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Il Flauto Traverso dal Classicismo

al Romanticismo

Corso: Fondamenti di storia e tecnologia dello strumento II


Anno Accademico: 2017/2018
Candidata: Irene Pagani

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Il Periodo Classico
Il periodo classico, convenzionalmente compreso fra il 1756, anno della nascita di
Mozart, ed il 1827, anno della morte di Beethoven, è una fase di grandi
trasformazioni in campo musicale. I cambiamenti storici, lo sviluppo dei commerci,
il progresso industriale, i rivolgimenti politici della Rivoluzione Francese, avevano
prodotto una borghesia che aveva ampliato i propri interessi artistici. La musica,
che fino ad allora era stata praticata quasi esclusivamente all’interno delle corti,
irrompe nella società civile, vengono organizzati concerti con scopi commerciali
ed istituite scuole pubbliche per l’insegnamento musicale. I musicisti si trovano ad
essere per la prima volta indipendenti e, pertanto, interessati alle varie attività
legate alla musica: i concerti, l’insegnamento, l’attività editoriale, l’organizzazione
degli eventi, la costruzione degli strumenti. Tutto questo fu favorito dall’enorme
incremento del numero degli appassionati che praticavano musica, un gran
numero dei quali scelse il flauto come strumento da suonare. Si crearono, perciò,
le condizioni favorevoli per una produzione su scala industriale e non più
artigianale, con una specializzazione dei compiti ed investimenti nei campi della
ricerca e della sperimentazione.
Il flauto ad una chiave, che aveva attraversato con grande successo l’intero
periodo Barocco, fu trasformato per rispondere alle necessità del tempo di una
maggiore facilità di utilizzo ed una migliore intonazione, necessaria per suonare in
ogni tonalità. Il difetto più evidente, quello delle cosiddette posizioni a forchetta
che alternano fori chiusi e aperti per l’ottenimento dei semitoni, fu risolto con
l’apertura di ulteriori fori laterali, la cui chiusura era possibile con l’aggiunta di altre
chiavi.
Dal 1760 circa, l’estensione dello strumento venne ampliata verso le note gravi
grazie alla creazione di un piede più lungo avente due chiavi aperte per la
produzione del Do# e Do3. La meccanizzazione del flauto iniziò nei laboratori
presenti a Londra, con l’inserimento sullo strumento delle chiavi per ottenere i suoni
Fa, Sol# e Sib azionate rispettivamente dal mignolo e dal pollice della mano
sinistra Successivamente il nuovo flauto si diffuse in tutta Europa dove musicisti del
calibro di Johann Tromlitz iniziarono ad utilizzare le chiavi per l’esecuzione di tutti i
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suoni senza l’utilizzo delle diteggiature a forchetta e per la semplificazione di
alcuni passaggi quali i trilli. Il tedesco Karl August Grenser introdusse una chiave
aggiuntiva per il Do medio (azionata dall’indice destro) ed una chiave per il Fa
(azionata dal mignolo sinistro) in alternativa a quella utilizzata da Tromlitz.

Il foro d’ imboccatura venne ampliato rispetto a quello del traversiere barocco al


fine di ottenere una maggiore sonorità adattando così lo strumento sia l’aumento
del volume di suono delle orchestre dell’epoca, dovuto agli organici orchestrali
più ampi, sia alle grandi dimensioni delle sale da concerto dell’epoca.
Come è per qualsiasi innovazione, anche la meccanizzazione del flauto non fu
immediatamente accettata da tutti; alcuni ritennero che la scarsa sonorità e la
non precisa intonazione di alcune note ottenute sul flauto ad una chiave non
fossero difetti bensì caratteristiche peculiari del suono dello strumento e non
dovessero, quindi, essere eliminate. Ecco che, nonostante l’evoluzione
tecnologica, la maggior parte delle composizioni dell’epoca è ancora pensata
per il flauto a una chiave descritto da Quantz.
In alcuni casi specifici veniva indicato lo strumento da utilizzare, ad esempio, il
Concerto Kv299 per Flauto e arpa di Mozart, scritto nel 1778 (dove il flauto arriva
ad Do grave), lo stesso autore specificava che il flauto del Duca di Guisnes, a cui
l’opera era destinata, era una flauto a 6 chiavi.
Con il tempo il flauto meccanizzato si diffuse ampiamente e con caratteristiche
tecniche simili nei diversi paesi; rimase in uso per tutto l’Ottocento con la
definizione di “sistema semplice” o “vecchio sistema” finché non fu
universalmente sostituito dal flauto “sistema Böehm”.
Nel corso della prima metà dell’800 si diffuse il flauto a 8 chiavi che ben si prestava
al repertorio solistico ed alla scrittura dell’orchestra classica.

