Ottobre 2004
Missione: Salviamo il Gran Sasso D'Italia
Manifestazione congiunta di 10 associazioni per provare a fermanre il "Progetto Scindarella-Monte
Cristo" sul versante aquilano del Gran Sasso.
Il Gran Sasso d'Italia è diventato Parco nazionale nel 1991, al termine di una lunga campagna a
favore della sua istituzione durata oltre 20 anni. La scelta di ricorrere al più importante strumento di
tutela previsto dall'ordinamento italiano è stata dettata dalla straordinaria valenza naturalistica della
principale vetta dell'Appennino. Il Parco è stato voluto proprio per tutelare un grande patrimonio di
biodiversità, unico per l'Italia centrale: un patrimonio, la cui importanza non è sfuggita alla stessa
Unione Europea che sul Gran Sasso ha individuato una Zona di Protezione Speciale (ZPS) per
l'avifauna e numerosi Siti di Interesse Comunitario (SIC) per la tutela di habitat e specie prioritarie.
L'istituzione del Parco è stata giustamente intesa anche come occasione per valorizzare un territorio
da sempre marginale che, a causa dell'emigrazione accentuatasi nell'immediato dopoguerra e
perdurato fino agli inizi degli Anni '70, si è andato via via spopolando. Indubbiamente, il Parco,
anche se non costituisce la soluzione definitiva a problemi di spopolamento generati da diverse
concause, può rappresentare per le popolazioni locali un'occasione in più di crescita, sia sociale che
economica, a condizione che conservi quell'ambiente naturale che costituisce il suo patrimonio
principale.
Oggi, il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, così come tanti altri parchi in Italia, si
trova di fronte alla riproposizione di progetti vecchi di trent'anni tornano a minacciare la montagna
nel suo complesso. Lo sviluppo dei bacini sciistici incombe su settori sempre più ampi del Gran
Sasso. Si tratta di uno sviluppo irrazionale e senza futuro che distrugge la vera ricchezza di questi
luoghi: la natura. Su entrambi i versanti si rincorrono progetti, piani ed ipotesi che non tengono in
alcun conto le esigenze della tutela e della conservazione e che sembrano configurare un modello di
turismo che ormai, nonostante le condizioni sicuramente più favorevoli, viene messo in discussione
persino sulle Alpi dopo che molti impianti sono stati dismessi a causa dei bilanci perennemente in
passivo.
Tra i tanti progetti in discussione, sopra ogni altro, preoccupa il "Progetto Speciale Territoriale
Scindarella - Monte Cristo" sul versante aquilano del Gran Sasso. Questo Progetto, dopo aver
ottenuto l'inopportuna approvazione a maggioranza da parte del Consiglio Direttivo dell'Ente Parco,
il parere favorevole sulla valutazione di incidenza ambientale, l'approvazione da parte del Consiglio
regionale, si appresta a passare alla fase di progettazione esecutiva. Si tratta di un piano destinato a
modificare per sempre una parte importante di Campo Imperatore con una cementificazione senza
precedenti: aumento del 35% delle cubature esistenti nell'area, parcheggi e strutture di servizio, 7
nuovi impianti di risalita tra cui il collegamento sulla cresta della Scindarella tra i due bacini di
Campo Imperatore e Monte Cristo, 64 nuovi chilometri di piste, sbancamenti e movimentazione
terra per la sistemazione delle piste, recupero ed ampliamento delle strutture, per giunta mai
utilizzate ed in parte già distrutte, della Fossa di Paganica! Un insieme di interventi che
rappresentano la negazione della stessa idea di area naturale protetta a causa dell'impatto
paesaggistico, dell'impatto ambientale su habitat e specie prioritarie, del legame ad un modello di
sviluppo fallimentare che non ha portato alcun reale vantaggio alle popolazioni locali, nonché degli
innumerevoli costi di gestione sorretti da finanziamenti pubblici.
