe, rome lo chiamavano , e andai a visitare un marinaio americano,
che da cinque anni erasi stabilito in quest'isola, e vi coltivava una piccola
fattoria appartenente a quel capo. Essa consisteva di pochi acri piantati a (ar
roto, nel mezzo di un bel frutteto , fornito di banani ed altri alberi, con
pascolo per un gran numero di capre; e ciò, insieme ad alcuni maiali e polli,
rendevano ricco quest'uomo agli occhi di tutti i suoi vicini. La sua capanna era
ben fabbricata, ed essendo coperta di stuoie, noi vi riposammo comodamente la
notte. Egli apprezzava la sua condizione attuale, e la reputava molto preferibile
alla vita del mare; ma nondimeno dolevasi della mancanza di sicurezza nella
proprietà che godeva in questo paese. Mi disse, come altri mi avevan detto, che
non avrebbe osato di tentare alcun miglioramento nella coltivazione della sua
terra, per timore che la sua proprietà eccitasse la cupidigia del rapo, il quale
non avrebbe esitato ad appropriarsi ogni cosa. Anche nello stato in cui era ,
aveva molte piccole vessazioni da soffrire, secondo i capricci del capo, e le isti
gazioni dei suoi consiglieri ; e se poteva conservare la sua possessione attuale,
ciò gli costava una continua docilità a tutte le domande del signore, ed uno stu
dio continuo di conservarsene la grazia per mezzo di ripetuti regali.
IH, pag. 114. Viaggio da Vienna alta Bassa Ungheria, di Ricardo Bright,
pag. 144. — Ma se il signore ha poca ragione di essere soddisfalto, il contadino
ne ha anche meno di rallegrarsi della sua condizione. Nulla può esservi di me
glio ideato per rendere affatto dipendente dalle eventualità di buona o cattiva
raccolta la condizione della grande ed indispensabile parlo della società, la classe
lavoratrice. Un capitalista può, per uno o due anni, affrontare la fallita raccolta:
ma il contadino, che nulla possiede al di là del suo fondo, appena che un vento
soffi dall'est in una notte, appena che una grandine cada, appena che un fiume
straripi, si trovorà costretto a morire di fame , o vivere a carico del suo si
gnore. Del che io ho veduto una prova, non solamente nei distretti vitiferi del
APPBKDICE. 263
IV, pag. 144.— Barnet, Prospetto delto stato attuale della Polonia, pag. 85.
— Quando un giovane contadino si ammoglia, Il suo signore gli assegna una .
data quantità di terra, bastevole a mantenere lui e la famigla in quel miserabile
tenore di vita a cui si trovano avvezzi. Se la famiglia si fa numerosa, la terra
riceve qualche piccolo aumento. Al medesimo tempo, la giovine coppia ottiene
ancora un po' di bestiame, per esempio, una o due vacche, con i giovenchi ne-
cessarii at lavoro della loro terra. Questi animali si pascono nella stalla od in
luoghi aperti nei boschi, secondo che la stagione permetta. Il padrone dà loro
anche una capanna e gli strumenti della coltivazione, dà loro insomma tutto il
loro piccolo capitale. In ricompensa di tali concessioni, il contadino è obbligalo
a consacrare per lui la metà del suo lavoro ; cioè lavora tre giorni della setti
mana per il padrone, e tre per se stesso. Se un animale muore, il padrone lo
sostituisce-, il che favorisce la negligenza del contadino, dimodochè la perdita o
la morte di questi animali riesce molto frequente. Quando un coltivatore prende
a fitto un gran podere, 1 villaggi in essi contenuti, con lutti i loro abitanti, si
considerano come compresi nel contratto; e il fittaiuolo acquista il diritto al
lavoro dei contadini per la coltivazione del podere, ed alle medesime condizioni
sotto le quali essi sono obbligati verso il signore Se un fondo si vende, i vas
salli sono del pari trasferiti col suolo al nuovo padrone, e rimangon soggetti
alle antiche obbligazioni. I coltivatori polacchi, adunque, sono ancora in istato
264 junhs.
di schiavitù, e relativamente alla loro esistenza politica sono affatto vassalli dei
loro signori come nei barbari tempi del feudalismo. Essi non han diritto di ab
bandonare il suolo, fuorchè nei pochi casi di una liberazione compiuta; se an
che il potessero, questo diritto nella maggior parte dei casi è puramente nominale;
infatti, dove andrebbero mai? Si potrebbero, è vero, ritirare nelle foreste, dove
difficilmente sarebbero inseguiti ; ed è probabile che nei tempi passati molti ri
corressero a questo espediente per sottrarsi alle crudeltà di un padrone tirannico.
Ma il fuggire nei boschi sarebbe contrario al loro interesse. Lasciare poi il terri
torio di un signore per quello di un altro, sarebbe quasi sempre cosa impratica
bile; giacchè, qual proprietario vorrebbe accogliere un vassallo fuggiasco, e cosi
incoraggiare lo spirito di rivolta? Inoltre essi, attesa la loro condizione , non
possono vendere il loro lavoro indifferentemente a questo o a quel padrone;
e quand'anche tutte codeste difficoltà non esistessero, la grande estensione delle
fattorie polacche, e il difetto che ne consegue, di un coltivatore intermedio, ba
sterebbe in molti casi ad impedire il cangiamento di padrone.
Dicesi che alcuni fra i contadini aumentano il piccolo capitale loro affidato,
accumulando una certa proprietà; ma la loro condotta è molto più frequente
mente segnalata dalla trascuraggine e dalla mancanza di previsione. Gli esempi
nondimeno di quest'accumulazione cominciano a moltiplicarsi; perchè uno fra
gli effetti della ripartizione è stato che i contadini si trovano meno soggetti ad
essere depredati. Generalmente parlando , non sembra che questa concessione
di terra e di bestiame sia o debba essere più di quanto basti rigorosamente alla
lor sussistenza. Io feci una volta un breve viaggio con un nobile polacco, quando
ci fermammo a prendere un ristoro nella fattoria di un villaggio, cosa che ho
sopra menzionata come ordinaria nel paese. 1 contadini, saputa la presenza del
loro signore, si assembrarono in numero di venti o trenta e vennero a presentar
gli una petizione. Non sono mai stato così colpito dalla loro apparente miseria, e
dal contrasto che faceva con la condizione del loro padrone. Io era ad una certa
distanza e mi accorsi che egli non aderiva alle loro suppliche. Quando li con
gedò, ebbi la curiosità di domandare che cosa chiedessero; ed egli mi disse che
domandavano un aumento di terra, sulla ragione che le loro varie partite fossero
insufficienti ad alimentarli. Aggiunse poi « non posso contentarli , perchè la
quantità che attualmente possiedono è quella che suole accordarsi; e come è
stata bastevole finora, lo sarà in avvenire. Io so per altro, soggiunse, che se
ne accordassi ancora un poco , ciò non servirebbe per nulla a migliorare la
loro condizione ».
La Polonia non presenta esempio di una persona più umana che quella a
cui era' diretta questa petizione cosi ragionevole in apparenza; ma bisogna con
fessare ch'egli ebbe delle buone ragioni per ricusarsi. Quegli esseri degradati e
miserabili, invece di accumulare il piccolo sopravvanzo dei loro averi, sono quasi
tutti avvezzi a spenderlo in quell'abbominevole liquore che chiamano schnaps. È
incredibile la quantità che se ne beve, tanto dai contadini che dalle loro donne.
Mi si è detto che una donna soleva abitualmente tracannarne una pinta ed anche
più. Io stesso ho veduto una di quelle povere donne portata da due uomini , e
così ubbriaca da non potersi in verun conto regger sui piedi. Non vi è dubbio
che l'abuso di questo whiskey (se cosi può chiamarsi senza nobilitarlo) dovrebbe
enumerarsi fra le cause precipue della scarsa popolazione della Polonia. Così
APPENDICE. 265
per lo meno i Polacchi lo considerano; ed il conte Zamoyski ha ultimamente
aperto una birreria in Gallizia, sperando di potere con questo mezzo contrariare
l'antica abitudine dello schnaps, sostituendo la birra in sua vece.
La prima volta che io vidi qualcuna di queste sventurate creature fu a Dan-
zica. Io era preparato, dalle mie letture, alla scena di una miseria singolare;
ma fui involontariamente colpito dalla realità; e il mio sentimento non rimase
punto temperato dall'istantanea ed inevitabile riflessione che mi trovava in un
paese ove si contengono a milioni gli esseri miserabili come quello che stava
davanti a me. Un'esclamazione di sorpresa mista alla compassione involontaria
mente mi sfuggi. Ma una persona spensierata insieme ed insensibile (ciò che
spesso è tutt'uno) stava vicino a me e mi rispose: « G signore! voi troverete in
gran copia persone simili a queste nella Polonia; e voi potrete urtarle o batterle,
o far loro qualunque cosa vi piaccia, senza che pensassero od osassero di resi
stervi ». Così, questo gentiluomo, colla maniera in cui parlò, mi sembrava ri
guardare come una specie di privilegio , l'avere nel suo paese quella classe di
esseri umani , su cui possano i nobili esercitare impunemente tutti i trasporti
della loro collera, e soddisfare le più capricciose passioni. Lungi da me lo at
tribuire i sentimenti di quest'uomo alla classe più colta ed incivilita fra i Po
lacchi. Ma queste accidentali e disaccorde espressioni mi fecero apertamente
conoscere il tenore dei sentimenti che esistono nel paese riguardo a quelle op
presse creature.
Pochi paesani si trovano in ogni gran feudo. Essi sono impiegati dai dome
stici negli ufficii più sucidi. Non hanno alcuna sorta di letti; cosicchè nelle notti
d'estate dormono come cani, in qualunque buco o cantuccio che trovino, sem
pre privi di coverture. Ma il freddo dell'inverno li spinge tutti nella sala del
castello signorile, ove ordinariamente si accovacciano insieme vicino alle stufe.
Ivi pure parecchi dei domestici vanno a spiegare i loro letti, e ne fanno la loro
stanza la notte. Frequentemente mi avvenne che, nel ritirarmi nella mia camera,
dopo la cena, urlava col piede uno di questi paesani gettatosi a dormire sopra,
la scala — spettacolo curioso ed affliggente! a vedere queste povere creature,,
nella loro estrema miseria, alloggiarsi nelle sale del palazzo!
Nel comunicare un ordine o un'istruzione a questi torpidi esseri, si suole-
adoperare un certo linguaggio duro ed urtante, quantunque colui che parla no»
intenda mischiarvi alcun sentimento di malvolenza; ma serve come di stimolo»
per iscuotere i loro sensi ed imprimere l'impulso necessario per l'esecuzione degli
ufficii più comuni. Non havvi effetto più deplorabile nella schiavitù che questa
paralisi delle facoltà che toglie allo schiavo anche il piacere della speranza che
lo riduca soltanto a sperare di poter vivere senza tormenti, e tirare innanzi la
vita in una monotona apatia! Se voi esprimete a qualcuno un sentimento di
compassione, comunemente vi si risponde con un'aria di perfetta indifferenza:
« Egli è bea vero, ma costoro vi sono già abituati ». Appunto, io pensava, colla
medesima impassibilità con cui si scortica viva l'anguilla.
Ivi, pag. 84. — Il loro vitto è scarsissimo, ed è raro che abbiano cibi ani
mali. Anche alle osterie, che non sieno nelle migliori città, nell'interno della
Polonia, è quasi impossibile procurarsi qualche cosa da mangiare. Ciò che hanno
di meglio è il loro latte ed il loro cattivo cacio, nelle annate in cui abbondi; ma
266 .ione».
l'articolo principale del loro vivere consiste in quel grossolano pane di riso,
del quale ho parlato, e che più volte ho tentato invano di poter inghiottire.
Ivi, pag. 102. — Fino al regno di Casimiro il Grande, circa la metà del
secolo XIV, i nobili Polacchi esercitarono sui loro vassalli un illimitato diritto
di vita e di morie. Nessun magistrato, neanche il re medesimo aveva facoltà di
punire o frenare la loro barbarie. Se un atto di brutate crudeltà commettevasi
da un magnate sullo schiavo di un altro, egli era allora soggetto a risarcirne il
possessore, come violatore della sua proprietà, non come autore d'un delitto.
Questa barbara potenza dei nobili sulla condizione e sulla vita dei loro vassalli,
fu riconosciuta da Casimiro nell'anno 1566. Egli aveva un'anima sensibile al
loro duro destino , e si sforzò di mitigarne la severità. I paesani, trovandolo
loro amico, ricorsero soventi a lui per dolersi delle ingiurie che ricevevano: « E
che? (disse indegnato qualche volta il sovrano) non avete voi nè pietre, nè mazze
per difendervi ? »
Casimiro fu il primo che si arrischiasse a prescrivere una multa per l'ucci
sione d'un contadino. E come era stato in uso, alla morte d'un paesano, che il
padrone s'impossessasse dei suoi pochi averi, così fu decretato che in tal caso
il parente più prossimo li ereditasse ; e che se il padrone gli usurpasse qualche
cosa, o attentasse all'onore della sua moglie o della sua figlia, il villano potesse
abbandonarlo e portarsi ovunque più gli piacesse. Decretò inoltre che ogni con
tadino potesse arruolarsi come soldato, e con ciò divenire uomo libero.
Queste umane provvidenze nondimeno furono male osservate in appresso ;
perchè le leggi non giovano, se manca la forza di esigerne l'ubbidienza. Havvi
un'antica massima polacca, « che nessuno schiavo può litigare col suo padrone » :
quindi la legge riguardante l'eredità dei villani rimase lettera morta. Nè fu mai
possibile di riscuotere la multa imposta per l'assassinio in persona d'un vassallo,
attesa la moltitudine delle prove che erano necessarie per provare la reità d'un
nobile. Pure questi furono i soli tentativi fattisi per migliorare la condizione dei
villani fino all'anno 1768, quando si emanò un decreto, col quale l'assassinio
d'un contadino fu dichiarato capitale delitto. Ma anche questa provvidenza fu
una vera maschera di giustizia: perchè a provare il fatto degassassimo si pre
scrissero tante condizioni indispensabili, che ben raramente riusciva di poterle
riunire. L'assassino doveva non solamente esser colto sul fatto; ma questo fatto
doveva inoltre provarsi con la testimonianza di due gentiluomini o di quattro
vassalli! Questi editti insignificanti, resi inefficaci per la forza dell'abitudine ,
non furono i soli ostacoli che contrariassero l'elevazione dei vassalli polacchi al
rango di uomini. Nelle leggi polacche esistevano numerose e positivo ordinanze,
concepite in modo da sembrare che volessero espressamente perpetuare la schia
vitù. Fra le altre, le più oppressive sembrano essere state quelle che davano ai
nobili la facoltà di erigere tribunali sommarii non soggetti ad appello, e per
mezzo dei quali essi infliggevano qualunque pena credessero ai delinquenti , o
coloro che amassero considerare come deliquenti. Le evasioni dai loro villaggi
erano sovrattutto rigidissime; il che prova ad un lem po e la gravezza delle loro
oppressioni, e l'esistenza di frequenti tentativi di fuga.
, Ivi, pag. 110. — Chiunque getti per un momento lo sguardo sui miserabili
APPENDICE. 267
villani della Polonia, comprenderà sull'istante che dei secoli bisogna ancora
trascorrano prima che possano elevarsi al rango di esseri inciviliti. Se s'in
contrano in mezzo alle nevi d'inverno, vi sembreranno torme di bestie selvag
gie, piuttostochè gruppi d'uomini; ma colla trista differenza che sono affatto
privi di quella stessa energia che forma il carattere della natura selvaggia. 1 loro
grossi mantelli, le loro forme curve e squallide, i loro capelli sucidi e scompo
sti, il loro sguardo pesante e stupido, la lentezza dei loro movimenti, tutto com
bina a presentarvi un'immagine che avvilisce l'umanità, e genera nel cuore un
ribrezzo a sentirne l'orrida simpatia che vi destano !
Ivi, pag. 105. — Alcuni sforzi individuali si sono fatti, tendenti ad abolire
la schiavitù dei villani polacchi. Nell'anno 1760 il cancelliere Zamoyski af
francò sei villaggi nel Palatinato di Massovia. Questo sperimento è stato molto
vantato da Mr. Coxe, come coronato dai migliori effetti; ed egli asserisce che
il cancelliere, dopo, un tal esempio , si decise ad affrancare i paesani di tutti i
suoi fondi. Ambe queste asserzioni son false. Io m'informai con particolarità, da
suo figlio l'attuale conte Zamoyski riguardo ai sei villaggi, ed egli ebbe il dolore
di dirmi che l'esperimento era affatto fallito. Il conte disse che, da pochi anni
innanzi aveva venduto il suo fondo, perchè situato nel territorio prussiano , e
quindi non ne sapeva adesso alcuna nuova. Aggiunse, io fui ben lieto di libe
rarmene, per la gran pena che i villani mi costavano. Questi esseri degradati ,
al ricevere la libertà, andarono in pazzia senza sapere , sembra , di che cosa.
Non avendo alcun chiaro concetto della libertà, ed immaginandola come la fa
coltà di fare tutto ciò che loro piacesse, caddero in ogni specie di eccesso e di
stravaganza che le loro circostanze potessero loro permettere. L'uhbriachezza,
invece di essere eccezionale, divenne la loro abitudine ordinaria; le risse e i disor
dini si sostituirono alla quiete ed all'industria; il lavoro indispensabile fu so
speso, le terre furono men coltivate che mai; e le piccole rendite che si obbli
garono a pagare non furono che rarissime volte soddisfatte. Pure, che cosa mai
ciò prova? Prova forse che la schiavito sia preferibile alla libertà per una gran
parte dell'uman genere? Orribile deduzione! ma prova certamente ciò che prima
erasi più volte provato, che noi possiamo esser troppo precipitosi nelle nostre
riforme; e che la benevolenza mal guidata può non di raro convertirsi in isven-
tura, quando più sembri tendente a diffondere il Itene.
In ogni. caso in cui le misure benefiche falliscano allo scopo, il gran pericolo
è che noi ci stancassimo nei nostri sforzi, e concludessimo col riguardare im
possibile ciò che in fatto avremmo dovuto soltanto astenerci dall' effettuare con
precipitanza.
... ) . .• . .
Ivi, pag. 109. — L'attuale conte Zamoyski , figlio dell'ultimo cancelliere,
non si è punto scoraggiato al cattivo successo delle operazioni fatte da suo pa
tì re, e continua a meditare un esteso progetto di miglioramento nella condizione
dei suoi vassalli. lUa egli ora sa che bisogna procedere cautamente, e non cor
rere il rischio di non far nulla, volendo far troppo. Intende emancipare i suoi
vassalli gradatamente, dar loro pochi diritti dapprima , ed incoraggiarli colla
speranza di nuovi vantaggi, sotto condizione di buona condotta. In breve , il
suo principio è quello di ritenere celle sue mani la potenza di premiare e pu
268 JONES.
nire, perchè possa con questo mezzo stimolare l'industria, presentandole la spe
ranza di nuovi favori , e raffrenare la cattiva condotta minacciandole il ri
tiro dei primi favori accordati, fino a che, migliorati gradatamente, possano
senza pericolo lasciarsi intieramente liberi a vivere sotto la tutela delle leggi
comuni.
Ivi, pag. 121. — La coltivazione del suolo in Polonia, nel modo in cui è
condotta, implica poco travaglio e poca spesa, multo meno in verità di quel
che dovrebbe. Noi non vediamo in alcun luogo più che un bifolco col suo ara
tro, e con un sol paio di piccoli giovenchi occupati a maggesare un intiero
fondo. Non si conosce alcun ingrasso , ed il prodotto è proporzionalmente
meschino.
Ivi, pag. 124. — Il territorio di un nobile, del cui fondo io ho avuto l'op
portunità di accertare con qualche esattezza l'estensione , è di circa 5 mila
miglia quadrate, le quali producono un reddito di circa 100 mila ducati o 50
mila lire sterline: il che equivale a sole lire 50 all'anno per ogni 20 miglia
quadrate.
V, pag. 125. — Staio dei poveri dalla conquista alla riforma, di F. M.Eden,
voi. I. — Intorno alle agiatezze domestiche della gran massa del popolo, nelle
epoche immediatamente appresso la conquista, noi possiamo formarci un plau
sibile concetto, non ostante che manchino i fatti riguardanti la tira privata , a
fronte dei ragguagli che gli storici ci han dato intorno alla condizione politica.
Se si eccettuano i proprietarii baronali ed i loro vassalli, franchi tenitori e ple
bei, il rimanente della nazione, per un lungo corso di tempo , sembra essersi
trovata in uno stato di servitù, che, quantunque varia nei suoi effetti, era pure
uniforme nel suo principio, che niuno il quale fosse nato servo, o fosse caduto
in servitù, potesse acquistare alcun diritto assoluto a qualunque specie di pro
prietà (1).
La condizione nondimeno di quelle masse che erano in tal modo tenute lon
tane dai primi heneficii della vita sociale, non era, sotto altri riguardi, del pari
abbietta e miserabile : quelli che si chiamavano viltani grossi, stavano alla di
sposizione assoluta del loro signore, ed erano trasferibili per contratto di ven
dita o cessione, da un proprietario ad un altro. Essi principalmente s'adopera
vano nei servigii domestici, ed erano così numerosi da costituire un notabile
ramo del commercio inglese. Un autore, che viveva sotto Enrico II, ci dice che
se n'erano trasportati tanti in Irlanda da ingombrarne assolutamente il mercato;
ed un altro dichiara che, dal regno di Guglielmo I sino a quello del re Gio
vanni, non vi fu quasi una capanna in Iscozia che non possedesse qualche
schiavo inglese. Eran questi probabilmente i prigionieri presi nelle irruzioni che
' ' ~~ v
(1) Lilt. §. 177. — Questo fu pure il caso della Scozia: « Nino servo può com
perare la sua libertà co' suoi proprii beni od averi, perchè tutti i beni e bestiami di
tutti i servi sono io potere e domioio del padrone e che senza consenso del suo pa
drone ei non puo redimersi dalla schiavitù co' suoi proprii danari o moneta ».
Vedi lìeyiam Majestatem o le Antiche Uggì di Scozia, Buke, Il, cap. 12.
APPENDICE. 269
Ivi, pag. 13. — Tra la conquista ed il regno d'Edoardo III nacque una
classe media la quale , quantunque non abbia immediatamente acquistato la
piena potenza di vendere il proprio lavoro al miglior offerente, pure non fu sog
getta agli imperiosi capricci d'un padrone, ed agli illimitati servigli della servitù
personale. Di questo genere furono gl'inquilini servili del feudo, i quali quan
tunque potessero occupare piccole porzioni di terra per proprio uso, pure in
certe epoche dell'annoeran chiamati a coltivare i fondi del barone. Prima del
regno di Eurico HI e di Edoardo I non se ne trovano molte menzioni nei docu
270 JONES.
menti antichi; ma nel periodo seguente si trova che, in tutte le occasioni nelle
quali importava al signore investigare lo stato de' suoi feudi e delle loro appen
dici, il valore delle terre arative o da pascolo, il numero dei panni, degli sta
gni, dei mulini, degli edificii non erano più minutamente investigati di quel che.
lo fossero il numero e la condizione degli inquilini servili , l'estensione e la na
tura dei servigli che erano obbligati a prestare. Era essenziale per lui il verificare
se quella parte delle sue terre, che riteneva in suo possesso diretto, potesse col
tivarsi senza chiamarvi lavoranti liberi: e quindi possiamo vedere la necessità
per la quale un barone acquistando un feudo, sia per compera o per eredità, e
gli agenti fiscali del re, nei casi di confische a favore della corona mai non
mancavano di raccogliere piene informazioni intorno ai diritti feudali o per
mezzo d'inchieste dirette, che nel secondo caso si facevano dai liberi proprietarii
della contea, e nel primo più ordinariamente si facevano dai principali inquilini
del feudo.
È da queste ricerche che noi possiamo forse ottenere i migliori ragguagli
possibili, riguardo all'antica condizione dell'agricoltura in Inghilterra. Spesso vi
si descrive molto minutamente la quantità delle terre arative, dei pascoli e delle
paludi; le epoche in cui le varie operazioni agrarie sieno da farsi; i doveri dei
servi agricoli, il loro vitto, e molte altre particolarità che grandemente giovano
a chiarire l'economia rurale degli antichi tempi. Da tali documenti sembra rac
cogliersi che, prima del regno di Edoardo I, la condizione dei villani erasi gran
demente migliorata, e che, invece di essere obbligati ad eseguire ogni ufficio do
mestico e servile che all'arbitrio del signore piacesse, avevano finalmente acqui
stalo il possesso delle terre, alla condizione di rendere taluni servigi che erario
o certi in quanto alla loro natura — come la mietitura del grano, nettamento
degli stagni, — o limitati nella loro durata — come la vangatura di due giorni
in un anno, o l'obbligo di prestarsi per tre giorni al trasporto delle legna appar
tenenti al signore. -
Un inquilino per villanaggio, costituito in tali condizioni non fu più propria
mente un villano. Egli era in verità soggetto ad eseguire alcuni lavori per il suo
signore, generalmente nelle epoche della semente e raccolta, sole stagioni in cui,
nei tempi di una ruvida agricoltura, si richiedono molte braccia; ma tìel rima
nente dell'anno egli era libero di esercitare la sua industria a proprio vantag
gio. Nell'anno 1257 troviamo che l'inquilino servile, chiamato a lavorare prima
del San Giovanni, riceveva una mercede; e nel regno di Edoardo I gli fu per
messo di farsi sostituire du un altro lavorante ; dal che risulta che già l'inqui
lino doveva possedere i mezzi di prendere in fitto un lavorante ; e non è natu
rale il supporre che un inquilino da villanaggio avesse facoltà di affittare un
villano puro (il quale, come abbiamo veduto, era legato alla terra del suo si
gnore); quindi si deve intendere che i lavoranti, presi in fitto dai coltivatori ser
vili, fossero o inquilini da villanaggio, i quali avessero tempo libero per aiutare
i loro vicini, oppure lavoranti liberi, i quali esistevano (quantunque forse in poco
numero) lungo tempo prima dell'epoca in cui troviamo nei documenti parla-
mentarii gli statuti dei lavoranti, decretatisi nel 1350.
VI, pag. 140 e 141. — MQHer tratta i Perieci come società tributarie, come
una specie di inferiori alleati, e nega che la loro condizione mai si fosse avvicinata
a quella degli individui soggetti a personale dipendenza: la loro condizione, egli
dice, « non ha mai avuto la più piccola somiglianza con quella della servitù »
(V. Tuffnelt e Lewis, pag. 30). Mi sorprende, come sembra aver sorpreso
Gcettting (V. il suo Aristotele, pag. 465), che si possa andar tanto innanzi
quant'è necessario per dare questo senso a tutti i Perieci in generale. Essi sem
brano che ogni dove sieno stati i naturali del paese ridotti dagli invasori stra
nieri ad uno stato di soggezione, meno servile in alcuni luoghi che in altri, ma
affatto simile alla servita in molti. Aristotele sembra averli veduti in tale stato
quando dice che essi potevano tenere benissimo il posto dei SovXot, e che li
preferiva come coltivatori (Vedi la nota alla pag. 80 del testo. Vedi Tinche
VAristotele di Goettting, pag 473). — (Jrbs quaevis autem Crelensium suos
habebat Pericecos indigenas quidem sed bello viclos, qui agrum caeteris cole-
bant: nec tamen armis iis uti licuit nec gymnasiis. ld ex institutione Minois
supererat, ut auctor est Aristoteles ».
Gceitting intanto è di opinione che questa classe di persone nè schiave nè
libere, ma d'un carattere intermedio, esisteva soltanto negli Stati dorici, e dice
apertamente che mancava affalto negli Stati Jonici (V. Arist. Poi. di Gcettting,
pag. 464). « Fondata erat autem haec dorica consumilo duabus maxime rebus:
diverso moderata? multitudinis jure et magistratuum descripta dignitate. Nam
cum civitaies jonicw originis non nisi liberos novissent et servos qui civitatem
constituerent, apud Dorienses medium quoddam genus inter liberos (Sparlanos)
et servos (Helotes) reperiebatur, Pericecorum nomine insignitum ». Questo è si
curamente un errore il quale conduce ad una falsa interpretazione del modo in
cui le antiche società greche, joniche, non meno che doriche, furono origina
riamente costituite. Ovunque una conquista avveniva, eravi sempre una classe,
sotto un nome od un altro, composta degl'indigeni soggiogati, e la quale non
prendeva posto nè fra i cittadini nè fra gli schiavi. Questa classe esistette, come
abbiamo veduto, fra gli Jonii abitanti dell'Attica. Il fatto sembra essere che,
quantunque quest'ordine si possa trovare in quasi ogni punto della Grecia, pure
nei soli Stati dorici la sua presenza e i suoi ufficii si tenevano come neressarii
a mantenere le particolari istituzioni introdottevi dai conquistatori. Altrove potè
sparire o trasformarsi, come nell'Attica, senza attaccare la costituzione dello
Stato.
Ivi, pag. 155-56. — L'affitto per una rendita in danaro è cosa nuova in
Toscana; è strano a dirsi, il signor Paoletti, scrittore praticissimo, gli si dichiara
contrario. Un campo in Toscana si chiama podere, e un certo numero di poderi,
riuniti sotto l'amministrazione di un fattore chiamasi fattoria. Il suo ufficio è
quello di badare perchè le terre sieno coltivate secondo i patti dell'affitto, ed il
proprietario abbia la sua metà. Queste fattorie spesso non sono più estese di
quanto basti per un paio di bovi ed otto o dieci individui coltivatori; cento per
tiche (questa misura sta all'acre come 25 a 38), un paio di bovi ed una ventina
di contadini. Mi si assicurò che i mezzaiuoli toscani (specialmente vicino Firenze)
sono molto agiati, che nei giorni di festa vanno vestiti benissimo, e non senza
qualche oggetto di lusso, come argento, oro e seta, e vivono abbondantemente
di pane, vino e legumi. Ciò può esser vero in alcuni casi, ma come un fatto ge
nerale è falso. Sarebbe assurdo il credere che i mezzaiuoli occupati a coltivare
tanta poca terra quanto basti ad un paio di bovi, possano vivere agiatamente;
ed una chiara prova della loro povertà si è che il proprietario, il quale fornisca
metà del bestiame, si trova spesso costretto di imprestare al contadino un po' di
danaro per procurarsi l'altra metà; ma nei loro contratti la rendita in danaro
entra per pochissimo, come avviene in Francia ecc.; e quindi non si può sperare
che una meschina agricoltura sotto questo sistema di affittare le terre. I mez
zaiuoli dei poderi lontani dalla città son cosi poveri, da dovere spesso ricorrere
al proprietario per il grano occorrente alla loro sussistenza: si cibano di pana
nero nel quale sou mescolate le vaccie ; bevono uà leggerissimo vino che chia
APPBHD1CB. 975
masi acquarello, di carne non ne hanno che le iole domeniche, ed i loro Testiti
sono dei più grossolani.
Ivi, pag. 157. — Nelle montagne del Modenese vi sono molti contadini
proprietarii, ma non ve n'è nella pianura. Qui, come in altre parti della Lom
bardia, un gran danno è la pratica dei grandi signori e dei possessori di terre di
mani-morte, che affittano a speculatori intermedii, i quali subaffittano a mez
zaiuoli : questo è il sistema che specialmente prevale in tutte le terre del demanio.
Ivi, pag. 158. — Le apparenze nel paese tra Reggio e Parma sono molto
inferiori a quelle che si presentano tra Modena e Reggio : cattive siepi, case mal
costruite, nere, succide. Tutti qui som mezzaiuoli ; il proprietario fornisce be
stiame, e metà di semente, e paga le tasse; il contadino fornisce gli arnesi. Nei
ducati di Parma e Piacenza, i poderi son piccolissimi ; l'uso, da me ogni dove
notato, di lavorare alla zappa, evidentemente lo mostra : gli sciami di popolo in
tutti i mercati annunziano il medesimo fatto; a Piacenza, io vidi degli uomini
il cui unico ufficio era quello di portare un sacchetto di pomi : ne vidi uno che
portava un gallinaccio : quanta perdita di tempo e di forze per un uomo robusto
ad essere impiegato cosi.
Ivi, pag. 143. — Le case dei contadini, fatte in pietra, sono spaziose, ma
oscure, e generalmente senza finestre di vetro. Io entrai in parecchie di esse, e fui
sempre disgustato dell'uniforme loro apparenza di sucidume e miseria. I contadini
vanno per lo più coverti di cenci, ed i loro bambini hanno un'aria malsana che
viene dalla loro miserabile maniera di vivere. La siccità dell'anno scorso è stata
cagione d'una tale scarsezza di viveri che i poveri abitanti si son ridotti alla più
estrema miseria. Il prezzo del pane salì tant'alto che in molti luoghi i contadini
dovettero rimanersene affatto privi ; e l'unico lor cibo per qualche tempo fu una
specie di pasta fatta con buccie e granelli di uve spremute ed un po' di farina.
La fame, aggiunta alla loro oppressa condizione, li ridusse all'ultimo grado della
miseria e molti ne perirono.
Ivi, pag. ,536. — « I Rayets spesso hanno una rendita territoriale, giacchè
è evidente che dovunque essi migliorino la loro terra in modo da ricavarne più
280 JONES.
che l'ordinario profitto del capitale, l'eccesso costituisce una rendita ; ma essi
non sono mai sicuri di godere per lungo tempo un tal vantaggio, trovandosi sem
pre soggetti a venirne privati per effetto dell'irragionevole ripartizione. Finché
esista questo difetto di sicurezza non può mai sorgere una classe di veri proprie-
tarii, uè il paese può migliorarsi, nè il reddito pubblico può trovarsi solida
mente fondato. Per far divenire la terra una proprietà generalmente vendi
bile, per incoraggiare i Rayets a migliorare la coltura, e riguardarla come una
proprietà permanente ed ereditaria, la ripartizione dovrebbe esser fissa, e molto
più moderata di quel che è; e sopratutto dovrebb'essere così chiaramente defi
nita, da non più trovarsi soggetta ad aumento per ignoranza o capriccio ».
Ivi, pag. 344. — « Se si vuole che le terre dei Rayets dieno una rendila,
bisogna soltanto abbassare e fissare la contribuzione ».
Ivi, pag. 332.— « Si potrà dire che il governo avendo limitato le sue preten-
zioni sul Zemindar, le limiterà pure sul Rayet, lasciandogli in piena proprietà il
prodotto d'ogni miglioramento, e permettendogli così di conferire alla sua terra
il carattere d'una proprietà fornita di valore. Ma noi non abbiamo alcuna ragione
di supporre che si tratti di ciò, nè nella pratica dei nuovi Zemindars durante il
ventennio in cui esistettero; uè in quella degli antichi nel corso di molte gene
razioni. Nell'antico sistema, sia che dominassero i Rajahs del Circars, o i Poli-
gars delle provincie più meridionali, nessun favore si mostrò verso dei Rayets, e
nessun limite si impose alle pretensioni spiegate sovra di essi. Queste preten
sioni si sono successivamente accresciute, e non dobbiamo quindi maravigliarci
se nelle nuove zemindarie, la cui contribuzione è molto più alta, gli effetti sono
stati altrettanto sfavorevoli ai Rayets. Le nuove zemindarie, per le divisioni ere
ditarie, e per le mancanze di pagamento, saranno divise in porzioni di uno o due
villaggi; ma ciò non migliorerà la condizione del Rayet. Non servirà a fissare
la rendita della terra, nè a farne una proprietà di valore; convertirà solamente
una larga zemindaria in parecchie più piccole, ossia moothas, d'un genere molto
più pernicioso che quelle del Baramahl, perchè nel Baramahl la contribuzione
dei Rayets era stata antecedentemente fissata in un cadastro, mentrechè nelle
nuove dei Circars si è lasciata indefinita. Le piccole zemindarie subiranno una
volta il medesimo destino delle grandi; saranno divise, e finalmente ricadranno
in mano al governo, ed i Rayets, dopo questo lungo circolo vizioso, diventeranno
di nuovo ciò che prima erano, inquilini immediati del governo; ed il governo allora
APPEKMCB. 281
avrà la potenza di cadastrare le loro terre, abbassare e fissare la contribuzione,
e fondare la proprietà territoriale nelte terre dei Rayets, dove bisogna fondarsi,
se si vuole veramente riuscire ad introdurla ».
PREFAZIONE pag. 87
LIBRO PRIMO.
CAPITOLO PRIMO.
Divisione dell'argomento » 105
StzioNE Prima. —Origine delle Rendite: loro divisione in primarie e se
condarie ........ » 106
— il. — Rendite da paesani : loro separazione in rendita, in
lavoro: rendita da mezzaiuolo , renditi da ryot, e
rendita da cottier , .... » Hi
CAPITOLO II.
Rendite serrili 112
Sezione Piuma. Rendite in lavoro o rendite da servi ivi
— II.. — Rendite in lavoro, o rendite da servi, in Russia . 114
— III.. — Rendite in lavoro nell'Ungheria 117
— IV.. — Rendite in lavoro nella Polonia a .• 120
— V. Rendite in lavoro nella Livooia e nell'Estonia. 121
— VI.. — Rendite in lavoro nella Germania . #" . « .123
— 125
— Vili. — Riassunto sulle rendite servii 126
CAPITOLO III
Sezioni Prima. — Rendite da mezzaiuoli 138
— II. — Mezzeria in Grecia 140
— Il1. — Mezzeria in Roma 143
— IV. — Mezzeria in Francia 146
— V. —. Mezzerie in Italia 150
— VI. — Riassunto della mezzeria 152
CAPITOLO IV
Sezione Prima. — Rendite dei ryots . 156
— II.— Rendite dei ryots in India 158
— HI. — Rendite dei ryots in Persia 161
— IV. — Rendite dei ryots in Turchia 164
— V. — Rendite dei ryots nella Cina 167
— VI. — Miscela delle rendite dei ryots, con altre specie di rendita 169
— VII. — Riassunto dei caratteri delle rendite di ryot . , » 170
388 JOKEf.
CAPITOLO V.
Readite dei cottiers pag. 172
CAPITOLO VI.
RIASSUNTO DELLE RENDITE DÀ PAESANI.
CAPITOLO VII.
DELLA RENDITA.
(1) Rossi potrebbe rispondere: la terra fertile avrà acquistato un valor capitale
molto superiore al valor della seconda terra; e quindi l'interesse di questo capitale, che
sarà press'a poco eguale alla rendita, dovrà sottrarsi come spesa di coltivazione. Ciò è
giusto; ma ciò prova In modo irrefragabile che la rendita fa parte delle spese di produ
zione, ed è causa perciò dell'alto preazo del raccolto. Altro circolo vizioso,
DELLA IEFDITA.
Si potrebbero fare mille altre ipotesi. Sia, per esempio, tma terra di prima
qualità A, ed una terra B, metà men fertile che la prima. A spese uguaH , ia
terra A darà una raccolta doppia, o per ottenere sopra B una raccolta uguale a
quella che A può produrre, bisognerà raddoppiare le spese. Il proprietario di A
non potrà dire al proprietario di B: « Invece di lavorare come 2 sulla terra per
raccogliere come 1, non avrai ta un vantaggio a lavorare come 1 sulla mia
terra per raccogliere 2 e dividere con me il prodotto? Per te il risultato è lo
stesso: solamente il tuo lavoro sarà diminuito di metà, ed io potrò vivere senza
far nulla, diventerò renditiere ».
Il proprietario B non accetterà forse, perchè vedrà a prima giunta l'agguato
e non è costretto di cadervi; ma sopravviene un proletario che non ha un fondo
proprio da coltivare: egli accetterà; e se ne giunge un secondo, proporrà di
lavorare di più al medesimo prezzo, di lavorare altrettanto per una retribuzione
minore; infine, se la popolazione si accresce sempre, o se la fame tormenta i
miserabili, altri verranno a proporre di lavorare anche più a minor prezzo. La
rendita si troverà messa all'incanto, e la mercede al ribasso. È questo ciò che
avviene in Irlanda e nel principato di Galles da lungo tempo.
Sarebbe superfluo l'insistere; si può comprendere, secondo la nostra prima
ipotesi, che vi sarebbe mezzo di effettuare l'utopia di Rossi, conformare la pra
tica alla teoria, proporzionare il prezzo d'ogni prodotto alle spese reali di pro
duzione, precisare la cifra di queste, neutralizzare infine la disastrosa influenza
del monopolio. Basterebbe , 1° associare gli uomini; 2° valutare da principio
una volta per tutte il capitale terra, pagarne l'interesse al possessore, ma un in
teresse stabile; sostituire in fine un fitto invariabile alla rendita sempre progres
siva e sempre più invaditrice; 5° proporzionare sempre la produzione al con
sumo, in modo che l'offerta per lo meno uguagli la domanda in tutti i casi
possibili; 4" non vendere mai i prodotti al di la di ciò che costino. Tutto al più
si potrebbe prelevare, a titolo d'imposta, un tanto per cento di commissione, ma
determinato e proporzionale al valore del prodotto. Ciò , è vero , suppone a
priori un ordinamento dell'industria, e non somiglia per nulla alle dottrina
negative di Ricardo e di Rossi. Non ci scostiamo da loro , stringiamoli da
vicino.
È egli vero che la rendita non possa mai riscuotersi se non sulle terre che
dieno un prodotto netto? La rendita non è mai riscossa sul prodotto lordo? (1)
Rossi ha avuto la cura di distinguere la rendita e il fitto. Pure, traducendo
Ricardo, gli è soventi accaduto di dimenticare questa essenziale distinzione. Per
gli economisti inglesi, si comprende, rendita e filto esprimono a un dipresso la
medesima idea. In Inghilterra, ove raramente il coltivatore è proprietario , la
rendita quasi sempre si converte in fitto. Colà la terra non è divisa come fra
noi: non vi sono che grandi poderi, coltivati da ricchi imprenditori d'indù-
(1) Noi qui intendiamo per prodotto Detto ciò che dalla raccolta rimane dopo aver
prelevato tutte le spese di produzione (oltre la rendita), cioè 1" la mercede di tutti i coJ-
tivaturi, calcolata a prezzo medio; 2' i profitti ordinarii; 5' l'interesse del capitale in
giro; A' il mantenimento di tutti gli utensili e strumenti agricoli, bestiami e macchine;
5" le sementi, il prezzo degli ingrassi, tutte le anticipazioni annuali. È pur questo, mi
pare, ciò che Ricardo e Rossi intendono per prodotto netto.
~n-» V1DAL.
stria agraria. Il fittaiuolo, che può vivere senza lavorare , non prenderebbe a
Quo un podere se non dovesse trovarvi il suo conto , se la raccolta non su
perasse le spese di produzione: i capitalisti non lavorano mai a prezzo vile.
Se dunque si suppone che lutti i lavoranti situo tanti capitalisti ricchi,
Rossi ha ragione. Le terre che non producono abbastanza per coprire tutle le
spese di produzione non saran coltivate; quelle che producono precisamente
quanto sieno le spese, potranno essere coltivate, ma non pagheranno alcun fitto;
in fine, le sole che possano pagare una rendita son quelle che dieno un prodotto
netto. Ma se in questo paese vi sono degli uomini che abbiano assolutamente
bisogno di lavorare per vivere, noi diciamo che questi uomini lavoreranno a ri
basso ; diciamo, che se il proprietario divide il suo podere in piccoli fondi, rica
verà una rendita dalle terre che non possono pagare un fitto, che non dovrebbero
pagare una rendita; ed aggiungiamo che questa rendita sarà necessariamente
presa sul prodotto lordo.
Chi mai, per esempio, ignora che il contadino proprietario vive agiato, men
tre nel medesimo luogo il coltivatore non-proprietario, che abbia da pagare un
fitto, è miserabile, s'indebita, si rovina? Qual è la ragione di una tal differenza?
— Il contadino proprietario non domanda alla terra un fitto dapprima , cioè
l'interesse del capitale fondiario , e poi un profitto, cioè l'interesse del suo ca
pitale immobilizzato, e la ricompensa del suo talento, della sua industria; più
una mercede, cioè il prezzo del suo lavoro: — domanda di poter vivere, — ecco
tutto, e Dio sa quante privazioni il più spesso s'impone! L'agricoltore proprie
tario ha per sè tutto il prodotto, ed a questa condizione può vivere; — il colti
vatore non-proprietario, obbligato a pagare una rendita al padrone del suolo ,
non può vivere se non con ciò che gli rimane dalla raccolta; il primo ha
per sè la rendita, l'interesse, il profitto , la mercede: l'altro non ha che la
mercede, ed una mercede insufficiente.
Questa terra dunque non dovrebbe pagare alcuna rendita, perchè non havvi
prodotto netto, perchè appena la raccolta basta ad alimentare il coltivatore. —
E nondimeno essa paga una rendita.
Si, la rendita si riscuote sulle terre che danno tult'al più quanto basti per
compensare ài coltivatore le sue pene sulle terre che non danno abbastanza per
nutrire ed alimentare convenientemente la famiglia del lavoratore. Quando non
havvi prodotto netto , la rendita, come' la semente, vien prelevata sul prodotto
lordo.
Il proprietario va innanzi al coltivatore, de jure et facto, invece di tenergli
dietro, come suppongono Smith, Ricardo, Rossi e tutti gli economisti. Sia ab
bondante o nulla la raccolta, bisogna sempre pagare il fitto o la rendita. Se dopo
pagato il fitto rimane al lavorante qualche cosa per vivere, tanto meglio! Se
no, tanto peggio! Il padrone lo compiange, gli accorda del tempo, invece di per
seguitarlo, ma rare volte gli condona il suo debito. Quanti infelici sono costretti
di allogarsi a giornata, allogare le loro donne, i loro figli , rimanersi digiuni,
travagliare eccessivamente, per giungere a pagare il fitto del fondo che non
basta a nutrirli !
E l'Irlandese? e il Gallese? potrebbe egli pagare la rendita del suo cottage,
se volesse prelevare sulla raccolta la mercede d'ogni giornata di lavoro alla ra
gione di fr. 1. 75 ? Egli vive di patate, e palale fracide; la sua nutrizione costa.
DELLA RENDITA. 293
meno di SO centesimi ; va nudo o quasi nudo, travaglia tutto l'anno dalla mat
tina alla sera, bagna col suo sudore ogni zolla di terra, e per pagare il fitto bi
sogna inoltre che -venda il suo maiale! Il campo che non basta a mantenere la
sua famiglia, paga nondimeno una rendita esorbitante! Evidentemente questa
rendita è presa sulla mercede. Se il proprietario fosse costretto di pagare le
giornate del suo infelice fittaiuolo secondo la meta corrente, non solo non tro
verebbe un reddito nella sua terra, un prodotto netto, ma non si troverebbe
rimborsato delle sue spese. — Prendiamo un esempio, o facciamo un'ipotesi.
Un'ettara coltivata a patate richiede cento giornate di lavoro, e dà di netto
trenta ettolitri di prodotto che, a 3 franchi l'ettolitro, fanno 90 franchi. Se il
proprietario fosse costretto di pagare le mercedi al corso medio, per esempio
ad un franco, avrebbe anticipato 10U franchi per non raccoglierne che 90. Non
solamente la rendita sarebbe nulla per lui; ma perderebbe inoltre 10 franchi.
Un Irlandese affamato si presenta al proprietario e gli dice: « Io lavoro a
50 centesimi al giorno, cioè coltiverò il campo, e come fitto vi darò la metà, i
due terzi della raccolta; giacchè è sempre meglio mangiar qualche cosa, che
rimanere affatto digiuno. — Il proprietario accetta, ed ecco che sui 30 ettolitri
raccolti, egli ne avrà 15 a titolo di fitto.
Il giornaliere aveva ricevuto 100 franchi di mercede, l'irlandese non avrà
che il valore di 15 ettolitri , ossia 45 franchi. Il proprietario , che nel primo
caso perdeva 10 franchi, invece di ottenere un prodotto netto, riceverà nel se
condo una rendila di 45 franchi. Qui è evidente che la rendita è presa sulla
mercede, sulla porzione del lavorante ; l'irlandese si sarà ristretto a consumare
una metà, a non soddisfare che per metà il bisogno della sua fame, a restare
alternativamente digiuno ogni due giorni. Questa è la condizione dell'infelice
popolo d'Irlanda.
Vi può essere dunque fitto anche quando non siavi prodotto netto, anche
quando tutta la raccolta non sia bastevole a pagare le spese di coltura, a far
sussistere il coltivatore (1).
Quando il proprietario non trova un fittaiuolo, suddivide la sua proprietà in
appezzamenti di pochi acri, e trova fittaiuoli dai quali esige una porzione qua
lunque della raccolta, un certo numero di giornate quando non può altro riscuo
tere, alcuni litri di latte, un formaggio, ecc.! — Ed ecco in che modo avviene
che una terra, la quale non potrebbe pagare un -fitto, paga nondimeno, qualun
que sia la sterilità del suolo, una rendita al proprietario (2). Ma è ciò ancora
(1) Quando il proprietario non può esigere un fitto, si fa nutrire dal lavoratore; egli
ha dei servi, ai quali impone un testatico, dei livelli o un certo numero di giornate di
lavoro. La rendita non nasce solamente dall'alto prezzo delle derrate, poichè la rendita
esiste già presso i popoli anche più miseri, là dove le derrate non si vendono punto ;
dove sono ancora terre incolte e terre fertili, ma terre appropriate e che non si possono
coltivare senza pagare una capitazione, l'ooroc o la corvata. Il boiardo russo percepisce
la rendita in lavoro o in prodotti quando non lo possa in modo migliore.
(2) Si legge nel Maggio in Manda, di H. D. Inglis: « Gli affitti, nella contea di
Wii'ktow, sodo quasi dapertutto superiori a quanto la terra possa rendere, ed i piccoli
fittaiuoli durano tanta, fatica quanto gli stessi braccianti per guadagnarsi quello che basti
appena per non morire di fame. Fra i protestami non meno che fra i cattolici, il caro
delle terre era un soggetto di lamento universate, e sì gli uni che gli altri vivevano nelto
294 VIDAL.
che implica la condanna della rendita dal punto di vista dell'economia, ed una
condanna che non ammette appello.
Il fitto, in quanto rappresenta la fecondità della natura t come dice Smith,
potrebbe rigorosamente considerarsi come cosa ben ragionevole, se avesse l'unico
scopo di ristabilire l'equilibrio e l'eguaglianza dei mezzi fra i produttori. — Ecco,
per esempio, due terre di ineguale fertilità, le quali con una medesima spesa di
coltivazione (fatta astrazione della rendita) daranno, luna un prodotto come
100, l'altra come 90. Evidentemente, per parificare le condizioni dei lavoranti,
bisogna imporre un fitto come 10 alla terra di miglior qualità. — Ma resterebbe
sempre a sapere a chi questo fitto , questo prezzo della fecondità della natura
debba appartenere secondo il rigoroso diritto e la giustizia. Qui fra gli econo
misti i pareri son divisi; gli uni rispondono, alla società, ulto Stato; gli altri ri
spondono, al proprietario. Altri dicono: supponendo che i due coltivatori sieno
associati ed abbiano lavorato egualmente , essi confonderanno le due raccolte,
poi divideranno a meta tutto il prodotto, e ciascuno avrà 85; in altri termini,
l'uno pagherà 5 all'altro, ecc. ecc. E vi sono altre opinioni ancora,
È evidente che la risposta dipende dalla soluzione che si dia al problema
della ripartizione, e la teoria della ripartizione varierà secondo i principii su cui
la società o l'associazione sia basata.
lo breve, dalla teoria di Ricardo , dalle dottrine di Rossi, da tutto ciò che
precede, e dai fatti contemporanei, risulta :
1» In principio o in diritto, — che il prezzo d'ogni prodotto dovrebbe
essere eguale alle spese reali di produzione; in fatto, che ciò non avviene. I
prodotti ottenuti a spesa minore , senza spese ancora, si vendono al medesimo
prezzo che i prodotti che costano più caro. Il consumatore non profitta punto
della fecondità della natura; per lui tutte le terre sono sterili. È ridotto a com-
stato più miserabile. Quaodo si domandava toro perchè dunque si erano essi medesimi
impegnati a pagare un fitto che sapevano essere troppo elevato, rispondevano tutti ugual
mente: « Come avremmo noi potuto vivere altrimenti? » Diluiti in Irlanda la concorrenza
agli affini delle terre non è altro che l'incanto di genie ridotta all'estremita.
« La prima casipola nella quale entrai era costrutta di una mescolanza di gesso,
sabbia e tritumi di tegoli ; non aveva che una sola stanza ; non vi si era riparati dal
vento e dalla pioggia, il suolo ne era umidissimo. Vi trovai una donna coi suoi quattro
figliuoletti. I loro moliili consistevano in due tettucci di legno, uno sgabello, una panca
ed una pignatta.
« I fanciulli erano laceri e la madre si addolorava pel motivo di non poterli mandare
a scuola.
« Il padre era un bracciante salariato a 6 penci (60 centesimi) il giorno, ma egli pa
gava in lavoro 80 di queste giornate di 6 rwnci per pigione di quella sua stanzetta, di
modochè non gli restavano che l penci e 1/2 al giorno per mantenersi colla moglie ed i
quattro figli, con delle pittate rhe gli costavano 4 penci la misura di H libbre.
« Pei iinaiuoli non c'è possibilità di vivere pagando rendite tanto elevate; molti fra
loro convennero meco che non potrebbero mai pagare i loro arretrati, e che non avevano
accettato siffatte condizioni se non perchè la fame li stringeva. Tate è la conseguenza
universale della locazione delte terre atl'incanto.
« Quella terra era stata per quattro generazioni nella famiglia di quest'ultimo. Suo
bisnonno pagava un fitto di 6 scetlini per acre, suo nonno 10, suo padre 20, ed egli 40 ».
11 fitto raddoppiato ad ogni generazione I Capite ora perchè gl'Irlandesi e i Gatlesi
domandano la fissazione degli attitti I (lnglis, Viaggio in Irlanda, toni. 1, cap. 8, 4).
DELLA B E UDITA. 295
prare, con molto travaglio, ciò che è costato poco travaglio ; a pagare i viveri
per un prezzo maximum, il che equivale ad uno svilimento proporzionale e con
tinuo del lavoro e della mercede. Il valore reale del lavoro è in ragione inversa
della cifra della rendita.
2° Che la readita dataci come un puro effetto è anche causa dell'alto
prezzo delle derrate; su tal punto, l'asserzione degli economisti si può tradurre
nel seguente sofisma: l'alto prezzo delle derrate è causa della rendita, e fa in
calzare le spuse di produzione, le quali dal canto loro innalzano il prezzo delle
derrate ecc. In questo cerchio si può girare come il cavallo in una cavallerizza,
e girare sempre senza mai progredire.
3° la principio: — Che le terre, le quali non dieno prodotto netto, non
dovrebbero mai pagare una rendita ; in fatto : — ch'esse la pagano; che qualun
que terra, foss'anco la più sterile, la paga, e finirà sempre col pagarla.
4° lutine, che la rendita tende necessariamente e progressivamente a
crescere, e con essa il prezzo delle derrate a innalzarsi, a misura che la popola
zione ed il bisogno dei prodotti agricoli si accrescono, a misura che la ricchezza
generale si svolga, perchè la terra è limitata in fertilità e in estensione, appro
priata o monopolizzata, come dice Rossi, perchè gli altri capitali, il cui aumento
è limitalo, ed il lavoro, perdono ogni giorno nel loro valore relativo alla terra
ed ai suoi fruiti.
./*-
300 VIDAL.
contratto; domanderà l'uso del suolo , il godimento gratuito dei bèni gratuiti
della natura.
L'Irlanda, la Scozia, il paese di Galles, l'Inghilterra, son là per provarlo.
Il lettore è ormai in istato di giudicare la teoria di Ricardo , e secondo i
principii e secondo le conseguenze vedere ciò che bavvi di nuovo, di essenziale
in questa famosa scoverta che forma l'onore dell'economia contemporanea ;
di dire precisamente ciò che si possa atteuderne per migliorare la sorte delle
popolazioni.
La teoria di Ricardo sulle spese di produzione, sul prodotto netto, sulla ren
dita della terra, ha suscitato vive controversie ; ma infine è riuscita a mettere in
questione il diritto medesimo della proprietà.
Rossi non ha osato di spingersi sino all'ultime conseguenze della teoria
di Ricardo, più di quauto l'abbia osato l'autore medesimo; ma altri sono stati
piò arditi. Ai nostri giorni, uno scrittore dotato di fantasia, d'una dialettica
inesorabile, ha trutto audacemente la conclusione avanti alla quale indietreg
giarono Ricardo e Rossi, ma che Buchanan, il commentatore di Smith, non
aveva dissimulata. Ciò che Smith, Ricardo, Su y, Rossi chiamano monopolio ,
Proudhon lo ha semplicemente chiamato diritto di proprietà. Tutti gli econo
misti che abbiamo nominati appartengono alla scuola liberale, e si sa che
questa scuola detesta i monopolii. Pure avanti a quello dei proprietarii, essi
s'inchinano rispettosamente; Proudhon invece spinge innanzi le sue deduzioui
con una logica inflessibile.
Si, la dottrina di Ricardo sul fitto, sul prodotto netto, sulle spese di pro
duzione, finisce col far mettere in dubbio il diritto di proprietà. E questa è
conseguenza non solamente speculativa, ma inoltre positiva e sanzionata dal
l'esperienza.
I principii di Ricardo sul prodotto netto e sulla produzione a buon mercato
sono stati applicati in Inghilterra, in fscozia, dalla grande coltura pei prodotti
agrarii , dalle grandi manifatture pei prodotti delle arti. Sono stati applicati
dalla piccola coltura per la conversione dei campi in prati (1); lo sono stati dai
proprietarii d'Irlanda che han divise e suddivise le loro terre onde accrescere il
loro prodotto netto, la rendita.
Ora l'Irlanda oggi si agita, Rebecca solleva il paese di Galles, l'Inghilterra
e la Scozia sono state invase dal cartismo.
Per produrre a buon mercato, si son diminuiti i profitti e i salarii; per pro
durre a buon mercato, gl'Irlandesi e i Gallesi alla lor volta domandano che si
diminuisca la rendita, la quale entra pure nelle spese di produzione: rent war,
guerra alla rendita! è la loro parola d'ordine. Essi domandano fitti stabili, mal
leverie contro l'innalzamento dei prezzi, contro l'avidità dei proprietarii. La lega
(1) Purchè il reddito netto e reale di una nazione, purchè i suoi affitti e i suoi pro
fitti sieno i medesimi, che cosa impona che essa compongasi di 10 o 12 milioni d'indi
vidui ? (Ricardo). La marchesa di Straffort ha messo in pratica le massime di Ricardo ;
essa ha scacciato, per economia, quindicimila villani dalle sue tenute e toro ha surrogato
delle pecore; ma cosi essa ha aumentato il prodotto netto delte sue terre.
DELLA RENDITA. 301
dal canto suo domanda il pane a buon mercato, la libera importazione dei grani
stranieri, cioè la diminuzione della rendita.
I cartisti vanno più in là ; domandano che la rendita finisca di entrare nelle
spese di prodazione, che si abolisca il monopolio onde diminuire il prezzo dei
viveri. Domandano l'uso della natura, e non vogliono pagarne il fitto. Si spin
gono sino a dire: proprietarii ! esibite dunque i vostri titoli (1).
Le cose son giunte al segno, che i conservatori medesimi, per organo di Ro
berto Peel, hanno in pieno parlamento riconosciuto che qualche cosa era pure
da farsi. Altre volte si sarebbe detto semplicemente: bisogna lasciar fare, cioè
nulla fare; ma in fine, quando dunque si farà qualche cosa?
II fatto dominante della civiltà moderna si è che, in agricoltura come nelle
arti, il capitale tende sempre ad asservire il lavoro e sottoporre l'uomo all'onni
potenza degli scudi. Tutti i progressi delle scienze e delle arti finiscono col ren
dere inutile il lavoro, col fare eseguire da motori inanimati la produzione, eoo
assicurare infine al capitale una preponderanza esclusiva.
Il lavoro è divenuto una merce ogni giorno più offerta e men dimandata,
una merce avvilita che il capitale compra a ribasso. Il lavoro emancipatosi dalla
gleba è divenuto oramai servo dell'opificio , ed il momento si avvicina forse in
cui potrà emanciparsene. Di più, l'uomo è divenuto un semplice accessorio della
meccanica, un'appendice della cosa, e in certo modo anzi è dominato e pos
seduto dalla cosa. L'operaio non è più padrone di sè, ha perduto ogni indipen
denza perdendo la sicurezza ; è a discrezione del capitale, ne dipende, non è più
che un semplice strumento di produzione, strumento dispendioso che ogni giorno
per ispirilo d'economia si tende sempre a sopprimere. Si adoprano oggi le donne
e i fanciulli. L'arte meccanica ha supplito alla forza ed all'intelligenza del
l'uomo; il vapore è divenuto l'agente universale. Che diverranno mai i milioni
d'esseri umani, i quali altro non avranno per alimentarsi che il lavoro delle
proprie braccia?
MAC CULLOCH.
\
DELLA RENDITA.
Pochi capitoli nella grand'opera del dottor Smith sono meno soddisfacenti
che quelli in cui si tratta della rendita. Contiene, è vero, motte curiose e pre
ziose discussioni su varii punti relativi alla rendita, ma lascia intatte tutte le
grandi quistioni che riguardano la sua origine, la sua natura e le sue cause.
Quei principii teoretici che non erano stati scoverti prima di lui, rimangono
ignoti a lui, e fu lasciato ai susseguenti scrittori l'ufficio di verificare quali sieno
le cause della rendita, quali le leggi che ne determinano l'ammontare, quale il
modo in cui il progresso della società la modifichi.
Il prezzo d'ogni merce, secondo Smith, deve almeno, in termine medio, es
ser sufficiente per ristaurare il capitale necessariamente spesovi nel produrla,
insieme agli ordinarli profitti dei capitali; perchè, se il prezzo fosse permanen
temente al dissotto di questo limite, la merce non verrebbe prodotta. Ma quan
tunque sia questo il più basso prezzo per cui una merce si possa vendere per un
lungo corso di tempo, pure non è il più alto. Alcune merci in verità non pos
sono mai vendersi permanentemente ad un prezzo maggiore di quello che per
metta di portarle ai mercato; ma altre lo possono. Il grano, il bestiame, e tutte
le principali derrate grezze, appartengono all'ultima classe; il loro prezzo ordi
nariamente è tale da lasciare un sovrappiù, dopo pagata cogli ordinarii profitti
tutta la spesa del produrle e condurle al mercato: e questo sovrappiù appartiene
al proprietario, giacchè il fittaiuolo non può permanentemente ricevere un pro
fitto sul suo capitale che sorpassi il profitto possibile ad ottenersi negli altri rami
d'industria.
Le indagini del dottor Smith sembrano essersi arrestate a questo punto; egli
è nondimeno evidente che la natura della rendita fiu qui trovavasi spiegata a
metà, o piuttosto non trovavasi spiegata affatto. Non è uno spiegarla il dire che
la rendita è qualche cosa esuberante sugli ordinarii profitti del capitale, perchè
il fatto che occorreva spiegare è appunto l'esistenza di una tale esuberanza. Se
il prezzo d'ogni altra merce dipende da ciò che sia necessario per rimpiazzare,
cogli ordinari profitti, il capitale speso nella sua produzione ; e se la concorrenza
non permetterà di sorpassare per un lungo tempo un tal limite, perchè mai dun
que la concorrenza non basta del pari a raffrenare il prezzo delle derrate agra
rie, e tenerlo nel limite di ciò che basti per rimpiazzare il capitale e rendere il
profitto ordinario? Smith non sembra aver creduto che questo dubbio esigesse
una spiegazione, o lo credette sufficientemente chiarito dall'ampiezza della do
manda dei viveri. • Vi sono, egli dice, alcune parti del prodotto agrario, per le
quali la dimanda deve sempre esser tale da offrire un presso maggiore di quel
DELLA RENDITA. 303
che occorra perchè esse sicno portate in piazza » (1) — Ragione che noi dob
biamo supporre essere stata da lui addotta piuttosto perchè altra non ne vide,
che per essere del tutto convinto, o per averla dedotta da alcuna accurata ana
lisi. Una gran dimanda non è affatto sufficiente a spiegare un alto prezzo. Vi
sono alcune merci le quali, qualunque possa essere la loro dimanda, si trove
ranno sempre a buon mercato, perchè si possono sempre produrre e portare in
piazza ad un basso prezzo. Altre, per quanto limitata ne sia la dimanda, devono
sempre esser care, perchè se noi sono, hod saranno portate in piazza. Il prezzo,
in breve, non dipende dall'ampiezza della domanda. Per generare un alto prezzo,
la dimanda dev'essere accompagnata da qualche principio di limitazione nell'of
ferta. Se il dottor Smith avesse fatto attenzione a quest'importante verità, della
quale in altri luoghi si mostrò bene informato, sarebbe passato ad investigare
qual sia il principio di limitazione nel caso del grano; e questa ricerca gli avrebbe
probabilmente aperto la via alla vera teoria della rendita.
10 ho già diviso le merci in due classi : quelle che non possono crescere in
quantità col crescere della domanda, e quelle che possono. Ho mostrato che il
prezzo ed il valore di cambio delle prime non ha alcun limite, all'infuori della
incapacità o mancanza di volontà nei compratori; ma che il prezzo dell'altra
classe, nella quale è compresa la gran massa degli oggetti fisici desiderati dal
l'uomo, è determinato dal costo di produzione, cioè dalla quantità di lavoro ne
cessario per produrle e portarle in piazza. Le derrate agrarie appartengono a
quest'ultima classe, perchè la loro quantità può essere accresciuta da un nuovo
lavoro in modo da far fronte a qualunque escogitabile aumento di domanda. Il
valore delle derrate grezze, adunque, dipende dal loro costo di produzione. Ma
havvi una peculiarità, nelle circostanze sotto le quali esse si producono, che ge
nera un'apparente deviazione da queste leggi.
Il valore d'ogni cosa illimitata in quantità dipende dal suo costo di produ
zione. Ma suppongasi che vi sia una merce la quate abbia due costi di produ
zione. Il caso è concepibile, ed ecco in quali circostanze sorgerebbe. Suppon
gasi che una merce si possa produrre in due modi ; uno raen costoso che
l'altro, ma dipendente dal possesso di uno strumento speciale, che esista in
quaotità limitata: suppongasi che vi "sia dimanda per una quantità maggiore di
quella che si possa produrre nel meno costoso fra i due modi, cosicchè si debba
necessariamente ricorrere all'altro per ottenere la parte che manchi. Questa merce
si potrebbe dire avere due costi di produzione. Qual è fra i due quello che de
terminerà il suo valore? Evidentemente è il più caro quello che genera una mi
nor quantità di prodotto per una data somma di lavoro e di capitale. Perchè se
il valore del prodotto non fosse sufficiente a ristaurare col suo profitto la spesa
del produrre la merce nel modo più caro, questa parte di essa non sarebbe pro
dotta; e come si suppone che l'altro modo non produca abbastanza per equili
brare la domanda, così il suo valore crescerà, per ragione di scarsezza, sino al
punto da permettere che un'offerta maggiore si presenti al mercato. Non potrebbe
crescere al di là di un tal limite, perchè in tal caso i produttori della quantità
addizionale otterrebbero più che l'ordinaria meta dei profitti, il che verrebbe ne
cessariamente impedito dalla concorrenza degli altri capitalisti.
Egli è nondimeno chiaro che il valore o prozio il quale dia gli ordinarli pro
fitti dei capitali a coloro che producono una merce eoa un dato metodo di pro
duzione, deve fornire più che questi ordinarli profitti a coloro che la producono
con un metodo men costoso. E se lo strumento con cui il metodo meno costoso
si effettua può accaparrarsi ed appropriarsi da unoo più individui esclusivamente,
tutta l'esuberanza di profitto che esso genera — cioè tutta la somma del prodotto
e del suo valore, prodotto nel modo men costoso, al di là di quello che il più co
stoso rende — apparterrà ai proprietarii dello strumento, e costituirà la Rendita.
Si vede adunque che ogni merce in cui, per le condizioni necessarie della
sua produzione, eguali quantità di lavoro o capitale rendono ineguali prodotti,
può generare una rendita, tostochè, per l'elargazione della domanda, il più pro
duttivo dei capitali diviene impotente a produrre la quantità ricercata in piazza.
Il valore ed il prezzo della merce deve sempre essere sufficiente a ristaurare
col suo ordinario profitto il meno produttivo fra i capitali ; ma se quella quan
tità della merce che il capitale men produttivo può produrre fornisce a quel ca
pitale il profitto ordinario, un'egual quantità dovrà fornire il profitto ordinario
ad ognuno degli altri capitali; e quindi tutto ciò che ognuno di essi produca al
di là di un tal limile, costituisce un limite entro il quale si può pagare la rendita.
Ora il prodotto della terra si ottiene attualmente in condizioni precisamente
analoghe a quelle che abbiamo ora supposte. La quantità di grano o di bestiame
esistente, si può accrescere impiegando una maggiore quantità di capitale o la
voro, ma non si può sempre accrescere proporzionatamente il nuovo capitale.
Va doppio capitale impiegato nella manifattura dei cappelli renderà in generale
una doppia quantità di cappelli. Un doppio capitale impiegato nella produzione
del grano è ben raro che possa rendere una doppia quantità di grano. Nei tempi
primitivi della coltivazione la quantità del prodotto poteva forse raddoppiarsi ed
anche più che raddoppiarsi, raddoppiando la spesa : ma la terra non permette
che si possa indefinitamente sforzarla a dare un prodotto proporzionatamente
eguale. E non ostante gli ulteriori miglioramenti, si trova sempre che, a lungo
andare, i loro effetti sono contrappesati da una decrescente produttività del
suolo, e che, generalmente parlando, nuove quantità di viveri si possono uni
camente ottenere da capitale e lavoro accresciuto in una proporzione molto
maggiore.
Quando una maggiore quantità di grano viene ad essere di bisogno, si può
essa ottenere in due modi. La terra rimasta incolta può mettersi a coltivare, o
le vecchie terre possono rendersi più fruttifere per mezzo di fognature, di nuovi
ingrassi ed arnesi, d'una nuova quantità di bestiame o di lavoranti, ecc. (1).
Carattere di ambi questi metodi per aumentare la produzione si è, che una quan
tità sempre minore si ottiene ad ogni nuova erogazione di capitale e lavoro. Nel
caso di nuove terre, ciò è evidente, perchè esse si sarebbero coltivate ben prima,
se, tutto considerato, la loro coltivazione non si fosse trovata men fruttuosa di
(1) Questo è ciò che intendesi per applicazione di nuovo capitale. Essendo ogni
capitale originariamente prodotto dal lavoro, l'applicazione del capitale nuovo può
dirsi applicazione di nuovo lavoro. SI l'una frase che l'altra ponnosi adoperare indistin
tamente, come Fu spiegato nella nota sul Lavoro (All'opera di Smith),
•Sl.
DELLA RENDITA. 505
ciò che era quella delle altre terre già messe a coltura. È del pari vero che,
quando i nuovi prodotti si ottengono dalle terre già coltivate, il nuovo capitale
da impiegarvisi mai non rende proporzionatamente quanto i primi capitali ren
dettero. E se alcuna prova di ciò si desidera basta osservare che, se così non
fosse, non si avrebbe mai ragione di coltivare altro che le terre più fertili, giac
che se la crescente domanda dei viveri si potesse sempre soddisfare aumentando
proporzionatamente lo sforzo da farsi su queste terre, il prezzo del grano mai
non crescerebbe al punto da permettere la coltivazione di altre terre raen fertili.
Posto adunque che, dopo un certo periodo di coltivazione, ogni nuova quan
tità di viveri è da ottenersi (se pure è possibile di ottenerla) non solamente mercè
una spesa assolutamente maggiore, ma anche mercè una spesa comparativamente
maggiore, ne segue che, quando una nuova quantità di prodotto si domanda, il
valore ed il prezzo dei viveri deve crescere proporzionatamente al necessario au
mento nel costo di produzione; — e ciò per una delle migliori ragioni possibili,
cioè che fino a quando esso non sia cresciuto di tanto, i nuovi viveri non saranno
prodotti. Il valor di cambio del grano adunque ha una tendenza costante a cre
scere come cresce la domanda derivante da una cresciuta popolazione.
Essendo il prodotto agrario una merce che porta diversi costi di produzione,
ed essendo il maggiore di essi quello che necessariamente dovrà regolare il suo
prezzo, ne segue, come abbiam dimostrato nel caso or ora supposto, che la di
suguaglianza tra i varii costi di produzione è insieme la causa precipua e la mi
sura della rendita.
Se la natura della terra fosse stata tale da rendere sempre un prodotto
eguale o proporzionatamente maggiore ad ogni nuovo impiego di capitale e la
voro, tutta la quantità di viveri necessaria alla più popolosa nazione, evidente
mente potrebbe prodursi sopra un sol acre di territorio come si produce sopra
milioni di acri. In tal caso i prezzi mai non sarebbero cresciuti e la rendita non
si sarebbe mai vista. Mai non sarebbero cresciuti i prezzi, nè mai la rendita sa
rebbe apparsa, se vi fosse stata sempre una gran copia di buone terre. Ma es
sendo la terra limitata in superficie, e producendo sempre in ragion decrescente,
a misura che la sua coltivazione si allarghi, e il capitale e il lavoro vi si vada
successivamente impiegando, i prezzi crescono e le rendite si pagano.
Quando col progresso della coltivatone si è giunto a quell'indefinibile limile
in cui il prodotto proporzionale alle ulteriori applicazioni di capitale comincia a
decrescere, la produzione non può aumentarsi senza un innalzamento di prezzo.
1 coltivatori preferiranno impiegare in altre industrie i loro risparmii sino a che
l'aumento della popolazione non generi un aumento di domanda la quale, non
essendo corrisposta da un aumento di offerta, deve necessariamente esacerbare
i prezzi. In conseguenza di un tale incremento di prezzi nuovi capitali si pos
sono dagli agricoltori impiegare, sia a migliorare le buone terre, sia a coltivare
le meno fertili. Tutta quella parte di prodotto che nelle antiche terre viene a
formare una dilferenza comparativamente a ciò che renderanno le nuove, costi
tuisce un dippiù comparativamente all'ordinario profitto dei capitali, e perciò
costituisce la rendita.
Suppongasi per esempio che in una data terra di primo grado la produtti
vità del capitale cominci a declinare dopo che la produzione sia giunta a venti
Econom. 2a serie. Tom. I. — 20.
306 MAC COLLOCA.
misure di grano. Supponga»1 che. apportando nn altro capitale pguale al primo,
il prodotto si accresca non di venti ma di quindici misure. Queste quindici mi
suro si potrebbero propriamente chiamare prodotto del secondo capitale, come le
venti di prima erano prodotto del primo. Tostochè la nuova quantità di prodotto
viene a domandarsi, il grano deve crescere in valore ed in prezzo fino a che le
quindici misure si possano permutare con tanto danaro, e con tanta quantità di
tutte quelle altre cose il cui valore sia rimasto intatto, come prima si permuta
vano le venti misure, poichè quest'ultime, al loro prezzo primitivo, non davano
più che l'ordinario profitto dei capitali; le quindici misure adunque non daranno
lo stesso profitto fino a che il prezzo non si alzerà. Ma quando quindici misure
possono dare al secondo capitale, che è uguale al primo, l'ordinario profitto,
quindici misure lo daranno egualmente al primo. Le cinque misure che restano
costituiranno così un'esuberanza sul profitto ordinario di capitali, ed allora la
concorrenza dei linaiuoli li indurrà a rilasciarle come una rendita al proprietario.
Per chiarire anche meglio un tal punto suppongasi che la popolazione con
tinui a crescere e domandare una maggiore quantità di grano. Questo non potrà
ottenersi che impiegando una nuova massa di capitale sul suolo, il quale sarà
accompagnato da un prodotto proporzionatamente minore. Sia, per esempio, un
terzo capitale eguale ai primi due, che non produca più di dieci misure. Prima
che queste si producano bisogna che il loro prezzo sia giunto dove giunse quello
delle prime venti e delle seconde quindici. Dieci misure adunque daranno adesso
al produttore l'ordinario profitto sull'ultimo capitale impiegato. Ma se dieci mi
sure gli danno l'ordinario profitto sopra una terza parte di tutto il suo capitale,
trenta misure glielo daranno sul tutto. Un sovrappiù adunque di dieci misure
rimane al di là del prodotto appartenente al primo capitale, ed un sovrappiù di
cinque rimane al di là del prodotto appartenente al secondo, — in tutto quin
dici misure esuberanti, le quali, sorpassando il profitto ordinario, costituiranno
la rendita (1).
Noi possiamo ora concepire in qual senso si debba prendere la proposizione
del dottor Smith, che il prezzo dei viveri è sempre bastevole non solo a rimpiaz
zare il capitale speso, con quel profitto che si sarebbe ottenuto in altri rami d'in
dustria, ma anche a lasciare un'esuberanza da attribuirsi al proprietario. Fino a
che i viveri prodottisi si producono ad un medesimo costo di produzione, questo
assunto non è vero in qualunque senso. Il valore del prodotto basta allora sol-
(I) Il caso qui scelto ad esempio non risponde esattamente al corso reale delle
cose, quantunque corrisponda ad esso con bastante accuratezza pel subbietto che
stiatn trattando La proporzionale decadenza del profitto del capitale non ha tuogo real
mente, come qui vien supposto, ad intervalli regolari o per gradi successivi, ma grada
tamente ed impercettibilmente per effetto di miglioramenti e per gradi insensibili, 1 quin
dici moggi e dipoi i dieci non sarebbero tutti prodotti allo stesso costo; al contrario,
ogni moggio costerebbe probabilmente alcun che più del precedente. Al menomo cre
scere della domanda terrebbe dietro per conseguenza qualche rincarimento del prezzo,
ed ogni moggio, tranne l'ultimo, darebbe una rendita uguale alla differenza fra il suo
costo di produzione e quello dell'ultimo. Quaodo perciò vi fosse una domanda per tutti
i 3.1 o 45 moggi, il terreno darebbe in realtà una reudita maggiore di 5 o 15. Ma il ten
tar d'esprimere queste minuzie per mezzo di numeri avrebbe prodotto un'interminabil*
confusione e complicazione.
DELLA RENDITA. *507
tanto a ristaurare il capitale col suo profitto, ed altro non può. Ma quando, pef
la cresciuta domanda, e per la limitata estensione e fertilità della terra, una
parie dei viveri prodotti deve necessariamente ottenersi ad un costo maggiore
che il rimanente, allora il loro valore si innalza. Mai nondimeno non basta a
rimpiazzare, con l'ordinario profitto, quella porzione di tatto il capitale impie
gato che rende meno delle altre. Ma siccome tutto 11 grano venduto sopra uno
stesso mercato si venderà ad unico prezzo, e siccome il prezzo basta a rimpiaz*
zare con un profitto la parte meo produttiva del capitale impiegato, così sarà
più che bastevole a rimpiazzare, col medesimo profitto, tutto il rimanente del
capitale. Qui adunque comincia quel sovrappiù di cui Smith parla, e che egli
giustamente considera come misura della rendita.
Riassumiamo brevemente gl'importanti principii che ci siamo sforzati di
stabilire.
1° Se il prodotto della terra si potesse sempre aumentare proporzionata
mente alla spesa, non vi sarebbe mai reudita.
2° Il prodotto della terra non può crescere proporzionatamente alla spesa,
ma in una ragion decrescente.
o° La porzione men produttiva, che, generalmente parlando, è l'ultima ad
impiegarsi, deve rendere gli ordinarli profitti del capitale.
4° Tutto ciò che le altre porzioni rendono al di là di un tal punto, supe
rando gli ordinarli profitti, costituisce la rendita. Queste proposizioni si possono
tradurre nel modo seguente :
1° Che le cause della rendita sono la limitata estensione della terra, e la
disuguaglianza dei prodotti delle differenti porzioni di capitali erogativi.
2° Che la rendita possibile a pagarsi da un tratto di terra a favore del suo
proprietario è eguale alla differenza tra il suo prodotto e quello che esso sarebbe
se nessun capitale impiegato in quella terra superasse in produttività il meno
produttivo fra i capitali agrarii di quei dintorni.
3° (Corollario) — Che il meno produttivo fra I capitali non paga alcuna
rendita: — proposizione sulla quale saran dati in seguito ulteriori rischia
rimenti.
Le diverse distanze dal mercato formano una sorgente di rendita affatto ana
loga alle differenze di fertilità. Quando il prodotto di varie terre si vende sopra
un mercato medesimo, e per ciò ad un medesimo prezzo, la terra più vicina al
mercato, e che paga meno per i trasporti, gode sopra ogni altra un vantaggio
simile a quello che godrebbe se fosse una terra più fertile. Il prezzo dev'essere
sufficiente per indennizzare i coltivatori di tutte le terre; non può nondimeno
bastare all'uno, senza riuscire esuberante per l'altro. Non può rendere al colti
vatore della terra più lontana i profitti del suo capitale, senza rendere al pro
prietario della terra più vicina un sovrappiù di profitto, ossia una rendita; un
egual prezzo permetterà sempre di coltivare più intensamente la terra più vicina
che la più lontana. Quando le città sono gradatamente costrette dal progresso
della loro popolazione non solo a coltivare sempre più intensamente le terre dei
loro dintorni , ma a ritirare da luoghi sempre più lontani una parte dei loro
viveri, può avvenire che i vantaggi di vicinanza facciano più che contrappesare
lo svantaggio della sterilità; e le terre di qualità Inferiore, poste all'immediazione
d'una grande città, posson dare una rendita grandissima, mentre le terre più
308* MAC CI I. UIC 11.
fertili, ma distanti dal mercato, non diano che una rendita tenuissima, o forse
anco non ne diano all'atto. Come la vicinanza di una città è sempre causa di
rendita, cosi la vicinanza d'una strada, o di un canale, o di un flume navigabile,
diminuendo le spese del trasporto a qualche gran mercato, può avere il mede
simo effetto. Bisogna ricordarsi che, non l'assoluta fertilità o posizione di una
data terra, ma la superiorità, sotto tali riguardi, comparativamente alle altre. è
ciò che permette ai coltivatori di pagare una rendita. È chiaro inoltre che quanto
più estesa è la superficie da cui un mercato ritrae le sue provviste, tanto più
alta, proporzionatamente alla fertilità, sarà la rendita delle terre ad esso vicine.
Le due sorgenti di rendita che abbiamo indicate, la fertilità e la prossimità
del mercato, sono all'atto distinte da quelle per particolarità di suolo o di posi
zione, che danno una rendita per effetto dell'ordinaria legge del monopolio. Una
specie particolare di prodotto, come il vino di Tokay, la quale non si possa otte
nere se non da un suolo particolare ed in una quantità limitata, può, per difetto
di offerta, ottenere un prezzo superiore in qualsivoglia proporzione al costo della
sua produzione. Tutto l'eccesso, dopo sottratto l'ordinario profitto del capitale,
andrà naturalmente in mano al proprietario. La terra occupata da edificii, da
giardini, da parchi, e dolata di speciali bellezze di posizione, è anche una merce
di monopolio, e la sua rendita viene affatto regolala dalla ricerca. Essa in verità
non può dare una rendita iuferiore a quella che si darebbe se si dedicasse alla
coltivazione, ma può darne una superiore seuza alcun limite assegnabile. Quando
il vantaggio d'una data posizione consiste nel fornire maggiori facilità agli affari,
come, per esempio, quando una bottega posta nella parte più frequentata della
città permette a colui che l'occupa di ottenere maggiori profitli annui di quelli
che otterrebbe se il medesimo capitale fosse impiegato in una bottega che non
abbia gli eguali vantaggi di posizione, la differenza tra questi straordinarii pro
fitti ed i profitti ordinarii viene aggiunta alla rendita del suolo, il lettore in simili
casi potrà facilmente scoprire quanta parte di ciò che chiamasi rendita appar
tenga al monopolio, e quanta sia analoga alla rendita propriamente detta.
Se la teoria della rendita così spiegata è sufficientemente chiara ed intelli
gibile, la spiegazione datane ha un vantaggio, quello cioè di liberare la teoria di
cui trattasi dalle molte obbiezioni fattesi contro di essa quando si espresse in un
altro linguaggio e si presentò in un'altra forma.
Niuno degli eminenti economisti che hanno esposto una tal teoria immagi
narono inai che la rendila dipendesse tutta dalla disuguaglianza di fertilità fra
i varii terreni. Riconobbero tutti che la disuguaglianza nel prodotto delle varie
parti di capitali successivamente spese sul medesimo terreno era, come le varie
gradazioni di fertilità, una sorgente di rendila. Non solamente essi conobbero
questa causa della rendita, ma tutti, direltameute ed in modo uuivoco, la espo
sero senza nulla lasciare dei suoi importanti effetti sulle mercedi, sulla rendita,
sul profitto e sul valore. Quando nondimeno, dopo espostala pienamente, la dot
trina della rendita si dovette ricordare dagli autori per motivi che non rendevano
necessario avvertire la distinzione tra le due sue sorgenti, si trovò più breve e
più conveniente il parlare delle fertilità diverse come causa di rendila, che il com
binare le due cause in unica frase, e parlare coordinatamente delle « differenti
fertilità e differenti prodotti dei capitali successivamente applicati al medesimo
suolo »; essendosi naturalmente supposto che ogni lettore avrebbe giudicato la teo
DI2LLI RENDITA. 309
ria dai passi in cui fu pienamente e formalmente esposta, non da quelli in cui non
se ne faceva che un'incidentale allusione. Ma quest'inesattezza è bastata perchè il
loro linguaggio fosse presentato e biasimato come inesatto. E quindi ripetuta
mente si è sostenuto, come un gagliardo argomento contro la nuova teoria della
rendila, che non v'era terra la quale non paghi una rendita ; che vi sarebbe una
rendita se anche tutte le terre fossero di eguale fertilità, e che tutte le terre di
un paese devono pagare una rendita quando tutte sono messe a coltura. Il let
tore comprenderà che queste asserzioni, in quanto sieno vere, discendono ap
punto dalla dottrina medesima contro la quale s'invocano. Se la rendita deriva
dalla disuguaglianza dei prodotti di diversi capitali agrarii , necessariamente ne
segue che, sia uniforme o disuguale la fertilità della terra, essa darà sempre una
rendita tostochè si trovi coltivata al di là del punto dove ogni vlteriore colti
vazione richieda una spesa proporzionatamente maggiore. Nulla dunque vi può
essere di più debole che l'obbiezione anzidetta , se pure deve intendersi come
tate; e se dev'essere presa in un altro senso, nulla vi può essere di più erroneo.
Non è essenziale alla teoria della rendita che esistano terre per le quali alcuna
rendita non si paghi. Ciò che la teoria richiede si è, che fra tutto il capitale im
piegato in agricoltura, esista sempre una porzione la quale non dia rendita al
cuna, una porzione che appena si ristauri coll'ordinario profitto del capitale.
Questo principio è la base vera della teoria sulla rendita, ed è un principio che
mai non è stato e mai non potrebb'essere posto in dubbio. Perchè se il prezzo
del prodotto è cost alto da permettere che la parte men produttiva del capitale
impiegalo nella terra, renda un prodotto superiore all'ordinario profitto, egli è
evidente che almeno l'ordinario profitto si possa ottenere applicando un maggior
capitale e coltivando più intensamente. Ma come vi è sempre tanto grano già
prodotto quanto se ne domanda ai prezzi attuali, cosi l'aumento della coltiva
zione in una terra dev'essere contrappesato da un intiero abbandono di un'altra,
ovvero un ingorgamento inevitabilmente ne seguirà. Nel primo caso i proprietarii
della terra abbandonata estingueranno colla loro concorrenza, e nell'altro caso
l'ingorgamento del mercato, con il ribasso dei prezzi, estinguerà parimenti la ren
dita che prima si produceva dal meno efficace fra i capitali impiegati sulla terra.
Egli è dunque evidente che vi è sempre qualche parte del capitale agrario,
la quale non produce alcuna rendita, e non può produrne ai prezzi esistenti.- Ciò
accordato, più non importerà se vi sia o non vi sia alcuna terra che non paghi
rendita. Bisognerà sciogliere un'altra quistione, se vi sia nel paese alcuna terra
la quale renda al primo ed al più produttivo dei capitali, esattamente il mede
simo prodotto proporzionale, che le altre terre coltivate rendono M'ultimo ed al
meno produttivo? Se vi ba, sarà coltivata, e da ciò che sopra abbiam detto evi
dentemente risulta che non potrà produrre alcuna rendita. Egli è ovvio che in
generale in un esteso paese vi saranno terre appartenenti a questo preciso grado
di fertilità, perchè in generale in un tal paese vi hanno terre d'ogni gradazione,
dalle migliori infino a quelle che nulla assolutamente producono. Ma vi sieno o
non vi sieno, ciò nell'interesse della teoria non occorre sapersi, quantunque non
sia esatto l'argomentare che non vi sieno, dal non trovare alcun proprietario
che conceda gratuitamente l'uso della sua terra. Si possono trovare porzioni di
terra in ogni podere le quali non darebbero alcuna rendita se si affittapsero se
paratamente da tutto il resto; si posson trovare intieri poderi che non danno at
310 MAC CULLOCD.
cuna rendita, che sono perciò coltivati dal proprietario medesimo. Nessuno cer
tamente darà gratis il proprio foudo; ma se esso è di cosi cattiva qualità che
senza concederlo gratuitamente non potrà in alcun modo affittarsi, bisognerà o
comprenderlo in un attro fitto o coltivarsi dal proprietario, o rimanere incolto.
Un'altra obbiezione che recentemente si è mossa contro la teoria della rendita,
è degna forse di menzione, non tanto per la sua intrinseca importanza quanto
perchè non ha attirato l'attenzione di alcuno fra i principali espositori della teo
ria. Quest'obbiezione si riduce a dire che è un errore il supporre, come Ricardo
ed altri han fatto, che le prime terre ad entrare in coltivazione son le più fertili.
I terreni leggieri e sabbiosi, si dice, sono ordinariamente i primi ad essere colti
vati, mentre i terreni argillosi, quantunque definitivamente sieno i più produttivi,
pure richiedono sin da principio una gran massa di capitali che non si possono
trovare nei primi stadii dell'agricoltura.
Ora, ammettendo per vero il fatto, è ben singolare che da ciò si sia potuto
dedurre un'obbiezione contraria alla teoria della rendila. Se la terra più fertile è
qualche volta l'ultima a coltivarsi, ne segue io verità che l'ultimo capitale eroga
tosi non sempre è il men produttivo ; ma non ne segue punto che il capitale men
produttivo non sia quello da cui si regoli il prezzo, fosse il primo o fosse l'ultimo
ad applicarsi. Tostochè la dimanda dei prodotti agrarii non si possa pienamente
soddisfare coltivando le terre più fertili, la coltivazione delle terre inferiori per
durerà: e quando queste ultime son tratte fuori dulia sfera della coltivazione,
sarà sempre vero che il prezzo dei prodotti venga determinato dal costo di quella
parte di essi che si ottenga per mezzo del men produttivo fra i capitali, che ne
cessariamente debba essere applicato alla terra.
Lo scopo principale per cui quest'obbiezio'ne si propone sembra essere quello
di dimostrare il vantaggio di un alto prezzo dei grani, il grano ad alto prezzo,
si dice, fa coltivare non solamente le cattive terre, ma anche le terre. ti/w fertili
di qualunque altra che prima si sia coltivata e quindi è beuefico ! L'errore di
quest'asserzione consiste in un falso concetto dell'espressione terre fertili. Qui la
fertilità si fa consistere in un peculiare attributo di quelle terre sulle quali una
gran copia di prodotti si possa raccogliere, senza tener conto della spesa; lad
dove essa dovrebbe considerarsi come appartenente con peculiarità a quelle terre
le quali producano, non la maggiore quantità assoluta di derrate, ma la quantità
maggiore comparativamente alte spese di coltivazione. Suppongasi, per esempio,
che vi sieno due qualità di terre in coltura, l'una che renda 100 misure di grano
sopra una data superficie, e l'altra che a, pari superficie ne renda 150; e sup
pongasi inoltre che una spesa di capitale e lavoro rappresentala da 50 si esiga
ucl la col ti\ azione della prima, mentre l'altra richieda una spesa come 80. In tal
caso egli è chiaro «he la terra la quale produca 100. misure di grano sarà -re
putala, da un coltivatore, o da qualunque persona, come più fertile tra le due;
in quanto che la fertilità non viene mai calcolata sulle quantità assolute del
prodotto, ma sul rapporto che queste quantità abbiano con la spesa indispen
sabile. Potrebbe forse darsi che, con una spesa immensa, un acre di Snowden o
di Ben-Lomond produca tanto quanto, col l'ordinario sistema di coltivazione si
possa trarre da un acre nella valle di Gloucester, o della Tarse di Gowrie ; ma
chi mai da ciò inferirebbe che i due tratti di terreno sieno egualmente fertili?
Supporre in verità che la terra più [ertile esiga un maggior prezzo del grano per
DELLA 1END1TA. SII
rimanere in coltivazione, di quello che esiga la terra men fertile, ciò è un'evi
dente contraddizione. Vero è che in ogni periodo della società, quando poco sia
il capitale accumulatosi, è spesso necessario il considerare, Dell'impiegarlo, non
ciò che possa rendere il maggior prodotto, ma ciò da cui si possa sperare il più
sollecito prodotto. Si può allora per difetto di capitale non coltivare quelle terre
che sarebbe altamente utile il coltivare se ve ne fossero i mezzi ; ma quando il
capitale si trova, e si applica a queste terre, allora, se esse sono non solamente
più fertili che le antiche, ma anche più fertili proporzionatamente alta spesu, si
potran coltivare ad un prezzo minore di prima, invece di richiedere la circostanza
di un prezzo maggiore. La terra che esige un prezzo maggiore sul mercato, per
riuscire egualmente profittevole al coltivatore, può essere là terra più produttiva,
in quanto riguarda il prodotto lordo, ma in quanto riguarda il netto, evidente
mente sarà una terra delle più sterili.
Oltre a queste obbiezioni un'altra di quando in quando se n'è promossa con
tro la teoria della rendita. Gli autori di essa affettano di supporre che West,
Malthus e Ricardo, considerassero la coltivazione delle terre inferiori come eausa
di un alto prezzo del grano. Ma questo, soggiungono, è un invertire l'ordine na
turale dei fatti ; la coltivazione delle terre inferiori non è causa ma effetto del
l'alto prezzo, il quale dal canto suo è effetto della cresciuta domanda. Nondi
meno, precisamente questo principio è stato di proposito piantato da quegli
autori, e soprattutto da Ricardo (1). Essi non han mai sostenuto che un alto
prezzo del grano fosse cagionato dalla coltivazione delle terre inferiori; essi
sostengono che viene dalla necessità di coltivare le terre inferiori, o morire di
fame quando la popolazione si accresca, i bisogni e 1 desiderii dell'uomo sona
la causa per cui le merci si producono, e sono in conseguenza la causa del loro
valore; ma la difficoltà incontratasi nel soddisfare a questi bisogni o desiderii, o
in altri termini, il costo di produzione delle merci è ciò che misura e regola que
sto valore. Tale è la teoria di Ricardo e di quanti altri sostengono la dottrina
della reudita, Bè si po* in modo alcuno ferirla ricorrendo ai cavilli che abbiamo
accennati.
Se il principio che abbiamo presentato come regolatore della rendita è esatto,
esso ci fornirà la soluzione di parecchi problemi ai quali non si è risposto, o si
è inesattamente risposto da Smith e dai suoi immediati successori. Uno di essi
sta nell'effetto che producano sulla rendita le varie mutazioni che avvengano nel
progresso della. società.
Lo stato della società, riguardo all'accumulazione della ricchezza, può essere
retrogrado, stazionario o progressivo. Ognuna di queste condizioni influisce in
diverso modo sulla rendita, ma nessuna vi influisce in egual modo sotto tutte le
circostanze.
In uno stato retrogrado la rendita della terra tende ad abbassarsi. La dimi
nuzione del capitale nazionale, per la quale questa fase si distingue, non neces
sariamente diminuisce la potenza di comperare il grano, perchè la popolazione
probabilmente può rinunziare ad altre parti dei suoi consumi. Ma il suolo pro
duce ancora le materie grezze di molte importanti manifattore ; e siccome il con-
(1; Yedi i suoi Principii di Econ. poi. ecc., 3* ediz., psg. 2T78.
312 MAC CVM.OCH.
sumo di esse viene immancabilmente a diminuirsi, così se ne attenua la domanda;
e il decadimento della popola7.ione, che immancabilmente deriva da ogni atte
nuazione del capitale nazionale, finirà col diminuire ancora la domanda dei vi
veri. La terra allora cesserò di coltivarsi colla medesima intensità di prima; la
porzione men produttiva del capitale verrà ritirata, o per usare un'espressione
più esatta, cesserà di rinnovarsi annualmente; il prezzo ed il valore del prodotto
agrario sarà allora regolato dalla porzione più produttiva del capitale, e la ren
dila pagata da quella sarà annichilata, e le rendite in grano pagate dalle porzioni
superiori si diminuiranno di altrettanto, mentre il loro valore si diminuirà in
una maggiore proporzione. Per tomure^alle cifre di sopra, cioè ai tre capitali
che producano 20, 15 e 10 misure di grano, dando una rendita di 5 misure,
si supponga che l'ultimo di essi venga ritirato dalla terra per effetto della decre
sciuta domanda. Allora il secondo capitale non darà alcuna rendita, ed il primo
non darà che 5 misure, cosicchè si avrà una diminuzione di due terzi nella ren
dita in grano delle varie terre: ma come il prezzo ed il valore del grano sr è
abbassato nella ragione di 15 a 10, cioè di un terzo, cosi la reale diminuzione
della rendita sarà, non come 3 ad 1, ma come 9 ad 1. L'interesse dunque del
proprietario, in quanto possa essere colpito da uno stato retrogrado della società,
coincide perfettamente col l'interesse di tutti. Ciò che diminuisce la ricchezza
generale, diminuisce quella del proprietario in una proporzione decisamente
maggiore.
Quando la ricchezza sociale è stazionaria, la rendita, in generale, lo sarà pari
menti. Quando è progressiva, la rendita nel corso ordinario e naturale delle cose
sarà progressiva. La crescente domanda dei viveri esige una coltivazione sem-
preppiù intensa dando un prodotto continuamente minore in rapporto della spesa.
La ricchezza adunque del proprietario è doppiamente accresciuta, dapprima per
chè si aumenta la rendita in grano, e poi perchè il grano cresce continuamente
in valore.
L'interesse del proprietario, riguardo all'influenza che Io stato progressivo
della società vi eserciti, è altrettanto identico con quello della società, e lo sarebbe
sempre se nel progresso della coltivazione non operassero ordinariamente due
principii contraddittorii: uno è il miglioramento della coltura, l'altro è l'impor
tazione dei prodolti agrarii dall'estero. Queste due circostanze agiscono aumen
tando la ricchezza sociale; ma pure esse sono immediatamente, e l'ultima forse
permanentemente, perniciose agl'interessi pecuniarii del proprietario.
Un paese il quale, in proporzione alla fertilità delle sue terre, è più popoloso
di quel che sieno i paesi vicini, e nel quale perciò la terra è più intensamente
coltivata, ed il grano ha un prezzo più alto, ben presto trova di poter accrescere
la quantità de' suoi viveri comprandone una parte dai paesi men popolosi, e con
un sacrificio minore di quello che occorrerebbe spingendo innanzi la coltiva
zione delle proprie terre. A questo punto perciò, se l'importazione è libera, qua
lunque aumento possa avvenire nella sua ricchezza e popolazione, la dimanda
delle derrate indigene non si può accrescere, nè il loro prezzo si può elevare; ed
il reddito del proprietario può rimanere immutato, mentre quello della società
in generale si accresce ; o se forzosamente si aumenta la rendita dei proprietarii
vietando l'importazione delle derrate straniere, e costringendo la società a doman
dare dalle proprie terre, più intensamente coltivate, il sovrappiù di viveri che
DELLA RENDITA. 313
si paragonino coi progressi che le arti lian potuto adempire, ed inoltre sono così
lenti a distruggere le abitudini ed i pregiudizii radicati ben più fra i coltivatori
che in ogni altra classe di produttori ; che il progresso della popolazione in molti
casi sembra essere proceduto di un passo eguale a quello dell'agricoltura, e
sembra che la domanda dei viveri siasi costantemente accresciuta a misura che
questi si sieno potuti ottenere ad un prezzo più mite. Finora, in verità, il pro
gresso dell'arte agraria non ba in alcun tempo determinato il ritiro di alcun
capitale dalla terra, nè ha potato in conseguenza abbassare la rendita.
Quando una popolazione adotta in grandissima parte un vitto meno costoso,
per esempio, le patate invece del grano, allora l'elTeUo scila coltivazione, sui
prezzi e sulle rendite, è precisamente eguale a quello che nascerebbe da un mi-
glioramento'dei metodi agrarii.
Queste osservazioni hanno una grande importanza come quelle che possono
rimuovere gli errori frequentemente introdotti nelle discussioni intorno alle leggi
sui cereali, ed intorno ad ogni altro punto in cui sia implicato il principio della
rendita. Un altro corollario egualmente importante si è, che la rendita non forma
parte del costo di produzione, o come comunemente ed un po' vagamente si dice,
che la rendita non entra nel prezzo. Smith, quantunque il suo linguaggio su que
sto punto non sia sempre chiaro e costante, sembra aver concepito che la ren
dita non fa parte del costo delle produzioni agrarie. Ciò egli dice in sostanza
quando dice che il grano non è ad aito prezzo perchè si paga una rendita sutta
terra, ma la rendita sutta terra si paga perchè ti grano è ad atto prezzo (1).
Nondimeno, essendo egli di opinione che per una o per un'altra causa il valore
del prodotto grezzo supera sempre il suo costo di produzione, e sapendo che il
costo del prodotto agrario entra nel costo di tutte le cose manufatte, ne con
chiude che la differenza tra il prezzo del prodotto agrario, ed il suo costo di pro
duzione, o in alUì' parole, la rendita entra sempre nel costo di tutte le manifat
ture. Il prezzo di un oggetto manufatto, secondo lui, deve sempre poter pagare,
non solamente le mercedi del lavoro ed i profitti del capitale direttamente o in
direttamente impiegato a produrlo, ma pure la rendita della terra su cui la ma
teria grezza fu raccolta; e quindi per lui la rendita, o almeno l'eccesso che costi
tuisce la rendita, non è un effetto, ma una causa dell'alto prezzo; giacchè se
questo eccesso o questa rendita non esistesse, tutte le manifatture si potrebbero
vendere ad un prezzo minore.
Ma noi abbiamo veduto che il prezzo del prodotto agrario non supera il suo
costo di produzione, includendo in queste parole il profitto ordinario del capitale.
Preso in massa, tutto il prezzo supera tutio il costo, ma ciò avviene perchè il
costo di produzione è disuguale. Il prezzo supera il costo più basso, non supera
il più alto. Ed il più allo, regolando tutti i prezzi, si può considerare come il
costo totale; si può la rendita considerare come un privilegio. di favoriti indivi
dui, in quel moda, che, se un premio si accordasse ad una data porzione dei
tessitori di bambagini, i quali non fossero numerosi abbastanza per provvedere
il mercato, non si potrebbe esattamente dire che il costo dei bambagini si sia
diminuito, quantunque fosse realmente diminuito per i produttori privilegiati.
Se dunque non esistesse ciò che chiamasi rendita, allora nè il prodotto grezzo,
nè inconseguenza le manifatture, si potrebbero vendere a prezzo minore; la
rendita non influisce sul valore e prezzo, e può intieramente mettersi fuori di
costo quando si discutono questi argomenti.
Occorre soltanto osservare inoltre, che la rendita non deve confondersi con
ciò che si paga, annualmente o in altro modo, al proprietario del fondo in
prezzo degli edificii, dei canali, delle opere con cui si è migliorata la condizione
dei fondo, e che esigono di rinnovarsi periodicamente. Queste sono tante por
zioni di capitale impiegato nella coltura, come lo sono gli aratri o i trebbiatoi,
e ne differiscono soltanto in ciò che appartengono allo stesso proprietario del
suolo. Se egli ha fornito una meta del capitale, una porzione del fitto sarà evi
dentemente frutto di esso, non sarà rendita; nè la cosa è diversa quando egli
fornisce non solamente il terreno, ma tutte le sue appendici, le quali, se non
esistessero, dovrebbero provvedersi sul capitale del fittaiuolo.
La rendita delie miniere è governata da principii affatto simili, a quelli che
determinano la rendita. Il costo di produzione nella meno fertile delle miniere
che si possano scavare per ottenerne il minerale necessario è quello che governa
il prezzo del prodotto ottenuto su tutte le altre.
Le idee di Smith su questo argomento sono, come abbiamo già notato, estre
mamente inesatte (1).
La differenza precipua tra il principio della rendita agraria e della rendita
mineraria, sta in ciò, che la gran legge dell'applicazione del capitale della terra,
cioè la disuguaglianza dei prodotti derivati dalle varie porzioni di capitale im
piegato, non è applicabile alle miniere. Vero è che la difficoltà di scavare una
miniera cresce a misura che si scenda più giù nelle viscere della terra. Il pro
dotto dunque di ogni nuovo capitale, applicato ad una miniera, va sempre de
crescendo, ma il prodotto del capitale autico decresce del pari : non vi sono
dunque, come nel caso della terra, due porzioni di capitale investite in una sola
miniera, delle quali una produca più, e l'altra meno. Tra le conseguenze che da
ciò discendono, vi ha quella che la parte meno produttiva del capitale impiegato
iu una miniera può produrre una rendita. La produttività delle varie miniere non
differisce per gradi impercettibili come quella dei varii capitali impiegati sulla
medesima terra. Se, per esempio, la miniera più feconda potesse bastare alla do
manda di tutto il mondo, l'intraprenditore potrebbe mantenere il prezzo del suo
prodotto al di sopra del costo di produzione nella sua miniera, purchè lo tenesse
alquanto al di sotto del costo di produzione iu ogni altra miniera; e con questo
sovrappiù, come con ogni altro sovrappiù del medesimo genere, non il capita
lista, ma il proprietario si troverebbe avvantaggiato.
La teoria della rendita, che abbiamo qui sopra spiegata, costituisce la più
grande scoverta che si sia fatta dopo la pubblicazione della Ricchezza delle na
zioni se pure si eccettua il principio della popolazione la cui importanza è anche
maggiore. Essa fu annunziata al mondo in due opuscoli, pubblicati nel 1815,
daMr. West (oggi sir Edoardo West, primo giudice di Bombay) e da Mr. Malthus.
Un opuscolo che spiegava la stessa dottrina fu pubblicato da Mr. Ricardo, due
CAREY.
RENDITA.
(Dal Post Proserà and Future).
L'UOMO E LA TERRA.
que comincia la sua opera di coltivazione sull'alto della collina, dove praticando
col suo bastone alcuni buchi nel lieve terreno che si asciuga da sè, fa cadere i
granelli della semente ad uno o due pollici al disotto della superficie, ed ot
tiene nella stagione opportuna un prodotto doppio della semente impiegata. Stri
tola fra due pietre questo prodotto, e si forma il pane. Già la sua condizione
si è migliorata; egli è riuscito nel costringere la terra a lavorare per lui, men
tre egli si occupava a carpire conigli o scoiattoli, ed a raccogliere frutti selvaggi.
Col corso del tempo riesce ad aguzzare una pietra e formarsene un'accetta, per
mezzo della quale può alquanto più rapidamente intaccare il tronco d'un albero,
e liberarsi dall'ingombro delle branche e delle radiche , operazione che non
ostante è ancora troppo lenta e laboriosa. In seguito, noi lo troviamo occupato
a porre in attività un nuovo tratto di terreno, la cui forza produttrice non era
così apparente come quella del tratto a cui primitivamente si volse. Trova un
minerale di rame, e coll'aiuto di qualche branca caduta lo brucia e ne ottiene
il metallo con cui si forma un'accetta migliore, impiegandovi molto meno di
travaglio che quanto ne occorre per far la prima di pietra. Parimenti si fa qual
che cosa di simile ad una zappa. E allora può praticare nel suolo dei buchi
di quattro pollici con minor fatica di quella che occorse per praticarne col
l'aiuto d'un semplice bastone alla profondità di soli due pollici. Cosi penetra ad
uno strato più basso, ed avendo il mezzo di smuovere e sminuzzare la terra ,
fa si che la pioggia vi rimanga assorbita, invece di sdrucciolare sopra un suolo
compatto; di modo che il nuovo tratto che prende a coltivare gli riesce molto
più maneggevole e più proficuo di quello su cui spese dapprima tutte le sue
forze. La sua semente meglio protetta non gelerà nell'inverno, non seccherà nel
l'estate, e quindi la raccolta si eleverà fino al quadruplo della semente. Così il
nuovo terreno produce di più, lavorandovi meno. Ad un nuovo periodo lo tro
viamo occupato intorno ad un nuovo terreno. Egli ne ha trovato qualcuno che,
bruciandosi, produce lo zinco, metallo che, combinato col rame, gli dà il bronzo.
Con esso 1 suoi strumenti si migliorano, ed egli può procedere più rapidamente.
Scende più giù nella prima terra occupata, ed al tempo medesimo può diboscare
altre terre, sulle quali la vegetazione è più lussureggiante, giacchè ora può ester-
minare le piante in un tempo abbastanza breve, perchè il posto che esse occu
pavano non venga rioccupato da altre egualmente inutili ai suoi bisogni. Intanto
i suoi figliuoli son cresciuti, e possono assisterlo nel rinettare il terreno, e rimuo
vere gli ostacoli da cui i suoi progressi sono impediti. Più tardi lo troviamo oc
cupato a bruciare un minerale ferruginoso che lo circonda in tutte le direzioni;
e cosi vicino ad ottenere un'accetta ed una zappa ancora mal fatte, ma molto
superiori a quelle di cui si è giovato finora. Quindi, coll'aiuto dei suoi figliuoli,
divenuti già uomini, sbarbica il pino sulla terra elevata, lasciando nondimeno in
piedi la quercia che grandeggia sulla vallata. La sua terra coltivabile si aumenta
in superficie, mentre egli coll'aiuto della sua zappa penetra sempre più giù nel
terreno, e mette così in azione le forze di parecchi terreni sovrapposti l'uno al
l'altro nella profondità d'una dozzina di pollici. Si accorge con gran soddisfa
zione che il suolo leggiero è sovraccarico di argilla, ed arriva a scoprire che
combinandolo col più forte, può ottenere un nuovo strato più produttivo di quello
a cui dapprincipio si rivolse. Trova inoltre che rovesciando le zolle, la decom
posizione si agevola , e che in tal modo ad ogni nuova operazione riceve un
l'uomo e la terra. 319
maggiore compenso al suo lavoro. La sua famiglia è cresciuta, ed egli ha potulo
cominciare a raccogliere gl'importanti vantaggi del lavoro associato. Certe cose
che erano indispensabili per rendere più rapidamente produttiva la sua terra
ma che ad on solo individuo riuscivano impraticabili, divengono semplici e fa
cili quando tenta di farle in compagnia dei suoi sei figli, ciascuno dei quali ot
tiene un vitto molto maggiore di quello che ciascuno isolatamente potrebbe
procurarsi, anche a costo di uno sforzo molto maggiore. Allora procede innanzi
verso la valle, attaccando i grandi alberi col ferro e col fuoco , ed agevolando
così di grado in grado la circolazione dell'aria, onde rendere gradatamente pos
sibile l'occupazione permanente di quel terreno. Trova poscia che i suoi figli
possono eseguire tutti i lavori del campo, e ch'egli dedicandosi esclusivamente
a trar profitto del terreno ferruginoso, riuscirà a rendersi più utile, assoggettan
dosi ad un men duro travaglio. Inventa la vanga, per mezzo della quale i suoi
figli maggiori possono liberare perfettamente la terra dalle male erbe, ed estir
pare una parte delle radici, dalle quali le terre migliori — le ultime a coltivarsi
— si trovano ancora infestate. E riuscito ad addomesticare il bove , ma finora
non si è giovato dei suoi servigii. Adesso inventa l'aratro e per mezzo di una
striscia di pelle vi attacca il bove, e lo adopera a rovesciare profondo terreno ,
sempreppiù distante dal punto in cui piantò dapprima la sua prima capanna. La
famiglia cresce, e con essa cresce la sua ricchezza. Egli ha migliori strumenti ,
ed ha poco a poco ridotto a coltura terreni sempre migliori. Il vitto e gli abiti
sono più abbondanti, e l'aria delle terre basse si è migliorata per effetto del
diboscamento. Il suo alloggio è anche migliore. Dapprima non era che un buco
nella terra; poi fu combinato per mezzo di quei tronchi che i suoi sforzi indi
viduali gli permisero di rotolare e collocare l'uno sull'altro. Un camino era lusso
Don isperato, ed egli era costretto di vivere in mezzo ad un'atmosfera di fumo
se non voleva perire di freddo. Lusso a cui neanche pensavasi era pure una fi
nestra. Se il rigore della stagione esigeva che si chiudesse la porla, egli doveva
lasciarsi soffocare dal fumo, e passare il giorno nell'oscurità. Il suo tempo adun
que, durante una gran parte dell'anno, era affatto improduttivo, mentre la sua
vita era soggetta a mille pericoli per l'aria mefitica dell'interno , o per i rigori
atmosferici all'esterno della miserabile sua capanna. Cresciuta la piccola popo
lazione, egli ha aumentato la sua ricchezza, derivandola dalla coltivazione di
nuovi e migliori terreni; ed ha inoltre acquistato la facoltà di concertare il suo
lavoro con quello degli altri, e cosi renderli tutti più produttivi. Essi abbattono
ora le enormi quercie ed i grossi pini, e ne profittano per costruire nuove case,
meglio concepite e disposte che le prime. La salubrità cresce, e la popolazione
si moltiplica più rapidamente. Gli uni fra i giovani si occupano ai lavori del
campo, mentre altri preparano le pelli e le rendono più atte a farne vestiti ; ed
altri ancora formano accette, zappe, vasi, aratri ed altri strumenti atti ad aiu
tare il lavoro dei campi ed il lavoro di costruzione. La quantità dei viveri
rapidamente si accresce , e con essa si accresce la potenza di popolare. Nei
primi anni eravi un continuo pericolo di fame. Ora si ha un sovrappiù, ed una
porzione si mette in riserva per far fronte alle penurie di una mancata rac
colta. La coltivazione si estende nelle parli più alte, dove si possono squarciare
coll'aratro nuovi traiti di terreno e ricavarne maggior prodotto , mentre si
procede più giù verso la valle , ove ogni anno che passi è segnalato dalla di
320 CABET.
sparizione dei grandi alberi che occupavano finora le terre più fertili , e gli
spazi intermedii si arricchiscono frattanto della decomposizione di enormi
radici, e divengono più accessibili all'aratro per il graduale decadimento dei
tronchi. Un sol bove può ora rivolgere un più largo tratto di suolo, di quello
che da principio se ne lavorava con due: un sol bifolco può ora fare maggior
lavoro di quello che sul primo terreno occupatosi avrebber potuto cento uomini
armati di aguzzi bastoni. La famiglia può bonificare talune fra le terre basse,
e raccoglie messi copiose dai nuovi terreni cominciati a coltivare. I bovi finora
vagavano nei boschi, pascendosi di ciò che trovavano; ora il prato è riserbato
per uso loro. L'accetta e la sega han permesso di rinchiuderli in una stalla, e così
han reso più facile l'ottenere una sufficiente quantità di carne, di latte, di burro
e di pelli. Finora il principale fra gli animali domestici era stato il maiale che
poteva viver di ghiande. Ora si aggiunge il bove , forse il montone, essendosi
potuto abbandonare le prime terre coltivatesi per destinarle a pascolo di un
gregge. Si ottiene mollo più di carne e di grano, e con minore lavoro di quel
che facevasi dapprincipio , quantunque il numero delle bocche sia tanto cre
sciuto. Il padre e l'avo morirono , e le nuove generazioni profittano adesso
della ricchezza che essi avevano accumulato , mentre applicano il loro lavoro
con un guadagno quotidtanamente maggiore: ed ottenendo una ricompensa sem
pre crescente, acquistando una maggior potenza di accumulazione, e perdendo
la necessità di sottoporsi a duri travagli. Pensano adesso di provvedersi di nuove
forze; l'acqua non è più lasciata al suo libero corso, l'aria medesima si costringe
a lavorare per loro. Molini a vento macinano il grano, seghe meccaniche tagliano
il legno, il quale sparisce più rapidamente, meutre l'opera della fognatura viene
agevolata dall'uso delle zappe e degli aratri. La piccola fornace appare, ed il
carbon fossile si applica alla riduzione del terreno ferruginoso, tostochè si è
trovato che il lavoro di un sol giorno diviene più produttivo di quello che era
dapprima il lavoro di sei. Gli abitanti si spargono sulla costa della montagna,
e scendono verso le terre basse, facendosi sempre più numerosi nella sede del
primo stabilimento, e ad ogni passo noi troviamo una crescente tendenza a com
binare i loro sforzi per la produzione dei viveri, In manifattura degli abiti e degli
utensili domestici, la costruzione delle case, la preparazione delle macchine clic
li aiutino in tutte queste operazioni. Il legname più grosso, quello che cresce sulle
terre più fertili, ormai sparisce, e le paludi più profonde si cominciano a dissec
care. Le strade faciliteranno le comunicazioni tra l'antico stabilimento ed i nuovi
formatisi attorno ad esso , e permetteranno al coltivatore del grano di permu
tare il suo prodotto con arnesi migliori, con zappe ed aratri, non che con altri
prodotti d'uso, vestiti e mobili. La popolazione cresce ancora di più, e la ric
chezza con essa, e l'uomo acquista la possibilità di un riposo che gli lasci luogo
a riflettere sui fenomeni che l'esperienza ha presentato a lui ed ai suoi predeces
sori. La sua mente diviene sempre più stimolata a mettersi in attività. La sab
bia di quei dintorni si trova scarsa di marne , e col mezzo degli strumenti ora
in uso, le due terre si possono combinare per produrre un suolo, la cui forza
riesca superiore a quella di ogni altro terreno fin qui coltivatosi. Il compenso
del travaglio si accresce, e tutti gli abitanti son meglio nudriti, vestiti , allog
giati, tutti sentono lo stimolo a nuovi sforzi, mentre la cresciuta salubrità e la
possibilità di lavorare in casa e fuori, secondo l'avvicendarsi delte stagioni per
l'uomo k la turba. 321
mette loro di applicarsi con più regolarità e costanza. Fin qui nondimeno essi
hanno incontrato qualche difficoltà nel raccogliere le loro messi. L'epoca della
raccolta è breve, e tutta la forza della società si è trovata insufficiente per im
pedire che molti granelli rimanessero perduti sulla terra, quando, troppo ma
turi, il vento li scuoteva, o quando essi dovevano eseguire la messe coll'opera
delle sole mani. Oltrechè non di rado la raccolta si è trovata tutta danneggiata
pei subiti cambiamenti di stagione. Il progresso della coltivazione ne è stato at
traversato, e le braccia lavoratrici si son trovate soverchie nel corso dell'anno,
mentre poi all'epoca della raccolta si trovarono scarse. Oggi la falcetta e la
falce prendono il posto della mano dell'uomo, ed agevolano l'operazione della
messe. L'erpice vien dietro, e tutto tende ad accrescere la facilità di accumulare,
e così permettere che le forze produttrici degli abitanti si rivolgano a nuovi
terreni, più profondi o più lontani, più sovraccarichi di alberi, più soggetti a
venire innondati, e che perciò si devono non solo fognare, ma anche custodire
con dighe. Nuove combinazioni inoltre si formano. L'argilla si trova mancante
di calce, e quest'ultima, come le terre ferruginose , esige una preparazione per
rendersi atta a mischiarsi colla prima. La strada, la carretta, ed il cavallo, age
volano l'operazione, permettono al coltivatore di procurarsi prontamente delle
quantità di un minerale carico di carbone, ed egli bruciando la pietra calcare e
combinandola coll'argilla, si forma un terreno superiore a qualunque di quelli
che ha coltivati finora: un terreno che produce più grano ed esige ad un tempo
sforzi minori da lui, dai suoi bovi , dai suoi cavalli. Quindi la popolazione e
la ricchezza prendono un nuovo incremento; la macchina a vapore facilita l'o
pera della fognatura, mentre la strada ferrata agevola il trasporto delle produ
zioni al mercato. li bestiame s'ingrassa alla stalla; una gran parte di ciò che
si produce nel prato rimane a casa in forma d'ingrasso, da applicarsi ad altri
terreni finora incapaci di rendere un adequato compenso al lavoro. Invece di
mandare foraggi al mercato per ingrassare gli animali, ora si ritira dal mercato
tutta la massa dei loro rimasugli in forma di ossa, che accrescono immensa
mente la produttività del lavoro. Passando cosi di grado in grado dai terreni
più sterili ai più fecondi, l'aumento dei viveri, e di ogui altra fra le necessità
della vita, quotidianamente avviene che gli uomini consumano più, mentre più
rapidamente possono accumulare. I pericoli della carestia finirono. L'aumento
dei prodotti che il lavoro ottiene, ed il quotidiano miglioramento della comune
condizione rende più attrattivo il lavoro, e fa sì che l'uomo vi si dedichi più
volontieri, a misura che l'indole dei suoi sforzi divenga men dura. La popola
zione si moltiplica ancora, e la rapidità del suo aumento si vede crescere di ge
nerazione in generazione; e con essa si vede divenire sempre meglio possibile
la vita sociale, attesa la potenza sempre crescente di trarre maggiori prodotti
da una medesima superficie: con essa si vede una tendenza sempre maggiore
di concertare insieme le azioni individuali, e così rendere più produttivo il la
voro di ciascheduno, stimolare i rispettivi bisogni, ravvivare il desiderio ed ac
crescere le facilitazioni del commercio, cose tutte che tendono a produrre pace
ed armonia, sicurezza di proprietà e di persone fra loro medesime, e col mondo
d'attorno; cose tutte che procedono accompagnate da un aumento di numero, di
ricchezza, di prosperità, di benessere.
Econom. 2a serie Tom. I. — 21.
322 CAB ET.
Quasi quarantanni sono già scorsi dacchè Ricardo annunziò al mondo la
sua scoverta intorno alla natura ed alle cause della rendita , ed alla legge del
suo progresso. L'opera per mezzo della quale la fe' conoscere, d'allora in poi
divenne il testo di quegl'Inclesi che si fan chiamare Economisti per eccellenza;
e tutto ciò che non sia una fede assoluta nelle proposizioni di quel libro, si ri
guarda come eresia degna di scomunica, o come una prova dell'incapacità di
comprenderlo, degna d'ogni disprezzo. Nondimeno, imitando in ciò la condotta
dei seguaci di Maometto riguardo al Corano, tutti i professori che hanno intra
preso l'insegnamento di una tal dottrina, non lasciano di ricostruirla ciascuno
a modo suo, e modificarla secondo le loro idee e le necessità del caso che venga
loro alle mani; perlocchè ogni studioso si trova nell'impossibilità di ben definire
ciò che debba pensarne. Dopo avere attentamente studiato le opere dei più. emi
nenti e più recenti scrittori su tal materia, dopo aver visto che non era possibile
trovarne due soli d'accordo, lo studente si volge, in disperazione di causa, a
Ricardo medesimo, e nel suo libro incontra il celebre capitolo sulla rendita ,
pieno di contraddizioni impossibili a riconciliarsi, e pieno d'una serie di com
plicazioni tali, che non avrà, io credo, potuto mai trovare in sì gran numero ed
in sì poche linee. Quanto più studia, tanto più le difficoltà gli si affacciano ,
tanto meno si può spiegare la varietà delle dottrine insegnate dagli uomini che
si professano legati alla medesima scuola, e che in un sol punto si trovano d'ac
cordo, nel dichiarare cioè la nuova teoria della rendita come la più grande sco
verta del nostro secolo.
Guardando intorno, lo studente vede che tutte le leggi naturali riconosciute
hanno per carattere una massima semplicità ed una larghissima generalità. Le
vede tutte universalmente applicabili; e vede che coloro da cui sono insegnate
non hanno il menomo bisogno di ricorrere a piccole eccezioni per dare nna spie
gazione dei singoli fatti. La semplicità della legge di Keplero « uguali aree in
eguali tempi » è perfetta. È una verità universale, e tutti coloro a cui si spieghi
si convincono che non solamente è, ma che deve esserlo sempre in relazione a
tutti 1 pianeti che si potranno scoprire , per quanto numerosi si fossero e per
quanto distanti dal sole e da noi. Un fanciullo la può comprendere, e chiunque
l'apprenda si può sentire in grado d'insegnarla ad altri. Non esige commentarii
nè modificazioni. Ma tale non è la legge sulla quale noi vogliamo ora chiamare
l'attenzione dei nostri lettori. Qualunque si fosse il suo merito, non sarà mai
quello della semplicità, e dell'applicabilità universale.
A prima vista nondimeno si presenta come semplicissima. La rendita , si
dice, vien pagata per le terre di prima qualità che producono 100 misure di
grano in compenso d'una data quantità di lavoro, quando, per l'aumentp della
popolazione, è necessario di coltivare altra terra 'di qualità inferiore, capace di
non produrre più che 90 misure in compenso della medesima quantità di la
voro: e la somma della rendita che allora si paga sulla terra n° 1 , è eguale
alla differenza che passa fra i rispettivi prodotti delle due terre. Non ha propo
sizione più atta a riscuotere l'assentimento generale. Ogni uomo che l'ascolti,
vede attorno a sè delle terre che pagano rendita; vede che quella, la quale
produce 40 misure per ogni acre, paga una rendita maggiore di quella che si
riscuote sopra un'altra terra capace di rendere soltanto 30 misure a parità
di superficie, e vede che la differenza tra le due rendite è quasi uguale alla dif
l'uomo e la terrà. 323
ferenza dei due prodotti. Quindi facilmente diviene un discepolo di Ricardo, ed
ammette che la ragione per cui si paga un prezzo come fitto d'una terra sta ap
punto nelle diverse qualità delle terre; quantunque egli riguarderebbe come al
tamente assurda la proposizione di chi volesse provargti che, per esempio , il
motivo per cui si paga il prezzo di un bove stia nella circostanza che un bove
è più pesante di un altra; che il motivo per cui si paga la pigione delle case,
stia nella circostanza che l'una è capace di alloggiare venti persone , e l'altra
di alloggiarne soltanto 10; che il motivo per cui si paga un nolo alle navi stia
nella circostanza che l'una abbia una portata maggiore dell'altra.
In una certa porzione del mondo attuale si crede oggi che appunto la dif
ferenza nella qualità del terreno costituisca l'intrinseca ragione per cui le terre
riscuotono un fitto. Non è veramente una grandissima porzione , giacchè la
teoria di Ricardo ha avuto pochissimo corso al di là dei limili dell'Inghil
terra. Pochi la professano in Francia, alcuni in America, ma ogni dove, io
credo, non ha fatto progressi, cosa che certamente sarebbe avvenuta in altro
modo se questa legge, simile a tutte le leggi della natura , fosse dotata di
quella semplicità che tanto è essenziale per ottenere una universale appli
cazione.
Vi fu un tempo in cui tutto il mondo credette che la terra era immobile ,
e che il sole girava ogni giorno attorno ad essa. iXiuno ne dubitava, ma se
qualcuno avesse osato di metterlo in dubbio, si ricorreva alle sacre Scritture
per confutarlo. Alcuni diligenti osservatori nondimeno scoprirono molti altri
fatti, la cui esistenza era incompatibile con quel gran fatto universalmente ac
cettato. Ulteriori osservazioni li confermarono nei loro dubbi, e finalmente si
vide che la teoria Tolemaica , rappezzata comunque si potesse, non bastava a
spiegare certi fatti la cui esistenza era innegabile. Era una teoria troppo ampia
per alcuni casi, troppo ristretta per altri. Nondimeno il non crederla, si chia
mava eresia, degna non solamente di scomunica, ma di esser punita col fuoco.
Copernico ad onta di ciò ebbe l'ardire di negarla, ed annunziare al mondo che
il sole era fermo , e la terra movevasi atterno ad esso. La persecuzione ama
reggiò gli ultimi anni della sua vita, ed il suo discepolo Galileo fu costretto a
ritrattarsi in ginocchio e ripudiare la mostruosa dottrina, benchè tutto il mondo
incivilito oggi sia d'accordo eon lui nel ripetere « eppur si muove ».
In ugual modo la dottrina di Ricardo si è trovata troppo ampia per alcuni
fatti, e troppo stretta per molti altri: e da ciò son venute le modificazioni che
ha dovuto subire (1). Ogni nuovo maestro che sopravvenga ad insegnarla , si
(1) Fra i primi e più distinti partigiani della dottrina di Ricarck», fu l'autore dei
< Diatoghi fra tre studenti di diritto". In un'opera moderna del medesimo autore tro
viamo il passo seguente :
« Le tendenze di una legge naturale simile a quella della rendita, conviene sempre
che si espongano, e Ricardo fu il primo ad esporle. Altri l'aveano scoverta ; egli fu il
primo a rivolgere la sua sagace intelligenza verso le conseguenze di quella legge, sui
profitti, le mercedi ed il prezzo, e quindi sopra tutta l'economia sociale. Egli fece bene;
e noi gitene siamo eternamente debitori. Ma non lece altrettanto bene a metter sempre
da canto l'eterno niovimento contrario che tende, con forza eguale, a raddrizzare la
bilancia squilibrata. Questo difetto ebbe la cattiva conseguenza di introdurre il mera
viglioso in una scienza severa ; giacchè è un puro miracolo che la rendita non abbia
324 CAR1Y.
sente costretto di tirarla verso qualche lato onde poter coprire qualche fatto
nuovo, e nel suo sforzo per coprire le esperienze fatte in un lato, lascia scoverti
i fatti osservati da un altro lato. Si coprono così la testa e le braccia, e riman
gono esposti i piedi ; e quando si vuol tirare il mantello perchè copra insieme i
piedi e la testa , le braccia si presentano alla vista dello spettatore. Tale fu
precisamente il caso del sistema di Tolomeo. Esso non era nè ampio nè sem
plice. Fondavasi su pochi fatti, ne trascurava mille altri, e da ciò la sua caduta,
indispensabile conseguenza della sua erroneità.
Nel proporci di sottoporre ai nostri lettori alcune idee opposte alla dottrina
della rendita, noi vogliamo far riflettere rispettosamente ai discepoli di Ricardo,
nelle cui mani questo libro potrà cadere, che la loro fiducia nella verità di una
tale dottrina non è certamente maggiore di quella che avevano i partigiani del
sistema di Tolomeo ; che l'evidenza del gran fatto su cui essa riposa non sarà
certamente maggiore di quella con cui presentavosi agli occhi degli uomini il
movimento del sole; nè la credenza a tal fatto può essere altrettanto universale;
che come Tolomeo si trovò definitivamente caduto in errore, cosi può avvenire
a Ricardo; che quindi può non essere affatto perduto il tempo che debbano de
dicare a leggere il breve esame del loro* favorito sistema che io ora vado a sot
toporre alle loro considerazioni-
Tutta la teoria di Ricardo, ridotta alla sua più semplice espressione, si con
tiene negli assunti che seguono:
1" Che nell'inizio della coltivazione, quando la popolazione è ristretta,
e quindi la terra è abbondante, le sole terre coltivate sono le più feconde, quelle
cioè che possono per una data quantità di lavoro offerire il più largo prodotto,
per esempio, 100 misure.
2° Che progredendo la popolazione, la terra divien meno abbondante, e
da ciò sorge la necessità di coltivare terreni capaci di rendere un più scarso
prodotto; e quindi si ricorre successivamente ad una seconda, una terza, una
quarta classe di terreni , che rispettivamente producono sempre meno, 90, 80,
70 misure, con la medesima quantità di lavoro.
3° Che con il bisogno di applicare il lavoro umano in modo sempre men
produttivo, bisogno che accompagna l'aumento della popolazione, le rendite
sorgono, il proprietario della terra n° 1 diviene facoltato a domandare, ed ot
tiene, in compenso dell'uso che permette di farne, 10 misure, quando si è so
lamente coltivato il terreno di seconda classe; 20 misure, quando si è pure ri
corso al terreno di terza classe; 30 misure, quando si è dovuto ricorrere al
terreno di quarta classe.
primaIl d'ora
nostroassorbito
sistema tutto
sociale
il prodotto
sembra avere
della in
terra,
se stesso
risultato
il rimedio
a cui manifestameDte
al germe dellatende
ro
vina. Una delle due: o noi distruggiamo la rendila, cioè le cause da cui viene la ren
dita; o la rendita ci distruggerà ». — Logica dell' Economia politica, p. 190. — Ricardo
credeva che, col crescere della popolazione, il compenso del lavoro si diminuisca, e la
potenza dell'accumulazione si attenui. De Quincy gli avrebbe insegnato che, col cre
scere della popolazione, la potenza di accumulare si accresce del pari, e coll'aiuto del
capitale accumulato il compenso al lavoro s'ingrossa. Ricardo non nascose ciò, ma
propriamente noi vide. De Quinoy io vide, e per poco che vi riflettesse si convince
rebbe che i fatti e la teoria di Ricardo sono totalmente in contraddizione reciproca.
l'uomo e la terra. 325
4° Che la rata proporzionale, spettante al proprietario della terra, tende
così ad aumentarsi, a seconda che la produttività del lavoro decresca, e la divi
sione del prodotto si fa nel modo seguente:
Totale. Lavoro. Rendit
1 soltanto è coltivato 100 100 1
(i) « L'uoo (l'uomo pratico) Irae la sua nozione dell'universo dai pochi oggetti che
compongono la mobiglia del suo Banco; l'altro (il fitosofo) avendo trovato una dimostra
zione dal canto suo, e dimenticando che è soltanto una dimostrazione nisi (una prova
sempre soggetta a venir meno per la sopravvenienza d'ogni nuovo fatto) niega inveca
di esaminare e discutere gli assunti che gli si oppongono». — S. Hill.
326 CAftRY.
dod è mai esistito in alcun paese, e che sarebbe direttamente contrario alla na
tura delle cose se mai fosse esistito o potesse esistere, è ciò che ora noi ci pro
poniamo di dimostrare.
Il procedimento che la teoria di Ricardo suppone, differisce profondamente
da quello che io ho descritto. L'autore mette il suo colono sulle terre più fer
tili, e destina ai suoi figli le terre inferiori. Fa dell'uomo la vittima di una dura
necessità, che si accresce col moltiplicarsi della specie; laddove noi abbiamo
dimostrato ch'egli esercita una potenza continuamente maggiore derivante dalla
combinazione degli sforzi proprii o con quelli dei suoi simili. Ricardo non vide
mai, come in questo momento noi vediamo dalla finestra della stanza in cui
scriviamo, il progresso di una nuova colonia. Se lo avesse veduto, non v'è da
dubitare che la sua energica mente gli avrebbe permesso di studiare la vera
causa della rendita, la legge del suo progresso e del suo declinio. Noi ci propo
niamo ora di dimostrare che in ogni parte del mondo ed in ogni epoca, l'ordine
degli avvenimenti è stato tale qual noi lo abbiamo descritto; e se potremo
convincerne i nostri lettori, essi si accorgeranno che la teoria di Ricardo manca
adutto di base. Essa riposa sopra l'assunto di un semplice fatto; e se questo
fatto si può mostrare di non avere esistenza, il sistema dovrà abbandonarsi, e
noi dovremo rivolgerci altrove per rinvenire la causa della rendita,- dove ci
riuscirà forse di provare che la legge dei suoi progressi consista in qualche
principio direttamente contrario a quello nel quale motti lo fanno consistere.
Noi comiucieremo il nostro esame dagli Stati Uniti. La loro prima occupa
zione è recente, ed essendo ancora in corso, noi possiamo rintracciare il colono
e seguirlo nella serie delle sue operazioni. Se lo troviamo costantemente diretto
ad occupare i terreni alti e leggieri che esigono poca fatica di diboscamento e
nessuna di disseccazione: quei terreni che non possono rendere se non un lieve
compenso al lavoro umano; se lo troviamo costantemente rivolto a procedere di
grado in grado verso le terre più basse e più fertili, a misura che la sua popola
zione e ricchezza si accrescono; allora la nostra teoria si troverà confermata dal
fatto; dal fatto almeno della popolazione americana. Se poi possiamo seguire il
progresso della coltivazione nel Messico e in tutta l'America meridionale, nella
Gran Bretagna, in Francia , in Germania, in Italia, in Grecia, in Egitto , nel
l'Asia e nell'Australia, e dimostrare che sempre vi si è proceduto allo stesso
modo; allora si potrà ben credere che quando la popolazione è scarsa e la terra
abbonda, la coltivazione comincia , e sempre cominciò dalle terre men fertili:
che, crescendo la popolazione e la ricchezza, altri terreni, capaci di rendere un
maggior prodotto comparativamente al lavoro che esigono, si van sempre met
tendo in attività: e che insieme ad un tal progresso si manifesta un fermo de
cremento nella quantità delle braccia necessarie a produrre i viveri, ed un
altrettanto fermo incremento nella quantità delle braccia che si possono ap
plicare a produrre tutti gli altri oggetti di comodo e di piacere alla vita.
1 primi coloni della razza inglese si stabilirono sulle sterili terre del Mas-
saciussets, e fondarono la colonia Plymouth. Avevano avanti a sè tutto il Con
tinente; ma, simili ad ogni altro colono, non si proposero che di prenderne quel
tanto che coi loro mezzi era possibile di ottenere. Altri stabilimenti si formarono
a New-Port e New-Haveu. E da qui si possono seguire lungo il corso dei fiumi,
ma intenti sempre ad occupare i terreni più alti, e lasciare ai loro più ricchi
l'uomo b là terra. 327
successori la cura di diboscare e bonificare ie paludi. Se il lettore desiderasse
indicare i terreni dell'Unione meno atti alla produzione dei viveri, la sua scelta,
io credo, cadrebbe sulle terre rocciose primitivamente occupate dai Puritani, e
così troveremo che qui per lo meno le terre più fertili non son quelle che fu
rono a preferenza coltivate in origine. Lo sterile suolo dell'isola di Nuova-York,
e la sponda opposta di Nuova-Jersey e le alte terre di Longlrland attirarono
ben presto l'attenzione dei primi coloni; mentre i terreni più fecondi furono gli
ultimi a coltivarsi. Qui inoltre noi troviamo la popolazione a spargersi e seguire
il corso dell'Hudson verso il Mobawk; ma in tutti i casi si vedrà appigliarsi alle
terre più elevate e più secche, tenendosi lontana dalle sponde del fiume. I co
loni vanno in cerca di viveri; e se si mettono a diradare foreste e disseccare
paludi, morranno di fame. In New-Jersey li troviamo stabiliti sulle parti più
alte vicino alia sorgente dei fiumi, senza darsi pensiero delle terre basse che esi
gono lavori di fognatura (1). Quello Stato abbonda ancora di bel legname che
copre le sue ricche terre , alle quali altro non occorrerebbe che il diboscarle
perchè rendessero più ampii prodotti di quello che abbiau fatto le terre colti
vate da un secolo addietro, quando le terre erano molto più abbondanti di quanto
sieno adesso. Sulle sponde del Delaware troviamo i Quaccheri che preferiscono
le terre leggiere che producono il pino : e che anche adesso coll'aiuto del con
cime difficilmente produrrebbero grano: mentre foreste intiere di quercie coprono
ancora l'opposta sponda della Pensilvania. Ogni colono inoltre sceglie per sè la
parte più alta e più secca del suo podere, abbandonando le parti umide , motte
delle quali rimasero fino adesso nello stato selvaggio, mentre alcune sono state
solo da pochi anni asciugate. La miglior porzione d'ogni fattoria è costantemente
quella che si è messa in coltura più tardi , e le terre più povere son sempre
quelle sulle quali si trovano le abitazioni più antiche. Se noi passiamo più oltre
attraverso le terre sabbiose di New-Jersey, troveremo centinaia di piccoli poderi
occupati da più che mezzo secolo, e da lungo tempo pure abbandonati dai loro
proprietarii, i quali han lasciato indietro i loro piccoli giardini ed altri segni
della loro esistenza , per attestare quale sia l'indole dei terreni che gli uomini
possano coltivare quando son pochi di numero , e le terre feconde esistono
in gran copia attorno ad essi. Dopo diboscate le terre che portano la quercia, o
disseccate quelle che portano il cedro bianco, abbondano quelle che producono
il pino di quelle contrade, cioè il più miserabile di tutti i pini. Gli Svedesi si
stabilirono a Lewistown e Cristiana , sulla sabbia del Delaware. Attraversando
questo paese verso la sorgente di Chesapeake-Bay, troviamo nelle piccole e de-
cailenti città di Hekton e Charlestown, una volta centri di una specie di popo
lazione attiva, nuove prove della povertà dei terreni primitivamente occupati ,
quando le belle pasture, ove adesso sono le più ricche fattorie del paese, ab
bondavano bensì, ma si ritenevano come prive d'ogni valore. Penn segue gli
Svedesi, e profitta delle loro spese e della loro esperienza. Sceglie dapprima le
alte terre del Delaware, circa 12 miglia al nord del punto che poi prescelse, per
fabbricarvi la sua città, vicino al confluente del Delaware e del Schuylkill. Par-
(1) Il lettore può vedere ciò nella mappa della Jersey orientale, del 1682, recen
temente ripubblicata.
328 CARET.
tendo da quest'ultimo punto, e seguendo il corso della colonia, noi non troviamo
da principio ch'essa si vada estendendo verso le ricche terre paludose, ma tro
viamo che s'innoltra sulle alture in mezzo ai due fiumi, dove il villaggio di Ger-
mantown, che mezzo secolo addietro era più lungo di tre miglia, ed era per un
villaggio foltissimo di edificii, rimane come prova delle tendeuze che spiegavano
i primi coloni. Se ora passiamo, a diritta o a manca, verso le sponde del fiume,
vedremo, nel carattere degli edificii, altre testimonianze della più recente occu
pazione e coltura. Se si desiderano ulteriori prove, e se guardiamo alla carta di
quei primi tempi, troviamo le fertili terre delle vicinanze del Delaware , da
Newcastte sino al confine dalla dogana, distanza di più che 60 miglia, segnate
a confini di vaste dimensioni, e tempestate di alberi, che mostrano come riman
gono ancora non diboscate, mentre le terre superiori son tutte divise a piccole
fattorie (1). Volgendoci verso il nord e l'occaso, presso lo Schuylkill, troviamo
le antiche abitazioni sempre a grande distanza dal fiume; ma gli ultimi tempi,
e con essi l'aumento della popolazione e della ricchezza, hanno portato la colti
vazione verso le spoude. Ad ogni nuovo miglio ci si presentano più energiche
prove di una recente coltivazione sopravvenuta alle terre più feconde. Il legname
primitivo rimane ancora sopra bellissime praterie naturali. Gli alberi e gli ar
busti divengono più abbondanti nelle terre basse. Le vallate a piccola distanza
del fiuine sono coverte di alberi. La terra più bassa , da tempo immemorabile
fatta deposito di fogliame imputridito, rimane in istato di natura per difetto di
fognature. Le sponde delle piccole correnti tributarie al fiume divengono di passo
in passo più selvaggie. Lunghi tratti di terra paludosa aspettano la mano del
l'uomo che sopravvenga a praticarvi dighe e canali. Le vacche si vedono a pa
scere in campi, la cui vegetazione ha tutti i caratteri che possan mostrare come
le operazioni del proprietario si son limitate a diboscare e richiudere, e che un
acconcio sistema di disseccamento è cosa a cui non si è mai pensato. Piccole
isole si presentano, capaci'di dare copiosi prodotti, ma coverte ancora di erbe
ed arbusti. Ogni dove dintorno troviamole terre più alte in istato di coltivazione,
e fornite di tutte le piove per indicarci il luugo tempo che è scorso dacchè fu
rono primitivamente occupate. Arrivando nelle vicinanze di Reading, vi troviamo
tene abbandonate che mostrano l'infecondità dei primi punti coltivatisi; e da
un altro lato troviamo la superiorità delle nuove terre recentemente messe a
coltura in quei bei campi che sono stati ravvivati dalla combinazione della calce
inferiore coll'argilla superiore. Progredendo più iu là lungo il fiume, ad ogni
passo s'incontrano fattorie sulla costa della montagna, mentre le terre basse ci
si presentano sempre più selvaggie ed incotte. Alcuni traiti coverti ancora di
alberi ci si presentano di tratto in tratto, mentre in altri punii i tronchi ancora
in piedi attestano la data recente della introdu/.ione della coltura; e le belle
messi attorno a quei tronchi fan fede egualmente della superiorità di queste
nuove fattorie, comparativamente alle terre aride e da lungo tempo coltivate
sull'apice della montagna. La parte incolta e paludosa che costeggia il fiume ,
darà certamente praterie superbe quando la popolazione e la ricchezza si saranno
moltiplicate; ma nello stato attuale è quasi priva d'ogni valore. Più oltre, la
\.
l'uomo e la terra. 535
esistita, se i liberi lavoranti si fossero potuti ottenere. Ma nessun uomo, padrone
di sè comincierà mai l'opera della coltivazione'sui terreni fecondi, poichè egli è
in questi che riesce più difficile il trovare una competente rimunerazione al la
voro. Ed in tutti i paesi nuovi del mondo è su questi terreni che la condizione
del lavorante si trova peggiore, quando i suoi sforzi cominciano senza la ric
chezza e l'associazione che viene e deve venire col tempo. Il colono che scelse
le terre leggiere, potè vivere quantunque il prodotto non fosse che limitato. Se
avesse voluto intraprendere la bonificazione dei ricchi terreni del Dismal Swump,
sarebbe morto di fame, come avvenne a coloro che si stabilirono nella fertile isola
di Roanoke.
Se ora il lettore vuol traversare con noi il Rio Grande, nel Messico trove
remo ancora altre prove della universalità di questa legge. A sinistra vicino la
foce del fiume, ma a qualche distanza dalla sua sponda, vedremo la città di
Afatamoras, di data recente. Partendo da quel punto egli può seguire il fiume
attraverso vaste estensioni di belle terre in istato selvaggio, con alcuni stabili
menti sparsi qua e là, sulle parti più alte, verso la bocca del San Juan, seguendo
il quale per andare alla sua sorgente, si troverà in un paese alquanto popoloso ,
il cui centro è Monterey. Se a questo punto volge il suo sguardo verso il nord,
vede la coltivazione progredire nelle alte terre di Chihuahua, e sempre tenen
dosi a distanza dalle sponde del fiume. La città di questo nome è lontana anche
venti miglia dal piccolo confluente del gran fiume e più che cento miglia dalla
bocca di quel confluente. Se egli passa all'ovest da Monterey, attraverso Saltillo,
e quindi al sud, la sua strada si troverà sopra pianure sabbiose, la cui esistenza
depone del carattere generale del paese. Arrivando in Potosi si trova in un
paese senza fiumi, e quasi senza la possibilità dell'irrigazione, e dove ogni
pioggia periodica è seguita dalla fame e dalla mortalità; pure se guarda verso
la costa, vede un magnifico paese, bagnato da numerosi corsi d'acqua, ed in cui
il cotone e l'indaco crescono spontaneamente: un paese in cui il mais vegeta così
prosperamente come non si è mai visto altrove: un paese che potrebbe provvedere
di zucchero tutto il mondo, ed in cui il solo timore che l'agricoltore potrebbe
avere, è quello della troppa fecondità, per la quale il rapido svolgimento delle
piante estranee soffocherebbe le messi; eppure è paese disabitato. La terra non
è nè dissodata nè bonificata, e probabilmente rimarrà in tale stato, perchè co
loro che intraprendessero di lavorarla, coi mezzi di cui attualmente può disporre
il paese, morrebbero di fame se non morissero prima delle febbri, che qui, come
ogni dove, prevalgono sui terreni più ricchi ancora incolti, e che si prolungano
anche lungo tempo dopo cominciatane la coltura.
Avanzandosi, trova Zacatecas, terra elevata e secca come il Potosi, e già
coltivata. Seguendo lungo la cima, vede a manca Tlascala, una volta sede d'un
popolo numeroso e ricco, lontana da ogni corso d'acqua, e posta sul sito elevato
da cui scendono piccoli fiumi in cerca delle acque dell'Attantico e del Pacifico.
A destra vede la valle del Messico, terra capace di dare i più copiosi prodotti,
che di grado in grado, col crescere della popolazione e della ricchezza, fu già
asciugata e resa atta alla coltivazione. Al tempo di Cortes, gli abitanti erano nu
merosi e ricchi, e i terreni fertili che avevano messo in attività producevano
viveri sufficienti per quaranta città. La popolazione e la ricchezza declinarono,
e la gente che sopravvisse si è ritirata verso i terreni che sulle alture circondano
334 CARET.
la vallata, e si è messa a coltivare i più sterili; e l'anica città che ancora rimane,
fa venire i suoi viveri da una distanza di cinquanta miglia, in un paese privo di
strade, per lo che il grano colà è a prezzi più alti che a Londra o Parigi, men
tre la rimunerazione del lavoro è bassissima. La terra fertile qui sovrabbonda,
e su di essa vaga un bestiame mezzo affamato, intento a procurarsi sulle alture,
i soli punti di cui si tragga profitto in questo periodo della seconda infanzia
agraria, quel nutrimento che si troverebbe in una indefinita abbondanza, se gli
abitanti avessero mezzi ed industria sufficienti per penetrare in quei bassi terreni
che furono coltivati altra volta quando la popolazione abbondava. Non un sol
acre di tali terre vi si coltiva certo, quantunque, anche coi cattivi strumenti
attuali, ciascun acre sarebbe capace di rendere venti staia. La gente fugge quei
luoghi, mentrechè, se si stesse alla teoria di iticardo, dovrebbe esser avida di
occuparli.
Passando verso il sud vediamo Tabasco quasi disoccupato, quantunque
contenga i più fertili terreni. Poco appresso arriviamo a Yucatan, luogo in cui
l'acqua è articolo di lusso: pure qui si trova una popolazione numerosa e pro
spera, vicino ai migliori terreni di Honduras, coverti di alberi enormi, e che,
quando la popolazione e la ricchezza si saranno abbastanza moltiplicate, pro
durranno tali compensi al lavoro umano, che mai fin qui non si videro: pure
sono oggidì allo stato selvaggio, appena capaci di fornire una miserabile sussi
stenza ai pochi esseri occupati a tagliare il legno di campeccio e di mogano.
Se ora il lettore si volge al nord, verso il mare Caribeo, vedrà le isolette
aride e rocciose di Monserrato, Nevis, Saint-Kitts, Santa Lucia. San Vincenzo,
ed altre, coltivate tutte, mentre alla loro destra rimane la Trinidad, terra ferti
lissima, abbandonata quasi in istato di natura. Se volge gli occhi dintorno ed
osserva la posizione di Santa Fe de Bogota, e la città di Quito, centri di popo
lazione, ove gli uomini si aggruppano insieme sulle alte ed aride terre, mentre
la vallata di Oronoka rimane disoccupata, vedrà in grandi dimensioni il mede
simo fatto che in piccolo abbiamo veduto sulle sponde del Schuylkill e della
Susquehanna. Se poi vuol porsi sui picchi del Cimborazo e guardare intorno ve
drà il medesimo fatto in relazione a tutta l'America meridionale. Vedrà l'unico
popolo incivilito dei tempi di Pizzarro, collocato sull'alto e secco Perù, fognato
da piccoli fiumi, il cui rapido corso rende impossibile la formazione di quella
terra melmosa, in cui la putrefazione delle materie vegetabili conferisca tutta
la fecondità necessaria per la vegetazione degli alberi d'alto fusto che precedono
la coltura, o la produzione dei viveri dopo intrapresa la coltura. Quel terreno
era sterile e facile a diboscarsi. Non occorreva di bonificarlo. Epperciò fu di
buon'ora occupato.
Se ora ci rivolgiamo ad oriente, vedremo la ricca vallata delle Amazoni, ch«
presenta terreni non inferiori ad alcun'altra del mondo, e che pure non son
coltivati. Seguiamo le varie acque che si riversano su quel gran fiume, rintrac
ciamone le sorgenti, e là troveremo le varie città portoghesi, collocate sulle
terre alte, aspettando l'incremento della popolazione e della ricchezza, per
dissodare ed asciugare le ricche terre interposte fra esse e l'Oceano: terre le cui
raccolte, trasportate su battelli a vapore, un giorno daranno al lavoro che vi si
spenderà un compenso dieci volte maggiore di quello che si possa ora ottenere
sui poveri terreni posti a coltura, e servendosi della schiena dei muli per distri
l'uomo k la terba. 335
buirli fra quelle montagne. Le leggi della natura esigono che se l'uomo vuol
migliorare la sua condizione deve lavorare, e deve lasciare che i suoi simili
lavorino in pace. Deve attendere che la ricchezza e la popolazione si accrescano,
e se non vuol farlo, se vuol darsi ad un sistema di ruberie ed assassina in grande
sotto il pretesto di far la guerra per « il pubblico bene », o sotto quello di man
tenere 'i le libertà d'Europa », la natura lo punisce cacciandolo dalle terre più
produttive, e costrìngendolo a viaggiare coi proprii piedi sopra sterili montagne,
quando potrebbe formarsi una strada ferrata che lo trasporti rapidamente in
mezzo alle vallate più fertili, ove ad ogni passo si trovano mezzi di umana pro
sperità.
Si volga ora 11 lettore verso del sud, e paragoni il rapido declivio occupato
dalla popolazione del Chili, che cresce ed arricchisce rapidamente ; con la gran
vallata della Piata, e le sue tribù di barbari, accampati sopra terre capaci di
rendere i più copiosi prodotti, quando quegli uomini abbandonassero il mestiere
della guerra, e consentissero alla terra di arricchire loro medesimi ed i loro
vicini. Qui come ogni dove, si trova di nuovo la prova evidente del fatto che la
coltiva/ione immutabilmente comincia sui terreni più poveri. Traversando ora
l'Oceano il lettore, prenda in mano la mappa della Bretagna ai tempi romani, e
dopo oualche riflessione decida da se stesso i punti dove l'agricoltura abbia
messo primitivamente radice. In tutta la parte meridionale dell'isola Britan
nica, prima egli vedrà i piccoli fiumi correre quasi direttamente verso l'Oceano,
indizio non dubbio di una sufficiente rapidità per non permettere la formazione
delle paludi e la vegetazione dei grandi alberi : e qui in conseguenza noi tro
viamo la coltivazione più antica. Avvicinandosi alla vallata del Tamigi, possiamo
vedere i segni di una popolazione collocatasi sulle alture che la circondano, ma
nella vallata medesima ne vediamo ben pochi, ad eccezione delt'esistenza di una
sola città. Passando al nord, la popolazione si trova ogni dove sui fianchi della
catena centrale, posta nelle alte terre vicine alla sorgente dei fiumi, ma quanto
alle basse cercheremmo indarno un segno di vita sulle sponde dell'Humber, o
dei suoi tributarii, o su quelle dei parecchi fiumi che si rovesciano nel Wash.
Se ora il lettore cerca le sedi della primitiva agricoltura, le troverà dove sono i
borghi putridi: in quelle parti del regno, ove l'uomo non sa nè leggere nè scri
vere, vive In capanne di fango, e riceve nove scellini la settimana in compenso
del su" 'bavaglio; ed in quelle terre comuni sulle quali la coltivazione è ora ri-
co mini a (1) in gran parte. Se cerca il palazzo dei re normanni lo troverà a
Winchester, e non nella valle del Tamigi: se domanda le foreste e gli stagni dei
tempi di Ricardo e di Ivanhoe, gli si mostreranno ogni dove terreni coltivati e
della più alta fertilità. Se cerca la terra le cui paludi ingoiarono quasi tutta
l'armata del conquistatore normanno al suo arrivo dalla devastazione del Nord:
quelle che spaventavano l'antiquario Camden fino all'epoca di Giacomo 1: gli si
mostrerà il Lancashire meridionale, coi suoi ricchi campi coverti di biade on
deggianti, e coi suoi pascoli che alimentano il più bel bestiame. Se domanda quali
(!) Tali sono le terre descritte da Eden, circa J,0 anni fa come « miserabili pascoli
di oche, porci, asini, cavalli mezzo nani, e bestiame mezzo affamato», composte di
migliaia di acri, ma abliisognevoli soltanto di « richiudersi e prenderne cura, per di
venire cosi feconde e così preziose come le migliori fri I« terre oggidì coltivate » .
556 r.AREv.
sono le terre più recentemente poste a coltura gli si accenneranno le paludi di
Lincholn, i deserti di Norfolck; dove vedrà la marna che produce le più copiose
e le migliori messi d'Inghilterra: e quindi forse lo accompagneranno in una
escursione verso il Northumberland, o il Cumberland, contee che due secoli fa
erano occupate da una popolazione per la quale il depredare riusciva ben più
profittevole che il lavorare. L'Inghilterra meridionale possedeva i terreni più
atti alla primitiva coltivazione, epperciò meno proficui per uno stato di popola
zione e ricchezza più progredite. Così il Perù ed il Chili l'unni primi a fiorire,
ma il Brasile couquisterà la loro razza. La coltivazione cominciò nell'alto Bra
sile, ma le sponde dell'Amazone forniranno alimenti ad una popolazione dieci
e forse cinquanta volte maggiore. Il basso Canada ha preceduto la Luigiana, ma
quest'ultima ha lasciato ben addietro il suo rivale. La .Nuova Inghilterra prece
dette la Pensilvania, ma il suolo della Pensilvania un giorno le permetterà di
produrre dei viveri per il decuplo degli abitanti che possono oggidì vivere sopra
un acre del Massaciussets o di Rhode-lstand. La più alta coltivazione si troverà
defiuitivamente dove esiste la maggiore varietà di terreni, e dove l'uomo può
successivamente passare dai terreui più poveri ai migliori ed agli ottimi: i quali
risultano dalla miscela dei nuovi terreni, per mezzo delle macchine che costitui
scono la ricchezza, e che rapidamente l'accrescono dove esiste uDa grande
tendenza alla moltiplicazione degli uomini. I.a varietà dei terreni nell'Inghilterra
settentrionale è molto maggiore che nel mezzodì, e quindi ne viene la superioriia
della prima rispetto all'ultima, superiorità che oramai dovrà continuare a svol
gersi.
Se andiamo più su, nella Scozia, e vi cerchiamo le antiche sedi dell'agricol
tura, e le residenze dei grandi capi da cui la pace del paese fu tanto spesso
turbata, le troveremo nelle alte regioni del paese. Se vogliamo vedere ciò che
chiamavasi il granaio di Scozia, ci si indicheranno le terre leggiere e facili a
diboscarsi e coltivarsi nel Moray Frith. Se domandiamo quali sono i nuovi ter
reni, c'indicheranno i Lothiaus, o le rive del Twed abitato fino a poco tempo fa
da barbari, il cui gran piacere era quello delle spedizioni destinate a saccheg
giare le finittime contee inglesi. Cercando le foreste e le paludi dei tempi di
Maria e di Elisabetta, troveremo che son divenule le più belle fattorie della Sco
zia. Se domandiamo dov'è la gente più povera, c'indicheranno le isole occiden
tali, Muli e Skie, che erano occupate quando le terre basse non si erano au-
cora asciugate; e c'indicheranno li Orkney, stimati nei primi tempi così privi
di valore, che furono ricevuti dal re di Norvegia in cauzione per il pagamento
d'una somma di danaro, molto senza dubbio maggiore di ciò che quelle povere
isole si sarebbero recentemente vendute se si fossero date a prezzo di terreno
indipendentemente dal diritto di sovranità. Fermandoci sulle montagne del
Suttierland vediamo d'intorno una terra che da tempo immemorabile fu colti
vata da montanari affamati j ma se guardiamo la sottoposta pianura, vediamo
copiose raccolte di ravizzoni sopra un terreno che pochi anni addietro era un
deserto. Dovunque ci mettiamo sulla sede di Arturo, sulle terre di Stirling,
sulle montagne che circondano la gran vallala di Scozia, il nostro sguardo ri
posa sopra l'ertili terre, ancora non occupate nò bonificate, in gran parte se non
pure in tutto, mentre attorno di esse si vedono le terre alte ed asciutte, che
coniano una coltivazione di secoli.
l'uomo e la terra. 537
Ai tempi di Cesare, le più potenti nazioni della Gallia si trovavano agglome
rate attorno alle Alpi e stanziate sulle terre che ora sono le men produttive. Se
cerchiamo le città i cui nomi ci sono più famigliari, come collegati alla storia
francese, dei tempi del fondatore della razza Capetinga, dei tempi di san Luigi,
o quelli di Filippo Augusto, Chalons, San Quintino, Soissons, Reims, Troyes,
Nancy, Orleans, Bourges, Dijon, Vienne, Nìmes, Tolosa, o Cahors, allora gran
centro delle operazioni bancarie in Francia; noi le troveremo molto vicine
alle sorgenti dei fiumi, o stabilite nelle alte terre intermedie. Se cerchiamo
i centri della potenza ad un'epoca posteriore, li troveremo nella selvaggia
Bretagna, già abitata da un popolo poco meno che barbaro; a Dijon, ai piedi
delle Alpi, in Alvernia, che è tuttavia un « segreto e sicuro asilo al delitto, in
mezzo ad inaccessibili roccie e boscaglie che la natura sembra aver destinato
piuttosto alle bestie che all'uomo »: (1) nel Limosino, che diede alla Chiesa tanti
papi, che i cardinali Limosini poterono alla fine dettare la condotta del conclave,
e che pure oggi forma la parte più misera della Francia. 0 dal lato dei Pirenei,
nella Guascogna, nel paese degli Armagnacchi, nel paese dei delitti quasi senza
esempio. Se a qualunque altra epoca ri rivolgiamo verso le terre più basse, tro
viamo una debolissima tendenza alla loro occupazione comparativamente a
qualunque altra parte del regno di Francia; ma una tendenza che va sempre.
crescendo a misura che ci avviciniamo alla Gujana e alla Normandia, le due
provincie in cui la popolazione e la ricchezza crebbero più rapidamente a causa
dei loro rapporti coll'lnghilterra, sotto la cui spada i loro diritti furono rispet
lati fino ad un grado affatto sconosciuto nelle altre provincie. In queste si svolse
l'amore del lavoro e l'abitudine del traffico. Nelle altre, l'amore delia rapina ed
il disprezzo per ogni industria onesta, carattere comune a tutti i popoli che
coltivano terre infeconde.
Se riflettiamo sulla condizione attuale della Francia vedremo che i terreni
poveri sono i soli che vi sieno generalmente coltivati. Immense foreste, quelle
medesime in cui vagavano i majali allevati dai Galli per il mercato di Roma ,
coprono ancora molte fra le migliori terre, mentre in quelle che sono coltivate
il prodotto frequentemente non s'innalza che fino al triplo della semente, a
causa dell'estrema imperfezione degli strumenti adeguati nella aratura e nella
fognatura: essendochè i poveri coltivatori francesi fanno poco più che graffiare
la superficie dei terreni men forti. La Francia sia comperando cattive terre in
Algeria, a costo di migliaia di vite e milioni di franchi, valori che, se si volges
sero a sviluppare le forze dei migliori terreni del paese, oggi assopite por causa
della generale miseria, permetterebbero forse alla Francia di mantenere nel
mondo la posizione che va continuamente e rapidamente perdendo. In quel
paese la popolazione cresce assai lentamente, e la ricchezza un po' meno, rome
sempre deve avvenire in tutti i luoghi ove manchi la potenza di dissodare e
bonificare i terreni più fecondi, ultimi sempre a porsi, in coltura. Le montagne
e le paludi del Limburgo e del Lussemburgo furono occupate molto prima che
le ricche praterie dell'Olanda, e mentre i fertili terreni della Fiandra e della
i'I) LeFlechicr.
Eeonom. 2S serie Tom. I. — 22.
538 CABET.
Zelanda si presentavano solamente come salse maremme e deserti di sabbia.
Nell'antica storia dell'Olanda, noi troviamo una misera popolazione, circondata
da foreste e paludi che coprivano i più grassi terreni , ma stanziata aopra
isole di sabbia, e costretta a vivere di nova, di pesce, e di pochissima quantità
di cibo vegetale. La sua estrema miseria la rendeva esente dalle imposte ro
mane, e dalie continue vessazioni dei proconsoli, perlocchè di grado in grado
potè crescere in numero ed in ricchezza. Impotente a trarre la sua sussistenza
dall'agricoltura, si rivolse al commercio. Cresciuta di più, noi la troviamo oc
cupata ad estendersi sulle terre che si potevano coltivare, e gradatamente di
boscare le selve, asciugare le paludi, fino a che divenne in ultimo una delle
più prospere nazioni dell'Europa. In questo caso la popolazione e la ricchezza
sembrano essersi propagate all'insù piuttosto che all'ingiù, perchè avevano
preso origine nel commercio e non nell'agricoltura. Nondimeno, anche qui
troviamo un altro esempio del fatto che gli uomini cominciano sempre dai
terreni più poveri. Il commercio servì di ricovero contro la tirannia romana
nelle paludi olandesi, come più tardi troviamo essere avvenuto nelle lagune di
Venezia, e dietro le roccie di Amalfi, e le montagne della Liguria. Questi erano
i pessimi terreni mercantili, ma erano i soli ebe si potessero coltivare, come
quelli in cui era unicamente possibile di trovare la sicurezza personale e reale,
tanto indispensabile al buon andamento del traffico.
In Germania, vediamo la massa dell'antica popolazione aggrupparsi nelle
parti elevate del versante orientale dell'Alpi; e come passiamo verso la bocca
dei fiumi, diviene sempre men densa, e le terre basse rimangono sempre più
deserte.
Volgendosi all'Italia, vediamo una numerosa popolazione negli altipiani
della Gallia Cisalpina, ad un'epoca in cui i ricchi terreni di Venezia erano
disoccupati. A misura che procediamo verso il sud, lungo i fianchi dell'Appen
nino, troviamo una popolazione gradatamente crescente, con una tendenza
sempre maggiore a coltivare i migliori terreni, e troviamo città la cui origine
si può quasi indovinare dal solo osservare il sito. Così Veja ed Alba furono
t'abbi icate quando le sponde del Tevere erano ancora disoccupate; ed Aquileja
occupò un posto nella storia di Roma, che fu negato alla piccola città che tro-
vavasi allora dove poi fu edificata la Pisa moderna.
In Grecia possiamo notare il medesimo gran fatto generalmente vero. Il
magro suolo dell'Attica, che di piede in piede si asciuga da sè, fu tra i primi
a presentarsi come capace di pronta coltivazione; epperciò la popolazione e la
ricchezza vi crebbero rapidamente; laddove la grassa Reozia, a cui occorre
vano lavori di diboscamento e di fognatura, non venne che lentamente ap
presso. Passando al sud, lungo l'istmo, vediamo a manca il breve e rapido
pendente dell'Argolide, abbandonato per lungo tempo come incapace di of
frire un adeguato compenso al lavoro; pure colà sono le rovine di Micene e.
di Trezena. ad attestare il fatto che le terre men fertili del Peloponneso, Ir
terre che erano troppo aride per esigere lavori di asciugamento, o troppo povere
per esigere lavoro di diboscamento, furono appunto le prime ad essere coltivate.
Dal lato opposto, il declivio è molto più lungo e perciò le acque scorrono più
lentamente. La vegetazione era molto più rapida, e la terra avrebbe forniti co
piosi prodotti se fosse stata accessibile; mn colà precisamente noi troviamo la
l'uomo E I.» TERRA. 339
reni entrano nella sfera della coltivazione , e gli uomini possono ricavare
maggiori prodotti, vediamo rapidamente moltiplicarsi la popolazione, farsi più
energica la tendenza all'associazione, per mezzo della quale le forze dell'indi
viduo si trovano triplicate, quadruplicate, quintuplicati', divenute talora cinquanta
volte maggiori, e permettendogli di provvedere ai suoi immediati bisogni, ed al
tempo medesimo accumulare più rapidamente l'apparecchio dei mezzi meccanici
coi quali potè accrescere le sue facoltà produttrici, e rivelare i vasti tesori della
natura. Dapertutto troviamo che colla popolazione crescente, i viveri divengono
più copiosi e più regolari, gli abiti e gli alloggi si ottengono più agevolmente; la
fame e la peste spariscono, la salule diviene più generale, la vita si prolunga e
l'uomo si va facendo più felice e più libero.
Questo naturale andamento è generalmente riconosciuto riguardo a tutti i
bisogni dell'uomo, fuorchè a quello che ne è il più importante, la produzione
dei viveri. Si riconosce che coll'aurnento della popolazione e della ricchezza, gli
uomini si procurano acqua, e ferro, e carbone, ed abili, e case, e navi, e strade,
con uno sforzo sempre minore di quello che dapprima fu d'uopo. Non si dubita
punto che la grand'opera prodotta al costo di 10 milioni, per mezzo della quale
la riviera Croton passa per la città di Nuova York, permetta agli uomini otte
nere l'acqua di cui han bisogno, ad un costo molto minore di quello che occor
reva quando ciascuno prendeva in mano una secchia e andava a dissetarsi sulla
sponda dell'Hudson. Si riconosce che l'opera colla quale l'aiuto delle macchine
più potenti e il lavoro di molti anni giunsero ad abbassare e discaricare l'acqua
del fiume, fornisce combustibile a miglior patto che prima, quando i coloni tra
sportavano a casa i residui di un legname mezzo fracido, per mancanza di
accette con cui spaccare i tronchi cascati giù; si riconosce che i molini conver
tono il grano in farina a minor costo di ciò che occorreva, quando trattavasi di
triturarlo in mezzo a due pietre; si riconosce che le gigantesche manifatture
odierne forniscono abiti ad un prezzo molto minore di quello che occorreva
quando si tesseva coll'aiuto di piccoli telai a mano: ma questa medesima legge
di progresso si niega quando si tratta di viveri. In tutto, l'uomo comincia
sempre dall'usare i meccanismi meno perfetti, e passa gradatamente ai migliori:
ma in quanto ai viveri, e in quanto ad essi soltanto, egli, stando a Ricardo,
comincierebbe dal meglio per passare al peggio, e ad ogni stadio del suo pro
gresso incontrerebbe una più magra ricompensa del suo lavoro, la minaccia con
tinua della penuria, e la lezione di astenersi dal propagare la specie, dal far
crescere i suoi figliuoli che vengano ad aiutarla, e per lo meno la lezione di imi
tare l'esempio degli Indiani e degli isolani del Mar Pacifico (ove nondimeno la
terra abbonda ed il vitto dovrebbe essere a buon mercato) cioè bruciar viva la
prole, o abbandonarla sopra la sponda, perchè provveda alla meglio alla sua
sussistenza.
Quanto una tal teoria possa esser vera, il lettore io giudichi. Tutte le altre
fra le leggi della nature son generali ed universalmente vere: e noi incliniamo a
sperare che il lettore possa trovarsi d'accordo con noi nel credere che la legge
è sempre una in tutio, una soltanto per il cibo, per la luce, per l'aria, per il ve
stito, per il combustibile: e che l'uomo, in tutti i casi, comincia sempre dal
rivolgersi ai mezzi imperfetti, per procedere verso i migliori ; potendo così, col
l'aurnento della ricchezza, della popolazione, della sociabilità, ottenere a lavoro
542 CARKY.
continuamente minore, una provvista sempre maggiore, di tutto ciò che giovi a
soddisfare le necessità, i comodi, i piaceri della vita.
di produrre il grano, ma i bovi e le vacche eran pochi, perchè le più belle pra
terie si trovavano coverte di alberi, e così melmose da rendersi inaccessibili.
Era quelio il tempo in cui le dame di onore lussureggiavano con pasti di lardo,
ed i lavoranti si nutrivano della pappa d'avena, come sessant'anni avanti ave
vano fatto i popoli di quei paesi settentrionali (1) che oggi presentano le più
belle fattorie inglesi, i cui ricchi terreni aspettavano allora l'incremento della
popolazione e della ricchezza. A quell'epoca una fetta di maiale era articolo di
lusso che quasi mai non cadeva nelle mani di un lavorante. Anche un secolo
addietro, il pane consumato dalla massima parte del popolo era fatto di orzo,
di avena, ed il consumo del fromento Iimitavasi alle persone più ricche, attesa
la scarsezza della sua produzione. Oggi è di un uso universale quantunque fiuo
al 1727 un podere di otto acri, vicino a Edimburgo, si riguardasse come una
curiosa particolarità. Nel 1765, nella città di Glasgovia, era ignoto un beccaio
pubblico. Le famiglie solevano comprare un mezzo bove in autunno, e ne sala
vano la carne come provvista di tutto l'anno. Dallo stato attuale possiamo ar
gomentare il passato dei Lothians e del Northumberland ed altre contee setten
trionali, dove oggi troviamo le contrade più prospere della Gran Bretagna. A
quell'epoca gli uomini coltivavano non i più fecondi terreni, ma quelli che po
tevano coltivare, lasciando i migliori alle generazioni venture: ed in ciò la
razza inglese faceva ciò che oggi ogni giorno si fa dai coloni dell'lllinese e del
Wisconsin.
Mentre il pane di frumento ha preso il posto di quella miscela d'orzo e di
ghiande che una volta chiamavasi pane, e che si supponeva più nutritivo per
chè più lungamente rimaneva nello stomaco, e più lentamente si digeriva —
pregiudizio che si ripete oggidì dai poveri contadini irlandesi, i quali preferi
scono la miserabile patata, che chiamano lumper, perchè ha, come essi dicono,
un osso — il bove ed il montone succedettero all'aringa salata sulla tavola del
l'artigiano e del lavorante, ed il presciutto su quella del signore. Da un secolo
in qua il peso medio dui bove si è innalzato da 570 ad 800 libbre, e quello
della pecora da 28 ad 80 libbre, ed il numero degli animali consumatisi è cre
sciuto in una progressione molto più rapida che quella del loro peso. La quan
tità di lana, di pelli e di altri materiali da manifatture è immensa, e nondimeno
la popolazione agricola non è certamente tre volte maggiore di quel che fosse ai
tempi del Principe Nero. Il prodotto del lavoro si è dunque largamente accre
sciuto a misura che, col crescere della popolazione, l'uomo ha potuto dominare
i vari» terreni, che prima eran troppo profondi o distanti per coltivarsi coi mezzi
allora disponibili, ma che ora sopperiscono all'alimento di una popolazione di
venuta tanto più densa.
La proposizione di Hicardo è diametralmente opposta a tutti i fatti che ci si
presentano nella storia degli Stati Uniti, dell'Inghilterra, di tutto il mondo; e
l'assunto che trovasi in perfetta armonia con essi, è il seguente.
Coll'aumento della popolazione nascono le abitudini d'unione tendenti a pro
muovere la ricchezza e facilitare l'acquisto di macchine in aiuto dell'umano la
voro; e con ogni progresso clic in tal senso si faccia l'uomo acquista una nuova
il)Ldni
346 CAREY.
potenza sulle materie di cui è composta la terra, ed una maggiore potenza che
lo determini a scegliere per la sua coltura quelle terre che possano più sicura
mente alimentare la specie umana e migliorarne la condizione; e con ogni pro
gresso di questa potenza l'uomo ottiene una più generosa ricompensa ai suoi
sforzi, consuma di più ed accumula sempre meglio e più rapidamente i mezzi
che possano agevolarlo nei suoi ulteriori progressi.
(1) « Cotoro ebe per un momento riflettano alle molte centinaia, o piuttosto migliaia
di milioni ebe si sono spesi in assiepare, asciugare, concimare, ed in ogni altro modo
migliorare le terre della Gran Bretagna, e nell'erezione di fattorie rurali, si convince
ranno che il prodotto di un tal capitale, quantunque affatto inadeguato, grandemente
eccede l'altra porzione della rendiia lorda del regno.— Mac Cnltoch. — Così essendo,
si poteva riconoscere che tutta la rendita è pagata per l'uso di tali miglioramenti, e
-li'- nulla realmente havvi da conteggiarvi a di più.
548 .-.arly.
di 25 annate, ad 1,250,000 lire. Noi non abbiamo mai veduto questa terra, ma
non esitiamo a dire che se ora si dasse al barone Rothschild nello stato in cui
trovavasi all'epoca di Giacomo I, con un premio eguale al suo valore, sotto cou
dizione di fare col legname ciò che si è fatto in quest'intervallo, obbligandosi di
conferire a quelta proprietà i vantaggi equivalenti alla rendita che ora paga, la
sua privata [fortuna ed il premio offertogli sarebbero consumati del tutto prima
che l'opera sua potesse essere compiuta. La somma che si riceve come rendita
è profitto del capitale ed interesse della somma erogata, meno la differenza tra
la forza produttrice di Rossendale, e quella dei nuovi terreni che ora si possono
porre in coltura applicandovi il medesimo lavoro che ivi è stato impiegato. Simile
a questo è precisamente il caso delle rendite di Londra.e Parigi, di Nuova York,
e di Nuova Orleans. Con tutti i loro vantaggi di posizione, il loro valor di cam
bio non rappresenta che una piccola porzione di ciò che costerebbe il riprodurre,
se il luogo ove son collocale ritornasse alla sua antica condizione. La potenza
dell'uomo sopra la ricchezza bruta si accresce dunque con ogni aumento che
avvenga nel rapporto tra la ricchezza e la popolazione.
In tutti gli Stati Uniti non vi ha una contea, una città, che si possa vendere
per quanto costò; o una le cui rendite eguaglino l'interesse sul lavoro e sul ca
pitale che vi si sono immolati.
Ognuno conosce il fatto, che i fondi territoriali si vendono poco più di quanto
sia il valore dei miglioramenti arrecati. Quando noi cerchiamo che cosa s'intende
includere nei • miglioramenti », troviamo che si tralascia di includervi i prin
cipali; che nulla si calcola per la spesa di dissodare ed asciugare la terra; per
le strade che vi si son costruite, pei tribunali e per le prigioni che vi furono edi
ficate colle imposte annualmente pagatesi ; per la chiesa e la scuola fatte per
mezzo di soscrizioni; per il canale che attraversa una bella prateria, ed a cui il
proprietario della terra limitrofa ha contribuito ; e per mille altri comodi e van
taggi che danno valore alla proprietà, e che inducono gli uomini a pagarne una
rendita. Se tutto ciò si calcolasse, si troverebbe evidentemente che il prezzo del
fondo è uguale al suo costo, meno una grandissima differenza.
Il più gran proprietario del mondo è il popolo degli Stati Uniti, rappresen
tato dal suo governo. Egli ottiene la sua terra ad un prezzo apparentemeute
basso, ma pure egli si troverebbe rovinato se non fosse esente dalle contribu
zioni. La popolazione gradatamente si spinge verso i limiti. 1 canali e le strade
vi si fanno. Poco a poco una porzione di terreno acquista il piccolo prezzo di
dollari 1 1/4, minimo prezzo per ogni acre. I coloni aprono nuove strade, eri
gono chiese e scuole. Non pagano imposte, ma fanno e producono. Un'altra se
zione arriva ad ottenere il minimo prezzo e si vende. Il numero degli abitanti
cresce più rapidamente, più strade si fanno, più chiese e più scuole si erigono,
ma ancora non si pagano imposte per tali opere. Alla fine tulta la terra è ven
duta, e quando il popolo americano lira il conto, trova un profitto ben magro,
ommettendo molte delle più gravi spese, quelle che occorsero per proteggere i
nuovi coloni fino a che non l'ossero in grado di proteggersi da se soli.
Il prezzo che si paga per la terra rappresenta una porzione, e spesso una
minima porzione, di ciò che costa. II lavoro frequentemente è dissipato perchè
non è di quel geuere peculiare che in un dato momento la terra richieda. Il co
lono che comincia dal diboscare, perde il suo lavoro e muore di febbre se non
I.' L'OMO B LA TERRA. 549
La rendita si paga per compenso dell'uso di tutto ciò che il lavoro abbia
compiuto per la terra o sulla terra, e che forma tanti capi di ricchezza. La ric
chezza tende a crescere colla popolazione, e la potenza di accumulare ulteriori
ricchezze si accresce con passo sempre più accelerato, a misura che i nuovi
terreni vengon messi a coltura, e che ognuno di loro produca messi più gene
rose. La rendita dunque tende a crescere, come crescono la popolazione e la
ricchezza. È massima in Inghilterra, che è il paese più ricco in Europa. Si at
tenua a misura che di là passiamo ai paesi men ricchi, la Francia, la Germania,
l'Italia, la Spagna, ed alla fine dispare affatto nelle Montagne Rocciose e nelle
isole del mar Pacifico.
(1) V. p. 82.
l'uomo e la ihKRA. 555
di accumulazione deve diminuire ; ed a misura che la popolazione si moltiplichi,
la necessità di applicare il lavoro con prodotto sempre minore deve accrescersi.
La legge naturale riguardo alla produzione dei viveri non può arrestarsi più che
in riguardo alla gravitazione della materia. Tutte le leggi della natura sono sem
plici ed universalmente vere. Quella di Ricardo è complessa ed universalmente
falsa. E se non lo fosse, egli non avrebbe sentito alcun bisogno di cercare delle
valvole di sicurezza per ispiegare i fatti che sconcertano la sua teoria.
(1) ii Per quanto lento sia il progresso della popolazione, purchè quelto del capitate
sia ancora più lento (come Mill crede che realmente è), le mercedi scenderanno sì
basso, che una parte della popolazione dovrà in conseguenza perire di penuria ». —
Mill.
(i) «Per l'azione di cause fisse e permanenti, la sterilità del suoto deve trovarsi
sempre maggiore, a lungo andare, e deve contrappesare i progressi che avvengano nelle
macchine e nella coltivazione, innalzando i prezzi ed abbassando proporzionatamente i
profitti ... — Mac Culloch.
356 CAEEY.
per cui i suoi Agli e nipoti dovranno inevitabilmente trovarsi privi dei mezzi di
sussistenza, mentre i proprietarii di terra dovranno trovarsi nuotanti nell'abbon
danza : i primi divenire schiavi, e i secondi padroni assoluti.
Se all'incontro, la coltivazione costantemente comincia dalle terre più po
vere per passare alle più feconde, le cose dovranno avvenire diversamente ; ogni
progresso agrario deve accelerare l'aumento della rendita ; ogni ostacolo al pro
gresso, qualunque sia, deve arrestarlo, e quindi gl'interessi del proprietario e
quelli del lavorante devono trovarsi in perfetta armonia fra di loro. I migliora
menti di coltivazione derivano dall'aumento della ricchezza. Quanto più zappe
ed aratri vi hanno, e quanto migliore è la lor qualità, tanto più generoso è il
compenso al lavoro, tanto maggiore è la rendita. Quanto più crescono i cavalli
ed il bestiame, tanto più si produce, e tanto maggiore è la reudita. Quanto più
crescono le macchine a vapore, tanto più facile è la fognatura, tanto più cresce
il compenso al lavoro, e tanto maggiore è la rendita. Quanto più molini si hanno,
tanto più facile diviene il convertire il grano in farina, tanto più cresce il com
penso al lavoro, e tanto maggiore è la rendita. Quanto più manifatture si hanno,
tanto minore è il travaglio necessario a provvedersi di abiti, tanto maggiore è la
quantità di strumenti che si possono destinare al miglioramento del suolo per
mezzo di fognature, di strade, di ponti, di scuole, tanto più cresce il compenso
al lavoro, e tanto maggiore è la rendita. Gl'interessi del proprietario adunque
sembrano direttamente favoriti da ogni cosa che tenda ad accrescere la ricchezza
della nazione ed aiutare il progresso della coltura.
In quale posizione si trova il lavorante? Egli vede che, ad ogni aumento
nel numero e nella qualità delle zappe e degli aratri, delle macchine e delle
strade, dei molini e delle fabbriche, il suo lavoro diventa più produttivo. Inoltre
vede che ad ogni aumento, nel rapporto in cui stanno gli strumenti e gli uomini
che devono adoperarli, egli riceve per sè una quota maggiore; e che se prendeva
una metà o più del prodotto, quando la terra coltivata non rendeva di netto
che sci bushels per acre, ora che ne rende quaranta, egli prende un quinto, e la
sua quota è cresciuta come 3 a 32. Egli dunque comprende che, ad ogni passo,
i suoi interessi, come quelli del proprietario, si trovano direttamente avvantag
giati da ogni misura che tenda ad accrescere la ricchezza ed a promuovere i
miglioramenti della coltivazione.
