Corso di Laurea in
Ingegneria Meccanica
SPERIMENTAZIONE E DIAGNOSTICA
DEL DANNEGGIAMENTO PER PITTING DI INGRANAGGI CILINDRICI
Introduzione ...........................................................................................1
Capitolo 1
Danneggiamento delle ruote dentate ...................................................3
1.1 Rottura per flessione del dente.......................................................4
1.2 Pitting .............................................................................................7
1.3 Micropitting ...................................................................................13
1.4 Scuffing ........................................................................................14
1.5 Usura............................................................................................16
Capitolo 2
Calcolo della capacità di carico a pitting ...........................................19
2.1 Verifica secondo la normativa ISO 6336 ......................................19
2.1.2 Pressione di contatto .............................................................21
2.1.2.2 Pressione di contatto nel punto primitivo C .....................24
2.1.2.3 Coefficienti di variazione di carico K ................................26
2.1.3 Pressione di contatto ammissibile..........................................29
2.1.3.2 Coefficienti di lubrificazione .............................................32
Capitolo 3
Programma di calcolo della capacità di carico tramite.....................37
3.1 Schematizzazione del programma Matlab....................................37
3.1.1 Immissione dei dati di input....................................................38
3.1.2 Generazione della curva S-N .................................................40
3.1.3 Utilizzo della curva generata ..................................................43
Capitolo 4
Apparecchiature di prova....................................................................45
4.1 Analisi delle apparecchiature di prova ..........................................46
4.1.1 Caratteristiche........................................................................46
4.1.2 Classificazione .......................................................................47
4.1.2.1 Flussi di potenza .............................................................48
4.1.2.2 Applicazione del carico....................................................51
4.2 Banco prova Cenit 2 .....................................................................53
Indice Pag II
Capitolo 5
Metodologie di prova........................................................................... 59
5.1 Definizione dello scopo della ricerca ............................................ 59
5.2 Analisi preliminare delle prove ..................................................... 60
5.3 Definizione del termine delle prove .............................................. 60
5.4 Valutazione della superfice danneggiata...................................... 61
5.5 Curva di Wohler ........................................................................... 63
5.6 Metodi statistici per l’analisi dei dati ............................................. 64
5.7 Determinazione dell’intera curva S-N........................................... 67
5.8 Ruote in prova.............................................................................. 67
5.9 Ruote Cenit 2 ............................................................................... 68
5.10 Risultati delle prove Cenit 2........................................................ 71
Capitolo 6
Stato dell'arte delle metodologie di diagnostica............................... 73
6.1 Analisi del lubrificante .................................................................. 73
6.1.1 Analisi lubrificante off-line ...................................................... 73
6.1.2 Analisi lubrificante on-line ...................................................... 76
6.2 Analisi delle vibrazioni.................................................................. 79
6.2.1 Sistema di misura .................................................................. 79
6.2.2 Metodi di valutazione del danneggiamento............................ 82
6.2.2.1 FM4................................................................................. 82
6.2.2.2 NA4 ................................................................................. 86
6.2.2.3 Sistemi Integrati .............................................................. 89
Capitolo 7
Sistema di diagnostica del pitting basato sull'analisi delle
vibrazioni.............................................................................................. 91
7.1 Sistema di misura......................................................................... 91
7.1.1 Caratteristiche dei componenti .............................................. 93
7.2 Posizionamento e fissaggio degli accelerometri........................... 95
7.3 Acquisizione del segnale e generazione degli spettri................... 96
7.3.1 Individuazione delle frequenze di interesse ........................... 96
7.3.2 Parametri di acquisizione....................................................... 97
7.3.3 Generazione dello spetto del segnale ................................... 98
7.3.4 Eliminazione componente non correlata del segnale ............ 99
7.4 Installa zione e utilizzo del sensore di prossimità....................... 102
7.5 Problemi di analisi del segnale................................................... 105
7.6 Parametri diagnostici.................................................................. 109
7.7 Programma Matlab per la diagnostica........................................ 111
Indice Pag III
Abstract
The pitting damage is, still today, one of the main limits for the load carrying
capacity of gear transmissions. In the modern gear industry , the increase of the
pitting strength of gears is achieved mainly through the development of new
combinations of materials and heat-treatment processes. According to
international standards, in order to evaluate and to certify the increases in gear
performance obtained by means of these developments it is necessary to perform
experimental tests on gears using specifically designed test benches under
controlled test conditions.
This thesis presents the experimental results obtained in order to characterized
the pitting strength of a new case-carburized steel and the design of a custom-
made telemetric torquemeter for the test bench utilized. Moreover, it describes a
diagnostic system based on vibration analysis that has been developed during
the experimental tests in order to identify pitting damage in gears.
Verrà posta particolare attenzione alla fatica da contatto che sarà l’argomento
principale del lavoro di ricerca.
Capitolo 1 Pag 4
Figura 1. 1 Limiti di carico secondo le varie tipologie di rottura per ruote con e senza
trattamento delle superfici
La rottura per flessione del dente è una rottura per fatica dovuta allo stato di
sforzo flessionale pulsante dallo zero, (figura 1.2), cui è sottoposto il dente,
determinata dalla forza trasmessa attraverso i denti in presa.
L’andamento pulsatorio è dovuto al fatto che il punto di contatto dove si scarica
la forza scorre lungo il profilo del dente, rendendo variabile il braccio con cui
calcolare il momento flettente.
Tipicamente la sezione più sollecitata si trova al piede del dente, dove si
riscontra lo sforzo massimo (figura 1.3), incrementato ulteriormente dalla
presenza di un coefficiente d’intaglio, dovuto al raccordo trocoidale.
Danneggiamento delle Ruote Dentate Pag 5
Figura 1. 2 Esempio di storia temporale dello stato di sforzo flessionale su una ruota
dentata a denti elicoidali
Questo genere di rotture negli ingranaggi segue, quindi, l’evoluzione tipica delle
rotture a fatica con una prima fase di nucleazione, una successiva propagazione,
generalmente lungo una direzione perpendicolare allo sforzo, fino alla rottura
fragile, vedi figura (1.4), a causa della riduzione della sezione resistente .
Capitolo 1 Pag 6
1.2 Pitting
Si può notare come al di sotto dei picchi di pressione dovuti alle creste di
rugosità, vi sia una localizzazione dello sforzo tangenziale massimo.
Applicando un criterio multiassiale, come quello di Liu-Zenner già utilizzato nel
caso precedente, la zona maggiormente sollecitata viene a trovarsi in prossimità
della superficie ( Figura 1.9), da cui deriva l’evoluzione superficiale del
danneggiamento [2].