Ma non è solo il versante aquilano del Gran Sasso ad essere minacciato. Anche quello teramano,
dopo le ferite inferte per la realizzazione di una strada abusiva, necessaria per la costruzione della
nuova seggiovia ai Prati di Tivo, è oggetto di nuove/vecchie ipotesi progettuali, compresa quella
mai abbandonata di creare un collegamento con il versante aquilano attraverso Campo Pericoli. Ma
non solo! È addirittura in atto una dura contrapposizione tra il Comune di Pietracamela e quello di
Isola del Gran Sasso portatori di due distinti e contrastanti progetti per un ulteriore arroccamento ed
infrastrutturazione sul Gran Sasso tramano: da un lato, quello del Comune di Isola del Gran Sasso
per la realizzazione di un'ovovia che da Fano a Corno porti a Cima Alta, dall'altro, quello del
Comune di Pietracamela che da Isola, attraverso un treno a cremagliera, seguendo il tracciato di una
strada ormai in disuso, porti anch'essa a Cima Alta.
Negli anni passati, simili progetti sono stati bloccati grazie all'azione di tanti, veri appassionati delle
nostre montagne che hanno potuto contare su un'ampia mobilitazione nazionale e su normative
generali valide per tutto il territorio. È mai possibile che oggi, con il Gran Sasso ricompreso in un
Parco nazionale, questi progetti vadano avanti, in alcuni casi, anche con l'avallo del Parco stesso? È
evidente che i progetti presentati, e che presto potrebbero essere realizzati, vanno ben al di là di
semplici interventi di sostituzione o di razionalizzazione degli impianti esistenti ai quali nessuno
vuole opporsi. Quanto sta avvenendo rappresenta, al contrario, uno smisurato ampliamento dei
bacini sciistici su aree del Gran Sasso prive di strutture e fino ad oggi contrassegnate da un carico
antropico moderato, se non inesistente.
Ritrovo ore 11:00 di sabato 25 settembre presso piazzale di Prati di Tivo di fronte Gran Baita.
Per maggiori informazioni contattare Massimo Fraticelli di Mountain Wilderness Italia numero
348.3717423.
Pernottamento in tenda o in rifugio.
Domenica 26 settembre: due diverse escursioni che, partendo dal versante teramano ed aquilano,
si ricongiungeranno a Campo Pericoli presso il rifugio Garibaldi.
Da Teramo - ritrovo nel piazzale di Prati di Tivo alle ore 8:45 con partenza alle 9:00. Tempo di
percorrenza circa 3 ore. Riferimento Gennaro Pirocchi del CAI telefono 329.2737061.
Da L'Aquila e Roma - ritrovo nel piazzale di Campo Imperatore alle ore 10 con partenza alle ore
10:15. Tempo di percorrenza circa 2 ore. Riferimento Luciano Del Sordo del WWF telefono
348.3855926.
Da Pescara - ritrovo sempre nel piazzale di Campo Imperatore alle ore 10 con partenza alle ore
10:15. Tempo di percorrenza circa 2 ore. Riferimento Augusto De Sanctis del WWF telefono
368.3188739.
Pranzo al sacco.
Com'è andata
Sabato ore 12 circa Massimo entra nell'unico bar aperto a Prati di Tivo, e chiede se qualcuno di
Mountain Wilderness si è fatto vivo per la manifestazione.
"La vostra associazione qui non è gradita" è la risposta seccata, e giù una filippica contro chi viene
qui a decidere i destini dei residenti che fanno grandi sacrifici.
Cominciamo bene... alle 13 piove ancora, ha iniziato il giorno precedente e pare non voglia
smettere; alle quote superiori ai 1700 metri il terreno è imbiancato, il gestore del rifugio Garibaldi
ha chiuso baracca ed è sceso a valle con 10-15 cm di neve fresca. Per oggi non si fa nulla, vediamo
domani. Da Campo Imperatore arrivano le prime notizie, Renato dice che nevica anche lì, forse è la
maledizione di Marzabotto che ci segue e si sposta a sud. Andiamo a mangiare qualcosa a
Pietracamela mentre decidiamo il da farsi per il giorno seguente, poi ci spostiamo ad un albergo
dove si sta tenendo un corso di aggiornamento del CAI, mentre i telefoni suonano ripetutamente.