Qui noi abbiamo uua perfetta armonia d'interessi, e solamente è necessario
che le due parli ne comprendano bene l'esistenza per trovarsi d'accordo nel ri
muovere le restrizioni che tendono a cacciar via il capitale rendendolo impro
duttivo, o a cacciar via il lavoro costringendolo a cercarsi altrove un impiego
men produttivo di quello che potrebbe avere nel proprio paese se fosse aiutato
dai capitali. Quando questa convinzione sia passata in entrambi, la pace e la be
nevolenza reciproca prenderebbero il posto del disaccordo e della gelosia. I po
chi non continuerebbero a credere che i loro interessi si possano avvantaggiare
dal sistema che va promovendo le dissipazioni della ricchezza in mantenimento
di flotte ed eserciti; i molti cesserebbero di credersi sopraffatti dalle imposte. La
ricchezza si aumenterebbe con più rapidità, e con essa la potenza di produzione
e consumo. Le nazioni vicine non vorrebbero rovinare i popoli con cui commer
ciano, non vorrebbero .esser private delle merci che ordinariamente ricevono per
soddisfare ai- loro bisogni, e quindi eviterebbero diligentemente ogni causa d'osti
L'i'OMO E Li TERRA. 357
lilà. L'armonìa fra gl'individui diventerebbe così un'armonia fra nazioni. L'amore
della pace si diffonderebbe sopra la terra. Tutti si convincerebbero che nelle
leggi da cui son governati i rapporti dell'uomo coi suoi simili, regna la mede
sima semplicità ed armonia di cui ogni dove si banno copiosi esempi : tutti di
grado in grado imparerebbero che i loro interessi si posson meglio promuovere
col rispettare in altri quei diritti personali e reali che ciascuno desidera di vedere
rispettati in se stesso ; e tutti in fine si convincerebbero che l'intiera scienza eco
nomica rimane abbracciata nelle poche parole del fondatore del cristianesimo
« fate agli altri ciò che vorreste per voi ».
Il sistema di Ricardo è sistema di discordia. Le sue parti non si accordano
insieme, ed il suo tutto tende a generare l'ostilità fra gli uomini e fra i popoli.
Egli professa il libero cambio, mcntre insegna che il monopolio della terra è in
accordo colle leggi della natura. Egli professa un amore alla libertà di azione,
mentre insegna che se l'uomo e la donna si uniscono in matrimonio, e così fanno
ciò che tende a stimolarli nello sforzo di migliorare la loro condizione fisica, mo
rale, intellettuale e politica, la conseguenza di ciò debba essere una cresciuta pro
babilità di penuria : e così aggiunge il principio dell'astinenza alle mille restri
zioni da cui il matrimonio è impedito e la licenza dei costumi incoraggiata. Egli
parteggia per il libero commercio dei cereali, ma insegna al proprietario che i
suoi interessi devono riuscirne danneggiati. Egli vuol promuovere l'aumento della
ricchezza, ma avverte il proprietario che ogni ricchezza rivolta a migliorare la
coltivazione deve diminuire il progresso della rendita. Egli vuol vedere rispet
talo il diritto di proprietà, ma insegna al lavorante che gl'interessi del pro
prietario si gioveranno di ogni misura che tenda a produrre la carestia e
la miseria; e che la rendita si paga come un tributo alla potenza di quei
pochi che si appropriarono la terra da Dio riservata al comun bene di tutti.
Il suo libro è un vero manuale dei demagoghi, che cercano di acquistare po
tenza per mezzo delle leggi agrarie, delle guerre, e del saccheggio. Le lezioni
da lui insegnate sono in aperta contraddizione con quelle che nascono dallo stu
dio dei fatti bene osservati, ed in contraddizione anche con se medesimo; e
quanto più presto saran rovesciale, tanto meglio sarà per gl'interessi del proprie
tario e del coltivatore, del manifattore e dell'artigiano, dell'uman genere lutto
quanto.
Il passato dice al proprietario del presente : « Ingegnati di essere econo
mo in privato ed iu pubblico. Volgi la tua mente a ben governare i tesori
della materia posta in lue mani. Lascia che la ricchezza si accresca , e che le
tue rendite si innalzino, mentre la popolazione che ti è dintorno divenga felice e
prospera. Tu perderai in potenza, ma guadagnerai in benessere » .
Dice al lavorante: « Risparmia il tuo tempo, il tuo lavoro, i tuoi metodi di
produzione, educa il tuo intelletto. Ingegnati di promuovere l'aumento della ric
chezza , ed il tuo lavoro diventerà più produttivo, mentre la tua potenza sopra
i suoi prodotti si accrescerà, e vedrai un continuo progresso nella tua condizione
fisica, morale, intellettuale e politica ».
Dice a tutti : « Rispettate i diritti del vostro vicino, come voi vorreste rispet
tali i vostri ». Dice a lutti: « Io ho peccato. Io ho mancato di rispettare i diritti
altrui, e male me n'è venuto. Imparate dall'esempio mio ».
558 CARBT.
RICCHEZZA E TERRA.
—^vrfi>>»*ì>J-~—
Il primo coltivatore occupa quei tratti di suolo che la scarsità dei suoi mezzi
gli permettano di coltivare. Fino allora egli non ha acquistato alcuna potenza
di costringere la terra a produrre ciò che fa di bisogno per una comoda sussi
stenza. A misura che si provvede di zappa, rovescia e distrugge le mal'erbe so
stituendovi l'avena, l'orzo, la segala, secondo che più gli convenga. Dapprima
ha bisogno di motta terra, perchè son pochi i tratti di suolo che possano ren
dergli un prodotto qualunque. Col crescere della sua ricchezza, col provvedersi
di accette e di aratri, altre porzioni di suolo cominciano a divenir produttive; e
di grado in grado, egli trova, su pochi acri, un'occupazione più continua di
quella che da principio trovava sopra molte migliaia di acri. La sua famiglia
inoltre si moltiplica. Se tutti continuano a coltivare tutta la terra di cui possan
disporre, vi sarà una grande dissipazione di lavoro. Il territorio d'intorno corre
per parecchie miglia quadrale, ed il tempo necessario per passare da un punto
all'altro, diviene una deduzione al lavoro che si potrebbe impiegare nella coltura
del suolo o delle loro facoltà fisiche ed intellettuali. Ognuno dunque prende la
parte sua, e vi erige una casa. Ognuno coltiva il suo podere, e chiama in aiuto
i suoi fratelli all'epoca della messe, o quando edifica il granaio, taglia la pietra,
o abbatte i grand'alberi. Son tutti divisi, ma tutti interessati ad aprire strade che
possano tutti riunirli. Quando vivevano sotto il medesimo tetto, i loro lavori si
dissipavano nel portare a casa i frutti del campo, e mancava il tempo di occu
parsi a costruire una strada. Ora che lavorano tutti separatamente, che ognuno
mangia sul suo podere il grano necessario alla sua sussistenza, ognuno trova
un vantaggio sempre maggiore nella maggiore facilità di ottenere l'aiuto che
gli occorra: e così la divisione della terra, conseguenza dell'aumento di ric
chezza in forma di zappe ed aratri, tende ad accrescere la ricchezza in forma di
strade, aumentando cosi la potenza dell'unione, e diminuendo le privazioni
di tutti. Ciascuno lavora sul suo podere, e lavora con efficacia, perchè la
vora per sè. Ciascuno fa, o si procura, qualche strumento atto ad accrescere
le forze sue proprie o quelle dei suoi vicini ; e tutti si combinano per otte-
nere quegli oggetti che, importando ad ognuno, sono al di là dei mezzi di cui
ognuno disponga.
Se contempliamo l'Attica nei tempi della sua prosperità, vi vedremo una
decisa tendenza alla divisione delle terre, ed all'unione degli uomini. Se la con
templiamo nell'epoca del suo decadimento, vedremo Erode Attico proprietario
unico, unico fabbricatore, e intanto l'unione degli uomini affievolirsi. Se guar
diamo a Roma dei tempi di Servio, vi troviamo un gran corpo di piccoli proprie-
tarii che si arricchivano coltivando le loro terre. Se la guardiamo più tardi, vi
vediamo povertà universale. I molli piccoli e prosperi proprictarii son soppian
RICCHE/ZA K TERBA. 359
tati dai Scipioni e dai Pompei, che possiedono vasti tratti di suolo, sovracca
rico di debiti; mentre gli uomini disunitisi son divenuti schiavi. Così del pari
se ci volgiamo alla Gallia od all'Africa. Ognidove nel mondo la tendenza alla
divisione della* terra, ed alla combinazione degli uomini è cresciuta col cre
scere della ricchezza: la povertà ha prodotto la concentrazione dei beni nelle
mani di pochi proprietarii , e la disunione fra i lavoranti. Lo vediamo sopra
larghe dimensioni nella Spagna meridionale, dove pochi magnati hanno preso
il posto degli onesti, industriosi, ed illuminati Arabi, che combinavano i loro
sforzi per mettere in attività le migliori terre, e lavorare i loro prodotti, arric
chendo così il paese e se stessi.
Il grande intento dell'uman genere è la produzione dei viveri, e delle ma
terie grezze indispensabili perchè l'uomo goda i comodi e i piaceri della vita. A
questo fine, Dio gli ha dato il comando sopra di un grande laboratorio, in cui
esistono tutti gli elementi della produzione, aspettando soltanto che l'uomo
venga ad applicare le forze mentali e fisiche di cui fu dotato, per renderli gio
vevoli al suo intento. Questo dono fu accompagnato dal precetto di lavorare, per
ottenere il cibo a 3e stesso ed ai suoi figliuoli ; lavorare per procurarsi abiti e
ricovero; lavorare per istruirsi ; lavorare per trovare godimento e riposo. Ella
è una grand'opera, in cui la combinazione degli sforzi umani produce larga
mente, ma non può avere esistenza quando gli uomini coltivano i terreni sterili.
La divisione è essenziale alla combinazione, e dove non esiste, il progresso della
coltura è sempre tardo. Quindi la miserabile condizione di tutte le terre comuni,
e di quelle sulle quali esistono i diritti di servitù, come in Francia era sotto il'
sistema della vaine pdlure. Appena spirato il primo periodo di assoluta barba
rie, quando tutte le terre son comuni, si troverà che la coltivazione progredisce
a misura che si vada verso il sistema della proprietà assoluta. Così la coltivazio
ne è migliore oggi in ogni parte d'Inghilterra, di quel che fosse stata nei tempi
in cui gli uomini erano servi, e non avevano alcun diritto di proprietà sulla
terra. È migliore dove gli affitti son contrattati per qualche tempo, di quel che
sia ove tutti i coltivatori sono amovibili. I- migliore dove gli affitti lunghi si so
stituirono ai brevi; e la più alta coltivazione costantemente si trova ovunque il
proprietario ed il coltivatore sono la medesima persona, e dovunque esista un
impulso qualunque a praticare la più stretta economia di tempo e lavoro. Così
è migliore nel Cumberland dove i padri di famiglia sono generalmente proprie
tarii di pochi acri, che nel Wilts o nel Dorset, dove si coltiva a grandi tenute
e da lavoranti presi in affitto. Ciò può anche vedersi nell'alta coltivazione dei
contadini proprietarii della valle dell'Arno; nei ricchi campi, nelle pulite e
comode case dei piccoli proprietarii del Belgio, e nell'alta proprietà della me
desima classe in Norvegia. La divisione della terra, e la sua coltivazione per
mezzo del proprietario, sono necessarie conseguenze dell'incremento della ric
chezza, e ad ogni passo che l'agricoltura faccia in questa direzione, diviene sem-
preppiù scientifica, atta ad occupare uomini di alto ingegno, e coronare più
generosamente i loro sforzi. Cessa di essere il lavoro dello schiavo, e diviene la
bella e gentile occupazione del cittadino elevato, che consacra tutte le sue fa
coltà ad amministrare un piccolo fondo, ed ottiene un generoso compenso ap
plicandole al suo miglioramento ; mentre a coloro che lavorano sotto di lui,
larghe mercedi si accordano : ed egli in questa occupazione trova maggiore fe-
'
560 CARET.
licità, di quella che godevano i suoi antenati, le cui grandi tenute erano graf
fiate da servi, per ottenerne quanto bastasse al proprio riscatto.
Tale è l'andamento delle cose quando la popolazione e la ricchezza molti
plicano. La guerra ed il saccheggio producono un effetto oppostole sotto di esse
la terra tende a concentrarsi in poche mani. Da qui viene che quell'epoca di
barbarie, onorata col titolo di sistema feudale, si è veduta ad infliggere nel mon
do il diritto di primogenitura che è un'altra delle deboli invenzioni per mezzo
delle quali l'uomo si sforza di eludere le grandi leggi della natura; ma delle
quali easa immancabilmente trionfa quando gli uomini si mantengano in pace.
Le idee di Tocqueville su tal riguardo sono all'atto diverse. Egli dice:
« Quando il legistatore ha una volta regolato le leggi di successione, può
riposarsi. La macchina una volta messa in moto, andrà per secoli, e progredirà
come guidata da un istinto proprio, fino a certo punto. Una volta architettata
in un modo particolare, questa legge unisce, fonde e riduce in poche mani la
proprietà — la sua tendenza è eminentemente aristocratica. Sotto l'azione di
principii opposti, opera più rapidamente: divide, distribuisce, e disperde, la
proprietà e la potenza. Spaventati dalla celerilà dei suoi progressi, coloro che
disperano di arrestarne il moto si sforzano ad imbarazzarla con difficoltà ed
impedimenti; invano cercano di contrappesare i suoi effetti per mezzo di sforzi
in senso contrario; ma essa gradatamente atterra e distrugge ogni ostacolo; fino
a che per la sua incessante attività, il baluardo dell'influenza della ricchezza,
viene abbattuto sulla bella e morbida sabbia che forma la base della demo
crazia ».
In nessuna parte d'Europa le leggi di primogenitura sono state più salda
mente stabilite che in Inghilterra; pure in nessuna parte ove sieno esistite si è
trovata una più forte tendenza verso la divisione della terra, come appare dai
moltissimi ostacoli che si sono inventati per impedirla, e per rimuovere altri
ostacoli che si opponevano alla divisione e alla vendita della proprietà territo
riale. Il quale risultato si vede nei fatto che l'Inghilterra oggi possiede più che
200 mila proprietarii di terra. Fino al principio dell'ultima gran guerra, tale
costantemente era la tendenza del paese; ma durante la guerra, la povertà
della popolazione, e il consolidamento della proprietà ritornarono insieme. I po
chi si accrebbero, ed i molti si diminuirono; e se la guerra avesse continuato
sulla medesima scala per un altre periodo di vent'anni, quel paese avrebbe pre
sentato al mondo tanti principi simili a quelli di Esterhazy, vestiti di abiti ca
richi di diamanti, e circondati da uno sciame di servi cenciosi. Quando havvi
un lungo periodo di pace, un'altra condizione di cose si va gradatamente gene
rando. Gli artigiani comprano terre, e i proprietarii concedono a piccole partite
i loro fondi ; principio, è vero, del progresso, ma indizio della nuova tendenza
dei tempi. I fittaiuoli domandano affitti più lunghi, e i proprietarii cominciano
ad accorgersi che brevi affitti e grosse rendite son cose inconciliabili. Essi me
desimi ebbero già un affitto perpetuo, a rendita fissa dalla Chiesa. I fittaiuoli
domandano ora il diritto di essere rimborsati dei miglioramenti, ciò che forma
forse il primo passo verso la perpetuità delle concessioni, e la futura proprietà.
Ogni passo in questo senso ne apparecchia un altro. Le strade ferrate innal
zarono le mercedi; la fognatura innalza le mercedi del lavorante e del linaiuo
lo; ed entrambi sentono generarsi in loro il desiderio di coltivare la propria
RICCHEZZA E TERRA. 561
lerra per proprio interesse. Ad ogni passo la quota proporzionale del proprie
tario si attenua, ma la quantità assoluta della sua rendita s'ingrossa: e ad ogni
passo si sviluppa la tendenza a migliorare il tipo della vita, e a parificare le
condizioni. Il non-lavorante diviene sempre meno atto a mantenere larghi tratti
di terra, comparativamente alla possibilità che si accresce nel lavorante di com
perare; mentre va sempre crescendo in lui l'impulso a domandare un fondo che
si possa coltivare a suo modo. Le mercedi delle distinte capacità si sono accre
sciute: ed il compenso della mera ricchezza si è diminuito, e deve necessaria
mente diminuirsi, per procedere di pari passo. II gran proprietario è costretto
di lavorare. Lavora infatti, e trova negli intervalli di riposo quella felicità che
mancava nella vita di abituale pigrizia. Egli è, crediamo, impossibile il riguar
dare qualunque parte dell'Inghilterra, senza vedere questo andamento di cose,
cominciato in un luogo, vicino a cominciare in un altro. In alcune parti, ogni
acre di terra è stato venduto durante la generazione attuale. Nel Nord, dove la
ricchezza cresce rapidamente, e le terre più feconde si coltivano, la tendenza
alla divisione è maggiore che nel Sud ; ed ancora maggiore nei dintorni delle
città che sono in via di rapido progresso, come Liverpool e Manchester, di quel
che sia nelle città in declinio come Winchester e Bristol. Nell'una di queste
due direzioni noi vediamo continuamente crescere la tendenza verso l'armonia e
l'unione tra il proprietario del suolo e l'uomo che lo coltiva; nell'altra, vediamo
discordia e disunione generale, accompagnata da incendi, saccheggi, rivolte re-
becchiste, e tentativi di violazione delle leggi sulla caccia: cose tutte che mo
strano una società in istato di demoralizzazione. Quando la ricchezza si au
menta, gli uomini si uniscono moralmente e materialmente ; e quanto più si
uniscono, tanto più la ricchezza cresce, tanto più si sviluppa la tendenza alla
divisione della terra. Quando la ricchezza diminuisce e la popolazione declina,
la terra immancabilmente si concentra in poche mani.
In Francia, paese sempre in guerra, la ricchezza non poteva progredire. Gli
uomini coltivavano i terreni poveri coi peggiori strumenti. La proprietà si con
centrava nelle mani del clero e dei nobili. Venne la rivoluzione, ed annichilò
l'uno e gli altri. Per impedire una futura concentrazione di terra, fu decretato
che alla morte del proprietario, il suo bene si dovesse dividere tra i suoi figli,
eccetto, nondimeno, una piccolissima porzione che egli avrebbe potuto, creden
dolo opportuno, tramandare ai suoi discendenti. La confisca era cattiva, era
una violazione dei diritti di proprietà, e le violazioni son sempre cattive, sempre
impolitiche, perchè la natura, appena che possa riprendere il disopra, rimedia
a tutto. Nondimeno fu fatta; ed oramai nulla mancava fuorchè di permettere al
lavoro che si potesse applicare sulla terra onde costringerla a rendere i suoi
tesori, e così aumentare la massa delle ricchezze; ricchezze che si sarebbero
applicate ad ulteriori miglioramenti del suolo, aumentando così il prodotto, e
permettendo ad una popolazione sempre maggiore, di ottenere maggior copia di
viveri in compenso del lavoro impiegato nel produrre e lavorare i varii prodotti
del suolo.
Tate nondimeno non fu la politica degli uomini che governarono la Fran
cia. Essi preferirono l'Italia, la Germania, la Spagna, fino la Russia, al proprio
suolo, ed esaurirono la popolazione e la ricchezza dell'Impero in vani sforzi per
ottenere di fuori ciò che la natura li pregava ad accettare nel proprio paese.
562 cabky.
Colla battaglia di Waterloo si chiuse un periodo di esaurimento; ma da quel
tempo in poi continue rivoluzioni e tentativi hanno impedito l'aumento della
sicurezza, mentre gl'immensi eserciti e le flotte e i costosi palagi, e la schiera
di re e principi, e il gran codazzo di pubblici ufficiali, i cui nomi formuuo una
legione, hanno impedito ed impediscono ancora che la popolazione e la ricchez
za si accrescano, senza di che i migliori terreni non potranno essere ben colti
vati. Conseguenza di ciò si è che in Francia non havvi dimanda di lavoro e la
divisione procede innanzi. Più che due milioni e mezzo di proprietarii hanno
redditi di dollari 10 o meno. Quasi un milione ne hanno da 10 a 20 ; 737
mila ne hanno tra 20 a 40. Tra 40 e 100, si contano 700 mila. Mentre tutto
il numero delle famiglie il cui reddito è superiore a 2 mila dollari non arriva a
7 mila.
In molti casi le proprietà sono così suddivise che gli uomini preferiscono
abbandonarle al governo; ma anche ciò non è possibile fuorchè in pagamento
di un'imposta di circa 40 centesimi, e fino a che il compenso non sarà com
piuto bisogna che rimangano responsabili delle tasse sulla terra, le quali am
montano a 20 centesimi per acre. Se tentano di vendere, l'imposta equivale
a due annate di reddito. Così essendo, non deve far meraviglia che la terra
rimanga quasi letteralmente sopraffatta dalle ipoteche, nonostante gli enormi
carichi delle spese di registro, ecc., dalle quali l'interesse soventi si trova rad
doppiato, e qualche volta ancora più che raddoppiato. L'interesse e le im
poste divorano, come abbiam detto, il 70 per 0/0 del reddito; ed il rima
nente vien diviso a brani tra il povero proprietario e l'uomo di leggi. Un
secolo addietro, le famiglie ch« vivevano sul fòro ascendevano a 30 mila,
e gli affari erano immensamente lucrosi. Dopo di allora il loro numero si
è, io credo, grandemente accresciuto, e vi è poco da dubitare che la somma
del loro reddito non si sia ingrossata del pari. Tutto il sistema francese tende
a togliere la proprietà al libero arbitrio di coloro che vi lavorano, e met
terla alla disposizione di coloro che non lavorano ; tendendo così a pro
durre quella caduta « sulla bella e morbida sabbia che è la base » -— non
della democrazia — ma della turbolenza, dell'anarchia, e della schiavitù. In
tutto il corso della sua storia, la Francia ha costretto i suoi abitanti a vivere
in villaggi distanti dalle terre che coltivano , diminuendo così grandemente
la produttività del lavoro; ed oggidì noi vi troviamo 2 milioni di poveri pro
prietarii, col loro piccolo giardino, piccolo prato, piccolo campo, piccola vigna,
di raro congiunti insieme, ma sparpagliati qua e là, ora nella valle, ora nella
collina, posizione in cui ogni progresso è impossibile. Le espropriazioni, per
ciò, divengono frequenti, e i proprietarii veri — i creditori ipotecarii —- s'impos
sessano della terra. Fin dove questa tendenza si manifesti, si può vedere dal
fatto, che nei dieci anni corsi dal 1826 al 1835, il 30 per 0/0 di tutta la pro
prietà territoriale si è mutata di mano, per via di vendile, permute, espropria
zioni, oltre ai mutamenti avvenuti per via di eredità e di donazioni. Questa è
la necessaria conseguenza dell'attuale condizione nella Francia.
In Olanda, la potenza di divisione esiste nella sua maggiore pienezza, ma il
figlio colà non si affretta a domandare la sua porzione, per la sola ragione che
gli appartiene. La ricchezza si moltiplica perchè gli uomini coltivano le buone
terre, e quindi il lavoro è ricercato anche nello altre occupazioni. Il consuma
ricchezza e ir.nm. 565
tore ed ii produttore sono reciprocamente vicini. Se il tratto di terra che il
figlio può reclamare non basta per mantenerlo, egli lo affitta o lo vende al fra
tello; e cosi la tendenza verso la divisione si trova contrappesata dalla po
tenza che ha il proprietario di giudicare da sé, e disporre come meglio ai suoi
interessi convenga. Cosi e in Norvegia, paese che si distingue per l'industria
e l'economia del suo popolo. Ricchezza e popolazione vi progrediscono, e la
tendenza allo sminuzzamento delle proprietà non vi esiste. Le proprietà vi ri
mangono per molti secoli intatte.
Negli Stati Uniti, esisteva il diritto di primogenitura. Disparve a misura che
la popolazione e la ricchezza si accrebbero. In nessuna parte del mondo la ten
denza democratica si è svolta tanto quanto nel Massaciussets e generalmente
nella Nuova Inghilterra; ed in nessuna parte son tanto semplici le forme di
procedere nella trasmissione delle proprietà. Pure quivi non havvi alcuna
tendenza a sminuzzolare i fondi. Lo stesso Tocqueville ci dice che « le terre
degli Stati Uniti sono estremamente favorevoli alla divisione della proprietà ter
ritoriale, ma una causa più potente delle leggi impedisce che la proprietà si
divida di troppo ». Egli aggiunge che « la legge ha abolito il dritto di primo
genitura. Ma le circostanze non han giovato a ristabilirlo sotto una forma della
quale non vi ha luogo a dolersi e dalla quale nessun giusto diritto rimane of
feso ». La ragione di ciò è unicamente, che la ricchezza e la ricerca del lavoro
crescono più rapidamente che la popolazione. Niuno vorrà coltivare un tratto
di terra che non possa produrgli piena mercede; e quindi costantemente ve
diamo che, quando si tratta di proprietà troppo piccole per potersi vantaggio
samente coltivare, l'uno dei figli paga agli altri la sua porzione, e li mette in
grado di applicare con più vantaggio ii loro travaglio e la loro industria nelle
manifatture di Lowell o di Providenza. In nessun paese havvi una eguale ten
denza all'individualismo ed alla libertà di azione; in nessuno nondimeno havvi
tanta tendenza all'unione; ed in nessuno la potenza dell'uomo sopra la terra è
cosi sviluppata.
La perfetta individualità e la tendenza all'unione procedono sempre di pari
passo coll'aumento della ricchezza e colla divisione della terra. La terra del
gran signore nel medio evo era costretta a dargli una certa rendita, e tutti i
suoi servi ne rispondevano. La soggezione illimitata — solidarietà — era regola
universale. Se l'uno mancava al lavoro o al pagamento, gli altri dovevano col
mare la lacuna. Il servo era anonimo. Non era che un servo; un di coloro che
erano destinati al travaglio. Anche oggi noi troviamo ciò in India, ove i villaggi
son tassati in massa; e quando qualcuno degli sventurati ryots abbandona
la sua piccola proprietà, disperando di potere coi suoi tenui mezzi contentare
le pretese della Compagnia, il rimanente degli abitanti è tenuto a supplire. Cosi
anche in Francia, dove le popolazioni delle provincie, delle città, dei villaggi
son tutte solidariamente risponsabili delle imposte; e quando i dragoni di Lou-
voìs espulsero i laboriosi ed economi Ugonotti, i Cattolici che rimasero furono
costretti a rispondere per la quota dovuta dagli espulsi.
Coll'aumento della popolazione e della ricchezza, la terra si suddivide, e gli
individui s'impiegano al pagamento di rendite fisse; così l'uomo acquista la po
tenza di determinare da sè il limite della sua responsabilità; e questa tendenza
è sempre maggiore ove gli uomini coltivano i terreni fecondi, come si può ve
5t,4 CAREY.
dcre in Inghilterra. Il fìliuiuoio del Dorset o dell'Hampshire non ha alcun dritto.
La selvaggina del proprietario divora la sua messe, ed egli nondimeno deve pa
gare la rendita; laddove nel Lancashire o nel Lincholn, i diritti reciproci sono
rigorosamente definiti. Là uomini poveri che vivono in sucide capanne, coiti-
vano ancora le cattive terre primitivamente occupate. Qua, il campagnuolo allog
gia in una casa, e coltiva terreni fecondi, che due secoli addietro erano mere
paludi e foreste.
Questa tendenza alla libertà dell'azione individuale, in tutte le contrattazioni,
procede con quella che riguarda le contrattazioni relative alla terra. In tutta
l'Europa, il diritto di associarsi è stato in ogni tempo limitato, per effetto della
diffidenza per cui tutio ciò che tendesse ad unire i popoli induceva i sovrani ed
i loro aderenti ad insistere sul principio della responsabilità illimitata. Esenzioni
da questa legge si ottennero sempre, ma come speciale favore, e per mezzo di
reali diplomi. Queste esenzioni divengono più o meno numerose, a misura che
la popolazione e la ricchezza crescano più o meno rapidamente, ed a misura che
le terre fertili o infeconde sian quelle che si coltivino. In Francia si concedono
sempre come una grazia; e il domandarle quando non si abbia qualche appoggio
potente, è inutile (1). In Inghilterra, si concedevano soltanto a poche compa
gnie polenti per metterle in grado di monopolizzare alcuni rami di traffico;
ed anche fino agli ultimi anni dell'ultimo secolo, la formazione delle compagnie
a capitale riunito e trasferibile, trovavasi assolutamente vietata per qualunque
intento. Col crescere della popolazione e della ricchezza, e colla coltura dei mi
gliori terreni , noi vediamo un graduale rilassamento del sistema di solidarietà,,
e i privilegi ora si concedono alle compagnie di strade ferrale, soltanto perchè
senza di ciò le strade non si farebbero. Nondimeno si ricusano ancora a varii
altri generi di associazione.
Negli Stali Uniti noi possiamo vedere questa tendenza alla piena libertà
delle contrattazioni , sia riguardo alla terra, sia riguardo a qualunque altro
intento, crescere rapidamente a misura che passiamo da quegli Stati in cui si
coltivano terreni poveri, a quelli in cui la coltivazione è arrivata fino alle sponde
dei fiumi. Nel mezzodì, gli uomini lavorano a frotte, e ciascuno è individual
mente responsabile per l'esecuzione di tutta l'opera. Nessun contratto di rendita
si fa; ed è qui che noi troviamo la massima ostilità all'esenzione, per il me
desimo principio, riguardo ad ogni altro fra gl'intenti della vita. Negli Stati
nuovi dell'occidente dove la popolazione è poca e sparpagliata, ed i terreni
più ricchi rimangono intatti , si trova la medesima condizione di cose. L'u
nione riesce difficile, e la gelosia esiste. In Pensilvania, ove molte delle più
ricche terre sono ancora non dissodate, la medesima gelosia v'è sempre manife
stata; ma a misura che i varii terreni, la calce, il calcare, il carbonifero, il
ferruginoso, si van mettendo in attività, essa tende gradatamente a sparire. In
nessuna parte dell'Unione si è veduta l'uguale tendenza verso la concentrazione
della terra in mano a pochi, nè vi Bon tanto manifesti i suoi effetti nell'impe-
dire l'unione degli uomini. La terra è stata sempre in grandissima parte tenuta
a grandi masse, e si son formate corporazioni per continuare a godere il pos
sesso. Questo stato di cose si trova principalmente nella regione carbonifera del
fiume Leigh, la quale, mentre possedeva tutte le condizioni locali opportune
ad un gran traffico, non ha mai potuto contendere a causa del monopolio della
terra, colla regione Schuylkill, ove le terre furon divise tra numerosi proprietarii,
e frequentemente passarono da una mano all'altra. Nell'una, l'unione degli uo
mini non esiste e la ricchezza procede lentamente; nell'altra, l'unione si vede
ogni dove, e la ricchezza e la popolazione crescono rapidamente, generando la
ricerca dei prodotti agrarii, tendente a far porre in piena attività terreni sempre
più fertili.
A misura che dalla Pensilvania c'innoltriamo verso il nord, troviamola terra
più suddivisa, la popolazione più densa, ed una maggiore tendenza all'individua
lismo perfetto, accompagnata da una maggiore tendenza all'associazione, e da
maggiore potenza di unirsi, sotto quelle condizioni che più convengono ai con
traenti. Questa condizione si trova in Nuova York più sviluppata che in Pen
silvania, ma come ci avviciniamo al Massaciussets ed a Rhode-tsland, ove gli
uomini si consacrano con un'estrema assiduità a sviluppare tutte le forze della
terra, troviamo l'individualità, la tendenza all'unione, la potenza di associarsi
sviluppate al più alto grado che mai si sia veduto in qualunque altra parte del
mondo. Colà tutti possiedono ; colà i dritti personali e reali sono il più stretta
mente definiti ed il meglio rispettati ; e vi hanno quei grossi capitalisti e quei
piccoli bottegai, quei grossi fittaiuoli e quei piccoli lavoranti, quei grandi mani
fattori e quei piccoli filatori e tessitori, le vedove e gli orfani, il clero e i dottori,
gli editori e gli autori; tutti si uniscono ad edificare, ad aprire le strade, a con
seguire ogni altro dei varii modi in cui la ricchezza si possa più vantaggiosamente
applicare all'Incremento della produttività del lavoro.
Se ora cerchiamo la causa del rapido progresso che han fatto i primi miseri
e scarsi coloni degli Stati Uniti verso la ricchezza e la potenza, converrà ricono
scerla nella divisione della terra. Ogni uomo vive, o, se vuole, può vivere, nella
sua casa e nella sua terra, o nella sua fattoria. Lavora, o, se vuole, può lavo
rare nella sua bottega. Tira il suo carro, comanda la sua nave, di cui è proprie
tario assoluto od in parte. Il carpentiere costruisce la nave di cui diverrà
azionista; il fonditore costruisce macchine per la fabbrica nel cui capitale ha
messo la sua quota. La donna lavora nella fabbrica a cui ha preso una parte,
per guadagnarsi i mezzi di mantenere una casa nella quale essa sola è padrona ;
il mineraio scavando carbone, pensa sempre al giorno in cui potrà scavare la
miniera sua propria, e pagare mercedi agli uomini che ora apprendono sotto la
sua direzione. Tutti questi fenomeni, quantunque alcuni di essi sembrino non
aver che fare colla coltivazione del suolo, sono i naturali effetti della divisione
della terra. Il proprietario che raccoglie larghe rendite, protegge il suo fittaiuolo,
il suo agente, il suo bottegaio, il suo avvocato, il suo medico, il suo falegname,
e tutti costoro hanno ciò che si chiama una preziosa «connessione». Questa
scena^ pienamente visibile nella regione carbonifera del Leigh in Pensilvania.
Le grandi compagnie preferiscono i grandi fittaiuoli ; ed i piccoli uomini non
possono affittare le miniere. I grandi fittaiuoli tengono grandi botteghe, dove
566 r.AittY.
i piccoli uomini son costretti di fare i loro cambi , perchè la concorrenza è
impossibile. Le grandi compagnie di grandi fittaiuoli proteggono i ioro avvocati,
e medici, e falegnami, e costruttori di ponti o strade ; quindi una generale coa
lizione ed un generale ristagno. Il mineraio vive nella casa della società, la
vora nel terreno della società; e la sua moglie è pigra, perchè non havvi alcuna
ricerca di lavoro. Sopra una terra che mostra la sua illimitata fecondità, stanno
case che mostrano la loro estrema povertà; perchè quel poco di calce che occor
rerebbe per pulirne almeno l'aspetto esteriore, si reputa un oggetto di lusso,
tropp'alto per essere lecito ai loro abitanti.
Se ora c'innoltriamo poche miglia verso l'ovest, alla regione Schuylkill, dove
la terra è divisa, e dove ciascuno prende cura della sua proprietà, troveremo una
condizione di cose alfatto diversa. Colà il patronaggio non può esìstere; ciascun
mineraio si procura la sua casa ed il suo terreno, e ciascuno pensa al tempo in
cui potrà lavorare per conto proprio, sia come fittaiuolo, sia come proprietario
d'una miniera. Ciascuno sceglie una bottega per il suo traffico, un legale per i
consigli di cui abbisogni, il suo medico, il suo falegname. Quindi generale atti
vità ed energia, generale dimanda di lavoro. La giovine trova ad offrire i suoi
servigi nel cucire gli abiti delle vicine, e può prender marito, perchè saprebbe
aiutarlo nelle faccende della famiglia; e il suo marito, falegname, o fonditore,
diviene capo egli stesso, apre la sua bottega, vive nella sua casa, si occupa
della sua moglie e dei suoi figliuoli; e quella casa è edificata nel suo terreno, .su
quello che egli coltiva come suo giardino nelle sue ore di ozio.
Se si sostituisce l'Inghilterra e l'America alle regioni carbonifere di Leigu e
Schuylkill, la medesima descrizione ne sorgerà. L'Inghilterra è piena di grandi
proprietarii, grandi fittaiuoli, grandi mercanti, banchieri, forensi, architetti,
manifattori, bottegai, società di commercio, tutti alloggiati iu palazzi ; mentre il
popolo coltiva le terre altrui, vive in case altrui, lavora in fabbriche o miniere
altrui, dirige le botteghe altrui, comanda i navigli altrui, e quindi una gran parte
di essi è obbligata a mangiare il pane altrui. Il sistema di patronaggio è univer
sale. I grandi non hanno bisogno di lavorare, ed i piccoli lavorano di mal umore.
Gli uni son pigri per difetto d'inclinazione al lavoro; gli altri Io sono per difetto
d'opportunità di lavoro. I primi dissipano perchè lo possono; i secondi non ri
sparmiano, perchè non hanno fiducia nell'avvenire.
In America, dal nord al sud, troviamo in grande ciò che abbiam veduto
nella valle di Schuylkill: più nel nord, gradatamente diminuendo a misura che si
passa verso del sud e dell'est. Ciascuno lavora per sè, ed ambisce di possedere
la sua casa e il suo podere, sia in campagna, sia in città. Coloro che possiedono,
hanno con se stessi la loro piccola cassa di risparmio, in cui depositano tutte le
ore e le mezz'ore che possano risparmiare: tutti i dollari e i mezzi dollari; e cosi,
quasi insensibilmente la ricchezza nella società si moltiplica, il cui ammontare,
se potesse verificarsi, non si oserebbe di crederlo. Chi non possiede intieramente
case o terre, fattorie o botteghe, ha sempre una parte d'interesse in qualche pic
cola fabbrica, o qualche piccolo banco, cassa di risparmio di quelle vicinanze,
in cui fanno i loro depositi, e ve li tengono fino a che si sieno aumentati abba
stanza per poter comperare qualche cosa di proprio. Così la ricchezza rapida
mente si accumula, e genera una costante ricerca di lavoro. Ciascuno sfbte di
potere innalzarsi, se vuole, e ciascuno s'innalza; e chi si è innalzato fa di tulto
RICCHEZZA E TERRA. 567
per mantenere il suo posto. Per poco che si fermino, si troveranno già sorpas
sati, fisicamente ed intellettualmente. Ciascuno ama di educare i suoi figli, ama
di avere il suo giornale, ama di avere i suoi quadri in famiglia, ama di avere
la sua macchina, e i ricchi abbisognano di libri, di giornali, di pitture, di mac
chine, se vogliono mantenere la loro posizione nel mondo.
A ciò si deve la grande potenza produttiva che ha l'Unione, molto superiore
a quella dei 28 milioni che compongono la popolazione della Gran Bretagna ed
Irlanda; e non si deve all'abbondanza di terre, di quei poveri terreni su cui gli
Americani sono stati costretti di sparpagliarsi, spendendo su di essi, a costruire
strade e canali una somma di lavoro che sarebbe riuscito tre volte più produt
tivo se si fosse potuto impiegare direttamente sulle sponde dei fiumi degli anti
chi Stati, sulla marna e sulla calce, sul carbone e sul ferro., cose tutte che si
sarebber tentate da lungo tempo, se i coloni avessero potuto concentrarsi come
naturalmente desideravano.
A ciò si deve se, mentre gli Americaui sono i più grandi produttori e consu
matori, sono ancora i più grandi accumulatori, che esistano al mondo. Ogni
uomo ha in casa sua la sua cassa di risparmio, l'ha nella sua fattoria, nel suo
alloggio, nella sua bottega ; ed ogni uomo desidera depositarvi quanto più sia
possibile. Quindi ciascuno odia le imposte. Le imposte vengono colla guerra;
ciascuno odia la guerra. La quistione di pace o di guerra dipende sempre da
lui e dai suoi simili, che coltivano la propria terra e pagano le proprie imposte;
e che, avendo casa, terra, bottega, molino, fabbrica da amministrare, non pos
sono mettere importanza all'ufficio di rubare e saccheggiare i loro vicini. Quindi
son tutti di spirito pacifico. Colla pace cresce la ricchezza e la forza, e la potenza
di protegger se stessi, per mezzo di eserciti e flotte ove occorra, o per mezzo di
leggi che respingano i loro vicini ai quali venisse l'intenzione di impedire l'uso
delle loro navi, o dei loro tessuti. Sono troppo ricchi per cercare querele; e quindi
è che per essi quelle cause di dissensione, che vengono dalla limitazione di
confini, dalla indennità di prede marittime, dalle restrizioni mercantili, dalla
usurpazione dei diritti personali dei cittadini spariscono tutte. Preferiscono la
pace, ed è per ciò che vivono in pace. Non abbisognano dunque di flotte o di
eserciti (1). Se ora alle grandi accumulazioni che risultano dalla esistenza di
questi milioni di casse di risparmio, piccole e grandi, aggiungiamo quelle che
derivano dalla mancanza d'imposte per sopperire alle spese di guerre rovinose,
e per apparecchiarsi alla guerra in tempo di pace, ciò che, in proporzione alla
spesa che fanno gl'Inglesi, divorerebbe cento milioni all'anno, possiamo agevol
mente calcolare per cinquecento milioni all'anno, la somma annualmente impie
gata, al di là di quanta se ne potrebbe impiegare se la terra fosse in potere di
grandi signori, di quegli uomini che vedevano nel mantenimento delle colonie,
coll'aiulo di flotte ed eserciti, i mezzi di arricchire se stessi e i loro dipendenti.
Questi cinquecento milioni aggiungono ogni anno alla potenza produttiva per
(i) La guerra col Messico non avrebbe mai potuto sorgere, se al popolo si fosse
lasciato la libertà di dare il suo voto. Il Messico la cominciò, e la battaglia e la vittoria
ne furono il risultato. I rappresentanti accettarono la sfida; ma se si fosse interrogato
il popolo, avrebbe tutto d'accordo risposto in favor della pace.
568 cirev.
lo meno cento milioni. Se il lettore calcolerà il risultato di un tale impiego e di
un tal prodotto, potrà spiegare il fatto che gli Stati Uniti sono oggi il più ricco
paese del mondo; ed il risultalo a cui perverrà, è dovuto alla divisione, non alla
quantità della terra.
La somma totale dell'eccesso della potenza di accumulare, corrisponde a 24
dollari, o cinque lire sterline per testa. Una larghissima porzione di tal somma
può attribuirsi alla maggiore diligenza degli uomini nell'applicare il loro lavoro
sui proprii fondi; ma una parte risulta da altre cagioni. L'Inghilterra persiste
nel contare sui poveri terreni della Polonia, del Canadà, e di altre parti del
mondo per provvedersi di viveri, che potrebbe agevolmente ottenere nel suo
proprio territorio, e questo scopo oggi si ottiene coll'ajuto del meccanismo più
complicato. I meccanici hanno una regola, che quanto più direttamente la forza
si applichi, tanto minore sarà l'attrito e maggiore l'effetto ; e che ad ogni au
mento di quantità nel meccanismo, l'attrito cresce e la forza diminuisce. Lo stesso
qui si può dire, l'attrito è grande, epperciò i viveri sono cari, e le mercedi son
basse. In motte parti dell'Inghilterra il contadino non ha che 9 scellini per
settimana, mentre il prezzo ordinario del grano non è meno di 50 scellini per
quarter, e spesso è di più. Il lavorante adunque riceve per mercede d'una setti
mana non altro che un bushel ed un quarto o un bushel ed un terzo in tutto,
e nulla può accumulare. Negli Stati Uniti, il lavorante ha circa 75 centesimi al
giorno (di dollaro), che sono a un dipresso il prezzo medio di un bushel di grano;
il che farebbe sei bushel come mercede d'una settimana di lavoro. Egli dunque
può consumare più di quanto il lavorante inglese riceve, e nondimeno accumulare
più che metà della sua mercede. Ciò che egli fa, si vede quotidianamente. In
diecimila casi il lavorante scapolo ha da 100 a 120 dollari all'anno oltre il
vitto. I suoi abiti gli costan poco, e quasi tutta la mercede rimane presso il suo
principale, o viene temporaneamente impiegata per potersi più tardi rivolgere
alla compra d'un piccolo fondo. I grandi capitalisti profittano in ugual modo
del basso prezzo dei viveri, ed il risultato di questa doppia accumulazione di
venta meraviglioso. Inoltre nessun capitale è costretto di rimanere in ozio, o
produttivo soltanto in parte, in un paese in cui l'abitudine delle combinazioni
utili esiste in un grado sì alto, come agli Stati Uniti, e dove il capitale è attivo,
il lavoro può non essere che produttivo. In Inghilterra, al contrario, il capitale
soventi si ristagna, ed il lavoro soventi è sterile.
Le dissipazioni in quel paese son quasi incredibili: il municipio di Lon
dra (1) ha vasti fondi, che vengono principalmente dalle confische irlandesi,
900,000
e cio con una popolazione di 129,000. 11 numero de" pubblici ufficiali è di 265; i toro
stipendii variano da 100 ad 8000 lire all'anno; e questi impieghi son sempre orni
BIi£HhZZA E TERRA. 369
e rendono più ài lire 300,000 all'anno, la maggior parie delle quali è dissipata;
mentre l'imposta pei poveri è altissima, ed i mezzi di educazione sono pessimi.
Una semplice festa da ballo è costata 120,000 dollari, ed un semplice impiegato
riceve circa 40,000 dollari all'anno. Lo stipendio di coloro che formano lo
stato maggiore dei legali ascende a circa 200,000 dollari, e la somma totale
degli stipendi eccede il mezzo milione. Le grandi fortune, qui come ogni dove,
generano l'abitudine delle grandi spese e dissipazioni, e qui sono per conse
guenza incredibili. Il Massaciussets, con una popolazione di 800,000 abitanti,
spende circa 2 milioni di dollari, cioè non meno, che la metà di quanto spende
la città di Londra; nondimeno, su questa somma, 300,000 dollari sono desti
nati al soccorso degli infermi e dei vecchi poveri, e circa seUecentomila dollari
son destinati alte pubbliche scuole. Perchè qui gli uomini amministrano il pro
prio affare, la terra è divisa, e gli uomini sono uniti.
Il mirabile effetto della divisione della terra, che tien dietro all'aumento
della popolazione e della ricchezza, si vede chiaramente in Prussia, dai risultati
ottenutisi dall'abolizione degli affitti perpetui, e dalla loro conversione in poderi
liberi, previo compenso al proprietario della terra, alla ragione di 25 annate.
I grandi proprietarii erano sovraccarichi di debiti, e i loro fondi sotto il peso
delle ipoteche, non potevano migliorarsi. Nella sola Pomerania i pesi ascende
vano a 24 milioni di dollari. Gl'inquilini erano liberati, pagando la somma sti-
polata; ed i piccoli proprietarii ottenevano tin credito che negavasi ai grandi.
Tutti gli altri impedimenti alla libera disposizione della terra, per vendita, do
nazione, o testamento, furon pure aboliti ed il risultato si vede nel fatto, che la
ricchezza e la popolazione progrediscono oggi in Prussia in una ragione che è
affatto ignota al resto del continente europeo; e che la Prussia trovasi oggi alla
testa dell'unione commerciale germanica, nella quale la più piena libertà di
traffico interno si è ammessa. Qui, come ogni dove, la divisione della terra è
stata accompagnata dalla combinazione degli uomini e dalla propagazione della
coltura sui terrea più fertili.
Il Passato dice al proprietario del Presente: « Se tu desideri che la
tua terra divenga preziosa, produca larghe rendite, sforzati di mantenere
la pace ».
Dice al filiamolo: «Se tu desideri diventare proprietario della terra che col
tivi; sforzati di promovere il mantenimento della pace, ed impedire che la
pubblica ricchezza si dissipi in flotte ed eserciti ».
Dice al lavorante: « Se tu desideri avere una casa, una terra, un giardino,
una bottega, avere tua moglie ed i tuoi figli, leggere i tuoi libri ed i tuoi
pati dagli amici e parenti de' consiglieri comunali. Le vessazioni, esercitate privata
mente o ufficialmente, accrescono grandemente la somma riscossa : gli scaltri ricchi
se ne sottraggono, il povero vi rimane soggetto — e la lassa pe' poveri ascende a
90,000 lire per anno. Il sistema di Londra ci presenta in miniatura l'antico sistema
dell'Inghilterra. Se il lettore vuol meglio conoscerli entrambi, veda la Rivinta di IVest-
minster, voi. 45, pag. 193.
giornali, andare liberamente alla tua chiesa, mandare i tuoi figli alla tua
scuola e vederla prosperare in un modo attivo, dove la ricchezza rapida
mente moltiplicandosi offra buone mercedi ad una popolazione rapidamente
crescente; sforzati di promuovere il mantenimento della pace, e la pratica del
l'economia ».
Dice alla nazione: « Se tu desideri acquistare individualmente e collettiva
mente la potenza di procurarti una perfetta protezione, evita la guerra, e finisci
di star sempre apparecchiata alla guerra ».
371
FONTENAY.
PREFAZIONE.
È noto che Bastiat si è formalmente pronunziato contro i tristi sistemi di
Malthus e di Ricardo, e che egli, alcuni giorni prima di morire, si occupava
ancora del confuture le loro teorie sulla produzione dei viveri e sul reddito della
terra. Questo suo interrotto pensiero, è ciò che io tento oggi di continuare.
Son già più di due anni che la Società e il Giornale degli Economisti han
cominciato ad occuparsi delia Rendita territoriale. La quistione fu assai mal
piantata, e la discussione assai mal condotta. Il Giornale, che dapprima erasi
dichiarato contro di noi, negli ultimi mesi ci aveva lasciato la parola: dopo, noi
non potemmo riprenderla. L'ordine degli oratori iscritti non portò più che opi
nioni contrarie alle nostre idee; gli articoli di Passy, Elink Sterck, Cherbulicz,
Arrivabene, Wolkoff— occuparono, cogl'intervalli di riposo obbligato, le colon
ne della Rivista economica nel corso di diciotto mesi; ed in questo tempo, i di
versi tentativi che noi facemmo per rispondere furono respinti o indefinitamente
differiti: invece d'una discussione noi non avemmo più che una specie di mo
stra o marcia militare, delle forze d'un solo partito. Il Giornale credette dar
prova sufficiente di tolleranza ed imparzialità, inserendo di tempo in tempo al
cune lettere di Hr. Carcy, piene di eccellenti argomentazioni, senza dubbio, ma
che sventuratamente venivano dal fondo dell'America, ritardate di tre o quattro
mesi nel corso della discussione. In modo che, in una polemica sollevata a nome
di Bastiat, là scuola e l'opinione di H ■ialini non si trovarono più momentanea
mente rappresentate.
Io allora impiegai l'ozio di questo silenzio forzato a fare una Memoria per
l'Accademia delle scienze morali e politiche che aveva allora posto al concorso
la medesima questione della Rendita. Non ho bisogno di dire che nulla decise
l'Accademia, dichiarò per bocca del suo relatore, colle perifrasi e i complimenti
di uso, che l'antica teoria nulla valeva e la nuova non valeva gran cosa. Non
mi restava più che portare la causa in ultima istanza, davanti a questo giudice
distratto ed addormentato che chiamasi il pubblico. É ciò che faccio oggidì —
per tranquillare la mia coscienza.
La resistenza ad ogni dottrina un po' nuova è naturale, ma questa opposi
zione qualche volta ha delle distrazioni e delle inconseguenze singolari ; essa
Zìi FON IENA V.
lascierà, per venti u trcnt'amii, che si stabiliscano i principii e le premesse senza
contestazione, forse ancora facendo lor pluuso; e poi lutt'insieme, come improv
visamente svegliata, si accanirà esclusivamente contro colui, il quale non avrà
fatto che formulare le inevitabili conseguenze delle nozioni più accettate. Questo
accadde per Bastiat. Vi sono taluni che lo riguardano come un novatore, come
una mente inquieta e paradossale, che avrebbe sacrificato a dei sogni di un'ar
monia impossibile, i veri principii e le tradizioni della scienza.
Nulla è più falso che questa opinione. Il sistema di Bastiat, — nuovo ed
originale senza dubbio, per il largo svolgimento che egli ha dato a certe idee, e
per le importanti conclusioni che ha saputo dedurne, — si rannoda, all'incon
tro, in modo immediato e diretto, anche riguardo ai principii, colle tradizioni
più pure, e con le autorità più legittimamente accettate. Bastiat, come egli espres
samente lo dice, non ha che « fissato una forinola da lungo tempo intraveduta,
verso la quale l'Economia politica ha costantemente gravitato ». Coloro che al
trimenti ne giudicano, si sono troppo esclusivamente, mi si permetta di dirlo,
lasciati preoccupare da ciò che avveniva nell'altra parte dello Stretto. Rimasti
nelle divagazioni di quella piccola scuola inglese che è succeduta a Smith
senza averla saputo continuare, essi si trovano trent'anni indietro sul movi
mento economico distintissimo ed importantissimo che si è generato in Fran
cia, al di fuori delle idee di G. B. Say, e che ha avuto per organi principali
Tracy, Comte, Dunoyer, ecc. Bastiat è l'erede diretto di questi uomini; egli
ha fedelmente seguito la linea di questa scuola eminentemente francese (quan-
danche mi si dovesse rimproverare questa parola io la mantengo) ; non havvi
un solo fra i principii contestali a Bastiat, che non si ritrovi nei suoi illustri
predecessori ; e bisogna assolutamente che la critica taccia, o che rimonti lino
a costoro.
La prova di una tale solidarietà di dottrina è molto facile ad istituirsi. La
sciamo, se si vuole, Comte e Tracy; prendiamo solamente le opere di Dunoyer.
— Io mi compiaccio tanto più a ««cordare questo nome, quanto che da parte
mia io considero Dunoyer come un vero capo scuola, a più di un titolo (1).
Il bel libro della Libertà del lavoro è già antico — soprattutto se si vuole ri
salire alla sua prima edizione (2); tutti gli Economisti l'han letto, ed io non
so che alcuno l'abbia attaccato. Ultimamente ancora, Dunoyer — come egli
presentiva che la sua autorità sarebbe ben presto invocata — ha ricordato i
punti fondamentali del suo sistema economico, in uno studio affatto magistrale
sulla Produzione, che si può leggere nel nuovo Dizionario dell'Economia politi
ca. Noi vedremo ora che sul valore del capitale, sull'intervento degli agenti na
turali, sull'ufficio della terra, cioè precisamente sui punti che si contrastano a
(1) E questa pure l'opinione di Bastiat. Nei suoi manoscritli noi abbiano trovaio un
frammento sulla Libertà del lavoro, in cui quest'opera è giudicala come un avvenimento
di prim'ordine, ed una risiaurazione della scienza economica.
(2) Verso il 1830, sotto il titolo di Nuovo trattato d'econ. sociale ecc. Poche copie ne
furono distribuite, ed il rimanente dell'opera peil in un incendio.
PREFAZIONI". 575
Bastiat, la dottrina di Dunoyer è molto esplicitamente identica alla nostra (1).
Dunoyer dice, come Bastiat, « che realmente ciò che si compra e si vende
consiste sempre nei servigii ». Egli dunque mette primieramente da lato, « que
sta trinità un po' pedantesca della terra, del lavoro e del capitale, che la scuola
faceva simultaneamente assistere all'origine di tutti i nostri acquisti di ricchezza
e di forza, .... causa di disordine e di confusione .... inesatta insie
me ed insufficiente ». Egli rimprovera a G. B. Say « di non aver fatto figurare
l'industria umana, se non in terzo luogo, nell'atto della produzione », di aver
veduto « in ogni prodotto, una parte dell'effetto ottenuto come proveniente
dalla natura, ed un'altra dai capitali*. Egli asserisce «che il lavoro è la
sola causa generatrice » (2).
« Non v'ha, dice egli, alcun bisogno di uscire dall' attività umana , per
rinvenire l'origine della potenza che il lavoro umano possiede .... in altri
termini, l'uomo ha creato tutta la sua potenza .... non ha creato nò le
sue proprie facoltà, nè le forze sparse nella natura .... ma egli crea, per
mezzo di sforzi successivi, la potenza di trar partito dalle une e dalle altre,
egli le crea come strumenti di produzione .... Sono dunque tanti mezzi
che l'industria umana dà a se stessa, degli agenti che si crea » (5).
Il capitale, secondo Dunoyer, indica « l'insieme delle forze utili che l'uomo
«arrivato a svolgere, o in se stesso o nelle cose da lui rivolte al proprio uso ».
— Definizione mirabile, dalla quale noi ci riserbiamo di trarre un giorno le
conseguenze.
Quanto agli agenti naturali essi nulla hanno da rivendicare nell'opera della
produzione. « Senza dubbio l'attività umana non è la sola forza che siavi nella
natura. Al di fuori di essa, ne esistono molte altre che l'uomo non ha create,
più che le proprie facoltà, che non potrebbe neanche annichilare, e la cui esi
stenza è affatto distinta ed indipendente dalla sua (4) .... Ma se, all'esterno
dell'uomo, esistono tali forze, nulla dice che esse esistano per lui, e, lasciate a
se sole, si mostrano affatto indifferenti alla sua felicità. Perchè esse gli giovi
no, bisogna piegarle al suo servigio ; perchè producano, bisogna che egli le
costringa a produrre. L'uomo senza dubbio non le crea, ma egli crea l'utilità che
gli offrono, le crea come agenti di produzione, come forze produttive ....
A che mai avrebber giovato, per la produzione, le qualità del ferro, se l'indu
stria non avesse saputo svincolare dal minerale il metallo, ed imprimergli le
forme opportune per rendere utili le sue qualità? A che mai servirebbe il fluido
magnetico per dirigere i naviganti, senza l'invenzione della bussola? A che
servirebbero la pioggia ed il sole nel far germogliare le piante, senza il la
voro preliminare che presenta alla rugiada del cielo ed al calore dei raggi solari
(\) 1 passi seguenti sono estratti dall'articolo Produzione; si trovano del pari nel
tomo II, lih. C, della Lihertà del lavoro, come ho indicato nelle note.
(2) Lihertà del lavoro, I. Il, |,. 33.
(3) Ivi, p. 38.
<4) Ivi, t. Il, pag. 35.
374 niMKs.i.
il seno d'una terra convenientemente lavoratii, concimata, triturata, seminata?
Questi agenti, ed altri in fine, sono del pari a disposizione di tutti gli uomini :
a che servono essi per il selvaggio che non abbia imparato a cavarne profitto l
Diciamolo ancora una volta, le forze della natura esistono indipendentemente
da ogni umano lavoro, ma, relativamente all'uomo, e come agente di produ
zione, non esistono che nell'industria umana, e negli strumenti per mezzo dei
quali l'industria umana se ne è impadronita. Essa è che ha creato questi stru
menti, essa è che ne dirige l'uso: essa è l'unica sorgente da cui uscirono, non
le cose nè le qualità delle C0se, ma tutta l'utilità che noi tragghiamo dalte
cose, e dalle lor qualità » (1).
Veniamo ora alla terra: « giacchè, continua il maestro, non vi hanno per
l'uomo altri agenti naturali fuorchè quelli di cui si sia impadronito, fuorchè quelli
che egli abbia saputo imprigionare nelle sue leve, nelle sue ruote dentate, nei suoi
ingegnosi ed innumerevoli meccanismi, e di cui si è messo in grado di disporre
per mezzo di preliminari e sufficienti travagli d'appropriazione; egli è chiaro
che non vi ha luogo a distinguere gli agenti non appropriati, dagli agenti appro
priati. Per l'industria umana, realmente non esistono che agenti appropriati ».
Fra gli agenti appropriali, non si scuopre assolutamente alcuna ragione per
fare due classi separate dei capitali e dei fondi territoriali. Nulla, in fatti, pare
distinguere la terra vegetale o minerale dagli altri oggetti della natura, di cui
l'uomo si sia impadronito, che abbia piegato al suo servigio, nei quali abbia ac
cumulato, capitalizzato valori più grandi o più piccoli; e noi non vediamo nean
che alcun interesse a cercare, come l'ha fatto G. B. Say, in che modo l' indu
stria, i capitali e la terra, si congiungano per produrre; non vediamo che ciò
importi più a conoscersi, di quel che sia il modo in cui si collegano, per il me
desimo intento, Yindustria, i capitali, e le correnti d'aria, o le correnti d'ac
qua, o il vapore, o il sole, o qualunque altro agente naturale che l'uomo ab
bia saputo costringere ad associarsi al suo lavoro in una maniera qualunque.
La distinzione speciale delta terra, nel numero degli agenti appropriati, do
vrebbe dunque abbandonarsi » (2).
Vediamo: si pretende contestare questa luminosa ed incontestabile analisi?
e se non si contesta, che cosa si vuole da noi? Non è in essa tutta la dottrina
di Bnstiat ? « Non si vende e non si compra mai che il servigio » : non si ven
dono dunque, non si comprano i doni gratuiti della natura. — « L'uomo crea
egli solo tutta Futilità delle cose » : egli solo dunque crea il valore, che risulta
dalla loro utilità, che indica e misura il merito dello sforzo d'utilizzazione. —
Gli agenti naturali non intervengono che come « mezzi, strumenti indifferenti al
benessere dell'uomo » : il loro intervento è dunque non remunerabilc, e non
rimunerato, è gratuito. Ciò che si paga dunque non sono le forze naturali, e
INTRODUZIONE.
(I j I redditi potranno, secondo che il capitalo siasi impiegato e diretto in modo più
o inen alide, ricostituirlo integralmente — o in parte stiliamo — o con sovruhboudunia
e guadagni.
378 VONTENAY.
(1) La proprietà, per esempio, di M. Tbiers; opera che dal priucipio alla fine è sem
pre fuori della questione.
tNTROBimOHE. 37§
vero che il valore sia la misura medesima della proprietà; se è costante, come
Bastiat ha detto, che gli uomini, « gli uni in faccia agli altri, non sono proprie
tari i che del valore »; ne risulta che solto l'aspetto economico, la proprietà dello
strumento, del capitale, della terra, ecc., — ciò che si chiama in fine, nel senso
più elevato della parola, la proprietà, — non è realmente altro che, laproprielà
d'un prodotto netto periodico, d'un certo valore e d'una certa durata proba
bile; il diritto di goderne esclusivamente ; di cederlo temporaneamente, o defini
tivamente cambiarlo con ogni altro valore.
Ecco dunque come sotto il riguardo del dritto si pone la quistione della
proprietà, — o del prodotto netto trasmessibile — ciò che è tutt'uno: il mezzo di
produzione ci si presenta dotato d'una specie di produttività propria, indipendente
dallo sforzo e dal merito personale del suo possessore. Per IoAneno, agisce a
modo d'un coefficiente, che moltiplica la potenza produttiva di chiunque lo
ponga in opera: — egli è infatti un tale strumento, da produrre cento votte
più che il tal altro, in qualunque mano si trovi. Ora il reggime proprietario,
identificando in qualche modo lo strumento colla persona di chi lo possiede,
attribuisce a questa il beneficio, o prodotto netto, che emana dallo strumento.
È egli logico, e giusto che un uomo riceva, cambi, o trasmetta come proprio
questo prodotto netto — derivato dalla potenza produttiva dello strumento che
egli adopera?
La quistione è precisa, — la risposta lo sarà del pari: — sì, ciò è giusto, in
dritto naturale, se la produttività dello strumento è tutta dovuta a quest'uomo,
o a coloro che glie l'hanno trasmessa; — no, non è giusto, in diritto naturale,
se questa produttività dev'essere attribuita, in tutto od in parte, ad una azione
straniera p. e. all'intervento delle forze naturali.
Così, la questione della proprietà, come noi l'avevamo detto, si converte
tutta nella quistioue dell'origine e della natura del prodotto netto. Problema del
prodotto netto, problema del capitale, problema della proprietà, sono una sola
e medesima cosa.
Egli è dunque all'origine del prodotto netto, che bisogna risalire. Qua
lunque strumento , qualunque metodo , qualunque mezzo di produzione ha
avuto un principio, è stato scoverto, messo in opera, creato da qualche-
duno, — « creato, non come materia e forza fisica, ma come forza producente
ed utile » (1).
Se si riconosce con Dunoyer che questa utilità, questa produttività è dovuta,
ed unicamente dovuta, a colui che l'ha scoverta e messa in azione, che in faccia
alla società egli solo è creatore di questa sorgente di ricchezze (poichè senza di
lui la società non le conoscerebbe e non ne godrebbe); allora è certo che il pro
dotto netto — testimonio del merito, e misura della potenza produttiva del mezzo
adoprato — appartiene all'inventore di pieno diritto, finchè durerà, al titolo
incontestabile di mercede o profitto ; e che egli può conservarlo, venderlo, pre
starlo, o darlo a chi meglio creda.
La proprietà del capitale in questa teoria, che è la nostra, è dunque di dritto
naturale, anteriore ad ogni legistazióne.
(i) Come questa parola ha un doppio senso nelle opere degli Economisti — causa
incessante di malintesi e di sofismi — così io dichiaro che, per evitare l'equivoco, non
ne farò mai uso se non nel senso ristretto datole da Ricardo; e per indicare l'insieme del
prodotto-netto territoriale mi servirò della parola reddito.
38i FONTENAV.
Non ho certamente bisogno di far notare fin dove i passi che ho riferiti
s'avvicinino alle più aggressive stravaganze del socialismo. La differenza che
qui havvi, fra il nemico mortale della proprietà, e i suoi pretesi difensori,
sta in ciò che quest'ultimi la trattano semplicemente da parassita, usurpa
trice e mendicante, mentre quella la chiama in termini crudi, ladra; — che
Proudhon vuol fare disparire tutto il reddito, e gli altri sopprimerebbero sol
tanto la rendita — la quale non è, secondo la loro definizione, altro che una
parte del reddito.
(1) Dunoyer.
S88 FOHTEJfAT.
giova dapprima che a lui, come egli vende necessariamente al medesimo prezzo
corrente che gli altri men favoriti , cosi è chiaro che egli riceve ed intercetta
la mercede del suo lavorante inanimato, e che questa intercessione costituisce
precisamente il suo superiore profitto.
Ora, nell'industria te differenze di potere fra gli agenti adoprati sono enormi;
le differenze di guadagno che ne risultano lo sono del pari.
Per il trasporto, per es., delle mercanzie, quale spaventevole ineguaglianza di
forza tra le spalle di un facchino, gli animali della carretta, e la locomotiva della
via ferrata ! Nella filatura, quale abilità manuale potrebbe mai muovere il fuso e
il rocchetto con la rapidità con cui si muovono gli spiedi meccanici? Siamo di
buona fede, nelle manifatture, più ancora forse che in agricoltura, lo strumento
e ciò che forma la produzione. Se dunque voi attribuite alla natura la potenza
dello strumento, la parte che la natura può rivendicare nei prodotti netti, sarà
in agricoltura più grande che altrove; e i profitti si rapidi del manifattore o del
commerciante, devono chiamarsi rendita e monopolizzazione degli agenti natu
rali, come si chiamano i modesti redditi a 3 o 4 per 0/0 delt'agricoltore. In
somma in ogni specie di produzione, voi avete il medesimo meccanismo, le
medesime combinazioni tra l'azione umana e l'azione della natura, le medesime
differenze nella meta dei guadagni, il medesimo predominio dello strumento e de!
capitale sul risultato ; anzi, voi avete le medesime forme nella ripartizione del
prodotto netto; avete la rendita, il prezzo, e l'affitto; il proprietario ed il fit
iamolo, il capitalista e l'intraprenditore, colui che fornisce lo strumento e colui
che l'adopera, colui che produce e colui che si limita a stender la mano al
reddito .... — o si deve nettamente dichiarare che si abbiano due pesi e due
misure, e si voglia trovar legittimo qui ciò che si trovi contestabile altrove, — o
bisogna applicare, in tutto il suo rigore, al reddito delle industrie manifattrici,
l'analisi più che severa, che si fa subire al reddito della terra e stendere ai
profitti, all'interesse (che è una forma derivata dei profitti) ed al capitale, que
ste accuse di monopolio, di usurpazione e di parassitismo, che abbiam vedute
così esplicitamente formolate contro la rendita e contro la proprietà del suolo.
Allora ecco tutta la proprietà, mobile, od immobile, scossa, colpita dal medesimo
marchio d'ingiustizia originale, ridotta ad esser protetta soltanto da alcuni arti
coli di codice. Non è più, come prima, la rendita solamente ciò che bisogna abolire
o assorbire per mezzo dell'imposta; è il profitto industriale, è l'interesse che si
tratta di sopprimere con una radicale riforma. Tutto ciò si incatena. E infatti è
per mezzo di questa trafita obbligata, che tutti passarono i rinnegatori di qualche
logica; cominciarono dall'attaccare il reddito e la proprietà del suolo, finirono
col negare il prodotto netto ed il capitale tutto — dopo il caso particolare venne
il fenomeno generale.
L I B R 0 P R I M 0.
CAPITOLO I.
i * « imi
(1) L'agricoltura sola rende ua prodotto superiore a ciò che occorre per pagare' le
mercedi, l'interesse e il prodotto dei capitati, di cui essa esige l'impiego. Non hav»i
atcun' altra specie di applicazione del lavoro, che faccia lo stesso. (Passy, Ditionario
dell' Economia politica, articolo Rendita).
ESAME DEI piVBRSI SISTEMI. 391
cominciando con dei capitali tolti ad imprestito. All'incontro, se si sta a ciò che
dicono gli agronomi pratici, che cioè sopra dieci proprietarii che abbiano tolto
danaro ad imprestito per coltivare, otto si rovinano, dov'è il prodotto netto? Da
qual lato vedrete voi l'eccesso sull'insieme delle spese di produzione? Nel pro
prietario che si rovina — o nel manifattore che si arricchisce? Si pretende
forse porre la proposizione sopra un più ampio terreno , e dire che la totalità
degli agricoltori ha un grandissimo prodotto netto, mentre che la totalità della
classe lavoratrice non fa che ricostituire ed ammortire la somma delle sue anti
cipazioni? ciò sarebbe altrettanto falso. Nell'accrescimento generale della nostra
produzione e della nostra ricchezza, se havvi una cosa che sia riconosciuta, si
è che da un secolo, per esempio, lo svolgimento in numero e in ricchezza della
classe manifattrice è stato maggiore proporzionatamente che quello della classe
agricola. Ora, ciò mi sembra che sufficientemente mostri, non solo che l'indu
stria manifattrice ha un eccesso reale sulla somma delle spese di produzione,
ma ancora che questo eccesso, proporzionatamente, ha sorpassato quello che
dal lato suo otteneva l'agricoltura. Voi avrete un bel chiamare profiUo il primo
e reddito il secondo: le parole non mutano per nulla il fenomeno. Bisogna che
riconosciate indubitatamente colà un prodotto-netto — una rendita industriale,
altrettanto e più nettamente qualificata, che il prodotto netto e la rendita del
suolo. Tutto ciò è troppo evidente per meritare che vi s'insista.
Ad. Smith. — Quand'io per caso incontro in Smith una proposizione con
testabile, volgo la pagina e cerco se mai non si trovi corretta alquanto dopo. E
questa è bene spesso una buona ispirazione ; poichè quelli che si dicono gli er
rori di Smith, sono, per lo più, nelle parole e nella forma anzichè nel fondo
dell'idea ; più d'ogni altro Economista, ha avuta l'intuizione spontanea delle
grandi leggi, e non vi ha forse una delle verità svoltesi dopo lui, che non si
trovi in germe in qualcuno de' suoi capitoli. Ma Smith ha ciò che gli amatori di
quadri chiamano pentimenti : ha il suo primo ed il suo secondo pensiero. Qual
che volta traduce un'opinione che gli è straniera, lasciando al lettore la cura di
decidersi. Colla sua religiosa scienza e maravigliosa docilità, Smith, convien
dirlo, ha piuttosto pensato a riunire sotto la loro ragione comune un gran nu
mero di fatti, che ad edificare una teoria d'un sol pezzo. Ha voluto fare una
storia, e per un caso di genio, si è trovato che era una scienza. Naturalmente
questa scienza improvvisata non ha dovuto, in molti casi, che ridursi a segnare
dei punti di livello ; e dall'uno all'altro, per mezzo dei vuoti, l'errore ha potuto
passare. Comunque sia, egli è certo che, intorno al reddito territoriale, Smith in
alcuni luoghi ha parlato come Ricardo.
Così (lib. II, cap. 5) egli dice che in agricoltura la natura opera coll'uomo,
e che « quantunque questo lavoro nulla costi, pure il suo prodotto ha un va
lore » ; che nelle altre industrie, all'incontro, « nulla fa la natura, e l'uomo fa
tutto ». — Altrove (lib. I, cap. 11) pretende che « non solamente la parte del
prodotto che si dà al proprietario cresce con questo prodotto medesimo, ma che
la proporsione di questa parte riguardo al prodotto totale si accresce deipari » .
È questa l'una delle più false proposizioni che s'incontrino nel sistema di
Ricardo, e Smith la smentisce altrove egli stesso, precisamente quando dice
(liti. II, cap. 3), che la rendita, quantunque cresca in valore assoluto, e re
.'i!) -2 FOHTSHAT.
(1) Smith, nel medesimo posso, generalizza questa legge : perchè aggiunge che, nei
pnesi che si arricchiscono, se la somma assoluta dei profitti è maggiore o in proporzione
dei fondi, i profitti son molto minori ». Questo principio di Ad. Smith, è stato con molta
abilità adoperato da Carey, che ne fa rilevare le importanti conseguenze. Ecco come
Bastiat l'esprime : « A misura che i capitali si accrescono, la parte assoluta dei capita
listi, nella totalità del prodotto, si aumenta, e la toro parte relativa si diminuisce. All'in
contro, i lavoranti vedono accrescersi la sua porzione in ambi i sensi » {Armonie econ.,
cap. VII).
(2) Opere complete di Ricardo, ediz. Guilloumin, p. SO, 77.
(3) Ivi, p. 57, 77, 5E2.
(4) Ivi, p. 77, 78 ... . !.a parte dell'operaio si trova realmente diminuita, mentre-
ESAME DEI DIVERSI SISTEMI. 395
che quella del proprietario territoriale si trova aumentata, insieme, per valore e per
quantità, pag. 87.
(1) Opere di Ricardo, pag. 67, 70.
(2) Ivi, pag. 307, 55-2, .fi53.
(3) Ivi, png, 308.
394 F0NTENAV.
Noi non dobbiamo determinare la parte che in questa lotta tocca a ciascuno di
questi ingegni, originali tutti e tre, diversi di metodo, riuniti, senza essersi intesi,
attorno alla medesima dottrina, da una fede comune nella generalità e nell'ar
monia delle leggi sociali. Ci contenteremo di fare un fascio coi loro principali
argomenti, fortificandoli con qualche veduta che ci sembra nuova.
Non posso impedirmi di far notare, a proposito delle varie fasi che la teoria
del reddito territoriale ha subite, a qual punto la scienza speculativa, che sem
bra mille leghe lontana dalle umane passioni, s'impregna nondimeno dello spi
rito di ogni epoca e del suo dominante colore. Cosi, ecco Quesnay che scrive in
mezzo ad un'aristocrazia elegante, istruita, fitosofica ed amica del progresso, per
chè non sa in quel momento che la fitosofia e il progresso si rivolgeranno con
tro di lei; questa aristocrazia possiede il suolo; essa sola è la nazione. — Nel
sistema di Quesnay, la ricchezza di una tal casta è l'unica ricchezza; la classe
proprietaria è l'unica che sia produttiva, ed a proteggerla tendono tutti gli sforzi
dell'economia politica.
1 successori di Quesnay, all'incontro, arrivano nel più forte della lotta fra la
borghesia industriale e l'aristocrazia territoriale. Il secolo vuol progredire, la
classe proprietaria difende ogni dove lo statu quo; fa testa agli economisti, in
Inghilterra nelle quistioni di tariffa, in Francia su tutte le quistioni di libertà, di
riforme, e di movimento politico. — La teoria della rendita sembra come una
specie di manifesto ostile alla proprietà territoriale: è divenuta per gli economi
sti la meno rispettabile di tutte ; ha nella storia generale della produzione, leggi
e caratteri a parte; « i suoi interessi sono opposti a quelli di lutto il rimanente
della società • ; la sua rendita è un ultimo monopolio che si tratta di sopprimere
e far disparire oramai.
Più tardi infine, la proprietà territoriale si è democratizzata, in Francia, io
Inghilterra, i suoi rappresentanti hanno rotto le barriere della protezione, e si
son messi alla testa d'ogni riforma. — Bastiat e Banfield allora la sollevano
dalla specie di decadenza economica pronunciata contro di lei; e la collocano
sotto le leggi generali della giustizia e dell'armonia, che reggono tutte le altre
classi dell'industria umana. In America dove la coltivazione del suolo non è che
un'iutrapresa industriale, come tutte le altre; in America dove la densità della
popolazione porta la ricchezza e l'abbondanza, Carey schiaccia sotto una massa
d'argomenti e di fatti il doppio errore di Ricardo e di Malthus. Colle sue preten
sioni all'assoluto, la scienza, come la letteratura e l'arte, rimane sempre rappre
sentante della sua epoca e del suo paese.
595
CAPITOLO II.
La coltivazione non procede dalle terre più produttive alle men produttive.
— ÀI contrario.
Noi entriamo a discutere la teoria di Ricardo, come tipo delle false dottrine
emesse intorno alla rendita del suolo. Questo è infatti, come or ora abbiam
detto, il solo sistema che sia formolato con sufficiente nettezza, per dare una
base solida d'operazioni tanto all'attacco quanto alla difesa (supponendo che si
voglia ancora difenderlo).
Non è qui il luogo di spiegarci su questo scrittore. Una rivelazione fatta,
qualunque ne sia il vero valore, dev'essere discussa posatamente, a fondo, e coi
documenti alla mano. Dn giorno forse noi tenteremo un siffatto studio. Soltanto,
ci sia permesso di dire che noi riguardiamo come fatalissima l'influenza che
Ricardo ha avuta per più che un quarto di secolo sulla economia politica dei
nostri tempi. Banficld ha trattato altamente la sua dottrina come « materialismo
stretto ed assurdo ». L'uno dei suoi traduttori, Fonteyraud, non ha saputo aste
nersi dal protestare, in quattro o cinque luoghi, contro ciò che egli chiama le
sue « desolanti asserzioni ». Dal canto nostro, non possiamo soscrivere al
titolo di maestro che gli si è dato, e lo riguardiamo piuttosto come il capo di
quella scuola dissidente, dell' antagonismo degli interessi, alla quale appar
tengono Sismondi e Proudhon. Non si prenda un tal giudizio, se si vuole, che
come un concetto puramente personale. Per ora non si tratta che delle idee
di Ricardo sulla rendita fondiaria ; e noi passiamo ad esaminare quanto esse
vagliano.
La teoria di Ricardo poggia sopra due dati fondamentali : l'ordine di coltura
che comincia dai terreni più fertili; — la difficoltà di produrre viveri, a misura
che la popolazione cresca, e il progressivo rincarimento che ne risulta. Noi co*
mincieremo dal mostrare la falsità di queste due asserzioni capitali.
Riprenderemo in seguito talune conseguenze del sistema di Ricardo, tali
quali egli medesimo le ha formolate, e mostreremo che i fatti gli danno la più
formale mentita.
Nei seguenti capitoli ci applicheremo a combattere, in termini più generali,
gli errori di tutta la scuola che ha voluto vedere leggi speciali alla produzione
ed alla rendita territoriale. Procureremo di far comprendere che a torto si fanno
intervenire le cause fisiche nella quistione del prodotto e del reddito. Mostre
remo che le differenze di produttività naturale o acquisita non producono affatto,
come si è supposto, analoghe differenze nella meta dei redditi. In fine, discute
remo le definizioni datesi intorno alla rendita, e riconosceremo che, quante
volte esse sono cosa diversa da una inammessibile petizione di principio, si appli
cano ad ogni specie di reddito diverso dal reddito territoriale: di modo che nel
modo in cui i teorici della rendita l'hnn definita, la rendita non esiste o esiste in
tutta la produzione.
596 KONTENAT.
(1) Ciò è vera anche delle colonie, che si esauriscono e periscono quando vogliono
attaccarsi alle terre d'alluvione. E nondimeno importa osservare che le cotonie nou sono
un tipo da scegliere per farsi un'idea dell'agricoltura primitiva. Esse tolgono ad impre
stito dalla civiltà i capitali, le macchine, e soprattutto il sapere; rimangono in comunica
zione con essa per mezzo dei soccorsi che ne ricevono, come per mezzo dei prodotti che
le trasmettono. Le colonie sono come tanti innesti dell'antica civiltà, fatti rapidamente
vegetare sotto una stufa. Da tale aspetto, il loro modo di procedere differisce essenzial
mente da quello d'una società nascente, e la loro agricoltura è sempre un poco agricol
tura dell'ultima epoca.
COME PROCEDA LA COLTIVAZIONE. 397
(1) Medesimamente adunque come colui che non si conoscerà guari di agricoltura
e di bifolcherie non valuterà un terrena in cui vedrà tutto pieno di cespugli, di cat
tivi alberi e piante selvaggie, ove sarà molto bestiame, motti ruscelli e conseguen
temente copia di fango, e al contrario tutti questi indizii ed altri consimili danno
occasione di giudicare a chi se ne intende bene la bontà e la forza del terreno. . . .
(Plutarco, irad. d'Amyoi).
598 FONTENAY.
spesa reale. Questo aumento della sua rimunerazione egli non l'ottiene perchè
dissoda e lavora, ma perchè i suoi vicini lavorano e dissodano attorno a lui. La
rendita in questo sistema non può considerarsi come il profitto d'un lavoro; e
si concepisce che Ricardo l'abbia attribuito alle proprietà naturali del suolo. —
Quantunque, a dir vero, la natura abbia niente da fare io tutto ciò : giacchè
l'innalzamento del prezzo non viene che dai bisogni e dallo svolgimento della
civiltà; è un effetto sociale, economico, e non fisico, — epperò la rendita è sem
plicemente il risultato della sociale convenzione che lascia il guadagno di questo
innalzamento al proprietario, invece di ripartirlo a tutta la società, — ma ciò
poco importa ».
Nulla noi abbiamo di simile a tutto ciò nel nuovo sistema, e non vi ha più
qui alcun guadagno che non sia meritato da un travaglio. Se infatti son sem
pre i terreni più recentemente posti in coltura quelli che riescono più produt
tivi, egli è evidentemente sopra di essi che in un'epoca qualunque si manifesterà
l'aumento del reddito, ciò che voi chiamate la rendita; mentrecchè le terre da
lungo tempo coltivate non daranno se non un profitto ed un reddito insignifi-
vante, forse ancora nullo. È dunque qui il travaglio grossolano, materiale, non
intelligente, è il travaglio stazionario delte prime epoche quelto che più, o
quasi più non trovasi rimunerato; ed è al contrario il travaglio potente e me
ritorio dell'ultima epoca , il travaglio in cui l'intelligenza si sostituisce sempre
più allo sforzo fisico, è il travaglio di progresso quelto che riceve, come è giusto
e logico, una ricompensa superiore. E notisi ch'essa non saVà pure che tempo
ranea; giacchè, a misura che i mezzi di coltura più perfezionati meneranno in
valore nuove terre più feconde , è impossibile che l'abbondanza maggiore dei
prodotti, che la miglior qualità dovuta ad un suolo più ricco e un'agricoltura
meglio difesa, non avviliscano peculiarmente l'antica produzione. Se dunque le
coltivazioni delle prime epoche rimangono stazionarie, i loro redditi diminui
scono e gradatamente spariscono. Esse non li manterranno e non li accresce
ranno, che entrando esse medesime nel movimento progressivo, cioè ancora,
meritando l'aumento del loro reddito per mezzo del nuovo travaglio di ul
tima epoca.
Così il reddito qui non è che la mercede delto sforzo intelligente, il premio
delt'iniziativa e del progresso. Esso lascia da parte colui che s'incrocicchia le
braccia, rimunera colui che si sforza di progredire; è dunque uu semplice pro
fitto nel senso più stretto e più legittimo della parola. — Ed eccoci di stancio
precisamente agli antipodi di Bicardo, — del rincarimento progressivo, e della
rendita-monopolio. Si vede che l'idea di Carey ha, nelle sue conseguenze, tutta
la portata che gli si attribuisce.
una spesa data, non renda altrettanto e più che la media delle buone terre già
coltivate.
Se non rendesse di più, quale interesse si avrebbe a farlo? Un intraprendi-
tore agricolo non ha in mira che il suo guadagno ; e non andrà, per far piacere
a Ricardo, a dissodare un terreno che poco gli fruttasse, piuttosto che compe
rare una terra già coltivata e molto lucrosa per lui.
All'epoca nostra, per esempio , egli può con centomila franchi di capitale
primitivo, e 7 mila franchi di spese annuali , avere una buonissima terra , la
quale senza rischi e senza pena straordinaria gli renderà prontamente 10 mila
franchi di prodotto lordo, o 3 mila franchi di reddito netto. Se egli si decide ad
impiegare i suoi 100 mila franchi di capitale e i suoi 7 mila franchi di spesa
per dissodare e mettere in coltura un bosco od una landa abbandonata, ciò cer
tamente sarà perchè egli avrà calcolato che questo dissodamento gli renderà più
di 10 mila fr. in prodotto lordo, o più di 5 mila franchi in reddito netto. Perchè
egli avrà maggiori sforzi e noie a subire , correrà grandi rischi di perdite, e
finalmente, nell'ipotesi più fortunata, sarà sempre obbligato di attendere per sei
od otto anni almeno prima che il suo nuovo podere sia in istato di rendergli
tutto il prodotto di cui è capace. Non si deciderà dunque a dissodare che quando
sarà certo che la sua nuova terra debba rendergli non già o mila — ma quattro
o cinquemila franchi di rendita : cioè dire, — che a parità di spese essa sarà
più produttiva dette terre coltivate ch'egli potrebbe coltivare.
Così noi abbiamo un bel esaminare lutti i casi particolari, ricadiamo sempre
nel medesimo risultato: che in ogni epoca sono le terre sulle quali l'uomo ab
bia messo il suo travaglio più nuovo, quelte che più riescono produttive, quelle
che, a parità di travaglio annuale, rendono di più.
CAPITOLO III.
Abbiamo or ora mostrato che, quando si vuole penetrare nello spirito del
sistema di Carey, si possa facilmente eliminare le obbiezioni ch'esso ha susci
tate. Io nondimeno convengo che l'espressione e la lettera d'un tal sistema hanno
qualche cosa d'imbarazzante e di stretto; — il che senza dubbio viene da ciò
che Carey, per combattere di petto a petto Ricardo, s'è veduto obbligato ad
adottare le sue parole. Ora che cosa si può fare di largo e di solido colla no
menclatura del più slretto, del più ipotetico fra gli economisti, dell'uomo a cui
ogui idea semplice ed ogni grande legge di armonia sembravano antipatiche
per natura?
Contentandosi di rovesciare in senso inverso 1' asserzione di Ricardo ,
Carey ha necessariamente troppo particolareggiato com'esso. Si è potuto dirgli
allora ; il vostro ordine di coltura è meglio inteso ; ma è egli beo certo che
COMI 81 ACCRESCA LA POTENZA DI PRODUZIONE. 403
vi sia stato un ordine qualunque? E non è anzi probabile che nel primitivo
stato di guerra la coltivazione dui suolo si sia regolata piuttosto sulle ragioni di
facile difesa , che sulla cousiderazione di coltura facile o difficile? — Gli si è
domandato che cosa divenivate sua teoria quando un intiero paese fosse dis
sodato. — Finalmente Banfteld ha potuto dirigergli questa critica: che colla sua
distinzione dei terreni ricchi e poveri, egli ricadeva nell'errore di Ricardo, che
sembra assegnare alle terre nn ordine naturale, fatale ed immutabile di produt
tività; e che invece di dire, che occorra molto capitale e molta scienza per met
tere in coltura un buon terreno, era molto più esatto il dire che un terreno non
è buono se non precisamente perchè sia impiegato nella sua coltura molta intel-
ligenza e'molto capitale, — molta intelligenza per Scoprire le attitudini ignote,
le qualità latenti di quel terreno, — molto capitale per dirigere quelle attitudini
ed applicare quelle qualità alla produzione dei viveri.
Lasciamo da parte il dissodamento, l'ordine di coltivazione, la distinzione
arbitraria dei terreni ricchi, poveri, ecc., e cerchiamo di esprimere la legge del
progresso agricolo in termini generali abbastanza per abbracciare tutti i casi
particolari, e troncare dalla radice tutte le tergiversazioni minute.
L'errore dell'ipotesi ricardiana è, per così dire, contenuto tutto nella seguente
proposizione: « Si sono, egli dice, coltivati dapprima i terreni che esigevano
meno travaglio e capitale ; ora meno travaglio e capitale vuol dire produzione
più facile e più abbondante, dunque, ecc. »
Nel primo termine di tale ragionamento vi ha una confusione delle due idee
d'ordine differentissime, e che grandemente importa di ben distinguere.
Nell'agricoltura, come in tutti i rami d'industria, convien riconoscere due
elementi di produzione, due generi di travaglio, affatto distinti per indole, per
effetti e per rimunerazioni.
Havvi il travaglio di fondo, la spesa primitiva, come dice Quesnay, il grande
affare del primo stabilimento, la creazione dei motori, l'installazione degli edi-
flcii, la determinazione del metodo da seguire, ecc. Questo è ciò che si chiama
ordinariamente, e che invariabilmente chiameremo : capitale , lavori o spese
capitali.
E poi havvi il travaglio di coltivazione, la spesa annuale, — l'impulso, la
sorveglianza, le riparazioni, il mantenimento degli operai e degli strumenti, ecc.,
ciò che noi chiamiamo travaglio corrente, o semplicemente travaglio.
Spaccare un suolo nuovo, strapparne le radici, richiuderlo, edificare,
piantare, irrigare, modificare, ecc., questi sono lavori di fondo, spese in
capitale.
Lavorare, seminare, erpicare, mietere o falciare, trasportare le messi,
separare e manipolare i prodotti , ecc. ; tutto ciò, all'incontro, è spesa annuale
e lavoro corrente.
Questi due modi dell'azione produttrice sono essenzialmente distinti e pei
loro risultati, e per le epoche della loro rimunerazione.
Il lavoro corrente limita il suo scopo ed i suoi effetti al prodotto annuo che
deve integralmente ripagare le sue anticipazioni. In conseguenza, sin dalle prime
epoche della civiltà, il coltivatore può mettervi con una sicurezza sufficiente il
suo tempo, i suoi risparmii e i suoi sudori, giacchè alcuni mesi qui tutto al più
separano lo sforzo dalla sua ricompensa.
404 FOHTENAT.
Ma non è lo stesso del lavoro di fondo nelle spese capitali. I loro risultati
dureranno per lungo tempo indefinitamente forse: in contraccambio i primi pro
dotti non esprimeranno le anticipazioni ; l'avvenire solo, ed un avvenire qualche
volta lentissimo s'incaricherà di apportare poco « poco e di anno in anno la
rimunerazione graduale d'un tal travaglio fatto per l'avvenire.
Dimodochè, per intraprendere questa classe di lavori, occorrono necessaria
mente tre cose : — dapprima la scienza per prevedere ed attendere, direm cosi,
da un solo sforzo un risultato durevole; — strumenti, viveri, anticipazioni per
sonali, o una certa potenza di associazione che ponga, ad un dato momento , i
mezzi di tutti alla disposizione di un solo; la sicurezza in fine, la certezza di un
godimento lungo e pacifico, prima condizione, e senza anche del capitale. — La
sicurezza sopratutto. La sua influenza qui è preponderante; perchè, siccome pgni
miglioramento in fin dei conti non si fa che collo scopo di un guadagno personale,
così bisogna che questo guadagno abbia il tempo di giungere a colui che ne fa le
anticipazioni. Io suppongo che un coltivatore abbia la scienza e il danaro che oc
corrono per far un dissodamento, un bonificamento o un assiepamento; egli ha
calcolato che questa spesa in capitale costerebbe il valore di seicento giornate, e
produrrebbe ogni anno, ed indefinitamente, sottratte le spese di manutenzione, un
eccesso di reddito equivalente a cento giornate di lavoro. Il vantaggio è palpabile
ed incontestabile dal punto di veduta della società: sono cento giornate di lavoro
risparmiate ogni anno e per sempre alla specie umana, per mezzo d'un sacrificio
momentaneo di seicento : è l'indefinito, comperato per mezzo d'un valore finito.
Ma che? Se quest'uomo non ha la sicurezza di godere personalmente per più di
cinque anni, non avrà interesse a migliorare; e noi farà. Se, all'incontro, egli
ha la certezza di quindici, venti, trent'anni di reddito, oh ! allora, non solamente
farà quella spesa primitiva, ma troverà dieci altre riparazioni o perfezionamenti,
meno vantaggiosi forse, ma le cui prime anticipazioni saranno rimborsate con
guadagno prima dei quindici, dei venti o dei trent'anni di godimento sicuri, ed
avrà forse raddoppiato o triplicato così l'annua produzione della sua terra con
gran vantaggio di tutti.
Riprendiamo: scienza, risparmii, potenza d'associazione e sicurezza, ecco le
condizioni essenziali di ogni spesa in capitale. Ora, siccome all'origine del mo
vimento sociale , noi non abbiamo che ignoranza, povertà, isolamento, difetto
di sicurezza sotto tutte le forme , debolezza dell'uomo in faccia agli elementi,
agli animali ed ai suoi simili, diritto del più forte, glorificazione della forza, ab
iezione del lavorante e disprezzo del lavoro, minaccia continua di tirannia e
di conquista, — come all'incontro è nella civiltà innoltrata che si trovano e si
devono sempre più trovare, la certezza del lungo possesso, la potenza dell'uomo
contro le cause perturbatrici, il diritto del lavoro sulla sua opera, il vigore na
zionale che impedisce l'invasione straniera, il sentimento della giustizia e della
libertà che affronta la spogliazione e la tirannia, la solidarietà degli interessi pa
cifici che soffoca lo spirito di guerra, la scienza che illumina il sentiero e sotto
pone, per mezzo del calcolo, l'avvenire all'esperienza del passato, il risparmio
che pone nelle mani d'una generazione le forze vive delle generazioni passate ,
ed il credito che le anticipa quelle delle generazioni future, — così dobbiamo
riconoscere senza esitare , che l'impiego di questo potente «strumento da noi
detto capitale, di questo magnifico lavoro che si fa in vista dell'avvenire s è
COME SI ACCRESCA I.A POTENZA DI PRODUZIONE. 405
quasi interdetto ai secoli primitivi , e tutto serbato alle epoche di alto incivi
limento.
Noi dunque diremo:
In agricoltura come in industria la massa di forze , delle quali dispone
una nazione, non è posta e non può porsi, nelle prime epoche della civiltà,
che sul travaglio annuale e corrente. — Nelle epoche più innoltrate può
rivolgersi , e sempre più si rivolge, verso i travagli di fondo, verso le spese
di capitale.
(Questa proposizione, come si noterà, comprende, quasi un caso particolare,
la tesi di Carey sull'ordine di colture iniziate sui terreni magri, poco ingombrati
e di facile accesso).
Ho detto che l'attività di tutte le nazioni che progrediscono si rivolge sem
pre più verso le grandi spese di capitale. L'istinto dell'interesse privato con
forme qui, come dappertutto, alla legge del generale progresso, ve le spinge ne
cessariamente : perchè ogni applicazione del capitale genera necessariamente
una produzione più agevole e più copiosa, come vedremo.
Qual è lo scopo, qual è il risultato di ogni spesa primitiva, d'ogni anticipa
zione di capitale, qualunque si fosse? Dappertutto, e sempre, si è di sopprimere
per mezzo d'una finita quantità di lavoro fatto una volta, una certa porzione
di lavoro corrente, e delte spese annue che si rappresentano periodicamente ed
indefinitamente ; .— è di esonerare per mezzo di un momentaneo sacrificio tutto
l'avvenire della produzione.
Ogni intervento del capitale ha necessariamente per effetto di diminuire
1» sforzo abituale, il lavoro periodico, e la riputata difficoltà del servigio.
Cosi, ecco un villaggio posto ad un chilometro dal fiume. Ogni volta che un
abitante vuol bere, bisogna che percorra un chilometro. — Nessuna spesa capi
tile : ma del pari uno forzo ed un travaglio periodico portato al maximum.
Si specula di fare alcuni vasi di terra o di legno, e si va ogni giorno a cer
care la provvista di acqua. Ecco il capitale che appare nel travaglio fatto una
volta del vaso: ecco ancora lo sforzo ed il travaglio abituale diminuirsi nella
proporzione di un sol viaggio al fiume, invece di tre, cinque, dieci, ecc., secondo
la capacità del vaso.
Qualcuno costruisce una botte, una carretta, vi attacca un asino o un bove,
e porta l'acqua al villaggio. — Nuovo sacrificio di capitale, ma in contraccam
bio (e compresovi la manutenzione e la rinnovazione del veicolo e del motore),
economia sulla pena e sulla difficoltà abituale — economia provata , poichè si
compra l'acqua da chi la porta, piuttosto che d'andarla a cercare.
In fine si fa un acquedotto. — È questo un enorme impiego di fondi: e la
pena da sopportare per aver l'acqua è questa volta per così dire annullata, ri ca
pitale ha quasi soppresso tutto il travaglio.
E la prova che tutti questi successivi interventi del capitale sono stati tanta
economia di forza, di tempo e di danaro, si è che tutte le spese capitali sono
state saldate col valore dell'acqua, e infin dei conti, dopo pagatosi e mantenu
tosi i vasi, le vetture e le costruzioni , il prezzo dell'acqua si è costantemente
abbassato.
Non havvi una sola particolarità della produzione umana, in cui non sì
possa così seguire il cammino inverso delle due serie che, ad ogni epoca, rap
406 FONTBNAV.
(1) Quando io dico capitale sottintendo sempre l'intelligenza che ha dovuto dirigerne
l'impiego. Le anticipate senza criterio e senza risultato nou sono capitale, ma pura per
dita e distruzione.
COME SI ACCRESCA LA POTENZA DI PKODUZIONB. 407
colta, una volta posta in grado di produrre, gli renderà, per queste medesime
100 giornate di travaglio annuale, 10 o 12 ettolitri, suppongo per ipotesi; e
che in dieci o quindici anni questo sovrappiù di raccolta l'avrà ripagato larga
mente delle sue anticipazioni. (Se la terra dissodata non doveva essere più
produttiva che l'altra, a parità di travaglio, o altrettanto produttiva a travagli«
minore, egli è evidente, checchè Ricardo ne dica, che non s'intraprenderebbe
giammai il dissodamento).
Dall'economia del lavoro corrente, ottenuta coll'impiego di un capitale, ri
sulta il profitto o reddito. Questo profitto è lo scopo del capitale; è la misura
del merito della sua applicazione; debole o forte che sia, è la sua mercede iden
tica e legittima.
Il rapporto tra la cifra del reddito annuale e quella delta spesa in capitale
si chiama meta del profitto. — Essa naturalmente dipende dall'intelligenza
e dalla riuscita di ogni miglioramento, e sarebbe difficilissimo il dire quale ab
bia potuto essere per termine medio, nel corso di parecchi secoli, il profitto di
ogni parziale miglioramento.
Ma supponete soltanto che questa media sia da 5 a 10 per 0/0, cioè da 1/20
a 1/10 della spesa capitale ; e provatevi a calcolare quanto in una coltura qua
lunque, nel corso di migliaia d'anni, ogni intervento del capitale abbia dovuto,
a forza di decimi o di ventesimi, aggiungere alla potenza, o diminuire alla fatica
del lavoro produttivo: calcolate ciò che i nostri sforzi e le nostre invenzioni
trasmetteranno dal canto loro ai nostri posteri ; per fissare questa grande equa
zione del progresso aggiungete l'economia di travaglio dovuta al contraccolpo
benefico di tutti gl'industriali progressi, di tutti i lavori di pubblica autorità; non
dimenticate infine che per il lavoro di fondo, come per il lavoro corrente, grazie
agli strumenti ed ai metodi di continuo perfezionati, ogni giornata d'uomo od
ogni generazione acquista una potenza d'azione, ed un valore di risultato sem
pre crescenti . . . . — e dite allora se non è una vergogna ed una macchia per
la nostra scienza, che si sia veduta una scuola abbastanza cieca per negare
questo magnifico movimento di progresso, e pretendere che fra le mani dell'uomo
perfettibile, il ramo precipuo della produzione , declinando sempre di vigore e
di vita, dirigevasi verso la sterilità e la morte 1 (1)
(i) Mac Culloch dice che la necessità di ricorrere a terreni sempre più aridi finirà
colt'assorbire tutti gli altri, e che la sterilità sempre crescente del suoto deve finire
col rendere inutili tutti i miglioramenti che si potranno introdurre nei metodi e nelle
macchine dell'agricoltura. Hill padre affermava che, in virtù di questa decrescenza
nella fecondità del lavoro, gli uomini morrebbero certamente di fame, — passi citati
da Carey.
408 FONTBNAT.
impiegato dalle epoche anteriori molto capitale, così non si deve più spendervi
(per arrivare sempre ad un medesimo effetto) che pochissimo travaglio.
Ora, impiegare pochissimo travaglio corrente , significa evidentemente pro
durre con più facilità in maggior copia, men caro che quando si adopera mag
gior travaglio corrente per ottenere il medesimo risultato. E se si vuole ancora
aggiungere che questo travaglio corrente di ultima epoca diviene inoltre più po
tente, più produttivo, e men penoso per mezzo delle cognizioni, delle invenzioni,
delle macchine d'ogni maniera che ci furono tramandate dai secoli antecedenti,
e che noi medesimi accresciamo con una produzione sì rapida; si vedrà age
volmente, io credo, che in tutto noi produciamo con più facilità in più gran
copia di quello che mai siasi fatto — in agricoltura , come in ogni altro ramo
d'industria.
Inoltre si noterà che tutti i graduali aumenti di reddito non essendo dovuti
che a successive applicazioni di capitale, e non essendo di lor natura che il te
stimonio e la misura esatta del merito e dell'intelligenza di tali applicazioni,
sono, qualunque possa essere la loro ampiezza e la loro meta , non altro che
profitto o legittima mercede di un progresso, e che la riunione di tutti questi
profitti — il reddito totale, — non è egli medesimo che una mercede e un pro
fitto (1). In fine, e come compimento, si comprenderà, senza che occorra insi
stervi più oltre, che in questo generale e continuo movimento progressivo chiun
que s'incrocicchi le braccia e voglia persistere nelle vecchie abitudini è rovinato;
il quale non solamente è escluso da ogni speranza di reddito nuovo, ma è inol
tre infallibilmente condannato a perdere, ad un'epoca più o men lontana, tutto
il reddito ch'egli e i suoi predecessori avevano altre votte conquistato e meritato
per mezzo dei loro sforzi.
I termini di questa proposizione abbracciano tutti i casi possibili, terreni
ricchi o poveri, miglioramenti e dissodamenti o coltura corrente, di prima o cen
tesima epoca accresciuta a parità di travaglio, o travaglio diminuito a parità di
produzione, ecc. , tutte queste particolarità sono qui riunite in una medesima
formola.
Io ho detto che la formola di Carey vi era compresa : essa vi è senza quella
contestabile classificazione di terreni naturalmente magri e fecondi, perchè, se
per caso si è dissodato nelle prime epoche qualche suolo profondo ed umido (di
quello che Carey chiama i buoni terreni), per difetto di scienza , di anticipa
zioni, di mezzi, si sarà attaccato così imperfettamente, si sarà cosi male sgom
brato dalle acque e dalla vegetazione parassita, si saprà cosi poco lavorarlo,
ch'esso costituirà una cattiva terra, un terreno freddo (come ancora si chiamano
in molti paesi), questi terreni così preziosi per la grande agricoltura. — Se nelle
ultime epoche si ritorna verso una terra montagnosa, un suolo di sabbia o di
argilla (di quelli che si chiamano magri), egli è perchè, grazie alla scienza ed
al capitale, coi lavori accessorii, cogli ammendamenti ed ingrassi con la na
turalizzazione di nuove piante, ecc. si può farne e se ne fa realmente una
tuona terra.
CAPITOLO IV.
m
Valore dei fondi territoriali. — Come segno d'incarimento dei prodotti agri
coli si è voluto dare l'aumento del valore venale delle terre. È questa una indu
zione affatto cattiva. Se qualche economista venisse a dirvi : « Ecco una fucina
che valeva 50 mila franchi quarant'anni addietro; oggi se ne domandano
500 mila; ecco come il prezzo del ferro è cresciuto! » voi vi mettereste
certamente a ridere, e gli rispondereste d'informarsi, prima di tirare una cosi
precipitosa conclusione, quanto ferro la fucina fabbricasse quarant'anni ad
dietro, e quanto ne fabbrichi oggidì. Ebbene ! è ciò che noi diciamo intorno
alla terra : il suo valore è cresciuto per due cause affatto indipendenti dal
prezzo dei viveri.
1° Per mezzo d'ogni specie di miglioramenti si è arrivato ad accrescere
in quantità e qualità la produzione d'ogni terra, e diminuire le sue spese di col
tivazione, o infine ottenere entrambi questi effetti. L'aumento di produzione da
un secolo in qua è considerevole in Francia. La totale estensione delle terre
arative non si è sensibilmente mutata: il loro prodotto si è elevato in quantità
da 94 a 182 milioni d'ettolitri in circa d'ogni specie di cereali. E conviene ag
giungere che queste granaglie sono affatto superiori in ispecie ed in qualità; —
il frumento, per esempio, vi entra in una proporzione infinitamente più forte.
Converrebbe oltre a ciò contare più di 96 milioni di ettolitri di patate, foraggi,
AVI posriiNAY.
legumi, piante industriali d'ogni specie, ecc. ecc. (1). Siccome la medesima su
perficie dà per lo meno il doppio di prodotto in quantità e prodotti infinita
mente superiori in qualità, così è ben naturale che il valore venale di questa
medesima superficie si sia di molto accresciuto; e nou liavvi bisogno per ispie-
gare un tal risultato di menomamente supporre che il prezzo dei prodotti siasi
aumentato.
2° Ciò non è tutto. Il prezzo del fondo si regola sul suo reddito netto,
moltiplicandolo per un certo numero o meta che varia da un'epoca all'altra, se
condo lo stato più o meno prospero del paese, secondo il grado di sicurezza rhe
deriva dalla pace, dal rispetto alle leggi, dalla sincerità delle contrattazioni, ecc.
Nelle epoche in cui regnino il dispotismo e lo spirito bellicoso, niuno è sicuro
di godersi per dieci anni una proprietà; niuno la pagherà più che dieci volte il
suo reddito netto. A misura che coll'incivilimento la certezza del pacifico godi
mento cresce fino ai quindici, ai venti, ai venticinque anni, ecc., il prezzo dei
fondi — che è una specie di sconto sui redditi futuri — s'innalza naturalmente
a quindici, venti, venticinque volte il reddito annuale. Questo aumento di valore
nelle terre, per effetto della sicurezza , è un fatto ben noto. Bentham dice che,
durante le ultime guerre dell'Inghilterra, le terre non si vendevano più nel Re
gno Unito che venti o venticinque volte il loro prodotto netto. Adamo Smith
(lib. II, cap. 4) diceche in Francia .ai suoi tempi le terre si calcolavano co
munemente a venti annate di reddito. Oggi fra noi vagliono generalmente trenta;
altrove, trentacinque, quaranta; dimodochè a misura che un paese acquista in
benessere ed in sicurezza, il valor venale dei fondi territoriali (come pure quello
di tutti gli altri capitali) può notabilmente accrescersi , senza che il loro aunuo
prodotto si sia rincarilo.
Combinando queste due cause di aumento pel prezzo delle terre, si spie
gherà perfettamente in che modo un podere può vendersi oggidì cinque o sei
volte più di quello che al tempo dei Valois , senza che il prezzo dei viveri sia
cresciuto, ed anche quando sia diminuito.
Prezzo dei viveri. — La questione del prezzo dei viveri non è dunque col
legata,- come si è supposto, con quella del prezzo venale dei fondi. Bisogna af
frontarla direttamente, e cercare di sapere ciò che in diverse epoche sia valuta
nominalmente o realmente una data misura d'una data specie di grano (2).
Si concepisce che Malthus e Ricardo, venuti in un'epoca di crisi e di guerre
europee in cui tutta la produzione era paralizzata, abbiano preso il momentaneo
rialzo che si manifestava in quel tempo per un effetto normale e regolare. 1 loro
tristi sistemi avevano bisogno dell'ipotesi di un progressivo rincarimento; e forse
i più compiuti ragguagli che noi oggi abbiamo, ad essi mancavano. Mi sembra
nondimeno che avrebbero potuto tenere in miglior conto le opinioni di Smith e
le osservazioni sulle quali egli le appoggia. Smith positivamente dice « che nè i
premii d'importazione , nè il monopolio interno possono aumentare il valore
reale del grano, nè la più libera concorrenza può diminuirlo » (lib. IV, pag. 5\
e che « il grano regola il valore delle merci ». Smith riguarda il valore del
grano come talmente invariabile, che nel suo famoso capitolo XI del primo libro
egli è per mezzo del prezzo del grano che calcola le variazioni di valore del da
naro e delle stoffe. G. B. Say, che d'altronde, io ne convengo, è titubante sopra
una tal quistione, dice pure (Corso completo, pag. 285) che « il prezzo reale
del grano non sembra che abbia fatto variazioni prendendolo ad epoche di
stanti ». lo qui oppongo Smith e Say a Malthus e Ricardo solamente a titolo
d'autorità: nel capitolo seguente, noi giungeremo a delle prove decisive sul ri
basso del valore reale dei viveri.
Prezzo nominale. — Tenghiamoci qui al prezzo nominale, alla valutazione
in danaro , e vediamo se, anche su questo tipo (che ci è sfavorevolissimo , e
diremo il perchè) , l'accrescimento del prezzo di nutrizione non resti ancora
molto dubbio.
Mr. Passy ha fatto, sulla stabilità del prezzo dei grani in Francia (1.), un la
voro brevissimo, ma che sparge già un certo lume sulla questione. Il suo parere
si è, che « le C0sé necessarie all'alimento prese nel loro insieme non sono oggi
più care che avanti il 1789 ». Egli spiega benissimo il lieve aumento che Mo-
reau de Jonnes accenna già nel prezzo del grano , osservando che sotto questo
nome di grano si confondevano altre volte tutte le granaglie destinate all'uso
della popolazione; e che la maggiore proporzione in cui il frumento vi entra
oggidì (quasi metà), dà per l'insieme delle mercuriali odierne un aumento il quale
non è che apparente. A questa osservazione io aggiungerò che i vecchi coltiva
tori son tutti d'accordo nel dire che il mercato è divenuto molto schizzinoso
sulla purezza e la bellezza del grano; ed è ben da credere che la prima qualità
di cent'anni addietro, oggi sarebbe appena stimata una seconda qualità; circo
stanza che non può essere indicata nelle cifre delle mercuriali.
È da nolare ancora che da quando i prezzi si sono regolarmente regi
strati in Francia, il valor medio dei grani non si è sensibilmente mutato. Noi
troviamo in fatti :
Dal 1797 al 1807 prezzo dell'ettolitro Fr. 20 20
» 1807 al 1817 id. » 21 84
» 1817 al 1827 id. » 19 69
« 1827 al 1857 id. « 19 03
. 1837 al 1847 id. » 20 05
E non bisogna ancora dimenticare che in questo intervallo noi siamo stati
messi sotto il reggime della scala mobile e delle tariffe protettrici — il quale
ha dovuto produrre un certo aumento artificiale.
Possiamo ancora aggiungere alcune indicazioni nel medesimo senso meno
precise, ma che si aggirano sopra più lunghi periodi. Si sa che Adamo Smith
ha compiuto l'undecimo capitolo dei suo primo libro con un'appendice molto
particolareggiata sul prezzo dei grani in Inghilterra ad epoche diverse. Vi si
osserva facilmente una regolare tendenza al ribasso nominale. 1 prezzi sono
infatti :
Lire 2. 19, nei secolo XIII.
Lire 1. 18, al » XIV.
Lia, 0. 14, al » XV.
Lire 0. 8, nei 1560.
lo credo con Fletwood che la diminuzione dei prezzi indira un certo ribasso
nel valore reale dei viveri. Ma il movimento è troppo rapido perchè non si debba
ancora per lo meno in gran parte, come fa Adamo Smith, ad un reale rialzo
del danaro, all'assortimento dei metalli preziosi pei bisogni crescenti della circo
lazione monetaria. Infatti, verso il 1560, noi vediamo una reazione inversa; la
scoverta delle nuove miniere d'America capovolge ed esagera bruscamente lutti
i prezzi nominali delle derrate in Europa a causa del ribasso e dell'abbondanza
del danaro.
Ma nutate, alla finn d'un periodo di cento cinquantanni circa, ristabilito una
volta l'equilibrio, il movimento di decrescenza nel prezzo dei cereali ricomincia
di nuovo. Smith lo nota per l'Inghilterra e per la Francia (lib. I, cap. 8) , e
questa volta più non lo attribuisce ad una variazione di valor monetario; crede
affutto reale il ribasso — perchè le mercedi al medesimo tempo s'innalzano; os
serva di più che gli altri alimenti ordinarii sembrano proseguire la medesima
legge; riconosce che la carne era divenuta men cara nel 1764, che nel 1617 ;
che le patate costavano due volte meno che trenta o quarant'anni innanzi; che
i legumi d'ogni maniera si erano pure molto diminuiti di valore, ecc. (lib. I,
cap. XI).
Vero è che se noi torniamo alle mercuriali inglesi dalla fine del secolo ul
timo ai tredici primi anni del nostro secolo, andremo a trovare un aumento
fortissimo nel prezzo del grano. Non deve far meraviglia. L'Inghilterra, a par
tire da quel momento entra in un'epoca di guerre terribili, di cui le lotte gigan
tesche contro la repubblica e l'impero francese formano il punto culminante. La
sua circolazione metallica è esaurita: essa vi supplisce per mezzo di un danaro
di carta svilito per il suo corso forzoso, ed in conseguenza atto ad esagerare
tutti i prezzi nominali. Negli ultimi anni dell'impero il grano in Inghilterra si
segna all'enorme prezzo di 100 a 122 scellini per quarter. Poi, siccome la pace
del 1814 l'aveva fatto abbassare troppo bruscamente, il governo inglese proi
bisce nel 1815 il grano forestiero, finchè il grano indigeno non sorpassi
il prezzo di 80 scellini per quarter. Questo evidentemente è un vero stato
di crisi.
Ma lostochè le più serie fra le cause perturbatrici dispaiono, malgrado la
proibizione del grano straniero, al disotto di ottanta scellini dapprima poi di 60
scellini (nel 1828), ecco che, per il solo fatto della pace e del progresso, il me
desimo movimento di ribasso, che abbiamo già osservato, ricomincierà in Inghil
terra. Da 94 scellini (1817), il grano, di oscillazione in oscillazione, torna a
calare verso i cinquanta scellini (fra il 1840 e il 1845). Ora che le leggi sui
EFFETTO DELLA RICCHEZZA E DELLA POPOLAZIONE SUI VIVERI. 415
(i) Non posso esimermi dal notare alla sfuggita che i terreni i quali forniscono questi
prodotti, sodo i più ricchi, son quelli che si affittano più, e che rendono il mastimu red
dito. Dimodochè, all'opposto ancora della teoria di Ricardo, l'aumento della rendita sui
terreni ricchi coincide col l'abbassamento del prezzo dei toro prodotti. Banfield cita nella
sua opera molti esempi, presi soprattutto nel Piemonte e nella Lombardia, di questi fe
nomeni, che egli riguarda come una legge generale della produzione : — minor prezza
del prodotto, — valore e profitto maggiore sulla produzione totale,
416 FONTENAT.
banco, che restituisce all'industria i metalli una volta assorbiti dalla circolazione
e che dà alle nazioni civili il mezzo di bastare a un decuplo movimento di affari,
con una minore massa di moneta, ecc.
Io credo che da una siffatta economia dei metalli preziosi, come utensili, or
namenti e danaro, da questa concorrenza crescente che la civiltà ha loro susci
tato nei tre principali usi di cui avevano, per così dire, il monopolio, e dalla
loro produzione attuale, più abbondante e più facile, noi possiamo legittima
mente dedurre che il loro valore reale cede ad un continuo movimento di
ribasso.
E quindi la sola stabililà del prezzo nominale dei viveri è una prova posi
tiva del ribasso del loro valore reale.
Siccome tutta la teoria di Ricardo, dalla prima all'ultima sua parola, poggia
sopra l'inevitabile aumento del valore delle derrate agrarie, così la sola stabi
lità del prezzo basta alla nostra tesi ed annichila il sistema della rendita.
CAPITOLO V.
(1) Tutti questi documenti sodo estratti dalla Statistica dell'agricoltura di Francia,
di Moreau de Jonnes.
ABBA3SAMENT0 DI VALORE NELLE DERRATE AGRARIE. 419
(1) Queste cifre sono attinte alla medesima sorgente che quelle di M. Passy, Stabilità
del prezzo del grano in Francia. Se ne differiscono egli è perchè Passy si occupava del
consumo, laddove noi qui calcoliamo la produzione, ed io conseguenza non dobbiamo
sottrarre le sementi.
(2) Statistica agricola (pag. Mi). Hi sembra assai probabile che le astuzie per
mezzo delle quali vignaiuoli e mercanti sfuggono ai diritti-riuniti, ban qui dissimulato
un aumento più considerevole di produzione.
420 FOHTENAT.
Così, negli anni già presi per punti di paragone, il reddito-lordo del 1760
rappresenta 122 milioni d'ettolitri di frumento; quello del 1840, 317 milioni.
(1) Il reddito degli animali domestici non è compreso in queste cifre. Il reddito dei
legni e dei foraggi, il cui prezzo è sensibilmente cresciuto, non vi entra che per un deci
mo della cifra totale ed in conseguenza non può molto modificare l'esattezza del pa
ragone.
ABBASSAMENTO DI VALORE NELLE DERRATE AGRARIE. 421
La parie di ogni abitante del regno sarebbe di 581 litri nella prima epoca, e 952
litri nella seconda. Se noi ammettiamo, come or ora si è fatto, una diminuzione
di un quinto nella proporzione della classe agraria verso la totale popolazione,
troveremo che la produzione, dal 1760 al 1840. si sarà un poco più che rad
doppiata per il medesimo numero di braccia. Certo è questa una produzione più
abbondante, ed ottenuta con minor travaglio.
bili. Ecco il valore ricondotto al suo vero tipo: ecco il travaglio posto a con-
fronto colla sua rimunerazione reale. Va operaio della classe men bene pagata,
un semplice manovale di campagna, zappando, mietendo, battendo il grano,
eseguendo in fine il medesimo genere di travaglio, riceve oggidì, per una gior
nata, due o tre volte più del grano che guadagnava cinquanta o cento anni sono.
Se questo non è ciò che chiamasi sussistenza più abbondante, più facile a pro
dursi e comperarsi, meno cara , io non conosco più cosa alcuna che sia di
mostrata o dimostrabile in economia politica (1). . .
(1) Due anni fa io ho scritto per l'Istituto la Memoria da cui traggo le cifre suddette.
Si (roveraono ad un dipresso le medesime cifre nell'opera di Peshioe-Smitb (Manuale
di Economia politica, Nuova-York, 1853). Quando si va ad un medesimo scopo, egli è
ben naturate che si adoprino i medesimi argomenti, senza essersi preintesi, e senza
conoscersi.
ABBASSAMENTO DI VAI.ORB NELT.E DERRATE AGRARIE. 425
(I) Lib. I, cap. 8. Smith dice che in Iscozia le mercedi eran salite da 5 o li danari
ad 8 o 10.
424 FONTENAY.
CAPITOLO VI.
Dopo avere rovesciato le premesse del sistema della rendita giova verificare
i corollarii che Ricardo medesimo ne ha tratti, avvicinandoli ai resultati noti ed
incontestati dell'esperienza. La contraddizione fra la dottrina ed i fatti qui è tale,
che i discepoli di quella scuola han giudicato opportuno il fare, per dir così, la
parte del fuoco, ed abbandonare, come esagerata ed insostenibile, una parte delle
idee del loro maestro, accettandone bensì, come dicono, il fondo e lo spirilo della
sua teoria. Questa comoda pretensione d'eclettismo, qui più che altrove, è fuor
di luogo. Ricardo incontestabilmente è un logico. Egli ragiona strettamente, se
si vuole, egli segue troppo ciecamente sino all'estremo le cattive premesse.
Ma, bisogna riconoscerlo, è uno degli Economisti più logici che vi sieno stati ;
è impossibile nel suo sistema il prendere una parte e lasciarne un'altra: esso
è compatto, e formato d'un pezzo, — ciò forma insieme il suo merito e la sua
sventura. Coloro che pretenderebbero scinderlo non l'hanno compreso. Noi
passiamo a rilevare soltanto alcuni fra i suoi errori. — Occorrerebbe un
volume per indicarli tutti.
Ecco ora la posizione che egli crea all'operaio: « sembrerebbe, egli dice, che
la causa per cui si abbassano le rendite (2) sia anche quella che innalza le mer
cedi ; ma fra l'innalzamento della rendita e quello delle mercedi havvi
un'essenziale differenza. L'innalzamento delle rendite valutato in danaro è ac-
, (1) Annuario dell'Econ. poi. 1851. Queste cifre sono state citate da Carey che le
oppone, come noi, alle asserzioni di Ricardo.
(2) lo dico meno di Ire volte, a causa della differenza della meta fondiaria. Le terre
altra votta non valevano che 25 volte all'incirca, ed oggi vaglionu 30 volte il loro
reddito.
429
CAPITOLO VII.
La meta del reddito non è più alla sulle buone terre di quel che sia sulle cattive.
Ho già detto perchè noi ci siamo attaccati, con una persistenza tutta speciale,
a confutare la dottrina di Ricardo. Ricardo è un capo-scuola; è il solo, ch'io
sappia, che abbia formolato un sistema preciso e compiuto, conseguente in tulte
le sue parti. Ciò è più raro di quanto si creda. Non mancano vaghi saggi di
teorie che sfuggono alla discussione perchè niente affermano o negano positiva
mente: e sfuggono alla contraddizione perchè essi medesimi non sono che una
sovrapposizione di principii contraddittorii. Non si può combattere se non ciò
che forma una catena continua.
Noi abbiamo attaccato una grande importanza a distruggere quella falsa ipo
tesi della difficoltà e rincarìmento continuo delta produzione alimentare. È que
sto il punto capitale della teoria Ricardo-Maltusiana; è la sua base e la sua
unica ragion dì essere. Coloro che si sforzano di rivestire e restaurare l'antica
dottrina della rendita, dopo aver ammesso il ribasso e la produzione più facile
degli alimenti, obbediscono, io devo dirlo, a un pregiudizio della loro educazione
economica, e ad una cieca abitudine; seguono una cattiva via, chiusa oramai
alle due punte, e che non ha più nè scopo nè punto di partenza. Se Ricardo ha
fatto una teoria a parte per i redditi dell'industria agricola, egli è certamente
perchè era persuaso che la produzione e il valore vi procedono secondo leggi
speciali, ed affatto contrarie a quelle d'ogni altro ramo d'industria. — Dal mo
mento in cui si riconosce che il valore e la produzione vi seguono la legge ge
nerale, ogni pretesto vien meno, non solamente alla sua teoria, ma ad ogni
teoria speciale.
Si voglia ben comprendere che tutto ciò è legato a questa capitale alterna
tiva: — la produzione agricola, più difficile e più cara; — la produzione agricola
meno cara e meno difficile. Infatti :
Ammesso una volta il rincarimene crescente dei viveri, fa d'uopo supporre,
per ispiegarlo, che, estendendosi più, la produzione esige sforzi maggiori in media
generale, cioè che il lavoro dett' epoca è il men produttivo. In quest'ipotesi, dun
que, l'uomo avrebbe da prima posto la mano sulle macchine più polenti, come
dice Malthus, sui terreni più produttivi; più tardi si sarebbe rivolto, in difetto di
meglio, sulle terre meno feconde, sulle macchine meno produttive.
// ribasso e l'abbondanza delt'alimento, all'incontro, non si possono spie
gare che per mezzo della maggiore produttività del più recente lavoro, per la
diminuzione, d'epoca in epoca, della media generale degli sforzi. In tal caso,
l'uomo ha cominciato dalle terre più sterili, o non ha saputo trarre che un me
schino partito dalle buone terre; più tardi, e di giorno in giorno, si è impos
sessato delle migliori, o ciò che torna allo slesso, ha saputo rendere buone
quelle che già possedeva.
Nel primo caso, — è l'antica coltura quella che riesce più produttiva. È la
430 FOKTENAY.
prima occupazione, è l'abitudine, anche immobile, quella che avrà i più grossi
redditi. — Ciò formerà benissimo la rendita; la quale andrà fatalmente al la
voro antico, che non l'ha meritata per alcuno sforzo nuovo, e che non la deve
se non ai maggiori sforzi, ai quali il rimanente della società si condanna.
Nel secondo caso — è il lavoro nuovo che riesce, noi diciamo, più produt
tivo; è ad esso, cioè alla scoverta, ai miglioramenti, ai sacrificii, che tocca il
reddito superiore. — Ma allora ogni aumento di reddito fu guadagnato con uno
sforzo e con un impiego di fondi, meritato con un perfezionamento, legittimato
con un servizio reso, — con l'abbondanza e il buon mercato che esso a tutti
procura. Il reddito fondiario qui non è un profitto: è il premio del progresso, —
come in ogni altro impiego di capitale e d'intelligenza. Rientra dunque affatto
nella legge generale dei capitali e dei profitti.
Io lo ripeto, l'ipotesi del progressivo rincarimento delle derrate agricole po
teva essa sola dar luogo a cercare per il reddito territoriale una teoria speciale;
— perchè era questa una condizione tutta contraria alle leggi che il valore
segue ogni dove. Ma scartata e riconosciuta falsa una tale ipotesi, nessun pre
testo rimane di parlicolareggiare a coloro che hanno lo sciaurato gusto delle pie-
cole categorie e delle piccole leggi d'eccezione.
Si è tentato d'insistere — da una parte, sulle diverse fertilità della terra —
dall'altra, sulle disuguaglianze di possessione riguardo al merrato, alla popola
zione, ecc. Io, in questo capitolo, mi propongo di trattare il primo punto: più
tardi, conto occuparmi dell'altro (1). Ma sin d'ora, ed in due parole, egli è evi
dente, per chiunque voglia riflettere, che queste due circostanze non sono affatto
speciali all'agricoltura, e che tutte le altre industrie devono egualmente tenerne
conto. — Tutti gli agenti naturali che l'uomo adopera al suo servizio, l'aria,
l'acqua, il calorico, ecc., si presentano ogni dove a lui con forze ed in condizioni
eccessivamente ineguali. — E quanto all'influenza della posizione, della domanda
e del mezzo con cui un'industria opera, tutte, dalla fucina, l'opificio e la bottega,
sino allo studio del notaio, al gabinetto del medico, alla stazione del commis
sionario della via, subiscono egualmente quest'influenza, e si giovano o soffrono
per le variazioni della dimanda, appunto come la proprietà territoriale. Se voi
fate derivare la rendita da ciò, vedrete la rendita ogni dove; ma farne una spe
cialità della coltura del suolo no, ciò non è più possibile oramai : bisogna
cancellare questa falsa divisione che distingue la terra dal capitale, e la rendita
dal profitto.
Ma sarebbe ben poco l'avere rovesciato la teoria di Ricardo. Noi continue
remo a sbarazzare il nostro terreno dagli errori che la sua scuola ha professati.
ciò che costituisce per noi la rendila. Non abbiamo bisogno, e non c'importa, di
ricercare l'ordine di data, o le cause di siffatta disuguaglianza: ci basta il sapere
che esiste ».
— Prima di seguire i nostri avversar» sul nuovo terreno ove in questo modo
si collocano, devo fare una riserva di principii, e ben ripetere che la sola origine
d'un reddito, — non già la sua cifra o la sua meta più o meno atta — è ciò
che può dire se questo reddito sia nna rendita o un semplice profitto. Sopra
una fattoria, come in un opificio, un grande e bel miglioramento può e deve dare
profitti superiori in ogni senso alla media delle industrie ordinarie. Alcuna legge
divina od umana non v'ha che abbia decretato, io credo, che il profitto d'una
scoverta, o d'un perfezionamento qualunque, non possa mai eccedere un certo
segno (1). Certamente, quando Trittolemo inventò di far tirare un vomere dai
bovi, dovette guadagnare, senza grandi spese, redditi tre o volte superiori a quelli
de' suoi ignoranti contemporanei ; e nondimeno chi mai oserebbe dire che ciò co
stituì una rendila e non il legittimo profitto dell'ingegno? Così quand'anche i
prodotti -netti attuali di due terre offrissero differenze considerevoli ; prima di
poter decidere se queste differenze debbano chiamarsi rendila o profitto, bisogna
indispensabilmente indagarne l'origine, e vedere se non abbiano la loro ragione
nei disuguali impieghi di capitale, di lavoro e d'intelligenza, applicati alla colti
vazione di quelle terre anteriormente e quanto più indietro si possa risalire. Ogni
altro metodo è incompiuto e vizioso. Chiamare a caso rendita tutto ciò che nel
reddito sorpassi l'ordinaria proporzione della meta media, è togliere all'intelli
genza il suo diritto al profitto, è un fare l'uniformità per mezzo dell'ingiustizia,
è l'uguaglianza al modo di Procuste. Non considerare nel fenomeno del reddito
altro che la sua forma attuale, senza risalire alla successione delle cause che
l'Iian generata, è un privarsi, di proposito deliberato, del solo elemento che possa
condurre ad una logica soluzione, è un soffocare la quistione nelle tenebre d'una
volontaria ignoranza, è un semplificarla pel caos.
Ciò detto, e quanto più fermamente si possa per riserbare il diritto dell'intel
ligenza superiore ai profitti superiori, — lasciamo per un momento da parte la
quistione dell'origine del reddito; prendiamo il fatto attuale della disuguaglianza,
come ci si presenta. Si, uiuno fi contesta, vi sono delle terre che fruttano 1000
franchi per ettara, ve n'ha che rendono 10 fr. appena. — Ciò vuol dire che, re
lativamente ai capitali spesi sulle une e sulle altre, il reddito delle prime sia su
periore, come meta, al reddito delle seconde? lo sostengo che no. Sostengo che
qui havvi un'illusione generata dal paragone dei prodotti,lordi, o dei prodotti-
netti per ettara, — considerazione straniera al problema della rendita o della
mela dei redditi.
Che cos'è infatti il prodotto-netto, o reddito? — Non è che un bilancio
di conto un dare ed un avere: voi avete speso 100 franchi, avete raccolto e
(1) Il principio, dovuto, come tante altre belle oose, a Ricardn. della uniformita della
meta dei profitti, contiene la medesima assurdità ugualitaria, che il principio economi-
st'ico ie\\i uniformità della meta delle mercedi, il profitto è i\ salario dell'intraprendi-
tore, come il salario è il profitto dell'operaio. Essi variano in fatti, e logicamente devono
variare di meta, in ogni caso speciale secondo l'intelligenza che ciascuno vi spieghi.
432 FONTENAT.
(1) Io ho messo delle cifre e delle indicazioni di coltura, prese a caso, onde fissare
solamente le idee, e come tanti punti di richiamo.
(2; Si noterà che la tavola B soddisfa alla doppia condizione rhe noi ci abbiamo im
posta, pag. 433. Sul cattivo terreno, i redditi corrispondenti atle colture simili sono 5 0
6 volte più deboli in cifre, e souo ud una meta più bassa, che sul buon terreno. Cosi, per
esempio, la coltura segala dà qui 400 Fr. di reddito solamente ed alla meta del 4 per 0/0;
pella tavola precedente produce fr, 2250, ed alla meta del 4 1/2.
METÀ DEL REDDITO SULLE BUONE B SULLE CATTIVE TERRE. 435
spinto un tal principio sino a rimettere a maggese di quattro o cinque anni certe
tene di montagna troppo frequentemente coltivate, affine di portare tutta la col
tivazione sulle pianure, e gli eccellenti prodotti-netti che ottengono hanno giu
stificato la loro condotta.
Cosi i fatti qui sono perfettamente d'accordo colla teoria. L'agricoltore deve
restringere, ed infatti restringe con gran cura le sue spese di coltivazione nei
cattivi terreni. Deve invece aumentarle, e le aumenta di fatti, quanto più si
possa, sulle buone terre, — di modo che, sulle une come sulle altre la meta del
reddito non si trovi nè al di sotto nè sensibilmente al disopra del corso ordi
nario dei profitti territoriali. Ciò è vero per tutti i terreni ed in tutte le epoche;
ciò è stato praticato, per cosi dire, istintivamente, in tutti i tempi, per la col
tura ordinaria, come pei miglioramenti, come pei dissodamenti.
Ed a questo proposito, io debbo rilevare un grosso errore della scuola di
Ricardo sulla necessità di dissodare i terreni men produttivi. Secondo questi
Economisti, quando il prodotto medio delle terre, o la meta fondiaria, è del 4
per 0/0, vi sono alcune specie di terreni che godono una rendita, e danno perciò
5, 6, 7 per 0/0 di reddito. In tale stato di cose essi suppongono che l'aumento
della popolazione e della domanda farà forzosamente dissodare i terreni inferiori
a quelli che si coltivano, terreni che, per es., non renderanno che 3 1/2 o 3
per 0/0. — Mai, in tesi generale, cosa simile non avverrà. Dapprima, senza
dubbio, si comincierà dal forzare il capitale e la coltura su quelle terre che ren
dono il 5, il 6, ed il 7, per aumentare la loro produzione lorda ed il loro
reddito totale; si avrà interesse di farlo, fino a che il loro reddito sarà ancora,
relativamente al loro capitale, ad una meta maggiore che il corso ordinario, e
sino a che non sia disceso vicino al 4 per 0/0. Non si comincierà a dissodare,
se non quando l'aumento dei prezzi, o il progresso dei metodi di coltura, sa
ranno stati tali, che si possa sui nuovi terreni ottenere dei redditi per lo meno
alla meta del 4 per 0/0, divenuta meta media e generale delle terre da più lungo
tempo coltivate. lo domando in fatti, chi mai sarebbe assai sciocco per mettere
10 mila franchi a dissodare con grande stento un terreno il quale non rendesse
che 300 fr., quand'egli può, colla medesima somma, comperarne un altro già
coltivato, capace di rendere 400 franchi?
Mi duole il dirlo, la maggior parte degli Economisti, su questo problema
della rendita, si sono talmente sviati dalle più semplici nozioni della pratica agri
cola, da poterneli giudicare affatto ignoranti. Nel paragone che stabiliscono fra
i redditi delle diverse specie di terre, invece di riconoscere che, in ogni specie di
coltura, i due elementi del reddito — prodotto e spesa — variano insieme, han
supposto costante l'uno o l'altro elemento. Ecco come essi ragionano. — O di
cono, come Ricardo: mettendo il medesimo capitale per ettara o per acre, sulle
terre N° 1, 2, 3, . . . . si otterrà sulla prima un prodotto di 150 franchi, sulla
seconda di 120, sulla terza di 100 .... dunque differenza nella meta dei red
diti. Ovvero dicono: se la terra N" 1 rende lóO franchi, per mezzo d'un dato
capitale, 1000 franchi, per esempio; per ottenere il medesimo prodotto dalla
terra N° 2, bisognerà mettervi 2000 franchi; 3000 franchi sulla terra N° 5,
dunque, differenza ancora nella meta dei redditi e rendila.
Ma codeste ipotesi fanno astrazione dal più volgare buon senso, dal senso
dell'interesse privato. — Quali sono dunque i contadini si stupidi, che vadano
META DEL BBDDITO SULLB BUONE B SULLE CATTIVE TBBBE. 437
a fare le medesime spese di coltura sopra ogni specie di terreno, senza pensare
a ciò che un tale impiego possa loro fruitare, — oppure che tentino di ot
tenere da qualunque specie di terreno una medesima quantità, o un mede
simo valore di raccolte, senza darsi la menoma pena di ciò che sarà d'uopo
sacrificare per ottenerlo? Oh ! sopprimendo così l'intelligenza, supponendo che
si possa impiegare dappertutto il medesimo lavoro, o dappertutto dimandare il
medesimo prodotto, si può benissimo arrivare alla rendita. (E nondimeno, no,
ciò non formerebbe la rendita: il profitto superiore raccolto nella terra IN° 1,
sarebbe la giusta ricompensa di colui che vi applica la coltura opportuna; la
perdita relativa sofferta sulle terre N'2e N° 3 sarebbe la giusta punizione
dell'errore che abbia applicato a terreni diversi la specie di coltura che era op
portuna soltanto al N° 1).
La realtà, la pratica realtà, si è che ogni specie di terreno — anzi ogni
campo ed ogni angolo del medesimo campo — ha il suo modo speciale di col
tivazione; si è che su ciascheduno, i due elementi — prodotto e spesa — va
riano: i due, intendiamoci bene, e non un solo. Bisogna assolutamente e sotto
pena di assurdità, partire da quel punto. In ogni specie di cottura il valore
speso è diverso, e diverso ancora è il valore ottenuto. Ora havvi forse una ra
gione per cui questi due variabili elementi conservino tra loro un certo rapporto?
Ecco ciò che si può agevolmente conoscere, esaminando qual sia l'interesse del
produttore : (io mi ripeto, ma uou importa).
Il produttore non mira che ad una sola cosa: il reddito netto. Per lui si
traita di averlo quanto maggiore è possibile, in valore assoluto, ed averlo a buo
ne condizioni, cioè senza sacrificarvi un capitale maggiore di quello che gene
ralmente si sacrifichi altrove, il suo interesse si è di domandare alla sua terra
tutto il reddito che essa sia capace di rendere: il che vuol dire: accumularvi
lavoro e capitale, non fiuo al punto in cui vi sia assoluta negazione di reddito,
ma Duo al punto in cui vi sia negazione di reddito alta mela ordinaria — in
cui questo reddito sarebbe relativamente al capitale erogato al di sotto, per es.,
del 3 o 4 per 0/0.
Io dico che è suo evidente interesse lo stabilire così tra il suo reddito e il
capitale impiegato, la proporzione della mela ordinaria', e che rimanendo sen
sibilmente al di qua, come andando al di là di tal punto, egli commette un er
rore contro di se.
— Infatti, se egli domanda 100 fr. soltanto per ettara alla terra che
può rendere 200, può senza dubbio avere quei 100 fr. alla meta di 5, invece
che 4 : — ma ecco il bel vantaggio; egli avrebbe avuto altrimenti un reddito'
doppio, ad una buona meta del pari.
— Se all'opposto egli vuole ottenere 100 fr. da quella terra che può»
darne appena 50, al 3 o 4 per 0/0, potrà avere un doppio reddito totale: —
sì, ma impiegando un capitale esagerato; il capitale che vi metterà non gli
sarà fruttifero che, per esempio, al 2 per 0/0; e ciò forma una perdita d'ut»
altro genere, perchè egli avrebbe potuto impiegare al 3 od al 4 ciò che qui ha
messo di troppo.
Dunque, dappertutto e sempre, egli è ricondotto a stabilire fra il suo reddito-
e le sue anticipazioni il rapporto della meta generale dei profitti territoriali.
Ora, quanto alla specie di coltura che gli renderà un tal reddito normale—
438 rONTEJSAY.
(1) Sia che la fecondità della terra abbia attivato il capitale, ossia che il capitale ne
costituisca la fecondità, è sempre vero che si può, dai due punti di vista identificare
queste espressioni : terra povera o mal coltivata — terra ricca e bea coltivata.
META DEL REDDITO SULLE DtJOHB B SOLLE CATTITE TERRE. 4S9
cattiva coltura (1). Essa esiste pure, e per la medesima ragione, tra i cantoni
ricchi e i cantoni poveri, tra le buone e le cattive terre d'un paese medesimo. Il
reddito dei proprietarii sulle cattive sembra elevarsi fino al terzo, e qualche
volta fino alla metà dell'annuo prodotto totale (prova ne sieno i paesi poveri
dove regna ancora la mezzeria). — Sulle terre buone, in Francia, ascende ap
pena ad un quarto, o ad un quinto; e nei paesi molto produttivi, come le contee
agricole dell'Inghilterra, la proporzione è ancora molto minore. Questa differenza
è stata da lungo tempo verificata: Arturo Young ne parla. Ad. Smith dice che
ai suoi tempi, sul continente europeo, il reddito delle cattive terre si calcolava
per la metà o per un terzo, quello delle buone per un quarto soltanto del pro-
dotto totale, lo ho potuto prendere cognizione dei conti annuali d'una piccola
fattoria modello, molto felicemente ed abilmente condotta (2). Per ottenere in
pochissimo tempo un aumento di reddito netto, equivalente ad una metà di più,
essa ha per lo meno triplicato il suo prodotto lordo. Aumentando il suo red
dito assoluto ha dunque diminuito di metà il rapporto fra questo reddito e
la spesa annuale (5). Supponete, allato ad essa, altre fattorie che non abbiano
progredito; esse renderanno tre volte meno di raccolte, saranno relativamente
classificate nelle cattive colture; ed al medesimo tempo, U rapporto fra il red
dito e le loro spese annuali sarà due votte maggiore che quelto delta fattoria
tre votte più ricca.
Se dunque si valutasse la meta dei redditi secondo il loro rapporto colla
spesa annuale e col capitale circolante delle fattorie, noi avremo ragione di
dire che generalmente è sutte cattive terre che la meta dei redditi si trova più
aita. E forse lo stesso quando si calcola la meta del reddito riguardo alta sua
vera misura — il capitale fisso!
Noi non tenteremo di rispondere ad una quistione che abbraccierebbe la
statistica dei lavori e delle spese agrarie di motti secoli. Smith avrebbe l'orse
conchiuso in vantaggio della meta sui terreni poveri ; perchè egli molto sagace-
rocute osserva che l'uomo esagera naturalmente le buone probabilità, e che per
effetto di questo abbacinamento, dovunque vi sieno grandi profitti a sperare, si
può asserire che la somma totale delle anticipazioni rischiate è più forte, relati
vamente alla somma totale, dei profitti ottenuti, che nelle intraprese dove sia
poco a guadagnare. Ora sarebbe questo il caso dei buoni terreni, che han
dovuto attirare, ed hanno visibilmente attirati i capitali, ben più di quanto
abbiano fatto i cattivi terreni ; è in essi che han dovuto aver luogo molti
saggi dispendiosi, sacrificii senza risultato, e che in fine ha dovuto riuscire
più sensibile il continuo sperdimento di valori che il tempo fa subire ad ogni
capitale antico (4).
dev'essere, in generate, cosi alta come quella delle buone terre). — Si dirà che Ri
cardo distingue il reddito dalla rendita. — Ma anche adottando unti tale distinzione, non
è egli evidente che il reddito delle cattive terre sulle quali non si è messo quasi atcun
capitale, debba piuttosto chiamarsi rendita, ebe il reddito delle buone terre, le quali
hanno ricevuto molto capitale e devono rendere interesse ? Se noi fossimo di coloro che
cercano dappertutto la rendita, — il reddito non dovuto ad un sacrificio di capitate, —
mi sembra che la cercheremmo appunto là dove men capitale si trova , sulle terre
sterili, incolte, lasciate alla cacria od al pascolo .... cioè là precisamente dove Ri
cardo dice che non havvi rendita.
META DEL REDDITO SOLLE BUONE H SULLE CATTIVE TBRBB. 441
Importa di ben comprendere in che modo ogni dove l'uomo corregga la dis
uguaglianza delle forze naturali.
Alcuni Economisti han detto con Mr. Banfield : l'ineguale applicazione
del capitale è ciò che rende ineguale la produttività delta terra. — Si è tro
vato che questa formola assoluta (1) esagerava la potenza dell'uomo e non te
neva alcun conto della potenza della natura.
Qui io ho rovesciato la proposizione, dicendo: egli è secondo la disuguale
produttività delte terre, che si fa la disuguale applicazione del capitale. —
Si può trovare, ed io medesimo riconosco, che questa nuova formola abbassi, al
"contrario, un po' troppo l'azione dell'uomo, e lo supponga troppo strettamente
sottoposto alt'impero delle forze naturali.
(1) Essa non è troppo assoluta se per capitale s'intende tanto intelligenza quanto
travagiio: perchè l'intelligenza non impiegherà il travaglio che proporzionatamente al
risultato possa prevederne — ciò che rientra nella proposizione seguente.
442 rosTBNAY.
La verità sta nel mezzo. La domi Dazione dell'uomo sulla natura è fatta di
destrezza, di sensibilità e di ubbidienza: natura imperare parendo. Egli non la
comanda giammai, se non a condizione di piegare sotto le sue leggi; — ma in
contraccambio egli non si piega giammai che per violentarla da ogni lato. Ora
dunque è il capitale che regola gli sforzi e le anticipazioni sulle attitudini natu
rali del suolo, e sulla sua presunta produttività. Ora è la produttività, che viene
determinata, sono le attitudini stesse che vengono in certo modo create dalla
potenza del capitale. Ma nell'uno come nell'altro caso, — sia che il risultato
obbedisca allo sforzo dell'uomo, o che lo sforzo si rassegni esso medesimo al
risultato, — sia che il prodotto si proporzioni al capitale anticipato, o che il ca
pitale si regoli anticipatamente sul prodotto presunto, — sempre ne porge una
legge, o piuttosto una generale tendenza di proporzionalità tra il risultato e lo
sforzo, tra il reddito e il capitale, — indipendentemente, ed a dispetto di tutte
le disuguaglianze di prodotto assoluto e di reddito totale. Io non ho bisogno di
aggiungere che ciò è sempre applicabile ad ogni impiego di agenti naturali ed
in qualunque ramo d'industria.
Ancora una virola.
Noi abbiamo detto che il reddito ha due elementi, — valore prodotto, e va
lore speso. Ora, quand'anche il valore d'ogni specie di prodotto fosse considerato
come unicamente dipendente da circostanze estranee all'azione del produttore,
costui non rimane meno assoluto padrone della natura della spesa e dell'esten
sione del sacrificio, per mezzo del quale ottiene questi diversi valori. Coll'aiuto
dunque di questo solo elemento, egli può dominare il risultato, e regolare il
rapporto che vuol mettere fra il suo reddito e le sue anticipazioni. Nell'infinita
varietà delle produzioni che si possono domandare alla terra, rimane ancora un
immenso margine all'iniziativa ed al libero arbitrio. Noi abbiamo veduto che
sui più cattivi terreni si può avere un reddito proporzionale elevatissimo, se
non si vuol fare che una spesa insignificante; che sopra una buona terra, al
l'incontro, questo reddito proporzionale può essere debolissimo qualora si metta
un capitale maggiore di quello che il suolo possa soffrirne. Tra questi limili, il
produttore sceglie la coltura che vuole; il suo interesse unicamente lo determina
nella scelta. Non dico io già che egli possa fare la cifra del suo reddito, ciò
sarebbe accordargli troppa potenza (i più capaci fino a un certo grado lo pos
sono); ma capace o ignorante, egli può sempre fare la meta del suo reddito.
Vi ha un terreno in cui sarebbe, io suppongo, impossibile l'ottenere vantaggio
samente 1000 fr. di prodotto-netto totale; ma egli potrà sempre ottenere un
prodotto-netto qualunque (fosse anco di 10 o 5 fr.), al 5, all'8, al 10 per 0/0
della spesa che egli farà. Così il rapporto tra il suo profitto ed il suo capitale,
— il suo reddito proporzionale, — la sua rendita relativa (chiamatela come vi
piace) è un risultato della sua libera scelta, non dipende che da lui, non può
dunque essere attribuita ebe a lai.
44S
CAPITOLO Vili.
•
Per rendersi conto della divergenza di due linee bisogna collocarsi quanto
più lontano si possa dall'apice del loro angolo; per valutare le derivazioni d'una
teoria, bisogna prolungarla fino alle sue conseguenze pratiche , e misurare la
distanza che passa fra essa ed i fatti. Questa è la prova che noi abbiamo fatta
subire ai sistemi sulla rendita . Ora conviene rimontare al principio filoso
fico dell'errore, a quell'apice angolare , dove l'analisi ha cominciato a deviare
separandosi dalla linea retta del vero.
Il falso punto di partenza di tutta questa scuola è quello di aver voluto
spezzare un fenomeno essenzialmente semplice, aver cercato di vedere nella pro
duzione due agenti distinti ed indipendenti l'uno dall'altro, — l'uomo e la na
tura. Noi non finiremo di ripeterlo , nel senso economico della parola l'uomo
solo produce, — perchè produzione suppone non solamente uno sforzo , ma
un'intenzione, un risultato voluto e previsto. Ora l'uomo solo vuole, prevede ed
agisce nella sua autonomia. La natura è passiva , involontaria, indifferente al
bene ed al male dell'uomo. Essa è forza, mezzo d'agire , ruota di trasmissione
del movimento; ma non è più di ciò. Non havvi che un agente libero ed intel
ligente, un motore spontaneo, unico responsabile di tutto l'atto buono o cattivo;
unico perciò che abbia diritto a rivendicare l'utilità ed il valore del risultato,
qualunque si fossero.
Cosi dunque, in materia economica, e quando si tratta di produzione, di
cambii e di rapporti fra uomo e uomo, non havvi utilità naturale (1), non va
lor naturale, in conseguenza non fertilità naturale (fertilità significa qui pro
duzione e valore); non havvi di utile se non ciò che l'uomo abbia utilizzato, di
valevole se non ciò a cui egli abbia conferito il valore, di fertile se non ciò che
egli abbia fertilizzato. Non è la terra che produce, è l'uomo che ha fatto e fa
produrre la terra. Non sono gli agenti naturali che lavorano con l'uomo , è
l'uomo che ha costretto, e continuamente costringe gli agenti fisici ad eseguire
la sua volontà. Che la lingua volgare personifichi tutto, e prenda il risultato per
l'azione, o il mezzo per l'agente, nulla di meglio (2). Ma la scienza che rispetta
{\) Dunoyer.
(ì) Giova notare che queste parole fertilità, natura, produzione del suolo, ecc.,
che appartengono forse al linguaggio delle Accademie, non sono affano nel linguaggio del
popoto. Il contadino che non parla se non di ciò che conosce e vede, ba sempre un'am
mirabile precisione nei suoi vocaboli. Egli dice: ecco un buon campo da grano, una
buona vigna, un buon prato; e buono qui si applica Don solamente all'indole del ter
reoa, ma at modo con cui è coltivato, livellato, lavorato. Più spesso egli dice: ecco
un campo che sarebhe buono se vi si facesse questo o quest'altro, — ovvero : ecco un
campo che è divenuto buono .... ialine, sempre I» parola che egli adopera implica
444 FONTiiur.
se stessa, deve ben altrimenti pesare le parole. E più che una stramberia, è un
grave errore il prendere Ittteralmente codeste metafore, come l'han fatto parec
chi economisti, ed il considerare la natura e l'uomo come due socii che abbiano
eguali diritti alla ripartizione del prodotto e del valore.
Perchè a mettere così sulla medesima linea l'uomo e la cosa, si è dovuto
necessariamente deprimere l'azione dell'uno, tanto quanto si accordava di troppo
all'azione dell'altro. Non si è potuto innalzare la materia al di sopra del suo
subalterno ufficio, se non abbassando di altrettanto l'intelligenza; ed è così che
si è pervenuto infine a questa deplorabile teoria di Ricardo, la quale, invertendo
compiutamente gli uflìni, fa predominare le forze fatali della materia sulla forza
libera dell'uomo, sopprime con un tratto di penna l' intelligenza , sottopone al
superiore ascendente dell'agente fisico il lavoro, ed attaccandolo alla gleba come
un miserabile servo , dichiara che la meta della sua rimunerazione sarà re
golata invariabilmente, e checchè pretenda, dalle « forze indestrultibili del
suolo » (1).
Noi protestiamo altamente contro questo vergognoso bando dell'azione
umana. Senza dubbio, la natura ha le sue forze e le sue lepgi , in mezzo alle
quali l'uomo non occupa che un impercettibile posto. Non pretendiamo fare del
l'atomo pensante il centro e il motore di quest'immenso meccanismo. Ricono
sciamo all'incontro che il mondo procede al di fuori dell'uomo , che le sue in
numerevoli ruote girano e si addentano al disotto e al disopra di lui senza
darsi alcun pensiero di lui, e pronte a schiacciarlo in mezzo ai loro impassibili
denti quand'egli non sia sollecito ad allontanarsi. Ma se egli trema e fugge da
vanti ai più potenti, si aggrappa all'incontro poco a poco ai più deboli; ed ora
piegandosi verso loro, ora piegandoli verso di sè, finisce col farsene aiutare.
Così niuno serve a lui se non mediante codesto sforzo di assimilazione. Vi ha
certamente un gran numero di agenti naturali, la cui azione è indipendente
dall'uomo; ma agenti che concorrano alla sua opera (ed è di questi soltanto che
si tratta in economia politica) non ve n'ha, e non può aversene se non all'in-
fuori di quelli ch'egli abbia imprigionati e sottoposti, precisamente al modo che
fa cogli animali. In poche parole, relativamente all'uomo sonovi due nature, —
la natura indipendente, spontanea, selvaggia, della quale può farsi un essere a
parte, se si ha il gusto della mitologia ; non se ne terrà alcun conto nella pro
duzione, ov'essa è inutile od ostile; — poi la natura domestica, l'unica che serva
all'uomo, e la quale è stata da lui rifatta a suo uso e sua conquista, è il euo
schiavo, la sua opera, la sua cosa. Questa natura amica, utile e producente è
ancora e sempre l'uomo.
Nell'argomento di cui siamo qui occupati , gli economisti hanno singolar
mente obbliato e confuso lutto ciò. Che i viaggiatori o i botanici dicano, i pro
dotti del suolo e la fertilità naturale, quando parlano di terreni vergini , di
(1) Per mezzo dell'innesto e degl'ingrassi i nostri giardinieri rinnovano ogni giorno
queste meraviglie di creazione. Ultimamente, un uomo dolio è giunto a fare per mezzo
della coltura, da una graminea vivace, l'egitope credo, un grano magnifico. Qualche
migliaio d'anui addietro si sarebbe coilocato nell'Olimpo, a lato a Cerere questo signore
di cui ho dimenticato il nome.
446 PONTXHAT.
anno ha luogo fra queste specie di terreni. I principii fecondanti delle terre sono
dalle acque piovane trascinati nei prati dove si convertono in erba; il bestiame
che se ne nutre li trasforma in concime , il quale è diligentemente ricondotto
sui campi arativi. Con questa pratica universale, vecchia quanto l'agricoltura,
ed il cui meccanismo è troppo volgare perchè io osi chiamarlo ammirabile, non
è il suolo medesimo che l'uomo continuamente trasporta dal basso all'alto, ma
ciò che è tutt'uno, è il principio fertilizzante , l'elemento produttivo del suolo
che trovasi continuamente reintegrato nel punto in cui deve produrre. Senza
quest'annua rinnovazione dello strato vegetale (e qui la parola è perfettamente
esatta), non v'ha forse una sola terra a grano iu Francia che potesse oggidì
portare una sola spiga di grano . . . Ora sia libero ai nostri economisti ufficiali
di chiamare fertilità naturale la fecondità dei nostri campi , e dire anche che
noi non rispettiamo « le nozioni del senso comune » (1) quando siamo d'un
altro avviso.
Voi negate, ci si è detto, che vi sieno delle differenze di fertilità da una
terra all'aera. —: No ; noi diciamo che dopo avere esaminato l'immensa azione
che l'uomo in tutti i tempi ha esercitalo sugli elementi intimi e sulle forme
esterne del terreno primitivo , sia per modificarli, sia per conservarli, non si
possono ragionevolmente attribuire le attitudini attuali di questo suolo, così pro
fondamente rivolto o diligentemente curato, ad altrochè al lavoro umano, e non
a pretese proprietà naturali e primitive che non esistono più , o che non sono
state mantenute là dove sussistono, se non per l'assiduo intervento dell'uomo.
Vedete pure differenze di fertilità quante vi piaccia; ma non dite che esse son
naturali, quando da quattromila anni la mano dell'uomo è passata, e non cessa
di passarvi di sopra.
Ora quand'anche per farvi piacere noi consentissimo a non più tener conto
della incontestabile e sovrana influenza del lavoro anteriore; quand'anche at
tribuissimo alla natura sola tutle le capacità produttive del suolo moderno, ciò
nulla farebbe. Non si traita qui di proprietà latenti , di disposizioni inerti; si
traita dell'applicazione che se n'è fatla con più o meno successo alla tale o tal
altra specie di produzioni. — È ciò che costituisce quelle che voi chiamate
differenze di fertilità. Ora, siccome per ogni particella di terra vi hanno mille
specie di produzioni diverse, e mille diversi metodi di coltura possibile, e sic
come ve ne ha di buoni, di mediocri e di cattivi; così è manifesto che l'uomo,
il quale ha liberamente scelto fra tutti questi modi di coltura, rimane solo ri-
sponsabile di tutto il risultato buono , mediocre o cattivo — ch'egli solo e non
la natura ha fatto l'attuale produttività e le attuali differenze di produttivilà.
Certamente vi ha attitudine, perchè vi è stata applicazione — possibilità di pro
durre, perchè vi è stata produzione; ma il rapporto, il Ipgame, il tratto d'unione
tra la possibilità ed il fatto, tra l'attitudine, la fertilità virtuale e la fertilità rea
lizzata chi mai l'ha scoverto? chi l'ha stabilito? chi deve averne il merito o il
biasimo, il pro(itto o la perdita? — Ciò può sembrare semplicissimo quando vi
si è riflettuto , come tutto ciò che è già inventato, come la pentola di Papin,
come la scoverta del continente americano . . . Soltanto v'erano mille maniere
di non indovinare: vogliate dunque non dimenticarvi dell'uomo.
(i) Rapporto all'Istituto sulla Memoria dalla quale sono estratti questi capitoli.
UFFICIO NEUTRO DEI. LI AGENTI FISICI NELLA PRODUZIONE. 449
CAPITOLO IX.
non si può veramente colpire, se prima non è concretato nella sua definizione.
L'errore può esser preso nella sua origine, e il più sovente ancora l'impossibi
lità di definirlo è ciò che ne scopre la menzogna. Si dovrebbe sempre aspettarlo
a questa piccola . porta per dove è costretto di passare, — come i doganieri
aspettano alla barriera le merci di contrabbando, così difficili a trovarsi una
volta che sieno entrate nella circolazione d'una grande città.
Vediamo dunque le definizioni datesi intorno alla rendita.
Quella di Ricardo (1) è detestabile. Dapprima, è un'idea infelice quella di
falsare, come espressamente egli lo ba fatto, il significato ordinario e rice
vuto d'una parola. La rendita, nel senso grammaticale, è il reddito totale
del proprietario, lutto il prodotto-netto. Nel linguaggio della maggior parte
degli Economisti, è anche il prodotto-netto, il fitto. Il programma delt'Isti
tuto, del 1852 diceva .... la terra dà raccolte il cui valore basta, non
solamente a pagare le spese di produzione, ma anche a creare un sovrap
più o prodolto-netto questo sovrappiù è la rendita » (2). Per Ri-
cardo, la rendita non è che una parte di questo sovrappiù. Io non ho bisogno
di dire che in questo doppio senso havvi una terribile sorgente di malintesi e
di paralogismi. Invece di dire: io chiamo rendita « una cosa diversa da ciò
che ordinariamente cosi si chiama », Ricardo avrebbe dovuto creare un vo
cabolo per il suo sistema, dire per esempio, dritto d'albinaggio, come fece
Proudhon.
Ma lasciamo anche ciò. Accettisi la parola rendila come indicante una certa
porzione del reddito, che si tratta di discutere e preliminarmente discernere. A
qual segno la riconosceremo?
» La rendita , secondo Ricardo e i suoi discepoli è ciò che si paga al
proprietario per ottenerne l'uso delle naturali facoltà produttive del suolo».
Questa, signori, è la vostra teoria, non è punto una definizione. Gli aspi
ranti al baccellerato mi diranno che una definizione è terreno neutro, comune
ed accettato, ove due avversarli vengono ad incrociare le loro spade. Voi pre
tendete che nei reddito si paga l'intervento delle forze naturali, — io pretendo
che no. Abbia io torto o ragione, voi non potete stabilire in fatto ciò che
precisamente costituisce il punto della discussione, non potete ragionevolmente
darmi per definizione il vostro pregiudizio, la vostra ipotesi, la vostra fantasia:
bisogna che la vostra definizione sia neutra, che io possa posare il piede come
voi : — senza di che non potremo conversare insieme.
Voi credete che si paga troppo il proprietario, che si paga al di là dì ciò
che meriti il suo travaglio, — sia pure : mostratemi, nell'ordine attuale delle
cose, ov'è questa usurpazione. Prendiamo esempii e cifre, se vi piace; calco-
liamo ciò che rende la terra, ciò che vi si è speso, ecc. : ed indicatemi, — in
carutteri visibili, nettamente formolali, praticamente riconoscibili, — dove si
arrestò, secondo voi, il profitto legittimo del proprietario; dove cominci il di
ritto d'albinaggio, la rendita.
Dopo questa prima definizione convenzionale, nulla ed inaccettabile, Ricardo
e suoi discepoli finirono col darne una seconda d'un genere all'atto diverso: « la
rendita, dicono, è la differenza fra il prodotto ottenuto sopra due terre con la
medesima quantità di lavoro e di capitale » ; o meglio ancora è « la porzione
di reddito che supera l'interesse alia mela ordinaria, di tutti i capitali impegnati
nella coltivazione ».
Meno male, ecco qualche cosa almeno di netto e di intelligibile. — lo
avrò più tardi le mìe gravi riserbe a fare su questa definizione ; per ora ed
in difetto di meglio, io l'accetto.
La rendita dunque sarebbe ciò che, in una cottivasione, eccede V interesse,
atta meta ordinaria, di tutti i capitali che vi sono impegnati.
La prima cosa che colpisce in tale definizione è la sua generalità. Evidente
mente non si può pretendere di restringerla alla sola produzione agraria. Se
voi chiamate rendita « l'eccesso di profitto sull'interesse dei capitali impegnati»,
non potete aggiungere questa arbitraria, riserbati, impegnati nett'agricoltura o
nelte industrie estrattive soltanto.
lo ho 100 mila fr. di capitale, li impiego a dissodare una terra che mi
rende 4 mila fr. di reddito annuale. Voi dite « la meta fondiaria al 3 per
0/0; voi avete una rendita di 1000 fr. ». Sia; ma il mio vicino ha 100,000
fr. di capitale, egli li impiega a stabilire una fucina o un fitatoio che gli rende
7 mila fr. di reddito annuale. Io dico dal canto mio: « la meta dei redditi in
dustriali è al 6 per 0/0, il mio vicino dunque ha al pari di me una rendita di
mille fr. ».
Evidentemente si mancherebbe di logica, di buon senso e di giustizia, se non
si chiamasse col medesimo nome, se non si mettesse nella medesima categoria
il medesimo fenomeno economico. Sarebbe assurdo che quand'io faccio l'agri
coltore, non possa avere un profitto superiore al 5 per 0/0 senza che il sovrasta
si chiami rendita; mentre il mio vicino, perchè fa il produttore di ferro, di
carbone, di fito, o di tessuti, possa avere, a titolo di profitto legittimo ed in
contestabile, 8, 10, 20 per 0/0 di reddito. — Il manifattore non deve, voi
dite, questa superiorità di profitto, fuorchè al suo talento. — D'accordo ; ma
credete voi che sia per imperizia ed incapacità, che io ho ricavato 4 fr. dalla
mia terra, quando gli altri coltivatori ricavavano generalmente 5 fr. dalla loro?
Tutto ciò che superi la meta ordinaria dei profitti, adunque, dovrà sempre
chiamarsi rendila. Ora questo eccesso si manifesterà in tutte le divisioni e sud
divisioni dell'industria umana. Che cos'è infatti la meta ordinaria dei profitti di
ogni specie? Una certa media qualunque presa sull'insieme del prodotti -netti,
reali e variabili di tutte le coltivazioni d'ugual natura. Ma appunto perchè dicesi
media si afferma che vi sono colture le quali rendono più , come ve ne ha di
quelle che rendono meno di questa media. Vi son dunque ogni dove produt
tori che hanno una rendita, e produttori che hanno una contro-rendita. È ciò
che ha detto M. Arrivabene, io credo; e nella definizione che si dà intorno alia
rendita egli non poteva dire altrimenti.
DEFINIZIONI DELLA RENDITA. 453
Io accetto la superiorità tanto distinta della meta dei profitti industriali sulla
meta dei profitti agrarii come un semplice compenso, al dire di Smith, pei rischi
maggiori e per la miuore durata media dei guadagni industriali; consento a
ciò che questa differenza di meta permetta al manifattore di raddoppiare in quin
dici anni il suo capitale senza che nei suoi redditi altro si veda fuorchè sem
plici profìlii — mentre che essa non permetterà all'agricoltore di raddoppiare
il suo in trent'anni. Ma infine quando i manifattori raddoppieranno la loro for
tuna in otto, in dieci, in dodici anni (e ciò non è raro) sicuramente si è perchè
avranno avuto un eccesso sulla meta ordinaria dei profitti del loro capitale ed
una rendita — una rendita più distinta che quella la quale avrà messo un agri
coltore in grado (ciò che è raro) di raddoppiare il suo avere in 20 o 25 anni.
Generalizziamo, se vi piace, e facciamo il paragone dei guadagni tra classe
e classe. Là noi non avremo bisogno di darci pensiero della meta. Le perdite ed
i profitti aleatorii si compensano nella massa: il progresso generale d'ogni ramo
d'industria indicherà incontestabilmente qual sia quello che abbia un eccesso
sui profitti ricostitutivi dei suoi capitali. Evidentemente quello che non avrà,
prendendosi in massa, se non profitti, si svolgerà meno rapidamente in numero
di produttori, in ricchezza, in lusso, in potenza di quel che faccia ogni altro in
cui si trovino e profitti e rendite, ossia sovrappiù di profitti. Ora, ognun lo sa,
ancorchè i progressi della classe proprietaria ed agricola sieno manifesti, è la
popolazione manifaltrice, commerciale, cittadina, quella che, a contare dal di
rettore al semplice operaio, è più cresciuta in numero, in benessere, in fortuna,
in potenza. Vi è dunque stato sulla massa come nelle particolarità non sola
mente sovrappiù di profitti e rendite, — ma eccesso più distinto , ma rendila
più forte e più incontestabile che nell'industria agraria. Così, ecco un primo
risultato della definizione della rendila (io dichiaro in coscienza che questa defi
nizione è l'unica che io conosca, e se qualcuno ne avesse una migliore, lo pre
gherei di comunicarmela) ; e consiste nel dover dire, che la rendila esiste in
tutte le categorie industriali. Eccone ora un altro ancor più singolare, che nel
l'industria agraria la rendita così definita non esiste, o non s'incontra che in
casi eccessivamente rari — ciò che rende affatto inutili le teorie che intorno ad
essa si pretendono fare.
Ed infatti, poichè la rendita è ciò che resta del fitto quando se ne sia sol-
tratto Yinteresse alla meta di tutti i capitali impegnati nella terra — deduciamo,
dapprima tolti questi interessi e vedremo un poco che cosa mai resterà del fitto.
Parlo ad economisti, io credo, cioè ad uomini che ammettono la perennità del-
l'interesse del capitale antico o nuovo (1). Così, quando noi parliamo del pro
fitto dovuto ai capitali fundiarii , egli è evidente che ciò non si limita sul mlt»
fondo agl'interessi delle riparazioni e dei sacrificii di danaro che io medesimo'
abbia potuto fare, conviene aggiungere , ed al medesimo titolo, — dopo questa
parte di fitto che non deve chiamarsi rendita, e che gode un interesse del 5 per
cento — l'interesse dei capitali fondiarii adoperati da mio padre o da mio avo
(!) Nel secondo libro, la teoria del prodotto-netto che io qui accenno, non suppone
più la preliminare convenzione dell'interesse del capitale. — Essa al contrario sarà la
premessa e il motivo di questa convenzione, ... .
4&4 FONTKNAT.
alla meta della loro epoca, cioè al 4 o 5 per cento — l'interesse al 6 per cento
dei miglioramenti che datano dall'epoca dei Valois — l'interesse al 9 per cento
di quelli che rimontano ai Carlovingi, ecc. ecc.
Evidentemente io, erede o acquisitore della terra, sono il mandatario e il rap
presentante di tutta questa serie di proprietarii, e domando come dovuto a me
tutto ciò che ad essi era dovuto. Notate che bisogna in tale enumerazione com
prendere, — non solamente le somme bene o male spese in diretti migliora
menti territoriali, come ed i liei i, chiusure, livellazioni, fossati, ammendamenti di
suolo, introduzione di colture, di sementi, di razze, di nuovi arnesi, ecc., — ma
ancora tutto ciò che è stato immolato per migliorare indirettamente la proprietà,
per contribuire al suo valore, alla sua sicurezza, allo svolgimento della sua
azione produttiva, alla libera circolazione dei suoi prodotti. — E siccome le spese
di pubblica utilità, le strade, i ponti, i canali, le istituzioni di credito, di polizia,
di giustizia, i lavori politici o scientifici, i trattati di pace e commercio, ecc. ecc.,
hanno certamente avuto una grandissima influenza sulla produzione e sul prezzo
dei prodotti agricoli ; le contribuzioni comuni, i doni volontarii, le prestazioni,
i dazii, sia in generi sia in danaro, prelevati sul reddito della terra , per mezzo
dei quali tutte colali cose si son fatte, devono cousiderarsi come veri capitali
fondiarii impiegati indirettamente ad accrescere il valore delta terra , e che
per conseguenza dan diritto ad un proporzionale interesse che bisogna ancora
dedurre dal fitto, secondo la definizione.
Ora non è egli certo, se si potessero ricercare i titoli e addizionare gl'inte
ressi di tutti i capitali così successivamente spesi dai diversi possessori d'una
proprietà, — senza neanco rimontare ai Romani o ai Celti, ma tino soltanto al
l'epoca dei Crociati, — senza valutare gl'interessi secondo la ragione dei tempi,
ma riducendoli tutti al 3 o 4 per cento , — non è egli certo che la somma di
siffatti interessi, valutati in danaro o in lavoro (che sarebbe un'unità più vera),
si eleverebbe a due, tre, quattro, cinque, dieci volte forse la cifra del reddito at
tuale sopra ogni specie di terra? ed altora dove sarebbe la rendita?
Ma io odo reclamare contro l'applicazione rigorosa della forinola Ricardiana:
vi ha, voi dite, un gran numero di spese mal concepite che non hanno contri
buito per nulla al miglioramento reale della terra: — ve ne ha di quelle il cui
effetto fu passeggero, ed oggi non si fa più sentire. Questi capitali , logorati e
perduti attualmente come utile risultato , non devono più aver diritto ad un
interesse.
— Sia. Io non domando meglio che di calcolare cosi: mi conviene perfetta
mente di estimare ciò che è dovuto al capitale; non secondo la sua cifra e il suo
peso, ma secondo il suo effetto utile e la sua azione reale, — non secondo ciò
che é costato, ma secondo ciò che ha prodotto. Ciò è logico, è giusto, è la pra
tica universale. Solamente voi noterete che in tal modo venite ad abbandonare
il vostro principio : che ogni capitale deve rendere un profitto fecondo la meta
ordinaria, — e del pari il testo della vostra definizione della rendita: il reddilo,
meno l'interesse di tutti i capitali alla meta ordinaria. Ciò potrà condurvi
molto lungi.
Voi dite dunque che nel lavoro di decomposizione che noi qui facciamo su
bire agli elementi del reddito, sarebbe poco giusto il contare un profitto o inte
resse di S o 4 per cento a favore dei capitali impiegati che nulla hanno pratica
DEFINIZIONI DILLA RBNDITA. 455
Ora egli è precisamente questo vizio di metodo ciò che noi qui denunciamo.
Voi fate intervenire a proposilo del reddito le idee d'interesse e di mela: a
qual titolo supponete che mi sieno note? È forse come convenzioni sociali e
fatti ineluttabili che me li proponete, o me l'imponete? — lo dichiaro che sotto
un tal punto di vista non le conosco, nè qui le ammetto. Non devo ammettere
l'interesse come fatto , per parecchie ragioni. — Dapprima perchè, checchè ne
abbiano potuto dire taluni economisti, l'economia politica è una scienza di diritti
e non di fatti: quando continuamente si parla di equivalenza di profitti, ripar
tizione di valori, giusti profitti, legittimi salarti, di ciò che tocchi all'uno, o sia
dovuto all'altro, ecc., egli è chiaro come la luce che si propongono e si risolvono
ad ogni passo questioni di giustizia. — Non ammetto l'interesse come falto,
perchè la negazione del diritto al prodotto,netto, sotto le sue tre forme di profitto,
interesse e rendita, ha fatto rumore abbastanza perchè se ne debba tener conto.
— E sovratutto non posso ammetterlo come fatto qui ove voi discutete precisa
mente la giustizia di un fatto e di una convenzione sociale affatto simile — il
reddito della terra; qui ove voi distinguete nel prodotto-netto territoriale uua
parte che è il giusto profitto, ed appartiene al produttore, ed un'ultra parte che
è, secondo voi, monopolio, convenzione, diritto demaniale, ecc. (parte che non
vi sembra posseduta apparentemente di piena giustizia, giaccliè voi dite che non
si può e non si deve levarla al proprietario per via d'un'imposta).
Cosi dunque io ho il diritto di domandare se Vinte-resse e la meta non sono
pure un monopolio ed un prelevamento convenzionale. Io voglio sapere la loro
origine, la loro legittimità ; — perchè cento franchi devono fruttare ogni anno
5, IO o 3 franchi: — e perchè 5 franchi piuttosto che 5 o 10.
Non havvi che una sola risposta. L'uomo, a cui voi cedete uno strumento
di produzione, o il valore che deve pagare codesto strumento, a condizione di
rimettervi ogni anno una somma X, non consente ad un tal mercato se non per
>>
chè egli sa che lo strumento gli permetterà di produrre ogni anno, dopo pagate
tutte le spese, un eccesso di valore superiore ad X. L'interesse dunque unica
mente risulta da ciò, che ogni produzione fornita di buoni mezzi , ogni opera
meritevole del nome di produzione , come dice Dunoyer, crea un soprappiù di
valore, e distrugge meno di quanto produca. L'interesse, in altri termini, de
riva dal prodotto netto o reddito.
L'interesse evidentemente è regolato dalla meta dei diversi profitti o redditi
— e la meta dei redditi non può essere che una media dipendente dalla cifra
e dalla durata, sperimentalmente verificate, di tutti i redditi d'una medesima
specie.
Si chiami infatti mela dei profitti ciò che annualmente per termine medio
renda tutto il capitale d'un'industria — o (come più vero a mio credere) si
chiami così ciò che dev'essere, in termine medio, il frutto annuale, perchè quel
l'industria mantenga od accresca il suo capitale a un dipresso come tutte le al
tre; — sarà sempre certo, in ambi i casi, che la meta non è, non può essere
fuorchè una conseguenza dedotta dalle cifre e dalla durata di redditi effettivi di
tutta cotale industria. Si comprende, per esempio, che se si desse a un matema
tico la cifra del capitale impiegato da ogni agricoltore, la cifra del reddito che
egli ne abbia ricavato, e il numero d'anni per cui questo reddito è durato senza
aver bisogno d'una sopraggiunta di capitale, si comprende che con un calcolo
458 KONTRNAT.
più o meno lungo egli ne dedurrebbe certi rapporti fra la totalità del capitale
fondiario, la totalità dei suoi redditi annuali, e io fine la media generale della
durata di tali redditi, — i quali sarebbero scientificamente la meta del reddito
fondiario ad un'epoca data.
Ora, nella pratica realità, non è punto il calcolo che stabilisce una tal cifra.
— No : come non è il calcolo che determina sui nostri mercati i prezzi correnti
del grano e del ferro. Egli è da una statistica anonima, e quasi istintiva, è dalia
combinazione di mille fatti comunicati di bocca in bocca, è dall'osservazione
del movimento dei capitali che si sperdono o si accrescono, che si offrono o sì
domandano nel tale o tal altro impiego, è da ciò che si svolge con più o mene
precisione questa mobile cifra che noi chiamiamo la mela dei profitti — o sopra
una scala più generale, la meta delt' interesse. Ma poco imporla il metodo con
cui la media si stabilisca; ciò che qui si tratta di verificare, e che non ammette
punto dubbio, si è che la media non è e non può esser dedotta se non dalle
cifre e dalla durata dei redditi derivati da un'intiera industria, e paragonati coi
capitali da essa impiegati ; — che in conseguenza la meta dei profitti o l'inte.
resse è un fenomeno a parte, distinto dal reddito , ed anteriore o superiore al
reddito. Ma all'opposto è un fatto derivato dal reddito medesimo, un corollario
dedotto dalle sperimentali condizioni dell'insieme dei redditi della medesima
specie.
Noi vedremo più tardi come la meta esercita dal canto suo una reazione
sull'impiego del capitale ; — ed è, del resto , uno dei caratteri inerenti ai fatti
economici, l'essere, fino a certo punto, causa ed effetto gli uni degli altri. Si
prenderà per regola la meta nel calcolare le probabilità d'un'impresa o l'impiego
dei proprii fondi, come si prende per regola il prezzo-corrente per vendere il
grano, o la meta delle mercedi per affittare operai. Ma incontestabilmente questa
non è che una media sperimentale, come il prezzo-corrente, come la meta delle
mercedi, come la vita media, la taglia o la forza media.
Cosi dunque l'analisi del reddito per mezzo dell'idea dell' interesse e della
meta non vi porta alcun nuovo elemento. La meta e l'interesse è il reddito sotto
una forma derivata. — Circolo vizioso.
Perciò è un'illusione il credere che la meta dei profitti possa servire di
controllo e di limite al reddito. Una media sperimentale, un dato statistico, nulla
può togliere od aggiungere al diritto primordiale ed assoluto del produttore sul
reddito da lui creato. Che questo reddito sia di 10, di 5 o di 2 per cento, il
diritto a 10 è il medesimo che a 5, il medesimo che a 2. il prodotto-netto è un
fenomeno primo ed invisibile, che bisogna direttamente definire, come il valore
e la mercede. Ed è ciò che noi tenteremo di fare nel capitolo seguente. Del re
sto, un'analogia farà forse comprendere, meglio che il ragionamento, ciò che
havvi di vizioso e di capovolto in questo modo di decomporre il reddito in ren
dita ed interesse. Eeco degli intagliatori di pietra o muratori che lavorane a
cottimo, e guadagnano una certa mercede quotidiana, — diversa per ciascuno di
loro, poichè dipende dalla quantità di lavoro che faccia ciascuno. Voi prendete
nota di ciò che essi ogni settimana ricevono, nel corso, per esempio, d'un mese.
Prendete la media per giorno e per uomo; sarà, suppongo, 3 franchi : — ecco la
meta generale e media della mercede di cotesti operai. Ora voi avete osservato
cb« un ai loro è lavorante abile ed assiduo, e guadagna 5 franchi al giorno. Voi
DEFINIZIONI DELLA BENDITI. 469
lo prendete in particolare: Giacomo, dite, sapete voi che la meta della mercede
per gl'intagliatori di pietra non è che di 3 franchi? tanto guadagnano Pietro,
Giovanni, e dieci altri ; essi sono in regola, han giusto il loro conto, nulla si può
lor dire. Ma voi guadagnate 5 Franchi ; questa è un'anomalia. Vi è un soprappiò,
un premio, una rendita. — « Che cosa mai venite a contarmi colla vostra re
gola, colla vostra meta, e colla vostra mercede? l'operaio risponderà. Che forse
io non vendo il mio lavoro a tanto il metro, come fanno tutti i miei compagni?
Se io guadagno 5 franchi, nel tempo in cui Pietro e Giovanni non ne guada
gnano che 3, evidentemente si è perchè essi non fanno che tre metri nel tempo
che io ne fo cinque. Se 3 franchi è la lor giusta mercede , come voi dite , 5
franchi sarà la mia giusta mercede, senza parlannisi di premio, di sovrappiù,
di rendita, ed altre ciancie. E voi medesimo, signor Economista , voi la pen
savate cosi quando vi metteste a fare il vostro calcolo sulla meta delle nostre
giornate: perchè voi avete scritto sul vostro libro di memoria: salario di Pietro,
3 franchi, — Salario di Paolo, 4 franchi, — salario di Giacomo, 5 franchi, ecc.
Egli è dividendo la somma di questi giusti salarti per il numero degli operai e
dei giorni che voi avete formato la vostra famosa mela, — che ora mi gettate
sulla testa come se fosse un articolo di costituzione; mentre non è che una cifra
in fin di conto, il quoziente d'una divisione che sarà forse ben fatla, — ma che
non forma punto una legge per me; capite?... »
L'applicazione di questo dialogo alla quistione del reddito e della meta fon
diaria è troppo letterale perchè io abbia bisogno di farla.
it80«»«
460
LIBRO SECONDO.
CAPITOLO I.
Noi abbiamo finito la parte più difficile, e forse la più utile, del nostro ar
gomento.
Abbiamo volto e rivolto sotto tutti gli aspetti l'errore ; l'abbiamo attaccato
da tutti i lati, — colla teoria e coi fatti, nel suo principio, nelle sue formole,
nelle sue conseguenze. In opposizione a dei sistemi che curvavano l'intelligenza
umana sotto la supremazia delle forze materiali, che negavano il progresso e
mettevano in dubbio la giustizia della ripartizione del prodotto-netto agricolo, —
noi ci siamo sforzati di far sempre spiccare l'azione libera ed intelligente del
l'uomo, dominatrice della materia, — abbiamo verificato ogni dove la diminu
zione del salario, l'abbassamento del valore, il progresso, — abbiamo dapper
tutto mostrato la proporziòTialità fra il merito e la ricompensa degli sforzi. Più
non ci resta che di presentare in un ordine regolare le idee positive, sparse nella
nostra critica, e di cui l'intelligenza dei nostri lettori avrà già dovuto capire
la generale tendenza.
(1) Ciò mostra quanto sia falso il dire che « la Società non ba prodotto-netto » . Essa
ha un vero prodotto-netto, che è la somma dei reali prodotti-netti di ciascuno fra i
suoi membri. Ha uo prodotto-netto in utilità, perchè se non avesse ad ogni momento
un sovrappiù d'utilita risparmiate o prodotte, evidentemente non potrebbe crescere in
numero nè in benessere. Ha uo prodotto-netto in valori — minore forse, ma notabilis
simo pure, — se non altro a causa del progresso della popolazione, che sostiene il
vatore per mezzo d'un aumento di domanda. Giacchè se non vi fosse continua crea
zione e produzione di vatori in più, come mai si troverebbe che la sonuna dei vatori
sociali si accresca di epoca in epoca.
(2) V. appresso il capitolo V.
DEL PRODOTTO-NETTO IN GENERALE. 46S
circostanze note anteriormente alla sua azione, indipendenti dalla sua iniziativa,
che abbian potuto venire in suo soccorso, sono state calcolate nella cifra del
suo avere, e gli sono imputate a responsabilità. — Così, nelle condizioni di libera
concorrenza che noi supponiamo, se egli ha un campo più vicino alla città, o una
casa più vicina alla strada che il suo vicino, questo campo e questa casa limi
dovuto, per ciò medesimo, esser pagati da lui o da coloro da cui egli li abbia
ereditati, a più caro prezzo che il campo o la casa del vicino; e l'ammortizza
zione di una tale spesa figura nelle sue spese annuali. Se egli adopera uno stru
mento due volte più forte, un paio di bovi due volte più vigorosi, il prezzo di
stima ne è più elevato, — ed in conseguenza più elevata del pari la sua am
mortizzaztone, che entra fra le sue spese annuali. Il produttore X è dunque
nella posizione di ogni altro produttore, poichè ogni altro soldando per quel che
vagliono questi anteriori vantaggi, potrebbe infatti sostituirsi a lui ed acquistare
la sua intrapresa. I soli vantaggi che gli siano accordati a titolo di rimunerazioni
o profitti sono le nuove produttività, i prodotti esuberanti, di cui il suo lavoro,
la sua economica intelligenza, hanno realmente arricchito la società.
lo dunque ripeto con un'assolula certezza la nostra formola : ogni prodotto-
netto, eccetto nei casi d'ingiustizia, di frode o di violenza, è l'indizio, la misura
esatta, la rimunerazione identica di un progresso.
10 ho insistito un poco, a causa della loro importanza, sulle particolarità di
quest'analisi della produzione. Del resto, una semplicissima considerazione po
teva immediatamente condurci alla conclusione medesima.
Il produttore X non può vendere il suo prodotto al disopra del prezzo-cor
rente che hanno i prodotti della medesima specie. Se dunque egli guadagna ven
dendo a tal prezzo, ciò è certamente perchè arrivò a produrre a minor costo che
i suoi concorrenti (Il prezzo-corrente non si sostiene ad una certa altezza se
non perchè una parte dei produttori di derrate simili non possono abbassare i
loro prezzi senza che vi perdano). Ora, produrre a minor costo è produrre con
meno disperdimento di forze ed utilità acquisite — definizione pure del progresso
economico.