Figura 1. 11 Esempio di ruota con pitting ad uno stadio avanzato, flahe pitting
Danneggiamento delle Ruote Dentate Pag 11
Il fenomeno del pitting può essere classificato in base alla gravità del
danneggiamento della superficie [5] :
1.3 Micropitting
Figura 1. 14 Fianco di un dente di una ruota a denti dritti su cui si nota la fascia
“chiara”tipica di questa tipologia di danneggiamento
1.4 Scuffing
1.5 Usura
La normativa presa in esame à la ISO 6336 pubblicata nel 2006 [1]; essa si
compone di 5 parti:
1 1 1 Ft
pH = + [ N / mm 2 ]
⎛1− v 2
1− v 2
⎞ ρ1 ρ2 b cos α t (2.1)
π ⎜⎜ +
1 2
⎟⎟
⎝ E1 E2 ⎠
Spesso per il calcolo dei coefficienti sono presenti due formule, una per
ingranaggi a denti dritti e l’altra per denti elicoidali, mentre a volte la formula
include dei termini che assumono valore 1 per denti dritti e sono variabili per
denti elicoidali (in funzione dell’angolo d’elica o del fattore di ricoprimento di
fascia). Nel primo caso riporteremo solo la formula che verrà poi utilizzata,
relativa ad ingranaggi a denti dritti, nel secondo riporteremo la formula
completa, evidenziando i termini ininfluenti.
Calcolo della Capacità di Carico a Pitting Pag 21
(2.2)
σ H 1 = Z Bσ H 0 K A KV K Hβ K Hα [ N / mm 2 ]
σ H 2 = Z Dσ H 0 K A K V K Hβ K Hα [ N / mm 2 ]
(2.3)
Questa variazione del punto di calcolo viene espressa tramite dei coefficienti,
rispettivamente ZB ZD.
Il valore del fattore ZB può essere ricavato dalla formula seguente:
Calcolo della Capacità di Carico a Pitting Pag 23
ρ C1 ρ C 2 tan α wt
M1 = =
ρ B1 ρ B 2 ⎛ d2 2π ⎞ ⎛ d2 ⎞
⎟ ⋅ ⎜ a 2 − 1 − (ε α − 1) 2π
(2.4)
⎜ a1 −1 − ⎟
⎜ d 2
z1 ⎟ ⎜ d b22 z2 ⎟
⎝ b1 ⎠ ⎝ ⎠
ρ C1 ρ C 2 tan α wt
M2 = =
ρ D1 ρ D 2 ⎛ d2 2π ⎞ ⎛ d2 ⎞
⎜ a2 −1 − ⎟ ⋅ ⎜ a1 − 1 − (ε α − 1) 2π ⎟ (2.5)
⎜ d 2
z2 ⎟ ⎜ d b21 z1 ⎟
⎝ b2 ⎠ ⎝ ⎠
Il valore dei coefficienti per ruote dentate a denti dritti con εα>1 valgono:
Questi valori riportano in pratica la scelta della condizione più sfavorevole dal
punto di vista della pressione di contatto.
I due coefficienti M1 e M2 sono dei coefficienti puramente geometrici, e
l’equazione finale deriva dalla radice quadrata del rapporto tra i prodotti dei
raggi di curvatura relativi delle due ruote al punto di contatto primitivo ( ρ C1 ρ C 2 )
e al punto di contatto singolo più interno (rispettivamente ρ B1 ρ B 2 per il pignone
e ρ D1 ρ D 2 per la ruota).
Capitolo 2 Pag 24
La normativa ISO 6336-2 [6] fornisce una prima formula per la stima della
pressione al punto di contatto primitivo C
Ft u + 1
σ H 0 = Z H Z E Zε Z β [ N / mm 2 ] (2.6)
d1b u
2000 ⋅ T1, 2
Ft = (2.7)
d1, 2
Il fattore Z H quantifica l’influenza della curvatura relativa dei fianchi dei denti,
nel punto primitivo di ingranamento
2 cos β b cos α wt
ZH = (2.8)
cos 2 α t sin α wt
1 1
espressione che deriva direttamente dallo sviluppo del termine + della
ρ1 ρ2
formula (2.1) della pressione di contatto Hertziano, in cui α wt può essere
calcolato dalla formula:
Calcolo della Capacità di Carico a Pitting Pag 25
⎛ d b1 + d b 2 ⎞
α wt = acr cos⎜ ⎟ (2.9)
⎝ 2* A ⎠
Il fattore Z E tiene conto dell’influenza dei parametri dei materiali delle due
ruote:
1
ZE =
⎛ 1 − v 1 − v22 ⎞
2
(2.10)
π ⎜⎜ 1
+ ⎟
⎝ E1 E2 ⎟⎠
4 − εα
Zε = (2.11)
3
ξ fw1 + ξ aw1 ξ fw 2 + ξ aw 2
εα = = (2.12)
τ1 τ2
ξ fw1,2 sono gli angoli calcolati tra il diametro di inizio dell’evolvente ( form
diameter), dove si interrompe il profilo ad evolvente ed inizia il raccordo a
Capitolo 2 Pag 26
⎛ d ⎞z
ξ fw1 = ⎜⎜ tan arccos b 2 − tan α wt ⎟⎟ 2 (2.13)
⎝ d a2 ⎠ z1
⎛ d ⎞z
ξ fw 2 = ⎜⎜ tan arccos b1 − tan α wt ⎟⎟ 1 (2.14)
⎝ d a1 ⎠ z 2
dove d a è il diametro di testa, mentre ξ aw1,2 sono gli angoli compresi tra
quest’ultimo e il diametro di testa (tip diameter) e calcolabili tramite la formula:
z2
ξ aw1 = ξ fw 2 (2.15)
z1
z1 (2.16)
ξ aw 2 = ξ fw1
z2
In questo caso è possibile sfruttare la regola del Miner per ricavare una coppia
equivalente T eq da confrontare con quella nominale per ottenere KA:
Teq
KA = (2.17)
Tn
1
⎛ n T p + n2T2p + .. ⎞ p
Teq = ⎜⎜ 1 1 ⎟⎟ (2.18)
⎝ n1 + n2 + .. ⎠
¾ T n coppia nominale
¾ T eq coppia equivalente
¾ T i coppia misurata
¾ n i numero di cicli alla coppia T i
¾ p pendenza della curva di Woelher
Il coefficiente KHβ tiene conto della non uniforme distribuzione del carico
tangenziale Ft ⋅ K A ⋅ KV sulla larghezza di fascia a causa di disallineamenti
dovuti a deformazioni elastiche (sotto carico e termiche), errori di costruzione o
giochi.