E' un buon segno: da diversi anni non si vedeva un interesse così ampio e coordinato sul Gran
Sasso, si può dire che tutte le associazioni hanno aderito in modo attivo per costituire un tavolo di
lavoro partecipato e propositivo.
La mattina successiva a Prati di Tivo i bar aperti sono ben due, è un grande risultato considerando
che il giorno precedente sui giornali era uscita la minaccia di una serrata degli esercenti per
protestare contro la manifestazione; alle nove del mattino gli unici a consumare siamo noi, pecunia
non olet.
Mentre stiamo uscendo entra una signora dall'aria aristocratica, "oggi non potrete manifestare, che
bello!" afferma esprimendo democraticamente il proprio pensiero.
Due chiacchiere con i gestori degli impianti, qui per lavori di manutenzione: sembrano alquanto
aperti al dialogo, dicono che sul progetto e l'ubicazione degli impianti loro non hanno potuto
mettere bocca, che è anche loro interesse preservare un ambiente montano che gli dà da vivere e
deve potergli garantire un futuro.
Continua a piovere senza interruzione, la stazione del Soccorso Alpino ci offre una stanza per
riunirci.
Siamo circa 25 persone, tante considerando il maltempo: rappresentanti di WWF, CAI, MW,
Legambiente ed altri ancora, amici oltre che dall'Abruzzo giunti dal Lazio e dalle Marche.
Utilizziamo la mattinata per mettere a punto le strategie utili all'incontro del prossimo 30 ottobre, il
presidente del Parco dopo essersi sottratto diverse volte alle richieste degli ambientalisti ha
garantito la propria presenza, si aspetta solo la conferma dell'assessore regionale all'ambiente; sarà
un momento importante per discutere sulle nostre ragioni di opposizione ai nuovi piani sciistici del
bacino del Gran Sasso d'Italia, parte dei quali già approvati in linea di massima dall'ente Parco sul
versante aquilano di Campo Imperatore. Il fronte ambientalista è assai compatto, avevo bisogno di
spostarmi di quasi cinquecento chilometri da casa per ritrovare un'unità di intenti che da tempo non
si riscontra sulle Alpi.
La delegazione regionale del CAI ha votato all'unanimità un documento che li impegna sulla tutela
ambientale del territorio, il WWF è fortemente impegnato con uomini e mezzi, MW è presente fin
dai tempi delle battaglie per l'istituzione stessa del Parco, ma il comitato è rappresentato anche da
tante associazioni meno in vista ma molto inserite nel tessuto sociale e politico della regione; tutto
questo dà una grande forza al movimento che cerca di difendere una montagna che qui è fonte di
vita non solo economica, dato che dal suo interno sgorga l'acqua che alimenta buona parte
dell'acquedotto per gli usi civili, agricoli ed industriali.
A proposito, la vertenza sul terzo traforo pare stia imboccando un binario positivo, ma su questo
daremo ragguagli più precisi e speriamo definitivi nel prossimo futuro.
Una pastasciutta improvvisata conclude la mattinata che lascia impressioni positive, ci si divide i
compiti per le prossime settimane, c'è soddisfazione per i risultati raggiunti e la consapevolezza di
un impegno gravoso ma necessario che ci attende e che deve condurre a risultati che intravediamo
possibili grazie alla collaborazione di tutti quanti. Un ambiente sereno e la consapevolezza delle
proprie potenzialità rappresentano condizioni favorevoli per la tutela del Gran Sasso, un esempio
che speriamo si possa esportare in altre situazioni.
Aprile 2004
Tenda Gialla per il Gran Sasso
Gran Sasso (Aq)
Manifestazione congiunta di 10 associazioni ambientaliste per provare a fermanre il folle "Progetto
Scindarella-Monte Cristo" sul versante aquilano del Gran Sasso, che prevede: cementificazione,
parcheggi, strutture di servizio, 7 nuovi impianti di risalita, 64 nuovi chilometri di piste,
sbancamenti e movimentazione terra.