Questa formola è generale: essa non implica alcuna specificazione del mezzo
adoprato, nè della natura del servigio. Dà il carattere distintivo della produ
zione che fa più colla medesima spesa, e di quella che fa altrettanto con una
spesa minore (1). È applicabile all'agricoltore, al manifattore, al commerciante,
ecc. -, applicabile all'operaio che lavora più o meno degli altri; all'ingegnere,
all'artigiano più abile; — alla superiorità produttiva che risulta dalle qualità
personali e non trasmissibili, come al caso più generale in cui questa superio
rità — personale sempre nella sua essenza e nella sua origine — si traduce con
un metodo e uno strumento trasmissibili ed imitabili.
Ma, semplice per quanto sia, questa maniera di comprendere il prodotto-
netto, il profitto, il reddito e le loro conseguenze, doveva necessariamente sfug
gire a tutti coloro che, come Ricardo, Rossi, Sismondi, Proudhon, ecc. (io, ben
(i) Questi due aspetti del prodotto-netto ci riconducono entrambi alla seguente for
mola unica e comodissima per tutti i corollarti : economia nelle spese di produzione re
lativamente all'unità del prodotto.
464 FONTENAV.
inteso, qui non istabilisco alcun rapporto fra tali nomi e i loro sistemi), defini
scono il valore per la quantità di travaglio, e lo misurano per mezzo delle spese
di produzione.
E inratti il prodotto- netto è precisamente il sovrappiù di valore venale — o il
valore di fatto, sulle spese di produzione — o il loro valore teorico: era dunque
per essi un'anomalia, un errore di calcolo, un'iniquità. Da ciò quelle stiracchia
ture, quelle contraddizioni in cui tutti più o meno urtarono. Ricardo \i si è get
tato a piene vele, e con un candore di cecità curiosa. Il prodotto-netto ha, come
ognun sa, tre manifestazioni principali: la rendita fondiaria, i profitti industriali,
e l'interesse del capitale. Ricardo, nella rendila, lo spiega col monopolio, e col
saldo delle forze naturali, — nei profitti, con un prelevamento dell'intraprendi-
tore sulla mercede degli operai (1), — acW interesse egli non ha supposto
che si trattasse del medesimo problema; ha ammesso l'interesse come non di
scutibile: nutrito ed elevato alla Borsa di Londra, il 5 ed il 5 per 0/0 erano
probabilmente per Ricardo articoli di fede. Proudhon, logico ben più forte ed
ardito, non si è ingannato sull'identità delle tre parole, rendila, profitto ed inte
resse: egli le ha perfettamente collocate sotto la medesima categoria di prodotto-
netto, servigio o prodotto venduto al disopra delle spese di produzione. E come,
secondo lui, secondo Ricardo, secondo Rossi, secondo Sismondi, ecc., le spese
di produzione erano la misura teorica del valore, costituivano il valore giusto;
così naturalmente ogni prodolto-netto gli è sembrato un prelevamento iniquo;
ha detto che la rendita, il profitto, l'interesse, erano un furto: — e non vi ha
una parola che io sappia rispondere a Proudhon .... se si ammette il valore
definito per la quantità di travaglio materiale e misurato, in ogni caso partico
lare, dalle spese di produzione.
Proseguiamo. Il prodotto-netto generalmente si ottiene per mezzo d'un im
piego di capitale, d'una spesa primitiva, consacrata ad una preparazione, ad un
insieme di arnesi, ad una macchina, ecc. Il prodotto-netto, continuato, che si
chiama profitto o reddito, si estima ordinariamente per via di paragone con que
sta prima contribuzione di capitale. Si dice così che il tale o tal altro profitto è
un ventesimo, o un decimo del capitale impegnato, — deve mettere vent'anni
o dieci anni prima di reintegrarsi, — è alla meta del 5 o del 10 per 0/0.
Poichè il profitto non è che il testimonio di un progresso sociale, egli è evi
dente che la sua meta non cambia assolutamente nulla al suo diritto. Se due
produttori hanno speso ciascuno un capitale come 100, — cioè han distrutto
cento di forze e di utilità anteriormente acquistate alla ricchezza comune — l'uno
per effettuare un'annua soppressione di travaglio corneo, l'altro per ottenere una
simile diminuzione come 10, egli è chiaro come la luce che il secondo ha dritto
ad una rimunerazione due volte maggiore che quella del primo: — poichè egli
ha sapulo ottenere una diminuzione due votte maggiore di sforzo produttivo,
una conservazione, o una produzione doppia di utilità, sacrificando non altro
che la medesima somma di utilità acquisite e di ricchezze anteriori; poichè egli
ha effettuato un doppio progresso, che non è costato di più a tutta la società.
Così dunque il diritto al profitto è direttamente proporzionato al risultato
(1) Pag. 26, 85, 103, 201, 264 eoe. ecc.; la pag. 105 è principalmente notabile.
DEL MODOTTO-METTO IR «BUEIULB. 4(5
ottenutosi, e non vien misurato dal capitale speso per ottenerlo. Questo diritto
non è dunque affatto limitato dalla considerazione della meta che gli si è voluta
imporre: il reddito sarebbe di 100, di 500 per 0/0, e se è effettuato in tutte le
condizioni di giustizia e di libertà, sarà tanto dovuto, tanto legittimo, tanto com
piutamente personale, come se si riducesse a 2 o 3 per 0/0.
Il diritto al profitto ed al reddito non è più limitato in durata. Finchè la so
cietà giudicherà opportuno di pagare i servigi che gli si rendono dal produttore X
al di sopra di ciò che questi servigi costano materialmente al medesimo X, sarà
come se essa dichiarasse che i suoi altri membri non hanno ancora saputo imi
tare X, e produrre così bene com'egli fa. X è in progresso, rimane in progresso
sopra i suoi contemporanei. Il prodotto-netto che egli ricava è ad un tempo la
rimunerazione della sua superiorità, è la distinzione visibile che lo indica agli
occhi di tutti come modello a seguirsi, come rivale da emulare.
Così il diritto al profitto o al reddito, ad una meta qualunque, per una du
rata qualunque, anche eterna, è assoluto ed ineluttabile. Ma in fatto il profitto
ed il reddito son ben lontani dall'essere così durevoli: due cause potentissime
concorrono a diminuire rapidamente la meta e la durata di questa rimunerazione
dapprincipio equivalente al progresso medesimo:
1" Il produttore, come abbiam detto nel capitolo VII del 1° libro, è quasi
sempre interessato a diminuire egli medesimo la mela de' suoi profitti, abbas
sando il valore de' suoi prodotti o de' suoi servigi. Se, per esempio, secondo il
prezzo corrente del ferro o del carbone che egli produca, può raccogliere un
profitto annuale del 15 per 0/0, sopra una clientela locale e ristretta di cento
consumatori, gli converrà, abbassando il suo prezzo, e prendendo i trasporti a
suo carico, ecc. ecc., estendere il cerchio della sua vendita, raddoppiare o tri
plicare il numero dei suoi consumatori, e ridurre i suoi profitti al 10 o all'8
per 0/0.
2° In seguito una pressione esterna naturalissima lo costringe ad un tal
partito.
Ogni miglior metodo di produzione si copia, infatti, si imita, si volgarizza:
i guadagni son là per sovraeccitare i concorrenti ad analoghi sforzi; e la produ
zione migliorata, semplificata, accresciuta, si traduce infallibilmente in un ab
bassamento di valore. Il progresso era misurato al principio dell'evoluzione dal
prodotto-netto medesimo. Poco a poco la proporzionalità si altera, — il pro
gresso, non solamente sussiste intiero, ma si accresce, si spande, si generalizza,
— il prodotto,netto scende ad un livello più basso, allargandosi in superficie; si
indebolisce gradatamente, e poco a poco si annulla; o, per meglio dire, dalle
mani del produttore passa insensibilmente a quelle di tutta la società. L'econo
mia di spese nella produzione si risolve in economia di spese nella consumazione.
Dal momento che vi ebbe produzione o prodotto-netto (cioè diminuzione
qualunque sulla quantità di lavoro umano necessario all'esecuzione d'un pro
dotto, alla prestazione d'un servigio), qualunque sia il valore venale del pro'
dotto o del servigio, l'economia di produzione è acquistata per sempre alla so
cietà. Quest'economia si ritrova tutta intiera in guadagno, sia nelle mani del
produttore, sia in quelle del consumatore. Così, se il tal prodotto che prima esi
geva e valeva dieci giornate di lavoro ordinario, per esempio, si ottiene per
St«n«m. 2» serie. Tom. I. — SO.
466 FOflTENAY.
(1) Queste sommarie indicazioni e quelle che formano i due seguenti capitoli,
sono esiratte da un Saggio sul capitale, che non è ancora terminato, quantunque già
bea vecchio. La quistione della rendita fondiaria non è stata per me che l'applicazione
d'idee generali bea precisate.
468 FOKTENAT.
CAPITOLO II.
, il) Il salario in danaro dei domestici nudriti e mantenuti in una intrapresa, è eviden
temente prelevato sul prodotto-netto. Il salario dei lavoranti liberi non lo è che in parte.
La porzione che snida te spese necessarie della loro sussistenza appartiene al prodotto-
lordo, — ma tutio ciò che è al di là, e che costituisce il miglioramento, della sorte dell'o
peraio, appartiene al prodotto-netto, ed è una sua forma.
i'HOFITTI E MERCEDI. 469
due in tra prenditori — non comprendono più le mercedi : il soldo del travaglio
materiale è da essi dedotto come spesa annua dal loro reddito-lordo).
Ben presto si convinceranno essere più vantaggioso per la regolarità della
direzione, che la responsabilità non sia più doppia, e che una sola volontà guidi
e sorvegli l'andamento del lavoro. Il capitalista-proprietario dunque riverserà
sull'intraprenditore tutte le minuzie dell'amministrazione, riservandosi taluni
diritti di sorveglianza e al medesimo tempo certi pesi, più o meno gravi, di ma
nutenzione e riparazione delle parti importanti del capitale. Poi ogni anno i due
socii si divideranno) nelle convenute proporzioni, i variabili risultati del guada
gno annuale. Questa forma di ripartizione del prodotto-netto fra il capitalista e
l'intraprenditore, fra il commanditario ed il commanditato, è ciò che chiamasi
dividendo: forma congnissima dappertutto, e molto anche usitata in agricol
tura — 1a mezzeria, la divisione delle raccolte tra vignaiuoli e proprietarii ap
partiene ad un tal genere.
Al dividendo variabile succederà un'altra forma evidentemente più perfetta,
l'affitto. Dal momento che l'esperienza di un gran numero di anni avrà insegnato
ai due socii che la media del dividendo è a per il proprietario, e b per il gerente,
diviene vantaggiosissimo per entrambi il convenire che ogni anno l'intraprendi
tore darà al proprietario una somma fissa a. Ciò è più vantaggioso per il pro
prietario, rht' sarà liberato dalla cura di sorvegliare i conti di compra, di ven
dita, di. ripartizione, ecc., e guadagna in sicurezza e libertà, e può rivolgere ad
altre intraprese la sua attività; — più vantaggioso del pari all'intraprenditore,
che viene liberato dalle noie e dagli attriti continui d'un sorvegliatore diffidente,
che non è più arrestato in un progetto di miglioramento dall'idea di doverne
dividere con altri il guadagno, che sa di dovergli lutto appartenere ciò che il
reddito potrà presentargli al di sopra della quota a. — Ecco il fitto, la loca
zione: forma usitata nelle manifatture come nell'agricoltura; forma dedotta
dal dividendo annuale; semplice forma perciò di ripartizione del reddito come
il dividendo.
Divulgata una volta questa pratica, si genereranno due specie di meta in
ogni considerevole ramo d'industria: 1° una meta dei profitti, indicante ciò che
un'impresa diretta dal proprietario medesimo debba annualmente rendere per
trovarsi in buone condizioni medie — (meta sperimentalmente dedotta dalla ci
fra e dalla durata dei redditi della massa esistente di tali intraprese); — 2° una
meta dei fitti, indicante la porzione di profitto o di reddito annuo che un pro
prietario può ragionevolmeute esigere dall'intraprenditore a cui lascia la facoltà
di dirigere l'intrapresa. Quest'ultima meta è necessariamente inferiore alla prima :
ù cosi che nell'industria agraria, secondo le autorità, generalmente si ammette,
io credo, che il proprietario può e deve trarre dal suo fondo — 5 per cento, se
lo coltiva egli medesimo — e 5 per cento soltanto se lo dà in fitto.
Non ho qui bisogno di dire che la cifra della meta dei fitti nulla ha d'arbitra
rio, e si trova forzosamente regolata in maniera da operare la ripartizione del red
dito tra il linaiuolo ed il proprietario, secondo il merito e la responsabilità di cia
scuno, — di maniera che l'una delle due classi nulla prenda sensibilmente su rio
che debba giustamente appartenere all'altra. È sempre il medesimo ragionamento
dell'offerta e della domanda, applicabile del pari alla mercede, al dividendo, al
fitto, all'interesse. Se difatti il fiuo delle terre, per esempio, fosse troppo elevato
PROFITTI B MERCEDI. 471
relativamente alla media dei loro prodotti-netti , reali, una parte degli intra-
prenditori agricoli si troverebbe rovinata ; i proprielarii sarebbero costretti, per
trovare buoni flttaiuoli divenuti rari, a far loro condizioni migliori, o — ciò che
sarebbe più funesto per tutti, — ad accettare fittaiuoli incapaci, senza materiale
o morale guarentigia di solvibilità. La parte dei proprietarii, in ambe le ipotesi
si troverebbe necessariamente diminuita. Se al contrario la meta dei fitli fosse
troppo bassa ed impoverisse sensibilmente i proprietarii, una parte di costoro si
metterebbero a coltivare essi medesimi — sia per il bisogno di vivere, — sia
per ispeculazione e desiderio di guadagno. Diventando più rare le terre da darsi
in fitto, e generandosi una concorrenza di fittaiuoli, la meta del fitto s'innal
zerebbe.
Dal fitto all' interesse la transizione è quasi insensibile; invece di prestarvi ,
mediante una parte del reddito, uno strumento effettivo di produzione, una
terra, un opificio, una macchina, ecc., io vi presto il valore di cambio di que
sto strumento; il prezzo con cui voi lo comprerete, lo stabilirete voi medesimo
se così vi piaccia: evidentemente è sempre il medesimo contratto di commandi-
tario o commanditato con una maggiore libertà d'azione, ed una maggiore re-
spoosabilità lasciata all'intraprenditore.
Solamente qui nella cifra della meta che regola le condizioni del mercato
havvi una reazione più o meno distinta di tutte le cifre che in un dato momento
esprimono la meta dei profitti in tutte le altre industrie. Ed infatti , sotto la
forma determinata di terre, di miniere, di case, il capitale apparteneva forzosa
mente ed invariabilmente ad una data categoria industriale, — terre, miniere,
case, ecc. ; la meta del prestito era regolata dalla meta dei profitti di questa
speciale classe di capitali. Ma una volta passato sotto la forma generale e mul
tipla del danaro, il capitale è al medesimo tempo terra, miniera, o casa, o vet
tura, o naviglio, o macchina, ecc.; è, in una parola, capitale generale. Senza
dubbio se l'intraprenditore lo destina specialmente ad una determinata intrapresa
agraria o industriale, il mutuante, nelle condizioni che gli farà, avrà soprattutto
riguardo alla meta dei profitti ordinarti in questo particolare ramo d'industria.
Ma voi non potete impedire che dall'altra parte egli non tenga conto, nelle sue
condizioni, della possibilità ch'egli mutuante avrebbe d'impiegare il medesimo
capitale in tutti gli altri rami d'industria, e dei vantaggi superiori che questi po
trebbero offrirgli al momento in cui consentisse di separarsene. Così quand'an
che l'intrapresa agricola, per esempio, non dia che quattro come meta dei pro
fitti fondiarir, quand'anche la meta dei fitti o della terra prestata non sarà che
tre; potrà benissimo avvenire che il valore in danaro di questa medesima terra
non si presti al disotto del 5 per cento all'intraprenditore agricolo, — se , per
esempio, nel commercio o nelle manifatture si trovi da poter prestare con suffi
cienti cautele alla ragione del 6 o 7 per cento (1).
(1) Questa difficoltà di torre ad imprestito ad una mela che sia in rapporto coi pro-
fitti agricoli sarà, ben inteso, molto esagerata da un vizioso ordinamento del credito
fondiario, se, per esempio , come in Francia , r'ipoteca è circondata da onerose for
malità; se la liquidazione dei dediti contratti è complicata con mille difficoltà; se la
trasmissione degli immobili è gravata di forti tasse; se in fine una legislazione con-
traddittoria, mentre suddivide e decompone da un lato la proprietà territoriale per
mezzo delle leggi di successione, da un altro lato, coll'accumulnzione di tniti gli osta-
472 FONTENAY.
Così, dividendo, fitto, pigione, interesse, tutti questi fenomeni economici sono
puramente e semplicemente altrettante forme della ripartizione dei profitti fra i
sOcil — qualche volta ignoti l'uno all'altro, — che hanno concorso alla forma
zione dei prodotti netti. Dalla comune amministrazione che dà luogo al dividen
do, sino alla semplice commandila che vien corrisposta coli' interesse, ciascuno
dei modi di associazione deriva dal precedente con una più distinta separazione
di ufllcii, con una maggior parte d'iniziativa e di responsabilità lasciata all' in-
iraprenditore, per conseguenza ancora con una porzione maggiore attribuita sui
redditi alt'intelligenza direttrice, una parte minore alla contribuzione del capitale
materiale.
Egli è evidente che in ciascuno di questi modi di ripartire i profitti, riunendo
le parti complementarie degli interessati, — i dividendi di due socii — il fitto
del proprietario ed il profitto del fittaiuolo — l'interesse pagato al capitalista
ed il guadagno annuale che rimane all'intraprenditore, — si ha il reddito o pro
dotto netto totale dell'intrapresa. Così le diverse specie di meta che regolano i
diversi modi di ripartizione dipendono e derivano definitivamente tutti dalla meta
dei profitti o redditi.
E la meta dei profitti indica il fruttato medio che deve produrre una specie-
determinata d'industrie, secondo i dati sperimentali della cifra e della durata
dei profitti della massa delle industrie che entrano nella medesima specie.
Così, come già abbiam detto (1), \ interesse e la meta dei profitti non sono
che semplici medie dedotte dall'esperienza dei capitali impiegati, e destinate a
regolare l'impiego dei capitali disponibili : — indicanti ad ogni momento il pro
fitto che il produttore deve cercar di ottenere, ma senza garantirlo affatto con
tro la probabilità d'un profitto inferiore, e per conseguenza senza limitare meno
mamente il diritto ch'egli abbia ad un profitto superiore. Avviene della mela
come del prezzo corrente di qualsivoglia merce: la meta territoriale ha un bel
l'essere al 4 per cento; l'agricoltore che ha eseguito un bene inteso migliora
mento, ha diritto di cavarne il 6 o P8 per cento, così incontestabilmente e cosi
integralmente, come un contadino ha diritto di vendere il suo grano a 30 o 40
franchi sopra il mercato dove il prezzo corrente sia di 20 franchi, se il grano è
abbastanza bello perchè si possa offrirgliene questo prezzo maggiore. .— lo
mi vergogno alquanto d'insistere sopra verità così evidenti .... ma di chi è
mai la colpa? (2)
Se la meta dei profitti e dell'interesse è una risultante sperimentale delle
condizioni della produzione ad un dato momento , ciò non impedisce che essa
dal canto suo reagisca sulla produzione medesima. Nulla havvi di più comune
che questa reciprocanza d'azione nei fenomeni economici , fra i quali non ve
n'ha alcuno che non sia al medesimo tempo causa ed effetto. — Così è che il
coli immaginabili, sembra aver avuto per iscopo di opporsi alla mobilizzazione di questa
medesima proprietà, ed in conseguenza alla sua ricostituzione in condizioni normati.
(1) Lib. I, cap. 9.
(2) Ricardo ha più volte ripetuto che noti vi possono essere due mete di profiti ì nel
medesimo impiego ; e che sotto nessun pretesto si può ammettere che un uomo traesse
da un capitale fondiario maggior profitto di quello che un altro ne tragga (Opere di
Ricardo, pag. 164).
PROFITTI E MBRCBDI. 475
prezzo corrente d'un prodotto, risultato, effetto dell'offerta e della domanda, può
dal canto suo reagire come causa sulla dimanda — quando, per esempio, esso
l'accresce col ribasso, ed invece di limitarsi ad attenderla, la fa nascere e la
sollecita.
Così è della meta, la quale in certo modo costituisce il prezzo corrente del
capitale. È su questa influenza che noi diremo ora poche parole. L'intervento
del capitale consiste a creare, con una spesa fatta una volta, un mezzo di pro
durre che — mantenuto e rinnovato ove occorra — sopprime nondimeno una
parte delle spese correnti della produzione. Ora è nell'indole d'un valore finito
— per quanto grande si fosse — l'essere a lungo andare compensato e supe
rato da un prodotto periodico e definito per quanto piccolo sia. In principio as
soluto si potrebbe dunque dire che ogni spesa di capitale — per quanto minimo
sia il profitto, e quand'anche dovesse esigere cinquanta o cent'anni ond'essere
ricostituita dai redditi, — è un guadagno per la Società, e può essere in
trapresa.
Ciò sarebbe vero se la Società fosse in condizione di perfetta agiatezza e si
curezza. Ala ciò divien falso se si mette a calcolo la rarità del capitate, ed il di
fetto maggiore o minore di sicurezza nei suoi impieghi. — La rarità da una
parte esige che il capitale sia consacrato non solamente ad un uso vantaggioso,
assolutamente parlando, ma all'uso il più vantaggioso nel momento attuale. —
La mancanza di sicurezza si oppone più imperiosamente ancora ad ogni impiego
in cui le entrate troppo deboli domanderebbero per ricostituire integralmente la
primitiva anticipazione, un numero d'anni maggiore di quello che l'esperienza in
dica come durata probabile dei redditi.
La Società, come l'individuo isolato, non può sacrificare alle spese di- fondi
(le quali non sono immediatamente riproduttive d'utilità e di valori) se non
quella parte dei prodotti e del lavoro che non sia indispensabile al consumo cor
rente; — in altri termini, il capitale non può essere preso se non sul risparmio.
Il capitale dunque è sempre più o meno raro. La sua meta, come quella d'ogni
merce, dev'essere elevata in ragione della sua rarità. Questa meta inoltre s'innalza
ìd ragione dei rischi di perdite parziali o totali; essa è in grandissima parte, come
tutti sanno, un premio d'assicurazione. Se, per esempio, siamo ad un'epoca in
cui la guerra, il dispotismo, il difetto di libertà, di giustizia, d'organizzazione in
dustriale, ecc., limitano a dieci o dodici anni la probabilità media d'una durata
tranquilla, egli è evidente che la meta a 10 per cento non sarà se non lo
stretto premio d'assicurazione contro le perdite probabili, e non farà che rico
stituire puramente e senza guadagni, ammortire la totalità dei capitali anticipati
all'industria. Queste due cause di elevazione della meta camminano costante
mente insieme (1).
(1) Id do, con Smith, Say, ecc., come distinte queste due cause della etevazione
della meta — rarità del capitale, e poca sicurezza delle entrate. — Uno studio un po'
più attento ci fa di leggieri scoprire che queste due cause non ne forman che una
sola, ed è il grado di sicurezza, che regola la meta. Infatti, se, ad unii data epoca,
non si è contato che sopra dieci o dodici anni circa di durata media dei guadagni —
se la meta è al 10 per 0/0, — e la ricchezza si è accresciuta nella Società, in modo
che si sieno avute realmente, per termine medio, quindici annate di guadagni ; vi
474 PONTENAY.
saranno state, nelle masse delie industrie, cinque annate di reddito adi più di quello
clii- si calcolava; il capitale si sarà non solamente ricostituito del tutto, ma anche au
mentato di metà. Nell'epoca successiva, dunque, si avrà maggiore abbondanza di ca
pitale, e la meta si abbasserà. Il contrario avviene, se invece di dieci anni di gua
dagni , nou se ne sono avuti che otto per termine medio. Vi sarà un deficit di un
quinto nell'entrata del capitate — per conseguenza vi sarà maggiore scarsezza di capi
tale, e rialzo di meta.
(1i Vi son molti modi di estimare il profitto secondo le posizioni. Colui che ha tolto
ad impresero, generalmente conta in modo diverso da colui che opera col suo capitate.
— Un proprietario di terre, ohe deducesse dal suo reddito annuo l'interesse alla mela
ordinaria del capitale rappresentato dalla sua terra, sarebbe sempre in perdita. Noi
non dobbiamo insistere sopra questi particolari, d'altronde delicatissimi. Soltanto, se
PROFITTI E MERCEDI. 475
si vuole osservare che la meta dell'interesse è, per una grandissima porzione, ud pre
mio d'assicurazione contro le perdite probabili, intenderà che il modo in cui noi ab
biamo teoricamente valutato il prodotto-netto (lib. II, cap. 1) — contando fra le spese
annue ['ammortizzamento del capitale soltanto — differisce molto meno di quanto a
prima vista si crederebbe, da quelto secondo cui si comprende fra le spese annuali
{'interesse del capitale smondo la meta.
476 FONTBNAY.
CAPITOLO III.
Del prezzo-corrente.
prezzo-corrente non è e non può essere abbastanza alto per reintegrare le spese
di produzione del più cattivo produttore. Perchè allora — da una parte l'igno
ranza e l'abitudine, sicure di avere la loro sufficiente mercede , mai non ab
bandonerebbero i metodi vecchi e cattivi: il progresso sarebbe impedito: — da
un'altra parte, se un'intiera classe industriale, meno una piccola categoria di
inabili e pedissequi, vendesse molto al disopra delle sue spese di produzione,
si farebbe in questo ramo d'industria un'accumulazione di redditi netti e di
ricchezze affatto sproporzionata con ciò che arriverebbe negli altri. Il che,
come Adamo Smith l'ha provato, è impossibile con la libertà che hanno i capi
tali ed i lavoranti di passare da un'industria che guadagna meno ad un'industria
che guadagna più.
2° In nessuna suddivisione industriale il prezzo corrente è, e non può
essere, ad ogni momento che si scelga , abbastanza basso per non reintegrare
altro che la somma delle spese di costo del produttore più abile e più favorito
dalte circostanze locali. Perchè — da un Iato costui non avrebbe per tutto in
coraggiamento che il diritto e la probabilità di non perdere; ed inoltre è evi
dente che al minimo perfezionamento , alla minima scoverla suscitata da un
rivale più forte, questa meschina speranza di reintegrare le sue anticipazioni gli
verrebbe involata: la produzione sarebbe un inganno. — Da un altro lato tutta
la classe dei produttori che tien dietro ai due o tre caporioni venderebbe al
disotto del costo , cioè perderebbe sopra una scala immensa. — Effetto con
trario a quello che noi poco fa esaminavamo, e altrettanto impossibile per la
ragione medesima: la mobilità dei capitali e del lavoro da un'industria verso
un'altra.
Come dunque si stabilisce fra le momentanee oscillazioni dell'eccesso di do
manda o dell'eccesso di produzione, il prezzo-corrente o prezzo-medio di un
prodotto ?
Chiamiamo A, B, C, D le diverse industrie della Società. — A, per
esempio, sarà tutta la classe agricola (capitalisti o proprietarii, intraprenditori ed
operai). — B rappresenterà del pari tutta l'industria metallurgica; — C tutte le
industrie che provvedono il vestire, ecc. — A, B, C, D compongono
tutta la Società producente e consumatrice. Nulla havvi al di là, nè compratori,
nè venditori, nè valori a trasmettersi, nè valori a riceversi.
Ciò posto, la furmola che naturalmente si offre per prima è che il prezzo-
corrente d'ogni classe di prodotti debba rappresentare la media precisa in tutto
l'insieme delle loro spese di produzione. Infatti — trascurando ciò che ogni in
dustria vende e compera da se medesima in prodotti proprii, e che in conse
guenza bilancia per più o per meno nel suo proprio conto — la classe A non
può vendere che a B, C, D; poichè la Società non si compone che di ciò; essa
non può parimenti comprare che da B, C, D, . . . Non vende il suo grano a B
che contro un valore uguale in metalli, a C che contro un valore identico in
abiti, ecc. In una parola essa paga precisamente quanto vende. Ora la somma
di tutte queste vendite costituisce la sua entrata ed il suo guadagno, — la sornsp
di tutte le compre costituisce la sua spesa, e le sue spese di produzione. Poichè
queste due somme di valore sono identiche, il valore totale della produzione di
A è precisamente bilanciato dalle sue spese generali. Cioè, che il prezzo medio
dei suoi prodotti sarebbe la semplice media di tutto le sue spese di produzione, ^,
478 KONTENAV.
— spese correnti ed ammortizzazione del capitale (1). Ciò che noi diciamo di
A, è ugualmente vero per B, CD...
Vediamo nondimeno se il prezzo-corrente non possa essere regolarmente più
alto (-he la media generale delle spese; se, in altri termini, tutta la classe A non
possa avere, come un produttore ordinario, un vero prodotto-netto a , e qual
possa essere questo prodotto netto.
Dapprima la classe A potrebbe avere un sovrappiù o nel bilancio dei suoi
cambii colle classi B, C, D . . . , appunto come un individuo può guadagnare
sopra un altro. A, B, C, D . . . , in tal caso, saranno nella posizione di giuoca-
tori seduti attorno una tavola con certe poste. Ciò che A avrà guadagnato sarà
perduto da B, o da C, o da D, o da tutti insieme. A non sarà in guadagno del
valore a, se non perchè le altre, o qualcuna delle altre classi, saranno in perdita
del medesimo valore. Ciò può avvenire transitoriamente ed accidentalmente :
così, in una carestia, le classi manifattrici possono indebitarsi in faccia alla classe
agricola.
Ma normalmente ed in modo durevole, ciò non può avvenire , se il prin
cipio di Adamo Smith è vero, giacchè, secondo questo maestro, noi l'abbiamo
già detto, se un'intiera classe A guadagna sulle altre e più che le altre B o C,
allora le braccia ed i capitali lasceranno queste ultime per portarsi verso la
prima. Le industrie B e C producono meno, l'industria A produce di più,
quindi i prezzi-correnti si innalzeranno in B e C, si abbasseranno in A, —
fino a che un perfetto livello di proporzionali guadagni si stabilisca fra le
due classi.
Così la classe A non può guadagnare a in modo seguito e normale, senza
che B abbia il guadagno proporzionale b, senza che C, D abbiano
pure i loro prodotti-netti e, d, ecc.
Ecco dunque un primo risultato che noi avevamo già indicato: cioè che il
presso-corrente o medio vien regolato del pari in tutte le classi d'industria, e
che esso non può essere, relativamente atta media delte spese di produzione,
più alto in una che in altre.
Ciò non è tutto. Che cosa mai possono essere questi sovrappiù, questi pro
dotti-netti proporzionali fra loro, a, b, e, d? . . . . Come mai può avvenire che
le classi, le quali reciprocamente scambiano i loro valori, abbiano tulle un hè-
neficio di un ventesimo p. e. ? Da dove può discendere loro questo accresci
mento di ricchezze? Come mai i nostri giuocatori, alla fine della partita, si
troveranno di aver tutti guadagnato un 20 per 0|0 sulla loro posta? -
Ciò evidentemente non è potuto venire se non dalla supposizione che, nel
corso della partita, ogni giuocatore abbia fatto un nuovo fondo d'un ventesimo;
come del pari è impossibile che A, B, C, D abbiano avuto un incre
mento di valore, o, b, e, d, se la Società composta di A, B, C, D non
^ (1) Poichè, nei nostri dati, la classe A comprende i capitalisti cornmanditarii del-
I agricoltura, come gl'iotraprenditori commanditati, è evidente che la classe A presta
a se medesima e toglie ad imprestito da se medesima, riceve e paga tutti gl'interessi
dei suoi capitali. Essa dunque li cancella per dare ed avere nel suo bilancio interno.
L'interesse non può dunque mai figurare nella sua liquidazione con B, C, D . . . . Vi
figurerà il saldo puro e semplice delle spese, sieno correnti, sieno di capitale.
DEL PREZZO-CORRENTI-:. 479
(1) Non bawi, sotto l'aspetto della Società, mia differenza grandissima tra questi due
casi. Se vi è slato errore, esso forma una pura perdita per tulti. Ma se il prezzo corienir.
iniziate desse al minerario no guadagno, e se egli non perde se non perchè il prezzo si è
abbassato, la Societa, per parte sua, continua a guadagnare. I 20 mila fr. che l'io -
traprenditure perde sulla vendita del suo carbone son guadagnati dai consumatori iu
economia di cousumo. L'estinzione dei 400 mila fr. doveva Fursi ogni anno sui 25 mila
fr. eh'' il nostro industriale guadagnava. Oramai la Società e l'industriale contribuiscono
ad estinguerli, — l'una sui 20 mila franchi che essa guadagna nel diminuitii prezzo del
carbone — l'altro sui 5 mila franchi di sovrappiù che annualmente gli resta: — somma
sempre uguate : 25 mila fr. È questo ciò che noi abbiam detto nel capitolo primo :
che il prodotto-netto iniziale si ritrova sempre in più nella Società, qualunque sia
il prezzo.
DEL PRODOTTO-NETTO TERRITORIALE. AH
CAPITOLO IV.
paglia. Non ci arresteremo a ripetere che quando due dissodatori, dopo avere
sacrificato ciascuno un travaglio come cento alla preparazione dei loro campi,
ottengono l'uno venti, l'altro dieci soltanto, di prodotto-netto, ciò deriva dalla
maggiore intelligenza che l'uno ha messo nella sua scelta — sia della terra che
più conveniva alla sua semente, sia della semente o della coltivazione che più
convenga alla sua terra; che in conseguenza colui che più ha ottenuto, è colui
che più ha meritato, e tanto più meritalo agli occhi del vero giudice — cioè
della Società — inquantochè è pervenuto a consegnarle ogni anno una doppia
somma di nuove utilità, non sacrificando che la medesima somma delle utilità
e delle forze che ella possedeva avanti di lui.
Invece di procedere così dal primo saggio di coltivazione fino ai nostri giorni,
prendiamo la quistione nel suo bel mezzo. Ecco una terra ed un reddito; — da
dove sia esso uscito poco c'importa, — noi passeremo soltanto a studiare come
si accresca.
Se proviamo che questo aumento altro non è che un profitto, altro non rap
presenta che la legittima rimunerazione d'un progresso dovuto al coltivatore,
potremo, in seguito, rimontando di tratto in tratto, concludere dalla variazione
del reddito al reddito totale (È questo il metodo dell'analisi differenziale e del
l'integrazione, in certo modo).
Così ecco una terra che frutta mille franchi di reddito all'anno. Il suo pos
sessore l'ha pagata 33 mila franchi. Gli occorrono trentatre anni — cioè tutta
la sua vita, se egli è giovane — per ammortire il capitale così impiegato.
Ogni anno, durante un tal tempo, il suo dare sarà di 1000 franchi, come di
1000 franchi è il suo reddito. Non ci faccia dunque illusione la parola pro
prietà : egli non ha avuto, in questo fatto di acquisizione, che un cambio senza
guadagno: valore contro valore, — valore presente di 33 mila franchi, cam
biato con valore eguale e futuro di mille franchi per il corso di trentatre anni.
Realmente egli non ha acquistato che il diritto di lavorare senza profitto, se non
migliora. — il diritto di percepire un profitto se lo merita migliorando.
Ecco la posizione. Ora quest'uomo sente bene che la contrattazione da lui
fatta è un controsenso, e forse un inganno, se non è deciso a migliorare. Tra
vaglia dunque. Un ruscello gli devastava un campo ogni invernata, egli lo inca
nala e gli segna il suo corso ; — aveva una terra umida, egli vi pratica sceli
e fognature, — una prateria troppo arida, egli arriva a condurvi dell'acqua, —
sentieri detestabili per andare dalla fattoria alle sue terre più lontane, egli li
ripara. — Prende cura delle sue scuderie, cerca le migliori sementi, incrocia le
razze, ecc Poniamo che in tal modo .— e spendendo ogni anno ciò che
occorra per mantenere i suoi lavori di miglioramenti in buono stato — il nostro
agricoltore si crei 500 franchi di prodotto-netto, al di là del reddito di mille
franchi che ha trovato e pagato.
Questi 500 franchi, io domando, sono o non sono il semplice e giusto pro
fitto del suo travaglio e delle sue anticipazioni?
Se egli ha sacrificato 5 mila franchi di capitale soltanto per ottenere un
tal risultato, il sovrappiù di 500 franchi nel suo reddito gli è forse meno do
vuto, di quel che sarebbe se avesse sacrificato 10 mila franchi?
Se il reddito persiste nel corso dei 50 anni o per 15 anni soltanto, sarà egli
meno legittimo in capo a trentanni di quel che sia in capo a 15 ?
DEL PRODOTTO-NETTO TERRITORIALE. 483
In verità, proporre tali quistioni, è già uno scioglierle. Quei 500 franchi,
l'abbiamo dimostrato, rappresentano il preciso valore del sovrappiù di servigi e
di utilità, di cui ogni anno il produttore arricchisce l'avere generale: — la sua
spesa in capitale di 5 mila o 10 mila franchi rappresenta, all'opposto, la
massa di forze e d'utilità precedentemente acquistate alla Società che egli ha as
sorbita, impegnata, sacrificata, per ottenere quell'eccesso annuale. Tanto meglio
per la Società, e tanto meglio per lui, se egli ha avuto il talento di sacrificare
due votte meno di ricchezze acquisite per ottenere la medesima quantità di nuove
ricchezze. Tanto meglio per lui e per la Società, se un tai guadagno dura più a
lungo, perchè durando più a lungo maggiore ricchezza si avrà per tutti.
Se dei 10 mila franchi sacrificati in anticipazione, egli non avesse potuto
io fin dei conti ricostituire che 6 mila franchi, certo la Società non gli ripaghe
rebbe i 4 mila franchi perduti ; — se dunque dai 10 mila egli ha sapulo farne
sorgere 15 o 20 mila, la Società nulla gli può domandare, e nulla riprendere:
come lui e per lui, essa guadagna sul beneficio, qualunque esso sia.
Così dunque, ciò che si è aggiunto al reddito, è profitto legittimo ed incon
testabile del lavoro e del capitale, — tutto, e finchè durerà, — qualunque sia
la sua mela e la sua durata. Il produttore dunque lo può trasmettere ad altri
per dono o eredità, cederlo temporaneamente o definitivamente, prestarlo o
venderlo.
Ora se noi rimontiamo di epoca in epoca, che cosa vedremo ? — Una serie
di aumenti consimili di reddito, che si aggiungono di generazione in generazione
e di perfezionamento in perfezionamento, al reddito anteriore: lutti dovuti, come
l'ultimo, ad un impiego di capitale: tutti in conseguenza del pari, nella loro ori
gine: profitti legittimi d'un perfezionamento qualunque nella coltivazione. — E
di passo in passo, noi arriviamo così senza interruzione sino al primo dissoda
mento, che ha creato un reddito ed un valore dove non esisteva nè valore nè
reddito.
Se dunque la cifra totale del reddito attuale non si componesse che della
somma di tutti i profitti successivi, rappresentate ciascuna dalta cifra del suo
valore originale, rimarrebbe provato che nulla resta, — nulla assolutamente —
nel reddito fondiario da potersi attribuire a questo valore esuberante, straniero
ed immeritato, che si è chiamato rendita.
Ora bavvi ben meglio di ciò: cioè che la cifra attuale del reddito è gene
ralmente molto inferiore alla somma di tutti questi iniziali profitti : che, per
effetto del ribasso delle derrate — tradotto, o in basso prezzo di alimenti, o in
elevazione generale di mercedi — si trova che ciascuno di tali profitti si è gra
datamente diminuito ed estinto col tempo; in modo che il reddito attuale più
non rappresenta che la somma dei profitti degli ultimi strati, per così dire, del
capitale.
-.Nili infatti abbiam veduto che, in tesi generale, i profitti erano di lor na
tura essenzialmente temporanei : che il guadagno il quale segue e ricompensa
ogni specie di miglioramento era al medesimo tempo l'esca ed il premio che at
tirava gli imitatori al seguito d'ogni progresso. Ebbene, il nostro agricoltore non
è l'unico che abbia ruscelli ad incanalare, paludi a disseccare, prati ad irrigare,
sentieri a fare, bestiame a migliorare, piante, sementi, arnesi ad introdurre nella
sua coltivazione. Attorno a lui si farà come si sarà visto che egli fa; sovente si
484 FONTBHAY.
farà anche meglio. Il progresso, d'altronde, può arrivare tanto bene per via di
mezzi speciali, quanto per via di metodi generali, — per metodi differenti, come
per metodi simili. Che l'uno guadagni dieci misure di grano asciugando la sua
terra, e l'altro dieci misure di riso inondandola, — ciò non toglie che si ot
tenga un di più di venti misure di cereali, derivate dal medesimo lavoro-cor
rente. Se l'uno pianta la vigna nel suo campo, preferendo 100 ettolitri di vino
a 50 ettari di grano che prima produceva, mentre un altro schianta la vigna
e lavora il suolo preferendo 100 ettolitri di grano a 50 ettolitri di vino, — ciò
per la Società sarà sempre il doppio di vino ed il doppio di grano, di quello
che prima essa aveva.
Ora se ciascuno produce più facilmente e più copiosamente ne risulterà ab
bondanza e ribasso di valore reale nei viveri. Se il medesimo lavoro annuale,
che produceva un ettolitro di grano, ne produce oggi due per media generale,
bisogna assolutamente o che il frumento cali di metà — o che le mercedi cre
scano di metà, in danaro. L'aumento della popolazione, con l'esacerbazione della
domanda, può contrappesare in parte il risultato. Ma noi non siamo più a di
battere teoreticamente se questo effetto possa o non possa compensare il primo.
Abbiamo provato con cifre incontestabili, che havvi nel fatto accrescimento con
tinuo della potenza di consumazione, e ribasso deciso delle derrate agrarie rela
tivamente alla mercede del lavoro.
Così non havvi alcuna specie di dubbio intorno a ciò ; tutti i profitti agri
coli, come gl'industriali, si vanno gradatamente attenuando per il ribasso dei
viveri relativamente alle mercedi. Il periodo d'estinzione dei profitti può essere
più o meno lungo, secondo che i progressi dell'industria agraria sieno più o
meno rapidi. Ma incontestabilmente di generazione in generazione, o di secolo
in secolo i profitti dei capitali antichi si annullano o si estinguono generalmente.
Dunque il reddito attuale non rappresenta affatto la somma di tutti i profitti,
quali erano alla loro origine, ma solamente la somma del loro residuo, — cioè
generalmente i semplici profitti dei meno antichi impieghi di capitale.
Dunque, vi ha doppia e quadrupla illusione a voler trovare, negli attuali
redditi della terra, dapprima la somma dei profitti successivi, e poi ancora una
rendita — salvo che non si cerchi che una rendita negativa.
Ora che si è ben compreso essere il reddito fondiario non altro che un'ac
cumulazione di profitti perfettamente legittimi, e profitti decrescenti — come del
resto sono tutti i profitti del mondo; egli è ben chiaro che colui il quale per
eredità o per compra ha acquistato e rappresenta i diritti anteriori di tutti i suoi
predecessori a questo profitto letale che si chiama reddito, ha pieno diritto di
disporre a suo modo dei suoi vantaggi, di cederli temporaneamente, o dividerli
con chi gli piaccia, secondo certe condizioni liberamente dibattute fra i due
contraenti.
Egli può associare alla sua coltivazione un mezzaiuolo, cioè un intraprendilore
che s'incarichi di tutto il materiale travaglio della coltura, con parte eguale o ine
guale nelle spese e nei prodotti annui. Può convertire questo dividendo variabile
ogni anno, in un reddito fisso, sia in generi, sia in danaro, — cioè affittare il
DEL PRODOTTO-NETTO TERRITORIALE. 485
CAPITOLO V.
Dei vantaggi naturali e delle circostanze indipendenti dal produttore che possano
influire sul valore del reddito fondiario.
(1) E, secondo noi, un gran torto il non ravvisare l'azione di queste cause estranee
sotto la loro forma, doppia e simmetrica, del bene e del male, di guadagno e di per
dita. Perchè, oltre i parziali compensi che si posson trovare in ogni caso speciale ,
risulterebbe almeno da questo pieno concetto l'idea d'armonia, d'equilibrio, e di giu
stizi» generale, nell'insieme e nella massa dei fatti.
i-i Perciò io vorrei che si rinunciasse al vocabolo agenti naturali, il quale sembra
indicare una spontaneità, e ti adoperasse esclusivamente quello di forze che ha un senso
più neutro. La natura al servigio dell'uomo è passiva e non attiva.
VANTAGGI NATURALI ECC. 48T
più difficili a dominare. L'alma parens che si adora non è che la nostra nemica
divenuta nostra schiava. Senza dubbio nel pensiero divino vi sono dei rapporti
preveduti, delle armonie prestabilite, fra le leggi dell'ordine fisico, e i nostri bi
sogni e le nostre facoltà; ma all'espressa condizione che l'uomo scopra le armo
nie e metta in azione i rapporti. Fin là tutte queste leggi gravitano e si muovono
al di fuori di noi, senza noi, e contro noi. Tutto il mondo ha una vita a parte e
una vita invaditrice; l'uomo nella sua ignoranza urta di continuo contro queste
forze estranee, tanto più ostili quanto son più potenti. La natura, se si vuole
assolutamente personiflcarla, è la sfinge di Tebe : fino a che non sia indovinato
il suo enigma, essa uccide e divora.
Noi non abbiamo veduto la lotta, non sappiamo più la cifra dei morti che
ogni vittoria ha costato; e poi misuriamo le parti del bottino, e ci sorprendiamo
a trovarli ineguali. Ma l'ingiustizia sarebbe nell'uguaglianza! Non è da dubitarne,
nell'insieme dei fatti come nei loro particolari, ogni notabile effetto è dovuto ad
uno sforzo superiore — sforzo di conquista e sforzo ancora continuo di conser
vazione. Quanto più si entra nello studio delle forme e nelle fasi dell'agricoltura,
tanto più penetra in noi la convinzione che ogni profitto è meritato, e che la
pratica umana — questa espressione distintiva del giusto e dell'utile generale —
non ha mai pagato caro se non ciò che era realmente difficile a crearsi.
Sventuratamente è piaciuto ad una certa scuola di non vedere nello sforzo
umano che la sua parie animale e materiale, di misurarlo col dinamometro, e di
ora in ora, come si fa per una macchina, — e peggio ancora, di estimare il me
rito ed il valore del suo intervento, secondo ciò che esso costi, cioè secondo ciò
ch'esso distrugga, non secondo ciò che abbia prodotto, — dal suo cattivo lato,
non dal buono, — dalla sua miseria, non dalla potenza. Con questa detestabile
materializzazione dell'idea del lavoro, tulio è stato falsato. Quando si vedevano
due intraprese inegualmente produttive, e valutando a metro ed a giorno ciò che
ciascuna aveva potuto costare in travagli preparatorii, si trovavano cifre disu
guali, o si diceva: l'ineguaglianza è dovuta all'azione della natura, perchè noi
abbiamo misurato l'azione dell'uomo ed essa è uguale in ambi i casi. Eh no, voi
nulla avete misurato, perchè il vostro calcolo dimenticava il principio medesimo
dell'azione umana, l'intelligenza, senza la quale il lavoro non è che una stupida
ginnastica; l'intelligenza che ha saputo qui, e non ha saputo colà porre in movi
mento e dirigere verso uno scopo utile le naturali attitudini. Voi avevate misurato
10 sforzo fisico, quello che per sua natura è costretto di consumare onde produrre,
e distruggere onde creare. Voi avevate dimenticato lo sforzo della mente, — che
crea da sè e dal nulla come Dio, che non mangia e non ispende, e ir cui inter
vento perciò più o meno largo, più o meno energico, si traduce necessariamente
in guadagni più o meno elevati. Compite l'idea del lavoro col suo elemento spi
rituale, e dappertutto invece delle forze della natura, voi più non vedrete che lo
sforzo inteltettuale che le ha indovinate, appropriate, messe in moto, — sforzo
11 quale non ha che una sola misura razionale e possibile: il risultato ed il
profitto che ottiene.
— Ma, si dice, l'intelligenza non trova ogni dove i mezzi di svolgersi. Le
attiludini naturati si presentano molto diverse; e si potrebbe mostrare il tale o
tal terreno, a cui il più sapiente agricoltore del mondo non farebbe produrre ciò
che un eentadino otterrà dal campo finitimo.
488 F0HTEKAY.
pagata alla Società dal concessionario. Se, per esempio, si tratta d'una colonia
o d'una grande impresa di dissodamento , si faranno dei lotti, e si metteranno
all'incanto. Alcuni presenteranno dei vantaggi naturali (1) o dei vantaggi di
posizione, relativamente ai centri di popolazione, alle strade, ecc. In conseguenza
si pagheranno. Ciò fatto , le presunte superiorità di reddito son soldate nella
massa comune, compensate perciò ed annullate da questa operazione prelimi
nare ; e ciascuno comincia il suo lavoro in condizioni le più perfette possibili
di giustizia e d'eguaglianza. Fin qui non havvi difficoltà.
Restano dunque unicamente le variazioni che possano sopravvenire nel va-
(I) Io uso questo termine vantaggi naturali perchè è adottato. Penetrando nel
fondo delle cose si riconoscerà agevolmente che esso è fatso; e che, quand'anche si
compri una terra vergine d'ogni travaglio diretto, mai non si pagano che i vantaggi
dovuti all'interesse sociale.
Perchè mai si paga un podere situato presso una buona via ? perchè se la via
non vi fosse, bisognerebbe farvela o bene o male. Essa costituisce un miglioramento
fondiario, precedentemente eseguito dalla Società a vantaggio di tutti i proprietarii fini
timi ; un sacriGzio ed una spesa che ella ha sopportato, e di cui è giusto che si fac
cia ripagare da coloro che ne profittano. Si paga dunque qui per la parte di guadagno
che vi rinviene da un anteriore travaglio comune, per il libero uso ed il godimento di
una forza comune e di un capitale sociale.
Ebbene, egli è appunto per una ragione consimile, che si paga il possesso di un ter
reno incolto generalmente stimato come attissimo ai cereali, per esempio, o ad ogni
altra coltura conosciuta per vantayyiosa. La Società, infatti ha scoverto il grano e la sua
utilità, se ne ha fatto un bisogno, ha trovato il mezzo di adattare alla sua coltura
certe qualità naturali del suolo, ha insegnato a riconoscere i caratteri che rivelano queste
qualità, tiene a disposizione del produttore le sementi, gl'ingrassi, gli strumenti, i lavo
ranti pratici. Questa scienza, questa potenza, questa facilità d'azione, la Società l'offre
a tutti — come poco fa offriva la strada. Ma avendola essa pagata, — pagata con se
coli di travaglio, con sudori e con sangue, — vuole che coloro a cui essa la dà, cedendo
una terra riconosciuta opportuna ad una tale coltura, la facilità esclusiva ed indivi
duale di applicare una tale scienza e potenza comune, gli paghino proporzionatamente
ai vantaggi che ricevono , una porzione delle sue spese anteriori. Colui infatti che
prende la terra da cereali , non ha bisogno di andar cercaudo le sue attitudini , di
scoprire un nuovo prodotto, una nuova coltura, un nuovo apparecchio di materiali,
di educare i suoi lavoranti, di fare (cosa immensa) l'educazione del pubblico consu
matore, di mostrargli l'utilità della sua derrata, e stimolarne la domanda, ecc. La So
cietà lo ha anticipatamente dispensato da tutti questi travagli, da queste totte, da questi
tentativi, da tutti gl'infiniti pericoli dell'ignoto. — Essa ha eseguilo per lui la parte
più difficile, gli ha aperto la via, come nel caso che dicevamo qui sopra. Egli paga
una piccola porzione del travaglio anteriore di tutti, perchè con esso si dispensa da
uo enorme travaglio suo proprio. Qui, come nel caso della strada, si tratta di una
forza comune di cui egli paga l'uso, un capitale sociale di cui egli ricava il profitto, e
di cui deve soldare l'affitto.
E la prova dell'essere l'uso d'un comune capitale di cognizione e potenza ciò che
si paga, e non essere le attitudini naturali, sta in ciò, che ove la cognizione e la po
tenza comune manca, l'attitudine naturale resta senza valore. Così, alcuni secoli ad
dietro, si sarebbe avuto per nulla un suoto arido, infiorescente di cobalto, di uranio,
o di cadmio. La Società non conosceva l'utilità e l'uso di tali metalloidi. Oggidì un
terreno simile probabilmente si venderebbe cento volte più caro che la più ricca terra
vegetale.
Io una parola, si paga l'azione dell'uomo, o l'azione della Società, — non mai
quella della natura. Io termini scolastici, il valore è subbiettivo e non obbiettivo, - •
umano e non naturale.
490 MNTEKAY.
lore dei prodotti, nei mezzi di cambio, nella domanda e nell'offerta, ecc., poste
riormente alt'appropriazione del suolo. Qui noi entriamo nel campo dell'a/e«-
torio. Liberato dalla supremazia della materia, l'uomo infatti rimane ancora sotto
la tirannia dell'avvenire, quantunque ogni giorno travagli ad affrancarsene sem
pre più. Nel frattempo, dovunque l'aleatorio non sia ancora scongiurato ed an
nullato, si accetta sotto la sua doppia forma di profitto o di perdita per una
tacita od espressa convenzione basata sul medesimo prineipio che. quello della
lotteria. .- -.•
In una intrapresa di colonizzazione o dissodamento come quello di cui par
lavamo or ora, quando i lotti sono stati aggiudicati, quando si sono scontati nel
loro prezzo non solamente tutti i vantaggi anteriori e noti, ma ancora tutte le
eventualità alquanto probabili; quando è per sovrincanto , cioè sul positivo ri
fiuto di tutti gli altri, che ciascuno rimane padrone del suo lotto; quando sì sarà
in tal modo sottratto all'ingiustizia ed al caso tutto fio che umanamente gli si
poteva involare, si è perfettamente inteso che ogni porzionario , cavando dalla
cosa sua il miglior partito possibile, accettava anticipatamente e prendeva a suo
carico tutti gli avvenimenti previsti o imprevisti, tutte le circostanze Inerenti o
straniere alla sua intrapresa, che potrebbero alterarne in seguito il valore in
bene od in male, — e che egli rinunziava affatto, salvo il caso di particolari
contrattazioni, ad ogni interesse, ad ogni solidarietà diretta nei profitti o nelle
perdite eventuali dei suoi compagni. È questo il senso della parola proprietà in
dividuale.
Ora che cosa accadrà? si saran messi, suppongo, dieci milioni in tutta que-
sta agricoltura. A capo d'un certo tempo, trenta, quaranta, cinquant'anni, —
quando la totale anticipazione si sarà ammortita in massa colla somma generale
dei redditi; se si fa il conto speciale di ciascheduno si troverà che sei o sette
milioni saranno semplicemente rientrati nelle mani di coloro che li aveano spesi;
— che uno o due milioni si saranno perduti dai meno abili o dai meno felici —
e che vi sarà all'incontro un guadagno-netto di uno o due milioni per una classe
di produttori o più felici o più intelligenti (I). Tutto ciò fu consentito gin dal
primo giorno. È una lotteria rigorosamente giusta, a probabilità perfettamente
uguali, in cui la somma delle poste e la somma dei premii è di dieci milioni :
una lotteria con dei numeri premiati, con dei numeri perdenti, con dei numeri
che non perdono nè guadagnano. Qui infatti, come in una lotteria, bavvi un
capitale comune che l'azzardo s'incarica di nuovamente distribuire fra i socli
che l'han formato colle loro poste, e che hanno anticipatamente accettato tutte
le probabilità di guadagno o di perdila, contando per altro sulla propria intelli
genza per facilitare le une ed evitare le altre. E questa convenzione nulla ha di
fittizio: esiste più o meno in ogni intrapresa, in ogni industria. È una grande
lotteria aperta e continua da molti secoli ; ciascuno vi entra o ne esce a suo
grado, comprando o vendendo. E ad ogni mutazione egli è implicitamente sti
pulato che colui il quale compra, prende a suo conto, e colui che vende, cede
per sempre tutte le buone o cattive probabilità del suo numero.
(1) Non ho bisogno di dire che l'intelligenza, grazie a Dio, contribuisce nel buon
successo più che l'azzardo. Noi ritorneremo più tórdi su di ciò ; per ora non abbiamo
bisogno di occuparci delle cause.
VANTAGGI NATURALI ECC. 491
Ma ecco che adesso voi vi rivolgete contro quei numeri vincenti, senza darvi
pensiero dei perdenti; voi domandate in che cosa essi abbiano meritato il loro
buon successo, e vedete in ciò disuguaglianze ed anomalie; e vi sentite obbli
gato perispiegare quest'ordine di profitti, di ricorrere a nuove parole , mettere
in iscena la fendita, il monopolio, la natura e le forze elementari .... — Ma,
Dio buono! non vogliate darvi tanta pena; non guardate soltanto il guadagno,
contate anche la somma delle perdite. Voi non avete voluto considerare che
la metà del fenomeno, ma ecco l'altra metà che lo spiega. È un giuoco, e un
giuoco leale. Gli uni han guadagnato ciò che gli altri han perduto: e il loro van
taggio è legittimo (quand'anche non fosse che un vantaggio), perche le proba
bilità erano eguali, e coloro che guadagnarono la loro posta potevano egualmente
perderla.
(1) Perchè, infatti, nessuna industria ha uno scopo compiutamente distinto dalle
altre, nessuno ha una clientela fissa, o un mercato che le sia esclusivamente proprio.
Vi sono sempre dei concorrenti indiretti, delle industrie supplenti, su cui si riporta la
dimanda ed il rialzo, quando l'industria principale vien meno. Se, per es., la metà
fra i produttori di ferro sparisse, si ricorrerebbe al rame, at zinco, al legno, ecc.,
per sostituire il ferro io un gran numero dei suoi usi. Altora il rialzo volgendosi in
parte su questi prodotti di sostituzione, è probabilissimo che il prezzo del ferro non si
raddnppierebbe salvo il caso di esigenze alfatto speciali. Ciò non altera l'esattezza di
quanto abbiam detto : ma fa soltanto comprendere che il termine industrie d'una me
desima specie, si deve intendere io un senso molto più largo che quello d'industrie
del medesimo nome, o fabbricante dei prodotti identici.
VANTAGGI NATURALI BCC. 493
chiede perchè mai il tal diamante, il quale non costò che un colpo di zappa, va
glia un milione, io risponderò : — perchè vi sono stati dei bilioni di colpi di
zappa dati avanti e dopo, e i quali non dissotterrarono che ciottoli senza valore.
— Allorquando ci si rintuonano le orecche col Clos-Vougeot ed il suo alto prezzo,
io dirò : guardate sulle cime dello Cote-d'Or quegli ammassi di un calcare
grigiastro, quelle vigne circondate come un cratere da monti di pietre che esse
han rigettato ad una ad una dal loro seno. Il vino che questo enorme travaglio
strappa al suolo, non si vende più di due o tre soldi la bottiglia: ecco perchè
ii Clos-Vougeot vai sei od otto franchi. — E per chiunque ha compreso ciò che
noi abbiano detto, questa risposta sarà perentoria.
Giova forse il dir qui una parola intorno all'uno dei casi precipui di van
taggio di posizione, cioè l'alto prezzo di vendita o di locazione dei terreni in
una grande città. Taluni economisti Iian creduto di vedere in ciò un reddito
del suolo: si son lasciati pippare da una parola, come direbbe Montaigne. Cre
dere che sia realmente un quadrato di terra che si paga in Parigi 200 o 300
franchi il metro , è come s'immaginasse che nella compra d'un numero da ca
lesse d'affitto, ciò che si paga 6 od 8 mila franchi, è la riunione di Uè cifre
gialle — e che quando un notaio vende il suo studio, venda il doppio stemma
di rame dorato, una ventina di cartoni, cinque o sei tavole infracidile, e una
cattiva stufa di creta, il tutto ceduto per la modesta somma di 500 mila fran
chi. Il terreno, come il numero del calesse, come lo studio del notaio, non
è che un segno rappresentativo di diritti acquisiti, un titolo a dei vantaggi e
a dei profitti scontabili. Ciò che si paga nel prezzo del terreno è una parte di
godimento agl'innumerevoli perfezionamenti d'una civiltà avanzata; è l'immensa
facilità di muoversi e di raggiare, di conoscere ed esser conosciuto; è la potente
aggtomerazione di ricchi consumatori se noi siam produttori, o di produttori e
prodotti d'ogni maniera se noi siamo consumatori ; è un gran numero di comodi
gratuiti, del lastricato, dei marciapiedi, del gaz, dell'acqua, delle feste, degli
spettacoli, dei palazzi, delle passeggiate, dei musei , dei magazzini, delle biblio
teche, dei depositi di tutte le ricchezze materiali o intellettuali. L'abitante di Pa
rigi che cede ad uno straniero la sua porzione di colali vantaggi ha bene il di
ritto di venderla caro. Giacchè fu egli o coloro di cui egli rappresenta .i diritti
acquisiti, cittadini della grande città, che gradatamente la rendettero ciò ch'essa
è: son essi che coi loro travagli, sacrificii, lotte d'ogni maniera, col loro danaro
o col loro sangue han conquistato e pagato codesti diritti, la sicurezza , il pro
gresso, il lusso pubblico, i lavori di utilità generale, i raffinamenti della civiltà,
quest'immenso svolgimento.della vita intellettiva e materiale. Si paga l'entrata
al giardino d'inverno, si paga il posto al teatro, si paga il diritto di occupare
vantaggi naturali ecc. 495
per alcuni giorni un magnifico alloggio mobigliato • ebbene, colui che vi cede il
suo terreno — cioè il suo biglietto, il suo posto nell'immenso giardino, nello
spettacolo così variato, nell'appartamento così riccamente provveduto di tutto,
che si chiama Parigi, — costui ha il medesimo diritto di farvelo pagare. Ed il
prezzo non hu assolutamente nulla in comune col valore del suolo; si mostra in
tutte le transazioni industriali che si operano in una grande città-
CAPITOLO VI.
(1) Io non comprendo quell'indeciso biasimo della proprietà fondiaria, che di tanto
in Unto s'incontra negli scritti dei più pregevoli Economisti : « Fortuna, dice G. B. Say,
per esempio, che niuno ahbia potuto dire : il vento ed il sole mi appartengono, ed il
servigio che essi rendono mi dev'esser pagato». Ma, caro maestro, se voi trovate
essere una sventura che si sia potuto dire : la terra mi appartiene, attaccate dunque
francamente la proprietà, e siate comunista.
DEL MONOPOLIO TERRITORIALE. 4$7
dustria, di cui tutte le contrattazioni son libere, ove ciascuno entra, di dove cia
scuno esce come e quando gli piaccia. Si è detto che il suolo è intieramente
occupato, o che la trasmissione d'una delle sue parti non fa che sostituire un
privilegiato ad un altro, senza cancellare il privilegio. — Ma, in verità, le cose
vanno forse altrimenti in ogni altra industria qualunque? Ne conoscete voi una
in cui, ad un dato momento, tutti i buoni posti non si trovino presi? Voi volete
fare cappelli, per ipotesi, vi sono nel paese mille teste a coprire, e due cappellai
per porre a profitto questa clientela. Voi non avete che due mezzi per divenire
mercante di cappelli: — o sostituirvi all'uno di questi monopolisti, comprando
il suo fondo di negozio, — o aprendo bottega allato ad essi, spossessarli par
zialmente o totalmente con la superiorità della vostra industria. Giacchè voi
non venderete cinquecento cappelli se non espropriando l'uno dei vostri rivali,
o entrambi, per la metà della clientela totale. Il manovale medesimo che viene
in un villaggio ad offrire le sue braccia, espropria la massa degli operai nella
proporzione di 300 giornate per anno. La produzione, in una parola, si regola
ogni dove sulla domanda ordinaria, ogni industria ha il suo territorio definito,
e la sua superficie limitata, ogni artigiano vi ha, come l'agricoltore, il suo posto
e il suo campo; ed ogni nuovo lavorante non vi s'introduce se non prendendo
uno di quei posti, cacciando via qualcuno o strappando qualche cosa alla por
zione di tutti. La terra è la forma più apparente del capitale; ma dolersi di ciò
che non siavi se non un certo numero di proprietarii del suolo, e chiamar ciò
un monopolio, è tanto ridicolo come il lamentarsi di ciò che non siavi se non
un numero limitato di tessitori, di fabbri, di vetturini, di medici, di giornalisti,
di carabinieri, e volere che ognuno accumuli sopra di sè tutti questi varii ufficii.
La limitazione nel numero dei produttori agricoli, come in ogni altra industria,
non è che la gran legge economica della divisione del lavoro e specializzazione
degli impieghi.
Del resto, per convincersi che non havvi alcun monopolio o privilegio pos
sibile nelle leggi che reggono l'appropriazione e la trasmissione del suolo, non
si deve che esaminare — ciò che sono attualmente codeste leggi, e ciò che esse
sarebbero in un ordinamento affatto comunistico, ove la società, unica proprie
taria di tutto il territorio, ne cedesse soltanto la coltivazione e l'usufrutto, —
aggiudicandoli per via di concorso ai più abili ed ai più degni. Se per avven
tura noi scopriremo un'identità perfetta, fra ciò che avviene attualmente e ciò
che allora avverrebbe, credo che non ci si verrà mai più a parlare di mono
polio territoriale.
E conviene prima di tutto dire in che modo noi conosceremmo l'uomo piò
meritorio e più abile. — Il produttore più utile alla società sarà evidentemente
quello che ottenga dalla porzione di suolo affidatagli la maggior somma di nuove
utilità, sacrificandovi la minor somma di forze sociali, di utilità antiche e già
acquisite per tutti, cioè colui che ne ottenga i maygiori prodotti-netti, come
abbiam detto. Ciò è inteso.
Partendo da un tal dato ecco quali sarebbero, in un sistema di perfetta co-
mvnansa, le clausole della concessione delle terre,
500 rONTE.NAY.
versare la cauzione richiesta, che è quanto dire, bisogna possedere dei capitali.
Che avverrà dunque allora del talento povero?
— Potrei rispondere che questa condizione del capitale preliminare, come
guarentigia, è indispensabile in ogni ramo d'industria; che vi sono delle terre
a tutti i prezzi ; e ve n'ha di meno care che la più piccola bottega delle nostre
città. Ma la Società fa ancora le cose più largamente di quel che si creda : ella
ha troppo interesse ad impiegare tutti coloro che possano ben servirla, per non
aver preparato più facili mezzi d'azione.
Allato alle grandi concessioni, a termini indefiniti, essa ha riserbato un altro
sistema di concessioni temporanee alla disposizione delle inferiori fortune. — E
questo è Yaffitto. Ecco una terra dalla quale voi credete poter trarre profitto
molto meglio di ciò che faccia il suo proprietario. Egli ne ricava, per ipotesi,
tremila franchi di reddito ; voi credete poter condurre questa somma fino alla
cifra di 5 mila; andate da lui, offritegli 2000 o 2500, per un certo numero
d'anni, egli accetterà, perchè questa contrattazione, dandogli quasi il medesimo
profitto che ottiene dal coltivare per conto proprio, gliene risparmia quasi tutta
la pena, e lo rende libero e disponibile per qualche altra intrapresa. Voi avrete
allora, ogni anno, per vostro guadagno, 2500 franchi, o più ancora se avete
saputo accrescer di più il reddito.
Eccovi ora, dal canto vostro, proprietario temporaneo, senza grandi erogazioni,
spesso ancora senz'altre cauzioni che la vostra notoria morale ed intelligenza.
E se il vostro fitto è lungo, se voi siete capace, questo mercato può essere più
vantaggioso per voi che quello della compra d'una proprietà. In fine, quand'an
che voi non abbiate che le vostre braccia e i vostri strumenti di coltivazione,
potete ancora intendervi ed offerirvi come mezzaiuolo. Il proprietario farà le
spese, per metà, o qualche volta in tutto ; voi dirigerete ed eseguirete il lavoro,
ed i guadagni si divideranno secondo certe condizioni. Solamente, egli è chiaro,
che, in queste diverse contrattazioni, quanto meno guarentigie vi si domandino,
quanto meno responsabilità vi si addossi nelle perdite eventuali dell'intrapresa,
tanto più la vostra rata di profitti dovrà naturalmente attenuarsi.
In qualunque modo che la coltivazione si trasmetta — per compra, per fitto,
per mezzeria, ecc., si vede che ogni porzione del suolo è sempre rimessa a colui
che si presume, ed è presunto più atto a cavarne buon partito, perchè egli è co
lui che, nella previsione dei suoi guadagni, può fare l'offerta più alta e più seria
al tempo medesimo. E quegli solo conserverà la sua concessione, il cui talento
sarà praticamente al livello delle sue promesse. Quindi è sempre alla massima
capacità presunta che la Società aggiudica, e alla massima capacità verificata che
essa conserva il diritto di coltivare la terra. In tutto ciò non bavvi di favorito
che il merito.
— Ma se il proprietario incapace non vuole nè vendere nè affittare?
— In questo caso la cosa è semplicissima. La Società l'espropria come in'
degno. Essa l'espropria, vi dico, giacchè, se egli amministra male, se non si
tiene al livello del generale progresso, vedrà progressivamente decrescere il su»
reddito, e quindi il suo capitale. Dissipatore o incapace, ad ogni errore subirà,
dapprima una perdita annuale e continua nella diminuzione del suo reddito, po
scia una perdita trentatre volte maggiore, iscritta a suo debito sul gran libro
della Società. La punizione e l'espropriazione andranno precisamente col mede'
502 FONTENAY.
simo passo, che l'abuso della proprietà. Egli avrà un bel respingere il momento
della liquidazione, ricorrendo all'imprestito; l'imprestito gli porta l'ipoteca, e,
voglia o non voglia, bisognerà che ceda il posto ad un altro. Oh ! la legge di
espropriazione per causa di pubblica utilità qui è bella e decretata, non ba
bisogno delia sanzione d'un sovrano o di due Camere, si esegue senz'atti, senza
giudizii, senza sequestri.
Insistendo un poco sull'aspetto sociale del meccanismo della- proprietà pri
vata si vede dunque che il preteso monopolio territoriale altro in fondo non è
che un comunismo, mirabile per intelligeuza, per sapienza e giustizia.
CAPITOLO VII.
mente. In fine egli sembra moltiplicare di continuo, con l'accelerata serie delle
sue colture, la superficie della terra, che deve essere come meravigliata a vedere
le enormi masse di cibi che le si strappano. Ma- codesti perfezionamenti, per
quanto sieno stupendi, non possono forzare la natura delle cose. Ilavvi in agri
coltura un'invincibile necessità di attendere per molto tempo un dato effetto; il
tempo manca all'uomo per fare esperienze compiute e studii appositi, prima di
saggiare in grande; l'agricoltura innova di continuo, e nondimeno havvi, nella
sua andatura apparente, qualche cosa di pesante e di ostile al progresso. Si sente
in certo modo che è questo il lato per cui l'uomo si collega al suo pianeta, e per
cui l'intelligenza è incatenata alla materia che gli oppone la sua eterna inerzia.
L'agricoltura dunque è molto disadatta ai rapidi profitti; ma, per la- medesima,
ragione, ha una grandissima sicurezza nei successi ottenuti; può vedere venire da
lungi le reazioni che riescono talvolta sì brusche nelle altre industrie, e può
prepararsi comodamente alle trasformazioni che divengono indispensabili.
Da altre circostanze ancora codesta sicurezza dipende. La flessibilità, la
estrema varietà delle attitudini del suolo, è una di esse. Io non pretendo già
dire che le altre industrie sieno affatto inflessibili; ma un filatoio, una miniera
di carbone, una fonderia, per poco che qualche circostanza sopravvenga a para
lizzarle, si rovinano e son perdute; il loro apparecchio materiale, adatto in ge
nerale ad uno scopo esclusivo, perde la maggior parte del suo valore; quindi il
guadagno dev'essere rapido in tali industrie, e la meta dei loro profitti è due o
tre volte più alta che quella dell'agricoltura. — La terra, all'incontro, potrebbe
paragonarsi ad una miniera in cui parecchi metalli fossero riuniti in fitoni con
tigui, in modo che, se l'oro non riesce, si possa estrarre il rame o lo stagno per
mezzo delle medesime gallerie e delle medesime macchine all'incirca. In agri
coltura, quando la concorrenza invade il vostro mercato e gradatamente vi re
spinge, voi potete con lievi modificazioni prendere un posto allato ad essa; giac
chè si contano a centinaia le varietà d'ogni pianta alimentare di qualche impor
tanza, come il grano o l'uva, ecc. L'abbondanza d'una derrata agraria apre,
d'altronde, una domanda ed un nuovo bisogno di qualche altra produzione a
cui la vostra terra si possa prestare; ed infine, nel più tristo dei casi, la perdita
del reddito non è mai che parziale e progressiva, — mentrecchè nel commercio
o nella manifattura è qualche volta totale e subita.
Egli è con questa grande pieghevolezza che l'agricoltura sfugge ai capricci
delle stagioni, e mantiene l'approvvigionamento necessario con una regolarità
che sorprende. Si è, per esempio, osservato che dopo un anno d'abbondanza la
produzione del grano si diminuiva : non credete che in tal caso si sia coltivato
un sol campo di meno: si è solamente coltivala qualche cosa diversa dal grano.
—: So all'incontro un centro di manifatture si forma in un paese, ed innalza
leggermente il prezzo dei viveri, per quanto ingrato fosse il suolo in apparenza,
voi non larderete a vederlo rispondere ai nuovi bisogni.
L'industria della terra si distingue per una larghezza o per una nobiltà di
andamento che è uno dei suoi lati più splendidi. In essa non si hanno piccoli
segreti, non gelose rivalità, non perfide manovre, non concorrenze sìeali. L'agri
coltore lavora all'aria aperta: il suo opificio è esposto a tutti gli sguardi : i suoi
segreti sono accessibili al primo che giunga. Volete voi avere la sua buona se
mente; volete voi copiare il suo nuovo aratro; volete voi incrociare il vostro
504 FORTENAY.
gregge colla sua bella razza? egli vi cederà, vi presterà, vi darà soventi tutto
ciò che vi occorra. Cosa bizzarra ! questi contadini, che farebbero dieci liti al
loro vicino per un solco tirato più a dritta od a manca di un limite dubbio, non
gli nasconderanno mai nè un metodo di seminagione, nè una ricetta per curare
il bestiame o garantire la messe. Il monopolio, la speculazione egoistica ed esclu
siva sou cose antipatiche all'agricoltura. Si direbbe che lutti i suoi lavoranti son
socii, e devono ripartirsi fra loro i guadagni di tutti. Gli è perchè l'agricoltore,
per la sua difficile e lunga scienza, ha bisogno di esperienza, di osservazione, di
saggi, e spesso ancora del soccorso di tutti: ed egli lo sa. L'estensione d'ogni
coltura d'altronde è cosi limitata, l'aumento di offerta che può risultare sul
mercato per effetto di ciò che vi portino i suoi vicini è cosa di sì poca impor
tanza, che la rivalità in agricoltura appena arriva al grado di emulazione. E se
un raggruppamento d'interessi merita il nome di comune, questa parola appar
tiene prima di tutto a quei gruppi d'intraprese rurali che sembrano marciare con
un medesimo passo, con il medesimo scopo, coi medesimi mezzi, con uno sforzo
comune , — sottoposte, per l'influenza dei medesimi fenomeni atmosferici, o
delle variazioni di un medesimo mercato, alle medesime variazioni di guadagno
o di perdila.
L'agricoltura non può produrre di troppo. — Ciò per lo meno, generalmente
si dice; e ciò è vero in certi limiti di tempo e valore. Come mai ciò avviene?
Come mai non havvi vuoto o ristagno notabile in una produzione che pochi
giorni di sole e di pioggia possono accrescere o diminuire di motto, e che per
l'indole voluminosa, e la difficoltà di conservazione dei suoi prodotti, non può
adoperarsi come capitale, e passa quasi intiero all'immediato consumo? — Si è
detto che l'agricoltura si crea essa medesima i proprii consumatori. — Se s'in
tende parlare dell'accrescimento di popolazione umana che i suoi progressi pro
ducono, ciò non può applicarsi che ad evoluzioni più lente di quelle delle quali
si tratta. Occorre più tempo per fare uomini che per fare alimenti. Ma havvi
un'altra popolazione alla quale forse non si è badato abbastanza; popolazione
mobile, variabile, che si può rapidamente allargare o restringere, secondo che
gli alimenti sovrabbondino o scarseggino; — intendo gli animali domestici. Vi
ha, per esempio, in Francia una popolazione animale di più che 50 milioni di
teste, non comprendendovi il pollame, i cani, ecc.; ciò che essa annualmente
consuma è enorme in cereali e frutti acconci all'alimento umano; la sua parte,
secondo Moreau de Jonnes, e per lo meno di 134 milioni di ettolitri. Cioè dire
più di quanto ne consumi la popolazione umana (quantunque si tratti di grani
inferiori). Al che bisogna aggiungere 378 milioni quintali metrici di paglia e
foraggi, i pascoli, la crusca, le polpe, le sanze dei semi oleaginosi, le ghiande,
le castagne, ecc. Tutto ciò, in valore , rappresenterebbe un consumo annuo di
più che due bilioni di franchi. Questa specie di popolazione inferiore si può rapi
damente accrescere, o anche più rapidamente diminuirsi. Forma la salvaguardia
dei popoli inciviliti contro la fame che essi più non conoscono se non come sto
rica tradizione. — Se infatti la sussistenza mancasse, si potrebbe sempre, abbat
tendo una parte degli animali, acquistare insieme la loro carne e le granaglie di
cui essi si nutrono. — Se all'incontro vi ha sovrabbondanza di produzione, si
nutrono meglio o se ne alleva una maggior quantità; e per il doppio vantaggio
che presentano come lavoranti ausiliari e come alimento , essi fanno insieme
CARATTERI DELLA PRODUZIONE AGRICOLA. 505
CAPITOLO Vili.
Uno dei più notabili caratteri della produzione agricola è la generale stabi
lità dei suoi prezzi, o, se si vuole, la loro lentissima tendenza verso un nomi-
nule rincarimento. Noi abbiamo provato, — in teoria, con la considerazione del
capitale, la cui applicazione necessariamente produce sempre una maggiore fa
cilità di produrre, — nella pratica, per mezzo di cifre ineluttabili — che questo
alto prezzo nominale non è nè rarità nè carestia, che la produzione agricola di
viene ogni giorno più potente, che il consumo è di giorno in giorno più copioso
e nii'ii costoso per le nazioni civili.
Ma questa maggiore facilità di vivere, quest'aumento della individuale po
tenza di consumo sono stati così compiutamente disconosciuti e formalmente
contraddetti da tutta la scuola di Ricardo e di Malthus, che non sarà inutile
d'insistere ancora una volta sull'importante risultato che noi intendiamo mettere
in piena evidenza.
L'aumento della generale e media potenza di consumo si può tradurre in
due modi: — o i prodotti agricoli saranno valutati a più basso prezzo mone
tario; — o la meta generale delle mercedi sarà più alia in danaro del pari.
Evidentemente nell'uno e nell'altro caso il risultalo sarà lo stesso sotto l'a
spetto della potenza di consumo: sempre si avrà una maggior massa di viveri
come compenso al medesimo sforzo fisico (1). Ebbene, egli è per mezzo della me
dia e generale elevazione delle mercedi che si manifesta, almeno ai nostri tempi,
il ribasso dell'alimento relativamente al travaglio. — Ecco ciò che gli economisti
di cui parliamo non bau voltito, o non bau saputo vedere. Con quattro linee di
statistica sul rapporto fra le mercedi e le mercuriali, colle cifre della popolazione
e della produzione poste in confronto, tulio il desolante sistema del rincarimento
dei viveri e della progressiva difficoltà di vivere, andava a terra.
Perchè mai la maggiore abbondanza dell'alimento si traduce in rincari-
mento di mercedi, piuttosto che in ribasso di grano? Perchè mai non si vedono
i due fenomeni insieme — come si vede il ferro, per esempio, calare di prezzo,
mentre che crescono le mercedi generali e le mercedi speciali dell'industria
siderale?
È forse questo un fenomeno speciale all'epoca nostra, la stabilità o il leggiero
rincarimento nominale della sussistenza? Si può egli credere che in un'altra
epoca si riprodurranno circostanze analoghe a quelle che dal secolo XIII
al XVI hanno attenuato il prezzo medio del grano in Inghilterra (e senza dub
bio anche altrove) da due lire sterline e più fino a 10 scellini?
(1) Voglio dire: lo sforzo di una medesima intensità e d'una medesima durata;
perchè lo sforzo attuale non è to slesso come merito, è meglio diretto e più intelli
gente. Ecco perchè è piò produttivo e meglio pagato.
SUL VALORE REALE DELLE SUSSISTENZE. 507
La comparativa lentezza dei progressi agricoli viene essa forzosamente dal
l'immensa difficoltà di quella scienza che manifattura la vita, e dal bisogno che
essa abbia di un preliminare aiuto di tutte le altre scienze ed industrie umane?
Se non si produce più rapidamente e meglio in agricoltura, è egli perchè
non si può, — o perchè non si vuole ? cioè perchè l'uomo sovreccitato da bi
sogni più elevati si occupa meno, una volta assicurato d'una sufficiente quan
tità, ad accrescere la sua razione di viveri o i suoi gastronomici godimenti ?
In fine è forse un fatto providenzialc questa nominale elevazione della sus
sistenza e di tutte le materie prime nei paesi inciviliti, affinchè vi sia, per mezzo
del commercio, un legame possibile fra di loro e le razze ritardate, — non po
tendo quest'ultime cedere fuorchè materie grezze alle nazioni che le schiacciano
su tutti gli altri punti colla loro superiorità industriale?
Son questi tanti gravi problemi, troppo gravi per le nostre forze — giacchè
tutto ciò che si collega alla vita generale ed ai grandi movimenti della razza
umana sul globo ha qualche cosa di misterioso. Ciò che qui a noi basta si è ii
fatto : che » prodotti alimentari, come tutti gli altri prodotti, si ottengono con
isforzi minori, si permutano con tninore quantità di travaglio.
nostri lavoranti sono usciti dalla produzione servile che produce per gli altri, e
son divenuti sempre più consumatori essi medesimi.
Sì, grazie alla scienza, alle macchine, al capitale, grazie all'intelligenza ed
alla superiore educazione dei nostri operai, bisogna considerare il lavorante at
tuale come equivalente a due o tre lavoranti dei secoli andati. È un uomo triplo
in potenza come produttore e come consumatore — per lo svolgimento delle sue
facoltà, come per l'estensione dei suoi bisogni (giacchè l'una non va senza l'al
tra). Si fa pagare tre volte più, perchè vale tre volte più. Questa specie di mi
sura, aritmetica o dinamica , del progresso umano ha il suo carattere e la sua
importanza.
Non si è forse ancora, in economia politica, cavato sufficiente partito da
questo ravvicinamento del prezzo delle cose e del prezzo del lavoro, soprattutto
nelle quistioni di cambio internazionale. Così si può facilmente dedurne la so
luzione d'una difficoltà che, lo confesso, mi ha per lungo tempo imbarazzato, il
basso prezzo delle sussistenze nei paesi nuovi.
Come mai , io diceva , la teoria mi mostra con irrefragabile certezza che
ogni impiego di capitale è causa di più facile produzione, che in conseguenza i
paesi ricchi devono in lutto produrre più facilmente che i poveri; e nondimeno
ecco le sussistenze men care nei paesi nuovi e ritardati ove il capitale è scarso,
che nei paesi antichi ed inciviliti ove vi è stato e vi ha molto capitale? Che
cosa è una tale anomalia? tra la scienza ed il fatto come mai vi ha dissidenza?
Io so bene che il tale o tal altro paese può avere attitudini speciali per la tale
o lai altra produzione. È certo che il Portogallo è più atto a produrre aranci di
quel che sia la Francia; — e che la Russia meridionale può naturalmente esser
più atta dell'Inghilterra a produrre i cereali. Ma mi sembra che la differenza di
prezzo è troppo grande per potersi unicamente attribuire a siffatta rau.-a , ed il
genio industriale, la superiorità di ricchezza avrebbero dovuto compensare am
piamente i vantaggi fisici. Qui dev'esservi qualche illusione.
Ed infatti vi ha una grandissima illusione. I popoli poveri producono più
difficilmente che noi anche in agricoltura. Impiegano un maggior numero di
giornate di travaglio che noi per ottenere un ettolitro di grano. — Soltanto i
nostri lavoranti costano più caro, spendono, consumano, vivono più e meglio.
Ecco ciò che innalza il costo dei nostri prodotti. Tutte le volte che si abbiano i
prezzi noti delle produzioni consimili di due paesi, e si confrontino colle rispet
tive mete di mercedi, si vedrà che il prodotto del paese ricco rappresenta un
minor numero di giornate di lavoro; — ciò che precisamente si deve chia
mare produzione più facile.
Si potrebbe così paragonare il valore reale, per esempio, dei cereali in Iu-
ghiltera ed in Russia. (Io non voglio che indicare questo semplicissimo calcolo
per il quale mi manca una cifra precisa della mercede agricola in Russia). La
provincia russa ove il frumento sia meno caro, secondo Tegoborski, è quella
di Saratow: l'ettolitro vale colà , in termine medio, franchi 6. 56 della nostra
moneta.
Nelle ricche contee agricole dell'Inghilterra il grano vale attualmente (1) 45
che ho detto. Il fatto, come la teoria, arriverà sempre a provare che la produ
zione più facile, la produzione fatta a minor costo di forza umana, si trova presso
le nazioni incivilite.
sia doppia che la mercede dei suol coltivatori; —allora 20 franchi di grano
rappresentano il doppio delle giornate di lavoro che son rappresentate da 20
franchi di chincaglierie. Cedendo 20 franchi di chincaglierie contro un ettolitro
di grano straniero a 20 franchi, sarà come se il paese producesse il grano con
metà del lavoro e delle braccia che occorrono sulle sue terre medesime. Tutte le
volte che per sopperire al commercio internazionale il paese toglie un uomo al
l'agricoltura e ne fa un fahbro o un coltellinaio, gli fa guadagnare un doppio sa
lario ed una doppia sussistenza. Aumenta il numero dei lavoranti più pagati,
diminuisce quello dei lavoranti meno pagati. Questo è un visibile aumento
della mercede generale e della ricchezza comune.
CAPITOLO IX.
Questa difficoltà sembra ancora più grave quando si esamina da dove sia
venuta, e per qual via continui il movimento ascensionale della mercede; perchè
agevolmente allora si riconosce che l'agricoltura l'ha subito, ed è stata in certo
modo trascinata a rimorchio dall'industria manifattrice. L'incremento delle mer
cedi è dovuto al progresso, ed in conseguenza è cominciato dal lato dove è co
minciato il progresso. Ora esso cominciò soprattutto dall'industria manifattrice.
È là che riusciva senza dubbio più agevole per la Datura medesima del lavoro;
— e poi è là che, come è noto, si è trovata quella vivificante atmosfera di li
bertà che ne forma l'elemento indispensabile: le corporazioni delle arti e del
commercio avevano i loro privilegi e le loro franchigie quando l'agricoltura era
ancora sotto il reggime della servitù.
Qual è l'effetto ed il contraccolpo dello svolgimento di tali industrie? Ecco,
per esempio, quella del ferro, che si mette ad operare più in grande, ad impie-
non vogliono impegnarsi che a cottimo. I salarti dei domestici e dei garzoni, in
molti luoghi, da un secolo in qua si sono quadruplicati,
E questo movimento di rialzo non è punto vicino a rallentarsi. Le mercedi
cresceranno sempre, ed il grano non decrescerà: ecco ciò che si può, a mio
credere, ragionevolmente affermare. Perchè l'agricoltura non può aumentare la
sua produzione oramai se non a forza di capitale e scienza. Più dispendiosa e
più illuminata, essa ha bisogno di operai più vigorosi, più attivi, e soprattutto
più istruiti e più intelligenti : e quindi necessariamente dovrà pagarli di più. Ma
allora tutta questa popolazione operaia meglio pagata assorbirà con un più am
pio consumo l'aumento dei viveri che si presenta sopra il mercato. Dimodochè
essa impedisce in doppio modo il ribasso dei prezzi : — dapprima per le spese
superiori che impone alla produzione, — poscia per l'aumento di domanda che
arreca sul mercato generale. Non havvl mezzo d'uscir fuori da questo circolo ; e
perchè d'altronde uscirne? Che la massa dei lavoranti cresca in potenza di con
sumo, come in potenza di produzione, questo è l'ordine e la legge del progresso.
Taluni pubblicisti hanno accarezzato il sogno della vita a buon mercato. Ciò mi
sembra un errore ed un anacronismo. La vita delle società ricche è la vita cara,
con alte mercedi, cioè la vita estesa, raffinata, molliplice in bisogni, in attività,
in soddisfazioni, verso cui l'evoluzione sociale tende.
Checchè ne sia, e senza voler vaticinare l'avvenire che non si occuperà
alfatto delle nostre predizioni, ini sembra dimostrato abbastanza che l'alto prezzo
dei prodotti agricoli devesi attribuire al continuo rincarimento delle mercedi. Il
lavoro rurale è sempre stato, ed è tuttavia, l'ultimo ed il meno retribuito, nella
scala delle mercedi ; quindi da ciò solo risulta che egli è soprattutto con l'esem
pio e col contatto delle mercedi industriali, egli è, dirò così, per un impulso
straniero, che ha dovuto elevare le sue pretese. Del resto, ciò è confermato dai
fatti: è certo che il progresso del lavoro e del lavorante è venuto dall'industria
manufattrice; e si può vedere ancora ogni giorno che la mercede agricola cresce,
per influenza, attorno ai centri industriali che si van formando.
La stabilità dei prezzi dei viveri è stata dunque per la proprietà fondiaria
non un vantaggio eccezionale, ma il semplice compenso delle condizioni, sempre
più onerose, che il graduale incremento delle mercedi imponevagli.
CAPITOLO X.
Malthus diceva: « Io trovai l'arco troppo curvo da un lato; forse l'ho troppo
ricurvato nel senso opposto ». Io cercherò di evitare il rimprovero che Malthus
aveva ben ragione di temere per sè. Havvi nella libertà del lavoro di Dunoyer
una giustissima classificazione. Prima d'ogni altra industria e come prima ma
nifestazione della potenza dell'uomo sul mondo materiale, Dunoyer mette l'in
dustria estrattiva, quella che si limita a raccogliere e non riproduce, — la
caccia, la pesca, l'estrazione dei minerali, ecc. Al contrario, è dopo tutte le for
me d'azione modiflcatrice dell'uomo, dopo le manifatture, il commercio, tee, che
egli pone Yagricoltura, la più difficile di tutte le industrie, com'egli la chiama,
» perchè essa opera sulla vita ». L'agricoltura è come una transizione fra le
industrie che hanno per oggetto la natura morta e quelle che si propongono
per iscopo la vita per eccellenza, cioè l'uomo, la sua conservazione, la sua edu
cazione, il suo governo, ecc.
Noi seguiremo questa magistrale indicazione, e ci sarà facile il riconoscere
che l'industria puramente estrattiva — che io chiamerei volentieri depredatrice
— appartenendo in certo modo ai limbi della civiltà, e collocata sui limili che
separano la vita selvaggia dulia sociale, può presentare alcuni fenomeni nell'an
damento dei valori un po' diversi da quelli che abbiamo stabiliti come effetti
necessarii del progresso umano nella produzione (la parola qui ha tutto il suo
valore).
Infatti la vita selvaggia ha le sue leggi che non son quelle della vita sociale.
Finchè l'uomo vivrà di una vita depredatrice, uccidendo senza allevare, racco
gliendo e tagliando senza seminare nè piantare, egli non sarà che un inteltigente
animale di preda. Due uomini allora, come due tigri, cacciando sullo stesso
terreno, si nuoceranno e si affameranno a vicenda : — homo homini lupus.
L'associazione muta quest'ordine di cose; l'agglomerazione per famiglie che loro
permette di resistere agli altri carnivori, lo svolgimento dell'intelligenza e dei
mezzi di procurarsi i viveri, che tien dietro all'associazione, producono un prin
cipio di benessere. Ma questa fase della civiltà, che non è ancora la coltivazione
del suolo, è rinserrata, ed urta con inflessibili limiti. — Sono quei limiti che si
scoprono quando i mezzi di distruzione perfezionati dall'uomo arrivano ad equi
librarsi colle naturali forze di riproduzione degli animali e delle piante di cui
egli si nutre. Perchè la densità della popolazione non porti la scarsezza di viveri,
bisogna che la tribù si possa movere liberamente e senza concorrenza, sopra
vasti spazii. Ogni vicino allora è un nemico, — ed ecco perchè la vita nomade
e la guerra sono un effetto necessario non casuale di quest'epoca sociale. In essa
può ancora esser vero che la difficoltà ed il caro prezzo dei viveri crescano in
ragione del numero dei partecipanti.
Quando dunque si può logicamente affermare che la progressione del numero
divenga decisamente una progressione di prosperità? — la risposta è agevole;
518 FOTTTEHAT.
quando l'umana attività, invece di limitarsi a prendere ed a distruggere, si ap
plicherà soprattutto a riprodurre; quando verrà in soccorso alle forze naturali,
insufficienti per procurargli la provvistu di cui abbisogna ; quando avrà studiato
le condizioni d'esistenza degli animali e delle piante utili per conservarli e mol
tiplicarli; quando l'uomo alleverà, seminerà, coltiverà, vivrà d'una produzione
umana, sopra una natura artificiale, e per dir cosi manufatta; quando, invece
di contare sull'azzardo, si sarà abituato a fare colle sue mani la sua sussistenza,
a prevedere e calcolare, a regolare perciò sulla sua potenza di produzione il suo
consumo, quello della sua famiglia medesima; a partire da un tal momento, la
moltiplicazione degli uomini non sarà più che un aumento di potenza produt
tiva, una maggiore abbondanza, e quindi un progressivo ribasso dei viveri. —
Il fatto lo prova, e la nostra mente con facilità ce lo spiega. Due uomini non
mangiano che due volte quel che mancia un sol uomo tutto al più : due uomini
lavorando insieme a produrre la loro sussistenza, ed aiutandosi vicendevolmente,
devono per lo meno produrre quattro volte più di ciò che farebbe un individuo
compiutamente isolato. È allora che si manifesta il fenomeno, che la sola abitu
dine non ci lascia ammirare, di un migliaio d'esseri umani, i quali vivano nell'ab
bondanza d'ogni cosa, su quel medesimo spazio, in cui una coppia selvaggia non
trovava che a forza di fatiche e pericoli una miserabile e quasi sempre insuffi
ciente sussistenza. Allora, secondo l'assioma di Bastiat, l'interesse di ciascuno
aiuta il benessere di tutti ; — ed è perciò che le idee di pace e di fratellanza sono
insieme un effetto ed un principio della forma sociale ed industriale.
Così, ecco due stati in cui il valore può seguire leggi differentissime. Quando
l'uomo si limita a prendere ed a distruggere una cosa, la rarità ed il valore di
questa cosa si possono aumentare; — quando l'uomo la riproduce, la sua ra
rità e il suo valore vanno necessariamente diminuendosi. In altri termini, l'in
dustria puramente estrattiva non è ancora affatto entrata nel cerchio del pro
gresso sicuro ; l'industria agrìcola, propriamente detta, vi si trova pienamente
internata (y est en plein).
Ora, malgrado la nostra avanzata civiltà (la giudichiamo cosi comparativa
mente), non vi sono ancora dei punti pei quali ci troviamo in contatto colla vita
depredatrice? — Certamente: noi abbiamo industrie quasi intieramente estrat
tive e che distruggono senza riprodurre. Da ciò talune anomalie nell'andamento
dei valori, che han potuto imbarazzare più d'un economista, — e che non si
mancherebbe di opporre senza quest'importante osservazione a coloro i quali,
come noi, pensano che il valore e la rarità delle cose utili si vanno continua
mente attenuaudo col progresso della civiltà.
Cosi la caccia ed il pesce rincariscono nei paesi molto popolati, e rincari-
rebbero ancora più se alcune leggi severe non le conservassero (conservare è già
quasi lo stesso che produrre). Ma quando noi vorremo e sapremo allevare la
selvaggina e metterla in coppie regolate, il suo prezzo più non crescerà; ma
quando la pescicottura, invece di limitarsi a pochi stagni, prenderà l'estensione
che ora si cerca di darle, il pesce calerà di valore. — Havvi una preziosa cor-
teccia il cui prezzo enormemente s'ingigantisce, parlo della quinquina. Ciòè ben
naturale perchè intorno ad essa noi siamo stati selvaggi più che i selvaggi ; gli
speculatoii han reciso o si affrettano a recidere quanta ne han trovata nei boschi
del nuovo mondo. Ma quando noi vorremo farne un'industria incivilita, nulla
WASSUUTO. 519
senza dubbio sarà più agevole ohe il piantare l'albero febbrifugo; ed allora il
suo prezzo infallibilmente si abbasserà. — In Francia abbiain veduto il prezzo
del combustibile innalzarsi pure per la distruzione delle nostre naturali foreste.
Se il genio industriale non fosse già alla ricerca di nuovi agenti di calorico, e
mezzi più economici di adoperarli, si potrebbe prevedere il momento in cui i
nostri depositi di carbon fossile. esauriti anch'essi, più non basteranno all'enorme
aumento che il loro consumo tende continuamente a prendere. Ed allora, mal
grado il perfezionamento dei mezzi di escavazione, si concepisce che il carbon
fossile potrebbe, almeno temporaneamente, rincararsi.
Dirò degli armenti di Buenos-Ayres ciò che dicevo della selvaggina. Il be
stiame dei Pampas altro non è che un'industria, la caccia. Avverra certamente
che, quando il paese si popolerà, la carne vi diverrà più rara ed il suo prezzo si
innalzerà. Non bisogna dire che ['incivilimento accresca il valore dei viveri: è ia
vita puramente depredatrice che continua a generare il vuoto e la rarità attorno
all'incivilimento, come fa dapertutto.
L'industria incivilita ed agricola non apparirà a Buenos-Ayres se non
quando si sarà cominciato ad altevare nelle stalle e nei prati richiusi. Allora se
voi vedete più tardi che le teste del bestiame si diminuiscano e il popolo si nutra
di. meno carne, potrete accusare l'agricoltura, la civiltà e la proprietà fondiaria
del delitto di provocare la fame. Ma egli è certo che colà come in Inghilterra
ed in Francia, il numero, la razza e la qualità degli animali domestici saranno
in continuo progresso a partire da quel momento, e il loro prezzo sarà in de
cremento relativamente alle mercedi.
Tutto ciò non è dunque un'eccezione, ma una pretta conferma di quanto
abbiamo detto. Noi infatti abbiamo parlato delle leggi della produzione, dell'a
gricoltura, del lavoro con cui l'uomo riproduce ciò che consuma. Là noi ab
biamo affermato, ed ora affermiamo la decrescenza dei valori, e t'aumento del
consumo ed il benessere generale. Ciò che può ancora persistere, in un luogo o
in un altro, dei fenomeni della vita depredatrice, non entra nella nostra tesi.
L'incremento di valore che potranno prendere gli oggetti pei quali l'uomo si li
mita ancora a consumare senza riprodurre, è precisamente il motivo che presto
o tardi lo indurrà a fare rientrare la loro produzione nella sfera della loro pro
duttività creatrice.
l'azione puramente fisica dell'uomo può essere dominata dall'azione fisica degli
agenti naturali, — e sopra un travaglio materiale la materia prevale.
Ciò che diciamo sull'influenza della fertilità naturale si applica a più forte
ragione aU'aleatorio (di cui la differenza dei terreni non è propriamente par
lando che un caso particolare). Nelle epoche primitive, la tirannia dell'impre-
veduto e dell'ignoto si manifesta sotto tutte le forme. L'isolamento, il difetto di
cognizioni, l'indomita energia degli elementi e delle stagioni, la debolezza delle
forze individuali, il vizioso ordinamento della potenza collettiva, la minaccia con
tinua dulia violenza, dell'ingiustizia, rompono talmente le leggi di proporzione
tra il lavoro e la sua ricompensa che l'idea di giustizia sembra rimanere ingoiata
in questo caos. È proprio il sordo e cieco Destino che costituisce il Dio dei
primi tempi.
Ma poco a poco l'uomo strappa al mostro alcuni brani della sua esistenza.
Egli impara a conoscere i segreti della natura e neutralizzarne vicendevolmente
le forze; moltiplica coll'associazione la sua potenza; oppone l'azione comune
alla violenza dei pochi ; la scienza, dea a doppia faccia, come Giano, — dal
lato che guarda l'avvenire gl'insegna a preparare e combattere preventivamente
gli effetti colle cause; — dal lato che guarda il passato gli dà coll'esperienza dei
fatti la singolare potenza di annullare, ripartendoli coll'assicurazione, i mali che
non possa nè impedire nè prevedere.
Certamente noi non ci facciam meraviglia se alcune menti rette e logiche
abbian cercato un nome particolare, come la rendita, per indicare quei guada
gni e quelle perdite casuali, la cui cagione è straniera all'azione del produttore;
e la coscienza generale comprende perfettamente che si domandi : • perchè mai
ciò avviene all'uno e non avviene all'altro, quando entrambi abbiano lavorato
del pari? » Cosi noi abbiamo consacrato un intiero capitolo per rispondere ad
un tal quesito. Ma vi si faccia bene attenzione: perchè l'uomo interroghi cosi
arditamente il destino bisogna che già l'abbia mezzo vinto e si senta le forze di
vincerlo affatto. Questa rivolta mentale contro un residuo di tirannia è il presa
gio della sua piena libertà. Noi possiamo dunque dire che il motivo dell'obbie
zione, alla quale abbiamo risposto, tende sempreppiù a disparire. E vedete : non
è egli già mirabile che un uomo, edificando una casa, spedendo una nave agli
antipodi, alimentando la sua famiglia col lavoro della sua mente o delle sue brac
cia, possa dire con certezza: malgrado l'incendio, il naufragio, la morte, il mio
carico mi sarà pagato, la mia casa resterà in piedi, la mia famiglia vivrà dopo
me sopra una parte della mia vitalizia mercede? La sicurezza, l'annichilamento
dell'aleatorio, la conquista dell'avvenire; ecco il grande scopo che l'incivilimento
ambisce, e che senza dubbio conseguirà. L'uomo per potersi dire in pieno pos
sesso della sua esistenza deve estendere sul tempo quella potenza che ha saputo
già conquistare sullo spazio e sulla materia.
Bisogna ancora guardarsi dal confondere col reddito agrario e col profitto
territoriale certi vantaggi accessorii, certi diritti convenzionali attribuiti dalla tale
o tal'attra legislazione ai possessori del suolo, — ancorchè possano dar luogo ad
un reddito o ad un fitto. Havvi una proprietà di dritto naturale ed immutabile:
la proprietà dei prodotti e dei mezzi di produzione creati per via del travaglio.
— E poi havvene un'altra di diritto convenzionale, proprietà modificabile, specie
di provvisoria concessione: per es., certi diritti di caccia o di pesca accordati agli
abitanti delle rive dei fiumi; — o la proprietà delle miniere e del sotto-suolo ri
conosciuta in certi paesi a favore dei possessori del suolo arativo, ecc. ecc. Esa
minando tali casi particolari vi si riconosceranno agevolmente certe convenzioni
d'utilità generale, che hanno per iscopo le une di interessare l'individuo verso
qualche cosa che può esser proficua a tutti, le altre di conservare certe cose co
muni, le quali non possono custodirsi contro la dilapidazione se non assogget
tandole ad un'appropriazione qualunque; molte, infine, che non sono so non
altrettanti compensi a dei carichi che la Società abbia imposto ai consuma
tori, ecc. ecc. Non è mia intenzione il passare in rivista tutta questa parte ac
cessoria e disputabile della proprietà fondiaria: rimando il lettore al bel trat
tato della proprietà di Carlo Comte. Tutto ciò che qui voglio dire si è, che i van
taggi convenzionali nulla han di comune coi profitti o veri redditi dell'industria
fondiaria. Quasi sempre bisognerà considerarli piuttosto come una specie d'im
posta pagata, ordinariamente in generi, da tutta la Società, proprietaria-reale
della Gosa, ad un individuo da essa incaricato di difenderla e conservarla in uno
scopo d'interesse generale. Ih fine, vi hanno alcuni di quei diritti, — forse an
che tra noi, — che sono residui di feudali tradizioni, non solamente estranei,
ma anche opposti alle leggi normali del reddito territoriale.
Ed ora che io ho coscienziosamente corretto, o indicato come debba cor
reggersi ciò che poteva esservi di troppo assoluto nella nostra teoria della pro
duzione territoriale, — se l'arco sembrasse ancora troppo curvato, pensi un altro
a raddrizzarlo a suo rischio e pericolo.
RUssrNTO. 525
Noi abbiam dunque detto :
Ogni prodotto-netto, nelle normali condizioni di giustizia e di libertà, è il
segno, la misura, la rimunerazione d'un progresso.
Il diritto del produttore al prodolto-netto non è limitato nè ad una meta nè
ad una durata qualunque.
Ogni diminuzione delle spese di produzione, qualunque sia il valor venale
del prodotto, è un aumento di benessere comune e di generale ricchezza. Ogni
accrescimento nella potenza di produrre è accrescimento della potenza di con
sumare.
Per mezzo della concorrenza, dell'imitazione, del perfezionamento ogni eco
nomia nella produzione si trasforma più o meno rapidamente in attenuazione di
valore ; — il vantaggio iniziale del produttore passa gradatamente al consuma
tore; perciò ogni profitto è essenzialmente temporaneo; ogni specie di reddito
decresce, e non può mantenersi che per un continuo travaglio di miglioramento.
il mezzo d'azione del progresso è il capitale messo in opera, — cioè il ri
sparmio utilizzato dal talento dell'invenzione. Ogni intervento del capitale ha per
iscopo e per ell'etto di sopprimere, mediante uno sforzo Unito ed una spesa fatta
uua volta, una serie indeUuita di travagli e di periodiche spese.
Quanto più la civiltà è innoltrata, quanto più havvi di capitale anteriormente
impiegato, e quanto più di capitale attualmente disponibile, tanto più il pro
gresso si svolge in altezza ed in superficie. Nel corso delle cose il progresso di
un'epoca è iu ragione della somma di tutti i progressi anteriori. Vires acquirit
eundo.
Il dividendo, la pigione, il fitto, l'interesse, non sono che semplici forme
della ripartizione dei prodotti-netti fra i produttori che, a titoli diversi, concor
sero alla loro formazione. I caratteri armonici e sociali del prodotto-netto si ri
trovano in tutti i suoi derivati.
LIBRO PRIMO.
CONFUTAZIONE DELLE TEORIE SULLA RE.NDITA TERRITORIALE.
CAPITOLO PRIMO.
Esame dei diversi sistemi » 390
CAPITOLO II.
La coltivazione non procede dalle terre più produttive alle meo produttive.
— Al contrario » 395
CAPITOLO III.
La potenza di produzione si accresce ogoi dove di epoca in epoca. — Prova
per mezzo della considerazione del capitale » 402
CAPITOLO IV.
L'aumento della ricchezza e della popolazione non difficolta nè rincara la
produzione dei viveri » 409
CAPITOLO V.
Le derrate agrarie, di epoca in epoca, si producono più agevolmente ed ab
bassano di valore reale. Prove per mezzo di cifre ...» 417
CAPITOLO VI.
Disaccordo fra le conseguenze del sistema di Ricardo e i dati sperimentali » 424
CAPITOLO VII.
La meta del reddito non è più alta sulle buone terre di quel che sia sulle
cattive 429
CAPITOLO Vili.
Ufficio neutro degli agenti fisici nella produzione. — La natura e la fertilità
nulla han da fare nella quistione del reddito territoriale . . ■ 443
CAPITOLO IX.
Definizioni della rendita 450
526 INDICE.
LIBRO II.
TEORIA DEL REDDITO FONDIARIO.
CAPITOLO PRIMO.
Del prodotto-netto io geuerale pag. 460
CAPITOLO II.
ProfiUi e mercedi. — Dividendo. — Fitto. — Interesse. — Meta. — Influenza
della meta » 468
CAPITOLO III.
Del prezzo-corrente » 476
CAPITOLO IV.
Del prodotto-netto territoriale. — Reddito, fitto » 481
CAPITOLO V.
Dei vantaggi naturali e delle circostanze indipendenti dal produttore che pos
sano influire sul valore del reddito fondiario » 485
CAPITOLO VI.
Del monopolio territoriale » 4%
CAPITOLO VII.
Particolari caratteri della produzione agricola » 502
CAPITOLO Vili.
Sul valore reale delle sussistenze » 506
CAPITOLO IX.
L'immutabilità o la tendenza lentamente ascensionale del prezzo nominale
del prodotti agricoli non costituisce una causa di guadagni supe
riori per la proprietà fondiaria. — Etletti del graduale incremento delle
mercedi » . ...» 511
CAPITOLO X.
Un'ultima osservazione Riassunto » 517
RENDITA.
OPUSCOLI DIVERSI.
sione comune potrebbe trascinarci. Gli sforzi sociali, non meno che quelli del
primo occupante individuale, sono nella stessa condizione dei prodotti dell'in
dustria, cioè nulla in se stessi posson valere, ma vagliono solamente per il
servigio che essi, o i loro effetti, permettono di rendere a coloro che li acqui
stino. Cosi, grandi o piccoli che sieno, mai non varranno se non ciò che vale il
servigio a cui danno luogo. Nondimeno, per maggiore chiarezza, noi siamo co
stretti di adoperare espressioni che abbiamo trovate false ; e dobbiamo tutto al
più limitarci ad esprimere il voto che gli adepti della scienza economica possano
farne uso senza offendere la verità, come l'astronomo che parla del tramontare
e levarsi degli astri, come il fisico che parla dell' ingrandimento degli oggetti
guardati attraverso una lente, senza che questo linguaggio nuocesse in alcun
modo al compimento delle verità della loro scienza. Il lettore ci perdoni questa
digressione; noi abbiamo preferito di farla avanti piuttosto che dopo di avere
adoperato impropriamente la parola valore. Gli sarà più difficile il tornare in
dietro da un'idea inesatta, che il concepirla sin da principio.
Le terre già coltivate, nella nostra ipotesi di un paese in cui la qualità del
snolo, le difficoltà del dissodamento, e quelle del trasporto, sieno generalmente
eguali, avranno inoltre per valore in ogni epoca, ciò che a quest'epoca coste
rebbe il porre in coltura una terra non dissodata di eguale estensione. Questo
valore sarà generalmente inferiore alle spese dell'antico dissodamento, perchè i
mezzi di coltivazione si perfezionano, ed il servigio che si ottiene acquistando
un terreno già preparato non può estimarsi dall'acquirente che in ragione del
sacrificio attualmente richiesto per mettere in coltura un'eguale estensione di
terra incolta.
Onde concepire il reddito e ciò che si chiama il valore d'una proprietà,
dobbiamo primieramente distinguere la pena, ossia il capitale occorrente a pre
parare la terra per porla in coltura. Questo capitale è incorporato al suolo, non
può staccarsene, e non può perire sinchè duri la coltivazione. Tostochè è impie
gato, deve rendere gl'interessi correnti in questo genere d'intraprese, altrimenti
non se ne farebbe il sacrificio coltivando la terra. Non deve sorpassare il capi
tale che per l'ordinario si dedica nel paese al dissodamento, perchè non può
rendere che l'interesse ordinario di un tal capitale. La parte del reddito totale
della coltivazione, dovuta al medesimo capitale, è fissata dalla concorrenza che
esista nei dissodamenti di nuove terre.
Se il proprietario ha trovato il mezzo di diminuire la sua spesa, raccoglierà
un guadagno di più della meta dell'interesse, perchè ricaverà il medesimo red
dito, fissato dalla concorrenza, con un capitale minore. Questo guadagno decre
scerà e disparirà, a misura che l'economia arrecata dal proprietario nei disso
damenti si spargerà nel paese, perchè la concorrenza dei nuovi diboscatori farà
discendere il reddito derivante dal capitale di primo dissodamento fino al livello
del suo solo interesse ordinario. Il qual effetto necessariamente avrà luogo,
perchè duovì dissodatori vorranno limitare il perfezionamento, onde ottenere un
reddito maggiore dell'interesse abituale, ciò che essi non potranno senza accre
scere la quantità del prodotto al di là della ricerca, cioè senza abbassarne il
prezzo fino a quella meta che dia l'interesse corrente del capitale, ed al di sotto
del quale non può discendere, perchè questa meta è indispensabile onde si sa
crifichi un capitale alla terra.
53"2 wolkopp.
Quando il beneficio dell'iniziativa e dell'intelligenza del dissodatore, che abbia
trovato il mezzo di economizzare le sue spese, sarà disparso per effetto della
concorrenza, il reddito dovuto alle spese di dissodamento per una data superfi
cie sarà pure diminuito per tutte le antiche terre; e ciò che chiamasi loro valore
più non sarà equivalente a ciò che in realtà vi fu speso per dissodarle, ma sarà
equivalente al capitale che oggi basti per produrre il medesimo effetto ; cioè al
servigio che l'antico dissodamento oggi può rendere.
Riassumendo, si vedrà che havvi nel valore del servigio possibile a readersi
dal proprietario d'una terra, vendendola, in primo luogo, una parte dovuta
all'azione collettiva della società che mantenga il territorio nella sua dipendenza.
Questa parte deve fruttare un reddito sempre equivalente alla meta generale
dell'interesse; non può diminuirsi che con questa meta, non essendo suscetti
bile concorrenza. Ma è sempre una parte sì minima, comparativamente al red
dito totale, che non si può trascurarla del tutto, se non nei primi tempi della
fondazione d'una società ordinata. Le spese di prima occupazione si confon
dono con quelle del dissodamento. Non vi sono dunque che le spese di disso
damento per formare tutto il valore del servigio, valore invariabile per tutte le
proprietà ad estensione eguale, ad una medesima epoca, e che diminuisce a
misura che i mezzi di coltivare la terra si perfezionino, l'interesse corrente dei
capitali si attenui ; eguale non già alle spese che qualche abile dissodatore
abbia trovato modo di diminuire, ma alle spese abituali nell'epoca di cui si
tratti.
Agevolmente si concepisce che, se l'interessse corrente dei capitali impiegati
a dissodare fosse alla medesima meta che l'interesse generale dei capitali,
l'impiego di fondi destinati a preparare il terreno per la coltura corrente non
potrebbe trovare una rimunerazione bastevole, giacchè noi abbiamo ora veduto
che questa rimunerazione non equivarrebbe all'interesse corrente se non per
poco tempo e ben presto si abbasserebbe per effetto del progresso nell'arte
agricola, indipendentemente dal ribasso derivato da quello dell'interesse dei
capitali che si vadano accumulando.
Solo i più abili ed i più attivi potrebbero, prima che la concorrenza facesse
sparire il loro benefizio, considerarlo come un compenso, o un'ammortizzazione
di quella parte del capitale, i cui interessi dispariranno sotto l'azione della
concorrenza. Ne segue che i dissodamenti di nuove terre richiedono una meta
d'interesse nei capitali impiegati a tal uopo, superiore alla meta generale dell'in
teresse nel paese. La concorrenza regolerà questo sovrappiù in modo che il
dissodatore non ottenga in fin dei conti per il suo capitale, che l'interesse
corrente, e di continuo decrescente. Se ottenesse di meno, non si dissoderebbe
prima che il prezzo dei prodotti non si fosse rialzato sino ad assicurare questo
interesse. Se gli riuscisse di ottenere di più, un terreno dissodato avrebbe mag
gior valore, cioè darebbe luogo ad un maggior servigio che il capitale impiegato,
e la speculazione si volgerebbe al dissodamento, fino a che i capitali impiegati
in tal genere di lavoro discendessero al valore comune dei capitali nel paese.
Si vede dunque, di passaggio, che la meta dett'interesse, diversa nelle diverse
industrie, non influisce sul valore dei capitali a cui essa si riferisca, e che le
differenze realmente non sono nominali; perchè se si tenesse conto dei rischi e
1 BORIA db' redditi territcbiali. «53
delle difficoltà proprie di una data industria e meritevole di un'alta meta d'in
teresse, in realtà non si troverebbe che l'interesse ordinario.
Il capitale impiegato alla preparazione del suolo non può dunque ammor
tizzarsi, se non per mezzo di nuovi perfezionamenti. Si confonde colle naturali
condizioni della terra, è divenuto passivo, ed i suoi effetti non possono perirvi
finchè durerà la coltivazione. Non è questo capitale, che potrà direttamente
fruttare la sua porzione di reddito, di continuo decrescente — porzione indi
spensabile perchè il proprietario si decida a farne il sacrificio. Ciò naturalmente
ci conduce ad analizzare le spese annuali della coltura corrente: son esse che
rappresentano il capitale perituro ed attivo dell'intrapresa.
Le condizioni naturali e quelle del trasporto si suppongono uniformi per
tutto il territorio; quindi le spese di coltura d'una derrata saranno eguali per
eguali quantità di essa. Qualunque sia la quantità assoluta prodotta con un dato
capitale attivo, il profitto del coltivatore sarà sempre alla medesima meta, voluta
dalla natura di quest'industria. Basta in conseguenza esaminare i fenomeni
economici della produzione d'una sola derrata, perchè essi sono identici a quelli
della produzione di tutte le altre.
il capitale perituro ed attivo annualmente dedicato alla coltura, si compone
di due parti: 1° mercedi degli operai, materiali e prodotti necessarii alle manu
tenzioni ed alle annuali riparazioni, come ai tributi comunali o governativi;
2« ammortizzazione di capitali spesi periodicamente nel rinnovare, ristauraie,
ricostruire le parti del materiale, più o meno durevoli.
Il reddito annuale lordo deve contenere: 1° la somma delle due parli di
tpese annuali, e 2°- il reddito netto, che si compone del profitto, alla meta
corrente, per la prima parte del capitale; degli interessi correnti dei capitali, la
cui ammortizzazione forma la seconda parte delle spese annuali, e degli interessi
alla meta speciale di un capitale equivalente alle spese attuali del dissodamento
d'una terra vergine ad egual superficie.
Ciò che si suolo chiamare valore della terra coltivato, non sarà composto
che del valore attuale del dissodamento, e del valore delle parli di materiale
relativo al loro stato di conservazione.
11 valore o prezzo di tutta la quantità del prodotto ottenuto saranno eguali,
qualunque sia questa quantità, perchè essa in tutti i casi dev'essere eguale al
reddito totale o lordo, or ora indicato. Ora sarà sempre cambiata con quella
quantità d'ogni altro prodotto del paese, che si oltenga colle medesime spese.
Ma il valore dell'unità del prodotto sarà tanto maggiore, quanto minore sarà la
quantità prodotta. Si permuterà con altrettante unità d'altri prodotti. Il prezzo
dell'unità sarà sempre uguale al reddito lordo diviso per il numero d'unità del
prodotto totale, o per ciò che si chiama prodotto lordo. La parte di prodotto
lordo che deve coprire le spese è uguale a queste spese divise per il prezzo;
h parte del prodotto lordo che deve dare il reddito netto, e che noi chiameremo
prodotto netto, è uguale al reddito netto diviso per il prezzo.
Noi abbiamo veduto che, a misura che l'arte agricola si perfezioni, e i capitali
si vengano accumulando, il servigio a cui dà luogo il capitale, dedicato al disso
damento delle antiche terre, scade di valore; perchè la parte di reddito netto
the gli compete diminuisce per due cagioni; attenuazione delle spese di disso
damento e ribasso dell'interesse generale dei capitali nel paese.
.''.." i WOLKOFF.
L'altra parte del valore delle proprietà territoriali, dovuta al materiale della
coltivazione non si diminuisce che relativamente all'aumento di questo materiale
che forma egli medesimo parte dei capitali accumulatisi nel paese (1).
È il valore delle unità del materiale di coltivazione, che si diminuisce per
effetto dell'aumento del loro numero. Quanto al valore totale, esso deve aumen
tarsi; cioè la somma degli interessi dovuti ai capitali rappresentati dal materiale,
non comprese le ammortizzazioni, deve aumentarsi malgrado il ribasso della
meta di questi interessi. L'accumulazione dei capitali in materiale non avrebbe
luogo, se la somma dei loro interessi non si accrescesse: se si diminuisse, vi
sarebbe vantaggio a diminuire il materiale. Ne segue che l'attenuazione di
valore nelle unità del materiale dev'essere sempre men rapida che l'aumento
del loro numero ; e mentre la meta dell'interesse decresce, ed il valore e la meta
dell'interesse spettante ai sacrifici fatti per il dissodamento si abbassano, il
valor totale del materiale si accresce, come si accresce la somma degli interessi
dei capitali rappresentati dal materiale. Così dunque, in un paese in progresso,
delle due parti che costituiscono il valore d'una terra in coltura, l'una — valore
del dissodamento, — si diminuisce, e l'altra — valore del materiale — si accresce
in somma assoluta, diminuendosi relativamente alla quantità di questo mate
riale. L'ultima cresce più di quanto la prima decresca ; e finisce ben presto col
sorpassare di molto quest'ultima.
Vediamo ora ciò che divengono le spese di produzione. Esaminiamo dapprima
la mercede del lavoro. L'accumulazione dei capitali deve aumentarne la meta,
perchè non abbiamo bisogno di notare che noi per accumulazione intendiamo
non solo l'aumento assoluto, ma anche l'aumento relativo a quello della popo
lazione. Ora, siccome non si può rendere fruttifero un capitale, che applicandovi
il lavoro dell'uomo, cosi questo lavoro sarà più ricercato e s'innalzerà di valore.
Da un altro lato, il materiale si migliora aumentandosi in un paese che pro
gredisca, il suo aumento per una terra in coltura, come il suo miglioramento,
non ha altro scopo che quello di sostituire al travaglio oneroso dell'uomo il
(1) Il vatore delle unità del materiale, come quelto di ogni prodotto, varia relati
vamente alle unità d'un prodotto il cui vatore restasse a un dipresso fermo; tale sa
rebbe un prodotto di primo bisogno atl'esistenza degli uomini, e il cui eccesso nou
di meno non trovasse consumatori. Giambattista Say ha insistito su questa proprietà
del grano in Europa. Tale sarebbe ancora una derrata, la cui naturale difficoltà di
produzione teoesse l'offerta in costante equilibrio colla domanda, ciò che fino a certo
punto avviene ai nostri tempi riguardo al danaro, e che più non ha luogo riguardo
all'oro. .
Checchè sia delle variazioni di rapporto tra l'offerta e la domanda dei prodotti
indispensabili in un impiego e quasi inutili in ogni altro, o dei prodotti le cui cir
costanze naturali finora non permettano d'accrescere la quantità se non in propor
zione della cresciuta domanda, io ogni caso queste variazioni son sempre minori ebe
l'aumento costante, e sempre possibile, a spese eguati o minori, dei prodotti, il cui
consumo si moltiplichi col moltiplicarsi degli umani bisogni, ed in conseguenza vada
al di là dell'aumento della popolazione. 1 primi iu conseguenza posson servire a ri
velare il ribasso continuo del valore degli ultimi.
Egli è soltanto per facilitare l'esposizione delle idee, che noi adoperiamo le parole
prezzo e reddito in vece di vatore. Noi supponiamo che il vatore del danaro non abbia
subito al medesimo tempo la variazione avvenuta nelle altre derrate.
TEORIA DB' REDDITI TERRITORIALI. 535
soccorso gratuito delle forze naturali. Perchè si trovi vantaggio in una tale
sostituzione, bisogna che, in un aumento di spese che accrescano la produzione,
l'aumento delle mercedi sia minore che l'aumento della somma degl'interessi
dovuti alla moltiplicazione dei capitali.
Sostituendo al travaglio umano le forze della natura, si mitiga l'aumento
delle mercedi ; ciò che, eolla diminuzione delle braccia, permette di conseguire
lo scopo indicato dell'economia nelle spese in mercedi, relativa all'aumento
della somma degli interessi voluti dal cresciuto materiale. Le spese per l'acquisto
di materiali e prodotti necessari alla manutenzione annuale non crescono rela
tivamente all'aumento della somma degli interessi dovuti ai capitali impiegati
in materiale ; perchè se la quantità di questi materiali si accresce, il loro valore
si diminuisce al medesimo tempo, nella decrescenza generale del valore dei pro
dotti. I tributi sociali crescono ordinariamente in modo assoluto, quantunque
ciò non sia una legge naturale del progresso in un paese. L'aumento deve
essere insignificante, quando i fondi pubblici sono amministrati con qualche
economia; e bisognerebbe supporre un gran disordine finanziario nel paese
perchè non vi sia alcuna diminuzione di tributi relativamente all'aumento della
somma degli interessi dei capitali impegnati nelle intraprese agricole. Infine,
l'ammortizzazione dei capitali impegnati forma il solo elemento di spese, la
cui somma cresca relativamente al crescere della somma degli interessi dei
capitali, quando la meta di questi interessi decresce per effetto dell'aumento dei
capitali. Ma il materiale dell'intrapresa si migliorerà pure in quanto alla sua
durata, il che deve diminuire la somma delle ammortizzazioni relativamente a
quella degli interessi, non che le spese di manutenzione.
Si vede adunque che insieme ad un aumento nella somma degli interessi
dovuti ai valori che formano il materiale, cioè, insieme all'aumento del capitale
impegnato, o del valore della proprietà, havvi una diminuzione relativa
nelle spese.
Il reddito lordo deve contenere: 1° le spese, — aumentate in somma asso
luta, ma diminuite relativamente all'aumento della somma degli interessi sui
capitali perituri ed attivi del materiale; 2° il reddito netto in cui si compren
dono: 1° i profitti dovuti alla parte delle spese per mercedi, manutenzione e
tributi; 2° gl'interessi dei capitali in materiale, — profitti ed interessi aumentati
in somma assoluta quantunque diminuiti nella loro meta, — e 3° infine, il red
dito netto deve contenere gl'interessi del valore virtuale del dissodamento, —
diminuito in modo assoluto, ed a più forte ragione diminuito riguardo all'au
mento di valore nella totalità dei capitali in materiale.
Si vede dunque che l'aumento del valore d'una proprietà, conseguenza
necessaria dell'accumulazione dei capitali in un paese, deve diminuire le spese
di produzione, relativamente a questo valore, e relativamente al reddito lordo
di cui essi occuperanno una parte minore. Si vede che il reddito lordo deve
crescere relativamente alle spese, diminuendosi relativamente all'aumento del
valore della proprietà. Si vede infine che la somma dei profitti e degli interessi
dei capitali in materiale, formante la massima parte del reddito netto, deve
crescere relativamente alle spese, occupare una parte maggiore del reddito lordo,
e diminuirsi relativamente al valore della proprietà.
È il prodotto lordo che deve dare il reddito lordo. Il suo valore deve
.i.">!i WOLKOFF.
terre coltivate può produrre tutto il ribasso del prezzo per elicilo del prodotto
cresciuto al di là della domanda. Nel caso di diminuzione delle spese senza
aumento del prodotto, la concorrenza sopra nuove terre aumenterà la produ
zione, ed abbasserà il prezzo. L'abbassamento del prezzo costringerà i ritardatari,
li spingerà a perfezionare onde non perdere i loro redditi; e l'estensione dei
perfezionamenti, dapprima lenta, diventerà sempre più rapida, sotto lo stimolo
del progressivo abbassamento del prezzo.
Così i proprietaria operando colla mira del loro personale interesse, opere
ranno molto più nell'interesse dei consumatori. Alcuni otterranno un beneficio
sempre decrescente e presto a sparire ; altri non perverranno che a mantenere
i loro redditi, la cui meta decresce, la cui somma non cresce che per l'aumento
dei capitali in proporzione più forte. L'abbassamento del prezzo, all'incontro,
costituisce un vantaggio durevole, gratuito e generale pei consumatori.
L'aumento della popolazione e con esso l'aumento della domanda, finirà
col fare occupare e porre in coltura tutto il territorio del paese. Allora più non
si potrà soddisfare alla domanda crescente, se non impiegando nuovi capitali
aitivi sulle medesime terre. In questa sovrapposizione di capitali, come noi
ci abbiamo permesso di chiamare il fenomeno, il nuovo capitale darà, per
la natura delle cose, un aumento di prodotto lordo, proporzionalmente men
forte; pure questo capitale dovrà dare un reddito netto alla meta corrente, senza
di che non sarà impiegato. Ne segue dunque che il prezzo dei prodotti ascen
derà per l'aumento della domanda, fino a che non procuri ai nuovi capitali il
profitto richiesto. Questa condizione pone al prezzo un limite al disopra del
quale esso non può elevarsi. L'elevazione del prezzo può venire ritardata da
miglioramenti nell'effetto degli antichi capitali ; ma questi miglioramenti in
pratica finiscono sempre col trovarsi sorpassati dalla domanda. La prima sovrap
posizione di capitali si fa su tutto il territorio; e però un nuovo aumento di
domanda innalzerà ancora il prezzo dei prodotti; questo nuovo innalzamento
sarà del pari arrestato dall'impiego d'un terzo strato di capitali men produttivi
ehe i secondi, e così di seguito fino a che la concorrenza straniera non venga
io fine ad arrestare l'aumento continuo del prezzo e dell'impiego dei capitali
sempre men produttivi.
Paragonando i redditi netti dei capitali sovrapposti, noi vedremo che gli
ultimi danno il minor prodotto, il cui valore non procura che i profitti alla
meta corrente, e che il prezzo dell'unità di prodotto ne viene in conseguenza
innalzato. Vedremo in seguito che i penultimi capitali danno maggior prodotto,
il quale, al prezzo tenuto dagli ultimi, procura un reddito netto maggiore dei
profitti ordinari; che i capitali impiegati avanti quest'ultimi danno una maggiore
•.suberanza di prodotto e di reddito netto, e cosi di seguito fino ai primi impie
gatisi, che ne danno di più. Questi aumenti di prodotto netto e di reddito netto
ni chiamano specialmente rendita delta terra, o rendita territoriale in prodotto
e in danaro.
La rendita è inevitabile a causa dell'uniformità di prezzo per tutte le unilà
del medesimo prodotto. Questa uniformità di prezzo è necessaria per l'equa
distribuzione della derrata prodotta fra i consumatori; senz'essa la distribuzione
non potrebbe farsi in ragione del travaglio e del bisogno degl'individui.
Dall'aspetto sociale havvi aumento di pena presa per la produzione delle unità
538 WOLK0FF.
della derrata col mezzo di capitali successivi. Quest'aumento di pena si espri
merebbe, per ogni strato di capitali sovrapposti, colta quantità di derrata che
esso è servito a produrre (1), moltiplicata per la differenza dei prezzi a quella
meta la quale non dà che i profitti per un tale strato, e per quello che è il più
produttivo. La rendita la quale, per ogni strato di capitali, equivale al prodotto
lordo, moltiplicato per la differenza dei prezzi alla meta che dia il profitto ordi
nario per questo prodotto e per quello dei capitali men produttivo, non ha
richiesto alcuna nuova pena, e non rappresenta alcuna quantità di prodotto
ottenuto. È evidente che essa è un semplice trastocamene di ricchezza, e l'effetto
dell'uniformità di prezzo, e non è il pagamento di un travaglio, nè di una mag
giore cooperazione della natura, nè di checchessia. Ma è la differenza fra i pro
dotti o i redditi ottenuti da capitali eguali, inegualmente produttivi, ciò che
conferisce alla rendita una data grandezza. Essa è un effetto e non una causa
del prezzo, come abbiamo or ora veduto; il prezzo è fissato dal capitale che
non dia alcuna rendita. La rendita dunque non può trovarsi nel prezzo, consi
derato dall'aspetto generale e assoluto. Nei redditi che fruttano una rendita si
può distinguere la parte che la rappresenta, e che sarà diversa pei capitali
diversamente produttivi. La rendita non può dunque avere una meta generale,
ma ha una meta speciale per ogni strato di capitali sovrapposti, nella nostra
supposizione d'un terreno la cui qualità sia eguale in tutto il paese.
I progressi nel lavoro della terra avevano luogo prima che apparisse la
rendita ; continueranno egualmente pei capitali che non ne producono: non è
dunque questa esuberanza del reddito d'una parte dei capitali, che è necessaria
al progresso. Dall'aspetto della somma di sociali ricchezze, non è nè l'espres
sione d'un guadagno, nè quella d'una perdita o d'una pena; ma dall'aspetto
della distribuzione delle ricchezze, è per i consumatori una gratuita aggravazione
d'una pena sociale a vantaggio di alcuni produttori, inutile per la Società. Dopo
l'effetto benefico della rendita nell'equa distribuzione del prodotto fra i consu
matori, alcun motivo non resta per eternare la disuguaglianza di distribuzione
fra i proprietarii che ricevono le rendite e i consumatori, compresivi i medesimi
proprietarii, ossia fra tutta la popolazione dall'altro lato. Nondimeno non è già
collo sparpagliare fra i consumatori la somma delle rendite, che se ne ricave-
(1) '
Strati Capi- Pro Prezzo che Aumentò
di tale dotto rende il pro dello
capi- in lordo fitto ordina sforzo Rendite.
tali ispecie rio del 5 per sociale
cento
1050
1" 1000 600 0 1.73 0 000(5.25—1.75}o2l00
600
1050
2' 1000 500 o 2.10 500(2.10-1. i 1 75 500(5.25—2.1 0) o 2575
500
3' 1000 400 2.63 350 . 1050
4» 1000 300 3.50 425 525
5" 1000 200 5.25 700 0
TEORIA DE' REDDITI TERRITORIALI. 559
rebbe il maggior vantaggio; giova di più dar loro il carattere di capitale accu
mulato, ed impiegarli a profitto collettivo della Società, dopo averli prelevati per
mezzo di un'imposta.
Se la rendita è lasciata al proprietario, il valore della sua proprietà si
aumenterà d'una somma equivalente alla rendita annualmente riscossa. Può
egli, senza impiegarvi un capitale qualunque, far pagare il suo dritto di coltivare
la terra. Il filtajuolo gli pagherà la rendita, contentandosi dei soli profitti, come
se ne contenterebbero i proprietarii prima che i loro terreni avessero cominciato
a fruttare una rendita. Nel caso in cui l'imposta assorbisca la rendita, un tale
affitto non sarà più possibile; ed il valore della proprietà non sarà che quello
dei capitali, non già elfettivaniente impiegati, ma quello del loro attuale valore.
Il valore dovuto al capitale non perituro, impiegato al dissodamento primitivo,
sparirà nel caso di coltura da tutto il territorio. Non cessava di diminuirsi fino
allora, ed aveva per misura l'attuale difficoltà di nuovi dissodamenti. Ora non
vi sono terre da dissodare, e per conseguenza non vi ha valutazione possibile delle
loro spese. Inoltre, la rendita, se si considera come ammortizzazione dell'ultimo
valore per cui fu stimato il dissodamento, in pochi anni compenserà il pro
prietario.
Se il paese non godeva la libertà dei cambii con tutte le altre, il suo continuo
impoverimento per mezzo del successivo impiego di capitali sempre men pro
duttivi non potrebbe arrestarsi che arrestandosi l'aumento della popolazione,
epperciò quello della dimanda dei prodotti. Colla libertà dei cambii, all'incontro,
questo impoverimento non può essere che limitatissimo, ed anche insignificante
rispetto all'aumento delle manifatture del paese. La concorrenza straniera eviterà
al paese la necessità di una successiva sovrapposizione di capitali sul terreno
medesimo con diminuzione dell'effetto prodotto ; e come in altri paesi si troveranno
sempre — e finchè le terre di tutto il globo non sieno pienamente coltivate —dei
terreni così produttivi come quelli del nostro supposto paese, non vi sarà innal
zamento di prezzi, se non quanto ne sia cagionato dalle spese di trasporto. Le
rendite non potranno ascendere al di là del limite imposto da tali spese, dopo
di che esse diminuiranno a misura che i mezzi di locomozione si perfezionino.
Noi abbiamo fin qui supposto che le spese del trasporto interno fossero
invariabili per tutti i punti del territorio. Queste spese si distribuiscono nelle
varie parti delle spese generali che abbiamo analizzate; vi ha la parte delle mer
cedi, quella del materiale, quella delle ammortizzazioni, ecc. Se le spese di tras
porto variassero per le diverse distanze, e pei diversi naturali ostacoli intermedi,
vi sarebbe differenza di spese di produzione per la medesima quantità di prodotto
in diverse proprietà. Il prezzo del prodotto deve sempre per lo meno bastare a
cavare dai capitali fissi il profitto ordinario; quindi è chiaro che, nella coltura
d'una derrata, il terreno per cui le spese di trasporto sono maggiori sarà
quello che determini il prezzo corrente della derrata. L'aumento di domanda
permetterà di porre la coltura in condizioni sempreppiù vantaggiose relativa
mente al trasporto. In ogni epoca, la coltura, posta nelle ultime condizioni,
non darà che il profitto, e tutte le altre, — rendile, tanto maggiori in quanto
che l'aumento del prezzo ha permesso di collocare l'ultima parte della domanda
in condizioni più onerose. Non son più i capitali sovrapposti in una medesima
terra, che si trovino più o men produttivi a causa della differenza nelle spese
540 WOLKOFF.
del trasporlo. Ma ciò non cangia per nulla la natura e le altitudini della rendita
che abbiamo indicate di sopra. Per calcolare le rendite relative alle differenze
nella difficoltà dei trasporti, bisogna considerarle per determinate derrate, giac
chè le migliori condizioni di trasporto non sono sempre eguali per tutte l«
derrate di qualunque genere.
I perfezionamenti nei mezzi di trasporto fanno sparire gli ostacoli intermedi,
e tutta la parte delle rendite dovuta alle differenze di tali ostacoli poco a poco
sparisce. Le diversità di distanza dal mercato rimangono come uniche cause di
differenza nelle spese di trasporto nelle rendite che ne risultano.
Sono soltanto le differenze relative delie spese di trasporto, che danno
origine alle rendite, e non già l'importanza assoluta di tali spese, la quale non
influisce che sul prezzo della derrata. Qualunque sia la difficoltà di trasporto,
purchè fosse eguale in tutte le terre in cui la medesima derrata si coltivi, non
vi sarà alcuna rendita dovuta alla difficoltà del trasporto; ma il valore della
derrata sarà lanto maggiore, quanto le spese di trasporto saranno più forti. Il
prezzo della derrata sarà dalla concorrenza ristretto alla meta indispensabile per
non dare che i profitti correnti dei capitali impegnati, se non liawi altra causa
che disturbi un tale stato di cose. Un'altra derrata potrebbe coltivarsi in condi
zioni migliori o men buone, relativamente al trasporto; ma se queste condizioni
variano da un fondo all'altro, la derrata produrrà rendite. Il suo prezzo sarà
più basso di quello che sarebbe stato, se la derrata si coltivasse ad una maggiore
distanza dal mercato, e sarà più alto in una ipotesi contraria.
La maggiore difficoltà di trasporto, accrescendo le .«pese, è cagione per cui,
col medesimo capitalo di spese, vi ha meno prodotto ottenuto. I perfezionamenti
nella locomozione diminuiscono le spese di trasporto, proporzionalmente alte
disianze; ne risulta perciò una diminuzione nella differenza tra le spese, e
quindi una diminuzione della differenza fra le quantità delle derrate prodotte al
medesimo costo, cioè una diminuzione delte rendite in prodotto. Ilavvi dunque
una decrescenza continua nelle rendite in prodotto, dovuta alle differenze di
distanza dal mercato; ma esse non potranno disparire come le rendile dovute
agli ostacoli intermedii, che è possibile appianare ogni dove. Le rendile dovute
alle distanze sono, sotto un tale riguardo, analoghe alla meta dell'interesse del
capitale, che non potrà mai disparire nè cessare di diminuire; perchè la sua
diminuzione ha luogo in una progressione decrescente.
Le rendile in danaro decrescono più rapidamente che le rendite in prodotto,
perchè le economie dei trasporti diminuiscono pure il prezzo della derrata, e
la rendita in danaro è la rendita d'un prodotto moltiplicato per il prezzo.
L'impossibilità assoluta di eliminare le ineguaglianze nelle spese di trasporto
è la cagione di ciò che, anche in un paese uniformemente sterile, ma diversa
mente coltivato, e senza differenza nelle spese del trasporto interno, le rendite
non potrebbero sparire che nel caso in cui le manifatture del -luogo si trovino,
nelle condizioni men vantaggiose di quelle d'altri paesi che facciano concorrenza
ai proprietarii di quest'ultime. Risguardo all'accrescimento di valore d'una pro
prietà dovuto alla rendila, che prende origine dalla differenza delle spese di tras
porto, noi non avremmo a ripetere se non ciò che abbiam detto d'un simile ac
crescimento derivante dall'uso dei capitali di meno in meno produttivi.
I lavori individuali di miglioramento dei mezzi di trasporto si coufondouo
TEORIA DB' REDDITI TftHRI I Oiii ALI. 541
con quelli che noi ubbiamo esaminati in generale senza specificare le spese del
materiale migliorato. Questi miglioramenti producono un beneficio decrescente,
e vicino sempre a sparire per effetto della concorrenza.
I grandi lavori di miglioramento nelle comunicazioni sono l'oggetto di una
intrapresa di società speciali, o dello Stato, ed i boni che ne risultano per alcune
proprietà formano eccezione alle altre, sono una rendita. Questo bonus non
differisce per nulla dalla differenza di redditi delle varie terre dovuta alla diffe
renza delle distanze o degli ostacoli naturali. Non havvi ragione per cui
i proprietarii favoriti ne gioiscano soli, quando tutti i membri della società
vi hanno contribuito, e l'assorbimento di questa rendita per mezzo dell'im
posta non farebbe alcun torto all'industria agricola non avendo alcuna in
fluenza sui prezzi, nè sulla continuazione dei miglioramenti nella via delle
comunicazioni. L'effetto del miglioramento d'un sistema politico, facendo na
scere o aumentare le rendile delle proprietà poste sulle sponde dei fiumi,
produce nondimeno un ribasso nel prezzo delle derrate di cui ella percorre
la coltura. Questo ribasso di prezzo diminuisce le rendile delle terre poste
fuori via, e non permette alle nuove rendite di emulare l'importanza delle
antiche. L'effetto sommario dell'estensione dei miglioramenti di trasporto è
pure, come già abbiamo mostrato, una continua diminuzione delle rendite.
Nel caso speciale in cui i terreni che danno solamente il profitto non pos
sono giovarsi d'un miglioramento di trasporto, il prezzo d'una derrata non
sarebbe attenuato se non quando la produzione cresca nei fondi a cui il nuovo
mezzo giovi, eccitato come sarebbe da una maggiore facilità di smercio. Un
aumento di prodotto al di là della domanda abbasserebbe allora il suo prezzo,
e le colture dei terreni che danno i soli profitti riuscirebbero in perdita, fino a
che una nuova domanda non soppravvenga a rialzare il prezzo.
Passiamo ora all'esame di un paese il cui suolo presenti varietà di attitu
dini naturali ; sia secco in nn luogo, umido in un altro, sabbioso, calcare,
argilloso, povero o ricco di humus, ecc. All'origine della società, i mezzi di
coltivazione son deboli, ed i primi agricoltori si stabiliscono sui terreni più
facili a dissodarsi. Fra questi, ve ne saranno più o meno atti alla coltura di tre
o quattro derrate che formano il principale e quasi unico bisogno della popo
lazione. La popolazione, non mancando di qualche intelligenza, saprà scegliere
i terreni che presentino le migliori condizioni alla produzione della derrata che.
si propone di coltivarvi. Dopo un corso di tempo più o men breve, aumentatasi,
tutte le porzioni che dieno maggior profitto con una minima spesa, saranno
coltivate, ed un lieve aumento di prezzo in una delle derrate coltivate darà il
mezzo di ottenere i profitti ordinarii da un terreno che presenti condizioni meno
favorevoli alla buona riuscita del prodotto. La medesima cosa arriverà nella
produzione d'un'altra e di tutte le derrate su cui si aggirino i bisogni della
popolazione. Il prezzo di ciascheduna si stabilirà ad una meta che dia il profitto
ordinario del capitale meno fruttuosamente impiegato, e quindi quello che si
troverà impiegato con più vantaggio darà più che il profitto, cioè darà una
rendita. Non cessando mai d'accrescersi la domanda, si estenderà la coltura
o delle porzioni di territorio sempre men favorevoli, dimodochè tutta la serie
dei terreni, che producano la stessa derrata, darà ad una certa epoca rendite
sempre men grandi, fino all'ultimo coltivatosi che non ne darà affatto; e dime
o42 woLKorr.
dochè queste rendite si accresceranno a misura che la coltivazione verrà estesa
sui terreni men produttivi. La quale estensione di coltura esige un aumento di
capitali onde impiegarli sulle nuove terre; bisogna in conseguenza che vi sia
progresso nella ricchezza del paese. Ma nel progresso non è possibile che i
capitali si aumentino senza perfezionarsi, cioè per esempio, che la quantità
degli aratri si accresca senzachè vi siano miglioramenti in questo essenziale
strumento del lavoro. Ora il perfezionamento del materiale, come dett'abilità
manuale e delle cognizioni teoriche e pratiche nell'arte agricola, unito al ribasso
nell'interesse dei capitali che si accumulano ed all'innalzamento dei prezzi,
permetterà di dissodare con vantaggio i terreni più difficili, ma più produttivi
dei primi. Vi si procederà anche prima che si siano messi a profitto tutti i
terreni più facili, perchè si farà tostochè si possa cavare dai terreni più diffìcili
i profitti ordinarli; cioè al momento in cui sarà così vantaggioso l'attuarli, come
il dissodare un terreno più facile sebbene men produttivo. Potrà dunque rima
nere non dissodata una parte dei terreni della prima serie, facili a coltivarsi,
ma sempre men produttivi. Fra i terreni nuovi, ve ne saranno ancora di quelli
che sono men favorevoli alla coltura di quella derrata, relativamente alla quale
noi consideriamole imprese agrarie. Se ne troveranno di quelli che, mentre sono
più difficili a prepararsi, non saranno al medesimo tempo più fertili; e ve ne
saranno pure di men favorevoli che quelli della prima serie, giacchè la fertilità
delte terre non cresce necessariamente in ragione delta difficottà di coltivarle.
Così, per esempio, una sabbia mobile, o una rocca, che a coltivarsi esigerebbero
enormi spese, possono non riuscire che le meno fertili relativamente al capitale
da impiegatisi. Si cercheranno dunque dapprima i terreni nuovi che dieno
maggior prodotto colle medesime spese primitive e correnti, perchè son essi
che renderanno i profitti ordinarii, e perchè, come abbiam detto, si occupano
tostochè se ne possa ricavare il profitto. Quantunque questi terreni sieno natu
ralmente più fertili, la spesa per porli in coltura li collocherà sotto l'aspetto
dei redditi, in linea poi meno profittevoli; ed essi non daranno una rendita,
fino a che gli ultimi fra i terreni facili e men produttivi non comincieranno a
darne qualcuna.
Noi avremo nei nuovi terreni più difficili e più fertili, una serie di colture
sempre men produttive, analoga alla serie precedente, e che si estende a misura
che la domanda s'accresca. Vi si vedranno anche sorgere rendite tanto men forti
quanto più recentemente i terreni son coltivati, rendite crescenti a misura che
la coltivazione si estenda sui terreni meno atti alla produzione della derrata di
cui si tratta.
Ma l'accumulazione e il perfezionamento dei capitali serve alle imprese
agrarie, cresce sempre, epperò si troverà un vantaggio a cominciare il disso
damento dai terreni più difficili bensì, ma più fertili ancora, lasciando incolta
una parte della serie precedente, più facile a coltivarsi, ma men produttiva.
In fine si arriverà ad occupare tutti i terreni difficili e più produttivi ; e
quindi si dovrà venire a quelli che si lasciarono incolti quando si passò da una
serie all'altra.
I vantaggi relativi dei terreni risultano da due cause combinate : difficoltà
di preparazione e fertilità nativa, ossia spese primitive della coltura, e spese
correnti annuali; quindi è chiaro che spesso verrà il caso di trovare maggior van
TKORU DB' REDDITI TERRITORIALI. i»4o
WOLKOFF.
INEGUAGLIANZA
DEI VANTAGGI TERRITORIALI.
In alcuni scritti sulla rendita, dopo Ricardo, si scopre un grave errore, che
da se solo basterebbe per isconcertare le investigazioni, e gettare la questione in
un laberinto di discussioni infinite. Questo errore consiste nel confondere tutti
i redditi fondiarii , ottenuti nelle industrie agricole di varii generi e di varie
specie. Appena è possibile d'incontrare in questi scritti la distinzione fra le in
dustrie agricole, le industrie estrattive, e quelle che non si servono del suolo se
non per piantarvi proprietà mobili.
In agricoltura si suppone un'assoluta differenza di qualità nei terreni, senza
avere riguardo alla specie della coltura. Ne risulta che bisogna supporre dif
ferenze costanti tra i redditi delle varie terre, qualunque sieno le industrie a
cui queste terre possano dedicarsi. Inoltre diviene impossibile ammettere l'esten
sione d'un miglioramento introdotto nella coltura d'un terreno a tutta la classe,
in cui questo terreno è compreso, ed a tutte le altre classi ; perchè si trovano i
terreni ordinati secondo i loro redditi, senza distinzione delle industrie a ciascun
di loro applicate; mentre un miglioramento nell'una specie di coltivazione è ap
plicabile ad un'altra specie.
I vantaggi territoriali non differiscono in modo assoluto, ma relativamente
alla tale o tal'altra industria agricola. Le condizioni di buona riuscita nelle varie
coltivazioni differiscono, non solamente per le industrie cosi dissimili come sono
l'agricoltura, l'estrazione dei minerali e la fabbricazione degli edificii, ma diffe
riscono ancora per le specie d'industrie molto vicine fra loro, come la coltiva
zione del frumento e quella dulia segala, la coltura della vigna per consumare
direttamente l'uva , e quella della vigna per impiegar l'uva alla manipolazione
del vino, ecc.
Quando si dice che nna terra è più fertile d'un'attra, si deve sapere relativa
mente aqual prodotto si calcoli la loro fertilità; senza di ciò la proposizione
è priva di senso. Ma ci si dirà : ecco un fondo che appena rende i profitti ordi
narti, ed eccone un altro, il cui reddito sorpassa i profitti dei capitali impiega
tivi; che importa se il primo è una petriera di marmo od una vigna, ed il secondo
sia un prato? Che importa diflatti, se non si tratta che di sapere se una proprietà
procuri o non procuri un reddito superiore ai profitti ordinarii? Ma la questione
di sapere se questo sovrappiù di reddito sia una rendila, e non un premio d'am-
Econom. 2a serie Tom. I. — 35.
546 woLKOFr.
mortizzazione, o un premio di capacità o d'iniziativa, e sapere quando sia vera
mente una rendita, qual ne fosse la causa, rimane integra, come le questioni
sull'effetto dei miglioramenti nei risultati o nei mezzi di coltivazione , e sull'ef
fetto dei nuovi capitali consacrati alla terra.
La soluzione di questi importanti problemi richiede l'analisi dei fatti che av
vengono in una specie particolare dell'industria agraria , considerata isolata
mente (1).
Un bisogno si fa sentire; non può essere soddisfatto che per mezzo di servigi
territoriali. Si cercano dapprima le porzioni di suolo, che permettano di rendere,
colla minima spesa, la maggior quantità dei servigi richiesti. Cresce la domanda,
si trova un vantaggio a rivolgersi sulle porzioni di territorio che presentino con
dizioni meri favorevoli all'offerta degli stessi servigi. Da ciò la rendita, ottenuta
per i servigi dovuti ai primi terreni.
Se si supponesse che le distanze non entrino nelle difficoltà di procurarsi il
servigio desiderato, cioè non entrino nella formazione delYofferla, che è un ele
mento del valore del servigio, — ciò che, per esempio, avrebbe luogo, suppo
nendo universalmente eguali le distanze dal mercato, — in tal caso la colti
vazione considerata cercherebbe ogni dove le migliori e le medesime condizioni
territoriali, e non darebbe alcuna rendita, fino a che l'universale domanda del
servigio non superasse i mezzi di soddisfarla colle medesime spese; — ciò che
non accadrebbe prima che la popolazione del globo non superi di mollo quella
che esiste oggidì.
Tornando alla realtà, si vede che, se non vi fosse alcun ostacolo derivante
dalle restrizioni commerciali e dal difetto di civiltà nella maggior parte dei po
poli, le sole distanze resterebbero come causa della rendila, in ogni specie d'in
dustria considerata in particolare-
Se noi ci restringiamo infine in un paese limitalo, vedremo che le migliori
condizioni per la riuscita di una data coltura vengono ben presto esaurite , e
che l'incremento della domanda costringe a porre la coltivazione in condizioni
sempre meno vantaggiose.
Prendiamo una serie di colture, che procurino, con una medesima spesa, quan
tità diverse del medesimo genere di servigi. Suppongasi che, invece della serie
di condizioni sempre meno vantaggiose, il paese offra le medesime condizioni, e
quelle soprattutto che sieno le migliori per una data serie. È evidente che il no
stro servigio non darà rendita ad alcuno, fino a che tutti i punti del paese, che
presentino le condizioni supposte, non vengano intieramente occupati. Prendiamo
ora un'altra serie di condizioni sempre meno favorevoli per un'altra specie d'in
dustrie territoriali ; e supponiamo che, invece di questa serie, il paese presenti
pure le medesime condizioni all'industria prescelta, ma solamente condizioni le
meno vantaggiose della serie. Quest'industria non darà neanche una rendita. In
breve, non vi sarà rendita per un'industria territoriale qualunque, fino a che le
condizioni in cui essa sia posta fossero eguali, qualunque per altro fosse il grado
assoluto dei vantaggi di tali condizioni.
WOLKOFF.
Nel suo capitolo • sulla rendita della terra », Ricardo non fa menzione dei
capitali che s'incorporano nella terra, in modo da poterveli considerare come non
perituri, finchè la coltivazione durerà. Questi capitali non esigono di rinnovarsi,
e non hanno alcun carattere proprio, che permetta di distinguerli dalle attitudini
naturali e primitive del suolo. Havvi in ciò una buona ragione per non occu
parsene ; pure, se Ricardo se ne fosse occupato, Bastiat non avrebbe preso come
un'obbiezione alla teoria della rendita, il fatto, supposto vero, che non havvi in
Francia una proprietà territoriale, la quale non abbia assorbito capitali maggiori
di ciò che essa potrà mai valere. Che importa ciò, se l'effetto dei capitali non
differisce per nulla da quello delle capacità naturali e primitive? e che quest'ef
fetto sia realmente lo stesso, eccone la prova.
Ma innanzi tutto giova ricordare in qual maniera d'impieghi i capitali , in
corporati alla terra , divengono non perituri. Ciò accade : nei lavori con cui si
denuda il suolo, strappando le radici, togliendone via i sassi, ecc., salvochè i
materiali raccolti trovino un impiego vantaggioso; nei lavori di livellazione, di
strade, di bonificazioni, di irrigazioni, ecc. ; in quelli di triturazione in certi ter
reni compatti; in quelli che mutano l'azione meccanica del suolo, come l'introdu
zione della sabbia in una terra grassa, ecc. Alcuni fra tali lavori, come le strade
e i canali di disseccamento o d'irrigazione, lascierebbero appena le loro traccie,
se non si adoprasse alcuna cura di manutenzione ; pure si devono considerare
anche come non perituri, perchè, fino a quando duri la coltivazione, non esi
gono rinnovamenti, e neanche le ristaurazioni che occorrono agli utensili, ai
veicoli, alle macchine, ecc.
Nel capitolo di Ricardo sulla rendita , bisogna intendere per capitale impie
gato nella terra, oltre le mercedi e le altre spese che si rinnovano annualmente
ed integralmente, la contribuzione di capitali peribili, rappresentati dalla somma
di vani interessi annui, i quali devono ricomporre questi fondi ad epoche di
verse, secondo la maggiore o minore durata dei lavori, che han servito ad ese
guire. La somma totale delle spese, o il capitale impiegato, di cui parla Ricardo
nei suoi esempi, si compone d'una parte realmente erogata ogni anno in ripa
razioni, mercedi, ecc., e d'un'altra parte, che non si paga nel medesimo modo,
ma equivale a capitali periodicamente spesi , in istrumcn ti , chiusure, ecc.. ed
eguale alla meta d'ammortizzazione di questi capitali. Il reddito lordo della terra
contiene tutta la somma rappresentante il capitale perituro , più i profitti e la
reudita, se ve ne hn.
CAPITALI IMPIEGATI IN AGBICOLTI'RA. 549
(1) I capitali perituri son divisi, da taluni scrittori, in Gssi e circolanti, secondo
la loro più o men lunga durata.
(2) Dato un capitale perituro convertito in annue spese, e data una mela di pro
fitti ordinani sul medesimo capitale, il prezzo sarà necessariamente eguale alla som
ma del capitale e del suo profitto, o al reddito lordo della terra che ne dia meno,
diviso per il prodotto lordo ottenuto su questa terra coi medesimo capitale. Per
esempio, se un capitale di 1000 franchi dà 50 franchi di profitto ordinario nell'in
dustria agricola del paese, e 105 ettolitri di prodotto lordo, quand'essa è impiegato
nella terra men produttiva; il prezzo d'un ettolitro dev'essere di 10 franchi. Se il
prodotto tordo arrivò a 150 ettolitri, il prezzo dovette scendere a 7 franchi. Pel
prezzo di 10 franchi, il prodotto tordo si compone: 1° di 100 ettolitri che, a 10
franchi, coprono la spesa ; 2° del prodotto netto di 5 ettolitri, che rendono 50 fran
chi di reddito netto, eguate al profitto ordinario. Col prezzo di 7 franchi, le due
parti del prodotto lordo saranno: 1° 1000 franchi divisi per 7, ossia 142.857 et
tolitri — per la spesa— e 2° il resto di prodottoo tordo, 7.143 ettolitri per pro-
dotto netto — che fanno, a 7 franchi l'ettolitro, 50 franchi di profitto ordinario.
550 WOLKOFF.
tale, tanto men grande sarà la parte che di quest'ultimo si possa riprendere; iì
che mostra che non bisogna eseguire lavori di lunga vita, se non quando si abbia
la piena sicurezza di poter continuare la coltura per tutto il periodo che passa
fra due rinnovazioni del capitale impiegato. Così tali lavori non vengono ese
guiti dai Bttaiuoli, i quali non s'incaricano che dei capitali di breve vita, e della
manutenzione corrente , pagando al proprietario l'interesse ed il premio d'am
mortizzazione per il capitale da quest'ultimo periodicamente impiegato. Non vi
ha dunque dubbio che non si possa pensare di ritirarli nell'avvenire, ma bisogna
calcolare sopra un immediato ritiro, per mezzo del guadagno che precede l'esten
sione dei nuovi progressi agricoli ; altrimenti il capitale sarebbe irrevocabilmente
perduto per il proprietario, non potendo in avvenire generare che una rendita,
ricompensa sempre incerta e tardiva.
553
PASSY.
ART. RE N TE.
reoi che furono i primi ad essere coltivati. Ecco perchè. I terreni su cui si ri
volge in secondo luogo il lavoro, essendo men fertili che i primi, non possono
rendere, a parita di spese, un eguale prodotto. La messe che danno esigono un
sovrappiù di spese e di travagli; e siccome è divenuto impossibile alle società il
far a meno d'una nuova quantità di viveri, così son costrette di pagare le dor
rai al prezzo che è necessario per assicurarne la produzione sui luoghi in cui
secondariamente si è rivolta la coltivazione. In questo inevitabile movimento il
costo dei viveri, sulle più cattive fra le terre alle quali è necessario ricorrere per
ottenerli, è quello che determina il prezzo generale; e quindi ne nascono pei
proprietarii delle terre primitivamente coltivate guadagni in cui consiste la loro
rendita. Essi vendono più caro ciò che possono ottenere senza aumento di spese
o di anticipazioni, e si trovano in possesso di un sovrappiù che loro mancava
prima che s'innalzassero i prezzi. Un simile effetto si rinnova tutte le volte che
si faccia sentire il bisogno di allargare la sfera della coltivazione. Terre sempre
men buone si sottopongono all'aratro ; il prezzo dei prodotti cresce a misura che
crescono le spese di produzione; e a ciascun rialzo si vede sorgere la rendita
dove prima non esisteva, o ingrandirsi dove già era nata. Tali sono le idee su
cui riposa la teoria che ha preso il nome di Ricardo. Essa afferma, o per lo meno
sembra affermare, ehe la rendita non ha altra sorgente fuorchè la differenza di
fertilità nelle varie parti del suolo; non assegna alla sua origine ed al suo svol
gimento altro principio, che la continua elevazione del valor venale dei viveri ;
e nella differenza fra un prezzo corrente, regolato dalle spese di produzione nei
luoghi in cui più se ne esigano, e le spese di produzione, speciali alle altre parli
del suolo, essa mette per ciascuna terra la misura della rendita che possa for
nire, o realmente fornisca.
La teoria di Ricardo non poteva mancare di scuotere l'attenzione del mondo
economico. Dava, o sembrava dare, la spiegazione d'un certo numero di fatti, i
quali, all'epoca in cui si produssero, preoccupavano vivamente il pubblico. Così
molli scrittori l'accettarono pienamente, ed è soltanto ai giorni nostri che ha in
contrato dei contraddittori decisi. Attaccata dapprima in Inghilterra dal profes
sore Jones di Hailebury, lo è stata più vivamente in seguito da alcuni avversarii,
che son giunti a negare fino il principio medesimo a cui Smith aveva dato la
sua adesione.
Un economista americano molto distinto, Mr. Carey, ha negato che la fer
tilità naturale del suolo fosse una causa produttiva della rendita. Secondo lui,
la rendita non viene che dalle spese successivamente fattesi nell'interesse della
produzione, e fra queste spese egli comprende, oltre quelle fattesi sui terreni col
tivati, la costruzione delle strade, dei canali, dei mezzi di facilitare i trasporti e
rendere i mercati accessibili a dei prodotti, i quali, se non avessero potuto arri
varvi, non si sarebbero domandati al suolo. Carey inoltre si è applicato a di
mostrare che Ricardo fu affatto in errore riguardo all'ordine secondo cui la col
tivazione si è svolta ; non essendo sulle terre più fertili che essa abbia cominciato
i suoi lavori, ma anzi sulle terre, o più facili a dissodarsi, o più vicine ai mezzi
di comunicazione. A prendere le opinioni di Carey nel loro significato fonda
mentale, esse consistono nel negare alla terra medesima ogni concorso alla for
mazione della rendita, nello stabilire che tutta la rendita altro non rappresenta
fuorchè la rimunerazione delle anticipazioni consumatesi onde rendere coltiva
556 p*ssv.
bile il suolo; in una parola, che la rendita non è, e non può essere se non una
mera creazione dell'industria umana.
Questo è pure ii concetto sotto cui la rendita è stata considerata da un uomo
del quale la scienza non potrebbe troppo deplorare la perdita prematura. Ba-
stiat, temendo le conseguenze d'ogni dottrina che sembrasse lasciar credere alla
esistenza di ricchezze non esclusivamente prodotte da servigi o sforzi umani, è
partito dalla medesima idea di Mr. Carey. Secondo lui, la rendita non è, e nou
può essere che l'interesse dei capitali assorbiti dalle spese di dissodazione e di
appropriazione del suolo ai bisogni della coltura. Solamente Bastiat riconosce
possibile che la rendita s'innalzi senza che il proprietario abbia da fare alcun
sacrificio per raccogliere il guadagno dell'aumento sopravvenuto; e questo caso
è da lui spiegato facendo notare che nulla havvi di speciale alla proprietà terri
toriale; che qualunque sia l'agente di cui l'attività umana si serve, ciò che crea
il valore dei servigi renduti non è unicamente la pena subita dal produttore,
ma anche la pena risparmiata al consumatore ; e che quest'ultimo, quante volte
i suoi bisogni si accrescono, paga di più il servigio che gli si renda dispensan
dolo da sforzi maggiori, i quali gli erano indispensabili per riuscire a provveder
seli da se medesimo. Egli è nondimeno una sventura che la morte non abbia
lasciato a Bastiat il tempo di precisare e coordinare più rigorosamente le sue
idee. È a proposito della proprietà territoriale che esse furono annunziate nel
libro ingegnoso da lui pubblicatosi sotto il titolo di Armonie economiche. Il ca
pitolo speciale che si proponeva di destinare alla rendita fu appena abbozzato,
e ciò che se n'è conservato non consiste che in frammenti incompiuti, nei quali
non si legge molto distintamente il pensiero dell'autore.
Tali sono le principali opinioni a cui l'esistenza della rendila ha dato luogo.
Il loro antagonismo è ben deciso. Mentre gli uni attribuiscono la formazione
della rendita all'azione cooperatrice della natura nel lavoro agricolo, gli altri,
negando ogni influenza a quest'azione, non prendono la rendita che come la
rimunerazione delle spese e degli sforzi con cui le umaue società sou giunte a
trasformare la terra in istrumento di produzione. Noi riprenderemo il problema
in tutta la sua estensione, e procureremo di scoprire la verità in mezzo alle
oscurità e complicazioni che finora sono state nocevoli al buon successo di
queste indagini.
Origine delta rendita. — Vi sono primieramente due cose che ci sem
brano impossibili a mettersi iu dubbio. L'una si è che la terra è dotata di fe
condità; l'altra, che non è egualmente dotata in tutte le sue parti. Non è meno
evidente, che questa fecondità non ha neanche bisogno del concorso umano
per manifestarsi. Nello stato più incolto la terra mai non manca di coprirsi di
piante, fra le quali se ne trovano di alimentari, nutrire perciò animali le cui carni
sieno comestibili ; ed è essa che, assicurando all'umanità nascente le prime
pronte raccolte, le ha permesso di sottrarsi alle conseguenze della fame. Senza
dubbio toccava agli uomini di prendersi l'incomodo di raccogliere i fruiti, strap
pare le radici, impossessarsi della cacciagione o del pesce, onde nutrirsi ; ma se
tali sforzi avevano la poteuza di conferire un valore ai prodotti spontanei della
terra, non è men vero che dove questi prodotti abbondavan di più, o erano più
facili a raccorsi, occorrevano meno sforzi per appropriarseli, per adattarli all'uso
dell'uomo, in una parola, por convertirli iu ricchezza permutabile. Or bene, egli
RENDITA. 557
Dove la coltura si è introdotta, essa non ha mai attirato tutte le braccia utili,
ed ha sempre trovato consumatori che non partecipavano punto ai suoi sforzi.
Per quanto indietro si risalga nella storia, non si vede mai un'aggregazione so
ciale la quale non abbia presentato magistrati, preti, soldati, artigiani, nutriti
tutti da quella parte delle raccolte di cui i lavoranti potevano dispensarsi ; e
questa parte altro non era che un eccesso fornito dalla terra. Si è spesso asse
rito che la rendita per lungo tempo è stata, ed è ancora, quasi ignota nelt'Ame
rica settentrionale. « Tempo fa, dice Rossi, parlando delle opinioni dei fisiocrati
sul prodotto netto delle terre, non eravi rendita, o quasi non ve n'era in Ame
rica, e nondimeno vi si trovava una gran copia di tutti gli oggetti necessarii alla
vita, e la Società procedeva verso una grande prosperità e con un rapido svol
gimento ». Certo le condizioni fra le quali si è operata la colonizzazione del
l'America settentrionale differiamo sotto tutti i riguardi da quelle che hanno
governato la formazione delle società del mondo antico ; ma l'opinione di Rossi
non per ciò è meno inesatta. Ciò che non esiste in America, o che non vi esiste
se non sopra un piccolissimo numero di punti, è il fitto ; e ciò per una ragione
ben semplice. Siccome la terra costa là pochissimo, così coloro che vogliono
coltivarla comprano i campi su cui si stabiliscono; l'acquisto figura appena nella
cifra delle spese che l'esercizio della loro industria richiede; ma havvi in Ame
rica una popolazione urbana, la quale compra, o per consumare, o anche per
esportare, il sovrappiù a cui le condizioni locali assicurano uno smercio, e quindi
i coltivatori conservano, a titolo di proprietarii, una vera rendita. Vi ha di più:
in nessun luogo l'esuberanza, avuto riguardo olle spese di produzione, è in tal
quantità; in nessun luogo la classe rurale, dopo riprese le sue anticipazioni, of
fre alle altre classi tanti mezzi di sussistenza, e ne retribuisce altrettanto benei
servigi : ed è ciò precisamente che versa nel paese tanta abbondanza, tanti eie-
nienti di vita e di prosperità. Alcuni scrittori han creduto che l'eccesso di cui i
coltivatori americani dispongono, non si dovesse considerare come effetto della
naturale fertilità del suolo, ma unicamente come un reddito derivante dai capi
tali impegnati nelle loro operazioni. Basta guardarvi da vicino per conoscere che
la cosa è affatto diversa. Non è già perchè la meta dei profitti trovasi altissima
in America, che la terra vi rende molto a coloro che usano della sua fecondità,
ma al contrario, perchè la terra coltivata rende molto, la meta dei profitti è alta.
I capitali accorrono dove fruttano più ; in America, come ogni dove, non se ne
versano nelle imprese di commercio o di arti se non a condizione che ivi non
riescano meno produttivi di quel che sarebbero se s'impiegassero nelle imprese
rurali ; e quindi è l'ampiezza medesima del reddito netto, lasciato da un suolo
che retribuisce generosamente gli sforzi del coltivatore, ciò che assicura agl'im
pieghi del risparmio e dell'attività umana le ampie rimunerazioni di cui tutti
godono. Certamente, se il vasto territorio dell'America non si componesse che
di terreni poco fertili, le spese da farsi per cavarne la sussistenza sarebbero mag
giori, il capitale agricolo produrrebbe meno, e nè la meta generale dei profitti,
nè quella delle mercedi si manterrebbero al livello a cui son giunte e che conti
nuano a conservare.
L'Europa non manca di paesi ove la terra abbondi e non abbia che un de
bole valore venale. Non si mette in dubbio che vi esista la rendita ; e come i
fatti, sotto l'impero dei quali essa è distinta, sono tali du spargere molta luce
o60 PASST.
rendeva sotto la macina più di 100 libbre di farina, oggi, coi perfezionamenti
successivamente introdotti, ne rende al di là di 190. Del resto, è da notare che
nel medio evo il miglioramento delle pratiche agrarie fu insieme lento e poco di
stinto; le classi agricole erano ignoranti, e le loro occupazioni erano spregiate.
Ai nostri giorni invece esse sono illuminate, e da un altro lato le scienze natu
rali han loro offerto un gran numero di scoverle possibili ad applicarsi. Così ,
da mezzo secolo sovrattutto, due fatti si son potuti distintamente vedere, l'uno
è la stazionarietà o anche il ribasso del prezzo dei cereali nella maggior parte
dei paesi inciviliti, l'altro è l'elevazione della rendita e dei fitti con una rapidità
ignota nelle epoche antecedenti.
Havvi nondimeno un gran fatto che non sembra conciliarsi coll'opinione
qui enunciata, e che perciò medesimo esige spiegazioni: ed è il basso prezzo
dei grani nei paesi meno popolosi di Europa. Il grano non vale che 10 a 11
franchi l'ettolitro in Ungheria, 9 a 15 in Russia e Polonia, secondo le provincie.
All'incontro è valso in media, su dieci anDi, fr. 10. 40 in Prussia, fr. 16. 60
in Ispagna, fr. 18. 74 in Francia, e alquanto più di 22 franchi in Inghilterra.
Ecco certamente delle cifre che differiscono abbastanza per affermare che l'ab
bondanza delle terre permette di raccogliere il grano a condizioni le quali fini
scono di essere a misura che l'abbondanza diminuisce.
Ed in effetto non vi ha alcun dubbio che la cosa sia cosi. Le popolazioni rade
son libere di non seminare che le migliori porzioni del loro suolo, lasciare per
lungo tempo in riposo ciascuna di quelle che sieno state chiamate a fornire una
messe, ed egli è certo, che con questo modo di coltivazione ambulante ottengono
il grano a minor costo di quello che occorrerebbe se per sovvenire a bisogni più
intensi si dovessero applicare alle medesime terre arabili lavori più persistenti ed
efficaci. Ma egli è essenziale il notare che l'Europa occidentale ha passato secoli
nei quali questo modo di coltura bastava ai bisogni del suo consumo, e nondi
meno tutto si accorda per asserire che allora non era alimentata nè con tanta
copia, nè ad un prezzo sì basso come oggi lo è. Ed ecco le ragioni su cui questa
asserzione può sostenersi.
Sicuramente sarebbe impossibile verificare con esattezza quale sia stato il
prezzo del grano in Francia cinque o sei secoli addietro. Le misure di capacilà,
malgrado le identiche loro denominazioni, differivano enormemente non soltanto
tra provincia e provincia, ma tra parrocchia e parrocchia nella medesima pro
vincia. In secondo luogo le mercuriali quando si compilavano , confondevano
sotto il nome comune di grano ogni specie di cereali. E in fine la potenza del
danaro era infinitamente maggiore di quel che sia oggidì, che la moneta metal
lica e la carta abbondano nella circolazione. Ma basta il raccogliere dai dati
autentici sfuggili alla distruzione le cifre relative alle mercedi giornaliere ed ai
prezzi delle derrate, come si trovano nei medesimi luoghi, nei medesimi istanti,
per riconoscere che il valor di cambio del grano era per lo meno qual è al pre
sente. Così, in Normandia, le mercedi agricole alla fine del secolo dodicesimo
non equivalevano che a meno di sei litri di frumento, e da quell'epoca in poi si
vedono poco a poco aumentarsi fino a sette ; ed è da trent'anni in qua sola
mente che hanno sorpassato il limite di otto. È forza dunque conchiudere da
questi fatti che il prezzo reale del grano, il suo valore di cambio non si è au
mentato in quella parte della Francia.
566 ussr.
Ora è ciò òhe i ratti hanno attestato dacchè divento» possibile il Teriflcarli.
Ecco scorsi cinquantanni dacchè il prezzo dei cereali si è cominciato a regi
strare in Francia con tutta la precisione desiderabile. In questo lungo corso di
tempo la popolazione non ha cessato di crescere in numero ed agiatezza, e non
dimeno il prezzo del grano è ben lungi dell'essersi innalzato. Cosi , a contare
dal 1800 , le cinque medie decennali si son succedute nell'ordine seguente:
Fr. 19. 87; fr. 24. 79; fr. 18. 56; fr. 19. 4; fr. 18. 74. Egli è alle guerre
dell'impero, all'invasione del 1814 e 1815, alla carestia del 1816 e 1817 che
bisogna attribuire la speciale elevazione della media dal 1810 al 1820; ma a
partire da quest'ultimo anno, i prezzi sono discesi al disotto delle cifre anteriori
al 1810 ed al 1800. E ciò che è ben degno d'attenzione si è che mai la ren
dita, nelle parti più avanzate della Francia, non ha preso tanto accrescimento,
quanto dopo il 1820, allorchè il valor venale dei grani diminuiva o rimaneva
stazionario.
In Inghilterra pure i prezzi da trent'anni in qua non han cessato di decli
nare. Delle leggi improvvide, le vicissitudini monetarie, gli effetti delia guerra,
si erano combinati per renderli esorbitanti; e nel decennio dal 1810 al 18-20,
la media per ettolitro s'innalzò ad alquanto più che 58 franchi ; ma a partire
da quell'epoca scesero dapprima a 50 franchi, media decennale, poi a 25, e io
line, prima della riforma delle leggi sui cereali, ad alquanto meno di 22, cioè
al disotto della cifra media dal 1790 al 1800.
Ora da dove mai viene che il prezzo del grano non si sia elevato nella parie
che oggi è la più popolosa in Europa, a misura che si son dovute coltivare nuove
terre, e che noi lo troviamo colà tanto basso, quanto lo è nei paesi meo popo
losi ? Viene da ciò che, nei secoli andati, l'arte era ancora nella sua infanga per
difetto di cognizioni, di arnesi ben fatti, i lavoranti non raccoglievano che a forza
di braccia, e le spese comparativamente al prodotto erano beu maggiori di quello
che sieuo oggidì. Se negli Stati Uniti dell'America del nord, se nelle regioni aldi
là dell'Oder, l'abbondanza delle terre ha al contrario il suo effetto, egli è per
chè le popolazioni ne traggono profitto per mezzo di strumenti, di metodi di cui
le autiche società non hanno imparato ad usare che ad epoche nelle quali esse
già cominciavano ad addensarsi sui loro territorii. Egli è con delle armi die
mancavano alle popolazioni del medio evo, che i coltivatori americani traggono
profitto dei vantaggi naturali dello spazio. Quelli dell'Europa settentrionaii; a»
troppo ignoranti o troppo poveri ancora per poterne usare eoa pari largueua,
ma se ne servono nondimeno • e basta, per esserne convinti, il uotore che nella
Polonia, nell'Ungheria, nella Russia medesima esiste un buon numero di grandi
poderi signorili, che hanno per amministratori uomini usciti dalle migliori scuole
agrarie dell'Alemagna, e i quali portano nelle particolarità delia coltivazione le
cognizioni più recentemente acquistatesi.
Del resto egli è a torto che si sia adottato l'uso di considerare il prezzo del
frumento come una misura della differenza fra le spese di produzione rurale nei
varii paesi. Ciò che conviene esaminare è il prezzo generale dei viveri, e non
quello del tale o tal altro genere, che non figura dappertutto in eguale abbon
danza nel consumo. Il grano è a buon mercato nei paesi mezzo incotti dell tu-
ropa, e nondimeno vi è ancora molto caro per le povere popolazioni che lo rac
colgono. Egli è quasi unicamente di segala che questa vivono» e mentre in Fran
RENDITA. 567
eia la segala non occupa che un terzo appena della superficie arativa, mentre in
Inghilterra non ne occupa il quarto, figura tra 7 e 9 decimi in Russia, in Polo
nia, in Ungheria. Che cosa mai ne risulta? Che in questi paesi il grano, a cui si
riserva una piccola quantità di terreni specialmente fertili, non vale comparati
vamente alla segala quanto vale nei paesi più inciviliti, e che il prezzo dei viveri
vi è realmente più alto di ciò che parrebbe a giudicarne dal prezzo del grano
considerato isolatamente.
Da un altro lato convien notare che allato dei prodotti, la cui coltura più
estesa tende ad innalzare il prezzo, l'uomo non cessa di porne altri, i quali, a
costo minore, gli assicurino un sovrappiù di sussistenza. In Francia, all'epoca
in cui si raccoglieva per termine medio 80,100,000 ettolitri di frumento,
12,260,000 di grano e segala, 50,700,000 di pura segala, raccoglievansi già
parimenti 8,958,000 ettolitri di patate, più 21 milioni ettolitri di mais, di sara
ceno e di miglio, quasi 10 milioni di grani minuti e legumi secchi, ed inoltre
un'immensa quantità di fruttaglie. Evidentemente se il prezzo del grano avesse
avuto la tendenza ad innalzarsi, si sarebbe trovato, nell'abbondanza crescente
degli altri mezzi di vivere, un supplemento che bastava per impedire che si
rincarasse la vita. .. i
Queste considerazioni e questi fatti ci permettono di asserire che, nel pro
gresso naturale delle applicazioni del lavoro, hayvi una potenza eguale, superiore
a quella delle cause che tendono ad accrescere le spese della produzione. Ed ò
appunto essa che, malgrado la necessità di dissodare terre meno atte a produrre,
ha impedito l'innalzamento dei prezzi, e migliorando sempre più la proporzione
in cui si vedano effettuate le esuberanze, ha contribuito più efficacemente all'e
levazione della rendita.
È bene il prestarvi una grande e seria attenzione. Se tale non fosse stato il
vero andamento delle cose, tutto sarebbe inesplicabile negli effetti men dubbii
del progressivo movimento delle arti e della civiltà. È un fatto fuori d'ogni dub
bio che quanto più le popolazioni si sono illuminate, tanto più son cresciute in
numero ed agiatezza, e tauto più i viveri a loro disposizione sono divenuti co
piosi e migliori. Nulla havvi di più accertato. I giornalieri in Inghilterra , in
Francia, in Olanda, in Isvizzera non solamente sono meglio vestiti ed alloggiati
di quel che furono nei secoli XV e XVI, o di quel che sono ancora in Russia,
in Ungheria ed in Polonia, ma sono anche meglio nutriti. Egli è in parte di fru
mento, e non di segala soltanto, che oggi si compone il loro pane. Mangiano
carne e legumi; usano pasti men grossolani e più variati. Ora come mai po
trebbe ciò avvenire, se fosse vero che la necessità di estendere la sfera delle col
tivazioni rendesse sempre più difficile e costosa la produzione? Sotto l'impero
fatale della legge a cui la scuola di Ricardo attribuisce un predominio invinci
bile, la retribuzione degli sforzi del lavoro si sarebbe veduta gradatamente di
minuire; ogui aumento delle quantità raccolte non si sarebbe ottenuto ebe per
mezzo di sacrificii comparativamente maggiori ; la classe rurale, a misura che
sarebbe stato necessario richiedere più dalla terra, si sarebbe moltiplicata; ed
il memento sarebbe venuto in cui le altre classi, contenute dalla necessità di
ottenere i loro viveri per mezzo di molta parte dei fruiti della loro industria, si
sarebbero arrestate. Ora l'opposto è precisamente avvenuto. A partire dai se
coli d'ignoranza e di povertà, quei secoli in cui la gran copia delle terre permet
568 passv.
teva di non coltivare che le migliori, si vedono le classi manifattori e mercan
tili proporzionatamente moltiplicarsi, ed al medesimo tempo ammassare maggiori
capitali e ricchezze. Certo tutto ciò non sarebbe stato possibile, se i continui
progressi dell'arte agraria non avessero posto i campagnuoli in grado di trarre
maggior profitto dalle campagne, e nutrire il rimanente della società senza esi
gere un prezzo sempre maggiore ai prodotti agrarìi.
Erronea è ancora la supposizione di essere stato necessario che il valor ve
nale delle derrate tendesse a montare perchè la coltivazione allargasse la sfera
della sua attività. Tutta la storia dell'arte agraria attesta all'inverso che ogni
cosa su tal riguardo è stata unicamente il frutto di fortunate scoverte. Cosi è
l'invenzione dell'aratro a largo vomere che ha deciso fi dissodamento di molte
terre alluminose e compatte, che prima erano affatto ribelli agli sforzi del la
voro. Parimenti è l'uso della calce e della marna nei luoghi in cui prima non
conoscevasi, che ha permesso di seminarli a frumento; ed è la scoverla delle
attitudini fertilizzanti del carbone animale, delle ossa in polvere, e di molte al
tre sostanze appartenenti ai vani regni della natura, ciò che ha rivelato la pos
sibilità di cavare ricche messi dai fondi creduti troppo sterili per poter com
pensare gli sforzi di un lavoro continuo. Parimenti ancora, l'importazione del
trifoglio sopra terre grasse, è ciò che le ha rendute produttive; come l'idea
sorta nella mente di un cantiniere dell'armata spagnuola nel lungo assedio di
Anversa, di tentare la coltivazione d'alcuni legumi nelle incolte sabbie di quel
paese, sotterrandovi i cenci degli abiti abbandonati dai soldati, è ciò che ba ri
velato il segreto con cui quelle sabbie si potevano convertire in un terreno ove
oggi maturano le più belle messi del Helgio. Del resto, noi abbiamo oggidì un
grande esempio del modo in cui le scoverte e le invenzioni si fanno : ed è quello
della fognatura. È forse l'aumento dei prezzi che ne ha determinato l'applica
zione? Certamente no: giacchè esso è venuto a prendere il suo posto in mezzo
a combinazioni e spese agricole dell'Inghilterra, nel momento medesimo in cui
proprietarii e fittaiuoli credevano trovarsi avanti alle prospettive del ribasso. Così
sono avvenute e continueranno ad avvenire le cose. L'uomo fu gettato in questo
mondo colla facoltà di migliorare la sua condizione. Vi giunse armato in modo
da poter gradatamente estendere il buon successo delle sue lotte contro la na
tura; e la terra, lungi dall'essergli data come un fondo sempre più ingrato alle
cure ch'egli era condannato a prodigarle, gli fu data come un agente di produ
zione, all'aiuto diretto del quale, quando venisse a mancare, sarebbe agevole di
supplire vantaggiosamente coll'acquisto di cognizioni destinate ad accrescere
sempre più la potenza pratica del suo travaglio.
Di alcune opinioni uscite dai sistemi accreditati in materia di rendita. —
L'esistenza della rendita, e l'elevazione ch'essa ha preso gradatamente, diedero
origine a certe asserzioni, delle quali è indispensabile il dire qui qualche parola.