σ H 1, 2 ≤ σ HP (2.19)
Il valore di σHP deve essere calcolato in funzione del materiale e dei trattamenti
termici effettuati, del numero di cicli e di alcuni fattori correttivi tramite la
formula:
σ HP = σ HP ref Z N (2.20)
σ H lim
σ HP ref = Z L Z v Z R ZW Z X (2.21)
S H min
Tabella 2. 4 Esempio di distinzione tra i diversi livelli del materiale per acciai cementati, in
funzione della durezza supeficiale
Tabella 2. 5 Esempio di distinzione tra i diversi livelli del materiale per acciai cementati,
in funzione dei difetti superficiali
Capitolo 2 Pag 32
2(1,0 − C Zv )
Z v = C Zv + (2.23)
32
0,8 +
v
10
Rz10 = Rz ⋅ 3 (2.25)
ρ red
Il valore del coefficiente Rz si ricava dalla media delle rugosità massime (peak-
to-valley) di ruota e pignone:
Capitolo 2 Pag 34
Mentre il raggio di curvatura nel punto primitivo ρred si ricava dalla formula:
ρ1 ρ 2
ρ red = (2.28)
ρ1 + ρ 2
d b1, 2 (2.29)
ρ1, 2 = tan α wt
2
Il fattore di vita ZN è funzione del numero di cicli effettuati e del rapporto tra σ
HP ref e σ HP stat, valore dello sforzo di contatto calcolato senza l’influenza dei
coefficienti relativi alla lubrificazione. La formula che lega tutti i parametri è
definita in funzione della tipologia di materiale, della possibilità di ammettere o
no la formazione di piccoli pits, e del numero di cicli effettuati.
Riportiamo la formula utilizzata:
Calcolo della Capacità di Carico a Pitting Pag 35
exp
⎛ 5 × 107 ⎞
10 < N L ≤ 5 ×10
5 7
Z N = ⎜⎜ ⎟⎟ (2.30)
⎝ N L ⎠
σ HP stat (2.31)
exp = 0,3705 log
σ HP ref
¾ NL numero di cicli
¾ σ HPstat sforzo di contatto statico
σ H lim Z NT
σ HP stat = ZW Z X (2.32)
S H min
Il fattore di vita ZNT può essere ricavato dalla seguente tabella, in funzione del
tipo di materiale e del numero di cicli:
Capitolo 2 Pag 36
Tabella 2. 6 Valori per il fattore ZNT in funzione del numero di cilci e del materiale
In questo capitolo, verrà analizzato come sia possibile ricavare la curva S-N a
partire dalle formule presentate nel capitolo precedente, verrà esposta la
struttura del programma realizzato e ne valuteremo i risultati ricavati.
Per il confronto tra questi e i valori sperimentali ricavati rimandiamo al
prossimo capitolo.
σ HP = σ HP ref Z N (3.1)
σ H lim
σ HP ref = Z L Z v Z R ZW Z X (3.2)
S H min
exp
⎛ 5 × 107 ⎞
10 < N L ≤ 5 ×10
5 7
Z N = ⎜⎜ ⎟⎟ (3.3)
⎝ NL ⎠
σ HP stat (3.4)
exp = 0,3705 log
σ HP ref
¾ NL numero di cicli
¾ σ HPstat sforzo di contatto statico
Calcolo della Capacità di Carico Tramite Programma Pag 41
σ H lim Z NT
σ HP stat = ZW Z X (3.5)
S H min
Una volta ricavati questi valori è possibile invertire le formule che avrebbero
portato al calcolo di σH1 per ricavare i valori della coppia limite applicata e
creare così il grafico S-N per il danneggiamento a pitting.
σ H 1 = Z Bσ H 0 K A KV K Hβ K Hα [ N / mm 2 ]
(3.6)
σ H 2 = Z Dσ H 0 K A K V K Hβ K Hα [ N / mm 2 ]
(3.7)
Ft u + 1
σ H 0 = Z H Z E Zε Z β [ N / mm 2 ] (3.8)
d 1b u
possiamo ricavare il valore della coppia limite per tutto il vettore dei valori della
pressione di contatto tramite la formula:
2
⎛ σ HP ⎞ 1 ⎛ u ⎞ d1
T2 calc =⎜ ⎟ ⎜ d 1b ⎟ (3.9)
⎜Z Z Z Z Z ⎟ K K K K ⎝ u + 1 ⎠ 2000
⎝ D H E ε β ⎠ A V Hβ Hα
2
⎛ σ HP ⎞ 1 ⎛ u ⎞ d1
=⎜ ⎟ (3.10)
⎟ K K K K ⎜⎝ 1 u + 1 ⎟⎠ 2000
T1calc db
⎜Z Z Z Z Z
⎝ B H E ε β ⎠ A V Hβ Hα
Con questi valori a nostra disposizione possiamo generare un grafico S-N come
quello riportato in figura (3.3)
Calcolo della Capacità di Carico Tramite Programma Pag 43
4.1.1 Caratteristiche
I banchi sviluppati per le prove di resistenza al pitting, sono macchinari che
devono essere dotati essenzialmente di un motore, una sede per montare il
riduttore in prova e un freno che possa applicare un determinato valore di coppia
resistente.
Le tipologie di prove per cui sono stati ideati, prevedono l’applicazione di
coppie anche considerevoli per periodi di tempo prolungati.
Come esposto nei capitoli 2 e 3, le curve di wohler ricavate da queste prove
permettono di valutare la vita a fatica delle ruote dentate relativamente al pitting.
Tali valori, riferendoci alla figura esemplificativa 4.1, superano di norma i 10^6
cicli.
Ammettendo delle velocità di rotazione elevate, per esempio 3000 giri/min, è
necesario prevedere, nella loro progettazione, centinaia di ore di funzionamento
continuativo per portare a termine ogni singola prova che compone una
campagna per la determinazione delle curve di wohler.
Per questa ragione la caratteristica fondamentale di questi banchi prova deve
essere l’affidabilità, ottenuta sia tramite una semplificazione costruttiva, dove
possibile, sia sovradimensionando i componenti.
Inoltre le potenze richieste per applicare al riduttore in prova le sollecitazioni
richieste sono notevoli, dovendo raggiungere punte di 250-300 kW, nel caso di
prove di breve durata su banchi che non consentano il ricircolo della coppia.
È necessario inoltre porre particolare cura al sistema di lubrificazione degli
ingranaggi, vista la sua rilevanza nel determinarne la vita, garantendo condizioni
stabili nel tempo e modificabili nel caso per adattarsi alle diverse condizioni di
test.
Da ultima la semplicità costruttiva deve permettere di cambiare le ruote in prova
con sufficiente facilità, vista la frequenza con cui questa operazione deve essre
svolta.