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Il miglioramento tecnico del flauto, ed in generale lo sviluppo dell’utilizzo degli
strumenti a fiato nel periodo classico, incrementarono la produzione musicale
specifica, spaziando dalle semplici composizioni per duo o trio, dedicate ai
dilettanti, ai concerti per flauto ed orchestra che richiedevano grandi capacità
virtuosistiche. Nelle orchestre trovarono spazio stabilmente flauti, oboi, corni,
fagotti ed anche clarinetti ed era molto diffusa la letteratura per il quintetto di fiati
comprendente le prime parti orchestrali. Nello stesso periodo lo sviluppo ed il
successo fra i dilettanti di un altro strumento quale la chitarra, portò ad una
fiorentissima letteratura in duo con il flauto, opera soprattutto di autori italiani.

Il Periodo Romantico
Lo sviluppo costruttivo avuto dal flauto nell’Ottocento lo portò ad essere lo
strumento che oggi conosciamo; le nuove tecnologie e la possibilità di applicare
nelle diverse fasi della lavorazione le novità sviluppatesi nel campo della ricerca
resero il flauto ed in generale tutti gli strumenti a fiato somiglianti agli strumenti
moderni. Questa fase di grande sviluppo stimolò anche l’invenzione di nuovi
strumenti, come è il caso del sassofono di Adolphe Sax. Nei primi anni del secolo il
flauto si presenta nella sua forma completamente meccanizzata, con l’apertura di
nuovi fori laterali ed un sistema di chiavi complesso. Fra i costruttori più rap-
presentativi di quest’epoca si possono senz’altro citare gli Ziegler di Vienna, pri- ma
il padre Johann e poi il figlio Johann Baptist, attivi a Vienna ed in grado di produrre
circa diecimila strumenti l’anno; questo grande successo fece sì che il flauto
meccanizzato “vecchio sistema” fu conosciuto per tutto l’Ottocento anche come
flauto Ziegler. La storia del flauto è indirizzata in modo determinante dall’opera del
flautista e costruttore Theobald Böhm, che brevettò due nuovi strumenti nel 1831 e
nel 1847 partendo dall’idea di una foratura laterale dello strumento che
prevedesse un foro per ciascuna nota, con le aperture intervallate da distanze
omogenee fra loro, arrivando a realizzare un sistema completamente cromatico.

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Theobald Boehm

Theobald Boehm nacque a Monaco di Baviera nel 1794.


Dopo aver imparato a suonare da autodidatta su un flauto ad una chiave, nel
1810 Boehm costruisce una copia di un flauto a 4 chiavi Grenser e inizia a
prendere lezioni di flauto con Johann Nepomuk Kapeller, flautista dell’Orchestra
della Corte Bavarese.
Una volta completati i suoi studi con Kapeller, Boehm ottenne un posto di flautista
nell’orchestra del Teatro Isartor di Münich, e nel 1818, a 24 anni, lo scritturarono per
l’Orchestra della Corte Reale. A questo punto, il successo di una tournée lo
incoraggiò talmente che lasciò il suo mestiere di orafo per vivere di musica.
Studiò composizione e orchestrazione ed iniziò l’attività di solista, eseguendo
proprie composizioni ed esibendosi in tutta Europa, ricevendo ovunque grandi
apprezzamenti dal pubblico e dalla critica. In questo periodo Boehm suonò su
flauti costruiti da lui stesso e con il sistema di chiavi allora in uso.
Nel 1828 aprì un proprio laboratorio per la produzione di strumenti.
Nel 1829 si applica per costruire flauti nella sua maniera particolare, citando sei
caratteristiche che, malgrado acustica, meccanismo e diteggiature rimangano
inalterate, lui chiamava già “migliorati”: purezza di intonazione, omogeneità di
suono, facilità di funzionamento, risonanza sicura in tutta l’estensione, design
grazioso, meccanica semplice e robusta. Questi flauti sono discendenti al do3, a
nove chiavi, con una doppia leva per il fa e per il sib.
E nel 1831, durante una tournée che lo portò in Francia ed a Londra, incontrò
William Gordon, flautista dilettante anche lui interessato a modifiche innovative
per il flauto, e Charles Nicholson, uno dei più noti solisti dell’epoca, che lo
impressionò per la grande forza del suono favorita da uno strumento con foratura
laterale molto ampia. Queste esperienze indussero Boehm a progettare un proprio
flauto, con fori per le dita più grandi, posizionati in modo razionale lungo il tubo e
controllati da un sistema di chiavi innovativo. l modello Boehm del 1831 fece
importanti passi avanti nella meccanica e nei cambiamenti della diteggiatura; il
suo nuovo design introduceva il concetto della “chiave ad anello”, che
trasmetteva il movimento di un dito su chiavi distanti. Boehm usò due di queste