Adamo Smith, dopo aver mostrato che la rendita è un effetto naturale dell'a
zione cooperativa della terra nel lavoro agricolo, si astenne dallo spiegare più
oltre l'analisi dei fatti e l'esame delle loro conseguenze. Prendendo il principio
nel modo in cui fu da lui presentato, sembrava nondimeno risultarne che tntta
la rendita provenisse unicamente dalla presenza nel suolo di qualità produttive,
le quali in ogni tempo avrebbero operato egualmente, ed avrebbero creato sin
dall'origine una ricchezza della quale gli uni s'erano impadroniti senza nulla
RENDITA. 569
lasciarne agli altri. Quest'opinione infatti non tardò ad acquistare qualche con
sistenza, e parecchi scrittori , in mezzo a degli imbarazzi e delle ambiguità di
linguaggio che tradiscono le incertezze delia loro mente, non mancarono di con
chiudere che l'esistenza della rendita veniva da un fatto di natura esclusivo, e
costituiva una specie di monopolio, il quale non aveva altro titolo per durare,
fuorchè la sua medesima utilità. Il sistema del dottor Anderson ripreso, com
mentato, formolato matematicamente da Ricardo , venne ad aggiungere nuovi
motivi a quelli che avevano dato corso a queste asserzioni, in quel sistema , la
rendita, oltre il suo vizio originario, aveva l'inconveniente di non crescere che
per effetto d'una vera sventura pubblica. Era l'inevitabile rincarimento del prezzo
dei viveri ciò che ne decideva quasi esclusivamente il progressivo innalzamento.
Quanto più la necessità di estendere la coltura sulle terre nuove contribuiva a
mutare la preesistente proporzione fra le spese e i prodotti, tanto più s'ingran
divano i redditi dei proprietarii; dimodochè in ultimo l'impoverimento dei con
sumatori era il mezzo con cui i proprietarii godevano il privilegio di arricchirsi.
La maggior parte degli economisti inglesi ammisero e propagarono queste idee.
Secondo gli uni la rendita fu un monopolio , il quale costringeva i non posses
sori della terra a pagare i viveri al di la di quanto costassero ai possessori; se
condo gli altri essa fu, giusta l'espressione di Scrope, una restrizione messa ad
usufrutto dei doni che il Creatore ha fatto agli uomini per la soddisfazione dei
loro bisogni. Da ciò all'assioma diventato celebre: la proprietà è il furio, non
v'era che un passo, e questo passo non si tardò a darlo. Quindi oggi è necessa
rio di ricondurre nei limiti del vero simili conclusioni estremamente esagerate o
palpabilmente false.
Se noi qui dovessimo trattare la questione del diritto di proprietà, ci sarebbe
agevole il dimostrare che esso non si appoggia meno sulla giustizia, di quanto si
appoggi sull'utilità sociale; e provare in seguito, che senza la coltivazione della
terra, tutta l'umanità sarebbe stata condannata all'inesorabile servitù della fame;
mai non avrebbe, sopra alcun punto del globo, potuto sfuggire alle miserie della
vita selvaggia. Ma per tenerci a ciò che riguarda specialmente la rendita, abbiamo
parecchi punti che basterà accennare. Il primo si è, che da principio coloro i
quali si misero a coltivare la terra, altra rendita veramente non si appropriarono
fuorchè il prodotto possibile a raccorsi nello stato grezzo sulla piccola porzione
di suolo incollo che essi dissodarono, cioè un prodotto talmente minimo che non
poteva riuscire lesivo ad alcuno. Il secondo, che domandando la loro sussistenza
alla coltivazione, restituirono ai loro compagni infinitamente più di quanto loro
toglievano. Non occorre ad una famiglia selvaggia meno di quattro chilometri
quadrati per potersi nutrire ; e quelle che furono le prime a coltivare il suolo,
incapaci di estendere i loro lavori sulla centesima parte d'un tale spazio , la
sciando alla comunità il prodotto del sovrappiù, aumentarono realmente i loro
mezzi di vivere. Il terzo si è, che all'epoca in cui nacque l'agricoltura vi erano
tante terre vacanti, che ciascuno potè prenderne quanto gli convenisse; e che,
se vi furono famiglie le quali se ne astennero, ciò avvenne perchè esse preferi
rono o di continuare a vivere sui frulli della caccia o della pesca, o dedicarsi ad
occupazioni manifattrici. Così avvenne l'introduzione del reggime agricolo. Sicu
ramente nulla in questi fatti può ravvisarsi che sia stato di pregiudizio a chic
chessia: tutto, all'inverso, nelle antiche tradizioni delle razze umane attesta che
570 pamt.
esse, lungi dal vedere tanti usurpatori nei primi coltivatori della terra, li riguar
darono come benefattori dell'uman genere.
L'illusione è venuta dal non sapere ciò che era la rendita nel momento in
cui nacque l'agricoltura. Al vedere i redditi che la terra assicura a ehi la pos
siede dovunque l'incivilimento si sia inoltrato , lutti si figurano che sempre è
stato così, e dimenticano quanti lavori e sacrificii ad una lunga serie di genera
zioni è costato il portare la terra al punto in cui oggi si trova. Certo , se fosse
possibile decomporre la rendita e separarne gli elementi costitutivi in un paese
florido e ricco, farebbe meraviglia il vedere quanto poco nell'insieme entra la
parte venuta dal suolo allorchè era incolto; appena resterebbe percettibile a lato
di ciò che vi hanno aggiunto i capitali spesi nell'interesse della produzione, ed
i risparmii di lavoro dovuti ai progressi della scienza rurale. Da un altro lato
gli errori propagati dalla scuola di Ricardo non han lasciato di esercitare una fu
nesta influenza sovra molte menti. Senza dubbio la necessità di ricorrere a ter
reni men fertili di quelli i cui servigli si erano cominciati a porre a profitto,
avrebbe rincarato i viveri, se migliori applicazioni dell'umana attività non fossero
venute a contenerne e sormontarne gli effetti; ma come l'abbiamo mostrato, tale
è stato l'andamento delle cose; e se questa necessità ha potuto agire come un
ostacolo, non ha mai agito come causa di diminuzione del bene acquisito.
Tutto, del resto, nella questione che ci occupa, si riduce sostanzialmente a
sapere se l'esistenza o lo svolgimento della rendita imponga ai consumatori dei
frutti della terra sacrificii che potrebbero loro risparmiare. Ora ciò non potrebbe
esser vero che nel caso in cui la meta della rendita esercitasse sui prezzi un'in
fluenza qualunque; e questo caso, come è noto, non potrebbe avvenire. Ammet
tete, per esempio, in tutta la sua estensione, il sistema che presenta la rendita
nell'aspetto più favorevole, il sistema di Ricardo: dove sarete mai spinti? A ri
conoscere che la rendita, nata dalla necessità di estendere la coltura sopra terre
sempre men fenili, non è che l'inevitabile risultato del rincarimento dei prodotti.
In questo sistema non è già perchè nasce e cresce la rendita che i prezzi cre
scono, ma al contrario perchè i prezzi crescono, la rendita si forma e si au
menta. Le società son costrette, sotto pena di mancare dei loro viveri, a pagarli
ad un prezzo il quale assicuri ai produttori il rimborso delle spese necessarie
sulle più cattive fra le terre la cui coltivazione sia divenuta indispensabile; e da
ciò vengono ai possessori delle altre terre migliori quei vantaggi che loro costi
tuiscono una rendita tanto maggiore, quanto comparativamente minori sieno le
loro spese di produzione. Ammettete la teoria più semplice e più vera a nostro
avviso, che si propone in questo articolo, e voi arriverete a conseguenze ancora
più decisive. È l'attitudine produttiva della terra ciò che, permettendole di dare
ai suoi coltivatori prodotti maggiori di quanti ne occorrano per sussistere e ri
prendere le loro anticipazioni, dà origine alla rendita. Quanto più il lavoro si
perfeziona, tanto più si diminuisce, proporzionatamente alle quantità raccolte, la
somma delle spese che esso assorbe, e tanto più si accresce l'esuberanza che si
converte in rendita. Se egli è vero che la necessità di elargare la superficie ara
tiva tende a rincarare la produzione, questa tendenza incontra, nei vantaggi le
gati ai successivi progressi dell'umana abilità, un contrappeso più che bastevole
per raffrenarla; ed ecco perchè il consumo dei viveri si elarga e si migliora in-
^ sieme in tutti i paesi nei quali le popolazioni s'ingentiliscono e procedono in
VENDITA. 571
Danzi. Così la rendita altro non è che il frutto d'una generosità della natura che
gli uomini possono mettere sempre meglio a profitto, e il cui aumento non è che
l'effetto della crescente prosperità generale. Il che è tanto vero che, se alla Pre
videnza fosse piaciuto d'innalzare alquanto la fecondità della terra, il prezzo
delle derrate sarebbe stato minore, e la rendila sarebbe stata maggiore. Sin dal
l'origine si sarebbe avuto bisogno di sforzi minori per procurarsi la sussistenza;
e dopo dedotte le spese sarebbe rimasto un sovrappiù, un prodotto netto molto
maggiore di quello che oggi si trova sotto forma di rendita.
Si vede quanto sieno poco fondate le doglianze e le accuse elevatesi contro
l'esistenza e gli effetti della rendita. Da qualunque aspetto si riguardi la qui-
stione, qualunque sistema si adotti, la rendita non si mostra che come un ri
sultato di circostanze che niuno ha la potenza di mutare, e non come una parte
prelevatasi ad esclusivo vantaggio degli uni sui mezzi degli altri. È dunque una
parola malamente scelta quella di monopolio applicata all'esistenza della ren
dila. Senza dubbio, la terra è limitata in estensione, e gli uomini non potreb
bero nè ingrandirne la superficie , nè estendere a tutte le sue parti un lavoro
egualmente produttivo; ma segue forse da ciò che nulla siavi di comune fra
l'appropriazione della terra, e i dati che costituiscono il monopolio? Tutti non
hanno un podere, ciò è indubitato; ma hanno forse tutti una parte di quelle
cose le quali, come la terra, portano un valor venale, e son capaci di produrre
un reddito per effetto dello svolgimento che prende la capacità produttiva delle
umane società? La terra, salvo che leggi inique e perniciose la rendano immo
bile nelle mani di caste privilegiate , si trasmette e si permuta precisamente
come le case, gli opificii, i contratti di vendita, le azioni industriali. Chiunque
abbia risparmii disponibili è libero d'acquistarne una piccola o grande porzione;
e coloro che la possiedono sono così lontani dal cavarne profitti esclusivi, che
si trovano sempre pronti a cedere ciò che loro appartiene in cambio di capitale
da cui sperano trarre un reddito migliore. Possedere la terra, o possedere qua
lunque altra specie di ricchezze, è un semplice affare di gusto e di convenien
za, a segno che vi sono momenti in cui, anche a parità di prodotto, non è que
sto il più ricercato fra i modi d'impiego. Prendendo le cose nella loro essenza,
nulla havvi nelle asserzioni che abbiamo esaminato da non potere applicarsi del
pari alla disuguaglianza delle fortune: giacchè la proprietà territoriale altro non
è fuorchè una delle forme sotto le quali si effettua quella disuguaglianza la
quale, nata colle società, durerà certamente quant'esse.
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572
CLÉMENT.
RENDITA.
Bastiat e Carey sostengono che tutti i servigi naturali son sempre gratuiti,
non solamente per il genere umano considerato nel suo insieme, e come un es
sere unico, ma per ogni speciale individuo; che l'appropriazione privata di certi
agenti naturali — come per esempio la terra — non dà in alcun caso al pro
prietario la facoltà di riscuotere un prezzo qualunque per il loro concorso; che
l'opera produttiva intrapresa col loro concorso non rende un valore superiore a
quello che comporti il lavoro umano assorbito in quell'opera, a quello che la
medesima somma di lavoro potrebbe ottenere applicandosi ad ogni altra pro
duzione.
Ora quest'opinione ci sembra evidentemente contraria all'esperienza. I fatti
che la contraddicono son tanti, sì noti, così agevoli ad osservarsi, che non sap
piamo concepire com'essa abbia potuto adottarsi da due pubblicisti così elevati.
Noi siamo nondimeno disposti a riconoscere che, per prendere radice in un in
telletto sì limpido come quello di Bastiat, bisogna che le questioni da essa ecci
tate presentino, da qualche lato, difficoltà molto serie e degne di essere studiate.
Speriamo dunque che ci si permetterà di volere arrecarvi qui alcuni rischiari-
menti.
Per assicurarci che moltissimi fatti contraddicono l'opinione della gratuità
dei servigi naturali, e per convincerci che un valor di cambio, spesso grandis
simo, si uffigge a tali servigi, non occorrono che osservazioni accessibili a tutti.
Le proprietà boschive in Francia, quelle almeno che sono allo stato di bosco
dacchè fu occupato il paese, non hanno forse un valore mille volte superiore a
quello che sarebbe rappresentato dai lavori successivamente spesivi ? non esi
stono, sulle nostre montagne, estesi pascoli, i quali non ricevettero mai alcun
lavoro umano, e nondimeno hanno un valore considerevole? Quando un'inon
dazione passeggiera, o tutt'altro riparabile accidente, venga a distruggere i la
vori fattisi per trar partito da una cascata potente e ben situata, ne risulta forse
che questo naturale motore perda tutto il valor suo ? I dritti di attingere sopra
un ruscello, un fiume, creazioni naturali ed indipendenti da ogni lavoro umano,
non hanno forse un valore riconosciuto, e che quotidianamente entra in un gran
numero di umane contrattazioni? Si potrebbe mai sostenere che il Clos-Vougeot,
la collina dell'Hermitage, e tutti i vigneti superiori del Bordolese, della Bor
gogna, della Sciampagna, e delle sponde del Reno, non hanno che un valore
esattamente proporzionato a quello dei lavori da cui furon creati ? I terreni da
REMD1TA. 573
fabbrica nelle nostre città non acquistano soventi valori enormi, benchè non of
frano più alcuna traccia dei lavori antecedenti, che avevano potuto renderli col
tivabili? Infine è forse alle sole differenze di quantità o di merito dei lavori an
tecedenti , che si deve attribuire il maggiore o minor valore delle proprietà
minerali? Non è egli verificato che colla medesima somma di travaglio im
piegato in una data miniera di carbone, di ferro, di piombo, d'oro, d'ar
gento, ecc., si abbia un prodotto doppio, triplo, decuplo, di quello che si
ottenga da un'altra miniera? e come mai spiegare queste differenze, se non è
per mezzo dei diversi gradi d'abbondanza, di purezza, di facilità d'estrazione,
o per mezzo dei disuguali vantaggi nella posizione di questo agente naturale,
o, in altri termini, per mezzo di circostanze, che non dipendono affatto dal
lavoro di produzione?
Non si può dunque mettere in dubbio che, in molti casi, il valore ottenuto
col soccorso degli agenti naturali appropriati, non sia evidentemente superiore
a quello del lavoro umano impiegato alla sua creazione. Questi casi son troppo
numerosi perchè si potessero considerare come semplici eccezioni, giacchè, indi
pendentemente da quelli che abbiamo ora accennati, si potrebbe citare ancora,
per esempio tra le terre coltivate, quelle che, poste in vicinanza delle grandi po
polazioni, han sempre un valore superiore, e spesso doppio, quadruplo, ecc., del
valore attribuito ai terreni lontani dalle città, e ciò dopo compensate le somme
dei lavori incorporati nelle une e nelle altre, e senz'altra causa visibile fuorchè
la differenza di posizione. Si dirà che al travaglio medesimo devono riferirsi
questi vantaggi di posizione; che la scelta d'una posizione felice implica una su
periorità d'intelligenza, di previdenza, la quale dev'essere rimunerata coll'eccesso
del valore ottenuto? Ciò non sarebbe più sostenibile, perchè le circostanze che
Uniscono col dare una grande superiorità relativa ad una determinata località, si
producono in generale successivamente, e con tal lentezza, che sarebbe un troppo
onorare la previsione dell'uomo il supporlo capace di vaticinarle due o tre secoli
prima. Ma se anche si dovesse considerare il vantaggio di posizione, come se
fosse in tutti i casi la rimunerazione d'una previdenza, d'un'industria supe
riore, non per ciò ne risulterebbe che il possedere un tal vantaggio non costi
tuisca un privilegio naturale ; giacchè esso non è egualmente a disposizione
di totti in un paese già tutto occupato, in quanto che coloro i quali ar
rivino gli ultimi non possono più usare della loro forza di scella, superiore
per quanto si fosse, come agevolmente ne usarono e ne furono premiati i primi
occupanti.
Così a noi sembra indubitato che nel fatto un valore più o meno considere
vole, secondo la densità della popolazione, si lega ai servigi naturali appropriati,
oltre a quello dei lavori adopratisi per trarne profitto, e che non si potrebbe col
legare questo eccesso di valore ai lavori in se stessi.
Questo fatto d'altronde è facilmente spiegabile; due condizioni, o piuttosto
due serie di condizioni concorrono a determinare la meta dei valori speciali. Il
lavoro, o meglio le spese di produzione, costituiscono la prima serie; l'altra con
siste nell'insieme delle numerosissime e mutabilissime circostanze, che determi
nano il rapporto fra le quantità offerte e domandate. Per quegli oggetti, la cui
quantità si può indefinitamente accrescere dal lavoro umano, il valore tende co-
stautemente a livellarsi colle spese di produzione, perchè se s'innalza molto al ^
574 CLRHBNT.
disopra, tanto più il lavoro viene attirato verso la loro produzione, ciò che ac
cresce la quantità offerta; mentrechè se si abbassa al disotto delle spese, il
lavoro si ritira, e la quantità offerta viene a diminuirsi. Ma per gli oggetti, di cui
l'umano lavoro non potrebbe accrescere la quantità, egli è ben evidente che
questa condizione d'equilibrio più non esiste , e che se la loro domanda si au
menta di continuo, mentre l'offerta rimane forzosamente stazionaria, la meta del
loro valoK potra innalzarsi al doppio, al triplo, ecc., del lavoro o dalle spese fatte.
E non è questo il caso degli agenti naturali appropriati? Il fatto della superio
rità di valore in queste proprietà, comparativamente al valore dei lavori che vi
si sieno spesi, si spiega dunque agevolmente con une dei principii meglio stabi
liti in economia politica ,. l'eccesso è unicamente dovuto a ciò che, per effetto
dell'aumento di popolazione , la domanda del servigio degli agenti naturali si
sia accresciuta più di quanto abbia potuto crescerne l'offerta; e si può as
serire che questo valore alzerà tanto più, quanto più cresca la densità di po
polazione.
Ora si avrebbe egli ragione di vedere nella dimostrazione d'una tal verità una
specie di attacco alla legittimità delle proprietà territoriali; di pretendere che la
legge naturale da lei espressa, se esiste, tenda a produrre l'ingiustizia, ad accre
scere le disuguaglianze fra gli uomini, ad alterare sempre più l'equivalenza dei
servigi negli affari umani? Questi punti importa chiarirli; perchè credendo ri
conoscere nella legge di cui si tratta una sorgente d'ingiustizia, Bastiat ed altri
sono stati condotti a negarne l'esistenza. La loro negazione si fonda soprattutto
sulle considerazioni seguenti:
« La natura, offrendo i suoi doni all'uomo , nulla esige in ricambio; essi
costituiscono per tutta l'umanità una liberalità assolutamente gratuita; è dunque
unicamente al lavoro umano che bisogna attribuire ogni valore di cambio; per
chè se fosse vero che un valore può collegarsi ai servigi naturali ; se fosse vero
che alcuni uomini, appropriandosi tali servigi i quali nulla lor costino, possano
acquistare la facoltà di farne pagar l'uso agli altri, quest'appropriazione sarebhe
macchiata d'usurpazione e di iniquità; riserverebbe esclusivamente agli uni ciò
che la natura mise a disposizione di tutti ».
Non sappiamo se sarebbe a desiderarsi che la natura avesse distribuito i suoi
doni secondo le idee di giustizia formatesi nella mente di coloro che pongoDO
innanzi simili considerazioni, ma egli è certo che in questa distribuzione dei doni
naturali, l'uguaglianza da loro supposta non è menomamente osservata. Ciò è
evidentissimo quanto ai doni personali, giacchè gli uomini nascono gli udì mal
costituiti, infermi, ciechi, idioti, ecc., e gli altri con tutte le condizioni della sa
lute e del vigore, col germe delle facoltà intellettuali, industriali, artistiche. Non
è men certo che i doni naturali esterni non sieno distribuiti sulla terra in modo
che ogni nazione, ogni tribù, ogni famiglia, ogni individuo, abbia alla sua dispo
sizione le medesime forze, i medesimi servigi, i medesimi naturali vantaggi, sia
in genere o in ispecie, sia in quantità o in importanza. Certamente gli abitanti
del Groenland, della Terra del Fuoco, delle contrade aride dell'Africa o dell'Asia,
sono su tal riguardo meno ben provveduti che quelli del Bengala, dell'Andalusia
o della Turena. Ecco ineguaglianze, che noi siamo impotenti a sopprimere, e
provano che tutti i doni della natura non sono indistintamente conceduti a tutti,
È chiaro che se noi volessimo fondare la giustizia sulla condizione di un'eguale
RENDITA. 575
ripartizione fra tutti gli uomini, la giustizia cosi intesa andrebbe fuori dal mondo
degli uomini.
L'eguaglianza, del resto, non ò meglio osservata nella ripartizione dei van
taggi sociali, cioè quelli che provengono dall'attività umana. Colui che nasce fra
le tribù selvaggie della Nuova-Olanda avrà certamente minori vantaggi sociali di
colui che la sorte fa nascere a Parigi, a Londra, a Filadelfia. Colui che riceve
la vita da una famiglia opulenta avrà a sua disposizione un gran numero di beni
sociali, di cui il figlio del povero sarà privo, ecc. In breve, tutto è disuguaglianza
nella ripartizione dei beni che ognun di noi riceve dalla natura, e ciò per effetto
di leggi indestruttibili, contro le quali indarno si pretenderebbe lottare. Coloro
i quali suppongono che la giustizia rimanga ferita da una tale disuguaglian
za, intendono dunque colla parola giustizia qualche cosa affatto inaccessibile
all'uomo.
Ora è questa falsa nozione della giustizia, che sembra aver formato l'opi
nione degli scrittori, i quali negano che il valore di cambio possa apparte
nere ai servigi naturali appropriati, senza che l'equità ne rimanga offesa. Egli
è evidente che il loro giudizio si regge soltanto sulla supposizione che la giu
stizia esiga una perfetta eguaglianza in tutti gli uomini, nel godimento dei doni
della natura.
Senza investigare fino a qual punto potrebb'essere pericoloso il fondare così
l'idea di giustizia sopra condizioni impossibili all'umanità, noi faremo osservare
che uno fra i più gravi effetti di questo fitosofico errore sarebbe quello di sviare
per false vie gli uomini che consacrano i loro sforzi ad estendere sempreppiù
l'impero della giustizia, spingendoli a cercare, invece delle vere condizioni che
possono costituirla, un'eguaglianza chimerica invincibilmente respinta dalla na
tura delle cose.
Circoscrivendo la giustizia nei limiti della potenza umana, noi non preten
diamo di dare indicazioni sufficienti con cui poter distinguere ciò che è giusto
da ciò che non è, perchè la giustizia è ben lontana dall'essere, come troppo spesso
si ripete, scritta nel cuore di tutti gli uomini; e non basta il credere o il sentire
che una cosa sia giusta, perchè realmente lo sia. Questo sentimento va molto sog
getto ad ingannarci, se non è accompagnato da sufficienti cognizioni; e la scienza
destinata ad illuminarlo è forse la più difficile fra tutte le scienze. Nondimeno ci
sembra possibile indicare talune generali condizioni, che si devono sempre rin
venire in tutto ciò che è giusto; e la principale di esse si è che la cosa, di cui
si voglia giudicare la giustizia, sia sicuramente conforme att'interesse generale
e durevole dett'umanità. Noi crediamo di poter alfermare che ogni cosa, la quale
pienamente soddisfi ad una tale condizione, non potrebbe essere ingiusta. Ora
noi osserviamo che tutte le nazioni incivilite son d'accordo nell'ammettere, non
solo nel loro interno reggime, ma nei loro reciproci rapporti, che il fatto dell'oc
cupazione d'una cosa, — d'un fondo coltivabile per esempio, — la quale non
appartenga ancora ad alcuno, basta perchè questa cosa divenga propria di colui
che l'abbia occupata. Questo diritto del primo occupante, cosi universalmente
riconosciuto, costituisce un'offesa all'equità? Sarebbe egli contrario all'interesse
generale e permanente dell'uman genere , alla diffusione ed al miglioramento
della vita umana?
Si è recentemente invocata, nella discussione del problema di cui si tratta;
576 CLÉMEHT.
l'autorità di Carlo Comte (1). Siccome le opinioni di questo sensato e profondo
pubblicista a noi sembrarono sempre basate sulla ragione più solida, cosi volen
tieri ci appoegiercmo sopra di lui. Ecco ciò che egli dice intorno alla legittimita
del diritto nascente dalla prima occupazione:
• Una nazione non potrebbe avere un miglior titolo al posto che occupa sulla
superficie del globo, che quello di essere stata la prima ad impadronirsene, averlo
messo a coltura, aver creato le ricchezze che vi sono sparse, ed essersi colà svi
luppata. Sarebbe difficile il trovare dei titoli più antichi , più rispettabili , più
generalmente rispettati ; il popolo che lo contestasse, non potrebbe trovarne mi
gliori fuorchè Rifila forza ».
Sarebbe certamente difficile contestare la perfetta legittimità di questo mezzo
d'appropriazione per un popolo, quand'anche egli occupasse la parte del globo
più favorita di doni naturali; ma se ciò non offende per nulla l'equità quando
si tratta d'una nazione più o meno numerosa, come mai diventerebbe un'ingiu
stizia quando si tratta soltanto d'una tribù, d'una famiglia, ecc.? Ecco del resto
ciò che Carlo Comte aggiunge riguardo all'appropriazione privata:
« Io ho mostrato altrove (nel suo Trattato di legisìazione) che non havvi
progresso possibile per la razza umana, Tinchè la terra rimanga abbandonata alla
sua naturale fertilità, e gli uomini non abbiano altri mezzi d'esistenza all'infumi
che i prodotti grezzi della natura. In una tale condizione, la popolazione, ridotta
a poche deboli tribù erranti sopra vastissimi lerritorii, rimane stazionaria, vive
in uno stato sempre vicino alla fame, ed in mezzo a tutti i viz.ii, che ordinaria
mente tengono dietro ad un'eccessiva miseria e ad una profonda ignoranza. Io
da un altro lato ho dimostrato che un popolo, quand'anche sia poco numeroso,
il quale praticamente ammetta la comunanza di lavori e di beni , si condanna
con ciò solo alla maggior parte dei vizii e delle privazioni che risultano dalla
schiavitù. Ma se egli è vero da un lato che gli uomini non possono nè molti
plicare, nè perfezionarsi finchè lascino incolta e selvaggia la terra; se da un
altro lato è provato che non possono progredire finché sieno nella comunanza
di lavori e di beni ; ne segue che l'appropriazione, per i popoli, per le famiglie,
e per gl'individui, delle varie cose su cui l'industria umana si possa spiegare, è
una stretta necessità della nostra natura; ne segue che l'occupazione ed i fatti
che ne derivano sono una fra le leggi a cui tutti gli uomini si irovan sog
getti » (Trattato della proprietà, tom. I, pag. 54 e seguenti).
Ammettendo dunque , — ciò che non può negarsi , — che per effetto della
moltiplicazione degli uomini sopra un medesimo luogo, il servigio degli agenti
naturali appropriati acquista un valore superiore a quello del lavoro spesovi ,
questo fatto non costituisce alcuna ingiustizia, perchè risulta da un diritto così
bene giustificato dalle leggi della nostra natura, dall'interesse generale e costante
dell'umanità, quanto può esserlo il diritto di un popolo a rimanere padrone del
territorio da esso primitivamente occupato e fecondato; quanto può esserlo an
cora il diritto d'un individuo a disporre del prodotto delle sue facoltà personali,
o dei beni a lui trasmessi dalla sua famiglia. Il valore attribuito ai servigi na
turali appropriali non deriva da una frode, nè da alcuna specie di violenza eser-
agii attacchi di certi retori contro la proprietà territoriale una grande impor
tanza, mentre essi non erano che puerili.
Dopo avere accertato la realtà del fatto, che un valore di cambio può affig
gersi ai servigi naturali appropriati, oltre a quello degli umani lavori impiega
tivi ; che questo valore in generale s'innalza colla densità della popolazione, e
che ciò nulla ha di contrario alla giustizia , ci rimarrebbe ad investigare ed
esporre le sue conseguenze economiche ; ma questa nota è già troppo lunga, e
noi ci restringeremo ad un piccolo numero d'osservazioni.
Non risulta punto, dal fatto di cui si tratta, che il prezzo delle derrate pro
dotte coll'ailto degli agenti naturali appropriati debba necessariamente innal
zarsi a misura che il valor proprio del servigio si accresca. Può ben accadere che
l'aumento di quest'ultimo valore, come ostato notato da M. Giuseppe Garnier (1),
sia più che compensato da perfezionamenti di lavoro. Così, per esempio, la sop
pressione dei maggesi, permettendo di aumentare la quantità delle derrate agri
cole prodotte sopra un territorio medesimo, ha potuto equilibrare, o anche vin
cere, quanto al prezzo delle derrate, l'effetto che doveva necessariamente derivare
dall'accresciuta domanda d'una popolazione moltiplicatasi ; ma ciò non impe
disce all'alio che il valor proprio dei servigi naturali del suolo abbia potuto al
medesimo tempo innalzarsi, e si può vederne agevolmente il perchè.
Suppongasi che, prima di sopprimere i maggesi, il valor proprio dei servigi
naturali del suolo entrasse per un decimo nel valor totale delle derrate prodotte,
e gii altri nove decimi appartenessero al valore dei lavori (antichi o moderni
impiegatisi in questa produzione.
Suppongasi ancora che la soppressione dei maggesi, o altri perfezionamenti
agrarii , abbia potuto permettere di aumentare, colla medesima somma di lavori
o di capitali, la quantità delle derrate prodotte, nella proporzione di un decimo.
Suppongasi infiue che la ricerca delle derrate si sia al medesimo tempo ac
cresciuta nella stessa proporzione d'un decimo.
La teoria insegna che, in tale ipotesi, il prezzo delle derrate sarà rimasto sta
zionario; e nondimeno la somma di lavori o di capitali, necessaria per produrre
una medesima quantità di derrate, si sarà diminuita d'un terzo. Egli è chiaro
che, in tal caso, il valor proprio dei servigi naturali del suolo si sarà accresciuto
di un 10 per 100, senza che alcun progresso si sia manifestato nel prezzo delle
derrate.
Così l'innalzamento del valor proprio dei servigi può coincidere con lo stato
stazionario dei prezzi, o anche con la loro diminuzione. A ciò basla che i per
fezionamenti dell'industria, e la scoverta di nuovi mezzi per trarre miglior partito
dalle forze della natura, vengano a bilanciare o superare l'effetto dell'aumento
di popolazione.
JN'oi crediamo potere logicamente dedurre da quanto precede le conclusioni
seguenti: se la popolazione d'un paese, il cui territorio sia intieramente appro
priato e coltivato, non cresce, l'economia di lavoro, generata dai perfezionarne""
apportati nell'industria agricola, giova tutta al consumatore, senza che il pro-
' flffl^^lfffl'S
580
ARRIVABENE.
i.
Egli è parso al direttore del Journal des Economiste*, che un articolo del
signor Passy sulla rendita della terra, inserito nella dispensa del mese di marzo
1853, abbia dilucidato in modo tale il soggetto da avere resa vana qualunque
ulteriore discussione sovr'esso, o da dovere almeno indurre gli scrittori a non
sollevarla leggiermente di nuovo. A me è sembrato però che, malgrado la luce
che il signor Passy ha sparsa su questo soggetto, folte ombre lo cuoprono an
cora. Io tento adunque di diradare queste ombre, a rischio di farne sorgere di
novelle, e vedere cosi il mio orgoglio severamente punito.
Per farsi un'idea chiara della rendita della terra, giova sbarazzarla da qua
lunque materia eterogenea, e non impiegar mai questa locuzione se non per espri
mere il fenomeno economico a cui essa risponde. Noi faremo ogni nostro possi
bile per tenerci in questi limiti, varcati i quali la confusione entra inevitabilmente
negli spiriti.
L'esistenza della rendita della terra suppone sempre quella di terre proprietà
di qualcuno, e, fatte alcune eccezioni (chè la terra dà altri prodotti, i quali non
sono il risultato della coltura di essa), quella pure di terre che, da incolte che
erano, sono state rese atte ad una coltura qualsiasi, e sono attualmente coltivate,
o di terre sulle quali sono stati innalzati stabilimenti industriali, od altri, o erette
case, tali stabilimenti essendo in attività di servizio, tali case essendo abitate.
Le terre sono rese proprie ad una coltura qualunque per mezzo d'una serie
di operazioni, vale a dire, coll'impiego del capitale e del lavoro; e siccome, du
rante il corso di queste operazioni, il capitale ha rimunerato il lavoro, in ultimo
risultato non è che il capitale, vale a dire colui che lo possedeva, il proprietario
infine delle terre in tal modo trasformate, che può eventualmente godere di una
rendita.
Le persone le quali hanno dato ai loro capitali una simile destinazione,
l'hanno naturalmente fatto colla mira di trarne un buon interesse. Sembrerebhe
però che, sino a tanto che in un paese l'offerta dei prodotti dell'agricoltura ri
sponde alla domanda regolare di essi, tutti i proprietarii delle terre coltivate di
questo stesso paese non potessero ottenere dai capitali stati impiegati in esse, a
(1) Talvolta per amore di brevità e per evitare un'inutile e noiosa ripetizione ho
usata la parola rendita senza aggiugnere della terra. Ma quando il feci, il senso della
frase era talmente chiaro che non potea nascere equivoco.
RENDITA. 581
meno che il proprietario non fosse disposto a fare un dono all'affittuale (e doni
di tal fatta non si fanno comunemente) , una di queste due cose accadrà; o il
coltivatore sarà obbligato ad aumentare l'affitto, od egli dovrà cedere il posto ad
un altro.
II.
Avendo considerata la rendita della terra nei suoi rapporti colle terre rese
coltivabili e coltivate, giova ora esaminarla relativamente alle terre, le quali, come
l'abbiamo indicato dapprima, possono dare prodotti diversi da quelli che sono il
risultato della coltivazione.
La terra porta alla sua superficie, o nasconde nel suo seno materie, le quali,
raccolte o estratte, ed alcune lavorate, divengono prodotti utili e necessarii al
l'uomo quanto quelli dell'agricoltura. Tali sono il carbon fossile, la calce, i mi
nerali, le acque termali, ecc. Le cagioni che in questo caso danno origine alla
rendita della terra sono presso a poco identiche a quelle che la occasionano nel
caso sopra esposto. Trattenersi a lungo sovr'esse sarebbe cadere in inutili ripe
tizioni. Mi limiterò quindi a mettere in rilievo le poche differenze che passano
tra l'un caso e l'altro.
A fine di convertire in prodotti le materie sopraccennate, giova generalmente
stabilire officine. La concorrenza però, che può nascere per la creazione di sta
bilimenti di simil genere, è meno grande di quella che può sorgere allorchè trat
tasi di metter terre in istato di coltura, quelle materie non esistendo che su pochi
punti della superficie di un paese, ed essendo limitate in quantità, mentre la
maggior parte della superficie stessa può essere resa capace di produrre grani,
legumi, foraggi, ecc. La rendita della terra può adunque, in. questo caso, innal
zarsi ad un livello, al quale non può giugnere nell'altro.
Se, per esempio, da un punto del suolo, per quanto minimo esso fosse, spic
casse una sorgente d'acqua la quale possedesse la facoltà di guarire una data
malattia, la rendita della terra, in questo caso speciale, prenderebbe proporzioni
enormi, tanto più enormi in quanto che il capitale necessario a creare uno sta
bilimento di simil genere sarebbe pressochè nullo.
D'altra parte le produzioni di questo genere non sono d'una necessità sì im
periosa per gli uomini quanto quelli dell'agricoltura, e soprattutto quanto le der
rate alimentari; e, ad ogni modo, la quantità delle prime, di cui essi abbiso
gnano, non è mai tanto grande quanto quella delle seconde; e la conseguenza
di ciò si è che la rendita, derivante da questa cagione, è tenuta in certi limiti.
Oltre a ciò il gran valore che alcuni prodotti di tal genere, l'oro, a cagion d'e
sempio, contengono in confronto al loro volume e al loro peso, produce pure un
effetto limitativo della rendita, i prodotti estranei facendo ai nostrali una concor
renza facile e grande ad un tempo. L'agevolezza infine, colla quale questa specie
stessa di prodotti può essere trasportata da un punto all'altro di uno stesso paese,
toglie molta forza ad una delle cagioni della rendita, vale a dire, alla situazione
per lo smercio dei prodotti.
III.
Noi abbiamo considerata la rendita della terra nei suoi rapporti coi terreni
resi coltivabili e coltivati; l'abbiamo esaminata relativamente ai terreni che con
586 ARRIVARENE.
tengono materie atte a divenire prodotti di natura diversa da quelli che dà l'a
gricoltura; non ci rimane ora che a considerarla nel suo rapporto con quello
parti del suolo su cui sono innalzati stabilimenti industriali od altri , o erette
case, gli uni essendo in attività di servizio, le altre essendo abitate.
Le cagioni, che determinano la rendita in questo terzo caso, non differiscono
essenzialmente da quelle che la fanno nascere nel secondo.
Giova però osservare, per quanto riguarda le case, che la feracità naturale del
suolo, la quale influisce tanto favorevolmente sulla rendita delle terre coltivate,
è una circostanza che nuoce a quella del suolo su cui le case sono poste. Ciò a
cui soprattutto si guarda, allorchè si sceglie una casa da abitare, si è alla salu
brità, condizione meglio raggiunta nei terreni sterili e sabbiosi, che non nei fe
raci. Le esigeuze soltanto dell'industria e del commercio fanno passar sopra ad
una simile condizione.
Ma la cagione prima da cui dipende la rendita in quest'ultimo caso, si è la
situazione, l'essere le fabbriche e le case poste a maggiore o minore prossimità
dei centri di popolazione, e delle grandi vie di comunicazione. Questa cagioue la
nascere, tra la rendila d'una parte di suolo e quella d'un'altra, differenze di graa
lunga maggiori di quelle che si manifestino nel primo e nel secondo caso. I ter
reni per fabbricare, per esempio, che si vendono un franco al piede alla circon
ferenza d'una grande città, si vendono cinquanta franchi al piede e più nel centro
di essa.
I terreni fabbricati, però, per quanto concerne la rendita, vanno soggetti a
vicissitudini, che talora migliorano, talora peggiorano la condizione loro in modo
veramente straordinario ed eccessivo. In un quartiere d'una città, a cagion d'e
sempio, si stabilisce la stazione d'una ferrovia. Fabbriche d'ogni genere sorgono
tosto, come per incanto, nei terreni adiacenti, e la rendita di questi prende
enormi proporzioni. Ma in seguito si viene a riconoscere che la stazione, là dove
fu stabilita, non risponde bene allo scopo suo, e la si trasporta altrove. Un cam
biamento di fortuna si opera immantinente. I terreni attigui alla stazione dere
litta perdono enormemente di valore; quelli al contrario prossimi alla nuova sta
zione guadagnano immensamente. Un fatto di questo genere è avvenuto sotto i
miei proprii occhi. Quando a Bruxelles si stabili una nuova stazione pei viaggia
tori alla porta di Colonia, e quella dei Viali Verdi non fu più destinata che alle
mercanzie, i terreni intorno alla prima furono venduti a prezzi esorbitanti, men
tre quelli che circondano la seconda svilirono enormemente; svilirono tanto che
i proprietarii di essi, considerando un diritto acquisito ciò che non era che un
caso, una buona ventura, chiesero alla Legisìatura un'indennità, la quale, come
era giusto, non fu accordata.
La rendita della terra infine, qualunque sia il genere di proprietà, dotata della
facoltà di darla, o terreni coltivati, o miniere e simigliane, o terreni fabbricati,
la è un vantaggio di cui non possono godere che i possessori attuali del suolo;
e ciò in una misura maggiore o minore , secondo che sono più o meno favore
voli le circostanze di ciascheduna parte di esso, e secondo che è più o meno ri
mota l'epoca da cui data il loro possesso. Se individui acquistano poscia pro
prietà di simil genere, non possono, al momento dell'acquisto, partecipare in
alcun modo al beneficio della rendila, i venditori di esse esigendone tal prezzo
che, e risponda al capitale impiegato a formarle, ed alla rendita capitalizzata. I
RENDITA. 587
compratori possono godere soltanto eventualmente del beneficio della rendita, ove
una di quelle cagioni che l'hanno originata in passato venga a prendere un nuovo
sviluppo, ed aumentandola per gli antichi possessori di terre, ne faccia sorgere
una anche pei nuovi. Ma al momento della compera questi ultimi non possono
conseguire che l'interesse normale del capitale impiegato in essa.
IV.
Riassumiamoci. La terra ha facoltà di provvedere alle necessità degli uomini,
e di soddisfare pure ai loro bisogni di agiatezza e di lusso. Questa facoltà però
non viene a manifestarsi se non dopo che gli uomini hanno applicata l'azione
loro alla terra. Ma agire sulla terra egli è sopportare fatiche, fare sforzi, e niuno
il vorrebbe ove non fosse certo di raccoglierne egli stesso i frutti. La terra, stata
in tal modo sottoposta all'azione dell'uomo, diviene un capitale. La terra però
non risponde agli sforzi dell'uomo in modo uguale su tutti i suoi punii ; dove è
larga de suoi favori, dove è avara. Altre circostanze danno a certi puuti di essa
una superiorità su certi altri. Quegli individui adunque, l'azione dei quali ostata
volta a punti di terra, in un modo o nell'altro privilegiati, sono venuti ad essere
in possesso di capitali producenti in maggiore o rniuor misura un interesse su
periore all'interesse normale che solo danno i capitali, stati da altri individui ap
plicati a parti di terra riuuenti condizioni meno vantaggiose. li soprappiù d'in
teresse, di maggiore o minor rilievo, che i primi capitali rendono a confronto dei
secondi, è ciò ebe costituisce la rendita della terra; dimodochè coloro che par
tecipano a questa rendita dispongono in fatto, comparativamente a coloro che
ne sono privi, d'una quantita di cose che è dovuta ad una liberalita della na
tura, o ad altre circostanze indipendenti dall'azione loro personale, e le quali
hanno un valore di cambio come il restante di esse.
lo mi faccio forse illusione, ma la teoria della rendita della terra, quale io
sono venuto esponendo, mi sembra una di quelle verità che gl'Inglesi chiamano
truismo, come se si dicesse che due cose diverse non sono eguali.
Intelligenze superiori però, cuori generosi, avendo giudicato le conseguenze
di tale teoria offendere la giustizia , rompere l'armonia degli interessi sociali ,
hanno negato e la verità di essa e le conseguenze che ne derivano. Ma perchè
una verità non armonizza cogli interessi degli uomini in generale, cessa essa
perciò di essere tale? Havvi ragione di negarla? Ne viene egli qualche utile dal
farlo? Non è egli maglio fissarla bene in volto affine di ben conoscerla, e atte
nuare i mali effetti che può produrre? Ed è egli poi vero che le conseguenze della
teoria della reudita della terra, quale fu da noi esposta, sieno tanto funeste quanto
coloro che la contrastano lo hanno giudicato?
Provare che le conseguenze di questa teoria sono vere quanto la teoria stessa,
torre loro di dosso la macchia che si è voluto por loro in fronte, ed indicare le
misure d'interesse generale che la conoscenza esatta delle cagioni che danno ori
gine alla rendita della terra può suggerire , ciò è quanto per ultimo ci propo
niamo di fare.
Il valore di cambio, che le cose hanno, deriva dalla facoltà che esse posseg
gono di soddisfare ai bisogni degli uomini, di qualunque specie essi sieno, e del
588 ABRIVABENE.
non potere al tempo stesso essere ottenute se non per mezzo di sforzi fatti dagli
uomini stessi.
Ma perchè tale è la condizione richiesta affinchè le cose abbiano un valore
di cambio, ne viene egli di conseguenza che sforzi uguali, impiegati a produrle,
ottengono sempre risultati uguali, una somma stessa di valori? Certamente no.
E la disuguaglianza dei risultati, a paragone degli sforzi fatti per ottenerli,
non si mostra soltanto nei prodotti che hanno rapporto col soggetto , che qui
trattiamo. Essa domina la produzione tutta quanta , i prodotti materiali come
pure gl'immateriali.
La cagione di tale disuguaglianza non è sempre la stessa. Talvolta essa viene
da ciò, che parti di certe materie, in cui individui hanno la fortuna di abbattersi,
si prestano più facilmente , che noi faccia il restante di questo stesso genere di
materie, alle trasformazioni alle quali quegli individui vogliono assoggettarle.
Talvolta essa sta nel fatto dell'essere altri individui giunti ad impossessarsi di
altri agenti naturali specialmente efficaci. Talvolta infine la disuguaglianza ha
origine negli uomini stessi, nelle loro qualità fisiche, intellettuali e morali, che
trovansi più polenti e più sviluppate negli uni che non negli altri. Allorchè una
di queste cagioni favorisce la produzione di taluno, essa gli dà una superiorità
decisa sulla produzione di talaltro; essa fa che il primo colla stessa quantità di
sforzi ottenga risultati maggiori di quelli che il secondo non possa ottenere , o
con minori sforzi risultati uguali.
I risultati che individui giungono ad ottenere, sia a motivo della superiorità
di agenti naturali esterni di cui possano disporre, sia per la superiorità delle
forze e qualità fisiche di cui trovansi dotati, sono grandi senza dubbio, ma non
vanno mai oltre certi limiti. Un individuo, a cagion d'esempio, s'incontra in
un terreno, da lui scelto per disporlo a coltura, d'una straordinaria fertilità
naturale; il terreno invece, che un altro individuo prende a dissodare, è di
una fertilità naturale soltanto ordinaria. Il primo terreno produrrà esso forse il
centuplo del secondo? No certamente. Se ne eccettui alcuni rari casi, esso pro
durrà il doppio del secondo, o poco più. Un operaio possederà una forza ercu
lea, una forza tale che gli permetterà d'intraprendere lavori, che gli operai co
muni sarebbero incapaci di compiere; malgrado ciò quell'operaio otterrà tulio al
più una doppia mercede. Un altr'uomo ha una statura di sei piedi; s'ingaggierà,
e siccome si potrà fare di lui un granatiere, riceverà, per prezzo d'ingaggio, il
doppio di quanto sarà dato ad altr'uomo di mezzana statura, del quale non si
potra fare che un semplice fantaccino.
Ma le cose procedono ben altramente quando la superiorità trovasi esistere
negli agenti naturali interni, vale a dire nella mente dell'uomo, nelle sue qualità
morali. Egli è allora, che gl'individui, i quali hanno a loro disposizione simili
agenti, creano essi prodotti materiali o immateriali ; egli è allora, che sovente la
differenza dei risultati, a parità di sforzi, ottenuti dagli uni in confronto a quelli
ottenuti dagli altri, è veramente enorme.
Due individui, per esempio, lavorano entrambi separatamente a foggiare una
macchina destinata a rimpiazzare la forza degli uomini o degli animali. Hanno
essi entrambi a loro disposizione gli stessi elementi materiali necessarii alla co
struzione della macchina; ma l'uno non è dotato che d'una intelligenza comune,
l'altro è un uomo di genio. Il primo costruirà una macchina, la quale non rag
BEND1TA. 589
giungerà che imperfettamente il suo scopo ; quella invece dal secondo costrutta
sarà una cosa perfetta. Uno avrà conseguiti risultati di poco momento, ed avrà
fatto pochi o punto guadagni. I risultati dall'altro ottenuli saranno stati im
mensi ; il suo paese, il mondo intero ne avrà avuto vantaggio, ed egli avrà fatto
enormi guadagni.
Due giovani si mettono a studiare la musica con uguale ardore; ma l'uno ha
più talento dell'altro. Il primo diventerà un Paganini o un Rubini , guadagnerà
molto danaro, vivrà lautamente, sarà ricolmo di onori, e lascierà, morendo, una
grande fortuna. Il secondo strascinerà miseramente la vita , e morirà sulla
paglia.
Uno stesso pensiero agita ad un tempo la mente d'uomini di ardente immagi
nazione. Credono essi che la terra sia ben più vasta che non lo si suppone comu
nemente ; scorgono cogli occhi della mente, al di là dei mari, vaste e ricche con
trade. Si sìanciano alla realizzazione del loro pensiero; tutti, meno uno, falliscono
l'impresa. Ma quest'uno è un uomo di genio, il quale facendo uso di questo no
bile e possente agente naturale , trascurando i proprii interessi materiali , dota
l'antico mondo delle maraviglie e delle ricchezze del nuovo, e cuopre se stesso
d'una gloria immortale.
Un individuo è giudicato possedere una moralità a tutta prova. Gli vengono
affidali grandi capitali, di cui fa un uso intelligente e felice. Egli diviene il primo
banchiere del mondo.
Sarebbe superfluo moltiplicare gli esempi per provare cosa sì per se stessa
evidente.
Se individui adunque colla stessa misura di sforzi ottengono maggiori risul
tati, una più grande quantità di prodotti, o maggiori valori, che altri individui
non facciano , e se ciò avviene perchè i primi hanno operato col concorso di
agenti naturali più efficaci, non è egli logico il conchiudere che gli agenti natu
rali essi stessi, in quanto hanno cagionato un soprappìù di cose, e, rappresen
tati da questo soprappiù, hanno acquistato un valore di cambio come il restante
delle cose? Egli è vero che senza sforzi i produttori privilegiati essi medesimi ,
questi enfants gàlès della Natura, non avrebbero potuto produrre nè la quantità
ordinaria di cose, nè la straordinaria ; ma non è men vero che i loro sforzi sono
stati coronati da maggior successo che non lo sieno stati quelli dei produttori
non privilegiati.
In quest'ordine di fatti ov'è l'ingiustizia? Come mai si può dire che l'armonia
degl'interessi sia rotta? La disuguaglianza è la legge generale della creazione;
essa è in tutto, e ovunque. Come sarebbe egli possibile che la produzione non
fosse soggetta a questa legge? E sì fatta disuguaglianza nuoce essa a qualcuno?
Impedisce essa gli uomini in generale di produrre? Mette essa ostacolo ai cam-
bii? Menomamente.
Quando una persona desidera possedere un oggetto appartenente ad altra
persona, la prima offre in cambio alla seconda un oggetto da essa stessa posse
duto. Nè si dà pensiero di conoscere quale misura di sforzi l'oggetto da lei de
siderato abbia costato per essere prodotto, se maggiori o minori di quelli da lei
impiegati affine di produrre quello che vuole dare in cambio. Essa brama l'og
getto; ai suoi occhi ha un valor maggiore del proprio. Essa l'ottiene; essa deb-
b'essere, essa è contenta. Ma le passioni, la gelosia, l'invidia, possono sole con
590 ARE1VABEMB.
►O-S-Wm.
593
BOUTOWSKI.
RENDITA.
una gran parte della produzione appartiene al lavoro, e che con questo titolo
l'industria manifattrice e l'industria mercantile sono egualmente produttive, ma
non giunse a chiarire il vero carattere della rendita territoriale. Egli vagamente
l'attribuisce ad una qualita, ad una peculiare virtù della terra, e si avvicina ai
fisiocrati, dichiarando che l'agricoltura è un'industria più produttiva delle altre,
perchè in essa la natura presta un concorso più efficace e più lucroso.
Venne Ricardo. Egli non potè contentarsi della spiegazione di Smith.
Infatti, il concorso della natura è tanto efficace e potente negli altri rami d'indu
stria, quanto nell'agricoltura. Da dove viene che non sia del pari lucroso, e che
il profitto netto, la rendita, non si veda se non in agricoltura? Per risolvere il
problema, Ricardo abbandonò il terreno della produzione e si mise in quello
della distribuzione. Si fissò sopra un fatto che domina tutta la serie dei feno
meni della distribuzione sui prezzi correnti. Riconobbe che il prezzo corrente,
come per altro Smith lo aveva dimostrato, si determina in virtù d'una legge
d'equilibrio, e sempre in ragione inversa déWofferta ed in ragion diretta della
dimanda. Dunque, esso non dipende dal produttore se non in quanto il produttore
influisca sull'offerta. Questo dato diventò la chiave della teoria della rendita da
Ricardo scoverta. Egli dapprima si mise a distinguere la nozione del prezzo
corrente da quella delle spese di produzione, che Smith qualche volta chiama
prezzo naturale, e che in pratica si indica sovente per prezzo di costo. In seguilo
comparò il prezzo corrente colle spese nelle varie industrie. Si avvide e mostrò
che sotto l'impero della libera concorrenza, quest'ultimo tende sempre ad avvi
cinarsi al primo; che gli si avvicina infatti nell'industria manufattrice e mer
cantile; che gli si avvicina del pari nell'agricoltura; ma che una notabile
differenza sussiste in favore di certe imprese più favorite dalla natura; e
questa differenza è precisamente quel saldo che tanto aveva preoccupato i suoi
predecessori. Allora il fenomeno rimane perfettamente chiarito: questo saldo,
questa rendita, altro non è che un beneficio di cui godono i proprietarii delle
terre, nelle quali, mercè certi vantaggi naturali di posizione o di fertilità, si
possa ottenere la medesima quantità di prodotti con una spesa minore, cioè con
un minore impiego di lavoro e di capitale. Il beneficio va a loro profitto quando
essi coltivano i loro fondi; se lo fan pagare nel fitto, quando concedono ad
altri l'uso dei loro fondi. Dunque, la rendita o il profitto netto territoriale,
non è più un reddito particolare della terra, come Smith diceva; molto meno è
il reddito unico, il reddito per eccellenza, come lo supponevano i fisiocrati; è
semplicemente l'effetto d'un naturale vantaggio, inerente ad una qualunque
proprietà fondiaria, che permette al suo possessore di produrre con ispese
minori ciò che egli venderà al prezzo medesimo per cui vendono gli altri.
La prima origine di un tal beneficio, che si trova in un luogo e non si trova
in un altro, che è maggiore sopra una terra, e minore o nulla sopra di un'altra,
si deve cercare, secondo Ricardo, nella varietà delle naturali condizioni sotto
cui la terra si presenta all'azione dell'uomo. Questa varietà, e tutti ne conver
ranno, io credo, è estrema: può dirsi che a rigore non vi sono due tratti di
suolo che presentino la medesima estensione, la medesima fertilità, la medesima
posizione, ed offrano definitivamente un medesimo aiuto al lavoro umano.
Quindi, i vantaggi che ne risultano ai proprietarii, 1 vantaggi speciali a queste
forze naturali, limitate ed appropriate, si sottraggono all'azione livellatrice della
RENDITA. 595
concorrenza. Le altre forze della natura che l'industria chiama in aiuto, non
presentano la medesima varietà; offrono ogni dove a un dipresso il medesimo
concorso; non danno luogo ad alcun beneficio particolare; non si può indicarne
alcuno, almeno secondo Ricardo, nelle operazioni produttive che si esercitano
per mezzo dell'aria, dell'acqua, del vapore, della luce, dell'elettricità. Se la forza
naturate che chiamasi terra si presentasse ogni dove colle medesime attitudini
produttive, ed in quantità inesauribile, la rendita territoriale non si potrebbe
formare.
È egli necessario aggiungere che Ricardo insiste molto sulla influenza eser
citata dal prezzo corrente sopra la rendita? La meta della rendita è tanto
mutabile quanto le qualità medesime delle terre; ed è questo uno dei caratteri
che distinguono la rendita dall'interesse, la cui meta è sempre costante sopra
uno stesso mercato. Comunque sia, un ribasso nel prezzo corrente dei prodotti
agrari tende ad abbassare la meta delle rendite, come un rialzo tende ad innal
zarla. Così l'aumento della popolazione, gli ostacoli creati al commercio esterno,
in generale tutte le cause che accrescono la domanda, o restringono l'offerta
dei prodotti agrari, accrescono al medesimo tempo la meta delle rendite: i
copiosi arrivi dall'estero, i miglioramenti dei metodi di coltivazione, la stazio
narietà della popolazione, sono altrettante cause che agiscono in senso contrario.
Così è che Ricardo arriva a conchiudere che la rendita, o il profitto netto
territoriale, non costituisce un nuovo reddito, veramente creatosi nella società;
ma è un semplice premio che si starca dai redditi reali, per andare a profitto
del proprietario di una terra favorita dalla natura, e che ad esso appartiene in
virtù del suo dritto di proprietà. Gli esempi da lui scelti, e sopratutto l'ipotesi
della coltura successiva, possono andar soggetti alla critica; ma la sostanza
del suo concetto non per ciò ne rimane attaccata. L'argomentazione di Ricardo
è un po' dura ed acerba nella forma; ma non bisogna dimenticare che egli
scriveva in un paese e in un tempo in cui si voleva per forza convincere il
mondo che l'alta meta delle rendite sia il più grande ed il più bel progresso
che possa avvenire in una nazione, e quando una classe potente si sforzava
a mantenere quest'alta meta di rendite per mezzo dei vincoli messi all'impor
tazione delle granaglie. Spiegando il vero carattere della rendita, Ricardo ha
reciso queste pretensioni, e colla sua teoria ha molto appianato il terreno atia
grande riforma compiutasi sotto i nostri occhi da sir Robert Peel.
Ma torniamo alla sua analisi, che poi è stata riprodotta, dilucidata, perfe
zionata ed in parte compiuta da altri eminenti economisti. Qual è il suo difetto?
— Io credo (ed in ciò suppongo esser d'accordo con molti fra gli Economisti
a cui ho fatto ora allusione) che l'analisi di Ricardo pecca per difetto di
pienezza.
Egli ha ben veduto la vera indole della rendita, ma non ha generalizzato
abbastanza le sue conclusioni. Sì, la rendita territoriale è un beneficio che un
naturale vantaggio, eccezionale, esclusivo, inerente al fondo, fa nascere a van
taggio del proprietario, in quanto che la società o l'umanità intiera consente di
pagarlo, sotto forma d'un alto prezzo corrente. Ma havvi di più : questo bene
ficio non appartiene esclusivamente alla proprietà territoriale; esiste e si mani
festa nel reddito d'ogni uomo che si giovi d'un naturale ed eccezionale vantaggio
qualunque, posseduto o nella sua persona, o nella proprietà. Questi eccezionali
'
596 BOUTOWSM.
o personali vantaggi da lungo tempo sono stati indicati dalla scienza sotto il
nome di monopolii naturali. Se la parola monopolio urta o dispiace, si può bene
sostituirne un'altra, senza mutare per nulla il fondo della cosa. Si trova lo
stesso beneficio o premio tanto nell'alta rimunerazione dei talenti straordinariì,
quanto nell'alta mercede dell'operaio dotato d'una forza o d'una intelligenza
non comune, non che nell'alto prezzo dei prodotti rari e preziosi; si trova del
pari nei profitti straordinarii che il tal fabbricante o il tal mercante deve a
certe circostanze naturali, il più spesso fortuite, che gli permettono di eseguire
una data operazione a costo di una spesa minore; si trova in fine ogni volta
che, a parità di prezzo corrente, le spese di produzione sieno diminuite da un
più efficace e più felice concorso della natura.
Senza dubbio, questo concorso rimane sempre gratuito per colui che se ne
giova: la natura non domanda mai a Rubini il prezzo della sorprendente sua
voce, non domanda all'operajo robusto e destro il prezzo della sua forza macu
lare; la natura non figurerà mai come creditrice nel bilancio passivo d'un fab
bricante di prodotti chimici, per esempio, quando essa abbia innalzato o ab
bassato, in modo vantaggioso per lui, il grado della temperatura; non nel
bilancio di un armatore, per un vento favorevole che inaspettatamente gli abbia
permesso di eseguire in quindici giorni la traversata nella quale ordinariamente
ne occorrono trenta. Questi doni di Dio resteranno gratuiti per i fortunati che
ne profittino; lo saranno egualmente per la Società: bisognerebbe che questi
redditi straordinariì, sovente impreveduti, e che io chiamo benefica o premii,
invece di potersi allegramente incassare da coloro che li ricevono, rientrassero,
sotto forma di imposte volontarie, nel tesoro dello Stato, o si facessero buoni
al consumatore, cioè a tutti, sotto forma di un equivalente ribasso nel prezzo
corrente.
Nulla di simile avviene sotto i nostri occhi: i proprietarii territoriali, i grandi
e piccoli talenti, i manifattori ed i mercanti, profittano e godono di tali bene-
firii ogni volta che possano ottenerli, e non ne tengono conto alcuno nè allo
Stato nè ai consumatori ; nè lo Stato nè i consumatori pensano mai a doman
darglielo. Ciascuno pubblicamente gode, senza nulla celare, i doni gratuiti ed
eccezionali dovuti alla Providenza; ciascuno cerca di ricavarne ii miglior
partito possibile, e farseli pagar quanto più caro si possa, senza nascondersi,
menandone anzi vanto, e spesso attribuendo a se stesso, al suo lavoro, la riu
scita straordinaria, che sostanzialmente non è dovuta che a Dio.
Un autore a cui la scienza è debitrice dei più grandi servigi, Bastiat, che noi
amiamo e di cui piangiamo la perdita, ha detto che negli affari umani la sola
cosa che abbia valore consiste nei servigi. Affatto d'accordo con lui in ciò, io
dirò anche che sotto l'impero della libertà dei cambi, nessuna cosa si paga
all'iufuori dei servigi, o piuttosto i servigi si cambiano con servigi equivalenti.
Pagando per quindici franchi un posto al teatro onde udire Duprez, io non pago
che un servigio ; pagando mille franchi per il mio alloggio, cento per il mio
abito, cinque soldi per il mio pane, non pago che servigi; come se alcuno compra
la mia merce, non mi si paga che il servigio da me reuduto. SI, come Bastiat;
io insorgo contro la pretensione di proporzionare il valore dei prodotti al travaglio
che abbian costato ; come lui, io proporziono questo valore al servigio cne 1
prodotti possano rendere; come lui aggiungo che il valore è giustamente stabi
RENDITA. 597
lito quando una libera concorrenza presiede alla valutazione. Soltanto io faccio
qualche cosa di più; decompongo il servigio; vi trovo una parte che proviene
da uno sforzo, da una pena, da un travaglio, da un sacrificio, che il produttore
ha subito per procurarmi il servigio; e allato a questa porzione, non sempre ma
spesso, ne scopro un'altra, alle volte grandissima, che proviene da, -un naturale
vantaggio appartenente al produttore, il quale non lo deve che a Dio. Distinguo
queste due porzioni, e nondimeno pago il servigio precisamente quanto vale,
cioè secondo il suo prezzo corrente, senza lagnarmi della mia sorte, giacchè dal
canto mio io mi faccio pagare la mia merce, e so che mi viene così retribuito non
solamente il travaglio che mi ha costato, ma anche il vantaggio naturale, la
capacità, il talento se vuoisi, che mi hanno aiutato a produrla, forse molto più
di quanto mi sia giovato il travaglio propriamente detto. Ovvero, se io non ho
alcuna capacità speciale, se il servigio che rendo non consiste che in un tristo
travaglio, se mi si paga meschinamente quanto vale, io non me ne dolgo, perchè
non mi verrà mai in capo di rimproverare a Dio l'avermi cosi male dolato.
Ora, da tutto ciò io conchiudo, ed ecco il punto che mi allontana dalle idee
espresse nelle Armonie economiche (pag. 66, 142,242 e passim, capit. V, Vili,
IX) che il concorso delta natura non è e non rimane sempre gratuito in tutti
gli umani affari. Ancora una volta, nessuno paga alla Previdenza i doni
cbe ne riceve sotto forma di vantaggi eccezionali, combinati nella sua persona
o nella sua proprietà ; ma ciascuno profitta di questi doni per rendere ai suoi
simili certi servigi al minor costo possibile e ricever da loro in cambio altri
servigi, quanto più se ne possa, da lui desiderati. Tale è l'ordine naturale delle
cose. Tutti sulla terra possiedono qualche cosa; se non è una proprietà immo
bile, sono dei beni mobili, ed in difetto di mobili ed immobili, ciascuno, se
non è uno schiavo, condizione anormale, possiede almeno la sua persona, le
sue forze fisiche e morali. Tutti possono riconoscere nelle loro proprietà certe
qualità eccezionali, certi vantaggi, e tutti legittimamente procurano di cavarne
il miglior partito possibile. Io dico legittimamente perchè suppongo che siamo
tutti d'accordo sul sacro principio della proprietà derivante dalla personalità e
dal lavoro dell'uomo, cioè dall'applicazione di questa personalità all'acquisto
dei beni necessarii per sostenerla e svilupparla. Più tardi io ritornerò sulla
questione della proprietà; per ora dico che, fortificato da un tal principio, il
proprietario fa valere i naturali vantaggi della terra, come l'artista fa valere il
suo talento, l'operaio la sua forza, il soldato la sua bravura. È questo un cambio
perpetuo di servigi, provenienti tanto dal lavoro, quanto dai doni naturali;
cambio vantaggiosissimo a tutti, ma nel quale, non si potrebbe negarlo, co
loro che possiedono una maggior quantità di doni naturali si trovano più
vantaggiati.
Il nostro amico Bastiat ha creduto vedere in un tale stato di cose una
discordanza, per adoperare un'antitesi all'armonia che egli si era sforzato di
stabilire. Perchè vi sia discordanza, bisognerebbe provare che Y ineguaglianza
non è il corollario dell'umanità. Tutto prova l'opposto. Noi nasciamo, viviamo,
moriamo, sotto l'impero della disuguaglianza; così furono i nostri padri, così
saranno i nostri nipoti. Col libero arbitrio e colla sensibilità è anche difficile
immaginare, almeno alla ragione umana, un diverso ordine di cose. L'ineguale
distribuzione dei doni della natura, ammessa del resto come un fatto da tutti
598 boctowski.
gli Economisti e dal medesimo Bastiat (pag. 299 e passim, capit. X), si accorda,
mi sembra, perfettameute colla nostra nativa disuguaglianza. £ se si devono
giudicare da cio che esiste le intenzioni del Creatore, l' ineguaglianza in tutto èia
sorte comune degli uomini. Ora se si ammette l'ineguaglianza, devono eviden
temente risultarne naturali ed eccezionali vantaggi per gli uni, ai quali gli altri
non possano partecipare che a titolo oneroso, cioè pagandone i servigi che ne
derivano; di modo che cade la dottrina della sempiterna gratuità del concorso
della natura.
Qui io mi affretto a convenire con Bastiat che altre cause tendono di continuo
a livellare ciò che havvi di disuguale nella distribuzione dei doni naturali fra
gli uomini e Ira le nazioni. Come lui indicherò queste cause nel progresso della
civiltà, nella diffusione dei lumi, nel miglioramento dei mezzi di comunicazione,
nell'invenzione delle macchine, e sopratutto nella libertà dei cambii e della con
correnza. Grazie a queste cause, io dirò come lui che ogni giorno una certa por
zione dell'utilità operosa, che si deve con uno sforzo strappaie dalla natura, o
che si trova circoscritta nel cerchio esclusivo della proprieta personale, si va
aggiungendo all'utilità gratuita, a quella che appartiene a tutti. Ugni giorno
quest'ultima si accresce, si allarga, ed il suo progresso si traduce in una somma
di godimenti sempre maggiore, per una quantita sempre minore di slurzi e
travaglio. Ala un tal movimento non si può ammettere dulia scienza che come
una semplice tendenza; la nativa disuguaglianza non potra mai cancellarsi; ed
anche sotto il più perfetto sistema di transazioni e di concorrenza, vi saranno
sempre nel mondo vantaggi naturali ed eccezionali, appartenenti a proprietari
esclusivi, i quali non cederanno il godimento o i servigi ai loro simili che a
titolo oneroso.
Sorgendo contro la dottrina della gratuità sempiterna del concorso della
natura, opponendole quella dei naturali ed eccezionali vantaggi, io non piego
affatto ad un vano desiderio di aprire una polemica colie onorevoli persone che
sostengono la prima fra queste due opinioni. Desidero unicamente contribuire
a dilucidare un punto della scienza, ed esso è importantissimo. Si possono
citare più esempi di anime generose, le quali, alla vista del male costantemente
e fatalmente mescolato al bene nell'esistenza umana, bau seuiito un dubbio
pericoloso. Un giorno Sismondi non dichiarò forse che la concorrenza e l'uso
delle macchine sono l'origine del pauperismo e dei mali che sopraffanno le
classi lavoratrici? Ciò sarebbe un dipresso come se un tisico volesse incolpare
l'aria che noi respiriamo delle epidemie che in essa si producono. Nondimeno,
questo rispettabile nome , questa penna eloquente , che insorse tuti' insieme
contro i principii che aveva prima difeso, scosse la fede di più che un addetto:
una fra le barriere del tempio in cui si chiudeva la sana dottrina si trovo abbas
sata, e lasciò immediatamente entrare in lizza una moltitudine di sognatori ed
utopisti, i qnali colle loro insensate pretese avrebbero distrutto la scienza mede
sima, se la verità potesse mai essere distrutta. Or bene, sostenere che in teoria
l'aiuto della natura sia e debba sempre esser gratuito in tutti gli umani ailari,
è un abbassare di nuovo la barriera avanti alle utopie socialistiche.
Non si può ammettere un aforismo senza legittimarne tutte le deduzioni.
Ora, se voi ammettete la massima di cui si tratta, immediatamente l'edificio
della scienza si trova scrollato : esso finisce di andare d'accordo coi fatti,
RENDITA. 599
perchè più non potrebbe spiegarli; abbandona il solido terreno dell'analisi per
inviarsi nelle fangose boscaglie dei giudizii arbitrarii. Scrivete questa formola che
io combatto in fronte dei vostri trattati, e domani un nuovo atteta del paradosso
scenderà nell'arena, prenderà la vostra formola, la stringerà^l'avveleneràj e ne
farà uscir fuori mille nuove contraddizioni che non servono ad altro fuorchè ad
offuscare il buon senso del pubblico, e screditare una scienza positiva e
benefica.
Ah! egli dirà, voi sostenete che il concorso della natura sia e debba sempre
esser gratuito in mezzo a tutti gli affari umani; ed io vi proverò con cento,con mille,
con dieci mila esempi, che questo concorso in pratica è ben lontano dal riuscire
gratuito: che quando all'incontro un uomo ne può disporre, se lo fa pagare in
bel danaro contante. Voi pretendete che la libertà dei cambii e la concorrenza
sono condizioni necessarie al godimento gratuito: ed io vi proverò ancora che
queste condizioni, come voi le intendete, quand'anche si effettuassero, nulla
muterebbero alla cosa; che sempre si pagheranno, o per lo meno si faran
sempre pagare i vantaggi naturali ed eccezionali, i doni di Dio.
Dunque se la vostra formola è giusta, come voi sembrate esserne convinto,
tali pagamenti non saranno che estorsioui ed ingiustizie; dunque havvi un vizio
nell'organizzazione sociale, a cui la vostra liberta di cambii, la vostre concor
renza, non possono rimediare; dunque bisogna cercarvi altrove un rimedio; — e
l'ultima conclusione non può farsi attendere, e voi vedrete sorgere un progetto
per arrivare ad una organizzazione sociale in cui la vostra formola si trovi pra
ticamente giustificata, cioè in cui nessun dono della natura dia luogo ad un pa
gamento qualunque, in cui tutti i suoi doni sieno e rimangano sempre gratuiti in
tutti gii affari umani. E none già necessario che questo progetto si vada a cercar
molto lungi: egli è già trovato nell'arsenale dell'utopia; è il comunismo appli
cato alla terra, è l'uguaglianza delle mercedi applicate al lavoro; è il livello
oppressivo degli ugualitarii passato sugli uomini e sulle cose, affinchè nessuno
si distingua dagli altri per un vantaggio qualunque, affinchè tutti guadagnino e
tutti producano in eguale misura nè più uè meno.
Voi che sostenete questo preteso dogma della sempiterna gratuità nel con
corso della natura, che potrete mai rispondere all'argomento del vostro avver
sario? — Voi sarete costretti o di dire che egli ha ragione, che infatti la società
è male ordinata, non permettendo che gli uomini tutti si avvantaggino di tutti i
doni gratuitamente accordati dalla natura, e che in conseguenza sia necessario
riformarla onde estirpare un tal abuso; ovvero, indietreggiando davanti ad una
conseguenza si strana e si poco conforme allo spirito della scienza, voi conver
rete che la vostra formola non era esatta, e che, secondo le leggi provvidenziali,
il concorso della natura non è e non rimane sempre gratuito in mezzo a lutti
gli affari umani, anche quando questi affari si compiano sotto l'impero della
più compiuta libertà.
E che? mi diranno allora i socialisti d'ogni classe, voi convenite adunque
che il proprietario della terra si fa pagare, sotto forma di rendita o fitto, i van
taggi naturali che egli ha ricevuto da Dio; mi direte che esso prende il danaro
al povero popolo, per ammetterlo al godimento d'un dono del cielo ! — Ma
questa è un'enormità, un abuso, un'ingiustizia, un furto! —Questi clamori tante
volte riprodotti su tutti i tiwni ed in tutte le lingue, devono a mio avviso inte
600 BOL'TOTTSKI.
Febbraio 1852.
»♦«♦«
60S
OSSERVAZIONI
DI
M. WOLKOFF.
L'autore comincia col voler fare ogni sforzo possibile per mantenersi nei li
miti del significato speciale e scientifico della parola rendita, liberandone l'idea
da ogni altra materia eterogenea. Ma egli vien meno al suo intento, per non
avere distinto i capitali perituri da quelli che non lo sono, ed il beneficio
temporaneo, ottenuto presentemente, e decrescente nell'avvenire, dalla rendita
permanente, quantunque eventuale, che sorge nell'avvenire e tende ad ac
crescersi.
Entrando nella discussione, l'autore pianta il principio che solo il capitale
impiegato nella terra è quello che può eventualmente godere una rendita. La
proposizione è vera per il capitale incorporalo nella terra, e confuso colle fa
coltà naturali e primitive del suolo. Esso allora si è convertito in forze gratuite
della natura, e come queste, non esige alcun pagamento. Cosi non ne riceve che
uno eventuale, il quale può togliersi dalla totalità dei redditi territoriali senza
nuocere all'industria, e sul quale il proprietario mai non conta, perchè è lontano,
incerto, ed indeterminato.
Alla fine del seguente paragrafo noi troviamo: « Sembrerebbe ecc.».
L'interesse superiore alia meta dei profitti è dato dal capitale perituro, cioè
dalle spese annuali che comprendono i pagamenti annuali effettivi, e l'ammor
tizzazione dei capitali di maggiore o minore durata. Questo capitale non può, in
modo alcuno, prendere il nome di capitale-terra, il quale converrebbe ai capi
tali incorporati, impossibili a ritirarsi dall'impresa agraria. Ciò che sorpassa il
prolìtio ordinario, ricevuto gratuitamente dal proprietario, viene da quest'ultimo
qualificato come gli aggravii, finche egli nou abbia coucepito la natura della
rendita, e viene attribuito al capitale, confuso colle facolta naturali del suolo,
quantunque il proprietario sappia assai bene che questo capitale da lungo tempo
fu ripreso o perduto per lui, ma non mai perduto pei consumatori, finchè l'im
presa continui.
L'autore spiega come la rendita appaia anche nel caso di perfetta conformità
nelle condizioni della coltura. Egli suppone, per quanto sembra, che i dissoda
menti si eseguiranno per porzioni grandemente estese, e che aspettandosi che
una nuova superficie sia posta in coltura, ciò che esige tre o quattr'anni almeno,
i proprietarii delle antiche colture avranno un reddito netto superiore al profitto
ordinario.
L'aumento nella domanda precede senza dubbio il dissodamento di nuovi
terreni, perchè è necessario che il bisogno di allargare le colture si faccia sen
tire prima che le imprese agrarie comincino. Ma questa condizione del paese
604 WOI.KOFF.
(1) Tali sodo i capitali spesi in lavori che non esigono una manutenzione conti
nua, e si devono considerare come non perituri Gnchè durerà l'intrapresa.
OSSERVAZIONI. 605
eventuale devoluta, ed anche dovuta ai fondi produttivi non perituri. Non è forse
agevole il liberarsi da una tale illusione, e convincersi che i capitali incorporati
alla terra, divenendo imperituri, lungi di far discendere la terra allo stato di
capitale, s'innalzano invece essi medesimi a quello di doni gratuiti della natura.
Deve ripugnare lo attribuire il titolo di capitale a ciò che nulla frutta e
nulla deve fruttare al suo proprietario, ad una forza il cui prodotto passa gra
tuitamente ai consumatori. Se il proprietario arriva soventi a ricevere una ren
dita perchè è il bene naturale che egli possiede, o perchè un capitale vi si è
incorporato, questa causa non sarà la sola nè la prima: l'aumento nella do
manda del prodotto e l'inettitudine a trarre la medesima quantità di questo pro
dotto da una terra posta in altre condizioni naturali, ne saranno le cause pre
cipue e più prossime; nondimeno non si darà loro il nome di capitali, e non
si dirà che esse sieno state rimunerate. La rendita non sarà una rimunerazione
di un capitale che non ne ha richiesta alcuna entrando nella cassa del proprie
tario, ma sarà un premio affatto gratuito, non equivalente ad alcun guadagno o
ad alcuna perdita sociale, restando sempre indizio certo d'una diminuzione
di prodotti ottenuti per mezzo d'un medesimo capitale, impiegati in ispese cor
renti di coltivazione d'altre terre.
Ecco ora la proposizione che merita di essere sopratutto rilevata nell'articolo
dell'autore: « Ciò che importa conoscere ecc.».
Bisogna sceverare il fenomeno e ogni altra influenza eterogenea. Per vedere
la maniera in cui i miglioramenti influiscano sulla rendita, l'autore medesimo
non complica la quistione coll'accrescimento della domanda. Se questa non cresce
l'aumento di un prodotto colle medesime spese, provocherà sempre un ribasso
nel suo prezzo, in modo che il valore totale del prodotto ne sarà diminuito.
L'eccesso del prodotto non trovando uno sbocco, farà una concorrenza eccessiva,
perchè cerca di collocarsi ad ogni prezzo. Vi sarà una crise d'ingorgamento.
I capitali impiegati a spese annue, che dieno i soli profitti ordinarii. saranno
ritirati dalla coltivazione. La rendita, consistendo nella differenza fra il pro
dotto di un capitale e quello del capitale men produttivo, dovrà dunque dimi
nuirsi (1).
Egli è soltanto nel caso in cui l'aumento d'un prodotto, ottenuto dai capitali
che fruttino di più, sia inferiore alla quantità del prodotto medesimo, fornito
precedentemente dai capitali men produttivi, che si dovrà ricorrere di nuovo
all'impiego di questi ultimi, ma ad una parte soltanto. Siccome il miglioramento
avrà operato del pari sul prodotto di tutti i capitali rappresentanti le spese
annue dedicate alla medesima specie d'industria agraria, così la differenza tra le
quantità di prodotto, ottenute da capitali eguali, non si sarebbe mutata, e le ren
dite in prodotto resterebbero quali erano prima del miglioramento. Ma le rendile
(1) V. la pag. 55 delle Opere di Ricardo. In pratica l'eccesso del prodotto stimola
una maggior ricerca e finisce col trovare uno sbocco ; ciò proviene dall'avvilimento
del prezzo e qualche volta ba per effetto l'aumento del vatore totale del prodotto ed
in conseguenza l'innalzamento delle rendite (Vedasi il mio opuscoto Gratuità degli
Agenti naturali). Noi non supponiamo una costanza assoluta nel consumo, se nou per
porre a nudo l'effetto dell'aumento della produzione,
606 WOtKOPF.
in danaro si abbasseranno sempre, giacchè maggiore quantità di prodotto dovra
dare il medesimo profitto ordinario, ii che farà abbassarne il prezzo (1).
Un effetto analogo avrà luogo se si diminuiscano le spese di produzione per
una medesima quantità di prodotto. Le rendite in prodotto resteranno invaria
bili, ma le rendite in danaro si abbasseranno, perchè il prezzo del prodotto si
diminuirà ; e ciò per la ragione che la concorrenza inevitabilmente lo farà ridurre
alla meta del profitto ordinario per il capitale nien produttivo; o quest'ultimo
si sara diminuito, continuando a dare la medesima quantità di prodotto che
prima dava.
Una diminuzione nella rendila in prodotto è sempre accompagnata da una
più forte diminuzione nelta rendita in danaro, perchè essa non può aver luogo
se non per mezzo d'un relativo aumento del prodotto ottenuto col capitale meo
produttivo, ciò che farà abbassare il prezzo.
Non bisogna dimenticare che noi supponiamo intieramente compiuti i feno
meni, e non nel corso del loro avvenimento. Da questo aspetto, i miglioramenti,
qualunque si l'ossero, — aumento di prodotto senza nuove spese, diminuzione
di spese senza aumento di prodotto — avranno operato egualmente su tutte le
terre coltivate ad una data pianta, senza eccezione, qualunque sia la classe a
cui appartengano, sotto il rigoardo di ciò che rendano.
Se noi volessimo osservare il fenomeno nel corso della sua effettuazione,
vedremo che in tutti i generi di perfezionamento dell'industria territoriale i pro
duttori ottengono un beneficio, il quale temporaneamente rimunera la loro ini
ziativa od il loro sacrificio; beneficio decrescente che non bisogna confondere
colla rendila. Quando il fenomeno è compiuto, la rendila si trova sempre dimi
nuita, se non pure annultata, per effetto di qualunque miglioramento avvenuto
nelt'industria territoriale. Essa non cresce che per effetto d'un nuovo aumento
nella domanda, il che forma un fenomeno a parte.
E come mai un miglioramento in un'industria qualunque può non diminuire
il valore totale del suo prodotto, se la quantità consumata non sia cresciuta?
Che cosa è dunque un miglioramento, un perfezionamento, se non è una utilità
gratuita o condotta allo stato di gratuità, che si venga a sostituire nel loogo
d'un'utilità onerosa? Non è dunque possibile chiamare miglioramento ciò che
non attenui il prezzo del prodotto; e siccome la quantità del prodotto venduto
e consumato rimane qual era, supponendo invariabile la domanda, così è chiaro
(1) Il sig. Arrivatane suppone che una classe di terreni ha potuto ricevere mi
glioramenti tali, da' permettere che, colle medesime spese, si ottengano maggiori pro
dotti , ma questi miglioramenti possano non riuscire applicabili ad altre specie di
terreni. Se si dispongono i varii terreni secondo la serie de' loro vantaggi assoluti,
invece di classificarli relativamente ad una sola e medesima specie d'industria, e, nelle
intraprese agricole, ad una sola specie di prodotti, come ha fatto Ricardo prendendo
ad esempio il grano, non si arriverà mai a conoscere la natura e le proprietà della
Rendita. Le migliori condizioni di riuscita d'una specie di prodotto sono ogni dove
eguali, e i miglioramenti fatti nella coltura d'un prodotto sono imitati non solo nei
vicini poderi , ma in tutti i paesi ne' quali una tal coltura presenti vantaggi, le ei~
parità straordinarie di cui il prodotto sarebbe fornito , possono procurarcii' un mJg"
giore reddito al coverto dalla concorrenza; ma altora egli riceverà un premio ti'"'''
zio di capacità, come si vede in ogni industria, e non già una rendita.
OSSKRYAZIOM. 607
che il valor totale del prodotto deve sempre diminuire per effetto dei mi
glioramenti.
Più in là, l'autore insiste ancora sul tempo che scorre prima che i nuovi
dissodamenti entrino in coltura corrente; su di che noi abbiamo già osservato
che nulla di speciale ne risulta nei lavori agricoli; ed egli ulferma che nelle altre
industrie la concorrenza è quasi immediata, mentre che nella coltivazione dette
terre è lenta. Senza dubbio ha inteso dire in tutte le coltivazioni, qualunque
sieno, della terra; giacchè nella pagina seguente egli dice che la concorrenza,
la quale può nascere nella formazione d'imprese' estrattive è men grande di
quella che sia possibile quando si tratti di creare fattorie.
La maggiore 0 minore lentezza della concorrenza non dà luogo ad una
rendita. In nessuna industria la concorrenza è istantanea, e non havvi mai la
minima rendita, nel senso rigoroso che l'autore ha voluto conservare alla pa
rola, e che è il solo ammissibile quando si tratta del fenomeno di cui egli si
occupa.
Il tempo voluto dalla concorrenza prolunga o raccorcia il godimento del
beneficio dovuto all'iniziativa, all'utilità, ai sacri ficii di capitale e lavoro, ecc.,
sovente è dovuto all'intelligenza del produttore, ad un caso fortunato, all'az
zardo, ma sempre è beneficio temporaneo, o tutt'al più vitalizio ed attuale,
qualità inverse di quelle che ha la rendita. Mr. Arrivatane fluisce il suo primo
articolo e comincia il secondo con questa proposizione: « Le persone che par
tecipano, ecc. ».
Queste cose utili non sono dovute che all'attività umana (Ved. Dunoyer,
Produzione, Giornale degli Economisti, febbr. 1853). Ed è perciò solameute
che hanno un valor di cambio; ma questo valore non è in ragion diretta del
l'azione umana, la quale è condizione essenziale all'esistenza del valore, ma non
ne forma la misura. La spiegazione della differenza di valore dei servigii a
parità di lavoro non deve esser fatta nè dall'aspetto particolare degl'individui
meglio retribuiti, che inclinano a considerarla come un bene e come una gene
rosità della natura verso loro, nè dall'aspetto dei meno retribuiti, pei quali
questa medesima differenza sembra un male derivante dalla parsimonia della
natura. Bisogna collocarsi dal punto di vista dell'umanità in generale, e con
fessare che questa differenza non è dovuta che all'umana imperfezione, la
quale ci condanna a progredire sempre, ma non mai conseguire i mezzi di trarre
dappertutto egualmente i più grandi vantaggi d'una qualunque data industria
agricola.
L'autore, accordando per un momento agli avversarli delle verità emesse
dagli Economisti sulla rendita, che queste verità non si accordano cogl'interessi
degli uomini in generale, non vi vede ragione per negarle. Vuole che si guar
dino in faccia, e destina il suo secondo articolo a lavare, com'egli dice, le con
seguenze tratte dalla macchia che si è voluto imprimervi ; cosa a cui crede di
pervenire paragonando la rendita con ogni altra disuguaglianza di vantaggi na
turali o acquisiti, personali o esterni all'uomo, e non vede mezzo di attenuare le
rendite, fuorchè nella libertà di commercio delle derrate alimentari, nei lavori
pubblici, nel non applicare il danaro del pubblico ad operazioni profittevoli pei
privati. /
/
608 WOLKOFF. — OSSERVAZIONI.
STERCH.
RENDITA.
(1) La riunione permanente di queste tre circostanze è cio che conferisce alle uti
lità del suoto un carattere peculiare distintivo. Gli effetti del libero-cambio modifi
cano i risultati economici che ne derivano, ma non potranno mai cancellare del tinto
i tratti caratteristici. Vedasi ciò che ne ha detto G. Garnier nel Journal des Économ,,
pag. 164 e 165, settembre ed ottobre 1852.
zione colle fonie naturali che vi si trovano racchiuse; ed egli potrà porlo a pro
fitto, tanto per le squisite predisposizioni che vi si fanno riconoscere verso qual
che genere di produzione molto estimata, quanto per l'utilità delle spese e delle
pene che egli vi avrà dedicate, e per ogni altra circostanza favorevole che vi si
aggiunga. A misura chei fondi territoriali son ricercati, egli si farà pagare l'una
e l'altra cosa da coloro a cui ne accorda il godimento.
Il suo reddito, perchè egli non vi perda, bisogna si elevi ad un segno che
abbia un positivo rapporto coi sacrificii di coltivatone, e renda l'interesse dei
capitali di miglioramento impiegativi. Il resto è un profitto o guadagno supple-
mentano dipendente in gran parte dalle località e dagli accidenti paragonabili
sotto un tale riguardo ai dividendi di una impresa industriale. È in ciò che si
trova la causa principale della differenza di reddito, che s'indica col nome di ren
dita territoriale o rendita finanziaria (l)i
La somma del fitto (io mi servo ancora di questa parola, avuto riguardo alle
osservazioni di G. 13. Say, Corso compiuto, quinta parte, capitolo XXI) rappre
senta comunemente l'uno e l'altro in una somma che il linaiuolo consentirà di
pagare in contraccambio dell'uso che glie ne stato accordato.
I consumatori non sono aggravati da un tal fatto : noi diciamo ciò precisa
mente come Bastiat; ma invece di attribuirlo ad una continua gratuità dei doni
della natura appropriati, la quale non si potrebbe ammettere, noi l'ascriviamo
al saggio uso della proprietà per soddisfare ai bisogni della popolazione, ai mi
glioramenti e ai diversi metodi dell'industria agricola che hanno eccitato le forre
naturali, ed han così bene profittato dei doni della natura che, grazie a questo
intervento, il loro prodotto va ai consumatori in maggior quantità , in miglior
qualità , ed a prezzi sempre minori di quelli pei quali con tutt'altro mezzo po
trebbero procurarseli.
I diritti di proprietà sul fondo naturale, conceduti dalla società, sono stati
un'anticipazione di valore , ma una anticipasioue riproduttiva , che ritorna
alla società per mezzo dei valori accresciuti, e di altri felici effetti che ne di
scendono.
La terra è uno strumento; la buona terra (tanto per propria natura, quanto
pei soccorsi dell'arte) è un buono strumento, ed un buono strumento non ac
cresce, ma attenua le spese di produzione. Ciò, unito ai vantaggi della sua po
sizione, basta per mettere il linaiuolo in grado di adempire alle sue obbligazioni
in favore del proprietario, senza ch'egli ricorra a prezzi più alti di quelli che
portano i prodotti raccolti sulle terre, il cui fitto sia minimo. Il consumatore non
paga che i prezzi medii di tutte le derrate portatesi sul mercato nazionale, più
alcune spese di trasporto, secondo le distanze. L'aumento dei bisogni può solo
far nascere un aumento di prezzi ; ma al tempo medesimo l'industria agricola si
sforza sempre di produrre, impedendo che questo aumento divenga disastroso
(1) Il profitto risultante da' vantaggi del fondo naturale, aiutato dalle circostanze
sociali, e i profitti Gssi dell'industria agricola anteriore (interesse de' capitali impegnati)
è ciò che forma l'insieme della rendita fondiaria. Nell'uso ordinario, vi si trovanpure
comprese le pigioni di alcuni edilìcii accessorii ; ma teoricamente , si vuole cb« ne
restino separate.
IKK Diti. 611
ed al bisognò 1l commerciò Supplisce in tutti i paesi che godono il beile suprema
delta libertà commerciale.
Quando si osserva che se i proprietarii rinunciassero ai loro redditi , 6 se
tutte le terre non fossero affittate che per un prezzo inferiore, i prezzi si abbas
serebbero di piO, non si deve rispondere se non che i fitti, i quali riposano so
pra un diritto di proprietà legalmente acquistato, non Solamente non possono
esser loro contesi in giustizia, ma anche che Si farebbe una ferita all'interesse
pubblico, qualora si riuscisse a livellarne la mela , perchè i fitti delle terre più
feconde hart dovuto servire e servono ancora come stimolo agli iilteriori pro
gressi dell'agricoltura, fino a che sieno compiutamente soddisfatli i bisogni della
popolazione. Senza di ciò un'intiera popolazione si sarebbe gettata sulle buone
terre che avessero avuto proprietari generosi abbastanza per rinunciare al loro
diritto, e le avrebbe esaurite in poco tempo , invece di pensare ad estendere il
raggio dei lavori produttivi; verità importantissima che l'economia politica ha
divulgata e provata colla più grande chiarezza.
Il sovrappiù di profitto che va ai proprietarii dei migliori terreni, oltre alla
rimunerazione dei loro sforzi, è un vantaggio di località e di posizione; è un
vantaggio di primo occupante che non si può loro contendere, salvo che appli
cando il principio: « Togliti di là perchè io mi ci metta ». Se questa porzione
del reddito si chiama rendita o in tutt'altro modo, ciò non Impedirà ch'essa esi
sta ; ma un tal vantaggio non costa qualche cosa se non agl'invidiosi 0 alle menti
limitate che perdono di vista la necessità sociale, la quale die luogo all'introdu
zione del diritto di proprietà, e i buoni effetti che ne sono discesi. D'altronde, i
fatti che accompagnano questo vantaggio l'hanno neutralizzato a segno, che co
loro 1 quali attualmente ne godono non sono più avvantaggiati d'ogni altro ca
pitalista o Intraprenditore, e che invece di vedervisi una sottrazione al benessere
di tutti, egli è piuttosto uno del suoi più potenti sostegni, una delle più ferme
basi all'interesse sociale ciò che noi dobbiamo ravvisare nell'esercizio del di
ritto di proprietà, quale si fa negli Stati ben costituiti.
Secondo il nostro modo di vedere, tutta la sua giustificazione si trova nei
seguenti riflessi: — che essendo la natura del suolo coltivabile quella d'un opi
ficio di produzione, il quale non può essere posto a profitto se non ha proprie
tarii, ne segue che la sua sottrazione all'uso comune diventò Indispensabile, e
sarebbe indispensabile ancora se non si fosse già fatta, giacchè una buona col
tura in comune è cosa immaginaria affatto (1): — che 1 diritti di proprietà sono
stati in origine conferiti dalla società o dai capi delle nazioni, d'accordo coi più
urgenti bisogni dei popoli, diritti conferii1 più o meno regolarmente, è vero, ma
tanto regolarmente, quanto i sistemi di diritto anteriore lo permettevano', — che
se i proprietarii godono, oltre la rimunerazione Strettamente indispensabile , un
guadagno derivato dall'uso degli agenti naturali, ciò ch'essi han raccolto è stato
un proflito legittimo (era, nelle prime mani, la ricompensa d'una lodevole attività
ed il giusto profitto della favorevole occasione che loro de fu offerta dai governi
sia stato bilanciato da tali condizioni onerose , si oserebbe dire che allora non
sarà un valore? Mi sembra che ciò fosse un volere far urto al naturale buon
senso. E nostra idea che sempre i dissodamenti si fanno nella speranza più o
meno bene fondata, che oltre gl'interessi delle somme erogate per coltivazioni e
miglioramenti, un sovrappiù di guadagno resterà ai proprietarii, — sovrappiù
che si effettua per tutti coloro i quali vivono nei periodi dello svolgimento so
ciale grazie ai mezzi che ne sono risultati per permetter loro che pongano a pro
fitto l'opificio di produzione del quale si trovano padroni; e che ciò inoltre non
si potrebbe in alcun modo attribuire esclusivamente ad una rimunerazione di
sforzi, ma alla posizione vantaggiosa del preoccupante, in virtù dei titoli che la
società gli ha accordato, con uno scopo di pubblico vantaggio unito al buon uso
ch'egli ha fatto di questa posizione, applicandovi la sua industria conformemente
ai bisogni nazionali. Chi non conta fra i valori i diritti e i vantaggi risultanti
dalla favorevole posizione, non saprà mai comprendere e calcolare esattamente
la totalità dei valori che ogni anno prendono esistenza in diverse mani sotto
forma di vendite, di profitti e di mercedi.
Bastia! {Armonie, p. 257) ha detto: « Che gli agenti naturali, anche appro
priati, non producono valore ma utilità, la quale, passando per le mani del pro
prietario , senza nulla lasciarvi, giunge gratuitamente al consumatore». Ha
detto ancora (Armonie, p. 263): « Lo strumento terra , in quanto che il pro
prietario l'ha preparato, lavorato, richiuso, disseccato, concimato, fornito di ne-
cessarii strumenti, produce un valore il quale rappresenta servigii umani effet
tivi, ed è questa l'unica cosa di cui il proprietario si faccia pagare ».
Noi osserviamo che, se così fosse , non solamente una buona parte fra le
ineguaglianze della somma della vendita sarebbe inesplicabile, ma anche il mo
tivo della pena o dei sacrificii primitivi che si sono subiti per acquistare di
tempo in tempo buone porzioni di terreno ancora incolte.
La lesi sarebbe più ammessibile se i terreni ancora disponibili abbondassero
al segno che ciascuno potesse impadronirsene per nulla, e per atto di sua pro
pria volontà : se non fossero inegualmente feconde , se le posizioni non fossero
più propizie in un luogo che in un altro; ma, avuto riguardo a tutti i fatti esistenti,
simili asserzioni sono certamente inammissibili ed indeboliscono la dimostrazione
che vi si appoggia. Fortunatamente Bastiat non tardò ad attenuare di molto il
senso delle sue parole (p. 268 in fine, e p. 269); ma molte conclusioni fondate
sulle sue generali premesse si risentono della loro inesattezza.
Dacchè la proprietà territoriale è esistita, l'idea del valore vi sr è collegata.
Essa era una cosa delle più sacre fra i popoli antichi : fra gl'Israeliti, secondo la
legge di Mosè (Deuteronomio, cap. XIX, v. 14, e cap. XXVII, v. 17); presso gli
Ateniesi, secondo Solone ed altri buoni legistatori; presso i Romani, da .Ninna
in poi (Nieuport, Costumi e cerimonie, lib. IV). Per quanto variassero le credenze
dei popoli, i limiti destinati a segnare le proprietà si trovano sempre posti sotto
la protezione d'un sentimento religioso , ed il culto di cui furouo oggetto si è
veduto mantenere sotto altre forme fino al medio evo. Sembra che un tal mezzo
di protezione ha preceduto anche la maggior parte delle leggi civili. — Presso
gli antichi si pagavano già le terre. La storia del Vecchio Testamento ne offre
molti esempi (Genesi XXIII, 19, e XLVII, 19). Nel medio evo le torre erano
tanto poco considerate come doni gratuiti, che colui il quale spostassi.: i limiti o
614 STERCH. — RENDITA.
gli alberi sacri era punito d'una morte crudele ; colui ohe derubasse solamente il
legno o gli utensili incorreva del pari nella pena di morte (V. Grimm, Rechttal-
tcrth iimeri ; e secondo Montesquieu, presso gli antichi Sassoni la proprietà delle
terre aveva valore abbastanza per servire di riscatto alla pena deii'assassinio. —
In nessun luogo è delto che ciò dipendesse dai lavori che i proprietaria vi aves
sero spesi.
Gli Stati moderni, qualunque ne fosse il motivo, si fecero pagare le conces
sioni o i trasferimenti di terre lavorative, quantunque ancora incolte, salvo il
caso in cui fossero stati da motivi politici indotti ad incoraggiare con ispeciali
favori la coltivazione. Poco importa epe le concessioni abbiano conferito la pro
prietà intiera e definitiva, o l'usufruito sotto condizioni di rendite perpetue;
quando la natura dell'acquisto fu tale da potersene attendere subito qualche
frutto, esso fu pagato tutte le volte che uno scopo di pubblica utilità non con
sigliasse di farne un dono. Si spieghi ciò pure per mezzo del diritto signorile,
del diritto nazionale, o della sicurezza derivaute dalla proiezione sociale: sem
pre proverà che havvi un valore legato all'oggetto , il cui possesso si lece desi
derare. Se anche in America si fan pagare alcuui dollari, non deve sorprendere
che lo stesso si faccia nei paesi della nostra vecchia Jiuropa , ove si hun tanti
motivi d'essere avari delle buone porzioni di terreno. Recentemente ne abbiamo
avuto un esempio in Olanda nelle vendite che si son fatte d'incolte brughiere e
praterie naturali dipendenti da alcune comuni , terre che mai non erano state
tocche prima che passassero nelle mani dei nuovi acquirenti, i quali le hanno
pagate quantunque fossero un dono della natura,
Noi non facciamo queste citazioni che per appoggiare la nostra tesi, cioè che
le terre sono tanti valori tostochè l'appropriazione sociale o individuale vi si com
bina. Crediamo avere sufficientemente indicato da qual concorso di circostanze
dipendano le variazioni posteriori dei prezzi.
Quanto all'opinione recentemente sostenuta, che i migliori terreni sarebbero
stati gli ultimi a coltivarsi, essa mi sembra abbastanza confutata da una molti
tudine di esempi anche di antica data [Genesi, cap. Xlll, 10 ; Deuteronomio,
Vili, 7 e 9; Giudici cap. I, 14, 151; non che di altri più recenti , soprattutto
quelli che il mio paese ha offerti. Noi non possiamo concepire che un popolo,
quand'abbia da scegliere, possa mai preferire le terre sabbiose, paludose o sas
sose per cominciarvi la sua agricoltura, ma le qualità del suolo sono state mille
volte contrappcsate da circostanze di posizione, le quali ne elevarono il prezzo
e decisero una scelta a cui senza di oiò non si sarebbe pensato ; giacchè questo
vantaggio di posinone è pure una qualità favorevole.
CHERBULIEZ.
RENDITA.
Egli è verissimo che il problema della rendita non è uno di quelli i quali
interessino il prossimo avvenire dell' umanità 0 d' un popolo qualunque. I
discepoli di Ricardo possono aver torto o ragione senza che alcuna pratica
conseguenza ne risulti, di cui l'uomo di Stato o il fitantropo abbia bisogno di
preoccuparsi immediatamente. Se alcuni autori hanno recentemente sostenuto
che la legittimità o illegittimità della proprietà territoriale dipende dall'opinione
che. si scelga intorno alla rendita, ciò non era che un mezzo indiretto di accre
ditare una dottrina la quale non appoggiavasi sopra alcun argomento di miglior
lega. No, |a proprietà territoriale, anche prima di trasmettersi ai possessori at
tuali in cambio di capitali acquisiti col travaglio, anche prima di combinarsi coi
capilali di coltivazione che dapertutto hanno più o meno accresciuto il valore
delta nuda terra, era legittima quanto ogni altra proprietà, perchè poggiava sul
medesimo fondamento di quelle che sono state riguardate come più legittime,
cioè sulla necessità di garantire al produttore i fruiti del suo lavoro.
Ma è un grand'errore il non estimare l'importanza delle quistioni, che dalla
maggiore o minore probabilità di essere immediatamente applicale alle realtà
della vita, essendo che tutto si lega nella scienza. Ricardo e gli autori seguaci
delle sue idee ne traggono molte conseguenze; costruiscono su questa base una
notabile parte della scienza economica, e non indietreggiano punto davanti alle
pratiche circostanze a cui son condotti adottando questo punto di partenza. Motti
fra loro godono d'una grande autorità. Le loro opere sono fra le mani di tutti;
uomini di Stato, amministratori, legisìatori, possono imbeversi dell'insieme di
questa dottrina, e da essa inspirarsi nell'azione che devono esercitare sui fatti e
sulle leggi. Importa dunque, ed è d'un interesse generale, il verificare se l'idea,
da cui parte questo movimento intellettuale non sia che un errore, se si debba
mantenerla, in tutto od in parte, come teorema fondamentale, come verita acqui
sita, nell'esposizione e nell'insegnamento dell'economia politica.
Ora può egli dirsi che la quistione sia stata abbastanza, o forse anche real
mente discussa nel Giornate degli Economisti? Certe opinioni vi furono lun
gamente esposte e difese; ma la teoria, che io considero, come unicamente vera,
non si è quasi prodotta, salvo nel rendiconto, molto succinto, d'una seduta della
società d'economia politica, ed in alcune brevissime note di M. Garnier intorno
ad alcuni articoli comunicati, ed in senso contrario. Non è egli giusto, non sarà
utile, che questa teoria venga metodicamente esposta e dimostrala affinchè tutti
616 CHERBt I.IKZ.
i documenti si trovino sotto gli occhi del pubblico che legge, ed i coi giudizii, se
non possono definitivamente render falso ciò che è vero, sono nondimeno i soli
che possano assicurare il trionfo della verità sull'errore, nell'opinione e nei
fatti ?
Il lavoro di M. Passy, inserito nell'ultimo numero di questo giornale, non
ha fatto che rendere sempre più necessaria una nuova discussione dell'argo
mento, perchè, se vi si trovano, sulla produzione agraria in generale, interes
santi osservazioni, a cui il nome di questo agronomo distinto dà certamente un
gran valore, vi si cercherebbe invano una teoria della rendita propriamente drtta,
una spiegazione di questo fenomeno, che è l'oggetto preciso della controversia
recentemente sollevatasi. M. Passy dà alla parola rendita un significato tutto
diverso da quello che essa ebbe fra gli economisti, da Adamo Smith in poi: la
rendita, secondo lui, è tutto ciò che rimane dal prodotto lordo, dopo prelevate
le anticipazioni e gli alimenti del coltivatore. Essa è il prodotto- netto dei fisio
crati, e forse ciò che si chiama rendita d'una proprietà nel linguaggio ordina
rio, ma non è la rendita degli economisti, non è quella specie particolare di red
dito la cui origine è tanto controversa fra i partigiani di Ricardo ed i suoi av
versarti. La rendita di M. Passy è un reddito complesso che può, secondo le
occasioni, abbracciare il profitto e la rendita, o risolversi esclusivamente in pro
fitto, od anche abbracciare una parte delle mercedi del coltivatore. Come dun
que si vede, non si tratta soltanto di cercare la soluzione del problema ; bisogna
innanzi tutto piantarlo, formularlo nettamente di nuovo, perchè la discussione
delle dottrine che si sono messe avanti onde risolverlo non esca dai limiti che
gl'impone il vero interesse della scienza economica.
Hawi forse una porzione del prodotto netto dell'industria agricola o d'ogni
altra industria estrattiva (1) esercitata su fondi appropriati, la quale sia esclusi
vamente attribuita al proprietario, in ragione del suo dritlo di proprietà, e non
rappresenti il profitio d'una parte qualunque del capitale impegnato nel fondo o
consumato uella coltivazione? Se quest'attribuzione ha luogo, se questo reddito
speciale che noi chiameremo rendila fondiaria, si effettua in certe circostanze,
qual'è la causa di un tal fatto, come mai va spiegata la provenienza di un tal
reddito?
Si è risposto in tre modi diversi, che costituiscono il carattere di altrettante
scuole economiche, se mi si permette di prendere ad imprestito dalla storia della
fitosofia questa parola alquanto ambiziosa per una scienza ancor nuova. Gli uni
han detto: sì, la rendita esiste; il prodotto netto delle industrie estrattive su
veramente scientifici. L'uno è americano Mr. Carey, noto ai lettori del Giornale
degli Economisti, per i suoi attacchi, più vivi e più spiritosi che solidi, contro
le dottrine di Ricardo e di Malthus; l'altro è un inglese, Mr. Baofield, che in un
corso pubblico dato all'università di Cambridge, ed in seguito pubblicato sulle
note raccolte, aveva messo al servigio delia lega di Cobden, poi del ministro Peel,
alcune giuste idee sui progressi passati e futuri della scienza agraria, annegate
in quella massa di ripetizioni che in generale distinguono gli oratori dei meeting!,
ed accompagnate dalle critiche obbligatorie contro i privilegi della proprietà ter
ritoriale, e contro la teoria di Ricardo che si suppone favorevole ad essi.
La spiegazione data nel seguente paragrafo fu già intraveduta da un econo
mista inglese, Buchanan, e poi da Giambattista Say ; ma nè l'uno nè l'altro l'han
presa nel suo insieme, nè han saputo svincolarla da certi errori che la mette
vano in contraddizione con principii incontestabili e con falti ben verificati.
[I, Ho creduto potermi permettere questo neologismo, onde evitare molte ripeti
zioni. La produttività abbraccia tutto l'insieme delle circostanze di posizione, di ter-
tilità, e di progressi compiutisi, le quali influiscono sulla produzione della terra.
RENDITA. €18
che se lo Stato, unico proprietario, prelevasse questa rendila come condizione
assoluta della coltura permessa ai privati, bisognerebbe che questi ultimi pagas
sero una tal rendita, e che il prezzo dei prodotti agricoli si regolasse proporzio
natamente, poichè la popolazione non potrebbe che a tal patto ottenere le der
rate di cui abbia assolutamente bisogno ; in tal caso, non vi sarebbe concorrenza,
salvochè lo Stato permettesse l'introduzione di prodotti stranieri, e questi pro
dotti non avessero un prezzo inferiore a quello a cui il prelevamento della ren
dita farebbe arrivare i prodotti indigeni.
La popolazione, e con essa la ricerca dei prodotti agrarii, cresce continua
mente, e viene un'epoca in cui, essendo coltivate tutte le parti del suolo, ed
essendovi»i impiegati tutti i capitali che vi si potevano applicare col profitto or
dinario, l'offerta non può più aumentarsi nella medesima proporzione, salvochè
nuove quantità di capitale sieno rivolte alla coltivazione, con un prodotto mi
nore, o che l'agricoltura si perfezioni in maniera da ottenere colle medesime
anticipazioni un prodotto maggiore. Allora il prezzo delie derrate agrarie deve
necessariamente, o elevarsi fino ad una meta sufficiente perchè l'applicazione dei
nuovi capitali renda il profitto ordinario, o mantenersi alla meta esistente, mal
grado i perfezionamenti agricoli che permettano di ottenere colle medesime an
ticipazioni un prodotto maggiore. In ambi i casi i capitali impiegali comincie-
ranno a fruttare un pro6tlo supplementario al disopra dell'ordinario. Ed è questo
profitto addizionale che costituisce la rendita.
Così, nell'ipotesi d'una terra, dovunque egualmente fertile, la rendita nasce
rebbe dalla necessità di non poter soddisfare ai bisogni d'una popolazione cre
scente senza applicare ai terreni già coltivati nuovi capitali con una minore pro
duttività, o accrescere la produttività delle colture fino allora praticatesi; in altri
termini, dalla crescente difficoltà di ottenere da un suolo limitato un prodotto
sempre crescente. È dunque questo limile medesimo della superficie territoriale,
che costituisce la prima e vera causa della rendita.
Suppongasi una graduazione qualunque nella produttività delle diverse por
zioni del suolo; le medesime circostanze saranno indispensabili per estendere la
coltura ad ognuno dei suoi gradi; e ad ogni estensione, ad ogni nuovo impiego
di capitale, corrisponderà la nascita d'una rendita sopra terreni che prima non
ne fornivano, e l'aumento di quella che prima esisteva.
La reudita, nelle varie parti del suolo, seguirà la progressione della loro
produttività relativa; sopra ogni specie di terreno crescerà a misura che la po
polazione si moltiplichi, e che faccia sentire il bisogno di ricorrere a nuovi dis
sodamenti, o applicare nuovi metodi di coltura ai terreni già coltivati.
CAREY
CONTRO CHERBULIEZ.
M. Cherbuliez ha detto :
« Ciò che eravi di razionale e di vero nella teoria di Ricardo si è trovato
in tal modo legato sventuratamente all'ipotesi d'una serie di coltivazioni che di
vengono sempre più svantaggiose, ipotesi che, discordando o coll'iusieme dei
fatti, o per lo meno con molti fatti notorii, è divenuta per molti buoni ingegni
una pietra d'inciampo, e per gli avversarli di tutta la teoria, un'arma comodis
sima. Mr. Carey ha scritto un intiero libro per dimostrare che la coltura comincia
sempre dell'applicarsi ai terreni men fertili. È questo un darsi molta fatica per
un minimo risultato ».
M. Cherbuliez non ha evidentemente letto il libro di cui parla, perchè se
l'avesse Ietto saprebbe che ciò costituisce soltanto il primo capitolo, ed il rima
nente del volume ne tira le conseguenze.
Per mezzo secolo, Malthus e Ricardo, come i loro discepoli inglesi, Mac Cui-
loch, Senior, Torrens, i due Miti, e molti altri, ci hanno assicurato che, cre
scendo la popolazione e la ricchezza, gli uomini si son veduti sempre ed ogni
dove costretti di ricorrere a terre sempre men fertili, e che rendevano sempre
meno al lavoro. In Francia, molti scrittori han sostenuto la medesima dottrina;
fino a Rossi, che prende come certo il fatto, ponendo la quistione : « perchè mai,
dopo essersi coltivate le terre di prima qualità, si coltivano anche quelle di se
conda e di terza ? » •— In Italia Scialoia, pubblicando una teoria che nega es
ser quella di Ricardo, suppone dapertutto l'esistenza del medesimo fatto imma
ginario.
lo da parte mia ho desiderato provare che i fatti furono, e sono oggidì in
tutti i paesi nuovi, direttamente contrarli a quelli che immaginava Ricardo; e
che gli uomini, lungi dali'aver cominciato sulle terre fertili l'opera della coltura,
cominciarono sempre dalle terre aride, per poi, coll'aumento della popolazione
e della ricchezza, troiarsi in istato di dissodare le terre di prima fecondità. Le
derrate alimentari dunque son divenute ogni dove più copiose, a misura che
crebbero la popolazione e la ricchezza, ed al medesimo tempo si è sviluppata
una continua tendenza verso la parificazione delle condizioni umane e verso la
libertà ; mentrechè queste derrate divennero meno abbondanti, e gli uomini di
vennero meno uguali e men liberi, in tutti i paesi ove la popolazione e la ric
chezza sieno scadute.
Si presentano qui parecchie quistioni d'un'alla importanza, la cui soluzione
dipende dal verificare il fatto: « se gli uomini cominciano dal coltivare le terre
fertili per passare alle aride, o se prima di tutto sottopongono alla coltura le
CABEY CONTBO CBBRBBL1EZ. 627
aride, e poi scendono alle fertili » . La verificazione di questo fatto mi è dunque
sembrata un argomento della più alta importanza. Ma M. Cherbuliez assicura i
suoi lettori che « i discepoli di Ricardo possono avere ragione o torto, senza
che alcuna pratica deduzione ne venga, di cui l'uomo di Stato o il filantropo
debbano immediatamente preoccuparsi ».
Per provare che si tratta di ciò, e per dare ai suoi lettori « la vera solu
zione », egli pianta un argomento che comincia con le seguenti parole:
< Supponiamo cbe tutto il territorio d'una nazione qualunque sia egualmente
fertile »
Il maestro che, parlando ai suoi allievi, comincii dalle supposizioni, può fa
cilmente stabilire tutto ciò che voglia, perchè sceglierà sempre quell'ipotesi che
convenga al suo scopo, come si fa nel caso di cui parliamo. Se la popolazione
cresce e le forze produttive del suolo rimangono stazionarie, è evidente che la
potenza di ottenere i viveri si diminuirà; e ciò M. Cherbuliez ha provato, ragio
nando sopra una condizione di cose che si sa non esistere. Se nondimeno le
forze produttive del suolo crescono più rapidamente che la popolazione, a causa
d'una sempre crescente facilità di coltivare terre migliori ; allora i viveri crescono
più rapidamente che la popolazione, e ciò dapertutto è avvenuto. — Una scienza
non può fondarsi sulle ipotesi; ci vuole l'osservazione dei fatti, e fatti numerosi
abbastanza per servire di prova alla legge. Quando questa legge è scoverta
bisogna che si applichi a tutti i fatti, giacchè non si possono ammettere ecce
zioni alle leggi naturali. La teoria messa innanzi da Ricardo, e dai suoi succes
sori adottata, è, per confessione medesima di M. Cherbuliez, « in disaccordo,
se non coll'insieme dei fatti, almeno con molti fatti notorii » ; ed egli l'abban
dona al tutto, come principio che non possa avere la menoma pretensione di
passare per una legge. Ecco già fatto un passo, e considerevole, ma noi non
possiamo arrestarci qui, bisogna andare più in là. Bisogna che otteniamo la
vera legge destinata a rimpiazzare la falsa teoria che M. Cherbuliez ha ripudiata;
e per ottenerla, io domando rispettosamente a questo signore il permesso di pro
porgli le quistioni seguenti:
1* Conosce egli un paese, antico o moderno, in cui la coltura non sia
cominciata dalle terre aride? Se uno ne conosce, lo indichi pure.
2* Conosce egli un paese, antico o moderno, in coi cresciuta la popola
zione e la ricchezza, l'uomo non sia passato dalla coltura delle terre aride a
quella delle più fertili? Se ne conosce uno abbia la bontà d'indicarlo.
5" Conosce egli un paese, antico o moderno, in cui la decadenza della
popolazione e della ricchezza non abbia costretto l'uomo ad abbandonare le
terre fertili per ritirarsi sulle più sterili ? Se ne conosce, mi permetta di pregarlo
che lo nomini.
Queste domande sono specialmente indirizzate a M. Cherbuliez, ed io non
posso non lusingarmi che vorrà rispondere. Se tali paesi esistono è tempo ora
mai di saperli. É tempo che la quistione di fatto venga recisa. Dopo ciò po
tremo cavare le deduzioni.
Sembra che M. Cherbuliez abbia letto le lettere da me pubblicate nel Gior
nale degli Economisti; non posso dunque comprendere come egli abbia potuto
cadere in un errore sì grande come è quello di mettere Banfield e me nella me
desima classe, come difensori del medesimo sistema. Quest'autore, per quanto
688 RISPOSTA DI li. niKRBULiEZ A M. CARBT.
posso scoprire, non ha un'idea comune con me ; salvo il punto che nè egli nè
io crediamo in Ricardo ; ma anche su di ciò, le ragioni della nostra incredulità
sono affatto diverse. M. Banfield, nella sua introduzione, respinge espres
samente ogni credenza alla legge dell'occupazione del suolo, che io ho sotto
posta alla considerazione del pubblico. Egli non sembra avere alcuna fede
all'esistenza di leggi naturali, mentre che io non ho fede che in esse. Il suo
libro è empirico, ed io non credo all'empirismo se non in quanto io possa com
prendere le idee che egli desideri di insegnare; idee che mi sembrano molto
men simili alle mie, di ciò che sieno a quelle del medesimo M. Cherbuliez. la
tutti i casi io domando il permesso di ripudiare ogni affinità tra le sue dottrine
e le mie.
Mr. Carey nulla ha detto che tenda ad infirmare la spiegazione della ren
dita che io ho data, o che anche vi si riferisca in modo alcuno. Il mio articolo
gli è servito semplicemente di pretesto per riprodurre, una volta ancora, la sua
idea fissa, che la coltura del suolo è sempre cominciata e sempre deve comin
ciare dalle terre men fertili. Ora, siccome io ho sostenuto che quest'ordine di
successione nelle colture era, di fatto, indifferente per la teoria economica della
rendita, così è chiaro che non sono per nulla chiamato a prender un partito
qualunque sulle quistinni proposte da Mr. Carey. La discussione verte fra lui e
gli Economisti, come Mac Culloch e Stuart Miti, che hanno adottato e difeso in
ogni sua parte la dottrina di Ricardo, lo non posso comprendere, e i lettori,
senza dubbio, non comprenderanno meglio di me, come Mr. Carey diriga a me in
particolare la sfida di provare una tesi che non ho punto proposta, e sulla quale
io non ho interesse a pronunziarmi più per l'affermativa che per la negativa.
Il rimprovero fattomi da Mr. Carey di argomentare sopra un'ipotesi impos
sibile sembrerà talmente puerile a chiunque sappia un po' ragionare, che io
potrei dispensarmi dal rispondergli. Il miglior mezzo di provare che un feno
meno sia indipendente da una data causa, è provare che la causa può non esi
stere; il fenomeno in tal caso avverrebbe del pari. Volendo dunque stabilire che
l'esistenza della rendita non dipende dalle differenze della produttività del suolo,
io ho dovuto supporle nulle, e mostrare che, anche in tale ipotesi, la rendita
tosto o tardi nascerebbe coll'aumento della dimanda dei prodotti agricoli. Ne
gare il valore di una tale argomentazione, è negare la stessa logica e le leggi
del raziocinio.
In fine Mr. Carey si risente sull'analogia che io ho trovato tra le sue idee e
quelle di Mr. Banfield. L'analogia nondimeno è manifesta : i due autori conte
stano l'esistenza della rendita come reddito legittimo, distinto dai profitti, e ne
cessariamente attribuito al proprietario del suolo. Che importa, allora, che eglino
sieno su tutto il resto della scienza economica in opposizione fra loro? Io non
doveva perciò astenermi dal porli in una medesima classe, relativamente alla
spiegazione della rendita che era l'unico oggetto del mio lavoro.
Losanna, 30 novembre 1853.
639
NOTA DI M. WOLKOFF.
Fra i diversi servigi renduti da Mr. Carey alla scienza economica, noi met
tiamo quello di avere rivolto l'attenzione sull'influenza che devono avere, nel
l'ordine delle coltivazioni della terra, le difficoltà della preparazione del terreno
alla coltura corrente.
Ricardo non ne ha fatto menzione. Non ha considerato l'ordine delle col
ture che sotto il riguardo delle differenze tra le quantità di una medesima der
rata, prodotte sopra diversi terreni, colle medesime spese correnti. È questo un
suo torto. Il torto di Mr. Carey, all'incontro, sta nel volere stabilire la succes
sione delle colture, in ragione della difficoltà dei dissodamenti, senza tener
conto del diverso prodotto. Noi preferiamo imputargli un tal torto, anzichè il
torto maggiore di credere all'esistenza di un costante rapporto tra la fertilità del
terreno e la difficoltà della sua prima coltivazione.
Un proprietario intelligente dissoda fra i suoi terreni quello dapprima che
darà un reddito maggiore con minori spese primitive e correnti. I mezzi ed i
metodi, più o meno efficaci, che egli possieda o conosca, formano il dato prin
cipale e la base della quistione intorno alla scelta del terreno. Ma quanto meno
i mezzi di coltivazione sono efficaci, tanto maggiori sono le spese di dissoda
mento, ed il proprietario sarà indotto a preferire, sotto un tale riguardo, un ter
reno facile a dissodare. Ma, da un altro lato, la quantità di prodotto che egli
ottenga coll'impiego di un dato capitale, in ispese correnti, sarà tanto minore
quanto meno perfetti sieno i mezzi di coltivazione. Sotto quest'ultimo aspetto
il proprietario preferirebbe il terreno più produttivo. La sua scelta definitiva
adunque deve cadere sul terreno che prometta un maggior vantaggio, non già
sotto un solo fra i due punti di vista, ma sotto l'insieme dei due.
Se il proprietario, — voglio dire il paese da esso personificato, — possiede
una grande varietà di terreni, egli troverà per ogni data coltura il terreno più'
produttivo ed al tempo medesimo il più facile ad attaccarsi. Certo non mancherà:
di cominciare da esso. I terreni che dissoderà in ultimo luogo saranno, senza:
dubbio, i più difficili, e al tempo medesimo i più ingrati, perchè altri non ne'
resteranno. Fra questi due termini estremi, ogni volta che vi sarà esaurita la:
classe dei terreni egualmente difficili e fertili, si passerà al dissodamento di ter
reni ora più ora meno difficili. Ciò che dipenderà ogni volta da un calcolo ba
sato sulle spese attuali dei dissodamenti, sulla meta degli interessi e dei profitti,
sulle spese correnti di coltivazione, sul prodotto probabile dei terreni ancora in
cotti, e sul prezzo della derrata di cui si voglia estendere la coltura. Le spese
necessarie alla preparazione del terreno entrano per molto in questo calcolo, ma
non sono che uno de' suoi elementi; gli altri dati fan sovente piegare la bilancia
dei vantaggi verso terreni più facili, quantunque meno atti alla progettata col
tura. D'altronde, essendosi esauriti tutti i terreni più difficili e fertili, bisognerà
necessariamente venire a quelli che lo son meno, quand'anche la difficoltà
fosse sempre in ragione della fertilità. Salvo che si voglia aggiungere al
630 NOTA DI SI. WOLKOFF.
l'assurdità di quest'ultima supposizione, un'altra più evidente, se è possibile,
cioè che non si sia mai potuto passare da una serie di terreni facili ed ingrati
ad un'altra serie più difficile e fertile avanti di avere compiutamente coltivato la
prima.
Noi abbiam dato a Ricardo il torto di non aver preso in considerazione le
difficoltà relative del dissodamento e la loro coincidenza, frequente, ma acciden
tale, con una maggiore fertilità del terreno. Nullostante dobbiam dire che l'ar
gomento da lui trattato non richiedeva che ciò si facesse. Egli voleva scoprire
l'indole e le proprietà della rendila territoriale. Ora esse non si scoprono se
dou considerando il risultato dell'impiego, sempre men produttivo, di eguali
spese annue sulle medesime terre o sopra terre diverse. Credere che egli avesse
l'idea di un fatale rincarimento delle derrate, e di una miseria sempre crescente,
è uno strano errore. Non ha egli mostrato che ogni progresso agrario abbassa
i prezzi e le rendite? Non si deve che aprire il libro d'un autore non reputato
eccentrico per affermare che idee così assurde, come quelle che si dicono risul
tare dal senso letterale, non possono trovarsi nello spirito dell'opera. Probabil
mente se Ricardo non ha preso alcuna precauzione per prevenire un tal equi
voco, egli è perchè non ha mai pensato alla possibilità di commettersi.
Giacchè è necessità che venga un giorno in cui, dopo essersi coltivati i
terreni più vantaggiosi per una data produzione, si passi a quelli che lo son
meno (avuto riguardo, tanto alla difficoltà di coltivazione, quanto alla loro
aridità), è pur necessario che il prezzo della derrata comincii ad innalzarsi.
Se la concorrenza straniera non lo permettesse, l'estensione delia coltura non
avverrebbe.
Non vi è dunque alcun dubbio che, tosto o tardi, l'ordine delle colture sem
pre men vantaggiose si stabilirà necessariamente per molte derrate, esopratutlo
per quelle che sieno più necessarie al consumo. Le sole spese di trasporto ba
steranno per mantenere il prezzo della merce, importata dall'estero, al livello
che permetta di coltivarla in condizioni meno propizie alla sua riuscita.
Bisogna osservare che non sempre i più antichi terreni son quelli che dieno
maggiori redditi ; ed ecco perchè. Noi abbiamo veduto che spesso da un terreno
men fertile si passa ad un terreno più fertile. Finchè il prezzo si manterrà, que
sto ultimo non darà che profitti ordinarii ; ma tostochè il prezzo cresca, esso
colle medesime spese darà un reddito maggiore del primo, perchè l'aumento del
prezzo si moltiplica per la quantità della derrata prodotta.
Mr. Carey domanda che gli si mostri un paese in cui la coltura non sia co
minciata sui terreni aridi. Se egli avesse detto: « sui terreni più fertili, tra i
più facili a coltivarsi », non si potrebbe soddisfare la sua domanda. Ma quanto
ai paesi che egli desidera vedere, si trovano dapertutto. Non vede egli queste
sabbie mobili, queste pure ghiaie, queste nude roccie, questi banchi di ciottoli,
queste paludi muscose (tra Liverpool e Manchester, per esempio), queste bru
ghiere (che son ricercate per le piante di delizia, ma nulla vagliono per la
maggior parte delle piante alimentari), ecc. ecc. ? Sotto la spinta del bisogno
si viene pure a tali località , portandovi buone terre, da cui si ritirano su
perbe raccolte. Se al vedere questi terreni artificiali si volessero collocare tra i
più fertili, coltivati in ultimo luogo, si potrebbe colla stessa logica collocarvi i
letami e le stufe.
NOTA DI 0. GABMEB. 651
REPLICA DI M. CAREY.
pre in opposte direzioni. Così Ricardo ci dice che, nell'infanzia delle società,
non si paga rendita alcuna, ma che i profitti sono allora grandissimi. Coll'au-
mento della popolazione, aggiunge, i profitti si diminuiscono mentre la rendita
cresce, e queste mutazioni sono i risultati diretti della crescente scarsezza di
terre fertili, e della sempre maggiore difficoltà di procurarsi i viveri. Ammet
tendo ora che egli abbia tratto legittime conseguenze dai fatti che supponeva,
non è egli chiaro che il medesimo ragionamento ci condurrebbe in una dire
zione intieramente opposta, se i fatti che noi dobbiam discutere fossero inver
titi? Mi sembra evidente che tale il risultato sarebbe, ed in tal caso stabilire
il vero ordine con cui si occupa la terra deve certamente meritare un'at
tenzione maggiore di quella che Mr. Cherbuliez si è mostrato inchinevole ad
accordarle.
La legge che presiede alla distribuzione fra il proprietario d'ogni capitale
diverso dal suolo, e l'uomo che ne fa uso; in altri termini, la legge dei profitti
e delle mercedi è estremamente semplice e bella. In questo caso noi sappiamo
che gli uomini cominciano con cattivi strumenti, e passano gradatamente ai mi
gliori. Il lavoro di una sola giornata può oggi comprare un'accetta migliore di
quella che in alcuni secoli addietro si sarebbe comprata con trenta giornate; e
si può tagliare in un giorno una quantità di legname che non si sarebbe allora
potuto tagliare in tre giorni. Il prodotto del lavoro è dunque cresciuto, mentre
che il capitale necessario si è diminuito di molto. Oggi vi è qualche cosa di più
a poter dividr re fra il proprietario dell'accetta e colui che ne fa uso. Con qual
regola la ripartizione si fa ? Il lavorante darà, per l'uso d'uno strumento che
può comperare con una giornata di lavoro, una quantità eguale a quella che il
suo predecessore dava, quando il medesimo strumento si comperava con trenta
giornate? certo che nò. Egli riterrà una maggiore porzione della quantità ac
cresciuta; ed il capitalista si vedrà costretto a contentarsi d'un aumento di quan
tità, quantunque accompagnato da una diminuzione nel rapporto proporzionale.
Invertiamo l'ordine dei fatti, e suppongasi che non solamente la difficoltà di
ottenere le accette siasi costantemente accresciuta, ma anche che gli strumenti
medesimi sieno divenuti inferiori in qualità; la produttività del lavoro non si
trovera forse diminuita, e il proprietario delle accette non avrà veduto aumen
tarsi la sua potenza di imporre le condizioni con cui i lavoranti potevano averli
in fitto; non si sarebbe veduto a domandare per sè una porzione maggiore del
prodotto divenuto minore?
Ammettendo che riguardo al capitale l'andamento naturale delle cose ten
desse a migliorarsi, Ricardo sosteneva che riguardo alla terra tende sempre a
deteriorarsi, ed è così che egli faceva declinare i profitti a misura che la rendita
si innalzasse crescendo in quantità, e così produceva un perpetuo conflitto d'in
teressi : laddove, se egli avesse veduto che per la terra, come per ogni altra cosa,
la tendenza è sempre stata dal cattivo al buono, e dal buono al migliore, avrebbe
potuto accorgersi che le medesime leggi governano tutte le specie di capitali, co
munque esistano, sotto forma di case, di cavalli, di navi, di proprietà territo
riale, e che gl'interessi del proprietario d'una di queste specie son sempre in per
fetta armonia con quelli di tutti gli altri.
Egli avrebbe ancora osservato che l'interesse del lavorante e quello del pro
prietario sono identici, e che quest'ultimo non può arricchirsi quando il primo
634 CARBY.
La vera pietra di paragone d'una teoria sta nel seguirla, per vedere dove
essa conduca coloro che l'insegnino. Secondo quella che Ricardo insegnava, la
potenza del lavoro deve sempre diminuirsi, e però vi dev'essere sempre una di
minuzione costante nella potenza d'accumulare un capitale per venire in aiuto
del lavoro; e la « miseria sempre crescente » dev'essere un risultato inevitabile.
lo prego M. Wolkoff di riflettere soltanto a ciò, e vedere se egli possa trovar
modo di « produrre un miglioramento in agricoltura », quando gli uomini si ve-
don costretti di passare su terre meno fertili, le quali, obbligandoli ad impiegare
ogni anno un maggior tempo alla soddisfazione della farne presente, gliene la
sciano meno per applicarlo alla produzione degli strumenti necessarii per effet
tuare « il miglioramento » voluto dai bisogni di una progressiva popolazione.
Quanto alla risposta di M. Garnier, io estraggo il passo seguente; paragrafo che
comincia: • A noi sarebbe difficile ». — In ciò siamo perfettamente d'ac
cordo. L'uomo che volesse coltivare la terra con un bastone, quando possa farlo
con un aratro, non sarebbe meno « stupido » di quello che coltivasse terra arida,
potendo scegliere una terra feconda. Pure, e sventuratamente per essi, i primi
coltivatori non ebbero mai libera la scelta, e non l'hanno oggidì. Essi son sem
pre poveri, ed i poveri adoprano sempre cattivi strumenti, pagandone l'uso con
una larga porzione del prodotto; divenuti ricchi, si volgono a strumenti migliori,
e possono così riservare una porzione maggiore, sopra una quantità che costan
temente si accresce. Se egli può indicare un sol paese in cui si sia tenuta una
diversa condotta, gli sarei grato quando volesse indicarmelo.
Ammettendo che in tutta l'Europa la coltura cominciò « sulte alture », la
sola cosa che io domando, M. Garnier ne dà per ragione la maggior sicurezza.
Questa nondimeno non è la sola che li abbia spinti a coltivare i cattivi terreni.
Le terre elevate erano più facili a lavorarsi per uomini che non avevano nè
zappe, nè aratri, nè accette. Erano più sane, perchè erano meno fertili, ed i loro
possessori godevano d'una maggior sicurezza.
Fu l'insieme di queste ragioni che li spinse a comportarsi riguardo al suolo
come riguardo ad ogni altra cosa; adoprarono meschini strumenti, lasciando ai
successori la cura di procurarsene dei migliori. Nessuno ciò niega, mi si risponde,
ma se l'autore lo ammette, che mai diviene l'asserzione di Ricardo che, quando
la popolazione è piccola, e le terre fertili abbondano, mai non si paga alcuna
rendita? Non sappiamo noi che, quando « le sole alture » erano coltivate, il
proprietario prendeva per sè quasi tutto il prodotto, ed allo schiavo che produ
ceva non lasciava che la più piccola porzione dei più grossolani alimenti ? Se i
primi abitanti della Francia cominciarono « sulle alture », e di là passarono
alle terre più basse e più fertili, come mai avviene che la quantità della ren
dila si sia talmente accresciuta, poichè Ricardo ci assicura che « non è quando
le forze del suolo declinano ed il lavoro fruita meno, che una parte del prodotto
originale delle porzioni più fertili vien messa d'accanto come rendita? — Come
mai avviene che la porzione del proprietario si è gradualmente diminuita, se non
è perchè la coltura passò dalle terre leggiere ed aride delle Alpi e della Bretagna
sul suolo fertile che costeggia la Senna, la Loira e la Meuse? »
Esamini egli questi fatti, e giudichi da se stesso se •i la quistione della ren
dila può essere separata da quella del sapere in che modo le colture si sieno suc
cedute ». Se egli esaminasse la quistione delle mercedi e dei profitti direbbe mai
736 CARHY. — REPLICA.
essere poco importante che gli uomini abbiano cominciato dal portare sulle pro
prie spalle le loro messi, e poi sieno gradatamente passati all'uso delle ferro
vie e delle macchine a vapore ; o che abbiano dapprima adoprato il vapore, e
poscia sieno ricaduti in uno stato di barbarie che li abbia costretti a ricorrere
alle proprie forze? Io noi credo. Sia egli certo che, se noi vogliamo possedere
una vera teoria, bisogna studiare tutti i fatti, e nessuna teoria potrebbe esser
vera, se richiede l'esclusione del gran problema su cui Ricardo ha fondato la
sua dottrina della rendita. Egli era un uomo di grande ingegno, e vide che tutto
dipendeva « dalla successione delle colture » ; ma egli scrisse nel suo gabinetto,
e trascurò di studiare la natura: ecco perchè s'ingannò, mettendo il suo povero
coltivatore sulle terre fertili che egli non aveva mezzo di disseccare, e mostrando
la povertà e la fame come conseguenze inevitabili dell'aumento di ricchezza e
popolazione. Se egli avesse studiato ciò che gli uomini fecero, in vece di deter
minare nel suo gabinetto ciò che gli uomini avrebbero dovuto fare, si sarebhe
convinto di non esservi che una sola legge agli umani progressi; e che questa
legge sta nel progresso dal cattivo al migliore, e che havvi una sola legge
per la distribuzione dei prodotti del lavoro, sia che il capitalista riceva la sua
parte sotto il nome di profitto, o la riceva sotto il nome di reudita.
AGRICOLTURA INGLESE.
641
PROGRESSO
DILLA
secolo, i cattivi terreni erari rimasti a un dipresso incolti, e non sì misero a pro
fitto che all'epoca della coltura in grande del ravizzone. Questa pianta preziosa
non coltivavasi prima che in pochi giardini ; ma lord Townshend, che aveva se
guito Giorgio I in una delle sue escursioni in Germania come segretario di Stato,
vide dei ravizzoni coltivati in piena terra per nutrimento del bestiame ; ed al
suo ritorno ne portò la semente, raccomandando ai suoi linaiuoli una pratica
la quale in Annover aveva reso produttivi tanti eampi sterili per lo innanzi. L'e
sperimento riuscì; la coltura dei ravizzoni in piena terra si sparse prontamente
in tutta la contea di Norfolk e poi negli altri distretti dell'Inghilterra. È a partire
da tal epoca che questa contea acquistò la sua riputazione come cantone agri
colo. Terre che non fruttavano più di uno o due scellini per acre, ne danno oggi
15 o 20; e certe miserabili conigliere dove non si vedevano che pochi conigli
etici, sono ora coverte delle più ricche messi. Mr. Colquhoun, nelle sue Ricerche
statistiche, calcola che nel Norfolk le raccolte annue di ravizzoni non ascendono
a meno di 14 milioni sterlini (550 milioni di franchi) ; ma se si riflette che que
sta coltura ha permesso di porre a profitto terreni i quali senz'essa sarebbero
privi di valore, che essa lascia il suolo in una così soddisfacente condizione da
potervi con sicurezza farvi in seguito un'abbondante raccolta di orzo o trifoglio,
e che questo trifoglio è un'eccellente preparazione per il frumento; si ricono
scerà che i vantaggi risultanti dalla coltura in grande del ravizzone sono molto
superiori a quel che essa vale come nutrimento del bestiame. Se ci si chie
desse qual sia l'uomo che nei tempi moderni abbia renduto il pio gran servigio
al suo paese, noi non esiteremmo a nominare il nobile pari, a cui certi frivoli
cortigiani avevan dato il soprannome di Townshend-navet. In meno di cinquant*
anni la coltura da lui portata dall'Annover si è propagata in tutto il paese, ed i
suoi prodotti non sono inferiori all'interesse del nostro debito nazionale.
Poche persone fra gli agronomi occupano un rango più elevato che quello del
conte di Egremont. Quarant'anni addietro, lo Stag-park, a Petwork, che contiene
da 700 ad 800 acri di terreno, era tutto coverto di ginestri, cespugli, ed alberi
intristiti; e non si sarebbe pototo vendere più che cinque scellini per acre. Nel
1790, il proprietario di questo improduttivo terreno decise di porlo a profitto.
In conseguenza, lo liberò da tutto ciò che il copriva, e lo divise in regolari com
partimenti separati da siepi. Mercè una rotazione ben intesa si ottenne una gran
quantità di orzo, di ravizzoni, di trifoglio, di cicorea, ecc. Le raccolte oggi sono
cosi copiose che questa grande proprietà non rende meno di 30 scellini per
acre. Si raccolgono IO quarters di avena e 5 di frumento sopra un acre di ter
reno dove prima un montone periva di fame.
Circa cinquant'anni addietro, Clumber-park che appartiene al duca di New-
castte e che non contiene meno di 4000 acri, era una brughiera affatto sterile.
Nel 1760, il genio dell'agricoltura venne a fecondare questo suolo improduttivo:
il nobile proprietario vi fece costruire un magnifico castello ; la brughiera di
sparve ; 2000 acri furono piantati e sono oggi ombreggiati da nna bella foresta ;
il rimanente del terreno dà copiose messi d'ogni specie di granaglie, mercè un
eccellente sistema di coltura; e le praterie artificiali che vi si trovano non ali
mentano meno di 4000 teste di bestiame.
Noi saremmo ingiusti verso i nostri vicini del nord se nulla dicessimo
degli sforzi da loro fatti per accelerare i progressi dell'agricoltura dal pria
644 QUARTERLV RETIEW.
cipio dell' ultimo secolo in qua. In un distretto ove una generosa genera
zione sembra animare i proprietarii ed i coltivatori , niuno merita d' essere
menzionato più onorevolmeute che il fu Mr. Barclay , ad Ury , terra posta
nella contea di Kincardine. Dotato d'una forza corporale da atteta, e d'uno
spirito ardente, vasto ed energico, egli applicò all'agricoltura le straordinarie
sue facoltà, con una perseveranza che di raro è stata uguagliata e non mai
sorpassata. Tanti sforzi furono coronati dal più felice successo. Nel 1760
egli ereditò il podere di Ury che si estende sulle due sponde della Cowie. A
quell'epoca, se si eccettua un piccol numero di vecchi alberi attorno alla casa
d'abitazione, eravi appena un cespuglio di qualche valore in tutto il fondo. La
Cowie, che traversa questo gran podere per una lunghezza di tre miglia (una
lega), si aveva scavato un profondo canale. Sorgenti uscite dai terreni vicini si
dirigevano verso la riviera, formavano sulle sue sponde pantani e depositi ma-
remmosi, che cadevano nell'acqua di tempo in tempo, e che la corrente traspor
tava in seguito al mare. Da ciò veniva che la Cowie usurpava di continuo sul
terreno d'intorno, e lo distruggeva di tratto in tratto. Le sue sponde non pro
ducevano che alni e poche piaute marine, le quali non avrebbero potuto servire
di pascolo al bestiame, quand'anche fossero state accessibili.
Questa porzione della terra di Ury aveva inoltre l'inconveniente gravissimo
di essere troppo inclinata verso la riviera, ciò che non permetteva di coltivarla
coll'aratro. Un centinaio di acri si trovava in tal modo, da tempo immemorabile,
affatto inutile per il proprietario. Quando Mr. Barclay entrò in possesso di que
sto fondo coneepi l'idea di porlo a profitto. Egli cominciò dal disseccare le pa
ludi delle due sponde con quercie, frassini ed olmi. La vegetazione di questi
alberi è stata peculiarmente favorita dalla dolcezza della temperatura, dalla bassa
posizione in cui si trovano, tanto più che le varie ondulazioni del terreno met
tono le piante al coverto dai venti, da qualunque lato che soffiino. Nulla può
vincere la prosperità di questa superba piantagione. Molti alberi hanno oggi da
15 a 20 pollici di diametro, e da 30 a 40 piedi di altezza disotto dei rami. Vi
sono circa 400,000 piante; ed è probabile che 100,000 per lo meno arriveranno
ad una compiuta maturità. Il loro valore definitivo sarà grandissimo. Da qui a
30 anni è probabile che questa piantagione, fatta in un terreno di 100 acri, il
quale prima non dava il menomo prodotto, varrà almeno quanto l'insieme dei
campi lavorativi di Ury. Ma indipendentemente da un tal vantaggio diretto,
Mr. Barclay ha inoltre raccolto quello di proteggere il rimanente della sua pro
prietà contro le distruzioni continue che vi faceva la Cowie.
Quanto alle terre lavorative esse furon divise in un certo numero di piccole
fattorie, ed ogni inquilino ebbe dritto di pascere sulle colline vicine alla porzione
di terra che aveva presa in fitto. Per lo innanzi il suolo era imbarazzato da
depositi paludosi, da frane, ove gli animali erano continuamente in pericolo
di perder la vita, e sopratutto da pietre che non solamente si trovavano alla su
perficie, ma penetravano molto in giù. Non v'erano campi chiusi; non si ado
perava la calce come ingrasso ; non si raccoglieva che avena. Le carrette non
erano adoperate, d'altronde non v'erano strade su cui si potessero muovere. In
breve sarebbe stato difficile trovare una terra che riunisse ugualmente tutti i
disordini dell'antico sistema di coltura, ed ove si trovassero meno i vantaggi ot
tenuti dai metodi moderni. Ma Mr. Barclay aveva studiato i migliori melodi di
RICCHEZZA AGRICOLA IN INGHILTERRA. 645
agricoltura nelle belle pianure del Norfolk, e ben tosto la sua mano potente mutò
ogni cosa. Il podere di Ury si compone di circa 1900 acri : egli ne ha imboscato
un migliaio, che oggi vagliono 100,000 lire sterline (fr. 2,500,000). Prima di
lui non vi erano che 450 acri lavorativi ; egli li ha renduti molto più fecondi,
ed è pervenuto a rendere produttivi gli altri 450, colmando le frane, asciu
gando le paludi, togliendo i sassi, ecc. Quindi questa terra la quale, quando
cadde in potere di Mr. Barclay, non produceva 200 lire sterline (5000 fr.), pro
duce oggi 1800 lire sterline (45,000 fr.) indipendentemente dal bosco e dalle
piantagioni che, come abbiam veduto, rappresentano attualmente un capitale di
100.000 lire sterline (2,500,000 fr.).
Noi potremmo moltiplicare questi esempi particolari che abbiam dati come
prova dello spirito di miglioramento introdottosi fra noi da circa settant'anni in
qua. Tutte le contrade hanno rivaleggiato di zelo e mostrato il medesimo desi
derio di accrescere e migliorare i prodotti del suolo. Si potrà avere qualche idea
dell'ardore con cui si sono intraprese le operazioni agricole, considerando l'im
mensa estensione di terreni incolti che nel corso dell'ultimo secolo sono stati
richiusi. Il primo atto del Parlamento, per autorizzare la chiusura di un ter
reno comune, è quello di Ropley, nel 1709. Il rapporto del comitato dei terreni
incolti, nel 1796, porta che il numero dei bills di chiusura, emanati fino a
quell'epoca, ascendeva a 1776; e calcola per 2,837,836 acri la quantità dei
terreni richiusi, ciò che farebbe circa 1600 acri per ogni atto. Affinchè i nostri
lettori possano farsi idee esatte su tal materia, noi diamo il prospetto dei bills
emanati posteriormente a quell'epoca, e fino ad oggi.
Anni N° dei bills
1797 85
1798 48
1799 69
1800 80
1801 122
1802 96
1803 104
1804 52
1805 71
1806 76
1807 91
1808 92
1809 122
1810 107
1811 135
1812 119
1813 Ili
1814 112
1815 75
1816 43
1817 30
Da riportarsi , . 1838
646 QUARTERt.Y BEVIBW.
Riporto . . . 1838
1818 ....... 38
1819 46
1820 36
1821 33
1822 14
1823 22
1824 19
1825 23
1826 19
1827 22
Totale . . 2110
Se i calcoli del comitato sono esatti, la quantità delle terre comuni richiuse
dopo il 1796, si innalza ad acri 3,376,000. Classificati secondo i varii regni
sarebbero come segue :
Regni N" degli Atti Estensione dei terreni chiusi
Regina Anna 2 1,438
Giorgio I 16 17,660
Giorgio II 226 318,378
Giorgio III 3554 5,676,400
Giorgio IV sino al 1827 188 300,800
Da ciò risulta che, dal principio dell'ultimo secolo, più che 6 milioni di acri
sono stati chiusi e dissodati, e che gli 11/12 di essi si chiusero sotto un sol
regno, quello di Giorgio HI, costante ed illuminato protettore dell'agricoltura.
Anche nell'ipotesi in cui un terzo di questa superficie sia già stato sottoposto
ad una specie di coltivazione, ne risulterebbe ancora un aumento di 4 milioni
d'acri, o circa il settimo dulia quantità coltivata anteriormente, ed un aumento
di 160 milioni di lire sterline (fr. 4,000,000,000), nel capitale precedentemente
impiegato sull'agricoltura. L'Inghilterra ha prodotto 8 milioni di quarters in più,
ed ha potuto alimentare una nuova popolazione d'un milione e mezzo, con terre
che erano affatto sterili. Malgrado tutti questi sforzi, si calcola che l'Inghilterra
contiene ancora, essa sola, circa 6 milioni d'acri incotti, e che in tutti i tre re
gni non ne esistono meno di 30 milioni. Una porzione di questa vasta superficie
è senza dubbio condannata ad essere eternamente sterile ; ma sulla maggior
parte probabilmente si otterrebbero considerevoli prodotti da un buon sistema
di coltivazione. Negli ultimi due secoli il governo inglese non si è occupato che
a migliorare la coltura dei suoi possedimenti coloniali, ed ha lasciato ai privati
la cura di migliorare le terre delt'interno. Noi non abbiamo speso meno che 50
milioni per le colonie, e le guerre che esse ci han cagionale non ci costarono
meno di 200 altri milioni; il che fa in tutio 250 milioni sterlini (franchi
6,250,000,000). Certo, nessun uomo sennato può dubitare che, se la metà di
questa somma si fosse impiegata sul nostro medesimo territorio ne sarebbe de
rivato un immenso aumento di prodotti. « L'industria, dice Hort nel suo mira
bile Saggio, è la forza motrice dell'agricoltura, ed un solo acre incolto si deve
considerare come un disonore del paese ».
RICCHEZZA AGRICOLA IH INGHILTERRA. 647
Parlando dei perfezionamenti agricoli introdotti nel nostro paeBe, dalla metà
del secolo scorso, sarebbe inescusabile il tacere dei miglioramenti arrecati nel
l'allevamento del bestiame. Se il nuovo sistema di coltura ha raddoppiato la
quantità dei foraggi, i miglioramenti introdotti nell'educazione del bestiame hanno
probabilmente raddoppiato la quantità delle carni che s'inviava al mercato.
Tutti coloro che si sono occupati d'agricoltura sanno che l'educazione del
bestiame è la parte più difficile per il coltivatore. Egli è sopratutto in questo
ramo dell'industria agricola che i perfezionamenti lardano ad arrivare. I van
taggi che derivano da una buona rotazione sembrano pronti e certi, se si para
gonano a quelli che si ottengono dal miglioramento delle razze. Il fu Mr. Back-
well si guadagnò su tal riguardo una più che legittima riputazione. Non è qui
il luogo di esaminare il merito delle sue teorie, il valore relativo delle razze che
fecero celebre il nome suo. Noi ci contenteremo di notare che ai suoi numerosi
saggi si devono gli sforzi tentatisi poscia per migliorare l'allevamento del be
stiame delle varie parti dell'Inghilterra. I suoi buoni successi gli attirarono pron
tamente imitatori e rivali, prima nei suoi dintorni e poscia in tutto il reguo. La
scuola di Dishley, senza dubbio, ha avuto, come tutte le scuole, i suoi errori ed
il suo ridicolo. Fra gli allievi e gli emuli di Backwell si faceva a gara per ot
tenere la gloria di avere allevato montoni le cui coste fossero avviluppate in sette
od otto pollici di grasso. Ma queste assurdità finirono, e tutto ciò che era vera
mente utile nella scuola di Dishley si è mantenuto. Ogni parrocchia inglese sa
oggi come si faccia per ottenere, con una data quantità di foraggio, una corri
spondente quantità di montoni, e non già di grasso di montone. Quelli che di
buona fede esaminano qual fosse lo stato dei nostri animali prima che Backwell
si occupasse a migliorarli, e ciò che erano divenuti al momento della sua morte,
convengono che niuno ha mai renduti maggiori servigi alla nostra agricoltura.
Ciò che principalmente imporla notare si è che non vi sono luoghi i quali non
abbiano posto a profitto gli sforzi fortunati di quest'abile agronomo: tutta la
Gran Bretagna ne ha sentito l'influenza; ed i progressi che noi facciamo su
tal riguardo sono cosi continui e rapidi, che i nostri nipoti senza dubbio diranno,
che nel 1827 questo ramo della nostra industria agricola era ancora nell'in
fanzia.
L'aumento della produzione di carni, e l'estensione della coltura di patate,
devono in appresso generare un mutamento quasi totale nel sistema dietetico
degli abitanti della Gran Bretagna. Questa mutazione ha già accresciuto la quan
tità delle derrate alimentari che si possano ottenere da una data porzione di ter
reno, ed è per conseguenza eminentemente proficua al paese. Ma non son que
sti i soli vantaggi: non solamente si è accresciuta di molto la massa degli ali
menti, ma, ciò che forse è ancora più vantaggioso, la loro produzione si è renduta
meno precaria ed incerta. Le patate e molti altri vegetabili, come il latte e la
carne da macello, van meno esposti all'influenza e agli accidenti di clima e di
stagione, di quel che lo sieno i cereali. Una volta si udiva frequentemente ripe
tere che la terra fosse troppo dura per lavorarsi, o che la pioggia e la grandine
avessero distrutte le raccolte. Quando ciò avveniva, contadini di certi cantoni
della Scozia salassavano i loro animali, e dopo aver fatto bollire il loro sangue
in modo da renderlo solido, lo mangiavano in vece di pane col loro latte. Questi
miserabili espedienti si sono abbandonati dopo l'estensione delle patate e tutti
648 Ql'ABTERLY BEY1EW.
quilino di ogni terra doveva mantenere nella sua casa, o per lo meno entro i
limiti della sua fattoria, un numero di persone che fosse sufficiente, non solo ai
lavori della coltivazione, ma anche a quelli degli utensili e dei vestiti necessarii-
per lui, per la sua famiglia, e pei suoi garzoni. Prima che s'introducessero le
praterie artificiali e le altre raccolte verdi, le quali, dando una continua succes
sione di alimenti al bestiame, assicurano ai lavoranti agrarii una serie non inter
rotta di operazioni, gli uomini e i cavalli del coltivatore rimanevano oziosi per
una considerevole porzione dell'anno. Il cibo che consumavano in tutto quel
tempo era una perdita senza compenso, direttamente per il proprietario, indiret
tamente per la società. Ma colle colture alternate che oggidì prevalgono, e colle
successive raccolte che ne sono la conseguenza, gli uomini e gli animali non ri
mangono mai in ozio. Ne risulta un'immensa economia che, a titolo di rendita,
va al proprietario del suolo.
Qualunque sieno i miglioramenti introdotti negli strumenti aratorii, noi non
pretendiamo nondimeno di dire che, solto il nuovo sistema, un paio di cavalli
da lavoro possa fare in un dato tempo, un lavoro doppio di quel che faceva due
secoli addietro; ma come allora non si coltivavano che grani marzuoli, cosi era
indispensabile che tulta l'opera si eseguisse nel breve corso di un mese, o tulio
al più di sei settimane;, l'aratro rimaneva ozioso sino alla prossima primavera,
ed i cavalli cessavano di adoperarsi fino all'epoca della messe. Il lavorio si fa
ceva simultaneamente, ed il fittaiuolo era costretto di mantenere un gran numero
di animali. Qual differenza oggidì ! Un solo animale può oggi bastare dove prima
ne occorrevano due e forse tre. Immediatamente dopo la messe, gli animali si
adoprano ad apparecchiare il suolo per il frumento; vengono poscia alcuni
lavori d'inverno e quindi si pensa alla seminagione della quaresima, finita la
quale, si prepara il terreno per i ravizzoni. Questi lavori ed altri, che sarebbe
superfluo di enumerare , tengono impiegati gli animali sino al momento
della raccolta. Quand'essa è finita, la medesima rotazione comincia di nuovo.
In tal maniera l'aratro non è mai disoccupato un solo istante. Un animale
adoperato in una serie continua di lavori fa necessariamente molto più di
quel che potevano farne due all'epoca dell'intermittente attività dell'antica
nostra coltivazione.
Suppongasi che il proprietario d'una fattoria di 100 acri fosse altra volta
costretto di mantenere dieci cavalli e dieci uomini per lavorare, seminare, e rac
cogliere, e dieci donne per cardare e fitare. Sotto il sistema delle colture alterne,
cinque cavalli e cinque operai basteranno per eseguire tutti i lavori del medesimo
podere, mentrechè le nuove macchine permetteranno a due donne di fabbricare
quella medesima quantità di tessuti che una volta ne esigevano dieci. Il proprieta
rio risparmia così il mantenimento di cinque cavalli, di cinque uomini, e di otto
donne. Gli uomini e le donne, che questo mutamento ba permesso ai coltivatori
del suolo di congedare, si consacrano ad altri lavori di cui necessariamente ac
crescono i prodotti. Gli uni trovano impiego nella manifattura degli oggetti di
necessità o di lusso, che si comprano dai proprietarii di terre, arricchiti coi me
todi economici della nuova agricoltura; gli altri entrano come domestici nelle
case dei proprietarii e consumano la medesima quantità di alimenti che avreb
bero consumata ee avessero continuato a lavorare la terra. Quantunque vantag
giosissimo ai proprietarii il nuovo ordinamento è dunque ben lontano dal nuo
650 QUABTERLY BEYIEW.
cere alle classi lavoratrici, che ne profittano del pari, quantunque in una diversa
proporzione.
Tale è la vera causa dei rapidi aumenti di redditi pei proprietarii del suolo
in questi ultimi tempi. Altra volta quasi tutto il prodotto della terra adoperavasi
a nutrire e vestire i suoi coltivatori; oggi i progressi dell'industria agricola e la
parziale sostituzione delle macchine alle braccia umane permettono al fittaiuolo
di eseguire i medesimi lavori con una metà della spesa.
È pure per effetto dell'introduzione di metodi più razionali ed economici che
si son messi in coltura terreni dapprima trascurati. Tutto riò che diminuisce le
spese di coltivazione nei migliori terreni avrà sempre l'effetto di far coltivare ter
reni di inferiore fertilità. Suppongasi che, ai tempi degli antichi metodi, un acre
di buona terra producesse A quarters di frumento, e che per rimpiazzare la se
mente, nutrire e vestire gli operai, e pagare la spesa degli animali, occorressero
altri 4 quarters ; è chiaro che, in tal caso, non vi sarebbe alcuna esuberarla,
e perciò il proprietario non riscuoterebbe alcuna rendita. Suppongasi ora che,
per effetto d'un'agricoltura perfezionata, si pervenga a diminuire per metà le
spese di coltivazione; la terra allora produrrà una rendita equivalente a 2 quar
ters di frumento. Finchè i prodotti delle terre di prima qualità non facevano che
compensare le spese di coltivazione, i terreni d'una qualità inferiore dovevano
necessariamente trascurarsi; ma han dovuto cessare di esserlo quaudo i migliori
terreni han cominciato a dare considerevoli profitti. Solamente, invece di rica
varsi un reddito equivalente a 2 quarters di frumento, per esempio, come nelle
buone terre, il proprietario delle terre inferiori dovrà contentarsi del valore di
un quarter, o d'una somma anche minore. Cosi i progressi dell'industria agri
cola hanno esercitato una doppia influenza: 1° hanno accresciuto in forte pro
porzione i prodotti ilelle buone terre; e 2U han fatto porre in coltura i terreni,
che senza di ciò mai non avrebbero potuto coltivarsi.
Ma non è solamente il proprietario che profitti dei progressi dell'agricoltura,
i quali non sono meno utili alle classi mercantili ed industriali. Quando una
porzione di terra, che già coltivavasi con quattro cavalli e due uomini, può colti
varsi con due cavalli ed un uomo, si risparmia il mantenimento d'un operaio e
di due cavalli. La somma di quest'economia toccherà dapprima al proprietario
come un reddito aumentato. Ma non potendo egli mangiare più di prima, spen
derà questo sovrappiù di reddito facendo vivere operai impiegati alla manifattura
di cose che egli desideri possedere, per poco ch'egli abbia il mezzo di acquistarli.
A misura che l'esuberanza dei prodotti agricoli sulle spese d'agricoltura si
accresca o si diminuisca, le manifatture languiscono o prosperano. Nel nostro
paese, la porzione di prodotti consumati annualmente nella coltivazione della
terra è comparativamente debolissima. Il sovrappiù si ripartisce disugualmente
tra il fittaiuolo, a titolo di profitti, il percettore delle imposte, quello delle de
cime, e il proprietario. Ad eccezione di ciò che questi individui consumano per
proprio nutrimento, il rimanente si cambia con delle manifatture di utilità o di
lusso. Ogni perfezionamento che accresca i frutti del suolo, in una proporzione
maggiore che le anticipazioni, ridonda dunque a vantaggio delle manifatture. Il
danaro ricevuto a titolo di rendita deve solamente considerarsi come misura di
questo sovrappiù; e la rendita, lungi di nuocere, aumentandosi, alla prosperila,
ne è al contrario il veicolo più attivo ed efficace.
RICCHEZZA AGRICOLA IN INGHILTERRA. 651
Le arti non languono presso le altre nazioni, se non perchè l'industria agri
cola vi langue egualmente., In Francia, per esempio, il paese è diviso in una
moltitudine di piccoli poderi, fra un gran numero di coltivatori, i quali non so
lamente lavorano colle proprie mani la terra, ma fanno anche una porzione
delle merci che i coltivatori inglesi traggono esclusivamente dagli opificii. La
maggior parte dei coltivatori francesi si fanno essi medesimi i loro strumenti
aratorii, giacchè il sistema in vigore presso noi nel principio o nel mezzo del
l'ultimo secolo, prevale ancora presso i nostri vicini; le colture alterne non sono
note che in certe provincie, ed il tristo maggese si estende come una lebbra
sopra una gran parte del territorio. Ne è derivalo che la meta della rendita
è bassa, e che una troppo grande porzione dei prodotti si consuma nel recinto
della fattoria. Per coltivare una data estensione di terreno in Francia occorre
una ciurma d'uomini e d'animali, doppia di quella che fa bisogno in Inghil
terra; e malgrado quest'impiego eccessivo di lavoro umano ed animale, se
condato da tutti i vantaggi del suolo e del clima, è riconosciuto che, per ter
mine medio, un acre francese produce un quarto meno che nella Gran Bretagna
a causa dell'inferiorità dei metodi agricoli. Si è calcolato che fra noi 4 milioni
di coltivatori producono alimenti per se medesimi, per 6 milioni d'individui che
lavorano nelle manifatture, e per '2 milioni di oziosi o persone dedicate alle pro
fessioni dotte. In Francia, all'incontro, sopra una popolazione di 30 milioni, ve
n'ha per lo meno 20 milioni che s'occupano dei lavori agricoli. In altri termini,
due coltivatori in Francia sono occupati a produrre alimenti per sè e per un
produttore industriale; laddove in Inghilterra un solo coltivatore produce ali
menti bastevoli per sè e per due artigiani. Quando dunque un operaio può es
sere utilmente aggiunto a quelli che si occupano già nei lavori agricoli, egli pro
curerà i mezzi di occuparne due altri nell'industria con vantaggi analoghi.
La prosperità del nostro commercio interno ed esterno non dipende, meno
che quella della nostra industria, dalla prosperità della nostra agricoltura. I varii
generi importati nel nostro paese dai diversi angoli del mondo, lo sono in gran
parte per cambiarsi coi frutti del nostro suolo. Quando una libbra di pepe o di
the si vende dal droghiere del villaggio, ciò in ultima analisi non forma che un
cambio di un prodotto del Surinam o della Cina, con una quantità equivalente
di manzo o di granaglie inglesi. Distruggete quest'esuberanza di derrate alimen
tari; fate che il coltivatore più non produca se non quanto sia necessario al pro
prio consumo, e quel cambio più non potrà aver luogo.
Come nel nostro paese il commercio e le manifatture occupano un maggior
numero d'individui che la coltura del suolo, cosi generalmente si crede che le
classi industriali e mercantili sieno più importanti e più utili allo Stato che la
classe agricola. Nulla di più falso, di men filosofico, e di più pericoloso che
questo modo di giudicarne. Quando il commercio e le manifatture si conside
rano, non sotto l'aspetto delle braccia che occupano, ma sotto quello dei capi
tali impegnativi e dei profitti che creano, è facile il convincersi che non hanno
alcun dritto alla superiorità loro attribuita. Bisogna sempre rammentarsi che il
manifattore non crea la ricchezza, non fa che modificare ed accrescere la ric
chezza prodotta coi lavori dell'agricoltura. Mentre che l'artigiano prepara la
stoffa di cui devesi più tardi formare un abito, o costruisce la casa che sarà poi
abitata, bisogna che si alimenti coi prodotti creati dall'opera del coltivatore. Le
652 QUARTERLV REVIEW.
28,000,000
2 milioni di persone componenti le classi che non sono diret
tamente impegnate nei lavori agrarii, o in quelli delle manifatture,
consumano, alla ragione di 6 quarters per ogni uomo . . . 12,000,000
40,000,000
La somma di tutto ciò che si consuma in semente o in nutrizione degli uo
mini e dei cavalli occupati alla coltura della terra, o che si consuma dalle classi
improduttive, come i forensi, i medici, gli ecclesiastici, i proprietarii di terre, i
capitalisti, i pubblici uffiziali, ecc., forma circa quattro decimi di tutto il pro
dotto della terra ; il resto è assorbito dalla classe industriale o mercantile. Cal
colando per 60 scellini il quarter di frumento, o gli altri alimenti di un valore
analogo, i 60 milioni di quarters, che compongono l'eccesso dei consumi delle
classi estranee al commercio ed alle arti, rappresenteranno la somma di 180
milioni sterlini (fr. 4500 milioni) ; e quando si calcola che questa enorme somma
RICCHEZZA AGRICOLA IN INGHILTERRA. 655
passa ogni anno per 4, 5, 6 mani, e qualche volta più, si può avere un'idea
dell'immensa estensione che prende il commercio dei cereali , e in generale di
ciò che il nostro suolo produce. Il nostro commercio esterno non sarebbe, a
fronte di ciò, che di un'importanza ben secondaria.
Se ora noi esaminiamo l'ammontare dei capitali impiegati alla coltura della
terra, la nostra ricchezza agraria si presenterà sotto un aspetto più imponente
ancora. Valutando il valore della terra, per termine medio, alla ragione di 30
lire per acre, ed il capitale del coltivatore alla ragione di 10 lire egualmente
per acre; ed estimando, come già abbiam fatto, per 50 milioni il numero d'acri
coltivati; noi vedremo che i capitali impiegati in agricoltura nei tre regni, tanto
quelli dei proprictarii, quanto quelli dei linaiuoli, ascendono alla somma mo
struosa di 2 mila milioni sterlini (50 mila milioni di fr.) !
Ciò senza dubbio convincerà tutte le menti riflessive, che la coltura del suolo
forma la più copiosa sorgente della ricchezza nazionale ; e quanti bramino sin
ceramente il bene del proprio paese devono fare ogni sforzo per agevolarne i
progressi. Intraprendere bonificazioni, canali, strade vicinali, od ogni altra cosa
atta ad aumentare i prodotti della terra, o abbreviare il lavoro necessario per
renderla fruttifera, è il più efficace mezzo di assicurare la prosperità delle mani
fatture e del commercio. Queste ultime non sono che i rami e le foglie dell'albero
politico di cui l'agricoltura costituisce il tronco. E nondimeno con qual negli
genza essa non fu trattata dai pubblicisti dei nostri tempi ! Un consiglio d'uo
mini abili e sperimentati è incaricato di vegliare agl'interessi delle manifatture
e del commercio, mentrechè l'agricoltura, senza direzione comune e senza bus
sola, è abbandonata agli sforzi isolati dei particolari! È impossibile di non bia
simare una stretta politica che trascura i principali interessi dello Stato per non
portare la sua attenzione che sopra interessi di second'ordine. Che si direbbe
d'un giardiniere il quale non si occupasse che dei rami e delle foglie delle sue
spalliere, e non desse alcuna cura ai tronchi ed alle radici ?
Questa condizione di cose è tanto più funesta quanto che la proprietà terri
toriale non trova nella pubblica opinione l'appoggio che il governo le nega. Ad
ascoltare certi scrittori, la rendita non sarebbe che un'odiosa estorsione, un
mezzo legale di togliere al povero il frutto dei suoi travagli, e di accrescere il
benessere d'un certo numero d'uomini cupidi ed oziosi a spese delle classi indu
striose. Queste accuse son così criminali come sono assurde. Ci sarebbe agevole
il mostrare che la rendita non fa torto ad alcuno fra i membri della Società, che
non ha alcuna influenza sul valore dei prodotti agrarii , i quali si venderebbero
per il medesimo prezzo, o si permuterebbero colla medesima quantità di merci,
se le rendite fossero intieramente abolite. D'altronde, non è giusto che colui il
quale colloca un capitale risparmiato da lui, o dai suoi padri, ne tragga annual
mente un profitto sotto il nome di rendita? Questa rendita è tanto legittima
quanto il profitto che raccoglie colui il quale abbia impiegato i suoi capitali in
una manifattura di lana o di cotone.
La produzione del grano sostanzialmente non òche una grande manifattura.
Il suolo è la materia grezza, i di cui frutti sono il prodotto manufatto. Il pro
prietario e l'inquilino formano un'associazione di fatto per la produzione di que
sta merce. Come base di tutta l'operazione, il proprietario si procura un suolo
che, nello stato di natura e prima di essere apparecchiato dall'industria umana,
654 QUARTEBLY RE VIE W
ha un valore poco o nullo. Gli edifizii, i muri, le porte, le strade, i fossati, ecc.,
devono tutti essere apparecchiati a sue spese. Il valore di tali articoli, o ciò che
è lo stesso, il travaglio di cui essi sono i risultati, costituisce la quota per cui
il proprietario partecipa al contratto che egli conchiude col fKtuiuolo. Se i pro-
prietarii non avessero anticipato i loro capitali per migliorare la terra, essa
non avrebbe potuto dare che frutti selvaggi, e la popolazione che oggi coltiva i
nostri campi, o lavora nelle nostre manifatture, non sussisterebbe ventiquattro
ore. Tali sono i fatti ; ma mentre l'uomo che innalzi una manifattura di cotone
è elevato sino al cielo, ed indicato come un pubblico benefattore che produce
l'agiatezza d'un gran numero d'operai, e che accresce in una forte proporzione
la ricchezza nazionale, il proprietario che, colle sue anticipazioni, ha centupli
cato i prodotti della terra, è presentato come una pianta parassita e malefica da
estirparsi.
Coloro i quali suppongono che le manifatture e il commercio possan fiorire
in un paese che possieda un vasto territorio quando l'agricoltura vi è trascurata
faran bene a gettare lo sguardo su ciò che avvenne in Francia e in Ispagna nei
secoli XV, XVI e XVII. Quando Enrico IV ascese sul trono di Francia, trovò
il suo regno in una deplorabile condizione, ne trovò trascurata l'agricoltura, di
strutto il commercio. Prese la magnanima risoluzione di far tutto ciò che sarebbe
stato in suo potere per assicurare la prosperità del suo regno ; e trovò nel buon
Sully un uomo capace da associarsi all'esecuzione di questi grandi disegni. 11
re ed il suo virtuoso ministro si convinsero che il suolo doveva servire di base
alla grandezza del paese, e l'agricoltura, sotto gl'incoraggiamenti che il mo
narca le prodigava, fece rapidi passi, e fiori in Francia più di quanto facesse
allora fra noi. Questa saggia politica è stata in gran parte l'orìgine della forza
che quel regno ha spiegato sotto Luigi XIII, e nella prima parte del regno di
Luigi XIV.
All'epoca in cui Colbert ottenne la preponderanza nei consigli di Luigi, lo
spirito di progresso si era sparso in Francia con una straordinaria energia. La
Francia era avviata, come oggi direbbesi, ma la strada che le si fece battere la
condusse all'abisso. Colbert pensò che un gran commercio e molte manifatture
avrebbero aumentato di molto la ricchezza del regno. Respingendo con isdegno
la vanga e l'aratro di Sully, non risparmiò cure e sforzi per far si che la Fran
cia divenisse la prima potenza mercantile del mondo. Eccitò il popolo delle
campagne ad abbandonarle per entrare negli opificii; e perchè i manifattori ven
dessero le loro merci a miglior patto che negli altri paesi, adottò tutti gli espe
dienti che potessero abbassare il prezzo del pane. In conseguenza, si oppose alla
uscita dei grani dal regno ; ne impedì anche il trasporto da una provincia al
l'altra, mentre che incoraggiò l'importazione in tutti i modi. Nel suo zelo per le
manifatture ed il commercio andò ancora più lungi j aggravò sul coltivatore il
peso delle tasse e delle contribuzioni, per sollevarne il manifattore.
Ma tutti questi mezzi violenti per incoraggiare le arti ebbero tin effetto pre
cisamente contrario al fine che si voleva conseguire. Il prezzo delle derrate ali
mentari, invece di attenuarsi, s'innalzò. Ne risultò che l'agricoltura francese fu
rovinata, senza alcun profitto per le arti. Occupato di manifatture d'ogni genere,
il popolo trasse dall'estero il suo pane. Siccome questa sorgente era inefficace e
precaria, vi furono frequenti carestie, e la Francia cadde molto al disotto del
RICCHEZZA AGRICOLA IN INGHILTERRA. 655
punto a cui era pervenuta sotto il ministero di Sully. Colbert era senza dubbio
un uomo di grand'ingegno. Nondimeno i suoi talenti splendevano più di quanto
fossero solidi. Cos>, mentre Sully ha acquistato, a giusto titolo, la riputazione
d'un pubblicista prudente, freddo, avveduto, • che non iscagliava mai il suo
colpo se non quando era sicuro di colpire la meta »; Colbert non può essere con
siderato che come un ardito novatore, il quale colle sue temerarie combinazioni
ha rovinato il paese che egli voleva arricchire. Tutti i pericoli della politica di
Colbert saranno ancora poco sensibili, se noi paragoniamo la condizione della
Spagna, alla fine del secolo XV, colla sua condizione attuale. Sotto una succes
sione di sovrani protettori dell'agricoltura, la coltivazione era stata seguita con
molta attività e con molto buon successo ; questo regno era così divenuto l'am
mirazione, soventi anche il terrore, di tutto il rimanente d'Europa. La scoverta
dell'America, e l'acquisto di colonie straniere, diedero sventuratamente un'altra
direzione all'energia spagnuola. Le immense ricchezze acquistate in un colpo
nel nuovo mondo fecero girar la testa agli abitanti della penisola. I guadagni
lenti, ma certi, dell'agricoltura parvero miserabili allato di quelle mostruose for
tune che si acquistavano al di là dei mari. I coltivatori abbandonavano le loro
terre, e secondo i calcoli più moderati, la popolazione della Spagna si è dimi
nuita di 5 milioni d'anime dopo la scoverta dell'America. Poche contrade po
trebbero ottenere la palma sotto il riguardo della fecondità di quel paese, ed
alla dolcezza del clima, ma l'abbandono dell'agricoltura l'ha fatto disparire dalla
carta politica dell'Europa.
Fra i numerosi servigi resi alla Gran Bretagna dal sovrano più patriolico
che abbia mai regolato i destini d'un gran popolo, bisogna contare sopratutto
gli ultimi esempi che l'ultimo re ci ha dati, favorendo i progressi dell'agricol
tura con tutti i mezzi di cui egli poteva disporre. Noi non esamineremo se
questa costante predilezione dell'industria agricola fosse effetto d'una fitosofica
previdenza degl'immensi vantaggi che ne dovevano risultare alla nazione, o fosse
la naturale tendenza d'una mente sana e d'un cuore puro verso gl'innocenti e
pacifici godimenti della vita campestre. Qualunque sia stato il motivo che l'abbia
indotto a sollevarsi delle cure dell'impero e darsi ai piaceri che l'agricoltura pro
cura, egli ha sempre renduto inestimabili servigi ai suol sudditi. Molti monarchi
ban fatto consistere la loro gloria nel devastare fertili campi. Giorgio III, all'in
contro, ha cercato la sua negli sforzi che ha fatti per aumentare il benessere dei
suoi popoli, aumentando la massa delle loro derrate alimentari. Questi utili
esempi, dati da un gran principe, hanno esercitato la più felice influenza. Il gu
sto dei lavori e miglioramenti agrarii, nato sotto le ombre del podere reale di
Windsor, si propacò ben presto fino a Woburn, Holkam, Petworth, e non tardò
a penetrare gradatamente nelle parti più recondite della nostra isola. I proprie-
tarii ed i fittaiuoli uscirono fuori dalla funesta letargia in cui avevano sonnec
chiato molti anni. Appresero infine ad estimare i mezzi troppo negletti dei loro
paterni domimi ; e la luce che tutt'insieme brillò al disopra di loro fu il principio
di miglioramenti più variati, più importanti, e più utili che tutti quelli i quali
avevano avuto luogo nel corso dei dieci secoli anteriori. Un'era nuova cominciò
per l'Inghilterra ; si aprirono nuove strade, nuovi canali si scavarono in tutte le
direzioni; si tentarono nuove colture; si disseccarono le maremme, si dissodarono
sterili brughiere. Terreni immensi, che già erano il tristo soggiorno delle bestie
656 QUARTEBLT 1ETIJSW.
nelle più forti. La coltura di questa preziosa pianta in piena terra ha prodotto,
come abbiam detto sin da principio, vantaggi inestimabili, ma si sono di molto
diminuiti, estendendo questa coltura a tutte le specie di suolo. Per noi sarebbe
sventuratamente troppo facile il moltiplicare gli esempi simili degli inconvenienti
che derivano dall'ignoranza dei coltivatori.
La coltura delle nuove erbe artificiali, la scoverta di nuovi ingrassi, l'uso più
giudizioso di quelli che già riconoscono, tali sarebbero i risultati infallibili che si
otterrebbero iniziando la classe agricola allo studio delle scienze naturali. La
scienza, ha detto un gran uomo, è la forza, è la potenza ; per suo mezzo si pos
sono sormontare gli ostacoli della più ribelle natura. Non vediamo noi forse già
che, per effetto dell'applicazione d'una sana teoria, distretti sabbiosi della Gran
Bretagna producono oggi un'eguale quantità di derrate alimentari, che le sponde
più fertili delle nostre riviere e dei nostri fiumi? È probabilissimo che tutti i
terreni sarebbero produttivi se vi si coltivassero le piante opportune, o se ne
modificasse la natura per mezzo d'una buona scelta d'ingrassi. Le terre impre
gnate di parti metalliche sono, in generale, sterilissime, e sopratutto quelle in
cui si trova un minerale di piombo. Nondimeno, l'arenaria verna prospera in
quella specie di suolo che sia contrario alla maggior parte di piante. L'illustre
presidente della Società reale, sir G. Bancs, tentò di far venire nel suo giardino
Yarenaria verna; ma per riuscirvi, fu costretto di mandare a cercare nelle
miniere i residui del minerale di piombo. L'introdusse in un pozzo che fece
appositamente scavare. La superficie del suolo si copri ben tosto d'un'abbon-
dante vegetazione prodotta dall'arenaria, che non poteva venire in alcun'altra
parte del giardino.
Ciò che più sarebbe a*desiderarsi, per l'istruzione della classe agricola, è una
serie di trattati chiari e concisi, nei quali fossero esposti tutti i metodi che ri
posino su teorie razionali, e la cui efficacia sia già provala dall'esperienza. Il
difetto ordinario degli scritti sull'agricoltura si è che la dottrina insegnatavi è
troppo generale; ecco ciò che alimenta i pregiudizii dei coltivatori contro questo
genere di libri. La maggior parte degli agronomi che scrivono hanno dei pre
cetti da loro indifferentemente applicati a tutti i terreni, come i rimedii dei ciar
latani per tutte le malattie. Un coltivatore di Norfolk che occupa un suolo sab
bioso, ove non cadono forse 20 pollici di pioggia ogni anno, fa un saggio che
gli riesce; ne rende conto in un opuscolo o in qualche giornale; allora un fil
iamolo di Cornovaglia, la cui immaginazione si scalda leggendo la relazione dei
saggi felicemente tentati nel Norfolk, si decide a fare la medesima esperienza;
ma come la sua terra è di una qualità differente e trovasi due volte più umida
che quella del Norfolk, cosi il suo saggio fallisce. Allora egli maledice i sistemi,
giura di non più leggere libri d'agricoltura, e ricade nelle pratiche tramandategli
dai suoi padri. Una rotazione operata secondo i libri, ed anche secondo libri
giustamente estimati, può avere anch'essa inconvenienti gravissimi, se non si
presta la debita attenzione alla diversità delle terre, delle temperature, dei
concimi, dell'agiatezza ed intelligenza dei coltivatori, ecc. Da ciò l'assurdità di
prescrivere regole generali in cui non si lien conto di tali differenze. E questo
lo scoglio contro cui il Consiglio d'agricoltura è andato a rompere. Se esso si
fosse limitato ad eseguire l'utile ufficio di verificare le pratiche agricole usale
Eeomm. 2* serie Tom. I. — 42.
658 QUARTBRLY ItEVIBW. — RICCHEZZA AGRICOLA IN INGHILTERRA.
h>-»^<
659
CONDIZIONE ATTUALE
DELL'AGRICOLTURA INGLESE.
(EDINBURGH REV1EW).
care le varie cause che han prodotto un tale effetto, ma ci basterà di fissarne
l'esistenza. Tuttavia, prima di scendere a un tale esame, gettiamo uno sguarda
sulla condizione dell'agricoltura nei secoli andati. Con questo termine di para
gone noi potremo formarci un più esatto giudizio sugli attuali progressi di que
sto ramo d'industria.
Alcuni deboli tentativi di coltivazione sembrano essersi fatti nella Gran Bre
tagna, in un'epoca più lontana di quella a cui rimontano i nostri annali. Questi
semplici e grossolani saggi furono, si dice, l'opera d'una colonia di Galli, stabi
lita sulle coste meridionali dell'Inghilterra, un secolo circa prima dell'invasione
di Giulio Cesare. Noi non abbiamo ragguagli sullo stato dell'agricoltura in In
ghilterra ai tempi romani, ma non possiam dubitare che essi abbiano fatti grandi
sforzi per migliorare il paese. Quand'anche la storia non ci dicesse che le nu
merose armate dei Romani nelle isole britanniche fossero quasi esclusivamente
nutrite col prodotto del suolo, le vestigie di strade che quel popolo aprì nelle
nostre provincie, e che sussistono ancora, basterebbero per dimostrare i pro
gressi che esso aveva fatto compire alla loro civiltà. Le arti di primo bisogno
non si perdono mai compiutamente. Cosi, quantunque le corse dei Pichts e le
formidabili invasioni dei Sassoni e dei Danesi, che tennero dietro alla partenza
delle truppe romane, avessero mutato le leggi, la religione, e fin la lingua del
popolo; e quantunque le abitudini di scorreria in quelle barbare orde facessero
loro affiggere poca importanza ai vantaggi della coltivazione; pure si trovano
ancora le traccie dell'agricoltura romana in alcuni loro regolamenti sulle chiu
sure e sugli affitti, come nella precisione con cui i limiti delle proprietà sono in
dicati nel registro cadastrale detto doomsday book, che è sopravvissuto alla con
quista dei Normanni e sussiste ancora oggidì.
Comunque sia, sotto i Sassoni l'agricoltura era ancora nella sua infanzia. A
quell'epoca si aveva tanto poca idea della divisione del lavoro, che si preten
deva imporre ai lavoranti l'esecuzione dei loro aratri, nella costruzione dei
quali, è vero, non entrava punto il ferro. Questi aratri erano traiti da otto bovi,
e non senza una grandissima pena si arrivava a lavorare un mezzo arpento per
giorno. Non sembra che si conoscesse l'uso dell'erpice, ed il grano si trebbiava
per mezzo del coreggiato. Nel X secolo la terra valeva sì poco, che si davano
cinque arpenti per un cavallo, e quattro montoni equivalevano ad un arpento.
Si otteneva il godimento del suolo per un anno sotto la sola condizione di re
stituirlo concimato allo spirare dell'anno. Quasi tutta la superficie del paese si
componeva di pascolo; e le terre coltivate erano in così piccola quantità, ed
amministrate sì male, che fornivano il più cattivo pane alla rara popolazione
che dovevan nutrire. I poderi confinanti colle abitazioni dei grandi proprietarii
si coltivavano per loro conto da servi, i quali si vendevano insieme alla terra. I
fitti si pagavano in generi; il commercio era nullo, ed il danaro sì raro, che
l'uso di fare pagamenti in generi si estendeva fino alle ammende imposte dal
fisco.
Le abitudini di ladroneccio, tanto allora comuni, mettevano il popolo nella
necessità di vivere riunito in villaggi. Una gran parte delle terre si coltivava in
comune, e ad ogni capanna era collegata una certa quantità di pascoli, dei quali
godevano gli abitanti, proporzionatamente all'estensione dei loro terreni lavo-
'alivi, usanza in cui si trova l'origine delle terre comuni, e delle servitù di pas-
CONDIZIONE ATTUALE DBLl'aGRICOLTURA INGLESE. 661
saggio nel modo in cui esistono oggidì. L'occupazione di questi fondi sembra
essere stata regolata dalla legge. Avanti il regno di Edoardo il Confessore si
trova un'ordinanza, secondo la quale ogni fittaiuolo possessore di 20 hides di
terra doveva, allo spirare del suo fitto, lasciarne 12 seminate a grano. La hide
è un'antica misura di cui non si conosce beoe l'estensione, ma che si suppone
generalmente
o
battere fra 100 e 120 arpenti. Se questa cifra è esatta, l'ordi
nanza che abbiam citata suppone nei fittaiuoli maggiore indipendenza e mag
giori capitali di quello che si possa supporre in potere di servi ; ma bisogna
notare che il bestiame era ordinariamente fornito dal signore, e che soventi
anche i contadini pagavano un tributo speciale per la locazione dell'aratro
signorile.