Apparecchiature di Prova Pag 47
Figura 4. 1 Curva S-N per la resistenza a pitting ricavate seguendo diverse normative e
relative a un materiale cementato e a uno nitrurato [21]
4.1.2 Classificazione
Le apparecchiature di prova sviluppate negli untimi decenni, sono classificabili
in funzione dell’andamento dei flussi di potenza al loro interno:
¾ Circuito aperto
¾ Circuito chiuso ( o a ricircolo di coppia)
Tuttavia la potenza generata dal motore viene totalmente dissipata ( Figura 4.2),
in quanto la potenza PE immessa viene persa in parte per via del rendimento del
riduttore in prova, PP, seppur prossimo all’unità, mentre la restante parte PU
viene dissipata dal freno.
Di conseguenza il motore dovrà essere di grandi dimensioni per fornire la
potenza necessaria ad effettuare le prove, in quanto, in una prova standard, si
raggiungono i 3000giri/min con coppie applicate che possono arrivare anche a
1000Nm e una potenza che si aggira intorno ai 300kW.
Per migliorare il rendimento energetico di questa tipologia di banchi è stato
introdotto lo schema detto “a ricircolo di potenza” che verrà analizzato in
seguito insieme alle tipologie di banchi a circuito chiuso.
Apparecchiature di Prova Pag 49
2(1 − η1 )C1ω1
PE = (4.3)
η motore
Quest’ultimo sarà progettato in modo tale da avere una resistenza al pitting che
gli permetta di affrontare tutta la campagna prova, fino ad alcune centinaia di
milioni di cicli, senza subire danni.
I dispositivi per l’applicazione del carico resistente, che verranno trattati in
seguito, sono in generale posizionati sull’albero di rinvio, rendendo
particolarmente complicata la loro istallazione.
Esistono anche banchi a ricircolo di potenza elettrica, strutturati come un banco
a circuito aperto, in cui il freno è un alternatore per la produzione di energia
elettrica, che viene utilizzata per mettere in movimento il motore.
Questa soluzione è in grado di recuperare una energia pari a:
PR = PU η Aη M (4.4)
¾ ηA rendimento alternatore
¾ ηM rendimento del motore
Per quanto riguarda l’applicazione della coppia resistente, il giunto fisso è una
tipologia molto comune, soprattutto nei banchi a ricircolo di coppia, ed è molto
semplice. L’albero di rinvio, presenta due flange che permettono di ruotare
relativamente i due alberi in modo da introdurre un momento torcente che possa
fungere da coppia resistente.
La taratura di questo momento torcente avviene tramite l’utilizzo di una leva
alla quale viene applicato un carico, a banco fermo, tramite delle masse come
mostrato in figura 4.4.
Questo sistema elementare, ha lo svantaggio di necessitare l’interruzione delle
prove ogni volta che si necessario variare il carico applicato.
Figura 4. 4 Banco prova FZG a ricircolo di coppia, carico applicato tramite giunto fisso
[11]
Capitolo 4 Pag 52
Figura 4. 5 Esempio di attuatore idraulico in un banco prova del centro ricerche NASA
[12]
Apparecchiature di Prova Pag 53
Il banco prova utilizzato per la ricerca Cenit 2 è un banco sviluppato sul modello
dei banchi a ricircolo di coppia con un attuatore idraulico (palmola) per
l’applicazione della coppia ( Figura 4.6).
Le ruote sotto esame sono alloggiate in una cassa dalle dimensioni ridotte
(Figura 4.9), in cui due ugelli permettono la lubrificazione delle stesse sia
dall’alto che dal basso.
Il sistema di controllo del lubrificante prevede l’utilizzo di un sistema di
riscaldamento che permette di mantenere l’olio ad una temperatura costante, che
può variare fino a 120°C.
Seguendo il flusso di potenza, sull’albero di rinvio trova sede l’attuatore
idraulico, ( Figura 4.10), che applica il carico tramite la differenza di pressione
dell’olio, pompato all’interno di 4 camere interne tramite due canali ricavati
all’interno dell’albero stesso e messi in comunicazione, oltre la cassa del
riduttore ausiliario, con un sistema di tubi che rimandano ai serbatoi in
pressione.
Questo sistema permette di applicare coppie che arrivano fino a 1000Nm,
attraverso pressioni prossime ai 100 bar.
Capitolo 4 Pag 56
Figura 4. 9 Cassa del riduttore in prova aperta, si notano i due ugelli per la lubrificazione
Sull’albero di rinvio è caletata la ruota del riduttore ausiliario che ingrana con il
relativo pignone, permettendo il ricircolo della coppia meccanica.
Il motore elettrico in corrente alternata eroga una potenza nominale di 23,4kW
ad una velocità nominale di 2600 rpm, e dunque una coppia di 86Nm.
Il regime di rotazione massimo previsto è di 3000 rpm, mentre l’interasse è stato
scelto ispirandosi ai banchi della stessa tipologia sviluppati dalla FZG, ed è pari
a 91,5mm.
Per l’analisi delle ruote in prova e del riduttore ausiliario, rimandiamo al
capitolo successivo.
Capitolo 5
Metodologie di prova
Nel capitolo precedente sono state presentate le principali tipologie di banchi
prova realizzati nei più importanti centri di ricerca sulle trasmissioni meccaniche
ad ingranaggi.
Questi banchi prova possono essere impiegati per lo studio di vari
danneggiamenti delle ruote dentate, in particolare per quelli superficiali.
In questo capitolo verranno presentate le metodologie di prova che gli stessi
centri di ricerca hanno sviluppato negli anni, sulla base di considerazioni
statistiche, allo scopo di ottenere la caratterizzazione dei nuovi materiali o
l’affinamento dei coefficienti delle normative minimizzando i tempi.
In particolare, verranno analizzate quelle basate sulle indicazioni della
normativa ISO 6336 e del metodo della JSME adottato in questa ricerca, nonché
le analisi statistiche alla base della generazione dei grafici che riportano i
risultati di queste prove.
Come già ampliamente esposto nei capitoli precedenti, esistono una quantità di
fattori e coefficienti che influenzano il calcolo della resistenza al pitting di un
ingranaggio.
L’avvio di una campagna sperimentale, avviene in genere con lo scopo di
indagare a fondo una tipologia di parametri, come ad esempio quelli di
lubrificazione in funzione della temperatura dell’olio, o nello specifico un
singolo coefficiente.
Questo lavoro di tesi è stato sviluppato nell’ambito della ricerca Cenit 2,
realizzata dal Politecnico di Milano in collaborazione con alcune aziende del
settore.