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chiavi ad anello per realizzare il cambio della diteggiatura tra fa e fa#.

Nel 1832 venne così brevettato il primo flauto di Boehm con un sistema di chiavi
che verrà ripreso da costruttori di altri strumenti per la sua efficienza (ad esempio
viene impiegato da Auguste Buffet per il clarinetto).

Negli anni successivi gli interessi di Boehm si indirizzarono verso campi totalmente
diversi: progettò un sistema innovativo per la disposizione delle corde del
pianoforte, si occupò di metallurgia conseguendo brevetti relativi a nuovi metodi
estrattivi e di raffinamento del ferro. Queste nuove attività lo impegnarono al
punto da costringerlo a trascurare il concertismo, le sue apparizioni pubbliche
divennero molto rare e nel 1839 chiuse il laboratorio flautistico. Solo nel 1846 riprese
la sua attività di costruzione e progettazione di flauti traversi aprendo un nuovo
laboratorio e ristudiando i principi acustici fondamentali dello strumento. Nel 1847
progettò un nuovo e rivoluzionario tipo di flauto con il corpo cilindrico e la testata
conico- parabolica. Lo strumento fu subito brevettato e messo in produzione.
In seguito decise di pubblicizzare la propria creazione attraverso diverse
pubblicazioni tra cui ricordiamo “Della costruzíone dei flautí e de’ più recenti
miglioramenti alla medesima”, pubblicato in tutta Europa ed uscito in Italia per la
Ricordi; a cui seguirono uno “Schema” (1862) per calcolare la disposizione
omogenea dei fori in flauti e in altri strumenti a fiato e il volume “Il flauto nei suoi
aspetti acustici, tecnici ed artistici” (1871), indirizzato ai flautisti; quest’ultimo è
suddiviso in due parti: la prima relativa allo strumento e la seconda all’esecuzione.

Il brevetto del 1832

Il brevetto del flauto di Boehm del 1832 in realtà non è altro che una sorta di
raccolta delle innovazioni tecnologiche già in uso da altri costruttori inserite su uno
strumento in modo razionale. Il principio di una foratura laterale cromatica, in cui
le aperture siano disposte in modo omogeneo sullo strumento, era stata già illu-
strata nel 1800 da Johann George Tromlitz nel suo trattato sul flauto a più chiavi e
successivamente il reverendo Frederick Nolan brevettò un modello di flauto dota-
to di chiavi ad anello, ossia quei dispositivi che consentono la chiusura di due fori

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con l’azione di un solo dito.

Boehm riunì:

• Foratura cromatica e non più diatonica


• Fori di dimensione omogenea disposti razionalmente lungo il tubo
• Chiavi ad anello
• Meccanica moderna

In un unico strumento in grado di bypassare le scomode diteggiature a forchetta


utilizzate sugli strumenti di epoche precedenti.
Questo modello di flauto, nonostante gli indubbi miglioramenti, manteneva
tuttavia un forte legame con gli strumenti già in uso, era di legno, aveva una
testata con cameratura cilindrica ed un corpo con conicità inversa ed i fori,
seppur di dimensioni maggiori rispetto agli altri flauti, erano notevolmente più
piccoli al confronto dei flauti moderni, poiché essi erano ancora chiusi
direttamente con i polpastrelli.