Il prospetto agrario del regno, all'epoca della conquista normanna, quale
ci si presenta nel doomsday book, ci mostra il paese come composto intera
mente di pascoli non richiusi, larghe foreste improduttive. Si potrà giudi
care la piccola quantità di terra che doveva essere messa a coltura, quando si
sappia che la popolazione dell'Inghilterra in quell'epoca si calcola dagli antichi
autori non essere che 1,504,000 abitanti. Le foreste si conservavano per ardere,
e per mantenimento dei maiali, che si nutrivano di ghiande e di faggiuole; le co
nigliere erano numerose e regolate con cura, perchè gli abiti delle classi superiori
si guernivano con pelli di conigli. Una gran parte dei distretti settentrionali, meno
popolati che il rimanente dell'Inghilterra, era invasa da truppe considerevoli di
bestie selvaggie, fra cui si trovavano i lupi, i cinghiali e i bissonti.
Le leggi sulla caccia erano d'un estremo rigore. Si puniva più severamente
la morte di un cervo che quella d'un uomo. La mutilazione, la perdita della
libertà o della vista erano le pene più comunemente inflitte: non fu che all'in
tronizzazione di Edoardo I, che la parte sanguinaria di questo codice si abolì e
venne sostituita da tante ammende. Non bisogna tuttavia credere che la conser
vazione della selvaggina fosse il solo scopo a cui quelle leggi così rigorose mi
rassero. La gran quantità di bestie selvaggie offriva un adescamento irresistibile
ai vagabondi ed agli oziosi, i quali, senza lavorare, trovavano il mezzo di vivere
nell'abbondanza e nella libertà in fondo ad ampii boschi ov'era difficile perse
guitarli : di modo che dopo aver cominciato dall'esser cacciatori, finivano col
diventare banditi. Era apertamente, ed alla gran luce del giorno, che essi com
pivano le loro audaci intraprese, il cui ragguaglio arrivato sino a noi eccita so
vente il nostro interesse e sembra portare con sè la loro scusa. Tuttavia, per
quanto romanzesche si fossero le imprese di Robin Hood e dei suoi allegri com
pagni, erano sempre non altro che l'opera d'una banda di briganti che fuggi
vano la vendetta delle leggi.
Il giudizioso storico del medio evo, Hallam, ha con ragione osservato che,
anche nelle epoche meno colte, l'agricoltura non mancava di ottenere parziali
incoraggiamenti; e che il principio di perfettibilità dell'industria umana lottava
con le rivoluzioni distruttive, e col disordine della barbarie. Le stragi della
guerra dal V all'XI secolo e la mancanza di braccia, avevano involato alla terra
la maggior parte del suo valore. Le donazioni fatte ai monasteri, che ci colpi
scono per la loro enormità, si componevano in gran parte di terreni assoluta
mente incolti, e che, secondo ogni apparenza, non vi era alcun mezzo di colti
vare. Quantunque i monaci passino in generale per essere una razza oziosa e
§69 EDINBURGH REVIEW.
poco stimabile, pure questo medesimo scrittore dimostra che l'Europa decloro
una gran parte delle sue ricchezze agrarie, e che alla loro intelligenza ed alla loro
industria si devono attribuire i primi perfezionamenti manifestatisi nell'economia
rurale dell Inghilterra. In quei secoli antichi, essi soli conoscevano le lingue
dotte, per mezzo delle quali apprendevano i metodi di coltura adoperati dai Ro
mani, mentre le corrispondenze che tenevano coll'Ilalia, e le missioni che man
davano di tempo in tempo, insegnavano loro i metodi usati nel continente. La
loro educazione, i loro costumi, e le loro ricchezze, li ponevano in grado di ap
plicare le loro cognizioni con maggior talento, ed in modo più efficace, di
quello che avrebbe potuto una nobiltà guerriera, per la quale il mestiere delle
armi aveva ben altre attrattive che le arti della vita domestica. 1 monaci, d'al
tronde, erano padroni pieni di dolcezza, i loro grandi redditi e la loro posizione
sociale mettevano i loro flttaiuoli al coverto dalle vessazioni che avrebbero sof
ferte sotto proprietarii men ricchi, ed eglino inoltre esentavano i loro aderenti
dai servigi pericolosi che i signori militari erano ogni momento nella necessità
di domandare dai proprii vassalli. I monaci badavano più alla condotta morale
ed al benessere dei loro dipendenti; ed i loro tribnnali erano, nell'amministrare
la giustizia, molto meno arbitrarli che quelli dei gran signori feudali. Questa
speciale protezione attirava molti coloni liberi nei dintorni delle case religiose;
le loro terre erano meglio abitate e meglio coltivate che le altre. Le rovine di
alcune fra le loro costruzioni rurali, che sussistono ancora, le vestigio dei loro
giardini, e gli archivii delle abbazie, tanto in Inghilterra che sul continente, pro
vano sino all'evidenza che sino dalla conquista normanna gli ordini monastici
accordavano un'attenzione tutta speciale all'agricoltura.
Nondimeno, molto tempo dopo la conquista, le classi inferiori menavano ac
cora una vita ben miserabile. Le loro capanne non contenevano nè letti, ne mo
bili, se si eccettua un piccolo nomero di utensili indispensabili per preparare i
loro alimenti. Il contadino dormiva sulla paglia gettata in terra, con un ceppo
per guanciale, oppure si coricava fra i bovi nella sua stalta. Le capanne erano
costruite di creta, senza finestre nè camini; il fuoco si accendeva nel mezzo, o
talvolta sopra un mucchio di argilla collocata davanti al muroj ed i! pane che
essi mangiavano si faceva di piselli e di fave.
Le alte classi non erano meglio alloggiate. 11 castello signorile nori era ilio,
minato che da finestre di traliccio; soltanto in alcuni rarissimi casi queste fi
nestre si chiudevano con del corno o della pergamena. Le pareti, affatto nude,
erano talvolta coverte per metà da una tappezzeria semplicemente sospesa, senza
essere inchiodata; i pavimenti erano coverti di canne e foglie in luogo che di
tappeti; i letti di piume non eran comuni, ed i materassi non si empivano che
di paglia: nei regolamenti della casa di Enrico Vili si trova l'ordine di esami
nare ogni sera la paglia del letto del re. Nel secolo XV le famiglie più elevate
mangiavano in piatti di legno, o tutto al più di stagno ; le forchette erano ignote,
e nell'anno 1572 il castello di Skipton, la cui magnificenza era affatto princi
pesca, non possedeva che otto materassi e traversini per trentacinque domestici.
I signori, a quell'epoca, disponevano di deboli redditi, anche tenendo conto della
differenza di valore della moneta. La causa di questa comparativa miseria con
potrebbe attribuirsi che all'imperfezione dell'agricoltura; giacchè l'estensione dei
possedimenti territoriali era in molti casi maggiore di quel che sia oggidì, ed il
RICCHEZZA AGRICOLA IN INGHILTERRA. 663
prezzo del grano era relativamente più alto; soltanto la medesima superficie non
rendeva la medesima quantità.
Gli annali dell'agricoltura, a quell'epoca, son rari e poco istruttivi. Non
esiste alcun'opera che tratti specialmente di tiil materia ; e gli storici se ne sono
tanto poco occupati che essa rimane sepolta in una grande oscurità. Nondimeno
possediamo un trattato in iatino, che si crede scritto verso il fine del secolo XIII,
e che, quantunque specialmente dedicato alla giurisprudenza, contiene alcuni cu
riosi particolari sull'agricoltura. Questo trattato indica i diversi ufficii dell'inten
dente, del ricevitore e del lavorante, dalle quali bisogna conchiudere che, mal
grado l'ignoranza dell'epoca, i conti delle grandi proprietà si tenevano con una
scrupolosa esattezza. Le istruzioni che vi si trovano sul lavoro della terra e sul
l'allevamento del bestiame, non sarebbero anche ai nostri giorni allatto inappli
cabili; e nondimeno il dotto autore valuta tanto poco il prodotto della terra, che,
egli dice, se non rende almeno il triplo delta semente, il coltivatore vi perderà
tutte le votte che il grano sarà venduto al prezzo medio.
Egli è al regno di Edoardo III che si devono attribuire i primi lampi di pro
gresso in tutte le arti che sopperiscono ai bisogni della vita. Le relazioni fra i
popoli che all'epoca delle crociate si erano incominciate a schiudere, diedero il
primo impulso all'incivilimento, e trassero l'Europa fuori dalla barbarie in cui
era rimasta sepolta per il corso di tanti secoli. L'agricoltura avrebbe senza dub
bio seguito il movimento generale, se non fossero state le sanguinose guerre
sorte tra le case rivali di York e Lancaster. Sotto un aspetto nondimeno queste
guerre non le furono sfavorevoli. La nobiltà che prese parte alla lotta si vide
costretta, per far fronte alle spese dei suoi armamenti, a commutare una gran
parte dei servigi personali dovutile dai suoi vassalli, in annui tributi in danaro.
Molti servi furono affrancati, ed acquistarono al tempo medesimo un diritto di
proprietà territoriale che prima non possedevano, ciò che per essi divenne un
motivo di dedicarsi con doppio ardore alla coltura. Qui si vendettero terre per
pagare debiti; là si divisero tra eredi collaterali, e i fondi più sminuzzati do
vettero coltivarsi un po' meglio per poter alimentare uu maggior numero di per
sone. Da un altro lato, l'aumento della popolazione, e i privilegi accordati ai
comuni, aumentarono il numero degli abitanti di città, ed i mercati che prima
non esistevano si aprirono per la consumazione dei prodotti del paese.
La prima opera esclusivamente agricola che siasi pubblicata in Inghilterra
è un piccolo trattato tradotto dal francese da Roberto Grosse-Teste, vescovo di
Lincoln. Non porta alcuna data, ma probabilmente è dell'anno 1500. Nel 1525
apparve The booke of husbandrie, ed un'opera sull'arpentuggio di sir Antonio
Fitsherbert, gran giudice della Corte dei Comuni. La prima fra queste opere è
meno un trattato teorico che un'interessante descrizione dell'industria rurale di
quell'epoca. Essa parla delle chiusure e dell'uso della marna come ingrasso, non
meno che di parecchi altri miglioramenti; ma nulla dice sull'uso della calce.
Del resto, il quadro che delinea sulla vita del coltivatore non ha cosa alcuna di
seducente. Dopo parecchie esortazioni alla prudenza ed all'economia, dice: « La
occupazione della moglie è il vagliare ogni specie di grano, far tallire l'orzo,
lavare e torcere la biancheria, preparare il fieno, tagliare il grano; in caso d'ur-
genzn, deve ancora aiutare ii marito a caricare il concime sulla carretta, con
durre l'aratro, caricare il fieno, il grano e gli altri prodotti ». Quest'autore vuole
664 EDINBURGH BBY1EW.
metter d'accanto il fitto di sei o sette anni, onde poter rinnovarlo. La sua tavola
è inoltre ben guernita di vasi di stagno, senza tener conto di quelli che servono
ai suoi usi ordinarli; egli ha tre o quattro letti di piume, con altrettante cover-
ture trapunte, una saliera d'argento, una coppa per il vino, ed una dozzina di
cucchiai ».
Perciò un grido generale innalzavàsi contro i progressi del lusso. I vecchi
deploravano sopratutto tre cose che, secondo loro, si erano mutate in peggio.
Dapprima il gran numero di camini che si erano costruiti ; poi la sostituzione
degli utensili di stagno o di argento agli utensili di legno; e infine il frequente
uso della quercia nella costruzione delle case. « Perchè, dicevano essi, all'epoca
in cui le nostre case erano fatte di vinco, noi avevamo uomini di quercia, ora
che abbiamo le case di quercia, non ci restano che uomini di vinco ».
Sembra anche secondo Tusser che l'orticoltura ai suoi tempi cominciava a
fiorire. Un libro di cucina, composto verso l'annù 1590 dal re Ricardo II, dà
istruzioni minute sulla maniera di preparare i cavoli. Del resto, i soli legumi di
cui vi si faccia menzione sono i piselli, le fave, le cipolle ed i porri. Hume ci
dice che fu alla fine del regno di Enrico Vili, che l'insalata, come i ravizzoni
e le altre radici da zuppa, si coltivarono in Inghilterra. Quel poco che prima
se ne consumava veniva dall'Olanda e dalla Fiandra, di modo che, quando la
regina Caterina desiderava un'insalata, bisognava farla venire d'olire mare. Più
tardi ancora, nel 1595, si legge nel libro delle spese domestiche della famiglia
di Clifford, al castello di Sklippton, nella contea di York: « 11 scellini pagati per
sei cavoli ed alcune radici di carote comprate a IIull », porto di mare distante
70 miglia dalla residenza dei Clifford. La somma era considerevole, e questa
spesa senza dubbio fu fatta per qualche particolare occasione. Nel principio del
secolo XVI, la patata non si serviva che sulla tavola della regina, e si pagava
2 scellini per libbra; per lungo tempo si riguardò come un frutto e si faceva
cuocere al forno in tarte con delle droghe e del vino, oppure si mangiava con
dello zucchero.
Dopo il regno di Elisabetta nulla più d'interessante si trova sull'agricoltura,
fino alla metà del secolo XVII. A quest'epoca Blythe e sir Riccardo Weston at
tirarono l'attenzione della Gran Bretagna sulla coltura del trifoglio, ed alcuni
anni dopo si cominciarono a coltivare in grande i ravizzoni.
Le guerre civili della rivoluzione impoverirono molte famiglie nobili, che si
dedicarono alla coltura delle terre. Cromwell protesse l'agricoltura, e fu sotto la
repubblica che s'intraprese il bonificamento delle maremme nelle contee di Cam
bridge e di Lincoln. D'allora in poi l'agricoltura non fu più riguardata come
un'arte puramente meccanica; e molte opere scientifiche vennero a fortificarne
lo svolgimento. Quantunque il sistema di rotazione odierno fosse allora nell'in
fanzia, si conoscevano già parecchie fra le nostre raccolte verdi. Prima che esse
fossero introdotte nel sistema di rotazione, non era possibile il pensare al mi
glioramento delle terre di qualità inferiore; ma tostochè si cominciarono a col
tivare i ravizzoni nel Norfolk, si videro migliaia d'arpenti di terra leggiera pro
durre raccolte, ciascuna delle quali rende più di quanto tutto il fondo valeva una
volta.
Restava nondimeno un gran progresso a compirsi. La prosperità dell'agri
coltura dipende sopratutto dalla vicinanza dei mercati, la quale non si potrebbe
666 EDINBURGH RETIEW.
assicurare che per mezzo di buone comunicazioni stradali. Esse erano allora cosi
difettose in Inghilterra, che le provincie marittime trovavano miglior conio a
far venire i loro grani dalla Spagna o dal Baltico, anzichè dall'interno dell'isola.
Uo atto dei Parlamento fu in verità emanato nell'anno 1665 onde stabilire un
dritto di burriera per il mantenimento delle strade; ma 60 anni dopo, erano
esse in cosi cattiva condizione, da essere divenute impraticabili nell'inverno, ad
eccezione delle principali. Nel 1703 il velocifero di York partiva tre volte la
settimana per Londra, e si impegnava a fare il viaggio in quattro giorni, Die
permettendo.
Eccoci pervenuti all'epoca di coi parlammo in principio ; e ci resta a mo
strare gl'immensi progressi che l'agricoltura inglese ha fatti a cominciare dal
1760. Noi diamo prima di tutto il prospetto dell'aumento di popolazione avve
nuto in Inghilterra e nel paese di Galles :
Anni Aiutanti
1700 5,134,516
1710 5,066,337
1 1720 5,346,351
1730 5,687,993
1740 5,829,705
1750 6,059,684
1760 6,479,750
1770 7,227,586
1780 7,814,827
1790 8,540,758
1800 9,187,176
1810 10,407,576
1820 11,957,565
1830 13,840,751
Non possiamo offrire un prospetto consimile per la Scozia, ma faremo no
tare che all'epoca dell'unione, nel 1707, la popolazione scozzese valutavasi per
1,050,000 abitanti. Nel 1755, il censimento diede 1,265,380; nel 1831,
2,565,114; il che vuol dire che in tre quarti di secolo si era quasi raddop
piata. Secondo questo calcolo, noi troviamo che la popolazione riunita dell'In
ghilterra e della Scozia era, nel 1755, di 7,525,180 anime, e nel 1831, di
16,559,318, ciò che forma un prodigioso aumento di 9,014,154 abitanti.
Nessun'altra popolazione d'Europa offre un simile accrescimento nello stesso
periodo.
Ora, noi affermiamo che il perfezionamento dell'agricoltura dal 1755 in poi
è solo bastato per nutrire ampiamente questi 9 milioni d'abitanti ; e supponendo
che essi, l'un per l'altro, consumino un valore di otto lire sterline in prodotti
agrarii, ne seguirà che i progressi fatti in agricoltura dalla metà dell'ultimo se
colo hanno accresciuto al reddito disponibile del paese l'enorme somma di 72
milioni di lire sterline per anno, cioè più che il doppio di tutto il valore delle
manifatture di cotone, e ad un dipresso il triplo dell'interesse del debito pubMfco-
Non sarà difficile il provare the la cosa è realmente cosi.
Si sa, dai conti annuali della dogana, che verso l'anno 1760, l'importaziene
CONDIZIONE ATTUALE DELL'AGRICOLTURA INGLESE. 667
del grano «operava l'esportazione per soli 400,000 quarters all'anno. Ma negli
ultimi quattro anni noi non abbiamo affatto importato grano; necessariamente
ne segue che tutti gli individui, di cui la popolazione della Gran Bretagna è cre
sciuta dal 1760 in poi, han trovato la loro sussistenza nel perfezionamento del
l'agricoltura indigena, meno i 400,000 quarters qui sopra detti, e le importa
zioni dall'Irlanda. Queste ultime ascendono oggi a circa 2,600,000 quarters di
Ogni specie di cereali, in cui l'avena entra per 1,800,000 quarters; aggiungendo
i ,100 000 quarters di grani importati, troviamo che l'Inghilterra oggi ricève
soltanto circa 3 milioni di quarters, di cui due terzi sono avena, che essa non
riceveva nel 1760. È questa dunque la sola quantità che non derivi dal perfe
zionamento dell'agricoltura nazionale; ma Siccome questi 3 milioni di quarters,
supponendo ciò che non è che sieno esclusivamente consumati dagli uomiui, non
provvedono tult'al più che alla sussistenza di 1,500,000 individui, così ve ne
sarebbero sempre 7,500,000 nutriti dall'aumento reale delle quantità prodotte
nel paese. Ma lungi dall'ammettere che i 3 milioni di quarters sieno esclusiva
mente consumati dagli uomini, noi sosteniamo all'incontro che gli uomini ne
consumano una debolissima porzione. Il solo aumento dei cavalli esige, non già
3, ma 8 o 10, milioni di quarters, o di più di quello che occorreva nel 1760.
Carlo Smith calcolava, nel 1760, che i cavalli della Gran Bretagna consuma
vano annualmente 2,461,500 quarters di avena. È inutile il notare che questa
valutazione non può in alcun modo applicarsi all'epoca nostra. Anzi secondo
ragguagli attinti presso persone molto informate di questa materia, noi possiamo
accertare che l'annuo consumo fatto dai cavalli sorpassa oggi quella cifra per
non meno che 10 milioni di quarters, in modo che, dedotte le importazioni del
l'Irlanda, ed attesa la cessazione delle esportazioni, i soli cavalli esigono ,oggidì
5 milioni di quarters di avena, o di più di quello che se ne produceva nel 1760.
I prodotti del paese, adunque, bastano, indipendentemente da questo sovrappiù
di 5 milioni per i cavalli, a nutrire una popolazione doppia, e la quale consuma
relativamente molto più di prima. Gli annali delle altre nazioni nulla offrono
che somigli ad un tal fatto.
Noi abbiamo asserito che la popolazione è meglio nutrita oggidì di quel che
fosse nei secoli antecedenti. Eccone la prova. Carlo Smith ci dice che nel 1760,
sopra i 6 milioni d'abitanti che si contenevano nell'Inghilterra, ve n'erano 888
mila i quali non mangiavano che pane di segala; oggi non ve n'ha che 50,000.
1 mangiatori di segala son tutti diventati mangiatori di frumento; e ad eccezione
della contea di Durham, ove si coltiva un miscuglio di segala e frumento, che
si chiama 3fashing, la coltura della segala è quasi ignota. Nelle provincie set
tentrionali dell'Inghilterra si consumava pochissimo frumento un secolo addietro.
Nel Cumberland le famiglie più agiate non ne mangiavano un poco che per le
feste di Natale. La crosta del pasticcio d'oca che si serviva su tutte le tavole
era di farina d'orzo. Oggi le più povere capanne sdegnerebbero un simil pasto.
Gli abitanti delle città e dei villaggi non conoscono più che il pane di frumento,
e le stesse abitazioni isolate delle campagne ne fanno il loro alimento precipuo.
La stèssa cosa è avvenuta in tutto il regno. Nella contea di Coroovaglia,
30 o 40 anni addietro, i piccoli fhtaiuoli, i lavoranti, e gl'individui impiegati
nelle miniere, non mangiavano che pane d'orzo , oggidì ne mangiano molto
meno, e vi sono dei distretti ove l'uso di esso è abbandonato del tutto. Nelle
66S EDINBURGH KIVIBW.
principali città manifattrici non solamente non si mangia che pan di fru
mento, ma anche il pane di qualità inferiore è abbandonato alle ultime classi
del popolo.
Se il cangiamento operatosi da 40 anni in qua, nella qualità degli alimenti,
è stato considerevole in Inghilterra, nondimeno non può paragonarsi a quello
che nel medesimo spazio di tempo si è manifestato in Iscozia. Dopo la guerra
di America, non si vedeva mai pane di frumento nelle fattorie, nei villaggi,
neanche nelle piccole città della Scozia. Le focaccie d'avena e d'orzo erano usate
generalmente. Oggidì è diverso. Gli abitanti delle città e dei villaggi più non
mangiano che pane di frumento, e se ne trova anche nella più parte delle fatto
rie. Nell'anno 1727, un campo di 8 arpenti che producesse frumento nei din
torni di Edimburgo si riguardava come una si grande curiosità da attirare lo
sguardo di tutto il vicinato, per modo che un gran numero di persone vennero
da luoghi lontani per vederlo. Noi non temiamo di affermare che la Scozia pro
duce oggidì il decuplo del frumento che produceva nel 1780.
Ma il mutamento avvenuto da un mezzo secolo in qua nel consumo delle
carni da macello è ancora più meraviglioso. Dal 1740 al 1750, il numero
degli abitanti di Londra ascendeva a circa 675,000; ed a quell'epoca si vende
vano annualmente nel mercato di Smithfleld 74,000 bovi e 570,000 montoni.
Nel 1831, la popolazione della capitale era di 1,472,000 anime, che consuma
vano 156,000 bovi e 1,238,000 montoni, il che forma un aumento esattamente
proporzionale riguardo al numero degli animali. Ma il peso di questi animatisi
è pia che raddoppiato nel medesimo corso di tempo. Al principio dell'ultimo
secolo, il peso medio dei bovi venduti a Smithfield non oltrepassava le 370 lib
bre, .e quello dei montoni 28 libbre, mentrechè oggigiorno il peso dei bovi
ascende a circa 800 libbre, e quello dei montoni a circa 80 libbre, l'un per l'al
tro. Dal che si può conchiudere, secondo il calcolo più moderato, che il con
sumo della carne da macello nella capitale, comparativamente alla popolazione,
è oggi doppio di ciò che era nel 1750.
Nelle provincie, e sopratutto nelle città manifattrici e mercantili, la differenza
è ancora maggiore. In Iscozia, il mutamento non è meno notabile. Nel 1763,
non si vendeva carne di bove nel mercato di Glasgovia, quantunque questa città
contasse circa 30,000 abitanti. Prima del 1775, e forse ancora ad una data
più recente, era uso in Edimburgo, in Glasgovia, ed in tutte le principali citta
della Scozia, che le famiglie comprassero nel mese di novembre una vacca od
un bove miserabile e magro, la cui carne seccata e salata formasse la sola carne
da macello da mangiarsi nel corso d'un anno intiero. Oggi Glasgovia consuma,
proporzionatamente, tanta carne quanta ne consuma Londra.
Una parte della carne che si consuma nella Gran Bretagna viene veramente
d'Irlanda, ma la quantità di essa ascende tutte al più ad un decimo dell'au
mento prodottosi dal 1760 in qua.
Da tutto ciò adunque risulta: 1° che la popolazione della Gran Bretagna si
è più che raddoppiata; 2° che la quantità dei cereali importati dall'Irlanda non
basta neanco per nutrire il numero dei cavalli che il paese contiene al di là di
quello che ne conteneva nel 1760; 3° che la popolazione oggi è meglio nutrita,
tanto per la qualità del pane, quanto per la quantità delle carni ; 4° in fine che
essendosi chiusi i porti da quattr'anni in qua, quest'immenso aumento di pop"
CONDIZIONE ATTUALI DELL'AGRICOLTURA INGLESE. 669
lazione ha dovuto necessariamente alimentarsi sull'aumenuto sopravvenuto nella
produzione dell'agricoltura inglese.
Stabiliti questi quattro punti in modo incontestabile, noi passeremo ora ad
investigare la natura e l'influenza dei miglioramenti che l'agricoltura ha otte
nuti, ed alla cui riunione si devono effetti così sorprendenti.
1° Le chiusure di terre tengono incontestabilmente il primo rango. L'e
stensione dei terreni comuni, verso la metà del secolo scorso, è inconcepibile.
Nel 1770, tre quarti della contea di Betford consistevano in terreni da pascolo
comune. Il seguente prospetto darà un'idea del mutamento operatosi su tal ri
guardo. Si osserverà che il primo atto del Parlamento, per autorizzare chiusure
di terre, fu reso sotto il regno di Carlo II.
Sotto Anna vi furono 2 atti di chiusura per 1,439 arpenti
Giorgio I 16 17,660
Giorgio n 226 318,778
Giorgio IH (sino al 1797) 1552 » 2,804,197
(dal 1798 al 1832) 2103 3,200,000
Il che vuol dire che dall'intronizzazione di Giorgio III sino al 1832, 6 mi
lioni di arpenti sono stati richiusi.
2° L'introduzione dei maggesi fra le diverse raccolte era già stato un
primo miglioramento riguardo al metodo anteriore, ma la sostituzione delle rac
colte verdi ai maggesi è stato il più grande perfezionamento che mai abbia avuto
l'agricoltura. Il suo effetto non può paragonarsi che a quello del vapore ed alla
macchina da fiiare nelle manifatture. Noi abbiamo già veduto che la coltura dei
ravizzoni era nota sin dal fine del secolo XVII ; ma non fu che sotto il regno
di Giorgio II, quando lord Townshend ed altri l'ebbero introdotta sopra una
grande scala nella contea di Norfolk, che la sua importanza divenne evidente.
Terreni sabbiosi, senza valore, si mutarono come per incantesimo in magnifici
campi di frumento e d'orzo. Il prodotto del grano si triplicò nei terreni leg
gieri, mentre ottenevasi al medesimo tempo un eccellente nutrimento verde per i
bovi e i montoni, e si procacciava l'ingrasso più prezioso.
3° Ma per quanto grande sia stato il perfezionamento dell'agricoltura
dopo il 1760, esso fu ancora vinto da quello che ebbe luogo nell'allevamento e
nell'ingrassamento del bestiame. Noi ne abbiamo già dato un'idea parlando del
progresso nel consumo delle carni ; un aumento relativo si è pure manifestato
nella produzione della lana; l'Inghilterra e il paese di Galles nel 1800 produs
sero 92,160,000 libbre di lana ; ed oggi si calcola che il medesimo numero di
montoni ne dà 111,126,000 libbre. La qualità, è vero, non è cosi bella, giac
chè sembra impossibile ottenere un vello pesante insieme e fino; ma combinando
il peso del vello con quello del corpo dell'animale, si è calcolato che nel tutto i
montoni riescono più profittevoli oggidì di quel che fossero in altri tempi. Tutte
queste osservazioni si applicano esclusivamente all'Inghilterra e paese di Galles.
In fscozia i progressi dell'agricoltura, dalla metà dell'ultimo secolo, sono stati
incomparabilmente più rapidi ancora. Noi ci contenteremo di far notare a tal
proposito che, prima della pace del 1763, l'agricoltura, in tutta la Scozia, era
in uno stato di assoluta barbarie. Non si conosceva la rotazione delle raccolte;
il maggese medesimo era ignoto ; i metodi e gli strumenti aratorii erano ugual
670 BDIKBUBGH BEVIEW.
Noi abbiamo già parlato dell'influenza delle nuove strade ed altri mezzi di
comunicazione apertisi nei trentacinque primi anni del regno di Giorgio 1Il. Ma
il mutamento è stato molto più notabile ancora in questi ultimi tempi. L'appli
cazione del vapore alla navigazione ha dato ai viaggi marittimi la rapidità e
quasi la certezza della posta. Battelli a vapore per il trasporto, tanto delle merci
pesanti, quanto dei passeggieri, percorrono tutte le coste. I mercati di Londra
e di Liverpool si trovano così avvicinati ai più lontaui luoghi di produzione. Al
tra volta i coltivatori di Scozia mandavano i loro bovi e i loro montoni magri
alle fiere di Norfolk, ove venivano comperati da allevatori, che li ingrassavano
per il consumo della capitale. Oggi il bestiame si ingrassa nelle fattorie mede
sime, e si spedisce per battello a vapore direttamente a Londra, alle volte vivo,
alle volte macellato. Uno fra i grandi vantaggi di questo metodo è il dare un
maggior prezzo in Iscozia alla raccolta dei ravizzoni che servono ad ingrassare
gli animali, e la cui coltivazione, come di sopra abbiamo detto, reagisce tanto
favorevolmente su quella dei cereali.
Malgrado tutto ciò che abbiam detto, molte persone sostengono ancora che,
se i prezzi continuassero a calare, o se anche restassero quali sono, la produ
zione del grano si diminuirebbe di molto. Ma nulla finora sembra giustificare
cotali paure. Nel 1823 e 1824, quando il cotone della Georgia si vendeva in
Liverpool da denari 6 1/4 a denari 10 1/2 la libbra, le persone più versate nel
commercio annunciarono che, essendo questi prezzi poco elevati per offrire un
vantaggio ai coltivatori, la produzione del cotone si sarebbe diminuita. Fu
anche la pubblicazione di questa teoria che diede luogo alla grande specu
lazione in cotoni fattasi nel 1825. Ora, quantunque d'allora in poi il co
tone non siasi accresciuto, pure l'esportazione dei cotoni in lana dagli Stati-
Uniti che nel 1824 fu di libbre 142,369,663, nel 1834 è salita sino a libbre
384,717,907.
Noi non intendiamo negare che esista oggidì una grande penuria tra certi pro-
prietarii sovraccarichi d'ipoteche o dominati dallo spirito delle pratiche antiche,
non meno che tra i coltivatori i cui fitti si contrassero in un'epoca nella quale
i prezzi erano più alti che oggi, ed a cui non si è accordata una diminuzione
sufficiente. Ma non è meno certo, e gli straordinarii progressi dell'agricoltura il
dimostrano, che in generale i capitali applicati alla terra non si sono diminuiti,
mentre son divenuti infinitamente più produttivi. Intanto le classi che si trovano
in penuria sono assai numerose ed assai interessanti, per ottenere tutti i soccorsi
che si possano conciliare colla giustizia e colla prosperità degli altri cittadini.
Sventuratamente tutto ciò che potrà farsi per esse si riduce a ben poco e lo sta
bilimento di associazioni, locali o generali, non riuscirà d'un grande aiuto per
loro.
La diminuzione o l'abolizione dell'imposta sull'orzo tallito, e l'abbassamento
del titolo delle monete sembrano essere i principali espedienti a cui gli agiotatori
vorrebbero rivolgersi. Non è qui necessario entrare in molte particolarità per
provare che il governo non potrebbe appigliarsi nè all'una nè all'altra di lali
misure. L'imposta sull'orzo tallito è fra tutte le imposte quella che più rende, e
che meno inconvenienti presenta. Noi sfidiamo qualunque ad indicarci un mezzo
di ottenere 5 milioni di lire sterline all'anno, con tanto poco svantaggio, non
CONDIZIONE ATTUALE DELL'AGRICOLTURA INGLESE. 675
RIFORMATORI AGRICOLI
NEL XVIII SECOLO IN INGHILTERRA.
Fra gli alti ingegni che ci hanno dotati di un sistema di agricoltura razio
nale, imitato successivamente da tutte le nazioni del continente, quattro ve ne
hanno, i cui servigii devono, se non vogliamo essere ingrati, vivere in eterno
nella memoria dei popoli inciviliti. L'Inghilterra, che è Cera di occupare il primo
posto nell'industria, saprà sempre rendere omaggio all'arte agraria che tanto
ha contribuito a farle acquistare una tale superiorità, ed allato a Walt ed
Arkwright sarà sempre gelosa di poter collocare Bakewell , Arturo Young,
Giovanni Sinclair e Coke, questi quattro grandi riformatori dell'agricoltura.
Noi ci proponiamo di analizzare i loro lavori, e consegnare religiosamente qui
gli effetti che essi generarono sulla prosperità della Gran Bretagna e di tutto
il mondo.
L'Inghilterra, come tutte le nazioni del globo, ha avuto i suoi giorni di feu
dale miseria, e lungo tempo dopo la sua agricoltura soffriva ancora gli ostacoli
naturali che le imponeva un clima ove i venti marini tanto spesso contrariano
la vegetazione. Influe le operazioni mercantili nelle sue stesse colonie esuivarii
mercati dell'Europa tendevano a spingere tutti i suoi capitali verso le manifat
ture. Così, fino al principio del secolo XVIII si dovette ricorrere alle importa
zioni per colmare il difetto della produzione indigena. Questa penuria si faceva
notare non solamente sui grani, ma anche sugli animali destinati all'alimento
dell'uomo. Infatti il paese divenuto oggi il più curioso sotto il riguardo dei ric
chi suoi pascoli, della varietà di razze nei suoi animali domestici, nel secolo XVII
era ridotto ad uccidere gli animali in autunno e salare la carne che doveva ser
vire per il consumo dell'inverno. La miseria poi spingeva al furto, la gente as
saliva i castelli, svaligiava i cimiteri: malesuada fames. Tutt'insieme apparve un
uomo dotato d'alto ingegno e d'un'attività e perseveranza che dovevano vincere
tutti gli ostacoli, e rimediare a tutti i mali. Semplice fitiamolo della parroccbiadi
Dishley, nella contea di Leicester, Bakewell prese a mutare da capo a fondo la
razza degli animali domestici sparsa sul suolo della Gran Bretagna. Non aspirò
solamente ad una modificazione, volle una compiuta riforma; volle operare io
qualità e quantità, ed ecco il come. Formare una razza che potesse rimborsare
largamente le spese del suo mantenimento, ecco il primo articolo del programma
RIFORMATORI AGRICOLI. 675
adottato da Bakewell per tutti gli animali domestici. Riguardando la riforma
dal punto di vista della razza bovina, egli volle che i bori colla medesima quan
tità di alimento potessero dare, comparativamente agli altri, una maggior quan
tità di carne, nella quale la quantità dei pezzi scelti fosse proporzionatamente
maggiore che le parti basse o dette di rifiuto. Bakewell piantò dapprima il prin
cipio che, negli animali da ingrassarsi, le parli di cui bisognava innanzi tutto
occuparsi erano quelle che l'esperienza ha insegnato a considerarsi come sede
della carne migliore, cioè tutto ciò che costituisce i quarti superiori della parte
di dietro. Quanto alle parti inferiori del corpo dichiarò che non si potrebbe ca
varne la carne se non a detrimento delle altre; che in una parola bisognava
mettere l'animale a condizione da non essere disposto ad ingrassarsi su queste
parti. Bakewell ripeteva sovente ai suoi vicini che egli era oramai risoluto a non
più far produrre dal suo fieno, dai suoi ravizzoni altro che buoni pezzi scelti ;
che tutti i suoi sforzi tendevano a diminuire ia proporzione delle ossa delle al
tre parti, come la testa, la pancia, i piedi; e che tutto ciò si sarebbe ottenuto
senza detrimento della costituzione dell'animale»
Si comprende come tutti si mostrassero increduli all'annuncio di un tal pro
gramma. L'ardente riformatore non si lasciò spaventare dalle sinistre predizioni
degli uni , dalla critica appassionata degli altri , ma continuò ostinatamente
l'opera sua, il cui buon successo era da lungo tempo proparato per mezzo di
giudiziose combinazioni.
Altri prima di lui avevano laboriosamente ceroato di ottenere la bellezza della
forma; egli si occupò più specialmente dell'utilità della forma. Osservando con
molta attenzione il modo in cui si comportavano gli animali nel loro ingrasso ,
Bakewell si avvide ben tosto d'un errore generalmente accreditato fra i coltiva
tori, quello di supporre che i bovi di gran taglia sieno i più atti ad ingrassarsi.
A distruggere l'importanza di quest'asserzione, il linaiuolo di Dishley si diede a
fare esperienze comparative, e non tardò ad acquistare la prova che eravi sem
pre una perdita per il coltivatore nel sottoporre all'ingrasso gli animali di grande
ossatura; che occorreva molto alimento per coprire queste grandi ossa; e che
definitivamente i beccai non si lasciavano punto ingannare dal volume dell'ani
male, non ricercavano le ossature, ma la carne. Partendo da questi principii ,
Bakewell si diede dunque a produrre una razza che fosse in armonia coi bisogni
di questa frazione dell'economia rurale, una razza acconcia allo scopo che gl'in
grassatori si propongono di conseguire, animali la cui pelle fosse docile, fina,
elastica, la cui testa e le cui parti ossee fossero notabilmente piccole , il corpo
leggermente cilindrico, l'intervallo che separa le anche largamente sviluppato ,
il petto vasto, essendo là il giuoco dei polmoni, e le gambe corte. Per risolvere
un tal problema, il fitiamolo di Dishley adoperò un sistema direttamente con
trario a quello dei principali allevatori. Questo sistema, che al suo primo appa
rire fu il soggetto di vivi attacchi , e che più tardi ebbe la sorte di mutare in
fervidi proseliti i suoi antichi detrattori, consisteva nel perfezionare le razze per
mezzo degli individui della medesima famiglia , breeding in and ind. Cosi il
padre e la figlia, la madre ed il figlio, il fratello e la sorella furono adoperati a
migliorare la loro medesima razza. I risultati ottenuti da Bakewell fornirono ben
tosto la prova più evidente del principio di non doversi temere la degenerazio
ne delle specie , adoperando all'accoppiamento animali d'un' origine comune.
676 olABTERLY JOURN. OF AGRIC.
Bakewell avendo vinto tutte le difiìroltà, avendo in certo modo, come dicevano
i suoi vicini, trovato il segreto di modellare il bove secondo i suoi capricci,
volle esaminare un'altra questione che sembrava più difficile a risolversi. Egli
aveva riconosciuto l'inutilità delle corna, e le considerava come un grande in
conveniente nei paesi in cui i bovi non si fan travagliare. Oltre al danno che
esse portano agli alberi giovani, le corna sono spesso una causa di gravi acci
denti: formano l'arma di cui gli animali si servono nelle loro lotte, producono
ferite pericolosissime, e provocano frequenti aborti. Volle dunque che gli animali
della razza che egli aveva creata fossero esenti di corna. Prima di lui Webster
del Warwickshire nella contea di Nottingham , Carlo Sedley, e prima ancora
parecchi illuminati coltivatori della contea di York avevano tentati grandi sforzi
per ottenerne la naturale soppressione. Ma era riservato al fittaiuolo di Dishley
il risolvere questo ardito problema. Vantate ora, se cosi vi piace, i Michelangeli
e gli altri facitori di statue, tutti questi artisti che modellano il bronzo e la pie
tra. Non è forse anch'egli un grande statuario , un grande artista questo Bake
well che scolpisce la vita, che prende i bovi come tanti blocchi di marmo, che
non crea come gli altri ad immagine di Dio, ma fa ancora di più, riforma l'o
pera di Dio, che non maneggia com'essi la materia morta , inerte, senza rea
zione nè resistenza, ma marmi animati che bisogna tagliare nel vivo, che si
devono modellare fino nel sangue , nei nervi , nel moto e nella volontà?
Bakevell conosceva in certo modo a prima vista se un bove o una vacca po
tesse convenire all'ingrassamento. Passava la sua mano sul corpo dell'animale,
ed allora sapeva in modo molto approssimativo in qual proporzione vi si sareb
bero trovati i pezzi scelti. Così quest'arte che prima di lui tante persone avevano
creduto di non potersi acquistare se non a costo di una lunga pratica e molti
errori, Bakewell l'aveva ridotta a principio.
Il suo ingegno si esercitò simultaneamente sulla razza bovina , ovina, ca
vallina, ed anche porcina, tanto aveva a cuore di passare in rivista tutte le razze
d'animali domestici.
Egli è soprattutto coi suoi montoni di Dishley, oggidì cosi ricercati in tutte
le parti del mondo, che questo onorevole cittadino schiuse al suo paese una ine
sauribile sorgente di ricchezze. Le difficoltà che aveva dovuto superare per la
sua ra/za bovina nulla erano a fronte di quelle che doveva incontrare nella ri
forma delle bestie a lana. Far procedere insieme il miglioramento della lana
collo svolgimento delle parli scelte sotto il riguardo della carne : ottenere tutti
questi vantaggi in condizioni tali che gli animali potessero a buon diritto pas
sare per una razza facile ad acclimatarsi, possibile a trasportarsi non solamente
nelle varie provincie della Gran Bretagna, ma anche in altri paesi e sotto lati
tudini differenti : ecco ciò che sembrava ineseguibile alla limitata potenza d'un
uomo. Inl'ai ti, quanta intelligenza, quanti sacriflcii, qual disinteresse, e diciamolo
pure, qual coraggio non era d'uopo a Bakewell per riuscirvi ! La pratica è cieca
ed inesorabile dapertulto, in agricoltura più ancora che in politica. Che non
ebbe egli a soffrire, esposto sempre ai dardi della gelosia e dell'odio , accusato
ora d'egoismo, ora perseguitato dalle minaccie come uomo che ricorreva a mezzi
barbari ! Infatti era una barbarie agli occhi della moltitudine ignorante la pre
cauzione che il fittaiuolo di Dishley usava di far subire certe mutilazioni a quegli
arieti o a quelle pecore che doveva riformare. Quella gente non comprendeva
RIFORMATORI AGRICOLI. 677
che eravi necessità d'impedire ai coltivatori ignoranti che si servissero dei tipi
riproduttori non ben forniti di tutte le condizioni richieste; necessità di distrug
gere tutto ciò che era imperfetto, necessità di demolire onde poter riedificare su
buone basi. Che sarebbe infatti giovato il compire la riforma fra tanti sacrificii,
noie, e dispiaceri inseparabili da una tale impresa, se poi in altri punti del paese
le razze difettose si fossero moltiplicate, se allato al bene si fosse continuato a
rifare il male?
Quando attentamente si studia la razza dei montoni Dishley, è facile il con
vincersi che essa risulta dall'accoppiamento degli individui meglio conformati ,
presi nelle diverse razze a lunga lana. Bakewell profittava dei fortunati accidenti
che derivavano da queste varietà; li associava insieme, scegliendo sempre con
molto discernimento gl'individui dotati di qualità superiori. Cosi non si saprebbe
se in lui si dovesse ammirare più il suo talento o la sua pazienza. Ma l'uno e
l'altro, si dice, non fanno che una sola cosa. La creazione delle sue belle razze
di animali a lana è opera sua, ed è quella di cui egli era più orgoglioso. Nei
perfezionamenti arrecati agli animali a corna era stato già preceduto. Altri pre
tendono che al suo tempo medesimo ebbe dei rivali; ma quanto alle pecore,
egli non ebbe modello nè emulo, neanche fra i suoi numerosi imitatori.
La bella razza Dishley presenta i caratteri che seguono:
Testa allungata, piccola, e senza corna ;
Orecchie molto lunghe, rivolte indietro, mentre il naso sporge in avanti;
Collo fino;
Petto ampio, spalle, coste, schiena molto piene;
Reni larghe;
Anche forti verso la parte superiore della coscia, ma leggiere al basso;
Gambe piuttosto corte che lunghe;
Carcassa dapertutto leggiera.
Quando il corpo è in buona condizione di grasso, la larghezza e la lunghezza
presentano a un dipresso le medesime dimensioni.
La lana è più corta che le lunghe lane ordinarie , ma molto più lunga che
la lana media. Quanto a finezza e peso, si trovano spesso grandissime differenze
in una partita di velli.
Gl'individui della razza Dishley sono gradevolissimi alla vista, la bontà è
pure bellezza.
Bakewell seguiva pei suoi montoni i medesimi principii che per i bovi, cioè
portava il grasso nelle migliori parti del corpo; e i beccai osservavano che,
quantunque vi si trovasse frequentemente sotto forma di un fitto gomitolo, pure
mai non mancava di comunicare un gusto squisito alla massa della carne.
Dopo molti anni di sforzi e di sacrificii superiori alla sua condizione, Bake
well aveva ottenuto risultati che la moltitudine ignorante poteva ancora sprez
zare, ma che avevano attirato l'attenzione degli uomini illuminati. Già sui mer
cati non s'indicavano più certe specie d'animali che col nome di razza Dishley.
Allora il riformatore potè considerare come quasi sciolto il suo problema : le
guide erano collocate sul sentiero , bastava seguirlo per giungere alla meta.
Senza dubbio eravi un gran cammino da fare; spesso gli mancavano le forze;
tre volte, diciamolo ad onore della Gran Bretagna, il Parlamento venne in suo
soccorso. Alla fine, dopo un quarto di secolo , tutte le difficoltà si trovarono
678 i.UJARTERtY JOtRN. OF AGRIC.
appianate ; e l'Inghilterra, già da lungo tempo regina delle nazióni per la sua
industria manifattrice , conquistava pure il primo rango per la sua economia
rurale.
Bakewell comprese che nell'interesse del pubblico bisogno doveva dare una
certa pubblicità ai suoi buoni successi, epperciò ricorse alle pubbliche espusi-
sioni. Là gli si proponeva la vendita dei suoi tipi riproduttori; egli ricusavasi
sempre per timore di vederli deteriorare in mani inabili, ed offeriva di affiltarli.
Queste esposizioni attiravano un numeroso concorso di visitatori da tutte le vi
cine contee. A misura ch'egli progrediva, vedeva accrescersi il numero dei «suoi
ammiratori, e proporzionatamente ingigantirsi il fitto de' suoi animali. Così, nel
1760, i suoi arieti si affittavano da 18 a 20 scellini per ogni stagione di monta;
nel 1770 si aflittavano 5 lire (125 fr.), e nel 1780 erano già arrivati al prezzo
enorme di 25 lire. Questa alta cifra, che ebbe a sorprendere i primi increduli,
nulla era comparativamente al prezzo che i medesimi arieti dovevano conseguire
alcuni anni dopo. Dal 1780 al 1790 essi rapidamente salirono da 25 lire a 100.
Nel 1786 Bakewell uflitiò un ariete a due allevatori per la somma di 200 lire,
con riserva del terzo del prodolto. Nel 1789 ne afflilo tre, che erano fratelli,
per 1,200 lire. Si comprende che questa specie d'incanto, di cui egli servi vasi per
convenire gli affliti, non si offeriva che da coloro i quali aspirassero a divenire
rivali dell'illustre coltivatore: era il più bell'omaggio che si potesse rendere al
suo talento.
Nel 1789 fu stabilita nella contea di Leicester la società dell'Ariete, istituita
per il miglioramento degli animali a lana. Nella prima riunione, i socii ad una
nimità decisero di offerire a M.r Bakewell una rendita vitalizia di 2,000 ghinee,
a condizione ch'egli cedesse alla società i suoi cinque arieti migliori. Bakewell
ricusò; e nel 1791 affittò tre di questi medesimi arieti per un anno al prezzo
enorme di 3,000 ghinee.
Questi animali, collocati convenientemente in vetture, si trasportavano qual
che volta alla distanza di 200 o 300 miglia. Bakewell si era pure occupato a
sviluppare la fecondità delle sue pecore: si ottiene spesso dalle madri Dishley
un doppio parto.
Tutte le razze di animali domestici che Bakewell aveva formate furono og
getto della pubblica ammirazione. Tra i suoi tori, che riunivano tante grandi
qualità, non si è più dimenticato il suo tropenny, il quale non montava mai se
non mediante il prezzo di 10 lire. Tra i suoi cavalli ve n'erano molti, di cui si
ammirane ancora i discendenti nelle diverse contee della Gran Bretagna Alcuni
abitanti di Dishley si rammentano di aver veduto nella loro gioventù il famoso
Jala, morto nel 1787, all'età di più che trent'anni , il quale negli ultimi anni
della sua vita faceva ancora il servigio della monta; e quantunque non fosse che
un grosso cavallo da tiro, pure la monta si faceva pagare 25 ghinee. Egli è al
l'ingegno attivo di Bakewell che noi dobbiamo quella bella razza di grossi cavalli
che fanno il servigio del trasporto in Londra.
Bakewell, che era nato nel 1725, morì nel 1795. Fortunato il paese che pos
sieda nel suo seno uomini capaci di simili lavori; gloria ed onore ai governi che
sanno degnamente apprezzarli !
Alla medesima epoca apparvero in Inghilterra gli scritti del famoso Arturo
Young. Questo nome ha fatto tanto rumore in tutto il mondo, che noi potremmo
RIFORMATORI AGRICOLI. 679
qui astenerci dal tributargli un elogio. Che dire infatti dell'uomo straordinario,
il quale, "nel corso di mezzo secolo, ebbe il privilegio di attirare l'attenzione di
tutto 11 continente europeo, e la cui fama è penetrata fino nelle solitudini del
l'America; l'uomo che fu consultato da Washington non solamente sull'agricol
tura, ma ancora su tutto ciò che collegavasi all'economia sociale? Per apprezzare
degnamente i lavori di Arturo Young basta senza dubbio gettare uno sguardo
sulla via che noi abbiamo percorsa in fatto di miglioramenti rurali , esaminare
lo stato dell'agricoltura inglese nel secolo XVH e fino alla metà del XVIlI , e
verificare i progressi compiutisi da quell'epoca fino ad oggi. In tutto il corso di
quest'esame comparativo noi troveremo Arturo Young a fianco di Bakewell, l'uno
sforzandosi a migliorare le razze, a moltiplicare gii animali necessarii alla sus
sistenza dell'uomo, l'altro dissodando vaste lande, spingendo nella via progres
siva intiere contee che prima di lui giacevano sotto il giogo della cieca pratica.
Pure non è qui che il nostro ufficio deve arrestarsi; è Indispensabile che noi faces
simo conoscere i mezzi ingegnosi adoperati da Arturo Young per ispargere i suoi
scritti; l'instancabile perseveranza con cai seppe compire l'importante riforma che
niuno prima di lui aveva osato affrontare; le precauzioni prese perchè dopo di
lui i suoi successori potessero continuare l'opera incominciata, arrecando i loro
materiali a quest'ampio monumento, di cui la Gran Bretagna continua ancora
ogui giorno I edificio. Come tutte le organizzazioni che nascono con una spe
ciale attitudine , Arturo Young si sentiva istintivamente attirato verso lo stu
dio della scienza agricola; e quantunque il suo gusto non si fosse sviluppato
per mezzo dell'educazione impostale dall'autorità paterna, pure divenne per lui
la bussola che doveva guidarlo in tutta la vita. Questa innata tendenza gli fece
abbandonare la casa di commercio in cui i suoi parenti l'avevano collocato al
l'uscire di collegio. Così noi lo vediamo all'età di 20 anni abbandonare una po
sizione che sembrava offerirgli buone probabilità di avvenire, onde correre die
tro la ventura od esposto ai pericoli d'una professione ignota e piena di delu
sioni. Ma nulla ormai poteva arrestarlo, nè i consigli della sua famiglia e dei
suoi amici, ne i cattivi effetti della sua mancanza di esperienza. Nuovo profeta,
va a prender l'incarico di rischiarare la via a suo rischio e pericolo. Nel 1760
si mise all'opera, prima a Bradfield-Combust , presso Bury nel Sufl'olk, sulle
terre dipendenti dall'eredità di suo padre; e pochi anni bastarono per inghiottire
le anticipazioni fatte dalla sua famiglia. Si ritiro allora nella contea di Esstx a
Sampfordhall. Un nuovo ostacolo sopravvenne e lo costrinse ancora a ritirarsi.
Ma queste due prove infelici non poterono scuotere il suo convincimento. Persi-
stette sempre nel suo progetto, soltanto comprese allora, che per render possi
bile una riforma bisognava che il riformatore facesse egli medesimo l'applica
zione delle sue dottrine, e ne dimostrasse praticamente i vantaggi ; che in una
parola opponesse alle ripugnanze splendidi successi, all'incredulità numerosi ri
sultati. Ma da un altro lato Arturo Young non si dissimulò che per conseguire
un tal fine bisognava studiare profondamente la scienza agricola , considerarla
sotto tutti gli aspetti, conoscere a fondo tutto ciò che costituisce l'arte e il me
stiere. Con tale intento intraprese a proprie spese viaggi non solo nelle varie
parti dell'Inghilterra, ma anche nei più curiosi paesi del continente. La Francia,
l'Italia, la Spagna furono successivamente l'oggetto delle sue ricerche, t ricchi
materiali raccolti in queste esplorazioni agronomiche formano la più bella col
680 QUARTERIA JOURN. 01 AGRIC
lezione che si abbia in tal genere. In nessun paese, e presso nessun popolo si è
innalzato un più bel monumento alla scienza agricola.
Il primo viaggio nel sud dell'Inghilterra fu pubblicato nel 1769 da Arturo
Young, che aveva già dato ai pubblico le Lettere di un coltivatore. L'accoglienza
fatta a questa relazione incoraggiò il giovane esploratore. Cominciò a viaggiare
nel nord. Le sue escursioni avevano un doppio scopo: erano intraprese nell'in
teresse dell'agricoltura onde rivelare i progressi fattisi in certe contee, ed i più
tendevano a conseguire l'intento che l'autore ambiva da lungo tempo, quello di
poter prendere in fitto uu podere a suo conto. Tre infelici tentativi l'avevano
già renduto circospetto. È forse a quest'ultima circostanza che si deve attribuire
la sua diligenza nel cercare i fatti, la finezza delle sue osservazioni intorno a
tutto ciò che direttamente o indirettamente si colleghi coll'economia rurale , in
una parola, quel valore teorico e pratico insieme che distingue l'opera intitolata:
Guida del fittaiuolo nelt'arte di affittare e montare una fattoria. Fu alh fine
di quel viaggio che Arturo Young abbandonò il podere che egli coltivava nella
contea di Hertforth, e sulla quale aveva fatto per nove anni continui una serie
di esperienze agricole delle quali pubblicò i risultati. Questa massa imponente di
fatti è considerata da parecchi contemporanei del celebre agronomo come la più
potente leva che egli abbia potuto impiegare onde compire la sua riforma. In
fatti, dove mai trovare un più compiuto trattato di pratica agricoltura, più ac
concio ai bisogni della nazione? Pubblicando la relazione delle sue escursioni e
dei suoi viaggi, egli non era che semplice osservatore e storico. Fin là limitavasi
ad indicare il male; da ora in poi proponevasi di rivelare il rimedio, ed il suo
ufficio di riformatore stava per cominciare. Colla pubblicazione della sua opera,
portante il titolo di Esperienze agrarie, Arturo Young scoprì al mondo il se
greto dei suoi saggi. Ognuno potè esaminare non solamente gli effetti, ma anche
i mezzi coi quali si erano ottenuti. Fu la confidenza più intiera che mai siasi
fatta. Vi si vede principalmente quell'amore della verità che si mostra sempre
negli scritti di quel grand'uomo. Le sue esperienze son da lui presentate tali
quali sono dal buono e dal cattivo lato insieme. Avrebbe senza dubbio potuto
scegliere il buono onde far credere all'infallibilità delle sue previsioni, ma nel
l'interesse del bene pubblico egli seppe evitare questo scoglio della vanità. Ren
diamo omaggio alla sua modestia e franchezza, come al suo ingegno. Arturo
Young aveva fatto allora il suo Viaggio in Irlanda (la cui pubblicazione fece
rumore in tutta la Gran Bretagna), quando passò sul continente ad esplorare la
Francia, la Spagna e l'Italia. Là, come nella sua patria, egli esaminava senza
prevenzione, convinto, come spesso diceva, non esistere un popolo il quale sia
talmente indietro ai progressi del suo secolo , da non potervisi trovare qualche
buon metodo da seguirsi, o per lo meno qualche errore da indicarsi per evitarlo.
I viaggi di Arturo Young non furono terminati che nel 1789. Ebbero un im
menso successo non solamente in Inghilterra , ma anche in tutte le parti del
mondo. Tradotti in molte lingue straniere, e sempre per ordine dei varii governi,
ebbero il risultato di rivolgere la pubblica attenzione sopra un soggetto che mai
non l'aveva sin allora occupata se non secondariamente. Da quell'epoca in poi
l'agricoltura cominciò ad attirare verso di sè gli uomini intelligenti e ricchi: in
Inghilterra principalmente, i grandi proprietarii si occuparono con zelo all'am
ministrazione delle loro terre ; gli uni ne affidarono la coltivazione ad abili flt-
RIFORMATORI AGRICOLI. 681
taiuoli, gli altri ricorsero ad agenti proprii. I concorsi, le feste agrarie, eccita
rono l'emulazione dei meccanici e dei coltivatori. Ben presto una compiuta ri
voluzione si operò nella costruzione degli arnesi aratorii. Andrea Mekle aveva
dato l'esempio ; fu ben tosto seguito dal duca di Grafton, Arbuthnot e Ducket,
meccanico ingegnoso e coltivatore abile insieme, soprannominato giustamente
il principe dei fittaiuoli. Si moltiplicarono le società agrarie che offrirono premii,
ricompense, menzioni onorevoli. Il comitato dell'agricoltura e delle arti in Lon
dra non volle rimanere estraneo a tale progresso; si affrettò a sottoporre i nuovi
strumenti a delle sperienze dinamiche: comprese, per esempio, tutto il vantag
gio che vi sarebbe stato a verificare in modo rigorosamente matematico la forza
di tiro che i diversi aratri esigevano. In questo scopo eccitò lo zelo dei macchi
nisti. Samuele More, segretario della società, ebbe l'onore dell'invenzione. La
sua macchina, semplice insieme ed ingegnosa, consiste in una molla collocata
entro un cilindro a quadrante piatto, sul quale si trova l'ago che segna il tiro.
Il movimento agricolo diventò universale.
Arturo Young ritirato a Bradfield, di cui aveva ripreso il possesso dopo la
morte di sua madre , contemplava questo movimento a cui poteva vantarsi di
aver dato la spinta , e malgrado tutte le fatiche sostenute per il corso d'un
quarto di secolo, il suo zelo non si rallentava. Egli sapeva che restavagli ancora
qualche cosa da fare per il benessere del suo paese. È allora che concepì il di
segno della sua bell'opera portante il titolo di Annali d'agricoltura. Questa rac
colta, nella quale si dovevano riunire i fatti più curiosi attinti alla coltivazione
delle varie contee inglesi, fu accolta alla sua prima apparizione col più vivo en
tusiasmo. Egli ebbe il privilegio di contare fra i suoi collaboratori gli agronomi
più distinti, signori o semplici fittaiuoli. Arturo Young seppe spargere su tutta
quest'opera un interesse, una varietà , di cui la materia non sembrava capace.
Per far l'analisi degli Annali di agricoltura occorrerebbe scrivere parecchi vo
lumi. Essi abbracciano un corso d'economia rurale, un dotto trattato di medi
cina veterinaria, numerose considerazioni sulla legislazione dei grani ,. sull'in
fluenza di questa legistazione, e sull'influenza delle imposte nei destini dell'agri
coltura. Vi si trovano tutti gli elementi necessarii per formare un compiuto
trattato di economia politica, infinitamente più prezioso che gli altri. Giacchè,
qui almeno, le asserzioni prendono la loro sorgente nell'osservazione dei fatti
ridotti a calcolo matematico, laddove gli altri autori sono soventi partiti da giu-
dizii congetturali, e qualche volta da ipotesi puramente fitosofiche. Per dare una
prova della scrupolosa attenzione di Arturo Young, della cura che egli metteva
a non mai asserire cosa , la cui esattezza si potesse contestare, ci basterà di
scegliere un sol fatto tra mille. Nel suo viaggio in Irlanda diffidando alquanto
dei ragguagli che gli si erano forniti intorno alle manifatture, scrisse a parec
chi suoi amici in Dublino, e non avendone ricevuto risposte abbastanza precise,
prese il partito di rifare il viaggio prima di pubblicare la menoma cosa.
Egli è a questa scrupolosa attenzione, a questa meticolosa osservazione dei
fatti, che il celebre Arturo Young deve in gran parte l'influenza da lui esercitata
sui suoi contemporanei, e cui si deve attribuire l'immenso credito che dapertutto
godono le sue opere.
Passiamo ora a verificare in che modo egli abbia come pratico partecipato
alla riforma agricola del secolo XYI1I.
682 QUARTEBLY JOURtf. OP AGRIC.
Totale . . 29,408,000
A quell'epoca l'agricoltura della Scozia e dell'Irlanda offriva poco nutri
mento agli animali, il cui numero era quasi nullo.
Esaminiamo ora la posizione attuale delle tre parli del Regno Unito, secondo
le ultime statistiche :
Bovi 7,500,000
Vitelli 3,997,000
Montoni 41,500,000
Agnelli 8,800,000
Maiali 5,600,000
Totale . . 57,397,000
E per calcolare in modo più esatto l'influenza esercitata da Bakewell, Arturo
Young e i loro collaboratori, stabiliamo la proporzione per la quale la Scozia e
l'Irlanda entrano in questa cifra di 57,597,000.
Bovi .... 1,050,050 f 2,500,000
Vitelli . . . 524,000 1,250,000
Scozia ■' Montoni . . 3,850,000 Irlanda ) 1,200,000
Agnelli . . 1,200,000 5,000,000
Maiali . . . 1,500,000 3,000,000
1710 1801
Bovi . . . 370 libbre 800 libbre
Vitelli . . . 50 » 140 »
Montoni . . 28 « 113 »
Agnelli . . 18 » 35 «
Porci . . . 60 » 84 »
Se ora vogliamo stabilire un paragone tra i servigii renduti alla prosperità
della Gran Bretagna dalle scoverte di Watt e da quelle di Bakewell, saremo con
dotti a conchiudere che se l'uno insegnò all'industria inglese il modo di trarre
un maggior partito dalle materie prime, l'altro le diede queste materie in mag
gior quantità. Noi troveremo la prova di questa innegabile asserzione parago
nando ciò che è attualmente la produzione della lana in tutto il regno con ciò
che era verso la metà del secolo XVIII. Nel 1740 ascendeva appena a 500
lire. L'ultima statistica la porta a lire 6,400,000. Inoltre l'influenza della ri
forma agricola non si è concentrata sulla produzione della lana, ma si è estesa
a tutto ciò che entra nella sfera dell'economia rurale. Il reddito della na
zione nel 1770 si calcolava per 100 milioni di lire sterline. Oggi si porla
a 400,000,000 ; e in questa cifra l'agricoltura entra per non meno che tre
quinti.
Se dalle considerazioni materiali passiamo alle morali, noi troveremo Bake
well, Young, Sinclair e Coke fra gli uomini che più potentemente han contri
buito ai progressi della civiltà. Tutto, noi lo ripetiamo, si collega , tutto è soli
dario nell'ordine morale e nel fisico. Un miglioramento ne genera un altro. Cosi,
esaminando le statistiche giudiziarie, noi troviamo che nelle parti meglio colti
vate l'assassinio è tre volte meno comune che nelle altre, proporzionatamente
alla popolazione; le violazioni di proprietà sono meno frequenti,- i delitli ver
gognosi vi sono quasi ignoti. Son questi tanti effetti che non si possono calco
lare in danaro, e che nondimeno sono i più preziosi presso ogni popolo incivi
lito. L'equità dunque c'imponeva il dovere di darne l'onore ed il merito a coloro
che più contribuirono a dotarne il paese. Si è dedicato molto inchiostro a cele
brare glorie clamorose e funeste, alla memoria, per esempio, di poeti e guerrieri;
non farà meraviglia che se ne riserbi un poco pei nomi di quei modesti e più
utili riformatori, che hanno logorato la loro esistenza e i luco talenti non già a
divertire nè a distruggere gli uomini, ma ad arricchirli e vivificarli.
687
PROGRESSI
DELLA SCIENZA AGRICOLA.
(EDINBURGH REVIEW).
Se egli è già molto difficile per l'agricoltura inglese il fornire alla popola
zione attuale dell'isola un nutrimento sufficientemente copioso, non è egli per
messo di domandare come mai essa l'otterrà da qui a sessantanni, ad un'epoca
in cui, secondo le leggi del suo aumento normale, questa popolazione si troverà
raddoppiata?
Prima che i fanciulli della generazione attuale sieno dei vecchi, la Gran
Bretagna conterà 40 milioni d'abitanti. Come mai nutrire 40 milioni d'uomini
col prodotto del medesimo suolo che basta appena per 20? Questo suolo può
veramente raddoppiare le sue raccolte? Se lo può, come molti lo credono, quali
sono i mezzi per favorire ed accelerare questo aumento di forza produttiva? In
altri paesi, l'aumento della popolazione si può prevedere senza eccitare tante
preoccupazioni. Noi non parliamo qui della Norvegia, della Svezia, della Russia,
della Polonia e d'altri Stati dell'Europa settentrionale, ove immense estensioni
di terreni languiscono improduttive aspettando le braccia che devono coltivarle.
Parliamo di quelle contrade meridionali ove i bisogni delle popolazioni toccano
già il limite delle forze produttive del suolo, e diciamo che la loro posizione
medesima le protegge contro i pericoli da cui è minacciata la Gran Bretagna.
Infatti ciò che sopravanza a una di queste contrade può facilmente spandersi
sui territori vicini e flssarvisi. Così gli operai germanici, abituati di buon'ora
ad una vita peripatetica, piantano i loro focolari ed i loro opificii colla mede
sima ind illerenza sulle rive del Reno o su quelle della Vistola e del Danubio.
Cosi ancora nelle provincie francesi, i cui abitanti vanno all'altra sponda del
Reno o passan le Alpi. Le barriere doganali, i cordoni sanitari, i regolamenti di
polizia internazionale, non potrebbero arrestare l'espansione naturale d'un intero
popolo.
Ma non è così in Inghilterra. Questa posizione insulare, che costituisce la
nostra forza contro le invasioni straniere, che assicura la nostra libertà e man
tiene la nostra grandezza, ha nondimeno l'effetto d'imprigionare i nostri concitta
dini entro una sfera relativamente stretta. Il povero presso noi non può prendere
il suo bastone, e partire in cerca d'una nuova patria. Vuoisi ben altro che la
speranza per traversare i mori, e l'infelice montanaro potrà ben mendicare il
688 EDINBIRGU REVIEW
pane della sua famiglia e le spese del suo viaggio da Solm-O' Groats Tino al
capo Lizard, ma gli sarebbe ben difficile andare più in là. Gli occorrerà dunque
il danaro per emigrare; non v'ha egli a temere che, anche nel caso in cui abbia
riunito un piccolo capitale, il suo ardore di emigrazione si raffreddi al solo pen
siero che, se la terra dove va a portare le sue braccia e la sua famiglia, gli
sarà inospitale, se egli non trovi nè lavoro nè simpatia, non potrà più tornare
nella sua patria, se non a costo di sacriflcii divenuti impossibili?
Qualunque sieno i mezzi offerti alle società sovraccariche di popolazione, da
un sistema qualunque di emigrazioni individuali o nazionali, egli è chiaro che
questi mezzi non potrebbero arrestare e sovratutto sradicare il male; che la cifra
della popolazione crescerà di continuo; che soltanto una debole parte di questo
aumento potrà versarsi al di fuori, e che ogni anno il suolo dovrà raddoppiare
di fecondità per poter nutrire un numero di abitanti divenuto ogni anno mag
giore. Non occorre già dire che noi non mettiamo fra le istituzioni sociali quelle
tremende calamità, per mezzo di cui la Providenza interviene nelle cose di questo
mondo, e così livella sopra mucchi di cadaveri la cifra dei viveri con quella
delle popolazioni.
Ciò posto, è naturale il richiedere che cosa si sia fatto, e che cosa si possa
fare nello scopo di accrescere la ricchezza territoriale del nostro paese. Noi
procureremo di rispondere a queste due domande, che abbracciano il passato
insieme e l'avvenire della nostra agricoltura. I primi passi nel perfezionamento
dei metodi dell'agricoltura sono stati per cosi dire l'effetto naturale delle cose.
Erano indicati e dalla natura del suolo e dalla densità della popolazione. Nell'inizio
d'ogni società, gli abitanti sono poco numerosi, e sono sparsi sopra immensi
territori in cui si sieno da secoli accumulati tutti i tesori della vegetazione. Le
raccolte erano facili e copiose sopra un suolo vergine ancora, e si comprende
che pochi sforzi dell'uomo vi occorrevano; quindi gli strumenti di coltivazione
vi sì trovavano imperfetti, il bestiame scarsissimo, e gl'ingrassi quasi del tulio
negletti. Egli è nei luoghi in cui il terreno è leggiero e facile al rivolgersi, ebe
si comincia a strappare le piante selvagge ed a solcare il terreno. È là sola
mente che vi germina il grano ; là si fanno raccolte sopra raccolte, fino a che il
prodotto discende a 3 o 4 per uno; poi quando si giudica che il suolo sia
abbastanza esaurito, si passa a dissodare altri terreni, che colla medesima per
severanza saranno stancati. Tale fu il sistema adottato dagli antichi Stati
dell'Unione americana, tale è ancora quello che ai nostri giorni si segue nelle
pianure della Russia e della Polonia. È quasi inutile il dire che in quest'epoca
delle cognizioni agronomiche, i concimi sono o totalmente trascurati, o consi
derati come immondezze nocevoli da spazzarsi e gettar via. Sulle sponde del
Volga e dei suoi confluenti, l'inverno viene in aiuto al coltivatore per liberarlo
da queste immondezze, e ciò con un metodo che noi raccomandiamo a tutti gli
agricoltori dei nostri tempi. Gli escrementi vengono trasportati sul ghiaccio dei
fiumi; e quando comincia a sgelare, la corrente s'incarica di portare verso il
mar Caspio quella ricchezza sconosciuta dal coltivatore russo. Ma a misura che
le società divennero più numerose, e che gli alveari umani si popolaron di più,
sorse il bisogno di domandare alle medesime terre più frequenti raccolte. Allora
s'introdusse nel lavoro agrario il sistema delle rotazioni. I poderi si divisero in
tre parti : l'una trasformata in prato perenne, e destinata a fornire un pascolo
PROGRESSI DELLA SCIENZA AGRICOLA. 689
agli animali durante l'estate, ed il fieno per l'inverno; le altre due da lavorarsi
non si destinarono che ad una coltura alterna e biennale, come nei paesi freddi,
come in Isvezia fino a poco tempo addietro. In questo periodo agrario, si co
mincia già a comprendere l'importanza dei concimi; si raccolgono con qualche
cura, per ìspargerli sulle terre che si vogliono fortiflcare e fecondare. Noi non
pretendiamo che questo avvicendamento di raccolte e di maggesi, per quanto
primitivo ed imperfetto si fosse, abbia immediatamente seguito la coltura che
può chiamarsi di esaurimento; il progresso sarebbe troppo rapido; ma crediamo
nondimeno che questa rotazione è una delle fasi agricole, per le quali deve
necessariamente passare ogni società che si sviluppa.
Dove, come nel nostro paese, si trova una grande varietà di terreni, gli
sforzi dei coltivatori si rivolgono dapprima alle terre più leggiere e più ricche,
quelle che, richiedendo meno tempo e lavoro, danno le più sicure raccolte. È
cosi che certi territori, certi paesi, ed anche certe zone geologiche si son potuti
lavorare e seminare da tempo immemorabile, mentre che immense superficie di
terre altrimenti costituite rimasero allo stato di pascolo permanente. È così che si
spiegano magnifici tappeti di verdura sopra le più compatte fra le nostre terre
argillose; ed è così infine che nelle contee ove abbonda l'argilla, i più antichi
villaggi riposano generalmente sulle terre leggiere, e sulle groppe o monticelli di
sabbia che, qua e là, traversano o coprono lo strato argilloso. Ma indebolendosi
la natura, bisogna che l'attivila dell'uomo si moltiplichi; ed una volta dissodate
le terre leggiere, bisogna che il coltivatore diminuisca i suoi maggesi, ed accresca
le sue raccolte, onde far fronte ai bisogni d'una popolazione più numerosa. Si
vedrà allora la rotazione triennale sostituirsi alla biennale, con cui si lasciava
in riposo la terra un anno sopra due. Del resto bisogna ben riconoscere che i
maggesi furono, nelle prime epoche dell'agricoltura, un metodo molto logico ed
ingegnoso; ai nostri giorni ancora, sono necessarii e fruttiferi dovunque gl'in
grassi sieno poco usati. Ed infatti, tutte le volte che voi non rendiate alla terra
per via di assimilazione i succhi ch'ella ha dispensati per creare le vostre
messi, bisognerà che gli accordiate il tempo necessario a riprender fiato e ristau-
rare le sue forze.
Crescendo ogni giorno il consumo, la coltivazione fa un passo di più, e
dall'avvicendamento triennale, passa alla coltura alterna. Invece di lasciare im
produttivo il terreno, si converte in prati sui quali possono alimentarsi numerosi
armenti. Col bestiame crescono gl'ingrassi ; i quali, sparsi sul suolo, lo riani
mano, lo fecondano, e preparano raccolte più abbondanti in cambio di un
uguale lavoro e sopra un'eguale superficie di terreno. Ma prima di nutrire il
suolo, i foraggi hanno nutrito montoni e buoi, i quali per il coltivatore sono
insieme un nuovo mezzo di reddito, e per il paese una nuova sorgente di con
sumo. Così si compie questo meraviglioso circolo della coltivazione avanzata.
Ma gli effetti della riforma agraria non si arrestano a moltiplicare gli armenti
e distruggere l'avvicendamento triennale ; essi reagiscono colla grande abbon
danza dei concimi sui terreni incolti. Tutte quelle terre sabbiose e deboli, quei
monticelli aridi ove il grano non cresce che di tratto in tratto, nutriti ora da in
grassi vigorosi, e sollevati da raccolte di foraggi saviamente preparati, produ
cono grossi e sicuri redditi. È così che le vaste solitudini del Norfolk e del Lio-
Econom, 2a serie Tom. I. — 44.
690 EDINBURGH BEVIBW.
colnshire disparvero poco a poco, per trasformarsi in floridi poderi, ove le bionde
raccolte dei cereali ondeggiano sotto il vento, ed innumerevoli armenti si nu
trono sopra praterie verdi come smeraldo. . ..
Nondimeno i coltivatori, dopo avere dissodato tutte le terre secche e di un
facile accesso, dovettero dirigere i loro sforzi io un altro senso. Incoraggiati dai
progressi fattisi e dalla loro buona riuscita, non tardarono a scoprire che era
possibile abbassare il livello dei laghi, limitarne l'estensione, e conquistare sulle
acque ritiratesi ricchi terreni d'alluvione. Il domani tentarono di disseccare le
paludi, gli stagni, i delta, per mezzo di tagli destinati a condurre le acque in un
canale di scolo, vero fiume artificiaJe che andava da se medesimo a spargerete
sue onde sulle terre calcari ed avide d'umidità. Questi primi saggi di dissecca
mento accrebbero enormemente la superficie coltivata dei paesi soggetti come il
nostro a pioggie copiose; essi han già dato magnifici effetti nella Gran Bretagna,
e le immense paludi che coprono ancora l'Inghilterra e l'Irlanda sembrano una
preda preziosa, serbata all'attività intelligente dei nostri coltivatori. Quanto alla
Norvegia ed alla Svezia, si è calcolato che i lavori di disseccamento accresce
rebbero d'un terzo la superficie dei migliori fra i terreni della penisola scandi
nava. Questi progressi ne generarono altri. Si conobbe ben presto che, se le
raccolte di foraggi davano molti ingrassi, molti ne esigevano parimenti. Allora
i residui dette città divennero ogni giorno più preziosi, e le terre d'intorno diven
nero più produttive. Ma di questi nuovi mezzi ì poderi lontani dai grandi centri
di popolazione non potevano irar profitto. Per essi abbisognarono ingrassi più
leggieri, più secchi, e fu allora che si introdusse l'uso delle ossa, della sansa
di colza e di tante altre materie facili a trasportarsi, e che l'esperienza ba indi
cate come capaci di aumentare la fertilità d'un terreno. Così i poderi dell'in
terno, e quelli che erano vicini alle città, si trovarono egualmente provveduti;
e fu possibile spargere sopra lande, sopra colline incolte ed inaccessibili ai
concimi ordinarli, queste nuove materie, che erano insieme più dense, più leg
giere, etoieno costose a trasportarsi.
Ma in agricoltura come in astronomia ed in chimica, per i Dombasle come
per i Newton ed i Lavoisier, i progressi del giorno dopo sono infinitamente più
difficili, lenti, costosi, che quelli del giorno innanzi. Così finora l'attività degli
agricoltori si è concentrata sulle terre leggiere e docili, le forti e ribelli, le masse
argillose son rimaste allo stato di praterie; e le medie sono «tate assoggettate
al sistema dei maggesi. Dai Romani fino a noi, da Catone e Columella fino a
Joung, l'antica rotazione di grano, fave e maggese è durata sui migliori e più
fertili dei nostri strati argillosi. Di tempo in tempo, è vero, gli annali agricoli
delle nostre contee meridionali e centrali ci parlano di disseccamenti intrapresi
sopra una grande scala e coronati dai più felici successi. L'idea di questo geaere
di lavori sembra del resto poco nuova, ed è possibile che da lunghi anni se ne
sia trovata l'applicazione nel Norfolk, l'Essex ed il Surrey, ma tutto ci porla a
credere che simili tentativi sieno stati rarissimi, mal fatti, e che, giovando a
qualche isolato podere, non abbiano sensibilmente influito sulla generale coltiva
zione del paese. Sarebbe qui agevole esaminare le cause che, secondo noi, ban
dovuto restringere a delle speciali località quei primi saggi; noi ci terremo ad
una causa fondamentale, inflessibile allora come oggi, quella dei mezzi pecu
niari. Si comprende agevolmente come dovevano essere rovinosi i disseccamenti
PROMESSI DELLA SCIENZA AGRICOLA. 691
Talmente è poco disposto ad ammettere che le teorie, da lui qualificate per sogni
nel suo rustico sdegno, possano aggiungere qualche potenza ai suoi lavori e
qualche scellino ai suoi redditi. Ma fategli comprendere che le altre frazioni del
lavoro umano, l'industria, le arti, la meccanica, insinuano le loro radici vigo
rosamente nelle viscere medesime della scienza; che la prosperità d'ogni impresa
dipende da nozioni teoriche bene stabilite ed applicate ; e voi avrete inaugurato
l'èra del de(initivo svolgimento dell'agricoltura ; avrete convertito i lavoranti
automatici, mossi dalle molle tradizionali del pregiudizio, in lavoranti intelligenti
mossi dalle molle ben altrimenti energiche dell'interesse fortificato dall'istru
zione. Questa conversione ci sembra aver fatto già grandi passi fra i nostri
agricoltori della Gran liretagna e dell'Irlanda; e noi li invitiamo a proceder
più oltre.
Ma egli è precisamente quando l'agricoltura invoca l'aiuto della scienza, che
importa determinare ciò che la scienza abbia fatto in suo favore, e soprattutto
ciò che sia chiamata a fare nell'avvenire. Le grandi società fondate in Irlanda,
in Iscozia, ed io Inghilterra, nello scopo di svolgere le cognizioni economiche,
di propagarle ed incoraggiarle, fanno per noi anche un dovere quasi nazionale,
o per lo meno filantropico, dell'indicare in poche parole i legami che uniscono
tutte le scienze, e più particolarmente la geologia e la chimica, all'arte della
coltivazione.
Noi l'abbiamo già detto, il perfezionamento dei metodi agricoli, che è sti
molato dal graduale progresso della popolazione, ha per suo necessario effetto di
esagerare il prezzo degli ingrassi, e quindi quello dei cereali. Questo inevitabile
aumento può dapprima sembrare radicalmente nocevole agli interessi della
massa, ma nelle sue ultime conseguenze riesce loro al contrario altamente fa
vorevole; ciò che noi tenteremo ora di dimostrare, percorrendo la serie dei
progressi e dei saggi che esso impone al coltivatore, stretto così fra doppia
necessità di produrre e produrre economicamente.
E dapprima il caro prezzo dei cereali, anche spinto sino al limite dei prezzi
di carestia, conduce a cercare e raccogliere con avidità tutti gl'ingrassi prati
camente noti. Gli speculatori nazionali, sedotti da numerose domande, si slan
ciano alla ricerca di questo Toson d'oro, e le fabbriche di carbone animale
inviano lontano le loro legioni d'impiegati a cercare nei campi, a graffiare il
suolo come il lavoratore di Virgilio, per trovarvi ossa da calcinarsi e macinarsi.
Poco a poco la speculazione si estende al di fuori. Gli ossuari ove riposano i
resti dei montoni, dei buoi, dei cavalli indigeni, non bastano più, e si mettono
a contribuzione i paesi vicini. Questa raccolta indi si estende fino ad immense
distanze, e si possono vedere veri convogli occupati ad esaurire le coste dell'Ir
landa, o anche traversare l'Attantico, per poi ritornare con immensi carichi di
ossa raccolte in America. È così che si è accresciuto il valore degl'innumerevoli
armenti di Bucuos-Ayres e di Montevideo; dopo averceli spediti sotto forma di
cuoia e di sego, han potuto farcene pure la vendita come ingrasso e come
materia da carbone animale.
E senza dubbio un curioso insegnamento la solidarietà che unisce così
l'agricoltura e il commercio, che li fortifica entrambi, che li arricchisce trasfor
mando qui in ricchezza ciò che altrove era materia di rifiuto, e moltiplicando
nelle mani dei popoli gli strumeuti di lavoro e di produzione. Ma è forse più
PROGRESSI DELLA SCIENZA AGRICOLA. 693
curioso ancora, se non più grande, lo studiare in che modo una speculazione
intrapresa nell'esclusivo interesse dei nostri fittaiuoli abbia potuto reagire sullo
spirito degli agricoltori del Nuovo Mondo, svegliare dal loro torpore, seminare,
per dir cosi, i loro campi malgrado loro, creare in essi desiderii nuovi, nuovi
bisogni, e terminare un progresso fattosi nella coltura nella tale o tal altra
contea inglese con un analogo progresso in un distretto dell'Ohio odel Paraguay.
Certo in questa propaganda lontana delle teorie agricole v'è qualche cosa di
seduttivo insieme e di grave che sparge sulle relazioni puramente economiche
dei popoli una tinta quasi poetica, e prova come l'andamento dei principii è
intimamente vincolato con quello degl'interessi e dell'industria.
Il rincarimento degl'ingrassi tende ancora a farli adoprare con maggiore
ecouomia ed abilità. Il linaiuolo, che è stato intelligente abbastanza per dedicare
una parte de'suoi capitali al miglioramento delle sue terre, non ha più gran
cammino da fare per persuadersi che la più piccola dissipazione di materia è
una vera perdita pecuniaria. Allora si agiterà per sostituire agli aforismi dei
suoi venerabili avi qualche metodo meglio inteso.
L'agronomo illuminato contempla con doloroso stupore gli animassi di con
cime che ingombrano i rilievi di posta situati attorno alla campagna romana;
il suo stupore si raddoppia quando all'epoca del disgelo vede galleggiare sulla
superficie del Volga o del Nieper immensi strati di concimi, che le loro rapide
onde portano via lontano dai campi coltivati. Suo malgrado, si mette a sognare
quei tempi favolosi in cui i figli degli Dei nettavano le scuderie di Augias, e
calcola ciò che gli agricoltori ingegnosi del secol d'oro e della Russia attuale
lian perduto in ricchezza dalla creazione dei mondo in qua. Nulla di così bar
baro, così primitivo, dovrebbe certamente avvenire nella Gran Bretagna; e
nondimeno, se noi visitiamo certi poderi del Northumberland, potremo in minia
tura godere dello stesso spettacolo. Così in luogo degli immensi territori i del-
l'Ucrania o della Volinia poniamo un fondo di pochi acri; invece del Volga,
mettete un ruscello od una sorgente; e si vedranno i coltivatori operare colla
medesima sagacilà, contare sul medesimo disgelo, o seppellire i loro concimi in
immensi serbatoi abbandonati per sempre precisamente come quelli della cam
pagna romana. D'altronde, se manca una incuria così vergognosa, vedremo
riprodursi un fatto altrettanto deplorabile riguardo alle sue conseguenze, cioè
la perdita degl'ingrassi liquidi. Noi abbiamo per sei settimane percorsi i fondi
dei coltivatori più progrediti nel Tynesire e nel Jorkshire ; e là abbiam potuto
vedere questi liquidi preziosi scorrere per molti condotti, e rendersi in uno
stagno dove, come in un vasto tino, fermentavano sotto i raggi d'un sole ardente.
In verità, qual talento di coltivazione si può mai accordare a colui che spanda
ogni anno sulle sue terre cinque tonellate di guano, di ossa, o di residui vege
tali, e intanto lascia che scorrano e si perdano lungi dal suo podere quasi
venti tonellate d'ingrasso liquido? Non è ciò un contrasto così strano quant'è
deplorabile, e non prova il predominio che esercitano ancora sugli agricoltori
te vecchie abitudini?
Si indovinerà agevolmente l'influenza che gli alti prezzi degl'ingrassi eser
citano in una tal quistione. Egli è evidente che quanto più essi sono cari, tanto
più saranno adoprati con economia; giacchè l'incuria del coltivatore gli farebbe
forse trascurare i residui delle sue cascine e delle sue stalle, ma il suo interesse
694 EniNBMCH BEVIEW.
ben inteso gli dirà di raccoglierli come elementi di fortuna, e qui non si arre
sterà. Dopo aver raccolti gl'ingrassi di cui la concorrenza esagera ogni giorno il
valore, egli penserà ui mezzi di aumentarne l'utilità, di estrarne la maggior
somma possibile di elementi fecondatori. Così si troverà naturalmente condotto
ad una serie di pratici miglioramenti. In primo luogo, invece di concimare in
autunno le sue terre, le concimerà al momento medesimo della semina, e per
ciò fare, una sola osservazione gli sarà stata sufficiente. Infatti, esaminando le
acque che scolano nei canali di disseccamento nel corso dell'inverno, egli
scuopre che tengono in dissoluzione e trasportano via una certa porzione delle
materie fertilizzanti, di cui egli nell'autunno si era tanto sforzato ad arricchire
la sua terra; scuopre dunque che faceva trista operazione, e che adoperando
i suoi ingrassi in primavera, avrà il doppio vantaggio di conservarli più abbon
danti e più energici. In secondo luogo, invece di sparpagliare il concime su
tutta la superficie del campo, lo concentra sopra i solchi che contengono la
semente, ed in questi solchi medesimi sopra i punti in cui deve germogliare la
pianta, agendo cosi sulla parte produttiva del buoIo a spese della parie sterile.
Se noi ora supponiamo che il coltivatore abbia udito parlare d'una certa scienza
chiamata chimica, che la sua immaginazione sia stata sedotta dalle meravigliose
prospettive che essa apre alla sfera del lavoro agrario, comprenderemo agevol
mente il suo ardore di riforme e progressi. Egli dirà: • Se, come lo dicono i
nostri maestri di chimica, le radici delle piante non aspirano e non assorbono
che liquidi, egli è evidente che gl'ingrassi attualmente allo stato di liquidi, o
costituiti per lo meno iti modo da poter essere rapidamente disciolti dalle pioggie,
avranno sulle mie raccolte un'azione più energica e sopratutto più immediata.
Se io all'incontro deposito il carbone animale sulle mie radici, ci vorrà un
tempo considerevole perchè esso divenga solubile. Senza dubbio il carbone ani
male che non sarà stato assimilato alla pianta rimarrà nel suolo a vantaggio
della raccolta futura, ma prima di essa verranno le pioggie d'inverno che lo
scioglieranno e lo decomporranno. Io devo dunque applicarmi ad impiegare
tutti i miei concimi, di qualunque natura si fossero, guano, ossa, sansa di colza,
sotto la forma liquida, sotto la forma che già So so essere la più rapida e la più
potente nei suoi elfetti ».
La teoria e l'esperienza confermano l'esattezza d'un tal ragionamento.
Recenti saggi fattisi sulle diverse attitudini delle ossa sciolte nell'acido solforico
hanno sparso nuovi lumi sopra una tal questione; e quantunque si sia esage
rata l'importanza dei risultati, è permesso di considerare l'uso degl'ingrassi
liquidi come un vero perfezionamento, che si traduce in economie per il colti,
vatore, ed incoraggiamenti per gli uomini dotti.
Noi l'abbiamo già detto, una delle grandi leggi che presiedono al lavoro, è
quella di non potersi compire, migliorare in un punto, senza che si compia e si
migliori del pari in tutti gli altri, fi così che le più difficili creazioni dell'arte
sono andate di pari passo colle formole più astratte della scienza; è cosi che
l'artigiano ha seguito il matematico, e l'operaio il poeta ; è così che in agricol
tura gli strumenti son venuti in soccorso alle teorie degli agronomi. Nella spe
ciale questione degl'ingrassi liquidi, si sono offerti ed accordati molti premi pef
l'invenzione di macchine altea distribuirli economicamente : noi citeremo in
primo luogo quegli apparecchi che Mr. Smith e alcuni dei suoi amici bau prò
PROGRESSI DELLA SCIENZA AGRICOLA. 695
p0sti come atti ad agire in grande. Essi costruiscono una torre alta 120 piedi,
una tromba aspirante solleva il liquido sino al sommo della torre e vel dispone
conte in un lago pensile. Ai fianchi dell'apparecchio stanno immensi condotti
che s'irradiano in tutte le direzioni. Il liquido versato dall'alto, scende Dei tubi,
ed il coltivatore può con un sol gesto spandere sulla superficie intiera dei suoi
campi una fertile ed abbondante rugiada. Può sembrare ridicola l'idea d'un
tale inaffiatoio che operi su tali basi e sparga un tal genere di materie; ma
prima di sentenziare il valore pratico di un concetto che abbia la sua grandezza
e il suo merito, attenderemo i risultati della vasta esperienza che in questo
momento ne fu Mr. Smith sopra un podere del Lancashire. Noi auguriamo un
pieno successo a questa invenzione, come a tutte quelle che mirino ad assicu
rare il benessere nazionale. • •
Qualunque sia nondimeno la potenza di tali sforzi, essi non potrebbero bastare
per attenuare il prezzo degl'ingrassi, perchè noi abbiamo veduto che, in ogni
società progressiva, l'offerta, lungi dal precedere la domanda, la segue da lontano,
espesso anche la segue senza mai raggiungerla. Il consumo degl ingrassi si gene
ralizza e si estende, e la loro manipolazione si estende pure rapidamente. Si
fondano allora vere manifatture destinate ad apparecchiare le materie fertiliz
zanti, e trasformare in preziosi ingrassi i rifiuti delle grandi città. Nelle mani
dell'abile chimico, monti di materia azotata si trasformano, sotto il nome di
letame secco o di humus, in preziosi agenti di coltivazione. Molte scrittore,
sparse da commessi viaggiatori, vengono d'ogni parte ad assalire il coltivatore,
e disporlo ai sacrificii che la terra esige. Ma si sa che gl'industriali, e quelli che
si danno al perfezionamento dell'humus e del letame, amano, come gli altri, di
mutare i loro metodi di fabbricazione. Un anno., mettono del guano nel pane,
ma l'anno appresso vi aggiungeranno il solfato di rame, poi il carbonato di
ammoniaca con gesso ; comincieranno da una semplice infusione di campeccio,
campeccio autentico in verità, per poi finire eoll'acquavite, col sidro, col litar-
girio, e le bacche di ligustro, di mirto e di ebbio; il tutto sotto pretesto del buon
vino, e per amore verso i perfezionamenti industriali. Occorrerà dunque al
coltivatore una certa dose di cognizioni chimiche per iscoprire la frode sepolta
in monti d'iDgrassi, e sorvegliare la nutrizione dei suoi campi, come il governo
si dice che sorvegli quella dei cittadini.
Nondimeno la necessità di ammendare e concimare le terre si accresce coi
bisogni della popolazione e colla stanchezza del suolo; e nuovi sforzi si faranno
per giuugere alla scoverta ed all'uso di qualehe specie nuova di materie ferti
lizzanti. Qualche volta si era osservato che alcune sostanze estratte dal suolo,
e che non erano essenzialmente nè vegetali nè animali, influivano potentemente
sulla vegetazione. Cosi erasi riconosciuto che il sale, in certi luoghi, le ceneri
vegetali, in altri, lo efflorescenze del nitro e delta soda che coprono le pianure
d'Italia e di Egitto, il sai gemma nell'India, il gesso disseminato sopra intiere
provincie della Germania e dell'America nord, infine la marna, la calce, i residui
di conchiglie che si trovano in tutti i paesi, tutte queste sostanze seminate con
una stupenda prodigalità sulla superficie del globo, erano eminentemente atte
ad accrescere l'energia della vegetazione e la fertilità del terreno. Tuttavolta non
si volle dapprima considerare tali sostanze, se non come stimolanti capaci di
dare alla pianta uno svolgimento eccessivo ma temporaneo ; perchè, dicevasi, il
69G EDINIU'RGH BHVIBW.
terra, di modo che la principale utilità delle materie vegetali contenute nel suolo
sembra esser quella di fornire alle radici l'acido carbouico.
2° L'azoto non può introdursi nella circolazione vegetale che sotto forma
di ammoniaca. L'ammoniaca esiste nell'atmosfera ove le piante ne assorbono
una parte; l'altra parte, trascinata dalle pioggie, s'infittra nel suolo e penetra
così nelle radici.
Risulta da queste proposizioni che l'arido carbonico e l'ammoniaca sono
soli elementi organici che ricevono le piaute, e che basta per dare alla vegeta
zione un nuovo splendore di mescolarli in proporzioni opportune colle sostanze
inorganiche necessarie pure allo svolgimento dei vegetali. Questa teoria, sem
plice insieme e lucida, ha sedotto un gran numero di persone.
Per appoggiare il suo primo assunto, Liebig è entrato in lunghe dissertazioni
tendenti a provare che i composti insolubili d'acido umico ed ulmico, che, come
si sa, esistono nelle materie vegetali del suolo, non si possono introdurre in gran
quantità nelle radici delle piaute per accrescere la loro sostanza ed accelerare
la loro vegetazione. Queste premesse possono esser vere, senza che per ciò ri
mangano legittimate le conclusioni dell'autore. Infatti questi acidi sono pure dei
composti solubili, i quali, riunendosi ad altri egualmente solubili ed egualmente
carichi di carbonio, possono penetrare, e secondo noi penetrano nette radici per
reagire in diversi gradi sulla loro sostanza e sul loro accrescimento. Così noi
siamo ben lungi dal sostenere che i vegetali non assorbano il carbonio che allo
stato d'acido carbonico, e le materie organiche del suolo lo introducano nelle
radici sotto altra forma. Ci sembra infinitamente più concorde coll'esperienzae
colla verità scientifica l'ammettere che si possa dare maggior energia ad una
pianta, mettendola in contatto per mezzo delle sue radici con altri composti or
ganici in cui si trovi del pari il carbonio.
La seconda proposizione non ci sembra più incontestabile; essa si appoggia
effettivamente sulle particelle d'ammoniaca che nuotano nell'atmosfera, e che
trasportale dalle pioggie penetrano nel suolo, e quindi nelle radici.
Ora anche ammettendo una tal teoria, uoi crediamo che l'ammoniaca esiste
pure nel suolo, vi si crea, vi si riproduce, e che, contro l'opinione di Liebig,
la maggior parte dell'ammoniaca assorbita dalle piante viene dal suolo, non
dall'atmosfera, ciò che lascia agli sforzi del coltivatore una parte immensa
nell'opera della vegetazione, perchè egli può accrescere colla sua abilità le
masse d'ammoniaca accumulate nel suolo, e destinate ad alimentare le sue
raccolte.
Havvi di più ; la natura abbonda in sostanze azotate e capaci di sciogliersi
nell'acqua. Le une scendono dalle regioni superiori , trascinate dalle pioggie,
le altre esistono nelle nostre sorgenti, altre ancora negl'ingrassi, altre infine de
rivano dalla decomposizione delle materie vegetali nel seno della terra. Tutte
penetrano sino alle radici della pianta, e le distribuiscono il carbonio e l'azoto,
lufine, dovunque nella superficie del globo sieno in lenta decomposizione so
stanze vegetali ed animali , si riproduce l'acido nitrico; se ne produce ancora
tutte le volte che on lampo solca l'orizzonte e reagisce sugli elementi contenuti
nell'atmosfera. Ci è impossibile il dire quanto acido nitrico si crei nell'immenso
ed eterno laboratorio della Natura, ma dev'essere in enormi quantità, e noi cre
diamo poterlo arditamente riguardare in tisiologia vegetale come una delle
PROGRESSI SELLA SCIENZA AGRICOLA. 705
principali forme sotto le quali l'azoto penetra nel sistema circolatorio delle
piante.
Queste idee sulla nutrizione delle piante non hanno la seduttiva sempli
cità di quelle di Liebig, ma secondo noi sono più in accordo coi fatti. Quelli
fra i nostri lettori che volessero internarsi in una tal quistione, di cui noi qui
non abbiamo che indicato i grandi tratti, potrebbero ricorrere alle belle opere di
Mulder e Johnston sul carbonio, ed alle splendide teorie di Boussingault e Du
mas sull'azoto.
Le ricerche che abbiamo analizzale non hanno avuto altro scopo che
quello di determinare l'utilità dei concimi relativamente alla coltivazione ara
Uva, e bisogna confessarlo, una necessità primordiale, dominante. Ma allato
a quest'importantissimo ramo dell'agricoltura ve n'è un altro ben degno di tutti
gli sforzi dei dotti, e che per ingrandirsi attende che si sieno perfettamente sta
biliti i rapporti che passano tra la eostituzione geologica e geognostica del suolo
da un lato, e dall'altro le seminazioni da farvi, e i profitti che se ne possano
attendere. Intendiamo parlare della pastorizia.
I cereali, i frutti, le patate, sono per l'uomo un nutrimento diretto; egli se li
assimila senz'altro intermedio; ma è passando per una serie di trasformazioni
che i foraggi e le radici pervengono a nutrirlo. Questa fisiologica metamorfosi
che innalza cosi certe specie vegetali sino all'insigne onore di nutrire il re della
creazione; questa metamorfosi che le converte in bove, montone, porco, o in
latte, burro e formaggio, han dato origine a nuove industrie rurali che si sono
gradatamente propagate sopra vasti territorii. Per esse importa tanto estrarre
materie vegetali, come foraggi e radici , e la maggior somma possibile di bove
o cacio, quanto ottenere, sopra terre da grano, e colla più piccola quantità di
concime, le messi più copiose. Da ciò un gran numero di problemi che viva
mente interessano l'alimentazione indiretta dell'uomo, come il problema degl'in
grassi interessa la sua nutrizione diretta. La quistione, come si vede, è sostan
zialmente una; soltanto in un caso va direttamente all'uomo, e nell'altro non
vi perviene che dopo alcuni giri, e passando per il corpo dei bovi, dei montoni,
o dei porci.
Si conobbe ben tosto che una data specie di foraggi, di grani o di radici in
grassava più rapidamente gli animali, dava loro più forza e statura, Il rendeva
più ricchi in latte, in burro o in cacio ; e si conobbe ancora che, secondo la na
tura dei terreni o degl'ingrassi ed il modo di coltivazione adottuto, le piante
riuscivano più o meno nutritive; infine che, distribuite sotto certe forme ed in
certe condizioni , esse costituivano per gli animali un alimento più o meno
proficuo. Da dove dunque potevano derivare tali differenze, e quali mezzi occor
reva impiegare per farle sparire? Il perfezionamento dei metodi agricoli può
egli condurre al regno dflle raccolte per così dire scientifiche, e ci è permesso di
produrre a piacere la tale o tal altra qualità di piante? Queste domande di con
tinuo presenti all'intelligenza degli uomini pratici han fatto analizzare compa
rativamente gli alimenti consumati dall'uomo e dall'animale. L'analisi finora
non ha offerto alcun risultato definitivo; ma non lascia per ciò di essere curio
sissima e degna di destare l'attenzione degli uomini pratici come teoria transito
ria e preludio di teorie che verranno. Eccola in brevi parole.
Le sostanze vegetali contengono, come abbium detto, da 90 a 98 per 0/0 di
704 . EDINBURGH BBVIEW.
Diamo tnttavolta dire che un numeroso uditorio si affolla intorno alla cattedra
di Edimborgo e nelle sale del museo che le è annesso.
Gli uomini adunque che si trovano alla testa della nostra agricoltura hanno
tre precipui doveri da compiere: affrettare la diffusione dei lumi acquistati ;
preparare, incoraggiare l'acquisto di nuove cognizioni e il perfezionamento dei
metodi noti; allontanare gli ostacoli che ancora si frappongono tra i metodi
perfezionati e la loro applicazione , tra i libri dei dotti ed il campo dei la
voranti.
Quanto ai mezzi da impiegarsi per conseguire questo grande intento, ci sem
bra che debbano adattarsi alla posizione, all'età degl'individui che si tratta d'il
luminare. Per arrivare alla massa dei nostri agricoltori bisogna che l'istruzione
scientifica passi per le scuole primarie, quelle che da molte associazioni 'fitantro
piche si sono introdotte nel sud dell'Inghilterra, e quelle che sotto il nome di
scuole comunali esistono nel nord. Esse dovrebbero tutte trovarsi provvedute di
libri elementari. Il catechismo di M. Johnston, quanto alla parte puramente teo
rica, ed alcuni trattati analoghi compilati per la parte delle applicazioni, conver
rebbero perfettamente a questa educazione infantile. Risultato di un tal sistema
sarebbe non solamente di mettere in circolazione un'immensa quantità di metodi
utili, ma quello ancora di animare le giovani menti contro le pratiche inveterate
dei vecchi, e famigliarizzarti colle parole nuove che necessariamente accompa
gnano le nuove teoriche.
Noi avevamo per lungo tempo temuto che non fosse possibile introdurre l'e
ducazione agricola nelle nostre classi elementari senza usurpare lo spazio serbato
ad altre cognizioni ; ma in una riunione tenutasi a Glasgovia l'anno scorso sotto
la presidenza del primo magistrato della nostra Corte suprema, e collo scopo di
studiare la quistione dell'insegnamento agrario, noi abbiamo veduto svanire tutti
i nostri timori davanti all'evidenza dei fatti. In un notabile discorso di M. Skil-
ting, «gli, dando conto del sistema messo in pratica nella sua fattoria di modello
in Glasnevin, mostrò con qual buon successo i commissarii irlandesi avevano
saputo sposare l'agricoltura agli altri rami dell'insegnamento. L'esame che si fece
davanti noi subire a dei giovanetti, coltivatori nascenti, istruiti all'Arac, contea
di Antrinc, ci parve una splendida testimonianza della verità di quanto l'oratore
aveva detto. D'allora in poi noi abbiamo saputo con piacere che un gran numero
d'intelligenti proprietarii sono riusciti ad introdurre l'istruzione agraria nel pro
gramma delle scuole comunali e normali.
Nondimeno con l'età dei coltivatori deve ingrandirsi l'istruzione loro distri
buita, e se si sono congiunte le idee elementari della coltura alle idee elementari
di geografia, aritmetica, storia, sembra ben naturale unire ad un più alto inse
gnamento letterario le più alte teorie agrarie , e compire il programma delle
scuole primarie con quello dei collegii e delle università. Ora è lecito domandare
se le scuole superiori o i collegii dei nostri tempi sieno in grado di dare ai
figliuoli dei nostri proprietarii e fittaiuoli questo complemento di educazione?
Noi crediamo che noi sieno. Molti altri in Irlanda e Inghilterra non lo credono,
giacchè noi potremmo citare i molti tentaiivi fattisi ogni giorno collo scopo di
fondare speciali collegii agricoli nel Regno Unito. L'istituzione di Cirencester,
così caldamente sostenuta da lord Bathurst, è in via di piena prosperità, e con
serva per Gloucester e le contee vieine una pepiniera d'agricoltori abili ed ag
708 HDINBVBGH HEVitW.
guerriti. Non vi ha dubbio che questo felice ìdìzìo spargerà ben tosto in Inghil
terra tanti collegii preordinati col medesimo metodo. L'Irlanda, la Scozia, acca
rezzano da lungo tempo il pensiero di una istituzione nazionale destinata a creare
lavoranti, fittaiuoli ed agronomi. Gl'immensi benefizii sparsi nel nord dell'Irlanda
dalla scuola di Templemoyle, modesta, silenziosa, ma più dotta ancora, hanno
anche fatto concepire il disegno di mettere il gran collegio nazionale sotto il pa
trocinio della Società reale d'agricoltura. E quanto alla Scozia, l'educazione pro
fessionale che esiste in germe nelle sue università sembra un felice principio di
queste belle riforme.
Oltre l'aumento di valore ch'esso apporterebbe alle terre del paese moltipli
candone la forza produttiva, questo sistema di educazione condurrebbe ancora
a studiare più profondamente quei problemi fisiologici e chimici, la cui soluzione
è tauto intimamente coilegata alle più difficili operazioni della coltura. Infatti, le
molte investigazioni pazienti, instancabili , necessarie per arrivare a queste im
portanti soluzioni sono superiori alle forze d'un uomo solo o di pochi uomini.
Bisogna che tutto il paese apparecchi i materiali da cui essi poscia sapranno far
sorgere la sintesi e le formole; bisogna che coloro, a vantaggio dei quali si fanno
le scoverte , aiutino il talento degl'inventori, ripetendo o anticipando le loro
esperienze.
E qui noi non sapremmo senza gran colpa trascurare una vasta associazione
formatasi recentemente in fscozia sotto il nome di Società di chimica agricola
{Agricultural Chemistry Association) con lo scopo di affrettare la soluzione di
tutti i problemi dei quali sono occupati gli agronomi. Questa società, figlia delie
più innoltrate dottrine, e composta dei più intelligenti fra i pratici agricoltori
scozzesi, mira a tre fini distinti. In primo luogo propagare con tutti i mezzi pos
sibili i metodi scientifici e soprattutto chimici, capaci di reagire potentemente
sulla fertilità del suolo. Il direttore della Società, facendosi missionario di questa
buona novella, e trasformando il suo mandato in un vero apostolato, ha già in
trapreso molte escursioni nelle contee, visitando i proprietarii e i fittamoli, rifa
cendo insieme a loro le esperienze, riunendoli attorno alla sua cattedra am
bulante ora in un granaio-, ora in una chiesa, ora in campo aperto, infine
sforzandosi di far comprendere alle masse quanto sia necessario di applicare
alla coltura del suolo i metodi più moderni, e come ne debba risultare per loro
medesimi un gran profitto avvenire. Dobbiamo aggiungere, in onore dell'apo
stolo e dei coltivatori scozzesi, che questi corsi si fanno e si seguono con una
assiduità ben diversa da quella di cui noi siamo testimonii nelle nostre univer
sità: già la propaganda ha prodotto effetti palpabili. I linaiuoli condotti dalla
riflessione alla scienza han comprato dei libri, e stabilito biblioteche d'agricol
tura in cento località. Dei giornali si sono fondati onde soddisfare a questo ar
dore d'istruzione ; ma i giornali non convengono che agli uomini adulti, epperó
si è fatto un catechismo di chimica agraria destinato all'infanzia. Le intelligenze
si allargano e si nobilitano così per mezzo della scienza, e ne è risultato che le
riunioni periodiche degli agricoltori han preso una fisonomia più severa e più
intellettuale. Fin oggi queste riunioni erano state tanti clubs gastronomici, dove
si credeva trattare sufficientemente la quistione del bestiame mangiando arrosti
omerici, la questione delle granaglie sperimentando l'orzo ed il luppolo sotto
forma di birra, e la questiono orticola gustando gli ananassi dei tropici. Ma siè
PROGRESSI DELLA SCIENZA AGRICOLA. 709
deciso che d'ora in poi si occuperanno un po' meno dei progressi della scienza
bacchica, e un po' più della scienza agricola ; e si è arrivato così a costituire
riunioni istruttive e degne. Come bello ideale di questi convegni purificati, noi
potremmo citare due pubblici pranzi fatti in Glasgovia dai membri della Società
Montanara nel modo più ascetico che si possa immaginare.
Il secondo progetto dell'associazione è stato quello di proteggere il linaiuolo
contro le frodi dei fabbricanti d'ingrassi, e la furberia dei loro commessi viag
giatori, mettendo vicino a lui un chimico capace, al quale potesse ricorrere nei
casi difficili o dubbii. È fu istituito a tal uopo un ufficio speciale incaricato di
far le analisi domandate dai membri della Società, e di aiutarli co' suoi consigli
mediante una modesta retribuzione. Questo funzionario, stabilito in Edimburgo
entro un vasto laboratorio, ha già renduto immensi servigii all'agricoltura del
paese; e non vi ha verificatore di burro fresco, nè ghiotto assaggiatore di vino,
nè perito di caratteri, che abbia dato colpi più bruschi alle adulterazioni, sofisti
cazioni, falsificazioni, ecc. É un fatto dimostrato che, dopo l'istituzione di que
sta sorveglianza chimica in Iscozia , non è avvenuto che un sol caso di frode,
mentre che da ogni parte d'Inghilterra si levano clamori contro l'alterazione dei
concimi.
Il terzo intento della Società è stato d'ingrandire la sfera dei principii onde
comunicare all'industria rurale uno svolgimento parallelo. Noi speriamo che la
questione dei mezzi non sarà punto un ostacolo a delle indagini che formeranno
insieme l'onore della scienza e il vantaggio dei coltivatore. Vi è nondimeno a
temere che l'importanza di questi belli studii sfugga ai membri della Società ;
infatti, mirando anche più alto, sembrano studii che non hanno per l'agricoltore
effetti cosi favorevoli e sensibili, come li hanno le analisi fatte sul luogo e sulle
materie fertilizzanti.
Ma fattasi una volta in mezzo alle popolazioni agricole questa magnifica
propaganda, si saranno forse con ciò distrutti gli ostacoli capaci di ritardare o
anche arrestare l'applicazione delle nuove teoriche? Siam ben lungi da ciò. Lo
stato di selvaggio abbandono e di affliggente sterilità che disonora i più recon
diti distretti del paese, quelli in cui non v'ha circolazione d'uomini nè d'idee, ci
mostra che l'ignoranza non è l'unica causa a cui debbasi attribuire l'imperfe
zione dei metodi agronomici. Le contee più vicine alle città, in quelle ancora in
cui rimbombano i lontani rumori delle grandi metropoli , si trovano immense
superficie di terra sulle quali non si è neanche saggiata l'operazione più elemen
tare e più semplice, lo scolo delle acque per mezzo di canali di disseccamento.
Chi mai non è stato dolorosamente sorpreso al vedere quell'immense steppe sol
cate oggi come da un tratto di fiamma dalla ferrovia settentriouale , passando
attraverso il Yorskshire? Chi mai non è rimasto più dolorosamente sorpreso
vedendo il paese che deve traversare la via centrale delle ferrovie scozzesi nelle
contee di Lanark e di Dumfries? E nondimeno i sedicenti agricoltori che pos
siedono o affittano questi tristi territorii sono precisamente quelli che colle la
grime agli occhi implorano, e talvolta minacciando , la protezione contro la
concorrenza straniera. Colali domande son degne di pervenire al legisìatore
quando derivino da uomini che avessero esaurito sulle loro terre tutti i mezzi
della scienza: costoro avrebbero diritto al premio del coraggio e della perseve
ranza. Ma non è insieme imprudente e ridicolo colui che non contento di non
710 EDINBURGH RE VIEW.
L'agricoltura d'un paese si può considerare nel suo insieme e nel suoi rap
porti con cause generali, ovvero distretto per distretto, e nei suoi rapporti colle
condizioni locali. Se il primo di questi modi ha il vantaggio di presentare la
quistione sotto un aspetto più largo ed istruttivo, l'esame, anche rapido, d'una
singola regione agricola può suggerire idee, e fornire materia ad interessanti os
servazioni, che niuno agevolmente si figura, se non è con ispecialità abituato allo
studio di queste materie. Prima dunque di presentare in succinto alcune idee
generali sullo stato attuale e sull'avvenire dell'agricoltura inglese , noi gette
remo uno sguardo su di ciò che può chiamarsi la sua vita privala , e sceglie
remo la contea di Suffolk, patria del celebre Arturo Young (1).
Partendo da Cambridge, e penetrando in questa contea dalla sua estremità
nord-ovest, noi traversiamo dapprima una certa estensione di paese, dove ai
tempi di Young non si vedevano che vaste conigliere, o terreni senza valore,
ad uso di pascolo pei montoni, ma sulla maggior parte della quale si estendono
oggi tante produttive colture. Le sabbie mobili, che ne formavano la super
ficie, sono state ammendate ed arricchite mediante la loro miscela cogli strati
inferiori di creta o di marna ; e noi non possiamo fare a meno di notare in
torno a ciò quanto i terreni più diversi siensi migliorati con questo metodo cosi
semplice, che consiste a combinare collo strato superiore gli elementi che esi
stono in gran copia al di sotto, e ad una profondità poco considerevole. Fissando
e consolidando la sabbia per mezzo della marna , polverizzando l'argilla com
patta, per mezzo della creta, dando consistenza ai terreni maremmosi per
mezzo dell'argilla azzurra su cui riposano, l'industria dell'uomo è giunta a
creare dei ricchi fondi iu quella contrada già sterile: e fin dove lo sguardo può
estendersi, i suoi campi presentano all'epoca della messe le tinte ora verdi, ora
dorate, del ravizzone che si sviluppa, e del grano che si matura.
A misura che ci inoltriamo nella contea di Suffolk, la bella coltura delle sue
terre forti ed argillose attira la nostra attenzione. Queste terre sono in generale
(i) Ai tempi di Young vi erano nel Suffolk grandi poderi destinati a cascine, in
cui necessariamente si allevavano molte giovani vacche. Là si fabbricava quel famoso
cacio di latte sfiorato, « tanto duro, dice la tradizione, che i majali grugnano, i cani
abbajano, e che nè cani nè majali osano morderlo » . Queste cascine son quasi tutte
disparse.
714 EDINBUR6H REVIEW.
divise a piccoli poderi da 50 a 100 acri, e rare volte da più che 500. La mag
gior parte si affinano ad anno, e sono occupate da fittaiuoli, i quali non dispon
gono che di un piccolo capitale: nondimeno le cure ed il buon successo con cai
si coltivano sono notabilissimi. Quei campi si trovano mirabilmente tenuti. La
zappa vi si adopera di continuo, e tutte le malerbe vengono estirpate. Si
tagliano in aiuole otto piedi larghe, e i seminatoi, gli erpici, i doppi cilindri, ed
altri strumenti, son tutti fabbricati della medesima larghezza, affinchè i cavalli
possano camminare nei solchi, invece di affondarsi nella terra molle : fino le bar
riere di chiusura hanoo una larghezza che corrisponde a questa medesima base.
Tuttociò naturalmente ci dà l'idea d'una popolazione abituata all'ordine, alla rego
larita, alla nettezza, e ci rammenta i bravi contadini olandesi della sponda destra
del Reno. L'analogia è tanto più esatta, che da ambe le parti il sistema non offre
la medesima perfezione al disotto della superficie. La fognatura sotterranea si
pratica, in verità, da più che un secolo nella contea di SufJblk ; ma su tal riguar
do i coltivatori seguono la pratica dei loro padri, ed invece di adoperare tubi di
terra, tegoli o anche pietre, si limitano a riempire di boscaglie e coprire di terra
i loro solchi di scolo. Del resto noi faremo notare che ì proprietarii di Sulfolk
non sogliono contribuire alle spese della fognatura, e che il merito di quanto si
è fatto su tal riguardo appartiene tutto ai linaiuoli.
Le mura degli edifizii rurali moderni sono di argilla non colta; quelle delle
costruzioni più antiche sono di legno, ed i tetti di strame. Privi insieme di soli
dità e di comodo, questi edificii esigono frequeuti riparazioni, e cagionano molta
perdita. Ma come in generale son fatti a spese dei fittaiuoli, così non si può
loro fare il rimprovero che pensino al risparmio.
Voi noterete nelle vostre escursioni larghe e folte siepi, che secondo voi
si dovrebbero diradure, e numerose piantagioni , che sarebbe utile il far dispa
rire. Strana ideal Voi volete togliere alla caccia il suo asilo — a questa caccia
che anima la campagna, a queste lepri che traversano volando la pianura leg
germente ondeggiata, a quei fagiani che si lasciano intravedere in mezzo alle
macchie, a quelle compagnie di pernici che partono quasi sotto i vostri piedi
per andare ad abbattersi un po' più lungi. Ma, direte voi, tutto questo uccellame
deve nuocere ai fittaiuoli. Ciò è tanto vero, che noi possiamo citare una parroc
chia di quella contea, ove i fittaiuoli han soscritto fra loro una somma annuale
di 400 lire (5,000 fr.) per prendere a fiito la cacciagione, e cosi impedire che
si moltiplichi grandemente. La cacciagione d'altronde demoralizza gli abitanti,
adescando i poveri giornalieri, che guadagnano meno di 7 scellini per settimana.
a convertirsi in cacciatori furtivi» Ma, ancora una volta, la colpa non cade sui
fittaiuoli.
Alcuni fittaiuoli di Suffolk adoprano la fuligine come ingrasso. Noi cre
diamo che, fra gli altri vantaggi, essa ba quello di rendere i prodotti vegetali
disaggradevoli agli uccelli. Certi proprietarii, che coltivano per conto loro, son
costretti di ricorrere ad un tal mezzo onde proteggere le loro messi contro la
loro medesima cacciagione, che spingono così verso le terre vicine. Egli è a un
dipresso come se vi facessero pascolare i loro armenti , perchè, una dozzina di
lepri equivale «d un montone.
Osservando un tale stato di «ose, si stupisce che i proptietarii non compren
dano meglio i loro veri interessi. Il male viene in gran parte dall'essere Fani
l'agiucoltcra inglese nel 1852. 715
ministrazione dei fondi abbandonata in generale a dei forensi, capacissimi, senza
dubbio, a difendere interessi contestati , ma che nulla intendono in agricoltura
pratica, e non pensano che ad accrescere quanto più si possa il fitto; — dal che
segue che non havvi, in ciò che riguardi la terra , quasi nulla di comune tra i
proprietarii ed i fittaiuoli.
Essendo lavorate la maggior parte delle terre , non si conserva il bestiame
in tutto il corso dell'anno (1): si compra in autunno per consumare la barba
bietola (mangold wurtzel) e convertire la paglia in concime. La barbabietola
introdotta nella contea da Young ottant'anni addietro, e di cui allora non (lavasi
che la testa al bestiame, ed il rimanente si gettava nel concime, oggi è una col
tura favorita. Mei cortili delie fattorie si vedono vacche irlandesi , animali a
corte corna, vacche scozzesi senza corna, di varie specie, che si nutrono di ra*
dici e di sanse. Ha noi parlando di bestiame dobbiamo indicare un interessante
rivolgimento operatosi in questo ramo dell'industria agricola. Altra volta, per
portare i prodotti al mercato di Londra, gli allevatori del nord eian costretti, di
mandarli per un lungo e penoso viaggio di parecchie settimane. In quella parte
della Gran Bretagna, e soprattutto in Iscozia, non si poteva pensare all'ingrassa
mento dei bestiame (2). Estenuato arrivava nelle regioni più calde del mezzo-
giorno, o nelle regioni meno piovose dell'est: là, mercè un clima più dolce ed
un nutrimento più sostanzioso, non tardava ad acquistare quel grado di pingue
dine, di obliterazione delle forme naturali, che tanto piace agli amatori nel
mercato di Smithfleld. Ma quando i battelli a vapore e le strade ferrate offri
rono per mare e per terra mezzi più facili ed accessi più rapidi ai mercati, gli
allevatori cominciarono ad ingrassare eglino stessi una porzione del loro gio
vane bestiame, e accumulare così i guadagni di questo doppio ramo d'industria.
Trovando che l'ingrassamento procurava loro maggior quantità di concime, e
però migliori raccolte, s'incoraggiarono ad impegnarsi sempre più in quella via,
e d'anno in anno, a misura che i vapori e le strade ferrate si spinsero più oltre
e giunsero a punti più remoti, si vide aumentare la porzione di bestiame nutrita
ed ingrassata sui luoghi. Al tempo medesimo l'opinione, che l'ingrassamento sia
indispensabile alla buona coltura, faceva ogni giorno maggiori progressi , ed il
bestiame magro veniva sempre più ricercato. Così i guadagni degli allevatori,
e soprattutto di quelli che prendevano cura di animali proprii, si son sostenuti;
mentrechè i fittaiuoli, i quali si limitavano a nutrire il bestiame nel corso del
l'inverno , han veduto diminuire gradatamente il loro guadagno.
Un'altra causa, con questo naturale effetto d'un gran mutamento sociale, è
concorsa a detrimento dei linaiuoli di Sutfolk, e di quegli altri che comprauo il
bestiame per ingrassarlo. Quando viene il tempo in cui l'allevatore manda al
mercato il suo bestiame magro, egli comincia dallo scegliere fra tutti i suoi
prodotti dell'anno i migliori individui onde ingrassarli da sè. Giunto al primo
mercato, l'armento è sottoposto ad una nuova scelta da parte dei compratori, ed
il rimanente continua il suo viaggio, perdendo successivamente in ogni mercato
ciò che ha di meglio, fino a che più non rimangano da vendere che gli animali
decisamente inferiori, ruvidi nel pelo, cupi all'aspetto, indocili di carattere. È
così che la maggior parte delle contee, nelle quali si compra il bestiame per in
grassarlo, non ricevono che il rifiuto delle varie specie.
La mancanza di capitali presso i flttaiuoli, la penuria dei proprietarii mede
simi, i cui beni sono gravati d'ipoteche, presentano nella contea ^i Suffolk un
serio ostacolo ai progressi dell'agricoltura. Bisogna aggiungervi i pregiudizii lo
cali e certi usi onerosi ai fittaiuoli, fra gli altri quello di dare cinque arature ai
loro maggesi d'inverno, quand'anche il suolo sia una sabbia mobile, e l'obbliga
zione imposta al linaiuolo che entra di rimborsare al suo predecessore il prezzo
di quelle cinque arature, quantunque una sola sarebbe bastata, anche per le rac
colte di radici, e quantunque si sarebbe potuta dare nella primavera.
Andando più verso l'est della contea, noi arriviamo ad una stretta zona
sabbiosa, che va lungo la sponda del mare. La sua superficie, formata di antichi
depositi marini, è un miscuglio di melma salsa e di sabbie mobili alternato con
terre fangose. Al disotto si trovano, sparsi sopra un vasto spazio, ma qualche
volta riuniti in masse preziose, quei ciottoli rotondi di fosfato di calce, di cui la
chimica moderna ha saputo trarre un gran partito per la preparazione degli in
grassi artificiali. Sono talmente copiosi su certi punti, che spesso si è pagato da
30 a 40 lire per acre il permesso di estrarli dai terreni che li contengono. D'al
tronde è da notare che qui, come su altri punii posti in condizioni geologiche
più o meno analoghe, s'incontrano molte vecchie marniere, dove antiche razze
di coltivatori hanno attinto materiali di cui l'esperienza aveva loro insegnalo ad
X
l'agricoltura inglese hel 1852. 717
apprezzarne il valore come ingrassi, — e ciò alcuni secoli forse prima di sapersi
che questi materiali contenevano fosfati di calce, che il fosfato di calce fosse un
concime, o anche che il fosfato di calce esistesse al mondo.
Noi non parleremo nè dei famosi cavalli di Suffolk, così giustamente racco
mandati da Arturo Young per la loro forza e per la loro struttura, di cui si co
noscono le forme polpute e che hanno riportato il premio sei volte in otto alle
esposizioni della Società reale d'agricoltura. Non parleremo delle vacche di
Suffolk, tanto rinomate per l'abbondanza e la qualità del latte. Ma diremo qual
che parola sugli strumenti agrarii, per la fabbricazione dei quali la contea di
Suffolk ha acquistato una riputazione ben meritata. Ransone, Garret, Smith,
May, son nomi immortalati dal ferro, e che si possono leggere sugli arnesi più
comuni, dovunque la coionizzazione abbia portato l'agricoltura britannica, ed
in tutte le straniere collezioni di utensili agricoli. Gettiamo dunque, prima di
uscire dalla contea di Suffolk, sulla sua punta sud-est uno sguardo sulla mani
fattura di strumenti di MM. Hansone e May ad Ipswich. Cinquecento operai
vi stanno continuamente occupati. Là tutte le scoverte ed invenzioni moderne
nella scienza delle macchine, — la combinazione dei talenti dei più abili operai
inglesi, — quella precisione che distingue il meccanico ed il costruttore delle
locomotive, — tutti i perfezionamenti che son potuti venire da esperienze deli
cate e molte, sia nei materiali medesimi, sia nel servirsene, sotto il riguardo della
forza, della durezza, della tenacità, del peso, — i vantaggi che derivano dalla
compra in grande delle materie prime, da un'intelligente divisione di lavoro, da
una fabbricazione in grande; — tutte queste condizioni e circostanze si riuni
scono per produrre i risultati che possano insieme onorare di più i fabbricanti,
e riuscire più economici ai coltivatori. Egli è soprattutto all'attiva abilità dei capi
di questo opificio e di alcuni altri dello stesso genere, che la Società reale d'a
gricoltura è debitrice del gran successo ottenuto ordinariamente dalla parte po
polare delle sue esposizioni, nella quale si comprendono questi nuovi strumenti
di coltura, tanto varii nelle forme, di cui l'Inghilterra è giustamente orgogliosa,
e che le altre nazioni si affrettano ad adottare.
Ma ecco la vanità delle cose terrene! Un fittaiuolo del Dewonshire inventa
una zangola a moto rotatorio, — modificazione che consiste a farla girare
in un inviluppo esterno, pieno d'acqua calda, la cui temperatura vien regolata .
per mezzo d'un termometro, ciò che permette di ottenere in ogni stagioue il
grado di calore opportuno per la separazione del burro, e compire l'operazione
in un brevissimo tempo. Il ministro d'agricoltura e commercio in Francia vede
questa macchina presso la Società delle arti , e ne manda la descrizione a Pa
rigi. Un modello, fabbricato in Parigi secondo questa descrizione, si produce alla
grande esposizione, dove attira lo sguardo d'un dotto scozzese, che ne fa fare
una copia e l'importa ad Edimburgo. Là si va in estasi per questa invenzione
francese, e per sei mesi tutti gli amatori offrono ai loro amici il burro fatto
in dieci minuti, e presentano alla loro curiosità le meraviglie della buttiriera
francese.
Un fabbro del Yorkshire fissa dei denti di erpice ad eguale distanza in un
lungo asse cilindrico, ed adattando insieme due di quest'assi in modo che i denti
dell'uno si muovono entro quelli dell'altro, quando lo strumento si trascina sulla
terra, compone una macchina mirabilmente opportuna a spezzare le zolle delle
718 BWN»m»«H fcimrw.
terre forti. Questa macchina, poco osservata in Inghilterra, pasga in Norvegia-,
là è scoverta da un viaggiatore inglese, che la dichiara un'invenzione capitale; e
più tardi figura con distinzione nelle esposizioni inglesi, sotto il nome di erpice
di Norvegia.
Un altro esemplo. — Un ministro presbiteriano di Scozia immagina nel 1826
una combinazione di ruote e di lame da forbici, la quale agisce in modo che
spingendosi la macchina in un campo di grano all'epoca della messe lo taglia
cosi regolarmente come se l'operazione si fosse fatta a mano, ma con una rapidità
ed economia infinitamente maggiore. Il fratello di quel ministro, che era un col
tivatore, perfeziona la macchina, e se ne serve dodici anni di seguito per fare le
sue raccolte. Pure, pochi la vedono. La Società nazionale, è vero, accorda un
premio di 50 lire all'inventore; ma poco se ne parla. Niuno se ne occupa seria
mente, quantunque sin dal 1854 parecchie macchine simili sieno state in atti
vità nel Forfashire. Nondimeno, quattro di esse furono inviate a Nuova-York
da Dundee ove si fabbricavano. In America emigranti attivi ed intraprendenti,
stabiliti nelle immense praterie dell'ovest, ove il grano cresce così facilmente, ed
ove non mancano che le braccia per raccorlo, udirono parlare di questa nuova
Invenzione. La macchina rifatta, modificata da ingegnosi meccanici, e probabil
mente migliorata, come non poteva mancare di essere uno strumento così com
plicato, operò con felicissimo successo, e ben presto si cominciò a fabbricarne
migliaia. Infine riportata da Nuova-York a Londra nel 1851, la macchina ame
ricana da mietere figurò all'esposizione universale come il più notabile fra i pro
gressi industriali degli Stati-Uniti. I fabbricanti di strumenti aratorii si disputa
rono il privilegio di speculare sul brevetto d'invenzione preso dagli importatori
di quella pretesa macchina americana; — gli uomini pratici dichiararono grave
mente che si poteva applicare con economia alle colture inglesi; — le commis
sioni arrivarono a centinaia, e nessuno mai dubitò che la macchina originale, la
macchina modello continuasse ad operare tranquillamente nei campi d'un piccolo
fitiamolo di Scozia I
Gli aratri di Ransone sono noti a tutti coloro che han visitato le esposi
zioni della Società reale d'agricoltura. Se ne fanno più di 300 specie diverse, tutte
più o meno ricercate, e di cui ciascuno del pezzi può essere immediatamente
fornito. Speriamo che i fitiamoli di Suffolk saranno disposti ad adottare, in so
stituzione all'aratro di legno con un sol manico, di cui generalmente si servono,
qualcuno fra i migliori dei 500 modelli di Ransone e May, tostochè avrà fatto
un viaggio d'oltremare e sarà ritornato con un nome transatlantico. Le eleganti
e leggiere carrette ad un cavallo, che si fabbricano pure ad Ipswich, potrebbero
con gran vantaggio sostituirsi alle penanti carrette che si vedono ancora presso
quei medesimi fittaiuoli, e che son tanto in disarmonia coi loro seminatoi e le
loro zappe mosse da cavallo, arnesi di costruzione moderna.
La quistione degli strumenti aratorii è per se stessa d'un'alta impor
tanza. All'epoca in cui fu introdotta la macchina da trebbiare erasi cal
colato che l'adozione generale di questa macchina avrebbe procurato alfln-
ghitterra un'economia di 1,200,000 lire (50 milioni dì franchi), ciò ebe era
sembrato un'esagerazione. Ascoltiamo su tal riguardo Mr. Caird : « Lo stesso
giorno, egli dice, nel quale noi avevamo veduto la macchina a vapore di
Mr. Thomas di Lidlington, nelta contea di Bedford, colla quale la treb
l'agricoltura inglese nel 1852. 719
Matura del grano gli riesce ad un penny per quarter, noi trovammo altri
coltivatori, che pagavano quattro a cinque volte tanto per la medesima ope
razione fatta a mano, cioè fatta men bene. La differenza di spesa fra la treb
bia a mano e quella a vapore, rappresenta, fra le due raccolte di grano d'una
rotazione quadrupla, 8 scellini per acre, economia che ottenuta sulla metà
delle terre in lavoro, equivule a 4 scellini per acre su tutta la superficie, ossia,
in molti casi, ad una diminuzione del 20 per 0/0 sul prezzo di fitto ». Se si
calcola per 25 milioni di quurters il prodotto del grano in Inghilterra, un'eco
nomia di 3 pence per moggio darebbe 2 milioni e mezzo di lire sterline, cioè
più che il doppio della valutazione primitiva ; ma una gran parte di questo
risparmio deve ancora ottenersi, e sventuratamente egli è sulle più cattive terre
e fra i linaiuoli meno agiati, ai quali soprattutto gioverebbe di più, che la trebbia
a mano è ancora in uso. Quest'esempio nondimeno basta per mostrare quanto
l'uso di strumenti perfezionati potrebbe contribuire a sollevare le penurie dell'a
gricoltura.
Questo rapido colpo d'occhio, gettato sopra una sola contea dell'Inghilterra,
ò bastato, come abbiam veduto, ad eccitare parecchie quistioni vitali nell'inte
resse dell'agricoltura: ci ha del resto presentato un prospetto microcosmico dello
stato generale dell'agricoltura in Inghilterra. Tutte, infatti, le contee offrono agli
occhi dello straniero un aspetto presso a poco uniforme. Cosi si osserva daper-
tutto una specie di generale progresso, notabile in certe cose, meno sensibile in
altre, modificandosi la linea dei miglioramenti secondo le circostanze locali, o
l'influenza di altre contrade. Ogni contea ha i suoi coltivatori modelli, e molte
possono citare con orgoglio certi proprielarii i quali di generazione in genera
zione non han cessato di progredire; ma in tutte egualmente si riconosce uno
spirito di cieca pratica più o meno costante, trovandosi che le più innoltrate,
sotto certi riguardi, son poi sotto eerti altri indietro ad un punto che non si
crederebbe se non si vedesse. Si potrebbero citare dei cantoni in Inghilterra che
sono oggidì men produttivi di ciò che erano ottantanni addietro ai tempi di
Young.
È ancora così che, in tutte le contee, noi incontriamo sotto varie forme
ostacoli simili allo svolgimento dei progressi agrarii; insufficienza di capitali nel
proprietario o nel fittaiuolo, sovente in entrambi', mancanza di reciproca simpa
tia fra il proprietario, il fitiamolo e il lavorante; i loro rapporti, stabiliti sopra
cattive basi; discordia nella scelta degli agenti destinati a servire di organo in
termedio fra il proprietario ed il fitiamolo. E poi la caccia! La caccia, che fa
dire ai fittaiuoli del Leicestershire, che essi pagano tre rendite, cioè l'una al pro
prietario, l'altra agli uccelli, la terza alle siepi ov'essi vanno a rifugiarsi; e fa
dire a quelli del Northamptonshire, che essi sono letteralmente divorati da questo
verme. Miserabili ! Perchè non comprendono qual onore ridonda alla contea
quando si legge nei giornali che il 24 gennaio ultimo, sette Nemrod dell'aristo
crazia hanno ucciso 430 pezzi di caccia sulle terre del nobile marchese!
Infine, dapertutto s'incontrano le medesime anomalie, le medesime contrad
dizioni. In mezzo alle doglianze quasi generali dei coltivatori, voi troverete na
turalissimo che un fittaiuolo vi dica di avere abbandonato 11 suo podere perchè
il fitto era troppo alto; ma come mai avviene che un altro si affretta a prendere
il posto suo, e il più delle volte senza la menoma diminuzione di fitto P L'uno
720 EDINBURGH BKVIEW.
vede la sua mobiglia venduta dalle autorità giudiziarie, mentre che il suo vicino,
posto in identiche circostanze, prospera ed alleva una numerosa famiglia. Quello
si dispone ad emigrare perchè dispera di campare la vita in Inghilterra, mentre
il suo parente, gravato d'una rendita più onerosa, vede crescere di anno in anno
il suo capitale, e si sente felice in patria. Doglianze vói ne troverete ogni dove;
e nondimeno è forse nei soli fittaiuoli inglesi che si trova l'amore del focolare
domestico, le gioie di famiglia e l'apparenza almeno di un vero benessere. Un
gran numero di queste anomalie si spiegano, se si considera che l'agricoltura è
un'industria, come la tessitura dei cotoni, e che in mezzo al gran numero dei
concorrenti agli affitti delle terre, i soli che abbiano probabilità di buon suc
cesso son quelli che possiedono una certa attitudine speciale, naturale o acqui
sita. È probabile che Manchester, nella sua industria dei cotoni, potrebbe pre
sentare tante fallite, tanti opificii chiusi, tante emigrazioni forzate, quante nel
l'industria agricola ne presenterebbe la più infelice delle contee.
Tutte queste osservazioni ci servono di transizione per elevarci, come l'ab
biamo enunciato da principio, ad alcune più generali considerazioni sull'econo
mia agraria dell'Inghilterra. Indipendentemente da certi dati fisici che modificano,
e fino a certo punto determinano nel nostro paese le temperature d'estate e di
inverno, la Gran Bretagna, posta fra due mari, l'un dei quali comunica coll'im-
menso bacino dell'Attantico, sorgente dei venti e delle pioggie, presenta per ne
cessità una gran differenza di temperatura nelle sue parti orientale ed occiden
tale. Se si consulta la carta igrometrica dell'Europa, nell'Attante fisico di John-
ston, si vedrà che la linea di 25 pollici di pioggia comincia all'imboccatura
della Clyde, e descrivendo una doppia curva, all'est di Manchester ed all'ovest
di Oxford, passa immediatamente al sud di Londra da dove si dirige verso l'im
boccatura del Tamigi e nel mare d'Alemagna, all'oriente della costa di Suflolk.
Questa linea divide in due parti l'isola: nella parte orientale, generalmente
piove di più: nel nord della Scozia, nel Cumberland, nel paese di Galles, nel
Devonshire e nella Cornovaglia, ne cadono in media da 30 a 55 pollici. Questa
sensibile differenza nella quantità della pioggia dà naturalmente ad ogni parie
dell'isola certi vantaggi opportuni alle varie specie di coltivazione. Così l'est
ed il sud sono da lungo tempo sottomessi all'aratro e destinati alla coltura dei
cereali; il centro e l'ovest ai pascoli ed all'allevamento del bestiame; il nord
all'una ed all'altra cosa.
La conformazione fisica del paese ha pure la sua influenza. Una considere
vole parte della sua superficie è occupata dalle montagne di Galles, del Cumber
land, dai monti Cheviot, e da molte altre catene inferiori. Questi altipiani ap
partengono principalmente alla regione dei pascoli e del bestiame; e come sono
principalmente favorevoli all'allevamento dei montoni, così ne viene che la lana
figura molto nelle diverse forme dell'industria agricola.
Si è notato che, nelle contee in cui le terre si affittano a minor prezzo, ec
cettuate le tre più settentrionali, il fondo del suolo è in generale cretaceo, men
tre il gres rosso domina nelle contee ove le rendite sono più alte. Si comprende
che questa scala di rendite o filii non potrebbe indicare con matematica preci
sione i diversi gradi in cui le varie specie di roccie inferiori modificano il valore
della superficie; ma l'osservazione che or ora abbiamo citata non lascia alcun
dubbio su questa generale iutlueuza, e permette di concepire la realità dei rap
l'agricoltura inglese nel 1852. 721
porli che passano fra la geologia scientifica e l'agricoltura pratica, rapporti i
quali fino ad un'epoca recentissima erano appena compresi.
in Inghilterra, come ogni dove, il carattere speciale dell'economia agricola è
dunque uei diversi distretti subordinato alle leggi naturali. La posizione geo
grafica del paese, i suoi rapporti coi mari e coi continenti, la configurazione
della superficie, la struttura geologica dei terreni, son tante condizioni che de
cidono i generi di coltura preferibili nei diversi punti dei paesi. Il miglior uso
che gli abitanti possano fare delle loro facoltà personali, e della loro industria,
consiste nell'aiutare lo svolgimento delle tendenze naturali che risultano da tali
condizioni, e così compire il disegno che la Natura medesima aveva sbozzato.
Il carattere proprio della popolazione è un elemento fisso, importante quanto
ogni altra delle condizioni che abbiamo enumerate. Egli è soltanto nelle con
trade in cui le tendenze innate delle popolazioni concorrano, — come si vede in
certe parti della Svizzera, — colle abitudini di vita volute dal genere di coltura
a cui meglio si presti il paese, egli è colà che può sperarsi di vedere l'agricoltura
avviata nel senso del generale progresso di cognizioni umane, e pervenire a tutta
la perfezione di cui sia capace.
Noi abbiam deito che l'Inghilterra si divide in regione da cereali, regione da
bestiame, regione da lana, e regione da colture miste. Questa naturale riparti
zione dà alla sua agricoltura (prendendo sempre questa parola nei senso più
largo) un'indipendenza che non potrebbe trovarsi nelle contrade le quali produ
cono esclusivamente cereali, o bestiame, o zucchero, o cotone. In Inghilterra
non havvi coltura dominante che eserciti su tutte le altre una pressione ed una
influenza tale da costringerle a prosperare quand'essa prosperi, a soffrire quando
essa soffra. È appena se i profitti d'una metà dei coltivatori inglesi dipendano
dal prezzo del grano. Cosi può avvenire che coloro i quali si consacrino alla
coltura dei cereali, soffrano in un momento in cui gl'interessi rurali, presi nel
loro insieme, sieno floridissimi. Del pari, gli allevatori di bestiame possono aver
motivi di doglianze, mentre quelli che coltivano i cereali sieno comparativamente
soddisfatti. Fra gli allevatori medesimi, gli uni potranno soffrire per effetto del
ribasso avvenuto nella carne da macello, o per altre accidentali cagioni, men
tre gli altri profitteranno dell'alto prezzo dei latticinii o delle lane, risultante
dallo stato dei mercati nella Sassonia o nell'Australia. In fine, la regione da
colture miste potrà passare dall'una all'altra, secondo i casi. Ed è così che la
varietà dei mezzi agricoli, di cui l'Inghilterra dispone, assicura alla sua rurale
prosperità una fermezza, a scuoter la quale occorrerebbe un concorso affatto
straordinario ed improbabile di circostanze funeste.
E nondimeno, questa medesima condizione di cose, su cui la prosperità in
glese riposa, è ciò che fornisce materia ad un'agitazione continua e permette
sempre di presentare gl'interessi agrarii come in istato di patimento. E raro e
difficile che tutti i rami d'un'industria rurale, soggetti a condizioni tanto nume
rose e diverse, sieno egualmente prosperi. In tutti gli anni, ed in tutte le sta
gioni, si possono udire doglianze più o meno legittime da parie di qualcuno fra
i rami dell'agricoltura, quantunque l'agricoltura nel suo insieme sia florida. E
un male che deriva dai medesimi elementi ai quali l'agricoltura è debitrice della
sua prosperità. Nell'ordine naturale, come nel morale, il dauno parziale è quasi
sempre inseparabile dal bene di Lutti.
Ectnom. 2a serie. Toh. I. — 46.
722 EDIMti IIGH RBVIEW.
L'indole dei progressi che l'agricoltura inglese sembra esser chiamata a com
pire è in certo modo indicata da queste medesime basi costanti. Il suo generale
progresso è una conseguenza necessaria dell'attività, del carattere intraprendente,
che distingue la razza anglo-sassone. Gli alti prezzi, generati dalla guerra e dal
l'aumento della popolazione dopo la pace, stimolarono questa tendenza, e colla
facilità dello smercio incoraggiarono i dissodamenti delle terre incolte e il miglio
ramento delle antiche coltivazioni. Ma lo abitudini della popolazione non hanno
esercitato una minore influenza sulla direzione data a questo progresso, sulla
natura dei prodotti che il coltivatore inglese è stato dalle dimande crescenti
spinto a moltiplicare, — in altri termini, sul genere di coltura, che egli è stato
condotto a svolgere.
Noi abbiamo veduto che una fra le grandi divisioni dell'isola era special
mente adatta all'allevamento del bestiame, ed un'altra era adatta insieme all'al
levamento del bestiame ed alla coltura dei cereali. Ora, il popolo inglese è per
abitudine inclinato al consumo della carne; e sembra che le classi medie e su
periori paghino almeno il triplo al fittaiuolo per il cibo animale da lui prodotto,
che per il grano da lui comperato onde farne del pane. È dunque probabile
che in tutte le fasi della storia inglese la prosperità pecuniaria dei proprietarii
inglesi sia tanto dipesa dal prezzo dei prodotti animali, che da quello dei cereali.
E questa relativa dipendenza è andata sempre crescendo, cioè ha seguito Pan-
mento della popolazione e della generale agiatezza, sopratutto dopo la pace. In
fatti dopo la pace i cereali di origine inglese mai non furono sui mercati inglesi al
coverto dell'influenza delle importazioni dall'estero; e da dieci o quindici anni in
qua, sopratutto, le importazioni dall'estero hanno, per così dire, regolato i prezzi
del mercato inglese. Da un altro Iato, la carne e i latticinii stranieri non hanno
presentato che una debole concorrenza ai prodotti dei prati inglesi, di modo
che l'allevamento del bestiame e i latticinii rimasero per lungo tempo incorag
giati, ed una specie di premio fu offerto per la conversione delle terre arative in
terre addette alla produzione della carne, del formaggio e della lana. Questo
premio è tanto alto nel momento attuale, che, mentre una data quantità di ce
reali provenienti dalla regione orientale ottiene a un dipresso il prezzo medesimo
che otteneva ottant'anni addietro, i latticinii del Cheshire e del Lancashire, i
quali allora si sarebbero venduti per 100 lire, ne valgono oggi 200. La mede
sima regola è a un dipresso applicabile alla carne, alla lana ed al burro; di modo
che, supponendo che in tutto questo tempo non vi sia stato alcun miglioramento
nelle terre da cereali, o nelle terre a pascolo, il guadagno proporzionale della
coltivazione di quest'ultimo relativamente alle prime ha dovuto ottenere un au
mento considerevole.
Gli effetti di un tale incoraggiamento dato alla produzione del bestiame a
preferenza di quella dei cereali, per quanto le circostanze naturali, geografiche,
fisiche, geologiche ed antropologiche, lo permettevano, sono stati notabilissimi,
non solo nei metodi di coltura gradatamente introdotti, ma anche nell'influenza
esercitata dalla recente legislazione sull'agricoltura inglese in generale, e sul
litio della terra, in senso assoluto, ed in senso relativo. Quanto ai metodi di col
tura, la produzione d'una maggiore quantità d'ingrassi ha arricchito e reso più
produttive le terre a grano, a cui si è applicato l'ingrasso : coloro che fino al
lora lo avevano trascurato, hanno appreso ad apprezzarne il valore ; si son
l'agricoltura, inglese nbl 1852. 723
fatti esperimenti, si è cercato fuori del podere ciò che nel podere non potevasi
rinvenire. Ciascuno oggi sa come un tal movimento abbia fatto riunire ed im
portare immense quantità di ossa, abbia falto sorgere molti opiflcii d'ingrasso
artificiale, e trasportare intiere montagne di guano da isole lontanissime, ecc.
Quanto alle provvidenze legisìative — di cui le più contestate, in quanto
riguarda i'agricoltura, son quelle che influiscono sui cereali, — esse han con
centrato l'azione seriamente notevole della soppressione dei dazii, ad una parie
ben piccola dei prodotti agrarii, e ad una zona di terre secche, meno esposte
alle pioggie dove i cereali saranno sempre la principale coltura, e probabilmente
pure la più profittevole.
In fine, l'effetto di questo medesimo cangiamento sulla meta comparativa
dei fiui nelle varie regioni, è stato notabile. Young nel 1770 calcolava per scel
lini 15. 4 il prezzo medio d'un acre di terra in coltura in 26 contee d'Inghil
terra: Mr. Caird nel 1850 e nelle medesime contee lo calcolava scellini 26. 10
(fr. 82, 80 per ettara). Dal che risulterebbe che in 80 anni le rendite si sono
raddoppiate. Paragonando regioni diverse, che formano insieme 30 contee. Mr.
Caird ha trovato i risultati seguenti :
Fitto nel 1851.
Regione dell'est e del sud : cereali . . . scell. 23. 8
Regione del centro e dell'ovest: pascoli . » 51. 5
Dal che risulta che, nella prima regione, i fitti si sono elevati di scellini 10.
4, e nell'altra di scell. 18. 1, al di sopra della media del 1770. Così dunque,
per solo effetto delle cause naturali, ed indipendentemente dai progressi com
piutisi nelle colture, la proprietà è cresciuta in valore, e quindi i proprietarii
hanno ottenuto sotto forma di rendita guadagni molto maggiori nella parte
occidentale, che nella parte orientale. Ma la differenza è stata più sensibile an
cora per i fittaiuoli. In fatti, i prodotti principali dei loro poderi, supponendone
la quantità eguale a quella che era nel 1770, si sono raddoppiati nell'ovest in
valore corrente, mentre che nell'est han conservato, nel 1852, il valore mede
simo che avevano 80 anni addietro. In altri termini, lasciando da canto in ambe
le regioni tutti i miglioramenti, le praterie, mediante un aumento di scell. 18. 1
per acre nel fitto, rendono oggi il doppio in danaro di ciò che altra volta rende
vano; laddove, per le terre a cereali, il fitto è cresciuto di scellini 10. 4 per
acre, ma il prodotto in danaro non si è mutato.
Questo problema delle rendite o fitti non è stato meno imbarazzante per gli
Economisti, che per i proprietarii ed i loro inquilini.
La meta delle rendite è spesso determinata da circostanze locali, personali,
arbitrarie, ed anco bizzarre, come dalla natura del suolo e del clima, dall'im
portanza delle raccolte, e dalle facilità di accesso ai mercati. Abbiamo già ve
duto che, per effetto del generale progresso, la media dei fitti erasi raddop
piata, e che l'intervento di cause naturali aveva portato l'aumento sulle terre
a pascolo, più che sulle terre a cereali. Ci rimane da dire una parola sul
l'influenza che i miglioramenti particolari introdotti nell'agricoltura avran po
tuto esercitare su questi medesimi fitti. Prendiamo ad esempio una fattoria a
coltura mista, come quelle che si trovano in gran numero nelle contee di Bed-
ford e di Norfolk, ed il cui fitto medio nel 1770 era di scell. 11.9 per acre.
724 tnuciuiK.ii review.
Ecco, fra gli altri miglioramenti introdotti da quell'epoca in qua, i guadagni o
risparmii che si sooo ottenuti per ogni acre di terra. Noi diamo, per la maggior
parte di questi articoli, le somme indicateci dai coltivatori medesimi :
scell. 50. 2
. 26. 10
i/agiucolthia inglese nel 1852. 725
Ora il fitto reale attualmente è scell. 25. 3
Il che lascia una semplice differenza di » 1. 7
in favore del fittaiuolo.
Da quanto precede si vede che l'aumento dei mezzi e il miglioramento dei
metodi è la base di ogni durevole aumento nel prodotto della terra, ed in conse
guenza nel fitto; e quindi è immediato interesse di tutti i proprietarii il favorire
ogni cosa che possa mettere in tali condizioni il fittaiuolo. Ma, indipendentemente
dalla metà dei vantaggi che il fittaiuolo ha raccolti dai miglioramenti e rispar
mi! introdotti nella sua coltivazione, egli ha profittato di tutto ciò che i suoi pro
dotti hanno acquistato in valore per effetto dell'aumento dei prezzi. Se quest'au
mento non fosse avvenuto egli avrebbe dovuto conservare per sè più che la metà
dei guadagni di cui si tratta, — in altri termini, i fitti non si sarebbero mai in
nalzati alla loro meta attuale. Diciamo che sarebbe stato costretto di conservare
una maggiore porzione di quei vantaggi, perchè altrimenti non avrebbe potuto
nè ammassare il capitale che ha permesso i miglioramenti, nè procurarsi quel
benessere che l'incivilimento ha renduto necessario all'esistenza dei fittaiuoli, non
meno che a quella dei proprietarii, nel 1852 comparativamente al 1770. Così
dunque, non solamente i miglioramenti pratici sono stati la causa dell'elevazione
dei fitti, ma il mantenimento di questi fitti non è possibile, se non colla conti
nuazione di un sistema di miglioramenti progressivi, che abbiano soprattutto lo
scopo di aumentare la produzione d'ogni specie di nutrimento animale, e di qua
lità superiore.
Molto d'altronde vi sarebbe a fare, — sia per la via legisìativa, facilitando i
miglioramenti, come la fognatura in grande, modificando alcune fra le leggi re
lative alla trasmissione della proprietà stabile, — sia per mezzo di più liberali
convenzioni tra i proprietarii e i loro inquilini, per venire in aiuto a quei colti
vatori che più abbian sofferto per effetto dell'attuale ribasso nel prezzo dei cereali.
Si potrebbe nel medesimo tempo incoraggiare nelle località favorevoli lo svolgi
mento di certe speciali colture, come il liuo, la cicorea, ed anche la barbabietola.
Infine, per ciò che riguarda la parte più specialmente scientifica dell agricoltura,
noi raccomanderemmo l'esecuzione di esperienze sul terreno, ed un maggiore
impulso dato all'educazione agricola. Nondimeno, su quest'ultimo punto, facendo
notare che l'Inghilterra è forse nel mondo il paese in cui l'istruzione pubblica in
materia d'agricoltura sia più debolmente ordinata, bisogna aggiungere che ciò
non le ha impedito d'innalzarsi al primo rango nel pratico perfezionamento di
questa scienza.
In breve, se si riflette sull'avvenire probabile dell'agricoltura inglese, si ri
conoscerà che i suoi progressi devono inevitabilmente continuare nella direzione
accennata qui sopra. Di anno in anno si vedranno le colture miste soppiantare
gradatamente la coltura esclusiva dei cereali. L'allevamento del bestiame si pro
pagherà verso l'est ed il sud, per quanto lo permettano le condizioni del suolo,
procurando alle contee oggidì men favorite, una più larga parte di beneficii,
fino a che una specie di equilibrio si sia stabilita su tal riguardo tra le diverse
regioni.
LAVERGNE.
SAGGIO
SULLA
ECONOMIA RURALE
DELL' INGHILTERRA ,
DELLA SCOZIA E DELL'IRLANDA.
729
ECONOMIA RURALE
DELL'INGHILTERRA.
CAPITOLO PRIMO.
Il suolo ed il clima.
poveri e più improduttivi di tutti, quelli della Lozera e dell'Alta Loira che ven
gono in seguito, sono ancora molto superiori, per qualità naturali, alle celebri
contee di Argyle e d'Inverness, ed alla contea, più inaccessibile ancora, del Su-
therland. Questa superiorità, sempre più distinta nei dipartimenti del Cantal, del
Puy-de-Dòme, della Corrèze, della Creuse, dell'Alta-Vienna, diviene affatto in
commensurabile quando alle migliori vallate àegYhiyhlands si contrappongono
la Limagna d'Alvernia, e la vallata del Grèsivaudan, questi due paradisi del col
tivatore gettati in mezzo alla nostra regione montagnosa.
La bassa Scozia medesima è ben lontana dal mostrarsi ogni dove capace di
coltura: numerose catene l'attraversano ed uniscono le montagne del Nortbum-
berland a quelle dei Grampians. Sui quattro milioni di ettari di cui si compone,
due son quasi improduttivi, due altri presentano quasi dappertutto, principal
mente attorno ad Edimburgo ed a Periti, i prodigii della più perfezionata coltura;
ma il suolo non è veramente ricco e profondo che sopra un milione di ettari
all'incirca; il rimanente è povero e magro. Quanto al clima, basta ricordare che
Edimburgo trovasi alla latitudine di Copenaghen e di Mosca. La neve e la piog
gia vi cadono senz' interruzione per tre quarti dell'anno, e i frutti della terra non
hanno per isvolgersi che un'estate breve ed avventurosa.
La parte che in Francia presenta maggior somiglianza colla bassa Scozia è
quella dei dieci dipartimenti che formano la frontiera orientale, dalle Ardenne
al Delfinato per i Vosgi ed il Jura; ma là ancora la superiorità del clima e del
suolo è sensibile. La natura ha fatto i pascoli della Lorena e della Franca Con
tea per lo meno uguali a quelli d'Ayr e di Galloway; l'Alsazia vai bene quanto
i Sothians. La punta settentrionale di questa regione è a 6° di latitudine al di
sotto di Berwick; e la sua punta meridionale è alla latitudine di Venezia; il sof
fio ardente dell'aria italiana arriva sino a Lione.
Fra le due frazioni dell'Irlanda, quella del nord-ovest, che abbraccia un
quarto dell'isola e comprende la provincia di Connaught, colle contee adiacenti
di Donegal, di Clare e di Kerry, somiglia molto al paese di Galles, ed anche
nelle sue parti più cattive, all'alta Scozia. Là sono ancora due milioni di ettari
sciaurati, il cui spaventevole aspetto ha dato origine a quel proverbio nazionale:
andare all'inferno o in Connaught: l'altra al sud-est, molto più considerevole,
perchè abbraccia tre quarti dell'isola, e comprende le tre provincie di Leinster,
Ulster e Munster, cioè circa 6 milioni di ettari, è uguale per lo meno all' Inghilterra
propriamente delta, riguardo a fertilità naturale. Non tutto per altro vi è egual
mente buono; l'umidità è anche maggiore che in Inghilterra. Grandi paludi tor
bose, che si chiamano bogs, coprono un decimo circa di questa superficie ; più
che un altro decimo bisogna dedurne per le montagne ed i laghi; e insomma 5
milioni di ettari, sopra 8, sono i soli che sieno coltivati. Fatta deduzione del
nord-ovest che abbiamo paragonato all'Inghilterra, del centro e dell'est che ab
biamo paragonato alla Scozia, la Francia non ci offre più che il mezzodì da pa
ragonarlo all'Irlanda. Questo confronto si giustifica sotto alcuni riguardi, perchè
la Francia meridionale è relativamente al nord un paese distinto ed inferiore in
ricchezza acquisita, come l'Irlanda lo è relativamente all'Inghilterra. Ma qui finisce
l'analogia, perchè sotto un altro riguardo tutto vi è dissimile. Il confronto riesce,
come per le altre parti, e più forse ancora, in favore della Francia. La nostra re
gione meridionale si estende dalla foce della Garonna a quella del Varo. Abbraccia
734 LATERGHE.
una ventina di dipartimenti, circa lo milioni di ettari, ciò che mantiene la pro
porzione; ha essa pure, nei Pirenei e nelle Ceveune, la sua parte montagnosa,
ma vi è ben differenza, riguardo a fecondità, Ini le montagne delt'ltèrault e del
Gard, che producono la seta, ed anche tra i cantoni dei Pirenei, ove la coltura
può innalzarsi fino ai piedi delle nevi perpetue, e tra le glaciali asprezze del
Connaught e del Donegal: a misura che si scende nelle pianure, la superiorità
diviene sempre più notabile, malgrado i vantaggi naturali che han fatto dare
all'Irlanda il soprannome poetico: «7 più bel fiore delta terra e la più helta
perla del mare.
La pianura che si estende da Dublino alla baia di Gallway in tutta la larghezza
dell'Irlanda, e che forma l'orgoglio di quest'isola, è vinta, in ricchezza come in
estensione, dalla magnifica vallata della Garonna, uno dei più bei paesi agrarii.
La vallata d'oro, golden vale, di cui si vanta Limeriek, i pascoli delle sponde
della Shannon, le terre profonde e tanto favorevoli alla produzione del lino nei
dintorni di Belfast, hanno senza dubbio un gran valore; ma i vigneti del Medoc,
i terreni del Comtat che portano la robbia, quelli della Linguadoca ove il fru
mento ed il mais possono succedersi, quelli della Provenza dove matura l'ulivo
e l'arancio, valgono ancora più. L'Irlanda ha sopra l'Inghilterra il vantaggio
di contenere meno argille, sabbie e crete e di possedere in generale un suolo di
buona qualità ; ma la Francia meridionale la vince per clima. I bogs irlandesi
non hanno equivalente nelle lande paludose della Guascogna e della Camargua,
perchè queste son meno ribelli alla produzione.
Così il nostro territorio la vince in tutti i punti a confronto del territorio
britannico, non solamente per estensione, ma ben anco per fertilità. La nostra
zona del nord-ovest vai meglio che l'Inghilterra e il paese di Galles, quella
del centro e dell'est vai meglio che la Scozia, quella del sud vai meglio che
l'Irlanda.
Sessantanni addietro Arturo Young, il grande agronomo inglese, riconobhe
questa nostra superiorità di suolo e di clima: « Io ho passato in rivista, dice
egli alla fine del suo Viaggio agrario in Francia, dal 1787 al 1790, tutte le
provincie francesi; e credo ehe in fatto di suolo questo regno è superiore all'In
ghilterra. La proporzione di cattive terre che si trovano in Inghilterra, relativa
mente alla totalità del territorio, è ben maggiore che in Francia. Non vi si
trova quella quantità di sabbia arida, che si trova nelle contee di Norfolk e di
Suffolk. Le paludi, le brughiere, le lande, così comuni in Bretagna, in Angiò,
nel Maine e nella Guiana, son molto minori che le nostre. Le montagne di
Scozia e del paese di Galles non sono paragonabili, riguardo al suolo, con quelle
dei Pirenei, dell'Alvernia, del Delfinato, della Provenza, della Linguadoca.
Quanto ai terreni argillosi, in Francia non sono così tenaci come in Inghilterra,
ed io non ve ne ho incontrato alcuno che rassomigli a quello di Sussex «. Il
celebre agronomo inglese rende il medesimo omaggio al cielo della Francia :
noi sappiamo cavar partito dal nostro clima, dice egli, ed i Francesi sono an
cora nelt' infanzia sotto questo riguardo: ma quanto alle qualità intrinseche dei
due climi, egli non esita punto a dare la preferenza al nostro, e questa convin
zione si riproduce ad ogni linea del suo libro.
E nondimeno, salvo le eccezioni di casi speciali, per altro numerosi, ma che
non distruggono la regola, l'Inghilterra, anche prima del 1848, era meglio col
IL SUOLO ED IL CLIMA. 755
CAPITOLO II.
I montoni.
considerata dai nostri vicini come la prima fra le industrie agrarie. Chi mai
ignora che il cancelliere d'Inghilterra, presidente della Camera dei Pari, siede
sopra un sacco di lana, onde mostrare con un simbolo pittoresco l'importanza
che tutta la nazione affigge ad un tal prodotto? La carne di montone anch'essa
è ricercatissima dai consumatori inglesi.
Da cent'anni in qua, il numero dei montoni ha seguito una medesima pro
gressione in Francia e nelle isole britanniche : vi si è egualmente raddoppiata.
Si calcola che nel 1750 questo numero in ciascuno dei due paesi doveva essere
di 17 a 18 milioni di teste; oggi dev'essere 5ò. La statistica ufliciale francese
dice 32 milioni, e Mac Culloch arriva alla medesima cifra per il Regno Unito;
ma dall'una e dall'altra parte, io credo, vi ha errore in meno. Questa apparente
uguaglianza nasconde una disuguaglianza profonda. I 55 milioui di montoni in
glesi vivono sopra 31 milioni di ettari, quelli della Francia sopra 55 ; per
averne proporzionatamente un numero eguale a quello dei nostri vicini , ce ne
occorrerebbero 60 milioni.
Questa differenza già sensibile si accresce quando si paragona la Francia al-
l'In"hilterra propriamente detta; le due altre parti del Regno Unito non hanno
che pochi montoni relativamente alla superficie; la Scozia, malgrado tutti i suoi
sforzi, non può nutrirne che 4 milioni all'incirca ; l'Irlanda, che pei suoi pascoli
dovrebbe rivaleggiare coll'Inghilterra, non ne conta tutto al più che 2 milioni
sopra 8 milioni di ettari, e non è questo uno fra gli ultimi segni della sua info-
riorilà ; la sola Inghilterra ne ha 30 milioni all'incirca su 15 milioni di ettari,
cioè proporzionatamente ne ha tre volte più che la Francia.
A questa disuguaglianza di numero si unisce una differenza non meno im
portante nella qualità.
Da circa un secolo , indipendentemente dagli interiori progressi stati mag
giori in Inghilterra che presso noi, i due paesi hanno seguilo nell'allevamento
delle greggie due opposte tendenze. In Francia la lana è stata considerata come
il principale prodotto, e la carne come un accessorio. In Inghilterra, all'opposto,
la lana fu tenuta come accessorio, e la carne come principale. Da questa sem
plice distinzione, che a primo aspetto parrebbe poco importante, datano le diffe
renze nei risultati che si contano a centinaia di milioui.
Gli sforzi tentati in Francia per migliorare la razza ovina da 80 anni in qua
si riassumono tutti nell'introduzione dei merini. La Spagna possedeva un tempo
questa bella razza formatasi lentamente sull'immensa spianata delle Castiglie; la
riputazione delle lane spagnuole spinse molte altre nazioni europee, soprattutto
la Sassonia, a tentarne l'importazione. Riuscito questo tentativo, la Francia
volle farne anch'essa un saggio , e Luigi XVI , questo eccellente principe che
diede il segnale di tutti i progressi ell'ettuatisi in seguito , domandò ed ottenne
dal re di Spagna la spedizione di un gregge spagnuolo per la sua fattoria di
Rambouillet. Quel gregge , migliorato e in qualche modo trasformato dalle cure
di cui fu l'oggetto, divenne lo stipite di quasi tutti i merini sparsi nella Francia.
Due altre sotto-razze, egualmente d'origine spagnuola, quella di Perpignano e
quella di Naz, sono state da esso sorpassate.
I proprietarii ed i coltivatori francesi dapprima esitarono molto ad accogliere
l'innovazione. Sopravvenuta la rivoluzione, molti anni scorsero senza che se ne
ottenesse alcun elfelto importante; fu soltanto sotto l'impero che i vantaggi della
1 MONTONI. 757
carne, che per altro era estimatissima ; come la loro lana era ricercata per certe
specie di panni.
Un proprietario di quel paese, chiamato Gio. Ellmann, si mise verso il 1780
ad applicare i metodi cosi ben riusciti a Bakewell nel perfezionamento delle
razze a lunga lana, coll'intento di migliorare la specie dei south downs. Una
circostanza particolare gli permetteva di tentare questo saggio colla speranza di
qualche buon successo. Lungo le colline del Sussex si estende una striscia di
terre basse e coltivate, che potevano fornire un sovrappiù di nutrimento artifi
ciale durante l'inverno. Ciò che infatti ritiene in cattivo stato i montoni di mon
tagna è meno la magrezza del pascolo in estate , che il difetto quasi totale di
nutrimento in inverno; verità sovrabbondantemente provata dalle esperienze di
Ellmann e dei suoi successori sul montone delle dune.
Tostochè questo montone aggiunse al suo nutrimento d'estate un buon reg-
gime d'inverno, si vide a prendere rapidamente proporzioni più forti ; e siccome
nel medesimo tempo con una scella di buoni riproduttori si cercava di dargli
quanto fosse possibile l'attitudine all'ingrassamento precoce, e la perfezione di
forme che distinguevano il Dishley , così Unì col diventare quasi rivale della
razza Bakewell. Oggidì, dopo settant'anni di cure ben intese, i montoni south
downs danno, per termine medio, 40 a 50 chilogrammi di carne netta. S'ingras
sano in generale verso i due anni, e si vendono dopo la seconda tosatura. La
loro carne si considera come migliore che quella dei nuovi Leicester. Il peso del
loro vello si è raddoppiato come quello del loro corpo , ed avendo conservato
l'abitudine del pascolo estivo, hanno conservato egualmente il loro temperamento
robusto e la loro primitiva rusticità.
Si è calcolato che le dune della contea di Sussex e le pianure vicine deb
bono nutrire oggidì un milione di montoni migliorati; e la razza non è più cir
coscritta nei suoi antichi limiti, ma ne è uscita per ispargersi fuori, sia sosti
tuendosi puramente e semplicemente alle varietà locali, sia mischiandosi ad esse
e trasformandole radicalmente per mezzo d'incrocicchiamento; essa ha penetrato
dovunque il terreno, senz'essere abbastanza ricco per nutrire i Dishley, lo è non
dimeno abbastanza per unire a dei buoni pascoli estivi un sufficiente alimento
d'inverno: domina in tutte le contrade di formazione calcare, tende a sostituire
le antiche specie delle contee di Berks, di Hauts e di Wilts, e nel nord si trova
fino nel Cumberland e Westmoreland.
La storia dei montoni cheviot non è cosi splendida come quella dei Disbley
e dei south downs. Questa razza nondimeno non è men preziosa che le altre,
in quanto che permette di trarre tutto il partito possibile dalle regioni fredde ed
incolte. Venuta dalle montagne intermedie fra le alte catene d'Inghilterra eie
terre coltivate, deve il suo miglioramento, come i south downs, ad un sovrappiù
di alimento artificiale in inverno, per quanto almeno i luoghi agresti in cui vive
l'abbian permesso. È stata inoltre, come ogni altra, l'oggetto di scelte eseguite
con molta cura, e le sue forme oggidì son tanto perfezionate quanto più si po
teva. 1 montoni cheviot perfezionati s'ingrassano nel terzo anno della loro età, e
danno da 30 a 40 chilogrammi di carne eccellente. Il loro vello è spesso e corto,
passano l'inverno medesimo sulle loro montagne esposti a tutte le intemperie, e
ben di raro si pongono al coverto in un ovile.
In Inghilterra i cheviot non sono stali introdotti fuori del loro paese natale
I MONTONI. 741
che nelle parti più montagnose del paese di Galles e della Comovaglia. In
Iscozia, dove furono importati da Gio. Sinclair, si sono sparsi in gran numero;
cominciarono dall'invadere gl'biglands del sud, e di là, seguendo i monti
Grampians , penetrarono fino alle estremità settentrionali dove si propagarono
rapidamente. Dapertutto in quelle alte e tempestose regioni contendono il ter
reno ad un'altra razza ancora più rustica, la razza a testa nera delle bru
ghiere, che poco a poco abbandona loro i pascoli migliori per rifuggiarsi nelle
cime più selvaggie.
Queste tre razze tendono oggidì ad assorbire tutte le razze, ed invadere tutto
il suolo dell'Inghilterra. Alcune varietà locali persistono nondimeno e si svol
gono separatamente ; tali sono quella delle paludi di Romney nella contea di
Kent, quella degli altipiani o cots wolds nella contea di Glocester, le razze di
Lincoln e di Teeswater a lunga lana , quella di Dorset e di Hereford a corta
lana, ecc. Tutte queste specie si son migliorate con metodi analoghi a quelli che
si adottarono per i Dishley , i south downs ed i cheviot. In tutta l'Inghilterra
l'allevatore di montoni si applica soprattutto oggidì ad accrescere la precocità,
ed arrotondare le forme, sia perfezionando la sua razza medesima , sia incroc
ciandola con altre perfezionate, sia sostituendo un'altra razza alla sua, secondo
che l'uno o l'altro gli sembri più efficace all'intento. Può dirsi che il genio di
Bakewell ha invasato tutti i suoi compatrioti.
Procuriamo ora di paragonare approssimativamente i prodotti annuali che
i paesi traggono da questo egual numero di montoni.
La produzione della lana dev'essere in Francia di circa 60 milioni di chi
logrammi ; la medesima proporzione si calcola in Inghilterra per 550,000 pac
chi da 240 libbre inglesi, cioè ancora 60 milioni di chilogrammi. 1 due paesi
dunque sarebbero eguali quanto alla lana; ma l'Inghilterra la vince in una
enorme proporzione tostochè si tratti di carne.
Si macellano tutti gli anni nelle isole britanniche circa 10 milioni di capi,
di cui 8 milioni soltanto in Inghilterra, che, ad un peso di 36 chilogrammi
di carne netta, ne danno 560 milioni di chilogrammi.
In Francia si macellano circa 8 milioni di capi che, al peso medio di 18
chilogrammi di carne netta , cioè metà del montone inglese, ne danno 144
milioni.
Dal che segue che il prodotto dei 55 milioni di montoni francesi sarebbe
rappresentato dalle cifre seguenti :
(1) Qui si riferisce una delle note del Coltivatore scozzese. D'accordo con me sulla
quantità di carne prodotta dai montoni britannici, inclina a credere che io abbia vatutalo
troppo poco la quantità della lana. Dà per ragione di ciò la taglia di questi montoni, e
la lunghezza dei loro velto; ma io credo che non ha abbastanza tenuto conto del peso
medio dei velli che portano i nostri merini e merini meticci. Molti arrivano a sei chilo
grammi, e per termine medio non si possono calcolare per meno di tre o quattro; i velli
inglesi non pesano altrettanto. Per quantità, come per qualità di lana, nulla equivale ai
nostri merini. Questa superiorità in una parte dei nostri montoni compensa il difeltoche
presentano te nostre piccole razze indigene, ed io mi credo sempre nel vero ammettendo
I uguaglianza dei due paesi in questo ramo di produzione.
I MONTONI. 743
la ricchezza soprattutto nell'esportazione, non più la carne ma la lana è ciò che
si cerca, perchè la lana si esporla con maggiore facilità. Nel momento in cui
l'Inghilterra bandiva il merino, lo trasportava nelle sue colonie. All'altra estremità
iMl Oceano si trovarono regioni deserte ed indefinite, mirabilmente adatte alla
razza spagnuola, la quale vi si è largamente moltiplicata , ed un mondo nuovo
vi si è creato. Città magnifiche si elevarono come per incantesimo su quelle
spiaggie deserte. La corrente dell'emigrazione britannica vi si sparse come una
marea sempre ascendente. È nondimeno un debole animale il montone che ha
prodotto tutte queste meraviglie. Si è potuto un momento temere che la scoverta
delle miniere d'oro facesse abbandonare i pascoli , e tutta l'Inghilterra se n'è
commossa ; ma quei timori oramai son calmati, e il montone rivaleggia fino
coll'oro. . ,
Nel principio di questo secolo l'Inghilterra traeva dalla Spagna la meta delie
sue lane importate ; oggi (1855) la Spagna, non figura più che nominalmente
sopra le sue tavole d'importazione. Paesi che non davano una libbra di lana
cinquantanni addietro, di cui fino il nome era a un dipresso ignoto, figurano
su quelle tavole per quantità enormi. Tali sono le colonie britanniche nell'Au
stralia che forniscono 40 milioni di libbre, la colonia del Capo di Buona Spe
ranza e i possedimenti inglesi nell'India che ne mandano 10 a 12 milioni.
Queste lane sono d'una qualità eccellente, ed ogni dì si migliorano. I produt
tori vengono da quei lontani paesi per contendere ai nostri coltivatori l'ariete di
Rambouillet ch'essi pagano a carissimo prezzo. Riunendo al prodotto dei mon
toni indigeni quello dei montoni coloniali, l'Inghilterra raccoglie ogni anno una
ricchezza di 6 a 700 milioni, che essa in seguito raddoppia colle sue manifat
ture. Mirabile potenza dell'industria umana quando sa porre abilmente a profitto
i doni della Providenza ! Sorpassata nella produzione della carne nella parte
europea dell'impero britannico la Francia, lo è anche più nella produzione della
lana, dall'unione delle colonie e della loro metropoli. Noi tuttavia abbiamo, sia
nel nostro proprio terreno, sia nella nostra colonia africana ben più vicina a noi
che le colonie Australie all'Inghilterra, da poter rivaleggiare con essa. La mede
sima distinzione stabilitasi presso i nostri vicini dovrà probabilmente introdursi
uu giorno fra il nostro suolo nazionale ed i nostri possedimenti coloniali; presso
noi, senza precisamente rinunciare alla lana, gli allevatori rivolgeranno la loro
attenzione verso la produzione della carne più di quanto abbian fatto sinora; e
dal canto loro gli allevatori algerini hanno davanti a sè un immenso avvenire
per la produzione della lana. L'impulso è dato da ogni parte, e grandi passi si
fanno tutti i giorni in questa doppia via, ma noi ci siamo posti in cammino al
quanto tardi.
744 LAVERGNE.
CAPITOLO III.
Il grosso bestiame.
il gusto nazionale, spiega perchè il prezzo medio del latte sia più alto fra loro
che in Francia. Quando i nostri produttori ottengono tutto al più 10 centesimi
per ogni litro di latte, i produttori inglesi ne ottengono 20.
Insomma, si può calcolare la produzione di latte delle vacche inglesi però
mila milioni di litri, un terzo dei quali serve a nutrire i vitelli, e due al nutri-
mento degli uomini; cioè, in termine medio, circa nullo litri per ogni vacca.
La produzione in Francia dev'essere tutto al più 2 mila milioni di litri,
che fanno 500 litri per testa , la metà dei quali per lo meno è assorbita dai
vitelli-
Così quando i produttori francesi non hanno da poter vendere per il consu
mo degli uomini che 1000 milioni di litri, i produttori inglesi ne vendono 2000
milioni; e siccome ottengono un prezzo doppio, cosi il reddito delle cascine
dev'essere quattro votte maggiore in Inghilterra che in Francia. I due prodotti
saranno allora rappresentati dalle cifre seguenti:
Francia, mille milioni di litri a 10 cent. . . 100,000,000
Isole britanniche, duemila milioui a 20 cent. . 400,000,000
Queste differenze , qualunque ne sia la gravità , non faranno sorpresa a
chiunque abbia paragonato, anche in Francia, il prodotto delle vacche sui dif
ferenti punti del territorio. Tra una stalla di Normandia , per esempio, ove la
produzione e la manipolazione del latte sono assai bene intese, ed una stallatici
Limosino o della Linguadoca, ove la facoltà lattifera non si è sviluppata nelle
vacche, il contrasto è maggiore di quel che sia tra una stalla francese in gene
rale, ed una stalla inglese. Non solamente la quantità del latte è di molto mi
nore, ma minore è ancora il prezzo che se ne ricava. Il produttore del centro o
del mezzodì non sa che farsi del suo latte quando ne ha; il produttore del
nord invece ne cava abilmente partito. In ogni paese l'arte di produrre ed usu-
fruttare il latte è un'industria eccellente, e le contrade che fanno il burro ed il
cacio son sempre più ricche che le altre.
Se il travaglio a cui noi condanniamo il nostro grosso bestiame ci priva di
un gran reddito in latte, esso ci priva ancora d'un reddito non meno impor
tante in carne da macello.
Sembra a prima vista che il travaglio della razza bovina debba poco in
fluire sul suo prodotto in carne, e si potrebbe anche credere che, utilizzando la
vita del bove, questo travaglio permeita di produrre carne a minor prezzo. Ma
l'esperienza ha dimostrato che, se in qualche caso particolare ciò può esser vero
talvolta, in generale è un errore. L'abitudine del travaglio forma razze dure, vi
gorose, tardive, le quali, come gli uomini occupati ad un travaglio penoso, man
giano molto, s'ingrassano poco, sviluppano la loro ossatura, e definitivamente
fanno poca carne, e la fanno tardi. L'abitudine dell'ozio crea all'incontro razze
molli, tranquille, che di buon'ora s'ingrassano , prendono forme arrotondate e
carnose , ed a parità di nutrimento danno un miglior prodotto al macello. Ii«
cure dell'allevatore vengono in soccorso a questa naturale disposizione , ed io
certo modo l'aumentano all'infinito. A questa causa generale di superiorità si
possono unire alcune secondarie cagioni che derivano tutte dal principio mede
simo. Così, quando soprattutto non si bada che alla somma del lavoro sperabile
da un animale, non si manda al macello se non dopo che abbia finito il suo
IL GROSSO bestiami:. 747
(1) Una collezione completa di queste razze preziose erasi riunita in Francia all'i
stituto nazionale agronomico ,. e si è dispersa con la distruzione di questo stabilimento
IL GROSSO BESTIAME. 749
razze, colla differenza di età negli animali macellati. I bovi francesi si ammaz
zano o troppo presto o troppo tardi. La necessità di nutrire, innanzi tutto, i
nostri animali da travaglio, ci costringe di uccidere un gran numero di vitelli
nell'età appunto in cui la loro crescenza è più rapida. Sui nostri 4 milioni di
teste figurano 2 milioni e mezzo di vitelli, i quali non danno più che 30 chi
logrammi di carne netta per ciascheduno. Quelli che sopravvivono non sono
immolati se non all'età in cui la crescenza da lungo tempo è cessata, cioè dopo
che l'animale abbia consumato per molti anni un nutrimento che non è per
nulla giovato ad aumentare il suo peso. Gl'Inglesi, all'incontro, non ammaz
zano i loro animali nè tanto giovani, perchè è in gioventù che la carne si ac
cresce, nè tanto vecchi perchè nella vecchiaia si finisce di far carne ; ma scel
gono il momento preciso in cui l'animale sia pervenuto al massimo grado della
sua crescenza.
Questi risultati, così favorevoli all'economia rurale dell'Inghilterra, si atte
nuano, è vero, per il valore del travaglio che le bestie bovine forniscono alla
Francia. Noi possediamo, in tutto, circa due milioni di bovi, che quasi tutti la
vorano, e fra le nostre vacche molte ve n'hanno del pari che tirano l'aratro. Se
noi avessimo, come gl'Inglesi, soppresso ogni dove il travaglio dei bovi, saremmo
stati costretti di sostituire i cavalli, i quali esigerebbero spese che rappresen
tano il valore attuale del lavoro eseguito dalle bestie a corna. Valutando questo
lavoro a 200 fr. all'incirca per ogni coppia, sarebbe una somma annuale di 200
milioni da aggiungersi a credito della nostra razza bovina. Il conto dei prodotti
del grosso bestiame dei due paesi potrebbe allora stabilirsi in digrosso nella
maniera seguente, trascurando da ambe le parti il valore dei frastagli e quello
del concime, che devono a un di presso compensarsi, e valutando il chilogramma
di carne alla ragione di 1 franco.
Francia.
Latte 100,000,000
Carne 400,000,000
Lavoro 200,000,000
Totale . . . 700,000,000
Isole britanniche.
Latte 400,000,000
Carne 500,000,000
Totale . . . 900,000,000
ossia 110 fr. per testa e 30 fr. per ettaro. Nell'Inghilterra, propriamente detta,
questo prodotto deve ascendere a circa 50 fr. per ettaro.
Le quali cifre vengono confermate da un fatto estremamente semplice ed
agevole a verificarsi, il prezzo medio degli animali nei due paesi. In generale, il
prezzo corrente d'un animale costituisce una misura abbastanza esatta del gua
750 I.AVERi'.NE.
dagno che il compratore spera cavarne, ma è costante che il valor medio delle
bestie a coma in Inghilterra è molto al disopra di ciò che sia io Francia. Non è
neaoco necessario di andare in Inghilterra per trovare una simile differenza;
noi abbiamo in Francia due regioni, l'una in cui il grosso bestiame non lavora,
e l'altra in cui è sottoposto al giogo. Se cerchiamo il suo valor medio nelle due
regioni, lo troviamo nella prima molto al disopra di ciò che sia nella seconda;
e nondimeno l'arte d'allevare gli animali da macello unicamente a quest'uopo,
è ancora quasi ignota in Franeia ; che sarebbe adunque se fosse pervenuta al
punto in cui trovasi in Inghilterra ?
Io so che la sostituzione delle razze da latte e da macello alle razze da la
voro non sempre è possibile. Non fo alcun rimprovero a quelle parti del nostro
territorio che son coltivate da bovi o anche da vacche; non consiglio alcuna
trasformazione brusca e precipitata; mi limito a rilevare il fatto, e credo aver
dimostrato che, col solo abbandonare quasi del tutto il lavoro dei bovi, il suolo
britannico, compresovi anche la Scozia e l'Irlanda, è arrivato ad un prodotto
doppio del nostro. Tale in agricoltura è la potenza d'una giusta idea, quando sia
possibile l'applicarla.
Le altre specie d'animali domestici sono i cavalli ed i porci. Pei primi, la
superiorità dei produttori inglesi è da lungo tempo riconosciuta. Noi possediamo
in Francia circa 3 milioni di cavalli d'ogni età, ossia 6 teste circa su 100 ettari;
in Inghilterra, Scozia, ed Irlanda, se ne contano 2 milioni, ossia del pari 6 teste
circa per 100 ettari. Ma i nostri 5 milioni di cavalli non possono in cifra media
valutarsi per più che 150 fr. per uno, 450 milioni in tutto, mentre che i 2 mi
lioni di cavalli inglesi si possono valutare, per termine medio, a 500 fr. l'uno,
ciò che dà un insieme di bOO milioni di franchi. Vero è che, per compire il
paragone, bisogna aggiungere, al nostro capitale in cavalli, il valore dei nostri
muli ed asini, che la statistica ufficiale porta ad 80 milioni, e che probabilmente
si avvicina ai 100; ma anche aggiungendo quest'altra somma, noi resteremmo
sempre indietro, quand'anche l'estensione del nostro suolo dovesse assicurarci
una grande superiorità.