Scopo di questa ricerca è principalmente quello di caratterizzare 4 materiali
differenti, tramite la realizzazione di una curva S-N per la resistenza a pitting.
I materiali sono 2 acciai da cementazione e due da nitrurazione, la cui
caratterizzazione dovrebbe permettere di valutare accuratamente le differenze
tra queste due tipologie di trattamenti termici.
Analizzeremo ora le considerazioni e le teorie alla base della stesura di questa
campagna sperimentale.
Capitolo 5 Pag 60
Partendo dall’andamento teorico delle curve secondo la norma ISO 6336-2 [6],
si considera la curva al 50% di probabilità di rottura e di qualità intermedia al
fine di avere un’idea del tempo necessario a concludere la singola prova, ma
soprattutto del livello di carico a cui effettuare la prova, scegliendo di effettuare
questi calcoli considerando le formule proposte per la condizione di non
ammissibilità del pitting.
Si individuano gli estremi del tratto a termine: lo sforzo statico e lo sforzo di
riferimento, il primo è da evitarsi a causa della possibilità di avere anche dello
scuffing o addirittura delle rotture del dente che inficerebbero la prova, il
secondo è da valutare attentamente, poiché per definire il tratto a termine del
diagramma logaritmico occorrono due punti ben definiti, ma se si effettuano le
prove ad un carico troppo vicino al ginocchio della curva si potrebbero avere
prove senza rottura che superano i 5 107 cicli.
Le prove consistono in periodi di funzionamento di 750 000 cicli, al termine
delle quali si effettua una ispezione visiva per verificare lo stato di
danneggiamento della superficie, mentre ogni 1 500 000 cicli si effettua il
rilievo fotografico che serve come documentazione della prova.
Queste foto, oltre a serive come documentazione della ricerca, verranno poi
elaborate al fine di valutare la superficie totale danneggiata, per applicare i
criteri di termine della prova.
L'esatta espansione del pitting può essere rilevata solo se l'esatta distanza,
l'orientazione, l'esposizione e le condizioni di luminosità sono mantenute sempre
identiche per tutte le misurazioni. Al momento dell'accesso alla zona in
prossimità del riduttore e dell'effettuazione dei rilievi fotografici bisogna
prestare dunque estrema attenzione alle condizioni delle ruote e alle condizioni
di luminosità; la valutazione automatica risulta possibile solo con foto ben
esposte.
Capitolo 5 Pag 62
Figura 5. 1 Sequenza dei passaggi che portano alla determinazione dell’area danneggiata
tramite l’analisi fotografica [21]
Questo grafico è elaborato in scala doppio logaritmica, che evidenzia bene come
sia possibile distinguere tre zone, delimitate da punti di discontinuità
nell’andamento della curva:
σ f ( N ) = CN − k (5.2)
⎛A ⎞
σ D (50 ) = σ 0 + d ⎜ ± 0,5 ⎟ (5.3)
⎝N ⎠
è possibile ora ricavare il limite a fatica per una probabilità di sopravvivenza del
90% con la (4.9) conoscendo la deviazione standard s del campione.
σ D (50 ) = σ f + K ⋅ d (5.5)
Tabella 5. 1 Valori del coefficiente k in funzione della sequenza dellle prove [24]
Metodologie di Prova Pag 67
In particolare le ruote dentate utilizzate per la ricerca Cenit 2 sono state pensate
per la caratterizzazione dei materiali e per essere calettate sul banco prova
progettato.
Si tratta di ingranaggi a denti dritti ( Figura 5.2) realizzati in acciaio laminato
UNI 7846, che hanno subito un trattamento termico preliminare di bonifica pre-
cementazione, seguito dal trattamento di cementazione, tempra e rinvenimento.
Riportiamo in tabella 5.2 alcune caratteristiche del materiale modificate dai
trattamenti
Figura 5. 6 Particolare della ruota di prova della ricerca Cenit 2 in cui si apprezza
l’incisione di riferimento sul corpo ruota
Per quanto riguarda le ruote del riduttore ausiliario, si tratta di ruote dentate a
denti elicoidali, di larghezza b elevata, in modo da ottenere una alta resistenza al
pitting.
Sia la ruota che il pignone hanno un numero di denti doppio rispetto alla ruota in
prova calettata sullo stesso albero.
Uno degli sviluppi più interessanti e promettenti, riguarda l’analisi dei liquidi
lubrificanti utlizzati, dal momento che in essi vengono generalmente raccolti
tutti gli eventuali detriti dovuti al distaccamento di materiale e che variazioni
significative delle condizioni di lubrificazione, come variazioni di temperatura,
possono modificarne la composizione.
Esistono due tipologie di analisi che si distinguono principalmente per la
tempistica delle analisi: una, detta off-line, prevede l’analisi dei liquidi
lubrificanti in laboratori specializzati, che effettuano queste analisi una volta
terminata la prova.
L’altra modalità è detta, invece on-line e prevede l’analisi in loco e in tempo
reale della quantità e della qualità dei detriti trasportati dal lubrificante dopo
aver lavorato a contatto con le ruote.
WPC = Ds + Dl (6.1)
Confrontando questi valori limite con l’andamento nel tempo del coefficiente
WPC è possibile rilevare la gravità del danneggiamento [30].
Figura 6. 2 Confronto tra i due modelli di analisi del lubrificnate off-line analizzati
Tabella 6. 2 Classificazione sviluppata dal centro ricerche NASA dei detriti rilevati [16];
tramite il valore medio di ogni classe viene calcolata la massa totale accumulata
Capitolo 6 Pag 78
Tuttavia è stata trovata una buona rispondenza tra la massa totale di residui e
l’insorgere del pitting.
Sulla base delle prove fatte e sulle relative misurazioni sui denti, è stato
possibile stabilire delle soglie che fossero indicative del livello di
danneggiamento ed implementabili in una logica di controllo fuzzy. Sono cioè
stati costruiti, sulla base delle misure di massa accumulata e di danneggiamento,
insiemi fuzzy che corrispondono a tre livelli di danneggiamento
dell'ingranaggio, come mostrato in Figura 6.5.
Tabella 6. 3 Classi di appartenza dalla massa totale dei residui accumulati sviluppata per
uno specifico banco prova dal centro ricerche NASA [16]
La scelta dei valori di soglia e della sovrapposizione tra i diversi livelli, permette
di tollerare eventuali errori nella speriementazione, dovuti ai problemi rilevati
precedentemente.
Metodologie di Diagnostica Pag 79
Queste classi di danneggiamento sono tuttavia valide solo nell’ambito dove sono
state sviluppate, e non sono estendibili ad altre situazioni.