Gran Sasso d'Italia è diventato Parco nazionale nel 1991, al termine di una lunga campagna a favore
della sua istituzione durata oltre 20 anni. La scelta di ricorrere al più importante strumento di tutela
previsto dall'ordinamento italiano è stata dettata dalla straordinaria valenza naturalistica della
principale vetta dell'Appennino. Il Parco è stato voluto proprio per tutelare un grande patrimonio di
biodiversità, unico per l'Italia centrale: un patrimonio, la cui importanza non è sfuggita alla stessa
Unione Europea che sul Gran Sasso ha individuato una Zona di Protezione Speciale (ZPS) per
l'avifauna e numerosi Siti di Interesse Comunitario (SIC) per la tutela di habitat e specie prioritarie.
L'istituzione del Parco è stata giustamente intesa anche come occasione per valorizzare un territorio
da sempre marginale che, a causa dell'emigrazione accentuatasi nell'immediato dopoguerra e
perdurato fino agli inizi degli Anni '70, si è andato via via spopolando. Indubbiamente, il Parco,
anche se non costituisce la soluzione definitiva a problemi di spopolamento generati da diverse
concause, può rappresentare per le popolazioni locali un'occasione in più di crescita, sia sociale che
economica, a condizione che conservi quell'ambiente naturale che costituisce il suo patrimonio
principale.
Oggi, il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, così come tanti altri parchi in Italia, si
trova di fronte alla riproposizione di progetti vecchi di trent'anni tornano a minacciare la montagna
nel suo complesso. Lo sviluppo dei bacini sciistici incombe su settori sempre più ampi del Gran
Sasso. Si tratta di uno sviluppo irrazionale e senza futuro che distrugge la vera ricchezza di questi
luoghi: la natura. Su entrambi i versanti si rincorrono progetti, piani ed ipotesi che non tengono in
alcun conto le esigenze della tutela e della conservazione e che sembrano configurare un modello di
turismo che ormai, nonostante le condizioni sicuramente più favorevoli, viene messo in discussione
persino sulle Alpi dopo che molti impianti sono stati dismessi a causa dei bilanci perennemente in
passivo.
Tra i tanti progetti in discussione, sopra ogni altro, preoccupa il "Progetto Speciale Territoriale
Scindarella - Monte Cristo" sul versante aquilano del Gran Sasso. Questo Progetto, dopo aver
ottenuto l'inopportuna approvazione a maggioranza da parte del Consiglio Direttivo dell'Ente Parco,
il parere favorevole sulla valutazione di incidenza ambientale, l'approvazione da parte del Consiglio
regionale, si appresta a passare alla fase di progettazione esecutiva. Si tratta di un piano destinato a
modificare per sempre una parte importante di Campo Imperatore con una cementificazione senza
precedenti: aumento del 35% delle cubature esistenti nell'area, parcheggi e strutture di servizio, 7
nuovi impianti di risalita tra cui il collegamento sulla cresta della Scindarella tra i due bacini di
Campo Imperatore e Monte Cristo, 64 nuovi chilometri di piste, sbancamenti e movimentazione
terra per la sistemazione delle piste, recupero ed ampliamento delle strutture, per giunta mai
utilizzate ed in parte già distrutte, della Fossa di Paganica! Un insieme di interventi che
rappresentano la negazione della stessa idea di area naturale protetta a causa dell'impatto
paesaggistico, dell'impatto ambientale su habitat e specie prioritarie, del legame ad un modello di
sviluppo fallimentare che non ha portato alcun reale vantaggio alle popolazioni locali, nonché degli
innumerevoli costi di gestione sorretti da finanziamenti pubblici.
Ma non è solo il versante aquilano del Gran Sasso ad essere minacciato. Anche quello teramano,
dopo le ferite inferte per la realizzazione di una strada abusiva, necessaria per la costruzione della
nuova seggiovia ai Prati di Tivo, è oggetto di nuove/vecchie ipotesi progettuali, compresa quella
mai abbandonata di creare un collegamento con il versante aquilano attraverso Campo Pericoli. Ma
non solo! È addirittura in atto una dura contrapposizione tra il Comune di Pietracamela e quello di
Isola del Gran Sasso portatori di due distinti e contrastanti progetti per un ulteriore arroccamento ed
infrastrutturazione sul Gran Sasso tramano: da un lato, quello del Comune di Isola del Gran Sasso
per la realizzazione di un'ovovia che da Fano a Corno porti a Cima Alta, dall'altro, quello del
Comune di Pietracamela che da Isola, attraverso un treno a cremagliera, seguendo il tracciato di una
strada ormai in disuso, porti anch'essa a Cima Alta.