Si dirà forse che il valor medio dei nostri cavalli è stato attenuato nel cal
colo precedente, e quello dei cavalli inglesi aumentato. Io non credo che un tal
rimprovero sia ben fondato. Senza dubbio, non tutti i cavalli inglesi son cavalli
da corsa; ma se tutti lo fossero, varrebbero molto più che 300 fr. per uno. Il va
lore del corsiere inglese è affatto ideale, ma appartiene ad un piccolo numero di
animali, e in questo limite si giustifica sotto molti riguardi dall'alto prezzo che
gl'Inglesi affiggono ad ogni cosa capace di migliorare le loro razze. Egli è pre
cisamente perchè gli stalloni senza difetto si pagano a prezzi enormi, che gli al
levatori britannici han potuto si bene perfezionare i loro cavalli ordinarii. Ogni
specie di animali domestici ha la sua utilità speciale; quella del cavallo sta nella
forza unita alla celerità. Gl'Inglesi si sono applicati a svolgere queste due con
dizioni nei loro cavalli, qualunque cosa a prima giunta ciò potesse loro costare,
ed in fln dei conti si trova che essi non pagano più di noi, in ragione' d'unita
di forza e velocità, giacchè concentrano, per quanto si possa, i loro mezzi di pro
duzione e manutenzione sopra individui scelti, invece di sperperarle sopra ani
mali senza valore.
Oltre i loro celebri cavalli da sella, hanno delle razze da tiro egualmente
IL GROSSO BESTIAME. 751
preziose. Tali sono, per esempio, i cavalli da aratro, di cui i migliori vengono
dalla contea di Suffolk. Noi abbiamo veduto clic generalmente il travaglio dei
cavalli si era sostituito a quellii dei bovi nella coltivazione; si è con ragione
pensato che il cavallo, essendo più agile, sarebbe stato più produttivo. Si è fatto
di più: si sono sostituiti i cavalli agli uomini stessi, tutte le volte che il trava
glio dell'uomo, il più costoso di tutti, poteva rimpiazzarsi da una macchina posta
in moto da un cavallo. La somma del lavoro agricolo, eseguito in Inghilterra
per mezzo di cavalli, è dunque molto maggiore che in Francia; e il numero di
questi animali adoperati in agricoltura non si è proporzionatamente accresciuto;
è ciò perchè le loro mute, più scelte e meglio mantenute che le nostre, hanno
più vigore ed agilità.
I cavalli che servono ai lavori delle birrerie, ai trasporti di carbone, ed altre
merci pesanti e voluminose, son celebri per la loro forza e per la loro corporatura.
I migliori arrivano a prezzi elevatissimi. Lo stesso è da dire dei cavalli da vet
tura: la razza dei baj di Cleveland, nella contea di York, si riguarda come una
delle più perfette che esistano per le mute di lusso. Quanto al corsiere ed al suo
rivale, il cavallo da caccia, tutti sanno con qual insieme di sforzi si sia arrivato
a produrre e mantenere queste specie superiori. Son tante creazioni dell'indu
stria umana, son vere opere d'arte, ottenute a grandi spese e destinate a soddis
fare una passione nazionale. Si può senza esagerazione asserire che tutta la ric
chezza britannica sembra non avere altro scopo fuorchè la manutenzione delle
razze da dove escono queste privilegiate creature. Un bel cavallo riassume agli
occhi di tutti l'ideale della vita elegante, è il primo sogno della giovinetta, come
l'ultimo piacere dell'uomo invecchiato nel lavoro; tutto ciò che riguarda l'alle
vamento dei cavalli da sella, le corse, le caccie, gli esercizii in cui si spiegano
le qualità di questi splendidi favoriti, è il grande aliare di tutto il paese. Il po
polo vi prende interesse come i grandi signori, e il giorno in cui si corre il Derby
ad Epsom, tutto si sospende, non v'è più Parlamento, non affari, tutta l'Inghil
terra ha lo sguardo rivolto su quel turf che corrono alcuni giovani stalloni e
dove scommesse di milioni si guadagnano e si perdono in pochi minuti.
Noi siamo ancora ben lungi da questa voga nazionale. Certo non è già che
le nostre razze siano senza valore: hanno, all'incontro, meriti naturali, che solo
l'arte ha potuto dare ai cavalli inglesi; la produzione mai in verità non è rimasta
presso di noi al disotto del consumo; ma ciò che importa al perfezionamento
delle nostre razze si è che noi impariamo a pagare i buoni cavalli quanto va-
gliono, ecco tutto. Nulla costa tanto a prodursi quanto un buon cavallo. Finchè
noi cercheremo innanzi tutto il buon mercato, i belli e buoni cavalli non saranno
che eccezioni fra noi, quand'anche ci fosse facile il moltiplicarli. I nostri per
cheron*, boulonais, limousins, brelons, bèarnais, offrono già mirabili tipi, che
si propagherebbero e si perfezionerebbero agevolmente, se i nostri allevatori tro
vassero una sufficiente rimunerazione alle loro pene.
I porci inglesi non sono, in termine medio, più grossi che i nostri, ma sono
mollo più numerosi e si ammazzano più giovani. È sempre il gran principio
della precocità, preconizzato da Bakewell, ed applicato a tutte le specie di ani
mali comestibili. La sola Inghilterra nutre tanti porci quanto tutta la Francia.
Quelli della Scozia e dell'Irlanda sono a di più, e ben pochi fra questi animali
vivono al di là di un anno. Appartengono tutti a delle razze che s'ingrassano
752 i.AviiiwiNt.
presto, e le cui forme sono state migliorate di lunga mano. La statistica ufficiale
porta a 290 milioni di chilogrammi l'annua produzione della carne porcina in
Francia, la qual cifra deve essere inferiore alla verità, perchè un gran numero
di questi utili animali si macellano e consumano in campagna senza che la loro
esistenza ahbia potuto conoscersi e registrarsi; ma portando anche la cifra a 400
milioni, il Regno Unito deve produrne il doppio. Ecco un'altra superiorità che
non deve far meraviglia quando si sappia con quale abilità è intesa fra i nostri
vicini la condotta dei porcili. Le fattorie ove questi animali s'ingrassano per cen
tinaia non sono rare; e quasi ogni dove essi costituiscono uno fra i precipui
rami di reddito.
Tali sono i vantaggi ottenuti dall'agricoltura britannica nell'allevamento
degli animali domestici. Vero è che la Francia se ne compensa con un altro
ramo di prodotti animali, a un dipresso nullo in Inghilterra e considerevole fra
noi, il pollame. Gl'Inglesi ne allevano poco, perchè il loro umido clima mal vi
si presta, e malgrado i grandi sforzi che si son fatti da qualche tempo da alcuni
ricchi amatori, quest'industria non ha ancora pointo acquistare favore ; appena
le statistiche portano a 25 milioni per anno il valore creato con essa, laddove
in Francia si calcola per 100 milioni il solo annuo prodotto delle uova, e per
altrettanto quello d'ogni specie di pollame. Una gran parte della popolazione se
ne nutrisce, principalmente nel Mezzogiorno, e questo supplimento sostituisce
una parte di tutto ciò che ci manca in fatto di alimento animale; ma rendendo
giustizia all'importanza troppo spesso negletta di questo mezzo, non si può di
sconoscere che esso non bas'a se non imperfettamente a colmare il vuoto. Noi
vedremo, trattando delle colture, quali sono insieme le cagioni e le conseguenze
di tanta produzione animale.
CAPITOLO IV.
Le colture.
tazione, che regna oggidì con poche varianti in tutta l'Inghilterra, ha trasformato
del tutto le terre più ingrate di quel paese, e creato di getto tutta la sua ricchezza
rurale.
Io non rifarò qui la teoria dell'avvicendamento fatta già tante volte. Tutti
sanno oggidì che la maggior parte delle piante da foraggio, attingendo nell'atmo
sfera i principali elementi della loro vegetazione, aggiungono al suolo più di
quanto ne traggano, e contribuiscono doppiamente, sia per se stesse, sia colla
loro trasformazione in concime, a riparare il male fatto dui cereali e dalle col
tivazioni spossatrici in generale; è dunque utile sistema lo alternarli almeno con
queste colture, ed è ciò che costituisce l'avvicendamento di iVorlolk. Grandi
sforzi si son tentati in Francia, sin dal principio del nostro secolo, da eminenti
agronomi, onde propagare questa pratica salutare, e non si è mancato di far dei
progressi; ma gl'Inglesi sono andati più celeri che noi, e cosi si è accresciuto
di continuo nelle mani loro quel prezioso capitale di fertilità che ogni buon col
tivatore non deve mai perder di vista.
Quasi la metà del suolo coltivato è stata tenuta in praterie permanenti ; il
resto, formante ciò che chiamansi terre arative, si è diviso in quattro parli,
dietro all'avvicendamento di Norfolk: — 1° anno: radici, e principalmente na
voni o turneps-, — 2° anno: cereali di primavera (orzo ed avena); — 5° anno:
praterie artificiali (sopratutto trifoglio e ray-grass); — 4° anno: grano.
Poi, molto generalmente si è aggiunto un anno alla rotazione, lasciando che
i prati artificiali occupassero la terra per due anni, ciò che rende quiuquennale
la rotazione. Cosi, sopra una terra di 70 ettari, per esempio, 50 saranno a prati
permanenti, 8 a patate e ravizzoni, 8 ad orzo ed avena, 8 a prato artificiale di
primo anno, 8 a prato artificiale di second'anno, ed 8 a grano. Nelle parti più
favorevoli alla vegetazione erbacea la proporzione dei prati si è ancora accre
sciuta, e quella del grano diminuita; nelle parti che non si prestano egualmente
alla vegetazione delle radici e dei prati, si sostituiscono ai navoni le fave sgu
sciate e si estende la porzione dei cereali a spese delle altre raccolte; ma nell'in
sieme queste eccezioni si compensano quasi, almeno per la Gran Bretagna ; in
Irlanda tutto è diverso.
Insomma, dedotti gli 11 milioni di ettari incolti, che contengono le isole
britanniche , 120 milioni di ettari coltivati si decompongono ad un di
presso cosi;
Totale . . . 20,000,000
LI COLTURE. 755
In Francia noi abbiamo del pari 11 milioni di ettari incolti sopra 53; e i
42 milioni che restano si possono decomporre così :
Prati naturali 4,000,000 di ettari
Prati artificiali 3,000,000
Radici ,.'."... 2,000,000
. Avena . . . , ... . . 3,000,000
Maggese 5,000,000
Frumento 6,000,000
Segala, orzo, mais, gran turco . . 6,000,000
Colture diverse 5,000,000
Vigne 2,000,000
Boschi 8,000,000
Totale . . . 42,000,000
Dal paragone di queste due tavole sorge tutta la differenza fra le due agri
colture.
Sembra a prima giunta che la Francia abbia sul Regno Unito un vantaggio
nella proporzione delle terre incolte riguardo alle coltivate; ma le terre abban
donate dai nostri vicini sono in massima parte impossibili a coltivarsi, si tro
vano quasi tutte nell'Alta Scozia, nel nord dell'Irlanda e del paese di Galles;
tutto ciò che si poteva dissodare si è fatto, mentre che presso noi la maggior
parte delle terre incolte potrebbero coltivarsi. Noi abbiamo inoltre molto più
boschi che i nostri vicini; ed aggiungendo le nostre foreste alle terre incolte,
troviamo che su 53 milioni di ettari 19 milioni son sottratti in Francia alla col
tura propriamente detta, ossia troviamo la medesima proporzione. Grazie alle
loro minieredi carbone, che forniscono loro in gran copia un eccellente combu
stibile a buon mercato, gl'Inglesi han potuto disfarsi delle loro grandi foreste,
che una volta coprivano la loro isola, e così compensarsi degli altri titoli d'infe
riorità naturali : non rimangono più oggidì che le vestigia delle antiche foreste,
minacciate ancora di distruzione ogni giorno.
Il vero campo dell'agricoltura si compone dunque di 19 milioni di ettari da
una parte e 34 dall'altra. Noi troviamo a prima vista che sui 19 milioni di et
tari in Inghilterra, 15 son dedicati alla nutrizione degli animali, e 4 al più alla
nutrizione dell'uomo; in Francia il numero degli ettari consacrati alle colture
miglioratrici è di 9 milioni, mentre le colture spossatrici ne coprono il doppio;
il campo dei maggesi è ancora enorme, e nella loro condizione attuale non pos
sono che riuscire debolissimo mezzo di rinnovare la fecondità del terreno. L'e
same dei particolari non farà che confermare viemeglio ciò che questa prima
osservazione ci indica.
Si fanno avanti dapprima le praterie naturali, presso noi rappresentate da 4
milioni di ettari, e nelle isole britanniche da 8. Qui son meno di un ottavo, là
son quasi una metà del suolo coltivato. Vero è che, nei prati inglesi, figurano
sopratulto i pascoli, ma questi pascoli equivalgono per il prodotto alle nostre
praterie falciate.
Una tale estensione del pascolo forma certamente l'una delle più notabili ori
ginalità della coltura britannica, almeno fin qui. Si fa poco fieno in Inghilterra, e
756 LAVERGISE.
l'alimento invernale degli animali bì cerca sopratutto nelle praterie artificiali, nelle
radici, ed anche nei cereali. Da qualche tempo alcuni nuovi sistemi, di cui par
lerò altrove, tendono a sostituire le stalle anche in estate all'antica tradizione
nazionale; ma questi tentativi non sono ancora, e non erano, sopratutto prima
del 1848, che semplici eccezioni. L'uso, a un dipresso generale, è quello di non
chiudere il bestiame che quanto meno si possa. I tre quarti dei prati inglesi son
pascolati; e come la metà delle praterie artificiali lo è del pari, sopratutto nel
second'anno; come i navoni medesimi vengono io gran parte consumati sopra
luogo dai montoni ; come infine le terre incolte non possono porsi a profitto
che per mezzo del diritto di pascolo sul terreno altrui in certe stagioni dell'an
no; così i due terzi di tutto il suolo si trovano dedicati al bestiame. Da ciò
l'incanto particolare delle campagne britanniche. Fuori della Normandia e di
alcune altre provincie in cui il medesimo uso si sia conservato, il nostro terri
torio offre di raro il ridente spettacolo che si vede dapertutto in Inghilterra,
nei verdi tappeti delle sue campagne popolate di animali liberi.
L'attrattiva di questa scena si accresce per l'effetto pittoresco delle siepi vive,
spesso formate di alberi che circondano ogni campo. L'esistenza di qneste siepi
oggi è molto minacciata. Finora si considerarono come un accessorio indispen
sabile del generale sistema di coltura. Ogni tratto di terra veniva pascolato a
vicenda, e quindi riusciva comodo il potervi richiudere in certo modo gli animali
e lasciarveli senza custodia. Colle nostre nazionali abitudini ci sembra strano
vedere il bestiame, sopratutto i montoni, affatto liberi nei pascoli e qualche volta
molto lontano dalle abitazioni. Bisogna ricordarsi che gl'Inglesi han distrutto i
lupi nella loro isola, che, colle terribili leggi di polizia rurale, han difeso la pro
prietà contro le depredazioni umane, e che infine hanno avuto la cura di chiu
dere esattamente i loro campi, e si comprenderà allora questa generale sicurezza.
Le belle siepi sembrano allora un'utile difesa insieme ed un adornamento; e fa
sorpresa il vedere che si possa mettere in dubbio la loro esistenza.
Agli occhi del maggior numero fra i coltivatori inglesi l'uso del pascolo ba
molti vantaggi: risparmia la mano d'opera, ciò che per essi non è una conside
razione di poco momento; è favorevole, come essi almeno lo credono, alla
salute degli animali erbivori; permette di cavar profitto da terreni che senza di
ciò non darebbero se non un debole prodotto, e che si migliorano a lungo an
dare col soggiorno del bestiame; fornisce un alimento sempre rinascente, e la
cui quantità finisce coll'eguagliare, se non superare, quella che si sarebbe po
tuta ottenere per mezzo della falce. In conseguenza, essi affiggono un grande
interesse ad avere in ogni fattoria una sufficiente estensione di buone pasture;
ed anche nei prati che falciano, intercalano sovente un'annata di pascolo fra
due annate di segatura.
Mentre i nostri pascoli sono in generale negletti, i loro, all'incontro, sono
tenuti con una cura mirabile; e chiunque abbia un poco studiato questo genere
di coltura, il più seducente di tutti, sa qual immensa distanza può esistere fra
un pascolo incolto e selvaggio ed un pascolo coltivato.
Si può francamente affermare che gli 8 milioni di ettari dei prati inglesi
danno il triplo del nutrimento che danno i nostri 4 milioni di prati ed i nostri
6 milioni di maggesi. La prova si vede nel prezzo venale di queste diverse spe
cie di terreni. 1 prati inglesi si vendono per termine medio, sieno o non sieno
I.fc COLTURE. 757
falciati, circa 4000 fr. per cttaro; se ne trovano del valore di 10, di 20, e fino
di 50 mila. I buoni erbaggi della Normandia sono fra noi i soli che possano
rivaleggiare con alcuni di questi prezzi; i nostri prati vagliono per termine me
dio circa i tre quarti di quel che vagliono i prati inglesi, e quanto ai nostri
maggesi, essi rimangono ad una grande distanza. In nessun luogo l'arte di mi
gliorare i prati e di asciugarli per mezzo di canali di scolo, fecondarli colle irri
gazioni, cogl'ingrassi abilmente adattati , cogli sfondamenti, col purgarli dai
sassi, coi trasporti di terra, coi miglioramenti d'ogni genere, moltiplicarvi le
piante nutritive ed escluderne le cattive, che facilmente vi si propagano, in
nessun luogo è stata spinta più oltre; in nessun luogo si bada meno alla spesa
di creazione e manutenzione, quando se ne conosca l'utilità. Queste cure intel
ligenti, agevolate dal clima, han prodotto vere meraviglie.
Vengono in seguito le radici e le praterie artificiali; le radici universalmente
coltivate in Inghilterra sono le patate e i navoni. Le barbabietole, tanto usitate
in Francia, lo sono pochissimo da quell'altro lato dello Stretto, e cominciano
appena adesso a propagatisi ; le patate vi godevano un gran favore prima che
vi si fosse sviluppata la malattia; si sa che, secondo l'abitudine nazionale, in
Inghilterra servono più al nutrimento degli uomini, ed al medesimo tempo se
ne destinano quantità immense per nutrimento del bestiame; ma che la coltura
della rapa e del navone, ben più che quella della patata, costituisce uno fra gli
elementi caratteristici dell'economia rurale inglese e ne costituisce, per cosi dire,
il perno. Questa coltivazione, che copre appena presso noi alcune migliaia di
ettari, ed è poco nota, fuorchè nelle nostre montagne, in Inghilterra passa
come l'indizio più sicuro e l'agente più attivo del progresso agricolo; dovunque
s'introduce e si sviluppa, la ricchezza la segue. E per mezzo di essa che le an
tiche lande si trasformarono in fertili terre; e spesso il valore d'un fondo si
misura dall'estensione di terreno che le sia consacrato. Traversando il paese,
non è raro che s'incontrino centinaia di ettari coltivati a rape; ed ogni dove,
alla loro stagione, si vede brillare la loro bella verdura.
I navoni, coltivati anticamente nei Paesi Bassi, emigrarono in Inghilterra
verso la fine del secolo XVil, al tempo medesimo che le istituzioni finanziarie e
politiche passarono lo Stretto, tenendo dietro a Guglielmo III. Lord Townsend
acquistò una gran fama per avere, sotto Giorgio II, contribuito efficacemente
alla loro propagazione; perchè i meriti di questo genere non rimangono dimen
ticati in Inghilterra.
Lo spazio destinato alle rape è il punto di partenza della rotazione di Norfolk;
dal suo successo tutto l'avvenire della rotazione dipende. Non solamente essa deve
assicurare le raccolte seguenti colla quantità di bestiame che permetta di nutrire
alla stalla, e che vi lascia un'abbondante concime ; non solamente produce molta
carne, e latte, e lana, con questo largo alimento che fornisce a tutti gli animali
domestici; ma serve ancora a sbarazzare la terra da tutte le piante nocevoli per
mezzo dei numerosi lavori che esige, e per l'indole della sua vegetazione. Quindi
non havvi coltura, neanche quella che produce direttamente il frumento, la quale
sia più perfezionata. Gli agricoltori inglesi non vi risparmiano pena alcuna.
Per essa riserbano quasi tutti i concimi, ad essa destinano le sarchiature più
diligenti, le cure più assidue. Ottengono in inedia da 500 a 600 quintali metrici
di navoni per ogni ettaro, ossia l'equivalente di 100 a 120 quintali metrici di
758 LAVEBGNE.
(1) Il Coltivatore scozzese fa qui notare che la coltura del lino ha fatto grandi pro-'
gressi in Irlanda da alcuni anni, e nel 1853 si è estesa a 175 mila acri, o 70 mila ettari:.
Ciò è vero, ma nel 1848 essa non copriva che 50 mila acri o 20 mila ettari : io ho presoi
una media.
762 I. A VERONE.
CAPITOLO V.
Il prodotto netto.
Totale . 1,600,000,000
764 LA.VEBGNE.
Prodotti vegetali.
Totale . 3,400,000,000
ossia in media pei 50 milioni di ettari del nostro suolo, dedotti 5 milioni
occupati dalle strade, dai flumi , dulie città, ecc., un prodotto lordo di 100
franchi per ettaro, terreni incolti e terreni coltivati compresi insieme. Il minimum
s'ottiene nelle terre incolte e nelle terre boschive, che possono rendere le une
per le altre da 15 a 20 franchi; il maximum nei giardini, nei vigneti preziosi,
nelle terre coltivate a lino, a luppolo, a gelsi, a tabacco, a robbia, ed il cui pro
dotto lordo ascende fino a 1,000, 2,000, 3 mila franchi , e ancora più. Resu-
mendo insieme questi due estremi, si trova per la massima parte delle terre
coltivate, cioè per 32 milioni di ettari all'incirea, una media generale di 100 fr.
per Httaro.
Dividendo in due eguali metà la Francia , l'una al nord e l'altra al sud,
nella metà settentrionale si arriva ad un medio prodotto lordo di 120 franchi,
e nella meridionale 80.
Questa sproporzione è tanto più da lamentarsi, quanto che la regione meri
dionale potrebbe essere la più ricca. In alcuni punti , come nei dintorni di
Orange ed Avignoue, nei vigneti di Cognac e del Bordolese, nei contorni che
producono olii e seta, si arriva ai prodotti mirabili ; ma le lande e le montagne
occupano un quarto del suolo, ed in tutto il resto per la massima parte la col
tivazione languisce senza capitali e senza cognizioni. Il nord la vince per l'uguale
ragione che mette l'Inghilterra al di sopra di noi, perchè la buona coltura vi è
più sparsa.
Se si confrontano insieme i dipartimenti, i più produttivi si troveranno sem
pre quelli del nord, del Pas-de-Calais, della Somma, della Senna inferiore, del-
l'Oise, ove la media del prodotto lordo arriva a 200 franchi per ettaro. Il dipar
timento del Nord produce almeno 300 franchi, ma è solo. Quelli al contrario
che producono meno sono le Lande, la Lozera, le alte e basse Alpi, e soprattutto
la Corsica. Il prodotto medio di questi dipartimenti deve essere di 30 franchi.
In Corsica non giunge futto al più che a 10 franchi. Il rimanente della Fran
cia si gradua in mezzo a questi due punti estremi.
Si potrebbe ancora arrivare ad un totale lordo di 5 milioni di franchi per
la produzione agricola del Regno Unito prima del 1848. Questo totale divide-
vasi così: 3,250 milioni per l'Inghilterra propriamente detta; 250 milioni per
il paese di Galles ; 1,000 milioni per l'Irlanda; 500 milioni per la Scozia. Ri
partito in ragione di ettari, si aveva:
Inghilterra 250 fr.
Irlanda, Bassa Scozia e Galles . . . 125
Alta Scozia 12
Media generale 165
Tutte le statistiche inglesi vanno più in là. Mac Culloch , il più moderato
nei suoi calcoli, porta il totale a 5,500,000,000 ; altri, come Spackman, a 250
milioni sterlini, o più di 6,000 milioni di franchi. Ho preso la valutazione più
bussa, la quale dev'essere ancora diminuita attesa la differenza dei prezzi. Si è
veduto che il prezzo del latte in Inghilterra è doppio del nostro; in quello della
carne, la differenza è di un 25 a 30 per cento; in quello dei cereali è di un 20
per cento. In Iscozia ed in Irlanda, queste differenze si affievoliscono perchè
quei due paesi vendono ali Inghilterra. Nel tutto, a stabilire un confronto esatto,
e ricondurre i prezzi del Regno Unito a quelli della Francia, bisogna diminuire
di un quinto i 5 mila milioni. Ci troveremo allora in presenza d'un totale di 4
mila milioni, che sembra realmente rappresentare il valore della produzione bri
tannica paragonata alla nostra. Questo risultato ancora enorme, si otteneva con
prodotti pochissimo variati, ed ecco in che modo si divideva:
Prodotti animali.
Carne (170,000,000 di chil. a 80 cent.) . . 1,360,000,000
Lane, pelli, grassi 300,000,000
Latte (2,000,000,000 di litri a 10 cent.) . . . 200,000,000
300,000 cavalli di 3 anni a 400 fr. l'uno . . 120,000,000
Pollame 20,000,000
Prodotti vegetali.
Frumento (45 milioni di ettolitri a 16 fr.) . . . 720,000,000
Orzo (40 milioni di ettolitri a 8 fr.) 160,000,000 (1)
Avena (15 milioni di ettolitri a 6 fr.) . . . . 90,000,000
Patate (200 milioni di ettolitri a 2 fr.) . . . . 400,000,000
Fieno ed avena pei cavalli non agricoli . . . 400,000,000
Lino, canape, legumi, frutti 170,000,000
Legno 60,000,000
(I) La produzione totale dell'orzo dev'essere 30 milioni d'ettolitri, ma solo due terzi
766 LAVERGNE.
Ecco, io credo, la verità, per quanto almeno si possa conoscerla per mezzo
di valutazioni così generali. i
La più grande valutazione che queste cifre contengono, oltre la sproporzione
dei risultati, è il rapporto fra i prodotti vegetali ed i prodotti animali. Mentre
in Francia i prodotti vegetali costituiscono i 4/6 del totale , ed i prodotti
animali vi entrano solamente per 2/6 , ciò che rivela a prima giunta una
coltura spossante, o per lo meno stazionaria; nelle isole britanniche gli uni
sono eguali agli altri , ciò che annuncia una coltura miglioratrice ; l' infimo
dei prodotti rurali, il legno, figura da un lato per 250 milioni, e dall'altro
soltanto per 60.
Ripartito per ettari sulla superficie totale del Regno Unito, il prodotto lor
do, così diminuito, dava i risultati seguenti :
Vi sono nel Regno Unito, non si deve dimenticarlo, due parti che, per diversi
motivi offrono risultati molto iuferiori a quelli dell'Inghilterra propriamente
detta: la Scozia, per la irrimediabile sterilità della maggior parte del suo suolo;
l'Irlanda, per le circostanze politiche e sociali ad essa peculiari. Io parlerò in
appresso alquanto minutamente di queste due frazioni ; per ora esaminiamo
a parte l'Inghilterra, senza comprendervi il paese di Galles, che non vai più
della Scozia come terreno, e che rassomiglia all'Irlanda quanto al suo passato
storico.
L'Inghilterra sola produce i '5/8 di questi 4 mila milioni, cioè 2600 milioni,
divisi nel modo seguente:
Prodotti animali.
soo quelli che servono al consumo umano; l'altro terzo si consuma dagli animali. Io
non ho neanche portato per consumo umano, che circa il sesto della produzione di ave
na, la quale deve battere sui 90 milioni di ettolitri, è la metà di quella delle patate.
Il Coltivatore scozzese non trova bene esatte queste proporzioni ; calcola per molto
meno che un terzo il consumo dell'orzo da parte degli animali, e per un quarto, invece
che un sesto, quelto dell'avena da parte degli uomini. Tali osservazioni possono essere
ben fondate per la Scozia, ma non lo sono per l'Inghilterra.
IL PRODOTTO NETTO. 767
Prodotti vegetali.
CAPITOLO VI.
nei lothians, e nelle parli dell'Inghilterra che avvicinano le grandi città- Tutta
la parte centrale dell'isola, che comprende, oltre la contea di Leicester la più
centrale di tutte, quelle che la circondano, frutta in termine medio 100 fr. per
ettaro ; ed è senza dubbio la regione più ricca dei tre Regni. A misura che ci
discostiamo dal cuore del paese, la rendita si abbassa; a mezzodì, nelle contee
di Sussex, Surrey ed Hants, scende a 50 fr. l'ettaro; al nord, in quelle di Cura-
berland e di Westmoreland, a SO fr. ; ad occidente, nelle più cattive parti del
paese di Galles, a 10. Per tutta l'Inghilterra, la media è 75 fr.
Nella bassa Scozia, il milione di ettari che circonda le due foci del Forth e
del Tay rende quasi tanto quanto la contea di Leicester ed i suoi annessi ;
ma, a misura che ci allontaniamo da queste terre privilegiate, la rendita di
scende, e la media della bassa Scozia è uguale a quella dei suoi vicini d'Inghil
terra, le contee di Cumberland, Westmoreland e il paese di Galles.
In Irlanda, noi contiamo nella contea di Meath, in Leinster, e nelle vicine
contee di Louth e di Dublino, un altro milione di ettari, la cui rendita è così aita
come nel centro dell'Inghilterra ; ma al medesimo tempo troviamo nelle mon
tagne occidentali, ed in tutto il Connaught, una media molto più bassa.
In breve, adottando per la classificazione della rendita le divisioni che
abbiamo adottate per la generale estimazione del prodotto lordo, ecco il risul
tato a cui si arriva:
Rendita media
per ettaro
Inghilterra 75 fr.
Bassa Scozia e Galles 36
Alta Scozia 3
Tre quarti d'Irlanda 50
Nord-ovest dell'Irlanda 20
Media generale 50
Tutte queste cifre van diminuite d'un 20 per cento, secondo la base da noi
adottata, e allora divengono come segue :
Inghilterra 60 fr.
Bassa Scozia e Galles 50
Alta Scozia 2,40
Tre quarti d'Irlanda 40
Nord-ovest dell'Irlanda 15
Media generale . 40
In Francia, nel dipartimento del Nord, la rendila arriva ad una media di
100 fr. per ettaro, il che lo mette al livello ed anche al disopra delle migliori
contee inglesi. In quelli che gli son più vicini, la rendita arriva ancora ad 80
franchi, e scende progressivamente, sino ai dipartimenti della Lozère ed alle
Basse Alpi, ove cade a 10. Nell'isola di Corsica è tutt'al più di 5 franchi, come
negli highlands di Scozia.
In secondo luogo, il guadagno dei coltivatori. Generalmente si calcola in
Inghilterra una metà della rendita, ossia 25 franchi per eltaro in tutto il Regno
RENDITA, PnOFITTI E MERCEDI. 773
(1] Il Coltivatore scozzese crede che io sia rimasto uu po' al di sotto della verità nel
calcolare le mercedi rurali, sia in Inghilterra, sia in Iscozia. Se cosi fosse, io avrei sem
pre più ragione, ma credo che così non è.
776 LAVBRGNE.
intollerabile, più che altrove, in un paese ove la mercede corrente degli operai
rurali in alcuni luoghi è fr. 2. 50, e dove quella degli operai urbani ascende
ad una media molto piò alta.
Ecco, secondo quanto abbiam detto , in che modo approssimativamente si
ripartiva il prodotto lordo in Francia e nell'Inghilterra propriamente detta :
Francia.
Totale . 100
Totale . 250
E colla riduzione del 20 per 0/0 :
Rendita 60
Guadagno .32
Imposte 20
Spese 40
Mercedi 48
Totale . 200
quennio così sterile e penoso per noi, così utile ed attivo per essi. Mentre che
noi agitavamo clamorosamente molte questioni senza risolverle, essi le risolve
vano senza agitarle, ed entrambi siamo usciti dalla medesima prova, ma essi
fortificati e noi indeboliti.
Prima di raccontare questa crisi reciproca, che ha accresciuto ancora la grande
distanza che abbiamo trovata, importa d'investigare le cause da cui dipendeva
prima del 1848 la superiorità agricola degl'Inglesi. Esse derivano dalla storia
e da tutto l'ordinamento dei due paesi. La condizione agricola d'un popolo non
è un fatto isolato, è una parte del tutto grande insieme. La responsabilità del
l'imperfetta condizione in cui trovasi la nostra agricoltura non gravita soltanto
sui nostri coltivatori; i suoi ulteriori progressi non dipendono unicamente da
loro, o per dir meglio, non è col fissare i loro sguardi sul suolo che essi possono
comprendere intieramente i fenomeni che presenta, ma egli è col tentare di risa
lire alle leggi generali da cui lo svolgimento economico delle società è go
vernato.
Finora questo genere di studii è stato loro poco gradito ; lo respingono a
un di presso di comune accordo come inutile e pericoloso agli uomini pratici.
Io credo che s'ingannino, e credo poterlo loro mostrare. Non havvi buona pra
tica agricola senza una buona condizione economica. L'una è l'effetto e l'altra è
la causa.
CAPITOLO VII.
sione inglese, nell'isola di Jersey e suoi annessi, un paese in cui fiorisce esclusi
vamente la piccola proprietà. Le leggi normanne sulla successione, che prescri
vono la divisione eguale delle terre tra i figli, colà non cessarono di aver vigore.
« L'effetto inevitabile di questa legge, dice David Low, che opera da più che 900
anni negli stretti limiti di quell'isoletta, è stato di ridurre tutto il suolo del paese
in piccoli possedimenti. Appena si potrebbe in tutta l'isola trovar una sola pro
prietà di 40 acri (16 ettari); molte variano da 5 a 15, e il maggior numero è di
meno che 15 acri (6 ettari) ». L'agricoltura è perciò più povera? no certamente.
La terra, così divisa e coltivata, è come un giardino; si affitta, in termine medio,
4 o 5 lire sterline per acre (250 a 300 fr. per ettaro), e nei dintorni di Saint-
Hèlier, fino ad 8 e 12 lire (500 a 750 fr. per ettaro). Malgrado questi enormi
fitti, i coltivatori vivono in una modesta abbondanza sopra fondi che ogni dove
sarebbero insufficienti a far sussistere il più povero lavorante.
In Francia pure vi sono due categorie di proprietà, le medie e le piccole. 1
paesi ove la coltura è più innoltrata son quelli, in generale, in cui domina la
piccola proprietà. Tali sono i dipartimenti del Nord e del Basso Reno, e quasi
tutti i cantoni ricchi degli altri dipartimenti. Fra noi è per mezzo della divi
sione dei beni che il progresso si manifesta. Così vuole l'inclinazione nazionale.
Il medesimo fatto si riproduce in altri paesi, nel Belgio, nell'Alemagna Renana,
nell'alta Italia, e fino in Norvegia.
Dapertutto, fuorchè in Inghilterra, cioè in Ispagna e in Germania, le gran
dissime proprietà ban fatto più male che bene all'agricoltura. Il signore feudale
vive lontano dai suoi poderi, non li conosce che per mezzo dei redditi che ne
ricava, ed i quali, prima di giungere a lui, passano per le mani d'un gran nu
mero di domestici ed intendenti, occupati ben più dei loro affari che di quelli
del loro padrone. La terra incessantemente spogliata da mani avide, priva sem
pre degli sguardi che potrebbero fecondarla, abbandonata ad inquilini poveri
insieme ed ignoranti, langue senza coltura, o non dà che i magri prodotti impos
sibili a non ottenersi. In Inghilterra non è così; molti grandi signori si fanno
un onore dell'amministrare essi medesimi i loro poderi, e dedicare al migliora
mento del suolo la maggior parte di ciò che ne traggono; ma il vizio essenziale
delle grandissime proprietà non è tutto radicalmente distrutto, ed a fronte di
quelti che adempiono mirabilmente il loro dovere di landlord, quanti non se ne
vedono che trascurano affatto il loro patrimonio !
Havvi dunque ragione di vantare esclusivamente, come si è fatto, la grande
proprietà, volerla portare ogni dove, e volere bandire dal mondo la piccola?
Evidentemente no. Non considerando la quistione che dall'aspetto agricolo, l'u
nico di cui qui dobbiamo occuparci, i risultati generali depongono molto più in
favore della piccola che della grande. D'altronde non è così agevole il mutare
artificialmente la condizione della proprietà in un paese. Essa dipende da un
insieme di cagioni, antiche, essenziali, impossibili a distruggersi con un atto di
volontà. Attribuire un'importanza esclusiva alla grande proprietà in Inghilterra,
farne il principale e quasi l'unico motore dei progressi agrarii, pretendere im
porla alle nazioni che la respingono, ciò è un esporsi ad aver torto quando si
può avere ragione; ciò è piantare un principio che è fortunatamente falso, un
supporre che lo svolgimento della coltura non possa aver luogo se non previa
un'impossibile rivoluzione sociale.
782 LATERGNE.
10 ciò non ostante riconosco che lo stato della proprietà in Inghilterra è più
favorevole all'agricoltura, di quel che sia in Francia; non ho inteso combat
tere che l'esagerazione.
11 problema si è mal pretentato per causa di una confusione. Ciò che alla
coltura importa, non è punto la grandezza della proprietà, ma la sua ricchezza,
cose distinte molto fra loro. La ricchezza è relativa : si può esser povero con una
grande proprietà, e ricco con una piccola. Fra le mani di mille proph'etarii, che
abbiano 10 ettari ciascuno, e vi spendano 1000 fr. per ettaro, la terra sarà due
volte più produttiva, che tra le mani di un solo possessore di 10,000 ettari, sulle
quali non ispenda che 500 fr. per ettaro. Alle volte è la grande proprietà quelta
che è più ricca, alle volte è la media, alle volle è la piccola ; tutto dipende
dalle circostanze. Il migliore ordinamento della proprietà rurale è quello che
attira maggiori capitali verso il suolo, sia perchè i possessori sono più ricchi re
lativamente all'estensione dei loro fondi, sia perchè sono spimi ad erogarvi una
maggiore porzione dei loro redditi. Ora egli è certo che, nell'attuale condizione
di cose, i nostri proprietarii sono meri ricchi che gl'Inglesi, ed in conseguenza
son meno disposti a fare delle anticipazioni sul suolo. I più piccoli sono fra noi
quelli che trattano meglio la terra, ed è questa una delle ragioni che han messo
tanto in favore la piccola proprietà.
In Inghilterra, all'incontro, se non precisamente la grande, certo una buòna
metà della media, è quella che può mostrarsi e si mostra più generosa verso il
terreno. Le terre meglio coltivate e più produttive son quelle i cui possessori
dispongano per termine medio d'un reddito di 1000 lire sterline. Là si congion-
gono insieme il capitale, che troppo spesso manca ai proprietarii inferiori, e la
tendenza ai miglioramenti agrarii, la cognizione degl'interessi rurali che qualche
volta mancano ai proprietarii troppo grandi, per mancanza di sufficiente; con
tatto coi loro campi.
Quando quest'amore degl'interessi rurali si trova presso un gran proprieta
rio, allora si avrà lo stato di perfezione. Tutta l'Inghilterra si ricorda con gra
titudine degl'immensi servigi che il duca di Bedford, il duca di Porttand, lord Lei
cester, lord Spencer, lord Yarhorough e molti altri, han renduti all'agricoltura
nazionale. Quando la volontà di fare il bene si unisce alla potenza ohe viene
dall'alto rango e dalla colossale fortuna, allora vere meraviglie divengon possi
bili. La famiglia di Bedford, fra le altre, ha dotato il suo paese di magnifiche
intraprese agricole. Per essa, intiere contee si conquistarono sulle atque del
mare, ed altre, le quali non offrivano che vaste lande, divennero ricche e pro
duttive. L'erede di questa nobile casa gode un reddito di 100 mila lire sterline,
o 2 milioni e mezzo di franchi, ed è degno, per l'uso che ne fa, di succedere
al grande agronomo suo antenato, la cui statua adorna una delle piazze di Lon
dra, appoggiata sopra un vomere.
Egli è senza dubbio da lamentare che quest'elemento a noi manchi; e le
cause che in Francia han distrutto la grandissima proprietà son prù da rom-
piangersi che questa medesima distruzione; ma conviene sapersi rassegnare ai
fatti irreparabili, conviene sopratutto non esacerbare la gravità del male. I van
taggi della grandissima proprietà possono in parte sostituirsi dall'azione dello
Stato, da una buona amministrazione delle imposte locali, dallo spirilo di asso
ciazione; e ciò avviene già su molti punti. Anche in Inghilterra, ove l'aristocra
COSTITUZIONE DELLA PROPRIETÀ. 785
zia ha tanto fatto per la gloria e la prosperità della nazione, sotto tutto gli
aspetti, non è già essa che abbia fatto la parte maggiore, e per quanto sptendidi
sìeno i suoi servigi, non ci devono rendere ingiusti verso i servigi più numerosi
ed efficaci che quotidianamente rende al paese il corpo onorevole della 'jenirtJ.
In Francia, ove le abitudini di economia son più generali che in Inghilterra,
una media di 25,000 fr. di reddito non è necessaria. Perchè la proprietà bor
ghese sia fra noi in buone condizioni, basta che il proprietario goda un reddito
di 5 a 6 mila fr. almeno. Con questa somma, una famiglia di proprietarii rurali
può vivere convenientemente nell'attuale condizione dei nostri costumi e rispar
miare qualche cosa ogni anno per destinarla a spese produttive. Al di sotto di
un tal limite cominciano gl'imbarazzi, salvochè lo spirito d'economia s'aumenti
in proporzione. Quanto alla piccola proprietà, siccome il possessore è coltivatore
allo stesso tempo, così essa prospera in condizioni molto piò umili. Una fami
glia di contadini può vivere ordinariamente assai bene quando abbia un reddito
di 1200 fr.; e purchè possa disporre di un sovrappiù di qualche centinaio di
franchi, la terra nelle sue mani non soffrirà; anzi in nessun altro caso sarà l'og
getto di cure più assidue, in nessun altro caso risponderà più generosamente
agli abbracci affettuosi che riceva dal suo padrone.
Non è già necessario — ed è questa una fra le cause precipue dell'errore in
cui cadono i partigiani esclusivi della grande proprietà — che il reddito del pos
sessore venga tutto dalla terra medesima. Una gran parte di esso può scaturire
da tutt'altra sorgente, da un ufficio qualunque, da una rendita mobile, da una
mercede. Allora, quanto più piecola relativamente al reddito è la proprietà ru
rale, tanto più potrà ricevere la feconda infusione del capitale. Quasi sempre, se
la proprietà è negletta, lo è perchè riesce troppo grande relativamente al reddito
del proprietario. Ciò avviene sopratutto quando quest'ultimo è indebitato: in tal
caso, quanto più esteso è il fondo, tanto peggiore sarà la sua condizione; l'am
piezza del fondo si ridurrà ad una falsa apparenza, ad un'illusione funesta.
La gran piaga della proprietà è il debito, non quello che si sia contratto per
migliorare il fondo, e che quasi sempre è vantaggioso quantunque raro, ma
quello molto più comune che gravita sul fondo medesimo, e lascia il proprietario
nominale senza mezzi per mantenerlo in buon essere. Ecco il vero male della
proprietà francese, non la divisione propriamente detta del suolo. Può anche
avvenire che in molti casi il rimedio a questo male sia anzi una divisione mag
giore. La maggior parte dei nostri grandi proprietarii guadagnerebbe a posse
dere una minore quantità di terre ed una maggiore quantità di danaro. Quelli
che han meno di 5 o 0 mila franchi di reddito netto troverebbero un vanteg
gio a rinunziare al suolo ; e fra i piccoli proprietarii ve n'ha pure un gran nu
mero che farebbe multo meglio se finisse di ostinarsi a volere risolvere un
problema insolubile. Che questa liquidazione, se mai avesse luogo, debba gio
vare alla grande, alla media, o alla piccola proprietà, non si può dirlo antici
patamente, e in realtà importa ben poco il deciderlo.
Il debito del suolo riesce meno pernicioso in Inghilterra che in Francia; non
perchè colà sia precisamente minore, che anzi è maggiore, poichè si calcola ad
una metà del valor totale, ma perchè gravita sopra famiglie più ricche. Pagato
l'interesse del debito, rimane ancora ai proprietarii inglesi un reddito netto
più alto che ai nostri. L'immensa quantità di tieni mobili da loro posseduti, or
784 LAVEBGNE.
(i) La legge inglese non permette la sostituzione, che a vantaggio di una o più per
sone viventi, ed una a nascere (one unbom). Quando quest'ultima è arrivata alla sua
maggiore età, la sostituzione cessa, salvo che sia rinnovata.
785
CAPITOLO Vili.
più illuminati, portano il peso d'una maggiore responsabilità. Per essi, la col
tura della' terra è una professione, con tutte le eventualità di perdita e di guada
gno; e se le eventualità di perdita sono bastevoli per tenere svegliata la loro
attenzione, le eventualità di guadagno bastano per eccitare la loro emulazione.
L'Inghilterra è piena di fortune edificatesi nell'agricoltura; e questi esempi ren
dono ricercatissima una tal carriera in vista del profitto, come è una delle più
gradevoli, delle più onorate, e delle più sane per lo spirito e per il corpo.
1 partigiani esrilutivi d«lla grande proprietà han preteso di dichiararla causa
determinante del sistema di affitto: è questo un errore. L'affitto non si trova do
vunque sia grande proprietà, e si trova in luoghi dov'essa non esiste. In Russia,
in Ispagoa, in Ungheria, vi sono grandi proprietarii, che hanno mezzaiuoli, con
tadini da curvata, e non fittaiuoli: in Francia, nei dipartimenti vicino a Parici,
havvi proprietà media dominante, eppure vi son fittaiuoli. L'affitto si concilia
più agevolmente colla grande proprietà ; ma è nondimeno possibile con tutte le
specie di proprietà, non esclusa la piccola.
SI dice che I lunghi termini siano necessarii perchè il sistema dell'affitto
fiorisca, e che la grande proprietà è la sola che possa accordarli : anche questo
è un errore. Senza dubbio i lunghi affitti son utili, ma non sono indispensabili.
In Inghilterra può dirsi ohe sieno quasi ignoti, o per dir meglio, arriva spesso
che manchi qualunque affitto. I tre quarti dei fittaiuoli sono di quelli che chia
matisi ai zoili, a volontà ; cioè da ambe le parti si può metter termine al con
tratto, previo un avviso anticipato di sei mesi. Io non dico che questa sia la mi
glior maniera di contrattare; so che non è praticabile se non in certi casi; so
ancora che nel momento attuale la tendenza che manifestasi in Inghilterra è
quella delle contrattazioni esplicite e per lunghi termini ; ma dico (ciò che non
potrebbe essere posto in dubbio) che la prosperità agricola di quel paese si è
ottenuta col mezzo di fittaiuoli i quali per lo più non avevano che contratta
zioni annue.
È noto qual sia il capitale di cui questi filtaiuoli dispongono. Prima del 1848
in Inghilterra si calcolava ad 8 lire sterline per acre ossia 500 fr. per ettaro, la
somma necessaria ad un buon flttaiuolo. Molti senza dubbio non possedevano
tanto, ma taluni avevan di più. Tutti fanno delle anticipazioni alla terra, con
una fiducia assoluta. In quel paese, dove l'industria e il commercio da tutti i
lati spronano i capitali e loro promettono una splendida rimunerazione, ve n'ha
un gran numero che amano meglio volgersi all'agricoltura. Mentre che i nostri
coltivatori non si occupano che di risparmii, e considerano come primo gua
dagno tutto ciò che non si spenda , in Inghilterra, all'incontro, si fa a gara
per impiegare danaro sulla terra. Questa fiducia è in qualche parte legata alla
grande coltura. È da essa che le grandi spese son cominciate; essa è che dà
tutti i giorni gli esempi più notabili dello spirito d'industria applicato alla colti
vazione del suolo; ma la media e la piccola le tengono dietro. Il piccolo flttaiuolo,
possessore d'un patrimonio di poche migliaia di franchi, non esita più che il
grande capitalista, il quale ha una fortuna dieci e cento volte maggiore. L'uno
e l'altro si sìanciano nel medesimo tempo, ed il più spesso sulla semplice fede
di un fitto semplicemente annuale, a far delle spese che presso noi sembrereb
bero enormi, e i soli proprietarii oserebbero di affrontare. Quando si domandano
COSTITUZIONE DELLA COLTURA. 787
lunghi fitti, egli è per poter dedicarsi con più sicurezza a queste anticipazioni
sempre crescenti.
Si attribuisce generalmente alla grande coltura la sostituzione dei cavalli ai
bovi, e delle macchine alle braccia nel lavoro agricolo. Lo stesso si dica quanto ai
grandi acquisti d'ingrassi ed agli ammendamenti, alle spese per manutenzione di
strade e chiusure, per lavori di livellazione, di dissodazione, di bonificazione, d'ir
rigazione, ecc. Anche questo è un equivoco. L'uso di tali metodi perfezionati,
cioè l'impiego intelligente del capitale, è un segno di coltura ricca ed illuminata,
piuttosto che di grande coltura. Piccoli e medii fittaiuoli ne comprendono i
vantaggi come*S grandi, sia in Inghilterra, sia dovunque la coltivazione
sia altrettanto avanzata; non vi sono che i coltivatori poveri ed ignoranti,
per 'disconoscerli. Ora se la coltura inglese è ricca, non è meno abile ed
illaminata.
,vt fittaiuoli inglesi, anche i più piccoli, hanno ogni mezzo di tenersi a giorno
dei minimi progressi che nell'arte loro si compiano. Mettono volentieri i loro
figli ad apprendere presso coloro che si distinguono per una speciale abilità; e
non temono di pagare pensioni che ai nostri farebbero paura. Tengono frequenti
riunioni, nelle quali reciprocamente si comunicano il risultato delle loro rifles
sioni ed esperienze. Quei concorsi di animali e di aratri, che il governo è co
stretto d'istituire e pagare in Francia, su molti punti del Regno Unito si trovano
introdotti da molto tempo, e si fanno per mezzo di soscrizioni private. I più grandi
signori, a cominciare dal principi del sangue, e dal marito medesimo della re
gina, si fanno un onore di presiedere a quei concorsi ed a quelle assemblee
agricole, prender parte alle discussioni, e discutere i premii. Un gran numero
di giornali speciali ne rendono conto, i grandi giornali medesimi registrano con
ogni cura le notizie che possano interessare alla prima delle industrie. L'igno
ranza, non più che la povertà, in quel paese non si considera oramai come l'at
tributo essenziale della professione agricola.
Oltre le società locali formate da lungo tempo su lutti i punti dell'Inghil
terra, dal 1835 in qua esistè una società centrale d'agricoltura, che porta il
titolo raro di Società reale. Quantunque non riceva alcun soccorso dal governo,
pure dispone di considerevoli somme provenienti da soscrizioni volontarie. Si
compone di membri a vita e di soscrittori annuali, e colle sue ramificazioni oc
cupa tutto il territorio dèi regno. Fra i suoi membri a vita figurano quasi tutti i
membri dell'aristocrazia inglese, ed il flore dei country gentlemen; i soscrittori
annuali si raccolgono fra i piccoli proprietarii ed i semplici fittaiuoli. Non conta
meno di 5000 membri nella sola Inghilterra, perchè la Scozia e l'Irlanda hanno
le loro società speciali, composte di mille membri circa a vita, e 4000 annuali.
11 limite più comune della soscrizione annuale è di una lira sterlina, 25 franchi,
quello della soscrizione a vita è di 10 lire, e perciò si chiama i governatori
di 50.
Con questi mezzi, aumentati da alcuni altri accessorii, la Società reale gode
d'un reddito annuo di 10,000 lire sterline o 250,000 fr. Essa se ne serve per
attivare i progressi dell'agricoltura nazionale ; tiene delle tornate settimanali in
cui si discutono le quistioni agrarie, pubblica un'eccellente raccolta nella quale
sori riunite le memorie che le sembrano degne di stampa, paga professori per
insegnare le scienze applicate all'agricoltura, e fra gli altri un chimico special
788 LAVERGNE.
mente incaricato di fare quelle analisi di terre e concimi che gli vengano do
mandate; apre ogni anno, ed è questo lo scopo precipuo della sua fondazione,
un gran concorso di bestiame e di macchine aratorie, al quale invita tutta l'In
ghilterra. Questa società, adunque, con mezzi sì ampii, esercita un'utile e po
tente influenza.
In Francia la coltura non è un'industria, propriamente detta; vi si contano
pochi fitiamoli, e la maggior parte dei nostri coltivatori, proprietaria o fitiamoli, o
mezzaiuoli che siano, non hanno che un capitale insufficiente. Ecco il nostro vero
male. Si può con qualche apparenza di ragione accusarne la piccola proprietà.
Un coltivatore che possieda qualche cosa presso noi ama megKo, in generale,
essere proprietario anzichè fittaiuolo. In Inghilterra è tutto all'opposto. Colà una
volta erano molti piccoli proprietarii che formavano una classe importante nello
Stato e si chiamavano yeomen, per distinguerli dai gentiluomini campagnuoli
che si chiamavano squires. Questi yeomen disparvero quasi del tutto, e bisogna
ben guardarsi dal credere che una violenta rivoluzione li abbia distrutti. Si sono
volontariamente trasformati uno ad uno senza che si possa indicare il momento
preciso della loro disparizione. Han venduto i loro beni per farsi fittamoli, giacchè
lian trovato in ciò il proprio vantaggio ; e come vi riuscirono quasi tutti, così la
maggior parte di coloro che ancora sopravvivono non tarderà probabilmente a
far lo stesso.
Perchè mai molti fra i nostri piccoli proprietarii non si appigliano al mede
simo partito? egli è perchè non vi trovano ancora un immediato interesse. I
yeomen inglesi hanno anch'essi lungo tempo aspettato prima di decidersi. Que
sta trasformazione abbisogna di favorevoli circostanze, che non si sono ancora
presentate; e non basta il desiderare le rivoluzioni agrarie, perchè esse si com
piano.
Non è tanto l'estensione del fitto propriamente detto, quanto quella del ca
pitale, che fra noi riesce sopratutto desiderabile. La superiorità del fitto non è
sensibile, se non nel caso in cui i proprietarii coltivatori non abbiano un capi
tale sufficiente. Dove la coltura è una professione pei proprietarii, e dove essi
possiedano tutto ciò che occorra, la loro azione è ben equivalente a quella dei
linaiuoli: essi hanno un interesse diretto, permanente, ereditario, al migliora
mento della terra. Soltanto essi han bisogno d'un doppio capitale, che di raro
s'incontra, uno cioè come proprietarii, ed un secondo come coltivatori. Quando
questa doppia condizione è adempita, e ad essa si congiunge l'esperienza tradi
zionale, l'attività eccitata dallo spirito di famiglia, ciò che giustamente si è chia
mato il demonio della proprietà, allora non vi ha sistema di coltivazione che
possa lottare con quello dei proprietarii, come non bavvi classe di uomini che
sia più morale e più trattabile di loro, cosa che certamente non si deve
disprezzare.
Tutto dunque si riduce a queste due parole: capitale ed abilità. La grande
coltura, senza abilità e senza capitale, vai meno che la piccola coll'una e coli al
tra , e viceversa. Si posson dare dei casi in cui il capitale e l'abilità si trovino
insieme, sopratulto nella grande coltura, ed altri casi in cui si trovino piuttosto
riuniti nella piccola. Queste differenze decidono della scelta.
Certamente verrà un giorno in cui un gran numero di piccoli e medii pro
prietarii francesi comprenderanno esser loro vantaggio l'uscire più o meno dalla
COSTITUZIONE DELL* COLTURA. 789
piccola coltura che si devono la maggior parie dei legumi ottenuti a forza di
danaro nei dintorni di Parigi? :.,.'.-.'.. .• • . i.
Si è veduto che, anche in Inghilterra, la piccola coltura bob ha intieramente
ceduto il suo terreno. Tutto, nondimeno, sembra colà contribuire a proscriverla.
Non ha, come in Francia, il suo punto d'appoggio nella piccola proprietà e nella
divisione dei capitali; ha contro di sè le teorie degli agronomi ed il sistema ge
nerale di coltivazione. Dopo Arturo Young essa è decaduta, ed i progressi mo
derni dell'agricoltura nazionale sono stati ottenuti per una via contraria. Essa
nondimeno persiste, e tutto ci porta a credere che persisterà almeno su certi
punti. L'industria, per esempio, dei cacii vi si accomoda perfettamente. È una
industria tutta domestica. La cura di dieci o dodici vacche basta per occupare
con frutto una famiglia di coltivatori che raramente si servono di soccorsi stra
nieri. Nulla havvi di cosi incantevole come l'interno di quelle umili oapaune,
così nette, così ben mantenute, ove si respira la pace, il lavoro, e la buona co
scienza, e si ama d'immaginare che esse non sono minacciate di deperimento.
Anche nelle condizioni più favorevoli al suo svolgimento la grande coltura
ha dei limiti imposti dalla natura medesima delle cose. Le fattorie inglesi troppo
grandi son soggette a degl'inconvenienti riconosciuti, qualora non abbiano molli
pascoli. Tosto che i cereali fan parte della coltivazione, le distanze da farsi per
correre agli uomini, ai cavalli, agli strumenti, anche coi mezzi perfezionati dei
nostri tempi, si convertono in notabili perdite di tempo e di forza. Un sol capo
difficilmente può ripartire la sua attenzione su tutti i punti ad un tempo. Ho
veduto fattorie appartenenti a grandi signori, e guidate direttamente dai loro
agenti, che si chiamano fattorie di riserva, home farms, e che colpiscono l'im
maginazione per la loro grandiosità; ma in cui la dilapidazione si estende a
proporzioni veramente omeriche. 1 possessori affiggono un sentimento d'orgoglio
ereditario a questi giganteschi stabilimenti, che rivelano la ricchezza e la po
tenza, ma più spesso guadagnerebbero molto a dividerle ed affittarle a veri fit-
taiuoli.
Se la necessità d'impiegare ogni giorno un maggior capitale nella coltiva
zione, onde corrispondere all'aumento della produzione e del consumo, deve di
minuire il numero delle piccole fattorie, essa non può al tempo medesimo non
condurre a diminuire l'estensione delle più grandi. In Inghilterra si comincia a
parlare di un capitale di 1000 fr. per ettaro, e non è forse troppo per corri
spondere ai metodi nuovi che il progresso agrario va quotidianamente sugge
rendo. Ora, se è difficile a molti coltivatori che lavorano direttameute, il fornire
una tal somma, non è meno difficile, anche in Inghilterra, il trovare imprendi
tori agrarii che abbiano un capitale di parecchie centinaia di migliaia di franchi.
É dunque probabile che il numero delle grandi e delle piccole fattorie verrà di
minuendosi insieme, e che le medie, quelle da 50 a 100 ettari, 125 a 250 acri,
che sono le più propagate, si moltiplicheranno anche più. Quest'estensione sem
bra infatti la migliore di tutte per il genere di coltivazione più universalmente
adottato, e non formano la grande coltura propriamente detta (1).
(1) Il Coltivatore scozzese dice qui iu una nota che la migliore specie di poderi in ''i'
ghilterra è quella che si estende da 300 a 400 acri, ossia da 120 a 160 ettari. Io so che
LA VITA RUIALE. 791
È probabile pure che in Francia una rivoluzione del medesimo genere av
verrà, a misura che divenga possibile il dedicare alla coltura un maggior capi
tale. Le piccole coltivazioni spariranno nei luoghi dove sono figlie della miseria,
e nuove se ne formeranno nei luoghi in cui rivelano la ricchezza. Insomma l'e
stensione media potrà senza inconvenienti essere inferiore di molto alla media
inglese. Nell'ordinamento delle coltivazioni, come in quello della proprietà, non
è desiderabile una trasformazione radicale. Diciamolo ancora una volta, il vero
punto della quistione non è qui. Perchè mai la coltura e la proprietà sono, non
precisamente maggiori, ma più ricche e più illuminate in Inghilterra che in Fran
cia ? ecco ciò che si deve investigare. ..-... i i ;
CAPITOLO IX.
La vita rurale.
questa è l'opinione più generale fra gli agronomi inglesi ; ua oltrechè essa nulla iia di
reni rario al mio assunto, perchè una simile estensione non sarebbe ancora eccessiva,
prego il lettore di notare che essa non è affatto inconciliabile coi termini di cui mi sono
servito. Non dico già che un'estensione di 50 a 100 ettari sia sempre ciò che possa aversi
di meglio; ma dico esser ciò che s'incontra più spesso, ed esser la media a cui sembra
che più si tenda. Vi sono infiitti altre cause, diverse da quelle derivate dulia coltura pro
priamente detta, benché queste sieno le più efficaci, che agiscono sull'estensione media
dei poderi. La ripartizione dei capitali fra i fittaiuoli è una di esse; ed io persisto a du
bitare che, anche in Inghilterra, vi sieno molti fittaiuoli abbastanza ricchi per poter pru
dentemente nddossarsi la coltivazione di 150 a 200 ettari. I fatti tradizionati, molto più
favorevoli ebe la teoria alla piccola ed alla media coltura, hanno finora resistito, e pro
babilmente resisteranno ancora, lo per altro non sono affatto convinto ebe l'estensione di
120 a 160 ettari sia in realtà la migliore. Anche con un capitale sufficiente è giù molto,
ma io non voglio qui sollevare tutte le questioni che si collegano ad un tale argomento,
e che meriterebbero un esame più speciale : non ho inteso trattare che di un mero punto
di fatto. r
792 I.AVRBCHK.
gente. Nessuna nazione può vantarsi di possedere un cadastro così antico, cosi
particolareggiato, cosi autentico.
Quindici anni circa erano scorsi dopo la battaglia di Hastings, quando il
domesday-book fu intrapreso. I nuovi proprietarii da parecchi anni si erano sta
biliti sui loro poderi e la maggior parte di loro occupavasi già d'agricoltura. Alle
vavano un gran numero di cavalli e di bestiame; multum agricoltura deditus,
dice la vecchia cronaca parlando d'uno fra loro, ac in jumentorum et pecorum
multitudine plurimum delertaius. Il lavoro ordinato dal re aveva per iscopo,
non solamente di raccogliere i nomi dei possessori, ma anche far conoscere in
particolare il numero delle misure di terra, o hydes, come allora chiamavansi,
la quantità degli animali domestici, degli aratri, ecc. La rassegna durò sei anni,
e mostrò un progresso agricolo abbastanza innoltrato. Comprese tutti i paesi
veramente sottoposti alla dominazione normanna, cioè l'Inghilterra intiera sino
al di là di York; non furono eccettuate che le montagne del Northumberland.
Tutta la storia d'Inghilterra del medio evo è piena delle lotte dei baroni per
assicurarsi il possedimento delle loro terre contestato dalla corona. Una prima
volta, nel 1101, essi ottengono da Enrico I un editto cosi concepito: « Io con
cedo in dono a tutti i cavalieri, che si difendono coll'elmo e la spada, il pos
sesso libero dette terre coltivale coi toro aratri signorili, affinchè si muniscano
d'armi e cavalli per il nostro servigio e per la difesa del Regno ». Iin secolo
dopo, nel 1215, essi profittano della debolezza del re Giovanni per istrappargli
la Magna Charla, che conferma il loro diritto di proprietà, e dà loro il mezzo
di difenderlo nelle assemblee sovrane. Costretti di appoggiarsi su tutta la popo
lazione per vincere la resistenza dei re, essi avevano dovuto stipulare nel mede
simo tempo alcuni dritti in favore delle comuni, ed è così che l'origine della
libertà politica in Inghilterra si è confusa con la consecrazione della proprietà
fendale.
Dall'epoca del re Giovanni sino ai nostri giorni, è sempre nelle campagne
che si trova la vera nazione, la nazione armata; le città non son nulla. I re
medesimi, cedendo allo spirito nazionale, cercano meno che altrove di dimi
nuire la potenza dei signori feudali. Quando Enrico Vili sopprime i conventi,
si crede obbligato, malgrado l'autorità assoluta di cui gode, a distribuire fra i
nobili una parte delle spoglie dei monaci. È da ciò che derivano le immense
proprietà di alcune famiglie. Quando sua figlia Elisabetta vede i medesimi nobili
uscire dai loro castelli ed affluire alla sua corte, li impegna essa medesima a tor
nare indietro sulle loro terre, ove avranno una maggiore importanza: « Vedete,
essa dice, questi vascelli ammucchiati nel porto di Londra? essi non presentano
alcuna maestà, non hanno utilità, colle loro vele ammainate e coi fianchi vuoti,
confusi e stretti gli uni cogli altri; ma supponete che spiegassero le loro vele
per disperdersi sull'immensità dei mari, e ciascun di loro sarebbe libero, po
tente e superbo »: paragone pittoresco è vero, ma che Enrico IV, contempora
neo di Elisabetta, ed il suo nipote Luigi XIV, mai non avrebbero fatto.
Nelle rivoluzioni del secolo XVII, e nelle agitazioni politiche del XVIII, la
nobiltà campagnuola non cessa mai di far fronte. Essa è che fonda lo Stabili
mento del 1688, che mantiene la casa di Annover sul trono, che sostiene la
lotta contro la rivoluzione francese; essa è che forma a un dipresso le due Camere
del Parlamento, sino all'epoca in cui il bill di riforma dà un posto più ampio ai
794 LAVKRGNG.
rappresentanti delle città, divenute ricche e popolose; essa è ancora, che nel
momento attuale si sforza con energia a mantenere la sua superiorità minacciata,
e tiene in iscacco i nuovi riformatori. Tutte le grandi memorie della storia na
zionale si collegano a questa classe; da ciò il secolare rispetto di cui gode. .Non
solamente la vita rurale è cercata per se medesima, per la libertà, l'agiatezza,
l'attivita pacifica, il benessere domestico, beni curi agl'Inglesi ; ma conferisce
ancora la considerazione, l'influenza, il potere, tutto ciò che gli uomini bramano
tostochè abbiano soddisfatto ai loro primitivi bisogni.
Al possesso delle proprietà rurali si congiungono taluni privilegi, il più ricco
proprietario d'una coulea ordinariamente è il lord luogotenente, titolo più ono
rifico che utile, ma che conferisce a chiunque ne sia rivestito un riflesso dello
splendore pacifico ed incontestato della monarchia inglese. 1 più ricchi, dopo il
lord luogolenente, sou giudici di pace, cioè sono i primi e quasi i soli magistrati
amministrativi e giudiziarii, i rappresentanti della pubblica autorità. In Francia,
i pubblici ufliziali, quasi lutti stranieri al dipartimento che amministrano, non
hanno alcun vincolo cogl'interessi locali. In Inghilterra, i proprietarii medesimi
sono pubblici ufficiali nel loro paese; e quantunque la Corona in apparenza li
scelga, pure son pubblici ufliziali per il solo fatto che sono proprietarii. Non
havvi forse esempio che un posto di giudice di pace si sia ricusato ad un pro
prietario ricco ed estimato.
Si comprende adunque quale importanza un ordinamento di tal genere con
ferisca alla residenza locale. In Francia, quando un proprietario ha l'ambizione
di far figura, bisogna che abbandoni il suo luogo natale ed il suo podere; io
Inghilterra, bisogna iovece che vi rimanga. Così in questo paese di commercio e
d'industria tutto cospira verso la proprietà rurale; chiunque faccia una fortuna
vi compra una terra ; chiunque travaglia ad arricchirsi non aspira che a fare un
giorno lo stesso. Una tale preoccupazione si spinge al punto che, quando si ha
la sventura di nascere in città, si procura di nasconderla; tutti vogliono essere
nati in campagna, perchè la vita di campagna è il distintivo d'un'origine ari
stocratica; e quando alcuno non vi è nato, vuole per lo meno morirvi, onde
trasmettere ai suoi figli il nobile battesimo.
Leggete la lista dei membri della Camera dei Puri nelle pubblicazioni uffi
ciali: non è mai il loro indirizzo a Londra ciò che si mette appresso il loro nome,
ma la loro residenza campestre: il duca di Norfolk è portato come residente ad
Aruudel-Castle, nella contea di Sussex; il duca di Devonshire a ChatsworthPa-
lace, nella contea di Derby; il duca di Portland a Welbeck-Abbey, nella contea
di Nottingham, e così di seguito. Ogni inglese conosce per lo meno di nome que
ste signorili abitazioni, così illustri come i nomi medesimi delle grandi famiglie
che le possiedono. Oltre la magnificenza spiegatavi dai loro proprietarii, alcune
di esse hanno un'origine che le collega alla gloria nazionale. Il nome del duca
di Marlbourough è inseparabile da quello di Blenheim, magnifico castello dato
dall'Inghilterra al vincitore di Luigi XIV; ed una medesima origine associa il
castello di Strathfieldsaye colla memoria delle vittorie del duca di Wellington.
Pei membri della Camera dei Comuni è lo stesso. Chiunque possieda un'abi
tazione rurale, non manca mai d'indicarla come sua abituale dimora. Niuno
ignora il nome della casa di campagna di sir Robert Peel, Drayton-Manor. L'ap
parenza qui è perfettamente d'accordo colla realtà. I membri delle due Camere
LA VITA HI u.v Mi. 795
non hanno a Londra che un piede a terra, e vi si portano per la stagione del
Parlamento. Il rimanente del loro tempo si passa in campagna o in viaggio. È
per la campagna che ciascuno riserva il suo lusso; è là che si rendon le visite,
che si danno le feste, che si combinano le partite di piacere.
La letteratura nazionale, espressione dei costumi e delle abitudini, porta in
tutto le traccie di questo tratto distintivo del carattere inglese. L'Inghilterra è il
paese della poesia descrittiva; quasi tutti i suoi poeti son vissuti nei campi, ed Ivan
cantato i campi. Anche al tempo in cui la poesia inglese cercava di modellarsi
sulla nostra, Pope celebrava la foresta di Windsor, descriveva pastorali; se il suo
stile era poco rurale, lo erano nondimeno i suoi argomenti. Prima di lui, Spen
cer e Shakspeare avevano avuto mirabili stanci di poesia campestre; il Canto
delt'altodola e del rosignuolo risuona ancora, dopo secoli, nell'inebbriante
addio di Giulietta a Romeo. Milton, il settario Milton, ha dedicato i suoi più bei
versi alla pittura del primo giardino, ed in mezzo alle rivoluzioni e agli affari,
le sue fantasie lo portavano verso la campagna ideale del Paradiso perduto.
Ma egli è sopratutto dopo la rivoluzione del 1688, quando l'Inghilterra, fat
tasi libera e padrona assoluta di sè, che l'amore della vita rurale penetra pro
fondamente nei suoi scrittori. Allora appaiono Gray e Thomson. Il primo nelle
sue celebri elegie, fra le altre nel Cimitero di campagna, il secondo nel suo poe
ma delle Stagioni, fan risuonare deliziosamente questa corda favorita della lira
britannica. Le Stagioni abbondano di mirabili descrizioni; basta citare il taglio
de' fieni, la messe, la tosatura dei montoni, che era giù un grande ail'are per
l'Inghilterra ai tempi di Thomson, e tra i piaceri della campagna, la pesca della
trotta. I membri attuali del club dei pescatori posson trovare in questa piccola
pittura tutti i particolari dell'arte prediletta. Si sente ogni dove l'impressione
viva e spontanea, l'entusiasmo vero e profondo per le bellezze della natura e le
gioie del lavoro. Thomson vi aggiunge quella dolce esaltazione religiosa che ac
compagna la vita laboriosa e solitaria in presenza dell'eterno prodigio della ve
getazione. Tutto il suo poema ne è impregnato, sopratutto in quell'eloquente
conclusione nella quale rassomiglia il destarsi dell'anima umana dopo la morte
al destarsi della natura dopo l'inverno. Thomson cantava anche gli allettamenti e
le virtù della vita campestre verso il 1730, cioè al momento in cui la diserzione
delle campagne era arrivata in Francia agli estremi suoi limiti. I grandi signori,
attirati alla corte da Richelieu e Luigi XIV, avevan finito coll'estinguere nelle
orgie della Reggenza ogni memoria delle terre paterne. L'agricoltura, estenuata
nelle insensate esigenze del lusso di Versailles, perdeva poco a poco ogni anima
ed o«ni vita; e la letteratura francese, occupata di altro, non aveva ancora de
dicato ai coltivatori che quelia terribile pagina di La Bruyère, Ja quale resterà
come un grido di rimorso del gran secolo (1): « Si vedono certi animali feroci,
maschi e femmine, sparsi per la campagna, neri, lividi, abbronzati dal sole, at
taccati alla terra, che smuovono con un'ostinazione invincibile. Hanno come una
voce articolata, e quando si levano in piedi mostrano una faccia umana, ed in
fatti non sono che uomini. Si ritirano la notte in certi covili, dove vivono di
pane nero, acqua e radici ; risparmiano agli altri uomini la pena del seminare,
del lavorare, e del raccogliere per vivere, e merilano quindi che non manchi loro
il pane che han seminato ».
Si è detto con ragione che neWEnriade, pubblicata quasi contempora
neamente alle Stagioni, non v'era neanche erba per i cavalli. Quest'asso
luta dimenticanza della natura fisica si è mantenuta sino al momento in
cui l'imitazione delle idee inglesi irruppe da ogni parte nella letteratura e
nella società, cioè fino agli anni che immediatamente precedettero la rivolu
zione del 1789.
I romanzi inglesi del secolo XVIII toccano tutti da qualche punto la vita ru
rale. Mentre che la Francia era ancora ai canti di Voltaire ed ai romanzi di Cré-
billon figlio, l'Inghilterra leggeva il Vicario di Wakefield, Tom Jones e Clarissa.
« L'eroe di questa storia, diceva Goldsmith medesimo di M. Primrose, riunisce
i tre più rispettabili caratteri della società: è prete, agricoltore e padre di forni-
glia ». Questa frase riassume tutto l'ordine d'idee particolari all'Inghilterra
protestante ed agricola. L'intiero romanzo non è che il suo commentario; è il
quadro d'uu interno di famiglia nel fondo d'un povero presbiterio di campagna.
Il ministro protestante, con una moglie e con dei figli, ha doveri diversi da quelli
del prete cattolico; bisogna che dia da vivere ai suoi, e questa necessità lo co
stringe a mescolare alcuni lavori temporali alle sue occupazioni spirituali. La
fattoria che Primrose ha affittata non è molto grande, non ha che 20 acri ossia
8 ettari, ma basta alla sua ambizione. Egli la coltiva con amore, aiutato da suo
figlio Mosè, mentre sua moglie, che non ha rivale per il vino di ribes o d'uva
spina prepara il modesto desinare della famiglia. La domenica, quando il tempo è
bello, vanno a sedersi, dopo il servigio divino, sopra un banco all'ombra delt'al
ba spina; si stende la tovaglia sopra un mucchio di fieno, e si mangia giovial
mente ad aria aperta, mentre due merli si rispondono cantando da un'aia all'al
tra, ed il cardellino viene a beccare i briccioli del pane nelle belle mani delte
figlie del vicario. Egli è nel mezzo d'una fra queste scene felici che viene a ca
scare il cervo inseguito dai cani, e si presenta sul suo cavallo da caccia il gen
tiluomo del castello vicino.
Gli eroi degli altri romanzi vivono lutti in campagna. Mr. Westen, fra gli
altri, è il tipo dello squire, gran cacciatore e gran bevitore, come tulle le tradi
zioni lo dipingono. A misura che ci avviciniamo al nostro tempo, l'amore della
natura campestre diviene sempre più un luogo comune. Tutte le arti se ne im
padroniscono. I poeti più non cantano che le bellezze del paesaggio inglese: i
pittori non dipingono che l'interno della fattoria. Una scuola speciale, quella
dei laghi, si ispira alle scene più agresti. Quanto più la guerra infuria sul con
tinente, tanto più l'immaginazione nazionale ama di trasportarsi, per uno di
quei contrasti naturali ali uomo, nella calma e nella sicurezza della vita rurale.
Egli è sopratutto quando le rivoluzioni spazzano il mondo, che l'anima cerca di
respirare la freschezza dell'eterno idillio. L'Inghilterra assapora a lunghi sorsi
questa felicità; un medesimo sentimento di protestazione e di salute la ricon
duce verso le idee conservatrici e verso le abitudini agricole.
Leggete, fra gli altri, i versi di Coleridge che esprimono tanto bene questo
nazionale benessere, difeso dall'Oceano:
• 0 Albione, o isola mia nativa, ecc. •
LA VITA RURALE. 797
CAPITOLO X.
dopo un'altra pace generale che aveva dato la medesima spinta al lavoro, parve
una vera resurrezione : così noi ricompensiamo i nostri grandi uomini ! Tutte le
buone pratiche agricole erano note ai tempi d'Olivier; egli dà precetti che po
trebbero anche oggidì bastare ai nostri coltivatori; e quindi in pochi anni la pro
duzione fece rapidi progressi, con gran profitto del vostro popolo, egli dice, di
rigendosi al re nella sua dedica, il quale rimane sicuro sotto il suo fico colti
vando la sua terra, e come all'ombra della maestà vostra, che tiene ai suoi
fianchi la giustizia e la pace.
Il genio fatale che presiede ai nostri destini non ci permise per lungo tempo
questa calma profonda. L'assassinio di Enrico IV tornò ad immergere la Francia
nel caos, ma le conseguenze di quel rapido momento di speranza si fecero sentire
in tutto il corso del secolo; la grandezza di Richelieu e di Luigi XIV fu dovuta
in parte ai germi di ricchezza che allora erano stati deposti nel suolo. Tutti i
ragguagli storici attestano che in quell'epoca le nostre campagne erano abitate
da una nobiltà numerosa, che confondeva i suoi interessi con quelli delle popo
lazioni rurali ; la funesta separazione che ha perduto ogni cosa avvenne più tardi.
Nel medio evo la civiltà andò sempre dal sud al nord, L'agricoltura, come
tutte le arti, fiori dapprima in Italia. La Provenza e la Linguadoca furono
di buon'ora le parli meglio coltivate deila Francia, perchè erano le più vicine al
centro luminoso. Olivier de Serres era nato sui confini di queste due provincie.
La Gran Bretagna, posta più lungi, tardò a ricevere l'impulso. Dopo il regno di
Elisabetta, era ancora in piena barbarie. Guicciardini calcola a 2 milioni di anime
la popolazione dell'Inghilterra propriamente detta ai suoi tempi. Altri la portano
a 4 milioni, oggi ascende a 17. I tre quarti del paese erano incolti. Bande di
vagabondi devastavano le campagne. La nazione inquieta, profondamente agi
tata, cercava di costituirsi ; ma era destinata a passare per una lunga serie di
rivoluzioni prima di rinvenire la sua forma definitiva; e fra di tanto l'agricoltura,
come ogni altra cosa, soffriva. In tutto il corso del secolo XVII, la Francia è
venditrice di grano alla Gran Bretagna.
Dopo il 1688, tutto si mula. Le ombre si stendono sulla Francia, spossata
dalle follie di Luigi XIV. L'Inghilterra, all'incontro, rinnovata e ringiovanita,
prende uno stancio che più non deve arrestarsi. La popolazione della Francia
declina invece di crescere; quella dell'Inghilterra si moltiplica rapidamente. Bois-
Guillebert, Vauban, tutti i documenti dell'epoca, provano la progressiva deca
denza dell'agricoltura francese. L'Inghilterra, all'incontro, che sotto gli Stuardi
non produceva grani abbastanza per alimentarsi, cent'anni appresso diventa il
granaio d'Europa. Benchè debba nutrire una popolazione doppia, e benchè que
sta popolazione vivesse molto meglio di prima, pure ogni anno vendeva uno o
due milioni di ettolitri di grano all'estero, quantità enorme relativamente ai
mezzi di trasporto conosciuti a quell'epoca. Si è calcolato che, nella seconda
mela del secolo XVIII, l'Inghilterra vendette ai suoi vicini, e principalmente alla
Francia, per la somma di mille milioni di franchi in cereali.
Ma quali buoni successi per essa e quali rovesci per noi, anche in questo
fatale periodo ! Dapprima la terribile guerra della successione, le crudeli disfatte
di Blenheim, di Ramillies e di Malplaquet, l'esistenza medesima della Francia
compromessa e salvata come per un miracolo a Denain; poscia la guerra, più
Sctnom. 2» serie Tom. I. — 51.
802 LA.VERGNE.
uomini mancava del tutto ; si coltivavano poco i legumi secchi, e molti altri
prodotti, che oggi son tante ricchezze, non esistevano ancora.
Il numero delle bestie bovine era, secondo Quesnay, di 5 milioni, o la metà
di ciò che esiste oggidì. Quanto alla qualità, era molto inferiore. Si macellavano
tutti gli anni 400 o 500 mila capi, se ne macellano oggi dieci volte di più; ed
il bestiame di allora, costretto a cercarsi la sussistenza nelle terre aride, nei nudi
maggesi, nei prati paludosi, non poteva paragonarsi, in peso medio, a quello di
oggi, nutrito in buoni prati, o alimentato alla greppia con delle radici e con
dei foraggi artificiali. I bovi di alcune regioni montagnose, dove l'antico siste
ma di pascolo grossolano ed incolto è ancora in vigore, possono dare un'idea
di tutto il bestiame d'allora. I montoni non erano certamente nè più numerosi
nè migliori in proporzione. Il numero dei maiali doveva essere proporzionale
alla popolazione. Quanto ai cavalli, si sa che Turgot, volendo riordinare le poste
nel 1776, non potè procurarsi i 6000 cavalli da tiro di cui aveva bisogno. Ques-
nay non dice che alla sfuggita una parola intorno alla vigna. Beausobre calco
lava, nel 1764, a 13 milioni di ettolitri la raccolta annuale del vino, il terzo di
ciò che essa è oggidì. Tutto calcolato, e valutando i prodotti d'allora al prezzo
dei nostri tempi, si trova al più un valore di 1250 milioni per la produzione
totale dell'agricoltura francese verso il 1750.
Cosi la popolazione, quantunque non fosse che di 16 a 18 milioni di ani
me, era arrivata ad un grado di miseria che sorpassa ogni credenza. La condi
zione del popolo propriamente detta era spaventevole, e le classi superiori non
soffrivano meno la comune povertà. Vauban, nella sua decima reale, fa un'ana
lisi della società francese che fa fremere. Secondo il calcolo di Quesnay, il
reddito netto dei proprietarii ascendeva a 76 milioni di lire per le terre coltivate
a cereali; comprendendovi le vigne ed altri prodotti, si può spingerlo fino al
doppio. La lira d'allora valeva a un dipresso quanto il franco d'oggi. Le fattorie
erano affittate, nella grande coltura, per 5 lire l'arpento, e nella piccola per 20
a 30 soldi, cioè nella prima 10 franchi, e nella seconda 2 a 3 franchi per ettaro.
Un contemporaneo di Quesnay, Duprè de Saint-Maur, dice anche che nelBerry,
in una parte della Sciampagna, del Maine e del Poitou, non si affittavano che
15 soldi l'arpento, ossia franchi 1 1/2 l'ettaro; ed a questo prezzo i fitiamoli
stentavano molto a vivere.
Un testimonio spaventevole, fra mille altri, di questa generale privazione, si
trova nelle memorie del marchese d'Argenson, che scriveva nel 1739, cinque
anni prima d'esser ministro d'affari esteri di Luigi XV: « Il vero male, quello
che scalza il regno e non può mancare di decidere la sua rovina, si è che troppo
a Versailles si chiudono gli occhi sul deperimento delle provincie. Dacchè io
esisto ho veduto la decrescenza continua della ricchezza e della popolazione in
Francia. Si ha presentemente la certezza che la miseria sia giunta universal
mente ad un grado inaudito. Nel momento in cui scrivo, in piena pace, coll'ap-
parenza di una raccolta, se non abbondante, per lo meno tollerabile, gli uomini
muoiono attorno a noi, come le mosche, di miseria e pascendosi d'erbe. Le Pro
vincie del Maine, Angoumois, Turena, alto Poitou, Perigord, Orleanese, Berry,
sono le più maltrattate; il male si avvicina a Versailles. Il duca d'Orleans portò
ultimamente in consiglio un tozzo di pane di fiticaria da noi procuratogli. Lo
posò gulla, tavola del re dicendo: Sire, ecco di che cosa si nutrono i vostri sudditi.
gQ4 LJLVBBGNE.
Ecco da qual profondo abisso ha dovuto uscire la Francia per tornare alla
luce. Non deve far meraviglia che, dopo un secolo di sforzi, non abbia potuto
compiutamente guarire le sue piaghe. In questo secolo, l'agricoltura ha quadru
plicato i suoi prodotti, la popolazione si è raddoppiata, la rendita delle terre si
è innalzata da 150 a 1500 milioni, cioè nella proporzione di 1 a 10. Questi
sono enormi progressi ; e se il punto di partenza non fosse stato sì basso, sa
rebbero più che bastati a mantenerci nel nostro rango. Nessun altro popolo, ec
cettuata l'Inghilterra, ha fatti altrettanti progressi nel medesimo corso di tempo,
e nondimeno le circostanze non sono state sempre favorevoli. Su questi 100
anni, circa 50 sono stati agitati da orribili rivoluzioni e da guerre sanguinolenti.
Noi uon abbiamo avuto di vero buon tempo, che il regno di Luigi XVI, il Con
solato, e i trentadue anni della monarchia costituzionale.
Il movimento di rigenerazione comincia a farsi sentire dopo la pace del 1763,
nelle predicazioni degli Economisti in favore della libertà del commercio dei
grani. Nei suoi articoli dell' Enciclopedia Quesnay, mostrando l'ampiezza del
male, aveva indicato l rimedii. Tutti i progressi ulteriori dell'agricoltura nazio
nale son presentiti in quei due articoli. Ci volle del tempo perchè la nuova dot
trina si spargesse e formasse una scuola. Fra di tanto la vecchia società compiva
la sua dissoluzione. All'intronizzazione di Luigi XVI, i voti del paese verso ano
stato migliore si produssero da tutti i lati. Turgot fu il primo a prestar la mano
all'edificio crollante. Prima del 1789, grandi riforme s'eran già fatte: il lavoro
era stato affrancato, la libertà del commercio dei grani erasi proclamata. Le
prime deliberazioni dell'Assemblea Costituente terminarono ciò che erasi sì hen
cominciato. La nazione respirava infine. Se la Francia del 1789 avesse sapulo
arrestarsi, come l'Inghilterra del 1688, non vi ha dubbio che la ricchezza pub
blica avrebbe preso d'allora in poi un aumento prodigioso.
Lo spaventevole rivolgimento, che succedette a questi giorni di buone spe
ranze, raffrenò il progresso nascente. Dopo dieci anni di prove, il Consolato
rendette al paese alcune ore di riposo; e si vide il movimento, già sospeso dalle
tempeste della rivoluzione, determinarsi di nuovo con un'irresistibile energia. I
bei giorni della pace di Vervins erano rilornati. Sventuratamente un nuovo fla
gello venne ancora a ritardare lo stancio. Vennero le guerre funeste dell'Impero,
i capitali si dispersero ancora una volta, la popolazione fu ancora una volta
decimata sui campi di battaglia. Sembrava che i grandi principii piantati sotto
Luigi XVI non arrivassero mai a portare i loro frutti ; la Francia non aveva tra
veduto la pace e la libertà che unicamente per ismarrirle. Non fu veramente
che a partire dal 1815, che il lavoro nazionale potè svolgersi seuza ostacoli, e
si sa ciò che ne venne.
Bisogna risalire fino al regno di Carlo l per trovare presso gl'Inglesi qualche
cosa di simile a ciò che era la Francia cent'anni appresso. Dal 1750 in poi, i'
progresso diviene sensibile. Il governo rappresentativo era foudato, la ricchezza
rurale era cresciuta con esso. Questo paese, che produceva appena 2 milioni di
quarters di grano sotto gli Stuardi, già nel 1750 ne raccoglieva il doppio, e
progressivamente doveva elevarsi fino ai 13 milioni che oggi produce. La carne,
la birra, la lana, tulte le derrate agrarie, seguivano il movimento; ma pu^i
mentre il resto d'Europa languiva nell'oppressione, la libertà e la sicurezza si
spargevano come una dolce luce nelle campagoe britanniche. Nei primi anni del
DELLE ISTITUZIONI POLITICHE. 805
secolo XVIII, Tliompsou canta quei sacri beni che sono il principio di tutti gli
altri. « La libertà, egli dice, regna qui fino nelle più remote capanne, e vi porta
l'abbondanza ». In un altro luogo, volgendosi all'Inghilterra dice: « Le tue con
trade abbondano in ricchezze la cui proprietà è assicurata al lavorante soddis
fatto ». Da centosessant'anni in qua, le nobili istituzioni che difendono la libertà
e la sicurezza delle persone e dei beni, han regnato in Inghilterra senz'interru-
zione e da 160 anni la prosperità le accompagna.
Alla fine del secolo XVIII, nel momento in cui cominciò la guerra della ri
voluzione, l'agricoltura inglese era già più ricca che la nostra d'oggi. Molti do
cumenti l'attestano, e fra gli altri le ricerche di Piti per l'introduzione dell'in-
come-tax, e i lavori di Arturo Young e di sir Giovanni Sinclair. Pitt calcolava
nel 1798, per l'Inghilterra e paese di Galles, una rendita territoriale di 25 mi
lioni sterlini, o 625 milioni di franchi ; e calcolava il reddito dei fittaiuoli per
18 milioni sterlini, o 450 milioni di franchi: il che fa una media di 40 franchi
l'ettaro per la rendita, e 30 franchi per il profitto. Vi è bene da dubitare che,
anche prendendo la più ricca metà della Francia, vi si possa oggidì trovare un
analogo risultato. Alla medesima epoca, la media delle mercedi rurali era di
scellini 7. 5, o franchi 9 per settimana, cioè franchi 11/2 per ogni giornata di
lavoro, ed in molti punti ascendeva sino a 9 e 10 scellini, ossia 2 fr. al giorno.
È ancora da dubitare che, anche nella migliore metà della Francia le mercedi
rurali sieno nell'attuale momento si alte; ed il prezzo delle derrate alimentari
era allora in Inghilterra piuttosto al disotto che al disopra di ciò che trovasi
oggi in Francia. Il valore degli edificii ascendeva, secondo il dottor Beeke, a 200
milioni sterlini, o 5000 milioni di franchi; quello delle terre secondo la medesima
autorità, a 600 milioni sterlini, o 15,000 milioni di fr., cioè 1000 fr. per ettaro,
ed a questo prezzo davano un reddito medio del 4 per 0/0.
Tali erano i frutti d'un secolo di svolgimento libero e regolare, malgrado
alcuni parziali disastri, come fu la guerra d'America. Nel mezzo secolo susse
guente, dal 1800 al 1850, la popplazione si è ancora raddoppiata, e la produ
zione agraria ha seguito quasi la medesima progressione malgrado la spavente
vole lotta che occupò i primi quindici anni. Non solamente l'Inghilterra costi
tuzionale ha finito col vincere il dispotismo ed il genio armato di tutte le forze
d'una nazione più numerosa, ed infinitamente più guerriera, ma anche l'aumento
della ricchezza interna non si è sensibilmente ritardato per la violenza della lotta.
Mai i permessi di chiusura di terre incolte (inclosure), non sono stati più nu
merosi di quel che furono durante la guerra contro la Francia; è quella l'epoca
in cui la rotazione di Norfolk fece le sue più grandi conquiste, in cui le teorie di
Bakewel e di Arturo Young si sono generalizzate, in cui il duca di Bedford, lord
Leicester, e molti altri, seppero trarre un sì felice partito dalla grande proprietà.
La Scozia e l'Irlanda aveano prosperato meno nel 1798 perchè erano state
meno ben governate. Pitt calcolava la ricchezza della Scozia per un ottavo di
quella dell'Inghilterra. Non dovendo l'alta Scozia figurare quasi niente nel suo
calcolo, era una media per la bassa Scozia di 22 fr. per la rendita d'ogni ettaro,
e 12 fr. per il profitto; ed infatti la Scozia non godeva un poco d'ordine e di
libertà che da 50 anni innanzi. Noi vedremo anche meglio, trattando dell'Ir
landa, ciò che l'assenza della libertà e della sicurezza produce.
È dunque perfettamente verificato che, sia in Francia, sia in Inghilterra lo
806 r.AVERGKE.
CAPITOLO XI.
. . ./ ' . .
Le «Bercio.
Io arrivo in fine alla più efficace delle cause che concorsero al progresso
dell'agricoltura britannica, eioè lo svolgimento simultaneo delta più potente in
dustria e del più ricco commercio che esistano al mondo. Jo sostanza, questa
causa si confonde colle altre, perchè l'industria ed il commercio sono come l'a
gricoltura, figli della libertà, dell'ordine, della pace; e siccome queste primitive
condizioni sono in gran parte l'opera della nazione rurale, così tutto deriva da
una sorgente comune. Ma come le conseguenze della libertà e della pace si di
stinguono nei fatti da quelle della vita rurale propriamente detta, cosi le conse
guenze dello sviluppo industriale e mercantile possono esamiuarsi a parte, e sono
le più attive. Se mai fosse possibile introdurre un gran commercio ed una grande
industria in un paese senza sicurezza nè libertà, questa causa da se sola sarebbe
sufficiente per generare una grande ricchezza agraria; e se mai fosse possibile
una nazione libera e tranquilla senza che per questo sol fatto divenga industriale
e commerciante, la libertà e la pace non basterebbero, anche col soccorso delle
abitudini rurali, a produrre egualmente questa ricchezza.
Taluni, colpiti più dalle apparenze che dalla sostanza delle cose, han creduto
di scorgere nel commercio e nell'industria due elementi nemici e rivali dell'agri
coltura. Questo errore fatale è sopratutto propagato in Francia: non sarebbe mai
troppo il combatterlo, perchè uno dei più nocevoli agl'interessi agricoli, in realtà
la distinzione tra l'agricoltura e le arti è falsa: è anche un'arte quella dell'usu-
fruttare il suolo; è anche un commercio il trasportare, il vendere, il comprare
i prodotti rurali. Soltanto, quest'arte e questo commercio, essendo di prima ne
cessità, possono alquanto più dispensarsi dell'abilità e del capitale che fan d'uopo
alle altre; ma allora rimangono nell'infanzia, e quando questi due potenti aiuti
non mancano loro, divengono cento volte più fecondi. Anche ammettendo la
distinzione usitata, non vi può essere ricca agricoltura senza ricche arti. È que
sta una verità che direbbesi matematica, perchè il commercio e l'industria son
quelli unicamente che posson fornire in gran copia all'agricoltura i due più ef
ficaci agenti di produzione che esistano: lo smercio ed il capitale.
Sin dal regno della regina Anna, l'Inghilterra prende visibilmente il passo
sulla Francia nelle arti e nel commercio, cioè in tutto, perchè questo progresso
suppone ed abbraccia tutti gli altri. Dopo la guerra americana, quando la nazione,
afflitta dell'aver perduto la sua maggiore colonia, si ripiega su se medesima e
cerca nel proprio seno un compenso, il suo stancio diviene affatto senza rivale.
Allora spunta Adamo Smith, che nel suo libro immortale investiga le cause della
ricchezza e grandezza delle nazioni : allora spuntano i grandi inventori come
Arkwrighit e Watt, come due strumenti di Adamo Smith per effettuare le sue
teorie nella pratica industriale; allora spunta Guglielmo Pitt che porta il me
desimo spirito nell'amministrazione degli affari pubblici; allora in fine spuntano
808 LAVBRGKE.
Arturo Young e Bakewell, i quali dal canto loro non fanno che applicare al
l'agricoltura le nuove idee.
Semplicissimo è il sistema di Arturo Young: si riassume in una sola parola,
di cui Adamo Smith aveva fissato il senso, «7 mercato. Fin là gli agricoltori in
glesi, come tutti quelli del continente, poco avevano lavorato con l'intento del
mercato. La maggior parte delle derrate agricole si consumava sopra luogo dai
produttori medesimi; e quantunque in Inghilterra se ne vendesse più che altrove,
non era punto il pensiero dello smercio quello che dominava la produzione.
Arturo Young fu il primo nel far comprendere agli agricoltori inglesi l'im
portanza nascente del mercato, cioè della vendita delle derrate agricole, ad
una popolazione che non contribuisca a produrle. Questa popolazione non
agricola, poco considerevole fin allora cominciava a svolgersi, e poscia la sua
moltiplicazione è divenuta immensa, grazie all'espansione dell'industria e del
commercio.
Tutto il mondo sa quali enormi progressi l'uso del vapore, come motore,
abbia determinati da cinquant'anni in qua nell'industria e nel commercio della
Gran Bretagna. La sede principale di questa miracolosa attività è, nel nord-ovest
dell'Inghilterra, la contea di Lancaster, enei suoi dintorni il West Riding delia
contea di York; là Manchester lavora il cotone, Leeds la lana, Sheffield il ferro,
ed il porto di Liverpool alimenta, con una perenne corrente di esportazioni ed
importazioni, un'industria instancabile; là si scava senza riposo quel mondo sot
terraneo che gl'Inglesi hanno con tanta ragione chiamato le loro Indie nrre,
serbatoio immenso di carbone che colle sue ramificazioni occupa parecchie con
tee e vomita da ogni parte tesori inesausti. Si calcola per 40 milioni di tonnel
late, che a 5 scellini l'una vagliono 500 milioni di franchi, l'estrazione annuale
del carbone; ciò che fa supporre una gigantesca produzione industriale, poichè
il carbone è la materia prima di tutte le industrie.
Sotto questo impulso, la popolazione della Gran Bretagna, dal 1801 al 1851,
è ascesa da 10 a 21 milioni d'anime; quella della contea di Lancaster e del
West-Riding si è triplicata ; non vi è forse in tutto il mondo una popolazione
più densa. La Francia non offre in nessun luogo uno spettacolo simile : nel me
desimo corso di tempo la sua popolazione totale non è cresciuta che di uu quarto;
è passata da 27 a 36 milioni ; e i suoi dipartimenti più popolosi, quelli del Ro
dano e del Nord, dopo quello della Senna, che fa eccezione come Londra, non
contano che due teste umane per ettaro.
Quanto più popolato è il paese, tanto più il rapporto tra la popolazione agra
ria e la popolazione totale si abbassa. Verso la fine dell'ultimo secolo, il rap
porto fra il numero degli agricoltori e la cifra totale doveva essere all'inarca
ciò che è oggidì fra noi, cioè di un 60 per 0/0. Poscia, a misura che la massa
degli uomini si è ingrossata, si è veduto abbassarsi, non perchè la popolazione
rurale siasi diminuita, che anzi è cresciuta, ma perchè la popolazione artistica
si è moltiplicata con b«n altra rapidità. Si contavano nel 1800 circa 900,000
famiglie agricole nella Gran Bretagna; oggi se ne contano forse un milione. Nel
1811, il numero delle famiglie non agricole erano già 1,600,000; nel 1821, 2
milioni; nel 1841, 2 imilioni e mezzo; oggi forse 3 milioni. In generale, la po
polazione rurale costituisce un quarto del tutto; ma su certi punti è molto al
disotto. Nella contea di, JMiddJesex non vi sono che due coltivatori per ogni 100
LO SMERCIO. 809
abitanti; nel Lancashire 6; nel West-Riding 10; nelle contee di Warwik 10;
di Stafford 14.
La Francia neanche nel dipartimento della Senna offre una simile spropor
zione. Come popolazione urbana che cosa è Parigi col suo milione d'abitanti in
proporzione alla gigantesca metropoli dell'impero britannico, che non conta
meno di 2 milioni e 400 mila abitanti ? Che cos'è Lione, anche col suo
annesso di Saint-Etienne, allato a quella moltitudine di città manifattrici
che si raggruppano intorno a Liverpool e Manchester, e formano insieme
più di 5 milioni? Un terzo della popolazione inglese è riunito in questi due
centri : Londra al sud, le città manifattrici nel Lancashire e nel West-Riding
al nord.
Questi formicai umani son tanto ricchi quanto son numerosi. Molti operai
guadagnano in Inghilterra 5 a 10 fr. il giorno: la media delle loro mercedi si
può calcolare a 3 fr. Dove vanno i 2 o 5 mila milioni di mercedi che ogni anno
riceve questa massa di lavoranti? Servono prima di tutto a pagare il pane, la
carne, la birra, il latte, il burro, il formaggio, forniti direttamente dall'agricol
tura, e gli abiti di lana e di canape che essa indirettamente fornisce. Da ciò
una continua domanda di prodotti che l'agricoltura stenta a soddisfare; da ciò
una sorgente perenne e quasi indefinita per essa di guadagni. La potenza di
questi sbocchi si fa sentire su tutti i punti del territorio; quando il coltivatore
non ha presso di sè una città manifaltrice ove dare sbocco ai suoi prodotti, ha
un porto; e quando non ha nè un porto nè una città, è messo in rapporto con
qualche mercato per mezzo di un canale o di una ferrovia, sovente per mezzo
dell'uno e dell'altra.
Questi mezzi di comunicazione perfezionati non servono solamente a tra
sportare rapidamente ed a basso prezzo ciò che si vende dal coltivatore, ma gli
forniscono pure alle medesime condizioni le cose di cui egli abbia bisogno. Tali
eono gl'ingrassi e i mezzi di ammendamento, il guano, le ossa, gli stracci, la calce,
il gesso, la fuligine, la panadella, ecc. ; tutte merci pesanti, voluminose, che non
possono circolare agevolmente senza simili mezzi, e la cui abbondanza suppone
un attivissimo svolgimento d'industria. Tali sono il ferro e il carbone, di cui l'a
gricoltura estende ogni giorno l'uso, e che in certo modo rappresentano l'indu
stria stessa. Qualche cosa di più produttivo che il carbone e le altre materie
animali o minerali, lo spirito di speculazione viaggia con essi, dai centri indu
striali in cui nacque, alle campagne in cui trova nuovi alimenti, e seco trascina
i capitali, intrecciando un cambio fecondo che arricchisce l'agricoltura coll'in-
dustria e l'industria coll'agricoltura.
Malgrado l'estrema facilità dei trasporti per mezzo di battelli a vapore e di
strade ferrate, una sensibile differenza si nota ancora, per il prodotto netto e
lordo dell'agricoltura, tra le contee esclusivamente agricole, e quelle che al me
desimo tempo sono manifattrici.
La regione manifattrice per eccellenza, che comincia al sud nella contea di
Warwick, e finisce al nord nel West-Riding della contea d'York, è quella in cui
le rendite, i profitti, e le mercedi dell'agricoltura ascendono al più alto punto. La
media delle rendite colà è di 30 scellini per acre o 90 fr. l'ettaro; e quella delle
mercedi rurali è di 12 scellini, o 15 fr. per settimana, mentrechè nella regione ae —^
esclusivamente agricola che si estende al sud di Londra, la media delle rendil
810 LAYERGNE.
non è ohe di 20 scellini per acre o 60 fr. per ettaro, e quella delle mercedi è
di 8 scellini o 10 fr. per settimana. Le contee intermedie si avvicinano più o
meno a questi due estremi, secondo che siano più o meno manifattrici. Daper-
tutto, la meta delia rendita e della mercede agraria è un segno certo del grado
d'industriale progresso.
Molto generalmente si crede che il pauperismo si sviluppi più nei cantoni
manifattori che negli agricoli. È questo un errore. Risulta da un prospetto pub
blicato da Mr. Caird, nelle sue eccellenti lettere sull'agricoltura inglese, che nel
West-Riding, nelle contee di Lancaster, di Chester, di Stafford e di Warwick, la
tassa dei poveri è di circa uno scellino per lira, o 5 a 4 scellini per testa, e il
numero dei poveri ascende a o o 4 per 0 0 della popolazione, mentre nelle con
tee agricole di Norfolk, Suffolck, Bucks, Uedford, berks, Sussex, Hants, Wills,
Dorset, ecc. sorpassa i 2 scellini per lira o 10 scellini per testa, ed il numero
dei poveri arriva al 15, 14, 15, ed anche 16 per cento della popolazione. La
causa di questa differenza è agevole a comprendersi. Il numero dei poveri è
tanto maggiore, e la tassa dei poveri è tanto più aita quanto più bassa è la meta
media delle mercedi. Quantunque la popolazione lavoratrice sia tre o quattro
volte più affollata nei distretti manifattori che negli altri, pure vi gode una con
dizione migliore, perchè produce di più.
Ciò che finora ci ha colpiti presentandosi come una serie di problemi, adesso,
se io non m'inganno, si trova perfettamente spiegato.
Dapprima l'ordinamento della coltivazioue. Si sa che il carattere disti*
tivo dell'economia rurale in Inghilterra sta meno nella grande coltura pro
priamente detta, che nell'avere innalzato la coltura ad industria speciale, e
nella quantità di capitali di cui dispongono i coltivatori di professione. Questi
due caratteri derivano entrambi dall'immenso smercio della popolazione non
agricola.
Se noi ci trasportiamo in Francia, nei dipartimenti più arretrati del Centro
e del Mezzogiorno ove regna la mezzeria, che cosa mai troviamo? Una popola
zione rada, eguale tutt'al più in media al terzo della popolazione inglese ; una
testa umana soltanto, in vece di tre, per ogni due ettari, e questa popolazione è
agricola quasi esclusivamente. Poche città, o nessuna, poca o nessun' industria,
il traffico strettamente necessario per bastare ai limitati bisogni degli abitanti,
i centri di consumo lontani, i mezzi di comunicazione costosi e difficili, le spese
di trasporto che assorbono tutto il valore dei prodotti. Il coltivatore nulla o
quasi nulla può trovare a vendere. Perchè mai lavora? per nutrirsi, egli ed il
suo padrone, coi prodotti della terra. Il padrone divide con lui i generi, e ne
consuma una parte: se si tratta di grano o di vino, padrone e mezzaiuolo man
giano grano e bevono vino; se si tratta di segala, di gran turco, di patate, pa
drone e mezzaiuolo mangiano segala, patate, e gran turco. La lama e la canapa
si dividon parimenti e servono a fare i grossolani tessuti di cui si vestono pa
rimenti i due socii. Se rimangono alcuni montoni male ingrassati nelle stoppie,
alcuni maiali nutriti di rimasugli, alcuni vitelli allevati a gran pena da vacche
estenuate di travaglio, ed il cui latte si disputa ai loro figli, si vendono per
pagare l'imposta.
Si è molto biasimato questo sistema, e nondimeno è il solo possibile dove
manchi lo sbocco. In consimile paese l'agricoltura non può essere una proto
LO SMERCIO. 811
sione, una speculatone, un'industria ; per ispeculare bisogna vendere, e non
si può vendere quando niuno s'incontra per comperare. E dicendo niuno è per
ispinger l'rpotesi , giacchè questo caso estremo è raro che si presenti : havvi
sempre in Francia, anche nei più remoti cantoni , un piccolo numero di com
pratori; sarà talvolta un decimo, talvolta un quinto, talvolta un quarto della
popolazione non agricola, ed a misura che il numero si accresce, la condizione
del coltivatore si migliora, salvo che egli medesimo paghi i redditi di questi
consumatori sotto forma di spese giudiziarie od interessi usurai, ciò che per al
cuni almeno avviene ; ma il decimo, il quinto , anche il quarto non basta per
fornire uno smercio sufficiente, sopratutto quando questa popolazione non è essa
medesima composta di produttori, cioè commercianti o artigiani.
In un tale stato di cose non essendovi cambii, il coltivatore è costretto di
produrre le derrate più necessarie alla vita, cioè i cereali ; se il suolo mal vi si
presta, tanto peggio per lui, non vi ha scelta possibile , bisogna fare cereali o
morire di fame. Ora non vi ha coltura più rara di questa nei cattivi terreni ; ed
anche nei buoni non tarda a divenire onerosa, se non si prendono precauzioni;
ma in quest'ordinamento agricolo nessuno ha mai potuto badare o rendersi
conto delle spese di coltura : non si lavora per il profitto, si travaglia per vivere;
a qualunque costo occorre il grano, o per lo meno la segala. Finchè la popola
zione è rada, il male non è grandissimo , perchè la terra non manca: mercè i
lunghi maggesi, si può riuscire a qualche cosa. Ma quando la popolazione si
accresca per poco, più il suolo non basta, ed arriva un momento in cui gli abi
tanti soffrono profondamente per difetto di viveri.
Passiamo ora nella parte più popolata ed industriosa della Francia, quella
del nord occidentale : noi non vi troviamo ancora una perfetta analogia colla
popolazione inglese, una testa per ettaro soltanto Invece di una testa e mezzo ;
ma ciò è già il doppio di quello che altrove abbiamo veduto; e la metà di una
tale popolazione è data al commercio , all'industria, alle professioni libere; i
campi propriamente detti non son popolati che nel centro e nel mezzogiorno, ma
vi si trovano inoltre città numerose, ricche, manifattrici, e fra esse la più grande
e la più opulenta di tutte, Parigi. Vi si fa un gran commercio di derrate agra
rie; da ogni parte i grani, i vini, il bestiame , la lana, il pollame, le uova, il
latte si dirigono dalle campagne alle città, che li pagano col prodotto della loro
industria. Quindi l'affino è possibile, e infatti vi regna. Ecco la sua vera causa;
la sua esistenza è indizio infallibile d'una condizione economica in cui la ven
dita delle derrate forma la regola, ed in conseguenza la coltivazione può dive
nire oggetto d'un'industria.
Quest'industria comincia tosto che si apre lo smercio regolare, cioè quando
la popolazione artigiana e mercantile eccede una certa proporzione , sia che si
trovi immediatamente nei luoghi, sia che esista ad una distanza assai debole, e
che il mezzo di comunicazione sia perfezionato abbastanza perchè le spese di
trasporto non assorbano i guadagni. Diviene sempre più florida a misura che lo
smercio si allarga e si avvicina, cioè si trova nei dintorni immediati delle grandi
città e dei grandi centri di manifatture. Lo smercio basta per dare origine a
dei guadagni che aumentano rapidamente i capitali, la coltura diviene sempre
più ricca, tende verso il suo maximum. Tali sono i dipartimenti più vicini a Pa
rigi, La metà della Francia è a un dipresso più o meno in tali condizioni , l'ai
812 LAVERGNE.
tra metà non ha che sbocchi incerti; nulla di più facile che il riconoscerli al
primo colpo d'occhio: nell'una domina l'affitto, nell'altra la mezzeria.
In Inghilterra la metà senza sbocchi più non esiste da lungo tempo; daper-
tutto la popolazione rurale si trova vicina ad un'altra popolazione ; dapertutlo
lo smercio è tanto largo quanto nelle migliori porzioni della Francia, ed in al
cuni punti lo supera ; da ciò la differenza tra le due agricolture. Prendete io
Francia le parti in cui lo smercio sia uguale ed altrettanto antico, giacchè il
tempo è un elemento che bisogna far entrare nel paragone , voi troverete iro-
mancabilmente lo stesso svolgimento agricolo , qualunque sieno d'altronde le
condizioni della proprietà e della coltura. Ogni altra considerazione oliato a que
sta diviene accessoria.
Tosto che la vendita delle derrate diventa possibile in grandi dimensioni,
l'attenzione del produttore si trova chiamata su questioni affatto indifferenti si
nora. Qual è il prodotto che si venda più caro relativamente al suo costo? Quali
sono i mezzi di diminuire il costo per accrescere il profitto netto? Tutta la rivo
luzione agricola si aggira su questo punto. La prima conseguenza è l'abbandono'
delle colture che in una data posizione non pagano le loro spese, e la concen
trazione degli sforzi del produttore su quelle che meglio le paghino; la seconda
è la ricerca dei metodi che possano abbreviare e semplificare il lavoro renden
dolo più produttivo.
Perchè mai, ad esempio, il coltivatore inglese si applica a produrre innanzi
tutto la carne? Non ò già solamente perchè gli animali col loro concime man
tengono la fertilità della terra, egli è ancora perchè la carne è un prodotto ri
cercatissimo, e che si vende in tutta l'Inghilterra colla più grande facilità. Sei
nostri produttori francesi potessero fornire in un colpo altrettanta carne, il sno
prezzo scenderebbe al disotto del costo, perchè la domanda non sarebbe suffi
ciente. La nostra popolazione non è oggi assai ricca per pagare la carne quanto
essa vaglia. Bisogna attendere che l'industria ed il commercio abbiano fatto prò
gressi bastevoli per fornire mezzi di cambio. A misura che questi progressi si
faranno, la dimanda si accrescerà, ed i nostri produttori si sforzeranno di sod
disfarla : sarebbe un'insensatezza il volere che essi lo facciano prima. Sema
Arkwright e Watt, Bakewell sarebbe stato impossibile: egli giunse precisamente
quando lo stancio dato alla produzione industriale aumentava rapidamente la
domanda di carne. Noi non abbiamo bisogno d'andare fino in Inghilterra per
vedere la produzione di questo alimento divenir copiosa tostochè lo smercio sia
sufficiente. I paesi dove più se ne produca fra noi son quelli in cui è più cara,
cioè più ricercata: si vende a buon mercato nel Mezzogiorno che quasi non
ne produce.
Nel 1770 la carne vendevasi in Inghilterra a 5 danari, o 50 centesimi la
libbra inglese; in questi ultimi tempi , anche dopo tutto ciò che si è fatto per
accrescere il prodotto d'ogni specie di bestiame, si è venduta a 6 danari o bO
centesimi, cioè il doppio: queste cifre dicono tutto.
Per i latticinii è egli da meravigliarsi che si sieno moltiplicale le vacche
lattaie quando il latte nella maggior parte dell'Inghilterra si vende corrente
mente da 20 a 30 centesimi il litro? Gli operai inglesi consumano mollo
latte; vicino alle città manifattrici, il prodotto medio d'una vacca lattaia sì cal
cola 20 lire sterline o 500 franchi; non è raro il trovarne di quelle che frullino
LO SMERCIO. 813
Ano a 1000 lire. Il burro che nel 1770 vendevasi 6 danari, o 60 centesimi la
libbra inglese, oggi si vende ad un scellino, ossia fr. 1. 25. Anch'esso si è rad
doppiato di prezzo. Mettete tutti i nostri coltivatori in condizioni consimili, e voi
vedrete se non sapranno avere buone vacche e ben curarle. Si vede già ciò che
la vicinanza del mercato di Parigi ha fatto fare dai produttori di Gournai e di
Isigny.
La soppressione della segala e la sostituzione del frumento in sua vece sono
altre conseguenze dello stesso principio. La soppressione della segala è affatto
impossibile nei cantoni francesi più distanti dal mercato. Prima di tutto occorre
la sussistenza del mezzaiuolo. Bisogna esser vicino ad un mercato per fare altri
menti, quand'anche la terra si presti meno ai cereali e più ad altre colture,
giacchè bisogna poter vendere il nuovo prodotto e comprare del grano. La so
stituzione del frumento alla segala offre le medesime difficoltà. Esige anticipa
zioni per calcinature ed altre spese. Che serve il farle, se il frumento non è che
poco o nulla richiesto? Dovunque la domauda del frumento si accresca, cioè
dovunque si trovi una popolazione che possa comperare a caro prezzo il suo
pane, la trasformazione si effettua anche in Francia. È avvenuta dapertutto in
Inghilterra, perchè gli operai delle manifatture guadagnano abbastanza per avere
del buon pane bianco.
L'uso dei cavalli invece dei buoi nel lavoro agrario , l'uso delle macchine
per economizzare le braccia, tutto deriva da ciò. Il gran principio economico
delia divisione del lavoro vien messo in pratica sotto tutte le forme. Il coltiva
tore senza sbocchi si applica principalmente a non ispender danaro, perchè non
ha alcun mezzo di procurarsene; il coltivatore, sicuro di vender bene , non in
dietreggia davanti ad ogni utile spesa.
Ciò che avviene per l'ordinamento della coltura, avviene ancora per lo stato
della proprietà.
La piccola proprietà, dove non è vantaggiosa, ha per sua causa primaria la
mancanza di sbocchi. Il piccolo capitalista non ha alcun interesse a divenir fit-
taiuolo, quando il profitto della coltivazione è debole ed incerto. Anch'egli in
nanzi tutto si occupa a nutrirsi senza spender danaro ; e qual mezzo migliore
di assicurare la sua sussistenza, quando non si può ricorrere agli scambii, che
quello d'impiegare il suo piccolo avere in un pezzetto di terra lavorata colle pro
prie mani? Così è stato in Inghilterra, finchè i grandi sbocchi non si erano
aperti. I yeomen non han trovato il loro conto a divenir fitiamoli se non quando
il movimento industriale si è manifestato. Arturo Young è stato il teorico di
questa rivoluzione, non già il vero promotore. Sono ancora Watt ed Arkwright
quelli che l'operarono.
Infine le medesime cause che innalzano il profitto son quelle che innalzano
la rendita. Noi abbiamo veduto nascere la rendita in Francia sotto Luigi XVI
quando fu emancipato il commercio delle derrate agricole; l'abbiam veduta ad
innalzarsi progressivamente da 3 franchi l'ettaro a 50 franchi, a misura che la
ricchezza industriale e mercantile si accrebbe; la vediamo oggidì ascendere a
più che 100 franchi nei dipartimenti in cui la popolazione non agricola ab
bonda, e scendere a 10 in quelli nei quali essa manca. Se avessimo dapertutto
i medesimi sbocchi che si hanno in Inghilterra , non vi ha dubbio che la ren
dita media ben presto diventerebbe ciò che essa è tra i nostri vicini, cioè si rad
814 LAVKRGNE.
dal darli come modelli ogni dove imitabili. Ogni suolo ed ogni clima ha i suoi
bisogni ed i suoi mezzi; il Mezzodì, per esempio, della Francia nulla può torre
ad imprestito dai metodi inglesi , e non ostante il suo avvenire agrario è ma
gnifico. Una sola legge vi ha che non soli™ cagioni, e che porta ogni dove le
medesime conseguenze, la legge dello smercio.
CAPITOLO XII.
La riforma doganale.
Noi abbiamo in certo modo assistito alla generazione della ricchezza agrì
cola inglese. Il suo principio è nella predilezione che la classe ricca nutre per
la vita rurale; oltre i vantaggi diretti che ne risultano per le campagne, quei
costumi han prodotto la libertà politica , e i'han preservata dal sozzo contatto
delle rivoluzioni; la libertà senza rivoluzioni ha prodotto un immenso svolgi
mento di arti e di traffico, e lo svolgimento delle arti e del traffico ha prodotto
dal canto suo una grande prosperità agraria; l'impulso fecondo è tornato al
punto da cui parti. Ci resta a spiegare un avvenimento moderno che sembra
contrario a queste premesse, e che nondimeno ne è la conseguenza : intendo par
lare della riforma doganale di Robert Peci, e della crisi che l'ha seguita.
In mezzo alle sue grandezze ed alle sue ricchezze, l'Inghilterra è sempre alla
presenza di un immenso pericolo, effetto della sua ricchezza medesima, cioè l'ec
cesso della popolazione. Ecco già un mezzo secolo dacchè uno dei suoi più il
lustri figliuoli, Malthus, ha gettato un grido d'allarme per impedirlo; d'allora in
poi l'Inghilterra ha avuto molti tristi avvertimenti nelle sollevazioni cagionale
dalle carestie. Qualunque sia la rapidità del progresso agricolo , esso stenta a
seguire il movimento ancora più rapido della popolazione. Il rincarimento dei
viveri è un effetto certo di questa agglomerazione degli uomini. Abbiamo veduto
come esso sia stato utile come stimolo ai progressi dell'agricoltura ; ma havvi
un punto in cui diviene nocevole, quando cioè arriva ad un prezzo di carestia,
scartity price; allora i patimenti d'una parte notabile della popolazione reagi
scono sul rimanente , e l'insieme delia macchina sociale non opera più che
a stento.
Nello stato di produzione da noi indicato, e con una popolazione di 28 mi
lioni di anime, l'eguale ripartizione delle sussistenze ottenute dall'agricoltura nei
tre regni dava il risultato seguente: — carne, 60 chil. per testa; frumento, 1
ettolitro e mezzo; orzo ed avena, 1 ettolitro; latte, 72 litri; patate, 7 ettolitri;
birra, 1 ettolitro; valore totale 130 franchi secondo i prezzi inglesi, e colla ri
duzione del 20 per 0/0, 105. In Francia la medesima ripartizione dava: —
carne, 28 chil.; pollame ed uova, l'equivalente di 6 chil. di carne all'incirca;
latte, 30 litri; frumento, 2 ettolitri; segala ed altri grani, 1 ettolitro e meno;
patate, 5 ettolitri; legumi e frutta, un valore di 8 franchi ; vino, 1 ettolitro;
birra e sidro, mezzo ettolitro; valore totale, 105 franchi.
X
LA RIFORMA DOGANALE. 817
L'alimento medio adunque era ad un dipresso eguale nei due paesi. Le isole
britanniche avevano un vantaggio sulla carne, sul latte, e sulle patate; la Fran
cia invece pretendeva il disopra nei cereali, nei legumi, nei frutti, e nella quan
tità e qualità delle bevande. A parità di bisogni, la condizione delle due popola
zioni sarebbe stata uguale ; ma o per uua causa o per un'altra, l'Inglese con
suma più che il Francese. La popolazione inglese propriamente detta attirava a
sè quasi tutta la carne e quasi tutto il frumento delle isole, ed alla grande mag
gioranza della popolazione scozzese ed irlandese non lasciava che l'orzo, l'avena
e le patate; ma nondimeno, malgrado la grande superiorità di produzione nella
terra inglese, malgrado le numerose importazioni d'animali e grani dalla Scozia
e dall'Irlanda, la domanda delle derrate alimentari era tale ancora in Inghil
terra, che i prezzi vi si mantenevano in cifra media molto al disotto dei nostri
prezzi francesi; sarebbero anche discesi al di là, se l'importazione dall'estero non
li avesse frenati.
In un tale stato di cose , la quistione degli approvvigionamenti fu sempre
per gli statisti inglesi una quistione di prim'ordine. In un paese in cui la popo
lazione è si densa, in cui un terzo circa degli abitanti è ridotto allo' stretto ne
cessario , ed i due terzi , quantunque sieno gli uomini meglio mantenuti del
mondo, pure non si trovano ancora nutriti abbastanza bene; in un tal paese la
menoma deficienza di raccolta può generare formidabili imbarazzi. Ciò infatti è
avvenuto in diverse epoche, soprattutto nel momento in cui più ferveva la guerra
contro la Francia. Si è veduto allora il grano ascendere a prezzi eccessivi, 4, 5,
e fiuo 6 lire sterline per quarter , cioè 30, 40 e 50 franchi l'ettolitro. Dopo il
1815, il progresso della coltura e dell'importazione avevano progressivamente
ricondotto il prezzo del frumento ad alquanto meno che 5 lire sterline per quar
ter, o 25 franchi l'ettolitro; esso era anche disceso nel 1855 a 2 lire sterline,
o 17 franchi; ma dopo il 1857 tendeva a rialzarsi, e più volte già era andato
al disopra di 30 franchi.
Tale era lo stato delle cose, quando sopravvenne un flagello che ha messo
in pericolo l'esistenza di uno fra i principali elementi della sussistenza nazionale:
voglio dire la malattia delle patate. Questo flagello che ha prodotto una vera
fame in Irlanda , ebbe anche in Inghilterra ell'etti disastrosi, e fu ben presto
seguito da serii timori sulla raccolta dei cereali , timori che si videro più che
giustificati dalle cattive annate del 1845 e 1846.
Altre ragioni richiamavano l'attenzione degl'intelletti preveggenti sui prezzi
dei viveri. Tutta la macchina della ricchezza e della potenza britannica s'appog
gia sull'esportazione delle manifatture. Fino a questi ultimi tempi l'industria in
glese aveva pochi rivali ; ma gradatamente le manifatture han fatto progressi
fra gli altri popoli, ed i prodotti inglesi non son più soli a presentarsi sui mer
cati dell'Europa e dell'America. I negozianti inglesi non possono dunque soste
nere la generale concorrenza se non per mezzo del buon mercato, e il buon
mercato non è possibile se non in quanto le mercedi degli operai non sieno
troppo alte. Ora , gli operai inglesi , benchè sieno i meglio pagati in tutto il
mondo, non sono, o almeno non erano nel 1847, contenti delle loro mercedi.
Il vento che soffiò nel 1848 e 1849 sul continente aveva cominciato a spirare
in Inghilterra, e sordi rumori annunciavano l'avvicinarsi delle tempeste.
JScomm. 2* serie Tom. I. — 52.
818 LAVERGNK.
(I) Dopo che questo passo era scritto, le circostanze si soo mutate. I prezzi, dopo
essersi attenuati per parecchi anni, cominciarono a risalire, ed oggi, gennaio 1854, : odo
più alti di quel che erano avanti la riforma; ma questo rincarimento, derivando in parte
dalla cattiva raccolta del 1853, e nulla avendo di artificiale, non presenta più i medesimi
inconvenienti (V. l'Appendice).
LA RIFORMA DOGANALE. 821
CAPITOLO XIII.
elevarsi il fumo dai camini. Son macchine che servono a battere il grano , a
tagliare i foraggi e le radici, a macinarvi cereali e le panadelle, ad elevare e
spargere le acque, a battere il burro, ecc.; il loro calorico non è meno messo a
profiito che la loro forza, e serve a preparare gli alimenti degli uomini e degli
animali. Altre macchine a vapore mobili si affiliano di podere in podere come
un operaio per fare i più grossi travagli. Si sono inventate alcune piccole fer
rovie portatili, di cui si fa uso per condurre i concimi nei campi, e riportare le
messi. Macchine per falciare, per rimestare il fieno, per mietere, per ismevere
il terreno, si stanno saggiando; si è anche intrapreso di arare a vapore, e non
si dispera di riuscirvi. Si cerca di penetrare nel suolo a delle profondità finora
inaudite, onde rendere più potente lo strato arabile; dapertutto il genio mecca
nico cerca di trasportare nell'agricoltura i prodigii che ha effettuati negli altri
rami d'industria.
Questi metodi nuovi non sono che la nuova applicazione di antichi principii.
Ma ecco ciò che è in opposizione con tutte le abitudini, ed incontra le maggiori
resistenze. to ho detto quanto la nutrizione degli animali al pascolo era esti
mata dai coltivatori inglesi : la nuova scuola sopprime il pascolo del bestiame,
e gli sostituisce la stabulazione permanente; ma la stabulazione perfezionata dif
ferisce tanto dall'imperfetta che si usa nel Continente, quanto il pascolo colti
vato differiva dal pascolo grossolano delle nostre regioni povere. Nulla di più
ardito, di più ingegnoso, di più caratteristico nello spirito intraprendente degli
Inglesi che l'attuale sistema di stabulazione, come si è praticato dapprima nella
regione argillosa dai novatori, e come tende a propagarsi ogni dove.
S'immagini il lettore una stalla perfettamente ventilata, il più spesso in assi
a graticola, con delle natte di paglia che si alzano o si abbassano a volontà per
difendere gli animali dal vento, dal sole e dalla pioggia. I bovi, che in generale
sono della razza a corte corna, chiamata di Durham, vi si chiudono, senza le
garli, in certe loggie dove essi vivono dal giorno della nascita sino a quello della
morie. Sotto i loro piedi havvi una tavola mobile bucata, che lascia cader giù
i loro escrementi in una fossa. Vicino hanno acqua in copia posta in certi vasi
di pietra, ed in altri hanno cibo a discrezione. Questo alimento si compone
alle volle di radici tagliate, di favette macinate, panadelle spezzate, alle volte
d'un miscuglio di fieno e paglia tagliuzzati ed orzo macinato; il tulio più o
meno cotto in ceni grandi tini riscaldati a vapore, e fermentato per alcune ore
in casse chiuse. Questo straordinario alimento, il cui aspetto confonde un agri
coltore francese, fa ingrandire ed ingrassare gli animali con un'estrema rapi
dità. Le vacche lattaie medesime si possono sottoporre ad una tale reclusione-
Si veggono già esempi di stabulazione fino nelle contee più rinomate per le loro
cascine, come son quelle di Chester e di Glocester; si nutriscono al verde, e si
raddoppiano le cure per la perfetta ventilazione delle stalle, che sono perfetta
mente illuminate, perfettamente pulite, calde in inverno, fresche in estate, al
coverto da tutte le variazioni di temperatura, e da tutto ciò che possa agitare e
turbare le vacche, le quali vi vivono in un perpetuo benessere estremamente
favorevoli alla secrezione lattea.
Il concime che si accumula nella fossa non è misto ad alcuna specie di
lettiera; si è creduto essere molto più utile il far mangiare la paglia dagli ani
mali. E un concime ricchissimo a causa della quantità di materie contenute nei
LO HIGH FARMING. 825
loro alimenti, e di cui una parte non è assimilata nella digestione , malgrado
tutti gli sforzi fattisi per renderla essenzialmente assimilabile. Non si toglie via
che di tre in tre mesi, quando si ha bisogno di farne us0 ; intanto esso non viene
nè lavato dalla pioggia, nè bruciato dal sole, come troppo spesso lo sono i muc
chi di concime esposti all'aria aperta nei cortili delle fattorie; una lieve aggiunta
di terra o di altri assorbenti impedisce o rallenta che l'ammoniaca si sviluppi e
si sperda nell'atmosfera. Fa stupore, entrando in simili stalle, il non sentirvi
odore alcuno; il concime vi ritiene tutti gli elementi fertilizzanti, che altrove si
volatizzano ed appestano l'aria respirabile invece di fecondare il suolo. Si ado
pera talvolta allo stato solido pei cereali, talvolta allo stato liquido per i prati,
dopo averlo mischiato con dell'acqua. Con questo metodo i maiali , non meno
che i bovi, si nutrono in celle chiuse ed in pavimento bucato, senza mai uscirne:
il loro alimento è lo stesso. Soli i montoni escono ancora, ma si chiudono pure
quanto si può. Non si è ancora scoverlo che questa rigorosa reclusione abbia
un effetto funesto sulla salute degli uni e degli altri; purchè nella loro prigione
godano un'aria costantemente pura ed abbiano lo spazio necessario per muo
versi, cioè un metro quadrato per ogni montone e maiale, e due a tre metri
quadrati per ogni bove, si assicura che la loro salute si mantiene sempre ec
cellente. Il moto ad aria aperta, che finora consideravasi come indispensa-
bile, oggi è riguardato come una perdita che si manifesta nella diminuzione
del peso.
Si soffre a vedere quelle povere bestie , i cui compagni popolano ancora
gl'immensi pascoli della Gran Bretagna, private così di movimento e di libertà;
e pensando che verrà un giorno forse in cui tutto il bestiame inglese, che oggi
dì saltella gioiosamente sull'erba verde, sarà ammassato in queste tristi clausure,
da cui non esce che per andare al macello. Queste fabbriche di carne, di latte
e d'ingrasso, in cui l'animale vivo è trattato assolutamente come una macchina,
ban qualche cosa di ributtante come un banco da macellaio ; e quando si son
visitate alcune di queste cellulari prigioni, in cui si manipola così crudamente il
principale alimento del popolo inglese , si sente per alcuni giorni il disgusto
della carne. Ma la gran voce della necessità parla ; bisogna ad ogni costo
nutrire una popolazione ogni giorno crescente , e i cui bisogni crescono an
cora più che il suo numero ; bisogna attenuare quanto più sia possibile il
costo della carne, onde accomodarsi ai nuovi prezzi e trovarvi ancora guadagni.
Addio dunque alle scene pastorali, di cui l'Inghilterra era sì orgogliosa, e che
la poesia e la pittura gareggiavano a celebrare ; due sole eventualità loro riman
gono, cioè che qualche nuovo inventore trovi il mezzo di elevare i prodotti del
pascolo all'altezza di quelli che si ottengono per mezzo della stabulazione, ov
vero che qualche grave inconveniente della reclusione venga dall'esperienza ri
velalo. Già si muovono doglianze sulla qualità della carne fabbricata in tanta
copia con questo metodo : si dice che le panadelle le danno un cattivo gusto, e
che il grasso esuberante dei bovi di Durham e dei montoni Dishley non rende
la loro carne nè molto grata nè molto nutritiva. È possibile che da un tal lato
il nuovo sistema sia difettoso , e che il pascolo , vinto dal lato della quantità,
rimanga vittorioso dal lato della qualità dei prodotti; è possibile ancora che
qualche nuova malattia tutt'insieme si svolga in queste razze inerti ed obese,
ed esiga che s'infonda loro un sangue più energico. In tutti i casi si può contare
826 LAVERGni.
che l'antica tradizione del pascolo non cederà il posto senza aver combattuto;
se è destinata a sparire, egli è perchè non si sarà trovato alcun mezzo di fare
altrimenti. Il più probabile è che si ricorra ad un sistema misto per conciliare!
vantaggi dell'uno e dell'altro metodo.
Mentre col pascolo perfezionato si arrivava tutto al più a mantenere conve
nientemente una lesta di grosso bestiame, o l'equivalente per ogni ettaro colti
vato, ciò che era già molto più di quel che facciasi in Francia, oggidì si pre
tende di potere per mezzo della stabulazione mantenerne due ed anche tre , ed
accrescere quindi di molto il prodotto dei cereali. Tulio allora diviene arabile,
la rotazione di Norfolk può applicarsi su tutto il podere , invece di limitarla a
metà. Tali sono i rivolgimenti delle cose umane; l'agricoltura vi è soggetta
come ogni altra cosa. Finora la pratica del pascolo era quella che accrescendola
quantità del bestiame, e diminuendo la parte dei cereali , aveva aumentato il
frutto medio del suolo; oggi la diminuzione o l'abolizione del pascolo è quella
che, accrescendo ancora la quantità del bestiame, può dare nuovi mezzi di ac
crescere la fertilità del terreno e la produzione del grano.
Noi abbiam veduto che nello stato attuale delle cose, sopra un podere di 70
ettari presi in medie coudizioni, 30 sarebbero a prati e pascoli naturali, 8 a ra
dici e favette, 8 ad orzo ed avena, ]6 a prati artificiali, ed 8 a grano. Col nuovo
sistema, spinto alle sue ultime conseguenze, le praterie naturali spariscono, ed
i 70 ettari vengono divisi così: 14 a radici e favette, 14 ad orzo ed avena, 28
a praterie artificiali, e 14 a grano. La proporzione tra le colture miglioratrici e
le spossatrici, che nel primo caso era di 54 contro 16, nel secondo sarebbe sol
tanto di 42 contro '28; ma questa differenza sarebbe, si dice, più che compen
sata dalla massa di nuovi concimi, perchè, invece di nutrire 70 capi di bestiame,
se ne nutrirebbero 150 o l'equivalente, e non si perderebbe un sol atomo di
concime.
L'estensione delle radici, delle favette e dei prati artificiali a spese dei prati
naturali può essa realmente, come si asserisce, dare il doppio o il triplo di nu
trimento per gli animali? Una tal quistione è già decisa dai fatti In molti luoghi.
Tutte queste colture sono perfezionate insieme, e mercè la fognatura e le mac
chine sono spinte al loro maximum; la coltura dei ravizzoni allineati, detta alla
Northumberland, ne raddoppia a un dipresso il prodotto medio; i rvlabagas, 0
ravizzoni di Svezia, che loro si sostituiscono nei terreni argillosi, danno un ri
sultato maggiore; e ciò che ancora lo ingrandisce è il prodotto dei prati artifi
ciali, dopo che due nuovi mezzi si sono ideati per renderne più attiva la vege
tazione: l'uno è l'uso d'una specie particolare di ray grass, che si chiama my-
grass d'Italia, l'altro è un modo perfezionato di distribuire il concime liquido.
Il ray-grass d'Italia è una pianta straordinaria per la celerità della sua vege
tazione; non dura che due anni; ma quando si trova in buone condizioni si può
falciare fino ad otto volte per anno; il suo fieno è duro, ma eccellente a consu
marsi in erba. Prospera, malgrado il suo nome e la sua origine, fino nelle regioni
più fredde, ed il suo uso si propaga rapidamente tanto in Inghilterra che in
Iscozia. Se ciò che dicesi è vero, sembra superiore all'erba medica.
Quanto al modo di distribuire il concime liquido, ciò senza dubbio è la
parte più originale e più curiosa del sistema. È stato inventato da Mr. Husta-
ble, nella contea di Dorset, il principale promotore della nuova fase agricola.
LO HIGH FARMING. 827
Ecco in che consiste. Gli escrementi degli animali , caduti che siano nel
fosso praticalo gotto le stalle, vanno per mezzo di condotti in un serbatoio ove
si mischiano a dell'acqua e materie fecondanti ; da lì partono altri condotti sot
terranei che si prolungano in tutti i sensi fino all'estremità del podere. Per 200
metri all'intorno si trovano dei tubi verticali che s'innalzano dal tubo conduttore
sino alla superficie del suolo, e l'orificio dei quali è chiuso con un coperchio.
Quando si vuole concimare una parte di terreno, si toglie il coperchio da uno
dui tubi verticali, vi si adatta un tubo in gutta-perca, una tromba, mossa dalla
macchina a vapore, spinge il liquido nei tubi, e l'operaio, che tiene il tubo mo
bile, inaliia iulorno a lui come fa un pompiere in caso d'incendio. Un uomo ed
un fanciullo bastano per concimare cosi due ettari di terreno ogni giorno. Si
danno da 6 a 12 irrigazioni per anno, secondo le circostanze.
Le spese pel collocamento dei tubi e delle trombe riescono alla ragione di fr.
100 per ettaro, quando si adoprano tubi di terra cotta, ed a 250 fr. quando sono
di ghisa. La costruzione dei serbatoi e l'istallazione della macchina a vapore co
stituiscono una spesa a parte, di cui non deve farsi calcolo, perchè l'una e l'altra
sono oramai indispensabili in ogni fattoria ben tenuta. La collocazione dei tubi
diviene allora un'economia anzichè una spesa; si sarà ben presto riguadagnato in
manodopera ed in tempo ciò che può spendersi per istallazione e manutenzione,
e i risultati che si ottengono sono mirabili. Le piante si assimilano con un'estre
ma prontezza l'ingrasso cosi diviso e distribuito a modo di pioggia ; il suo effetto
è in certa maniera immediato, e può essere esaurito di continuo, perchè di
continuo si rinnova.
Quest'ingegnosa invenzione è evidentemente destinata a sortire il più gran
successo. Mr. Huxtable ha cominciato sopra 25 ettari, ma oggi vi sono poderi,
principalmente nella contea di Ayr in lscozia, ove i tubi si estendono sopra
200. Essa ha il merito di conciliarsi con tutti i sistemi di coltura, e può anche
servire a salvare i pascoli ; eseguibile sotto tutti i climi, potrebbe trasportarsi
nei paesi caldi, ove produrrebbe ben altre meraviglie. Sembra d'un'applicazione
più generale ancora che quella della fognatura, e non sarebbe mai troppo il ri
chiamare sovr'essa l'attenzione dei coltivatori francesi.
Mercè quest'aggiunta di concime, fortificato ancora da tutti i concimi artifi
ciali che l'immaginazione possa scoprire, il prodotto dei cereali può innalzarsi
colla medesima proporzione che i prodotti animali. Il frutto medio si porta,
nelle terre coltivate col nuovo metodo, a 40 ettolitri di frumento, 50 di orzo, e
60 d'avena per ogni ettaro ; come al tempo medesimo l'estensione coltivata si è
molto accresciuta, così il prodotto totale è più che raddoppiato; e non son que
ste speculazioni ipotetiche, ma fatti reali, osservabili su molti punii del Regno
Unito. In ogni contea, vi ha per lo meno un podere in cui qualche ricco pro
prietario non teme di fare simili saggi ; la massa dei coltivatori osserva, studia,
e, secondo i suoi mezzi, imita ciò che vede essere ben riuscito.
L'insieme del sistema non può vantaggiosamente mettersi in pratica, eba
nei paesi più favorevoli alla produzione dei cereali, cioè nella regione del sud
est, quella che più di tutte è travagliata dalla crisi. Nell'occidente e nel nord si
arriva poco a poco alla quasi totale soppressione dei cereali. La divisione del
lavoro fa così un nuovo passo. La coltura dei cereali si estende sulle terre che
pia vi si prestano, si restringe su quelle che vi sono meno atte ; non sembra che
828 L4VBR6KB.
nel tutto la proporzione delle terre ringranate debba sensibilmente mutarsi. Nelle
regioni in cui si restringono sempre più a nutrire il bestiame, si ottengono, col
solo uso della stabulazione e dell'ingrasso liquido, risultati, se non più belli, al
meno più sicuri. Non ne citerò che un solo esempio, la fattoria di Cunning
Park, nella contea di Ayr. Questo fondo, che ha appena 40 ettari di superficie,
prima della crisi, era nelle condizioni medie dell'Inghilterra; la sua rendita non
sorpassava i 75 fr. per ettaro, e il prodotto lordo era 250 fr. ; oggi il prodotto
lordo è giunto a 1500 fr. per ettaro, ed il netto per lo meno a 500. Nondimeno
a Cunning-Park non si fa che latte e burro, ma, mercè i nuovi metodi, vi si
mantengono 48 vacche invece di 10, e ciascuna è molto più produttiva.
Tali sono i caratteri generali della rivoluzione ngricola attuale, ciò che chia
masi il high-far ming, l'alta coltura, lo voglio nondimeno accennare ancora un
punto che può servire a distinguerla sempre meglio: la guerra fatta alle siepi
ed alla cacciagione.
Quando il principio della coltura inglese stava nel pascolo, le grandi siepi
avevano la loro utilità. Col progresso della stabulazione, quest'utilità si dimi
nuisce; esse, d'altronde, si possono rimpiazzare con siepi basse o altre chiusure.
I coltivatori non vi trovano più che inconvenienti : esse occupano un posto
enorme, nuocono doppiamente ai frutti della terra colla loro ombra, e colle loro
radici ; servono di rifugio a moltitudine di uccelli che divorano la semente. La
maggior parte dei proprietarii resistono ancora, dapprima perchè la mondatura
ed il taglio degli alberi dava loro un reddito, poscia perchè le siepi contribui
vano singolarmente alla bellezza del paese; ma alcuni fra loro si son già rasse
gnati ; ed il rimanente dovrà cedere più o men presto giacchè la pubblica opi
nione, occupatasi della quistione, si decide ogni giorno meglio in favore dei
fittaiuoli.
La medesima sorte evidentemente è serbata alla selvaggina, di cui le severe
leggi sulla caccia hanno finora favorito la moltiplicazione, e che fa un gran male
alle messi. L'opinione, tanto in Inghilterra favorevole alla grande proprietà, ma
al tempo medesimo tanto pretensiosa per sè, comincia a costituire in dovere dei
ricchi landlords il sacrificare i proprii piaceri alle nuove necessità della pro
duzione.
Assistendo a questa pacifica lotta, la cui fine non potrebbe esser dubbia,
non sappiamo astenerci dal ricordare che abusi del medesimo genere sono slati
una delle cagioni della rivoluzione francese. Per preservarsi dai guasti dei lepri
e dei conigli signorili i nostri coltivatori non han saputo far meglio che demo
lire i castelli, uccidere ed espellere i proprietarii. I coltivatori inglesi si mo
strano più pazienti e più calmi ; conseguiranno egualmente il loro scopo, sema
rivolgimenti e senza eccessi. La loro unica arma è l'ostinata riproduzione delle
loro querele; calcolano gravemente quanti acri di terra son tolti alla coltura
dalle grandi siepi, quanti lepri occorrono per consumare la sussistenza di un
montone. Presso loro è un luogo comune il dire e ripetere di continuo che sono
obbligati di pagare tre rendite, la prima al proprietario sotto forma di fitto, la
seconda alle sue siepi, la terza alla sua selvaggina. In alcuni cantoni, si son
veduti sottoscrivere per comperare la caccia ed intraprendere in grande la ster
minazione dei lepri, la quale è certamente migliore che quella degli uomini.
Tutti questi lavori di fognatura, di edificii per la stabulazione, d'istallazione
LO HIGH FARM1NG. 829
di macchine a vapore, ecc., esigono grandi sacrificii'. Si può calcolare per 500
franchi all'ettaro all'incirca in termine medio, o 8 lire sterline per acre, la spesa
che essi esigeranno dai proprietarii, ed a 250 fr. quella che richiedono dai ru
tiiinoli. Nelle terre forti bisognerà, senza dubbio, molto di più, ma nelle leggiere
basterà molto meno. Fatta e ben fatta quest'anticipazione seconda, non vi ha
dubbio che la rendita ed il profitto, anche nei luoghi in cui sembra che il ribasso
li abbia maggiormente posti in pericolo, non rimontino al di là della meta ante
riore, e non diano così un reddito sufficiente ai nuovi capitali incorporali nel
suolo. Allora il paese fornirà per lo meno un terzo di più io derrate alimentari;
il medio prodotto lordo, che prima equivaleva a 200 fr. per ettaro, sarà di 300;
la rendita media salirà probabilmente insino a 100; il guadagno dei linaiuoli
infino a 60.
Non rimane che quest'unica quistione : i proprietarii e i fittaiuoli saranno in
istato di fornire questo supplimento di anticipazioni ? Non si tratta meno che
di 10 a 12 mila milioni. Per qualunque altro paese diverso dal Regno Unito
l'impresa sarebbe impossibile; per esso medesimo è difficile, ma non è che dif
ficile. La nazione che ha speso 6 mila milioni in un quarto di secolo in sole
strade ferrate, può bene impiegarne il doppio a rinnovare la sua agricoltura.
Il governo ha sentito la necessità di dar l'esempio. Fin, dal 1846, nel mo
mento in cui si decideva a stimolare il ribasso dei prezzi, abbandonando la sua
regola abituale di non immischiarsi negl'interessi privati, proponeva ai proprie
tarii di far loro un imprestito di 75 milioni di fr. per lavori di fognatura, a
condizione d'interessi ed estinzioni che somigliano molto a quelle della nostra
società generale di credito fondiario, 6 1/2 per 0/0 all'anno, con cui si ammor
tizza il debito in capitale e gl'interessi nel corso di ventidue anni. Questo primo
imprestito riuscito, il governo ne ha fatto degli altri, e un gran numero di
proprietarii ne ha profittato. I capitali privati han seguito l'impulso. Quei pro
prietarii che possedevano capitali mobili, o la cui fortuna era assai libera per
servire di pegno a degl'imprestili, si trassero fuori dalla crisi onoratamente;
quelli la cui posizione era già imbarazzata, si dibattono ancora penosamente.
Un decimo circa dei proprietarii inglesi trovasi in quest'ultimo caso. Per loro gli
Economisti e gli agronomi non han trovato alcun altro migliore rimedio che
quello di facilitare la vendita o la divisione dei loro fondi.
Oggi queste operazioni sono difficili e costose, attesa l'incertezza della pro
prietà. Un popolo d'uomini d'affari vive sull'esame dei titoli e sulla confusione
che vi regna. Si traita di adottare un sistema di registro analogo al nostro, che
regoli e faciliti le trasmissioni. Si sono emesse intorno a ciò le idee più radicali.
Si arriva fino a chiedere che la proprietà della terra si possa trasmettere così
facilmente come quella delle rendite dello Stato o degli altri valori mobili ; e si
sollecita nientemeno che l'apertura d'un gran libro per la proprietà immobile, i
cui titoli sieno tanti estratti legalizzati e trasmessigli per via di girata. Noi
siamo ben lungi, come si vede, dalle antiche idee sull'immobilizzazione della
proprietà, e non sono sognatori chimerici quelli che propongono una tale riforma,
ma scrittori giustamente ben opinati ; il governo medesimo se ne occupa.
Pei fittaiuoli si domandano fitti di ventun anno, che loro permettano di fare
le anticipazioni necessarie, colla certezza di potersene rimborsare; si domanda
al tempo medesimo la soppressione delle fattorie troppo piccole, i cui tenitori,
LAVBRGNE.
non hanno un capitale sufficiente, e la divisione delle troppo glandi, per lo steso
motivo. Quei fittaiuOli che non hanno mezzi abbastanza, fanno come i prnprie-
tarii indebitati, spariscono dalla scena; quelli che restano si stringono insieme
come soldati in battaglia, e ben presto non daranno più nell'occhio.
Tutto ciò, senza dubbio, forma un'immensa rivoluzione. La coltura muta
d'indole; diviene sempre più industriale: ogni campo oramai sarà una specie di
mestiere, lavorato in tutti i sensi dalla mano dell'uomo, bucherato al disotio da
ogni specie di canali, gli uni per dare scolo alle acque, gli altri per arrecare il
concime, e chi sa? forse ancora per condurre aria calda o fresca secondo il bi
sogno, ed offrire alla sua superficie le trasformazioni più rapide ; il vapore svolge,
sui verdi paesi già cantati da Tompson, le sue nere spirali di fumo; l'incanto
speciale delle campagne inglesi minaccia di sparire coi pascoli e colle siepi; il
carattere feudale si altera per la distruzione della selvaggina; i parchi mede
simi sono assalili come quelli che tolgono spazii troppo vasti all'aratro; ed al
tempo stesso la proprietà tende a disìocarsi, a dividersi, a passare in parie in
nuove mani, ed il fittaiuolo tende ad emanciparsi per mezzo dei lunghi fitli dal
l'autorità del landlord.
Havvi in ciò qualche cosa di più che una quistione agricola; l'insieme della
società inglese vi è impegnato. Non bisogna già credere che gl'Inglesi non fac
ciano rivoluzioni; ne fanno anzi molte, ne fanno sempre, ma a modo loro, e
senza affrettarsi; non tentano se non ciò che è possibile e veramente utile; e
possiamo esser certi che, in fin dei conti, il presente sarà compiutamente soddis
fatto, senza che il passato venga interamente distrutto.
CAPITOLO XIV.
Nella contea di Kent, la successione nei beni immobili del padre, morto é
intestato, non va di pieno diritto al primogenito, come nel rimanente d'Inghil
terra. Le terre, salvo quelle che sono state eccettuate da un atto speciale della
legisìatura, son possedute in gavelkind, cioè divise in porzioni eguali tra i Ggli
maschi del padre morto ab intestato, ed in diretto di maschi tra le femmine. Si
suppone che era questo il dritto comune in Inghilterra prima della conquista;
non ne sono rimaste le traccie che nel Kent ed in un piccolo numero di altri
luoghi. Quest'antico costume ha avuto l'effetto di dividere la proprietà più che
altrove. Sotto un tal punto precipuo, come sotto molti altri, il Kent somiglia
molto più ad una provincia francese che ad una contea inglese. Vero è che lo
spirilo nazionale lotta contro questa disposizione della legge, ciò che fra noi non
avviene. La maggior parte dei parenti han la cura di fare per testamento un
primogenito, altri han domandato che le loro proprietà fossero poste sotto l'im
pero del diritto comune, mediante leggi speciali. Il numero dei yeomen, o pro-
prictarii coltivatori, vi è aucora considerevole; ma questa classe d'uomini, che
si conserva soltanto nel Kent ed in alcuni distretti montagnosi, tende anche là
a disparire davanti la nuova costituzione della proprietà e della coltura.
La contea di Kent è una delle più popolate; contiene circa 600,000 abitanti
sopra una superficie totale di 400,000 ettari, ossia una testa e mezzo per ettaro,
a un dipresso colla proporzione che domina nel basso Reno. Fortunatamente
l'agricoltura non è ('unico mezzo di nutrire questo numero d'abitanti. Se le arti
propriamente dette vi son poco attive, il commercio almeno è florido, grazie ai
molti porti della costa, e la condizione del popolo sembra migliore nel Kent
che nelle contee vicine. La media delle mercedi d'uomini adulti, arriva a circa
15 fr. per settimana, ossia fr. 2 1/2 per ogni giornata di lavoro.
In breve, il Kent non offre all'osservatore alcun carattere deciso, nè in bene
nè in male. Forma, per il suo aspetto generale, come per la sua posizione, una
specie di transizione fra il nord-ovest della Francia e l'Inghilterra. Molto supe
riore quanto a ricchezza agricola alla media dei nostri dipartimenti, è del tutto
inferiore ai migliori di essi, per esempio a quello del Nord e della Senna infe
riore. Quasi tutti i viaggiatori lo traversano rapidamente per andare a Londra:
e noi non ci arresteremo di più; in altri luoghi che in Inghilterra un paese ar
rivato ad un tal punto di produzione e popolazione sarebbe degno di osser
varsi ; qui nulla ha di straordinario. La campagna medesima, che gli Inglesi
vantano, è graziosa senz'esser notabile. Tutto vi si mostra in istato mezzano,
la bellezza pittorica come la ricchezza agraria.
Al sud,ovest della contea di Kent s'estende l'antico regno dei Sassoni del
Sud, oggi contea di Sussex. La rendita media colà discende a 18 scellini per
acre, o 57 fr. per ettaro. Le mercedi scendono più basso che nel Kent; sono, in
termine medio, a 12 fr. per settimana, o 2 fr. alla giornata.
L'estensione del Sussex è eguale a un dipresso a quella del Kent. La popo
lazione non è che di 300,000 abitanti, o alquanto meno di una testa per ettaro.
Circa la metà d'una tal superficie forma ciò che chiamasi il Weald. È forse la
parte dell'Inghilterra in cui l'agricoltura sia più ritardata. La colpa appartiene
all'indole estremamente argillosa del suolo. Nei secoli passati, questo paese era
coverto di folte boscaglie, come l'indica il suo nome che significa bosco. Auclie
oggidì, il Weald è notabile per la quantità di begl'alberi che produce. % diviso
LE COSTEI! DEL SUB. 833
mente arido nelle altezze, e paludoso al basso, non si è potuto migliorare cbe a
forza di travaglio.
Fin nelle lande, che s'incontrano ancora di tratto ,in tratto, tutte coperte
di giunchi e di brughiere, ve n'ha che contribuiscono col loro aspetto sel
vaggio alla varietà di quella scena; son dei campi comuni, common-fìelds.
Tutto ciò che è in Inghilterra, è bello agl'occhi inglesi ; ed infatti la terra
incolta ha anche il suo bello a fianco della terra coltivata. I common fìetdt
son traversati da molti sentieri e pieni di gente che passeggia : si ricercano tome
una memoria dell'antica condizione del paese, come un preludio di quelle im
mense brughiere di Scozia tanto care ai viaggiatori ed ai poeti. Le giovani amaz
zoni delie ville vicine vi fan galoppare i loro cavalli, col medesimo sentimento
di fiera libertà, come se si lanciassero sulle praterie dell'America; e lo stra
niero non può che ammirare questo gusto ingegnoso il quale sa trar partito dalla
povertà del terreno per farne un oggetto di piacere e di lusso.
I menomi tratti di terra, in questo sobborgo di Londra, hanno le loro me
morie. I più grand'uomini inglesi, ministri, poeti, guerrieri illustri, vi risiedet
tero. Per noi stessi, Francesi, cominciano a popolarsi di tracciti pietose: i più
grandi residui delle nostre discordie civili son venuti a cercarvi un porto di sa
lute. In uno di questi calmi ed agresti villaggi, a Weybridge, riposano entro una
piccolissima cappella le spoglie mortali del re Luigi Filippo, non lungi da Twic-
kenham, ov'egli passò una parte della sua gioventù, e a Claremont, ov'egli è
morto, dopo aver portato una corona frammezzo a due rivoluzioni. Tutta la sto
ria moderna dell'Inghilterra e della Francia si contiene in questa memoria: qui
sempre tempeste, là sempre pace.
L'Hampshire, o contea di Hants, si estende lungo il mare in seguito alla
contea di Sussex. Coloro che arrivano dalla Francia in Inghilterra per Southam
pton, fanno dapprima conoscenza coli' Hampshire, come quelli che arrivano da
Brighton la fanno col Sussex, e quelli che arrivano da Douvres col Reni. Que
st'ultra provincia passa per una delle più piacevoli ad abitarsi, attesa la dolcezza
e salubrità del suo clima. L'incantevole isola di Wight, soggiorno prediletto dei
ricchi inglesi ed ove trovasi la residenza favorita della regina, dipende dallo
Hampshire.
II suolo è generalmente cattivo, sopratutto verso il nord ; eravi altra volta
un'immensa landa nota sotto il nome di brughiera di Bagshot: è la Sologna
dell'Inghilterra. Se ne sono dissodate motte parli, in alcune si son piantali al
beri resinosi, ma una gran porzione è rimasta incolta, e quella che si è coltivata
ha ripagato assai male le spese di coltura. Le lande riappariscono verso il sud-
ovest, ove trovasi la gran foresta chiamata nuova, New Foresi, perchè era slata
creata da Guglielmo il Conquistatore. Questo re aveva, si dice, distrutto città e
villaggi, e interdetto alla popolazione un immenso spazio che riserbavasi alla
sua caccia, e quello spazio vuoto e deserto chiamavasi allora, e chiamasi an
cora una foresta, dall'antica parola francese fors, fuori, derivata dal latino. I
terreni abbandonati si coprivano poco a poco di boscaglie, poi di grandi alheri;
tale è l'origine della maggior parte fra le foreste esistenti. La New Forest non
occupa più che 26 mila ettari, i quali appartengono alla corona. Altri boschi.
che han lasciato poche traccie, si estendevano sopra altri punti della contea.
La contea di Hants è dunque un'antica contrada di foreste e brughiere ; «co
LE CONTEB DEL SUD. 857
nelle siepi, nel parchi, sulle strade; non si soffocano reciprocamente, e nonvan
soggetti, salvo alcune masse sparse qua e là, a quei targli regolari per cui, coi
nosiri 8 milioni di ettari in bosco, un albero secolare diviene fra noi una raris-
sima curiosità. Al tempo medesimo si fan piantagioni nei terreni che non pos
sono portare altra cosa; I arte ed il gusto delle piantagioni sono comunissimi
oggidì in Inghilterra, e promettono una grande ricchezza avvenire, attesa la
varietà e la scelta delle essenze, l'intelligenza e la cura che si arreca a questa
coltura come a tutte le altre.
Ciò che si sopprime è la foresta propriamente detta, cioè le immense esten
sioni di suolo dedicate al bosco, che vi germoglia a caso, e sovente non vi ger
moglia affatto; ciò che non si vuolesi è, che le terre fertili, atte alla coltura dei
cereali, si confondano colle cattive e sieno condannate ad una relativa sterilità,
per la ragione che una volta nei tempi passati vi sia stato un bosco. Produrre
grano nelle terre da grano, e legno nelle terre da legno; ed all'infuori di queste
non servirsi degl'alberi, che come ripari, come tende, come ornamenti; averne
abbastanza senza averne troppo, ma rispettarli e difenderli dall'accetta; ecco
il sistema ; a me par buono.
Scendendo sempre la costa verso il sud, s'incontra, dopo la contea di Hants,
quella di Dorset. Qui l'aspetto diviene diverso : invece delle vallate e colline im
boscate dell'Hampshire, si stendono large pianure calcari, nude ed aperte, sema
alberi, senza ricovero; una popolazione molto più rada, perchè non vi si trova
che una testa umana ogni due ettari; poche abitazioni e sopratutto pochi castelli;
grandissime fattorie; una ricchezza agraria piuttosto inferiore, ma una rendila
media più elevata. Essendo tristo e poco gradevole il paese, nulla vi ha che di
straggagli uomini dalla produzione, la quale si ottiene senza molto travaglio e
tocca in maggior proporzione al proprietario.
Siccome la maggior parte della contea è coverta di pascoli, così le industrie
agrarie generalmente praticatevi sono l'allevamento dei montoni per il macello,
ed il mantenimento delle vacche lattaie per il burro. Su questo suolo magro ed
àrdente come quello dei Downs di Sussex, a cui sotto molti aspetti somiglia,
ogni altro sistema di coltura sarebbe probabilmente oneroso. Quest'ultimo per
mette di pagare in termine medio una rendita di circa 60 fr. La contea di Dor
set, avendo poca industria, poca attività mercantile, e non vivendo che sulla sua
agricoltura, è l'uno dei punti in cui le mercedi cadono più basso, quantunque
la popolazione non sia numerosa. . .
Colà risiede Mr. Huxtable, l'uno fra i più arditi pionieri dell'agricoltura
inglese. Egli è stato dei primi a pubblicare un opuscolo in cui tentava di dimo
strare che, anche dopo il ribasso delle derrate agrarie, i coltivatori inglesi si
potevano rifare se non perdevan coraggio. Si può indovinare la tempesta che
una simile asserzione ha sollevato; Mr. Huxtable fu trattato come un nemico
pubblico. Nondimeno è fittaiuolo egli stesso, mentre è rettore della parrocchia
di Sulton Waldron. Le fattorie in cui egli mette alla prova terribile della pra
tica le sue teorie, son due. Nella prima, che è la meno importante, è nato il
modo dì distribuire l'ingrasso liquido per mezzo di canali sotterranei. La se
conda si compone di 112 ettari; è una costa calcare, nuda, arida, battuta dai
venti, in declivio ripido a più centinaia di piedi; una volta era quasi incolla,
oggi è mirabilmente coltivata. Vi si possono vedere tutti i nuovi metodi, presi
LE CONTEE DEI, SUD. 839
per dir così alla loro sorgente. Le costruzioni di Mr. Huxtable meritano sopra
tutto l'attenzione, per l'estrema economia che vi regna. In generale gl'Inglesi
ripongono Delle loro costruzioni rurali meno amor proprio di noi; nulla conce
dono al lusso ed all'apparenza, l'utile solo vi si ricerca. Presso Mr. Huxtable,
le mura delle stalle sono di siepi di ginestro, i tetti sono di paglia; ma nulla
di ciò che possa contribuire al benessere ed al buon alimento degli animali vi
si è trascurato.
Le due ultime contee del sud sono montagnose e granitiche. Il Devon, che
succede ai Dorset, contiene circa 1,650,000 acri, o 600,000 ettari. Rinomatis
simo per belle situazioni e per il tiepido suo clima, non merita meno l'attenzione
per lo stato della sua agricoltura che ha fatto grandi progressi da 25 anni in
qua. Le parti coltivabili delle montagne sono come i distretti argillosi ed in
generale come quelli che esigono molto travaglio sopra uno spazio ristretto: si
dividono naturalmente in piccoli fondi. Nella contea di Devon abbondano i po-
derucci; se ne trovano di 5, 10, 15 e 20 ettari; ma questi poveri fittaiuoli non
soo quelli che abbiano fatto rapidamente progredire la coltura. Egli è nelle
grandi fattorie di 200 a 250 ettari che si sono intrapresi e ben condotti i mi
glioramenti i quali han mutato l'aspetto del paese: i piccoli fittaiuoli poscia pro
fittano degli esempi.
In nessun luogo dell'Inghilterra l'arte delle irrigazioni si è spinta si oltre
che nel Devonshire; le acque che scorrono nei terreni granitici sono peculiar
mente feconde, e la conformazione accidentata del suolo si presta mirabilmente
a tali lavori. Può dirsi che oggi in tutta la contea non havvi sorgente, per quanto
piccola fosse che non sia raccolta e messa a profitto. La nuova razza di grosso
bestiame passa a ragione per una delle più preziose e più produttive della Gran
Bretagna; non è abbondante, ma rinomata per la qualità del burro che produce;
ed è infatti il burro e la crema ciò che le numerose latterie del Devon forni
scono. Si coltivano pochi cereali, essendo il suolo più atto alle colture verdi.
Il paese è coverto di pomi, e vi si fa molto sidro; somiglia, coi suoi prati e coi
suoi verzieri, all'alta Normandia. La rendita delle terre, nei dintorni di Exeter,
ascende a 100 fr. l'ettaro; nel resto della contea, batte sui 60 fr. in termine
medio.
Il Cornovall, la più meridionale fra le contee inglesi, occupa l'estremità sud
di quella penisola lunga e stretta che si stende fra il canale di Briston e la Ma
nica, e che è coperta da una massa di sterili montagne. Nondimeno, siccome
deve alla sua posizione peninsulare un clima eguale e dolce, precipuamente sulla
costa occidentale, cosi l'agricoltura vi è più innoltrata e più produttiva di'
quanto si potrebbe attendere. Vi si conta circa una testa umana per ogni et
taro, cosa enorme per un suolo cotanto ingrato. Le miniere di stagno e di
rame vi occupano un gran numero d'operai. Un'altra industria, la pesca, im
piega dal canto suo molte braccia ; l'agricoltura non occupa che il terzo posto
fra i lavori e le ricchezze della contea. Ad ogni passo, nella coltura di questo
distretto naturalmente selvaggio e ritirato, si sentono i felici effetti della vici
nanza dell'industria. La rendita media di quelle cattive terre batte tra 50 e 60
franchi.
840 LAVERGNK.
CAPITOLO XV.
Le contee dell'Est.
che si avvicina l'ora in cui i progressi della coltura non potranno più attendersi
che dalle scienze propriamente dette. Tutto ciò che l'esperienza possa fare è quasi
esaurito. Il mondo nondimeno cammina, la popolazione si accresce, il benes
sere si propaga, ciò che ieri bastava oggi è insufficiente, ciò che oggi basta do
mani non basterà. Bisogna cercare nel seno della terra, nostra madre comune,
nuovi tesori. Noi non avremmo avanti ai nostri occhi che la fame, la spopola
zione e la morte, se Dio che ci dà ogni giorno nuovi bisogni da soddisfare non
ci avesse al medesimo tempo fornito il mezzo di provvedervi. Questo mezzo ine
sauribile è la scienza; la scienza che copre il mondo colle sue meraviglie; che
permette di conversare in un atomo per mezzo del telegrafo elettrico da un capo
all'altro del mondo; che trasporta col vapore, e da qui a poco forse coll'aria
calda enormi masse d'uomini e di merci sulla terra e sull'Oceano; che comanda
negli opificii dell'industria alla materia inerte tante trasformazioni inaudite, e
che ancora si è appena cominciata ad esercitare sull'agricoltura.
Nulla meglio che un quarto d'ora di conversazione col primo coltivatore che
capiti, può mostrare i progressi fattisi in Inghilterra nella chimica agraria. I ter
mini scientifici son già famigliari alla maggior parte di loro; parlano di ammo
niaca e di fosfato come chimici di professione, e comprendono benissimo quale
indefinito avvenire questo genere di studii possa aprire alla produzione. I libri a
buon patto su queste materie si moltiplicano. Alcuni nomadi professori, pagati
per soscrizione, li iosegnano nelle campagne. Una florida scuola di chimica e
geologia applicate all'agricoltura è diretta in Londra da Mr. Nesbit.
Dopo queste due contee, viene l'antico regno dei Sassoni orientali, oggi con
tea di Esse*. Essa contiene circa un milione di acri, o 400,000 ettari, come
quelle di Sussex e di Kent, di cui storicamente è compagna. Noi non la trove
remo, malgrado la sua vicinanza a Londra, in una condizione migliore. È quasi
tutta sopra l'argilla. Da ciò, come negli analoghi cantoni di Sussex, un sistema
di coltivazione che ha per iscopo precipuo i cereali; da ciò ancora una maggiore
divisione di proprietà e di coltura, che è quella predominante nei tre quarti d'In
ghilterra. La media dei poderi si aggira fra 50 e 100 ettari; e molti son cotti-
vati dai loro proprietarii. In altri tempi, l'agricoltura della contea dovette a
queste varie circostanze una prosperità relativa. Nel principio del nostro secolo
la media delle rendite ascendeva a 60 fr. per ettaro, e gradatamente si è in
nalzata fino ad 80 ; ma dopo che le terre forti decaddero nell'opinione, questo
aumento è stato seguito da un moto retrogrado che la riconduce al suo punto di
partenza.
La diminuzione del reddito ha avuto le sue conseguenze ordinarie; le pro
prietà sono state generalmente ipotecate per più che la metà del loro valore.
Gl'Inglesi non mancano di attribuirlo alla troppo grande divisione. Qualunque
ne sia la causa, il male è reale, ed ha lasciato i proprietarii senza difesa contro
la crisi. Ne è venuto un gran numero di vendite forzose le quali hanno dimi
nuito ancora di un quarto o d'un terzo il valor medio delle terre.
Fortunatamente la contea di Essex non manca, più che le sue vicine, d'uno
di quegli energici e laboriosi uomini che precorrono l'avvenire cercando tutti i
mezzi di uscire dagl'imbarazzi presenti. In una delle più cattive sue parti, presso
Kelvedon, è situata la famosa fattoria di Triptree Hall, appartenente ad un col
teltinaio della City appassionato per l'agricoltura, Mr. Mechi.
841 r.AVEBGNE.
Tutti i nostri agronomi che lian fatto il viaggio di Londra ban visitato la
fattoria di Mr. Mechi; essa è oggi generalmente nota anche in Francia. Tutio
ciò che lo spirito d'invenzione degl'Ingiesi può immaginare per cavare dal suolo
il maggior prodotto possibile e sopratutto per vincere la resistenza delle terre
argillose, è immediatamente messo in pratica da questo infaticabile nova
tore. Non è questa, bisogna avvertirlo, l'agricoltura inglese tale qual'è ; non
è neanco l'agricoltura tal quale parrebbe dover essere nella maggior parte del
paese, perchè vi mancano all'atto alcuni dei suoi caratteri fondamentali; ma
è uno dei più compiuti riassunti di vigorosi sforzi fatti da qualche tempo per
migliorare la coltura delle terre forti, ed al medesimo tempo è un notabile
esempio del carattere sociale e politico della rivoluzione agricola che si com
pie. Il movimento che, dai tempi di Arturo Young, ha fatto fare uo sì gran
passo all'agricoltura inglese, era essenzialmente aristocratico; il movimento at
tuale, di cui Mr. Mechi è uno degli agenti più caldi, è, non dirò democratico,
ma borghese.
La fattoria di Mr. Mechi, che al medesimo tempo è una sua proprietà, con
tiene 170 acri, o 68 ettari, esempio insieme di media proprietà e di media col
tura; ma ciò che non è nelle medie condizioni è la spesa da lui erogatavi. Egli
l'ha espressamente scelta in una landa paludosa, affatto ribelle fin allora ad ogni
specie di coltura; ed ha avuto la cura di lasciare tutto all'intorno un campione
dell'antica landa, onde mostrare lo stato primitivo del paese. Egli ha tutto
creato; dapprima il suolo, che con un'energica fognatura ha sbarazzato dalle
acque putrefatte e che ha renduto friabile per mezzo di un rovesciamento gene
rale di 60 centimetri, e lo ha trasformato per mezzo dei più efficaci ammenda-
munti. Ha edificatii una casa d'abitazione assai modesta, e magazzini, e stalle,
che non brillano per lusso esterno, ma che nell'interno sono perfettamente di
sposti secondo i nuovi sistemi. Nel centro del podere ha stabilito una macchina
a vapore che forma come l'anima di questo gran corpo. Vi mantiene, senza con
tare i cavalli da travaglio, 100 bestie a corna, 150 montoni, e 200 maiali, o
l'equivalente di due teste di grosso bestiame per ettaro; e questi animali, sot
tomessi alla più stretta stabulazione, ingrandiscono e si ingrassano a vista. Non
vi sono quasi prati naturali ; la metà del podere è a grano ed orzo, l'altra meta
a radici e foraggi artificiali. M^rcè l'immensa quantità di concime che egli rac
coglie, e la massa non meno enorme d'ingrassi supplementari che compera ogni
anno, egli ottiene raccolte magnifiche ed arricchisce sempre la sua terra invece
di esaurirne le forze.
Mr. Mechi è venuto a Parigi insieme al Lord maire di Londra: parla fran
cese, e il più gran piacere che possa farglisi è quello di visitare il suo fondo.
L'uomo ed il luogo son curiosi del pari. Si dice che egli consuma molte danaro
nei suoi saggi; io non istento a crederlo; ma amo meglio questo lasso che un
altro. In vece sua, un borghese parigino arricchito avrebbe un'elegante villa, col
suo gotico padiglione, col suo chalet svizzero, ed altre simili inutilità fastose e
soventi ridicole: domando qual cosa vai meglio?
Se nella contea di E9sex si può vedere presso Mr. Mechi la rivoluzione che
si sta facendo, in quelle di Suffolk, di Norfolk, di fiedford, e di Northampton,
confinanti con essa, si vedono gli effetti della rivoluzione agricola e sociale com
piutasi 60 anni addietro. Alla fine dell'ultimo secolo, le terre di questa regione
LB CONTEE DELL'EST. 843
erano più povere e più abbandonate di quello che oggi sieno le più cattive del
sud, e la loro qualità magra e sabbiosa pareva offrire minori meni al lavoro.
Non si era creduto possibile Ui porne a profitto la maggior parte se non forman
dovi immense conigliere ove pullulavano i conigli ; oggi si contano fra le più
ricche e le più prospere. Ciò che ai nostri giorni fanno lo spirito mercantile,
la coltura media, la stabulazione permanente, la fognatura ed il vapore, per le
terre forti, allora per le terre leggiere fu fatto dalla grande proprietà, dalla grande
coltura e dalla rotazione quadriennale. ,. .« ..-...•. •...!..,.
Arturo Young nacque nella contea di Suffolk. Come tutti i grand'uomini,
ha avuto il merito di venire a punto opportuno, lì comparso nel momento in cui
il genio industriale prendeva il suo stancio, ed in cui bisognava pensare a pro
durre molte derrate alimentari con poca mano d'opera, onde nutrire le nuove
popolazioni che stavano per invadere gli opificii. Al medesimo tempo, la rea
zione contro la Francia rivoluzionaria favoriva lo spirito aristocratico; i capitali,
più rari, e più concentrati di quel che sieno ai nostri giorni, non s'incontravano
in qualche importante proporzione che presso un piccolo numero di mani; tutto
insieme menava alla grande proprietà ed alla grande coltura; le terre più di
sponibili erano precisamente quelle che più convenivano alle operazioni in grande.
Da ciò l'immenso successo del suo sistema, che fino a questi ultimi tempi è stato
una seconda Carta per gl'Inglesi.
La contea di Suffolk, da dove parti il segno, non è quella che più abbia pro
fittato. INiuuo è profeta nel suo paese; il cattivo successo di Arturo Youngcome
coltivatore nocque per qualche tempo, nei luoghi vicini alla sua residenza, all'au
torità del suo nome come riformatore. Il suolo d'una gran parte della contea,
per altro, partecipa all'indole argillosa dei suoi vicini al mezzogiorno; è sola
mente ai nord che si trovano terre leggiere di qualche estensione. Il Suffolk è
divenuto la sede della più gran fabbrica di strumenti aratorii che esista in In
ghilterra. Là sono i celebri opificii di Kansom ad Ipswich, di Garrett a Lei-
ston, ecc. Ognuno, in quelle gigantesche officine, può verificare il grand'uso
che i coltivatori inglesi fanno delle macchiue più pesanti e più costose. Una trac
cia consimile è rimasta in Francia, di Mathieu de Dombasìe, nel dipartimento da
lui abitato; la ricordanza di questo grande agronomo, che non manca di rap
porti con Arturo Young, vi si conserva sopratutto iu una fabbrica di strumenti,
che nondimeno non ha più la medesima voga.
La contea di Norfolk è stata il vero teatro dei buoni successi di Arturo
Young. Il nord e l'ovest di questa contea formano un'immensa pianura sab
biosa di 300,000 ettari, ove nulla si oppone alla grande proprietà ed alla grande
coltura, ove tutto favorisce il travaglio dei cavalli, la coltura delle radici, l'uso
delle macchiue, iu una parola, l'avvicendamento quadriennale. Mercè di esso,
seguito con perseveranza per più che 60 anni, queste cattive terre che nel 1780
rendevano appena 15 fr. per ettaro, oggi ne danno 75 io termine medio; il loro
prodotto netto si è quintuplicato, ed il lordo si è accresciuto per lo meno nella
medesima proporzione.
Una gran parte del merito di questa maravigliosa trasformazione tocca ad
un gran proprietario del paese, amico e partigiano di Arturo Young, Mr. Coke,
che in ricompensa dei suoi sforzi agricoli è divenuto pari d'Inghilterra e conte
di Leicester, ed è morto pochi anni addietro quasi centenario. Mr. Coke posse
844 I.AVERGBE.
deva nell'ovest della contea ad ilolkham una proprietà di circa 30,000 acri, o
12,000 ettari. Quest'immenso estate, che oggi vale per lo meno 50 milioni di
franchi, ne valeva tutt'al più 5 o 6 quando fu ereditato da Mr. Coke nel 1776.
Era allora diviso in un gran numero di piccole fattorie. Gl'inquilini pagavano
malissimo, quantunque il fitto fosse dei più deboli ; e un bel giorno molti di loro
abbandonarono la terra che non dava più quanto bastasse per vivere. Mr. Coke
allora si decise a coltivare per conio proprio una porzione di quelle sterili sab
bie; il rimanente lo divise in grandissime fattorie, nelle quali chiamò, con affìtti
di 21 anni, coltivatori intelligenti e ricchi. Si calcola per 400,000 lire sterline,
o 10 milioni di franchi, la somma che Mr. Coke ha speso in 50 anni, in o^ni
sorta di miglioramenti, e ad altrettanto quella che ha fatto spendere ai suoi fll-
taiuoli; impiego eccellente da ambe le parti, perchè tutti vi si sono arricchiti.
Chiunque voglia farsi un'idea di quest'epoca della storia agraria dell'Inghil
terra deve visitare la terra di Holkham. La fattoria che personalmente dirigeva
lord Leicester è situata nel parco medesimo del castello. Non ha meno di 1800
acri o 720 ettari, di cui 200 a pascoli permanenti, ed il resto in terre arative,
esattamente sottoposte alla rotazione quadriennale. Vi si mantengono 250 teste
di grosso bestiame, 2500 montoni south-down, e 150 maiali. Si può ancora
visitare utilmente la fattoria di Castleacre, che è di 1500 acri o 600 ettari, e
molte altre a buon dritto rinomate. Dapertutto si troveranno i medesimi principii
applicati colla medesima generosità, e coronati dai medesimi effetti. Tutte que
ste terre, che una volta non producevano altro che segala, oggi non ne produ
cono un sol granello, ma portano le più belle raccolte di frumento allato al più
bel bestiame del mondo. L'attuale conte di Leicester è il degno successore di
suo padre.
I miglioramenti agrarii della contea di Bedford non sono stati nè meno com
piuti nè meno rapidi che quelli del Norfolk. Meno di mezzo secolo addietro, i
tre quarti di questa contea non offrivano che terre comunali ed incolte. Esse si
sono successivamente divise, richiuse, e coltivate. Oggidì, mercè la rotazione
quadriennale, han preso un posto nella buona media delle terre inglesi. Perchè
là ancora s'è trovato, come nel Norfolk, un potente ed infaticabile promotore
della rivoluzione agraria, il celebre duca di Bedford che, come lord Leicester, ha
fatto un'immensa fortuna. Una visita al castello di Woburn, residenza dei duchi
di Bedford, e nelle fattorie che ne dipendono, è il complemento della visita ad
Holkham. Allato alle gallerie storiche, ornate da un gran numero di ritratti di
Van-Dyck, ed ove ad ogni passo rivivono le memorie degl'illustri membri della
famiglia Russell, dei principi e dei grand'uomini del loro tempo, si vedono altre
gallerie piene di modelli d'aratri, figure d'animali di diverse razze, scelti cam
pioni di piante coltivate, infine un intiero museo rurale. La casa di Bedford non
è men superba di questi trofei, che degli altri.
La condotta del duca attuale verso i suoi fittaìuoli e giornalieri si presenta
come un modello. Egli, dopo la crisi, ha fatto rivedere tutte le sue rendite, ed
ha offerto ai suoi fittamoli nuove condizioni, che essi si sono affrettati ad accet
tare. Quanto ai giornalieri, ha falto costruire per loro eccellenti casette con
piccoli giardini attigui, scuole pei loro fanciulli, chiese, ecc. Questi atti di bene
ficenza non gl'impongono alcun sacrificio, non esigono che anticipazioni. M
fatto, la rendila dei suoi poderi non si è sensibilmente diminuita; potrà anzi
-
LE CONTEE DELL'EST. 845
accrescersi per effelto dei grandi lavori di fognatura, costruzioni rurali, ed altri
miglioramenti da esso fatti. Il soccorso che ha dato ai suoi fittaiuoli è più ap
parente che reale : lasciando loro la libertà di scegliere tra un fitto a rendita
fissa o a rendita in grano, ha rimunerato la loro fiducia ed eccitato la loro emu
lazione; non v'è sforzo che un linaiuolo inglese non sia capace di fare, quando
si sente sicuro di avere un buon landlord, il quale non gl'imponga condizioni
troppo onerose, e venga in suo soccorso al bisogno. Da un altro lato, non è per
nulla che si danno ai giornalieri le nuove e comode casette; essi ne pagano
unu buona pigione, ed è inteso che il proprietario il quale abbia fatto edificare
un villaggio rurale debba per lo meuo ricavare il 5 per 0/0 del danaro im
piegatovi.
Il duca ha fatto recidere le sue grandi siepi, ed è stato uno dei primi a ri
nunziare alla maggior parte della sua caccia. Tutto presso di lui è subordinato
all'utile. Nel mezzo medesimo del suo parco, allato alla sua fattoria domestica,
home-farm, sorge un opificio che occupa 100 operai; vi si fa ciò che occorra
alle numerose costruzioni, che mai non mancano di trovarsi in corso su qualche
punto dei suoi vasti poderi. Dalle finestre del suo castello, egli vede i camini a
vapore della sua fattoria e del suo opificio fumare l'uno in faccia all'altro, non
lungi dalle ultime truppe di daini che saltellano ancora sull'erba, ma che ogni
giorno dispaiono avanti ai montoni.
Nella contea di Northamplon che confina con Bedford, la rendita da 60 anni
iu qua si è triplicata, sempre per le medesime cause. La casa di Bedford vi
possiede molte terre. Un altro gran proprietario del paese, lord Spencer, ha
meritato come agronomo la medesima fama, che Mr. Coke ed il duca Francis.
Fra le dieci contee di cui la regione orientale si compone, le tre ultime, quelle
di Cambridge, di Huntingdon e di Lincoln, formano una classe a parte, quella
delle paludi. Quando si gettano gli occhi sulla carta d'Inghilterra, si vede al
nord del Norfolk un largo golfo che s'interna molto nelle terre, e si chiama
wash, o laguna. Tutto all'intorno di questo golfo fangoso, si estendono delle
spiaggie basse ed abitualmente coverte dalle acque. Queste paludi, una volta
inabitabili, oggi figurano fra le più ricche contrade dell'Inghilterra; poste in fac
cia all'Olanda sono state com'essa bonificate per mezzo di dighe. L'estensione
totale delle tre contee è di circa un milione di ettari, le paludi propriamente
dette ne occupano circa un terzo.
I lavori di bonificamento, cominciati sin dai Romani, si continuarono nel
medio evo dai monaci, che si erano stabiliti sulle isole uscenti qua e là dalle
terre inondate. Gl'Inglesi parlano poco dei servigi loro renduti dagli antichi mo
nasteri; è certo nondimeno che, nella loru isola come altrove se vi sono monu
menti di qualche importanza che rimangano dei tempi più remoti, provengono
dal culto cattolico ; l'agricoltura principalmente è debitrice dei suoi primi suc
cessi agli ordini religiosi. All'epoca della Riforma, le grandi famiglie ebbero in
dono i beni delle abbazie, e si fecero continuatori dei monaci. Le residenze di
molli grandi signori portano ancora il titolo di abbadia; si dice Woburn-abbey,
Welbeck-abbey, ecc. Nella regione maremmana i monaci avevano spinto di
molto i loro disseccamenti quando furon cacciati, lasciando come lor traccia,
oltre i canali e le colture, le belle chiese di Peterbourough e di Ely, che ancora
dominano la contrada.
146 LAVRRuMi.
Al principio del secolo XVH, un conte di Bedford si mise alla testa d'ona
compagnia per ricominciare i lavori: una concessione di 40,000 ettari gli fa ac
cordata. D'allora in poi non furono più interrotti. Molini a vento, macchine
a vapore stabilite a gran costo, mettono in moto pompe essiccatoric ; solchi
immensi, dighe indestruttihili compiono l'opera. Il paese conquistato sul maree
ora attraversato in tutti i sensi da strade e ferrovie ; vi si sono costruite città e
fattorie in gran numero; e queste terre, una volta sommerse ed improduttive, si
affittano ora da 75 a 100 fr. per ettaro. Vi si trovano delle colture di cereali e
radici, ma la maggior parte è a praterie; vi s'ingrassano i bovi a corte corna,
ed i montoni provenienti dall'incrocicchiamento dell'antica razza di Lincoln con
quella di Dishley.
Tutto il uord della contea di Cambridge fa parte della regione paludosa;
la rendita media vi si è da 40 anni raddoppiata; la popolazione è rapidamente
cresciuta, sia per l'aumentata salubrità, sia perchè il progresso del disseccamento
ha sviluppata la dimanda di lavoro. Il sud è in una condizione men buona, so
miglia alla contea di Herford, di cui forma in certo modo il prolungamento; le
terre argillose vi predominano, e la crisi agricola è assai intensa; il numero dei
poveri abitualmente ascende ad un decimo degli abitanti.
Fra la contea di Cambridge e quella di Bedford, si distende in lungo la pic
cola contea di Huntingdon che non arriva a 100,000 ettari, e non conta che
60,000 abitanti. Cosi piccola com'è, ha esercitato una gran parte nella storia
dell'Inghilterra, giacchè è la patria di Cromwell il quale, come il maggior nu
mero dei grand' uomini del suo paese, ha cominciato dall'essere coltivatore. Piace
il farsi un'idea, nella sua casetta di Saint-Ives alle sponde pacifiche dell'Ouse,
di questo scuro linaiuolo, che doveva un giorno essere il dittatore dell'In
ghilterra.