È tuttavia stato dimostrato che questo approccio garantisce una buona capacità
di valutare lo stato di danneggiamento delle ruote sotto esame.
Figura 6. 6 Analisi per la scelta del posizionamento dell’accelerometro sulla cassa del
riduttore in prova [16]
Figura 6. 7 Posizionamento degli accelerometri sul banco di prova del centro ricerche
NASA [16]
6.2.2.1 FM4
Una volta ottenuto il segnale pulito dalla componente non periodica a(t), è
necessario valutare quale parte della componente periodica analizzare.
Per le ipotesi formulate, il danneggiamento non provoca variazioni significative
del segnale fondamentale generato dal corretto funzionamento dell’ingranaggio,
ma introduce una componente periodica ulteriore.
Per questo motivo, il segnale pulito a(t) viene suddiviso in due componenti, una
relativa alle frequenze fondamentali del’ingranaggio r(t) e una, ottenuta per
differenza, contenente tutte le componenti periodiche non direttamente legate
alle frequenze causate dal solo funzionamento d(t), detto appunto segnale
differenza.
f I = f A ⋅ z1 (6.2)
Il coefficiente FM4 è un monento centrato del quarto ordine, ossia il rapporto tra
la media delle differenze tra ogni valore del segnale e il valor medio elevate alla
quarta e la deviazione standard alla quarta ( 6.2 6.3 6.4 ) che viene applicato al
segnale differenza d(t).
K
FM 4 =
(RMSDS )4 (6.3)
⎡1 ⎤
( )
N 4
K =⎢ ∑ d − d ⎥ i
(6.4)
⎣⎢ N i =1 ⎦⎥
∑( )
⎡1 N
⎤2 2
(6.5)
RMSDS = ⎢ di − d ⎥
⎣N i =1 ⎦
max d i − d
CF =
RMS (6.6)
Figura 6. 10 Valori di alcuni coefficienti, tra cui l’FM4, in una prova di resistenza a
pitting nei laboratori del Glenn Reserch Centre della NASA [16]
6.2.2.2 NA4
( )
N
N ∑ si − s
4
NA4( M ) = i =1
2
(6.7)
⎧1 2 ⎤⎫
⎡N
( )
M
⎨ ∑ ⎢∑ sij − s j ⎥ ⎬
j =1 ⎣ i =1 ⎦⎭
⎩M
Questa scelta rende il denominatore ancora più costante, in quanto l’inizio del
danneggiamento non va ad intaccare la media del totale dei dati acquisiti,
garantendo, almeno in teoria, una pronta reazione del paramentro.
La sperimentazione ha dimostrato come, però, questo coefficiente si dimostri
sensibile anche alle variazioni di coppia, che identifica come un
danneggiamento (errore di seconda specie), come risulta evidente dall’analisi
della figura 6.10, in cui si nota un picco anomalo del NA4 dopo poche centinaia
di cicli.
Numero canali 4
Presenza bias Sì
Metalli ferrosi
Oggetti Rilevati
(Bassa sensibilità ai non ferrosi)
f I = f A ⋅ z1 = 637,5 Hz (7.1)
¾ Frequenza di campionamento FS
¾ Periodo di acquisizione TC
1
df = (7.4)
TC
Dal momento che vogliamo ottenere una buona risoluzione, poniamo il periodo
di campionamento pari a 10s.
K
j = [1, T ] (7.8)
∑ a (t )
i j
am (t j ) = i =1
(7.7)
K Tc (7.9)
k=
T
S* S
*
= Na ⋅ (7.10)
Np Np
T −τ
1
Rˆ XX (τ ) = ∫ x(t ) ⋅ x(t + τ ) 0 ≤τ ≤ T (7.11)
T −τ 0
La zona dove il ritardo diventa elevato, è afflitta da errori dovuti alla formula
matematica dell’autocorrelazione applicata ad un segnale discretizzato come il
nostro, in cui il denominatore tende a zero.
Tuttavia i risultati ottenuti anche con l’utilizzo della funzione di
autocorrelazione, non sono in grado di fornire informazioni univoche sulla
periodicità del segnale a causa dell’impossibilità di determinare la posizione
angolare dell’albero al momento dell’inizio dell’acquisizione.
Per risolvere questo problema, esistono almeno due possibili alternative:
Figura 7. 5 Esempio di ruota fonica con cui poter determinare la posizione angolare
Capitolo 7 Pag 102
Per provare la validità della scelta sono state effettuate delle prove per valutare
la reattività del sensore.
Per fare ciò sono state effettuate delle acquisizioni mirate con parametri
differenti, scegliendo una alta frequenza di campionamento di 50kHz per
rilevare il maggior numero possibile di punti per secondo.
Il risultato è riportato in figura 7.10, e conferma che il passaggio da 0V a 10V,
quindi quello a derivata positiva, è per i nostri strumenti, istantaneo, a differenza
di quello inverso, da noi comunque non utilizzato.
Diagnostica Sviluppata per le Prove Cenit 2 Pag 105
Altre prove specifiche sono state effettuate per valutare la velocità di rotazione
istantanea, per valutarne la costanza e il valore effettivo, argomento che verrà
trattato successivamente, all’interno del paragrafo successivo.
tempo rende variabile il numero di punti acquisiti per ogni periodo, non potendo
trovare un dt sufficientemente piccolo da dividerlo in un numero intero di parti.
Inoltre questo errore nel campionamento del segnale si propaga anche ai periodi
successivi, che risulterannno in questo caso più lunghi.
Questi problemi incidono sulla bontà delle operazioni di pulitura del segnale
effettuate, dal momento che per effettuarle è necessario conoscere con esattezza
il periodo del segnale, come esposto nel paragrafo 7.3.
2243
2242
2241
2240
Velocità albero
2239
2238
2237
2236
2235
2234
2233
2232
10000 25000 75000 100000
numero di cicli dopo riavvio
Figura 7. 11 Risultati delle prove effettuate per valutare la velocità effettive del banco
1
df = = 37.25 Hz (7.12)
T
1
df = = 9.32 Hz (7.13)
4T
Figura 7. 14 Schematizzazione della procedura applicata per ottenere il segnale pulito a(t)
a partire dal segnale di partenza degli accelerometri s(t)
Come già esposto nel capitolo 6, i centri di ricerca della NASA hanno
sviluppato nell’ultimo decennio, dei sistemi diagnostici basati sull’analisi delle
vibrazioni.
Le ipotesi di base sono:
¾ FM4
¾ NA4
Capitolo 7 Pag 110
Il coefficiente FM4 è stato applicato con successo al banco prova, ottenendo dei
risultati incoraggianti.