Negli anni passati, simili progetti sono stati bloccati grazie all'azione di tanti, veri appassionati delle
nostre montagne che hanno potuto contare su un'ampia mobilitazione nazionale e su normative
generali valide per tutto il territorio. È mai possibile che oggi, con il Gran Sasso ricompreso in un
Parco nazionale, questi progetti vadano avanti, in alcuni casi, anche con l'avallo del Parco stesso? È
evidente che i progetti presentati, e che presto potrebbero essere realizzati, vanno ben al di là di
semplici interventi di sostituzione o di razionalizzazione degli impianti esistenti ai quali nessuno
vuole opporsi. Quanto sta avvenendo rappresenta, al contrario, uno smisurato ampliamento dei
bacini sciistici su aree del Gran Sasso prive di strutture e fino ad oggi contrassegnate da un carico
antropico moderato, se non inesistente.
Massimo Fraticelli
348.3717423
Fabio Valentini
valentini@mountainwilderness.it
059 692151
Novembre 2004
La Giornata di studio sul Gran Sasso a Teramo
Proficuo confronto tecnico, ma incomprensibile atteggiamento del Presidente dell’Ente Parco
La Giornata di studio “Gran Sasso, tra turismo invernale e tutela”, organizzata dall’Osservatorio
sulla tutela del Gran Sasso promosso da tutte le Associazioni ambientaliste, ha offerto l’occasione
per fare il punto sulla situazione dei bacini sciistici presenti sulla vetta più alta degli Appennini.
La mattinata è stata dedicata ad una serie di qualificati interventi tecnici che hanno evidenziato
l’insostenibilità ambientale ed economica delle ipotesi di ampliamento dei bacini esistenti sul Gran
Sasso, in particolare di quelli sul versante aquilano legati al Piano d’Area “Scindarella –
Montecristo”, già approvato da Parco e Regione e del quale è stato sottolineato il probabile impatto
idrogeologico, fino ad oggi mai studiato.
Le relazioni hanno permesso di confrontare la situazione appenninica con quella alpina che,
nonostante condizioni sicuramente più favorevoli rispetto all’Abruzzo, sta mostrando tutti i limiti
ambientali e gestionali di un turismo legato prevalentemente allo sci. Si sono poi evidenziati gli
impatti ambientali degli interventi sostenuti fino ad oggi sul Gran Sasso teramano ed aquilano con
la sostituzione delle funivie esistenti con due seggiovie quadriposto.
Sono state infine avanzate proposte alternative meno impattanti sia in tema di pianificazione che in
tema di turismo: in particolare è stata messa in luce la crescita della domanda di ecoturismo
registrata in questi ultimi anni in tutte le aree naturali protette.
Ottobre 2004
Il ponte sul Gran Sasso
Fosche nubi si addensano sul Gran Sasso, e non si tratta di un temporale estivo. E’ il
completamento di un’opera di conquista iniziata diversi anni fa dapprima con l’accerchiamento, poi
con gli scavi sotterranei, infine con l’assalto alle pareti: la grande fortezza, come in un poema epico
medioevale, sta per cedere all’attacco delle forze maligne? Nella terra d’Abruzzo le difese sono allo
stremo. Le riserve d’acqua sono diminuite, e si tenta di avvelenare le sorgenti rimaste; si studiano
nuove gallerie che minano il cuore del massiccio; aumentano le seggiovie che risalgono le pendici
montuose…
Sembra fantasy, è dura realtà. La lotta per la tutela del Gran Sasso d’Italia, iniziata nei lontani anni
settanta, nonostante l’istituzione del Parco nel 1991 non si è mai interrotta: nemmeno una legge
dello Stato è servita a tranquillizzare i suoi difensori, che cos’altro serve? Forse una maggiore
coscienza civica, ed un più ampio sforzo di carattere culturale da parte di amministrazioni e
cittadini.