Se la contea di Norfolk ha per lungo tempo occupato in Inghilterra il primo
posto relativamente ai progressi rurali, oggi le è disputato dalla conica di Lin
coln che un secolo addietro era aucora più sterile e più deserta. Contiene circa
680,000 ettari, e dev'essere divisa in tre differentissimi distretti: le paludi al
sud ed all'est; i wolds, o piani al nord, e le brughiere all'ovest.
Il distretto delle maremme ha preso il nome di Holland, e infatti somiglia
molto all'Olanda. Sono le medesime dighe che ogni giorno si avanzano e gua
dagnano nuovi terreni sul mare; sono le medesime praterie e quasi i medesimi
armenti; e il medesimo aspetto verde, basso ed umido. In alcuni punii, l'alto
prezzo dei grani aveva incoraggiato la coltura dei cereali; ma essa oggidì da
ogni parte indietreggia, e le succedono le erbe meglio atte al suolo. La rendita
media asceude a 100 franchi. 1 wolds'poao pianure aride e nude, con sotto-suolo
calcare, trasformate all'atto dalla rotazione quadrienuaie. Non si affittano per
meno di 75 franchi per ettaro in termine medio; vi si alleva molto bestiame, il
quale non si nutre che in inverno, giacchè ogni fattoria nei wolds ha ordinaria
mente come sua appendice un pascolo nelle maremme, dove in estate il bestiame
si manda. La rotazione di Norfolk vi si era molto generalmente modificata nei
senso che il trifoglio occupava per due anni la terra, ed il grano non tornava
che di cinque in cinque anni. Ma questa modificazione, che erasi adottata come
un risparmio di mano d'opera, oggi è molto discreditata, giacchè dà alle malerhe
il tempo d'impadronirsi del suolo. Ciò che una volta cuiamavasi la bruguiai
LE CONTEE OCCIDENTALI. 847
CAPITOLO XVI.
Le contee occidentali
come più sicuro e lucroso quando i pascoli sono migliori, ed in fatti noi sap
piamo, sull'esempio dei nostri erbaggieri normanni, quanto una tale industria sia
comoda e vantaggiosa; ma ciò che soprattutto la vince, in Inghilterra come in
Francia, è il latte. Gli erbaggieri dell'ovest fanno dei caci, e la maggior parte
rinomatissimi.
Questi paesi sono fra quelli che formano un'eccezione a ciò che si riguarda
come regola comune in Inghilterra; la prosperità e la coltura vi sono general
mente divise. In mezzo ad alcuni grandi poderi se ne incontrano molti piccoli,
talvolta coltivati direttamente dai loro proprietarii. Noi abbiamo già trovato
questa divisione nel Kent , nel Sussex e nel Devon ; la ritroveremo di nuovo.
La causa muta secondo i luoghi: nel Kent, ella è la diversità delle colture; nel
Sussex, la difficoltà del travaglio; nel Devon, lo stato montagnoso del paese;
nelle contrade da erbaggio, l'indole dell'industria dominante che esclude i grandi
apparecchi. Gli economisti inglesi trovano che questa divisione è stata spinta
troppo oltre, e potrebbero avere ragione , perchè la condizione generale degli
abitanti non vi e sempre buona, malgrado la ricchezza dei prodotti.
La regione occidentale comprende sei contee; in quella di Sommerset che
confina col Devonshire , uno dei piò deserti ed incolti distretti dell'isola, la
lauda granitica che porta il nome di foresta à'Exmoor contiene 8 mila ettari
circa abbandonati ad una specie di montoni mezzo selvaggi, ed alla cacciagione
che più fugge la presenza dell'uomo, come il cervo. In contraccambio, la vallata
di Taunton che confina colla foresta di Exmoor è tra le più rinomate per la
sua fertilità e freschezza, e tutta la parte della contea che si avvicina al Gloce-
ster, ove si trova la città di Bath, celebre per le sue acque minerali, ed il porto
popoloso di Bristol abbonda in pascoli eccellenti. In nessun luogo d'Inghil
terra, eccetto la contea di Leicester, e quella di Middlesex, la rendita delle terre
non è così alta come nel Sommerset : ascende a 100 franchi per termine medio,
e giunge al doppio ed anche al triplo nella vallata.
Un paese che riunisce tanti vantaggi, che si trova ad una debole distanza da
Londra, e che ha nel suo proprio seno piazze di sbocco come Bath e Bristol; un
paese altronde che fu favorito dalla natura per mezzo di questa bella vegeta
zione erbaggiera, e che ne ricava una rendita sì alta, sembrerebbe dover godere
d'una grande prosperità; la classe degli operai nondimeno vi soffre; e l'eccesso
di popolazione è la causa manifesta dei suoi patimenti. Egli è questo eccesso
che, provocando un'estrema concorrenza per le fattorie, ha due volte elevato la
rendita, e la troppa divisione della coltura. Dopo il 1801 la popolazione del
Sommerset è ascesa da 280,000 anime a 460,000; la ricchezza non si è accre
sciuta nella medesima proporzione: da ciò il difetto di equilibrio, il quale non
può guarirsi che per mezzo d'un accrescimento di produzione o d'una diminuita
popolazione. La contea di Glocester, che confina col Sommerset, si divide in due
parti : quella che si chiama i cotswolds, ossia le altezze, e la valle della Severne
e dell' Avon.
I cotswolds formano una serie di altipiani da 5 a 600 piedi al disopra del
livello del mare, intramezzati da valli poco profonde. Il loro suolo è magro, ed
il clima è freddo. Erano una volta pascoli da montoni; ma poco a poco la col
tura si è propagata su questo suolo naturalmente improduttivo, e mercè la ro-
Econom. 2a serie. Tomo I. — 54.
850 LAVERGHE.
Sovorne e dell'Avoti eòlia loro eterna verdura, colle loro siepi lussureggianti e le
loro migliaia di vacche al pascolo. Sembra che l'agiatezza e il benessere dovreb
bero sempre aver sede in tal paese.
Tra le sei contee occidentali, tre formano la regione delle erbe, le altre ap
partengono alla regione montagnosa che divide l'Inghilterra dal paese di Galles.
La piccola contea di Monmouth, la più meridionale fra le tre, posta in mezzo
al mare ed alle montagne, presenta gli aspetti più svariati : verso l'ovest ed il
nord le selvaggie asprezze delle alpi, verso l'est ed il nord, sulle sponde della
Wye, un vero giardino. Vi si coltiva ancora qualche volta coi bovi, cosa che in
Inghilterra diviene sempre più rara. La rendita ascende molto alto sulle sponde
del mare; si abbassa a misura che si va verso i monti. La popolazione, ben più
numerosa di quello che i mezzi naturali del suolo la farebbero supporre , rivela
un florido stato industriale. Molte miniere di carbone e di ferro vi alimentano
molti operai,
La contea di Ilereford offre meno contrasti che quella di Monmouth; vi a)
trovano insieme meno montagne e meno pianure ; e la sua superficie general
mente è accidentata senza contrasti si bruschi. La rendita media è un paco più
alta che quella del Monmouth. Quanto alla contea di Salop, l'ultima e la mag
giore delle tre contee finitime, una parte del suo territorio non è che continua
zione dell'IIereford, l'altra serve di transizione tra questa regione accidentata
e la contea più piana di Chester; vi abbondano le miniere di ferro, eie fab
briche di terraglia rivaleggiano con quelle dell'altra contea vicina , quella di
Staffimi.
La principale industria agricola di questa regione è l'allevamento della bella
razza di bovi rossi con testa bianca, noti sotto il nome di Ilereford. Questi bovi,
i più apprezzati dagli erbaggieri del centro, che li comprano per ingrassarli ,
prendono il grasso più facilmente che alcun'ultra razza, quando son trasportati
in buoni pascoli ; la loro carne è migliore che quella dei Durham, ma più lenta
a formarsi. Se, come tutto l'annunzia, l'allevamento dei bovi a corte corna si
svolge nei paesi che finora non li ebbero, la più florida industria della fron
tiera gallese potrà esserne minacciata: gli allevatori dell'IIereford saran costretti
dal canto loro a divenire ingrassatori.
Viene infine la contea di Chester, la più ricca fra le sei. Il cacio di Chester '
è ancora più noto fuor d'Inghilterra che quello di Glocester. L'estensione totale
della contea è di 270,000 ettari, di cui circa metà a pascoli. Vi si mantengono
più che 100 mila vacche lattaie , ciascuna delle quali dà 200 a 400 libbre di
cacio e 15 a 20 libbre di burro. La rendita dei pascoli sorpassa in generale i
100 franchi, ma, come quella delle terre arative rimane al disotto, cosi la media
generale per la contea è tra 80 e 90 franchi, restando al fittaiuolo inoltre il ca
rico della decima e delle imposte. La proprietà è men divisa nel Glocester e nel
Sommerset; ma la coltura lo è almeno altrettanto. Sì citano solamente una o
due fattorie di 150 ettari. La maggior parte non è che di 50, e nei distretti da
formaggio molte ne hanno meno di 5.
Quest'ordinamento agricolo non ha avuto nella contea di Chester i medesimi
inconvenienti che nel Glocester e nel Sommerset , sia perchè non coincide con
un'uguale divisione della proprietà, sia piuttosto a causa della vicinanza di di
stretti manifattori che aprono immensi sbocchi. La media mercede degli opera
852 LAVERGNE.
CAPITOLO XVII.
che in una data condiziono paga insieme le migliori rendite, i migliori profitti e
le migliori mercedi. Ora non è per adesso questo lo stato del Wiltshire meri
dionale coi suoi smisurati poderi , ove tutti soffrono, proprietarii, fittaiuoli e
lavoranti ; ove le mercedi sono le più basse che si trovino in Inghilterra, ove
il numero dei poveri è maggiore che altrove. Uno fra i primi rimedii indicati è
la divisione di quelle vaste fattorie che esigono un gran capitale ; il secondo
probabilmente sarà la diminuzione delle terre coltivate a cereali, e il ritorno ad
un ordinamento agrario che sia più atto alla natura del suolo.
Uno spettacolo ben diverso ci attende nelle contee del centro propriamente
detto, quelle di Warwick, di Worcester , Ruttand, Leicester e Stafford. Questa
regione posta fra la regione dell'ovest o dei pascoli, e quella dell'est ove do
mina la rotazione quadriennale, presenta la felice associazione dei due sistemi;
è il più ricco paese agrario dell'Inghilterra.
Cominciamo dalla contea di Warwick, nella quale a primo tratto si rileva
la causa precipua di tanta prosperità rurale. Noi non abbiamo finora visitato che
paesi esclusivamente agricoli, o almeno poco industriali, in cui gli sbocchi ab
bondano senza dubbio più che nei tre quarti della nostra Francia a causa del
l'immensa città di Londra e dei molti porti della costa, ma ove la eccitazione
che viene dalla vicinanza delle manifatture manca quasi del tutto. Ponendo
piede nella contea di Warwick, entriamo nella regione industriale, e ci troviamo,
per cominciare, in faccia a Birmingham ed alle sue dipendenze. La popolazione
della contea si è più che raddoppiata da mezzo secolo in qua; oggidì supera
la proporzione di due anime per ettaro: i quattro quinti di questa popolazione si
danno a lavori industriali; dal che viene che un ettaro di terreno è stimolalo a
produrre l'alimento di due individui ; che un agricoltore il quale porta i suoi
prodotti al mercato, vi trova quattro consumatori pronti a disputarseli ; e che
questi consumatori, guadagnando tutti alte mercedi, hanno il mezzo di pagare le
derrate agrarie ad un alto prezzo. Come mai l'agricoltura potrebbe non prospe
rare in simili condizioni?
Non bisogna già credere che il suolo del Warwick sia tutto eccellente. Il
nord della contea t'ormava altra volta un'immensa landa coverta di brughiere e
di boschi che chiamasi una foresta. Oggi la metà delle terre è a pascolo, e l'altra
è di terre arative, sottomesse per quanto si possa alla rotazione di Norfolk; un
quarto soltanto del territorio produce cereali per alimento dell'uomo, e la sua
fertilità, come quella delle altre terre, è di continuo aumentata non solo dagl'in
grassi che un'immensa quantità di animali vi depone, ma da masse di concimi
supplementari, comperati nelle città manifattrici, e trasportati a poca spesa per
mezzo dei canali o delle ferrovie che solcano il paese. Non si deve neauche im
maginare che la grande coltura domini nel Warwick e nelle altre contee indu
striali; la media dei poderi è di circa 60 ettari; e ve ne sono ben più al diso
pra che al disotto. In fine non è la lunghezza degli affitti che abbia molto influito
sul progresso agricolo ; le terre generalmente si affittano ad anno. I linaiuoli ciò
nondimeno non si astengono dal fare grandi sacrifica per migliorare il terreno
da loro coltivato, e quantunque la rendita si sia raddoppiata dal 1770, pure
non si dolgono dei loro proprietarii. Tutto agevolmente si combina quando vi
sia da guadagnare dall'una e dall'altra parte. Le mercedi si giovano anch'esse
di questa prosperità; sono per lo meno di 2 franchi al giorno.
LE COKTBE DKL CENTRO. 857
Un linaiuolo di Warwick nelle più comuni condizioni coltiva un fondo di 60
ettari, o 150 acri, pagandone 6 mila franchi di fitto, oltre alle tasse che ascen
dono a 1,500 franchi, e dà ai suoi lavoranti buone mercedi, riserbando senza
molto stento per sè un reddito di 5 mila franchi. Senza dubbio, non è cosi gran
signore come gli opulenti fittaiuoli del Lincoln e del Norfolk ; ma per noi Fran
cesi, che amiamo soprattutto la ricchezza media , quest'ordinamento rurale ha
qualche cosa di più soddisfacente ancora, in quanto che collega un più gran
numero di famiglie alla comune prosperità. La terra complessivamente è più
produttiva, il prodotto lordo ed il netto sono insieme più alti, ed una più densa
popolazione gode un'agiatezza media per lo meno eguale. Una scorsa in questa
ridente contea forma un incanto perpetuo ; i castelli storici di Kenilworth e di
Warwick, le sponde deliziose dell'Avon , danno un'attrattiva di più a questo
viaggio, che può finire collo studio immenso delle manifatture di Birmingham ;
e perchè nulla manchi ad un tal riassunto delle meraviglie d'Inghilterra , la
grand'ombra di Sbakspeare vi accompagna in questo paese ov'egli nacque.
Nello stato attuale delle nostre campagne non hawi forse alcuna parte della
Francia che possa reggere al paragone colla contea di Warwick; il nostro suolo
forse in nessun punto è così diligentemente curato dalla mano dell'uomo. Gli
Inglesi conoscono tutte le loro ricchezze, noi non conosciamo le nostre. Non
v'ha campagna inglese alquanto più fresca o più fertile che le altre, la quale
immediatamente non acquisti la sua rinomanza, e non sia nota almeno di nome
a tutti. Fra noi, all'incontro , quante belle vallate, quante pianure feconde,
quante coste a grazioso contorno spiegano al sole i loro splendori, ignorati senza
che alcun occhio curioso venga a visitarli! I nostri vicini a ragione si vantano
dei magnifici castelli che popolano la loro isola, ed anche sotto questo riguardo
noi non siamo così inferiori come si potrebbe supporre : le nostre campagne non
furono sempre così disertate dalle famiglie opulenti se non da circa un secolo,
e prima del 1789 noi eravamo per lo meno cosi ricchi come gl'Inglesi in belle
residenze campestri. Dopo tutte le demolizioni fattesi ora dalla rabbia rivoluzio
naria, ora da una selvaggia speculazione, si potrebbe ancora, cercando bene, tro
vare fra noi castelli abbastanza dei tre ultimi secoli per opporli ai più celebri
castelli inglesi; colla sola differenza che i nostri cadono in rovina, mentre i
loro, conservati con una cura religiosa, ingranditi di generazione in generazione,
venerati da tutti come un patrimonio nazionale, restano in piedi e non perituri.
Le loro rovine medesime , quando ne hanno , cosa rara, si mantengono con
amore; essi giungono fino a simularle quando ne mancano , ed il gusto delle
costruzioni in istile acuto e tormentato, che ha ricevuto il nome di Tudor , si
spinge fino al ridicolo.
Ciò che ora ho detto del Warwickshire si applica egualmente alle contee
di Worcester e di Leicester sue vicine. La valle dell'Avon si continua nel Wor
cester colle medesime grazie e colla medesima fecondità. Il Leicester è forse
ancora più ricco; è soprattutto nei terreni di lias che le erbe vengono bene,
e terreni di questo genere ve n'ha molli nel Leicester. La piccola città di Melton-
Mowbray, che diviene nella bella stagione il ritrovo degli amatori della caccia
alla volpe, deve questo privilegio alla configurazione del suo suolo leggermente
accidentato, ove molli riviere, che scorrono abbondanti, van serpeggiando lenta
mente in mezzo a prati intramezzati di siepi; tutte le condizioni volute per lo
856 I.AVERGHE.
un sol giorno senza che la potenza del suo nome o della sna fortuna si sia ado
perata in miglioramenti agricoli. La sua mercè, i dintorni della piccola città di
Mansfield mutaron d'aspetto, e presentano oggi una ricca coltura, invece delle
lande che una volta li coprivano. Il più notabile dei suoi lavori è una gigantesca
impresa d'irrigazione alle porte medesime di Mansfield. Le acque d'uoa piccola
riviera furono stornate, per formare un largo canale che innaffia 160 ettari.
Questa bell'opera è costata un milione ; il prodotto lordo, che se ne ricava og
gidì, si calcola a 600 o 700 fr. per ettaro. Vi si fanno due messi di fieno al
l'anno. E negli altri mesi queste praterie son date a delle pecore southdoxn,
che vi trovano un pascolo copioso. Nulla può meglio dare un'idea della potenti
che la fattoria di Clipstone da cui esse dipendono, e che non abbraccia meno di
1000 ettari. L'immensa corte lastricata, in cui un numeroso armento di bovi
scozzesi della razza d'Aangus, stabbia ad aria aperta tutto l'anno, in meuo
ad ammassi di fieno, ed offre un grandioso spettacolo che colpisce vivamente
l'immaginazione.
I poderi dei duchi di Newcastte e Portland si distinguono per un altro ge
nere di coltura, di seminagioni, e piantagioni d'alberi d'ogni specie. Ho già
detto che alcuni grandi signori avevano preso a rifaro artificialmente tante vere
foreste, nei luoghi in cui l'esperienza del dissodamento non era riuscita. Si
può colà vedere come queste foreste seminate e piantate dall'uomo, composte
delle migliori essenze, libere da ogni vegetazione parassita, diligentemente di
radate, coltivate infine con tutta l'arie possibile, vincano le foreste naturali
cresciute a caso.
Mercèquesti sforzi intelligenti, i cattivi terreni della contea di Nottingham son
giunti a produrre una rendita media di 80 fr. Vero è che all'azione della grande
proprietà, nelle mani d'uomini dedicati al pubblico bene, s'è aggiunta l'influenza
non meno benefica dell'industria. La città di Nottingham, che coi suoi sobbor
ghi conta una popolazione di circa 100,000 anime, è sede di molte manifatture.
La popolazione totale della contea in cinquant'anni si è raddoppiata. Nel mede
simo corso di tempo, la rendita delle terre si è triplicata. Dapertutto questi t!ue
fatti procedono insieme, ed il secoudo è conseguenza del primo. La valle della
Trent, che per la sua fertilità è un'eccezione riguardo al rimanente del paese,
presenta una ricchezza straordinaria.
La contea di Derby, una delle più pittoresche, vien visitata da un gran nu
mero di curiosi nella bella stagione. L'incantevole villaggio di Matlock, noto per
le sue acque minerali, ed il cui sito ricorda le più belle vallate dei Pirenei, di
viene il quartier generale dei viaggiatori. Di là si fanno escursioni in tutti i sensi,
ora sui monti, ora nelle vallate o dales. La più interessante mena a Chatsworth,
la magnifica residenza del duca di Devonshire; tante vere strade maestre, gene
rosamente aperte a tutti, traversano l'immenso parco e ne fanno una pubblica
passeggiata. Tutto non è beneficio in queste grandi proprietà. Per quanto ricco
sia il proprietario , pure è per lui un grave carico il mantenimento di quel
mirabile palazzo, di quei giardini, di quel parco fastoso di cui il pubblico gode
più che il padrone. In Inghilterra meglio che altrove è legge il famoso motto:
noblesse oblige ; vi si rispettano profondamente i grandi nomi e le grandi ric
chezze, ma imponendo loro delle necessità di rappresentanza che possono finire
con rovinarli. Si può prevedere il tempo in cui non vi sarà più alcuna privala
LE CONTEE DEL CENTRO. 861
sostanza che basti per mantenere Chatsworth; e allora, o questa Versailles del
l'Inghilterra sparirà, o diverrà una proprietà nazionale, come realmente già lo
è per l'uso che ne vien fatto.
Il duca di Devonshire è inoltre proprietario d'una gran parte della contea.
Il duca di Rutland v'ha pure vasti poderi ; quest'ultimo possiede tutto il gruppo
di montagne che separa la contea di Derby da quella di York, e forma come la
spina dorsale dell'Inghilterra. In quelle alture la coltivazione cessa forzosamente.
Non vi si trovano che sterili brughiere, le quali si perdono a vista , ma questi
incolti terreni formano l'oggetto di un'altra specie di lusso; son cinti da grandi
mura che abbracciano molte leghe quadrate, e son popolati d'ogni sorta di caccia
gione.
Le montagne men alte, che formano i tre quarti della contea, son coverte di
pascolo. Il grano vi viene a stento; l'avena è la sola pianta cereale che vi riesca.
È un paese da bestiame, come lo sono in generale i paesi simili ; vi si fa na
scere bovi a corte corna e montoni Dishley, che poi si vendono ai coltivatori
della pianura; vi si fanno pure molti formaggi che, senza avere la riputazione
di quelli delle grosse vallate dell'ovest, trovano uno spaccio corrente. Questo
paese somiglia molto alle montagnose regioni del centro della Francia, come
l'Ai vcrsina e il Limosino; ne han tutto l'aspetto, e vi sono esercitate le medesime
industrie. Sventuratamente, se eguali sono i mezzi, la differenza dei risultati è
grande, giacche la rendita arriva appena a 15 fr. per ettaro nel centro della
Francia e sorpassa in media i 60 fr. nelle montagne del Derby; ma però, mentre
i nostri dipartimenti centrali mancano di sbocchi, il Derby è solcato da strade
e ferrovie. Dapertutto si vedono volare fischiando le locomotive sul fianco delle
erte ròcche dove solo la capra sembrava poter salire. Lo scavo delle ricche mi
niere alimenta un tal movimento.
Se il Derby è un paese da grande proprietà, la media e la piccola coltura vi
predominano. Le terre del duca di Ruttand son tutte divise in piccole partite.
Nel tutto, questa montagna, che la natura aveva fatta cosi improduttiva, figura
fra le contrade più prospere dell'Inghilterra. Le arti e l'agricoltura vi si bilan
ciano bene. A queste due sorgenti di reddito si aggiungono le spese di lusso,
derivanti dalle residenze locali, ed il tributo che ogni anno i viaggiatori ed i ba
gnanti di Mattock pagano alla bellezza del sito. La grande proprietà e la piccola
coltura si combinano in un'armonica associazione, e si presentano insieme coi
loro vantaggi, la prima per moderare la meta delle rendite e moltiplicare le spese
utili ; la seconda per accrescere col travaglio il prodotto lordo del suolo. La po
polazione è numerosa, non contando meno d'una testa umana per ettaro, e nes
suna classe sembra in penuria. La mercede, questo segno distintivo della pro
sperità d'un paese, è di fr. 2, 25 per giorno.
862 LAVBBGNB.
CAPITOLO xvm.
La regione del Nord, l'ultima che ci rimane a percorrere, s'apre eolla contea
di Lancaster, e col West-Riding della contea di York. Qui tutto acquista pro
porzioni colossali. La contea di Lancaster non ha che un'estensione di 450.000
ettari, e contiene una popolazione di più che 2 milioni d'anime, ossia quasi cin
que teste umane per ogni ettaro. Il Sud l'urina la parte pia industriale e più po
polata. Il porto di Liverpool e la gran città manifattrice di Manchester la co
prono tutta colle loro ramifica/ioni.
Se non havvi al mondo una contrada più produttiva, non ve n'ha neanche
una più trista. S'immagini un'immensa maremma rinchiusa fra il mare e le mon
tagne, un'argilla tenace, col suo sotto-suolo impermeabile, dapertutto resistenza
alla coltura; si aggiunga il clima più cupo, una pioggia perpetua, un vento ma
rino freddo e costante, un denso fumo che nasconde la poca luce sfuggita di
mezzo allo nebbie, uno strato di polvere nera che copre dapertutto la terra, gli
uomini e le case; e si avrà l'idea di questo strano paese, in cui l'aria ed il suolo
non sembrano che un miscuglio di carbone ed acqua. Tale è nondimeno l'in
fluenza d'uno sbocco inesausto sulla produzione, che questi campi, cosi tristi,
cosi male dotati, danno in media una rendita di 100 fr., e che, nei dintorni im
mediati di Liverpool e di Manchester, la terra coltivata si affitta fino a 250 fr.
Non vi sono molti terreni, fra i più favoriti del mondo, che possano vantarsi
di fruttare altrettanto. È sopratutto alla presenza di questi prodigi che si è
tentati d'esclamare col poeta latino :
Salve magna parens frugum, saturnia tellus,
Magna virimi ! . . . .
viera ed oggi si trovano sull'altra sponda i più bei tipi. Havvi tutto al più una
mezza dozzina di allevatori che in certo modo ne mantengono il monopolio e
non risparmiano nè cure nè spese per conservarla e perfezionarla. Non è raro
il vedere i loro tori vendersi per 200 a 400 lire sterline, o 5 a 10,000 fr.;
ed essi ne affitiano per una stagione a prezzi corrispondenti.
La contea Durham non ha che metà dell'estensione del Nord-Ridding; la sua
popolazione nondimeno è più che doppia: ciò basta per indovinare che non sia
un paese esclusivamente agrario. La sua principale ricchezza viene dalle mi
niere di carbone, il cui prodotto inesauribile si esporta per Newcastte ed i porti
vicini. I due più grandi signori del paese, lord Durham e lord Londonderry, da
50 anni in qua han guadagnato enormi somme collo scavo delle loro miniere.
Un sol fatto basta per giudicare dei capitali che questo scavo ha messo in moto.
Lord Londonderry ha fatto costruire a sue spese un porlo per esportare il suo
carbone, ed una ferrovia per condurvelo; il tutto è costato 8 o 10 milioni di
franchi. L'agricoltura nou ha seguito che da lungi un tal movimento. Le terre
argillose vi dominano con tutte le loro ordinarie difficollà. Si adopera ancora
su di esse l'antica rotazione triennale. I poderi sono d'una media estensione
di 25 ettari; e i linaiuoli, forti lavoranti che fanno quasi tutto da se, non sono
abbastanza ricchi per concedere molto al terreno.
Coi bassi prezzi, questi piccoli coltivatori, per quauto economi e laboriosi
sieno, non potevano vivere. È stato d'uopo adunque, anche là, una rivoluzione.
Fortunatamente la proprietà era men divisa che la coltura, e la maggior parte
dei proprietarii, in mancanza dei loro linaiuoli, han potuto fare degli sforzi.
Lord Londonderry, lord Durham, il duca di Cleveland han gareggiato in gene-
rosità. Una gran parte dei guadagni raccolti dalle miniere di carbone si è con
vertita in opere d'ogni genere per migliorare il terreno. Da ogni lato si collocano
tubi, si costruiscono stalle, si trasportano nuove masse di terre da ammenda
mento, e di concimi; in pochi anni l'aspetto del paese sarà tutto mutato. D'al
tronde non tutto è" da rifarsi, ed in alcune parti della contea nelle terre leggiere
già sottomesse alla rotazione di Norfolk, nelle grosse vallate ad erba, la coltura
è già florida e ricca. Non bisogna dimenticare che la razza bovina a corte corna
esce da una delle vallate del Durham.
La piccola contea di Westmoreland, come lo dice il suo nome, terra delte
lande dell'ovest, è la regione più montagnosa, più incolta, e men popolata del
l'Inghilterra. Non vi si trova che un abitarne per quattro ettari. L'agricoltura
fiorisce nelle vallale, sopratulto in quelle di Eden al nord, e di Kendal al sud.
D'altronde, è la Svizzera delt'Inghilterra, il paese dei laghi tanto celebrati dai
poeti. Una ferrovia conduce in poche ore da Manchester e Liverpool al lago di
Windermere, il primo, il più grande, ed il più grazioso di tutti. Uscendo dal
tumulto e dal fumo dei distretti manifattori, si arriva come per incanto in una
ridente solitudine, ove tutio è calmo, fresco e puro; le acque limpide, l'aria
viva, ed il suolo verde, succedono alle acque fangose, all'aria spessa, ed al sole
annerito delle maremme da cui esce il carbone. Uu battello a vapore vi tra
sporta sul lago, lungo e stretto, che serpeggia come una larga riviera in mezzo
ad un'incantevole campagna. Il Windermere non ha che A leghe in lunghezza
per un quarto di lega in larghezza. Alla sua estremità, si sbarca presso il bel
Jiconom. 2a serie. Tom. I. — 55,
866 i.A\hii(iNK.
in grand? poderi. Il numero delle sue fattorie, che nel 1820 era di 340, o 55
ettari in media, oggi è ridotto a 65. Questa diminuzione ha permesso di sce
gliere i migliori fitiamoli, quelli che offrivano coi loro capitali, abilità ed ener
gia, le migliori guarentigie. Sir James ha loro offerto degli affitti di 14 anni
invece di 7. Un gran numero di edifieii, divenuti inutili, si son demoliti ; si
sono strappate le siepi che troppo suddlvidpvano i campi. Con tal sistema, si
ottennero rendite che nei buoni terreni ascen lono fino a 100 fr. l'ettaro, ed in
termine medio battono sui fr. 70, quantunque il suolo sia generalmente màrem-
moso. Sir James, uno dei più decisi partigiani del libero scambio, si è fatto un
onore di provare che, nelle proprietà bene amministrate, l'abbassamento dei
prezzi non doveva necessariamente generare un'attenuazione di rendite. Non ha
accordato alcun ribasso sui suoi fitti, ma ha grandemente accresciuto le opere
di fognatura, che egli fa fare a sue spese, sotto l'ordinaria condizione di un au
mento sul fitto alla ragione del 5 per 0/0 all'anno.
Quanto più si va verso l'ovest e il nord tanto più la fognatura diviene ne
cessaria ed efficace. Non havvi un paese in tutta l'Inghilterra dove essa presenti
maggiori vantaggi che nelle terre basse del Cumberland. Ciò dipende da due
cause, la natura argillosa del suolo e del sotto-suolo, e l'estrema abbondanza
delle pioggie. Cadono 20 pollici inglesi d'acqua per anno a Londra, 40 nella
contea di Laocaster, 47 sulla costa del Cumberland, e fino a 160 nelle alte val
late dei laghi. Perchè tutta questa umidità abbia uno scolo, occorre una fogna
tura più potente che nel resto dell'isola. Si mettevano dapprima i tubi a due piedi
inglesi circa di profondità, ed a 20 metri di distanza, e non si ottenevano che
risultati insufficienti. Oggi i tubi sono generalmente collocati a 4 o 5 piedi in
glesi di profondità, ed a 6 o 9 metri di distanza ; e si ha la cura di non adope
rare che tubi di 1 pollice e 1/2 di diametro interno, mentre altrove bastano
quelli di 1 pollice; in questo modo soltanto si riesce ad asciugare sufficiente
mente il terreno. Si contano oggi nel paese 30 fabbriche di tubi.
Una volta ctiiamavasi Northumberland tutto il paese al nord dell'Humber;
oggi questo nome non indica che la contea più settentrionale dell'Inghilterra. Il
Northumberland occupa il versante orientale della catena degli apennini bri
tannici, di cui il Cumberland forma il versante occidentale, e com'esso si divide
in due parli, le montagne ad occidente, le pianure all'oriente. La catena dèi
Cheviots, che divido l'Inghilterra dalla Scozia, ha buonissimi pascoli, nei quali
si è formata la razza dei montoni che portano questo nome. Si vanta la bel
lezza delle vallate che tagliano questo gruppo di montagne, e sopratulto quella
della Tyne, che segue l'antica muraglia dei Pitti, e sbocca nel mare a Newcastte;
la terra vi è eccellente e si affitta ad un alto prezzo.
L'agricoltura delle basse terre del Northumberland gode d'un'alta riputa
zione. Quando si fu in Inghilterra un viaggio agricolo, tutti vi dicono, andate
nel nord, visitate il iVorthumberland, e se è possibile andate fino nelta Scozia.
Per la Scozia il consiglio è buono. Ma non può dirsi precisamente lo stesso ri
guardo al Northumberland. Questa predilezione dell'opinione è ben fondata sino
a un certo punto, per le terre leggiere che servono d'intermedio fra la montagna
e la costa; là è nata la rotazione quinquennale, conosciuta sotto il nome di rota
zione del Northumberland, e la quale non è che una variante di quella del Nor
folk: !» ravizzoni, 2° grano od orzo, 5° trifoglio, 4" avena. Là pure è incomin
868 LAVEBGNE.
ciata la coltura dei ravizzoni allineati, oggi generalmente adottata da tutti i
buoni coltivatori. Ma le terre argillose che si estendono lungo il mare non
sono sfuggite alle crisi. La grande proprietà e la grande coltura vi dominano
dapertutto. Una buona parte della contea appartiene al duca di Northumberland:
altri grandi signori e ricchi landlords vi possiedono vasti poderi. Il celebre parco
di Chillingham, appartenente a lord Tancarville, è abbastanza grande perchè una
specie particolare di bovi selvaggi abbia potuto conservatisi. Le fattorie hanno
un'estensione media di 100 a 200 ettari, se ne trovano di 500 e lindi 1000. 1
linaiuoli passano per ricchi; ve n'ha che coltivano ad un tempo parecchi grandi
poderi.
Per quanto ricchi fossero questi linaiuoli, non avevano tutti un capitale suf
ficiente per le grandi estensioni che coltivavano ; e l'abbassamento dei prezzi,
cadendo sopra masse enormi di derrate, ha prodotto per loro le conseguenze più
disastrose. É da notare che questa provincia è l'unica in Inghilterra in cui la
rendita si sia diminuita dal 1815 in qua ; da 50 fr. circa per ettaro, che era alla
fine della guerra, era caduta a 40 prima della crisi, e poscia si è abbassala an
cora più. Il duca di Northumberland ha accordato sui suoi fitti, in questi ultimi
anni, un ribasso del 10 per 0/0. Un altro gran proprietario, il duca di Portland,
è andato più in là; il suo ribasso arriva, diecsi, fino al 25 per 0/0. Al tempo
medesimo, questi potenti landlords han fatto eseguire a loro spese opere di fo
gnatura e di altro, sotto l'ordinaria condizione del 5 per 0/0. Mercè questi mi
glioramenti, e a patto d'una suddivisione dei poderi troppo grandi, come nel Wil-
tshjre, l'equilibrio verrà finalmente a stabilirsi.
CAPITOLO XIX.
Qui finisce il nostro giro dell'Inghilterra, di questa porzione sovrana dei tre
regni, quest'isola scettrata, come dice Shakespeare, questa pietra preziosa inca
strata nel mare d'argento.
Prima di passare alla Scozia ed all'Irlanda, non dirò che poche parole sui
paesi annessi come il principato di Galles e le isole. Il paese di Galles e quella
penisola sparsa di montagne, che si estende, tra le imboccature della Severn e
della Mersey, sopra una superficie di circa 2 milioni d'ettari, e che, molto con
simile alle contee del Cumberland e del Westmoreland, ricorda in alcune parli
i picchi più inaccessibili dell'alta Scozia. Altrove un simile paese sarebbe a un
dipresso abbandonato dagli uomini ; ma esso, come la maggior parte dei paesi
di montagna, abbonda di minerali ricchezze; e lo scavo delle sue miniere e pie
traie, coi capitali inglesi, è bastato per determinarvi un relativo progresso. Sotto
il riguardo agrario, la penisola gallese può dividersi in tre distinte regioni: la
buona che comprende le contee di Flint, d'Apglesea, di Denpigu e di Pembroke;
IL PAESE D! GALLES E LE ISOLE. 869
La penisola di Bretagna, che forma tra noi il consimile del paese di Galles,
ha molto meno montagne; contiene inoltre porti considerevoli, come Brest e
Lorient, Nantes e Saint-Malo, che finora mancarono alla penisola gallese (1).
La popolazione è proporzionatamente due volte più numerosa, e il suo progresso
agrario è più attivo almeno nei tre quarti del paese. Il paragone dunque riesce a
noi vantaggioso su tal punto; e la causa sta nella differenza di selvatichezza del
suolo. La Bretagna deve anche una parte di siffatta superiorità ad una coltura,
che io mi meraviglio di non vedere più propagata in Inghilterra, quella del grano
turco. Questi cinque dipartimenti ne producono essi soli da quattro a cinque mi
lioni di ettolitri, quanti ne producono in frumento, ed esso serve molto alla
nutrizione degli uomini. Lo stesso avviene in parecchi altri luoghi d'Europa, so
pratutto nei Paesi Bassi.
Quantunque il Saracino sia accusato, forse a ragione, di esercitare una fu
nesta azione sul cervello, quando forma la base principale dell'alimento umano,
pure è qualche cosa di prezioso, come supplemento, sia per gli uomini, sia per
gli animali; e la sua coltura è di quelle che riescono meglio nei terreui grani
tici, leggieri e poveri, per poco che la state sia umida e l'autunno non geli.
Tutto annunzia che il suolo ed il clima d'una gran parte dell'Inghilterra e del
paese di Galles sarebbero molto propizii a questa pianta; nondimeno non si col
tiva che per eccezione, onde nutrire i fagiani che ne sono ghiottissimi, e qual
che volta per rovesciarla, giacchè è uno dei migliori ingrassi verdi che si cono
scano. Alcuni agronomi ne hanno raccomandato la propagazione, fra gli altri
Kham, nel suo eccellente Diclionnaire de la ferme, ma finora senza molto suc
cesso. Se qualche pratico ardito ed abile se ne impadronisce per fare l'espe
rienza in grande, noi un giorno vedremo un clamoroso successo arrivarci dal
l'altro lato della Manica.
Allora impareremo ciò che già è noto in alcune nostre provincie, come la
Bretagna ed una parte della Normandia, ma ciò che si conosce là solamente,
cioè il gran parlilo che può tirarsi da questa coltivazione, la quale non occupa
la terra che per tre mesi, ed in conseguenza figura come prima tra le coltivazioni
a breve durata, si accomoda a tutti i terreni, non esige che poco ingrasso, non
(spossa il suolo, io mantiene perfettamente pulito con la rapidità della sua ve
getazione, e nondimeno rende in generale il 50 per 0/0, e può rendere anche
il «loppio. Lo stesso mais, che però è molto più spossante, non rende di più.
L'analisi chimica mostra che la farina del Saracino è per lo meno tanto nutri
tiva quanto quella del frumento, a peso uguale, ed oggi si conoscono dei metodi
di molitura che la spogliano della sua asprezza.
Havvi ancora, tra le specie domestiche, un animale poco apprezzato per
causa dei suoi istinti capricciosi e distruttori, ma che meriterebbe d'essere più
stimato per la sua fecondità, e che sembra fatto per le regioni come il paese di
Galles, ed è la capra. Le ultime statistiche ci dicono che il numero delle capre
cresce rapidamente in Irlanda, ed io non ne sono punto sorpreso. Oltrechè la
capra ordinariamente figlia a parti doppii, mentre la pecora non produce che
\n nessun altro punto la differenza reale tra oh paese francese e la più parte
dei paesi inglesi si mostra più evidente e più penosa, che paragonando l'isola
di Jersey colle coste francesi poste dirimpetto. Essa sorge all'entrata d'un golfo
le cui braccia son formate da un lato col nostro dipartimento della Manica, e
dall'altro con quello delle Coste del nord. Clima, suolo, prodotti, razza d'uomini,
tutto si rassomiglia. Questi due dipartimenti figurano tra i più prosperi della
Francia. Quello della Manica occupa l'ottavo posto sopra 86, e quello delle
Coste del nord occupa il dodicesimo, riguardo a densità di popolazione e ric
chezza; e nondimeno, mentre Jersey conta più che tre abitanti per ettaro, la Ma
nica e le Coste del nord non ne hanno che uno. La medesima sproporzione si
fa notare, sia nel prodotto lordo, sia nel prodotto netto delle coltivazioni. Evi
dentemente questa volta il contrasto non può attribuirsi alla grande proprietà
ed alla grande coltura, giacchè il suolo è ben più diviso in Jersey che presso
noi : bisogna ben riconoscere che le vere cause stanno in tutt'altro.
Quest'angolo di terra ha goduto senza interruzione da molti secoli un'indi
pendenza quasi compiuta, e quindi ha avuto i due maggiori beni di questo
mondo, la pace e la libertà; non ha conosciuto nè cattivi governi, nè rivoluzioni,
nè guerre, le cause che hanno arrestato il progresso della vicina Francia ; su
questo riguardo è stato più favorito che l'Inghilterra medesima.
Con un'istoria simile, tutto doveva prosperarvi. Il progresso locale, lasciato li
bero, ha preso la forma della piccola proprietà e della piccola coltura; ma avrebbe
potuto prenderne altre, che sarebbero ben riuscite egualmente. Io credo nondi
meno che, con altri modi, queste isole difficilmente sarebbero pervenute a nutrire
tanta popolazione. Tostochè il capitale non manchi, la piccola proprietà e la pic
cola coltura diventano per cosi dire produttive all'infinito. Un grande impero non
potrebbe ordinarsi precisamente così; ha bisogno d'una maggiore varietà di con
dizioni umane. Queste isole non han d'uopo nè di governarsi, nè d'incivilirsi, nè
di difendersi ; non devono che esser felici, e lo sono : felicità piccola e monotona,
senza dubbio, ma antica e degna di rispetto. Esse non han brillato, nè per le
arti, nè per la politica, nè per la guerra; l'ufficio loro è ben più modesto. Alcuni
industriosi e pacifici mostrano ciò che possa a lungo andare il lavoro senza
ostacoli.
Nella sua Difesa in favore dei contadini proprietarii, Mr. William Tliorn-
ton insiste molto, e con ragione, su questa condizione agricola e sociale. Mr.
Mill, nei suoi Nuovi principii d'economia politica, si associa a Mr. Thornton.
Un'intiera scuola si è formata da qualche tempo in Inghilterra a favore della pic
cola proprietà e della piccola coltura. Io son lieto di vedere a propagarsi queste
idee nella patria di Arturo Young. Purchè la reazione non vada tropp'oltre (e si
può ben contare sugl'Inglesi intorno a ciò), non può che produrre buonissimi
frutti. Anche a Jersey se la popolazione agricola è numerosa, la non agricola lo
è ancora di più.
Quantunque il suolo sia granitico e magro, pure l'aspetto dell'isola è incan
tevole ; si direbbe una foresta d'alberi fruttiferi, interrotta da praterie e piccoli
poderi coltivati, con un gran numero di graziose abitazioni, tappezzate di ver
gini vigne, e di sentieri che serpeggiano all'ombra. David Low osserva che il
frazionamento del suolo, il quale sembrerebbe dover essere infinito nel corso di
tante generazioni, in un'isola così piccola e cosi popolata, si è limitato da se
874 LAVERGKE.
CAPITOLO XX.
La Scozia.
La Scozia è uno dei più grandi esempi che esistano al mondo della potenza
umana sulla natura, lo non conosco che l'Olanda come paese che possa emu
larla; la Svizzera medesima non opponeva sì grandi ostacoli all'industria umana.
Ciò che ancora accresce la meraviglia di tanto svolgimento di prosperità sopra
un suolo si ingrato è il vedere che esso è lutto recente. La Scozia non ha il
passato medesimo dell'Inghilterra. Un secolo addietro era ancora uno fra i più
poveri e barbari paesi d'Europa. Gli ultimi residui dell'antica povertà non sono
del tutto disparsi, ma si può asserire che nell'insieme non vi è oggi sotto il
cielo un paese meglio ordinato.
La sua totale produzione si è decuplata nel corso del secolo attuale. I soli
prodotti agrarii crebbero in una enorme proporzione. Invece delle carestie pe
riodiche clie altra volta la devastavano, e l'una delle quali soprattutto, quella
dal 1695 al 1700, che durò sette anni intieri, ha lasciato la più spaventevole
ricordanza, oggi le derrate alimentari vi si producono in tanta copia da permet
tere un'annua esportazione. L'agricoltura scozzese supera anche l'inglese, per lo
meno in alcune parti; è in fscozia che i coltivatori mandano soprattutto i loro
fanciulli ad apprendere nelle fattorie di modello. I migliori libri d'agricoltura
che si sieno pubblicati in questi ultimi tempi vennero dalla Scozia: e quando i
proprietarii inglesi vogliono provvedersi d'un buon fattore, bailiff, è in Iscozia
che vanno a cercarlo.
La Scozia colle isole adiacenti ha un'estensione totale di 19 milioni d'acri
inglesi, o 7,600,000 ettari, di cui Ire quarti souo incoltivabili allatto. Questi
ultimi si trovano per la maggior parte negVhighlands e netle isole che ne di
pendono, come le Ebridi e le Shetland. 1 due milioni e mezzo di ettari coltivati
possono decomporsi così :
Prati e pascoli 1,000,000 di ettari
Avena 500,000
Orzo 200,000
Frumento 150,000
Ravizzoni 200,000
Trifoglio 200.000
Patate 100,000
Maggesi 100,000
Colture diverse .... 50,000
Totale . . 2,500,000
i4 scozia. 875
L'estensione della terra ad avena è dovuta agVhighlands che quasi non
raccolgono altri grani; nei Ivwlands la rotazione quadriennale è generalmente se
guita. Il medio prodotto lordo d'ogni coltura, a ragion di ettaro, è a un dipresso
uguale a quello dell'Inghilterra: e l'insieme della produzione vegetale destinata
ad alimento delt'uomo, compresavi l'avena che forma infatti la base del nutri
mento comune, può calcolarsi per etto milioni di lire sterline, o 200 milioni di
franchi. La produzione animale dev'essere di 300 milioni, ciò che porta a 500
milioni il prodotto totale. Essendo la popolazione di 2,t,00,000 anime, ciò fa
una media di 200 franchi per testa, come in Inghilterra; laddove in Francia la
media non è che di 140 , e la diminuzione del 20 per 0/0 qui si trova meno
al suo posto, perchè i prezzi scozzesi si avvicinano molto ai francesi.
In che modo la Scozia è arrivata così rapidamente ad un si bel risultato,
malgrado la naturale infecondità del suo suolo e del suo clima?
La proprietà vi è ancora meno divisa che in Inghilterra, e l'uso delle sosti
tuzioni è più stretto e più generale. Si calcola per 7,800 il numero totale dei
proprietarii, ciò che darebbe una media di 1,000 ettari per fondo. Ma sono gli
highlands che inualzano a questo punto la media; perchè vi si trovano poderi
di 100, 200, ed anche 500 mila ettari; nei lowlunds la divisione diviene in
finitamente maggiore, e la media dei fondi scende a 500 acri o 200 ettari. Il
duca di Buccleugh è il più grande proprietario di questa parte della Scozia; il
suo palazzo di Dalkeith domina uno dei più bei paesi di coltivazione. Gli altri
grandi signori scozzesi, come i duchi di Sutherland, di Athol e di Argyle, il mar
chese di Ureadalbane, ecc., hanno ordinariamente nelle montagne le loro terre.
Quando si son sottratte queste grandi fortune, si trova che 1 tre quarti dei pro
prietarii scozzesi hanno una media di 10 a 12 mila franchi di rendita all'in-
circa. 1 due terzi del suolo, che prodocono circa un terzo della rendita totale,
souo in potere dei grandi proprietarii ; un terzo circa, ma che esso solo produce
i due terzi della reudita , appartiene all'altra categoria. La piccola proprietà,
senz'essere affatto ignota, è meno sparsa che altrove, anche meno che in In
ghilterra. Nel tutto, l'esempio della Scozia è favorevole alla grande proprietà.
Per la coltivazione, la cosa è piuttosto al contrario; vi si contano circa 55
mila linaiuoli, ciascun dei quali paga una media di 90 lire sterline, o 2,250
franchi di fitto; è, come si vede, piuttosto la piccola o per lo meno la media
coltura che prevale. La media delle fattorie in Inghilterra è precisameute il dop
pio, cioè 4,500 franchi di rendita. Vi sono negli hiyhlands dei poderi di più
migliaia di ettari, ma al tempo medesimo se ne trovano molti nelle basse terre
che non si estendono per più di 25, e migliaia di ettari nelle montagne deserte
del nord non sempre fruttano , sia al proprietario sia al linaiuolo, quanto le
25 nelle fertili pianure di Edimburgo e di Periti.
Il modo ordinario degli affitti è molto superiore a quello degl'Inglesi. I fitti
annuali sono fuori d'uso, e quasi tutti i linaiuoli hanno contratti per 19 unni.
Questa essenziale differenza dipende da parecchie cause. Primieramente i pro
prietarii scozzesi affiggono meno importanza che gl'inglesi ad avere sotto la
mano i loro fitiamoli, onde esercitare sul loro voto elettorale una decisiva in
fluenza, perchè i partiti, gl'interessi e le ambizioni politiche sono fra loro molto
men vivi. In seguilo, lo svolgimento agrario della Scozia è molto più moderno,
la tradizione dei linaiuoli at-witt non ha avuto il tempo d'introdursi, e la mi
876 I.AVERGNE.
attivo nel male quanto nel bene. In Iscozia, il sangue freddo, l'esattezza, la so
brietà, il talento del calcolo, sono qualità così nazionali, che il più largo sistema
di credito ha potuto senza inconvenienti introducisi e portarvi i migliori frutti.
Non è senza ragione che la Scozia sia la patria di Adamo Smith; lutti i com
patrioti di questo grand'uomo sono più o meno impregnati del suo spirito sa
gace e positivo: non vi è luogo in cui meglio sappiasi calcolare. I banchi scoz
zesi esistevano già ai tempi di Smith : egli medesimo descrive accuratampnte
il loro meccanismo, ed è a proposito di essi che fa il paragone tanto ripetuto :
« L'oro e l'argento che circolano in un paese possono paragonarsi ad una grande
via, la quale mentre serve a condurre i grani e i foraggi al mercato, nulla da
se stessa produce. Le operazioni di un saggio banco, aprendo si direbbe vna
via nell'aria, permettono che il paese converta in terre arative ed iti pascoli le
sue strade, ed accresca così il prodotto del suo territorio ».
Ecco in di grosso quat è l'ordinamento dei banchi scozzesi: ve ne sono in
tutto 18; dei quali 7 con un capitale da 1 milione di lire sterline in su, che hanno
la loro sede principale nelle maggiori citià, e che coprono coi loro filiali tutio il
paese. Non v'è cantone , per quanto piccolo e recondito, che non abbia almeno
un banco fitiale; se ne contano più di 400 sparsi su tutta la superficie della
Scozia; ossia 1 per ogni 6 mila abitanti; cosicchè ne occorrerebbero 6 mila
in Francia per averne proporzionatamente altrettanti. Questi banchi emettono
tutti carte di circolazione pagabili a vista ed in contanti, ed accettate con una
tale fiducia che ognuno le preferisce alla moneta metallica, anche nei più pic
coli pagamenti. La moneta propriamente detta è quasi esclusa affatto dalla
circolazione; si crede che in tutta la Scozia non vi sieno più che 10 o 12 mi
lioni di franchi in contanti. L'Inghilterra, per quanto sia innoltrata, è ancora
ben lungi da questo punto, tanto per il numero dei banchi, quanto per la fidu
cia che ispira.
Non si sono mai vedute in Iscozia quelle subite domande di rimborso che
si chiamano irruzioni sui banchi, run on the bank, così frequenti in Inghilterra,
e soprattutto in Irlanda. Oltre l'abitudine, che ha una grande potenza sugli uo
mini, e che quando un segno è universalmente ammesso negli affari quotidiani,
ne sostiene naturalmente il valore; oltre la calma che distingue lo spirito nazio
nale, e non si lascia facilmente allarmare, questa meravigliosa sicurezza ha le
sue profonde cagioni. Non solamente, secondo la legge inglese, tutti gli azionisti
d'un banco sono sulla loro personale fortuna solidariamente tenuti ad adempire
le loro obbligazioni, ma l'emissione dei biglietti è stata dal 1845 limitata dalla
legge, e prima del 1845 limitata dall'uso, a circa il terzo del capitale, salvo un
contante in cassa, disponibile ed equivalente al sovrappiù; ed i banchi sono
stati obbligati di rimborsarsi reciprocamente due volte la settimana i loro bi
glietti, esercitando cosi gli uni sugli altri un contrappeso che rende impossibile
ogni eccesso di emissione.
Stabilito il credito dei banchi, ecco l'uso che essi ne fanno, ed in cui soprat
tutto riescono utili: ricevono a titolo di deposito ogni somma maggiore di 10
lire sterline, o 250 franchi ; e quantunque questi depositi si possano ogni mo
mento ritirare, pure ne pagano l'interesse a 2 1/2 o 3 per 0/0. Niuno ritiene
danaro presso di sè, ciascuno ha un conto al banco vicino, dove versa e dove
attinge successivamente secondo le sue spese e le sue entrate. Non si potrebbe
LA SCOZIA. 879
glas, ecc. La società distribuisce ogni anno un gran numero di premii ripartili
in più classi: metodi agrarii e colture speciali, boschi o piantagioni, dissoda
menti, terre incolte, macchine agricole, bestiame d'ogni genere, prodotti di lat
ticini , abitazioni rurali. I suoi concorsi, che fluiscono sempre con un gran
pranzo, ove l'ultimo dei contadini siede a fianco ai più eminenti capi dell'ari
stocrazia, fanno per lo meno tanto rumore quanto quelli della sua rivale inglese.
La società possiede in Edimborgo un museo agrario, ove si trovano i modelli di
tutti gli strumenti usati in Europa, i campioni di tutti i grani coltivati, te copie
esattamente ridotte degli animali premiati sin dall'origine dei concorsi. Il suo
mercante granaiuolo, Mr. Peter l.awson, ha il più bello stabilimento che in que
sto genere si conosca : tutti han potuto ammirare la collezione veramente unica
di sementi da lui mandata all'esposizione universale del 1851.
Speciali giornali, opuscoli a buon mercato, meetings locali, lezioni per so-
scrizione, tutto come in Inghilterra vi moltiplica i mezzi di propagazione; ed
in attestato dell'interesse scientifico che a tali studii si affigge, vi ha da lungo
tempo, tra le cattedre dell'università d'Ediniborgo , una delle più giustamente
estimate in Europa, la cattedra d'agricoltura attualmente (1853) affidata al ce
lebre Davide Low.
Tulli questi incoraggiamenti, per quanto efficaci sieno, non basterebbero a
spiegare i grandi progressi dell'agricoltura scozzese; ne sono stati lo strumento,
non la causa prima. Le vere cause sono quelle medesime dell'Inghilterra; e su
il loro effetto è stato più rapido , egli è perchè si produssero tult'insierae e
senza gradazione : intendo parlare della ricchezza industriale e delle libere
istituzioni.
Se mirabile è la storia industriale dell'Inghilterra, che dirò della Scozia? Se
ne giudichi da un solo esempio. Le contee di Lanark e di Renfrew, ove è la sede
principale dell'attività nelle manifatture e nel commercio, in cento» anni passa
rono da una popolazione di 100 mila anime ad un'altra di 600 mila; e la sola
città di Glasgovia da 20 mila abitanti è giunta a quasi 400 mila. La vallata
della Clyde, una volta deserta, oggidì rivaleggia colla ricca contea di Lancastcr
per le sue miniere di carbone , per i suoi opificii, per la sua immensa naviga
zione. Nel 1750 non esisteva neanche il germe di tanta ricchezza; sono i capi
tali inglesi che, aiutati dal genio laborioso e frugale della Scozia, han trasfor
mato così, e in cosi pochi anni, quella terra inerte. Esempio grande e decisivo
di ciò che possa per un' paese povero e senza industria l'unione con un paese
ricco e già industrioso. Finchè la Scozia fu isolata dall'Inghilterra, e limitala
alle sue proprie forze, non fece che vegetare ; ma quando si aprì ai capitali ed
agli esempi della sua potente vicina, prese uno slancio per lo meno uguale.
Questo sìancio industriale in Iscozia, come ogni dove, è stato seguito da un
analogo progresso agrario. A misura che il commercio e le arti moltiplicano gli
uomini pure accrescono le mercedi e l'agricoltura fa degli sforzi per nutrire la
moltitudine sempre crescente dei consumatori; in un paese sì piccolo, come la
bassa Scozia, basta un punto popolato quanto Glasgovia e le sue dipendenze,
perchè la ricerca dei prodotti agrarii si risenta ogni dove.
L'unione ha d'altronde aperto ai prodotti di questo paese l'immenso mer
cato dell'Inghilterra medesima , ed è così soprattutto che ha arricchito l'ag"'
coltura seozzesp, Anche oggidì, malgrado l'aumento del consumo locale, si fa
LA SCOZIA. 881
un gran commercio d'esportazione delle derrate agricole della Scozia per i mer
cati inglesi.
Dai pascoli del Galloway e del Forfarshire , dal fondo medesimo degli
highlands, scendono tutti gli anni a migliaia i giovani animali che vanno a
crescere e ad ingrassarsi negli erbaggi del sud. Si vedono arrivare fino nei mer
cati di Londra, ove sono ricercatissimi per la qualità della loro carne , i bovi
westhighlands, col pelo irto, i bovi neri di Angus, i bovi senza corna di Gal
loway che si riconoscono bene dai loro nazionali caratteri. Cosi vengono a ca
rovane per morire nei macelli di Parigi i bovi rossi d'Auvergne, i bianchi del
Charolais, i bruni della Vandea, i rossi del Limosino, tanto facili a distinguersi
in mezzo alle razze variegate della Normandia e della Bretagna. La Scozia in
oltre manda all'Inghilterra una gran parte del suo frumento, e non riserva per
sè che l'avena e l'orzo (1). In questo modo da 100 anni in qua ha venduto per
bilioni di lire.
Ma il più bel dono che l'Inghilterra abbia fatto alla Scozia unendosi ad
essa , il bene che tutti li abbraccia , è la sua costituzione ed il suo spirito
politico.
La Scozia fino al 1750 fu la fortezza del regime feudale, e non cominciò ad
aprire gli occhi che dopo la battaglia di Culloden; ma il sentimento d'un or
dine migliore fece rapidi progressi , e. cinquant'anni dopo nessuna parte della
Gran Bretagna era più attaccata alla casa di Annover, che è la personificazione
della libertà moderna. Questo popolo, per tanto tempo fedele alle sue tradizioni
gerarchiche, si è improvvisamente trovato, al contatto dei costumi e delle leygi
inglesi, uno dei più atti a comprendere ì beneficii dell'indipendenza individuale
e dell'ordine : volontario è andato anche di sìancio più in là che l'Inghilterra
medesima: e si può dire che sotto il riguardo politico la Scozia è l'Inghilterra
perfezionata.
In nessun luogo d'Europa l'apparecchio governativo ed amministrativo è più
semplice; bisogna andare in America per trovare l'uguale. La concentrazione
amministrativa, questo metodo tanto vantato, che s'aggrava sui tre quarti della
Francia a profitto dell'altro quarto, e che soffoca ogni dove l'iniziativa perso
nale e locale, cola è affatto ignoto: i pubblici uffiziali son pochi, e nella maggior
parte esercitano funzioni gratuite: nessuno fra gli abusi perpetuatisi in Inghil
terra dalla forza dell'abitudine vi si è potuto introdurre. Quella Chiesa nazio-
naie, il cui mantenimento assorbe nel resto del Regno Unito più che 200 mi
lioni in decime, colà non esiste ; le tasse di parrocchia e di contea sono state
ridotti: ni puro necessario ; la lassa dei poveri, recentemente introdotta, ha preso
pochissimo svolgimento; e per dir tutto in una parola, la somma delle imposte
d'ogni genere pagate direttamente dal suolo, che in Inghilterra ascende a 25
franchi l'ettaro, in lscozia sorpassa appena di un fianco e mezzo la metà di
quella. Vincome-tax medesima non vi si riscuote che con impeciali precau
zioni. Rende 500 mila lire sterline, mentre che in Inghilterra il suo prodotto
è dieci volte maggiore.
Le utili spese che altrove si fanno sopra l'imposte non sono nondimeno ne
glette. È l'Inghilterra che si addossa le più costose, come il mantenimento delle
forze militari e la costruzione delle strade strategiche. La Scozia è in grande
ciò che in piccolo è l'isola di Jersey. Sbarazzata dalla cura della difesa nazio
nale, che forma insieme il più grande interesse ed il più grave peso dei popoli,
può dedicare tutti i suoi mezzi allo svolgimento della sua prosperità. Quello
spirito d'ordine e di economia, che ciascuno mette nei proprii affari, passa nel
l'amministrazione della fortuna pubblica; si fa più con poco danaro in lscozia
che altrove con molto. Ciò che l'imposta non può eseguire, lo spirito di associa
zione e d'intrapresa privata lo fa meglio, più presto, e a minor costo. La scienza
economica è colà nella sua culla, le sue massime vi trovano naturalmente la
più immediata e più compiuta applicazione. Uno scozzese non pensa mai a cer
care altro appoggio che quello di se medesimo, o di coloro che hanno il suo
medesimo interesse; non perde il suo tempo in agitazioni ed in passi sterili;
niente ha da chiedere e sollecitare; lutto dedito ai suoi affari, li conduce bene,
perchè nulla lo impedisce o lo devia. Non rivalità nate da ambizione; tutti vi
vono ciascuno a suo modo nelle pareti domestiche senza volersi immischiare in
quelle degli altri ; e quando qualcuno ha bisogno di altri, ciò che spesso av
viene, agevolmente s'intendono in un pensiero di reciproca utilità. In questo
piccolo paese di meno che 5 milioni d'anime, la solidarietà degli interessi, que
sto fondamentale principio che la scienza stenta tanto a far comprendere al
trove, è manifesto e sensibile a tutti : la Scozia non forma che una famiglia.
È dunque da meravigliarsi se l'agricoltura abbia cavato profitto da un simile
concorso di favorevoli circostanze? I suoi progressi sono stati straordinarii, so
prattutto dal 1790 al 1815, cioè quando l'insieme di queste cause ha comin
ciato ad agire con una certa intensità. Il mercato inglese si è schiuso quasi in
definitamente in quell'epoca. Il grano e la carne avevano in Inghilterra prezzi
enormi, i quali in un paese nuovo come la Scozia non potevano mancare d'im
primere un energico impulso alla produzione.
Se è vero, come dice Ricardo, che una piccola quantità di capitale appli
cato ad una terra vergine basta per cavarne maggiori fruiti di quello che possa
ottenerne più tardi una quantità crescente, quest'assioma economico si è piena
mente effettuato : si è veduto il reddilo di cerle terre decuplarsi nel breve corso
di alcuni anni. La media agiatezza si era accresciuta nel medesimo tempo a un
tal punto, che, secondo un viaggiatore francese, Simond, che visitò Edimburgo
nel 1810, s'indicavano allora nella vecchia città le case ove poco prima eran
vissute le persone più notabili, ora occupate da operai e dal basso popolo. « Uà
portatore di sedie, dice uno dei corrispondenti di sir Giovanpi Sinclair, ha la
I LOWLAIfDS. 885
sciato la casa di lord Dunmore, come divenuta inabitabile ; quella del marchese
di Douglas è occupata da un fabbricatore di carri ; quella del duca di Argyle da
un calzettaio che paga 12 lire sterline di pigione ».
Dopo il ribasso dei prezzi che tenne dietro alla pace del 1815, questo pro
gresso si rallentò; era impossibile che per lungo tempo si mantenesse alla me
desima altezza ; ma pure non si è arrestato. L'apertura delle strade ferrate ha
prodotto in Iscozia effetti maggiori che in Inghilterra, nel senso che l'unione dei
due paesi è divenuta più intima. L'economia delle spese di trasporto, la celerità
delle comunicazioni, la soppressione degl'intermedii nel commercio delle derrate
agricole, han contribuito a sostenere i prezzi «he altre cause tendevano a depri
mere; e questa circostanza ha renduto infinitamente men dura in Iscozia la crisi
di questi ultimi anni, di quel che fosse in Inghilterra. Poche doglianze son ve
nute di là dalla Tweed; proprietari i e linaiuoli han resistito egualmente, ed in
realtà poco han solferto; l'estremo spirito di risparmio negli uni, la saggia mo
derazione negli altri, la libera energia di tutti, avevano preparato ciò che l'e-
stensione dello smercio ha terminato.
CAPITOLO XXI.
Ciò che ora ho detto è applicabile principalmente alle basse terre o lowlands,
che abbracciano circa una metà della Scozia. I nove decimi del prodotto totale
si ottengono in questa metà, che è molto migliore.
La più cattiva parte della bassa Scozia, e che non ne ha che il nome, è
quella che confina coll'lnghilterra, attraversata dalle ramificazioni delle monta
gne del Northumberland. Essa si compone delle tre contee di Dumfries, Peebles,
Selkirk, e della regione montagnosa di quella del Roxburg, le quali formano
insieme 500,000 ettari.
Le contee di Selkirk e di Peebles son veri higlands, di cui soltanto un de
cimo è coltivabile; è il paese reso sì celebre sotto il nome di Borders, frontiere,
dal genio di Walter Scott; la Tweed lo traversa, e bagna colle sue pure acque il
soggiorno del gran romanziere, Abbotsford.Le scene principali del Canio dett'ul
timo menestrello, del Marmion, del Monastero, avvengono in quegli stretti pas
saggi montuosi ove echeggiò sì spesso il grido di guerra di due popoli vicini e ne
mici. Walter Scott vi raccolse nella sua gioventù, sotto la capanna dei pastori
montanari, le leggende nazionali che ispirarono i suoi primi canti. Questa con
trada, una volta così intorbidata, gode oggidì la più perfetta sicurezza; i suoi
magri pascoli non possono nutrire che moutoni, epperciò non si fa che allevare
questi innocenti animali ; ed altra lotta più non si vede che quella dei cheviots
contro l'antica razza dei block-faced o teste nere, che poco a poco indietreggia
davanti ai suoi rivali, come i banditi ed i cavalieri dei tempi scorsi disparvero
davanti ai coltivatori. La rendita media può essere tra 10 e 12 fr. per ettaro,
884 LAVBRCNE.
ciò che è molto per semplici prati (1). Terribili tempeste regnano in inverno
su quelle alture, ed una volta vi snellivano intieri armenti; ma oggi si hanno
ricoveri sufficienti.
Abbotsford è situato precisamente sul limite di queste montagne, e dei paesi
più fertili e meglio coltivati. La contea di Roxburgh, altrimenti detta di Te-
vioidale, o valle della Teviot, contiene luoghi dove fiorisce la più avanzata col
tura. È di là che ha cominciato ad introdursi : un fittaiuolo del Roxburghshire,
chiamato Dawson, è stato l'Arturo Young della Scozia; e più felice che Arturo
Voiìmì; ha potuto congiungere i buoni successi pratici alle lezioni della teoria.
I suoi esempi si son propagati attorno a lui, ed oggidì il paese è coverto di ec
cellenti colture.
Io mi ricordo d'essermi un giorno fermato in una di quelle fattorie poste sulla
riva sinistra della Tweed precisamente dirimpetto ad Abbotsford. Il suolo è me
diocre, ed una gran parte è soggetto al diritto di pascolo; nondimeno si affitta a
50 fr. l'ettaro. Il fittaiuolo mi mostrò con un certo orgoglio i suoi strumenti ed il
suo bestiame; aveva una macchina da trebbiare messa in moto da un corso d'ac
qua, e si proponeva di comperare nell'anno appresso una macchina a vapore; la
sua provvista di pauadella per l'ingrassamento del bestiame in inverno, era già
fatta, ed ascendeva a 16,000 chilogrammi. Mi condusse a vedere i suoi campi,
che coprivano il pendio della montagna. Io lo seguitai ammirando i suoi orzi
e le sue avene, ma un po' distratto, il confesso, dalla vista di Abbotsford, che
spiegava sotto i nostri occhi tutte le sue torricelle, la cui immagine si rifletteva
sulle acque della Tweed. « Se Scott vivesse ancora, io diceva fra me, questo
brav'uoino senza dubbio diventerebbe uno fra gli eroi dei Racconti del mio oste ».
Chi non si ricorda dell'incantevole pittura della fattoria di Charlies-Hope in
Guy-Munnering, colle buone figure del fittaiuolo Dinmont e della massaia Ay-
lie, e gli allegri incidenti della caccia della volpe e della pesca del salmone?
Charlies-Hope era là presso, nella valle del Lindell, ultima fra le cime azzurro
gnole che si perdevano nell'orizzonte; Dinmont significa nella lìngua locale un
montone antenais.
Alcune miglia più in là verso l'est, quando si scende dalle alture di Lam-
mermoor, altro nome che la poesia e la musica hanno trasfigurato, si presentano
le pianure ondeggianti che circondano Edimborgo sopra un'eguale estensione di
circa 500,000 ettari, e che si chiamano i lothians. Qui la coltura diviene ve
ramente senza rivali. Le rendite di 100, 200, 300 fr. l'ettaro sono molto co
muni ; la media è di 75 fr., con un guadagno a un dipresso eguale per il fit-
taiuolo. È nelle praterie situate presso Edimborgo, e che ricevono i condotti di
questa città, che il massimo della rendita finora ottenutasi nella Gran Bretagna
è stato raggiunto, cioè la somma di 2000 fr. per ettaro (2).
I lothians si distinguono per la coltura dei cereali : producono essi soli
quasi tutto il grano che si raccoglie in Iscozia. Una volta questo suolo era con
sideralo come fino incapace di produrre la segala; non vi si coltivava che l'orzo
(1} Il Coltivatore scozzese trova anche questa media troppo bassa. Egli conosco,
dice, dei semplici pascoli da montoni nei ltorders, che fruttano più del doppio.
(2) Queste praterie, dice in nota il Coltivatore scozzese, si tagliano sei od olio volte.
1 I.OWXANDS. 885
ancora nella più deplorabile condizione: « Eravi appena una strada prati
cabile in quella contrada, dice uno scrittore locale; dapertutto capanne co
verte di strame, fatte di terra, col focolare al centro ed una sola apertura per
il fumo, e tutte circondate di concime; la terra coverta d'ogni specie di mal'
erbe. iN'on si vedevano nè raccolte verdi, nè praterie artificiali, nè carrette.
Non coltivavasi alcun legume, salvo certi cavoli di Scozia, che formavano,
col latte e colla farina di avena, tutto il nutrimento della popolazione. Si esi
gevano da una medesima terra varie raccolte successive di avena sopra avena,
fino a che si potesse ottenerne alquanto più che la semente, e dopo ciò il suolo
rimaneva in uno stato di assoluta sterilità, fino a che non fosse tornato il mo
mento di dare uni miserabile raccolta. La rendita generalmente paguvasi in
generi, sotto il nome di mezzo fruito. Il bestiame moriva di fame in inverno,
e poteva appena alzarsi da sè quando veniva la primavera. Nessun linaiuolo
possedeva il danaro necessario per migliorare questa condizione di cose; i pro-
prietarii non ne avevano neanch'essi i mezzi ». Non parrebbe qui di leggere la
descrizione di alcuna tra le nostre più povere e più remote provincie ove regna
ancora una cattiva mezzeria, ed ove sembra impossibile uscire dalla comune
miseria ?
Oggidì il paese di Ayr figura tra i più floridi della Gran Bretagna. È là che
la distribuzione dell'ingrasso liquido per mezzo di canali sotterranei, questa su
prema innovazione dell'agricoltura inglese, fu per la prima volta tentata in
grande, ed è là che si trova la piccola fattoria di Cunning-Park, la meraviglia
attuale del Regno Imito. Questa trasformazione radicale non ha richiesto che CIO
anni. Vero è che quel distretto è alle porte di Glasgovia: tutto viene da ciò. Gli
Scozzesi, come gl'Inglesi, consumano molto latte sotto tutte le forme. La crescente
domanda dei latticinii ha fatto nascere la bella razza di Ayr, la quale probabil
mente non è che la nostra razza britanna perfezionata, e permette di cavare un
mirabile partito da quelle antiche brughiere mutate in pascoli. Da un secolo in
qua la rendita delle terre vi si è decuplata. Non farà più meraviglia quando si
saprà che il latte si vende a Glasgovia per 30 centesimi il litro, ed il burro per
3 franchi il chilogramma. Il cacio di Dunlop, il solo cacio scozzese che abbia
una riputazione, si fa col latte delle vacche di Ayr.
L'alta vallata della Clyde o Clydesdale, si distingue per un altro genere di
prodotti che deve egualmente la sua origine al moto industriale e mercantile di
Glasgovia; è questo una specie di cavalli da liro estremamente vigorosi ed eccel
lenti per i grossi trasporti, come fan di bisogno per le miniere di carbone, e pei
bisogni del porto più attivo che esista nella Gran Bretagna, dopo quelli di Lon
dra e di Liverpool.
Infine il nord dei lowlands, che si compone delle parti basse delle contee
di Forfar, Kincardine, Aberdeen, Banff, Elgiu, Nairn e Caithness, e che restava
indietro perchè era insieme men favorito dal clima e più lontano dai mercati, è
anch'esso in via progressiva, dopo che le strade ferrate lo han toccato, ed una
di esse unisce senza interruzione Aberdeen a Londra per via di Kdimborgo.
Aberdeen e Dundee, le sue due capitali, contano già circa 60,000 abitanti per
una. Parecchi generi d'industria vi fioriscono, sopratutto la pesca, sia nelle ri
viere per le quali passano i salmoni in primavera, sia nel mare del Nord ove
pullulano le aringhe. Le contee di Forfar e di Kincardine, le più innoltrate in
888 LAVEBGKB.
Totale . 100
Io ho detto che il medio prodotto lordo delle terre in Francia dovrebbe es
sere parimenti di circa 100 franchi, malgrado l'immensa superiorità del nostro
(1) L'imposta negli highlands, cioè dire nell'altra meta della Scozia, è insigniflcaale;
il che raddoppia la parte dei Lowlands nella ripartizione.
I LOWLANnS. 889
suolo e clima; la rendita pure dev'essere all'inchrà eguale, ma il rimanente si
divide in modo affatto diverso. Presso noi le mercedi assorbono la metà invece
che il quarto del prodotto lordo, attesa la sovrabbondanza delle braccia e la
penuria dei capitali ; non rimane come guadagno del coltivatore, e per le spese
accessorie, cioè per la parte più produttiva, che il terzo di ciò che rimane in
Iscozia. Il guadagno, che in Francia è circa un decimo del prodotto lordo, ed un
terzo della rendita, in Iscozia è un quarto del prodotto lordo, e quattro quinti
della rendita. In Inghilterra il medio prodotto lordo è doppio, e la divisione a
un di presso è proporzionalmente eguale, salvochè essendo in Iscozia infinita
mente men gravi le imposte, i fittaiuoli profittano di quasi tutta la differenza.
La più grande superiorità dell'economia agraria scozzese sta nel piccolo nu
mero dei suoi lavoranti. Noi abbiamo veduto che in Francia la popolazione rurale
era Ji 40 individui circa per 100 ettari, ed in Inghilterra era di 30; nella Bassa
Scozia è solamente di 12, per una media produzione per lo meno eguale a quella
della Francia ed a metà di quella dell'Inghilterra ; questa è probabilmente la più
bassa proporzione che esista in Europa, ed andrà sempre più diminuendosi, per
chè la produzione non cessa di accrescersi, mentre la popolazione rurale rimane
a un dipresso stazionaria.
Una volta nella Bassa Scozia, come ogni dove, v'erano molli cottiers ù
crofters, cioè piccoli coltivatori che miserabilmente lavoravano pochi ettari
di terra, come mezzaiuoli, con dei tahsmen o tniddlemen, cioè una specie di
regissori o fittaiuoli generali che amministravano per conto del padrone.
Tutti quei cottiers disparvero ; gli uni divennero operai nelle miniere e nelle
manifatture, altri fittaiuoli, pochissimi semplici manuali agricoli. L'estensione
media dei prodotti si è accresciuta senz'essere ancora molto grande, giacchè non
passa i limiti di 60 od 80 ettari; i fittaiuoli formano la metà delia popolazione
agricola, mentre l'altra metà è costituita dai giornalieri e domestici. Anche in
questa seconda, i domestici pagati ad anno e dimoranti presso il padrone, di cui
dividono i lavori, formano la maggioranza; i giornalieri propriamente detti sono
piuttosto un'eccezione che la regola.
Quest'ordinamento mi sembra superiore a quello dell'Inghilterra, ove gli uo
mini che vivono unicamente di mercede sono ancora numerosissimi, ed è più"
facile ad imitarsi in Francia che il sistema inglese. Noi abbiamo un elemento dr
più che .manca alla Scozia, e che io persisto a considerare come utile entro certr
limiti, la piccola proprietà. Con essa, purchè non sia spinta tropp'oltre, e purché
la coltivazione sia ben condotta, si può pervenire ad una combinazione ancora
migliore.
Per adesso, il sistema scozzese è quello che, secondo me, siavi di meglio,
malgrado il difetto che ho or ora notato. Se esso non ha la parte buona della
piccola proprietà, non ne ha neanco la cattiva. I fittaiuoli scozzesi, più saggi
che ogni altra specie di coltivatori, san bene astenersi dall'intraprendere ciò che
non sieno in grado di ben condurre. Non solo in quel paese non si pretende di
essere proprietario quando si abbia appena il capitale necessario per essere fit
tamolo, ma si ha la cura di non prendere in fitto 50 ettari quando non s'abbia
che il capitale necessario per ben coltivarne 25 soltanto. Si sa fare una vita
piuttosto inferiore che superiore al proprio reddito; e vi son uomini che fareb
bero presso noi i signori, ed in Iscozia non han vergogna di metter la mano
890 LAVEBGHE.
all'aratro. In tutto colà si ama meglio la realità che l'apparenza; lo sciati-
rato pregiudizio d'amor proprio che fa tante vittime in Francia, non regge
colà contro il buon senso nazionale. Ai nostri piccoli e medii proprietaria come
ai grandi, un viaggio io Iscozia sarebbe giovevole sotto questo aspetto come
sotto tant'altri.
D'altronde, la Scozia ha veduto da lungo tempo una rivoluzione che non è
fatta ancora in Francia, e che anche in Inghilterra non è compiuta, la soppres
sione dei terreni comuni. Nulla davvero è possibile in grande, per la buona di
stribuzione del lavoro e dell'agiatezza, finchè una gran parte del suolo rimanga
necessariamente incolta, e non serva che ad alimentare la miseria e l'ozio. Che si
conservino qua e là dei piccoli tratti di terra onde servire al pubblico passeggio,
come vicino Londra, nulla di meglio j ma non bisogna eccedere. I terreni pub
blici formano ancora un ventesimo del nostro territorio. L'Inghilterra ne ha
molto meno: da cinquantanni in qua gli atti di chiusura si sono fortunata
mente moltiplicati ; 1 milione di ettari circa si è ripartito, chiuso, e coltivato ;
ma ogni terreno comunale non può essere ripartito in quel paese che per mezzo
d'un 'apposita legge. In Iscozia all'incontro, basta che gl'interessati lo chiedano.
La legisìazione che lo permette rimonta fino al 1695, ed è uno degli ultimi e
dei migliori atti del Parlamento scozzese. Si è con ragione notalo che, se una
simile legge alla medesima epoca si fosse emanata dal Parlamento inglese,
l'agricoltura inglese avrebbe fatto ben altri progressi.
Dal 1695 in qua, i terreni comunali di Scozia sono stati successivamente
dati in proprietà privata, soprattutto nei lowlands. Tutto ciò che era coltivabile
oggi è coltivato, e la parte incoltivabile è anch'essa oggetto d'una speculazione
intelligente e fruttifera. Quando si rimonta a 2 o 5 secoli indietro, si trovi
dappertutto in Europa un ordinamento agrario a un di presso uguale; egli e
posteriormente, che si è andato più o men lungi dalla primitiva barbarie. Questo
stato di comunanza, che fiorisce ancora oggidì fra i contadini russi, esisteva ogni
dove una volta, ed ogni dove ha indietreggiato più o meno davanti la colti
vazione.
Non in tutti i lowlands la popolazione si è accresciuta come nelle coDlee
di Lanark e di Renfrcw. Se in alcune, come in quelle di Ayr e di Edimburgo, si
è triplicata nel corso di un secolo, in altre anche fra le più ricche, come quelle
di Haddington e di Linlithgow, che fanno parte dei lothìans, si è avanzata
assai lentamente. Nell'insieme si è raddoppiata ; è oggidì alquanto più di una
testa per due ettari, ossia equivale a quella del paese di Galles e dei diparti
menti centrali della Francia, quella cioè dell'alta Vienna, della Creuse, della
Dordogna , e della Corrèze. Questo aumento di popolazione è ben lontano
dall'essere proporzionato al progresso della ricchezza. Nel medesimo corso di
tempo, la popolazione dell'Inghilterra si è triplicata, e quella dell'Irlanda si e
quadruplicata.
Anche su questa delicata quistione della popolazione, gli Scozzesi ne sanno
'stintamente tanto quanto i più grandi Economisti. Tostochè la domanda del
lavoro si accresce abbastanza, vedesi aumentare la popolazione che le possa taf
fronte; ma la dimanda del lavoro non s'innalza egualmente ogni dove, e nei
distretti esclusivamente agricoli tende piuttosto a restringersi. La Scozia vive
cosi al coverto delle inquietudini e dei patimenti che derivano da una popola'
GLI HIGHLANDS. WM
zione esuberante ; non ha mai avuti timori per la sua sussistenza, poichè volon
tariamente esporta molta parte dei suoi prodotti agrarii, e il poco numero e la
sobrietà dei suoi coltivatori le permette di trasformare in capitale una gran parte
dei suoi redditi.
Noi vedremo ora negli highlands un'applicazione ben più rigorosa dello stesso
principio.
CAPITOLO XXII.
Gli highlands.
vano un po' di lana, di latte e di carne. Del resto i montanari viveano di caccia,
di pesca, e sopratutto di rapina. Di tempo in tempo scendevano dalle loro roc-
cie per venire a devastare le terre basse; e quando non si riunivano in gran
numero in queste escursioni, dividevansi in piccole bande, saccheggiavano per
proprio conto.
Sino alla battaglia di Culloden, nel 1746, i capi di clan degli hiyhlands
non avevan pensato che ad accrescere il numero dei proprii soldati, giacchè
la loro importanza non misuravasi dai loro redditi, ma dalla Forza delle bande
armate che potevan mettere in piedi. Quando lo stato agrario e sociale del
medio evo era sparito da lungo tempo altrove, si conservava in quelle contra
de. Dopo l'espulsione definitiva degli Stuardi tutto mutò: le idee ed i bisogni
d'una nuova società si fecero strada fino nelle gole più recondite di quelle mon
tagne, la rivoluzione cominciò nei capi. Già da circa un mezzo secolo, i signori
scozzesi avevano cominciato a sapere di ciò che avveniva nel rimanente del
mondo. Alcuni erano stali alla corte d'Inghilterra, altri a quella di Francia. Gli
uni avevan dovuto arrossire della lor povertà, e trovavano un debole compenso
nel sentimento della loro militare potenza a tutto ciò di cui mancavano in ric
chezza, in civiltà ed in benessere. Il corso naturale delle cose, che continua
mente modifica le umane istituzioni, buone o cattive, doveva rinforzare ogni
giorno di più queste segrete tendenze. Privati della loro indipendenza feudale.
i capi degli hlghlands cercarono di accrescere i loro redditi, onde figurare sotto
un'altra forma; se anche non avessero preso alcune abitudini di lusso che ve li
costringevano, vi sarebbero stati condotti dal solo movimento della nascente
civiltà.
Ora essi non avevano che un mezzo d'arricchirsi, la cottivazione dei loro
poderi, ed incontravano due formidabili ostacoli, la selvatichezza del suolo e del
clima e quella poscia degli abitanti. Non tardarono ad avvedersi che l'ima di
queste difficoltà poteva esser vinta, non essendovi suolo cosi ingrato da non
potere rendere un prodotto netto qualunque; ma quanto agli uomini, erano più
indomabili che la natura. I semplici vassalli non avevano, per accrescere il loro
lavoro, il medesimo stimolo; la capanna paterna loro bastava, e non concepi
vano una vita migliore; perchè avrebbero essi mutato alquanto le loro abitu
dini? per fare nascere dalla terra, a costo dei proprii sudori, frutti che altri
avrebbero raccolti. Valeva meglio la fiera povertà delle loro brughiere e la loro
antica oziosaggine.
Si sarebbe potuto sperare che queste resistenze cedessero, delle quali il
tempo aveva trionfato in tutti i paesi feudali, se non vi si fosse aggiunta
una particolare difficoltà che rendeva affatto impossibile il buon successo
dell'intrapresa. La popolazione, quantunque pochissimo numerosa relativa
mente alla superficie, poichè gli highlands nou contavano che 250 a 500
mila abitanti su quattro milioni di ettari, era anche troppo densa relativamente
alle facoltà produttive del suolo. Qualunque fossero le loro abitudini, i monta
nari erano decimati dalla fame, e loro accadeva sovente di salassare le loro tisi
che vacche per nutrirsi col loro sangue. Quand'anche la popolazione fosse stata
tanto laboriosa quanto non era, non avrebbe potuto riuscire, rimanendo così
numerosa, che a nutrirsi alquanto meglio senza produrre alcun eccesso di vi
veri; e se una coltivazione migliore sembrava possibile sopra alcuni punti, era
GLI HIGHLANDS. 895
(1) Il Coltivatore scozzese, generalmente così benevoto verso l'autore e così disposto
a confermarne le asserzioni, qui insorge coatro questo prospetto del suolo e del clima del
Sutberland, ed io generale dell'alta Scozia. È possibite ch'io abbia aggravato un. poco le
lime, a causa del tempo orribile da me trovato in quei tuoghi nel cuore dell'estate, ma
riinane sempre molta parte di vero per giusuficare la misura della spopolatone ; ed il
mio eccellente contraddittore è lungi dat contestarto. Messo dunque fuori di quistioue
questo punto capitate, io accorderò volentieri, per poco ebe l'amor proprio nazionale to
domandi, che il clima dell'alta Scozia non è precisamente cosi rigido come quello della
Svezia e della Norvegia, atla medesima latitudine; la differenza non può esser grandis
sima, e questa è una concessione che non mi dà gravi impegni.
GLI HIGHLANDS. 895
miglie, costrette di lasciare il paese abitato dai loro padri, furono trasportate
nei nuovi villaggi edificati sulla costa. Quand'esse resistevano, gli agenti della
marchesa demolivano le loro misere abitazioni, ed in alcuni punti, per far più
presto, si mise il fuoco.
Quando in Inghilterra ed in Europa si conobbe ciò che avveniva nel Suther-
land, l'irritazione già destata da simili procedimenti fu spinta al suo colmo. Si
ripeterono, esagerandole , le grida di maledizione surte dalle capanne incen
diate. Queste accuse decisero lord e lady Stafford a far pubblicare nel 1820
dal loro principale agènte Mr. James Lock un'apologia della loro condotta.
Secondo Mr. Lock, l'erede dei conti di Sutherland aveva renduto ai suoi
vassalli un vero servigio, costringendoli ad abbandonare un paese ove non po
tevano trovare che la miseria. Invece delle capanne di terra ove essi marciviino
nelle loro montagne native, aveva lor preparato abitazioni più comode sotto un
cielo più clemente. Invece di quei luoghi da pascolo, immensi senza dubbio
ma incolti, ove i loro rari armenti morivano di fame, aveva loro fornito una
terra meno infeconda, e di più dischiuso l'Oceano. Erano stati non già cac
ciati, ma trasìocati per loro stesso vantaggio. Se alcuni acciecati dai pregiudizii
avevano preferito di emigrare, il maggior numero aveva accettato con gratitu
dine, e quelli che si eran dovuti espellere colla forza non formavano che pic
cole eccezioni.
Infatti, dice sempre Mr. Lock, i risultati di queste utili provvidenze non si
fecero attendere. Già nel 1820 i nuovi villaggi erano influitamente superiori
agli antichi. La marchesa aveva speso considerevoli somme per far aprire strade
in tutti i sensi, gettare dei ponti sui torrenti, ed anche sui bracci di mare, co
struire alberghi e rilievi di posta, rendere più accessibili e più sicuri i piccoli
porti della spiaggia. A quella contrada, così assolutamente chiusa dieci anni
innanzi, si poteva oramai giungere e dalla terra e dal mare , era traversata
dalle diligenze sino alle sue estremita, e numerosi bastimenti venivano a cari
carsi e scaricarsi sulle sue spiaggie altra volta deserte. Per creare il solo porto
di Helmsdale , s'erano impiegate in lavori d'ogni genere più che 16,000 lire
sterline, o 400 mila franchi. Questa cattiva baia ove prima del 1814 non
si avvicinava un sol battello, cinque anni appresso era divenuta la sede d'una
navigazione di parecchie migliaia di tonnellate. In origine, gli agenti della
marchesa erano stati costretti di far venire a caro prezzo di fuori tutti i mate
riali delle loro costruzioni , la calce di Sunderland, il carbone di Newcasttc,
l'ardesia di Aberdeen; si eran dovuti chiamare ingegneri, muratori, minatori,
marinai, artigiani, panattieri, falegnami che mancavano assolutamente in quei
luoghi. All'epoca in cui arrivava Mr. Lock, questi stranieri non erano più che
pochi di numero, la popolazione indigena aveva già imparato abbastanza per
bastare a se stessa. Questi barbari del giorno innanzi in pochi anni erano di
venuti abili operai, buoni marini, ed arditi minerai. Si erano costruite a spese
della marchesa chiese e scuole; e non occorreva ancora che pochissimo tempo
per compire l'opera della rigenerazione.
Al tempo stesso Mr. Lock non istentava a provare che l'operazione era stata
fecondissima dall'aspetto della produzione agraria propriamente detta. Le terre
spopolate si erano divise in 29 grandi fattorie d'una media estensione di 10
mila ettari, dedicate unicamente ad allevare montoni. Arieti e pecore della razza
896 LAVEHGNE.
vono sopra una superficie che altra volta non ne nutriva un quarto. Mirabile
altitudine della specie ovina a prestarsi a tutti i suoli ed a tutti i climi! Il me
desimo animale che fa la precipua ricchezza dell'Arabia nei deserti sabbiosi del
Sahara, ha permesso di rendere profittevoli le roccie e le torbiere che confinano
col polo ! « Fa stupore, dice un viaggiatore francese, Mr. De Gourcy, percorrendo
quelle triste solitudini, il trovarle popolate di superbi montoni che rendono ogni
anno 6 libbre ciascuno d'una lana assai bella, e che all'età di 3 anni e mezzo,
senz'altro pascolo all'infuori di quello che trovano in inverno come in estate,
pesano vivi 200 libbre inglesi per uno ». Le alture servono di pascolo in estate,
le valli, o glens in inverno. Anche nelle lunghe notti gli armenti rimangono
esposti a tutte le intemperie, senz'altro ricovero che alcuni rari alberi di betulla,
solamente in ottobre si coprono qualche volta d'un miscuglio di burro e di catra
me per difenderli contro l'estrema umidità.
Riguardo agli abitanti non ve n'ha più. Se alcuni discendenti degli antichi
montanari si vedono qua e là, assisi sopra una rocca , vestili del loro plaid
tradizionale, e sonando colla cornamusa l'aria malinconica di qualche ballata,
non sono più soldati, sono pastori; non vivono più di guerra e saccheggio, ma
di stipendio che ricevono dal linaiuolo vicino. Appena forse sanno ancora qual-
cune delle storie guerresche della loro tribù, ma in contraccambio vi diranno se
l'allevamento degli agnelli è stato felice nell'anno corrente, e se le lane si ven
dano a buon prezzo. Ecco tutto ciò che rimane d'una razza estinta. Uno di quei
pastori è sufficiente per 500 animali ; se ne contano in tutto 4 o 500 disseminati
su 300 mila ettari di superficie.
La storia del Sutherland è poco più poco meno quella di tutti gli highlands.
Dovunque l'antica popolazione ha potuto trastocarsi, i montoni sono succeduti.
Quando il suolo diviene alquanto migliore, la spopolazione è meno generale, si
coltiva un po' di avena e di ravizzoni attorno alle fattorie, e si aggiungono ai
montoni le vacche. Questo bestiame, ben noto sotto il nome di west, highlands,
alte terre dell'ovest, altro non è che l'antica razza del paese, la quale, mercè
ogni maniera di cure, ha guadagnato un'estrema ampiezza di carni, ed una rara
attitudine all'ingrassamento. I ladri di bovi di Waverley appena riconoscereb
bero, se oggidì rinascessero , in mezzo a queste masse animate, i discendenti
delle piccole bestie che essi cacciavano avanti a loro tornando dalle loro escur
sioni, e nascondevano a centinaia nelle loro caverne. Una sola di esse pesa oggi
quanto cinque o sei pesavano allora.
Fu Archibaldo duca di Argyle che verso la metà del secolo scorso cominciò
a migliorare quei bovi che oggi sembrano arrivati al loro apogeo. Velluti come
orsi, d'un color bruno più o men carico, essi hanno ancora a prima giunta un
aspetto selvaggio perfettamente analogo ai luoghi in cui vivono; ma il loro passo
pesante ed il loro occhio pacifico mostrano ben tosto che han perduto la loro
antica selvatichezza, e che nulla hanno in comune coi loro violenti fratelli di
Andalusia allevati per la lotta. Nulla si è mutato nelle condizioni generali del
loro regime. Essi non vanno, più che i montoni, in alcuna stalla; passano al
l'aria aperta le notti ed i giorni, l'inverno e l'estate, e non ricevono altro alimento
fuorchè quello che raccolgono su quelle montagne dove nulla mai la mano del
l'uomo ha seminato.
Econom. 2a serie Toh. I. — 57.
898 LAVKBGNE.
La nazione britannica ha modi ruvidi, fa duramente ogni cesa , e spesso
pare aver torto nella forma, quando ha ragione nella sostanza. Gli eredi dei
grandi feudi scozzesi sono andati evidentemente troppo oltre nell'uso della forza
per ridurre i loro vassalli; e sarebbe stato meglio aspettare dal tempo, che vola,
una trasformazione spontanea. Quand'anche la forza fosse stata necessaria, non
toccava a loro di usarne verso uomini che erano loro devoti fino al fanatismo.
All'infuori di ciò, l'operazione del trasìocamene fu buona , utile, ben Intesa,
sotto l'aspetto agrario come sotto il politico. Cinquantanni d'esperienza l'hanno
ad esuberanza provato. Se qualche cosa havvi da lamentare , per confessiooe
medesima di tutti gli Scozzesi, è solamente che l'operazione non sia stata ogni
dove cosi compiuta come fu nel Sutherland. Quei montanari, che son rimasti
in troppo gran numero in alcuni punti, giustificano colla loro miseria l'espul
sione dei loro antenati ; e la forza delle cose li farà senza dubbio poco a poco
sparire.
Condannando assolutamente ciò che era avvenuto nell'Alta Scozia , Si-
smondi ha commesso parecchi equivoci : ha parlato del Sutherland come di
un paese ordinario posto in medie condizioni di fertilità e di civiltà ; ciò ch'egli
riguardava come un abuso della proprietà, gli ha nascosto l'insufficienza della pro
duzione ed il pericolo della barbarie. Quando un suolo ed un clima son troppo
sterili por mantenere convenientemente una popolazione umana, non è egli a
desiderarsi che essa se ne allontani ? Poco importa che la terra appartenga a
proprietarii, i quali riscuotano sotto forma di rendita una porzione dei frutti, o
che lutti i frutti sieno divisi tra coloro che la coltivano; la proporzione può mu
tarsi, ma la difficoltà fondamentale rimane intatta. Quando gli highlanders fos
sero stati riconosciuti proprietarii del suolo natale, il trasìocamento della mag
gior parte fra loro sarebbe stato sempre indispensabile.
Proposta e risoluta questa prima questioue, vien la seconda, quella della
rendita (1). In tali paesi è egli utile, è egli legittimo che la terra produca una
rendita ? Io non esito a rispondere affermativamente. I più cattivi terreni non
fanno eccezione alla regola generale ; ogni terra deve produrre un'esuberanza
sulle spese di produzione , perchè riesca veramente utile alla società. Questa
esuberanza forma il nutrimento di coloro che non lavorano la terra , cioè di
coloro che si danno all'industria , al commercio , alle scienze, alle arti. Ogni
paese che nella sua coltura non presenti un prodotto netto, è condannato alla
barbarie. Quantunque mossi da un interesse tutto personale, i capi scozzesi sono
stati gli strumenti di quella gran legge sociale che converte la separazione della
rendita in principio della stessa civiltà ; senza rendita, non v'ha divisione di la
voro ; e senza divisione di lavoro non v'ha ricchezza, non benessere, non pro
gresso intellettuale. Egli è d'altronde rarissimo che , aumentando ii prodotto
(1) Io intendo per rendita ciò che generalmente s'intende in Francia, il reddiio netto
del proprietario. Qualche volta, soprattutto nelle scritture degli economisti inglesi, si
dà a questo vocaboto un altro senso, tutto metafisico, immaginato da Ricardo, e poi
divenuto sorgente d'interminabili discussioni. Io ho sempre evitato di darglieto nel
corso di questo Saggio. Vedasi l'esame della teoria di Rieardo nel mio Corso ^Eco
nomia rurale.
GLI H16BL&HDS. 899
netto, non si accresca pure il lordo. L'alta Scozia produce infinitamente più
oggigiorno di quel che produceva un secolo addietro, non solamente riguardo
alla rendita, ciò che è evidente, ma riguardo a tutto.
Si son citate le seguenti parole d'un vecchio montanaro, che riassu
mono in una forma assai toccante le doglianze delia sua razza: • Nella mia
gioventù, egli diceva, un gentiluomo degli kighlands misurava la sua im
portanza sulla quantità d'uomini che i suoi poderi eran capaci di alimen
tare. Qualche tempo dopo la questione fu di sapere quanti grossi animali
potessero nutrire $ oggi si è arrivato a fondare il calcolo sul numero dei
montoni. I nostri discendenti, suppongo, domanderanno quanti sorci un po
dere possa produrre ». Questo traito è spiriloso senza dubbio, ma non è giu
sto. Basta una sola parola per rispondere : la popolazione degli hiyhlands
che nel 1750 ascendeva a 300 mila abitanti tutt'al pln, oggi è 600 mila;
ed i profitti come le mercedi di questa popolazione si sono accresciuti molto
più che le rendite, anche nelle spopolate montagne. Quelle montagne in fin
dei conti non fruttano ai proprietarii che 2 o 5 franchi per ettaro ; I flttaiuoli ne
traggono un reddito a un dipresso eguale; ed i semplici pastori fino a mille fran
chi per anno che sono sicuramente il decuplo di ciò che guadagnavano i loro
padri. . • «
Lo stesso è da dire intorno alla popolazione trasìocata. Nell'interno essa mo
riva di fame per difetto di lavoro rimuneratore; sulla costa essa prospera ove il
lavoro produttivo non manca. Tutto quel popolo , così tremendo una volta ai
suoi vicini, ba mutato i suoi costumi da bandito in costumi di gente laboriosa e
regolata. Non v'è stato dunque, come dice Sismondi, economia di lavoro e feli
cità, ma accrescimento notabile dell'uno e dell'altro.
Un'analoga rivoluzione aveva avuto luogo in Inghilterra, come tutti i docu
menti storici ne fan fede, nel tempo di Enrico VII, cioè nel momento in cui la
fine della guerra civile delle due Rose rendette a quel regno un poco d'ordine e
di sicurezza. L'ordinamento feudale , buono per la guerra, fu anche allora inr
compatibile colla pace. Tostochè i signori inglesi vollero avere meno uomini
armati e maggiori redditi, fecero precisamente, alla fine del secolo XV, ciò che i
signori scozzesi han fatto due Secoli dopo. Diminuirono quanto poterono il nu
mero dei loro vassalli, e vi sostituirono montoni ; in tutto il corso del secolo
seguente questa sistematica spopolazione fece progressi, e dopo espulsi gli ordini
monastici, diede origine a quella moltitudine di vagabondi che infestavano le
campagne, e provocarono l'introduzione di quella famosa tassa dei poveri. Verso
la fine del regno d'Elisabetta soltanto le idee cominciarono a mutarsi , perchè,
accrescendosi la popolazione industriale e mercantile, divenne indispensabile il
coltivare una maggiore quantità di cereali onde nutrirla ; e 1 signori inglesi
non avevano la medesima giustificazione che ebbero più tardi quelli dell'alta
Scozia, essendo Infinitamente più suscettibile di coltura il paese che eglino spo
polavano.
Il medesimo Walter-Scott, il poeta dei clans, ha altamente riconosciuto,
quando da romanziere si è fatto storico , la necessità della loro disparizione.
« Quando noi gettiamo gli occhi , dice nella sua Storia di Scozia, sopra una
prospettiva di montagne, in una bella sera d'estate, le roccie, le foreste, i pre
cipizi, in lontananza prendono le forme e i colori più seducenti, ed occorre uno
l»()0 LAVERG.NE.
andare troppo oltre nell'interesse medesimo della coltura , e non si deve te-
mere di distruggere la principale attrattiva che tira i ricchi fuori delle città?
Le peschiere degli highlands non sono men rinomate che le caecie, lo un
paese in cui l'acqua scorre da ogni parte, il pesce deve abbondare; il salmone
soprattutto ha fatto nascere un enorme commercio. Nei primi tempi dopo la pa
cificazione della Scozia chiunque possedesse una cascata sopra una riviera fece
immediatamente fortuna. Simond pària d'una peschiera sul Tay, che prima del
1800 affittavasi per 5 ghinee all'anno, e nel 1810 rendeva 2 mila lire sterline
ossia 50 mila franchi. « Non è già, egli dice, che vi fosse maggior quantità di
pesce, ma è cresciuta l'industria del prenderlo, e son cresciuti i consumatori ».
Si è tanto fatto, che il salmone e la trotta non si trovano piò nella stessa copia
di prima; ma un'arte nuova, la pescicoltura, da alcuni anni in qua è venuta a
rianimare le speranze. L'attuale duca di Athol è uno di quelli che ricercano
con maggior cura i mezzi di ripopolare i laghi ed i fiumi; numerose esperienze
mostrano di riuscirvi. Tutto annunzia che questa naturale ricchezza dell'alta
Scozia sarà conservata e forse ingrossata dall'industria umana. Tale è il vero
ufficio dell'uomo in un paese consimile, tale è, col pascolo e colla foresta , il
solo genere di coltura possibile e profittevole.
La profonda sicurezza di cui oggi si gode negli highlanrìs, la calma infinita
di una terra senza abitanti, quei laghi, quelle roccie , quelle cascate, quelle
brughiere, quelle memorie romanzesche e poetiche, tutto quell'insieme singolare
conferisce all'abitazione in quelle montagne una potente attrattiva malgrado la
tristezza del clima. Alle capanne rovesciate dei clans succedettero comode ca
sette. Non solamente gli antichi capi han fatto costruire castelli sulle rovine
delle capanne, ma si son veduti ricchi inglesi a comprare intieri territorii per
trasportarvi la loro dimora. Non v'ha quasi su tutta la superficie degli highlandi
un sito alquanto notabile in cui non sorga un castello moderno. La terra vi
ha un prezzo medio di circa 100 franchi per ettaro, ciò che permette di avere
a buon patto vaste superficie; gli abitanti sono distanti piò leghe gli uni dagli
altri, e i poderi che ne dipendono, popolati unicamente da greggi e da grmset;
ma se l'esterno della casa è incolto e deserto, l'interno presenta tutti i godimenti
del lusso; contrasto eternamente piccante.
Eccellenti strade, battelli a vapore sui laghi e sui golfi facilitano l'accesso
dei punti più solitarii. L'aspetto generale del paese è quello d'un gran parco di
parecchi milioni di ettari, ove il più grande dei giardinieri paesaggisti abbia
moltiplicato all'infinito gli effetti più sublimi. Migliaia di viaggiatori vi si spar
gono nella bella stagione, se nondimeno cosi può chiamarsi l'estate di quelle
contrade, e formano una nuova sorgente di profitti che il talento speculatore
degli Scozzesi ha ben la cura di non trascurare.
La più bella di queste signorili abitazioni è il castello di Taymouth, appar-
tenente a lord Breadalbane, e posto al punto ove la riviera del Tay sbocca da
lago di questo nome, nella contea di Perth. Lord Breadalbane discende dai capi
dei clan dei Campbell, uno dei più potenti nelt'Alta Scozia. I suoi poderi si
estendono a 100 miglia inglesi, o 40 leghe per lungo, e vanno quasi da un
mare all'altro: vi si fece il vuoto coi medesimi mezzi che altrove, ed il «
propriamente detto più non esiste; ma io luogo dell'antico Maniere, sorge ades»
un vero palazzo, la cui magnificenza ha sorpreso la regina medesima qua»"9
L'IRLANDA.
andata a visitarlo. Il parco, traversato dalle acque spumanti del Tay nascente,
piantato ad alberi magnifici, tutto popolato di lepri, pernici, fagiani, smaltato di
fiori in massa, congiunge alte naturali bellezze di quelle agresti gole le grazie
che solo si possano ottenere dall'arte più squisita, e che sembrerebbero incom
patibili. Per dominare cosi e suolo e clima bisogna molto danaro; i pascoli
l'han fornito, dopochè non furono abitati che dagli armenti.
Io giunsi a Taymouth in una bella sera di estate costeggiando la riva sini
stra del lago Tay che non è men lunga di sei leghe. Alcune fattorie si vedono
di tanto in tanto sul margine di questo piccolo mare, coi loro campi di ravizzoni
e di avena; ma sulla montagna propriamente detta non si vedeva alcuna traccia
di uomini o di abitazioni. Montoni dalla testa aera pascevano senza custodia sui
pendii, e vedendoci passare ci mostravano la loro piccola faccia di negro inso
spettito; le vacche westhiyhlands, il cui profilo si disegnava sulle roccie col
pite dagli ultimi raggi, muggivano al nostro avvicinarsi; e nel momento di arri
vare al ponte di Kenmore, noi vedemmo, sotto i grandi larici piantati dal padre
del lord attuale, alcuni daini che scendevano protetti dall'ombre nascenti per
andare a dissetarsi nel lago. Questi quadri pacifici vagliono bene le scene san»
guinose che avvennero in quei medesimi luoghi e che son cosi ben raccontate
da Walter Scott, nella Belta fanciutta di Perth.
Le Shettand, le Ebridi, e le altre isole, che si aggruppano attorno agli
hiyhlands, non sono state ancora visitate egualmente dalla civiltà ; ma i pac
chetti a vapore mantengono oggi regolari comunicaiiooi con esse, ed in pochi
anni l'uso dei medesimi metodi vi avrà prodotto le medesime conseguenze. Uno
speculatore inglese, Mr. Matheson, ha comprato la maggiore delle Ebridi, tutta
l'isola di Lewis, che ha circa 150,000 ettari di superficie, e vi ha intrapreso
una serie di miglioramenti, il cui punto di partenza è l'emigrazione più o men
volontaria d'una gran parte degli abitanti.
CAPITOLO XXIII.
L'Irlanda.
terra grassa sopra uno strato calcare, ciò che può concepirsi di meglio. • È questo
il più ricco suolo che io abbia mai veduto, dice Arturo Young parlando delle
contee di Limerick e di Tipperary, e il più acconcio a tutto ». Il clima, più
umido ancora e più dolce che quello d'Inghilterra, vi rende affatto ignoti gli
estremi del caldo e del freddo, per lo meno nei tre quarti dell'isola ; la vegeta
zione erbacea vi riesce mirabilmente, e non è senza ragione che il trifoglio sia
divenuto l'emblema araldico dell' Isola Verde, come la chiamano. La costa sud-
ovest gode di una primavera perpetua, dovuta alle correnti dell'Oceano che
vengono dai tropici; vi si vedono mirti in piena terra, l'albero più comune è
il corbezzolo, che si chiama anche albero delte fragole.
Nessun paese fu più generosamente dotato dal cielo per la navigazione io-
terna ed esterna. All'interno, immensi laghi, come il lago Neagh, d'una super
ficie di circa 40,000 ettari; il Iago Gorrib, che ne copre 16 mila; ed altri in
gran numero, disseminati con un'abbondanza che in nessun altro luogo si tro
va, offrono facilità uniche al mondo per i trasporti. Il più bel fiume delle isole
britanniche, il Shannon, metà fiume e metà Iago, traversa quasi tutta l'Irlanda
da oriente ad occidente, per una lunghezza di 80 leghe, con questa fortunata
singolarità, che, salvo alcune interruzioni facili a correggersi, è navigabile dalla
sua imboccatura sino alla sua sorgente. Altre riviere egualmente navigabili, clie
scorrono in tutti i sensi dai diversi laghi, formano le ramificazioni d'un vasto
sistema, che si potrebbe agevolmente compire per mezzo di brevi canali- All'e
stremo il mare penetra da ogni parte nelle coste, e vi forma baie e porti moltis
simi, un solo dei quali, quello di Cork, darebbe asilo a tutte le flotte d'Europa.
La configurazione del suolo non si presta meno alle comunicazioni terrestri ;
strade ordinarie e ferrovie vi si costruiscono con lavoro e spesa minore di quel
che occorra nella Gran Bretagna.
Malgrado questi doni naturali, la miseria del popolo irlandese è divenuta da
lungo tempo proverbiale. Quattro grandi città, Dublino, Cork, Belfast, e Lime
rick, la prima di 250 mila abitanti, la seconda di 100, la terza di 80, la quarta
di 60, collocate come in centro delle quattro faccio dell'isola, ne formano le
metropoli. Dublino principalmente passa a buon dritto per una delle più belle
città d'Europa, e la sua magnificenza sorprende lo straniero ; ma il rimanente
del paese contiene poche città, e le campagne hanno un'aria trista di povertà
che si estende fino ai sobborghi delle capitali. Quei porti, quei laghi, quei fiu
mi, che dovrebbero portare la vita in ogni parte, son quasi abbandonati dal com
mercio. Le produzioni agrarie, almeno prima del 1847, arrivavano appena alla
metà del prodotto lordo inglese, a superficie eguale; e la condizione della popo
lazione rurale era anche peggiore di ciò che sembrerebbe indicato dalla dilfe-
renza di prodotto. Fermiamoci prima a quell'epoca, che qui importa ben più di
quel che sia nel resto del Regno Unito; cerchiamo qual era allora lo stato del
l'agricoltura e della popolazione rurale, e quali potevano esserne le cagioni; i"
racconterò poscia ciò che in seguito avvenne.
Tra le quattro grandi provincie, che una volta formavano altrettanti regni,
la più ricca, dall'aspetto agrario, era il Leinster, ove si trova Dublino, P°> ve]
niva la metà circa dell'Ulster, ov'è Belfast, poi il Munster ove sono i due porli di
Cork e di Limerick; infine il Connaught con una parte dell'Ulster, uno dei p|U
poveri e più selvaggi paesi dei mondo. Fra la contea di Meath, in Leinster, ., °ve
L'IRLANDA. 905
la rendita media elevavasi a 100 franchi l'eitaro, come nelle contee inglesi, e
quella di Mayo in Connaught, ove la rendita scendeva a 10 fr., il rapporto era
di 10 ad 1. In Ulster le contee di Armagli, di Down e di Antrim che si rag
gruppano intorno a Belfast in Munster, quelle di Limmerik e di Tipperary, le
più fertili dell'Irlanda, rivaleggiano in prodotto con il Leinster; ma anche nei
cantoni più produttivi la povertà del coltivatore reagiva sulla terra. Il difetto di
capitale colpiva lo sguardo quasi egualmente per tutto ; la naturale fecondità
del terreno lo sostituiva nei punti privilegiati; su quelli che mancavano di que
sto vantaggio, la miseria diveniva spaventevole.
Fra le due specie di capitali materiali che concorrono alla produzione agraria,
il primo, il capitale fondiario che si compone dei lavori d'ogni genere, accumulati
col tempo sul suolo e con esso incorporati, ediflcii, disseccamenti, ammenda
menti, ecc., mancava quasi del tutio. 1 parchi dei ricchi proprietarii erano man
tenuti colle medesime cure che in Inghilterra: ma mentre in Inghilterra è soventi
impossibile distinguere il punto in cui il parco finisca e cominci la fattoria, un
doloroso contrasto vedevasi in Irlanda tostochè si passava il limite del fondo
privilegiato. Non più canali di scolo, non più alberi, non più siepi, non più chiu
sure accurate, non più strade nette e ben tracciate; ma terra nuda abbandonata,
non lavorata dall'uomo se non per quel poco che fosse strettamente indispen
sabile; non più quelle belle case rurali che in Inghilterra si coprono di eterna
tila e caprifoglio, colle loro dipendenze sempre comode e spesso eleganti, ed
invece qui capanne di terra che il fittaiuolo innalzava a sue spese ed il padrone
mai non riparava.
Il secondo capitale, il capitale di coltivazione che si compone di bestiame,
strumenti aratorii, semenze , raccolte in magazzino , mancava alquanto meno,
perchè è anche meno possibile il dispensarsene. La quantità del grosso bestiame
era quasi sufficiente per le immense facilità che venivano dalla generale e spon
tanea crescenza dell'erba, ma se ne aveva molto meno di quanto si sarebbe po
tuto e dovuto , ed era d'una qualità generalmente inferiore. I maiali, allevati
quasi tutti nella casa dei coltivatori, davano buoni prodetti ; ma la deficienza di
montoni era enorme , giacchè l'Irlanda ne possedeva proporzionatamente otto
volte meno che l'Inghilterra, e non aveva imparato a migliorare le razze. Quanto
a macchine mancavano le più semplici: v'erano appena aratri , quasi nessuna
carretta, delle zappe e dei panieri per tutti arnesi di lavoro, e ciò a fianco del
paese più ricco al mondo in forze meccaniche applicate alla coltura. Nessuna
specie di anticipazioni presso i fittaiuoli, neanche viveri sufficienti per la loro
sussistenza, giacchè la maggior parte eran costretti di torre ad imprestilo sotto
condizioni onerose nell'intervallo tra una raccolta e l'altra il grano necessario
per la loro semente, ed un po' di farina per il loro pane.
Il capitale intellettuale e l'abilità agricola non avevano fatto maggiori pro
gressi. La rotazione quadriennale era a un dipresso ignota, eccetto alcune (attorie
eccezionali dirette da inglesi o scozzesi. Pochi ravizzoni, poche favelte e pra
terie artificiali ; le medesime praterie naturali , questo tesoro inestimabile del
suolo e del clima, abbandonate alle acque stagnanti ed alle mal'erbe. Per difetto
di mezzi sufficienti a mantenere la fertilità della terra, il grano e l'orzo non
avevano preso che poca estensione; tutto era sacrificato a due colture destinate
principalmente alla sussistenza degli uomini, l'avena e le patate; entrambe an
006 nvKRr.NK.
cora erano assai male intese in quanto che si domandavano senz'interrozldne a)
medesimo terreno finchè potesse fornirne.
Quando si tenta di misurare ciò che manchi ad un paese posto io tali con
dizioni, l'immaginazione si spaventa. Per solo dare all'Irlanda il capitale eh* le
mancava in montoni, comparativamente a quello dell'Inghilterra, sarebbero ab
bisognati 500 milioni ; ne occorrevano almeno mille per le altre specie di be
stiame, due a tremila per la fognatura, altrettanto per la costruzione di conve
nienti abitazioni, per le chiusure e le strade rurali, per la compra degli stru
menti più necessarii; 8,000 milioni di franchi che sarebbero stati appena mille
franchi per ettaro; l'Inghilterra ha assorbito certamente molto di più.
I partigiani esclusivi della grande proprietà avevano bene di che trovarsi
imbarazzati quando trattovast dell Irlanda. La grande proprietà vi regnava da
sovrana ben più che in Inghilterra, e più ancora che nella Scozia. Non si tro
vavano proprietarii medii e piccoli che nei dintorni delle grandi città, ove un
po' di commercio e d'industria aveva sviluppato una classe borghese; il rima
nente dell'isola si divideva in Immense terre da mille a centomila acri (1), e
quanto più erana estesi questi poderi, tanto più rimanevano negletti. 1 più vasti
restavano incolti, come il famoso distretto di Connemara nel Connaught, no
tissimo sutto il nome di Martin's Estate. Le sostituzioni molto più usitate che
in Inghilterra rendevano impermutabili la maggior parte di questi poderi. La
legsre primitiva del paese era il gavetkind, ossia ripartizione eguale tra i maschi;
ma gl'Inglesi vi avevano importato il diritto di primogenitura.
Dall'altro lato, quelli che considerano la piccola coltura come una pa
nacea universale, non dovevano trovarsi meno imbarazzati. Se l'Irlanda era il
paese della grandissima proprietà, era pure per eccellenza il paese della picco
lissima coltura. Non si contavano meno di 300 mila fattorie inferiori a 2 ettari;
250 mila si aggiravano tra due e sei ettari ; 80 mila tra 6 e 12 ; 50 mila sol-
tanto al di là di 12. La legge di successione favoriva questo sminuzzamento,
ordinando la divisione dei fitti tra i figli di un fittaiuolo defunto, ciò che non era,
come in Inghilterra, una lettera morta.
L'unione della grande proprietà colla piccola coltura, che io alcuni punti
dell'Inghilterra e della Scozia ha dato buonissimi effetti, dava detestabili effetti
iti Irlanda. Proprietarii e coltivatori sembravano intesi per rovinarsi a vicenda,
facendo a gara per rovinare lo strumento della loro ricchezza comune, il terreno.
Invece di quelle feconde abitudini di residenza locale che distinguono i proprie
tarii inglesi, gl'Irlandesi, sempre assenti dalle loro terre, ne traevano scrupolo
samente tutto il reddito possibile onde mangiarselo altrove. Affittavano finchè
era possibile i loro poderi a lunga scadenza, ed a speculatori residenti spesso
in Inghilterra, e rappresentati da subafflttuarii chiamati middhmen. Imprevi
denti e dissipatori, come tutti coloro che guadagnano danaro senza sapere come
si guadagni, non avendo per altro , in difetto di anticipazioni fatte opportu
namente, che rendite incerte e precarie, spiegavano quasi tutti un lusso superiore
ai loro mezzi ; ed i loro debiti si erano tanto ingrossati da assorbire la maggior
parte della loro apparente ricchezza.
' (i) Ossia 32 a 33 franchi per ettaro. In Francia, la media dei medesimi prodotti
(bovi, montoni, cavalli, e porci) è di 26 franchi, ed in Inghilterra è di più che I0O fr.
908 LAVERGHB.
Così i prodotti animali erano, come in Francia, una metà dei vegetali, ciò
che è segno d'una coltura spossatrice, laddove in Inghilterra ed in Iscozia i pri
mi son superiori ai secondi, e la bilancia trabocca ogni giorno più dal loro lato,
ciò che è segno d'una coltivazione miglioratrice. Questo prodotto di 100 fr. per
ettaro doveva ripartirsi così:
Non era neanche possibile imputare la miseria dei coltivatori alla debole
parte che nella ripartizione prendevano le mercedi. Non solamente essa innal-
zavasi in principio fino alla metà del prodotto lordo, mentre in Inghilterra ed
in Iscozia non ne forma che un quarto, ma spesso ascendeva più atto, non pa
gandosi alcuna rendita. In nessun luogo forse la parte della mercede era più
atta. All'inverso della rendita essa avrebbe dovuto piuttosto discendere che
montare.
In line non si poteva neanco accusare la porzione rappresentante il profitto,
giacchè essa non giungeva che ad un dodicesimo del prodotto lordo, mentre in
Iscozia arriva ad un quarto, ed in buona economia rurale sarebbe stata ben lon
tana dall'essere sufficiente.
Il vero vizio della rendita era nel modo in cui dispensavasi; invece di ser
vire sui luoghi medesimi alla formazione del capitale, andava a perdersi in In
ghilterra o sul continente europeo senza utilità per l'Irlanda (1). Questa fuga
costante della rendita si manifestava per mezzo di una corrente continua di espor
tazione delle derrate agricole; la metà circa del frumento raccolto, un quarto del
l'avena, la miglior parte dei prodotti rurali, in tutto circa un terzo del prodotto
rurale passava ogni anno dall'Irlanda in Inghilterra, e serviva a pagare o la ren
dita, o l'interesse del debito ipotecario, che era tutt'uno con essa, e che in gene
rale apparteneva a capitalisti inglesi. L'esportazione arricchisce un paese,
quand'isso riceve qualche cosa in cambio, come avviene in Iscozia, ma quando
si esporla sempre senza nulla ricevere, come in Irlanda, l'esportazione è una
rovina. Quell'isola produceva ciò che era strettamente necessario per la sussi
stenza dei suoi abitanti, e quindi la parte che andava fuori lasciava un vuoto
che nulla sopravveniva a colmare.
Una porzione dell'imposta andava per la medesima via. Certamente l'impo
sta diretta non era in se stessa più gravosa che la rendita, non ascendendo che
a 5 fr. per ettaro, mentre in Inghilterra è di 25 fr.; ma in Inghilterra si spende
senza trasìocarsi, mentre in Irlanda, la maggior parte, servendo a pagare il
clero anglicano che non risedeva localmente più che i proprietarii, costituiva,
come la rendita, una vera perdita annua. Il residuo adempiva assai debolmente
l'ufficio che spetta all'imposta in ogni paese ben ordinato, di accrescere il capi
tale nazionale sotto forma di strade, di ponti, canali, porti, edificii comuni, ed
istituzioni atte a mantenere l'ordine pubblico.
Il profitto dei middlemen non presentava precisamente i medesimi inconve
nienti, perchè ne restava molta parte in Irlanda, ma non riusciva menomamente
più utile alla coltura.
Ecco tante potenti cagioni d'impoverimento, le quali nondimeno non sareb
bero sufficienti per ispiegare lo stato di miseria in cui la maggior parte dell'isola
era caduta, se non vi si fosse aggiunta l'insensata moltiplicazione della popola
vano profondamente queste piaghe; il male toccava i suoi ultimi limiti nella
peggior parte dell'isola, cioè nell'ovest.
La popolazione del Connaught arrivava quasi ad essere una testa umana per
ogni ettaro, cioè l'equivalente dei nostri ricchi dipartimenti normandi; e l'indole
del suolo non offriva che mezzi insufficienti per nutrire una popolazione siffatta, .
essendo incolta la metà delle terre, ossia 800,000 ettari sopra 1,600,000. Nelle
contee vicine del Donegal e del Kerry era anche peggio : le terre coltivate non
costituivano che uo terzo della superficie, il rimanente era montagne, laghi, o
paludi. Suppongasi la popolazione della Manica, della Somma, o del Calvados,
trasportata nelte atte o basse Alpi; e si domandi quale ne sarebbe la conse
guenza ! Quelle contee non avevano nè industrie attive nè città popolose; la po
polazione dunque viveva tutta di agricoltura, se questo nome può darsi all'esau
rimento cieco e famelico delle facoltà produttive del suolo. Y'è dunque a stu
pirsi che anche una debole rendita di 15 fr. per ettaro sia divenuta impossibile
a riscuotersi, e che la fame con tutti i suoi orrori vi si fosse stabilita, per così
dire, in permanenza?
Fra gli espedienti immaginati onde trarre dalla terra il più gran partito pos
sibile senza capitale, due ve n'erano che presentavano apparentemente al land-
lord grandissimi vantaggi, e che definitivamente non erano men disastrosi per
lui di quanto fossero per il coltivatore. Parlo della coltivazione in comune e del
conacre.
Ecco ciò che era la coltivazione in comune, che chiamavasi pure rundale o
runrig, parola che sembra di origine scandinava. Affittavasi un'estensione più
o men grande di terra, per esempio, 50, 100 o 200 ettari, ad uo villaggio di
eui tutti gli abitanti erano solidarii. Costoro godevano in comune ciò che non
era possibile coltivare, e si dividevano annualmente il resto in ragion di famiglia.
Ogni famiglia poi divideva la sua parte in ragion di teste, se lo credeva oppor
tuno. Dopo la raccolta tutto tornava ad esser comune, e la divisione facevasi di
nuovo per l'anno seguente. Noi, in Francia, abbiamo nelle regioni più rozze
un gran numero di villaggi ordinati ad un dipresso in tal modo, colla differenza
che la comunità è proprietaria invece di essere affittuaria. Malgrado un tal van
taggio il godimento in comune produce ogni dove i medesimi effetti, l'esauri
mento del suolo e la povertà dei coltivatori. Questa povertà diviene sempre
maggiore a misura che la popolazione si accresce. Si son veduti 50 ettari di
terreno affittati cosi a 100 confittaiuoli, i quali vi vivevano estremamente mi
serabili, e non arrivavano a poter pagare la rendita. Questo sistema era sopra
tutto in vigore nelle regioni men fertili. Quei villaggi non avevano quasi bestiame
e le più semplici pratiche agrarie vi erano ignote.
Il conacre non era qualche cosa di meglio. Quando, per una causa o per
un'altra, una gran dose di fertilità erasi accumulata in un campo, si affittava
concimato od un lavorante per una sola raccolta, ad un prezzo enorme, ordina
riamente pagabile in giornate di lavoro. Costui vi piantava patate, e per quanto
il potesse cercava di esaurirlo in un colpo. Vicino a Limmerick, il fitto ordinario
dei campi coltivati in conacre era di 1000 franchi per ettaro. Si affittavano a
mezzo ettaro, ad un quarto di ettaro, e qualche volta anche meno. « La con
correnza per il godimento del suolo, sopratutto quand'olira qualche fertilità, di
ceva un testimonio udito nell'inchiesta del 1835, è talmente grande io alcune
912 LAVERGNE.
parti dell'Irlanda, che non vi ha quasi rendita per quanto alta si fosse la quale
non venga immediatamente accettuta e promessa. Là, più che altrove, promet
tere ed osservar la promessa erano due cose affatto diverse ; ma i contraenti non
se ne davano grau pensiero, avevano ciò che rispettivamente volevano, l'uno il
godimento precario del suolo, l'altro la speranza di una rendita smisurata. La
liquidazione veniva io seguito, e facevasi come era possibile.
Lo scostamento dei terreni e l'abbruclamento dell'erbe, che rovina av
venire a vantaggio del presente, era usitatissimo, il che spiegava la grande
estensione di terre incolte, benchè coltivabili, in un paese in cui la terra col
tivata era l'oggetto di una così accanita concorrenza. Occorrono infatti degli
anni di maggese secco, per riparare il male che facciano una o due cat
tive raccolte in un suolo scrostato, salvochè questa pratica sia il punto di
partenza d'una coltura ben intesa e progressiva, ciò che mai non accadeva
in Irlanda.
CAPITOLO XXIV.
Lo slato di guerra.
Da dove mai veniva questa necessità infinita, immensa, Ira due isole vicine,
apparentemente soggette alle medesime leggi, e l'urta delle quali, la meno fer
tile, poteva pagare rendite di 75 fr. per ettaro, enormi imposte, profiiti consi
derevoli, alte mercedi, e mantenere molto meglio una popolazione più numerosa,
mentre l'altra, più fertile, non poteva, con una popolazione minore, che pagare
deboli rendite, profitti ed imposte più deboli ancora, mercedi insufficienti? Le
cause di un'anomalia sì strana si riassumono in una sola parola, l'oppressione
dell'Irlanda. Noi abbiamo veduto in Inghilterra, in Iscozia, le conseguenze eco
nomiche della libertà. Vediamo ora in Irlanda le conseguenze di uno stato tutto
contrario. Avremo così i due aspetti della medesima dimostrazione.
Gl'Inglesi, per liberarsi di questo rimorso, affermano che il carattere irlan
dese ha certi suoi peculiari difetti, i quali in ogni caso avrebbero formato un
ostacolo al progresso nazionale. Io voglio ben credere che la razza celtica non
abbia tutta l'energia dell'anglo-sassone, ma la differenza non mi sembra abba
stanza grande per «spiegare ogni cosa. Più che un esempio vi ha, antico e mo
derno, per provare che il popolo irlandese ha pure le eminenti sue qualità. Se,
malgrado la sua orribile disorganizzazione, l'Irlanda ha prodotto caratteri vigo
rosi e grandi coraggi in ogni genere, che mai sarebbe se l'energia nazionale non
fosse stata violentemente soffocata ! Ciò che ha potuto essere appena un lampo
fugace in un popolo compresso, sarebbe divenuto una luce splendida e durevole
in un'atmosfera più libera.
Gl'Inglesi attribuiscono alla religione cattolica un'influenza spossatrice. Que
sta osservartene può ancora sembrare ben fondata sotto alcuni aspetti. È vero
LO STATO DI GUERRA. 915
tutti gli altri popoli. Se gl'Inglesi avessero avuto verso gl'Irlandesi sensi vera
mente fraterni ciò sarebbe stato senza dubbio un bell'esempio, ma esempio unico
in tempi iu cui le nazioni noti aspiravano che a distruggersi vicendevolmente.
Non abbiamo noi veduto, fra noi come ogni dove, i cattolici ed i protestanti tru
cidarsi senza misericordia? In tutto il corso della storia non si è veduto por
tare il ferro ed il fuoco iu regni intieri, per distruggervi ogni menomo germe di
una distinta nazionalità, e rifondere in vasti imperi il loro residuo? Tutte le
grandi unità nazionali si son forse costituite altrimenti ? Il perpetuo malinteso
che forma le querele tra uomo ed uomo, tra classe e classe, tra popolo e popolo,
non sussiste forse, e non basta l'esser nato sopra le due rive opposte d'un fiume
per lacerarsi a vicenda ? Sotto un tal punto di vista, ciò che può rimproverarsi
all'Inghilterra, è di non aver fatto abbastanza, perchè l'assimilazione non sia
riuscita del tutto.
Comunque sia, lo stato di guerra aperta, che da parecchi secoli ha formato
la condizione normale dell'Irlanda nei suoi vincoli coll'lnghitterra spiega troppo
bene i contrasti che abbiamo or ora osservato nell'economia rurale delle due
isole.
La prima conseguenza è la condizione della proprietà. La maggior parte
delle proprietà irlandesi non hanno avuto altra origine che la confisca. Da ciò
quel flagello che, senz'essere precisamente esclusivo all'Irlanda, giacchè se ne
trova un poco ogni dove, ha preso colà un'estensione tutta speciale, e chiamasi
Yassenteismo.
In ogni tempo i conquistatori venuti d'Inghilterra han considerato l'Ir
landa come una terra straniera ed ostile, che si poteva ben possedere, ma in
cui non si dovea soggiornare. Sin dal secolo Vili, questo sentimento si ma
nifesta presso i cavalieri normanni che non vogliono risiedere nei loro feudi
irlandesi; la loro patria adottiva non è là, ma in Inghilterra, ove la loro confe
derazione si raggruppa attorno al suo capo per difendere in comune la loro po
tenza. Dopo di essi, tutte le volte che l'Inghilterra fa un nuovo sforzo per sog
giogare l'Irlanda, una nuova categoria di proprietarii inglesi o scozzesi s'impa
dronisce delle terre, e sempre col medesimo spirito, a fine di spogliarne la razza
indigena, per cavarne lutto il profitto possibile, non mai per fissarvi la propria
residenza. Sotto Elisabetta 600,000 acri di terreno son distribuiti in tal modo-,
sotto Giacomo I, sei intiere contee vengono confiscate e ripartite; una si dà alle
corporazioni di Londra che la possiedono ancora, e dalle quali le viene il iwme
di Londonderry; sotto Carlo I, tutta la provincia di Connaughtè dichiarata pro
prietà del re. Sotto Cromwell il medesimo sistema di espropriazione è applica"
alle tre altre, e si mette anche in quistione di vendere tutte le terre d'Irlanda
agli ebrei. Sotto Carlo II, sotto Guglielmo III si compie l'opera. Tutti i governi
d'Inghilterra, monarchia assoluta dei Tudors e degli Stuardi, repubblica, restau
razione, monarchia parlamentare, tutti non hanno che un solo e medesimo pen
siero, escludere gl'Irlandesi dalla proprietà dell'Irlanda.
Quasi ogni dove la proprietà originariamente è fondata sulla conquista; ma
il tempo le ha poco a poco tolto questo carattere. La dimora dei conquista1011
in mezzo al popolo conquistato produce a lungo andare la mescolanza delle razza
e la conformità degl'interessi l n Irlanda, l'opposizione è rimasta cosi viva coW8
LO STATO DI GUERBA. 915
oggidì paga il nuovo fittaiuolo pel solo tenant-right, senza parlare delle spese
ordinarie della coltura; nel Sussex la media è di 100 a 150 fr., ciò che può
riuscire ancora più oneroso a causa della cattiva condizione del suolo. In pre
senza di simili saorificii, si comprende che gli agronomi inglesi si sieno trovati a
un dipresso unanimi nel condannare il tenant-right, almeno come regola gene
rale. I lunghi fItti, ed in alcuni casi le speciali convenzioni sono considerate come
una sufficiente soluzione della difficoltà (22).
Se ciò può dirsi del tenant-right quando è giustificato da vere spese, che ne
sarà quand'esso è tale quale esisteva in alcune parti dell'Irlanda, da dove
volevasi generalizzarlo? Qui ciò che il nuovo fittaiuolo doveva pagare non era
la rimunerazione di miglioramenti che non esistevano affatto, ma il godimento
pacifico del suo affitto, o come candidamente dicevasi, la buona volontà dell'an
tico fittaiuolo, good xoitt. Era difficile il non riconoscervi un vero dritto di com
proprietà. Quando questo dritto esiste da tempo immemorabile, come in Ulster,
ove sembra aver preso origine all'epoca del gran tentativo di colonizzazione pro
testante fatto da Giacomo I, e coll'idea di attirare coloni stranieri con la pro
spettiva di speciali vantaggi, nulla vi è da opporre alla sua legalità; ma dove
non trovavasi da lungo tempo stabilito evidentemente non si poteva introdurlo
senza mutare le condizioni della proprietà. Noi in Francia abbiamo avuto pure
dei tentativi diretti ad istituire qualche cosa di simile: come ciò che in certi
cantoni dei dipartimenti del nord chiamasi il mauvais gre, cioè una vera coali
zione fra i coltivatori, onde costringere i proprietarii ad affittare per basso prezzo
le. loro terre, o dare una larga indennità al fittaiuolo che esca, abbia o non ab
bia migliorato il fondo; ma questo abuso, contrario ad ogni specie di progresso
economico e che inoltre demoralizza profondamente le popolazioni rurali, non ha
potuto mai estendersi molto fra noi.
Qualunque sieuo i torti della proprietà irlandese, è ben naturale che il go
verno inglese non abbia voluto condannarla ad una simile schiavitù. Non trat-
tavasi solamente di riparare gli errori del passato, trattavasi di stabilire le
basi dell'avvenire. Ora qual mai sarebbe stato l'avvenire della proprietà, ed
in conseguenza dell'agricoltura che le è così strettamente vincolata, se si fosse
cominciato dall'afflggerle questa nuova lebbra? Si è avuto un bel dire che
Dell'Ulster il tenant-right è ben riuscito: questo preteso successo nulla prova.
Come l'ha bene spiegato Mr. Campbelt Foster nelle sue Lettere sulta condi
zione del popolo irlandese, pubblicate nel 1846, questa provincia contiene ad
un tempo la contea di Down, ove regna infatti una assai grande prosperità rela
tiva, e quella di Donegal ove la miseria irlandese era giunta all'apice; ed il te-
(I)' 11 Coltivatore scozzese non crede che il tenant-right sia universalmente condan
no; io non ho detto neanche che questa opinione sia unanime; ma a un dipresso
unanime, fra gli agronomi inglesi, lo so che trova principalmente un'opposizione
tra i fiitaiuoli, e non dissimulo le buone ragioni che si danno per comhatterlo. Dico
solamente che le ragioni contrarie mi sembrano migliori, e che esse oggidì sono più
generalmente adottate. In tutti i casi, non può esservi questione che per il buono signi
ficato del tenant-right, e non -per il cattivo che tanto facilmente si sostituisce atl'altro,
'^so anche il lettore di nolare che io non ho condannato il tenant-right, se non come
regola generale, e l'ammetto più o meno, secondo i casi come speciale convenzione.
920 LAVRRGNE.
nantright usavasi in entrambe. Che dico anzi ? il tenani-right nel Down non
era affatto eguale a quello del Donegal : il primo era il solo che fosse conforme
all'uso inglese, la cui utilità può contestarsi, ma che sotto molti riguardi è legit
tima: il secondo era il tenant-righl irlandese, quello che nulla ha di comune
con gli unexhausled improvements . Quest'ultimo coincideva ogni dove con la
rovina comune del proprietario e del fitiamolo ; non elevavasi meno che all'e
quivalente del prezzo medesimo del suolo, in modo che l'infelice che prendeva
in fitto una terra era costretto di pagarne il valor venale, o in altri termini com
perarne la proprietà per ottenere il diritto di pagarne la rendita: non v'è che
l'opera insensibile del tempo per ispiegare l'introduzione d'un'anomalia cosi biz
zarra e funesta.
Quanto alla stabilità di fitto essa altro non era che una vendita sotto con
dizione di rendita perpetua; e siccome in un tal sistema la meta della rendita
non doveva «ssere abbandonata al libero arbitrio delle parti interessate, ma fis
sata da un atto del Parlamento sopra una valutazione officiale, così non ridu-
cevasi che ad una forma di espropriazione forzosa. Mr. De Raumer e Mr. De Si-
smondi hanno entrambi difeso questo mezzo violento, che ha trovalo molli
partigiani nella stessa Inghilterra. Poco mancava che la proprietà irlandese in
generale fosse divenuta cosa di poco momento, sia a causa della sua origine, sia
a causa dell'uso che se n'era fatto; ma pure era ancora una proprietà, cioè il
più solido fondamento dell'umana associazione : il nome solo, per lo meno, do
veva rispettarsi; ed in tutti i casi v'erano eccezioni moltissime, che non era giusto
d'involgere nella riprovazione comune.
Nulla per altro mostrava che il rimedio sarebbe stato efficace. In quel modo
si consacrava Yassenteismo, uno dei più grandi mali d'Irlanda, e si separava
sempre più profondamente la rendita dalla coltivazione. Supponendo che la mi
sura proposta avesse avuto dei buoni effetti per un momento, sempre creavasi per
l'avvenire una complicazione di cose, piena d'imbarazzi e di difficoltà. I fitti a
rendita perpetua sono stati molto in uso in Francia sotto l'antico reggime; ed
avevano prodotto tali complicazioni d'interessi, che si è creduto necessario il
sopprimerli, o per lo meno renderli essenzialmente redimibili. La facoltà di ri
compra non sarebbe stata in Irlanda che un palliativo insufficiente: oltrechè alla
maniera in cui si esercita nei paesi in rivoluzione non avrebbe fatto che compire
l'espropriazione nella maggior parte dei casi ; essa può ben bastare quando il
fitto a rendita perpetua costituisce semplicemente un'eccezione ; ma quando è la
condizione universale della proprietà, il suo effetto sarà insensibile, e le proprietà
non liberate formeranno per lungo tempo la regola.
L'eterno esempio dell'Ulster, che invocavàsi a favore della stabilità di fìtto,
come del tenant-righl, nulla provava per ambi i casi. Egli è vero che in alcuni
punti di quella provincia, sempre coll'idea di attirarvi coloni, molti secoli addie
tro si ebbe ricorso ai fitti perpetui ; ma i luoghi in cui un tal sistema prevalse
non erano punto i più prosperi. Nondimeno non si era riserbato per il proprie
tario nominale che una rendita insignificante, o piuttosto un semplice tributo
feudale. Il vero proprietario era l'inquilino, e ciò che è da notarsi perchè mo
stra il vero punto della difficoltà, quelle terre tenute a fiito perpetuo si eran di
vise e suddivise quanto le altre per lo meno; cosicchè pagando una rendilaaun
dipresso nulla, la maggior parte dei coltivatori non avevano di che vivere; ed
LA FAME E L'ESODO. 921
intieri distretti non offrivano che fondi di uno o due ettari; raramente se ne
trovava di quelli che giungessero a cinque o sei.
Una pura e semplice espropriazione, quale la sognavano e la invocavano gli
Irlandesi, non sarebbe stato che un imperfetto rimedio al male. Le proprietà si
sarebbero, come le fattorie, suddivise, e sin dalla prima generazione si sarebbe
ricaduto negli stessi imbarazzi. Se la grande proprietà deve avere dei limiti, la
piccola deve avere anche i suoi; il male delle troppo sminuzzate proprietà è an
che forse a temersi più che quello delle troppo grandi.
Bisogna dunque innanzi tutto porre un termine a quest'illimitata suddivi
sione, da cui derivano insieme l'impoverimento del suolo, la miseria dei col
tivatori, e gl'imbarazzi dei proprietarii. Il governo inglese si occupava pure se
riamente del far fiorire in Irlanda il lavoro delle arti e del commercio che in
altri tempi aveva cercato di soffocare ; ma il tempo era un elemento indispensa
bile per isvolgere questa nuova ed inesauribile sorgente di lavoro; e quella mol
titudine di infelici non aveva il tempo d'attendere. Si era creduto di trovare
anche un mezzo per rialzare la meta delle mercedi, introducendo in Irlanda la
tassa dei poveri ; ma il numero dei poveri era tanto, che essa non aveva potuto
dare alcun risultato sensibile, mentre riusciva onerosissima alla proprietà. Altri
proponevano di distribuire ai contadini le terre incolte; ma era troppo facile il
rispondere che quelle terre erano quasi tutte incoltivabili, o che per quelle che
si potevano coltivare, occorrevano spese enormi, e quel tempo che mancava per
tutti. Si moltiplicavano le inchieste, gli studii pubblici e privati, e non perveni-
vasi mai a qualche cosa di decisivo.
Era la Provvidenza che doveva incaricarsi della soluzione di un tal problema,
e la soluzione doveva essere terribile: tutto questo cumulo di attentati e di er
rori non poteva saldarsi che per mezzo di un'inaudita catastrofe.
CAPITOLO XXV.
La fame e l'Esodo.
L'anno 1846, così cattivo per tutta l'Europa, fu specialmente fatale all'Ir
landa. La malattia delle patate, che raostravasi da qualche tempo, divenne allora
estremamente intensa, e portò via i tre quarti della raccolta. Il secondo alimento
dei poveri coltivatori, l'avena,, mancò del pari. A questo terribile annunzio, lutti
previdero ciò che sarebbe avvenuto., Il governo inglese, spaventato, diede le più
energiche provvidenze per far venire dei viveri da ogni parte. Quantunque nel
medesimo tempo si dovesse preoccupare dell'Inghilterra, ove la carestia annun-
ziavaai pure, sebbene in minori proporzioni, fece sforzi inauditi per dare uno
strordinario supplimento di lavoro al popolo irlandese: assoldò 500,000 operai,
ordinò opiflzii nazionali per occupaceli, e spese in ogni genere di soccorsi 10
milioni di lire sterline, o 250 milioni di franchi. 1 proprietarii, ben diversi dai
922 LATERGlfE.
loro padri che avrebbero impassibilmente guardato simili mali, fecero dal canto
loro tutti i sacriflcii possibili per venire in soccorso dei loro inquilini; d'altronde
la legge, occorrendo, ve li costringeva, perchè la tassa dei poveri ascese ad una
enorme proporzione. Nulla si pagò nel 1847, non rendita, non imposte, non
interesse del debito ipotecario.
Queste tarde generosità non bastarono per arrestare il flagellò: la fame fu
generale e durò parecchi anni. Quando nel 1851 fu fatto il censimento decen
nale della popolazione, esso, invece di dare come sempre una notabile crescenza,
rivelò una spaventevole deficienza: un milione di abitanti sopra 8, l'ottava parie
della popolazione, erano morti di miseria e di fame:
Questa spaventevole calamità ha fatto ciò che secoli di guerra e di oppres
sione non avevan potuto, ha vinto l'Irlanda. Il popolo irlandese, vedendo fug
girsi il suo principale alimento, ha cominciato a comprendere che non eravi posto
sufficiente per esso sul suolo della patria. Dopo avere fino allora opposto una
resistenza inflessibile ad ogni idea di emigrazione, riguardandola come una diser
zione in faccia al nemico, tutt'a un tratto ha concepito la passione contraria; una
corrente, o per meglio dire un torrente di emigrazione si è determinato. Da
sette anni, giacchè il movimento cominciò nel più forte della carestia, 1,500,000
individui si sono imbarcati per l'America, e la cosa non è ancora finita. Quelli
che trovarono lavoro ed agiatezza negli Stati Uniti, scrivono ai loro amici e pa
renti per invogliarli a seguire l'esempio loro. Fanno anzi di più, mandano del
danfiroin gran copia onde pagare il viaggio dei nuovi emigranti. Si calcola per
4 milioni sterlini, o 100 milioni di fr, la somma spedita da cinque anni in qua.
100 milioni di franchi I Gli sventurati Irlandesi non avevano mai sognato una
somma simile. L'America si presenta agli occhi loro come la terra delta ricchezza
e della libertà, e il loro paese natio come un teatro di miseria, di schiavitù e di
morte. 1 vincoli del patriotismo e della religione, una volta già si potenti, oggi
non li ritengono più. Si è dovuto rimontare fino alle tradizioni bibliche per rin
venire un nome adatto a questa fuga popolare, ehe non ha paragone se non nella
grande migrazione degl'Israeliti : si è chiamata Esodo, come ai tempi di Mosè.
I proprietarii, invece di opporsi ad un tal movimento, lo favoriscono; vi sono
in certo modo costretti dalla tassa dei poveri che li rovina, dopo che fuesta po
polazione affamata fu messa a lor carico, ed hanno perciò un grande interesse
ad attenuarla. . .
Nulla certamente di più tristo che un simile spettacolo, nulla avrebbe potuto
essere una più solenne condanna della condotta tenuta dall'Inghilterra riguardo
all'Irlanda tiei tempi scorsi; ma bisogna ben convenire al tempo medesimo che
tulti i problemi finora insolubili si trovano sciolti in principio da questo rapido
spopolamento. L'Inghilterra vi ha trovato insieme la sua punizione e la sua sa
lute. Tra poco la popolazione irlandese si sarà ridotta a metà; e come l'emigra
zione e la mortalità non si sono estese che sulla parte agricola e cattolica, cosi
tutte le difficoltà fondamentali spariscono con essa. Prima del 1847, i protestanti
non formavano che un quinto della popolazione totale, tra poco ne formeranno
la metà; la popolazione rurale era di 60 abitanti per ettaro, tra poco sarà di 50,
come in Inghilterra; e le contrade più selvagge, le più indomite, come il Con-
naugtat, dopo essere state le più desolate dalla fame, son quelle da cui ]' Esod0
porta via la più gran massa di gente. Si può dire sin d'ora che lo stato di guerra
LA FAME È L'ESODO. 923
più non esiste ; la nazione irlandese ha ceduto il campo. Coloro che rimangono
non sono più numerosi abbastanza, nè per sostenere la lotta, nè per darsi grandi
pensieri sui loro bisogni. Si sente già la pacificazione universale : i delitti agrarii
{agrarian outrages) cessarono, la sicurezza è ora in Irlanda pari a quella che
godesi in Inghilterra. Dio adottò il terribile mezzo di cui parla Tacito, ha dato
a pace per mezzo della solitudine.
Ciò che era impossibile in economia rurale, diviene oramai agevolissimo. La
troppa suddivisione delle terre non è più una necessità. Invece di 700,000 po-
deruoci, si può e si deve non averne che la metà, per conseguenza doppiamente
estesi ciascuno. Ove due famiglie di coltivatori non potevano alimentarsi, una
sola può oramai prosperare. La patata e l'avena, che avevano preso una smisu»
rata estensione, si posson. ridurre entro più giusti limiti. 1 bisogni del presente
son meno vivi, si può pensare alquanto più all'avvenire, la rotazione quadrien
nale può estendersi, e con essa la ricchezza agraria di cui forma il simbolo. I
prati, finora troppo negletti, cominciano a ricever le cure che loro eran d'uopo,
e che essi devono pagare col cento per uno. L'Irlanda tornerà ad essere ciò che
mai non avrebbe dovuto cessare di essere, l'isola verde per eccellenza, ciò il mi
glior paese da erbaggi che esista nel mondo. Gli animali, di cui occupavansi
poco perchè gli uomini non potevano arrivare a nutrire se stessi, saranno ali
mentati in modo più copioso. Si può in fine riprendere la coltivazione dal suo
inizio; in vece di ostinarsi a cercare gli effetti senza le cause, si può migliorare
in vece di esaurire. Non essendo più le mercedi avvilite dall'esuberanza delle
braccia, il luvoro diviene più produttivo e meglio retribuito; e purchè l'impulso
industriale e mercantile, che si manifesta da alcuni anni, si mantenga e si accre
sca, l'ingombramento delle campagne non è più da temersi, quand'anche la po
polazione risalisse al suo antico livello.
Gl'Inglesi sperano di porre a profitto questa nuova condizione per introdurre
in Irlanda il loro favorito sistema, la grande coltura. Certamente vi riusciranno
entro a qualche limite, ma non sembra che essa debba divenire la condizione
generale del paese. La grande coltura suppone ciò che manca in Irlanda, la pre
senza dei capitali. Si fanno è vero degli sforzi per attirarvi i ricchi fittaiuoll in
glesi o scozzesi: tutte le volte che alcun di loro passa lo stretto, i giornali ne
parlano, onde attirarne degli altri, ma non si è ancora riuscito a sedurne molti.
I capitali temono di avventurarsi in un paese, che attualmente è pacificato, è
vero, ma dove la memoria dei più spaventosi disordini è àncora viva. Tutto sem
bra annunziare che il suoto irlandese continuerà ad essere coltivato principal
mente da braccia irlandesi ; la rigenerazione agricola procederà meno rapida^
ma avrà una base più larga e più naturale. Ora, la coltivazione fatta da gente
del paese suppone la piccola o media coltura. L'esempio della Scozia mostra
qual partito possa cavarsene ; e l'estensione media delle colture può essere senza
Sconveniente limitata in Irlanda ad un'estensione più piccola che in Iscozia,
perchè il suolo è più fenile. Otto o dieci ettari per ogni fondo nelle buone terre,
un centinaio di ettari nelle più cattive ove i pascoli devono dominare, e per ter
mine medio una ventina di ettari incirca, ecco probabilmente la buona misura.
Entro tali limiti, il coltivatore può non solamente vivere e pagare una rendita,
ma può ben anco accumulare dei capitali.
La quistione urgente, perchè la coltura irlandese produca da sè i capitali di
924 I.AVERGNB.
cui è priva, e che sembrano poco disposti a venire in suo aiulo, è quella dei
fitti. In ciò pure la Scozia fornisce eccellenti esempi, che non posson mancare
di venire imitati. Il ienantright, quale per lo meno s'intendeva in Irlanda, non
è necessario: è una macchina di guerra che si trova fuor di luogo in una società
regolata. Lo stesso è da dire intorno ai fitti perpetui. Invece di estenderli, con
viene che si diminuiscano, ricomprando la rendita, e riunendo la nuda proprietà
al godimento di fatto. Ciò che occorre sono i lunghi fitti, con rendite moderate,
ed è Un'attenzione costante ad impedire la suddivisione, o se si vuole conservare la
tradizione dei fitti ut nuli, una gran benevolenza da parte dei proprietarii verso
i loro inquilini. Non più middlemen o fittamoli generali che debbano speculare
sui subaffitti; non più coltivazione in comune, conacre; non piò le diverse com
binazioni immaginate per fare un momentaneo guadagno a spese del suolo; ed
invece di lutto ciò, utili anticipazioni, inusitate finora ed impossibili ai semplici
fittaiuoli. Facendo ogni sforzo per piegare alla necessità, e dispensarsi quanto
mai si possa in principio del bisogno dei capitali già fatti, saranno estrema
mente utili quelli di cui si possa disporre onde affrettare la formazione dei nuovi,
come sarebbero le spese in edifizii, marnature, fognature, ecc. Dovunque s'intro
duca la grande coltura, essa potrà incaricarsene; quando essa manca, le spese
di tal genere saranno a carico della proprietà.
In difetto di naturale benevolenza, la lassa dei poveri che, maneggiata abil
mente, è divenula in Irlanda una potente leva sociale, mette i proprietarii nella
necessità di fare qualche sforzo, quando non vogliano vedere divorato tutto il
loro reddito nelle work houses; e questo mezzo obbligatorio, già tanto energico,
non è l'unico che siasi adoperato onde far pagare alla proprietà irlandese i suoi
torti passati. Un radicale miglioramento nelle relazioni fra i landlords ed i loro
inquilini non era possibile in grande, senza una specie di rivoluzione nella pro
prietà. Anche supponendo nei proprietarii intenzioni più illuminate e più lihe
rali, la maggior parte di loro, già oberati, nulla potevano, avendo esaurito il
loro credito ed i loro mezzi. Il governo inglese si è dunque deciso ad ordinare
una generale liquidazione. Questa provvidenza, la migliore di quante se n'eran
proposte, ha il vantaggio che, senza offendere il principio della proprietà, per
mette di raggiungere gli scopi desiderati. Quei proprietarii che. lo erano soltanto
di nome, spariranno ed in loro vece verranno veri possessori atti a fare dei sa
crificii. Il mutamento delle persone deve in fine permettere che si rompano le
sostituzioni, che si dividano i fondi troppo estesi, che si sbrogli il caos di dritti
contradditorii i quali si accumulano sempre sugl'immobili temiti da mani-
morte, e che si cancelli dalla proprietà irlandese una parte delle sue odiose
memorie, spezzando la catena delle tradizioni : preziosi e decisivi vantaggi,
che costano certamente gl'imbarazzi d'una liquidazione forzosa, ma che de
finitivamente devono salvare la proprietà irlandese togliendole il suo ecce
zionale carattere. Mr. Gustavo di Beaumont, che bisogna sempre citare quando
trattasi dell'Irlanda, fu uno dei primi ad indicare la necessità di una tale ri
voluzione.
In conseguenza, una legge votata nel 1849 dal Parlamento ha istituito una
commissione reale composta di tre membri, per la vendita delle proprietà inde
bitate in Irlanda, commission for saìt of encumbered estales in Ircland. Le fa
coltà di questa commissione dapprima non si estendevano che a tre anni, ma
LA FAVE e l'ksodo. 925
sono state già prorogate di un anno, ed or ora ottennero una seconda proroga.
Consistono nel far vendere all'incanto, sulla semplice domanda d'un creditore o
del proprietario medesimo, e nella forma più breve, le proprietà ipotecate ; e con
segnare all'acquirente ciò che chiamasi un titolo parlamentare, cioè perfetta
mente legale ed indisputabile, che lo investe di proprietà assoluta, la quale in
inglese chiamasi [ce. Quelli che prima avevano dei dritti sulla terra, più non ne
hanno che sopra il suo prezzo; la commissione è incaricata di esaminare la va
lidità dei loro titoli, e loro distribuisce la parie dovuta.
Le operazioni della nuova Corte cominciarono nel mese di novembre 1849.
Tre anni dopo, nel mese di novembre 1852, essa aveva ricevuto 2554 petizioni
per la vendita di altrettante proprietà, rappresentanti insieme una rendita annua
di 54 milioni di franchi, e cariche d'ipoteche per 760 milioni, cioè per tutto
quasi il loro valore. Alla medesima epoca un terzo circa delle proprietà la
cui vendita domandavasi, ossia 859 in tutto, s'eran vendute; 500,000 ettari
s'eran mutati di mano. Nel 1853 e 1854, le vendite continuarono in eguale
proporzione.
La. media dei prezzi di vendita si è aggirata tra il 5 1/2 ed il 6 per 0/0 del
reddito supposto, o come dicesi in Inghilterra, alla ragione di diciotto volte la
rendila, eiyhteen years purcltase. Questa media ha fatto gridare i proprietarii
espropriati, di cui moltissimi si trovarono tutt'ad un tratto rovinati; ma consi
derandola da vicino, non si troverà tanto svantaggiosa. I fondi posti nelte buone
contee, come quelli di Antrim, di Down, di Tyrone, di Meath, di West-Meatii, e
di Dublino, si son venduti alla ragione del 4 per 0/0; se quelli che si trovavano
nei paesi in cui la miseria era più antica non trovarono compratori che a ra
gione dell'8 o 10 per 0/0, egli è perchè in verità non valevan di più. Nulla era
più incerto che la rendita annunziata; si era presa per base la rèndita nominale
prima del 1847, ed anche allora essa di raro, veniva soddisfatta. Al momento
della vendita v'era un arretrato di molti anni, l'avvenire sembrava più tristo
anche che il passato, e per mettere in coltura quelle nude terre, occorrevano
considerevoli spese da parte del compratore.
Egli è senza dubbio una sventura che queste forzose vendite sì sieno fatte in
un momento in cui l'Irlanda passava per una crisi terribile, ma non è forse sem
pre cosi? Le sole crisi possono ispirare e giustificare le misure straordinarie. Non
è quando il tempo sia sereno che si possa decidere di gettare in mare una parte
del carico onde preservare la nave dalle tempeste future. Il rimedio non viene
che quando il male è intenso; sarebbe ancora peggio accolto se venisse prima.
Forse sarebbe stato possibile raddolcire alquanto in pratica questa liquidazione,
facilitare ai proprietari i indebitati i mezzi di salvare alcuni resti del naufragio;
ma al momento in cui fu pubblicato Yencumbered estates act, l'Inghilterra aveva
già fatto inutilmente immensi sacrificii per l'Irlanda, e non era disposta ad an
dare più oltre.
Quanto alla misura in se stessa, non si può metterne in dubbio la necessità.
I proprietarii più non potevano nè pagare l'interesse dei loro debiti, nè trovare
ad imprestito un soldo sui loro immobili. Fra quelle ipoteche ammonticchiate
ve n'erano del tempo di Cromwell. Naturalmente s'inclina a compiangere un
uomo il quale possedeva il giorno innanzi una bella terra, e nulla più ebbe il
domani; ma non è l'espropriazione che si debba incolparne, sono i suoi debiti.
926 LAVERGNE.
Quest'uomo da lungo tempo non era più che il possessore nominale del fondo,
ed oggi paga in unica volta gli errori e le pazzie di parecchi secoli.
Quando si decompongono le cifre anzidette, si trova che le proprietà liquidate
alla fine del 1852 sono state vendute in media al prezzo di 250,000 fr. per 625
ettari, cioè a 400 fr. per ettaro. Certo, la terra d'Irlanda vale, e sopralutto varrà
di più; ma non bisogna dimenticare che in questo numero figurano immense
quantità di terre incolte, quelle che si chiamano gli highlunds d'Irlanda. Si cita
sempre l'esempio dei Martiri$ Éttale, quel podere tanto vasto, che la stanza del
portinaio si trovava a dieci leghe francesi dal castello, e la cui erede è moria
povera in mezzo all'OGeano, fuggendo un suolo che più non le apparteneva. Si
trascura di dire, come già si è fatto altra volta riguardo al Sutherland, in quale
condizione trovavasi quel fondo gigantesco, che non poteva più alimentare nè
il padrone, nè gl'inquilini.
In fin dei conti, la corte degli encumbered estates non fa vendere che per
60 a 70 milioni di franchi all'anno, cioè un cinquantesimo della superficie, ma
un centesimo appena del valore. In tal modo la liquidazione del decimo più ohe
rato nella proprietà irlandese durerà per dieci anni. In Francia, ove noi impo
niamo all'espropriazione onerose formalità, npcevoli insieme al creditore, al
proprietario ed al fondo, le vendite più o meno forzose arrivano pure ad un
centesimo all'anno del totale valore della proprietà, e noi nondimeno non siamo
nel caso di dovere saldare il conto di parecchi secoli. Se i proprietarii irlandesi
avevano contratto, grazie alle infinite e dispendiose lentezze della corte di can
celleria, l'abitudine di mai non pagare i debiti, non è poi male che la smettano,
anche nel loro interesse medesimo.
Da un anno in qua le condizioni delle vendite si migliorano, i più malati
furono i primi a passare, e come sempre arriva in tali casi, son essi quelli che
più abbian dovuto soffrire. Oggi le terre nelle buone contrade si vendono quasi
allo stesso prezzo che in Inghilterra, e nelle cattive alla ragione del 5 o 6 per 0/0.
Se l'avvenire dell'Irlanda continua a rischiararsi, i prezzi diverranno affatto sod
disfacenti.
Il siutomo più caratteristico che queste vendite offrono è quello d'una sen
sibile divisione della terra. I commissari, con gli 859 poderi espropriati alla fiue
dell'anno 1852, avevano fatto più di 4000 lotti, i quali sono stati comprati al
prezzo medio di 50,000 franchi. Se ne son fatti motti da 1000 lire sterline 0
25,000 fr.. e non sono già quelli che si sieno venduti ai prezzi peggiori. Si ap
plaudisce generalmente questa divisione; e così si forma a poco a poco ciò che
mancava all'Irlanda, una classe media. Non tutti i proprietarii sono assoluta-
mente espropriati; ve n'ha che conservano frammenti dei loro antichi estates,
ed in motti casi questo frammento , divenuto perfettamente liquido , è più
vantaggioso di quel che era il tutto oberato. Non si è ricco in proporzione
della superficie di terra che si possieda, ma del reddito netto che si rica
va, e quando si può accrescere il reddito diminuendo l'estensione, non si deve
esitare.
Un altro fatto, non meno importante a notarsi, si è che gli acquirenti sono
nella maggior parte inglesi. Si era sperato di attirare in Irlanda proprietarii e
linaiuoli inglesi o scozzesi; entrambi si rifiutarono e per gli stessi motivi, L'agri'
coltura, oggi più che mai, invoca i capitali, sia iu Inghilterra, sia io Jscou», e toro
LA FAME K l'kSOUO. 927
irU-lTTJ-i
APPENDICE.
I.
UN MEETING
Della Società Reale d'Agricoltura d'Inghilterra.
LETTERA AL DIRETTORE
DELLA
IìIVISTA DEI DUE MONDI.
un altro gran porto all'occidente, Bristol; nel 1843, Derby, capitale della mon
tagnosa contea di questo nome; nel 1844, Southampton, il porto ben noto della
Manica; nel 1845, Shrewsbury, sulla frontiera del paese di Galles; nel 1846,
Newcastte, il gran porto del nord; nel 1847, Northampton ; nel 1848,
York; nel 1849, Norwich, capitale della contea agricola di Norfolk; nel 1850,
Exeter, capitale del Devonshire ; nel 1851 , attesa l'esposizione universale,
Windsor, alla porta di Londra; nel 1852, Lewes, presso Brighton, nella con
tea di Sussex; e quest'anno infine Glocester. Non havvi oggi un sol punto in
Inghilterra, ove, grazie alla rete di strade ferrate, non si possa in poche ore
arrivare dai luoghi più remoti. Per favorire i concorsi della Società reale, tutte
le strade ferrate trasportano gratuitamente gli animali del concorso, ed a prezzo
diminuito per metà le macchine; speciali convogli trasportano egualmente le
persone, a prezzo diminuito, e con celerità eccezionale. Da quindici giorni tutti
i muri di Londra e delle altre città d'Inghilterra eran coperti di grandi cartelli
che annunciavano per il giorno 13 di questo mese Yagricultur.al show di Glo
cester. Tutti i giornali ne avevano anticipatamente e minutamente parlato. Se
ne discorreva quasi tanto quanto del campo di Chobbam e della grande rivista
passata dalla regina. Qui, quando si tratta d'agricoltura, tutte le attenzioni si
svegliano ; coloro medesimi che non vi prendono interesse, vogliono sembrare
di prenderlo per ubbidire alla moda. Vi sono pochissime famiglie ricche che non
abbiano almeno uh individuo soscritto alla Società reale, e nel mondo più
scelto, l'agricoltura è uno dei più gradili argomenti di conversatone. Il periodo
di transizione e di crisi che l'agricoltura inglese ha recentemente traversato,
aumenta l'interesse che abitualmente ispira. Tutti voglion sapere se si sieno in
trodotti nuovi perfezionamenti nella produzione del bestiame, e soprattutto se
l'uso delle macchine alle quali si attribuisce uDa futura influenza nel lavoro dei
campi, eguale a quella che ha esercitato nel lavoro delle arti, abbia fatto pro
gressi. Nulla dunque mancava atta attraction della festa, come dicono i nostri
vicini. . .
Glocester è una città di 40,000 abitanti, posta a 114 miglia inglesi, o 45
leghe da Londra. Vi si va per il Great-Western Railway. Partito da Londra ad
8 ore e mezzo del mattino, io era a Glocester ad un'ora pomeridiana. La ferrovia
risale la vallata del Tamigi sino quasi alla sua sorgente; si passa per le contee
di Bucks e di Berks, e sui limiti delle contee di Wilts e di Oxford. Fino a Rea-
ding, vi ha l'argilla tenace dei dintorni di Londra; da quel putito la catena che
corre dalla contea di Cambridge a quella di Wilts, dopo Didoot, il terreno ooli-
tico del sud-ovest; si arriva a Glocester per gli altipiani o cotsivolds. Su tutto
questo paese, principalmente nella parte sabbiosa, il suolo è generalmente più
che mediocre. La campagna non è nondimeno disaggradevole; dapertutto sono
i medesimi campi quadrati, cinti di siepi, in cui si succedono le colture della
rotazione quadriennale; qui, il suolo preparato per i ravizzoni; più in là, l'orzo
o l'avena, poi il trifoglio, ed in fine il frumento ; di tanto in tanto alcune prate
rie falciate di fresco, ed il cui fieno s'imbianchiva sotto la pioggia, con numerosi
pascoli abbandonati al bestiame.
La città di Glocester aveva fatto bene ogni cosa. Le strade ornate di festoni
ad archi di trionfo, le case parate di vessilli nazionali, ghirlande di fiori for
manti divise adatte alla circostanza : onore alt'agricoltura l Dio proteggo
932 LABBRONE.
A Glocester si trovavano tutti gli strumenti la cui utilità sia stata provata
dall'esperienza di questi ultimi anni, e che oggi fan parte di ogni fattoria ben
tenuta. Tali sono col cilindro di Groskill, l'erpice di Norvegia del medesimo
fabbricante, che costa quanto il cilindro, il seminatoio di Garrett, che si
vende fino a 1000 e 1200 franchi; l'aratro da cavallo, del medesimo fabbri
cante, al prezzo di 400 franchi ; l'aratro di Ransome, al prezzo di 100 fran
chi; lo scarificatore di Biddell, al prezzo di 500 franchi; quello di Bentall
che ne costa 170 ; le macchine per fabbricare i tubi di fognatura, i taglia-
paglie, i taglia-radici, ecc. ecc. L'attenzione si stornava da questi eccellenti
arnesi, esaminati generalmente, per rivolgersi sopra i nuovi strumenti : come
un distributore d' ingrassi , esposto da Garrett ,. una complicatissima mac
china fabbricata dal medesimo per diradare i ravizzoni, e soprattutto le mac
chine da mietere e le macchine a vapore. Dodici delle prime, e ventitre delle
seconde, attestavano col loro numero e colla loro importanza l'interesse che og
gidì si affigge in Inghilterra ai nuovi progressi dell'arte agricola. Tutti i nuovi
fabbricanti di strumenti aratorii avevano avuto ad onore d' inviarvi il loro
contingente.
Si sa il rumore ehe fece nel 1851, quando apparve all'esposizione univer
sale, la macchina americana da mietere, di Mac-Cormick, venuta dal fondo
dell'Illinese ; io l'aveva veduta altora agire in una fattoria vicino Londra, ed
aveya potuto giudicare ciò che essa aveva d'ingegnoso insieme e di difet
toso. Affatto opportuna in un paese come l'Ulinese, ove la terra entra per
nulla e la manodopera è carissima, essa non rispondeva ancora abbastanza ai
bisogni d'un paese come l'Inghilterra, dove la perfezione del lavoro non è da
considerarsi meno che la rapidità ; ma l'immaginazione degli agronomi inglesi
era stata colpita dal risultato ottenutosi : era ormai evidente la possibilità di una
macchina da mietere, e più non trattavasi che di perfezionarla. Ora l'utilità di
una tal macchina diviene semprepiù sensibile dacchè le truppe d'Irlandesi fame
lici, che tutti gli anni venivano a falciare i grani in Inghilterra, stanno per dispa
rire mercè l'emigrazione, e la crescente domanda di lavoro per il commercio,
per le manifatture e per l'agricoltura medesima, fa in certo modo a colpo d'oc
chio rincarire le mercedi.
Si affìgge dunque una grande importanza alla buona riuscita della macchina
da mietere, reaping machine. Io ho fatto il viaggio da Londra a Glocester con
dei semplici fittaiuoli, non di quei milionari che si rovinano a coltivare per pia
cere, ma coltivatori pratici, che avevano grossi fitti a pagare, e facevano le loro
50 leghe unicamente per vedere coi proprii occhi se il problema era risolto : tutti
dicevano che la difficoltà di trovare braccia per la mietitura era divenuta un grave
imbarazzo. Non ho bisogno di aggiungere che essi eran muniti di macchine da
trebbiare, thrashiny machines. Questa specie di strumenti, che in termine medio
costano un migliaio di franchi, sono attualmente propagatissimi ; all'esposizione
di Glocester ve n'erano 24. 1 miei compagni di viaggio dicevano che, col loro
aiuto, ciò che una volta costava 10 scellini, oggidì si ottiene con dei soldi, e
speravano che la macchina da mietere un giorno o l'altro avrebbe finito col dar
loro gli eguali vantaggi. Io me l'auguro, giacchè costoro avevano tutta l'aria di
brava gente ed eran tutti dediti al loro affare. Durante il viaggio non dissero
mai una parola che non riguardasse quistfoni agricole; parevano beue informati
934 LATERGNE.
(1) Egli è infatti la macchina di Bell quella che, dopo un'esperienza fatta presso
Mr. Pusey, presidente della Società reale, ha riportato il premio.
AtMNBtCK. 935
colta st» nel prezzo. Sotto un tal riguardo anche il progresso è sensibile. Nel-
l'esposizione di Norwich, nel 1849, la miglior macchina a vapore per gli usi
agricoli era quella di Garrett, che consumava ondici libbre e mezzo inglesi di
carbone per ogni eavallo vapore e per ogni ora. A Exeter, nel 1850, Hornsby
aveva già ridotto questo consumo a 7, 56 libbre. Nel 1851, alla grande espo
sizione, egli stesso la riduceva a 6, 79; nel 1852, a Lewes, era già a 4, 66;
quest'anno, è Clayton che ha ottenuto il prezzo con libbre 4, 32. Ecco cosi in
quattr'anni un'economia di quasi 2/3 sui consumo del carbone, e non è probabile
che qui si Bnisca: tali sono gli effetti della libera concorrenza.
Il 6 giugno ultimo, nella seduta d'un'altra associazione agricola, il club dei
Ottaiuoli di Londra, giacchè le società di tal genere pullulano in Inghilterra, una
discussione interessante fu intavolata sui meriti comparativi delle macchine a va
pore, fisse e portatili, per uso dell'agricoltura. Uno fra i principali fabbricanti di
strumenti aratorii nella contea di Suffolk, Mr. Ramsom, prese la parola. In un
discorso perfettamente tecnico, che è stato riportato da tutti i giornali agrarii, e
che in coloro che l'ascoltavano suppone cognizioni motto estese in meccanica, egli
entrò nei più precisi particolari sulla costruzione delle macchine a vapore^ e
dopo di avere lungamente parlato di alta e bassa pressione, di caldaie, ecc., con
chiuse ohe le macchine fisse, essendo più economiche, dovevano preferirsi tutte te
volte che trattavasi di una coltivazione considerevole ed abbastanza concentrata;
ma che nei piccoli poderi, la macchina portatile valeva meglio, permettendo a
parecchi coltivatori di associarsi insieme per averne una. Quest'opinione fu ac
cettata dal club, e la Società reale vi "ha aderito, avendo premiato ad un
tempo una macchina fissa ed una macchina portatile,- è Clayton che ha otte
nuto entrambi i premii.
Ecco dunque la macchina a vapore decisamente introdotta nell'agricoltura.
Era un bello e curioso spettacolo il vedere all'esposizione di Glocester quelle
ventitre macchine poste in moto dal soffio del fuoco che le anima, eseguire sotto
gli occhi del pubblico i principali lavori, battere il grano, tagliar la paglia.
schiacciar le fave, ecc. La macchina portatile di Clayton, d'una forza di 6 ca
valli, e che consuma 30 libbre inglesi di carbone per ogni ora, ossia chilogram
mi 13, 6, costa 220 lire sterline, o franchi 5500. Un'altra della forza di 4 ca
valli, consuma 24 libbre inglesi, e costa 180 lire sterline, o franchi 4500.
La macchina fissa, della forza di 6 cavalli, costa 160 lire sterline, o 4125 fr.
Questi prezzi senza dubbio son alti ; ma non sono inaccessibili ad un gran nu
mero di fittaiuoli inglesi, e senza dubbio si diminuiranno. Anche in Inghilterra,
le macchine più utili non entreranno largamente nelle abitudini, se non in quanto
saranno a buon prezzo. In America, son già generalmente a miglior patto che in
Inghilterra; ed i consumatori inglesi si dolgono con ragione di questa differenza,
la quale non può durare.
Ciò che io dico non tende a sedurre i coltivatori francesi perchè adottino
ciecamente tutte queste macchine. Nei nove decimi della Francia almeno, è que
sto un progresso che non può compirsi se non quando sia stato preceduto da
molti altri. Tutto si collega coll'ordinamento agricolo di un paese, e l'ordina
mento agricolo stesso non è che una parte di tutto il sistema economico e so
ciale. Anche per quella porzione del territorio francese, la quale si trova in con
dizioni analoghe a quette dell'Inghilterra, l'importazione delle macchine inglesi
936 IWKRC.NK.
non può l'arsi utilmente, .se non con grandi precauzioni. L'alto prezzo del ferro,
l'inesperienza dei nostri fabbricanti, la cattiva volontà dei nostri operai rurali,
meno avvezzi che gl'inglesi all'uso delle macchine, la diversità delle nostre col
ture, la maggiore divisione dei nostri poderi, il difetto di capitale presso molti
nostri coltivatori, la densità della nostra popolazione agricola, tutto forma un
ostacolo a siffatta importazione. A misura ebe ci allontaniamo da Parigi, e dagli
altri centri di consumo, le condizioni sfavorevoli si vanno aggravando. Fra al
cuni anni, la popolazione agricola propriamente detta in Inghilterra sarà soltamo
un sesto della popolazione totale, in Francia raramente scende al disotto della
metà, ed in molti punti sorpassa anche i tre quarti : vi è poco posto per le mac
chine, nei luoghi in cui le braccia abbondano tanto.
Ma le rivoluzioni procedono rapide ai nostri giorni; se l'uso delle macchine
aratorie non è ancora presso noi una necessità come in Inghilterra, forse lon
tano non è il tempo in cui comincieranno ad esserlo. Nel momento attuale un
subito e notabile risparmio di manodopera porterebbe nelle nostre campagne,
sovraccariche di famiglie povere, un vero rivolgimento; è dunque sotto molli
riguardi una fortuna che altre cause rendano a un dipresso impossibile uu largo
uso delle macchine agrarie. Nondimeno, a misura che gli sbocchi si apriranno,
che l'esuberanza delle campagne troverà uno smercio, che la crescente domanda
di prodotti richiederà un aumento di produzione; che i metodi perfezionati s'in
trodurranno in pratica onde farle fronte; che le reudite, i profitti e le mercedi
tenderanno ad elevarsi tanto per effetto d'una maggiore ricchezza agraria, quanto
per effetto d'una migliore distribuzione-di lavoro; le macchine verranno poco a
poco, non esattamente simili alle inglesi, perchè la diversità dei terreni, dei cli
mi e delle colture esigerà sempre qualche differenza, ma conformi al medesimo
principio economico. Noi già vediamo da alcuni anni, nelle più innoltrate re
gioni, introdursi con buon successo il trebbiatoio, il taglia-radici, il taglia-paglia,
ì cilindri perfezionati, i seminatoi, ecc.
Tutto per altro anuunzia nuovi ed immensi perfezionamenti in Inghilterra.
Un opuscolo recentemente pubblicato sotto il bizzarro titolo di Talpa contiene
su tal riguardo, in forme piccanti ed umoristiche, alcuni pensieri che, se sono
arditi fino alla stranezza, nou però lasciano d'esser degni d'attenzione. L'autore
fa un processo alla zappa, all'aratro, all'erpice, a tutti gli strumenti usali finora
per lavorare la terra , e che egli considera come appartenenti all' infanzia
dell'arte. Secondo lui, il tipo del buon coltivatore è, chi il crederebbe? la talpa,
questo piccolo lavorante sotterraneo che la maggior parte di noi proscrive sen^a
misericordia. Già i più illuminati cominciavano ad avvedersi che quest'animale
così detestato e perseguitato non era cosi dannevole come sembrava, e purchè
si estendessero con cura le talpiuaie, egli smovendo sempre la terra, ci arrecava
un vero soccorso. Partendo da un tal dato, erasi anche inventata in Inghilterra
una specie di aratro ingegnosissimo, che erasi chiamato aratro-talpa, perchè in
certo modo imitava l'opera tenebrosa delt'infaticabile animale minatore; ma
niuno aveva pensato finora a fare di questa bestiolina il perfetto modello del
l'agricoltura perfezionata. L'iniziativa di un tal pensiero era serbata all'anonimo
autore del Talpa, e veramente, leggendolo, siamo indotti a credere che vi po-
trebb'essere molta parte di vero nelle sue idee. Noi in fatto d'invenzioni abbiam
veduto tante cese, che nulla oramai ci può sembrare impossibile.
APPEND1CE. 9S7
Ecco in che modo l'autore giustifica la sua asserzione : « Ciò che i coltiva
tori vari cercando, egli dice, si è un mezzo di polverizzare la terra, onde estir
parne le piante avventizie, e renderla permeabile affatto agl'ingrassi ed alle in
fluenze atmosferiche. Ora è ciò precisamente che fa la talpa, e l'ideale della
buona coltura starebbe nel ridurre tutto un campo allo stato in cui si trova la
terra delle talpinaie. A tal uopo, che cosa occorre di fare? imitare la talpa, ar
marsi come ella è di zampe, e grattare la terra In modo da polverizzarla. La
vanga e l'aratro sono strumenti imperfetti; ciò che occorre è una moltitudine di
piedi da talpa, messi in moto da una forza abbastanza energica per vincere la
resistenza delle terre più compatte. Questa forza finora mancava; ma oggidì
l'abbiamo, ed è il vapore, eminentemente atto a produrre un moto di rotazione
in avanti, e scavare il suolo con delle zampe di ferro, come già batte l'acqua con
delle ruote a paletta ».
Questo pensiero forse contiene il germe d'una radicale rivoluzione. Molti
iodizii dicono che già il talento meccanico è messo sulla buona via. All'espo
sizione di Glocester il giuri ha accordato una medaglia ad una macchina nuova,
chiamata macchina da scavare (digging machine) , fondata esattamente su tal
principio. Ancora un passo, e le mille zampe di talpa saran trovate. Si co
mincia anche a dire vagamente che son trovate, e che un inventore americano
ha sciolto il problema, combinando la forza del vapore con quella dei cavalli,
La gran difficoltà che finora impediva l'aratura a vapore sarebbe così superata.
Nou si tratterebbe propriamente di arare, ma qualche cosa di meglio: tutti
i lavori successivi, che oggi si danno alla terra, si darebbero in una volta e con
un solo strumento, con immensa economia di tempo e di forza. Tra poco
l'esperimento sarà un fatto; uno dei più grandi costruttori di strumenti
aratorii in Inghilterra se ne occupa, dicesi, giacchè in quel paese si procede
assai presto, e le idee non rimangono lungo tempo allo stato teorico. Ve
dremo : se il tentativo riesce, noi diremo che anche noi ne avevamo trovato il
germe nella dèfonceuse di Mr. Guibal, due volte coronata nel concorso di Ver
sailles, ed avremo qualche ragione; ma sventuratamente quel germe non è stato
fecondato. .
Il dipartimento degli animali conteneva a Glocester più di mille teste. Ecco
ancora una cifra che mostra una vera emulazione presso gli allevatori. Le belle
specie di bestiame sono oggidì propagate generalmente in Inghilterra. Giorni fa
io visitava uno degli angoli della contea di Bucks, e nei più piccoli poderi ho
trovato dei tori a corte corna, e delle vacche di Ayrshire e diAlderney. L'esposi
zione di quest'anno, malgrado il numero e la bellezza degli animali esposti, non
ha compiutamente soddisfatto gli amatori. Si è notata una diminuzione di nu
mero sugli anni precedenti; giacchè nel 1851 a Windsor si eran vedute più di
1200 teste. Quanto alla qualità, si è trovato che certe specie, soprattutto i bovi
a corte corna, .lasciavano qualche cosa a bramare. Questo indebolimento viene
da parecchie cause : dapprima il troppo numero di esposizioni e concorsi che si
tengono quasi contemporaneamente su tutti i punti del territorio; poscia il grado
di perfezione a cui si è giunto in fatto di bestiame, e che non sembra suscetti
ve di ulteriori progressi. Si potrebbe piuttosto notare un movimento retrogrado,
"n principio <li reazione contro le razze che s'ingrassano troppo presto e troppo
c°piosamente, che potrebbero finire col degenerare.
9S8 I.AVERCKE.
Lord Ducie, morto recentemente dopo avere renduto tanti servigli all'agri
coltura inglese, aveva fatto decidere dalla Società reale, che gli animali troppo
grassi per farne dei buoni riproduttori non si sarebbero ammessi al concorso di
Glocester: questa riforma era divenuta indispensabile. Collo scopo di riportare i
premii, gli allevatori spingevano gli animali da concorso ad una tale obesità,
che alcuni potevano appena sostenersi. Oltrechè questi pretesi riproduttori non
erano buoni che per il macello, i consumatori cominciavan già ad insorgere
contro il troppo grasso che qualche volta la carne presenta. Gl'Inglesi amano
più di noi la carne grassa, ma havvi un limite in tutto , e già evidentemente
erasi andato al di là dello scopo. L'esclusione decisa sulla proposta di lord
Ducie ha dunque soddisfatto ad un bisogno dell'opinione pubblica , ma non è
stuta altrettanto bene accolta fra gli allevatori. Parecchi di loro, e dei più emi
nenti, non si son presentati al concorso, sotto il pretesto che riusciva difficilis
simo cogliere il punto preciso in cui un animale fosse abbastanza grasso per
avere tutta la sua bellezza, senza essere troppo grasso al giudizio della Società
reale. Da ciò la freddezza che nell'esposizione di Glocester si è fatta notare,
come sempre arriva nei momenti di transizione. Può darsi anche che la pioggia
dirotta, una di quelle pioggie che si vedono in Inghilterra, e soprattutto nel
l'Inghilterra occidentale, caduta incessantemente nel corso di 36 ore, avendo reso
impraticabili i dintorni dell'esposizione, abbia avuto la sua influenza sulle dispo
sizioni dei curiosi. . . .
Nulla havvi di più difficile che la compilazione d'un buon programma per
un concorso di animali. Tutte le specie di quistioni vi si collegano. Le razze di
bestiame sono multiple, variano secondo la natura del suolo e i bisogni econo
mici. La maggior parte delle loro qualità reciprocamente si escludono, ed è quasi
impossibile ricondurle tutte ad un sol tipo di perfezione. Ecco, per esempio, le
bestie a corna: si può principalmente esigere da esse, secondo i luoghi, o il tra
vaglio, o il latte, o la carne ; ora le migliori razze da travaglio son poco lattaie,
o poco atte alla rapida produzione della carne; se voi premiate il travaglio,
escluderete le grandi qualità del buon latte, della buona carne; e se voi premiale
quest'ultime, escluderete il travaglio. Havvi ancora di più : anche premiando se
paratamente ciascuna qualità speciale, vi sono delle razze più laboriose, o più
lattaie, o più acconcie al macello; e come non è possibile aver ogni dove quesle
tuli razze, perchè non prosperano egualmente sotto tutti i climi e in mezzo a tutte
le altre condizioni di coltura; così, se voi le ammettete al concorso nei luoghi
dove non sono naturalizzate, escluderete con ciò solo le razze del paese che loro
sono inferiori, ma che son meglio di loro adatte alle circostanze locali; e se voi
non le ammettete, non presenterete al coltivatore i tipi superiori a quelli che
egli possiede, non lo spingerete nella via del progresso.