Sviluppato per rilevare il danneggiamento di un singolo dente sfruttando il
coefficiente statistico Kurtosis, questo coefficiente viene applicato al segnale
differenza d(t), ricavato, come già esposto nel capitolo 6, secondo lo schema
riportato in figura 7.15.
K
FM 4 = (7.14)
(RMSDS )4
⎡1 ⎤
∑ (d )
N 4
K =⎢ i −d ⎥ (7.15)
⎣⎢ N i =1 ⎦⎥
∑( )
⎡1 N
⎤2
2 (7.16)
RMSDS = ⎢ di − d ⎥
⎣N i =1 ⎦
Figura 7. 19 Andamento dei coefficienti FM4, NA4 e dell’analisi dei lubrificanti, durante
una prova effettuata dal centro di ricerche NASA
Capitolo 8
Torsiometro Telemetrico
Durante lo svolgimento dell’ultima prova riportata nel capitolo precedente,
l’analisi dei valori di coppia rilevati dal torsiometro a contatti striscianti
installato, ha rilevato delle oscillazioni.
L’origine di tali oscillazioni può essere spiegata con due ipotesi: la prima è un
problema al sistema di misura, mettendo in dubbio la validità dei valori stessi; la
seconda presuppone che la lettura dei dati sia corretta e quindi il problema sia
relativo al sistema idraulico di applicazione della coppia, il che spiegerebbe la
durata anomala dell’ultima prova effettuata, già analizzata nel capitolo
precedente.
Allo scopo di valutare l’entità di queste oscillazioni e di definirne la natura, si è
pensato di sviluppare e installare sul banco prova un torsiomentro totalmente
indipendente dal sistema esistente, per confrontare i valori di coppia rilevati.
Grazie alla collaborazione della Sezione di Meccanica dei Sistemi del
Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano, è stato quindi progettato,
realizzato e messo a punto un torsiometro con trasmissione telemetrica del
segnale ed alimentazione a batteria. Tale torsiometro è composto da un ponte
estensimetrico aggiuntivo montato sull’albero torsiometrico, da una scheda di
condizionamento, acquisizione e trasmissione del segnale ad infine da un
ricevitore collegabile ad un pc tramite una intefaccia USB per il salvataggio e
l’analisi dei dati.
Nonostante la messa a punto non sia stata semplice, si è giunti infine ad ottenere
dei dati indipendenti, con parametri di acquisizione certi, con cui confrontare i
dati acquisiti direttamente dalla centralina del quadro di comando, attraverso la
scheda di acquisizione già utilizzata per lo sviluppo della diagnostica.
In questo capitolo tratteremo la progettazione e la fase di messa a punto del
sistema, realizzata in stretta collaborazione con l’Ing Marco Bassetti.
risultare attendibile, se non fossero state rilevate delle oscillazioni nel valore
della coppia rilevati dal torsiometro a contatti striscianti.
Queste oscillazioni sono state rilevate osservando l’andamento dei valori
riportati sul quadro di comando del banco prova.
Il quadro di comando riporta i valori rilevati dal ponte estensimetrico montato
sull’albero torsiometrico e collegato attraverso un sistema di contatti striscianti
HBM mostrati in Figura 8.1.
Esso è composto da una serie di piste metalliche collegate ai capi del ponte
estensimetrico e solidali con l’albero, che sono costantemente a contatto con
delle spazzole montate su un apposito supporto fisso, che consentono di
mantenere il contatto elettrico e quindi di alimentare il ponte stesso e rilevarne il
segnale in volt.
Questo segnale viene inviato al modulo di condizionamento, HBM MP55, che lo
elabora, applicando un filtro passa basso di Bessel e ne visualizza un valore
mediato su un lasso di tempo di 0,5s.
Il segnale filtrato, oltre ad essere visualizzato, viene utlizzato per applicare sia i
controlli in coppia del sistema, che intervengono per mantenerne il valore
Torsiometro telemetrico Pag 117
nell’intorno del valore impostato, sia per quelli di sicurezza che sospendono
l’esecuzione delle prove in caso di forti sovraccarichi.
L’applicazione del filtro passa basso deve essere letta in funzione di questa
ultima applicazione, in quanto i controlli di sicurezza devono intervenire solo in
caso di variazioni consistenti e durature della coppia applicata.
Dal momento che anche il segnale filtrato presentava delle oscillazioni, anche
abbondanantemente superiori a valori fisiologici del 1%, si è deciso di indagare
per individuarne la causa, interrompendo la prova prima della sua effettiva
conclusione.
Da esperienze passate, si è ipotizzato un problema con le spazzole dei contatti
striscianti, che avrebbero potuto non essere più in grado di garantire la
continuità della alimentazione del ponte, oltre ad una lettura errata dei valori.
Tuttavia proprio la inconsueta durata della prova ha fatto insorgere l’ipotesi che
il problema oscillatorio fosse dovuto ad un malfunzionamento dell’attuatore
idraulico, e che il valore di coppia visualizzato fosse inferiore al valore effettivo.
Solo una valutazione da parte di un sistema di misura e trasmissione
indipendente avrebbe potuto effettivamente stabilire quale delle due ipotesi
fosse corretta.
L’impossibilità di installare un torsiometro commerciale, visti i ridotti spazi
disponibili sul banco di prova, hanno portato alla scelta di sviluppare ad hoc un
sistema di misura della coppia.
Si è quindi pensato alla realizzazione di un sistema di trasmissione dei dati
telemetrico a batteria, in modo da renderlo esente dai possibili problemi legati
all’utilizzo dei contatti striscianti sia per quanto riguarda la trasmissione dei dati,
sia per l’alimentazione.
Proprio sul mozzo del giunto, poco distante dalla cassa del riduttore in prova, è
stato applicato un supporto che contiene la batteria collegata alla scheda
telemetrica ( Figura 8.5) e una seconda batteria di equilibratura.
I cavi di collegamento tra il ponte estensimetrico e la scheda sono stati assicurati
con un silicone per estensimetri (Figura 8.6), con lo scopo di isolarli ma
soprattutto di proteggerli dal contatto con parti rotanti.
Figura 8. 4 Scheda di acquisizione inserita nel pacco lamellare e ricevitore con connettore
USB per il collegamento al pc
Per separare il dato relativo alla coppia dal contatore, vi è interposta una virgola,
che corrisponde nel codice ASCII al numero 44, che occupa il terzo byte.
Gli ultimi due byte sono occupati dal contatore che è archiviato secondo la
stessa modalità del valore relativo alla coppia, suddividendo cioè il suo valore in
MSB e LSB, che verrà poi riassemblato dopo la ricezione dal programma in
matlab che interpreta i risultati.