Il brevetto del 1847

A partire dal 1846 Boehm riprese in modo scientifico la progettazione di flauti


introducendo, per comodità usò, per i suoi esperimenti alcuni tubi di vetro di forma
cilindrica, all’interno dei quali, con l’utilizzo di sabbia molto fine, poteva verificare
le caratteristiche del flusso d’aria all’interno dello strumento e stabilire i punti più
idonei dove aprire i fori laterali. Questa ricerca avvenne in modo ancor più
sperimentale, attraverso l’utilizzo di un corpo dotato di fori mobili, assemblato con
diverse sezioni di tubo dotate di incastri telescopici; questo gli consentì di
calcolare, anche ad orecchio, la giusta posizione di ciascun foro ed ottenere una
perfetta foratura cromatica.

La foratura laterale proposta da Boehm risulta essere, ad un esame che utilizzi gli
strumenti di cui ora disponiamo, leggermente crescente sulle note più prossime
alla boccola ed è plausibile che queste venissero corrette attraverso una
particolare tecnica di imboccatura . Il nuovo flauto aveva il corpo cilindrico, era
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discendente al do centrale e la conicità presente nel corpo dei flauti precedenti,
necessaria all'intonazione delle armoniche, era spostata in corrispondenza della
testata, elaborata con un lieve disegno parabolico; così la struttura del tubo dello
strumento diveniva esattamente l'inverso rispetto a quella dei flauti precedenti.
A partire da questo brevetto lo strumento iniziò ad essere costruito interamente in
metallo, solitamente in argento, materiale che, unito alla forma cilindrica del tubo,
consentiva l’ingrandimento ulteriore dei fori laterali donando maggior volume al
suono.
Tuttavia, fori di dimensioni più ampie ponevano il problema di rendere inefficaci le
chiavi ad anello (poiché i polpastrelli non erano più in grado di chiudere
efficacemente i fori); l’intero meccanismo di chiavi venne così modificato
introducendo chiavi a piattello incernierate su due lunghe stanghe poste sul
fianco interno dello strumento.
A Parigi Boehm concesse i diritti in esclusiva a Clair Godefroy ed al suo socio Louis
Lot, che in seguito divenne il più rinomato costruttore di flauti francese; a Londra il
flauto Boehm venne messo in produzione da Rudall & Rose, presso il cui laboratorio
diversi flautisti elaborarono successive migliorie meccaniche, tra questi Giulio
Briccialdi che nel 1849 inventò la leva del si bemolle oggi universalmente
adottata.

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La diffusione in Italia

In Italia, nel periodo della comparsa del flauto Boem, Giulio Briccialdi (1818- 1881)
era una delle personalità più autorevoli e stimate in campo flautistico inter-
nazionale; a lui Theobald Boehm fece omaggio del primo esemplare prodotto del
nuovo flauto, con l’intenzione di far diventare il flautista italiano il principale
ambasciatore per la diffusione del suo strumento in Europa. Briccialdi, che del
flauto cilindrico apprezzava sicuramente l’ampia sonorità e la più facile into-
nazione, trovò difficoltà a familiarizzare con il nuovo sistema di diteggiatura
Decise così di sperimentare, insieme ad altri flautisti, alcune soluzioni alternative
riguardo la meccanica, fra le quali la leva del si bemolle, tutt’ora in uso sugli
strumenti moderni. Briccialdi arrivò a progettare un personale tipo di flauto, con
cameratura cilindrica ma con una meccanica che consentisse l’utilizzo della
vecchia diteggiatura, che brevettò nel 1869
La diffusione del flauto sistema Briccialdi fu contrastata da tutti coloro che in Italia
erano convinti della supremazia del sistema Boehm, polemica che raggiunse più
volte le pagine della stampa specialistica; dopo la morte di Briccialdi, avvenuta
nel 1881, il suo flauto rimase in uso fino ai primi decenni del Novecento.
I flauti modello Boehm presenti in Italia a cavallo tra Otto e Novecento sono
prevalentemente di costruttori italiani; sono flauti in metallo, spesso discendenti al
si2, generalmente con tastiera aperta sia in linea sia con sol sporgente. La tastiera
aperta e la preferenza per il metallo richiama la fattura francese, mentre il piede
in si2 è una caratteristica americana e dell’Est europeo.

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Bibliografia
• G. Lazzari, Il flauto traverso, Edt, 2003
• M. Felicioni, L’evoluzione del flauto traverso- Dal traversiere allo strumento
moderno, lulu.com, 2009

• T. Boehm (traduzione di G. Esposito), Il flauto nei suoi aspetti acustici, tecnici


e artistici, Falaut collection, 2006

• Theobald Böhm, Della costruzione dei flauti e de’ più recenti miglioramenti
alla medesima, Falaut, 1999

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