La Società reale ha preso la sua decisione, ha dato i premii per razze. Cosi',
in fatto di bestie a corna, ammette quattro categorie che concorrono a dei premii
speciali : le corte corna, le Hereford, le Dewon, e tutte le altre razze riunite in
sieme. A Glocester ha fatto inoltre una categoria speciale per le razze del paese
di Galles, attesa la vicinanza di questa regione eccezionale; per i montoni am
mette tre categorie, i Leicester, i south-down e le altre razze a lana corta in
seguito, ed infine le razze a lunga lana, diverse dai Leicester. Io non posso dire
che questo programma mi soddisfi compiutamente ; la qualità lattaia, prima fra
APPENDICE. 959
tutte, secondo me, nel grosso bestiame, rimane troppo immolata alle qualità da
macello con questa classificazione. Io so bene che in ogni categoria si premia
col miglior toro la più bella vacca e la più bella manza ; ma non basta, ed
io vorrei che le migliori lattaie fossero premiate a parte, soprattutto quando la
scena avviene in Glocester, cioè nel centro di un paese la cui ricchezza agricola
promana principalmente dai suoi caci. Anche sotto l'aspetto del macello, la di
visione per razze, eccellente in sè, e perfettamente conforme ad un notabile or
dine di fatti, non dovrebb' essere esclusiva; dopo aver dato luogo a dei concorsi
particolari, tutte queste razze dovrebbero concorrere fra di loro per un premio
principale.
La distinzione per razze , posta così in modo assoluto, ha l'altro inconve
niente di sembrare che scarti gl'inerociamenti. La Società reale sembra voler
porre in principio che si debba unicamente migliorare le razze con se medesime
senza introdurvi un sangue straniero. Se l'opposto principio si volesse consa
crare col medesimo rigore, io lo respingerei egualmente; io credo che vi sono
dei casi in cui gl'inerociamenti sono utili, altri in cui devono con diligenza evi
tarsi, conservando strettamente nella lor purità le razze locali ; altri in fine in
cui è meglio abbandonare la razza locale e sostituirle immediatamente un'altra:
tutto dipende dalle circostanze , ed io non respingo che il principio assoluto,
qualunque si fosse. Noi abbiam veduto in Francia farsi dei grandi sforzi in un
senso contrario. Si è sistematicamente tentato d'introdurre ogni dove il sangue
inglese fra i cavalli, ed il sangue Durham fra le bestie a corna; questi tentativi
fallirono come dovevano: non si distrugge in un giorno l'opera dei secoli, e le
razze locali han pure la loro ragione di essere, la quale sa farsi ben rispettare ;
ma ciò non impedisce che il cavallo inglese sia il miglior corsiero, e che il bove
Durham sia il miglior bove da macello; e dovunque si trovi insieme una suffi
ciente domanda di corsieri e di bovi da macello , ed un mezzo sufficiente per
produrli in condizioni mercantili, vai meglio adottare questi tipi perfezionati, che
rimanere nei limiti dell'abitudine ; vai meglio infine, se non si può averli puri,
servirsene per incrociamenti, dove gl'inerociamenti possano farsi sotto buone
condizioni. -
Questo problema dei programmi è alquanto men complicato in Inghilterra
che in Francia, giacchè una precipua difficoltà presso noi, il lavoro, sparisce
quasi intieramente colà, lo non dubito nondimeno che la Società reale non sia
un giorno condotta a modificare il suo programma. In contraccambio una parte
di esso che mi sembra eccellente, e che converrebbe vedere introdotta nei nostri
concorsi, è quella che consiste nel premiare le femmine (1). Non basta avere
buoni riproduttori maschi, bisogna ancora aver buone femmine: tutti gli alleva
tori sanno che, finchè la madre è difettosa, il prodotto non sarà buono , qua
lunque sia il valore del padre. A Glocester vi erano tanti premii per le giu
mente, per le vacche, per le pecore e per le troie, quanti per i tori, per gli stal
loni, per gli arieti e pei maiali : si diede anche un premio a parte, ciò che mi
sembra men necessario, ai migliori allievi di ambi i sessi.
I maiali erano divisi in grandi e piccole razze, divisione che forse non è
(1 j Questo voto è stato accolto, e si sono ammesse le femmine nei nostri concorsi.
940 LAVEKGNE.
perfettamente logica , giacchè qui essendo eguale per tutti lo scopo, nulla esige
che si abbia una razza anzichè un'altra; l'unica cosa che importa è la quantità
e qualità della carne, ottenuta con una data quantità di alimento, sia grande o
piccola la razza.
Il premio per i bovi a corte corna, o Durham, fu riportato da lord Berners;
era la parte più debole del concorso. Gli Hereford, il cui paese è vicinissimo a
Glocester, sono sembrati superiori; ed è anche un lord, lord Berwick, che ha
riportato il premio. Mr. Giorgio Turner ha ottenuto, come suole, tutti i premii
per la razza del Devoushire. Le razze gallesi hanno eccitato poco interesse. Per
i montoni sono anche i solili vincitori che ottennero i premii. La Società reale
non dà premii ai cavalli da corsa ; non ne accorda che ai cavalli da tiro , ado
perati in agricoltura, quelli che si chiamano roadsters, cavalli da strada. Quan
tunque qui i premii non fossero conferiti per razze, è sempre la razza di Sulfolk
che ha ottenuto il primato pei cavalli agricoli; l'antica superiorità di questa
razza mai non si smentisce. I maiali erano quasi tutti mirabili.
Un'ultima esposizione chiudeva la scena, quella del pollame. Gl'Inglesi affig
gono ogni giorno più maggiore importanza ad avere del buon pollame , quan
tunque il loro clima vi si presti ben poco ; e nessun dubbio che finiranno col
riuscirvi. La razza cocinemese, che oggidì è la più favorita, questa volta do
vette cedere alla razza nazionale , detta di Dorking , nome d'un distretto della
contea di Surrey, da cui essa proviene. È il capitano Hornby , della marina
reale, che ha avuto il premio per un gallo e due galline veramente magnifici.
Io vorrei sapere ciò che direbbesi in Francia se un ufficiale della marina occu
passe il suo tempo ad allevare dei polli ; non credo nondimeno che la marina
reale d'Inghilterra sia per ciò inferiore alla nostra. Più che mille persone assi
stettero al pranzo con cui ordinariamente si finiscono queste solennità, quan
tunque il prezzo del biglietto fosse non meno di 10 scellini, o fr. 12. 50. Va
immenso padiglione , alzato a cura della Società reale , conteneva un numero
sufficiente di tavole, dominate, secondo l'uso inglese , dalla high-table, ove se
devano le persone più distinte. Lord Ashburton presedeva col lord Maire della
città di Glocester alla sua destra, e col ministro degli Stati Uniti a sinistra. Fra
gli assistenti si notavano lord Powis, lord Harrowby, lord Leicester, il marchese
di Hatli, il conte di Jersey ed altri membri della paria, un gran numero di rap
presentanti alla Camera dei Comuni, i professori del collegio agricolo di Ciren-
cester, i più noti fitiamoli ed allevatori dell'Inghilterra, e fra gli stranieri, il ge
nerale Arista, già presidente del Messico, ed il celebre giudice della Nuova Sco
zia, Halliburton, autore di Sam Slick, di cui la Rivista dei due mondi ha giù
più volte parlato ai suoi lettori.
Il pranzo si componeva di carni fredde con una pinta di sherry ; tutto passò
in quell'ordine perfetto che è naturale agl'Inglesi. Niuno toccò i piatti posti
avauti a sè prima che il presidente abbia pronunziate le poche parole del bene
dicite inglese che dà il segnale ; niuno ha continualo dopo che il presidente
pronunziò le parole che sostituiscono le grazie. Io nel mio angolo ammirava
questi usi religiosi universalmente rispettati, questa pazienza di tanta folla ne
cessariamente mal servita, e soprattutto questa generale benevolenza che si leg
geva su taute figure di buoni coltivatori.
Il momento dei brinditi era venuto ; il presidente cominciò dal presentare,
APPENDICE. 94 1
>t»i»W<
94S
CAPITOLO XII.
La riforma doganale , . . . pag. 816
CAPITOLO XIII.
Lo High farming (alta coltura) ». » 822
CAPITOLO XIV.
Le cootee del Sud » 830
CAPITOLO XV.
Le contee dell'Est » 840
CAPITOLO XVI.
Le contee Occidentali » 847
CAPITOLO XVII.
Le contee del Centro • 85J
CAPITOLO XVIII.
Le contee del Nord » 862
CAPITOLO XIX.
Il paese di Galles e le isole . ' » 868
CAPITOLO XX.
La Scozia » 874
CAPITOLO XXI.
1 luwlands (paesi bassi) » 883
CAPITOLO XXII.
Gli highlamls » 891
CAPITOLO XXIII.
L'Irlanda . . » 903
CAPITOLO XXIV.
Lo stato di guerra » 912
CAPITOLO XXV.
La fame e l'Esodo n 921
APPENDICE.
Un Meeting della Socielà R. d'agricoltura d'Inghilterra. — Lettera al Di
rettore della Rivista dei due Mondi . . . . . » 930
OPUSCOLI DIVERSI
BEAUMONT.
1.
Miseriii estrema de' fittuiuoli. — Accumulazione della popolazione sul suoto. — Difetto
di capitale. — Assenteismo. — Mìddlemen. — Fitti eccessivi (rack-rentt). — Man
canza di simpatia fra i proprietarii e i coltivatori. i '
paese, i soli che prendano la terra con vera intenzione di coltivarla (1); cioè
dire, fa la più piccola anticipazione dei capitali, collo scopo di ricavarne il più
pingue profitto possibile.
E tutti questi piccoli coltivatori che cosa faranno? Ove si pianteranno? il
proprietario e l'appaltatore ebbero forse la cura di costrurre una piccola abita
zione su ciascuna di quelle piccole porzioni di fondo? No, senza dubbio; per
chè sarebbe stato mestieri di capitali che essi non eran disposti ad anticipare.
Si dà dunque ai contadini la nuda terra; ed eglino costruiscono un ammasso
informe di paglia e fango che chiamano loro capanna. Trovano essi almeno chi
li fornisca di strumenti agrarii? JSiuno; se ne provvedono come meglio sia loro
possibile.
Cosi, in Inghilterra, il proprietario dà al suo linaiuolo abitazione e stru
menti ; in Irlanda, il povero che prende con fiito la terra deve ingegnarsi la sua
abitazione e procurarsi i suoi arnesi. Si domanderà in che modo, quando il
ricco non vuole apprestare un capitale, può il povero procurarselo. Spesso noi
trova affatto, ed è ridotto a porre non altro che il suo travaglio in un'impresa
al cui buon successo un capitale sarebbe indispensabile: coltiva male, perchè i
mezzi di ben lavorare gli mancano. Ma come mai, coltivando male, arriverà a
pagare il fitto esorbitante che i due appaltatori intermedii e il proprietario ri
chiedono ? giacchè è in fin dei conti sul povero coltivatore che tutto il peso
ricade. Il gran proprietario che ha dato la sua terra al primo appaltatore, riceve
una somma, di cui questi si rimborsa sul secondo, e quest'ultimo subaffittando
a dei piccoli contadini, si rimborsa non solo di ciò che pagò, ma anche del
guadagno che ebbero in mira ; di modo che i coltivatori han da pagare quanto
occorre perchè tutti questi profitti si ottengano (2).
Indarno i poveri contadini irlandesi travagliano per soddisfare a tulle colali
esigenze, e si sforzano di ricavare dalla terra quanto basti all'alimento di se
medesimi e delle loro famiglie., il suolo d'Irlanda, fecondo quanto si fosse,
non potrebbe mai dare tulto ciò che gli si domanda; e il povero coltivatore,
a dispetto de' suoi sudori, si trova sempre nella impossibilità di pagare il suo
fitto. Allora che avviene? L'appaltatore o il proprietario lo caccia via dal fondo,
sequestra le sue mobilie, e le vende. Che cosa avviene in tal caso del contadino
il cui solo delitto fu quello di avere intrapreso ciò che era impossibile? Siccome
alcun'altra industria, all'infuori della coltivazione, non esiste, va a cercare un
(1) La popolazione agricola è qualche volta collocata sulla terra secondo un altro
sistema.
Si supponga un villaggio composto di cento famiglie, alle quali un proprietario af
fidi 200 acri di terreno, attribuendo a ciascuna due acri di cui fissi la rendita, per es.,
a i lira sterlina per acre. Le J00 famiglie gii dovranno ciascuna, due lire, in tutto 200.
È patto che se una di esse non paga, le altre ne risponderanno, e si rendono perciò tutte
solidarie. Questo è che si chiama il sistema di affitto in comune (joint tenancy).
(2) « In Ireland the owner of the fee has in many cases parted with ali beneficiai in-
« terests in bis band, except the receipt of a chief-rent, which is uot increased, the
« lease btiug for lives, and renewable for ever. The ground so let is again underlet
« and subdivided , till at tasi there come to be six or seven removes between the
« owner of the fee and tbe occupying tenaat». (Lord Stanley's speech, 5 july 1832).
952 BK A 1iM0 NT.
alito piccolo tratto di terra altrove, e fluchè non la trovi si dà a mendicare, egli,
la sua donna e i suoi figliuoli.
Eneo, certamente, una gran miseria, che sembra sopratutto enorme se si
pone a confronto col benessere e colla prosperità del coltivatore inglese. Ora,
sarebbe possibile l'ingannarsi sulla vera causa? S'ingannerebbe chi volesse at
tribuirla esclusivamente all'opera di quegli appaltatori ed accaparratori interme-
dii che in Irlanda si chiamano middlcmen. Questi seiaurati sono un effetto e
non una causa. Sema dubbio costituiscono un male il); nulla potrebbesi imma
ginare di più disastroso, che tutte codeste contrattazioni successive; il cui primo
effetto è di abbandonare il suolo a degli speculatori, i quali non sentendo alcuno
fra gli interessi della proprietà, prendono la coltivazione della terra come un'in
dustria passeggiera ; e la cui conseguenza non meno pronta è di porre, fra i
proprietarii e i coltivatori del suolo, tre o quattro trafficanti, intrusi nell'agri
coltura per il solo scopo di cavarne un subito lucro. Ma chi è mai l'autore d'un
siffatto male? Non è forse chi, indifferente al paese ed ai suoi abitatori, abban
donò a mani di stranieri e cupidi il suolo ed i suoi abitanti?
Del resto, sia che gli agricoltori irlandesi abbian da fare coll'appaltatore o
col proprietario, la loro condizione è sempre eguale. Non trovano simpatia nè
presso l'uno nè presso l'altro; la medesima avidità gli anima entrambi, lo stesso
egoismo gli indura ed accieca; l'uno e l'altro non si propongono che un solo
scopo, affittare al più alto segno possibile (2). La condizione morale e fisica del
flttaiuolo è per entrambi indifferente. Hanno e dimostrano la medesima insensi
bilità avanti agli sforzi felici o ai sudori sterili del contadino , avanti alla sua
prosperità o ai suoi rovesci ; è un uomo che occupa bensì il loro fondo, ma è
per loro straniero. Purchè paghi, non ricercano altro. Perciò quando lo vedono
debole ed abbattuto, lo lasciano in preda alla sua sventura e volgono altrove lo
sguardo; non si presentano a lui che per domandargli il fitto scaduto; o se per
caso si stabiliscono dei rapporti tra proprietario e filtamolo, se questo travaglia
per quello, se gli vende qualche derrata, è ben certo che il proprietario abuserà
grossolanamente della semplicità del povero coltivatore il quale vi resterà sem
pre sacrificato (3;. E che importano poi al middleman queste miserie del po
vero, a lui che lo vede appena di passaggio, che si propone di abbandonare il
paese appena abbia finito di torturare l'infelice e fare la propria fortuna? Alla
II.
Concorrenza per la terra. — Whiteboismo. — Male soctale. — Inutilità de' rigori
adoprati per guarirlo. — Terrore nel paese. — Disparizione de' capitali e de' prò-
prietarii.
•
Noi abbiamo or ora veduto come, per effetto dell'egoismo o dell'incuria dei
ricchi, la terra in Irlanda si è da lungo tempo coverta di un gran numero di
piccoli coltivatori, fra' quali è stata divisa per piccole pezze di 5, 10 e 20 arri.
Se si domandasse in che modo sia stato possibile rinvenire un sì gran numero
d'agricoltori, risponderei che è molto facile attirare alla coltivazione della terra
tutti gli abitanti d'un paese in cui non esista altra industria. Nei primi tempi
fu certamente un gran vantaggio per il proprietario il trovare a sua disposizione
tanta moltitudine di piccoli fittaiuoli; perchè senz'essi egli non avrebbe potuto
cavar partito dai suoi fondi senza impiegarvi dei capitali che egli non voleva
rischiare.
Pure venne il momento in cui tutte queste terre si trovarono occupale, e
quel momento non si fece attendere lungo tempo, perchè tutta la popolazione
cattolica, esclusa dai pubblici uffizii, dalle professioni liberali (1), inabile a di
ventare proprietaria, incapace, per la sua povertà, di commercio ed indusiria,
quand'anche noi fosse siala per la condizione politica del paese, non avendo al-
cun'altra carriera da battere fuorchè quella del linaiuolo; questa popolazione,
io dico, si precipitò sulla terra offerta ai suoi sforzi e l'invase, come un torrente
straripato sopra una vasta pianura la copre ben presto colle sue acque.
Ma in un paese in cui la terra è il solo mezzo d'esistenza, qual sarà la sorte
di coloro a cui manchi la terra? che diviene il fitiamolo espulso, se non può
trovare accesso ad un altro fondo? che divengono i suoi figliuoli? Ecco un po-
deruccio su cui vive mediocremente un solo coltivatore. Egli ha cinque figli
(numero moderato per una famiglia irlandese); il suo unico pensiero, e la sua
unica ambizione consiste nel trovare un fondo per ciascun di loro; ma non po
trà riuscirvi perchè tutte le terre sono occupate. Che sarà dunque dei suoi fi
gliuoli? Notisi che questo problema va messo in termini rigorosi, perchè, ripetia
molo, la coltivazione è l'unico mezzo, l'unica indusiria dell'irlandese, e la terra
gli manca. Nondimeno è indispensabile un'industria al povero in un paese in
cui il ricco è sfornito di carità. Si tratta per lui di possedere un campo, o mo
rire di fame.
Ecco il segreto di questa straordinaria concorrenza di cui in Irlanda è og
getto la terra. Sembra come una piazza forte, continuamente assediata, e difesa
con infaticabile ardore : non vi è salute che dentro la sua cinta; chi ha la for
tuna di penetrarvi vi mena una vita dura, austera, vita di sudori, di allarmi, di
pericoli, ma infine vive ; si aggrappa al bastione, vi si arrampica, e per istrap-
parnelo è necessario mutilarlo delle sue membra. L'infelice che ha fatto vani
sforzi per arrivarvi, è in una lacrimevole condizione ; perchè egli, se non si ras
segna a morire di miseria, bisogna convertirsi in mendicante od in ladro. Che
cosa ne viene? Il fittaiaolo che voglia assicurare l'esistenza alla sua famiglia,
altro mezzo non ha che quello di suddividere il suo campicello in tante porzioni
quante sono i suoi figli. Allora ciascun di essi possiede 4 o 5 acri, in vece dei
20 che ne aveva il padre, e si vedono sorgere sul podere parecchie capanne di
fango invece di una sola. Ma il figlio ha i suoi figli, e farà per essi ciò che suo
padre fece per lui : così di generazione in generazione, sino a che lo sminuzza
mento della terra arriverà ad un mezzo acre od un quarto di acre per ogni fa
miglia, che si troverà nell'impossibilità di trovarvi la sua sussistenza. Ecco come
oggidì si trovino fino a 300 o 400 piccoli fittaiuoli, accalcati e viventi nella
miseria, sopra un qualche fondo che in origine non era stato affittato che a po
chi (1). E nondimeno, in onta a tanta accumulazione di coloni che si compri
mono a vicenda, viene spesso ancora un momento, in cui lo spazio materiale
manca, e bisogna che una parte degli uomini nati su questa terra se ne dipartano.
Si dipartono dalla terra che può essa sola nutrirli; che cosa ne segue? Che
il numero dei coltivatori diviene molto superiore a quello dei fondi da coltivare,
e la concorrenza aumenta di molto la meta dei fitti. Occorre in Irlanda che si
abbia un potere d'un acre o mezzo, se no, bisogna morire; occorre che si ot
tenga ad ogni costo, sotto qualunque condizione più dura. Il prezzo ragionevole
di quest'acre sarebbe di 4 lire sterline; io ne offro il doppio al proprietario; un
altro ne offrirà 10; io ne do 20; la terra mi si concede; alla scadenza non pa
gherò, che importa? avrò vissulo, avrò tentato di poter vivere per il corso d'un
anno.
Così chi aveva pagato già una rendita esorbitante, è dalla concorrenza co
stretto ad esagerarla anche più per poter conservarsi nel possesso della sua
terra (2). Egli, veramente, è libero di negarsi ad ogni aumento di fitto, ma
un'arma a due tagli pesa sul suo capo ; se resiste alle esigenze del proprietario,
sarà cacciato; se si rassegna ad una cosi dura condizione, allora può bene esser
certo che, ridotto all'impossibilità di adempire i suoi temerarii impegni, sarà ben
presto congedato dal proprietario, ad istigazion forse di qualche nuovo compe
titore. La peggiore di tutte le sorti, in un paese ove il suolo è l'unica sorgente
dei mezzi di vivere, è quella del dover abbandonare la terra; il contadino
adunque rimane e consente a tutto; egli sa che appena uno su mille è colui che
riesce ad una simile impresa, e nondimeno si rassegna a rischiare in questa cru
dele lotteria.
La concorrenza dei coltivatori che si contendono la terra, innalza la meta dei
fItti forse più di quello che il faccia l'avidità del proprietario e del tniddleman.
Non si potrebbe immaginare una condizione più trista che quella di tulli questi
poveri coltivatori che pullulano sul suolo, e vi si attaccano come vermi, e mol
tiplicano le loro miserie appunto per gli sforzi sovrannaturali che fanno a com
batterle (1). Queste miserie crescono di pari passo coll'aumento della popola
zione, fino a che si vada a trovare, come ai nostri tempi, una massa di 2,600 000
poveri, cioè altrettanti individui privi di fondo a lavorare, o provvisti di un fondo
troppo meschino per potervi campare la vita (2).
Uno stato sociale cosi funesto al coltivatore, non è poi proficuo al pro
prietario. Costui, o il suo avente-dritto, ingannato dapprima dalle promesse
degli offerenti, finisce col riconoscerne la menzogna; si stanca del dover trarre
un si poco profitto da terre affittate a prezzo si alto; si disgusta dei rigori giudi
ziarii che assorbono in ispese di procedura tutto il suo profitto; e riconosce che,
ruinando i coltivatori, egli non si è punto arricchito. « Tutto il male, dice qual
che volta a se stesso, proviene da questo formicaio di agricoltori che divorano
il suolo, in vece di fecondarlo. Il male cesserebbe, se in luogo di essi si stabilis
sero dei grandi fittaiuoli; cosi si fa in Inghilterra e in Iscozia; il momento
è propizio per tentarne l'imitazione in Irlanda ; l'epoca delle rivoluzioni passa,
la loro memoria si dilegua, il suolo, una volta si scosso, oggi si consolida; si
può oramai, senza imprudenza, impegnare un po' di capitale sopra la terra (3i.
Fissato dunque il suo nuovo disegno, egli va a sostituire qualche gran fat
toria alla moltitudine dei piccoli appezzamenti. Ma per conseguire il suo scopo,
che cosa gli occorre di fare? Bisogna innanzi tutto cacciare quei piccoli colti
vatori che coprono la sua terra; e dopo partiti, procedere ad una nuova ripar
t1) E oggi una verità dimostrata da irrecusabili autorità, che, sotto il peso de' ca
richi di cui la terra è gravata, il povero agricoltore non potrebbe cavare dal suoto quauto
basti a pagare il fato e mantenere la sua famiglia. È pure riconosciuto che i suoi mezzi
di esistenza non sono bastevoli se non quando, in tutto il tempo che egli non dà alla cul
tura del suo campo, trovi ad impiegarsi come operaio stipendiato. Ora, quest'ultimo
espediente, senza cui il pruno è incompiuto, gli manca quasi sempre; se si eccettua
l'epoca della seminazione e quella detla messe, si può affermare che, in Irlanda, l'abi
tante della campagna non può conture su due giornate di lavoro regolare. — Egli non
trova ordinariamente alcuno che lo adoperi, perchè non è circondato che da poveri simili
alni, ed il ricco, che soto potrebbe servirsene, è assente, o indifferente alla sua mise
ria. In tutta la provincia del Connauglu, per sei mesi dell'anno, la popolazione agricola
inanca di lavoro, e rimane oziosa sulla terra ove nulla ha da fare, e nulla per vivere. Si è
anche calcolato che, in una parrocchia di questa contrada, su 363 giorni dell'anno, non
ve n'hanno più di 30 in cui il coltivatore trovi lavoro. Le proviocie meno miserabili,
come quelte di Munster e di Leinster, non forniscono mai alla popolazione agricola un
lavoro costante ; e nelle parrocchie più ricche, vi son sempre almeno 5 mesi di ozio
forzato. Per attro, questo lavoro precario ed irregolare è retribuito da una mercede mu
tabile, quantunque minima sempre: la più forte paga per un giornaliere è di 12 soldi
al giorno (6 pence) ; sovente 8 soldi, qualche volta 4. — Perchè la sorte di questi colti
vatori fosse tollerabile, bisognerebbe che avessero da poter lavorare tutto l'anno alla
ragione di 10 soldi per giorno, senza vitto. — V. Selections of the poor irish Inquiry,
1835, pag. 207, 214; Lewis, Irish disturbano:*, pag. 27.
(!) 2.600,000 è la cifra adottata dal Commissario dell'Inchiesta deH835.—V. 3' rap
porto della Poor irish Inquiry, 1836.
(3) V. Lewis, Irish Disturbances, pag. 70.
CONDIZIONE DEGLI AGAICOLTORt IN IRLANDA. 957
tizione dei suoi fondi, o in altri termini, dopo essersi servito di loro quando, per
l'assenza di capitali, ne aveva bisogno, li congeda appena che il ritorno dei ca
pitali può loro fornire un mezzo di coltivazione lucrosa. Ma allora che cosa av
verrà di questi due o trecento contadini che tutt'insierae ricevono l'intimazione
di sgombrare le loro capanne? Questo congedo li uccide. E si noti che qui non
si tratta d' un'espulsione ordinaria: ordinariamente ad un inquilino che esce, ne
subentra un altro; ma qui, centinaia di agricoltori partono, ne restano soli due
o tre, nessuno ne sopragiunge, di modo che, eccovi trecento miserabili, dispe
rati, creati in un colpo, e che non faran sorgere alcuna occasione di sollievo
per altri sciagurati (1).
Si vede ora quali interessi contrarii, quali passioni diverse, il possesso della
terra eccita in Irlanda. Nondimeno, dato l'ordine di sgombrare, il coltivatore
resiste. Quest'ordine è per esso una sentenza di morte; al riceverlo, vede innal
zarsi davanti a lui lo spettro orribile della fame, pronto ad afferrarlo, colla sua
moglie, coi suoi figliuoli. Egli allora contempla tutta l'estensione della sua sven
tura, passa dal dolore alla disperazione, dalla disperazione all'abbattimento. Un
raggio di speranza nondimeno soppravviene a serenare il suo volto: se io an
dassi dal nostro padrone, e gli mostrassi tutto l'abisso di miserie in cui siamo
immersi? Se egli vedesse la mia donna, smagrita d'inedia, i miei fanciulli pallidi
ed affamati, oh ! senza dubbio ne resterebbe commosso, e ci lascerebbe ancora,
almerfo per pochi giorni, usare della nostra capanna. Lo sventurato s'inganna.
Va, si getta ai piedi del padrone, lo scongiura, indarno; il ricco in Irlanda non
commisera il povero. In quel paese il povero è costretto a mantenersi orgoglioso;
inutilmente si umilia davanti al ricco, che gode del suo abbassamento senza
alleviare la sua miseria. Respinto duramente, il colono torna silenzioso alla sua
capanna, a portarvi un nuovo lutto, e colpito da una sciagura troppo grande per
poterla combattere, incrocicchia le braccia e resta immobile. Allora il proprie
tario chiama in aiuto la giustizia, che a grandi spese, pronunzia una sentenza,
per la quale il povero agricoltore è condannato ad abbandonare la sua terra,
triplicando al tempo medesimo l'ammontare di ciò che egli ha da pagare prima
che esca. Lo cacciavano perchè non poteva soddisfare il suo fitto ; come farà
ora per soddisfare una somma tripla? Ben presto si presenteranno tre consta
bili, latori d'una sentenza in forma autentica, in virtù della quale egli deve all'i
stante sgombrare quei luoghi; e questi esecutori cominciano dal sequestrare tutto
ciò che entro la capanna si offra ai loro sguardi, giacchè bisogna bene che essi
uomini di legge, senza cui non vi sarebbe giustizia, sieno rimunerati del ser
vizio che rendono. Tutto ciò avviene in mezzo a mille grida strazianti che scop
piano entro la capanna; si odono imprecazioni che, se pervenissero alle orecchie
del ricco, gli desterebbero più che un rimorso; ma in fine la giustizia fa il suo
corso, tutto è preso e suggellato nell'abitazione del linaiuolo, i depositarii legali
(i) Non si potrebbe fare, sulto stato di questi contadini, una descrizione cbe Don
rimanga al di sotto del vero, Chiunque li ba visti, dirà che io alleggerisco le time di
questo quadro. Del rimanente, la tirannia de' proprietarii irlandesi è un testo che,
per essere bene svolto , esigerebbe più che un capitolo, più che un volume. Cbi
amasse di averne più minuti ragguagli, veda: Young, voi. II, sez. 5, TenancJ o(
Ireland; — Wakeficld, voi. I, pag. 510. — Wakefield dice che non saprebbe meglio
paragonare il proprietario ed il iinaiuoto irlandese, che at signore ed al servo russo:
« To cali tbe farmer tenant would be a perversion of terms ; to nume the laiter
«Land-Lord, would be a prostitution of language». — V. pure Mason , Statistico!
Account and Survey of Ireland.
(2) « There has been a great deal of the old people turned off, that became beg-
«gars, and a good manv of them died of waat».— V. State of Ireland, inchiesti dei
1832, pag. 471.
(3) « Tbe crimes committed by the White-Boys as a punisbment for tbe viola-
« tion of their commands, may be reduced to three beads: 1° death; 2° corporal
« infliction ; 3» destruction of property » . — Lewis, pag. 225, 226, 239.
CONDIZIONE DEGLI AGRICOLTORI IN IRLANDA. 959
« E come per esser forti occorrono delle armi, così affrettiamoci a riprender
quelle di cui ci haono spogliati. Finora, l'isolamento fu la nostra debolezza ;
associamoci, promettiamoci solennemente ad eseguire i decreti che noi stessi
avremo dettati; leghiamoci con un giuramento religioso; e sopratutto, operiamo
in segreto (1); spargiamo su tutto il paese la rete della nostra confederazione;
chiunque ricusi di appartenervi, sia considerato e trattato come nemico ; e per
chè le nostre leggi non riescano vane, promettiamoci solennemente che chiunque
fra noi sarà destinato ad eseguire la punizione imposta a un colpevole, ubbi
dirà prontamente, e adempirà con ogni rigore il comando che avrà ricevuto!..»
Ecco delle leggi, senza dubbio, terribili. Son quelle dei Whiteboys (2); co
dice atroce, barbaro, degno d'una popolazione mezzo selvaggia che, abbando
nata a se stessa, priva di lumi per guidare i suoi sforzi, nè trovando simpatie
che raddolciscano le sue passioni, è ridotta a cercare negli istinti suoi grosso
lani qualche mezzo di salute e difesa.
Allora il terrore si sparge nel paese; sinistri complotti si tramano nell'om
bra; strane figure appaiono di qua e di là; bande armate si ordinano e per
corrono le campagne ; le abitazioni sono assalite di notte tempo ; ciascuno è
costretto di fortificarsi nella sua casa (3); ma ogni resistenza è vana, bisogna
ora consegnare armi agli insorti, ora unirsi con loro e prestar giuramento. Del
resto, questo nuovo genere di banditi che, per rubare armi o per vendicarsi,
commettono ogni maniera di violenze, rifiutano l'oro e l'argento che loro capita
in mano. Un assassinio si commette; si viene bentosto a sapere che la vittima
era un proprietario il cui colono era stato espulso nel giorno innanzi (4). Fu-
ron visti i colpevoli, ma niuno nel paese li conosce, e tutto induce a credere
che sieno venuti da lungi per eseguire l'altrui vendetta. Un altro delitto consi
mile vien commesso ; sarà l'assassinio d'un middkman che avea fatto seque
strare la mobilia d'un inquilino. Allora tutta la classe dei proprietarii si com
muove; ricorrono alla giustizia; essa scaglia i suoi fulmini, ma niuno si trova
che indichi la traccia dei colpevoli. Se a forza di ricerche li trova, essi resi
stono. Se essa li vince e li arresta, una ribellione sopravviene a liberarli. Infine
la giustizia ha trionfato, e gli assassini sono in arresto : ma allora si cercano
testimonii, e fra quanti si chiamano a deporre la verità, niuno ha visto ed udito.
Un solo se ne presenta e rivela il fatto ; ma due giorni appresso si ode che egli
fu assassinato. Che fare adunque? Bisogna che la giustizia faccia il suo corso.
Giacchè non vengono, bisogna condurli per forza avanti il magistrato. Giacchè
i testimonii non vogliono parlare, bisogna comperare la loro testimonianza. Ma
si minaccia la loro vita e bisogna proteggerla. In che modo ? Nessuno si presta
a ricoverarli ; si porranno in prigione. Ma allora, qual prezzo sarà mai bastevole
per decidere un testimonio ad una deposizione che mette in rischio la sua vita ,
e il cui primo effetto sarà quello di torgli la libertà personale? Qualunque sia,
bisogna pure pagarlo. Ma che peso avrà la testimonianza d'un testimonio che
parla sotto la doppia influenza del danaro pagatogli e della morte temuta? Ep
pure una fatale necessità esige che fede gli sia prestata. Ma dopo finito il processo,
quel testimonio, appena tornato alla libertà, sarà assassinato ! No; gli si schiu
derà la prigione per uscir fuori d'Irlanda; di modo che, la condizione d'ogni te
stimonio a carico nei processi penali sarà di attendere in prigione che il processo
sia terminato e poi andare in esilio. E quale onest'uomo vorrà mai prestarvisi?
Dunque si farà a meno degl'onest'uomini, un'alta necessità lo comanda. Ma
quale onest'uomo vorrà fare da magistrato? .... Così, di conseguenza in con
seguenza, eccoci arrivati al tristo bivio di una giustizia impotente, o una giu
stizia immorale; di assolvere il delinquente per mancanza di testimoni i. o con
dannarlo su testimonianze comprate! Alla fine, la sentenza è data, il colpevole è
giudicato e condotto a morte! Denunciatore e testimonio vanno in esilio; e il
giorno dopo, il fratello del denunziante, la madre o la sorella del testimonio,
si trovano uccisi ! . . . . (1).
Quando voi siete arrivati a tal punto, credetelo pure, i vostri sforzi per ri
condurre l'ordine e la pace in questa via di rigori, saranno iuutili affatto. In
darno, per reprimere allora delitti, chiamerete in aiuto tutte le severità di un
codice draconiano; indarno emanerete leggi crudeli per arrestare il corso di or
ribili crudeltà; indarno darete la pena di morte al menomo delitto che si colleghi
a questi enormi misfatti (2); indarno, nella vostra spaventevole impotenza,
sospenderete il corso delle leggi ordinarie, metterete in istato di sospetto legale
intiere contee (3), violerete il priucipio della libertà individuale (4), creerete cord
marziali e commissioni straordinarie (5), e moltiplicherete le esecuzioni capi
tali per produrre salutari esempi Tutti questi rigori saran privi di effetto,
e in vece di guarire la piaga, non faranno che esacerbarla, renderla più viva e
più sanguinosa. Ribelli ad un cattivo stato sociale, gli agricoltori, che nel 1760
si rivoltarono sotto il nome di White-Boys, alcuni anni dopo insorsero sotto
quello di Ook Boys (6), nel 1772 sotto quello di Steel-Boys (7); nel 1785,
si chiamarono RigM-Boys (8), più tardi Rockiti, o soldati del capitano Rock,
Claristi, o sudditi di lady Giare (9); nel 1806 prenderanno il nome di Tra-
shers (10); nel 1811, 1815, 1820, 1821, 1825 « 1829 riprenderanno quello
di WhiteBoys; nel 1851, quello di Terryalts; nel 1832, 1833 e 1837, While-
feet, e Black-feet (1), e sotto questi titoli diversi (2), voi li vedrete, eccitati
sempre dal sentimento delle stesse miserie, abbandonarsi alle medesime vio
lenze, seguite costantemente da una repressione sempre crudele e sempre im
potente.
Tutti i vostri rigori tendenti a ristaurare l'ordine e la pace, saranno sterili,
perchè l'ordine a cui voi mirate non è che discordia; la vostra pace è violenza
ed oppressione. Questa discordia, questa violenza, questa oppressione han ge
nerato lo stato di guerra; e questa guerra sociale Don si agita tra l'onest'uomo
ed il malfattore, tra l'uomo laborioso e l'ozioso, tra colui che guadagna il suo
vivere e colui che rubi ; ma tra il ricco ed il povero, tra il padrone e lo schiavo,
tra il proprietario ed il fittaiuolo (3).
Qual sarà dunque la via per uscir fuori da questo circolo vizioso? Ecco una
aristocrazia che, coi suoi errori e i suoi vizii, ha lasciato accumulare nel paese,
affidato alle sue cure, una massa di mali cosi enormi, che gl'infelici sui quali
gravita, son costretti di scuoterla, non potendo più oltre portarla. Allora, la so
cietà è impossibile; vi ha guerra, anarchia.
Che cosa ne segue ? Una metà degli abitanti va via ; molti che non fuggono
per terrore, si allontanano all'aspetto di tante sciagure a cui non possono arre
care un sollievo ; tentare di rimediarvi è oramai impossibile, e coloro la cui pre
senza sarebbe fortuna per il paese, non hanno il coraggio di rimanervi.
Ve n'ha nondimeno di quelli che la guerra e gli orrori non allontanano; ma
rimanendo in paese, sentono crescere il loro odio contro una popolazione già
detestata, e la loro esacerbata durezza moltiplica ancora la miseria del popolo e
il suo bisogno di vendicarsi.
I capitali mancano, ed il terrore che regna nel paese li allontana di più.
Solo le arti potrebbero tirar fuori dall'indigenza questa moltitudine di agricoltori
che si contendono il suolo; ma i capitali, senza cui l'esercizio delle arti è im
possibile, fuggono per sempre dalla povera Irlanda.
Così, reciprocamente, s'ingrandiscono tutte le sorgenti della miseria irlan
dese ; così tutti i suoi mali son partoriti l'uno dall'altro ; tutti procedono da un
autore comune, e rimontano, per mezzo d'una catena non interrotta, a un primo
anello, che è una cattiva aristocrazia.
III.
Ciò che occorra di fare per abolire in Irlanda i privilegi civili dell'aristocrazia.
Necessiti di rendere proprietario il popolo.
,.-,..,• ; . . • • ..•..•
Attaccare l'aristocrazia ne' suoi poteri politici sarebbe ben poco; egli è sc~
pratutto la sua potenza sociale cjje va pres§ di mira. Qualunque rivoluzione si
operi in un paese, la società riinaue press'a popo la stessa, se, mentre si mutano
le istituzioni politiche, non si modificano pure le leggi civili. Le leggi politiche
cangiano colle passioni e colla fortuna dei partiti che si succedono nel potere.
Le leggi civili, con cui son complicati tanti interessi, non mutano. Osservate le
due più grandi rivoluzioni che, negli gitimi secoli, scossero il mondo: 1649 in
Inghilterra, 17$9 in Francia. In ambi i paesi la folgore popolare scoppiò con
uno scroscio a un dipresso eguale,- un medesimo entusiasmo di riformatori, un
medesimo ardore di parificazione; nell'ordine politico, tutto vien rovesciato,
rotto, calpestato; si demolisce il mondo esistente per edificarne uno nuovo,
ideale, iu cui la giustizia, la ragione, la verità, regperanno sovrane, e i due paesi
si smarriscono egualmente, l'uno colla, sua lilosoliu, l'altro colla sua religione;
sembrano copiarsi a vicenda nei loro sìanci, nelle loro illusioni, e nelle loro mi-
Serie; ciascuno offre il suo olocausto di sangue regio; ciascuno ha la sua anar
chia ed il sUo dispotismo, l'uno ha il suo Buonaparte, l'altro il suo Cromwell, e
ciascuno ritorna al suo passato, l'uno ai suoi Stuardi, l'altro ai suoi Borboni; la
somiglianza sembra perfetta fra le due epoche e i due paesi, salvo che in Francia
vi ha maggior gloria, e in Inghilterra vi ha meno sangue.
Perchè mai, dunque, il giorno in cui i due popoli si trovano al loro punto
di partenza, si trova che uno ha mutato interamente di aspetto, e l'altro riappare
tutto simile a se stesso?
Appena Carlo II ha ripreso la corona reale, la società inglese, uscita per un
istante dal suo letto, vi rientra intera; nulla della rivoluzione rimane; dodici
unni di riforme e violenze passarono come una tempesta le cui traccio spari
scono al primo giorno di sole. In Francia. all'incontro, à dispetto della forma
politica che si sforza a riprodurre la vecchia società, un altro popolo si mani
festa; non importa punto che la forma si chiami repubblica, regno od impero,
la Francia monarchica del 1789 è divenuta democratica e non finirà mai più di
esser tale.
Perchè mai tanta differenza negli effetti, quando le cause sembrano così so
miglianti? Perchè in Inghilterra, nel più forte della politica distruzione, i rifor
matori non toccarono le leggi civili. Colpivano il principato e lasciavano intatto
il dritto di primogenitura; laddove in Francia il mutamento avvenne ad un tempo
nell'ordine civile e nel politico ; la riforma sociale precedette anche le grandi
crisi rivoluzionarie. Le leggi che abolivano le servitù feudali, quelle che nelle
successioni sostituivano l'uguaglianza al privilegio, erano state tutte decretate
quando si decretò la repubblica. Queste leggi attaccavano il cuore medesimo della
società, attaccavano ciò che havvi di più immutabile nella società, il suolo e la
famiglia. La repubblica passò, le leggi civjli rimasero. Queste avevano di un
CONDIZIONE BEGLI AGRICOLTORI IN ISLANDA.
colpo toccato il fondo, l'altra non aveva che sfiorato il paese, non come il vento
che passa, ma come la falce che miete e che nondimeno si arresta alla superficie.
Sarebbe dunque vana impresa spogliare l'aristocrazia irlandese della sua politica
autorità, se al tempo medesimo non le si togliessero i privilegi civili, che costi-
scono ancora l'anima della sua potenza. Havvi, in Irlanda, delle piaghe sociali
che importa guarire più di quanto importa guarire i suoi mali politici. Ciò che
è essenziale sta nel ristabilire l'armonia, non solamente fra sudditi e governanti,
ma fra le classi che lavorano e quelie che possiedono la ricchezza. Ciò che in
nanzi tutto bisogna arrestare è la guerra fatta dal proletario alla società, dal
proletario la cui profonda miseria è tanto degna di pietà, e le cui passioni na
scondono tanti pericoli. Havvi una cattiva democrazia, ed è quella che si mo
stra ostile alle fortune create dal lavoro: ma vi è pure una buona democrazia,
ed è quella che combatte le fortune appoggiate sull'esistenza del privilegio.
Ora sono appunto queste leggi di privilegio, come le sostituzioni ed i dritti
di primogenitura, che, in Inghilterra come in Irlanda, concentrano nelle mani
dell'aristocrazia il possesso di tutta la ricchezza territoriale. Il monopolio fon
dato da siffatte leggi è doppiamente funesto, per il male che fa e per il bene
che impedisce; incatena il suolo a delle mani egoistiche ed indolenti, alle quali
non presta che una forza perniciosa, ed impedisce che la terra venga in poterà
di coloro i quali, fecondandola, si arricchirebbero col vantaggio di tutti. Esso
non ha sempre la virtù di preservare dalla rovina i proprietarii ciechi o insen
sati, e forma intanto un invincibile ostacolo contro l'acquisto della proprietà da
parte del popolo. E nondimeno si può egli non riconoscere che, per l'Irlanda e
per l'immensa sua popolazione agricola, il vero rimedio alla miseria sarebbe il
farla passare dalla condizione del fitiamolo a quella del proprietario?
L'Inghilterra, meglio che ogui altro paese, dimostra come, con una buona
aristocrazia, la popolazione agricola può viver felice senza mai acquistare la pro
prietà del suolo; laddove l'Irlanda prova che esistono paesi in cut il popolo è
nell'assoluta miseria perchè si trova alla condizione di fittamolo.
Difficilmente si saprebbe immaginare un paese in cui la proprietà sia così
male distribuita com'è in Irlanda. In Inghilterra, certe grandi fattorie, stabilite
sopra vasti poderi, adoprano pochi coltivatori, ma questi sono felici. In Francia,
ove la proprietà è suddivisa all'infinito, l'agricoltore è il più delle volte proprie
tario, e le fattorie date in fitto, quando ve n'ha, son grandi abbastanza perchè
la condizione del fittaiuolo non sia da compiangere. In Irlanda le proprietà son
grandi come in Inghilterra, e i poderi son divisi quanto in Francia; in altri ter
mini, questo paese riunisce gli abusi della grande proprietà senza alcuno dei
suoi vantaggi, con tutti gl'inconvenienti della piccola coltura , dalla quale non
ha nulla imitato di tutto ciò che ne compensa i difetti.
Gli Economisti inglesi non di rado invocano l'esempio della povera Irlanda
per provare quanto sia funesta alla Francia l'estrema suddivisione del suolo.
Pure un tal paragone non può essere che una sorgente di errori ; perchè non
esiste nella ripartizione agricola dei due paesi che un'apparenza di similitudini.
In entrambi, è vero, la terra si sovraccarica di coltivatori ; ma qui comincia e
qui termina tutta l'analogia, perchè in Francia tutti codesti piccoli agricoltori
son padroni delle porzioncelle di terra che occupano, laddove in Irlanda non ne
sono che semplici fittaiuoli.
964 BEAUMOHT.
Dal vedersi in Irlanda coltivatori infelici sul piccolo tratto di suolo ove sorge
la loro povera capanna, si conchiude che in Francia la medesima indigenza
tocca a chiunque non occupi che un piccolo spazio di suolo coltivabile; eppure
nulla vi ha di men logico. È per se stesso, è a suo solo profitto, che l'agricol
tore francese bagna de' suoi sudori questa terra i cui frutti gli sono assicurati;
mcmtrechè il colono irlandese semina per altri, raccoglie messi di cui mai non si
ciba, e il più sovente ha del tutto esaurito la potenza della terra, quando sia
giunto a cavarne la rendita da pagare al padrone. Chi non vede che nel primo
caso, un'eguale quantità di terra può soddisfare i bisogni di colui al quale, nel
secondo, sarebbe per necessità insudiciente? Chi non comprende che su questo
piccolo fondo l'uno potrà esser felice e libero, per le medesime cagioni per cui
l'altro sarà miserabile e dipendente?
Un'obbiezione soventi elevatasi contro la suddivisione del suolo si è, che,
non arrestandosi mai, la proprietà fondiaria finirà col giungere a tale grado di
sminuzzamento , che ogni parcella non sarà per il suo possessore che un bene
sterile, e per la società, composta di tal sorta di proprietaria non sarà che una
causa generale di impoverimento. Ma questi timori non sarebbero forse esagerati
o chimerici ? Non vediamo noi che in Francia lo sminuzzamento si ferma al
punto in cui finisce di esser utile? È più ristretto dove il suolo vai meno, più
sviluppato dovunque un'estensione minore rappresenta un'egual valore (1).
Quando il proprietario non ha più alcun interesse a conservare una terra dire-
nula troppo poca, la vende a un proprietario vicino, o la dà in fiuo; più spesso
la coltiva egli medesimo, ed in tal caso, per poca che sia, trova il suo profitto a
conservarla ; soltanto, come le cure che egli dedica al suo campicello non gli
daranno occupazione per un'intiera annata, nè i suoi prodotti possono nu
trirlo, così suole aggiungere a' suoi lavori agrarii l'esercizio di qualche altra
industria. La maggior parte dei piccoli proprietarii francesi sono insieme colti
vatori delle loro terre, e lavoranti per conto altrui, gli uni semplici giornalieri,
gli altri vignaiuoli, gli uni mereiai del villaggio, gli altri artigiani.
Ma la terra così divisa, triturata, e consegnata, per coltivarla, alle mani più
deboli, non perde forse la sua fecondità?
Io non discuterò la quistione tanto dibattuta della piccola e grande coltura.
Come ognun sa, si suol credere che un gran podere produce proporzionalmente
più di quel che producano parecchi poderi più piccoli, complessivamente della
medesima estensione, perchè il gran coltivatore può disporre di capitali e metodi
che sono inaccessibili al piccolo coltivatore; ma si è egualmente risposto che,
in difetto di capitale pecuniario, ciascuno di questi piccoli occupanti del suolo
spende, sulla parte di cui è proprietario assoluto, una somma d'attività ed
energia personale, ben maggiore di quella che possa adoperarvi un lavorante
salariato; che tutti, lavorando così per se stessi, e sotto l'influenza dell'interesse
proprio, pervengono, a forza di zelo e d'industria, a trarre dalie loro terre,
se non più, tanto almeno, quanto ne caverebbe un proprietario unico, costretto
(1) Leon Faucher ha pubblicato nel 1836 un opuscolo intitolato: Ètat et tendenctfo
la proprietà en France, nel quale sono bene indicate le cause del progressivo fraziona
mento del suoto, ed il limite in cui esso deve arrestarsi, sotto pena di divenire funesto.
Quest'opuscolo presenta considerazioni nuove e fatti importanti.
CONDIZIONE DEGLI AGRICOLTORI IN IRLANDA. 965
che oggidì si trovano fittaiuoH (1). Questo non è discutere, è fare «ma rivolu
zione. Io mi sono spiegato di sopra intorno alla natura de' metodi secondo cui
si operano le riforme sociali e politiche. Perchè sieno buone, io credo che una
condizione sia indispensabile, ch'esse riescano conformi alla morale ed alla giu
stizia: ora, s'egli è men crudele lo spogliare un proprietario, che torgli la vita*
la spogliazione è tanto ingiusta quanto l'assassinio, e perciò uon men detesta
bile. Si suppone gratuitamente che il Parlamento inglese darebbe la soa ade
sione a un siffatto rivolgimento agrario. Ma, in primo luogo, la spogliazione del
ricchi non diverrebbe cosa più equa, per questo solo che si facesse a nome di
una legge. Invano si allegherà che i possessori attuali del suolo irlandese l'hanno
usurpato. Qual diritto vi ha oggidì ad escludere un siffatto esame contro il pas*
sato? E quali proprielarii si dichiarerebbero usurpatori? Saranno forse soltanto
quelli che discendono da' commilitoni di Guglielmo HI? Ma allora sarà ben poca
la terra da rivendicare. Vi si aggiungeranno i soldati di Cromwell e i ventu
rieri piovuti in Irlanda all'epoca della repubblica? Ma allora perchè mai non
aggiungervi i coloni inglesi di Giacomo I e quelli di Elisabetta?
Dal secolo XVI in qua la proprietà in Irlanda è passata fra mille mani, non
solamente nell'urto delle rivoluzioni , ma ancora per via di contrattazione. Si
vorrà spogliare ogni possessore, qualunque fosse il suo titolo , anche colui che
abbia comperato sotto la protezione della legge? Ma allora l'Irlanda cadrà sotto
la più spaventevole perturbazione, e il disordine colpirà indistintamente l'antico
proprietario ed il nuovo ricco, il cattolico e il protestante, l'industrioso che ha
comperato una terra e l'ozioso che l'ha ricevuta in eredità, il mercante a cui la
terra fu data in ipoteca, e il proprietario medesimo. D'altronde si comprende
bene che con tal metodo i poveri cesserebbero d'essere indigenti , ma non si
vede ciò che diverrebbero i ricchi, i quali senia dubbio non resterebbero freddi
ed impassibili spettatori della propria rovina, e se non soffiassero al fuoco della
guerra civile nel paese, si a Ifrenerebbero senza dubbio ad abbandonarlo : di
modo che, spariti tutti i proprietarii non resterebbero in Irlanda che gros
solani coutadini divenuti padroni. Singolare maniera di provvedere all'inci
vilimento dell'Irlanda , di render la pace a un paese straziato da 600 anni di
discordie civili, di rianimare il sentimento del dritto presso un popolo che l'ha
smarrito 1
Per me, mi sembra così importante di non turbare la coscienza pubblica con
la violazione de'dritti, che respingo anche il sistema secondo cui si vorrebbero
distribuire a' poveri Irlandesi i due o tre milioni di acri delle terre incolte nelj
l'isola. Per potere far loro un tal dono , bisognerebbe cominciare dal prendere
(1) Fra gii altri il celebre Von Raumer, professore di Storia aH'fflriversltà di Ber
lino, nella sua opera intitolata: L'Inghilterra neH855. Egli dice precisamente che ò
d'uopo abolire tutti gli affitti esistenti in Irlanda, e metamorfosare i fittaiuoli in pro
prietarii. (V. la lettera 52a). Il suo libro è stato tradotto in francese. — Sismondi
esprime un'opinione consimile ne' suoi Studtt siill'Ecónòm. poi., i. I, tiag. 331 e seg.
-^•Eglf; vorrebbe che il dritto de'pfoprietarrt irlandesi fòsse cèmerflto in dritto ad una
rendita perpetua; e stabilisce il principio, che il dritto del legislatore a regolare la con
dizione del contratto di coltura e con ciò limitare il dritto di proprietà, non si potrebbe
mai troppo recare in dubbio.
968 BKAUMONT.
la terra incolta a coloro che ne possedono : ora, secondo me, ogni attentato alla
proprietà è sempre un cattivo spediente economico.
Ma non si può forse, con mezzi dolci, equi e legittimi, arrivare allo scopo a
cui si mira, ed il quale finisce di farsi desiderare dal momento che per conse
guirlo occorra adoperare un atto d'ingiustizia ?
Che cosa al popolo irlandese fa d'uopo? Acquistare la proprietà del terreno,
ma non già ottenerla per via d'inique violenze. Bisogna non mica farlo, ma aiu
tarlo a divenire proprietario; bisogna, perchè consegua il suo scopo, fornirgliene
il mezzo. Ora è questo mezzo ciò che oggi gli manca. Egli è nell'assoluta im
possibilità di acquistare la proprietà del suolo, non solamente perchè è povero,
ma soprattutto perchè in Irlanda, come in Inghilterra, non esistono che grandi
poderi inaccessibili alla piccola fortuna; perchè in ambi i paesi le leggi civili
fatte a vantaggio dell'aristocrazia, tendono costantemente a concentrare il suolo
in un piccolo numero di mani, e si oppongono invincibilmente alla sua divi
sione; perchè, in una parola, lo pongono fuori commercio. Questa condizione
della terra, divenuta inaccessibile al popolo, è il vero ostacolo che si tratta di
vincere; fra tutti i privilegii dell'aristocrazia è quello che più importi distrug
gere; e la sua gravità è tale , che io credo doverne fare il soggetto d'un più
profondo esame.
IV.
E innanzi tutto, per mostrare qual sia in Irlanda lo stato del suolo, bisogna
ch'io dica ciò ch'è in Inghilterra.
In quest'ultimo paese il suolo è ancora in condizione feudale. La mano che
Io coltiva è libera da gran tempo , ma non ha rotto le sue vecchie catene; e
mentre attorno ad essa tutio si agita, si cambia, si modifica, essa sola non
muta, e resta come frammento inalterabile d'una società mutilata dal tempo e
dalle rivoluzioni.
In onta a tutte le vittorie che ogni giorno riportano sul vecchio principio
della società il principio nuovo, il lavoro creatore sul privilegio conservatore, il
progresso eterno sull'eterna immobilità; la terra è colà ciò ch'era sette secoli
addietro, base feudale d'una società che non è più feudale, emblema vivente d'uu
mondo morto.
Un fatto ben degno d'esser notato è l'arte con cui l'aristocrazia inglese ha
conservato intatti i suoi privilegii civili, cedendo qualche cosa talvolta sui suoi
privilegii politici. Lo spirito da cui è animata in nulla si mostra più chiara
mente che in tutto ciò che riguarda la terra. Sarebbe più agevole ottenere dal
Parlamento inglese il suffragio universale, che una riforma della legge di suc
cessione.
Del resto , l'aristocrazia inglese non ha conservato delle sue leggi feudali
che la parte a lei favorevole, ne ha abolito tutte le disposizioni contrarie.
CONDIZIONI! DEGLI AGRICOLTORI IN IRLANDA. 969
vede la terra feudale fatta oggetto di culto popolare. Eppure non è egli ben
naturale che, in una società così amica delle tradizioni , si ami l'unico monu
mento rimasto in piedi del passato , e si rispetti non solo per sè, ma ancora
per le memorie di cui è carico, di cui esso solo perpetua la ricordanza?!! suolo
in Inghilterra è qualche cosa di sacro; è come un santuario in cui la pietà non
permette di dare accesso che a un piccol numero di persone.
Se l'aristocrazia inglese si fosse mostrata antinazionale, senza dubbio si sa
rebbero detestati i privilegii che conservano la sua ricchezza , e le leggi civili
sulle quali essi si appoggiano. La stretta alleanza dell'aristocrazia col popolo ha
generato un sentimento opposto. In Inghilterra si ama il suolo feudale e le isti
tuzioni che Io perpetuano. Si vede poco profitto ad acquistarlo; ma se ne ri
guarda il possesso come un onore e quasi come una gloria. Avvi una contea
(Keut), ove la legge feudale delle successioni non è in vigore; colà non è ponto
il diritto di primogenitura, ma quello della divisione per parti eguali (the ga-
velkind), che forma il dritto comune ; ma ciò non impedisce che nel Kent come
nel Yorkshire i poderi si conservino in tutta la loro integrila : la volontà del
l'uomo fa ciò che non ha fatto la legge; ed il yeotnan di Kent crea per testa
mento il primogenito di cui non si die pensiero la legge.
Del resto non sono soltanto i grandi interessi dell'aristocrazia, le passioni
de' nuovi ricchi , le tradizioni popolari , le memorie e i costumi , ciò che in
Inghilterra cospira incessantemente a restringere la terra in mano d'un numero
sempre minore di proprietarii. Vi ha pure un'opinione teoricamente stabilita, e
singolarmente popolare ; cioè che , per esser feconda, la terra non deve divi
dersi, e che un gran podere^ appartenente ad un sol padrone, produce propor
zionatamente più di quel che darebbero parecchi poderi formanti un'eguale
estensione, ma divisi in più mani. L'industria della coltivazione è come qua
lunque altra, che dev'essere affidata all'operaio più abile; e se la coltura di tutta
l'Inghilterra dovesse portare un maggior reddito affidandola ad un sol uomo,
bisognerebbe, per comune vantaggio, non ammettere che un sol proprietario, e
non fare di tutto il regno che una sola fattoria. Insomma è colla mira della
ricchezza pubblica che si conservano le grandi ricchezze individuali. In questo
sistema si perde intieramente di vista l'aspetto sociale e politico delia proprietà,
nella quale più non si vede che una questione di economia.
Bene o mal fondato che sia un siffatto principio, esso è certamente divttl-
gatissimo in Inghilterra; e nel momento attuale, è forse il più potente aiuto
dell'aristocrazia, e il più grande ostacolo alla divisione del suolo.
Perciò, in Inghilterra, non si leva una voce per demolire le rovine così ben
conservate della vecchia società, ed il suolo rimane indiviso.
Non già che le terre inglesi abbiano fino a' nostri giorni conservato quel
l'indole di assoluta inalienabilità che le leggi feudali intendevano di dar loro.
No: l'inalienabilità, il cui primo effetto era quello di porre i feudi al coverto
della confisca regia, riusciva troppo incotnoda a' re normanni ed a' Tudor per
chè questi non si affaticassero a distruggerla. Ma indarno domandarono essi
a' Parlamenti di abolire le sostituzioni; questi non vi consentirono mai. Allora,
non potendo mutare la legge, i re inglesi decisero di falsarla; ne conferirono
la cura alle loro Corti di giustizia, a cui il loro appello non fu punto vano.
Dipendenti da' re, i giudici inventarono la più sottile fra tutte le finzioni legali;
CONDIZIONE DEGLI AGRICOLTORI IN IRLANDA. 971
coll'aiuto della quale ogni specie di sostituzione poteva subitamente rompersi (1)"
I tiranni non ebbero mai difetto di legisti.
Questa giurisprudenza , ispirata dal dispotismo , tendeva nondimeno alla
emancipazione del suolo. Essa, è vero, lo riponeva sotto la mano del despota,
ma al tempo medesimo lo rendeva accessibile al compratore. Tuttavia, appena
stabilitasi, i grandi proprietarii si sforzarono di eludere questa giurisprudenza,
introdotta per eluder la legge. Sorse allora una lotta singolare tra gli espedienti
dell'interesse aristocratico, ingegnoso nel perpetuare i monumenti del suo orgo
glio, e la profonda sagacità del giudice , prolettore servile della libertà del
suolo. E una lotta che dura ancora a' nostri giorni , con la differenza che i
costumi continuano l'opera delle passioni, e che il giudice, divenuto inamovi
bile, fa per tradizione ciò che allora faceva per compiacenza.
Ma anche quando le terre sono alienabili , diflicilmente vengono alienate.
L'ostacolo promana soprattutto dalle tenebre che in Inghilterra coprono il titolo
della proprietà. Il fondo non è più soggetto alla confisca regia; ma nessun
mezzo esiste per l'acquirente di assicurarsi ch'egli compra ciò che realmente ap
partenga ai suo venditore. La proprietà territoriale non si trasmette che per
alti privati ; i pubblici non si conoscono. Da ciò la facilità per un proprietario
di vendere ad uno il fondo che aveva ipotecato ad un altro, e di cui fa dona
zione ad un terzo. ..,
Si è sempre in Inghilterra respinta la pubblicità de' contratti transìalivi
della proprietà. Io non so qual velo misterioso vi avvolge la terra , e nasconde
le vicissitudini della sua fortuna; sembra che, permettendole di mutar padrone,
si voglia almeno tener segreto il suo nuovo destino, perchè, mentre il suolo si
scrolla, sia creduto immobile ancora.
E poi, in una società aristocratica, in cui la considerazione, la stima e la
potenza si misurano così esattamente sulla fortuna, ciascuno aspira a sem
brare più ricco di quel che sia ; ciascuno sfoggia il suo lusso e dissimula le sue
miserie. Or nulJa è più favorevole a cotali menzogne della vauità che il segreto
delle contrattazioni. L'uomo che ha già impegnato la sua terra per molto più
di ciò che vaglia, può nondimeno farsene un soggetto di grande orgoglio; nesr
suno lo sa, ed egli può ben godere di questa ignoranza che svanirebbe davanti
alia pubblicità degli atti.
Ma questo segreto de' contratti, che protegge l'amor proprio de' ricchi, ce
lando il loro declinio, è un grandissimo ostacolo alla mutazione del suolo. Di
struggi', ogni sicurezza ; e come mai si vorrebbe comperare un podere senza
(i) V. Blackstone, lib. II, cap. 7, 20,21. — L'indipendenza de' giudici inglesi (jiidges)
rimonta alla rivoluzione del 1G88, quantunque essi non sieno divenuti veramente inamo
vibili che sotto il regno di Giorgio III. Dal giorno in cui divennero indipendenti, si
son tutti dedicati all'aristocrazia, non per effetto soltanto della inamovibilità, ma per
l'influenza di cause che vi si son combinate. il giudice inglese col suo stipendio di 2 a
3 centomila franchi, occupa naturalmente un posto sociale che lo fa inclinare verso
l'aristocrazia. Egli che, come ufliciale regio, adempiva a certi nllkii appartenenti di
lor natura al potere esecutivo, li ha conservati e continua ad esercitarli dopochè di
venne indipendente; ed, alleato dell'aristocrazia, volge a profitto di quest'ultima il po
tere che già esercitava a profitto del principe.
972 BF.A1 >IO>T.
(\) Nell'Inchiesta sulto stato della proprietà (Law of real property) si trova la se
guente quistione: « È egli possibile, nello stato attuale della legisluzione, di assicurarsi
della bonia d'un titolo di proprietà?» — E tutti i giureconsulti che si consultano,
rispondono negativamente. —V. Second Report, 29 giugno 1830. — Appendix, pag.
138 e seg.
CONDIZIONE DEGLI AGRICOLTORI IN IRLANDA. 973
resto, necessarie o non Decessane che sieno le investigazioni sui titoli, esse co
stano sempre on medesimo prezzo; si conservano tradizionalmente da' forensi,
a' quali perciò appartiene il privilegio esclusivo di esaminare e comprendere i
titoli di proprietà. Nelle loro mani la terra somiglia a quelle sostanze, benefiche
e pericolose ad un tempo, che niuno può comperare senza ricetta del medico.
E poco importa che si tratti di un grande o di un piccolo podere; l'esame de'
titoli implica sempre le stesse cure e le stesse spese. Da ciò viene che in Inghil
terra la divisione possibile ha un limile, al di là del quale un ulteriore fraziona
mento diviene impossibile: limite il quale si trova sul punto in cui le spese del
contratto, eguali o superiori al valore del fondo , distruggono l'interesse della
contrattazione. Ora queste spese immutabili sono comparativamente minori a
misura che cresca la terra venduta ; ecco perchè in Inghilterra non vi ha pos
sibilità di comperare che i vasti poderi, e gli ostacoli che sono di semplice in
comodo al ricco paralizzano il povero; ecco perchè, quand'anche il suolo muti
di padrone, non perciò si divide.
della sua passione, essa non esisterebbe meno per ciò; la proprietà è sì lontana,
ch'egli la vede come una chimera a cui sarebbe follia l'aspirare; e se non la
segue, non è già perchè la disprezzi, ma perchè all'incontro le affigge un'impor
tanza tropp'alta.
Si comprende, del resto, perchè il suolp feudale dell'Irlanda non sia ancora
circondato da quella simpatia popolare che in Inghilterra ne impedisce la divi
sione. Confiscata tre o quattro volte, la terra irlandese non dà che memorie di
violenza, di persecuzione e di sangue; essa è ancora, in talune mani, il mo
numento solenne d'una usurpazione che non rimonta a più in là d'un se
colo,, e coloro che la possiedono non han saputo in generale che suscitare
degli odii.
Bisogna ancora riconoscere che i vantaggi economici, i quali in Inghilterra
si vogliono far derivare dalla concentrazione del suolo in poche mani, non po
trebbero affatto discendere da un sistema consimile in Irlanda.
L'Inghilterra è contenta d'una teoria agricola che, adoperando poche brac
cia, riversa sugli opificii tutti gl'individui soverchi alla coltivazione. Chi non
vede a colpo d'occhio che un tal sistema sarebbe affatto inapplicabile all'Irlanda?
Non è punto per salvare in Irlanda le grandi fattorie e la grande coltura , che
vi si conserverà la non-divisione del suolo, giacchè tutti i poderi son minimi, e
la grande coltivazione vi è ignota; non è nell'interesse della pubblica ricchezza
che vi si manterrà un reggime, sotto del quale le terre più feconde rimangono
sterili, o producono metà di quello che le più sterili rendono in Inghilterra.
E per un paese in cui una popolazione di 8 milioni d'abitanti non ha altro
mezzo nè altro asilo che la terra, qual può essere il merito di questa teoria, il
cui precipuo oggetto è quello d'impiegare nella coltivazione il minor numero di
braccia possibile? Se conviene a un paese in cui manchino alle manifatture le
braccia, non sarebbe funesto al popolo, presso cui tutti coloro che non possono
coltivare la terra son condannati a marcire in ozio?
L'operaio inglese, respinto dall'agricoltura, diviene ben tosto negli opificii
un agente della ricchezza nazionale. Ma che farà il coltivatore irlandese una
volta uscito dalla sua capanna? a quale industria si darà, nel paese in cui manca
ogni industria? Credete voi che, sbarazzato da un lavorante soverchio, la terra
produrrà di più? Può darsi; ma la società avrà a suo carico un individuo
disoccupato , la cui oziosaggine sarà pericolosa. Il giorno in cui questo lavo
rante lascia la sua terra, che potrà egli divenire , fuorchè un mendicante o un
WUhe-Dotf?
Nessuna delle ragioni morali e politiche che possono in Inghilterra se non
giustificare, almeno spiegare la durata del feudalismo sul suolo, esiste per l'Ir
landa. In quest'ultimo paese divenire proprietario è una questione di vita o di
morte ; ma in onta a siffatta necessità , non si può conseguire l'intento senza
incontrare gli stessi ostacoli che esistono in Inghilterra , ove il popolo non ne
sente uè il desiderio, nè il bisogno. I principali ostacoli, come ho già detto, de
rivano dalle sostituzioni e dal diritto di primogenitura.
976 REAL'MONT.
VI.
Ciò che soprattutto sorprende nelle sostituzioni inglesi è il punto fino a cui
esse sono dal legisìatore lasciate all'arbitrio delle volontà particolari. È questa
un'arma che la legge pone in mano a' proprietarii per proteggere i loro beni,
ma di cui non impone l'uso.
In quel paese non havvi sostituzioni perpetue , cioè che per la sola forza
della legge sieno inerenti ad una eredità , di cui regolino le trasmissioni se
condo principii fissi, invariabili, non soggetti ad essere contrariati da alcuna
volontà.
La più lunga sostituzione muore al secondo grado di successione se non è
rinnovata; cioè se il figlio di colui, a profitto del quale incominciò non la rin
nova, essa si arresta in lui. Se dunque egli non fa l'atto indispensabile per
continuarla, potrà disporre del fondo, che, essendo spento il termine della so
stituzione, diviene essenzialmente alienabile.
Vi ha di più. Nello stato attuale della giurisprudenza inglese, il proprietario
d'un fondo sostituito può sempre, coll'uiuto di certe forme giudiziarie, estinguere
la sostituzione esistente, ed acquistare l'intiera facoltà di disporre.
Si dedurrà forse da ciò che il principio aristocratico delie sostituzioni sia
sparito dalle istituzioni inglesi? Sarebbe uu grave errore. Le terre del ricco, io
verità, non sono necessariamente inalienabili; ma dipende dalla sua xolontà che
lo divengano e restino tali. Vuol egli porre i suoi beni sotto lo scudo d'una
sostituzione? non deve che pronunziarsi. La sua intenzione manifestata è un
cornando; e la sua terra diviene insequestrabile in virtù della legge che sostiene
la sua volontà. Si reputa miglior parlito alienare, che conservare i proprii beni?
La legge vien pure in aiulo al proprietario , e rende in un colpo alienabile la
terra che poco prima non l'era.
Una legge simile, che abbandona tutto ciò all'arbitrio dell'uomo , adempi
rebbe male al suo officio in una monarchia. Là le sostituzioni che mantengono
le grandi proprietà in alcune famiglie nobili, sono principalmente stabilite a ri
guardo del trono di cui queste famiglie sono il sostegno. Non si tratta punto di
sapere se convenga o non convenga alla nobiltà di conservare le sue terre; il
monarca vi trova il suo vantaggio, e ciò basta. Il caso è diverso in una aristo
crazia, ove i padroni del suolo son ricchi e potenti per proprio conto.
Sarebbe dunque uno strano errore supporre che il principio delle sostitu
zioni, il quale in Inghilterra e in Irlanda domina la proprietà territoriale, abbia
perduto la sua potenza, perchè si vede piegare al capriccio de' padroni del suolo;
esso non piega che a loro vantaggio.
Questo principio, protettore delle fortune aristocratiche, sarebbe divenuto in
Irlanda 11 loro maggiore nemico; se in questo paese non si fosse posseduto il
segreto di farlo così cedere alla volontà de' proprietarii.
CONDIZIONE DEGLI AGRICOLTORI IN IRLANDA. 977
(1) V. sugli imbarazzi della proprietà territoriale in Irlanda, l'iDchiesta del 1832,
.ntitolata Tithes in Ireland ; House of Commons, pag. .487, 488. — Sul desiderio, che
'ha l'aristoerazia, di veodere le sue terre, V. ivi, pag. 493, 501 . — Sulla necessità di
restituire il suoto al commercio, id., pag. 491. -*. V. pure Inchiesta sul medesimo sog
getto, House of Lords, 1832, pag. 189, 190.
(2) V. Blakstone, lili. II, cap. 7, pag. 20 e 21. La forma di procedura si chiama,
nelto stile del dritto inglese, Common Recovery.
Econom. 2» serie Tom. 1. — 62.
978 beaumont.
di annullare gli effetti d'una istituzione civile divenuta funesta alt'aristocrazia di
cui doveva esser l'appoggio.
Qual sarebbe in Irlanda l'ostacolo all'abolizione delle sostituzioni?
I proprietarii di questo paese perderebbero, è vero, il vantaggio di potere,
al bisogno, rendere inalienabili le loro terre ; ma nelle angustie in cui versano,
questo vantaggio non sarebbe forse più che compensato dal credito nascente dal
diritto di disporre ?
Qui non si cercano punto i mezzi di fortificare ed arricchire un'aristocrazia,
la cui rovina è riconosciuta per necessaria: ma tutto ciò che l'annichilasse come
corpo, senza nuocere a' membri di cui si compone, non sarebbe il migliore di
tutti? Ora, abolite le sostituzioni, ogni proprietario irlandese sarebbe più com
piutamente padrone della sua terra, più ricco perchè godrebbe più credito; eia
terra, svincolata da' legami che la cingevano, diverrebbe affatto libera. Sarebhe
già un primo passo verso la divisione del suolo.
VII.
Bisogna certamente che le terre sieno alienabili perchè il popolo possa acqui
starle; è questa la prima condizione, giacchè non si può comperare se non ciò
che si trova in commercio. Ecco perchè l'abolizione delle sostituzioni è la prima
cosa da fare. Ma non sarebbe abbastanza. Il popolo non diverrà mai proprie
tario, se tutte le terre da vendere sono di una grande estensione; ed esse con
serveranno le loro vaste dimensioni in ogni paese in cui regni il diritto di pri
mogenitura.
Niente, io credo, di più comune in Francia che l'ingannarsi sull'indole del
diritto di primogenitura ammesso in Inghilterra. Si crede che un'imperiosa vo
lontà della legge attribuisca forzosamente al primogenito la totalità del patri
monio, e che questi goda del beneficio della legge a dispetto d'ogni contraria
volontà de' suoi parenti. Nulla di tutto ciò.
Quella libertà che io poco fa mostrava nel proprietario d'un fondo sostituito,
si trova anche maggiore nel padre di famiglia che disponga per testamento della
sua fortuna. Egli può, se gli piace , dividere egualmente i suoi beni fra tutti i
suoi figli; dare la maggior parte, il tutto ancora, all'uno, all'ultimo di loro, alla
più giovine tra le sue figlie, e nulla lasciare agli altri ; può escludere il primo
genito; che più? può anche diseredarli tutti, e lasciare i suoi beni ad un estra
neo. La legge non fa alcuna riserva in favor de' figli; e notiamolo di passaggio,
se la legge inglese merita un rimprovero, non è perchè si trova troppo assoluta,
ma perchè troppo 4ascia alla libertà dell'uomo. Essa è l'opposto della francese,
che priva d'ogni volontà il testatore.
Mentre in Francia si conosce male la legge Inglese, e le si attribuisce un
dispotismo ch'essa non contiene, accade spesso agl'Inglesi di cadere nell'errore
CONDIZIONE DEGLI AGRICOLTORI IN IRLANDA. 979
sifFalla esista in alcun paese, o crede che questo paese è minacciato da pros
sima ruina. Le idee dell'inglese su questo punto sono una delle sue più tenaci
convinzioni.
Secondo la legge, il diritto di primogenitura in Irlanda è lo stesso che in
Inghilterra: ma non trova il medesimo appoggio nello stato della terra, e nei
prcgiudizii o nelle passioni della nazione.
Vero è che in Irlanda, come in Inghilterra, tutti coloro che possiedono vasti
patrimonii provano per la conservazione di codesta proprietà, il medesimo sen
timento aristocratico che predomina ne' proprietarii inglesi, e perciò il mede
simo attaccamento verso il privilegio che impedisce la divisione.
È vero ancora che in Irlanda accade sovente a' nuovi ricchi , compratori
d'un gran podere , di sentirsi invasi , come in Inghilterra, da' medesimi istinti
d'orgoglio, e dui medesimo spirito di conservazione per un patrimonio che sa
rebbero fieri di potere integralmente trasmettere alla più lontana posterità.
Ma in Irlanda la passione dell'aristocrazia si arresta in coloro che ne sono
o credono esserne membri , e il loro numero è assai limitato. In Inghilterra ,
allato ad una vecchia fortuna, ve ne sono mille nascenti. Non così in Irlanda,
ove la miseria è quasi immobile quanto il suolo. Pochi sperano di arrivare alla
meta, e quelli che l'han toccata son soggetti di odio. Io non ho mai in Irlanda
udito il popolo ad esprimere, parlando delle vaste possessioni aristocratiche,
que' sentimenti d'indulgenza, e qualche volta d'entusiasmo, che soventi ho sor
presi nelle espressioni del povero inglese.
Si potrebbe dunque, in Irlanda, abolire il diritto di primogenitura senza
ferire menomamente l'opinione nazionale. Sarebbe questo, all'incontro, il miglior
mezzo di porre la legge in armonia collo spirito pubblico, S'egli è vero che le
leggi civili di un popolo esprimono i suoi costumi, non si può egli dire che,
fino a quando in Irlanda un'aristocrazia antinazionale conserverà i suoi pri
vilegi civili, vi sarà una contraddizione flagrante tra i costumi e le leggi?
Uopo è riconoscere ancora che l'abolizione del diritto di primogenitura non
produrrebbe in Irlanda le rovine ch'essa può fare in Inghilterra. Esistono bene
in Irlanda magnifici poderi e splendide abitazioni: ma sono come tante oasi nel
deserto. Il ricco proprietario irlandese suole circondare la sua residenza d'una
certa estensione di terre riservate, sulle quali accumula tutfe le s-ie cure, tutto
il suo lusso, e tutto il suo orgoglio. Se si arresta lo sguardo su questo spazio
ristretto, si crederà di essere ancora in Inghilterra; ma tostochè si guardi al di
là, si trova da ogni parte il più tristo spettacolo. La terra si mostra povera
quanto i suoi abitatori; sembra che tramandi il riflesso della loro profonda mi
seria: capanne immonde, campi aperti, suolo nudo di alberi, tutto presenta
l'aspetto della desolazione.
In Inghilterra, la fattoria è si ricca, che si confonde colla riserva del pro
prietario. In Irlanda vi ha, al punto in cui finisce la cinta riserbata del ricco,
una spezzatura improvvisa , e si stenta a credere che quella laida fattoria, sede
di tanto malessere e tanta miseria, dipenda dal superbo palagio in cui si annida
tanta opulenza.
Ora si può egli supporre che vi sarebbe luogo a grandi lamenti, quando una
buona legisìazione sopravvenisse a dividere questi immensi poderi così orrendi
a vedersi ? Vi sarebbe da compiangere la mutilazione, se tutti questi poderi, co-
989 BEAUH0NT. — CONDIZIONE DIGLI AOBICOLTORI IN IRLANDA.
FAUCHER.
Secondo l'uso stabilito e sanzionato da formali ukasi, ogni servo di questa classe
deve al suo padrone tre giornate di lavoro per settimana. I proprietarii esigono
inoltre dei tributi in miele, in uova, in pollame, ed anche in montoni. Indipen-
denteniente dal lavoro dei campi, le donne devono in inverno fitare per il pa
drone una certa quantità di canapa o lana. Alle epoche della messe i contadini
prestano certe giornate supplementari. Si domandano loro pure dei carri per il
trasporto delle biade, non che legno ed altre provviste.
Quando i contadini son servi da corvata, il padrone ordinariamente abban
dona loro la maggior parte delle sue terre, che essi coltivano per appezzamenti,
ciascuno a conto proprio; ed il padrone si riserba l'altra parte, nella quale i
contadini lavorano per lui e della quale egli vende i prodotti. Ordinariamente
ancora permette loro di prendere nei suoi boschi quanto occorre per loro com
bustibile e per.la costruzione delle loro caso. Il quale sistema porta loro molti
abusi ed atti di oppressione, che le autorità dovrebbero reprimere, ma chtt non
reprimono perchè ogni uomo potente in un governo assoluto, ad imitazione del
sovrano medesimo, si colloca sempre al disopra della legge. Citiamo anche qui
Mr. Tourgueneff.
« Avviene spesso che i piccoli proprietarii facciano lavorare i contadini per
più di tre giorni la settimana, e moltiplichino senza scrupolo i tributi d'ogni
specie. Qui si troverà un uomo brutale che carica di bastonate i suoi schiavi;
là sarà un ubbriacone che, nei suoi momenti di ebbrezza, si permette estreme
violenze contro le povere donne e le ragazze che il destino ha sottomesse al suo
potere. Più lungi sarà uno spirito cattivo che si diverte a tormentare tutto ciò
da cui sia circondato. Poi vengono gl'imbecilli che, credendo di non fare se
non ciò che gli altri fanno, commettono soventi veri misfatti. Poi ancora gli
oziosi, che si procurano qualche distrazione nell'esercizio dei cosi detti diritti
signorili Uno degli abusi più rivoltanti è quello che esiste nelle provincie
della Russia-Bianca (VVitepsk, Mohilow), dove i contadini son così miserabili, da
eccitare la pietà degli schiavi russi propriamente detti. Colà i proprietarii cedono
i loro schiavi a centinaia e migliaia a degli artigiani che intraprendono lavori di
colmate in tutte le provincie dell'impero. Questa povera gente viene principal
mente impiegata alla costruzione delle grandi strade e dei canali. In tal caso il
proprietario s'impegna a fornire un dato numero d'uomini per un dato prezzo,
e l'appaltatore si obbliga a nutrirli durante il viaggio ed il lavoro. Il proprietario
incassa il danaro, ed i lavoranti si credono fortunali quando abbiano avuto un
elemento bastevole per non morire ».
Un altro abuso che ricorda il clearing system praticato nelle montagne scoz
zesi e sui poderi dei grandi signori irlandesi, consiste nel trasportare i con
tadini da una contrada in un'altra. I proprietarii, secondo Mr. TourgiieneiT,
vi guadagnano doppiamente. Dapprima sgombrano della popolazione sover
chia la terra da cui i contadini son tolti ; poi col loro aiuto popolano, e fan
coltivare le terre incolte in alcune steppe. Qualche volta alcuni infami spe
culatori trovano il loro conto a vendere dapprima i contadini separatamente
a proprietarii di terre disoccupate; il podere, provveduto d'un numero suffi
ciente di coltivatori, diviene poscia l'oggetto d'una seconda vendita, che si fa'
in massa o al minuto ai proprietarii dei dintorni. I contadini cosi trapiantati
muoiono in gran parte per malattie o per miseria; ma ne restano soventi ab
DELLA SERVITÙ IN RUSSIA. 987
servi nelle tre provincie della Livonia, dell'Estonia e della Curlandia. Il buon
successo di questa provvidenza ne rendeva possibile quant'era desiderabile l'e
stensione. Ma l'opera dell'emancipazione si arrestò. I signori russi avevano con
sentilo l'affrancamento dei servi nelle provincie i cui proprietarii erano d'origine
tedesca; ma non han permesso che la libertà intaccasse il territorio russo. La
provìncia di Pskow era stata compresa nel medesimo governo che le provincie
del Baltico, ciò che poteva passare per un inizio di assimilazione. Ma a ciò fu
limitata l'opera della riforma. Mr. Tourgueneff racconta che parecchi nobili
russi, come il conte Voronzoffed il principe Mentzikoff, si erano associati collo
scopo di emancipare i loro schiavi, ma si elevò contro questa sant'impresa un
sì alto clamore che l'imperatore credette dovervisi opporre. Mr. Tourgueneff
vorrebbe che nell'emancipazione dei servi russi, si rinunziasse ad ogni misura
transitoria ; li considera come maturi alla libertà. Ma conviene egli arrestarsi
all'emancipazione personale, o aggiungere al dono della libertà la proprietà e
l'usufrutto d'una porzione della terra che lo schiavo ha bagnato e fecondato coi
sudori durante la sua servitù? L'autore non si pronuncia su questa difficoltà,
la cui soluzione si troverebbe forse in un sistema di mezzeria, simile a quello
che si pratica ancora in Francia, o in una combinazione come è quella che ha
convertito in liberi contadini censitari i servi polacchi. In tutti i casi Mr. Tour
gueneff vuole che le leggi assicurino al servo affrancato la proprietà di tutto ciò
che possedeva quand'era schiavo.
L'emancipazione dei servi costringerebbe il governo russo a trasformare l'im
posta della capitazione in imposta prediale. La medesima legge che vi stabili
rebbe la libertà fonderebbe cosi le finanze ed il credito dell'impero. Mr. Tour
gueneff si duole di ciò che l'emancipazione degli schiavi, la quale forma daper-
tutto una generale preoccupazione, non si discute neanco a Pietroburgo ed a
Mosca. Ma che importa che il suo pensiero non si trovi fra uomini interes
sati e prevenuti ? La forza delle cose, e la spinta della civiltà europea lo vo
gliono : qualunque Sia la potenza degli czar, essi non comandano alla necessità.
991
CH. VOGEL.
un'influenza preponderante , fondata meno sul numero, che sul loro stato di
cognizioni e di civiltà più avanzata, erano dalla corrente democratica spinti ad
obbliare questo grande interesse, cercando una più stretta comunanza col rima
nente della Germania.
Le idee liberali e costituzionali avevano fermentato al tempo medesimo. La
domanda d'una costituzione fu il segno della rivolta, che scoppiò il giorno 19
marzo 1848 a Vienna , dove la democrazia suonò in certo modo lo sveglio
delle nazionalità, le quali scoppiarono da ogni parie in desiderii impetuosi e
ben presto invasero tutta la scena. Il movimento costituzionale non aveva una
base seria che in una parte della nobiltà e delle classi mezzane , che , stanca
d'una immobilità troppo lunga, aspirava da lungo tempo ad ottenere una parte
più larga ed attiva nel potere legislativo e nella direzione degli affari pubblici,
in seno alle diete generali e provinciali. Ma lo scopo di queste tendenze va
riava secondo le variatissime condizioni del reggime a cui erano sottoposte le
varie parti dell'impero, ed era grandemente diffìcile il pervenire, per mezzo di
tante complicazioni all'unità di un generale sistema applicabile a tutta la mo
narchia. Là stava lo scoglio. Mentre in Ungheria, sotto l'antica costituzione feu
dale dei Maggiari, questi ultimi, consentendo al rinnovamento delle sue basi e
delle sue àutiche forme, come all'estensione del beneficio di rappresentazione di
cui godevano quasi soli, e che ora si voleva accordato alle ritta ed agli altri ele
menti della popolazione, non intendevano nulla concedere all'individualità delte
razze, ch'essi volevano puramente o semplicemente assimilarsi, e nulla togliere
alla loro autonomia politica e nazionale per darlo all'unità dell'impero ; la no
biltà, come il ceto medio, negli Stati ereditarli , si vedeva ancor priva da ogni
influenza politica. Le diete di queste provincie non erano che assemblee con
sultive senza facoltà deliberanti. In Ungheria, la questione di riforma parlamen
tare, intimamente legata, nello spirito del popoto dominante, al trionfo della
propria nazionalità, incontrava per questa ragione medesima un'opposizione ben
decisa fra gli Slavi illirici, da lungo tempo nemici dichiarati del maggiarismo;
e minacciava intanto di produrre , con la rottura d'ogni vincolo di dipendenza
dal governo imperiale, una scissura compiuta e permanente col resto della mo
narchia. Negli Stati ereditarli le tendenze costituzionali, in faccia ad inestrica
bili difficoltà, si erano, sin dai primi passi, sviate nel labirinto delle incertezze,
della confusione e dell'anarchia.
In mezzo a questo gran turbine , un'immensa rivoluzione sociale avveniva
nel fondo della società commossa , e sotto la pressione naturale d'irresistibili
interessi. Fino al 1848, il reggime delle campagne nei tre quarti della monar
chia era ancora pieno d'ostacoli, e di carichi feudali del pari onerosi alle popo
lazioni agricole, che nocevoli ai progressi dell'economia rurale. Il bisogno di
emancipare la terra ed i contadini più non era contestato in principio. Già gli
avvenimenti avevano cominciato quest'opera in parecchi punti. Ma da queste
parziali misure imperiosamente volute dalla gravità di qualche caso particolare,
eravi ancora un gran passo a fare per giungere alla generale e definitiva ri
forma desiderata in tutte le parti della monarchia. In tempi ordinarli, il governo
imperiale non poteva, pei tanti interessi che dovea rispettare, altrimenti proce
dere che di grado in grado e con una grande circospezione. La rivoluzione del
1848 troncò il nodo. Il commovimento generale, scrollando tutte le basi e tutti
LA RIFORMA DELLE CAMPAGNE IN AUSTRIA. 993
occupava degli affari e delle liti riguardanti i vassalli se non in grado di appello,
e, dietro loro ricorso, aveva espressamente la missione di difenderli e garantirli
contro gli abusi del potere signorile.
Ciò quanto alle persone. Riguardo alla proprietà del suolo, i diritti dema
niali che ne regolavano per consuetudine il modo di coltivarlo, l'uso e i bene-
ficii, presentavano la più grande varietà. Derivavano dal principio che i conta
dini vassalli non fossero proprietarii dei fondi occupati e coltivati da loro, ma
ne avessero il semplice usufrutto ereditario. Se,fc»nondimeno, era loro permesso
ili alienarli ed anche disporne per testamento, ciò era sotto diverse restrizioni
e condizioni che principalmente interdicevano loro d'introdurvi alcuna divisione.
L'integrità di ogni fondo descritto in cadastro doveva essere rispettata, ed il
figlio o erede che succedeva lo riteneva esso solo, salvo a compensare altrimenti
i suoi coeredi. In cambio di questo godimento d'usufrutto, il vassallo doveva
al signore l'esecuzione di molti obblighi e servigli. Questi carichi si traducevano
principalmente dai contadini nella prestazione delle corvette, chiamate roboten
(da una parola stava che significa travaglio), per la coltivazione del podere
privato del signore, come nel pagamento dei diversi tributi che or ora diremo.
Il numero delle corvate esigibili, il cui maximum era stato fissato da imperiali
patenti per ogni provincia , era molto vario. Mentre nell'Alta Austria e nella
li uni vina non era che di 6, 12 o 14 giorni per anno, ascendeva fino a 104 od
a 156 giorni per anno nella Stiria e nella Gallizia; ed in Ungheria si stabiliva
quasi generalmente per 104 giorni di corvate manuali, o 52 di giornale a car
rate. Onde determinare la misura e le regole applicabili al pagamento dei carichi
feudali, erasi formato in quasi tutte le provincie un urbarium o quadro normale
dei poderi, nonchè delle prestazioni e de' tributi relativi a ciascuno. Un quadro
simile mancava nondimeno ancora nella Transilvania. La consuetudine suppliva
al difetto della legge. Tutti i poderi signorili, anche quelli che si estendevano in
molti villaggi, erano in generale dichiarati indivisibili dalle leggi urbariane, che
mantenevano rigorosamente le demarcazioni tra i beni domenicali, ossia i po
deri privati del signore, ed i beni rusticali abbandonati ai contadini in tanti
piccoli fondi. Lo smembramento di questi fondi era, come abbiam detto di so
pra, egualmente proibito. •
. La corvata grave per quanto fosse, non impediva che i contadini dovessero
sopportare inoltre molti altri carichi. Dei tributi in danaro o in derrate, dei di
ritti feudali di mutazione, indicati sotto il nome di laudemium e di mortuariwn,
secondo che la mutazione aveva luogo tra vivi o a causa di morte; delle tasse
rimunerative della giustizia patrimoniale, delle decime riscosse a vantaggio del
cler6,-delle abbazie, delle città, o di altri proprietarii , l'accompagnavano ordi
nariamente , e qualche volta la sostituivano, lìravi inoltre il dritto di propina
tone, specie di monopolio per manipolare e vendere la birra e l'acquavite ,
esercitato dal signore sulle sue terre, e che era molto lucroso, specialmente in
Gallizia. Aggiungasi che questi moltiplici carichi non dispensavano i contadini
dal servizio che lo Stato poteva loro richiedere gratuitamente o mediante leg
gieri compensi, per alloggio militare, per trasporti, per costruzione di strade, o
per altri lavori di pubblica utilità. Essi gli dovevano, anche direttamente, tutte
le contribuzioni, eccettuata l'imposta fondiaria che negli Stati ereditarii era in
geuerale pagata dai signori. In Ungheria nondimeno ^a nobiltà andava general
998 CU. YOC-EL.
mente libera da tale imposta, come dalla maggior parte delle altre contribuzioni
pubbliche, ed aveva sempre strettamente mantenuto il privilegio delle immunità
di cui a tal riguardo godeva.
Il reggime dei contadini si mostrava dolcissimo nelle provincie tedesche,
che erano state le prime a fare dei grandi passi verso l'emancipazione della
classe rurale, e nelle quali essa , più efficacemente protetta dalle leggi e meno
aggravata di carichi, si vedeva oggetto di maggiore sollecitudine. I proprieturii
colà erano più illuminati, i fondi meglio amministrati, le corvate men lunghe e
meno penose. Bisogna ancora tener conto della felice influenza esercitata dal
l'arte sull'agricoltura in quella parte dell'impero. L'agiatezza era così arrivala a
propagarsi egualmente nelle campagne. I contadini sìavi delta Boemia e degli
altri Stati tedeschi che offrono una popolazione mista , godevano una sorte
meno invidiabile j ma i più infelici, o per lo meno i più abbrutiti e meno ac
cessibili allo spirito di progresso, eran quelli delle provincie ungheresi e polac
che. Queste contrade, esclusivamente agricole , contengono insieme più che 18
milioni d'abitanti, o circa la metà di tutta ia popolazione dell'impero , di cui
esse coprono più che i 5/5 della superflcie, e formicolano di piccoli nobili. Un
quadro ufficiale nel 1845 portava per tutta la monarchia austriaca a 575,289
la somma dei nobili adulti e maschi, non compresi quelli che fossero impiegati
nelt'armata e nella Chiesa. Ora, in questo numero, gli Stati ungheresi figuravano
per 525,095, la Gallizia per 30,646, tutte le provincie occidentali per 21,550
soltanto. La nobiltà ungherese era dunque per lo meno il sestuplo di quella
del rimanente dell'impero, e i 6/7 di essa erano maggiari d'origine, cioè fieri
discendenti degli antichi conquistatori del paese. Così questa nobiltà aveva con
servato per lungo tempo l'abitudine di subordinare ed immolare ai proprii in
teressi, bene o mal compresi , quelli di tutte lo altre classi , mentre i contadini
dei suoi poderi, oppressi da corvate e da tasse feudali, eran sempre rimasti nel
più grande abbandono , e gemevano sotto il peso dei carichi che loro si trova
vano addossati. In Gallizia per lo meno i proprietarii erano legalmente tenuti a
fornire soccorsi ed anticipazioni di grano, di bestiame e di legna ai loro vassalli
infermi o necessitosi, come a rendere gratuitamente la giustizia. Ma in Ungheria,
i vizii dell'ordinamento amministrativo e le ambagi dei procedimenti giudiziarii
lasciavano i contadini quasi senza difesa , in preda all'indole oppressiva della
classe dominante, e rendevano illusorii quasi tutti i loro richiami.
Per ben giudicare questa condizione di cose, non sarà inutile il gettare uno
sguardo retrospettivo sul disordinato reggime delle istituzioni feudali in Ungheria
avanti il 1848, e sull'insieme dei rapporti che ne derivavano dall'aspetto poli
tico e sociale. La nobiltà, in quella contrada, non solamente era una casta pri
vilegiata per eccellenza, ma formava politicamente essa sola quasi la nazione,
per effetto della natura esclusiva dei diritti che le assicuravano la più larga
influenza nell'esercizio del potere legisìativo per mezzo dei suoi deputati alla
dieta, come nell'amministrazione interna del paese , in massima parie affidata
ad agenti da lei nominati. Vi sedevano, è vero, i deputati delle città, come rap
presentanti d'un ordine distinto, ma non avendo tutti insieme che un solo voto
collettivo, essi non vi esercitavano di fatto che l'ufficio di semplici figure. La
nobiltà possedeva quasi tutte le terre. La proprietà privata, negli Stati ungheresi
in generale, si ripartiva fra 156,000 famiglie nobili, circa 750,000 conUdine
LA RIF0BMA DELLE CAMPAGNE IN AUSTRIA. 999
presso eguale a quella che esso rappresenta negli Stati germanici. La liberazione
del suolo, operata in tutto l'impero in modo da non lasciare in sofferenza alcun
legittimo interesse, non porterà dunque in uKima analisi, per la liquidazione
delle indennità da parte dello Stato e delle provinole, se non una somma di 500
milioni o tutt'al più 600 milioni di franchi, le cui scadenze si ripartiscono sopra
un lungo corso di tempo. Non è questo certamente un prezzo che possa dirsi
troppo caro per un tal risultato.
Aggiungasi che la frontiera militare era stata riordinata del pari sotto la data
del 7 maggio 1850. I militi sono oggidì proprietarii del suolo da loro occupato.
Si è cercato di meglio armonizzare questo reggime di proprietà speciale coi prin-
cipii del diritto comune in materia di successioni e testamenti, e facilitare i mezzj
di uscire dal sistema d'indivisibilità, senza recar pregiudizio allo spirilo di co
munanza militare.
Le conseguenze di tutte queste misure , strettamente legate fra loro , esi
gono di venir giudicate nel loro insieme. Dappertutto esse han reso liberi i
proprietarii e i contadini ed han fatto cominciar per loro il reggime dell'egua
glianza civile. Questa classe oggidì più non vede i suoi dritti di proprietà
sottomessi ad altre restrizioni, fuorchè quelle la cui esistenza è voluta da inte
ressi generali e superiori, o da ragioni di politica economia, come per esempio le
disposizioni che tendono ad impedire la troppa suddivisione dei fondi, o la de-
vastazioue dei boschi. Nondimeno la nuova legistazione ha schiuso alla mobi
lizzazione di questo genere di proprietà un campo abbastanza vasto per i veri
bisogni dell'economia rurale cancellando affatto le antiche distinzioni tra beni
domenicali e beni rusticali. Le riforme eseguitesi costituiscono dunque un im
menso progresso per l'Austria. Non potrebbero mancare di produrre ogni anno
un notabilissimo miglioramento nel benessere dei coltivatori, e nei redditi me
desimi de' grandi proprietarii. Infatti, questi ultimi non vi perderanno , come
si potrebbe forse crederlo a prima giunta, perchè le grandi linee di ferrovie
che si costruiscono, e le facilità di comunicazione e trasporto che si estendono,
e moltiplicano di continuo in tutte le parti dell'impero, tendono per la for
tunata coincidenza del loro rapido e continuo svolgimento colla disparizione
degli ostacoli materiale e sociale del reggime abolito , ad accrescere di molto il
valore dei fondi insieme a quello dei prodotti rurali che di giorno in giorno
trovano nuovi sbocchi. La manodopera finì di esser gratuita , ma la coltura
divenne infinitamente più produttiva. I vantaggi del cangiamento erano d'al
tronde già dimostrati dall'esperienza dei proprietari che avevano potuto porsi
di accordo coi loro inquilini nelle convenzionali sostituzioni del lavoro pa
gato al lavoro da corvatti. Essi son divenuti sempreppiù manifesti nel seno
dell'abbondanza, di cui la terra ungherese ò stata favorita senza interruzione
questi ultimi anni. L'alta nobiltà in Austria deve all'estensione dei suoi fondi
l'essere, dopo quella dell'Inghilterra, la più ricca aristocrazia territoriale che
esista nel mondo. Quindi molte famiglie, fra le quali ci limiteremo a citare come
esempi, i principi di Lichtenstein e di Esterhazy, godevano poco fa una mezza
sovranità di potere signorile sopra vasti territorii che comprendevano principati
intieri. Tutte queste famiglie han conservato la proprietà dei loro immensi po
deri, i quali, per la massima parte mal coltivati altra volta per mezzo delle
corvate, da ora innanzi lo saranno con frutto molto maggiore da filiamoli o
LA RIFORMA DELLE CAMPAGNE IN AUSTRIA. 1007
f1) Die Staatsmanner Preussent, Stein und Hardenherg (Gli Statisti della Prussia,
Stein ed Hardemberg). Lipsia 1842.
Ueher die Agrarische Gesetzgebund in Preussen, von K. L. Hcring (Sulla legisla
zione agraria della Prussia). Berlino 1837.
Gesetz Sammlung fiir die Kb'niglich-Preussische Staaten (Collezione degli editti
della Prussia). Berlino.
(2) Niebuhr, Roma, voi. IV, pag. 329.
Econom. 2* serie Tom. I. — 64.
1010 RIVISTA DI EDIMBURGO.
loro davano il titolo ed i diritti di sovrani, senza che alcuna umana potenza
pensasse a reprimere i loro eccessi. Ma nel corso di tre secoli successivi, Fede
rico IV e i suoi successori furono talmente occupati a battere in breccia le pre
tese più generali dei nobili, da non avere nè il tempo, nè fors'anco il pensiero,
d'intraprendere importanti riforme agrarie. Tuttavia, le leggi di quei tre secoli
piantarono in cèrto modo le basi delle riforme eseguitesi ai nostri giorni; quan
tunque la loro unica tendenza fosse quella di creare e mantenere una certa classe
di feudi-paesani o di Bauerhcefe (1), per la quale i sovrani feudali hanno ge
neralmente mostrato una particolare tenerezza. Questi bauerhcefe meritano di
essere peculiarmente spiegati.
Secondo una massima fondamentale del fehurecht, o codice feudale, nel
modo che era in vigore per tutta la Germania, e che ancora sussiste in Ungheria,
il nobile andava affatto esente da ogni imposta diretta. Egli teneva le sue terre
dal suo servigio di cavaliere, e queste terre erano ritterfrei (a parola, cavaliere
libero) da ogni tassa ed imposizione ordinaria. Quando, in un'epoca comparati
vamente moderna, le modificazioni del sistema feudale, risultate dalla creazione
degli eserciti permanenti, costrinsero i sovrani a porre contribuzioni fisse sulle
proprietà signorili, i nobili, liberandosi da tali gravezze, le fecero ricadere sopra
una certa classe di loro immediati vassalli, ai quali avevano già assegnato
terre ed anticipato capitali, quasi secondo il sistema dei mezzaiuoli francesi.
Questi bauers furono allora obbligati a pagare le contribuzioni dei loro signori.
Il qual compromesso, che lasciava ostensibilmente intatto il principio dell'immu
nità dei nobili, fu approvato dal governo sotto la condizione che, se i bauers
non potevano, per una causa qualunque, soddisfare alle giuste esigenze del fisco,
i signori sarebbero stati tenuti a colmare la deficienza. Da ciò, per una conse
guenza necessaria, quei feudi-paesani, su cui la corona aveva acquistato una
specie d'ipoteca per il pagamento delle tasse, non poterono più dai nobili essere
furtivamente liberati da questa gravezza, incorporandoli colle loro terre franche.
Ai termini del Bauer-Ordnung, o codice dei contadini del 1775, essi non dove
vano tornare a possederli che dopo aver fornito prove sufficienti di volervi fis
sare la loro residenza, ed indennizzare ampiamente i contadini che li occupavano.
L'estensione di tali feudi variava, secondo la qualità del suolo, e secondo
altre circostanze, da 40 a 100 acri. I dritti dei contadini non erano nè daper-
tutto eguali, nè esattamente determinati. Un feudo, per esempio, passava agli
eredi dett'occupante; soltanto il signore aveva il privilegio di scegliere fra questi
eredi colui che sembrava più capace di trarne i prodotti più vantaggiosi. Un
altro, all'incontro, non poteva validamente trasmettersi se il nuovo occupante non
pagava al signore una certa somma Uaudemium). Da un altro lato, il contadino
aveva dritto alla terra in tutto il corso della sua vita , e non poteva esserne
(1) Nei amiamo meglio conservare la parola tedesca batter, paesano, che cercarne
un sinonimo. Il bautr tedesco, e il bure o gebure, o domesday, sono la stessa cosa, in
due dialetti di una medesima lingua. Il loro sinonimo latino era colihertus. Ciò risulta
da un paragrafo intitolato : De Gebxtri consuetudine di un curioso glossario riguardante
l'antico servigio, trovato fra i manoscritti della biblioteca Cottoniana, ed abbastanza an
tico perchè la biblioteca del Corpus Christi in Cambridge ne possieda una traduzione
anglo-sassone.
LEGISLAZIONE AGRARIA DELLA PRUSSIA. 1015
privato che in certi casi specificati : 1° per incapacità manifesta; 2° per insubor
dinazione; 3° per abitudini notoriamente malvagie; 4" per rifiuto di sottoporsi
alle obbligazioni solite. Tutte le volte che il suo signore credeva doverlo conge
dare, egli era costretto di tener conto dei miglioramenti. Inoltre, doveva mante
nere gli ediflzii in buono stato e sovvenire ai bisogni dei vecchi e degl'indigenti.
Le servitù variavano secondo i paesi e le signorie, ed erano proporzionate all'e
stensione ed alla qualità del fondo conceduto; il signore era obbligato a lasciare
questi feudi costantemente occupati dai contadini ; ma poteva opporsi ai matri-
monii dei suoi vassalli; imponeva loro la professione o il lavoro che gli conve
nisse, ed esercitava su di loro i piùlarghi poteri di giurisdizione civile e penale.
Tuttavia la maggior parte di tali usanze si applicavano ancora, importa il ricor
darlo, ad altre specie di feudi.
Indipendentemente da questa classe speciale di vassalli la popolazione agri
cola si componeva in parte di Freibauers, o contadini liberi, che erano liberi,
sia perchè erano stati emancipati, sia perchè avevano, coll'adesione dei signori,
preso possesso di terre abbandonate. In fine, esisteva ancora una numerosa
classe di contadini o individui, i quali, associatisi insieme, coltivavano in co
mune una certa estensione di terreno. Queste comunità agricole (Dorf-Gemeinde)
ltan sempre costituito uno fra i caratteri speciali dell'economia rurale di Germa
nia, ed erano se non in pratica, almeno storicamente parlando, residui di antiche
colonie teutoniche descritte da Tacito. Comunità in tal modo associate dovevano
forzosamente condannarsi ad una perfetta uniformità di coltura, affinchè il be
stiame degli uni non andasse a commettere guasti nelle raccolte degli altri. Ma
le restrizioni che un tale stato di cose rendette indispensabili nocquero talmente
ai generali progressi dell'agricoltura che uno fra i primi oggetti di riforma fu
quello di assicurare la loro abolizione. Quelle piccole corporazioni rurali erano
in generale tanti feudi, sia della corona, sia di qualche prossima signoria, o do
vevano la loro esistenza al patronaggio di qualche istituzione religiosa. È quasi
inutile il notare che, oltre alle varie classi di vassalli e fittaiuoli di cui abbiam
parlato, eravi un considerevole numero di garzoni e giornalieri (Gesinde) che
ricevevano la loro mercede, o in vestiti o in cibi, o parte in vestiti e cibi, e parie
in terre. Questo schizzo sommario dell'economia territoriale della Prussia, permet
terà ai nostri lettori di comprendere e seguire più agevolmente le successive mu
tazioni che ora racconteremo. Prima di cominciare il nostro riassunto delle più
antiche leggi ed ordinanze agrarie, importa ancora il notare che il primo cada-
stro della Prussia fu cominciato dal padre di Federico il Grande nel 1717, e
che tutte le terre tenute in feudo vi furono registrate e classificate. Questo ca-
dastro ha poi servito di base a tutte le posteriori operazioni fiscali.
Le leggi agrarie dei primi sovrani della Prussia furono principalmente di
rette contro le frodi dei nobili e dei proprietarii territoriali che rovinavano e
cacciavano i loro contadini per usurpare i fondi tolti ai medesimi. Due princi
pali cagioni li determinavano ad operare in tal modo. Da un lato, l'alto prezzo
dei grani che tendeva sempre ad elevare uno stato continuo di guerra , offriva
loro la probabilità di trarre enormi guadagni da una più estesa coltura del
grano; da un altro lato, essi si sottraevano alla responsabilità fiscale collegata
al feudo del contadino. Così noi vediamo tutti i sovrani della Prussia, da
Gioachino 1 sino a Federico-Guglielmo IU, a torturarsi la mente per iscoprire i ^,
1014 RIVISTA DI EDIMBURGO.
mezzi di neutralizzare la cupidigia dei loro vassalli. Nel 1G67 il grande elet
tore minaccia le pene più rigorose a tutti coloro che « persisterebbero a cac
ciare i contadini dalle loro terre o si ricuserebbero a darle ad altri i quali sareb-
bersi offerti per occuparle, operando cosi nell'intenzione di godere esclusivamente
i loro prati e le loro terre lavorative ». Nell'editto del 14 marzo 1739, Fede
rico 1 dichiara altamente che egli si vendicherà « di tutti coloro i quali, a con
tare dal Margravio sino alt'ultimo nobile, osassero a loro rischio e pericolo cac
ciare arbitrariamente, senza buone ragioni legali, un contadino dal loro feudo,
o permettere che un tal feudo, quando la morte, la guerra, o qualunque altra
causa, lo rendesse vacante, restasse disoccupato, od incorporare simili terre alle
loro proprietà signorili. A. tali niinaccie succedettero di tempo io tempo paterne
preghiere in favore degli sventurati servi, oppressi dalle esazioni dei loro nobili
padroni. Sembra nondimeno , che le preghiere sieno state tanto inutili quanto
le minacele. Percorrendo i molti editti che costituiscono i primi annali agrarii
della Prussia, non si acquista uua favorevole opinione intorno alla condotta dei
nobili o proprictarii verso i loro vassalli o verso il loro signore ; giacchè siamo
con pena colpiti dall'ostinatezza con cui essi si attaccavano ai più assurdi e meno
utili fra i loro barbari privilegi, dalla piena indifferenza per il benessere degli
uomini di cui regolavano il destino, e dalta negligenza degl'interessi generali dello
Stato. Sembra che abbiano fedelmente conservato il primo gusto che la storia
loro attribuisce : materia munificentùi! per beltum et raptus. Così fa sorpresa del
pari che dolore il vedere che settanta individui furono in un sol giorno decapitati
per furti commessi sulle grandi strade , senza distinzione di rango o di nascita.
L'intronizzazione di Federico il Grande diede una nuova vita all'agricoltura.
11 vigore e la varietà delle sue provvidenze attestano l'ardente desiderio che egli
aveva di migliorarla. Ma riconoscendo che le sue raccomandazioni in favore dei
contadini erano tanto poco ascoltate, quanto quelle de' suoi predecessori, egli si
appigliò ad un nuovo caratteristico espediente. Punì d'un'annua multa di mille
talleri ogni signore, per ogni feudo che rimanesse disoccupato, e di una speciale
ammenda l'ufficiale rurale incaricato della sorveglìaza dei feudi. I suoi cem-
missarii erano del pari facoltati a sequestrare, senza arrestarsi davanti ad alcuna
considerazione, i redditi dei signori, fino alla concorrenza delle somme necessarie
per riparare quelli fra i loro fondi conceduti ai contadini che essi lasciassero
deperire. Sarebbe troppo lungo l'enumerare qui i molti sforzi di Federico H per
il generale miglioramento dell'agricoltura. Fra le più notabili e le meno efficaci
misure possiamo citare le somme enormi che egli diede a titolo d'imprestito ai
proprietarii di terre. Questa straordinaria prodigalità è tanto più notabile in lui
quanto che egli si mostrò sempre avarissimo. Un sol esempio basti per giudicare
sino a qual punto egli abusò di questo mezzo primitivo di rimediare ai mali agri
coli. Nei venti anni che tennero dietro alla guerra dei sett'anni spese in tal modo
circa 25 milioni di frauchi nella sola provincia di Pomerania. Un tal dono equi
valeva a rilasciare l'imposta fondiaria per il corso di vent'anni. Queste larghezze
accrebbero l'indolenza piuttosto che stimolare l'attività dei proprietarii nobili ;
è un fatto che sembra oggidì generalmente ammesso, e può servire di lezione.
Ma la misura più importante, quella i cui effetti si fanno ancora general
mente sentire in tutto il regno, fu l'introduzione dei banchi ipotecani provinciali,
sotto la sorveglianza del governo. Questi banchi si chiamarono Landschaften,
LEGISLAZIOKB AGRARIA DELLA PRUSSIA. 1015
perchè i loro membri fondatori appartenevano alla Landschaft o alle diete pro
vinciali. Un intelligente negoziante, per nome Buhring, ne aveva fornito il primo
concetto. Essi rendettero indubitatamente immensi servigi a tutte le persone che
si occupavano di coltivazione. Il loro primitivo scopo era quello di liberare i
proprietarii da tutti i creditori usurai, prestando loro un certo capitale. In ori
gine furono costituiti sulle basi seguenti.
Ogni proprietario territoriale potea, volendolo, ipotecare i suoi immobili ad
un banco per azioni, e riceveva in biglietti da 500 talleri almeno per ciasche
duno, la metà o i due terzi del loro valore qual era determinato dalle stime uffi
ciali. Questi biglietti dovevano esser pagabili al latore, e portare interesse di
giorno in giorno. Il banco prendeva per le sue anticipazioni un interesse di 1
per 0/0 oltre all'interesse corrente. Le somme che ritirava in tal modo, servi
vano a coprire le sue spese, e formare un fondo d'ammortizzazione, destinato
alla ricompra graduale delle proprietà ipotecate. Era inutile iscrivere sui biglietti
il nome e l'indicazione d'alcun mutuante o di alcun fondo, perchè le proprietà
di tutti i debitori rispondevano solidariamente per il pagamento di tutti i bi
glietti. Se uno fra i debitori non pagava regolarmente l'interesse stipulato, le
sue proprietà venivano immediatamente poste in vendita.
Il primo banco ipotecario fu fondato nel 1772, nella provincia di Silesia, ove
i fondi dei nobili si trovarono per effetto della guerra, in uno stato d'imbarazzo più
allarmante che altrove. Questo saggio riuscì compiutamente, e la Landschaft sile-
siana fu ben presto in condizione sì prospera, da poter diminuire a solo 4 per 0/0
la meta dell'interesse. Nei primi 18 anni della sua esistenza la somma delle sue
operazioni ascese a circa 14 milioni di talleri. Il felice esempio della Silesia non
tardò ad essere seguito da altre provincie, e le anticipazioni collettive dei banchi
ipotecarli ascendevano quando fu chiamato Stein al ministero, cioè nel 1807, a
più che 8 milioni di lire sterline. I tre quinti circa di questa somma erano già pas
sati nelle mani dei capitalisti o nelle casse delle pubbliche istituzioni e delle opere
pie. I due altri quinti continuavano a circolare come una carta-moneta popola
rissima: tuttavia due gravi errori arrecavano un gran pregiudizio al credito di
tali banchi, ed impedivano che rendessero tutti i servigi che si aveva il dritto
di attendere. Da un lato la stima dei fondi era andata tropp'alto, perchè si
era fondata sui calcoli dei guadagni fatti nell'epoca della guerra; da un altro lato,
la saggia disposizione che istituiva i fondi d'ammortizzazione non aveva ricevuto
alcun effetto. Questi due errori furono rimediati più tardi ; ed è una giustizia
che si deve rendere all'inventore del sistema, il confessare che il tempo giustificò
pienamente l'esattezza dei suoi calcoli. La maggior parte dei miglioramenti in
trodotti in tali istituzioni non furono, per così dire, che il ritorno dei principii da
lui emessi in origine come loro regola di condotta. Del resto, essi erano pervenuti
a un tal grado di prosperità dal 1857 al 1840, da aver potuto ridurre a o e
mezzo per 0/0 la metà dell'interesse. A quell'epoca la somma totale dei loro
biglietti, da 25 a 100 talleri ciascuno, sorpassava 12 milioni di lire sterline.
Malgrado questo enorme aumento, e la graduale diminuzione dell'interesse, il
prezzo di questi titoli, Pfandbriefe, come si dicono, si è mantenuto più alto (1),
più vergognosi della più spregevole vilta. Il momento era favorevole per strappare
a coloro che avevano usurpato e tradito un sacro dovere, alcuni fra i loro pri
vilegi, ehe altro dritto non avevano ad essere rispettati, all'infuori di quella che
Hurke giustamente chiamava « iniqua legalità ».
Il primo atto ufficiale di Stein fu la pubblicazione del memorabile editto
9 ottobre 1807 che permetteva ai nobili di acquistare terre coltivate dai conta
dini, e ai contadini terre appartenenti ai nobili ; aboliva la servitù personale ;
proibiva la futura creazione d'un simile status; e finiva colla promessa che il
dritto di possedere terre si sarebbe esteso quanto più fosse possibile.
Va anno non era scorso dacchè Stein aveva così chiaramente annunziata la
rivoluzione che proponevasi di compire , quando un imprevisto avvenimento
venne ad impedirgli l'esecuzione dei suoi progetti ed offrire ai suoi avversarli un
momentaneo trionfo. Trasportato dall'ardore del suo patriotismo e dalla viva
cità naturale dei suoi sentimenti, egli ebbe l'imprudenza di affidare ad un amico
che partiva per Pietroburgo una lettera indirizzata al generale russo, principe|di
Wittgenstein, nella quale lo incoraggiava a marciare contro i Francesi. Il messag-
giero cadde fra le mani del nemico, e si trovò fra le sue carte la lettera del
primo ministro. Quest'arresto e questa scoverta, che forse non furono intiera
mente dovute al caso, costrinsero Stein a dimettersi e ritirarsi sotto la prote
zione dell'Austria. Ma quantunque egli non esercitasse mai più le funzioni di
cancelliere di Stato, ebbe la soddisfazione di essere un attivo ausiliare dei mini
stri incaricati di applicare e svolgere le sue idee, e d'aiutarli coi suoi saggi con
sigli a far maturare i germi di rigenerazione che aveva così arditamente seminati.
La dichiarazione, in cui prese congedo dai suoi colleghi, e che è generalmente
conosciuta come suo testamento politico, contiene uno schizzo abilissimo e rigo
rosissimo delle liberali ed illuminate riforme che egli voleva dare alla Prussia.
Stein mori nel 1825, ed ottenne senza contrasto uno dei primi posti fra i grandi
uomini di Stato prussiani.
Hardenberg, a cui Stein era succeduto, lo rimpiazzò. Nondimeno, era lale
l'antipatia di Napoleone verso Hardenberg, che un lungo corso di tempo dovè
trascorrere fra la dimissione di Stein e la nomina del suo successore a titolo di
cancelliere di Stato. Nell'intervallo, queste funzioni rimasero sospese. Non si
videro mai due uomini d'un'indole più diversa che quella di Stein e di Harden
berg, e le cui discrepanze apparentemente tendevano a conferire maggior forza
alla loro combinata azione. L'energia violenta di Stein, ridotta a se sola, sa
rebbe forse fallita, perchè non poteva nè sopportare alcuna contraddizione, nè
tener conto d'alcuna difficoltà. Ma essa fu felicemente ed abilmente secondata
da quella fertilità di espedienti e da quella sottigliezza diplomatica, che permi
sero ad Hardenberg di eludere la gelosa sorveglianza dei suoi avversarli. La
destrezza straordinaria con cui Hardenberg ingannò Napoleone e lo tenne, mal
grado la sua dichiarata diffidenza, in una piena ignoranza dei varii preparativi
della gran lotta del 1812, contribuì tanto ad assicurarne il trionfo, quanto il
sistema agrario di Stein o il Tugendbund ; ed il suo felice successo rimase come
un monumento perpetuo de' suoi diplomatici talenti.
Carlo Augusto, successivamente conte e principe di Hardenberg, era nato
nel 1750 in Annover. Suo padre, maresciallo di campo nell'armata annoverese,
si era distinto sotto i duchi di Cumberland e di Brunswick. Dopo una lunga
1018 RIVISTA DI EDIMBURGO.
nostri affitti perpetui. In ambi i casi, il suo scopo era abbastanza evidente. Si
trova d'altronde provato, con tutta la chiarezza desiberabile, in due editti agrarii,
promulgati il 14 settembre 1811. Essi, con la dichiarazione suppletoria del
29 maggio 1816, formano la base del moderno codice agrario. Siccome furono
pubblicati nel medesimo giorno, così qualche volta si confondono. Il primo ha
per titolo: Editto per regolare i rapporti dei signori {grund-herrn) e dei fittaiuoli
paesani {bauers), ed è strettamente limitato alla classe particolare dei feudi
fiscali, di cui più volte si è trattato. Ordina « che tutti i feudi dei paesani che
riuniscono certe condizioni qui sopra specificate, divengano proprietà assoluta
dei loro occupanti alla data della sua promulgazione ». Esso in conseguenza
esigeva: 1° che fossero stati creati nello scopo primitivo di mantenere gli occu
panti nella qualità di linaiuoli indipendenti ; 2" che fossero registrati sulle liste
delle contribuzioni delle provincie, come feudi paesani; 5J che fossero stati occu
pati, negli anni normali della monarchia, da fittaiuoli paesani distinti ; 4° che
imponessero al signore l'obbligo di mantenerli sempre occupati nel medesimo
modo; 5° che il signore fosse responsabile del pagamento delle tasse. Una di
stinzione in seguito si fa tra quei feudi che venivano, in virtù della legge e della
costumanza, agli eredi dell'occupante, e quelli che non si trasmettevano per suc
cessione. Infine l'editto continua nei seguenti termini : « Il rapporto che vi è
stato finora in questi casi è tale, che il vero proprietario non esercita alcun di
ritto d'influenza sulla coltivazione del fondo. E nei casi in cui la trasmissione
ereditaria non ha luogo, i contadini che si succedono sopra una terra non hanno
alcun durevole interesse a migliorarla. Noi dunque non possiamo tollerare più
oltre uno stato di cose tanto nocevole all'agricoltura ».
Dopo avere cosi dichiarato che questa condizione di cose doveva cessare,
l'editto specifica le condizioni sotto le quali si farà la concessione del dritto di
proprietà assoluta. Riconosce necessario lo scoprire qualche generale principio
che possa aiutare il governo a determinarne l'esatta indennità dovuta al signore
per la totale concessione della sua terra. Dapprima ricava dai principii astratti
della costituzione che il signore deve limitare le sue domande in modo che il
contadino possa guadagnarsi una conveniente esistenza; e la conveniente esi
stenza si presume assicurata, quando il contadino conservi per proprio uso un
terzo dei profitti netti del fondo. Riunendo una tale ipotesi alla prima, la quale
ammette che le dimande dei signori sieno state già ristrette entro limiti ragionevoli,
l'editto pone il principio generale che il rilascio d'un terzo delle terre dai paesani
al signore, che avrebbe il dritto di disporne a suo bel grado, per quanto riguar
dava o le terre o la manutenzione degli edificii, era di tal natura da soddisfare
le reciproche pretese del signore e del contadino: Per i feudi cui la trasmissione
ereditaria non aveva luogo, il rilascio doveva essere d'una metà piuttosto che un
terzo. Quest'indennità dovuta al signore si sarebbe pagata, sia rilasciando effet
tivamente la sua parte del feudo, sia per mezzo di una rendita annua, secondo
la grandezza del feudo. Tutte le volte che un rilascio di terra rendesse troppo
piccolo il fondo perchè potesse coltivarsi vantaggiosamente con degli animali da
tiro, non avrebbe avuto luogo e si sarebbe mutato in pagamento d'una rendita
annua. Quanto ai servigi personali ed altri che erano dovuti al signore, si do
vevano stimare in danaro, secondo l'aumento di spesa che la loro soppressione
avrebbe cagionato nella coltura del fondo. Le altre clausole dell'editto non hanno
1020 RIVISTA DI EDIMBURGO.
I. E. HORN.
I.
In generale, la statistica agraria lascia ancora molto a bramare. Essa avrà
molta via da percorrere prima di giungere solamente a quel grado di relativa
perfezione che ai nostri tempi molti altri rami di statistica hanno raggiunto. Il
fatto è lagrimevole senza alcun dubbio, ma è assai naturale. Quali difficoltà la
statistica agraria non ha dovuto già vincere per acquistare soltanto la base delle
sue operazioni, l'esatta conoscenza dell'estensione e divisione del suolo ! Essa
non può pervenirvi con qualche certezza se non per mezzo del cadastro , opera
zione complicatissima, costosissima e sempre lentissima. Questa base ottenuta,
non si ha che il quadro; nuove difficoltà insorgono quando si tratta di riem
pirlo. L'attività agricola, su cui varie influenze, indipendenti dall'uomo, eserci
teranno sempre un gran predominio, non potrà mai essere diretta, controllata
e registrata con quella matematica precisione che forma uno fra gli elementi
vitali d'ogni buona impresa industriale e mercantile. Cosi egli è forse più facile
conoscere la produzione di tutti gli opificii d'un paese per un periodo di venti
anni, che conoscere con piena esattezza la raccolta d'una provincia per un solo
anno; poi, nessuna classe produttiva è meno inclinata a soddisfare la legittima
curiosità della statistica di quanto lo sia la classe dei contadini. Essi di rado
sanno render conto a se medesimi delle loro operazioni, nelle quali si lasciano
guidare più dall'istinto e dalla pratica che dallo spirito e dal calcolo. Diffidente
di sua natura, il contadino si fa anche più ignorante di quel che sia; le inter
rogazioni statistiche ordinariamente gl'ispirano apprensioni fiscali. Nulla dunque
di straordinario che malgrado i più lodevoli sforzi, e malgrado i sensibili pr°"
gressi fattisi in questi ultimi anni, la statistica agraria non sia ancora arrivata
(1) Sotitici Hungarice nova histor. geogr. etc. — Vienna 1735 a 1742, 4 voi. in-fol.
(2) Statistik des Ungarischen Reiches, seconda edizione, Pesi 1809 a 1811. —
2 voi. in-fol.
(5) Y. la sua opera principale: Magyarorszàg Stathtikàia (Statistica dell'Unghe
ria), Pesi 1842 a 1843, 3 voi. in-8\
Econom. 2* serie. Tomo I. — 65.
1026 i- h. houn.
natura, del caso, delle stagioni e del buon volere dell'intendente. Ciò che, infatti,
formava sino a un decennio addietro il carattere delt'agricoltura ungherese, era
appunto il fatto che niuno se n'occupò seriamente ; si lasciò che si svolgesse o
che decadesse per la sua propria forza o per la sua debolezza ; si prese ciò che
essa spontaneamente offeriva.
Per fortuna, l'ora del risorgimento politico e nazionale, suonata nel 1825,
aveva esercitato egualmente sull'agricoltura una delle più salutari influenze. Dato
una volta l'impulso, il progresso si continuò a dispetto, e forse ancora un poco
per effetto della politica disfatta che l'Ungheria ha sofferta nel 1849. Non si
potrebbe non rallegrarsene; havvi per l'Ungheria, nel progresso agrario, la ma
teria e la sicurezza d'un grande e splendido avvenire. Padrona d'un suolo me
ravigliosamente svariato, che si presta al più gran numero delle coltivazioni
europee, traversata da uno dei fiumi più maestosi, e tagliata in ogni senso da
molti corsi naturali di acqua ; posta ai confini delle due più importanti parti
dell'antico mondo, abitata da una popolazione generosa e gagliarda nei Maggiari,
da una popolazione sobria, paziente e robusta negli Slavi, da una popolazione
intelligente ed attiva nei Tedeschi ; tutto sembra riunito per rendere l'Ungheria
prospera e florida. Una cosa solamente mancava: lo spirito utilitario, l'attività
continua dell'Europa moderna. Ed oggi, essa lo va ogni giorno acquistando ; se
ciò dura, non v'ha dubbio che le ricchezze possibili, riconosciutesi sempre nel
l'Ungheria, non si mutino ben presto in ricchezze reali. Queste ricchezze sa
ranno fortunatamente, non solo per essa, ma anche per l'Europa tutta, i cui
bisogni in derrate agrarie sorpassano sempre più la produzione interna e l'offerta
straniera.
Nel libro qui sopra annunziato, Mr. Galgóczi, già conosciuto per parecchie
pubblicazioni su tal materia, ha tentato di presentarci un prospetto molto minuto
dell'odierna Ungheria. Ciò che abbiam detto ci farà abbastanza comprendere le
difficoltà della sua impresa, e il risultato che si poteva ragionevolmente aspet
tarne. L'autore ha avuto ricorso sia a dei dati ufficiali, fattisi più numerosi ed
autentici dacchè l'ufficio di statistica di Vienna ha rivolto le sue investigazioni
anche sull'Ungheria ; sia a de' dati pubblicatisi anteriormente in scritture ufficiali
o libere ; ed infine e principalmente a dei dati particolari, ottenutisi per mezzo di
quistioni indirizzate da Galgoczi a un gran numero di comuni e di grandi pro-
prietarii. Qualunque zelo, qualunque intelligenza l'autore v'abbia messo, due
inconvenienti erano inseparabili dall'indole di tali ragguagli; essi dovevano ri
manere incompleti e disuguali ; non potevano mai abbracciare in una medesima
misura tutti gli aspetti dell'argomento, come può farlo la statistica agraria
quando si basa sopra un'ampia inchiesta ufficiale. Da ciò viene che l'opera di
Mr. Galgóczi presenta spesso una gran massa di minuzie pervenutegli da diverse
parti del paese, come sulla meta dei fitti e sulle mercedi dei campagnuoli, men
tre non presenta dati generali su tutto il paese o sulle varie contrade, i quali per
mettessero al lettore di dedurre un chiaro concetto da tanta abbondanza di cifre
isolate. Da ciò la troppa estensione data ad un argomento come la coltura e il
commercio del vino, mentre l'autore destina appena un centinaio di linee a qual
che altro, egualmente importante, come per esempio, il tabacco. Da ciò ancora
certe parti generali , come il commercio de' cereali, che si trovano quasi in
tieramente trascorse sotto silenzio, a fianco di minute descrizioni per alcuni
BELL'AGRICOLTURA IN UNGHERIA. 1027
Terre Altre
Distretti lavorative Giardini
E PRATI
Pascoli Vigne Foreste colture Totale
(1) Il miglio geografico dell'Austria è un po' più luogo che il miglio tedesco, ed
equivale a 7586 metri.
(2) Il joch, misura agraria austriaca, equivale a ettare 0,575.
DELL'AGRICOLTURA IN UNGHERIA. 1029
del 1848. Rammentiamoci solamente che, fino al 1844, l'uomo non nobile non
poteva acquistare beni immobili se non sui poco estesi territorii delle città reali e
libere 'Kòoigliche Freistàdte),di cui si costavano 48 in tutto il paese, e nelle con
trade privilegiate, come il distretto degli Hajdus, il distretto dei Jazyges e dei
Cuinani. Il rimanente del paese apparteneva tutto alla nobiltà. Fra i proprietarii
ve n'erano alcuni possessori di 150,000 a 200,000 joch, i poderi di 30 a 40000
joch non erano punto una rarità, e non lo sono neanche oggidì. Mr. Galcóczi
calcola che havvi in Ungheria sino a 600 proprietà maggiori di 5000 joch ;
2500 a 5000 che variano tra 1000 e 5000 joch. È inutile esporre lungamente
come una simile ripartizione del suolo impedisse il progresso agrario; tanto più
che agli svantaggi noti della grande proprietà, sopratutto in mano a grandi
signori che non se ne occupino personalmente, in Ungheria si aggiungevano quelli
di un troppo grande sminuzzamento nella coltivazione. La statistica compilatasi
nel 1851 per l'imposizione, fece trovare 20,834,538 parcelle, cifra enorme, se
ci rammentiamo che la Francia, il cui territorio è triplo che quello dell'Ungheria,
e dove lo sminuzzamento è già spinto molt'oltre, troppo oltre forse, secondo
certi amatori del passato, nel 1851 non conteneva ancora che 15,000,000 di
parcelle. E, quanto al numero dei coltivatori, Mr. Galgoezt stabilisce che oggidì
vi sono 10,500 a 11,000 grandi proprietarii nobili, 255,000 antichi piccoli pro-
prietarii nobili e borghesi, 545,252 contadini possessori di terre liberate in
virtù delle leggi recenti, e 818,772 coloni ; ossia insieme 1,599,252 piccoli col
tivatori. Prendendo per gli 11,000 grandi proprietarii una media di 1000 joch,
i loro poderi assorbiranno 11,000,000 sopra 51 ,000,000 di joch, che costi
tuiscono il totale del territorio agricolo; resterà dunque per i 160,000 pic
coli proprietarii una media di joch 12 1/2 (ettare 7. 15). La porzione è molto
ristretta, se ci rammentiamo che appena il 40 per 0/0 del suolo produttivo è
adoperato all'agricoltura propriamente detta.
Noi non abbiamo bisogno d'insistere qui sul cangiamento legale sopravve
nuto in quest'anno nei rapporti tra signori e contadini, giacchè quest'argomento
è stato recentemente esposto da Mr. Ch. Vogel, in modo succinto, ma compiuto
(V. in questo volume pag.991). Diciamo soltanto che l'effetto benefico di questa
innovazione si fa già sentire oggidì nell'aumento che ha ricevuto il valore
venale di tutte le terre ; aumento che batte tra 50 e 200 per 0/0, e per alcune
contrade va sino a 500 o 600 per 0/0. Nella contea di Pest-Pilis per esempio,
un quarto di lot, il quale, alcuni anni sono, costava appena 100 o 120 fiorini,
oggi si vende 750 o 800. Un tal rialzo basterebbe da se solo per compensare
ampiamente ai grandi proprietarii nobili la perdita dei loro privilegi, di cui la
legge ha nondimeno assicurato l'indennizzazione parziale. Questo aumento nel
prezzo delle terre si spiega con più ragioni, tutte ben soddisfacenti. Dapprima
egli è soltanto oggidì, dopo l'abolizione deU'avilicilà, che si può acquistare un
fondo nobile, seriamente e con tutta sicurezza. Il compratore non ha più da te
mere che un bel mattino qualche discendente d'un antico possessore di questa
terra venga a strappargliela in virtù dell' aviticità. La maggior sicurezza natural
mente si traduce in un'elevazione del prezzo venale. Poscia, la legge che ha
esteso a tutti i non nobili la facoltà di possedere immobili in piena proprietà,
aumenta di molto il numero di coloro che vogliano comperarne. Il desiderio è
divenuto anche cosi generale ed ardente che spesso il contadino non investiga
DELL'AGRICOLTURA IN UNGHERIA. 1031
ciò che potrebbe valere l'una o l'altra terra, ma ciò che i suoi mezzi gli permet
tano di pagare; egli vuole diventare proprietario ad ogni costo. Ma il più essen
ziale, ciò di cui il paese ha bene ragione di rallegrarsi, si è, che l'aumento ve
nale della terra è dovuto in gran parte all'aumento del suo valore intrinseco per
effetto della progredita coltura. Dacchè il contadino sa dì non dover lavorare
che a suo vantaggio, dacchè si sento libero da mezzo schiavo che era una volta,
dacchè è proprietario del poderuccio ch'egli coltivava fin là come semplice usu
fruitalo, vi mette una maggiore diligenza, una maggiore intelligenza, e non si-
scoraggia alla vista dei sacrificii pecuniarii, sapendo bene che tutto ciò dovrà
rendergli un frutto. • • . i i.„.i!
Vero è, che mentre la liberazione del contadino è divenuta così un beneficio;
immenso, ed il punto di partenza d'un gran progresso per le proprietà non no
bili, ha cagionato molti imbarazzi alle grandi proprietà. Abolite le corvale, i
signori non trovavano braccia sufficienti per coltivare le loro terre; i contadini,
fieri della loro libertà, o volendo dedicarsi esclusivamente alle terre proprie, si
ricusavano a fare anche a prezzo d'oro quel travaglio che gratuitamente fecero
per il corso di secoli. Ma questo è un male passeggiero. L'amor proprio del con
tadino sparirà poco a poco colla memoria della sua antica soggezione, il suo
amore al lavoro, ed il suo bisogno di guadagno, cresceranno col suo desiderio
di possedere. D'altronde se il caro prezzo del lavoro continua a costringere i
grandi signori a vendere in piccole porzioni una parte dei loro vasti poderi, noi
non vediamo in ciò che un bene; queste piccole parcelle, finora perdute nell'im
mensità di un podere illimitato, diventeranno più produttive nelle mani dei loro
nuovi acquirenti che vi consacreranno tutte le proprie forze. Ed a quei grandi
proprietarii che non vogliano assolutamente alienare, rimane sempre il rimedio
di dare in affitto le loro terre, ciò che molti fra essi han già cominciato ad ope
rare. Noi vorremmo soltanto, per il loro ben inteso interesse, che vi si decides
sero seriamente e di buon animo, e non come un meno male provvisorio fino a
che un mutamento nella condizione del paese permetta loro di riprendere per
proprio conto la coltivazione. Egli è con quest'idea che la maggior parte dei
proprietarii non affittano per più di tre anni: cattivissimo sistema, tanto per il
fittaiuolo che non ardisce tentare sforzi e sacrifizii gravi per una terra che può
essergli ritolta il domani, quanto nocevole per ciò medesimo al proprietario.
Alcuni grandi proprietarii, possessori di terre , capitali e talenti sufficienti
per tentare esperienze importanti, e trapiantare in Ungheria i progressi agricoli
dell'estero; alcuni flttaiuoli agiati ed intelligenti, ed il cui interesse si trovi iati-
inamente legato, per mezzo d'un lungo fitto, con quello della terra che loro si
affidi; una classe numerosa di contadini proprietarii, applicati a coltivare i loro
campi con zelo e colle cure che ispira il sentimento della libertà ; ecco precisa
mente ciò che è d'uopo all'Ungheria perchè la sua agricoltura arrivi realmente a
quel grado di prosperità di cui la Natura le ha fornito tutti gli elementi. Qual è
oggidì il prodotto del lavoro agricolo in Ungheria? Sarebbe difficile il dirlo con
qualche esattezza nello stato precario in cui si trova la sua statistica agricola.
Non si possono dunque accettare che come approssimative le cifre date da
Mr. Hain nella sua eccellente Statistica delt'Austria, e secondo la quale, la rac
colta media sarebbe, in metzen viennesi (100 metzeu viennesi sono eguali ad
ettaro 61. 504), come segue:
1032 I. K. noni*.
Ciò che, riduccodo tutto al valore nutritivo del frumento, darebbe un totale
di metzen 82,901,000 di frumento, ossia 69,191,000 per l'Ungheria, e
15,710,000 per il Danaio e la Voivodia. Essendo la popolazione in Ungheria
7,864,262, e nella Voivodia 1,426,222, si avrebbe un rapporto di 8. 09, e
rispettivamente 8. 95 metzen per abitante. La proporzione non è inferiore che
a quella della Stiria, ove la ragione d'ogni abitante risutta 8. 94 metzen ; la
media dell'impero non si eleva che a 6. 44 ; in undici provincie la proporzione
è ancora men alta, e discende a 2. 75 nel Tiralo, e 2. 25 in Dalmazia. Ma la
posizione dell'Ungheria è molto meno splendida, quando si cercaii rapporto del
fruttato all'estensione coltivata. L'Ungheria e la Voivodia, ove il rapporto non
è che di 7. 3, e rispettivamente di 7. 8 metzen per ogni joch, si tengouo
vicinissimo alla media dell'impero 7. 54, ma si lasciano largamente sorpassare
da parecchie provincie, la Stiria, la Carinzia ed il Salzburg, per esempio, dove
si ha 15. 2, 10. 6, 10. 5; e nondimeno questi paesi han dovuto in gran parte
strappare la loro sussistenza a forza di travagii, di pazienza ed intelligenza,
ad un suolo arido, mentre l'Ungheria, ove regna ancora quasi esclusivamente
il vecchio sistema della rotazione triennale, ove la concimazione è adatto tra
scurata, ove gli strumenti agrarii moderni si conoscono appena di nome, non
deve le sue raccolte che alla prodigalità del suo territorio ed alla clemenza del
suo cielo. Con metà dello zelo, della cura, del travaglio che adopera l'abitante
della Stiria nella coltivazione del suo campo, l'Ungheria arriverebbe senza dub
bio io pochissimo tempo a diventare uno dei più abbondanti granai d'Europa.
III.
Le quattro principali specie di granaglie: frumento, segala, orzo ed avena,
sono propagatissime in Ungheria ; non esiste che un solo comitato il quale ne
manchi intieramente. Nondimeno, le contrade montagnose, cominciando dal
Trencsin, i comitati di Arva, di Thurocz, di Lipto, di Zips, di Zemplin e d'Ung,
la parte superiore di Uereg, una gran parte di Saros, di Marmaros, producono
pochissimo frumento, e non sufficiente segala per i loro interni bisogni. L'orzo
DELL'AGRICOLTURA IN UNGHERIA. 1033
sima, ed una botte di 87 tnaas (123 lit.) vendevasi fino a 15 o 20 ducati. Dac
chè gli stranieri hanno sovraccaricato il vino ungherese con dei dazii di dogana,
e i produttori o esportatori hanno compromesso la sua buona fama per mezzo di
falsiBcazioni, la quantità dei vini esportati ed il loro prezzo si sono di molto di
minuiti. Si calcola oggidì l'esportazione totale dei vini ungheresi a 40,000 eimer,
cioè 1 per 0/0 della produzione. I conoscitori sono nondimeno di parere che,
per la bontà come per la forza , parecchie specie ungheresi potrebbero sicura
mente contendere coi vini francesi e spagnuoli. Per lungo tempo si temette che
il vino ungherese non potesse reggere ai lunghi viaggi e sovratulto per mare; i
saggi riusciti perfettamente in questi ultimi anni con delle esportazioni verso
l'America settentrionale, hanno dovuto intieramente dissipare un tal timore.
Come mai avviene che, malgrado tutto ciò, il vino ungherese non entra quasi
affatto nel consumo straniero? In primo luogo la colpa è dei coltivatori mede
simi, i quali non gli consacrano tutte le cure che questa delicata coltivazione
richiede , e troppo attaccati alle vecchie pratiche tardano ad appropriarsi
i progressi fattisi all'estero. Ma la colpa è ancora più dei grandi proprietarii e
dei negozianti, i quali han poco spirito d'iniziativa e d'intrapresa, per cercarsi
dei nuovi sbocchi, per far conoscere la preziosa merce che essi potrebbero arre
care nel mercato del mondo; attendono tranquillamente che il caso conduca
loro dei compratori.
È questa, in generale, la sventura, o se si vuole, la colpa dell'Ungheria: essa
non sa farsi valere. Ciò è vero in politica come sul campo degl'interessi mate
riali. Per non citare, quanto al primo punto, che un sol fatto, l'Italia, la Polonia,
i Principati Danubiani in questi ultimi tempi son riusciti ad occupare ansiosa
mente l'attenzione dell'Europa; niuno pensava all'Ungheria, perchè l'Ungheria
medesima si eclissava. Dio sa nondimeno che essa non dorme punto sopra un
letto di rose, che essa pure ha de' richiami a muovere contro le flagranti ingiu
stizie, delle doglianze ad esprimere contro immeritati patimenti. Essa tace; essa
si avvolge, nella sua fierezza da grande signore, nella sua dignità orientale, non
abbassandosi a lamentarsi, aspettando dalla fortuna e dal tempo il rimedio dei
suoi mali, il ritorno di giorni migliori. Sventuratamente la fortuna ed il tempo
sono talvolta lentissimi, come gli uomini, a ricordarsi di coloro che non si richia
mano rumorosamente e continuamente alla loro memoria. Dei pari, sotto il
riguardo degl'interessi materiali, l'ungherese somiglia ancora troppo a quell'in
dolente turco di Costantinopoli il quale, colle gambe incrocicchiate, e colla pippa
in mano, attende, seduto in un angolo della sua oscura bottega, che qualcuno
passi e voglia comperare qualche cosa da lui. Finchè tutti i suoi confratelli ter
ranno lo stesso metodo, il male non sarà troppo grave : le probabilità saranno
per lo meno eguali. Ma allato del turco indolente, viene a stabilirsi un franco,
che posto sulla soglia del suo magazzino attirerà a sè lutti i compratori, e il
bottegaio turco rimarrà bentosto dimenticato e rovinato. È oggidì il pericolo che
minaccia l'Ungheria. In un'epoca in cui tutti i popoli rivaleggiano di zelo e di
attività per ispiare i bisogni e fino i capricci dei consumatori, per iscoprire e
porre a profitto i nuovi sbocchi, nessun paese può rimanersi indietro fidando
sulla forza attrattiva delle sue naturali ricchezze. In questi ultimi due anni gli
stranieri sono veramente venuti a comperare i vini dell'Ungheria, perchè la
criltogama ne avea fatto mancare il raccolto nel rimanente d'Europa; essa ha
1056 i. e. noRN.
venduto a dei prezzi eccellenti, e sui luoghi medesimi, i suoi grani, il suo be
stiame, le sue lane ad agenti inglesi e francesi che ne avevano sommo bisogno
per le armate alleate; ma questi non sono che fatti passeggieri. Se l'Ungheria
vuol rendere permanente questo fortunato smercio dei suoi prodotti, bisogna
che scuota la sua orientale poltroneria, che si muova, che il suo zelo e la sua
attività si pongano al paro con quelli dei suoi concorrenti. Le ferrovie che co
minciano a solcare l'intiero paese e metterlo in relazione diretta con l'Occidente
e l'Oriente, le devono facilitare quest'intrapresa; non si tratta che di gettarsi
risolutamente ed energicamente nel nuovo cammino : il buon successo ci sembra
immancabile.
IV.
Le osservazioni speciali, che abbiam fatte sullo stato relativamente arretrato
dell'agricoltura ungherese, sovratutto in confronto a quella di parecchie altre
parti dell'impero men favorite dalla natura, rimangono comprovate in generale
dal valore monetario della produzione agricola. Ecco infatti quali sarebbero,
secondo Haiti, per termine medio, i valori rispettivi :
L'Ungheria dunque non fornisce che poco più d'un quarto (28. 55 per 0/0)
del valore totale, mentre occupa il 56 per 0/0 della superficie, ed il 51 per 0/0
del suolo produttivo di tutto l'impero. Così il frutto di un joch non è nell'Un
gheria, propriamente detta, che di fiorini 11. 21, mentre la media dell'impero
ascende a fiorini 17. 48. Questa somma si raddoppia quasi nel regno Lombardo-
Veneto, ed è sorpassata di molto ancora in dieci altri paesi della corona (kron-
lander). Ovvero, se si ripartisce sulla popolazione il prodotto dell'agricoltura, la
quota, per ogni abitante, none che di fior. 55. 62 nella Voivodia, e di fior. 47. 15
nell'Ungheria; ma all'incontro ascende a flor. 100 in Salzburg, ed oscilla tra fio-
rini 76 e fiorini 51 in sette altri paesi austriaci. Il frutto della terra si riguarda
come equivalente ad una rendita del 5 per 0/0; quindi il valore capitale del suolo
produttivo sarebbe, secondo Hain, per tutto l'impero fiorini 59. 55 per joch
DELL'AGRICOLTURA IN UNGHERIA. 1037
che ne conta poco più di 7000. Ma poniamo da canto queste ipotesi, che si po
trebbero chiamare troppo favorevoli. Per giungere soltanto alla densità della
popolazione di Boemia, ove si contano circa 4900 abitanti per miglio quadrato,
l'Ungheria dovrebbe ancora aggiungere quasi 9,000,000 ai suoi 9,290,484 abi
tanti odierni. Perchè mai non chiederli in parte a quel paese vicino i cui colti
vatori si distinguono tanto per la loro intelligente attività, quanto per la pazienza
ai più duri travagli, e che ne mandano ogni anno parecchie centinaia di migliaia
Delle contrade lontane e deserte delle due Americhe? Il governo medesimo ha
tentato nel 1850 dirigere verso l'Ungheria una parte dei tedeschi emigranti ed
intraprendere la colonizzazione in grande; essa è fallita, ed il tentativo si è ab
bandonato. L'inettitudine riconosciuta delle amministrazioni ufficiali per ogni
genere d'intraprese consimili, è stata in parte la causa di una siffatta riuscita ;
ma la cagione primaria, confessiamolo francamente, sta nella fredda accoglienza,
nel mal volere poco mascherato che i poveri emigranti trovarono presso la popo
lazione predominante del paese, i maggiari. Costoro han sempre avuto orrore
degli immigranti, perchè vi scorgono un rinforzo dell'elemento straniero. Ma questa
suscettibilità nazionale rispettabilissima, altronde, non dovrebbe dunque tacersi
alla prospettiva dell'immenso beneficio, del progresso materiale ed intellettuale,
che l'Ungheria ricaverebbe sicuramente da un'immigrazione agiata, attiva ed
intelligente? L'argomento è importantissimo e per l'Ungheria, e per i paesi da
cui si emigra, e non possiamo trattarlo qui per incidenza ; vi ritorneremo forse
un'altra volta. Ma noi non possiamo tacere il nostro cordoglio a vedere che un
distinto scrittore, un illuminato economista, com'è Mr. Galgoczi conferisca l'ap
poggio della sua autorità e dei suoi argomenti, più bizzarri che gerii, a un pre
giudizio nazionale così anti-economico, da lui difeso ancora con una vivacità
che urta singolarmente col tuono aridissimo, troppo arido forse, di tutto il rima
nente del suo bel libro.
MWOW
1040
lità ne' loro paesi, se non adottassero te misure atte a soddisfare gli interessi
di quella numerosa porzione de' loro sudditi che si dedica alla coltivazione del
suolo.
Grandi mutamenti si son fatti da un secolo nella storia della Turchia. Molte
morali riforme vi han preceduto le riforme politiche del Sultano Mahmoud.
L'esterminio de' gianizzeri ha seguito la distruzione de' Derè-bey, ultimi rap
presentanti della feudale potenza della razza selgiuk ; e il tempo aveva soi to-
minato fin dalle sue fondamenta l'edificio dell'aristocrazia selgiuk e del dispo
tismo militare de' sultani, ben prima che si fosse pensato di introdure a Costan
tinopoli nell'amministrazione interna dell'impero, le modificazioni dicui essoaveva
bisogno. Egli è in gran parte a codeste trasformazioni sociali, che si devono
attribuire le insurrezioni de' rajas cristiani, la nascita del regno greco, la forma
zione dello Stato serbo, gli sforzi de' pascià di Egitto e di Giannina per convertirsi
in principati indipendenti. Il progresso della civiltà fra le popolazioni musulmane
e cristiane della Turchia continua il suo cammino con crescente rapidità ; e la
convinzione che il governo può compire, nella condizione delle classi agricole,
i miglioramenti riconosciutisi necessarii, si sparge di giorno in giorno fra i pro-
prietarii della terra. senza distinzione di razza e di religione. È questa rivoluzione
che per il sultano Abdul-Megid si tratta d'operare egli stesso, se non vuol rimaner
vittima d'una crise, che i protocolli diplomatici non impediranno di far scop
piare, e la forza armata sarà impotente a reprimere.
In che modo dirigere una tale rivoluzione? Come rivolgerla a vantaggio ed
a consolidazione del Sultano e dell'indipendenza dell'impero? Noi passiamo a
dirlo in poche parole.
La gran maggioranza degl'interessi territoriali in Turchia, è ostile al governo
centrale; e la sua ostilità deriva- dall'oppressione amministrativa e fiscale che
essa soffre.
Tutti gli sforzi del Saltano devono tendere a cancellare dalla mente de' suoi
popoli codeste sciaurate disposizioni. È opera, senza dubbio, difficile, ma molto
meno di quanto si crederebbe. Dacchè le istituzioni locali della Turchia dispar
vero, spezzate dall'energica volontà del Sultano Mamoud, le popolazioni si trovano
in rapporto diretto col potere centrale. Questo potendo meglio conoscere i loro
bisogni, può anche meglio soddisfarli. Abdul-Megid, è vero, incontra nel fana
tismo dei vecchi partiti politici e religiosi del suo impero, vive ed ostinate resi
stenze; ma trova in una notabile porzione de' suoi sudditi incoraggiamenti e
punti d'appoggio. I cristiani non vogliono più rimanere nello stato di vassallaggio
ove ancora i musulmani li tengono, quantunque il giogo sotto cui una volta geme
vano, si sia molto alleggerito da alquanti anni in qua. Da un altro lato, la razza
araba sopporta con impazienza la dominazione degli Osmanli. Lo spirito di ri
forma lotta ogni dove contro i sintomi della decadenza, le idee di progresso
contro le tendenze stazionarie e retrograde. Ora fra i tanti miglioramenti che il
Sultano può introdurre, i più urgenti, senza dubbio, sono quelli che la condizione
attuale dei proprietarii e coltivatori del snolo richiede. Da circa due secoli, il
numero e la prosperila della classe agraria si sono sempre diminuiti. Accidentali
circostanze, l'imputso dato ad alcuni rami di coltivazione dalla vicinanza delle
graudi città mercantili, facilità momentanee di trasporto da un luogo di produ
zione ad uu luogo di consumo, le spese fatte dal governo nella maggior parte
LA POPOLAZIONI! AGRICOLA DtLLA TORCHIA. 1045
delle città che i negozianti europei avevano scelto per loro luogo di*residenza e
centro di operazioni, tutto ciò ha contribuito a dissimulare sino a certo punto
1 progresso dello spopolamento generale e la perdita del capitale dedicato alla
coltura del suolo. iMa non evvi viaggiatore che abbia visitato l'interno dell'Asia
Minore, senza incontrare ad ogni passo moschee deserte, cimiteri abbandonati,
città in rovine, vestigia di città una volta floride e dalle quali gli abitanti si son
ritirati.
La vera causa della rovina agraria in Turchia sta nel modo in cui si levano
le imposte. Il male è meno nella enormità delle tasse, che nel modo di riscuoterle.
Nell'impero ottomano, gli aggravi che pesano sull'agricoltura, si pagano in der
rate. Non sono giammai valutati a meno di un decimo del prodotto lordo, senza
contare l'obbligo imposto al coltivatore, di mettere al coverto, battere e vagliare
la parte spettante allo Stato. Se (mesta tassa si raccoglie in derrate, egli è per
l'impossibilità in cui si trova il governo di riscuoterla in danaro nelle provincie
lontane ove non si hanno strade, e le spese di trasporto eccederebbero di molto
il valore dei prodotti. Le misure adottate dal governo e dagli appaltatori del
fisco per impedire la frode paralizzano l'agricoltura, impediscono lo svolgimento
dell'industria, e formano ostacolo ad ogni miglioramento nell'applicazione dei
metodi di lavoro; cosi none raro il vedere che la raccolta rimanga ad aria aperta
per il corso di due mesi, davanti la porta dei magazzini, essendo proibito al
coltivatore di prendere un sol granello per uso della sua famiglia prima che si
sia pagata la decima al governo, il che porta al proprietario una perdita del cin
que per cento almeno; e più d'una volta si sono vedute masse intiere di grano
portate via dalle tempeste del mese di luglio. Altra conseguenza di un sì assurdo
sistema di percezione è il ritenere oziosa per due mesi dell'anno tutta la popola
zione agricola d'un villaggio. Il prezzo della manodopera si aumenta così senza
che vi sia un analogo aumento di benessere nel lavorante o nei profitti del colti
vatore. Due secoli fa questa maniera di pagare le imposte in derrate presentava
minori inconvenienti che oggidì. Allora infatti le classi agrarie erano. numerose;
i vigneti, gli orti, le piantagioni di gelsi e di olivi, coprivano il suolo dell'impero;
i mercanti ed i capitalisti musulmani trovavano, nel trasporlo dei prodotti dal
l'interno alla prossima marina, enormi guadagni. Il male comiuciò nel giorno in
cui il governo centrale s'impadronì dei redditi che ogni località destinava al
mantenimento delle strade e dei ponti, e trascurò di riparare le vie di comuni
cazione. L'aumento derivatone nelle spese di trasporto permise ad un piccolo
numero di capitalisti di monopolizzare tutto il commercio di esportazione. I pro-
prietarii gridavano energicamente, ma il governo non vi badò, attaccato com'era
agli straordinarii profitti che arricchivano le città mercantili delle coste del Me
diterraneo nei secoli XVI e XVII. Il traffico colla Turchia era allora uno fra i
più importanti rami del commercio europeo, e sui mercati d'Ancona e Venezia
i negozianti turchi si facevano distinguere per il loro lusso e la loro opulenza.
Ma l'avarizia delle autorità musulmane non tardò a risvegliarsi. I pascià loro
banchieri e creature, cominciarono a dividere co' mercanti il guadagno di questi
ultimi, poscia finirono con accaparrare a loro profitto lutto il commercio. 1 loro
regolamenti oppressivi, lo loro intollerabili vessazioni, in poco tempo rovinarono
i proprietarii ed annichilarono la classe dei contadini. Villaggi sparirono, e, in
motte Provincie. tutta la popolazione aijraiia abbandonò la coltura del suolo per
1044 BLACKWOOU'S MAUAZINE.
emigrare verno le più vicine città mercantili. Creando una potente amministra
zione civile e militare, il governo turco adottò quasi tutti gli abusi che disono
ravano gli imperi greco e selgiuco conquistati colle sue armi. Tale era la deca
denza, tale lo spossamento di questi imperi, che i sultani non poterono far sus
sistere le loro armate altrimenti che ricevendo io derrate il pagamento delle
imposte. Finchè si trovarono sultani capaci e risoluti a sorvegliare la perce
zione e l'impiego del reddito territoriale, gli abusi di un tal deplorabile sistema,
si restrinsero in ristretti limiti. In origine, il governo dell'impero ottomano era
un dispotismo vigoroso ed intelligente. La più grande semplicità ispirava il modo
di vivere delle autorità civili e militari. D'altronde, la legge che faceva del Sultano
l'erede di tutti i suoi ufflziali, serviva di freno alla cupidità degl'impiegati. Quindi
è notabile il vedere che, per più d'un secolo dopo la conquista di Costantinopoli,
i Greci medesimi si felicitavano della moderazione fiscale della Porla. Ma quando
la milizia dei Gianizzeri divenne corporazione ereditaria, il carattere dell'ammi
nistrazione ottomana si alterò profondamente. D'allora in poi, il potere del Sul
tano si misurò coll'aumentare delle somme che entravano nel suo tesoro. Le
imposte sull'agricoltura, come tutte le altre, furon date in appatto: e non era
specie di monopolii ed estorsioni, che non si perdonasse a chiunque apportava
nel tesoro imperiale la più grande quantità di danaro. Non vi son parole per
esprimere le crudeltà che commisero i pascià associati, come abbiam dello, agli
appaltatori della finanza. S'impalarono degli uomini perchè avean venduto il
residuo della loro raccolta dopo pagata la decima. Ino sventurato fu ucciso a
colpi di accetta per non aver voluto vendere la sua messe al governatore della
città. Vero è che, in certe provincie, la percezione del reddito pubblico si operava
con maggiore moderazione; ma in generale il sistema esiste ancora in modo che
l'agricoltura è tenuta forzosamente in uno stato di lagrimevole ristagno, anche
sotto i sovrani più liberali e più dolci. Nella Grecia, l'imposta fondiaria si vota
ogni anno da una Camera eletta col suffragio universale, ciò che suppone un
popolo illuminato. Il parlamento, la magistratura, le città, son piene di gente che
parla sempre della sua superiorità nelle scienze morali e politiche, e conta ad
ogni istante gl'immensi vantaggi ch'essa ricava dalla libertà della stampa. E non
dimeno, a dispetto del suffragio universale, della libertà della stampa, delle qua
lità di cui la razza albanese è cosi fiera, la condizione della popolazioue agricola,
cioè dei tre quarti circa de' sudditi del re Ottone, ricorda ancora l'ignoranza e la
barbarie del medio,evo. Il suolo non dà il minimum del suo naturale prodotto.
Come in Turchia, i regolamenti fiscali fatti coll'intento d'impedire la frode, attra
versano ogni incremento in agricoltura, e producono una considerevole dissipa
zione del prodotto lordo, nonchè la perdita del lavoro del coltivatore.
Come in Turchia, la raccolta rimane esposta all'aria aperta. 1 viaggiatori che
passano vicino al tempio di Teseo e sotto le colonne di Giove Olimpico possono
vedere, per intiere settimane, le famiglie dei contadini accampate attorno alle
aje. Si è negato ad un proprietario il permesso di far entrare il suo grano
nella corte, e colà servirsi d'un trebbiatoio meccanico, perchè i percettori non
potrebbero riconoscere, e cosi impedire la frode, se questa pratica divenisse ge
nerale. Come in Turchia , la popolazione agricola è ritenuta forzosamente in
uno stato d'oziosaggine, ed è in estate, nel tempo della messe, al momento in
cui il suo lavoro Burebbe più utile e necessario, che si incatenano nell'inazione
LA POPOLAZIONI! AGRICOLA DELLA TURCHIA. H'ì.)
quando scoccasse l'ora del mezzogiorno, e, con nostra grande meraviglia, quando
l'orologio suonò un'ora, trovammo che il paziente vivea ancora, che parlava
anche bene de' suoi sintomi, e che gli amici speravano la sua guarigione; ben
presto inlìne vedemmo gli uomini di legge della Russia , riunitisi a fabbricare
a porte chiuse il testamento del moribondo, costretti a prender la fuga. Non
potemmo dissimularci, nondimeno, che all'infermo occorrerebbe del tempo per
riacquistar la salute, e che egli avrebbe ancora ben molto da fare per rimettere
in ordine la sua casa.
Noi non abbiamo la missione d'indicare i punti su cui dovrebbe aggirarsi
la riforma giudiziaria. È a Costantinopoli che questo problema si deve risolvere,
e i Cristiani medesimi meglio informati della lingua e delle leggi turche , non
sono guide sicurissime per dirigerci in mezzo a tauta complicazione d'interessi,
nel labirinto delle difficoltà che una tale riforma presenta. Abbiamo bensì delle
ragioni per crederla eseguibile. Patimenti comuni, comuni bisogni legano in un
sol fascio i proprietai ii e i coltivatori della Turchia europea e delia Turchia
asiatica. Il despotismo del governo centrale ha annichilato tutti gli antichi privi
legi dei musulmani. Il tentativo che fa in questo momento il sultano di elar
gare i diritti de' Cristiani non è il primo che abbia luogo nell'impero otto
mano. La necessità di accordare ai raia l'eguaglianza avanti la legge, era già ri
conosciuta fin dall'anno lo'ìM, quando il grauvisir Mustala Kiuperli, sopranno
minato « il Virtuoso » da' Turchi, emise le celebri ordinanze per assicurare ai
coltivatori cristiani k protezione della legge contro la tirannia degli agenti fiscali.
Egli prescrisse, sotto pene severe, a tutti i pascià e governatori, di trattare i
raia con equità, e proibì loro di esigere cosa alcuna, sotto qualunque pretesto, al
di là dell'Aarflcc o capitazione, e quale era fissata dal sultano. Cotesta riforma,
come quelle che si erano precedentemente tentate dal sultano Selim HI, fu chia
mata, il Nizam-Gedid o Nuovo sistema. Essa abortì per la corruzione inerente
ad ogni ordinamento dell'impero ottomano. La differenza sociale tra il vero cre
dente e l'infedele era allora troppo grande per potere cancellarsi con le idee cri
stiane di tolleranza ed equità. L'orgoglio nativo delle razze dominatrici e con
quistatrici manteneva il fanatismo degli ulema. Ma que' giorni son già da lungo
tempo passati, e i maomettani di Asia sono oramai così ardenti come i cristiani
d'Europa, nel domandare una magna carta che li protegga contro l'oppressione
fiscale e la corruzione de' giudici.
Egli è nell'amministrazione della giustizia che risiede la principale diffe
renza fra la Turchia e la Grecia. E vero che il governo monarchico del principe
bavaro, colla sua, concentrazione burocratica , nulla ha fatto per migliorare la
condizione sociale della «lasse agricola. E vero ch« l'università di Atene ab
bonda più di ciarlatani politici, che di professori istruiti. È vero ohe la morale
e la religione inni bau fatto alcun progresso iu questa Grecia emancipata dalle
grandi potenze d'Occidenti: ; ma, bisogna confessarlo, i sudditi del re Ottone
possono a buon diritto gloriarsi del loro sistema giudiziario , e vantarsi della
loro immensa superiorità sui popoli degradati dell'Oriente. Il codice di proce
dura civile che Maurer ha JaSrodotto in Grecia., ha. fatte entrare quello Stato
nella corrente della moderna civiltà. L'amministrazione della giustizia in Atene
è viziosa ancora, noi lo sappiamo. Il re può imporre ai tribunali le decisioni
che più gli piacciono, perchè può a suo capriccio trastocare ed esiliare i gin
1048 blackwood's maoazinb.
dici. La corruzione sotto tutte le sue forme è estrema in Grecia. Nondimeno,
esiste un corpo di giureconsulti indipendenti, i quali , colla loro scienza e col
loro carattere, esercitano sui tribunali un grande e salutare predominio.
La Turchia, sotto un tal riguardo, è molto più indietro che la Grecia, ma
la via è aperta per introdurvi un nuovo codice di procedura civile. I musul
mani, come i Cristiani, i Turchi selgiuchi dell'Asia Minore, come i Greci della
Tessaglia, i 20 milioni che compongono la popolazione agricola della Turchia,
domandano, in tutte le cause civili e fiscali, una più equa amministrazione della
giustizia, e sono pronti ad appoggiare tutta le misure che il governo prendesse
per assicurar loro il beneficio dell'uguaglianza avanti alla legge. Il Tanzimat o
Carta di Guthanè del 1839 lo prometteva. Tocca ad Abdul-Megid di fare io
modo che la promessa non riesca vana. Del rimanente, quando si studia l'or
dine attuale dell'impero ottomano, non bisogna perder di vista la sua primitiva
costituzione. È colla forza che questo impero fu fondato, e per quasi due secoli,
non si mantenne che coll'aiuto della conquista. Come la forza era la base del
governo, così il principio dominante nella legistazione era l'espediente e non la
giustizia; in nessun'altra società regolare mai non si vide un eguale disprezzo
della morale e dell'equità. L'assassinio era autorizzato; formava l'oggetto di
una legge organica dell'impero. Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli,
dopo avere citato nel suo kannunamè l'opinione dell'ulema , che il Corano
ordina l'assassinio in certi casi, come per esempio, affine di stornare una grande
calamità pubblica , Maometto II aggiunge questo precetto a tutti i suoi succes
sori : « Che i miei figli e nipoti sieno trattati secondo una tal massima ». È
appunto in virtù di questa legge che i sultani, salendo al trono, facevano stran
golare i loro rivali e quanti fossero loro sospetti. Finchè tali principii domina
rono nella legistazione civile e politica della Turchia, la giustizia , nel modo in
cui noi cristiani la comprendiamo, non fu che parola vuota di senso. Ma non
havvi Stato che si possa sottrarre agl'impulsi della moderna civiltà, e durare ap
poggiandosi sulla sola forza brutale. La Turchia, da alcuni anni, ba subito
l'iofluenza della filosofia religiosa dell'Europa occidentale, e sarà forse più dif
ficile formulare il codice di procedura civile, che applicarlo quando sarà pub
blicato. Idee false ed esagerate si son fatle sul fanatismo de' Turchi a riguardo dei
Cristiani. In ogni tempo, essi han saputo riconoscere i servigii che ne aveano
ricevuto; non han mai cessato di ammetterli nei loro eserciti ed innalzarli ai
gradi superiori. Senza parlare dei molti corpi ausiliari che han reclutato nelta
Transilvania, nella Valachia, nella Moldavia, quali truppe eccellenti non hanno
loro fornito in quest'ultimi tempi la Servia e l'Albania ! Non. si sono dimenti
cati quelli Armaloloi o gendarmeria cristiaua, composta in parte di Greci, che
per tanto tempo ba sorvegliato le montagne dell'Epiro, della Macedonia e della
Grecia. L'amministrazione militare della Turchia è senza dubbio infinitamente
superiore all'amministrazione civile. Ma anche in essa vi sono delle riforme ur
genti ad eseguire. Dal principio della guerra attuale , l'opinione pubblica più
volte ha dovuto biasimare la venalità e la scandalosa corruzione di alcuni
pubblici ufficiali che occupavano nell'armata un posto eminente. Venalità e cor
ruzione, queste sono infatti le piaghe che divorano tutti i rami dell'amministra
zione turca. E un fatto noto a chiunque abbia avuto da fare col ministero delle
finanze di quel paese. L'ufficiale pubblico ottomano è il tipo dell'avarizia e della
LA POPOLAZIONE AflAICOLA DELLA TURCHIA. Idi!)
rapacità. Dal tempo di Rustem- Pascià, il celebre gran visir detto Solimano il Ma
gnifico, il minimo pascialicato, il minimo impiego pubblico è oggetto di vendita.
1 migliori ministri del sultano si credettero sempre fortunati di poterli vendere
a prezzo fisso; ma in generale ciò si fa all'incanto. Gli storici nazionali hanno
più d'una volta deplorato le disastrose conseguenze di un tal sistema, e l'hanno
soventi indicato come la causa precipua del decadimento dell'impero ottomano.
Da un altro lato, i nemici del sultano ed i cristiani sottoposti alla sua autorità
citano questa profonda ed inveterata corruzione come un argomento per dimo
strare che la rigenerazione della società musulmana è affatto chimerica, e che
l'aumento delle ricchezze nell'impero non farebbe che accrescere le fortune in
dividuali senza conferire alcuna nuova forza nè alcun elemento di stabilità al
governo. Egli è indubitabile che se non si arriva a sradicare questo spirito di
venalità che regna fra le autorità turche, tutti gli sforzi per migliorare il modo
di riscuotere la tassa territoriale , ed introdurre la giustizia nei tribunali , riu
sciranno impotenti. Ma Abdul-Megid si trova in eccellenti condizioni per poter
energicamente applicare il rimedio atto a guarire il male di cui parliamo. Il po
polo, la parte seria del popolo, è dal suo lato. Essa applaudirebbe ad ogni atto
arbitrario e dispotico che avesse per iscopo di diminuire la corruzione dellejau-
torità. Noi potremmo indicare alcuni mezzi di restringerla, se non farla sparire;
ma che giova proporre e discutere parziali riforme, quando è certo che l'esistenza
eia durata dell'impero dipendono da un complesso di nuove misure? La felice
riuscita della guerra attuale, supponendo che l'orgoglio russo sarà abbastanza
rintuzzato per obbligarlo ad accettare le condizioni di pace dettate dalla Fran
cia e dall'Inghilterra vittoriose, la felice riuscita della guerra, noi diciamo, non
assicurerà la tranquillità dell'Oriente fino a che non si vedano i cristiani ed i
musulmani, possessori del suolo, godere insieme d'un miglior sistema fiscale, e
dell'eguaglianza avanti alla legge. Non si potrà prestar fede a questi risultati
ottenuti, se non il giorno in cui i grani della Tracia e dell'Asia Minore arrive
ranno a Londra e a Liverpool, ed in cui i bastimenti greci ingombreranno i porti
della Turchia invece di quelli della Russia. Quel giorno non vi sarà più nulla
a temere per l'avvenire dell'impero ottomano, e saranno senza difficoltà arre
stali i progressi della Russia in Oriente.
Ravvi ancora un argomento sul quale noi vorremmo dire qualche parola. Si
tratta della necessità di ricostituire le antiche istituzioni comunali della Turchia
asiatica. Una tale ricostituzione è essenziale, secondo noi, per rigenerare la so
cietà musulmana. Senza scendere a delle particolarità che ci trasporterebbero
troppo lungi, possiamo con fiducia affermare che il sultano troverebbe nelle li
bertà locali un'immensa forza, per mettere ad esecuzione le sue riforme. Per
quanto forte si supponga il potere centrale, esso non può dispensarsi dal cercare
appoggio nelle istituzioni comunali. Se non esistessero, bisognerebbe crearle, ma
esistono ed hanno anche in Turchia una grande influenza. Basterebbe elargarle
e dar loro un maggiore svolgimento. Vero è che, in certi luoghi, si dovrebbe
lottare contro le tendenze fiscali dei membri che compongono le corporazioni
municipali; ma il solo fatto dell'esistenza di tali corporazioni è già qualche cosa,
e se il governo sa servirsene , esse gli faciliteranno , più di quanto possa egli
credere, l'esecuzione della sua impresa. Senza dubbio, le difficoltà amministrative
resteranno ancora grandi ; ma i cristiani, sottomessi all'autorità della Porla, sono
1050 blackwood's MAGA/.im.
più disposti ad accettare le riforme dalla mano del Sultano , che a fidare nelle
promesse dello Czar. I musulmani hanno ancora una grande docilità, e non esiste
in Europa un paese in cui il governo trovi maggiori aiuti che in Turchia per ef
fettuare grandi ed utili mutamenti. In Austria, si sa come la diversità delle razze
faccia nascere pericoli per l'impero, e non s'ignora quali ostacoli, soventi invincibili,
gl'interessi privati oppongono in Francia alle più necessarie e più saggie riforme.
Vi hanno taluni i quali pretendono che hi condizione de' cristiani nell'im
pero ottomano sia oggidì migliorata talmente , che l'oppressione di cui si dol
gono essere vittime dalla parte de' Turchi, è una chimera della loro immagina
zione. Ve ne hanno degli altri i quali sostengono che l'insopportabile tirannia
del governo turco è l'unica causa dello spirito rivoluzionario predominante nel
clero greco ortodosso, e delle insurrezioni che di tanto in tanto scoppiano nelle
provincie abitate da' cristiani. Queste due asserzioni del pari esagerate , sono
egualmente lontane dalla verità. La palpabile diminuzione de' prodotti del suolo
• della popolazione, nella Turchia asiatica come nell'europea, nel corso delle
ultime sei generazioni, prova che l'annichilamento progressivo del capitale agra
rio è tutto dovuto all'oppressione del governo centrale. L'impero ottomano ci
olfre un esempio vivo di quella disastrosa politica, adoperata da Roma impe
riale, che spopolò ed impoverì le provincie, lasciandole quasi deserte ed abban
donate ai colpi de' Goti e de' Vandali. Le armate di Alarico e Genserico non vi
trovarono che una debole resistenza. L'oppressione fiscale avea talmente soffo
calo il sentimento del patriotismo nel cuore dei pochi cittadini romani colà
abitanti ancora, ch'essi accolsero come liberatori i barbari del Nord, e ad esem
pio di Boezio e di Cassiodoro si tennero onorati di arrolarsi al loro servizio.
Sotto un tale aspetto avvi una notabile somiglianza tra i Greci del secolo XIX e
gl'Italiani del V. Allora si videro le provincie d'Italia invocare esse medesime i
Goti; ai nostri giorni, i raia greci di alcune provincie si stanciano con entu
siasmo all'incontro de' Russi, e i senatori del regno ellenico si mostrano in
questo momento così ardenti nelle loro simpatie verso lo Czar, come i vecchi
senatori italiani che correvano alla corte di Teodorico. I cristiani dell'impero
turco possono mai avere altro sentimento, quando il povero contadino che ba
gna col suo sudore un tratto di terra, nella Macedonia o nella Tracia, vede at
torno a lui pianure immense rimaste senza coltura? E come mai si vuole che
non presti l'orecchio all'insinuazione dei suoi preti , i quali in nome dello Czar
lo tentano con pompose e seducenti promesse, fan rispondere agli occhi suoi la
prospettiva di ricche messi, se la Russia diventasse padrona di quei bei paesi?
Quanto all'asserzione che la tirannia del Sultano sia l'unica causa del mal
contento de' Greci , la loro condotta nelle isole ionie e nel regno di Grecia di
mostra come sia falsa. Nelle isole Jooie i miglioramenti introdotti nell'ammini
strazione della giustizia, l'efficace protezione accordata nella vita e netta pro
prietà individuale non hanno calmato lo spirito d'insubordinazione, nè dimi
nuito quella passione della menzogna che sembra un tratto caratteristico della
razza greca. Gli ultimi avvenimenti del regno ellenico provano che nulla li può
arrestare, nè il sentimento del diritto, nè il rispetto dovuto ai trattati. Han mo
strato in questo momento quanto poca siala loro politica sagaci là ; egoisti,
presuntuosi, leggieri, tali erano nelle loro migliori epoche dell'antichità , tali
sono ancora oggidì. Spinti dalla diplomazia russa, che sa trarre mirabilmente
LA POPOLAZIONE AGRICOLA DELLA iiiia MIA. 1051
profitto da' loro difetti nazionali , si son sollevati contro la Turchia, ma non
han riportato alcun decisivo vantaggio, neanche quando attaccavano il nemico
a sorpresa. Quanto a noi li crediamo incapaci di grandi cose. Per dieci anni si
son governati da se medesimi, e che cosa han fatto eglino della Grecia? L'agri
coltura trovasi ancora al punto in cui era nell'Europa del medio evo. Il loro
suolo non rende che cattive frutta, un olio detestabile. Fabbricano il loro vino
con una specie di resina che ne fa un'insipida composizione; respingono dalle
loro coste il commercio con assurdi regolamenti, e soprattutto cogli atti di pi
rateria a cui si danno. Gli amici della Grecia attendevano di vederla divenire
un faro che illuminasse le nazioni d'Oriente, spingendole verso la politica li
bertà e l'incivilimento cristiano, ma furono crudelmente delusi delle loro spe
ranze. È tristo a dirlo ! i negozianti indigeni veramente liberali furono costretti,
dal meschino spirito del loro governo in materia mercantile, a trasportare in
altri paesi la loro sedo. È all'estero che si Lrovan mercanti, i quali facciano
onore al carattere nazionale. Molti si sono naturalizzati in Francia, in Italia, in
Austria, alcuni anche in Inghilterra, abbandonando agli intriganti politici delie
isole Jonie e della Grecia la cura di dirigere i destini della loro patria.
Noi abbiamo (in qui indicato ciò che ci sembra costituire la vera soluzione
della questione d Oriente. Abbiamo proposto lemisure.più alte, secondo noi, a
rigenerare l'impero ottomano. È più facile, per mezzo delle riforme che abbiamo
accennate, mantenere l'integrità e l'indipendenza della Turchia, che ristabilire
un impero greco o bizantino a Costantinopoli. Come mai una tale ricostituzione
sarebbe possibile quando i Bulgari han or ora chiuso nelle loro città le scuole
greche, e si oppongono con tutti i mezzi possibili alla nomina dei Greci per le
dignità ecclesiastiche? I loro progressi nelle scienze morali, politiche ed econo
miche rendono ogni giorno più fieri de' loro privilegii nazionali gli abitanti del
l'Albania e della Valachia. Essi si gloriano di discendere da quei Macedoni che
soggiogarono i discendenti di Pericle. Per tenere la Turchia dell'Europa sotto il
suo scettro, un governo greco o bizantino, avrebbe bisogno d'una forza militare
maggiore di quella che ha il governo turco. Oggidì il contadino albanese dell'Attica
e dell'Argolide soffre dal giogo dei Greci più che lo Schiavone della Macedonia e
della Tracia da quello dei Turchi. Restaurare un impero greco o bizantino, sa
rebbe abbandonare Costantinopoli ai sovraui russi, e dar loro il possesso perma
nente d'una conquista ch'eglino forse non otterrebbero mai colla forza dell'armi.
Se la Russia non riesce nello sforzo che tenta in questo momento per estin
guere la Turchia, ricomincierà la lotta più tardi, e cercherà nuovi mezzi di sta
bilire la sua supremazia nell'Europa orientale , perchè la guerra col Sultano si
considera in Russia come una guerra nazionale e religiosa. In ciò che riguarda
gl'interessi particolari dell'Inghilterra, la spedizione di Crimea prova che essa
nulla ha da temere dalla potenza dello Czar. Non è la Russia che possa inva
dere i possedimenti inglesi nelle Indie; e l'Inghilterra che si trova forte abba
stanza per conquistare e colonizzare il Kamciatka e Okhotsk , dare a questi
paesi governi liberi e indipendenti, annichilare la potenza russa nelle contrade
orientali della Siberia, ed escludere per sempre i Russi dall'oceano Pacifico e
dai mari della Cina. L'ambizione che ha spinto l'imperatore Nicola ad esten
dere la sua influenza e il suo dominio nell'Europa orientale potrebbe costare al
suo successore la perdita dei possedimenti russi nell'Asia orientale.
1052
OPUSCOLI DIVERSI
IN QUESTO VOLUME.
Affitto. Delle terre, che sia, li. — Suoi duttori, e non soggetti al lavoro umano,
vantaggi e svantaggi; rimedio, la lun 443-50, 486-9. — Influenza de' disuguali
ghezza, ivi. — Origine della rendita da vantaggi territoriali , 545-7. — Esame
linaiuoli, 192. — Come si separa dalla dell'opinione di Bastiat e Carey che li
mercede, 193. — Come si accresca col- suppongono sempre gratuiti, 572. — Ciò
l'aumento del capitale, e se il suo au non infirma il principio della proprielà,
mento costituisca un aumento di ricchez 575. — La loro gratuità non può soste
za; confutazione di Ricardo, Mill, Mac nersi ; Bastiat confutato, 596 e seg., 613.
Cuiloch, 194, 207. — Differenze nascenti
Agricoltura. Articoto di Passy su di essa,
dalle varie forme sotto cui si può accre
3. — Quali lavori abbracci , ivi. — In
scere il capitale agricoto, 207-16. — che differiscano da quelli delle manifat
Come si accresca per cresciuta efficacia ture; la divisione del lavoro vi è poco
del capitale, 216-20; — o per mutata
applicabile , 4-5. — Ciò nuoce ai suoi
quota di reddito, 220. — Come la de progressi, 5-6. — È la più utile fra le
cresciuta fertilità de' terreni influisca industrie, 6-7. — Come progredì, 7-8.
sulla rendita, 221 — e possa essere bi
— Quanto sia soggetta all'influenza del
lanciata dalla maggiore efficacia delle clima, 8. — Varietà che ne risulta nelle
manifatture, 222. — Il ribasso de' pro
produzioni de' varii paesi , che sarebbe
fitti non prova che sia decresciuta l'effi utile se vi fosse libertà di commercio,
cacia dell' industria agricola , 226. — 9-10. — Stimata nell'antichità, ed anche
L'aumento del vatore relativo del pro oggi, ivi. — Questioni economiche sulla
dotto agrario non prova la decresciuta agricoltura , ivi. — Ciò che debba pen
efficacia dell'industria agraria , 229. —
sarsi sui varii sistemi di affitti, 11-15.
Nè lo prova l'aumento del vatore venale — E sulle leggi che governano la pro
de' prodotti , 230. — Ciò che indichi , prietà, 15-16. — E su quelle che deter
quanto atla rendita, la proporzione tra minano l'estensione delle colture, 17. —
le classi agricole e le non agricole, 236; E sulle istituzioni di credito, 19. — I
— e la quota proporzionale del reddito, suoi progressi son collegati a quelli della
237. — L'aumento della rendita in In popolazione, 23 5. — E perciò la teoria
ghilterra è venuto da un aumento del non è sempre praticabile , 25-6. — Im
prodotto, 238. — L'aumento della ren portanza delle statistiche agrarie, 27.
dita non avviene a scapito de' profitti e — Scritti varii sulla teoria della rendita,
delle mercedi, 241. — Ricardo confu 59 e seg. — È peculiarità dell'agricol
tato, 246. — La rendita per affitto tende tura il produrre generi di prima neces
a propagarsi nel mondo, 248. — Le im sità e favorire la popolazione, 65. — In
poste e la tassa pe' poveri , quali effetti essa la dimanda non è al di fuori della
producano siili' agricoltura in Inghil produzione , 66. — La sua peculiarità
terra, 252 e seg. — V. Mezzeria. sta nel produrre più di quanto consu
Africa. Esempio che le rendite primarie, mino i produttori, 67. — L'inefficacia del
o da paesani non vengano datla coltiva lavoro agricolo, effetto della rendita ser
zione ma dall'appropriazione delle terre, vile, 127. — Il carattere eccezionale ac
cordatole ha snaturato il concetto della
108-9.
legittimità della rendita ed ba reso odiosa
Agenti naturali. La legittimità del loro la proprietà, 385-7. — Il prodotto netto
possesso cadrebbe in dubbio, se il carat non appartiene soltanto ad essa ma an
tere eccezionale accordato alla terra lo che alle manifatture, 390. — Come il ca
gicamente si applicasse a tutte le in pitale ri applichi nell'agricoltura, 403-7,
dustrie, 387, -- Errori del supporli pro — La produzione Agraria è complicata
1054 INDICE ALFABETICO DELLE MATERIE
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