Il vantaggio di trasmettere direttamente in binario rispetto al codice ASCII,
riguarda soprattutto i numeri, poiché nel codice ad ogni cifra è associato un byte.
Torsiometro telemetrico Pag 123
00001000 8 MSB
Coppia 2051
00000011 3 LSB
00101100 44 virgola
00010100 20 MSB
Contatore 5255
10000111 135 LSD
La velocità del banco è stata impostata su 3 livelli ( vedi tabella 8.1) per rilevare
una eventuale correlazione con il cattivo funzionamento dei contatti striscianti.
Il valore della coppia è stato impostato su 2 livelli, in modo da valutare
l’eventuale influenza dell’attuatore idraulico.
Infine il filtro passa basso del banco è stato impostato su due livelli, al fine di
valutare le oscillazioni sia in condizione normale di funzionamento, con filtro
impostato a 2Hz, sia quando il filtro non arrivasse ad intaccare i segnali con
frequenze pari alla rotazione dell’albero.
L’acquisizione dei dati è stata effettuata in parallelo anche sul sistema di misura
esistente, collegando direttamente un canale della scheda di acquisizione
National Instruments, già utilizzata per la realizzazione della diagnostica,
all’ingresso della centralina MP55 che riceve i valori in volt direttamente dai
contatti striscianti.
FATTORE LIVELLI
Figura 8. 9 Storia temporale della coppia rilevata dalla centralina MP55 a 2500rpm, con
coppia impostata a 450Nm e frequenza di taglio del filtro a 500Hz
Figura 8. 10 Storia temporale della coppia rilevata dalla centralina MP55 a 2500rpm, con
coppia impostata a 450Nm e frequenza di taglio del filtro a 2Hz
Torsiometro telemetrico Pag 127
Figura 8. 11 Spettro della coppia rilevata dalla centralina MP55 a 2500rpm, con coppia
impostata a 450Nm e frequenza di taglio del filtro a 500Hz
Figura 8. 12 Spettro della coppia rilevata dalla centralina MP55 a 2500rpm, con coppia
impostata a 450Nm e frequenza di taglio del filtro a 2Hz
Torsiometro Telemetrico Pag 128
Figura 8. 13 Storia temporale della coppia rilevata dal torsiometro telemetrico a 2500rpm,
con coppia impostata a 450Nm
Figura 8. 14 Spettro della coppia rilevata dal torsiometro telemetrico a 2500rpm, con
coppia impostata a 450Nm
Torsiometro telemetrico Pag 129
Figura 8. 15 Storia temporale della coppia rilevata dalla centralina MP55 a 2000rpm, con
coppia impostata a 450Nm e frequenza di taglio del filtro a 500Hz
Figura 8. 16 Storia temporale della coppia rilevata dal torsiometro telemetrico a 2000rpm,
con coppia impostata a 450Nm
Torsiometro Telemetrico Pag 130
Figura 8. 17 Spettro della coppia rilevata dalla centralina MP55 a 2000rpm, con coppia
impostata a 450Nm e frequenza di taglio del filtro a 500Hz
Figura 8. 18 Spettro della coppia rilevata dal torsiometro telemetrico a 2000rpm, con
coppia impostata a 450Nm
Torsiometro telemetrico Pag 131
Figura 8. 19 Spettro della coppia rilevata dal torsiometro telemetrico a 2500rpm, con
coppia impostata a 450Nm
Figura 8. 20 Particolare dello pettro della coppia rilevata dal torsiometro telemetrico a
2000rpm, con coppia impostata a 450Nm
Torsiometro Telemetrico Pag 132
Infine è utile analizzare la prova effettuata a 2500 giri con coppia applicata pari
a 450Nm e filtro ipostato a 2Hz, ossia in condizioni molto simili a quelle
dell’ultima prova effettuata.
Il valore medio rilevato dal torsiometro del banco è prossimo ai 450Nm, anche
se affetto da pesanti oscillazioni che tuttavia si presentano a frequenze talmente
elevate da risultare pesantemente tagliate dal filtro.
Il torsiometro telemetrico, pur rilevando delle oscillazioni, rileva un valore
medio della coppia inferiore, vicino ai 410Nm e conferma i sospetti iniziali per
cui la prova attualmente in corso di svolgimento è stata effettuata ad un valore
reale di coppia inferiore a quello impostato, determinandone una durata
anomala.
Conclusioni e sviluppi futuri
Prima di poter riprendere la prove sarà quindi necessario trovare una soluzione
ad entrambi i problemi riscontrati sul banco, e solo con il banco funzionante sarà
possibile sviluppare ulteriormente il sistema di diagnostica.
Una delle possibili evoluzioni potrebbe essere l’introduzione del coefficiente
NA4 reset, la cui sensibilità alle variazioni di carico rispetto all’NA4 è stata
fortemente abbattuta, e che nella logica di una daignostica basata su un modello
a sistemi integrati, potrebbe risultare molto utile.
Bibliografia
[1] ISO 6336, Calculation of load capacity of spur and helical gears, 2006.
[4] A.BOWER, The Influence of crack face friction and trapped fluid on
surface initiated rolling contact fatigue cracks, ASME J. Tribol. 110, 1998, pp
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[6] AA.VV. ISO 6336-2, Calculation of load capacity of spur and helical gears
– Calculation of surface durability (pitting), ISO 2006.
[7] AA.VV. ISO 21771, Gears – Cylindrical involute gears and gear pairs –
Concepts and geometry, ISO 2007, pp. 1-59.
[12] B. –R. HÖHN, P. OSTER, K. MICHAELIS, New test method for the
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Report, FZG, Agma Technical Paper, Virginia, 1998.
Bibliografia Pag 138
[15] B. –R. HÖHN, Gear oil micropitting evaluation, In VDI Verlag GmbH,
pp.22-42, Technische Unibersität Mǘnchen, 2002.
[19] UNI 8862, Calcolo della capacità di carico degli ingranaggi ad assi
paralleli, 1987.
[20] AA.VV. ISO 6336-5, Calculation of load capacity of spur and helical
gears – Strength and quality of materials, ISO 2006.
[24] R.E. LITTLE, Statistical Planning and Analysis. ASTM STP 588, ASTM,
Philadelphia.
Bibliografia Pag 139
[34] J.D.SMITH, Gears and their vibrations. Marcell Dekker The Macmillan
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[39] P.J.DEMPSEY, Gear damage detection using oil debris analysis, Glenn
Research Centre, Cleveland, Ohio, USA, 2001.
[40] P.J.DEMPSEY, A.A. AFJEH, Integrating oil debris and vibration gear
damage detection technologies using fuzzy logic, Glenn Research Centre,
Cleveland, Ohio, USA, 2002.