Quello che da sempre viene proposto nell’area del Gran Sasso è un modello di sviluppo che non ha
futuro. La cementificazione, le montagne addomesticate, a cosa porteranno? Ad un maggiore
afflusso turistico? Ma ne siamo sicuri? E’ stato proprio così in questi lunghi decenni di
imprenditorialismo illuminato?
L’esperienza abruzzese non è dissimile da altre sparse sul territorio nazionale. Il denominatore
comune è uno solo: i soldi. Gli impianti vengono realizzati non tanto per una reale necessità, quanto
per poter accedere a finanziamenti pubblici e privati; una volta iniziati i lavori i costi lievitano in
modo “imprevisto”, spesso non si riesce nemmeno a terminare le opere, tanto chi doveva intascarsi
il denaro lo ha già fatto, un’impresa fallita non è poi la fine del mondo. Brillante esempio è il
progetto per la nuova funivia del Monte Bianco, che a fronte di una frequentazione diminuita negli
ultimi quindici anni del 50% prevede il raddoppio delle portate attuali, senza considerare che l’alta
quota alla quale arriva la funivia (oltre 3300 m) non può sopportare una tale pressione antropica.
Si può dire che oggi non esistano impianti di risalita con il bilancio in attivo. Ormai sono
considerati alla stregua degli autobus urbani, un servizio in costante perdita di esercizio da
mantenere in attività per scopi sociali. Ma quali scopi sociali ha una seggiovia? Non certo quello di
offrire nuovi posti di lavoro, ormai i nuovi impianti riducono all’osso la presenza degli operatori. E
allora? Si dice: “così la montagna è alla portata di tutti”, il ricco uguale al povero, l’atleta uguale al
pantofolaio.
E’ questa l’uguaglianza? No, questa è la banalizzazione. La montagna è un ambiente particolare, ha
proprie leggi e proprie regole che vanno conosciute e rispettate. Se volete vivere l’emozione di una
maratona dovete allenarvi e poi correre: se percorrete i 42 km in automobile, è tutt’altra cosa.
Portare gente in montagna va bene, ma se non sanno cos’è una montagna è come guardare una
cartolina, solo un po’ più costoso. Chi dice che associazioni come la nostra propongono un turismo
elitario è in malafede, quello che noi proponiamo non è un turismo rivolto a pochi eletti bensì un
turismo intelligente e rispettoso, confidiamo che gli intelligenti e i rispettosi siano davvero tanti e
che possiamo contribuire ad accrescerne ulteriormente il numero. Se i soldi anziché spenderli in
impianti li spendessimo in centri visita del Parco, per esempio, forse avremmo turisti più
consapevoli ed un ambiente meno maltrattato.
E’ difficile progettare il futuro, occorre visione prospettica e un certo distacco dai condizionamenti
di carattere politico ed economico: chi progetta ed impianta un bosco non vedrà mai il frutto del
proprio lavoro, ma chi verrà dopo di lui ne coglierà i frutti. Il Parco ha soprattutto una funzione
sociale, è un bene della collettività, e come tale deve essere gestito per garantire alle prossime
generazioni di poterne ancora usufruire. Enti parco, amministrazioni locali, comunità montane oggi
più di ieri devono confrontarsi con l’universo ambientalista che ha da tempo abbandonato le
posizioni del NO, per lanciarsi con competenza e attendibilità sul terreno della proposta e del
dialogo. La montagna può produrre reddito, e per sopravvivere nella nostra società dei capitali deve
farlo, ma il reddito deve essere diffuso; se a guadagnare sono sempre e solo i soliti noti, allora la
nostra italietta potrà anche essere entrata in Europa, ma l’Europa ci guarderà sempre come il
giullare di corte, come quelli che propongono le grandi opere ma poi non trovano i soldi per
sbarcare il lunario nella vita quotidiana.
E allora perché no, attiviamo un grande ponte umanitario che attraversi il Gran Sasso ed unisca i
diversi versanti, questa sì è una grande opera realizzabile; diamo forza alle nostre idee, diamogli
visibilità, costruiamo un fronte congiunto per respingere l’assedio. Sarà un ponte con i colori
dell’arcobaleno.